La matematica nella "sfida della modernità" della Spagna liberale e il ruolo del modello italiano

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Europa matematica e Risorgimento italiano a cura di Luigi Pepe

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€ 33,00 CB 5183

ISBN 978-88-491-3706-4

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Centro interuniversitario per la storia delle università italiane

Studi

(Collana diretta da Gian Paolo Brizzi)

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Direttore della collanaGian Paolo Brizzi (Università di Bologna)

Comitato scientificoPeter Denley (Queen Mary University, London), Mordechai Feingold (California Institute ofTechnology, Pasadena), Roberto Greci (Università di Parma), Paul F. Grendler (University of

Toronto), Antonello Mattone (Università di Sassari), Daniele Menozzi (Scuola Normale Superiore diPisa), Mauro Moretti (Università per Stranieri di Siena), Luigi Pepe (Università di Ferrara), MarianoPeset (Universidad de Valencia), Maria Gigliola di Renzo Villata (Università di Milano), Hilde deRidder Symoens (Universiteit Gent), Marina Roggero (Università di Torino), Andrea Romano

(Università di Messina) Roberto Sani (Università di Macerata), Elisa Signori (Università di Pavia),Andrea Silvestri (Politecnico di Milano), Maria Rosa di Simone (Università di Roma “Tor Vergata”),

Gert Schubring (Universität Bielefeld), Jacques Verger (Université Paris Sorbonne-Paris IV).

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Europa matematicae

Risorgimento italiano

a cura di

Luigi Pepe

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© 2012 by CLUEBCooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

CLUEBCooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna40126 Bologna - Via Marsala 31Tel. 051 220736 - Fax 051 237758www.clueb.comFinito di stampare nel mese di dicembre 2012da Studio Rabbi - Bologna

Europa matematica e Risorgimento italiano / a cura di Luigi Pepe. – Bologna : CLUEB, 2012XXVI-469 p. ; ill. ; 27 cm(Centro interuniversitario per la storia delle università italiane : Studi / 18)ISBN 978-88-491-3706-4

In copertina: O. F. Mossotti. Sulla quarta, in alto a sinistra, J. L. Lagrange e B. Riemann. In basso: dedica di C. Babbage a VittorioEmanuele II.

Redazione a cura di Maria Grazia Suriano

Tutti i saggi pubblicati in questo volume sono stati sottoposti a referaggio anonimo da parte di due esperti, selezionati– sulla base delle loro competenze – nell’ambito di un Comitato Internazionale di Referee. Il Direttore della collana èresponsabile del processo.

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolodi periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941n. 633.

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INDICE

IX LUIGI PEPE, Presentazione

Confronto europeo

3 PIERRE CRÉPEL, Impatto della probabilità e della statistica italiana in Francia nel primo Ottocento15 MASSIMO GALUZZI, I matematici italiani del Risorgimento e la matematica francese27 GERT SCHUBRING, Exchanges between German and Italian Mathematicians: their first culmina-

tion during the 19th century37 LUIGI PEPE, Matematica e matematici tra Italia e Isole britanniche (1815-1870)59 SERGEI DEMIDOV, Italy and Russia in the second half of the XIXth – the early XXth century67 XRISTINA PHILI, L’Académie Ionienne et le Risorgimento81 ANA MARIA MILLÁN GASCA, La matematica nella “sfida della modernità” della Spagna liberale e il

ruolo del modello italiano99 ALESSANDRA FIOCCA, La storia della matematica nel Risorgimento italiano

125 ANTONIN DURAND, Matematici parlamentari in Italia: uno sguardo alla politicizzazione di un’élite(1848-1915)

La matematica nelle Università e nelle Accademie in Italia

139 MARIA TERESA BORGATO, Ricerca matematica e impegno politico nel carteggio Brioschi-Betti181 LUCA DELL’AGLIO, Aspetti innovativi dei corsi di Enrico Betti: il caso dell’elettrodinamica189 NICLA PALLADINO, Giovanni Novi (1826-1866): dalla corrispondenza con Enrico Betti al suo con-

tributo matematico199 IOLANDA NAGLIATI, La matematica nei giornali toscani dell’Ottocento209 ELISA PATERGNANI, Ottaviano Fabrizio Mossotti e i suoi biografi219 CLARA SILVIA ROERO, Politica e istruzione scientifica a Torino nell’età del Risorgimento243 LIVIA GIACARDI, Il progetto risorgimentale di Francesco Faà di Bruno: ricerca, insegnamento e im-

pegno sociale267 CARLO LACAITA, Scienza e modernità nelle riviste milanesi dell’800: «Il Politecnico» e gli «Annali

di fisica, chimica e matematiche»283 MAURIZIO TORRINI, Scienza e società a Napoli dai Borbone all’Unità295 GIOVANNI FERRARO, Nicola Trudi da napoletano a italiano307 ALDO BRIGAGLIA, Le scienze matematiche in Sicilia dal riformismo settecentesco all’unità

nazionale331 CINZIA CERRONI, La figura umana e scientifica di Placido Tardy

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349 GIUSEPPE CANEPA – GIUSEPPINA FENAROLI – PAOLO FREGUGLIA, Giusto Bellavitis e le matemati-che nel Veneto

365 GIUSEPPE CANEPA, L’Istituto veneto di scienze, lettere e arti e i suoi matematici alle soglie del-l’Unità

377 GIOVANNI PAOLONI, Matematici e istituzioni culturali nell’Italia liberale: il caso della Società dei XL

Ottaviano Fabrizio Mossotti. Carteggi inediti

395 Sul mancato rientro di Mossotti in Italia417 Mossotti verso Pisa: lettere di Gaetano Giorgini423 Lettere di Mossotti a Enrico Betti

457 INDICE DEI NOMI

471 GLI AUTORI

VIII Indice

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La matematica nella “sfida della modernità” della Spagna liberale,e il ruolo del modello italiano

Ana Millán Gasca

La storia della Spagna nell’Ottocento, e fino agli inizi del Novecento, fu contrassegnata da un’accanita,fertile tensione volta a rispondere alla sfida della modernità. Questa affermazione non è scontata: soloin anni recenti – un contributo fondamentale è stato dato dal volume di Juan Pablo Fusi e Jordi Palafoxdal titolo Spagna 1808-1996. La sfida della modernità – si è iniziato a superare una visione di tale perio-do della storia spagnola come una tormentata eccezione nel contesto europeo e internazionale, in ragionedei continui colpi di stato (il golpismo), del perdurare dell’attaccamento a forme sociali tradizionali e al-l’assolutismo monarchico, dell’arretratezza economica del paese e, più di tutto, per via del dogmatismoe dell’intolleranza religiosa di stampo cattolico.

La “sfida della modernità” si era presentata in Spagna sulla scia dell’influsso dirompente della Rivo-luzione francese e dell’impatto brutale degli eserciti di Napoleone: il primo grande passo del progetto diuna monarchia liberale ispirata agli ideali del 1789, vale a dire la Costituzione promulgata a Cadice nel18121, ebbe luogo – paradossalmente – in piena guerra dell’indipendenza dalla Francia, e la vittoria nel-la guerra portò con sé il ritorno all’assolutismo monarchico. I settori del paese legati al vecchio regime,che vedevano nel cattolicesimo e nella monarchia assoluta l’essenza della nazione, opposero strenua re-sistenza alla diffusione del pensiero liberale, il quale però, soprattutto dopo la sconfitta del carlismo (igruppi oltranzisti raggruppati attorno a un pretendente al trono, Carlos) in una guerra durata dal 1833al 1840, progredì inarrestabilmente. Fusi e Palafox hanno analizzato efficacemente un processo storicoda loro definito una rivoluzione lenta o “tranquilla” sul piano economico, giuridico-istituzionale, socia-le e del costume:

La Spagna del 1860 era sicuramente una Spagna molto diversa da quella del 1833. La rivoluzione liberale– anche se incompleta e discontinua, anche se deviata verso destra dal 1843 – aveva quantomeno creato lecondizioni giuridiche per la trasformazione del paese e l’affermazione della borghesia come classe e comepotere sociale (Fusi-Palafox 1997, p. 64).

Il regno di Isabel II (iniziato nel 1843) fu difatti contrassegnato da un liberalismo molto temperatodal forte riavvicinamento al cattolicesimo e anche al Papa (il Concordato con la Chiesa fu firmato nel1851); i rapporti con lo Stato pontificio erano anche economici e infatti il regno d’Italia non fu ricono-sciuto fino al 1865.

1 Nella quale si proclamava la libertà di stampa e i diritti individuali, la liberalizzazione dell’attività economica, l’abolizio-ne dell’Inquisizione e l’uguaglianza di diritti nella penisola e nelle colonie americane.

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In quegli anni la Spagna – non molto diversamente dall’Italia – appariva come un paese duale, comescrisse lo storico Nicolás Sánchez Albornoz in un saggio sulla situazione economica del paese (SánchezAlbornoz 1968). Non si trattava però di “due Spagne” come troppo spesso si vuole vedere – con una let-tura storica forzata, fortemente condizionata dalla spaccatura della drammatica guerra civile spagnola del1936-39 – ma degli effetti di un periodo di transizione politica ed economica, in cui vi erano “isole dimodernità” (appunto non molto diversamente dall’Italia di allora): città animate da una vivace vita cul-turale come Madrid e Barcelona, una progressiva strutturazione della pubblica istruzione e della forma-zione dei quadri tecnici (nelle scuole tecniche superiori e nelle accademie militari), lo sviluppo della li-bera stampa, il consolidamento di un sistema di partiti con posizioni politiche conservatrici, moderate,progressiste o radicali con diverse sfumature, e tipici processi economici dell’economia di mercato (fon-dazione di banche, forti movimenti di denaro legato alla creazione della rete ferroviaria) e l’organizzazionedello Stato (struttura amministrativa, opere pubbliche).

Nel 1847 era stata fondata a Madrid la Accademia reale delle scienze, e nel 1857 una legge generaledi educazione creò le Facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali; tuttavia non vi fu un progetto ef-fettivo per dotare tutte le cattedre necessarie per completare la Facoltà di scienze nelle università di pro-vincia. I cultori di scienze fisico-matematiche si trovavano principalmente fra gli ingegneri civili e indu-striali e i corpi tecnici militari e nelle loro scuole e accademie. Anche in questo ambito il mondo milita-re ebbe un ruolo nella trasformazione del paese: Fusi e Palafox ricordano che “in Spagna fu l’Esercito –e non la società stessa o le sue élite politiche e sociali – il vero artefice della rivoluzione liberale”; e la cul-tura liberale di un vasto settore dei militari spiega l’interesse per la matematica, inspirato a ciò che eracorrente nei corpi tecnici statali francesi fin dal Settecento.

Lo studio della scienza era spesso considerato utile e necessario solo nella misura in cui serviva allapreparazione delle professioni scientifico-tecniche e quindi alla modernizzazione tecnologica ed econo-mica del paese. Tuttavia, alla cultura matematica e scientifica era attribuito un ruolo centrale ella visio-ne politico-culturale scaturita dalla Rivoluzione Francese il cui influsso era visibile in Spagna come in ogniparte di Europa2. Nel dibattito culturale spagnolo del periodo era evidente la tensione verso la diffusio-ne nel paese di una cultura laica e aperta a posizioni filosofiche varie – seppure in un paese dove la com-ponente ebraica o protestante era quasi inesistente – e i polemisti usarono spesso l’argomento della man-canza di grande figure scientifiche spagnole protagoniste della scienza moderna per dimostrare la steri-lità culturale della cultura cattolica dominante.

Negli anni dell’unità di Italia, della breccia di Porta Pia e del trasferimento della capitale a Roma, laSpagna era quindi anch’essa un paese in grande fermento politico, economico e culturale: nel settembredel 1868 vi fu una rivoluzione che mandò in esilio la regina Isabel II, e negli anni seguenti l’evoluzione

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2 Citiamo, fra i tanti documenti, uno che ha un valore cruciale perché fu discusso dalle Cortes de Cádiz, che attribuirono unruolo centrale a una visione della pubblica istruzione ispirata dalle vedute di Condorcet: «Lo studio delle scienze matematiche efisiche è quello più adeguato ad affermare i primi passi della ragione, e quello che può più sedurre coloro che sono usciti dall’in-fanzia, senza spaventarli con il carattere serio e austero di altre scienze. Lo studio della matematica è necessario per avere artistiistruiti, e affinché prosperino quanti si applicano alle varie professioni della vita civile; è infine indispensabile per coloro che si pro-pongono di dedicarsi ad altre scienze. Con il quale si acquisisce una tale esattezza nel pensare, un tale criterio per separare le ve-rità dagli errori, un tatto tanto delicato fra idee e parole vuote di senso, che colui che lo ha studiato fa per abitudine e senza av-vertirlo, ciò che malamente può eseguire colui che si vanti di logico per sapere molte definizioni e regole inutili. Persuaso di que-sta verità il nostro vecchio governo ordinò nel piano degli studi dato alle università nell’anno 1807, che si aprisse la carriera ditutte le scienze dall’insegnamento della matematica; e questo stesso principio ha seguito la Commissione per proporre lo studiodi questa scienza come il fondamento di tutta l’istruzione, e di seguito l’insegnamento di quelle conoscenze delle scienze fisicheche più possono influire sull’avanzamento della agricoltura e delle arti, preziose sorgenti di ricchezza, ostruite attualmente per di-sgrazia [...]»Dictamen y proyecto de Decreto sobre el arreglo general de la enseñanza pública, 1814. Si veda Araque Hontangas 2009.

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politica ebbe una forte accelerazione in senso democratico e liberale. L’influsso che su questa stagione eb-be il Risorgimento italiano è ben noto: “Dalla polemica sulla guerra dell’Italia”, ha scritto Jaume VicensVives (1960, p. 129), “sarebbe sorta la generazione che avrebbe rovesciato il trono di Isabella II e datola corona di Spagna ad un Savoia”3. A questa generazione apparteneva José de Echegaray (1832-1916),la cui figura pubblica e il cui pensiero politico e di politica scientifica mostra molti punti in comune conquello del suo coetaneo Luigi Cremona (1830-1903). Partendo da Echegaray – una celebrità in Spagna,premio Nobel per la letteratura nel 1904, e primo presidente della Sociedad Matemática Española fon-data nel 1911 – intendiamo mostrare che la confluenza delle stagioni politiche portò con sé anche unavicinanza fra la visione culturale che animava i cultori di matematica in entrambi i paesi del sud del-l’Europa, e che tale sintonia costituì la base del progressivo stabilirsi di rapporti scientifici fra entrambii paesi, animando tali rapporti dalla passione e dall’impegno per la transizione virtuosa verso una mo-dernità illuminata dal progresso scientifico.

Echegaray: matematica e passione nazionale nell’età del liberalismo

Il protagonista principale della cultura matematica spagnola negli anni attorno al 1870, José Echegarayy Eizaguirre (1832-1916), nella sua vita piena di interessi e attività4 si trovò in situazione collegate in va-rio modo all’Italia; ma soprattutto, le posizioni politico-culturali per quanto riguarda il ruolo della ma-tematica e della scienza nell’avanzamento e nella modernizzazione del proprio paese ricordano molto davicino il pensiero dei matematici del Risorgimento italiano. Riferimenti ai contatti con l’Italia e sopra-tutto riferimenti espliciti al Risorgimento si ritrovano in una testimonianza autobiografica risalente agliultimi anni della vita di Echegaray, contenuta in una serie di articoli pubblicati sulla stampa – nelle ri-viste «La España moderna» e «Madrid científico» – poi raccolti nei tre volumi pubblicati l’anno succes-sivo alla sua morte con il titolo Ricordi (Recuerdos, 1917).

Echegaray fu dapprima brillante allievo e, dal 1854, professore nella Escuela de Ingenieros de Cami-nos, Canales y Puentes, una grande école di Madrid, che dal 1834 formava gli ingegneri civili statali secondoil modello della École des Ponts et Chaussées di Parigi. Echegaray ricorda con emozione un episodio av-venuto mentre si trovava a Londra, in un ricevimento nel corso dell’Esposizione Universale del 1862, al-la quale era stato inviato per conto della Escuela de Caminos: “dopo un lungo silenzio, quasi religioso, brin-darono gli inglesi, e brindai io, per l’unità di Italia e per Vittorio Emanuele” (Echegaray 1917, vol. III, p.402). Egli ricorda che fu tentato di abbandonare l’insegnamento per dedicarsi alla libera professione, ac-cettando l’offerta del finanziere e costruttore José Salamanca (1811-1886) proprio per unirsi come se-condo ingegnere al compagno di studi che dirigeva i progetti di Salamanca in Italia: si trattava della co-struzione delle ferrovie per conto dello Stato Vaticano – attraverso la Società generale delle ferrovie romane– proprio negli anni che intercorrono tra la proclamazione dell’unità e la breccia di Porta Pia (Echegaray1917, vol. II, p. 20). La costruzione della Roma-Civitavecchia e della Roma-Ancona-Bologna, che erastata data in concessione ad un società spagnola già nel 1856, era uno degli affari a cui partecipava MariaCristina di Borbone, la figlia di Francesco I re delle Due Sicilie e madre della regina Isabel II, la quale, do-po anni di discusso protagonismo nella vita politica spagnola, era stata costretta all’esilio nel 18545.

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3 Sulla vivace stampa madrilena trovarono eco già i fatti della Repubblica Romana (Urquijo 2000).4 Egli fu anche autore di teatro molto celebre e ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1904.5 La costruzione della Roma-Civitavecchia fu conclusa nel 1859, e la Società generale delle ferrovie romane fu il risultato

di una fusione tra le società appaltatrici della Roma-Bologna e della Roma-Napoli; si veda Albonico (1979). Nella «Gazzetta

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Echegaray fu parte della delegazione di parlamentari delle Cortes che accolse Amedeo di Savoia il 30dicembre 1870 nella città di Cartagena, dopo che quest’ultimo era stato scelto dal parlamento spagno-lo come nuovo re di Spagna. Ricordando le discussioni sui vari candidati che precedettero la scelta, eglisottolinea il sostegno paradossale di alcuni democratici al principe Leopoldo di Hohenzoller: “E, cosa stra-na, gli elementi più democratici trovavano molto del loro gusto, temendo le turbolenze dei federalisti,la ferrea autorità del principe tedesco. – Abbiamo già libertà e democrazia – dicevano – ora vi è bisognodi molto ordine” (Echegaray 1917, vol. III, p. 318). Nel drammatico viaggio della delegazione (il gene-rale Prim, anima della rivoluzione, era agonizzante dopo un attentato e morì proprio il giorno dell’arri-vo di Amedeo), Echegaray tenne ad ogni fermata discorsi alla popolazione:

che andavamo a ricevere a Cartagena il re democratico, colui che era stato scelto dalle Cortes costituenti,al figlio di Vittorio Emanuele, il re cavaliere. Che io invitavo loro a venire a ricevere, al nostro ritorno, ilnuovo re di Spagna, che rappresentava il trionfo della Rivoluzione e il trionfo della libertà [...] dicevo ognivolta più o meno le stesse cose [...] gli elogi a Vittorio Emanuele, il re cavaliere, quello dell’unità di Italia[..] ed erano schiette le mie frasi di simpatia per Vittorio Emanuele e per la nazione italiana. (Echegaray1917, vol. III, p. 400)

La posizione riguardo alle vicende italiane erano uno specchio delle tensioni tra i settori moderati, dauna parte, e coloro che ambivano a una trasformazione del paese in una democrazia liberale compiuta,dall’altra. Nella simpatia per l’Italia, nell’attrazione per il Risorgimento, si coniugava la passione politi-ca liberale con un forte sentimento patriottico, che si esprimeva come volontà di regeneración di un pae-se, la Spagna, che aveva da secoli conquistato l’unità politica ma doveva rinnovarsi profondamente. Lascienza, per Echegaray, era un elemento essenziale di tale rigenerazione. Questa idea ha un ruolo centralein un celebre discorso tenuto davanti alla Accademia di Scienze a Madrid nel 1866. Echegaray stabilivaun acuto contrasto fra l’intolleranza del periodo della controrriforma in Spagna (“qui dove non ci fu al-tro altro che frusta, ferro, sangue, bracieri e fumo”) e lo spirito di libertà filosofica che si era diffuso inEuropa a partire dal Cinquecento6:

Il nostro paese, che aspira affannato alla sua rigenerazione in tutte le sfere, non poteva essere estraneo aquesto grande movimento scientifico di Europa, e io devo annotare che, a parte i rilevanti servizi prestatialla scienza da questa illustre accademia, che essendo noti è inutile ripetere, è ai corpi degli ingegneri, tan-to militari quanto civili e alle loro Scuole speciali che si deve quel grande avanzamento degli studi mate-matici che si nota in Spagna da alcuni anni. Non può per la verità gloriarsi il nostro paese di nessuna sco-perta importante, perché quando una nazione rimane così indietro, fa già tanto col raggiungere coloro cheche hanno un vantaggio di tre secoli; ma l’avvenire, la sua volontà sarà energica, il campo del sapere è infi-nito, e di geni ne avrà quando libera da intralci fatali, e conquistata la libertà filosofica, che è la libertà delpensiero, si immerga nello studio di questa grande scienza che ha dato a Cartesio, a Newton e a Leibniz no-me immortale.

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di Mantova», n. 45 (6 novembre 1861) si legge: «È molto animata l’impresa delle strade ferrate nella media Italia. La linea daBologna ad Ancona verrà inaugurata il primo novembre, e percorre 206 chilometri. L’imprenditore Salamanca spera di met-tere in comunicazione fra loro, entro lo spazio di due anni, Roma, Napoli e Torino». Alla fine del 1860 Salamanca fece deipassi in difesa del Papa attraverso l’imperatrice Eugenia e Fernández de Córdova: «a tale scopo egli si offrì come intermedia-rio per un’azione francese, atta a far restituire al pontefice i territori occupati dagli italiani, o a concedergli altri come compenso,in cambio della secolarizzazione dello stato pontificio» (Albonico 1979, p. 201). Echegaray ebbe altri contatti, altrettanto sen-za seguito, con Salamanca, nel 1862, il quale aveva proposto a Napoleone III la costruzione di una ferrovia per attraversare ilCanale della Manica (Echegaray 1917, vol. II, p. 179 ss).

6 Ora in Echegaray 2004, p. 708.

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L’ottimismo patriottico e il desiderio di rigenerazione che esprimono le parole di Echegaray furonoalla base dell’esplosione rivoluzionaria del settembre 1868 – uno dei tanti colpi militari ottocenteschi,dei generali Serrano e Prim – la quale, dopo il regno durato un’anno circa di Amedeo, e un periodo al-trettanto breve di esperienza repubblicana, si concluse con il ritorno dei Borboni alla fine del 1874. Nelpensiero di Echegaray, la questione del progresso della nazione viene collegata strettamente allo svilup-po del pensiero scientifico; sentiamo la consonanza delle sue parole agli accademici con la vibrante esor-tazione di Luigi Cremona agli studenti della università di Bologna alla fine del 18607: “amate la verità ela luce, abbiate fede ne’ servigi che la scienza rende presto o tardi alla causa della civiltà e della libertà.Credete all’avvenire! questa è la religione del nostro secolo.” Molti intellettuali spagnoli condividevano que-sta visione della scienza come emblema e sostenitrice di un pensiero libero e laico e nel contempo comeportatrice del progresso; fra questi, la cerchia di professori universitari che, dopo scontri diretti dallepubbliche autorità, prima nel 1865 e ancora nel 1875, avrebbero fondato la Institución Libre de Ense-ñanza8. Ovunque in Europa la fiducia nella scienza contribuì al progressivo allontanamento dalla visio-ne tradizionale della società di stampo spirituale e la sua sostituzione con una visione materialistica del-le interazioni fra individui9. In Spagna lo scontro con il pensiero cattolico si manifestò anche attraversouna polemica sulla scienza e il suo coltivo in Spagna in discorsi, libri e articoli sparsi nella ricca pubbli-cistica culturale del periodo. A Echegaray e a quanti condividevano un tale punto di vista avrebbe datouna risposta, dalle file politiche moderate, Marcelino Menéndez Pelayo (1856-1912), con un’imponen-te ricerca che portò alla pubblicazione di diversi volumi, ma le cui idee guida presentò nel saggio giova-nile Polemiche, indicazioni e progetti sulla scienza spagnola, pubblicato nel 1876.

Dopo il settembre del 68, Echegaray fu chiamato al governo in qualità di “tecnico”, come diremmo og-gi, o piuttosto come matematico: egli fu prima direttore generale e poi ministro di Fomento (istruzione,lavori pubblici e attività produttive) e infine ministro delle Finanze (in questo periodo la Banca di Spagnadiventò banca nazionale). Tutto confluiva in quel momento verso questo coinvolgimento di Echegaray daparte della classe politica: la fiducia nel valore liberale della scienza insieme al più pragmatico interesse perscienza come forza di sviluppo economico e tecnico10. Paradossalmente, allo scoppio della rivoluzione, la

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7 Ora in Cremona, 1914, p. 253.8 Un lavoro classico è Cacho Viù 1962. La bibliografia al riguardo è molto ampia, anche perché negli anni dei governi so-

cialisti in Spagna dopo la fine della dittatura franchista, nelle posizioni laiciste di questo gruppo è stato trovato un modello al-ternativo alla chiusura nel pensiero cattolico del periodo della dittatura. Del lascito del gruppo della Institución Libre de En-señanza, Manuel Tuñón de Lara sottolinea proprio l’apertura verso Europa e l’aspirazione alla secolarizzazione, che significa«primato della ragione, libertà di ricerca, portata della funzione educativa, un certo ‘scientismo’» (Tuñon de Lara, 1977 p.57); si veda anche Fusi-Palafox 1996, p. 56-57. I punti di contatto con il pensiero di Echegaray sono molti, anche se que-st’ultimo, già nel discorso citato del 1866, e nei volumi dei Ricordi, esprime una posizione fermamente opposta al materiali-smo, e considera sia la scienza pura, sia la arte e la poesia, sia il sentimento religioso, elementi fondanti della vita spirituale diuna nazione, tutti essenziali per il suo sviluppo e la sua coesione.

9 Come ha scritto uno dei massimi studiosi della Rivoluzione francese, François Furet, riferendosi a ciò che egli chiama“passione rivoluzionaria” che contrassegna la società europea dell’Ottocento, «man mano che avanza il secolo, gli Europei nonpensano più la scena politica se non attraverso la morte di Dio, come una creazione pura della volontà degli uomini, destina-ta a assicurare finalmente la libertà di tutti e l’uguaglianza di ognuno ad ognuno» (Furet 1995, 44). Ora, a una tale fiducia pro-fonda nella volontà umana aveva dato un contributo decisivo la Rivoluzione scientifica, affermando un’onnipotenza umana,quanto meno sul piano conoscitivo, che si sostituiva (o si sovrapponeva) a quella riservata a Dio nella cultura cristiana euro-pea medievale; l’Illuminismo diffuse questa acquisizione della scienza moderna e la introdusse nel dibattito di filosofia politi-ca settecentesco che mise in discussione le basi religiose della società, spianando la strada alla rivoluzione (Cassirer 1931).

10 Nel periodo democratico del 1868-1874 si introdusse in Spagna la libertà di culto e di insegnamento e il matrimoniocivile; sul piano scientifico-tecnico, fu introdotto il sistema metrico decimale (nel 1871) e fu fondato l’Istituto Geografico eStatistico (nel 1870): «tutto quello che sembrava rappresentare la scienza moderna fu ampiamente dibattuto e divulgato» (Fu-si-Palafox 1996, p. 78).

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Escuela de Caminos che Echegaray considerava un cardine del progresso della scienza – e quindi anchedella libertà – in Spagna fu minacciata di chiusura, perché le tendenze democratiche radicali del movi-mento rivoluzionario vedevano in questa istituzione pubblica, nella pubblica amministrazione, negli inge-gneri, gli odiati privilegi che ancora intralciavano il cammino della libertà (Echegaray 1917, vol. III, pp. 92ss.). Echegaray descrive i suoi timori: “A cosa mi sarei dedicato io, che a quel tempo non sapevo fare altroche insegnare le Matematiche, se il nuovo stato rivoluzionario diceva con voce solenne basta di Matemati-che?” (Echegaray 1917, vol. II, p. 325) Si tratta di un episodio rivelatore del fatto che nella transizione po-litica e culturale europea la matematica – che apparteneva al retaggio culturale, alla tradizione, ed era stataal servizio delle corti e dei potenti europei – riuscì a ricavare per sé un ruolo di tipo diverso, poiché essa ri-maneva centrale nella pubblica istruzione e nel progresso tecnologico.

Fin dal discorso del 1866 Echegaray aveva difeso la autonomia della ricerca scientifica dai problemiapplicativi, quando sottolineava che non erano mancati degli studiosi spagnoli in campo applicato, nel-l’ingegneria militare, nell’astronomia e nella navigazione, ma mancava un contributo alla scienza studiatadisinteressatamente. Egli ritorna su questo argomento, che considera centrale, nei suoi Ricordi: “In co-sa deve consistere l’insegnamento, quale deve essere il suo oggetto fondamentale: l’alta scienza, o le scien-ze di applicazione; le grandi teorie, i grandi concetti intellettuali, o la parte pratica materiale?” (Echega-ray 1917, vol. III, pp. 114). Egli critica efficacemente il punto di vista utilitaristico in quanto falsamen-te coerente con il pensiero liberale:

Siccome alle volte si chiama libertà ciò che è tirannia, e progresso i movimenti retrogradi più brutali, vi so-no molti che abominano l’alta scienza credendo che sia un insieme di astrazioni inutili, residui della scola-stica, tradizione caduca, insieme di formule vuote, che crea uomini inutili per il lavoro; e quei tali difen-dono che ciò che è sano, ciò che è progressivo, ciò che i tempi richiedono è l’insegnamento pratico, quasiquasi il lavoro materiale: le scuole non servono, mancano le officine; e se si tollera la parola scienza, è ag-giungendo l’aggettivo pratica. (...) I grandi studiosi sono degli aristocratici, dei privilegiati odiosi, dei va-nitosi senza forza di fecondità.Ciò che è nuovo, fecondo, democratico è mettersi in contatto con la realtà materiale: con la fabbrica o conl’officina (Echegaray 1917, vol. III, pp. 114-115).

A questa visione egli oppone una alternativa, secondo la quale la scienza è una forza di libertà nellamisura in cui alla ricerca scientifica è garantita la sua autonomia dalle applicazioni:

È necessaria l’alta scienza; altrimenti il mondo stagna, si materializza, si abbrutisce, e il progresso è impos-sibile.Si deve capire bene: senza l’alta scienza, il progresso materiale è del tutto impossibile, la stagnazione è ine-vitabile, ma l’alta scienza, che è quella che da nutrimento al pensiero umano, incoraggia e da vita e rendefeconda la scienza pratica, e si trasforma e si materializza e si converte in scienza pratica, come il vapore del-le nubi si condensa in acqua e corre nei fiumi e rende fecondi i campi (ibidem, p. 116).

Una tale visione del rapporto tra la ricerca scientifica “di base” (come diremmo oggi) e la tecnologiaè in consonanza con quella presente nel già citato discorso di Cremona:

Respingete da voi, o giovani, le malevole parole di coloro che a conforto della propria ignoranza o a sfogo d’iro-si pregiudizi vi chiederanno con ironico sorriso a che giovino questi e altri studi, e vi parleranno dell’impo-tenza pratica di quegli uomini che si consacrano esclusivamente al progresso di una scienza prediletta. Quan-d’anche la geometria non rendesse, come rende, immediati servigi alle arti belle, all’industria, alla meccanica,all’astronomia, alla fisica; quand’anche un’esperienza secolare non ci ammonisse che le più astratte teorie ma-tematiche sortono in un tempo più o meno vicino applicazioni prima neppur sospettate; quand’anche non cistesse innanzi al pensiero la storia di tanti illustri che senza mai desistere dal coltivare la scienza pura, furono

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i più efficaci promotori della presente civiltà – ancora io vi direi: questa scienza è degna che voi l’amiate; tan-te sono e così sublimi le sue bellezze ch’essa non può non esercitare sulle generose e intatte anime dei giovaniun’alta influenza educative, elevandole alla serena e inimitabile poesia della verità! […]

Possiamo osservare che questa posizione si ritrova in Spagna anche in un pensatore cattolico come Me-néndez Pelayo, come è stato sottolineato da Julio Rey Pastor (1956). In un articolo del 1894 egli argo-mentava che l’evoluzione della scienza moderna in Spagna non era stata ostacolata né dai gesuiti né dauno scarso genio scientifico nazionale, bensì

da una propensione eccessiva e assorbente, che importante rettificare, non in beneficio del nobile e disin-teressato studio della scienza, ma verso le applicazioni in sé stesse, le quali, senza il succo della scienza pu-ra si convertono ben presto in rozzo empirismo. Non l’idealismo, bensì l’utilitarismo (chi lo direbbe?), ciòche oggi, alludendo agli yankees, si chiama americanismo, è, ai miei occhi, una delle cause principali dellanostra decadenza scientifica, dopo il brillantissimo momento del secolo XVI. Mentre le applicazioni visse-ro dalla tradizione scientifica ricevuta dal Medioevo, tutto andò prosperamente; ma quando altri popoliavanzarono sulla strada della ricerca disinteressata, e noi ci destinammo a ridurre la Astronomia a nautica,e le Matematiche a l’artiglieria e la fortificazione, e smettemmo di seguire la catena delle scoperte teoriche,senza la quale la pratica ha da permanere stazionaria, la decadenza venne veloce e irremissibilmente, ucci-dendo di colpo la teoria e la pratica. [...]in mezzo alla trascuratezza e all’abbandono nel quale giace la facoltà di Scienze, che è sempre stata la Ce-nerentola delle nostre facoltà universitarie, vi sono già in esse scienziati puri, alcuni di merito straordinario;ma cosa fanno i nostri governi per incoraggiarli e dar loro i mezzi di lavoro? [...]Anche il poco che l’insegnamento scientifico ha raggiunto in questi ultimi anni è precario ed è all’arbitriodi qualsiasi rammendatore di bilanci che, col pretesto delle economie, ci lasci a bocca asciutta, spazzandoqueste superfluità, che sono costose, molto costose, se si devono insegnare come si deve. (Menéndez Pela-yo 1894, pp. 174-177)

L’ora della rigenerazione scientifica di Spagna, conclude Menéndez Pelayo, arriverà se innanzitutto si“convincono gli spagnoli della sublime utilità della scienza inutile” (ibid, p. 178). La consonanza fra leposizioni di Echegaray e di Menéndez Pelayo, pur da posizioni culturali molto distanti, è conseguenzadella vivacità ma anche dell’apertura del dibattito pubblico nella Spagna fra la fine dell’Ottocento e l’ini-zio del Novecento:

L’egemonia che la cultura che sarebbe giusto chiamare liberale ebbe in Spagna a partire dal 1876 (e fino al1936), in parte dovuto al profilo ideologico e morale degli uomini del regime e al carattere aperto e plura-le di quest’ultimo, creò un clima di tolleranza e libertà, di convivenza armonica e distensione. (Fusi-Pala-fox, 1996, p. 1955).

Il dibattito pubblico era tutt’altro che provinciale, anzi era molto aperto al contesto europeo. L’erudizio-ne quasi leggendaria di Menéndez Pelayo era basata sulla sua frequentazione di biblioteche in tutta Europa,in particolare in Italia (dove visitò le principali biblioteche da Nord a Sud nel corso di diversi mesi nel 1877).Echegaray ricorda nelle sue memorie che la sua formazione scientifico-tecnica, e le sue letture, anche nel-l’ambito dell’economia politica, furono fino a ben oltre i trent’anni strettamente francese; in particolare, perpreparare l’esame di ingresso alla Escuela de Caminos egli usò soltanto libri francesi tradotti in spagnolo enella stessa scuola tutti manuali originali francesi, fra cui quelli dei professori della École de Ponts et Chaus-sées e dell’École Polytechnique come i testi di analisi e di meccanica applicata di Claude Navier (1785-1836),ilCours d’analyse de l’École Polytechnique (1840-1841) di Jean Marie Duhamel (1797-1872), ilCours de mé-canique appliquée aux machines de Jean-Victor Poncelet, o le Études théoriques et pratiques sur le mouvementdes eaux courantes (1848) di Jules Dupuit (inspecteur géneral del corpo de Ponts et Chaussées):

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[...] a quell’epoca, per me il mondo si riduceva a due nazioni: la Spagna, la mia patria; la Francia, la patriaadottiva della mia intelligenza e dei miei gusti estetici.Dopo, in anni successivi, sono andato allargando i miei orizzonti e le mie simpatie e ammirazioni. (Eche-garay 1917, vol. II, p. 77)

Egli menziona molti paesi europei e, per ognuno di loro, figure di primo piano in ambito scientifi-co e letterario, sottolineando che l’Inghilterra è stata la patria della libertà individuale e ricordando il pro-digioso “potere intellettuale” della Germania, la fratellanza con il Portogallo, e la sua ammirazione “no-nostante tutto” – egli scrive queste righe dopo la guerra e la disfatta spagnola del 1898 – per gli Stati Uni-ti d’America. E riferendosi all’Italia scrive: «Oggi ammiro l’Italia, che ho sempre ammirato; terra divi-namente ed eternamente feconda in tutto: in sapienti, in matematici, in artisti e in inventori» (Echega-ray 1917, vol. II, p. 77). Infine, conclude:

In somma: sono arrivato ad essere cosmopolita ed internazionalista in materia dei scienze, letteratura ed ar-ti. [...] Con questi sentimenti è chiaro che partecipo di un certo cosmopolitismo umanitario e scientifico,che dopo si è molto diffuso, e che è frutto legittimo della civiltà.Soltanto che io, nonostante questi impulsi espansivi e generosi, non trasformavo la generosità in odio, né tan-to meno per ammirare la Francia rinnegavo né rinnegherò la Spagna. [...] No, in questo terreno neutrale del-la Scienza, dell’Arte, dei nobili sentimenti, delle idee elevate, non vi sono vincitori né vinti, ne giapponesi nérussi! Non vi è altro che uomini: alcune volte, grandi; altre volte, pazzi. (Echegaray 1917, vol. II, p. 77-79)

I sentimenti di Echegaray sono quelli tipici di un intellettuale dell’Ottocento animato dalla passionenazionale11, la quale tuttavia, fra i matematici, non escludeva uno spirito internazionalista, sostenuto sìdalla universalità della matematica e della scienza, ma anche dalla condivisione fra i matematici dei di-versi paesi di Europa di una comune visione culturale, ossia il ruolo della propria disciplina nel progres-so materiale e nella tensione verso le libertà politiche delle nazioni.

Gi anni della fine dell’Ottocento, attraverso i corrispondenti italiani di Cremona

Poiché l’abbattimento del potere temporale del Papa si saldò in Italia con l’unificazione nazionale e il rin-novamento scientifico, la giovane monarchia unificata diventò agli occhi di molti europei, in particola-re in Spagna, l’emblema del valore rivoluzionario della scienza pura e della matematica. Abbiamo esa-minato in altra sede un documento storico che testimonia il ruolo internazionale della matematica ita-liana: le lettere rivolte a Cremona da matematici di tutto il mondo (Millán Gasca 2011). Attraverso que-ste lettere si comprende come la matematica non fosse più l’esclusiva attività di una piccola cerchia didotti, ma un’impresa culturale alla quale volevano partecipare studiosi di tutto il mondo, in una atmo-sfera impregnata di passione nazionale, di cosmopolitismo scientifico e anche del dinamismo tipico del-la fase propulsiva del pensiero liberale.

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11 Furet (1995) ha sottolineato in pagine illuminanti il fatto che la celebrazione dell’idea nazionale è posta dagli uominidell’Ottocento al centro della storiografia, e nel contempo è vissuta come cuore dell’attività politica. Citiamo Furet: «L’orgo-glio dell’appartenenza nazionale penetra tutta la vita intellettuale e sociale dell’Europa. La Rivoluzione francese ha tracciato lasua strada sopratutto attraverso essa, e ciò spiega che sia stata ammirata, ma anche temuta, nel nome dei principi nuovi cheaveva fatto comparire: ciò che essa aveva avuto di particolare autorizzava ogni nazione, a seconda dei casi, a imitarla o a com-batterla nel nome di ciò che essa aveva avuto di universale». Il movimento “rigenerazionista” spagnolo dopo la perdita delleultime colonie è più ambiguo, diventa anche una critica della nazione, e nei suoi Ricordi Echegaray ribadisce esplicitamentela sua distanza da tale posizione.

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Nel 1883, dalla città castigliana di Valladolid, il capitano di fanteria Ricardo Vázquez-Illa Martínez(1843-1912) invia a Cremona un suo trattato di aritmetica elementare (Propiedades elementales relativasa la divisibilidad de los números enteros, Valladolid 1881) e scrive che ha letto “il suo eccellente trattatodi Calcolo Grafico che lamento non sia conosciuto in questo paese come merita di esserlo, e come con-verrebbe molto alla diffusione della Scienza”; Cremona invia in risposta varie memorie e un esemplaredella sua opera sulle figure reciproche nella statica grafica12. Un anno dopo, dalla città di Toledo dove èstato nominato professore della Accademia militare, Vázquez-Illa invia a Cremona un libro appena pub-blicato da Zoel García de Galdeano, professore di liceo nella città, il primo volume di un trattato di al-gebra13. Molti anni dopo, il tenente colonnello in pensione Vázquez-Illa sarà un attivo collaboratore del-la sezione bibliografica nel primo anno di vita della «Rivista della Società Matematica Spagnola».

Carlos María de Moÿ, un ingegnere industriale catalano, nel dicembre 1887 scrive a Cremona del suoprogetto di redazione di un opera in castigliano divisa in tre parti, la prima dedicata alla geometria pro-iettiva (l’unica che vide la luce, in due edizioni del 1888 e del 1889, con prologo di Antonio Favaro), laseconda al calcolo grafico e alla terza statica grafica (de Moÿ 1888). Dalle sue lettere sappiamo che egliincontrò Cremona a Roma nel giugno del 1886 al Senato, e che quest’ultimo lo indirizzò a Carlo Sa-viotti14; e che la fonte principale del suo testo era il trattato di geometria proiettiva per gli istituti tecni-ci di Cremona, che egli aveva letto nella traduzione francese del 187515. Presentando il suo libro, deMoÿ scriveva che lo studio della Statica grafica è ormai indispensabile, e «[…] come nelle altre nazioniè necessario stabilire in Spagna corsi completi della stessa, nelle nostre scuole degli ingegneri» (de Moÿ1888, p. VIII); e affermava che la sua opera non aveva altre pretese se non quelle di

segnalare la strada che devono seguire coloro che si dedicano allo studio della matematica, in modo che conpiù conoscenze scientifiche di quelle mie, ampliando e completando la presente opera, lavorino perché laSpagna possa presto essere, in questo terreno, al livello delle altre nazioni (de Moÿ 1888, p. IX).

Queste lettere confermano che Cremona era noto in Spagna, come d’altra parte lo era in tutto ilmondo, soprattuto per i suoi testi di calcolo grafico (1874) e di statica grafica (1872) rivolti agli inge-gneri, che furono tradotti in tedesco, in francese e in inglese. Sono testi che, insieme a quelli di Theo-dor Reye (1838-1919) e Wilhelm Fiedler (1832-1912), avevano rinnovato lo studio della geometria de-scrittiva basandolo su quello della geometria proiettiva e avevano rinvigorito l’interesse per le applicazionidella geometria alla scienza e alla tecnica delle costruzioni. Le lettere dei tre corrispondenti spagnoli con-fermano che l’impegno di Cremona a livello nazionale era unito a una grande apertura ai colleghi stra-nieri, e ciò indipendentemente dalla loro notorietà; ma ciò che è più interessante, confermano, in do-cumenti privati, diversi dai discorsi che abbiamo citato sopra, quanto era comune in Spagna la sensibi-lità – l’insoddisfazione – verso la questione della diffusione della scienza nel paese. Echegaray aveva pub-

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12 Vázquez-Illa a Cremona, Valladolid, 11 giugno 1883 e 1° luglio 1883 (la citazione è della seconda lettera). Queste duelettere, come tutte le altre citate in questo paragrafo, sono conservate nell’Archivio Cremona, Biblioteca “Guido Castelnuo-vo”, Dipartimento di Matematica, Università di Roma “La Sapienza” (si veda una descrizione del fondo in Millán Gasca2011). La trascrizione completa delle lettere citate in questo paragrafo si trova in Israel (dir.), vol. I, 1992.

13 Vázquez-Illa a Cremona, Toledo, 1° ottobre 1884.14 de Moÿ a Cremona, Barcelona, 1 dicembre 1887.15 Nella prima lettera citata e in altre due lettere, tutte scritte da Barcelona, egli reitera la richiesta di permesso a Cremo-

na per riprendere parti del suo libro nell’opera in castigliano (4 e 30 gennaio 1888); l’ultima lettera, del 4 febbraio 1889, ac-compagna una copia del libro. La pubblicistica su questo argomento era molto ricca in quel periodo e, oltre alle traduzioni,sembra verosimile che vi fossero anche casi di plagio (si veda ad esempio, sul caso di Reye e Favaro, Hormigón, Millán Gasca1991).

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blicato nel periodico della Accademia reale delle scienze una serie di articoli, raccolti poi nel volume In-troducción a la geometria superior (Madrid, 1867) per mostrare lo stato delle ricerche di geometria mo-derna, le quali non trovavano spazio nelle Facoltà di scienze spagnole16. Anche da questo punto di vistala Spagna era un paese in transizione: da una parte, nelle ultime decadi dell’Ottocento vi era un nume-ro maggiore di cultori di matematica ed in particolare di cattedre di matematica presso le facoltà di scien-ze, oltre che più autori di testi universitari di matematica; dal matematico Eulogio Jiménez (1834-1884),molto stimato da Echegaray e che apparteneva alla cerchia dell’Institución Libre de Enseñanza, proven-ne l’iniziative di tradurre in spagnolo, in cinque volumi pubblicati tra il 1879 e il 1881, gli Elementi dimatematica di Richard Baltzer (1818-1887) che erano stati tradotti in Italia da Cremona17. Tuttavia, co-me abbiamo mostrato in altri lavori, la subordinazione dello studio della matematica all’ingegneria el’architettura portò a concentrarsi in modo esclusivo sulle ricerche di geometria proiettiva sintetica –quelle sulle quali lavorerà all’inizio della sua carriera scientifica il giovane Julio Rey Pastor (1888-1962),il più importante matematico spagnolo della prima metà del Novecento18.

Oltre a Echegaray, vi è un altro intellettuale che diede un grande contributo alla diffusione della cul-tura matematica in Spagna fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento: García de Galdeano (1846-1924), successore di Echegaray come presidente della Società Matematica Spagnola. Nel 1885 egli ri-siedeva a Toledo, la sua ultima cattedra liceale prima di vincere il concorso a cattedra di Complementidi Algebra e geometria analitica dell’Università di Saragozza nel 188919. Egli trovò un interlocutore na-turale nel professore Váquez-Illa dell’Accademia militare di Toledo, il cui libretto sulla divisibilità fu re-censito dall’Accademia delle scienze spagnola sottolineando che esso «sembra chiamato a svegliare e rav-vivare l’inclinazione, nascente in Spagna, per gli studi superiori delle scienze matematiche»20.

Nel marzo 1885 García de Galdeano scrive a Cremona21:

Con grande soddisfazione ho ricevuto gli importanti lavori che lei ha avuto la gentilezza di inviarmi; percui la ringrazio espressivamente, e anche se mi è impossibile corrispondere con opere degne di sollecitarela sua attenzione, la prego di volere accettare quelle che le invio con questa mia, come debole testimonian-za di ammirazione verso il grande geometra italiano, così noto dagli amanti della scienza.

Neanche due anni dopo il suo arrivo alla cattedra universitaria García de Galdeano lancia la primarivista matematica spagnola, «El Progreso Matematico», e la invia a Cremona, il quale accetta di fareparte dei collaboratori22:

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16 Su quest’opera di de Moÿ e sullo studio della geometria proiettiva in Spagna nell’Ottocento, si veda MILLÁN A. 1991.17 Baltzer (1879-1881). I traduttori furono Manuel Merelo (1829-1901), professore di liceo e Eulogio Jiménez (1834-1884)

del Osservatorio Astronomico di Madrid, che tenne un corso di geometria nella Institución Libre de Enseñanza negli stessianni (Núñez-Servat 1988). La traduzione di Cremona in 6 volumi, condotta sulla seconda edizione tedesca, era stata stam-pata a Genova negli anni 1865-1868.

18 Si veda Millán Gasca 1990 e 1991, Ausejo et al. (1992), Hormigón-Millán Gasca 1992.19 Dopo i diplomi di geometra e di maestro e la laurea in Lettere e Filosofia, nel 1871 García de Galdeano aveva ottenu-

to la laurea e il dottorato in scienze matematiche presso l’Università di Saragozza: infatti nel periodo rivoluzionario il rigidocentralismo universitario spagnolo fu mitigato anche permettendo alle facoltà di provincia di assegnare questi titoli. Su Gar-cía de Galdeano si veda Ausejo-Hormigón 2002 e la bibliografia ivi contenuta.

20 Recensione di Miguel Merino in Anuario de la Real Academia de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales, 1884, p. 253; siveda il necrologio di Luis Octavio de Toledo (1913).

21 García de Galdeano a Cremona, Toledo, 26 marzo 1885.22 García de Galdeano a Cremona, Saragozza, 2 febbraio 1891. García de Galdeano ricevette una risposta affermativa, co-

me si desume da una lettera a Cremona del 22 agosto 1891.

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Con la posta di oggi ho la soddisfazione di inviarLe il primo numero di un giornale di matematiche e i mieiultimi opuscoli sulla generazione dei concetti matematici, che anche se troppo umili per destare l’attenzionedi un Maestro eminente come Lei, io le invio come tributo di ammirazione e riconoscenza, poiché devo mol-to ai suoi notevoli lavori.Il mio proposito nel pubblicare il giornale è quello di vedere se posso in certa misura contribuire a divul-gare le conoscenze matematiche così trascurate in Spagna, dove altre idee assorbono l’attenzione generale,e siccome ogni pensiero nascente deve cercare sostegno nelle simpatie degli spiriti nobili, oggi oso avvici-narmi a Lei con una supplica che forse la sorprenderà per la grandissima distanza che ci separa, poiché sa-rebbe un onore immenso per me se Lei mi permettesse di collocare il suo nome fra i collaboratori del miogiornale e non oserei rivolgerLe così esagerata richiesta se non confidassi che la bontà del suo cuore e l’en-tusiasmo per la scienza debba uguagliare la superiorità che Lei possiede per il suo sapere e la sua illustra-zione universalmente riconosciuti.

Questo doppio sentimento patriottico e internazionalista che esprimono le lettere dei tre corrispon-denti spagnoli di Cremona era diffuso nella comunità matematica internazionale degli ultimi quattro de-cenni dell’Ottocento, anni in cui si registra in tutti i paesi di cultura europea un analogo sforzo istitu-zionale volto alla costituzione di una comunità matematica nazionale e, in definitiva, alla formazione digiovani matematici attivi nella ricerca.

Un rapporto maturo

La creazione, nel 1907, di un organismo pubblico dotato di congrui finanziamenti per promuovere unapolitica di borse di ricerca all’estero e di organizzazione di laboratori di ricerca, la Junta para Ampliaciónde Estudios e Investigaciones Científicas rese concretamente possibile l’attività di studiosi in grado di par-tecipare attivamente alla ricerca: per la geometria, José Álvarez Ude (1876-1958), professore dell’Uni-versità di Saragozza, e i giovani Julio Rey Pastor (1888-1962) e Olegario Fernández Baños (1886-1946),per la geometria, e Jose María Plans (1878-1934), Esteve Terradas i Illa (1883-1950) e Fernando Lorentede No (1896-1955) in fisica matematica23. La formazione di base di tutti questi ricercatori era stata pos-sibile grazie al miglioramento complessivo della cultura matematica nel paese, anche se circoscritta fon-damentalmente alla geometria e alla fisica matematica, ossia due ambiti strettamente collegati alla tec-nologia e l’ingegneria24. L’interesse per questi due settori trasformò la generica attenzione verso l’Italiada un punto di vista politico-culturale in un’affinità nell’ambito degli studi che agevolò i contatti con imatematici della scuola romana, i quali rappresentavano l’adesione a una visione classica della matema-tica, seppure aperta alle novità che si presentavano in quegli anni. Questi contatti diventarono allora di-retti, attraverso incontri personali dentro e fuori della Spagna.

Sulla scia di Echegaray, García de Galdeano e altri avevano contribuito a offrire un panorama ag-giornato delle tendenze della ricerca geometrica, separando i problemi di indole teorica dalle applicazionitecniche della geometria. Comunque, all’Università di Madrid si studiava essenzialmente geometria pro-

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23 Sull’organizzazione della ricerca matematica in Spagna dalla creazione della Junta fino alla guerra civile si veda Ausejo-Millán Gasca 1989; alla commissione (Junta) apparteneva Echegaray, insieme a un altro ingegnere-matematico, LeonardoTorres Quevedo.

24 È degno di nota infatti lo scarso interesse per gli sviluppi che portarono alla nascita dell’algebra astratta, trasformandoprofondamente la matematica attorno al 1900. Fra le opere che in quegli anni diedero un contributo alla nascita del approc-cio assiomatico, Álvarez Ude e Rey Pastor tradussero le Lezioni di Geometria moderna di Moritz Pasch (pubblicate in spagno-lo nel 1913).

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iettiva sintetica, e questo spiega il fatto che i primi giovani studiosi che si recarono all’estero fossero at-tratti dalla figura di Federigo Enriques25. I primi borsisti della Junta, nel 1911, Álvarez Ude e Rey Pa-stor, rimasero probabilmente delusi dei loro soggiorni in Germania, dove non trovarono più seguaci del-la visione sintetica alla von Staudt; Rey Pastor concluse il suo secondo periodo come borsista recandosiin Italia, nei mesi attorno all’inizio della prima guerra mondiale. Tornati in Spagna, entrambi furono fi-gure centrali nel Laboratorio y Seminario matematico fondato col sostegno della Junta nel 1915, e i bor-sisti associati al Laboratorio furono indirizzati verso l’Italia26. Abbiamo una interessante testimonianzadi Fernández Baños, risalente al 1917, sul suo soggiorno di studio a Bologna con Enriques, che mostra-no un incontro proficuo dal punto di vista dell’iniziazione alla ricerca del giovane studioso (attivo in se-guito nella Banca di Spagna), ma anche il dialogo sul tema centrale del valore dello spirito scientifico edei suoi conflitti con il pensiero religioso27:

Parlando incidentalmente di una questione storica, il professor Enriques emise alcune idee sbagliate circail tribunale del Santo Uffizio (l’Inquisizione) in Spagna. Con molto rispetto ma con posatezza e sicurezza,ribatté Fernández Baños le sue affermazioni, apportando dati e prove conclusive prese dagli archivi spagnolida Menéndez Pelayo.Di fronte a una difesa così compiuta, riconobbero che era sbagliato il giudizio formato in Italia su tale ma-teria e ... le cose furono messe a posto.

Nel 1920 la «Revista Matemática Hispano-Americana» della Società Matematica Spagnola pubblicòun contributo di Enriques sulla scuola geometrica italiana che dava conto proprio di ciò che i geometrispagnoli avevano trovato nell’approccio sintetico rinnovato dal Enriques e Castelnuovo (Israel 1985). An-che la posizione conservatrice aperta di Vito Volterra e di Tullio Levi-Civita era del tutto coerente conquella promossa attivamente da Echegaray come professore di Fisica matematica dell’Università Central28.Egli era legato a una visione classica della fisica matematica centrata sull’analisi matematica, seguendoHenri Poincaré. Nel 1910 tutti i professori della Facoltà di Scienze dell’Università di Madrid proposeroil nome di Poincaré al Comitato Nobel per la fisica, come fece Volterra29. Echegaray era molto sensibi-le alle novità che si stavano presentando in quegli anni, che non esitò a chiamare un periodo di crisi, per-ché – per riprendere il celebre titolo di un lavoro di Tullio Levi-Civita – egli non si nascondeva le diffi-coltà di varcare la soglia della nuova meccanica per un conservatore. Nel Convegno Internazionale deiMatematici di Cambridge del 1912 (dove si ebbe per la prima volta una rappresentanza spagnola di piùpersone) Terradas ebbe l’occasione di incontrare Levi-Civita, che fu invitato in Spagna nel 1921, grazie

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25 Si veda al riguardo Millán 1991 e Israel 1985.26 Si veda Ausejo-Millán 1989. Su Rey Pastor, il matematico più influente nell’area culturale di lingua spagnola nella pri-

ma metà del Novecento, rinvio ai miei lavori Millán 1988 e 1990.27 Si veda Millán Gasca 1997, dove sono tradotti i passaggi sull’incontro di Fernández Baños e Enriques (e Chisini) tratti

dal diario del primo (si rinvia a questo articolo per i riferimenti bibliografici). A Fernández Baños Enriques affidò la cura diun suo volume, uscito contemporaneamente nel 1918 in italiano e in spagnolo (Enriques 1918) e incaricò la stesura di un ar-ticolo sullo spirito scientifico in Spagna per la rivista della Associazione Italiana per l’intesa intellettuale fra i paesi alleati e ami-ci che egli promosse in quegli anni (Fernández 1919). Fernández Baños sarebbe diventato nel seguito molto attivo in ambitoeconomico e statistico.

28 Echegaray occupò dal 1905 alla sua morte la cattedra di Fisica matematica dell’Università di Madrid che egli stesso ave-va contribuito a stabilire nel 1870, quando era responsabile della pubblica istruzione; egli pubblicò anno per anno i suoi cor-si nella «Rivista della Reale accademia delle scienze» e poi in volume: attraverso questi volumi (dieci volumi, più di 4.000 pa-gine) voleva fornire un panorama completo, una vera e propria Enciclopedia della Fisica Matematica.

29 La vicenda delle proposte del conferimento del premio Nobel per la fisica a Poincaré in quegli anni rendono evidentequanto questa visione fosse condivisa fra gli studiosi dell’epoca. Si veda Israel (1985).

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al sostegno di un’istituzione pubblica catalana, la Mancomunitat30. Volterra visitò Madrid nel 1925 (eancora nel 1932); Enriques non venne in Spagna ma fu invitato da Rey Pastor a Buenos Aires nel 1927;nel 1928 tenne conferenze a Madrid Francesco Severi.

Non ci possiamo soffermare in questa sede sui dettagli dei molti viaggi di studenti spagnoli a Roma edi professori romani a Madrid e Barcelona, sui quali si conserva una preziosa documentazione negli ar-chivi di Volterra e di Levi-Civita conservati presso la Accademia dei Lincei, e che ci ripromettiamo di esa-minare in un prossimo lavoro. A quel periodo risale la testimonianza di Dirk Struik nelle note autobio-grafiche sul suo soggiorno a Roma nel 1924-25, relativa a un compagno di studi spagnolo, non identifi-cato ma le cui motivazioni egli descrive efficacemente:

Tra noi c’era anche uno spagnolo, del Nord della Spagna, un vero patriota che era venuto a Roma per per-fezionarsi in matematica e poi tornare ad insegnarla; voleva cercare di migliorare il misero stato della istru-zione spagnola – ne era appassionato, così come della bellezza e dei bisogni del suo paese (Struik 1994).

Ma per rendere l’idea della conoscenza e della stima reciproca vorrei citare due testimonianze scritteda Julio Rey Pastor. La prima, forse da non prendere alla lettera ma significativa, si trova nel necrologiodi Echegaray che egli pubblicò sulla rivista «España» nel 1916:

Parlando due anni fa con il professor Levi-Civita (la prima autorità di Italia in Fisica matematica) ci dice-va: ‘Nonostante Echegaray non sia un ricercatore, donna all’esposizione una tale impronta di originalità,sa semplificare i problemi in un modo tale, che io consiglio vivamente ai miei allievi lo studio delle sue con-ferenze, e io stesso apprendo molto da esse’ (Rey Pastor 1916, p. 703).

La seconda invece è tratta da un articolo pubblicato sul giornale di Buenos Aires «La Nación» nel1927, in occasione della visita in Argentina di Enriques:

Enriques ha saputo tendere sui suoi ascoltatori le reti della sua simpatia, ottenendo amicizie dalle quali sipuò forse sperare una maggiore ulteriore efficacia pedagogica di quella molto effimera delle conferenze. Sa-rebbe augurabile che la gioventù argentina studiosa, per la quale l’Europa è Parigi, dividesse le sue prefe-renze con le università italiane, dove il più intimo contatto con i maestri rende più fecondo il lavoro.Per le scienze esatte, è difficile trovare in un’università europea figure del livello di Levi-Civita, Volterra, En-riques, Severi, Bompiani, Fermi, Amoroso, Gini, Amaldi, Vacca ... sotto la cui guida non soltanto si puòconoscere lo stato attuale di qualsiasi teoria e contribuire al suo progresso, ma anche acquisire quella supe-riore visione sintetica della scienza, che si raggiunge soltanto alla luce degli spiriti filosofici e senza la qua-le la sapienza scientifica rimane erudizione, senza arrivare alla conoscenza organica.

Una sfida vinta, un processo incompiuto

Abbiamo fatto riferimento all’inizio di questo lavoro a una visione della storia della Spagna come ecce-zione o anomalia nel contesto europeo che inizia ora ad essere superata. Una tale visione è stata sicura-mente condizionata dall’esperienza traumatica della guerra civile spagnola (1936-1939): infatti, se laguerra è analizzata da una prospettiva chiusa, che non considera il suo significato complessivo all’inter-no dell’evoluzione della democrazia liberale in Europa31, allora sembra inevitabile concludere che essa ab-

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30 Archivio Levi-Civita, Accademia Nazionale dei Lincei, carteggio con E. Terradas.31 Un’analisi storica della guerra civile spagnola all’interno dell’evoluzione della democrazia liberale europea e delle due op-

poste degenerazioni, il fascismo e l’“illusione” comunista è stata invece compiuta da Furet (1995).

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bia rappresentato lo sbocco drammatico di un processo storico vizioso di mancata modernizzazione, cheavrebbe contraddistinto la storia spagnola segnando un’allontanamento radicale dai processi virtuosi de-gli altri grandi paesi europei32.

Una tale visione era già presente prima della guerra civile spagnola, per la verità. Essa si ritrovanell’espressione di José Ortega y Gasset – un’espressione che ha avuto grande fortuna – coniata per dartitolo a un suo celebre saggio del 1922, una Spagna “invertebrata”: al di là del problema dell’indu-strializzazione, sarebbe mancato un progetto condiviso di una Spagna moderna, libera politicamentee istruita, capace di esprimere una cultura laica e tollerante, al passo con i tempi, e in grado di ritro-vare un suo ruolo nel contesto internazionale dopo l’indipendenza delle colonie americane (iniziatanegli anni 1824-25 e conclusasi definitivamente nel 1898). Da qui un sentimento tragico sul destinodella Spagna: la terra di Cervantes e di Santa Teresa de Ávila, il paese delle scuole di traduzione e deire studiosi di astronomia nel Medioevo, non aveva espresso altro, a confronto con la modernità, cheun regime di elezioni corrotte e soprattuto – nelle parole di Manuel de Azaña, presidente della SecondaRepubblica alla vigilia del colpo di stato del generale Franco nel 1936 – una “borghesia debole, bac-chettona e insicura, e di cattivo gusto”33. Tra le cause di un tale abisso di miseria morale e culturaleera stata additata sempre di più, nel corso di tutto l’Ottocento, l’ignoranza scientifica, derivata sì dalproblema della alfabetizzazione e dell’istruzione superiore, ma frutto soprattutto della chiusura delpensiero cattolico nei confronti della scienza. Il giudizio di Azaña sull’insieme della società borgheseottocentesca si ritrova così nel giudizio ancora oggi molto diffuso in Spagna sul mondo scientificodell’epoca ed in particolare su Echegaray. Dopo l’assegnazione del premio Nobel di Letteratura nel1904 egli fu duramente criticato dai letterati della florida “generazione del 98”; e nonostante gli elo-gi dell’ambiente scientifico spagnolo, dal premio Nobel Santiago Ramón y Cajal a Rey Pastor, anco-ra oggi il giudizio sulla sua opera scientifica appare profondamente ingiusto, se si pensa che si consi-dera una debolezza la sua adesione alla visione di Poincaré, nonostante le sue conferenze e corsi mo-strino come egli fosse estremamente consapevole e rendesse consapevole il suo pubblico della situa-zione di crisi della fisica matematica classica34. La totale rimozione attuale di Echegaray scienziato e

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32 Non ci riferiamo qui alla modernizzazione industriale: Fusi e Palafox, ricordando che la maggior parte dei paesi euro-pei rimassero fuori da questo processo, hanno mostrato che vi fu invece un’evoluzione virtuosa: crescita economica, organiz-zazione amministrativa e sviluppo delle infrastrutture.

33 Nell’a.a. 1925-1926 Azaña ottenne il premio nazionale di letteratura del Ministero della Pubblica Istruzione spagnolocon un saggio sulla vita del romanziere Juan Valera nel quale è contenuta la sua visione sull’età del liberalismo in Spagna (siveda Azaña 1971).

34 Si vedano ad esempio i saggi biografici Sánchez Ron 2003 e 2004, dove l’autore entra in un circolo vizioso non riuscendoa far combaciare il suo pregiudizio politico nei confronti di Echegaray con l’evidenza del valore della sua opera scientifica scrit-ta. Sánchez Ron scrive infatti che, nel suo discorso inaugurale dell’anno accademico 1905-06 all’università di Madrid, dedi-cato alla crisi della scienza, come altrove nell’imponente lavoro degli anni successivi, si osserva che Echegaray «era, effettiva-mente ben informato su alcuni aspetti della nuova fisica» (2004, p. 675, n. 165); inoltre, sempre in Sánchez Ron mostra cheEchegaray era profondo conoscitore del lavoro di Poincaré il cui punto di vista classico egli sosteneva con grande consapevo-lezza. Eppure, ciononostante, secondo Sánchez Ron il lavoro di Echegaray sarebbe soltanto «il patetico sforzo di un uomo edu-cato nella scienza classica per salvare qualcosa del suo mondo» (loc. cit., p. 662); inoltre, la sua scrittura era «pacchiana e sdol-cinata per i nostri gusti attuali, e la sua lettura ci rende possibile capire facilmente le critiche che gli dedicarono giovani lette-rati che iniziavano le loro carriere con il nuovo secolo» (2003, p. 762) e inoltre (sic) «il nostro uomo mostro con frequenza(non sempre, evidentemente) in quei lavori la sua scarsa profondità, la sua molto limitata percezione filosofica e gli abusi a cuigli conduceva la sua troppo florida prosa» (ivi). La colpa, probabilmente, era l’“assimilazione” al mondo borghese, dimostra-ta dal fatto che, proprio nel 1905 anche se per pochi mesi, egli fu di nuovo ministro delle Finanze in uno dei governi del re-gime monarchico borghese restaurato: «Ovviamente, allora i suoi precedenti fervori repubblicani erano considerevolmentedecaduti (come tanti correligionari del 68 Echegaray avrebbe finito senza maggiori problemi la Restaurazione)» (Sánchez Ron2003, p. 757).

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uomo politico si può spiegare proprio tenendo presente che egli rappresenta in modo emblematico illiberalismo ottocentesco, i protagonisti di quella rivoluzione tranquilla e di quella tappa di tolleranzache è stata rifiutata sia dal cattolicesimo conservatore franquista, sia da posizioni radicali a sinistra.Echegaray faceva parte della cerchia di economisti che difendevano posizioni di stretta osservanza li-berista; la sua posizione politica era distante anni luce dalle posizioni conservatrici cattoliche intran-sigenti, ma nelle sue memorie si esprime da difensore di un ruolo molto limitato dello Stato nella sfe-ra economica e sociale, criticando anche le posizioni socialiste, in modo così esplicito che – come hasottolineato opportunamente Alicia Delibes – probabilmente ciò lo ha condannato nel proprio pae-se a una damnatio memoriae che va molto oltre la dimenticanza comune delle grandi figure scientifi-che nazionali dell’Ottocento.

Le testimonianze storiche mostrano invece che, anche in ambito matematico, si ebbe nella Spagna una“rivoluzione tranquilla”, una feconda transizione, sulla quale è essenziale elaborare un giudizio storicoequilibrato, anche perché esso è la base imprescindibile per capire l’evoluzione della scienza spagnola nelNovecento35.

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35 In una conferenza dal titolo Historiadores españoles del siglo XXI, Zaragoza, 27 de marzo de 1990, lo storico José Mª Jo-ver, aveva assegnato proprio la comprensione globale dell’Ottocento spagnolo come il grande compito per gli storici spagno-li del XXI secolo.

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