La gestione del conflitto in famiglia tra adolescenti e genitori
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Università degli Studi di Milano
Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali
Scienze del Lavoro
“La gestione del conflitto in famiglia tra genitori e adolescenti”
Un breve studio sui rapporti genitori e figli adolescenti.
Renata Bianchi matricola 819026
Corso di Psicologia della negoziazione Prof.ssa Silvia Gilardi
Anno accademico 2013 - 2014
1
La gestione del conflitto in famiglia tra genitori e adolescenti Un breve studio sui rapporti genitori e figli adolescenti.
Indice
Parte prima
1. Introduzione – obiettivi p. 3
2. Breve sguardo sulla famiglia italiana nel contesto attuale p. 4
3. L’adolescenza p. 7 3.1 Il fenomeno dell’adolescenza 3.2 Processi psicologici adolescenziali 3.3 La separazione ed individuazione
Parte seconda
4. I conflitti adolescenziali p. 16 4.1 Parte generale - definizioni 4.2 Le motivazioni al conflitto 4.3 La gestione e gli esiti del conflitto
5. Negoziare con gli adolescenti p. 28
6. Conclusioni p. 32
7. Bibliografia p. 33
2
L’adolescenza è la fase di passaggio che divide
l’infanzia dall’età’ adulta
ciò cui assomiglia maggiormente è la nascita.
È come una seconda nascita che si realizzerà
in tappe progressive.
È necessario abbandonare a poco a poco la
protezione familiare. Lasciare l’infanzia,
cancellare il bambino che è in noi, è una
mutazione.
(F. DOLTO, 1988)
3
1. Introduzione – obiettivi
Il tema del rapporto tra genitori e figli è da sempre un argomento stimolante e complesso. La
particolarità dell'adolescente è quella di essere una persona che ricerca l'autonomia ma che è
ancora dipendente dalla famiglia e dalle esperienze infantili. La conflittualità è, quindi, parte
integrante dello sviluppo psicoaffettivo dell'adolescente. Questo aspetto ambivalente mostra
l'importanza della personalità dei genitori come fattore determinante nell'espressione della
personalità dell'adolescente. È necessario sottolineare che tutti gli adolescenti, che abbiano
avuto o no rilevanti problemi anche di tipo familiare ( disaccordo genitoriale continuo,
malattie etc.), stabiliscono rapporti conflittuali con i propri genitori. L'adolescenza va letta,
sia come "evoluzione"1 ,cogliendo la continuità con il passato, sia come crisi, soffermandosi
più sul particolare cambiamento rispetto al passato nella prospettiva futura. In ogni caso per
un processo evolutivo sano è richiesta una riorganizzazione delle relazioni con i genitori e
un rimodellamento delle immagini a essi legate. Pur dovendo superare il bisogno di
dipendenza, l'adolescente deve poter identificarsi con il genitore che costituirà un modello
per la vita adulta. Quando ciò non è reso possibile, per l'interferenza di problematiche
importanti e per difficoltà di comunicazione, il ragazzo farà fatica a strutturare un'immagine
di sé salda, ricercando modelli, non sempre sani, al di fuori della famiglia.
A volte, inoltre, la contrapposizione tra genitori e figli è totale e continua al punto da
divenire opposizione generalizzata contro gli adulti e contro la società, poiché l'adolescente
diviene incapace di riconoscere nell'adulto un modello significativo e sicuro per sé.
Molto spesso nel conflitto genitori – figli, gli adulti rievocano la propria adolescenza e
possono emergere elementi più o meno conflittuali del passato. Attraverso quest'aspetto i
genitori tenderanno a mettere in atto modelli passati che non necessariamente corrispondono
al rapporto affettivo con il proprio figlio oppure ad applicare modelli completamente
opposti.
La prima parte del presente lavoro, partendo dall’analisi della famiglia nel contesto attuale,
si sviluppa attraverso il concetto di adolescenza, il processo di separazione e individuazione
e gli attori connessi allo sviluppo adolescenziale.
La seconda parte analizza i conflitti adolescenziali e le metodologie di risoluzione del
conflitto.
1 Linguiti, P. (2014) Conflitti transgenerazionali in famiglie con figli adolescenti. Melograna.
4
2. Breve sguardo sulla famiglia italiana nel contesto attuale.
La famiglia è un gruppo sociale che varia secondo la società in cui si trova e ne riflette i
valori fondamentali. Ogni società possiede un tipo di organizzazione familiare, ma ciò che
importa è che in famiglia le persone che formano il gruppo hanno relazioni di parentela e
affettive.
Negli ultimi trent’anni la famiglia ha subito un processo di trasformazione estremamente
rapido seppur diverso nei vari paesi e realtà sociali. Infatti, a partire dalla metà degli anni
sessanta si può riscontrare la diminuzione dei matrimoni e delle nascite e un aumento
delle separazioni. Tutto ciò è avvenuto in conseguenza al processo di de-
industrializzazione, la liberalizzazione del ruolo della donna e il suo maggiore
coinvolgimento nel mondo lavorativo ed ha portato a tutta una serie di cambiamenti
anche nella suddivisione dei ruoli e delle aspettative all’interno della coppia.
La famiglia di oggi rispetto a quella del passato, di tipo patriarcale, è considerata in crisi e
si configura sempre più come ambito di relazioni complesse o addirittura di non svolgimento
della relazione, una sorta di spazio muto e mutevole dove i genitori sono sempre meno
capaci di comunicare adeguatamente con i figli e con se stessi.
La famiglia contemporanea ha perso parte della sua stabilità pur a vantaggio di una
maggiore fragilità: sembra oggi basarsi maggiormente sulla soddisfazione dei bisogni
individuali ed emotivi e meno sull’antica funzione di sicurezza economica e affettiva.
Un segnale evidente di questi cambiamenti è presente anche nel linguaggio, dove il termine
famiglia è sempre più frequentemente accompagnato da un aggettivo che ne qualifica le
caratteristiche strutturali: la famiglia nucleare, la famiglia mono genitoriale, la famiglia
omosessuale, la famiglia di fatto, la famiglia ricostituita ecc.2.
Nonostante tutti i cambiamenti in corso, la famiglia riveste ancora un ruolo essenziale
nell’aiutare l’adolescente a superare le difficoltà insite nel passaggio all’età adulta.
I primi studi sull’adolescenza concepivano un adolescente fondamentalmente solo,
angosciato dai cambiamenti e ribelle, che rifiutava i modelli offerti dalla famiglia perché
appartenenti a un mondo dal quale bisognava prendere le distanze e con il quale era
necessario entrare spesso in conflitto3. Gli studi più recenti, concepiscono un’adolescenza
più positiva e meno turbolenta e rivalutano il sostegno che le figure di riferimento all’interno
della famiglia possono offrire. 2 Castrica Simonetta, (2013) La rivista culturale in http://www.psiconauti.it
3 Winnicott, 1975
5
Non sempre però i genitori costituiscono una “base sicura” cui rivolgersi nel momento di
difficoltà4. Ciò dipende prima di tutto dalla situazione della famiglia.
Se ci sono problemi economici o il nucleo familiare non è più integro, l’adolescente non
solo non potrà ricevere molto supporto, ma, al contrario, dovrà farsi carico di una serie di
problemi che anticiperanno il suo ingresso nel mondo degli adulti, anche se
psicologicamente deve ancora crescere.
La qualità delle relazioni familiari è di fondamentale importanza per garantire
all’adolescente una transizione serena all’età adulta5. Molti autori classificano i diversi tipi
di famiglia sulla base della distanza interpersonale tra i suoi membri. Secondo questo
modello “la natura di una relazione è definita dal grado di sovrapposizione, lontananza e
condivisione (fusione) dei rispettivi campi psicologici”.6..
Infatti, quando i familiari sono vicini psicologicamente fra loro, pur manifestando ognuno la
propria identità distinta e mostrando allo stesso tempo autonomia individuale e sentimento
di appartenenza, i confini sono flessibili e chiari, lo scambio d'informazioni è incoraggiato e
sostenuto, la famiglia e' definita connessa. In questo caso la famiglia rappresenta una vera
risorsa per l’adolescente.
Secondo Steinberg lo stile educativo (parenting)7 dei genitori influenza lo sviluppo evolutivo
e sociale, il benessere dei figli e il loro processo di individuazione e separazione (di questo
si parlerà nel capitolo 3).
Tutti questi fattori hanno notevole importanza nello sviluppo psicofisico dei figli, sia che
questi abbiano genitori separati, sia che i genitori ancora coabitino.
È importante, quindi, che qualunque sia la condizione della famiglia, venga mantenuto, da
parte di entrambi i coniugi, il ruolo di padre e madre e che si continui a instaurare un
rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della
genitorialità.
4 Ardone, 1999
5 Scabini, 1995
6 Scabini, 1995 – pag 103
7 Cicognani (2002) definisce il parenting come :
“quell’insieme di atteggiamenti che il padre e la madre manifestano nei confronti dei figli e che, considerati globalmente, creano il
clima emotivo nel quale i genitori attuano i propri comportamenti, influenzando sia i comportamenti specifici, volti ad ottenere
determinati risultati educativi, sia i comportamenti non finalizzati come i gesti, i cambiamenti del tono della voce e le espressioni
spontanee delle emozioni”.
6
Se questo non avviene, è importante che la protezione dell’adolescente/minore venga
garantita dalle autorità preposte (Tribunali dei minori – assistenti sociali) attraverso attività
di supporto sviluppate in luoghi neutri.8
In questi ambiti sarà importante:
• Trasformare una relazione conflittuale genitori-figli in una modalita' relazionale positiva
• Favorire una genitorialità carente
• Garantire il controllo sull’attività delle relazioni.
Solo in questo modo sarà possibile offrire un servizio che tuteli i diritti dei ragazzi minori e
gli adolescenti in fase di crescita.
8 Luoghi neutri: Una delle leggi minorili più rilevanti ma anche più disattese è la legge 28 agosto 1997 n. 285 “Disposizioni per la
promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, nei cui artt. 1 e 3 si legge “qualità della vita” dei minori, quella
qualità (se non proprio la vita) che è seriamente compromessa o inesistente in caso di grave conflittualità familiare.
Anche per garantire un minimo di qualità della vita di quei minori vittime delle crisi familiari, sono sorti i cosiddetti luoghi neutri
(locuzione polivalente affermatasi in quest’ultimo quindicennio nel mondo delle scienze sociali), che possono essere uno dei servizi
collaterali della mediazione familiare.
7
3. L’adolescenza.
3.1 Il fenomeno dell’adolescenza
S’intende per adolescenza quel periodo della vita dell’individuo compresa tra la fanciullezza
e l’età adulta. Essa comincia con la pubertà e si conclude quando il giovane si è formato
come individuo autonomo ed è in grado “di stabilire rapporti significativi con un’altra
persona, con i gruppi di riferimento più prossimi e con il proprio ambiente di vita più ampio,
sia sul piano sessuale e affettivo, sia sul piano operativo e istituzionale”9. La maturazione
biologica può avvenire fra i 9-10 anni e i 13-14.
Generalmente le femmine hanno uno sviluppo sessuale più precoce di circa due anni rispetto
ai maschi. Se l’ingresso in questo turbolento periodo di vita è oggettivamente determinato
dalla comparsa dei caratteri sessuali secondari, la sua conclusione non è così facile da
identificare, anche se in letteratura viene fissata intorno ai 18-20 anni, quando l’individuo ha
acquisito “le competenze e i requisiti necessari per assumere le responsabilità di adulto”.10 .
Il fanciullo diviene adolescente con la maturità fisica, l’adolescente diviene uomo con la
maturità sociale. Oggi più che mai si sta amplificando il divario di tempo tra la pubertà e il
raggiungimento da parte dell’individuo di uno status sociale che lo identifica agli occhi degli
altri come adulto, indipendente economicamente, con uno specifico percorso professionale
da compiere già individuato, con un avvenuto processo di separazione nei confronti dei
genitori e una conseguente formazione di rapporti interpersonali significativi al di fuori
della famiglia.
Oggi viene individuata un’altra fase dello sviluppo dell’uomo che sta fra l’adolescenza e
l’età adulta, la fase della giovinezza, resa possibile dal benessere del mondo postmoderno e
che assume un significato istituzionale riferito non a tutti i giovani, ma solamente a quelli
che dopo il diploma delle scuole superiori decidono di continuare la propria formazione
iscrivendosi all’università. Si diviene adulti con l’acquisizione del senso d'identità, “la
consapevolezza da parte del soggetto di essere sempre la stessa persona, anche se si sente
cambiato, e di essere un individuo unico, diverso da tutti gli altri, dotato di un proprio stile
nel modo di rapportarsi con il mondo”11. Si parla di “adolescenza prolungata12” quando il
soggetto, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, non è ancora in grado di
9 Palmonari, 2001, p. 8
10 Palmonari, 1997, p.43
11 Palmonari, 2001, p. 9
12 Scabini & Iafrate,. 2003
8
stabilire rapporti d'intimità con persone al di fuori della famiglia, non impartisce alla vita
una direzione da seguire negando a se stesso la responsabilità della scelta di un percorso
professionale. In questa categoria non sono inclusi coloro che non hanno iniziato la
propria carriera lavorativa per motivi di studio. La stessa scelta di una facoltà universitaria
orienta il soggetto verso un certo campo di possibili impegni lavorativi e allo stesso tempo
esclude tutti gli altri13 . La condizione, infine, di coloro che dopo la licenza media
abbandonano la scuola per necessità economiche o per libera scelta e s’impegnano a
entrare nel mondo del lavoro viene definita “adolescenza abbreviata14”, anche se il percorso
psicologico per divenire adulti è tutt’altro che concluso.
Un’analisi della storia dell’adolescenza ci indica che, soprattutto nella storia occidentale,
non è tanto la durata dell’adolescenza che cambia bensì il modo in cui si diventa adulti e i
contenuti della formazione.
Nella Grecia Classica essere adolescente significava soprattutto imparare a combattere per
difendere il proprio territorio.
A Roma, per il maschio l’inizio della giovinezza era sancito dall’assunzione della toga virile
candida , con il parallelo abbandono della toga porpora (tra i 15 e i 16 anni). A seguito di
questo passaggio iniziava il tirocinio, un vero e proprio apprendistato alla vita adulta dove,
ancora una volta, era centrale la formazione militare.
Nel Rinascimento assume una progressiva importanza l’educazione religiosa e il giovane si
trova al centro del conflitto tra sregolatezza e sperperi da una parte e morale religiosa
dall’altra.
Solo nel XIX secolo nasce l’adolescente moderno, che è soprattutto uno studente o un
apprendista. Inizialmente la legge fissa a tredici anni l’ingresso nel mondo del lavoro.
Culturalmente oggi noi viviamo in una perenne società dell’adolescenza15. Le tendenze
narcisistiche ci trattengono nell’adolescenza, il mondo adulto non ha solo paura di
invecchiare ma pare non voler proprio crescere. Spesso i genitori si comportano come i
figli, condividono attività e interessi. Gli stessi insegnanti si vestono come i loro alunni.
Una volta l’età dei ragazzi e delle ragazze era quella dei “pantaloni corti16”, poi si cresceva e
si diventava adulti. Oggi i riti di passaggio, come l’acquisizione di un nuovo abbigliamento,
non esistono più: sono scomparse le iniziazioni all’età adulta. Forse solo il fatto di prendere
la patente segna il passaggio alla maggiore età. 13
Palmonari 2011 14
Confalonieri, E., Grazzani Gavazzi, I. (2002) 15
Novara, D. (2013) Le basi di un’educazione sufficientemente buona 16
Novara, D. (2013) Le basi di un’educazione sufficientemente buona
9
Gli odierni adolescenti vengono definiti dai media “Rampolli replicanti”17, appaiono oggi
quanto mai silenziosi perchè avvertono il peso di una crescente angoscia per l’incertezza
del domani, soprattutto professionale, a causa della forte crisi economica.
Questi soggetti, poco allenati al dialogo sia in famiglia sia fuori di casa, crescono con la
televisione che fa loro da balia e i videogames che tracciano le strutture principali della loro
attività fantastica; oscillano tra apparire ed essere e ci appaiono ristretti in una sofferenza e
solitudine che prima del diciannovesimo secolo non esisteva.
Essi, pur conducendo una vita generalmente agiata, appaiono profondamente soli, isolati,
privi di quel supporto emotivo fondamentale per la crescita che appare deficitario alla luce
delle modifiche che la famiglia, in primis e la scuola poi, hanno subito repentinamente negli
ultimi anni.
Gli adolescenti attuali non s’indignano più, non protestano come i loro padri; accettano la
disillusione e si parcheggiano ai margini del mondo produttivo, lamentando
un’incomprensione sempre più diffusa e generalizzata.
Perdita di senso etico e male di vivere sembrano, dunque, costituire oggi la base per
interpretare la condizione comune diffusa tra gli under venti, che assume però un volto
nuovo, costellato dalla passività e dall’apatia.
L’adolescenza ha quindi iniziato a essere trattata come una fase della vita umana,
oggetto di studio, intorno al 1900 sia in Europa sia in America, quando di tale tema
iniziarono ad occuparsi psicanalisti, pedagogisti, sociologi, letterati.
Per quanto riguarda la psicologia uno dei primi studiosi a occuparsi di adolescenza fu Hall
con la sua opera “Adolescenze”, nella quale l’adolescenza è paragonata a una seconda
nascita, in quanto si verifica un rinnovamento di tutti gli aspetti della personalità.18
Secondo l’autore questo periodo è caratterizzato da stress, conflitti e contraddizioni.
Queste transizioni avvengono a seguito di pressioni interne (fisiologiche, emotive) ed
esterne (legate ai coetanei, ai genitori ecc.).
La culla dell’adolescente contemporaneo è comunque la scuola; oggi l’identità di
adolescente coincide con quella di studente. Secondo gli storici la vita di gruppo nella classe
costituisce un importante fattore nella definizione dell’adolescenza attuale, sostituendo
all’adolescente guerriero l’adolescente studente, per il quale è sempre più centrale
l’apprendimento e lo sviluppo cognitivo.19
17
Luciano Luciani, (2009), I ragazzi di oggi? Sofferenza solitudine e male di vivere. 18
Palermiti, A. (2014). L'adolescenza. http://www.scienzepolitiche.unical.it 19
Maggiolini A . Pietropolli Charmet (a cura di) Manuale di Psicologia dell’adolescenza , pag. 15
10
L’età dell’adolescenza viene a essere sempre più concettualizzata come un processo
evolutivo normale, caratterizzato da una forte spinta al cambiamento che riguarda tutti i
settori dell’esperienza individuale, sia a livello personale, sia a livello interattivo e sociale.
Le differenze fra il bambino e l’adolescente non si limitano al piano fisico e sociale. Di
importanza fondamentale sono anche le conquiste dell’adolescente in campo cognitivo.
3.2 Processi psicologici adolescenziali
L’adolescenza è senz'altro un periodo di crisi, inteso, come vuole l'etimologia della parola
(dal greco χρισισ, daχρινειν=separo, decido) quale fondamentale momento di cambiamento,
separazione, scelta.20
Le trasformazioni fisiologiche e somatiche avviate nella fase precedente, la preadolescenza,
subiscono una vera e propria accelerazione, legata soprattutto al salto nella crescita del corpo
(con notevole aumento di statura dai 6 agli 11 cm), al pieno sviluppo del sistema
riproduttivo e di tutte le strutture anatomiche che costituiscono i caratteri sessuali primari e
secondari dell'adulto . Il corpo diventa un estraneo ed in virtù di tale estraneità l'adolescente
lo trasforma in uno spazio di sperimentazione (colorazione e taglio dei capelli, piercing,
tatuaggi, cambiamento di look) o, nei casi peggiori, in un vero e proprio campo di battaglia
sul quale inscenare eventuali conflitti con i genitori (disturbi alimentari, promiscuità e
gravidanze indesiderate, abuso di alcool e sostanze, atti autolesionistici...).
Molto importanti sono le modificazioni a livello cognitivo: il pensiero dell'adolescente si
trasforma da operatorio-concreto21 a logico-formale.22
Secondo Havighurst (1948, 1953)23 l’adolescenza sarebbe caratterizzata dai seguenti compiti
di sviluppo24:
� Instaurare relazioni nuove e più mature con i coetanei;
� Acquisire un ruolo maschile o femminile;
� Accettare il proprio corpo ed utilizzarlo in modo efficace;
20
Arianna Orelli, Adolescenza. 21
Il tipo operatorio-concreto del pensiero del fanciullo (7/10 anni) non consente al soggetto di immaginare il possibile fuori degli
schemi della realtà, così come egli la vive e la sperimenta. Per il fanciullo il possibile è solo ciò che non è ancora avvenuto ma può
avvenire. 22
Adolescenza, Arianna Orelli.
Il pensiero logico-formale consente di concepire il possibile come ciò che non è contraddittorio. Mentre il fanciullo lavora di
fantasia, ma il suo mondo fantastico è legato alla realtà delle cose concrete, eroi spaziali o mostri metà animali e metà uomini, il
mondo fantastico dell'adolescente è costituito da ipotesi sociali, etiche, politiche, ecc., non reali, ma logicamente realizzabili. 23
Robert James Havighurst (June 5, 1900 – January 31, 1991) was a professor, educator, and aging expert. 24
MAJORANO, M. (2014). Psicologia dell'adolescenza. http://www.ssispr.unipr.it
11
� Conseguire indipendenza emotiva dai genitori e da altri adulti;
� Raggiungere la sicurezza derivante dall’indipendenza economica;
� Prepararsi ad un'occupazione;
� Prepararsi al matrimonio e alla vita famigliare;
� Sviluppare competenze intellettuali per acquisire competenza civica;
� Acquisire un comportamento socialmente responsabile;
� Acquisire un sistema di valori e una coscienza etica.
La realizzazione di questi compiti comporta una profonda ri-simbolizzazione del Sè25
V'è una vera e propria "crisi d'identità26" che porta all'abbandono delle identificazioni
passate e alla progressiva costruzione di un'identità sessuale e personale adulta: non ci si
riconosce più nell'ambiente familiare, ci si allontana dai genitori, si è costretti ad un vero e
proprio lutto dell'infanzia, alla ricerca di nuovi oggetti con i quali identificarsi (amici,
partners sentimentali, adulti esterni alla famiglia, gruppi).
È importante sottolineare che tutti questi cambiamenti vengono vissuti spesso in modo
ambivalente:27
• Positivo perchè l’adolescente sa che per realizzare il modello di adulto cui tende deve
cessare di essere bambino, quindi deve cambiare.
• Negativo, perchè teme di perdere ciò che ha di buono dentro di sè, ha paura di perdere la la
continuità con sè stesso, la propria coerenza.
Ci vuole tempo perchè i vari cambiamenti siano assorbiti dal soggetto, e che questo possa
avere una nuova immagine di sè.
La navigazione verso l’adolescenza segue strade e destinazioni diverse: i compiti evolutivi
sono graduali e si presentano in modo differenziato, l’intensità varia in base alla cultura di
riferimento, alle caratteristiche del gruppo sociale di appartenenza, al contesto sociale. I
compiti evolutivi sono comuni a tutti gli adolescenti ma la loro comparsa è differente a
seconda delle diverse realtà culturali e sociali: un esempio è dato dalla scolarità
obbligatoria, 18 anni nei paesi scandinavi mentre 15 in Italia; questo impone delle scelte in
momenti diversi dell’adolescenza dei soggetti.
25
L’io, nella psicologia, rappresenta una struttura psichica - organizzata e relativamente stabile - deputata al contatto ed ai rapporti
con la realtà, sia interna che esterna. 26
Orelli A, 2013 27
Elvira Cigognagni – Bruna Zani, Genitori e adolescenti, pag. 16
12
Nel percorso di viaggio l’adolescente ha comunque dei compagni di viaggio: genitori, amici,
fratelli e altri adulti significativi. Non si tratta di un’avventura individuale ma di un percorso
comune.
Nell'adolescenza la realtà esterna è vissuta come deludente, quella interna come angosciante,
questa situazione di ambivalenza affettiva può provocare una condizione di crisi che
determina, ansia e conflitti. L’ansia ostacola lo sviluppo dell’identità.28
Queste situazioni conflittuali possono essere tanto di conflitti interpersonali29 (con genitori,
insegnanti, coetanei) quanto, con una più estesa presenza, di conflitti intrapsichici30,
ovvero quelli che si manifestano all’interno della persona, quando due forze psicologiche
pari agiscono in direzioni opposte (K.Lewin)31.
Tale compresenza di forze opposte si verifica quando il ragazzo deve scegliere tra due
alternative, tra due situazioni diverse, o in una stessa situazione che sia ambivalente, cioè
che abbia aspetti positivi e negativi. Generalmente il conflitto interpersonale si traduce in
conflitto psichico e spesso, in tali casi, è difficile riconoscere quali siano le due forze
contrapposte.
I conflitti psichici relativi allo sviluppo intellettivo, possono portare l'adolescente a mostrare
insofferenza o insoddisfazione di fronte a contenuti ideologici o a norme di comportamento
che il mondo degli adulti, e dei familiari in particolare, cerca di trasmettergli senza
dimostrargliene plausibilità.32
Da qui provengono quei conflitti fra adolescenti e genitori (e insegnanti), che possono
presentare, a volte, soluzioni anche drammatiche (abbandono scolastico, fughe ecc.). Ciò che
viene messo in discussione è l'autorità genitoriale da cui l'adolescente cerca di distaccarsi per
trovare una sua personale dimensione individuale. Questo processo di separazione attraverso
la contestazione è dolorosa per l'adolescente e difficile per i genitori, da un lato
l'adolescente sente fortemente il bisogno di protezione e di guida dei genitori, dall'altro lato,
però, sente anche la necessità di allentare la dipendenza che ha caratterizzato il rapporto fino
ad allora.
28
CROCETTI, E. (2010). La formazione dell’identità come compito di sviluppo centrale dell’adolescenza. http://www.unimc.it 29
Conflitto interpersonale dissonanza tra elementi del sé e un’altra persona; assenza di una buona corrispondenza funzionale in
riferimento ad esigenze, attese, convinzioni (conflitto interno tra parti di sé, relazione padre/figlio). 30
Conflitto intrapersonale (o intrapsichico) quando il rapporto di disarmonia è interno all’individuo (la discrepanza tra ciò che si è
e ciò che si vorrebbe apparire). 31
Kurt Zadek Lewin (Mogilno, 9 settembre 1890 – Newtonville, 12 febbraio 1947) è stato uno psicologo tedesco, pioniere della
psicologia sociale. Fu tra i sostenitori della psicologia della Gestalt, da cui recepì l'idea che la nostra esperienza non è costituita da
un insieme di elementi puntiformi che si associano, ma da percezioni strutturate di oggetti e/o reti di relazioni, 32
Liliana Matteucci, I problemi con l’adolescente, 2003.
13
Queste situazioni conflittuali assorbono una certa quantità di energia psichica, la quale non è
più disponibile per altre attività. Per questo, a quest’età, si assiste spesso a una caduta
dell’impegno nello studio, a una diminuzione della capacità di concentrarsi e di sostenere
sforzi prolungati, o anche a un calo dell’interesse per i contenuti disciplinari. Questo mette
in evidenza la necessità di prevenire la formazione di quei conflitti che non
costituiscono uno stimolo per lo sviluppo, ma sono “educativamente sterili33”. È una
necessità a cui dovrebbero far fronte le famiglie e la scuola.
33
www.icstigliano.it/lo_sviluppo_psicologico_nella_preadolescenza.html
14
3.3 Separazione ed individuazione.
Come già accennato nei capitoli precedenti possiamo affermare che l’adolescenza può
definirsi come il passaggio evolutivo dall’infanzia alla età adulta; in questo periodo,
innanzitutto, avvengono cambiamenti fisici come quelli della crescita corporea e sessuale.
Tuttavia, è altrettanto vero che, accanto a queste trasformazioni vi sono in parallelo degli
importanti cambiamenti nel comportamento con nuovi stati emotivi e psichici che portano
l’adolescente a maturare una propria identità.34
L’adolescente cerca perciò di giungere ad una propria identità, maturando una coscienza di
se stesso anche come immagine organica ed unitaria.
Questo processo evolutivo va sotto il nome di individuazione ed in letteratura viene inserito
come passo che precede un altro processo psicologico di correlazione detto separazione ed è
assolutamente auspicabile che venga agevolato dai genitori.
Durante questo corso i genitori dovrebbero muoversi con flessibilità fornendo dei modelli
di riferimento comportamentale e nello stesso tempo dovrebbero rimanere aperti ad una
moderata contestazione ed ad una richiesta di autonomia da parte dell’adolescente.
È normale che in questa fase vi siano dei contrasti e che questa contrapposizione sia una
tappa necessaria all'individuazione, e quindi possiamo affermare che: “l'adolescente normale
nella famiglia normale è e deve essere moderatamente ribelle e contestatario35”.
L'eccessiva e imitativa accettazione dei modelli parentali ci mostra una difficoltà di
individuazione di questi modelli, tanto da non permettere al ragazzo un'efficace
individuazione e separazione dal sistema familiare” 36.
L’adolescente inizia un confronto con se stesso e con gli altri (coetanei), un confronto
continuo e costruttivo, che tende a migliorare la stima in se stesso, e dove cerca di stabilire
la propria coerenza tra comportamento e valori morali personali e giudizi. Un processo che
spesso viene consolidato e sostenuto dal gruppo stesso dei coetanei e dove se ne trova
spesso conferma.
La famiglia deve tentare un bilanciamento tra sperimentazione del giovane e necessità in
alcuni casi di protezione consentendo che l'individuazione possa aver luogo.
Se i genitori nei compiti di guida e di controllo diventano deboli, il figlio potrebbe non
essere sufficientemente contenuto nei suoi processi decisionali.
Al contrario genitori troppo dominanti potrebbero rallentare o mettere in difficoltà la
maturazione impedendo contatti sufficienti con gli amici , i compagni di scuola che 34
Erickson, 1968 – Erikson (1950; 1968) è stato il primo Autore che ha sottolineato come nel ciclo di vita ci siano una serie di
compiti che gli individui devono affrontare e la formazione dell’identità è uno di questi. 35
www.molisepsicologia.it/artpsic 36
Vecchiarelli, Adolescenti e Genitori Paper n^96,Molise Psicologia
15
possiamo definire i pari ed anche con altri adulti significativi che possono rappresentare
ulteriori utili modelli di riferimento.
Un processo altrettanto non facile, anzi, potremmo dire assai complesso è quello della
separazione dell'adolescente che ha più probabilità di successo se è preceduto da una
soddisfacente fase della individuazione.
L’adolescente va parzialmente a modificare i rapporti stretti e fruttuosi con la famiglia con
vincoli con persone al di fuori della famiglia ispirandosi ad una progressiva semi
indipendenza.
In questo periodo il figlio adolescente incrementa la partecipazione al mondo esterno e
nello stesso tempo viene messo in discussione o meglio viene ridefinito il suo rapporto con il
mondo interno, così come il rapporto ed il confine fra i due mondi.
La separazione dovrebbe essere fisiologica nel rispetto di tempi e motivi interni e non
andrebbe accelerata o forzata da altri. Nello svincolarsi l’adolescente si mette in discussione
maturando propri valori e compiendo anche un percorso di separazione emotiva e cognitiva
dai genitori.
Confermando che la separazione dell'adolescente è un processo assai complicato e solo se
esso avrà avuto rapporti stretti, fiduciosi e reciproci con i membri della famiglia e se tali
rapporti saranno stati soddisfacenti ed indirizzati, il giovane sarà in grado di modificare i
legami familiari e sostituirli con vincoli al di fuori della famiglia.
In questo processo in atto c'è come una sorta d'equilibrio tra l'esplorazione del mondo
esterno, da parte del giovane, e il senso di stabilità del nucleo familiare capace di dare e far
rispettare regole attraverso l'utilizzazione di modalità flessibili e specifiche.
Una sorta di confini flessibili dove, mentre l’adolescente si avvale della protezione della
famiglia, sperimenta anche la costruzione di relazioni significative al di fuori di essa, pur
restandone comunque un membro a pieno titolo.
L’adolescente aderisce progressivamente a vari gruppi, mette alla prova la sua attività ed
attraverso il parere degli altri, cerca di avere delle conferme e di ottenere delle verifiche
dei suoi giudizi e dei suoi valori recuperando una sicurezza prima ottenuta solo dalla
protezione in famiglia. In sintesi ed in altre parole cerca di percorrere una propria via sempre
più autonoma.
Un giovane che contrapponendosi e confrontandosi con il mondo degli adulti, incluso i
propri genitori, matura una visione propria del mondo ed una modalità di comportamento
tutta sua.
16
4. I conflitti adolescenziali.
4.1 Parte generale - definizioni
Non è per niente facile riuscire a percepire il conflitto come una risorsa. L’imprinting che
abbiamo ricevuto ci porta a vedere il conflitto come violenza, un ostacolo, una minaccia,
qualcosa da evitare o superare; l’esperienza dell’equazione litigio-castigo37 è tipica della
generazione infantile e questo ha creato un diffuso copione in cui il litigio è associato alla
colpa e alla punizione.
Un copione che si fa fatica a scalzare.
Molto spesso il termine conflitto viene usato impropriamente per definire situazioni di
violenza o guerra38. Le caratteristiche della violenza sono sostanzialmente tre:
• il concetto di danno irreversibile;
• il concetto di identificazione del problema con la persona;
• il concetto di eliminazione del problema con la persona.
Fig. 1 Differenze Violenza – Conflitto. Fonte Novara, D, Litigare fa bene.
Forse l'elemento più importante in questa formulazione è la connotazione di violenza come
danno irreversibile. Sia dal punto di vista fisico che psicologico, per danno irreversibile si
intende un'azione, estemporanea o prolungata nel tempo, volta a creare intenzionalmente un
37
Daniele Novara, (2010) Il conflitto come strategia interculturale, 2010 38
Neri, I. (2008) Imparare a gestire il conflitto. http://www.cppp.it
17
danneggiamento permanente in un'altra persona. Abusi fisici, abusi sessuali, abusi
psicologici rientrano ovviamente in questa categoria,
Inoltre, la violenza appare un'azione più o meno premeditata volta a sospendere la
relazione, perché si ritiene che la problematicità della relazione dipenda dalla persona stessa
e che quindi, per eliminarla, occorra eliminare la persona.
La violenza insomma non è una conseguenza del conflitto ma, proprio al contrario,
un'incapacità di stare nel conflitto, visto invece come “momento fondativo della
relazione39”.
Il conflitto è, all’opposto, una divergenza, un'opposizione che esclude comunque
componenti di dannosità irreversibile40.
Il conflitto appartiene all'area della competenza relazionale, mentre la violenza e la guerra
appartengono all'area della distruzione, cioè dell'eliminazione relazionale. È pertanto la
relazione e non la bontà - come nel senso comune si è spesso portati a credere - la misura
discriminante fra conflitto e violenza.
Evitare il conflitto appare pertanto una scorciatoia sempre più impraticabile41. La violenza e
la guerra, anche nei casi dei grandi drammi familiari che compaiono sui giornali, sono legate
all'incapacità di stare nelle situazioni di tensione e conflittualità problematica e di gestirle.
Le buone relazioni consentono il conflitto, mentre le cattive relazioni lo impediscono, e
generano una sorta di “tranquillità” dove non esiste comunicazione.
Si potrebbe dire che finché c'è conflitto c'è speranza, perché la conflittualità consente di
vivere le relazioni come vitali e significative, e quindi rappresenta l'antidoto naturale alla
distruttività umana.
Il caso dei genitori alle prese con gli adolescenti, o preadolescenti, è abbastanza
emblematico. Per il genitore è sempre uno shock quando il figlio o la figlia reclamano uno
spazio di indipendenza, e quindi un bisogno di allontanamento, che appare quasi
minaccioso. In realtà questo conflitto ha una funzione generativa straordinaria, non per
niente si dice che per l'adolescenza rappresenti una seconda nascita, cioè il passaggio verso
il mondo e la vita adulta da parte del bambino. Anche la trasgressione delle regole, nel
momento in cui le regole ci sono, rappresenta per lui un confronto estremamente
significativo, carico di sviluppi. Per i genitori è una grande fatica perché vivono anche loro
un sogno di fusionalità e di permanenza con i figli molto forte. 39
La pace nasce se si affronta il conflitto, Carlotta Marvaso, 2009 – intervista a Daniele Novara 40
Hall (1987) distingue tra disaccordo e conflitto, quest’ultimo e’ definito come un tipo di disaccordo che si accompagna ad
aggressivita’ ed emozioni negative come ansia, frustrazione e senso di colpa. 41
La pace nasce se si affronta il conflitto, Carlotta Marvaso, 2009 – intervista a Daniele Novara
18
Il conflitto adolescenziale è una necessità imprescindibile per costruire un allontanamento
individuativo42. Dal punto di vista pedagogico ci sono tanti modi per vivere questa
situazione: lo si può fare in modo isterico, in modo punitivo, tirannico o anche in modo
eccessivamente confidenziale. Quello che conta è capirne la sostanza e stabilire una distanza
giusta che non è più quella dell’infanzia. Se usato bene questo momento di individuazione43
è un’occasione di scambio e di crescita reciproca.
A partire dagli anni ottanta si sono avviate numerose ricerche sulle famiglie con adolescenti
con lo scopo di documentare:
• la natura degli episodi di disaccordo
• l’intensità e la frequenza
• gli argomenti oggetto del conflitto
• i cambiamenti legati al tempo
• le differenze legate al genere.
La maggior parte di questi studi tendeva a capire come il conflitto svolgeva funzioni positive
rispetto a quelle negative e patologiche. L’obiettivo di ricerca era capire come le interazioni
conflittuali fra adolescenti e genitori facilitassero la trasformazione della relazione verso un
rapporto più maturo.
Il conflitto viene definito come “disaccordo interpersonale” . Disaccordo e conflitto non
sono la stessa cosa. Diciamo in via preliminare che alla base di un conflitto c’è sempre un
disaccordo, ma il disaccordo, di per sé, non genera necessariamente un conflitto.
Infatti, secondo gli psicologi William Wilmot e Joyce Hocker44, il conflitto è una situazione
relazionale caratterizzata da:
• Disaccordo espresso
• Interdipendenza
• Necessità di conciliare le differenze.
Il disaccordo interpersonale è distinto dall’aggressione e dall’affetto negativo, pertanto la
definizione più diffusa considera il conflitto come “un comportamento di un membro di una
42
La pace nasce se si affronta il conflitto, Carlotta Marvaso, 2009 – intervista a Daniele Novara 43
Secondo Jung il processo d’individuazione s’intende generalmente il divenire della personalità, il continuo trasformarsi
dell’individuo, il processo attraverso il quale l’individuo diventa se stesso. 44
Wilmot, W. & Hocker J. (2006) Interpersonal conflict (7th
ed.), McGraw-Hill
19
diade che è incongruente con gli scopi, le aspettative o i desideri dell’altro membro,
generando opposizione reciproca”.45
Da questa definizione si deduce che il conflitto è visto come un processo che include
componenti diverse e che ha una dimensione temporale.
Un’altra definizione del conflitto è quella di “episodi sociali distribuiti nel tempo”46.
Secondo questo concetto la partecipazione a episodi conflittuali richiede delle competenze
sociali (interattive, comunicative) che devono essere apprese dall’adolescente. Questa
partecipazione a interazioni conflittuali rappresenterà per l’adolescente una palestra per
l’apprendimento di abilità sociali, alla quale contribuiranno attivamente sia i genitori sia
altre figure significative nella vita del giovane.
In generale gli studi fatti sulla misurazione del conflitto non sono ancora capaci di dare una
valutazione complessiva del “peso” di questo fenomeno47. Le lotte familiari molto intense
non sono comuni durante l’adolescenza.
Gli scontri sono definibili piuttosto come disaccordi di opinioni, bisticci, battibecchi ed
avvengono di solito su questioni banali e di scarsa rilevanza all’interno della vita
quotidiana e riguardano principalmente:
• Le relazioni all’interno e all’esterno della famiglia
• Il comportamento dei figli dentro e fuori casa (faccende domestiche, aspetto esteriore, orari
di rientro serale, scuola)
Generalmente genitori ed adolescenti non hanno opinioni conflittuali su questioni politiche,
ideologiche, sociali e religiose, sui valori e le norme sociali.
Lo studio sotto indicato conferma quanto indicato riguardo la tipologia, l’importanza e la
frequenza dei conflitti in ambito familiare: 48
• Pulizia della propria camera 42,2%
• Discutere con fratelli/sorelle 45,6%
• Tenere in ordine 33,9%
• Orari di rientro 33,9%
45
Collins et al, 1997 46
Laursen e Adams, 2000 47
Cicognani e Zani, Genitori e Adolescenti, 2009, pag. 101 48
Parent – young adults. A measurement of frequency and intensity of conflict. Misurazione del conflitto figli – genitori. Ozmete, E
– Bayoglu, A. (2009) in the journal of Social Research – Volume 2/8 - 2009
20
Fig.2 Misurazione del conflitto figli – genitori. Ozmete, E – Bayoglu, A
La traettoria del conflitto, valutato in termini d’intensità e frequenza, viene rappresentato
tramite una U rovesciata. Il picco massimo lo ritroviamo all’inizio dell’adolescenza e una
diminuzione con il crescere dell’età49.
Per quanto riguarda l’effetto del conflitto, con l’età i conflitti sembrano divenire meno
frequenti ma più accesi ed intensi. L’andamento del conflitto rispetto ai vari argomenti
dipende quindi dall’età50:
Dai 13 ai 15 anni sono più salienti argomenti collegati all’autonomia dell’adolescente e con
implicazioni per il tema dell’autorità e delle regole (lavori domestici – uscite e rientro serale
– uso del denaro), pochissimi sono i disaccordi su argomenti come la sessualità, il consumo
di alcolici e il fumo, la scelta degli amici o andare in chiesa.
49
Cicognani e Zani, Genitori e Adolescenti, 2009 50
Bosma et al, 1996.
21
Dai 17 ai 19 anni si registra una diminuzione generale della conflittualità51.
I maschi riferiscono conflitti più frequenti sulla scuola mentre nelle famiglie con figlie
femmine sono superiori i conflitti sulle visite ai parenti, le relazioni interpersonali, i lavori
domestici, le uscite e l’ora di rientro. In generale le ricerche confermano che le femmine
sperimentano più conflitti dei maschi.52
Fig. 3 Frequenza dei litigi figli – genitori. Ricerca su 5200 ragazzi di 14 anni. Fonte Cicognani e Zani (1997)
53
Un aspetto su cui convergono molti dati di ricerca è la maggiore conflittualità del rapporto
con la madre, che è dovuta anche alla presenza di comunicazioni più frequenti e
significative con questo genitore: questo è confermato perchè esiste sempre un maggiore
coinvolgimento della madre nella vita quotidiana della famiglia e nell’educazione dei figli.
Il conflitto nasce soprattutto dalle divergenze fra i significati che genitori e figli
attribuiscono ai vari comportamenti54. Un esempio è dato dal tenere in ordine la propria
camera che viene interpretato dal genitore come un comportamento che obbedisce alle
convenzioni sociali e dall’adolescente, come un ambito di natura personale, su cui si sente
legittimato ad agire come meglio desidera.
51
Cicognani, 2002. 52
Montemayor, 1986 53
Albiero, P, Gli adolescenti e la famiglia. 54
Smetana, J (1994) Parenting, Adolescent-Parent Relationships in Different Domains. La ricerca distingue gli ambiti
comportamentali rilevanti per il conflitto degli adolescenti in categorie (personali – convenzionali – morali – prudenziali –
multiformi – amicizie). Una delle categorie dove il conflitto e’ maggiormente visibile e’ quella multiforme. In questo ambito i
genitori interpretano il conflitto come conflitto riguardante le convenzioni sociali e l’adolescente come ambito di natura personale.
22
4.2 Le motivazioni al conflitto.
Le spiegazioni del perchè nasce conflitto fra genitori e figli in adolescenza sono numerose.
Possono dipendere da:
• caratteristiche o fattori interni all’adolescente (pubertà e sviluppo cognitivo)
• fattori esterni (come la transizione dalla scuola media alla scuola superiore)
• caratteristiche dei genitori (lo stile educativo adottato)
I cambiamenti biologici dell’adolescente come la pubertà, lo sviluppo cognitivo e quello
sociocognitivo fanno scatenare i tumulti interni dell’adolescente e aumentare la
conflittualità determinando un peggioramento della relazione familiare. Il ruolo dello
sviluppo puberale viene sottolineato da Steinberg55 come ruolo primario e facilitatore nel
processo di abbandono dell’adolescente, della casa paterna, funzionale ai compiti
riproduttivi.
Il conflitto si amplifica soprattutto nel periodo compreso fra la prima e la media adolescenza
e in genere i conflitti sono più frequenti nelle famiglie dove gli adolescenti hanno una
maturazione precoce. Sempre nell’ambito dei fattori interni, un altro fattore è relativo allo
sviluppo delle abilità sociocognitive che inducono a mettere in discussione con maggiore
facilità le regole familiari. Il giovane infatti si rende conto che le norme morali e le
convinzione sono soggettive e a volte arbitrarie.
Molte questioni di discussioni sono definite dai genitori questioni morali o convenzionali
mentre gli adolescenti possono vederle come questioni su cui è legittimo decidere
personalmente (ad esempio, quali amici frequentare). In questo caso, quando le due opinioni
sono così diverse è molto difficile trovare una conciliazione.
Anche se le caratteristiche personali dell’adolescente possono influenzare il conflitto, la
maggioranza dei disaccordi dipende dal modo in cui i genitori reagiscono all’adolescente e
ai cambiamenti di questo periodo.
I genitori dovrebbero modificare il proprio comportamento educativo in risposta ai nuovi
bisogni evolutivi dei figli e questo vuol dire trasformare anche la relazione in aspetti
importanti.
Un compito del genitore è quello di fornire un ambiente sicuro, caloroso e caratterizzato da
affetto, dove viene incoraggiata l’individualità dell’adolescente e l’esplorazione delle
proprie potenzialità a livello fisico, cognitivo e sociale. Altro compito è quello di stabilire
delle regole di condotta e di esercitare un’attività di supervisione. Questo compito dovrà poi
diventare secondario rispetto all’esigenza di concedere e incoraggiare l’indipendenza.
55
Steimberg 1988 , 2000
23
Le competenze educative dei genitori (o in generale degli adulti nel ruolo di caregiver) sono
importanti anche nel favorire i processi di resilienza56, in particolare i genitori che affermano
la loro presenza in termini di autorità, controllo e sostegno, incoraggiano il rispetto delle
regole, proteggono dal rischio di comportamenti antisociali in ambienti a rischio per
l’elevato tasso di criminalità.
Il parenting57 più efficace è quello caratterizzato da accettazione, disponibilità e alto livello
di controllo (stile autorevole). Questo stile educativo sembra rispondere al bisogno
dell’adolescente di equilibrare l’individualità e la coesione con la famiglia.
Due sono gli aspetti fondamentali nel parenting:
La “responsiveness” o “responsività” cioè la capacità di rispondere ai bisogni del proprio
figlio. Si riferisce al calore affettivo e alla capacità di supportare il bambino, promuovere
intenzionalmente la sua individualità, autoregolazione e affermazione.58
La “demandingness” o “richiestività-capacità di porre limiti” si riferisce al controllo del
comportamento. Viene definita come “le richieste che i genitori fanno ai bambini affinché
essi diventino parte integrante della famiglia; i genitori richiedono ai loro figli maturità,
controllo, disciplina ed espressione di volonta”.59
Nel 1983 Maccoby e Martin pubblicano una ricerca sulla socializzazione nel contesto
familiare e riprendono i concetti di responsività e richiestività introdotti dalla Baumrind60 e
definiscono quattro stili di parenting:
Fig. 4 Modello di Maccoby e Martin (fonte Università La Sapienza – Roma, Roberto Baiocco, la valutazione delle competenze genitoriali
56
FALIVA, C. - FARALLI, M. (2007). Resilienza: energia e positività dell'adolescente. http://www.opsonline.it
La resilienza è similmente intesa come la capacità di essere nello stesso tempo flessibile come un filo d’erba e di resistere agli
eventi stressanti come l’acciaio più duro, ed ha una grande importanza soprattutto come competenza in grado di “combattere” un
percorso a rischio di devianza o di psicopatologia 57
Parenting: insieme di comportamenti del genitore che attiene alle capacità di proteggere il bambino e sostenerne lo sviluppo 58
Baumrind,1991 59
Baumrind,1991 60
Diana Blumberg Baumrind (born August 23, 1927) is a clinical and developmental psychologist known for her research on
parenting styles and for her critique of deception in psychological research.
24
Stile autoritario: i genitori sono severi ed inflessibili e intransigenti, raramente
discutono le regole con i figli ed usano atteggiamenti intimidatori per controllare il ragazzo.
Stile permissivo: i genitori tendono a minimizzare il controllo sul ragazzo, pongono
poche restrizioni e tendono ad essere poco coerenti. Hanno un atteggiamento caldo e
responsivo e tendono a coinvolgere il ragazzo nelle decisioni.
Stile indifferente: tendono a minimizzare il controllo sui ragazzi, non sono di sostegno e
tendono a fornire pochi strumenti di comprensione e delle regole del mondo. Hanno un
atteggiamento freddo e trascurato. È normalmente una situazione di totale negligenza.
Stile autorevole: hanno idee precise sulla disciplina61 esercitando un risoluto controllo
sul ragazzo, ma usano maniere non punitive, incoraggiando gli scambi verbali e rispettando i
desideri del bambino senza fare ricorso a restrizioni eccessive. Hanno espressioni calorose e
accettano le esigenze dei figli.
Il parenting inefficace può favorire il verificarsi di conflitti fra adolescenti e genitori. Il
conflitto più frequente è quando i genitori sono percepiti dall’adolescente come poco
calorosi e non supportivi. (negligenza).
La maggiore conflittualità fra genitori e figli si ha nelle famiglie in cui i genitori adottano
uno stile autoritario e sono restrittivi62.
Il conflitto adolescenti-genitori può essere affrontato anche secondo aspetti relazionali. I
genitori possiedono credenze ed aspettative sull’adolescenza e sullo sviluppo dei ragazzi in
questa fase evolutiva e credenze rispetto ai propri figli. I genitori modificano le proprie
credenze attraverso lo sviluppo del figlio e normalmente questo avviene in modo indolore.
Tuttavia è anche possibile che nel corso del processo di crescita i cambiamenti evolutivi del
ragazzo siano rapidi e richiedano ai genitori di modificare le proprie credenze con una
maggiore velocità. Se questo non avviene si parla di “violazione e riallineamento delle
aspettative63” e può portare a comportamenti che non sono congruenti con le aspettative
dell’altro membro della relazione. I conflitti sono visti pertanto come la conseguenza
naturale dei cambiamenti nelle aspettative di ruolo dei genitori e figli associati alle
transizioni legate all’età e ai cambiamenti maturativi. In particolare, i comportamenti dei
figli non in linea con le aspettative dei genitori scatenano reazioni d’incomprensione, che si
61
FAVRETTO, A. (2011). Obbedire o negoziare. Donzelli . La disciplina famigliare rappresenta uno tra i primi insiemi di norme sociali,
valori, sanzioni, pratiche di gestione dei conflitti con cui i bambini e i ragazzi vengono in contatto. Infatti, proprio l’apprendimento
di questi elementi normativi e valoriali trasmessi in ambito famigliare è in grado di determinare lo sviluppo degli orientamenti
normativi successivi, anche di carattere giuridico. 62
Dekovic, 1999 63
Collins, Parents’ cognitions and developmental changes in relationships during adolescence, 1992.
25
scontrano con la crescita e le nuove esigenze dei figli, i quali a loro volta spesso non
capiscono la difficoltà dei genitori64.
4.3 La gestione e gli esiti del conflitto
Lo studio delle modalità di gestione e risoluzione del conflitto è stato di notevole interesse
negli ultimi anni ed è stato appurato che può svolgere funzioni positive e costruttive per
l’adolescente. Gli effetti positivi o negativi del conflitto di solito non dipendono dalla natura
del conflitto (ovvero dai perché dei conflitti) ma in massima parte dalla qualità delle
relazioni in cui questo ha luogo.
Un adolescente che abbia imparato ad utilizzare forme di conflitto esageratamente aspre
troverà nel tentativo di prevaricare l’altro la naturale forma per risolvere i conflitti dell’età
adulta. Allo stesso modo, un adolescente che non abbia mai vissuto conflitti in famiglia
(caso raro a dire il vero) non avrà acquisito la capacità di comprendere dove finisce la sua
libertà ed inizia quella di un altro e potrà attuare fuori casa comportamenti di pura
prevaricazione o, al contrario, di sottomissione. Un adolescente che avrà partecipato a forme
di conflitto adeguato in ambienti protetti (famiglia e scuola) potrà contare su competenze
sociali adeguate all’affrontare la vita adulta.
È importante capire quali siano le strategie cognitive, emozionali, comportamentali e
comunicative con cui vengono gestiti i disaccordi, come vengano risolti e quali siano gli
effetti sul benessere di entrambi i partecipanti.
Alcuni autori hanno distinto una serie di strategie di risoluzione del conflitto:
• sottomissione
• compromesso
• intervento di terzi
• disimpegno
Gli adolescenti dichiarano di preferire una soluzione al conflitto attraverso il compromesso
ma, osservando il comportamento di adolescenti e genitori, si conferma che i conflitti
tendono a essere risolti più spesso mediante la sottomissione all’autorità del genitore o
attraverso il disimpegno (andarsene).
Il compromesso sarebbe la strada migliore, dove tutti lasciano qualcosa a favore dell’altro,
ma tutti guadagnano qualcosa, però di fatto è la strada più complessa.
Le persone di solito sono più attratte dal risolvere il più in fretta possibile i conflitti perché
64
Prati, F – Rubini, M,(2009 ) Le relazioni familiari nell’adolescenza dei figli,
26
sono vissuti come pericolosi; proprio per questo motivo si alimentano nuovi e più aspri
conflitti. Se invece ci si dà il tempo necessario a trovare soluzioni nuove, anche creative,
tutti hanno risultati più soddisfacenti. Ma per far questo bisogna non temere l’entrare in
conflitto.
Se si impara a stare nel conflitto, senza averne paura, si possono trovare soluzioni che
aiutano la crescita di tutti. Anche dell’adolescente. L’adolescente imparerà nuove
competenze sociali ed avrà la percezione che quando ragiona, esprime le sue ragioni
alternative essendo ascoltato, per cui gli altri si attivano per venirgli incontro65..
Inoltre, i conflitti possono fondare la legalità (e non la legge del vincitore). E possono essere
fonte di sviluppo umano.66
In una ricerca condotta da Zani e Cicognani si è valutato le modalità comportamentali ed
emozionali e gli esiti del conflitto. Si sono identificati:
• due stili principali di conduzione dei conflitti: aggressività e compromesso
• tre diversi esiti: frustrazione, escalation e intimità.
Fig. 5 – Esempi Stili di gestione ed esiti – fonte Cicognani, E – Zani, B Genitori e adolescenti
65
De Vanna, A - De Vanna, I, Il conflitto con figli adolescenti. 66
IERVESE, V. (2006). La gestione dialogica del conflitto. in I quaderni di Camina - La Mandragora
27
Nell’arco di età compreso fra i 13 e i 15 anni esiste una intensificazione del conflitto, che si
esprime con uno stile di conduzione aggressivo ed esiti di frustrazione ed escalation67.
Gli adolescenti tendono ad avere un uso più frequente dello stile aggressivo con il padre,
rispetto alla madre, che da luogo a esiti di maggiore frustrazione ed escalation.
Gli adolescenti sono meno inclini all’uso del compromesso di quanto lo siano i loro genitori.
L’utilizzo di uno stile aggressivo sembra favorire esiti di frustrazione e intensificazione del
conflitto, mentre l’uso del compromesso tende ad avere un esito più positivo e costruttivo.
Quindi sembra confermata la relazione tra modalità comportamentali ed esiti.
Con il passare del tempo l’adolescente sviluppa le proprie abilità e strategie di risoluzione
del conflitto e queste diventano progressivamente più simili a quelle adulte. Questo accade
nel momento in cui l’adolescente diminuisce la propria preferenza per le affermazioni di
potere nei confronti dei pari e una minore disponibilità ad arrendersi alle decisioni dei
genitori e dall’uso di tecniche più complesse come la negoziazione.
Nella maggior parte delle famiglie questo periodo di conflitto è comunque risolto
gradualmente nel momento in cui gli adolescenti più grandi giungono a riconoscere il
valore ed il significato delle convenzioni sociali e i genitori giungono a rispettare l’autorità
del figlio che matura.
67
Escalation: comportamenti che prolungano e intensificano il conflitto.
28
5. Negoziare con gli adolescenti
Abbiamo visto che durante l’adolescenza, in famiglia, le situazioni di conflitto diventano
molto frequenti, ma bisogna trasformarle in occasioni di contrattazione. Il conflitto che
emerge è sintomo che qualcosa di diverso, rispetto a quello che ci si aspettava, è avvenuto
o sta avvenendo.
Si discute non solo sull’oggetto del contendere ma anche sulla relazione in se.
Quali sono allora le abilità necessarie al genitore?
Il genitore deve innanzitutto avere la disponibilità a superare la situazione conflittuale, la
capacità di individuare i motivi che la creano e di ragionare sui rispettivi bisogni, essere
pronto a discutere sui comportamenti e rispettare i sentimenti e le emozioni, di considerare
gli elementi che differenziano e quelli che accomunano; in pratica si tratta di trovare un
accordo.
È necessario per il genitore, anche se faticoso, saper negoziare perchè questo è funzionale
alla crescita del figlio e sviluppa autonomia di pensiero.
Ogni adolescente dovrebbe negoziare (e quindi, confrontarsi, e discutere) con l'adulto le sue
conquiste. Se il genitore cede a ogni tipo di richiesta e dà tutto subito a 15 anni, senza
mettere dei paletti, non ci sarà più modo di farlo successivamente.
Se, per esempio, un figlia (o figlio) che ha sempre passato le vacanze con la famiglia, chiede
a 14 anni di andare da sola con il fidanzato, occorre fare attenzione. Il motivo è semplice: se
il genitore acconsentisse a questo episodio, getterà le basi per cui a 16 anni il genitore non
avrebbe più nulla da negoziare.
In questo caso, mamma e papà possono andare incontro alla figlia, proponendo soluzioni
alternative e un pò 'creative che mettano, comunque, un chiaro paletto alla richiesta
originale. Come?
Un'idea, per esempio, è quella di invitare una settimana il ragazzo in vacanza insieme alla
famiglia lasciando poi ai 'fidanzati’ una certa libertà di manovra (tipo uscire la sera da soli
per fare una passeggiata, mangiare una pizza o ballare con altri amici).
Anche far andare la figlia qualche giorno con il ragazzo e i suoi genitori potrebbe essere un
buon compromesso. E ancora, una alternativa possibile è permettere alla figlia di partecipare
a una gita scolastica, con il controllo dei professori, con il ragazzo in questione.
In sostanza, nella fase tra 12-15 anni, è molto importante che ci sia lo 'spaziò per parlare,
discutere, negoziare, appunto, ogni richiesta con il genitore.
29
In questa fascia d'età, il ragazzo vuole tutto subito, spesso in base al fatto che 'gli altri ce
l'hanno e tutti lo fanno’ . Questo modo di agire esclude la contrattazione con l'adulto.
Quando l'adolescente ottiene qualcosa solo per imitare gli amici o in base alle
sollecitazioni del consumo, il genitore ha perso completamente il suo ruolo. Il “progetto
educativo è diventato un progetto di consumo”,68
L'atteggiamento del genitore dovrebbe cambiare nei confronti del figlio in base alla
situazione o al problema da affrontare. Un approccio sempre rigido, troppo protettivo o
troppo amichevole non si presta bene a ogni diverso momento della vita di un adolescente.
Il genitore, insomma, dovrebbe sforzarsi di avere un approccio 'mobile’. Con questa
ulteriore immagine di 'movimento’ (come quella del gioco alla fune)69, si evita la 'rigidità'
totale.
Inoltre nell’ambito della negoziazione e’ sempre importante come le regole vengono
presentate al proprio figlio e come il ragazzo percepira’ la fonte del conflitto.
Il conflitto puo’ derivare da interessi o valori. Se la fonte del conflitto e’ una fonte di
interesse si andra’ verso un possibile accordo mentre se la fonte percepita riguarda i valori il
conflitto continuera’ in modo piu’ marcato (contending)70. Nel caso di interessi divisibili
infatti e’ piu’ facile trovare degli accordi.
Fig. 6 – Fonti di conflitto. Fonte Harinck e De Dreu, 2004
Un esempio riguarda gli orari del rientro serale degli adolescenti. Se il problema viene
rappresentato come un principio, questo rendera’ il conflitto non negoziabile. Se invece
l’orario viene visto come elemento quantitativo (interesse) allora sara’ piu’ facile trovare un
accordo.
68
Pellai, A. (2009) Questa casa non e’ un’albergo. 69
RUBERGA, M. (2014). Figli adolescenti, Cinque dritte ai genitori. http://www.nostrofiglio.it/ 70
Harinck e De Dreu, 2004
30
Daniele Novara71 ci indica alcune efficaci strategie per la gestione dei figli adolescenti:
Prima di tutto durante l’adolescenza è importantissima la convergenza educativa sul padre:
l’adolescenza è l’età del padre e laddove non ci sia un padre la madre deve spostarsi su un
codice paterno. Il padre deve prendere in mano la situazione in un gioco di squadra, in
accordo con la madre. Con pazienza e determinazione occorre affrontare tutti gli aspetti
della vita del figlio (scuola, soldi, videogiochi, sesso…) come aree di negoziazione in cui
si arriva a una decisione e si offre il punto di vista adulto in una logica di arginamento.
Altrettanto importanti sono l’ascolto e la negoziazione: le regole con gli adolescenti
devono essere negoziate (per es. l’orario di rientro dev’essere definito ma concordato) e
poi dev’esserci un presidio pedagogico del genitore che parte però dall’ascolto dei bisogni di
crescita e anche di allontanamento dell’adolescente (per es. nella gestione dei soldi, e’
importante dare una paghetta e responsabilizzare rispetto ad essa).
Il tema delle regole è quello che connette l’area delle comunicazioni fra giovani e adulti, in
generale,
Fra i giovani i temi che emergono con maggiore evidenza sono relativi alla negoziazione
delle regole con gli adulti per raccordare le diverse esigenze (controllo/autonomia), alla
percezione di incongruenza fra regole imposte e comportamenti attuati, ad un mettere alla
prova le regole attraverso l’attuazione di comportamenti a rischio.
I genitori pensano che per correggere fino in fondo il proprio figlio occorre anche punire.
Questa idea continua a dominare il rapporto fra genitori e figli, anche quando i bambini sono
molto piccoli. Per molti genitori è impensabile che possa esistere un modo di educare che
non preveda punizioni; punire genera nei bambini un senso d’inferiorità che può
accompagnarli per il resto della vita72. Il bambino mortificato farà fatica a riconoscere le
proprie risorse, a farsi rispettare e a proporsi socialmente. L’alternativa alle punizioni sono
le regole educative chiare.
Nella figura sottostante, sono indicate le categorie a partire dalle quali è possibile ricostruire
il quadro teorico; riguardano la richiesta di regole che proviene dai giovani. Questo
aspetto ha a che fare con la ricerca di coerenza fra richieste degli adolescenti e
comportamenti degli adulti.
71
Daniele Novara, pedagogista, consulente e formatore, nato nel 1957, vive a Piacenza dove nel 1989 ha fondato il Centro
Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti. 72
Novara, D (2013), Litigare fa bene, Rizzoli
31
Fig. 7 – Rete concettuale relativa al tema delle regole – Fonte Il contributo della Psicologia Sociale allo studio dell'adolescenza e della
giovinezza.
Inoltre secondo Daniele Novara è fondamentale imparare a utilizzare la tecnica del gatto:
il gatto non ama coccole e vicinanza a meno che non lo desideri. Il gatto va aspettato;
similmente anche con i nostri ragazzi dovremo aspettare siano loro a prendere l’iniziativa
nella comunicazione. Invece di fare domande inquisitorie i genitori dovranno imparare a
fare domande maieutiche73, domande che permettano ai ragazzi di raccontarci
qualcosa senza esporsi troppo perché gli adolescenti normodotati desiderano sottrarsi al
controllo dei genitori (per es. chiedere di raccontare cosa succede a qualche amico o amica
dei figli).
Per ultimo è importante imparare a utilizzare la tecnica del silenzio attivo ovvero
sospendere le comunicazioni in risposta a comportamenti sbagliati o al mancato rispetto di
regole negoziate; questo funziona molto di più delle punizioni privative, i ragazzi infatti
non hanno sensazioni sanzionatorie se gli si toglie qualcosa di contingente o materiale.
Fig. 7 – Validità delle regole. Fonte Novara, D (2013) Le basi di un’educazione sufficientemente buona
73
Domande maieutiche: Il metodo socratico è un metodo dialettico d'indagine filosofica basato sul dialogo. Il termine maieutica
viene dal greco maieutiké (sottinteso: téchne) e significa "arte della levatrice" (o "dell'ostetricia"). L'espressione designa il metodo
socratico così come è esposto da Platone nel Teeteto. L'arte dialettica, cioè, viene paragonata da Socrate a quella della levatrice:
come quest'ultima, il filosofo di Atene intendeva "tirar fuori" all'allievo pensieri assolutamente personali,
32
6. Conclusioni
Abbiamo analizzato la fase adolescenziale e ne abbiamo evidenziato gli aspetti negativi ma
dobbiamo anche evidenziare quanto di buono esiste in questo periodo della vita dei nostri
figli. Le difficoltà che i giovani incontrano in questa fase possono creare seri rischi per la
loro vita futura ma, noi genitori dobbiamo anche capire che, ogni adolescente ha dentro
di sè la forza necessaria per uscire da queste avversità74.
I giovani operano un passaggio d’identità75 quando entrano nel mondo degli adulti; il loro
sforzo di superare la dipendenza da mamma e papà li spinge ad affrontare con rabbia i
genitori e a non voler più sottostare alle regole che prima venivano imposte dall’adulto.
I genitori devono fare il primo passo per capire che i propri figli sono cresciuti e devono
cambiare le modalità di dialogo e relazione con loro. Questa è una fase molto dolorosa per
i genitori stessi che dovranno prendere coscienza del distacco dai loro pargoli.
Le vecchie modalità di gestione non funzionano più e si dovrà allentare il controllo su
alcuni aspetti ed incrementarlo su altri. Le leggi rigide dovranno essere abbandonate a
favore di pratiche negoziali pur mantenendo una certa fermezza per evitare che i figli
possano mettere in discussione qualsiasi decisione.
I genitori hanno sempre aspettative irrealistiche di un figlio perfetto ed ubbidiente ma questo
nella realtà viene costantemente disatteso.
La guerra in casa è un fatto scontato; pensare di poterla evitare significa adottare un
atteggiamento troppo permissivo che allontanerà i ragazzi e, in molti casi, li indirizzerà
verso strade ambigue.
È importante riuscire a combattere strategicamente questo conflitto e far capire al proprio
figlio ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un genitore che non definisce bene le regole
o che le fa rispettare in momenti alterni non riesce a trasmettere un messaggio corretto
all’adolescente.
Parlare è il secondo passo importante per un buon rapporto con i figli. L’adolescente molto
spesso dice le cose importanti all’ultimo minuto quando si ha poco tempo o quando il
genitore non può rispondere, spetta però al genitore trovare occasioni di dialogo e
rilanciare la conversazione nel momento giusto. L’obiettivo non è quello di cambiare l’altro
ma soltanto quello di ascoltare il proprio figlio e stimolare la sua espressione. Solo così si
potranno percepire le emozioni e i sentimenti.
74
Resilienza – vedere pag. 24 75
SITO WEB (2014). Psicologia dell'adolescenza. http://www.uniroma1.it Identità: il sentimento e l’idea soggettiva e personale di
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