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rabilità dei beni culturali. L’accesso al sistema è controllato da vari profi- li di gestione e di operatività: esiste un primo livel- lo che permette al generico utente collegato in rete di consultare la cartografia e le schede, senza però visualizzare dati sensibili, come ad esempio i decreti di vincolo dei beni architettonici e archeo- logici. Un secondo livello permette invece a opera- tori autorizzati la creazione di nuove schede ana- grafiche e la georeferenziazione dei beni; un terzo livello permette di imputare le schede relative alla vulnerabilità dello stato di conservazione, o delle schede vincolo culturale o di vulnerabilità sismica. Infine esiste un livello superiore (amministratore) che ha la gestione di tutta la banca dati. Questa tipologia di accessi alla banca dati permette agli utenti di accostarsi con finalità differenti ai proble- 69 LA CARTA DEL RISCHIO DEL PATRIMONIO CULTURALE: NORMALIZZAZIONE ... CONTRIBUTI IL SISTEMA WEB GIS DELLA CARTA DEL RISCHIO Il Sistema Informativo Territoriale della Carta del Rischio (SIT CdR) è lo strumento che, attraver- so la schedatura conservativa dei beni culturali, permette di soddisfare una esigenza fondamentale per la conservazione del patrimonio culturale: valutare il rischio a cui sono esposti i beni in rap- porto al loro stato di conservazione e alle caratteri- stiche del territorio cui i beni appartengono. In tal senso la Carta del rischio è il prodotto dinamico del Sistema informativo territoriale, che – attraverso rappresentazioni cartografiche tematiche aggiornabili – permette di conoscere la distribuzio- ne territoriale dei beni, nonché di calcolare l’inten- sità del rischio di perdita a cui è soggetto ogni bene appartenente al patrimonio culturale italiano. Il SIT CdR è oggi consultabile in Internet (www.cartadelrischio.it) tramite un web gis realiz- zato dall’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro allo scopo di rendere fruibile in rete la banca dati della Carta del rischio. Il software sviluppato è, in concreto, la cosiddetta ‘interfaccia utente friendly’ che permette anche alle persone non esperte di informatica di mettersi in comuni- cazione con il mondo digitale del calcolatore, che nel caso specifico raccoglie e organizza i dati che interessano lo stato di conservazione del patrimo- nio storico artistico, architettonico e archeologico nel territorio nazionale. Utilizzando il sito è possi- bile gestire direttamente le attività di ricerca e pro- grammazione sui dati memorizzati relativamente alle particolarità del territorio italiano e alla vulne- La Carta del rischio del patrimonio cul- turale: normalizzazione delle tipologie degli edifici nella banca dati del Sistema informativo territoriale 1 Carla Bartolomucci Carlo Cacace Fig. 1 Sito web Carta del rischio: rappresentazione della classificazione sismica comunale del territorio italiano. 03-Bartolomucci 9-02-2009 12:19 Pagina 69

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rabilità dei beni culturali. L’accesso al sistema è controllato da vari profi-

li di gestione e di operatività: esiste un primo livel-lo che permette al generico utente collegato in retedi consultare la cartografia e le schede, senza peròvisualizzare dati sensibili, come ad esempio idecreti di vincolo dei beni architettonici e archeo-logici. Un secondo livello permette invece a opera-tori autorizzati la creazione di nuove schede ana-grafiche e la georeferenziazione dei beni; un terzolivello permette di imputare le schede relative allavulnerabilità dello stato di conservazione, o delleschede vincolo culturale o di vulnerabilità sismica.Infine esiste un livello superiore (amministratore)che ha la gestione di tutta la banca dati. Questatipologia di accessi alla banca dati permette agliutenti di accostarsi con finalità differenti ai proble-

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LA CARTA DEL RISCHIO DEL PATRIMONIO CULTURALE: NORMALIZZAZIONE ...

CONTRIBUTI

IL SISTEMA WEB GIS DELLA CARTA DELRISCHIOIl Sistema Informativo Territoriale della Carta

del Rischio (SIT CdR) è lo strumento che, attraver-so la schedatura conservativa dei beni culturali,permette di soddisfare una esigenza fondamentaleper la conservazione del patrimonio culturale:valutare il rischio a cui sono esposti i beni in rap-porto al loro stato di conservazione e alle caratteri-stiche del territorio cui i beni appartengono.

In tal senso la Carta del rischio è il prodottodinamico del Sistema informativo territoriale, che –attraverso rappresentazioni cartografiche tematicheaggiornabili – permette di conoscere la distribuzio-ne territoriale dei beni, nonché di calcolare l’inten-sità del rischio di perdita a cui è soggetto ogni beneappartenente al patrimonio culturale italiano.

Il SIT CdR è oggi consultabile in Internet(www.cartadelrischio.it) tramite un web gis realiz-zato dall’Istituto Superiore per la Conservazioneed il Restauro allo scopo di rendere fruibile in retela banca dati della Carta del rischio. Il softwaresviluppato è, in concreto, la cosiddetta ‘interfacciautente friendly’ che permette anche alle personenon esperte di informatica di mettersi in comuni-cazione con il mondo digitale del calcolatore, chenel caso specifico raccoglie e organizza i dati cheinteressano lo stato di conservazione del patrimo-nio storico artistico, architettonico e archeologiconel territorio nazionale. Utilizzando il sito è possi-bile gestire direttamente le attività di ricerca e pro-grammazione sui dati memorizzati relativamentealle particolarità del territorio italiano e alla vulne-

La Carta del rischio del patrimonio cul-turale: normalizzazione delle tipologiedegli edifici nella banca dati del Sistemainformativo territoriale

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Carla BartolomucciCarlo Cacace

Fig. 1

Sito web Carta del rischio:rappresentazione della classificazione sismicacomunale del territorio italiano.

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mi della conservazione, del restauro e della tuteladei beni culturali, e a seconda delle tipologie diautorizzazione accedere facilmente ai dati ed alleinformazioni che il SIT CdR è in grado di fornire.

In particolare scorrendo l’indice delle variefunzioni di consultazione si ha una sintesi delmondo che tale interfaccia permette di conoscere acominciare dalla banca dati cartografica che indicail contesto territoriale in cui sono collocati i beni equindi le caratteristiche geografiche dei siti, non-ché la natura delle sollecitazioni fisico ambientalicui beni sono sottoposti.

Ad esempio, è possibile visualizzare la carto-grafia relativa alla pericolosità sismica (fig. 1),oppure ricercare beni in una determinata zona tra-mite la funzione di ‘zoom’ e visualizzare i beni geo-riferiti sulla mappa o su una foto satellitare (fig. 2).

I beni possono essere ricercati anche attraversofunzioni specifiche di interrogazione della bancadati, per esempio tramite il campo ‘denominazio-ne’ o ‘tipologia’ fino a individuare il bene (es.Pantheon, fig. 3) e la sua scheda anagrafica.

Il patrimonio presente nella banca dati com-prende beni architettonici, beni archeologici e con-

tenitori di beni culturali (musei); mentre gli indi-catori di Pericolosità Territoriale, quelli che posso-no arrecare danno, sono distinti in tre domini fon-damentale:1) Pericolosità Ambientale-aria:- Indice di Erosione,- Indice di Annerimento;2) Pericolosità Antropica:- Indice di Pericolosità per Spopolamento,- Indice di Pericolosità per Concentrazione deibeni,- Indice di Pericolosità per Pressione Turistica,- Indice di Sintesi di Pericolosità Antropica;3) Pericolosità Statico-strutturale:- Indice di Pericolosità per Vulcani,- Indice di Pericolosità per Valanghe,- Indice Pericolosità per Frane,- Indice di Pericolosità Sismica,- Indice di Pericolosità per Modifica dei Litorali,- Indice di Pericolosità per Esondazione (ServizioGeologico Nazionale),- Indice di Sintesi di Pericolosità Statico-Strutturale.

La distribuzione territoriale dei beni, insiemeai dati relativi allo stato di conservazione(Vulnerabilità) permette di definire l’indice dirischio a cui sono esposti i beni schedati (fig. 4).

Un primo repertorio di beni censiti sul territo-rio italiano fu effettuato schedando, tra il 1990 e il1993, i beni descritti nelle guide Tourig ClubItaliano e Laterza, allo scopo di avere una primadistribuzione del patrimonio a livello comunale.Allo stesso tempo furono messe a punto le schededi rilevamento dello stato di conservazione deibeni architettonici e archeologici, che introduceva-no anche il concetto di georeferenziazione deibeni, per avere la conoscenza esatta della loro loca-lizzazione territoriale. In seguito sono state realiz-zate diverse tipologie di schede, a seconda dellespecifiche necessità operative. Oggi nella bancadati sono presenti: - la scheda anagrafica, che identifica univocamen-

Fig. 2

Sito web Carta del rischio:visualizzazione su ortofotodei beni georiferiti in una zona del centro storico di Roma.

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Fig. 3

Sito web Carta del rischio:scheda anagrafica delPantheon.

te il bene e a cui sono riferite tutte le altre schede; - la scheda di vincolo, che ne definisce i decretilegislativi di tutela;- la scheda di vulnerabilità, che ne definisce lostato di conservazione del bene immobile; - la scheda terremoto, che ha catalogato i benidopo l’evento sismico accaduto nel 1997 traUmbria e Marche; - la scheda di vulnerabilità sismica, attualmente invia di definizione; - le schede storiche, in riferimento alla bibliografiadelle guide Touring Club Italiano e Laterza.

Risulta evidente, a questo punto, come la sche-da anagrafica sia fondamentale per l’individuazio-ne univoca del bene e della gestione di tutte le rela-tive informazioni, viste le molteplici potenzialitàdel sistema, che consente di osservare il monu-mento secondo le specifiche necessità di studio delfruitore. Ne consegue che è possibile definiremoduli schedografici che descrivano il bene secon-do esigenze specifiche; tuttavia, per l’omogeneità el’organicità della banca dati del sistema informati-vo territoriale è indispensabile che sia salvaguar-data l’unicità della scheda ‘anagrafica identificati-va’ e che, in particolare, la tipologia descrittiva delbene sia definita in modo chiaro, evitando sinoni-mi e ambiguità.

Allo stato attuale, dopo tutte le attività che inquesti anni hanno portato a censire e georiferiresul territorio italiano 96.700 beni, si è resa necessa-ria una riflessione per stabilire un lessico univocoper la definizione della tipologia del bene. Infatti,dalla consultazione della banca dati sono state evi-denziate alcune criticità relative in particolareall’individuazione della tipologia architettonicadei beni. Accade che, sia in fase di ricerca di unbene schedato, sia in fase di immissione di nuovisoggetti nella banca dati, si rilevino ambiguità les-sicali e difficoltà di interpretazione, derivanti dal-l’immissione di dati provenienti da fonti bibliogra-fiche relative a contesti geografici e culturali diver-sificati, che possono compromettere e vanificare

l’utilità della banca dati stessa. Allo stato attualeesiste, dunque, il rischio di duplicazioni di beni(schedare più volte lo stesso bene con nomi diver-si) o di mancato rinvenimento di beni schedati(poiché il sistema di ricerca deve basarsi su unaserie ben definita di ‘parole-chiave’).

Sulla base di tali riscontri, in questo lavoro èstato affrontata l’ottimizzazione lessicale dellevarie tipologie presenti in banca dati attraverso l’e-same approfondito delle relazioni che legano ibeni alle varie schede presenti e la necessità didefinire una tipologia che identifichi il bene inmodo univoco, senza vincolarlo necessariamente auna particolare fase di schedatura (es. tipologiastrutturale nella scheda sismica, ecc.). Dopo unnecessario studio bibliografico preliminare sultema delle tipologie, si è riorganizzato il lessicodelle tipologie dei beni architettonici. Questo stu-dio sarà la base di partenza che l’ISCR proporràper l’attuazione di un progetto che vedrà la bancadati del SIT CdR interagire con il SistemaInformativo Generale del Catalogo (SIGEC)del’ICCD.

In questi anni il sistema informativo territoria-

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le dell’ISCR, pur seguendo le linee teoriche di cata-logazione fornite dall’ICCD, ha operato in autono-mia nella generazione dell’anagrafica dei beniimmobili, in quanto il catalogo, all’inizio dellacreazione della banca dati della Carta del rischio,non disponeva di un censimento elevato di beniimmobili. Infatti, l’attività principale della scheda-tura inventariale del catalogo si è, in primo luogo,giustamente concentrata sulle opere mobili ai finidi un censimento fondamentale per la conoscenzadell’opera e per la sicurezza. Per i beni immobiliinvece il SIT CdR ha prodotto un censimento diquasi 100.000 beni georiferiti che confluirannonella banca dati del SIGEC per l’attribuzione delcodice univoco di catalogo che verrà importatoanche sul sistema Carta del rischio. Tale progettoprevede la completa interoperabilità tra i duesistemi informativi demandando così all’ICCD latitolarità della generazione dell’anagrafica di unbene immobile con l’attribuzione del codice uni-voco di catalogo; in questa maniera il bene censitoin uno qualsiasi dei due sistemi territoriali, inmaniera trasparente all’operatore, seguirà il trac-ciato normativo dell’ICCD.

(C.C.)

LA DEFINIZIONE DEL ‘TIPO’ NELLA SCHEDAANAGRAFICA DELLA CARTA DEL RISCHIOPrima di affrontare il problema della definizio-

ne della tipologia nella banca dati della Carta delrischio, è opportuna una breve riflessione prelimi-nare su cosa si intenda per ‘tipo’ e ‘tipologia’.

Per ‘tipo’ (dal greco τυοζ = impronta, carattere,modello) si intende un insieme di cose aventicaratteristiche comuni che li distinguono da altre;per esempio un insieme di manufatti che possonoessere coerentemente raggruppati tra loro sullabase di caratteristiche morfologiche, funzionali,tecniche. La ‘tipologia’ è perciò lo studio di un‘sistema di tipi’, cioè qualsiasi teoria che suddivi-da una molteplicità di oggetti in gruppi caratteriz-zati dall’appartenenza a determinati ‘tipi’.

Il concetto di tipologia trova applicazione negliambiti più diversi, ovunque sia necessario crearedei repertori nell’ambito di una complessità difenomeni; pur comportando «una certa implicitaantinomia tra tipologia ed invenzione artistica»1 lanozione di tipo si può applicare anche ai fenomeniartistici2. In quest’ultimo caso il raggruppamentotipologico non ha la finalità della valutazione arti-stica, né della definizione storica: possono rientra-re nella medesima classe tipologica (es. chiese)opere di grande pregio e comuni manufatti, a pre-scindere dal tempo e dal luogo in cui siano statirealizzati. È bene precisare, inoltre, che il criteriotipologico non conduce a risultati definitivi, siaperché la catalogazione può basarsi su temi diver-si (strutture, funzioni, schemi formali o planime-trici, ecc.), sia perché sono sempre possibili ulte-riori suddivisioni all’interno delle diverse classi,ed è quindi necessario stabilire il ‘livello di tipicità’al quale riferirsi3.

Nello studio dell’architettura il concetto di tipoha avuto larga diffusione, dalla trattatistica classi-ca alla manualistica tecnica; in particolare lo studiodei ‘caratteri tipologici’ ha trovato particolareapplicazione all’edilizia residenziale di base e allesue diverse modalità di aggregazione, dalla cellu-

Fig. 4

Sito web Carta del rischio:sovrapposizione dei benigeoriferiti sulla rappresen-tazione cartografica dellaclassificazione sismica deicomuni.

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la individuale fino ai tessuti urbani e agli insedia-menti nel territorio. In quest’ottica il tipo ha assun-to una particolare connotazione di strumento dilettura del tessuto urbano in quanto «organismoedilizio a priori»4, ovvero «quel progetto non dise-gnato né scritto, ma ‘pensato’ come sistema dinozioni integrate, che ha in mente chi si accinge acostruire»5.

In questa sede, tuttavia, si prescinde da taliconsiderazioni e si fa diretto riferimento al signifi-cato originario del termine, per cui nella schedatu-ra della Carta del rischio si intende per ‘tipologia’la classificazione per tipi, ovvero per grandi cate-gorie; scopo della tipologia è, infatti, quello dicodificare, ordinando attraverso schemi semplifi-catori, una serie di elementi apparentemente noncollegati tra loro.

Nella Carta del rischio il termine ‘tipo’ vieneusato, dunque, per intendere gruppi di edificiaventi caratteristiche comuni; a seconda delle spe-cifiche necessità di schedatura le tipologie possonoessere ‘funzionali’ o ‘morfologiche’.

In particolare, nel caso della definizione ana-grafica del bene, una prima schematizzazioneviene compiuta individuando le tre categorie di‘beni archeologici’, ‘beni architettonici’ e ‘conteni-tori di beni’; successivamente, tutti gli edificiall’interno delle suddette categorie vengono sud-divisi per ‘tipologia’ in base a una determinatafunzione (religiosa, civile, militare, ecc.).

In altri casi invece, per esempio negliapprofondimenti relativi alla vulnerabilità sismi-ca, le tipologie possono essere definite in base acriteri diversi quali l’impianto strutturale, lemodalità esecutive, le caratteristiche costruttive edei materiali ecc.

Dal punto di vista dell’identificazione anagra-fica del bene, dunque, l’individuazione della tipo-logia si basa su definizioni di carattere funzionale.

Le norme di compilazione definiscono ilcampo tipo come destinato all’identificazione«della tipologia architettonica alla quale può esse-

re riferito il bene catalogato. L’indicazione saràriferita alla tipologia originaria del bene, con riferi-mento alla configurazione attuale, prescindendo,quindi, da eventuali preesistenze e da utilizzazio-ni di carattere contingente» (norme scheda A divulnerabilità, p. 8). Tale definizione, piuttostoastratta, non fornisce ulteriori specificazioniriguardo al concetto di ‘tipologia architettonica’,tuttavia viene allegato un «lessico per le tipologiedei monumenti architettonici» (appendice E, pp.73-81). Nelle norme suddette viene precisato chetale lessico «strutturato su due differenti livelli, èstato elaborato accorpando le varie definizioni inbase a considerazioni di ordine funzionale e/otipologico. Il primo livello contiene i termini dainserire nel campo in oggetto, mentre il secondolivello, oltre a rappresentare una guida per lo sche-datore, è da considerarsi come vocabolario apertoper le informazioni da inserire nel successivocampo ‘qualificazione’».

Dall’osservazione delle tipologie architettoni-che presenti nel lessico, allo stato attuale si posso-no evidenziare alcune criticità, di seguito elencateper punti:- i termini sono forniti in lungo elenco ordinatoalfabeticamente (490 voci) senza alcuna organizza-zione per gruppi omogenei; appare essenziale,invece, sia per agevolare l’individuazione del tipo,sia per evitare la ripetizione di sinonimi, riorga-nizzare l’elenco delle voci accorpandole in catego-rie funzionali;- si rileva una certa confusione tra tipologie edili-zie vere e proprie (es. casa in linea, a torre, a schie-ra, ecc.) – in realtà piuttosto rare nel lessico stesso– e tra definizioni funzionali, che sono la maggiorparte delle voci presenti (es. chiesa, castello, ecc.) oaddirittura tra denominazioni erroneamente inse-rite nei ‘tipi’ (es. Pantheon, Mole, Montecalvario,Campidoglio);- tra le diverse voci compaiono anche definizionidi carattere amministrativo (es. chiesa parrocchia-le) o precisazioni di altro tipo (es. chiesa maggiore,

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minore, ecc.); tali informazioni possono essereaggiunte nel campo ‘qualificazione’ ma vannoescluse dal campo ‘tipologia’ in quanto nonaggiungono nulla alla definizione del tipo; - le tipologie sono riferite sia a edifici (es. chiesa,abbazia, palazzo, ecc.) che a singoli elementi (es.campanile, cappella, cripta, chiostro, porta, porta-le, portico, sala, ecc.); questi ultimi sono statisegnalati come ‘annessi’ nelle note a margine6.Riguardo a tali elementi, che occasionalmentecompaiono tra le voci del lessico, le norme di com-pilazione – sebbene distinguano chiaramente iconcetti e la conseguente gerarchia di ‘bene com-plesso’, di ‘bene componente’ e di ‘bene individuo’– non forniscono ulteriori specificazioni; sarebberonecessari, quindi, ulteriori approfondimenti perdefinire un glossario e, soprattutto, un ordinamen-to gerarchico anche per gli elementi annessi; a taleproposito si segnala la difficoltà di attribuire uni-vocamente le singole parti alle categorie funziona-li suddette, dato che, generalmente, tali elementiarchitettonici possono appartenere a diverse tipo-logie di edifici (es. portale, portico, scala, ecc.);nella proposta di riorganizzazione, quindi, talivoci sono state ripetute;- esistono nel lessico parole con significato ambi-valente, che possono generare confusione perchécompaiono in categorie diverse (es. il termine ‘gal-leria’ è presente come ‘loggia/portico/galleria’ maanche come ‘museo/galleria’ e come‘galleria/traforo’). Tali ripetizioni sono assoluta-mente da evitare, eliminando termini ambiguinella definizione del tipo, ed eventualmente inse-rendoli, se necessaria una specificazione ulteriore,nel campo previsto per la qualificazione;- oltre alle voci di lessico elencate nell’appendicedelle norme di compilazione, dalla consultazionedella banca dati della Carta del rischio si eviden-ziano anche una grande varietà di voci extra, talo-ra dovute a ripetizioni, sinonimi, trascrizioni erra-te (in totale, risultano oltre 500 voci in aggiunta aquelle previste nell’appendice E). D’altra parte,

oltre a queste ultime, che devono essere uniforma-te al lessico eliminando ripetizioni e errori, esisto-no anche voci che devono essere aggiunte perchérelative a beni che, di fatto, esistono già nellabanca dati (ad esempio, per quanto riguarda gliinsiemi monumentali, nell’appendice E mancanoalcuni termini riferiti al contesto urbano – es. piaz-za, quartiere/rione, ecc. – che invece compaiononelle schede della banca dati); - nel lessico delle tipologie sono presenti anche ter-mini riferiti probabilmente a beni archeologici (es.mitreo, colombario, ninfeo); tali anomalie sonostate segnalate nelle note a margine; - una problematica particolare, inoltre, riguarda ibeni attribuiti alla ‘categoria 3’ destinata ai ‘conte-nitori di beni artistici’. Nelle norme viene, infatti,specificato che come tali «si intendono quegli edi-fici moderni a vocazione strettamente museale,archivistico, ecc.»7. In base a tale definizione, dun-que, sembrerebbe trattarsi solo di ‘edifici moderni’(escludendo quindi i musei storici, che apparter-rebbero alla categoria ‘beni architettonici’); inrealtà permane una certa confusione, dato chenella ‘categoria 3’ sono comprese anche voci quali:chiesa, castello, monastero, palazzo, ecc., chedovrebbero figurare nella ‘categoria 2’. Altrove silegge che nella ‘categoria 3’ «si intendono quegliedifici a vocazione strettamente conservativa edivulgativa […] edifici destinati progettualmente estoricamente ad essere musei, pinacoteche, anti-quaria, tesori, biblioteche. Per questi le condizionidi vulnerabilità non vengono determinate dallanatura architettonica bensì dall’uso rivestito, inquanto luoghi finalizzati alla conservazione edivulgazione del patrimonio storico-artistico»8. Ladefinizione appare piuttosto ambigua e non sem-bra risolvere il dilemma. Si ritiene infatti che lechiese, sia antiche che moderne, pur essendo quasisempre anche contenitori di beni artistici, vadanoconsiderate nella ‘categoria 2’, cioè quella delpatrimonio architettonico. Si propone, dunque, diindividuare nella ‘categoria 3’ solo gli edifici

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moderni nati – o di fatto utilizzati – come ‘conteni-tori di beni culturali’ (es. biblioteche, archivi, spaziespositivi o musei che non rientrino nella catego-ria precedente, ecc.), mentre gli edifici storici sianoschedati nella ‘categoria 2’, specificandone comun-que l’attuale destinazione d’uso (es. museo).

(C.B.)

PROPOSTA DI RIORGANIZZAZIONE DEL LESSICOSulla base delle considerazioni già espresse e

coerentemente con l’organizzazione delle tipolo-gie effettuata per i beni archeologici (che risultanosuddivisi per categorie sulla base delle diversefunzioni: civile, religiosa, funeraria, militare, infra-strutture e servizi), il lessico delle tipologie deibeni architettonici potrà essere riorganizzato indi-viduando le categorie in base alla funzione origi-naria, con ulteriori suddivisioni – da inserire nelcampo ‘definizione’ – nei casi in cui sia necessariauna ripartizione più specifica (per es., l’ediliziareligiosa può essere suddivisa in luoghi di culto e

luoghi di residenza, mentre l’edilizia civile puòessere suddivisa in residenziale, celebrativa,amministrativa, commerciale-produttiva, ludico-culturale, sanitaria, ecc.).

Nei casi in cui non siano necessarie ulteriorispecificazioni (es. per l’edilizia funeraria e perquella militare, che presentano un numero di tipiabbastanza limitato) il campo ‘definizione’ puòrimanere vuoto, fermo restando che è comunqueindispensabile definire sempre la ‘funzione’ e il‘tipo’. Analogamente, anche il campo ‘qualifica-zione’ – destinato a una eventuale specificazionesupplementare, che può essere scelta anche travoci multiple nel caso di sinonimi – può rimanerevuoto nei casi in cui non sia necessario aggiungereulteriori informazioni.

Contrariamente a quanto accade per i beniarcheologici, per i quali può verificarsi il caso cheil bene sia di tipo ‘non identificato’, per i beniarchitettonici e i contenitori di beni artistici non èprevista la possibilità di lasciare indefinito il tipo.

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TABELLA 1ESEMPI DI SUDDIVISIONE IN ‘CATEGORIE FUNZIONALI’ E ‘TIPI’ NELLA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LESSICO

Funzione Definizione (opzionale) Tipo Qualificazione (opzionale)

edilizia religiosa luogo di culto chiesa catterdraleedilizia religiosa luogo di culto chiesa parrocchialeedilizia religiosa luogo di culto sinagogaedilizia religiosa luogo di residenza monastero prioratoedilizia religiosa luogo di residenza monastero grangiaedilizia religiosa luogo di residenza canonica casa parrocchialeedilizia civile residenziale casa di abitazione casa a schieraedilizia civile residenziale palazzo palazzo nobiliareedilizia civile amministrativa palazzo del Comune muniipio/brolettoedilizia civile ludico-culturale teatro teatro all’apertoedilizia civile commerciale-produttiva mulino mulino a ventoedilizia civile spazio pubblico piazza largo/campielloedilizia civile celebrativa arco trionfaleedilizia civile sanitaria ospedale lebbrosarioedilizia funeraria tomba cenotafioedilizia militare fortificazione roccainfrastrutture e servizi sistema idrico acquedottoinfrastrutture e servizi sistema viario ponte ponte mobile

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Di seguito si presenta una tabella esemplifica-tiva della suddivisione in categorie funzionali, equindi in tipi; in questa sede il numero delle vociè, per brevità, molto limitato, mentre si rimandaalla relazione conclusiva dello studio effettuatoper la standardizzazione delle definizioni tipologi-che9 per il lessico completo.

Al fine di agevolare l’individuazione dellatipologia nei casi in cui il lessico presenti molteripetizioni all’interno dello stesso tipo (es. chiesa),può essere semplificato il campo ‘tipo’ inserendo,dunque, solo il primo termine e completando ladefinizione introducendo il secondo termine nelcampo ‘qualificazione’ (es. abbaziale, conventuale,episcopale, ecc.).

Il lessico dell’appendice E è stato integrato conalcune voci derivanti da schedature precedenti10,che di fatto sono già presenti nella banca dati, eli-minando le ripetizioni.

La categoria 3 è stata integrata con le voci rela-tive a diversi tipi di museo, mentre, sulla basedelle considerazioni espresse in precedenza, sonostate eliminate le voci relative agli edifici storici giàcompresi nella categoria 2 (es. chiesa, castello,palazzo, ecc.). Allo scopo di evitare ulteriori ambi-guità, si propone di specificare che l’oggetto sche-dato è ‘contenitore di beni’ (artistici, storici o cul-turali in generale) indipendentemente dalla tipolo-gia architettonica o archeologica.

(C.B.)

CONCLUSIONITale studio, che sintetizza il lavoro di verifica

della banca dati della Carta del rischio in corso dacirca due anni, si è proposto, a partire dalle criticitàevidenziate e sopra descritte, di riorganizzare eporre le basi per l’unificazione delle varie compo-nenti schedografiche nella struttura della schedaanagrafica del database relazionale, in modo cheesse risultino collegate in modo omogeneo esecondo criteri univoci. È essenziale, infatti, chetutti i differenti tipi di scheda vengano riferiti uni-

vocamente alla scheda anagrafica del bene, quindiche non ci siano ambiguità lessicali nella descri-zione del bene e nell’organizzazione dei dati adesso relativi; a tale scopo è fondamentale ancheche il database sia implementabile di volta in voltasenza dover necessariamente apportare aggiorna-menti e/o modifiche per calibrarlo alle diversespecificità di rilevamento. Del resto, a fronte diuna indispensabile sintesi, la contemporanea pos-sibile presenza di schede di vincolo, di stato diconservazione, di vulnerabilità sismica ecc., per-mette all’interno delle particolari fasi di schedatu-ra di avere una rappresentazione esaustiva delbene su cui si lavora. Lo scopo è quello di definireuna schedatura anagrafica immediatamente indi-viduabile e utilizzabile con le informazioni di baseorganizzate comunque secondo gli standardampiamente collaudati dall’ICCD e dall’ISCR.

(C.C.)

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G. STRAPPA, Unità dell’organismo architettonico. Notesulla formazione e trasformazione dei caratteri degli edifici,Bari 1995.

G. STRAPPA, Edilizia per il culto: chiese, moschee, sinago-ghe, strutture cimiteriali, Torino 2005.

NOTE1 G.C. ARGAN, voce Tipologia, in Enciclopedia

Universale dell’Arte, Venezia - Roma, vol. XIV, 1966, pp. 1-15.

2 Argan riporta la definizione di ‘tipo’ in architetturadata da Quatremère de Quincy: «la parola ‘tipo’ non rap-presenta tanto l’immagine di una cosa da copiarsi o daimitarsi perfettamente, quanto l’idea di un elemento chedeve esso stesso servire di regola al modello […]. Ilmodello è un oggetto che si deve ripetere tal quale è; iltipo è per contrario un oggetto secondo il quale ognunopuò concepire delle opere che non si assomiglierannopunto tra loro» (Dictionnaire Historique d’Architecture,1832).

3 Un esempio di successivi approfondimenti dellivello di tipicità può applicarsi al concetto di ‘casa’,ovvero: primo livello: casa (inteso come tipo a sé, in con-trapposizione ad altri tipi di edifici quali chiesa, edificiopubblico, ecc.); secondo livello: vari tipi di casa (isolata,

oppure associata ad altre secondo differenti tipologieedilizie: a schiera, a blocco, a torre, in linea, ecc.); terzolivello: varianti all’interno di uno stesso tipo (es. casa aschiera: a un piano, a due piani con scala esterna, a duepiani con scala interna, ecc.).

4 G. CANIGGIA, Strutture dello spazio antropico. Studi enote, Firenze 1976.

5 G. CANIGGIA, G.L. MAFFEI, Composizione architettoni-ca e tipologia edilizia, 1. Lettura dell’edilizia di base, Venezia1979.

6 «(...) la scheda di rilevazione è rapportabile a benisingoli ma anche a parti di essi aventi valenza architetto-nica o insiemi riconosciuti di beni, quali i contesti urbanied i complessi monumentali» cfr. le norme di compila-zione della scheda MARIS in Carta del Rischio delPatrimonio Culturale. La Cartografia Tematica. Distribuzionedel Patrimonio e dei Fenomeni di pericolosità, Ministero peri Beni Culturali ed Ambientali, Istituto Centrale per ilRestauro, Roma 1996, vol. I., p. 17.

7 Cfr. le norme di compilazione della scheda MARISin Carta del Rischio del Patrimonio Culturale. La CartografiaTematica. Distribuzione del Patrimonio e dei Fenomeni dipericolosità, Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali,Istituto Centrale per il Restauro, Roma 1996, vol. I., p. 16.

8 Cfr. le norme di compilazione della scheda MARISin Carta del Rischio del Patrimonio Culturale. La CartografiaTematica. Distribuzione del Patrimonio e dei Fenomeni dipericolosità, Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali,Istituto Centrale per il Restauro, Roma 1996, vol. I., p. 21.

9 C. BARTOLOMUCCI, Relazione sullo studio e la propostadi riorganizzazione delle tipologie architettoniche presentinella Carta del Rischio, CNR-ICVBC 2006.

10 Cfr. il lessico nelle norme di compilazione dellascheda MARIS in Carta del Rischio del PatrimonioCulturale. La Cartografia Tematica. Distribuzione delPatrimonio e dei Fenomeni di pericolosità, Ministero peri Beni Culturali ed Ambientali, Istituto Centrale per ilRestauro, Roma 1996, vol. I., pp. 23-30.

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LA CARTA DEL RISCHIO DEL PATRIMONIO CULTURALE: NORMALIZZAZIONE ...

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