Impianti di Panificazione a Pompei - Thomas Milan

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~ 1 ~ UNIVERSITÀ CA' FOSCARI DI VENEZIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI TESI DI LAUREA IMPIANTI DI PANIFICAZIONE A POMPEI RELATRICE: PROF.SSA ANNAPAOLA ZACCARIA LAUREANDO: THOMAS MILAN MATR. N.810554 ANNO ACCADEMICO 2008/2009

Transcript of Impianti di Panificazione a Pompei - Thomas Milan

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UNIVERSITÀ CA' FOSCARI DI VENEZIA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN

CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI

TESI DI LAUREA

IMPIANTI DI PANIFICAZIONE A POMPEI

RELATRICE:

PROF.SSA ANNAPAOLA ZACCARIA

LAUREANDO:

THOMAS MILAN

MATR. N.810554

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

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INDICE

Introduzione.........................................................................................p. 4

1. Aspetti generali della panificazione..........................................p. 5

1.1 Varietà del pane romano............................................................p. 8

2. Nascita dell'industria della panificazione................................p. 9

3. Fasi della panificazione e caratteristiche

e strutture dei pistrina......................................................................p. 10

3.1 Le macine.................................................................................p. 11

3.2 Le macchine impastatrici........................................................p. 12

3.3 I forni e gli ambienti associati................................................p. 12

4. Catalogo........................................................................................p. 15

4.1 Premessa...................................................................................p. 15

I,3,1.............................................................................................p. 16

I,3,27...........................................................................................p. 18

I,4,12-17 e I,4,13-14....................................................................p. 20

I,12,1-2........................................................................................p. 22

V,1,14-16.....................................................................................p. 25

V,3,8............................................................................................p. 27

V,4,1-2.........................................................................................p. 29

VI,2,6...........................................................................................p. 31

VI,3,1-4.27-28.............................................................................p. 33

VI,5,15.........................................................................................p. 36

VI,6,4-5.......................................................................................p. 38

VI,6,17-21...................................................................................p. 40

VI,11,8-10...................................................................................p. 42

VI,14,29-33.................................................................................p. 44

VI,14,34.......................................................................................p. 46

~ 3 ~

VII,1,36-37..................................................................................p. 48

VII,1,46-47..................................................................................p. 50

VII,2,3.........................................................................................p. 52

VII,2,22.......................................................................................p. 55

VII,12,1-2.37...............................................................................p. 57

VII,12,7.......................................................................................p. 59

VII,12,11.....................................................................................p. 60

VII,12,13.....................................................................................p. 62

VII,14,9.......................................................................................p. 64

VII,16,6.9....................................................................................p. 65

VIII,4,26-29.................................................................................p. 66

VIII,6,1.8-10................................................................................p. 68

IX,1,3.33......................................................................................p. 70

IX,3,10-12...................................................................................p. 73

IX,3,19-20...................................................................................p. 75

IX,5,4...........................................................................................p. 77

IX,12,6-8.....................................................................................p. 79

5. Considerazioni di carattere generale..................................p. 82

5.1 Pistrina e pistrina dulciaria...................................................p. 82

5.1.1 Macine..............................................................................p. 82

5.1.2 Botteghe o punti di vendita.........................................p. 83

5.1.3 Forni.................................................................................p. 84

5.1.4 Laboratori.......................................................................p. 84

5.1.5 Depositi e magazzini.....................................................p. 85

5.2 Distribuzione nel quadro urbano............................................p. 85

5.3 Sviluppo cronologico..............................................................p. 87

Bibliografia.........................................................................................p. 88

Apparato iconografico.....................................................................p. 90

~ 4 ~

Introduzione

Questo ricerca è stata effettuata al fine di produrre un catalogo specifico e aggiornato dei panifici

di Pompei, a seguito del quale fosse possibile poi affrontare le problematiche economiche,

tecniche e sociali relative al processo di panificazione e alla sua presenza e diffusione nel quadro

urbano e in un arco cronologico.

Il primo capitolo contiene informazioni riguardanti gli aspetti generali del processo di

panificazione e il suo sviluppo nella civiltà romana, con particolare attenzione ad alcuni dei

principali tipi di pane di cui troviamo riferimenti nelle fonti latine. Nel capitolo successivo viene

analizzato il processo attraverso il quale la produzione del pane inizia a configurarsi non più come

una produzione di tipo domestico, ma come un'attività industriale, con la nascita e la diffusione dei

primi impianti per la panificazione.

Notizie e descrizioni delle varie fasi del processo di panificazione e delle principali strutture che

caratterizzano i pistrina, sono presenti nel capitolo 3, con paragrafi riguardanti in modo specifico

le macine, le macchine impastatrici e i forni.

Il capitolo 4 comprende il Catalogo dei pistrina pompeiani; composto di 32 schede, una per

impianto, esso si configura come la parte centrale della tesi, in cui vengono descritti caso per caso

gli impianti per la panificazione a tutt'oggi identificabili nella città.

Nell'ultimo capitolo vengono elaborati i dati forniti dalla schedatura dei pistrina, evidenziando le

principali differenze tra pistrina e pistrina dulciaria con particolare attenzione verso la

disposizione delle strutture quali macine, botteghe, forni, laboratori, magazzini all'interno dei vari

impianti. Vengono infine effettuate delle considerazioni relative alla distribuzione dei pistrina nel

quadro urbano e allo sviluppo di questa distribuzione in una arco cronologico.

Metodo di lavoro

Nello studio dei pistrina pompeiani, una preliminare ricerca bibliografica mi ha consentito di

accertare l'esatta ubicazione dei panifici nella città; la più recente monografia dedicata

all'argomento è il volume di B.J. Mayeske1, contenente una prima catalogazione con dati sui

singoli pistrina e sulla situazione della panificazione nella città. Le informazioni sono state

confrontate e integrate con lo studio di La Torre2

e l'Indirizzario di Pompei3 presenti nel volume

Pompei. L'informatica al servizio di una città antica, dove tuttavia i dati si limitano ad un elenco

1 MAYESKE 1972

2 LA TORRE 1988, pp. 75-102

3 Pompei Informatica , pp. 103-184

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di complessi classificati come pistrina.

Infine, confrontando i dati ricavati con le ricerche di L. Eschebach4 è stato possibile ottenere un

quadro generale della distribuzione degli impianti nel quadro urbano, completato con le

informazioni fornite dalle schede degli edifici e dalle piante contenute nei volumi della serie

Pompei. Pitture e Mosaici5. Ho proceduto quindi alla schedatura dei vari pistrina, descrivendo le

strutture di ogni impianto, fornendo datazioni (ove presenti informazioni a riguardo) e definendo

una tipologia di vendita. Successivamente, elaborando i dati ottenuti dalla schedatura, ho riportato

gli aspetti generali in un quadro più specifico e urbano, effettuando considerazioni relative le

caratteristiche distintive tra panifici e pistrina dulciaria, la distribuzione degli impianti nel

territorio e il loro sviluppo cronologico.

Per quanto riguarda gli studi sul processo di panificazione e la diffusione di questa nel mondo

romano, mi sono avvalso delle pubblicazioni di Dosi e Schnell6 e del volume curato da Longo e

Scarpi7, contenenti la descrizione di alcuni dei tipi più comuni di pane e dolci. Per le varie fasi

della panificazione e per le strutture caratteristiche dei panifici, con riferimenti particolari al caso

di Pompei, ci si è basati sulle informazioni fornite da R. Etienne nel suo La vie quotidienne a

Pompéi8, che dà precise descrizioni delle macine, delle macchine impastatrici e dei forni dei

panettieri. Ad integrazione di questi aspetti sono stati utilizzati anche il volume di August Mau9, in

cui si fa riferimento ai fornai di Pompei, e l'articolo dedicato alle macine di Buffone, Lorenzoni,

Pallara e Zanettin nel X numero della Rivista di Studi Pompeiani10

.

1. Aspetti generali della panificazione

Il pane è il risultato della domesticazione e della coltivazione del grano ed è stato uno dei maggiori

sostegni energetici delle popolazioni del pianeta, evolvendosi in maniera parallela allo sviluppo

delle civiltà.11

Le prime graminacee conosciute dall'uomo, in età Neolitica, sono state l'orzo e il

miglio e quasi certamente è dall'orzo che è stato ottenuto il primo tipo di “pane”, anche se questa

pianta ha il grosso limite di non poter lievitare perchè troppo povera di glutine. I più antichi tipi di

pane erano quasi sicuramente azimi, cioè non lievitati ed è verosimile che il processo di

4 ESCHEBACH 1993

5 PPM, I-X

6 DOSI-SCHNELL 1986

7 LONGO-SCARPI 1993

8 ETIENNE 1966

9 MAU 1982

10 BUFFONE 1999, pp. 117-130

11 CERLETTI 1993, p. 123

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lievitazione naturale o fermentazione sia stato scoperto casualmente lasciando l'impasto di acqua e

farina in ambiente privo di luce.12

Nell'antichità il pane era un alimento di base, presente in varie forme e composizioni e destinato

alle diverse classi sociali, benché nei primissimi tempi fosse riservato unicamente ai privilegiati.

Ecateo di Mileto nel 500 a.C. chiama gli Egiziani “popolo mangiatore di pane”, ma sappiamo

sappiamo che questo alimento era già conosciuto e diffuso anche nel II millennio a.C., in cui,

secondo il linguaggio omerico, “mangiatori di pane “13

era sinonimo di “uomini”, portatori di

civiltà14

. Anche per i Greci il pane era quindi un alimento di base della dieta quotidiana e

sembrerebbero essere addirittura settanta i tipi di pane che erano capaci di produrre, tra cui la

maza di orzo impastato (una focaccia molto diffusa di cui parla anche il poeta Archiloco15

), e il

pane a pagnotte di frumento che secondo le prescrizioni di Solone doveva essere consumato solo

nei giorni di festa16

.

Uguale se non maggiore importanza ebbe il pane nella civiltà romana, dove costituiva la base

dell'alimentazione soprattutto per le classi meno abbienti come dimostrato dall'espressione

popolare panem et circenses17

, in cui venivano riassunte le aspirazioni della plebe romana più

povera, vivente per lo più della carità pubblica.

Come conferma Plinio il Vecchio18

, per molti secoli i romani vissero di polta, una densa zuppa di

cereali in cui si metteva di tutto, dai grani di cereali selvatici, alle leguminose e perfino pezzi di

carne, se disponibili, ed è probabile che la prima focaccia sia stata un fondo di polta essiccata e

arrostita. Il nome di questa focaccia, detta far, all'origine designava soltanto il primo frumento

adoperato per fare il pane, cioè la varietà detta oggi farro o spelta, ma finì poi per indicare non

solo il grano in generale ma anche la farina da esso ricavata19

, la polta, la focaccia (farreatio o

confarreatio) usata nelle cerimonie sacre come libagioni e matrimoni20

. Con il termine far si

definiva persino il pastone per ingrassare il pollame o lo stesso ripieno usato per guarnire i piatti di

carne21

.

Il farro, che per oltre tre secoli ebbe una notevole importanza nella storia economica romana22

, era

caratterizzato da grani piccoli e duri, molto difficili da liberare dalla pula, per cui era

12 BOSELLO 1993, pp. 175-176

13 HOMER. Od. 6.8

14 MONTANARI 1993, p. 27

15 ARCHIL. 2 West.

16 Citato da DOSI-SCHNELL 1986, pp. 49 e 52

17 JUV. 10.81 “nam qui dabat olim imperium, fasces, legiones, omnia, nunc se continet atque duas tantum res anxius

optat, panem et circenses.”

18 PLIN. Nat. 18.83 “Pultem autem, non pane, vixisse longo tempore Romanos manifestum”

19 PLIN. Nat. 18.88 “Farinam a farre dictam nomine ipso apparet”

20 PLIN. Nat. 18.10 “Quin et in sacris nihil religiosius confarreationis vinculo erat, novaeque nuptae farreum

praeferebant”

21 DOSI-SCHNELL 1986, p. 52

22 PLIN. Nat. 18.62 “Populum Romanum farre tantum e frumentum CCC annis usum Verrius tradit.”

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indispensabile, per conservarli ed evitare la fermentazione, un'operazione di tostatura, a seguito

della quale venivano triturati in un mortaio per produrre la farina; proprio da questa attività di

molitura, i servi che la eseguivano venivano detti pistores, da pinsere far, termine che poi andò a

indicare il mestiere del panettiere e del pasticcere23

.

Considerato di scarsa qualità e generalmente diffuso solo tra schiavi e soldati era il bollito d'orzo,

mentre molto più era la focaccia d'orzo impastato, affine alla maza del mondo greco, che i romani

spesso farcivano con formaggio, olive, uova, funghi o altro. Con l'orzo veniva preparata anche un

tipo di polenta, diffusa probabilmente solo nella Gallia Cisalpina, come si evince da una citazione

di Plinio il Vecchio24

.

La qualità della polta e delle focacce migliorò sensibilmente con l'introduzione verso la fine del V

sec. a.C. di grani di qualità superiore provenienti dalla Sicilia e dall'Africa, più facilmente

separabili dalla pula tramite trebbiatura, che permisero di incrementare la produzione e rendere i

pani e le focacce più morbide e meno acide. A migliorare la qualità del pane contribuì lo sviluppo

tecnologico che introdusse la mola, seguita successivamente dal mulino a braccia e infine da

quello azionato da un asino o da un cavallo,come attestato dalla documentazione archeologica

pompeiana (vedi per es. gli scheletri di equidi ritrovati del pistrinum di Giulio Polibio in IX, 12, 6-

8), che producevano migliori qualità di farina e semola anche grazie a perfezionamenti nella

tecnica della setacciatura.

Caratteristica principale del pane romano era la durezza, dovuta soprattutto all'utilizzo di farine di

scarsa qualità che assorbivano meno acqua e alla insufficiente quantità di lievito (prodotto

lasciando fermentare un po' di pasta nel mosto d'uva), per altro scadente, che inacidiva per

impossibilità di conservarlo. Solo con la conquista della Grecia nel II sec. a.C., venne introdotta a

Roma la tecnica della fermentazione, che fino a quel momento era pressoché sconosciuta25

.

É noto infatti che Catone il Vecchio, di stampo conservatore, non approvò mai l'introduzione a

Roma del pane propriamente detto, considerandolo un fattore di decadenza dei costumi e

predicando un ritorno agli antichi costumi e quindi alla polta e alla focaccia. Nel De Agri Coltura

infatti, tutte le ricette per la fabbricazione del pane che tramanda, riguardano focacce prive di

lievito26

La mancanza di lievito era in alcuni tipi di pane obbligatoria, ad esempio per quelli destinati ai riti

e alle offerte; al flamine era addirittura vietato di toccare del pane lievitato27

.

23 DOSI-SCHNELL 1986, p.52

24 PLIN. Nat. 18.84 e 72

25 BOSELLO 1993, p. 177

26 CATO. Agr. 74-87

27 GEL. 10.15.19 “Farinam fermento inbutam adtingere ei fas non est”

~ 8 ~

1.1 Varietà del pane romano

Molte erano le varietà di pane prodotte nel mondo romano28

, soprattutto in età imperiale, quando

le tecniche di panificazione raggiunsero un elevato grado di produttività; alcuni tipi di pane, come

il pane del Picenum, erano ancora più duri del normale a causa della presenza nell'impasto di

aggiunte di argilla proveniente da una zona tra Napoli e Pozzuoli, consumate intinte nel vino

oppure in minestre e salse.

Prodotto con una farina superiore, detta siliga o simila, era il pane siligineus29

, mentre a seconda

della tecnica di setacciatura della farina, si poteva ottenere il panis cibarius30

, secundarius31

,

plebeius32

.

Simile a gallette o biscotti, di lunga conservazione, era il panis militaris33

, destinato ai soldati in

guerra, il panis buccelatus e il panis nauticus34

, destinato invece ai marinai; il panis autopyrus35

era una specie di pane integrale, mentre il panis furfureus36

veniva dato ai cani.

Più morbido, ma meno diffuso era il panis parthicus o aquaticus37

, caratterizzato da un maggior

assorbimento d'acqua.

Di lusso era il pane artolaganus38

, preparato con miele, vino, latte, olio, frutti canditi e pepe,

mentre pani speciali, confezionati con simili ingredienti e dotati quindi di un elevato apporto

calorico, venivano consumati durante i digiuni rituali39

.

Nelle aree più povere, soprattutto nelle campagne, erano invece diffuse specie rustiche di pane

mescolato a cereali di bassa qualità o a fave e lenticchie, oppure frutti come ghiande e castagne.

A causa della scarsa capacità di conservazione del lievito, i pani assumevano spesso un odore

acido che veniva eliminato al momento della cottura ripassando la crosta con rosso d'uovo o

spezie come semi di papavero40

.

Diverse erano le tecniche di cottura del pane, a seconda delle quali si poteva ottenere il panis

28 DOSI-SCHNELL 1986, p. 54

29 CAEL.AUR. Acut. 2.110

30 PLIN. Nat. 18.87

31 PLIN. Nat. 18.90

32 SEN. Ep. 119.3

33 PLIN. Nat. 18.67

34 PLIN. Nat. 22.138

35 PLIN. Nat. 22.138

36 PHAED. 4.18.84

37 PLIN. Nat. 18.105 “..non pridem etiam e Parthis invecto quem aquaticum vocant, quoniam aqua trahitur ad

tenuem et spongiosam inanitatem, alii Parthicum.”

38 PLIN. Nat. 18.105

39 DOSI-SCHNELL 1986, p. 55

40 DOSI-SCHNELL 1986, p. 55

~ 9 ~

furnaceus41

, cotto in forno e il panis artopticus42

, cotto sotto una campana domestica; più simili a

una galletta o focaccia erano invece il panis subcinericus o focacius43

, cotto sotto la cenere, e il

panis clibanicius44

, cotto in teglie di terracotta o metallo45

.

La forma principale in cui veniva prodotto e cotto il pane erano pagnotte rotonde, leggermente

schiacciate, con quattro o otto incisioni a croce sul dorso che permettevano di spezzare più

facilmente il pane in spicchi (vedi fig. 1) 46

; la pagnotta con quattro incisioni era detta panis

quadratus, e ogni spicchio era chiamato quadra47

. Molto diffuso era anche il pane a forma

allungata, ma molteplici erano gli stampi con cui il pane poteva essere prodotto, come si apprende

da Marziale, che, in uno dei suoi epigrammi, rimprovera l'amico Lupo di viziare la propria amante

con pani dalle forme oscene48

.

2. Nascita dell'industria della panificazione

La produzione del pane rimase per molto tempo relegata nell'ambito domestico, ma con l'evolversi

delle tecniche di fabbricazione, della qualità della farina e soprattutto della domanda del prodotto,

l'attività di panetteria prima svolta dalle massaie, passò nelle mani di cuochi e artigiani

specializzati. Nelle grandi dimore la produzione del pane continuò in alcuni casi a svolgersi in

ambito domestico,era anzi segno di grande prestigio per le famiglie benestanti avere al proprio

servizio dei pistores privati, mentre nelle città iniziarono a sorgere panifici e panetterie forniti

anche di attrezzature per la macinazione del grano e di grandi forni dotati di un livello produttivo

molto elevato, capace di rispondere alla crescente richiesta di prodotto.

L'installazione di questi primi impianti di panificazione viene collocata nei primi decenni del II

sec. a.C., come risulta da una notizia di Plinio49

che farebbe risalire al 171 a.C., anno d'inizio della

guerra contro Perseo, la nascita dell'industria della panetteria. La professione, inizialmente poco

considerata e svolta soprattutto da liberti o cittadini di umile condizioni (spesso Greci immigrati),

ottenne successivamente privilegi ed immunità, con la costituzione del collegium pistorum. I

panettieri o pistores potevano ottenere un aiuto statale nell'acquisto delle strutture o manodopera

41 PLIN. Nat. 18.88

42 PLIN. Nat. 18.105

43 ISID. Orig. 20.2.15

44 PLIN. Nat. 18.105

45 SEN. Ep. 90.22, in cui parla della tesi del filosofo Posidonio, secondo il quale la nascita della panificazione

sarebbe da attribuire ad un filoso, il Saggio, che avrebbe inventato il pane imitando il processo naturale attraverso

cui il grano viene digerito e assimilato dal corpo umano.

46 CANTARELLA-JACOBELLI 2003, p. 35

47 HOR. Ep. 2.1.123

48 MART. 9.2.3 “Illa siligineis pinguescit adultera cunnis, conuiuam pascit nigra farina tuum;”

49 PLIN. Nat. 18.107-108 “Pistores Romae non fuere ad Persicum usque bellum annis ab urbe condita super

DLXXX.”

~ 10 ~

necessarie (schiavi, asini, attrezzature) e ottenere addirittura la cittadinanza romana se lavoravano

per tre anni almeno 100 moggi di frumento al giorno, cioè circa 8 ettolitri, corrispondenti a oltre

600 kg secondo il peso del grano siciliano ed alessandrino50

.

Lo sviluppo di questa professione andò di pari passo con la grande trasformazione urbana di Roma

in età repubblicana, con la costruzione di strutture portuali e magazzini per la conservazione in

grandi quantità delle derrate alimentari, soprattutto cereali. In età imperiale la produzione del pane

si incrementò ulteriormente, grazie al miglioramento delle tecniche di macinazione (l'introduzione

del mulino ad acqua per es.), ma soprattutto grazie ad un aumento costante della richiesta di

prodotto.

Nei rapporti con lo Stato era inserita anche la possibilità di stipulare accordi per fornire la città di

pane pubblico, detto panis gradilis, di qualità tuttavia non buona poiché prodotto in parte con

farine avariate. Veniva prodotto inoltre il panis fiscalis, distribuito alle classi povere a prezzo fisso.

In concomitanza con la nascita della professione di fornaio, si diffuse nel mondo romano anche

l'attività dei pistores dulciarii, i fornai pasticceri, specializzati nella produzioni dei dolci.

I dolci erano di vario tipo:creme, focacce, pultes prodotte con vari ingredienti.

Molto diffuse e apprezzate erano le liba51

,focacce rituali prodotte dai pistores libarii, specie di

pani preparati con formaggio, farina di grano, uovo, cotti lentamente sotto a una tegola con delle

foglie d'alloro. Usata soprattutto in riti sacrificali era la placenta52

, fatta con farina, avena,

formaggio e miele.

3. Fasi della panificazione e caratteristiche e strutture dei pistrina

A Roma gli impianti legati all'attività della panificazione erano identificabili da una serie di

particolari strutture e spazi presenti generalmente in tutti i pistrina; i panifici pompeiani non erano

diversi dagli impianti della capitale e condividevano dunque le medesime caratteristiche, pur con

le ovvie differenze riscontrabili nei singoli edifici.

Elemento principale che consente l'identificazione di un pistrinum in un edificio è la presenza di

un grande forno e in molti casi, anche se non sempre, di macine per la molitura del grano. Con la

nascita dell'industria della panificazione infatti, l'attività del panettiere andò a comprendere non

solo la produzione degli impasti e la loro cottura, ma anche la produzione propria della farina

attraverso l'utilizzo di macine.

In ogni panificio sono solitamente identificabili un reparto per la riduzione del grano a farina, una

50 AMPOLO 1993, p. 242

51 CATO. Agr. 75

52 CATO. Agr. 76

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zona per la produzione dell'impasto e la sua lievitazione,a volte fornita di macchina impastatrice,

un'area con uno o più forni per la cottura dei pani e in molti casi un punto d'esposizione o bottega

per la vendita al dettaglio. A questi spazi si aggiungono frequentemente lo stabulum, un'area per il

ricovero degli animali che azionano le macine e aree di deposito o magazzini. Alcuni pistrina sono

inoltre forniti di quartieri abitativi o impiantati in abitazioni parzialmente convertite in stabilimenti

di produzione.

3.1 Le macine

Non sono stati rinvenuti mulini ad acqua nell'area pompeiana, dove le macine si presentano, con

piccole variazioni, tutte dello stesso tipo, attivate da schiavi o ad azione animale.

Le macine pompeiane ricavate da roccia lavica, più specificamente trachiandasite basaltica, e

prodotte parte nella zona di Orvieto, parte nella cava di Castello di Cisterna e probabilmente anche

in altri affioramenti dell'area vesuviana, come quello dell'Anfiteatro di Pompei53

, erano costituite

di più elementi (vedi fig. 2) 54

: una parte fissa, campaniforme, detta meta55

, inserita in uno zoccolo

in muratura, sul quale veniva posizionato un catino di metallo per la raccolta della farina; una

scanalatura profonda56

alcuni centimetri veniva scavata in cima alla meta, per permettere

l'alloggiamento di un asse lignea, su cui veniva fissato un perno in ferro, attorno al quale avveniva

la rotazione della macina. Per quanto riguarda le dimensioni, le metae pompeiane solitamente

misuravano in media sessanta centimetri in altezza e circa ottanta centimetri di diametro nel punto

più largo57

.

L'elemento mobile, detto catillus,più fragile della meta e meno conservatosi, era a forma di doppio

tronco di cono, con la parte superiore utilizzata come imbuto per versare il grano nella macina e la

parte inferiore per la macinazione vera e propria. Le dimensioni del catillus consistevano

mediamente in circa settantatre centimetri di diametro nel punto più largo e trentasei nel punto più

stretto, con un'altezza pari anch'essa a circa settantatre centimetri58

. Un sistema di assi lignee

veniva fissato attraverso delle cavità a entrambi i lati del catillus e inserito nel perno fissato alla

meta; per evitare che l'attrito tra meta e catillus fosse troppo elevato,e di conseguenza aumentasse

ancor di più lo sforzo fisico necessario alla rotazione, quest'ultimo veniva mantenuto leggermente

53 BUFFONE 1999, p.121

54 AVVISATI 2007, p. 176

55 ETIENNE 1966, p. 156

56 MAU 1982, p.389

57 MORITZ 1958, p. 75. Dimensioni medie di una macina “normale” pompeiana, in questo caso Moritz prende come

esempio una delle macine presenti in VI,2,6.

58 Vedi nota 57.

~ 12 ~

sollevato dalla meta. La rotazione era infine impressa da schiavi (nelle macine di dimensioni

minori e caratterizzate da una minore produttività) oppure da asini o cavalli collegati al sistema di

travi nel tipo di macina più frequente a Pompei e indicata anche col nome di mola asinaria.

La scelta della roccia lavica per la costruzione delle macine era legata alla durezza e alla porosità

di questo tipo di roccia che riduceva al minimo la possibilità di contaminare la farina con

particelle litiche, per questo di roccia basaltica veniva ricoperta anche l'area attorno alle macine,

con lastre simili a quelle delle strade, per evitare che il continuo passaggio degli asini o cavalli

potesse creare solchi o avvallamenti nella pavimentazione.

3.2 Le macchine impastatrici

Una volta macinato il grano e ottenuta la farina,a quest'ultima venivano aggiunti acqua, lievito e

sale; il tutto veniva poi mescolato per ottenere l'impasto necessario alla produzione dei pani e per

questa operazione veniva spesso utilizzata una macchina impastatrice.

Costituita anch'essa di materiale lavico, consisteva in un bacile sul cui fondo era inserita in una

scanalatura e fissata ad un perno in ferro un'asse lignea verticale, alla quale erano poi aggiunti due

o tre bracci di legno orizzontali (vedi fig. 3)59

. Altri due denti lignei venivano inseriti

orizzontalmente nelle pareti del bacile, disposti in modo da non interferire con la rotazione dei

denti attaccati all'asse verticale. Dopo aver versato nel macchinario la farina e gli altri elementi per

produrre la pasta, a braccia o con l'aiuto di un asino o un cavallo, l'asse centrale veniva fatta

ruotare fino a che l'impasto non era pronto60

; esso veniva poi diviso in pagnotte di varie forme e

dimensioni ( a Pompei tuttavia era frequente la pagnotta rotonda a spicchi) e lasciato in un

ambiente caldo e umido a lievitare (per questo spesso l'impasto veniva fatto lievitare in un locale

adiacente al forno in cui si provvedeva alla creazione di un clima caldo-umido attraverso

un'apertura comunicante con la camera di cottura).

3.3 I forni e gli ambienti associati

Completata la lievitazione delle pagnotte, esse venivano poi cotte nel forno.

I forni più semplici erano composti unicamente da una camera di cottura con soffitto a volta, la cui

calotta era visibile dall'esterno (per questo erano detti forni “ad alveare”) e veniva talvolta

59 ETIENNE 1966, pp. 157-158

60 MAU 1982, p. 392

~ 13 ~

ricoperta di un sottile strato di sabbia per mantener meglio il calore.

La temperatura necessaria alla cottura del pane si otteneva bruciando legname o carbone;

successivamente si provvedeva a rimuovere dalla camera di cottura le braci e i pezzi di legno

rimasti e si puliva il piano di infornata con una scopa fornita di uno straccio bagnato per eliminare

la fuliggine. A questo punto si infornavano le pagnotte con pale in legno o ferro (rutabula) e poi si

chiudeva la bocca del forno con uno sportello in ferro provvisto di impugnature. Un camino,posto

davanti o dietro alla struttura ad alveare, permetteva la fuoriuscita del fumo e la circolazione del

calore.

A Pompei era tuttavia più diffuso un tipo di forno più complesso e di dimensioni maggiori61

(vedi

fig. 4 ). Il piano di cottura (a) era composto di mattoni ben uniti e cementati a calce, sotto ai quali,

per evitare perdite di calore, si disponeva un letto si sabbia spesso più di 10 cm, il tutto posato su

di un basamento in muratura (b).

La camera di cottura era sormontata da una volta (c), poggiante su di un piccolo muro (d), ed era

accessibile tramite la bocca (e). Al di sopra della camera di cottura, un vano (j), detto camera o

vano per il fumo, anch'esso a volta e connesso tramite delle aperture (k ed h) al camino (i), era

utilizzato per aumentare la tenuta termica del forno tramite una migliore circolazione del fumo. In

(h) era l'apertura principale del forno, attraverso la quale venivano passati i pani all'interni della

camera di cottura.

Questi forni di grandi dimensioni erano frequentemente forniti di aperture laterali nella camera di

cottura, con piani d'appoggio62

che connettevano queste ultime ad altrettante aperture presenti nei

muri dei locali adiacenti al forno, in cui solitamente erano situati il laboratorio per la preparazione

dei pani e il deposito dei pani cotti; in questo modo il furnacator, l'addetto alla cottura dei pani,

poteva ricevere da un lato le pagnotte crude dalla stanza dell'impasto, cuocerle, rimuoverle, e

riporle dall'altro lato nel deposito senza mai spostarsi dalla sua postazione di fronte al forno.

A livello del pavimento era spesso presente una cavità (l), utilizzata come deposito per le ceneri o,

se di grandi dimensioni, più probabilmente come ripostiglio per il combustibile. Nei pressi delle

bocche dei forni erano inoltre situati dei recipienti (m) in pietra o terracotta utilizzati come acquai;

l'acqua veniva infatti usata sia per inumidire le pagnotte che per pulire la superficie di cottura del

forno o raffreddare gli strumenti incandescenti.

Nei pistrina dulciaria erano usati comunemente dei forni più piccoli, in laterizi, con una camera di

cottura fornita di un'apertura ad arco, ed un vano inferiore, con una piccola apertura rettangolare

posta a lato, in cui veniva fatto bruciare il fuoco; da qui il calore riscaldava la camera di cottura

soprastante e il fuoco poteva essere mantenuto acceso anche durante il processo di cottura.

61 ETIENNE 1966, p. 158

62 MAYESKE 1972, pp. 23-24

~ 14 ~

In tutti i forni il fuoco veniva alimentato con pezzi di legname, cocula, sterpaglie secche, cremia

oppure con la scorza della pianta del lino.

L'intera operazione legata alla preparazione del forno e alla cottura del pane era un'attività che

richiedeva tempo ed attenzione e non certo priva di rischi.

Come ai giorni nostri, l'attività del panettiere si svolgeva di notte e durava parecchie ore, poiché il

pane doveva essere pronto all'alba;la produzione inoltre doveva essere piuttosto rumorosa, se

Marziale in uno dei suoi epigrammi si lamenta di non riuscire a dormire la notte a causa dei

fornai63

.

L'intera operazione di panificazione trova un preciso e dettagliato riscontro iconografico nel fregio

della tomba del fornaio Marco Virgilio Eurisace64

, datata nella seconda metà del I sec. a.C.65

e

situata nella zona di Porta Maggiore a Roma nel punto in cui l'antica Via Labicana intersecava Via

Prenestina. Il fregio raffigura i momenti essenziali della panificazione: la prima scena si legge a

partire dal lato meridionale del fregio (vedi fig. 5), da destra verso sinistra, e rappresenta il primo

passo dell'attività del panettiere, cioè l'acquisto del grano e la sua consegna al fornaio

“appaltatore” da parte dei funzionari di stato66

; successivamente è raffigurata la fase della

molitura, con due macine trainate da equidi mentre uno dei due garzoni raccoglie la farina

depositata nel basamento67

. La fase successiva è la setacciatura della farina, per eliminarne le

impurità, compiuta da due schiavi disposti l'uno di fronte all'altro con due grossi setacci. Nel lato

settentrionale del fregio (vedi fig. 6), sempre da destra a sinistra, sono rappresentate le operazioni

conclusive della panificazione68

; la lavorazione della pasta nell'impastatrice, di dimensioni

notevoli e azionata da un cavallo, la fabbricazione dei pani, per opera di otto garzoni che lavorano

su due lunghe tavole, e infine la cottura in un forno dalla semplice struttura a cupola, nella cui

apertura il furnacator sta infornando il pane con una lunghissima pala.

L'ultima parte del fregio, ovvero il lato settentrionale (vedi fig. 7), il più corto, si legge questa

volta da sinistra a destra e raffigura le operazioni successive alla cottura dei pani, durante le quali

i prodotti vengono pesati su delle grandi bilance e riposti in delle ceste e in canestri portati in

spalla dai garzoni, pronti per essere consegnati e smerciati nei punti di vendita69

.

63 MART. 12.57.4 “ Negant uitam ludi magistri mane,nocte pistores, aerariorum marculi die toto.”

64 MAYESKE 1972, p.14

65 EAA, VI, p. 882

66 CIANCIO ROSSETTO 1973, p.45

67 CIANCIO ROSSETTO 1973, p.42

68 CIANCIO ROSSETTO 1973, p.43

69 CIANCIO ROSSETTO 1973, p.44

~ 15 ~

4. CATALOGO

4.1 Premessa

Il seguente catalogo è composto di trentadue schede, ciascuna scheda riguardante un pistrinum o

pistrinum dulciarium di Pompei. Le schede sono ordinate in base all'indirizzo dell'impianto,

partendo dalla Regio I fino alla Regio IX. Ogni scheda contiene una piccola pianta dell'edificio in

esame del quale viene indicata la funzione d'uso (pistrinum/pistrinum dulciarium, etc) e descritte

le principali strutture e caratteristiche, quali macine, forno, etc. Di seguito viene definita la

tipologia di vendita dello stabilimento, se al dettaglio o all'ingrosso e infine, ove sono state

reperite informazioni in proposito, viene attribuita una datazione all'impianto.

~ 16 ~

I,3,1

Pistrinum dulciarium

Impianto produttivo con forno.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato nell'angolo meridionale dell'insula con asse NE-SO, è composto da un primo

ambiente quadrangolare (a), accessibile dall'ingresso lungo Via Stabiana, di cui è ipotizzabile un

utilizzo come bottega per la vendita dei prodotti finiti. Un secondo vano, (b), posto lungo la parete

meridionale dell'edificio,doveva servire come deposito o magazzino. L'ambiente (a) era connesso a

N con la zona cottura (d), fornita di un forno di medie dimensioni con bocca in pietra lavica;

basamenti in muratura, probabilmente sostenenti tavoli da lavoro, sono ancora visibili in

corrispondenza dell'apertura del forno e su entrambe le pareti dell'ambiente prospiciente ad esso. Il

locale (c), situato alla destra del forno,doveva servire come laboratorio per la produzione degli

impasti. L'intero impianto era fornito un di un piano superiore, accessibile da una scalinata lignea

posta a sinistra dell'ingresso, e utilizzato come abitazione.

Analogie/Confronti

L'impianto presenta analogie con altri pistrina di piccole dimensioni, in particolare quelli in

VI,6,4.5 e VII,12,1.2.36, in cui si riscontra l'assenza di macine e la sola presenza del forno per la

cottura.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum dulciarium con bottega per la vendita al dettaglio.

~ 17 ~

Osservazioni

La definizione dell'impianto come pistrinum dulciarium viene data da La Torre e da Eschebach, ma

non da Mayeske che non ne specifica la destinazione d'uso.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p. 25 e p. 495

MAYESKE 1972, pp. 82-83

LA TORRE 1988, p. 97

Pompei Informatica, p. 105

PPM, I, pianta.

~ 18 ~

I,3,27

Pistrinum

Panificio completo di forno e macine. Privo di bottega.

Impianto e Strutture

L'impianto è situato lungo il vicolo orientale dell'insula, con orientamento NE-SO, è costituito da

un ambiente principale, di forma rettangolare allungata, che si sviluppa dall'ingresso verso O e tre

ambienti ad esso perpendicolari sul lato S dell'edificio.

A destra dell'ingresso, un piccolo vano usato come magazzino (a) presenta una tompagnatura nella

parete prospiciente al vicolo, forse un'originaria apertura che permetteva l'accesso diretto alla

stanza; Le quattro macine in pietra lavica, di cui sono visibili le basi in muratura e i pochi resti di

metae e catilli, erano collocate lungo il muro N dell'ambiente (b), accessibile dall'androne (1)

d'ingresso. Nella parte S dell'edificio, in corrispondenza con una vasca in muratura per la raccolta

dell'acqua, si apriva il laboratorio (d) dove, come attestano i resti di una macchina impastatrice qui

ritrovata, avveniva la preparazione e la lievitazione dell'impasto su tavoli di legno. Ad O era il forno

in laterizi, con bocca in pietra lavica e camera di cottura fornita di vano anteriore per il fumo. A

sinistra, il piccolo locale (e), affiancato dalla latrina, era utilizzato come magazzino o come

laboratorio secondario.

All'estremità occidentale dell'impianto, l' ambiente (h), con tanto di abbeveratoio in pietra,doveva

costituire lo stabulum per il ricovero delle bestie che azionavano le macine; a S di esso, un piccolo

vano (g) era usato come dispensa o magazzino.

Non è presente la bottega per la vendita al dettaglio.

Datazione: ?

~ 19 ~

Tipologia

Pistrinum destinato alla vendita all'ingrosso o tramite venditori ambulanti.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p. 25 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAYESKE 1972, pp. 83-84

Pompei Informatica, p. 106

PPM ,I, pianta.

~ 20 ~

I,4,12-17 e I,4,13-14

Complesso di Pistrina con botteghe e taberna di D.Junius Proculus.

Panificio, pasticceria e botteghe con forni e macine.

Impianto e Strutture

Il grande impianto, situato all'angolo occidentale dell'insula, si affaccia a N su Via dell'Abbondanza

e ad O su Via Stabiana. Costituito da due pistrina, quattro botteghe e una taberna, la proprietà

dell'intero complesso viene attribuita a D. Junius Proculus. Su Via Stabiana si affacciano la bottega

al civico 12, il piccolo pistrinum dulciarium al n.13 con ampio ingresso, fornito di forno ma privo

di macine, la bottega al n.14 e il primo dei due ingressi della taberna al n.15. Lungo Via

dell'Abbondanza è invece disposto il secondo ingresso alla taberna n.16 e quello della bottega al

n.17.

Elemento principale che conferma l'appartenenza di questi ambienti ad un singolo complesso sono i

numerosi vani d'accesso che collegano tra loro tutti gli spazi dell'impianto. Il pistrinum vero e

proprio è collocato nella parte interna del complesso, a cui si accedeva principalmente tramite la

bottega (a) al n.12. Nell'ambiente principale (b), di grandi dimensioni, era situata l'area dedicata alla

molitura, con le cinque macine circondate da una pavimentazione in lastre di basalto e la zona di

cottura, con il forno (c) disposto lungo la parete meridionale dell'edificio. A SO del forno un

ambiente di modeste dimensioni (d), fornito di una vasca per il lavaggio del grano, doveva servire

come laboratorio per la produzione dei pani, funzione analoga a quella attribuibile al vano (e) posto

a destra del forno.

La funzione di stalla per gli animali che azionavano le macine è attribuibile al locale (f), nei pressi

del quale, all'angolo NE di (b), sono visibili i resti di una scalinata d'accesso al piano superiore,

dove erano presumibilmente collocati gli ambienti abitativi.

~ 21 ~

Il vano (h), connesso al panificio e aperto a N verso la bottega al n.17, dove furono rinvenuti due

catilli, doveva servire come piccolo disimpegno o deposito per la bottega.

Il pistrinum dulciarium al civico n.13, era fornito soltanto di un piccolo forno posto nell'ambiente

(a) e di un laboratorio (b) situato alla sua sinistra; la bottega al n.14 era utilizzata invece per la

vendita al dettaglio.

I due pistrina erano inoltre serviti anche dalla bottega al n.17, verso la quale si aprivano.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum e pistrinum dulciarium con botteghe per la vendita al dettaglio.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p. 29 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAYESKE 1972, pp. 84-86

Pompei Informatica, pp. 106-108

PPM, I, pianta.

~ 22 ~

I,12,1-2

Pistrinum di Sotericus

Abitazione con annesso impianto produttivo privo di bottega (?). Provvisto di forno e macine.

Impianto e Strutture

L'installazione del complesso,situato all'angolo NO dell'insula, risale probabilmente al periodo

successivo al terremoto del 62 d.C. con il restauro e il riadattamento di due vecchie abitazioni di

forma rettangolare allungata delle quali rimane ben visibile la planimetria nella suddivisione interna

degli ambienti del pistrinum.

L'impianto di questa zona dell'insula è di origine sannitica, dato confermato dal muro della facciata

secondaria che conserva perfettamente l'opus africanum originario, con catene verticali di calcare e

pietre laviche disposte secondo lo schema dell'opus incertum. Gli unici due ingressi accessibili nel

79 d.C. Si aprono entrambi su Via dell'Abbondanza, su di un marciapiede in cocciopesto e

conducono ad un vano d'accesso fornito di panche per i clienti. Sia la zona di abitazione che il

quartiere di laboratorio erano forniti di un piano superiore, come testimoniano il grande maenianum

in opus craticium sporgente ad E sulla strada al livello della facciata principale e una particolare

finestra quadrifora che si apre in corrispondenza alla zona di abitazione. In quasi tutti gli ambienti

sono presenti tracce di restauri , dove la struttura in opus incertum di calcare e pietra lavica mostra

integrazioni con laterizio di reimpiego. In corrispondenza dell'ambiente ove sono situate le macine,

sul fronte strada due vani d'accesso risultano tompagnati così come altri due grandi vani sulla

facciata secondaria all'altezza del triclinio e del viridarium.

La zona d'abitazione è costituita di un atrio (3), un triclinio (6) con ancora presente l'incasso per il

letto, due cubicula (4) e (8), e una grande area giardino (7) dove si sono conservate due colonne in

~ 23 ~

laterizio, rivestite di stucco con registro inferiore rosso e superiore bianco, con capitelli dorici in

pietra lavica tenera rivestiti da stucchi bianchi di buon fattura, elementi che fanno pensare ad una

certa cura dei particolari, benché in una casa modesta. In un angolo del viridarium è presente una

bocca di pozzo in pietra lavica.

Nel pistrinum, l'area dedicata alla molitura occupa l'intera lunghezza della casa ed è collegata al

quartiere di abitazione; l'ambiente destinato alle macine (17), collocato a N e prospiciente Via

dell'Abbondanza, presenta nella parte limitrofa al marciapiede una pavimentazione a grandi basoli

irregolari in pietra lavica per sostenere il continuo attrito della rotazione delle macine probabilmente

azionate da animali da soma quali asini o buoi. Una delle macine presenta ancora la guaina in

lamina di bronzo, destinata a raccogliere il grano macinato.

L'area adibita alla cottura (9), separata dalla zona mulino, presenta un forno di grandi dimensioni

con bocca in pietra lavica e la grata di chiusura in ferro, comunicante direttamente con la zona del

panificium vero e proprio (12), destinato alla produzione dell'impasto e alla sua lievitazione, dove si

conservano ,sulle pareti, tracce di mensole e scaffalature per riporre i vari prodotti necessari. La

costruzione,in questo ambiente, di un muro di fondo ad andamento semicircolare ritaglia un piccolo

spazio di uso incerto; altre aree (10),(11),(13) della zona panificio possono essere state usate come

magazzini, dormitori o stalle per gli eventuali animali.

Vista l'assenza di una zona bottega e la grandezza dell'area laboratorio che occupa circa la metà

della superficie dell'edificio sono da escludere una vendita al dettaglio e una produzione di solo

ambito domestico, mentre appare plausibile, anche se non certo, classificare questo pistrinum come

specializzato nella vendita all'ingrosso.

Per quanto è testimoniato, la casa presenta una decorazione pittorica appartenente al IV stile

pompeiano. Tracce esigue attestano la presenza di un semplice larario dipinto, di cui rimane la

figura di un serpente.

Datazione

In base alle tecniche edilizie l'impianto viene datato originariamente all'età sannitica (IV-III a.C.),

con restauri e rimaneggiamenti dopo il terremoto del 62 d.C., a seguito del quale l'abitazione viene

riadattata per ospitare al suo interno le strutture del pistrinum.

Tipologia

Pistrinum per la vendita all'ingrosso o tramite venditori ambulanti (?).

La Torre indica la presenza di un punto di vendita al dettaglio, che però non trova riscontro nel resto

della bibliografia.

~ 24 ~

Osservazioni

Fino a metà degli anni '50 la numerazione di questo edificio rimase un problema pressoché irrisolto;

Della Corte indicava l'edificio come III,2,2 mentre per il Maiuri l'indirizzo corretto era II,2,3.

Successivamente si ritornò definitivamente alla numerazione di scavo, I,12,1-2 , condivisa anche da

Mayeske, Eschebach e La Torre.

Bibliografia

DELLA CORTE 1965, p. 348

ESCHEBACH 1993, p.62 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAIURI 1953, p. 83

MAYESKE 1972, pp. 86-88

Pompei Informatica, p.111

PPM, II, pp. 684-685 e pianta.

~ 25 ~

V,1,14-16

Pistrinum dulciarium

laboratorio di pasticceria con botteghe, fornito di due forni per la cottura ma privo di macine.

Impianto e Strutture

L'edificio, prospiciente a Via del Vesuvio e inserito nel lotto più settentrionale dell'insula V 1, fu

edificato tra il III e il II sec. a.C. come testimoniano le murature in opera a telaio di calcare del

Sarno e residui di decorazione di I stile. Da semplice abitazione, venne trasformato in laboratorio di

pistor dulciarius nell'ultima fase di vita di Pompei (probabilmente a seguito del terremoto del 62

d.C. analogamente a ciò che avvenne per altri edifici) e comprendeva anche i due ambienti (i) e (h)

ai civici 14 e 16, posti ai lati delle fauces di ingresso, usati con funzione di botteghe come

testimoniano le profonde scanalature su entrambi i gradoni d'accesso dove si innestavano le tavole

delle saracinesche di chiusura. Sebbene si conservi sostanzialmente intatto l'aspetto di abitazione,

furono apportate alcune modifiche dovute alla nuova destinazione d'uso, soprattutto nella parte

posteriore dell'edificio, dove nell'originario viridarium, furono impiantati due forni.

Attraverso il piccolo corridoio di ingresso (a) si accedeva all'atrio (b) dove l'impluvium con bordo di

tufo modanato databile al II sec a.C. e il pavimento in lavapesta con crocette di tessere bianche e

nere testimoniano la più antica fase costruttiva dell'edificio. Addossata al muro meridionale

dell'atrio, una vasca rialzata per la raccolta dell'acqua o forse per il lavaggio del grano. Gli ambienti

(c) e (d), posti sul lato settentrionale dell'edificio, mantennero probabilmente le precedenti funzioni

di soggiorno. In essi sono presenti tracce di decorazione di IV stile pompeiano: (c) presenta un

fondo bianco con vignette di amorini e nella parte più alta della parete conservava un piano

sporgente di stucco, residuo della più antica decorazione di I stile; l'ala (d) era a fondo nero con

quadretti di animali nei pannelli centrali e medaglioni con busti di giovanetti e vignette con figure

~ 26 ~

volanti in quelli laterali, pitture di cui tuttavia non rimane traccia. Proprio nell'ala furono ritrovate

numerose forme da pasticceria e utensili per la lavorazione delle paste, elementi che unitamente alla

presenza dei due forni attesterebbero la destinazione di laboratorio di pistor dulciarius per l'edificio.

Su di entrambi i lati del tablino (e), dove una tavola poggiava su due sostegni in muratura,adiacenti

i forni, erano situati altri due cubicoli, (g) a N con pareti decorate in IV stile poi ridipinte in

semplice “bianco con strisce rosse” e (f) a S ricoperto di intonaco grezzo. Dell'antico peristilio il

braccio O venne occupato dai due forni, mentre rimane il braccio S sul quale si apriva un ambiente

di servizio (i) con latrina e primi gradini di una scala probabilmente conducente ad un piano

superiore.

Del viridarium rimase solo una piccola parte (h) all'angolo NE dell'edificio, circondata da un pluteo

continuo, con canaletta di raccolta dell'acqua piovana che si triplica inspiegabilmente sul lato S.

La presenza di due forni di modeste dimensioni indica un livello di produzione piuttosto elevato;

l'assenza di macine presuppone l'utilizzo di farina acquistata da altri produttori.

Datazione

Le murature in opera a telaio di calcare del Sarno e residui di decorazione in I stile datano

l'impianto originario al III-II a.C. ,con successivi rimaneggiamenti e modifiche nella destinazione

d'uso probabilmente posteriori al terremoto del 62 d.C.

Tipologia

Pistrinum dulciarium; in origine fornito di botteghe aperte sulla strada, poi chiuse. Nell'ultimo

periodo di vita, forse destinato alla vendita all'ingrosso.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p. 125 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAYESKE 1972, pp. 88-89

Pompei Informatica, p.122

PPM ,III, pp. 536-537 e pianta.

~ 27 ~

V,3,8

Pistrinum

Impianto produttivo ricavato da precedente casa ad atrio, comprende un forno e tre grandi macine.

Privo di bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio è situato all'angolo SE dell'insula, prospiciente a Via di Nola e presenta un

raddoppiamento della facciata contigua al civico n.7 con la costruzione di un secondo muro privo

di rivestimento, a piccoli blocchi di calcare disposti in filari regolari e delimitati da grandi lastroni

dello stesso materiale che ha chiuso l'alta finestra sulla strada della parete in opus incertum già

esistente. L'impianto originario, risalente all'età sannitica, conservava resti di decorazione di I stile

nell'atrio tuscanico (11), nel tablino (10) e nel più settentrionale (5) dei tre piccoli cubicoli coperti a

finta volta e sormontati da un secondo piano, che prendevano luce tramite alte finestre strombate,

successivamente modificate nei due cubicoli più a S, (3) e (4).

In un momento successivo, probabilmente a seguito del terremoto del 62 d.C., vista l'analogia con

altre simili trasformazioni d'uso, l'abitazione è stata convertita in pistrinum con l'installazione di un

forno e di tre macine nell'ambiente.

Il forno con facciata ad acro, collocato nell'angolo SE dell'atrio, di fronte al cubiculum (3), presenta

in aggiunta alla camera di cottura anche un a vano per il fumo, che migliorava la cottura delle

pagnotte e il mantenimento del calore.

Nell'atrio vennero installate tre grandi macine in lava, poggianti su pavimento in lastre di basalto,

delle quali si conservano tuttora gli zoccoli in muratura e parte di meta e catillus della macina

situata a NE. Con la trasformazione in panificio anche l'impluvium viene modificato e riadattato in

vasca a due scomparti probabilmente con funzione di acquaio per il lavaggio del grano. L'ampio

ambiente (2) adiacente al forno era invece usato come magazzino o stalla per le bestie necessarie ad

attivare le macine.

~ 28 ~

Altri ambienti (14) e (6) nella parte settentrionale dell'atrio costituivano magazzini o zone di

servizio; le ampie aree scoperte (7) e (9) nella parte posteriore dell'edificio derivano certamente

dalla planimetria precedente alla trasformazione subita nell'ultima fase edilizia, quando la

ripartizione degli spazi doveva essere ben diversa e connessa ai civici n.7-10 con diverso

proprietario (vedi il vano tompagnato sulla parete N dell'ampia area scoperta che conduceva al

civico n.9).

Datazione

Da resti di decorazione in I stile si data l'impianto originario in età sannitica, II a.C., quando era in

uso come abitazione;secondo lo scavatore, per analogie con altre simili trasformazioni, venne

convertito in pistrinum dopo il 62 d.C.

Tipologia

Pistrinum privo di bottega, destinato alla vendita all'ingrosso o tramite venditori ambulanti.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.138 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAYESKE 1972, pp. 89-90

Pompei Informatica, p.124

PPM, III, pp. 915-916 e pianta.

~ 29 ~

V,4,1-2

Casa con pistrinum e bottega

abitazione con annesso impianto produttivo costituito di un forno e tre macine e piccola zona

bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'angolo SO dell'insula, si affaccia con gli ingressi su Via di Nola. Di pianta

rettangolare allungata, l'edificio potrebbe essere nato come semplice abitazione, nella quale solo

successivamente venne impiantato un laboratorio di panetteria.

Entrando nel complesso, ai lati delle fauces (A) sono disposti sei ambienti, tre per ogni lato,

probabilmente con funzioni di stabula o magazzini, fatta eccezione per il primo ambiente (N) ad E

dell'entrata, il quale, provvisto di un proprio accesso al civico n.2, si affaccia direttamente su Via di

Nola ed era probabilmente usato come bottega.

Ad E dell'atrio (I), privo di impluvium, una stanza tricliniare (H) conserva ancora gli incassi per il

letto sulla parete S.

Il laboratorio vero e proprio (K) è situato nel retro dell'abitazione, in quello che doveva essere

precedentemente il viridarium, e presenta un forno, collocato nell'angolo NO dell'ambiente, e tre

macine disposte parallele lungo la parete opposta e circondate da un pavimento in lastre di basalto.

A N, un grande vano con due accessi (P), fornito di un'apertura che lo collegava direttamente alla

camera di cottura del forno era utilizzato per la preparazione e la lievitazione dell'impasto. Sostegni

per tavoli da lavoro sono presenti nella parete a S del forno.

In corrispondenza di quello che un tempo era il tablino (M), un piccolo vano con gradini in

muratura conduceva ad un piano superiore.

Datazione: ?

~ 30 ~

Tipologia

Pistrinum e abitazione con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Durante i primi scavi dell'edificio alla fine dell'800 vennero alla luce numerosi oggetti, tra cui

lucerne decorate, una figurina raffigurante un Sileno nudo e barbuto, piedistalli di lucerne, vasi,

piatti, casseruole, amuleti osceni, monete, cinque anfore e una briglia per gli asini che azionavano le

macine. Presso le fauces d'ingresso venne ritrovata inoltre una statuetta in terracotta raffigurante una

Minerva armata.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p. 140 e p. 495

LA TORRE 1988, p. 97

MAYESKE 1972, pp. 91-93

Pompei Informatica, p.124

PPM, III, p.1047 e pianta.

VI,2,6

~ 31 ~

Pistrinum di A.Cossius Libanus

Piccolo impianto produttivo fornito di forno e tre macine. Privo di bottega.

Impianto e strutture

Originariamente parte del complesso definito “Casa di Sallustio”o “Casa di A.Cossius Libanus” (in

uso come hospitium nell'ultima parte di vita della città),all'estremità meridionale dell'insula, il

pistrinum venne impiantato tra la fine del I sec. a.C. E gli inizi del I sec. d.C. in coincidenza con

una trasformazione d'uso del complesso, in cui la parte occidentale del braccio N del giardino che

circondava la casa e le due botteghe più settentrionali, sul fronte strada, furono trasformate in

panificio con macine e forno.

L'ingresso del laboratorio, che si affaccia su Via Consolare, all'incrocio con il Vicolo di Narciso,

introduce direttamente alla zona mulino (6), con le tre macine in pietra lavica ben conservate, e al

forno (7) con camera di cottura e vano per il fumo e un'apertura sul lato S che trasmette il calore al

piccolo ambiente dove avveniva la preparazione e la lievitazione dell'impasto.

A SE dell'ingresso al pistrinum, un vano (9) di modeste dimensioni con i resti di una vasca (?) in

pietra era forse utilizzata come stalla.

A S del forno, una scala conduceva ad un piano superiore.

Datazione

Impianto originario realizzato nel II a.C, come testimonia la struttura molto regolare inserita entro

compatti muri perimetrali, successivamente modificato e in parte trasformato in pistrinum,

probabilmente tra fine I a.C. e I d.C.

~ 32 ~

Tipologia

Pistrinum per la vendita all'ingrosso o tramite venditori ambulanti.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.157

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp. 93-95

Pompei Informatica, p.128

PPM, IV, pp. 87-88 e pianta.

VI,3,1-4.27-28

~ 33 ~

“Casa del Forno”

Abitazione convertita in pistrinum/ pistrinum dulciarium; Impianto produttivo completo di

forno,macine e botteghe (?).

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'estremità settentrionale dell'insula, si affaccia ad O su Via Consolare e ad E sul

Vicolo di Modesto. Originariamente abitazione di III-II sec. a.C., nell'ultima parte di vita della città

venne trasformata per meglio servire alle esigenze del panificio impiantato nella sua parte orientale,

al posto dell'originario viridarium. La planimetria originaria fu sostanzialmente conservata, ma

mutarono le funzioni d'uso dei vari ambienti.

Ai civici n.1 e 4 vennero aperte due botteghe (non associabili con certezza all'attività del panificio),

come testimoniano i solchi sul gradone d'accesso in cui si innestavano le saracinesche lignee,

mentre all'ingresso n.2 delle scale (2) conducevano al piano superiore.

Dalle fauces d'ingresso (1) si accedeva al grande atrio tuscanico (8) con impluvium di tufo di

Nocera, agli angoli del quale furono innalzati quattro pilastri in laterizi per sostenere il solarium,

costruito al posto del compluvium, e accessibile tramite la scala aggiunta nell'angolo SO

dell'ambiente. I cubicoli (7), (12), (13) lungo il lato meridionale dell'atrio vennero convertiti in

apoteche o locali di attesa per clienti, come ipotizzato dalla presenza di sostegni per sedili. Funzione

residenziale dovevano avere gli ambienti (10) e (11) lungo il lato settentrionale dell'atrium.

Il tablino (14), allineato con il vestibolo (1) e sopraelevato rispetto all'atrio, venne accorciato e

convertito in una sorta di vestibolo del pistrinum, mentre le fauces adiacenti ad esso vennero

eliminate.

L'area panificio/pasticceria, fornita di doppio ingresso indipendente, ai n. 27-28, venne installata

nella zona del precedente giardino , con il forno (17) provvisto di vano per il fumo, con facciata ad

arco in mattoni e un secondo arco nella parte superiore (probabilmente con funzione puramente

estetica), collocato tra due ambienti lungo la parete meridionale;di seguito erano presenti un oecus

(19) ad O (decorato in III stile e pavimentato a mosaico alla fine del I sec. a.C. quando aveva ancora

~ 34 ~

funzione residenziale) e un locale (18) ad E per la preparazione e la lavorazione dell'impasto e il

deposito del pane cotto.

Le macine furono collocate al centro del viridarium (15), su pavimentazione in pietra lavica e una

vasca in muratura fu addossata alla parete del tablino interna al pistrinum. Una latrina (20) e la

stalla (16) per le bestie che azionavano le macine furono realizzate sul lato N.

I pochissimi resti di decorazione pittorica visibili risalgono all'ultima fase costruttiva della casa e

confermano il carattere commerciale dell'edificio in quanto semplici schemi di pannelli delineati in

rosso su sfondo bianco.

Dopo il terremoto del 62 d.C. vennero eseguiti alcuni interventi di restauro sulle murature, come

indicano gli stipiti in laterizi, la facciata, i pilastri nell'atrio, il forno e le catene di irrobustimento

delle pareti.

Analogie/confronti

Il forno di questo impianto si collega per la forma al forno presente in VI,6,17-21, caratterizzato

dallo stesso tipo di facciata ad arco ripetuto.

Datazione

L'impianto ha origine nel III-II sec a.C. come abitazione, nella quale dopo il 62 d.C. viene installato

uno stabilimento per la produzione di pane/dolci.

Tipologia

Pistrinum/pistrinum dulciarium con botteghe (?) per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

L'impianto viene indicato da La Torre come pistrinum dulciarium,mentre Eschebach attribuisce

all'edificio entrambe le funzioni di panificio e pasticceria; Mayeske utilizza invece la sola

definizione di panificio. E' possibile dunque che lo stabilimento abbia assolto a entrambe le

funzioni, poiché se considerato unicamente come pistrinum dulciarium, risulterebbe un impianto

anomalo, soprattutto vista la presenza delle macine, solitamente assenti nelle pasticcerie.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.162 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAIURI 1942, pp.164-165

MAU 1982, pp.388-392

MAYESKE 1972, pp.95-97

~ 35 ~

Pompei Informatica, pp.128-129

PPM, IV, pp.271-272 e pianta.

VI,5,15

~ 36 ~

Pistrinum dulciarium

Impianto produttivo di pasticceria fornito di due macine, forno e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, con ingresso sulla facciata meridionale dell'insula, in origine doveva far parte di un unico

impianto abitativo con la domus al civico n.14, vista l'anomala disposizione degli ambienti.

Il primo locale (1) a cui si accede dall'ingresso contiene nella sua parte orientale la zona mulino con

due macine su pavimentazione in pietra lavica, di cui oggi rimangono solo i segni circolari tra le

lastre basaltiche; all'angolo NO un piccolo ambiente aperto (8) doveva fungere da bottega di vendita

al dettaglio, disposizione insolita in quanto non si affaccia direttamente sulla strada come avviene in

altri impianti del genere. Adiacente alla bottega, un secondo ambiente (7) di simili dimensioni

doveva servire come camera da letto del panettiere. A NE della zona mulino un lungo corridoio (2)

conduceva alla zona di preparazione e cottura dei prodotti (3), con un forno (9) di medie dimensioni

con bocca e piano d'appoggio esterno in pietra lavica, una macchina impastatrice e un ambiente

fornito di sostegni per tavoli da lavoro (4).

All'estremità settentrionale del corridoio d'accesso alla zona cottura, nel vano (5), sono visibili i

resti di un acquaio e di un piccolo dolio inserito in una base in muratura.

Datazione:?

Tipologia

Pistrinum dulciarium con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

~ 37 ~

Mayeske riferisce che nel 1971 non erano visibili macine nell'edificio, probabilmente a causa del

disastroso stato di conservazione dell'impianto.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.172 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.97-98

Pompei Informatica, p.129

PPM,IV, pianta.

VI,6,4-5

~ 38 ~

Pistrinum dulciarium

Piccolo impianto produttivo fornito di forno. Provvisto di bottega (?).

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'angolo SE dell'insula, e accessibile tramite due ingressi, al civico n.14 lungo

Via delle Terme e al civico n.15 lungo Vicolo della Fullonica, doveva essere in qualche modo

connesso all'abitazione VI,6,6 ad esso adiacente, con la quale forse comunicava tramite un'apertura

sulla parete N, successivamente murata.

Di piccole dimensioni, l'impianto era fornito di un forno (2), oggi non più visibile, situato lungo la

parete orientale dell'edificio,nei pressi dell'ingresso al n.15, con bocca in pietra lavica e camera di

cottura in laterizi.

All'estremità settentrionale, un piccolo ambiente (4) ad O doveva servire come locale di

lavoro,analogamente a (3), o deposito dei prodotti.

É possibile che la vendita dei prodotti avvenisse nell'ambiente (1), in quanto fornito di due ampi

ingressi aperti sulla strada.

Analogie/Confronti

L'impianto presenta caratteristiche comuni al pistrinum dulciarium presente in I,3,1, con il qule

condivide la ristrettezza degli spazi e la sola presenza del forno per la cottura dei dolci come

struttura identificativa della destinazione d'uso dell'edificio.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum dulciarium con bottega per la vendita al dettaglio (?).

~ 39 ~

Osservazioni

In Eschebach la proprietà dell'edificio viene attribuita a P. Cipio, ma nessun altro riferimento a tale

personaggio è presente nel resto della bibliografia.

La Torre e Pompei Informatica descrivono l'edificio come semplice pistrinum, ma viste le sue

ridotte dimensioni e l'assenza di macine è più attendibile la definizione di pistrinum dulciarium data

da Mayeske e da Eschebach.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.174 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, p.98

Pompei Informatica, p.130

PPM, IV, pianta.

VI,6,17-21

~ 40 ~

Pistrinum dei Christiani

Panificio con forno,tre macine e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio,situato all'estremità sudoccidentale dell'insula, è accessibile tramite un ingresso principale

al civico n.17, che introduce in un ambiente a pianta quadrangolare (1) con due vani sul lato E, dei

quali il più meridionale (3) è connesso direttamente alla bottega (4) con ingressi ai n.20 e 21.

Il laboratorio (3), provvisto di una macchina impastatrice, era collocato all'estremità NO

dell'impianto, comunicante con l'ambiente dedicato alla macinazione e fornito di tre molae in pietra

lavica (1) nell'angolo SE; esse erano disposte su pavimentazione in lastre basaltiche, presso le quali,

un acquaio in muratura è addossato alla parete orientale.

Il forno in laterizi (2) con facciata ad arco ripetuto (un'arcata principale che coincide con l'apertura e

un secondo arco superiore con funzione puramente estetica), installato a N della zona mulino,

presentava nella parte superiore della facciata una placca rettangolare in terracotta, con una

rappresentazione fallica in bassorilievo e la frase “hic habitat felicitas” incisa ai margini superiore e

inferiore, ora conservata al Museo Archeologico di Napoli. Questo tipo di iscrizione, spesso

presente negli ingressi delle abitazioni, doveva probabilmente la sua insolita posizione al senso

dell'umorismo del fornaio.

Sostegni per tavoli da lavoro, disposti lungo la parete all'angolo NO del laboratorio, erano usati per

la produzione dell'impasto e la sua lievitazione.

Gli ingressi ai civici n.18 e 19 conducevano a scalinate d'accesso ad un piano superiore.

Analogie/confronti

L'impianto presenta similitudini con il pistrinum VI,3,1-4.27-28, con il quale condivide la

medesima tipologia di forno caratterizzato da una facciata ad arco ripetuto.

~ 41 ~

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

La denominazione di pistrinum dei Christiani deriva da un frammento di bassorilievo raffigurante

una croce, ritrovato sulla parete esterna della bottega.

Nella pianta dell'edificio, ricavata dal PPM, il pistrinum sembrerebbe composto di due unità per

altro non comunicanti, in cui gli ambienti di ciascuna unità sono stati numerati in modo

indipendente; ciò ha comportato la ripetizione dei numeri da 1 a 3 con conseguente confusione nella

comprensione della suddivisione degli spazi. Evidentemente il tutto è dovuto ad un errore nella

creazione della pianta, ancor più esplicito se si osserva come l'unità più settentrionale dell'impianto

risulti priva di qualsiasi accesso, cosa alquanto improbabile.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.176 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.99-102

Pompei Informatica, p.130

PPM, V, pianta

VI,11,8-10

~ 42 ~

Casa del Labirinto

Grande domus a doppio atrio e peristilio con pistrinum domestico.

Impianto e Strutture

La casa occupa quasi 2000 metriquadri della metà meridionale dell'insula VI,11 e figura tra le più

grandi domus preromane della città.

L'edificio fu costruito intorno alla fine del II sec. a.C. o poco dopo, inglobando alcuni stabili

preesistenti; Agli inizi del I sec. a.C. vennero effettuati ampliamenti e riallestimenti che

aumentarono lo sfarzo dell'abitazione, tra cui la costruzione di un piano superiore per le stanze

private nella parte anteriore della casa a O e a S dell'atrio tuscanico (3) e il nuovo peristilio

impostato nella zona del precedente hortus che aveva tuttavia dimensioni più ridotte, ampliato a

spese di almeno due case adiacenti a N, acquistate per l'occasione. Successivi restauri vennero

eseguiti intorno agli anni 70/60 a.C. probabilmente anche a seguito dei numerosi danni subiti

durante l'assedio sillano di Pompei nell'89 a.C. Il terremoto del 62 d.C. provocò notevoli danni nel

settore meridionale della domus, che resero necessari nuovi restauri e furono occasione per ulteriori

modifiche degli ambienti.

Tra le trasformazioni che la casa subì dopo il 62 d.C.,è compresa l'installazione di un panificio

privato ,situato nella parte occidentale della domus. Al pistrinum si accedeva tramite un lungo

corridoio (15) situato a N dell'atrio (3), che conduceva al cortile (16) in cui erano collocate le

quattro grandi macine, tre delle quali conservatesi nelle loro basi in muratura, mentre la quarta è

andata perduta, ma desumibile da una lacuna nella pavimentazione in basalto.

Il grande forno in laterizi (55), del tipo con vano per il fumo, è situato a N, adiacente ad un vano

(19) usato sicuramente come laboratorio, vista la presenza di una macchina impastatrice. Nella parte

S del panificio, una scala (59) conduceva al piano superiore sovrastante il bagno e l'accesso

~ 43 ~

all'ambiente (20) che nel periodo successivo al terremoto venne soppresso a favore di un nuovo

forno.

Datazione

Impianto originario del tardo II sec. a.C. con successive modifiche e restauri nel I sec a.C. e nel I

sec. d.C.. Panificio impiantato solo dopo il terremoto del 62 d.C.

Tipologia

Pistrinum domestico.

Osservazioni

La casa VI,11,8, in origine utilizzata dall'amministratore della Casa del Labirinto, divenne

successivamente l'abitazione del fornaio, un tale Eutychus, il cui signaculum fu ritrovato nel

peristilio vicino alla sua salma.

La Torre considera il pistrinum come appartenente alla Casa di Hermes, connessa alla Casa del

Labirinto.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.199 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.103-104

PESANDO-GUIDOBALDI 2006, pp.189-191

Pompei Informatica, p.134

PPM, V, pp.1-68 e pianta.

VI,14,29-33

~ 44 ~

Pistrinum

Pistrinum fornito di forno e macine connesso alla Casa di Laocoonte e ad una taberna.

Impianto e strutture

Di impianto risalente all'età repubblicana, come attestano l'impluvium in cocciopesto dell'atrio

tuscanico (a) e resti di decorazione in I stile presenti in alcuni ambienti della casa,l'abitazione è per

la maggior parte decorata in tardo III stile di età imperiale e proprio intorno alla metà del I sec. d.C.

subisce le maggiori trasformazioni. Collocato all'angolo NE dell'insula,il complesso subisce una

serie di mutamenti probabilmente a seguito del famoso terremoto del 62 d.C., quando viene a

distinguersi in più nuclei comunicanti tra loro: la Taberna Lusoria Aleariorum con accesso al n.28

affacciata su Via di Stabia, la Casa di Laocoonte con ingresso al n.30, la stalla al n.31 e il panificio

ai n.32-33.

Il pistrinum, affacciato sul vicolo che costeggia il lato N dell'insula,è fornito di tre macine in pietra

lavica disposte in (p) ad E dell'ingresso e circondate dalla consueta pavimentazione in lastre

basaltiche che contraddistingue la zona mulino di tutti i panifici; il forno (r) in opera laterizia, del

tipo con camera per il fumo, è situato a S dell'area dedicata alla molitura e presenta a S, (m), e ad E,

(n), due ambienti probabilmente usati come laboratori. Il piccolissimo vano (s), ad O del forno, per

la ristrettezza degli spazi non rende chiara la sua funzione, analogamente all'ambiente (h), con

ingresso al n.32, di destinazione d'uso incerta, probabilmente una stalla per gli asini che azionavano

le macine.

Tramite il corridoio (o) si poteva passare direttamente dal panificio all'abitazione.

~ 45 ~

Datazione

Impianto originario risalente all'età repubblicana,come risulta dall'impluvio rivestito di cocciopesto

situato al centro dell'atrio tuscanico, e da resti di decorazione in I stile, con successivi mutamenti

nella seconda metà del I sec. d.C. (dopo 62 d.C.), confermati da residui di pitture in III stile.

Tipologia

Pistrinum destinato alla vendita all'ingrosso (?) o tramite venditori ambulanti.

Osservazioni

In Pompei Informatica e in Eschebach la Casa del Laocoonte ed il pistrinum ad essa connesso

vengono indicati come proprietà di Manius Salarius Crocus.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, pp.214-215 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.104-106

Pompei Informatica, pp.136-138

PPM, V, p.341 e pianta.

VI,14,34

~ 46 ~

Casa con pistrinum

Casa ad atrio tuscanico con impianto produttivo provvisto di forno e macine.

Impianto e strutture

L'edificio, situato sul lato N dell'insula, si divide in due aree con due diverse funzioni: La parte

occidentale,corrisponde alla zona residenziale, con atrio tuscanico (2) con impluvium di tufo, due

cubicoli (a) e (b) a entrambi i lati delle fauces (1) e un triclinio (c) all'estremità SO dell'abitazione.

La zona orientale coincide invece con il panificio. Privo di bottega, comprendeva le macine a N

(f),gli ambienti di lavoro (l) ed (i) con macchina impastatrice a S, il forno (h) del tipo con camera

per il fumo, l'annessa latrina (g) e la stalla (k) per le bestie che azionavano le macine, situata ad E

delle molae e accessibile, in origine, anche dalla strada. Di fronte al forno (h), sopra i resti di un

supporto in mattoni era dipinto un larario raffigurante due serpenti in rilievo di stucco su sfondo

rosso.

É possibile che il panificio occupasse ,almeno in parte, una zona in precedenza residenziale,

essendo ancora riconoscibile la posizione originaria dell'ala E, grazie al ritrovamento dei resti di

pavimentazione in cocciopesto con ornato delineato in tessere bianche, simile a quello del tablino

(d). L'intero impianto doveva avere in precedenza dimensioni maggiori e un aspetto più “nobile”,

come risulta da colonne murate ancora visibili nella parete S del tablino e sulla parete O dell'atrio.

Le soglie marmoree nel vestibolo, nei cubicoli e nell'atrio, in corrispondenza dell'entrata al panificio

presentavano decorazioni di età imperiale, probabilmente in fase di rifacimento come risulta

dall'intonaco grezzo che le rivestiva al momento dell'eruzione del 79 d.C.. All'epoca dell'eruzione il

panificio doveva aver smesso la sua funzione o funzionare comunque solo in parte, vista l'assenza

di macine al momento dello scavo.

Analogie/confronti

~ 47 ~

Sebbene in uno spazio più ridotto, la disposizione degli ambienti di questo edificio, soprattutto per

quanto riguarda la collocazione delle strutture per la panificazione, ricorda fortemente il pistrinum

di Sotericus I,12,1.2.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum per la vendita all'ingrosso.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.215 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.106-107

Pompei Informatica, p.138

PPM, V, p.363 e pianta.

VII,1,36-37

~ 48 ~

Pistrinum di Modesto

Casa ad atrio comprendente un panificio con forno, macine e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato nella parte settentrionale dell'insula VII,1 che segna la zona di raccordo tra

l'impianto cittadino primitivo e la zona di espansione di età sannitica, si apriva con entrambi gli

ingressi, quello principale al n.36 e quello della bottega al n.37, su Via degli Augustali, una delle

zone di maggior movimento pedonale.

Dalle fauces d'ingresso, si accedeva all'atrium nel cui centro, al posto del consueto impluvium, fu

installata una vasca ad alti bordi per il lavaggio del grano e la raccolta dell'acqua, resa possibile da

un complesso sistema di adduzione attraverso canalette di piombo e terracotta,una delle quali

proseguiva verso la parte retrostante dell'edificio, terminando in un dolio collocato nella zona delle

macine e del forno.

A destra del vestibolo,fornita di una piccola finestra verso la strada, è situata la stalla per gli animali

che azionavano le macine (d); a sinistra, la bottega (1) con ingresso al n.37, (dove era presente un

larario dipinto raffigurante la dea Vesta, protettrice dei pistores), suddivisa in due ambienti e

comunicante con l'atrio, e in sequenza,verso S, il cubicolo (g) forse destinato agli operai, il triclinio

(h) e il magazzino (i). Dalla parte opposta dell'atrio, un altro cubicolo (e) e la cucina (f) con i

sostegni in muratura per le tavole su cui impastare e preparare il pane. L'ampio ambiente (k)

probabilmente serviva per la preparazione e il deposito dei pani.

Il forno e le macine si trovavano nella parte meridionale della casa, queste ultime in (l), su

pavimentazione in basoli. Il forno (m), tra i meglio conservati di Pompei, di grandi dimensioni, con

apertura ad arco in mattoni e appartenente alla tipologia con vano per il fumo, era situato lungo la

parete orientale dell'edificio, affiancato a S da (l) e a N da una scala posta accanto ad (i) che portava

al piano superiore probabilmente adibito a terrazza per far asciugare il grano.

Le strutture murarie dell'edificio, per la maggior parte in opus incertum, presentano rifacimenti in

opera laterizia e vittata mista di laterizi e tufo, soprattutto nel restauro e consolidamento di cantonali

~ 49 ~

e stipiti, probabilmente necessari dopo i danni del terremoto del 62 d.C.

Sugli stipiti rivolti verso la strada, all'altezza dell'ingresso 36, quattro placche, due per stipite,

presentano decorazioni particolari; due placche con contorno a forma di tempietto, decorate

all'interno con simboli di fertilità (una figura Priapica nella lastra di sinistra e un fallo orizzontale in

quella di destra), e più in basso una lastra quadrangolare, sullo stipite sinistro, decorata con elementi

circolari a spicchi (dei pani?) e sullo stipite destro una placca rettangolare con decorazione a tessere

quadrate oblique policrome.

Datazione

Impianto originario di datazione incerta, con restauri dopo 62 d.C.

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Al momento dello scavo, alcune macine erano costituite dalle sole metae, forse perché in procinto

di essere completate da nuovi catilli, o per essere utilizzate solo in caso di necessità.

La notte prima della catastrofe del 79 d.C., l'ultima infornata era stata di 81 pagnotte, carbonizzate

poi dal calore dei gas espulsi dal Vesuvio, e ritrovate intatte all'interno del forno ancora chiuso dallo

sportello di ferro.

Mayeske ricorda come nei pressi dell'entrata all'edificio comparisse un'iscrizione elettorale a favore

di un certo MODESTUM, identificato come Lucius Modestus e proprietario dell'impianto;

Eschebach conferma l'attribuzione del pistrinum a Modesto ma aggiunge anche il nome di Q.

Granius Verus.

Bibliografia

CIPROTTI 1962, p.115

ESCHEBACH 1993, p.249 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAIURI 1942, pp.167-168

MAIURI 1983, pp.26-29, in cui viene immaginata l'ultima notte di lavoro del panettiere Modesto.

MAYESKE 1972, pp.107-110

Pompei Informatica, p.144

PPM, VI, pp.365-366 e pianta.

VII, 1,46-47

~ 50 ~

Casa di Sirico

Domus con atrium tuscanico e peristilio fornita di cucina con panificium privato (forno e macine).

Impianto e Strutture

La casa, conosciuta precedentemente anche come Casa dei Principi di Russia prende il nome da un

sigillo rinvenuto nel tablino (6) con inciso il nome SIRICI. Un'iscrizione elettorale che raccomanda

un P. Vedius trovata nelle vicinanze della casa e l'esistenza di un P. Vedius Siricus candidato alla

carica di duoviro quinquennale hanno fatto attribuire alla domus il nome del personaggio.

Il complesso è formato da due nuclei distinti,l'uno aperto su Via di Stabia al n.25 e l'altro,

probabilmente il principale, su Vico del Lupanare al n.47.

Un secondo ingresso, al n.46, dava accesso,tramite un vano (16) d'uso non ben definito e uno stretto

corridoio (15) ad un'ampia zona di servizio contenente una cucina (12) di notevoli dimensioni

fornita inoltre di un piccolo panificio (14), con forno e macine, impiantate su pavimentazioni in

basoli tipica delle aree mulino dei panifici. Il locale (13) adiacente al forno doveva servire per la

lievitazione degli impasti e la preparazione dei pani, forse in ambiente termicamente controllato

tramite un'apertura nella parete della camera di cottura del forno, come attestato in altri panifici.

Questa disposizione degli ambienti doveva tuttavia differire dall'impianto originario, che subì una

serie di modifiche, come un 'ampliamento dell'esedra (10) che andò ad occupare un'area

precedentemente parte della cucina (12) sulla quale era installata una macina.

Altra modifica all'impianto originario dell'edificio è l'unificazione dei due nuclei abitativi che

comunicano tramite uno stretto passaggio aperto sui peristili (19) e (31), uniti in un unico

complesso in momento sconosciuto, ma probabilmente non prima dell'età tardo-repubblicana.

Datazione

~ 51 ~

Impianto originario di IV sec a.C., modificato dalla costruzione delle Terme Stabiane, con vari e

successivi interventi in età tardo-repubblicana e imperiale.

Tipologia

Pistrinum domestico.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.246

Pompei Informatica, p.144

PPM, VI, pp.228-229 e pianta.

VII,2,3

~ 52 ~

Pistrinum di Terentius Neo

Casa ad atrio con impianto produttivo di panetteria. Incerta la presenza di un punto di vendita.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'angolo SE dell'insula, è parte di un complesso costituito dal primitivo nucleo

del panificio, accessibile dal civico 3, cui fu aggiunta ,nell'ultimo periodo di vita della città, la

vicina abitazione del civico 6 resa intercomunicante tramite l'abbattimento di un muro che in

origine divideva il corridoio (m) in due ambienti.

L'ingresso al panificio avveniva tramite delle ampie fauces (a) che conducevano all'atrio (d) fornito

di un piccolo cavedio, formato da pilastri angolari e due colonne per lato, in mattoni, inglobati in

muretti, e affiancato nell'angolo SE da una vasca in muratura per la raccolta dell'acqua piovana.

Resti di scalini, addossati alla parete E, dovevano condurre ad un piano superiore di cui non è

rimasta però alcuna traccia.

Gli ambienti a S e N del cavedio, (f), (g), (h), (k), (l),con funzione abitativa, erano forse destinati

agli schiavi, anche se con un diverso uso precedente, vista la presenza di soglie marmoree.

Il vano (e) venne classificato come cucina, data la presenza di un basso tramezzo che divideva la

stanza dalla latrina sul quale era stato graffito più volte e con errori “ Secundus hic cacat”.

Il ritrovamento di ossa animali al momento della scavo nel vano (i), così come l'assenza di

pavimentazione e segni di incasso sulle pareti di una mangiatoia lignea, attestano l'uso dell'ambiente

come stalla per gli animali che azionavano le macine.

Gli ambienti (n), (o), e (p), gli ultimi due derivati da un ampliamento verso O a discapito

dell'abitazione 51, costituivano la zona del panificio vero e proprio; in (o) erano collocate le 5

macine in pietra lavica, una delle quali aveva la base ricoperta da una lamina di piombo, forse per

facilitare la raccolta del grano macinato, e acquai in muratura su pavimentazione in basoli. Nel

locale del forno,del tipo con vano per il fumo e apertura ad arco, un'immagine dipinta di Vesta

seduta, oramai del tutto scomparsa, aveva funzione protettiva per l'intero edificio.

In (n) muretti di sostegno per tavoli, recipienti per l'acqua, un dolio interrato per metà, un'anfora

~ 53 ~

murata in un poggiolo, incassi per le mensole su cui venivano appoggiati i pani e il varco di

comunicazione diretta con il forno confermano la destinazione d'uso dell'ambiente come laboratorio

per la preparazione del pane.

L'ampio ambiente (p) era invece usato come magazzino per la conservazione delle scorte.

Particolare interessante, nell'ambiente ad O, adiacente al forno, era presente un' ulteriore forno in

laterizi, appartenente alla domus del civico 51 utilizzata probabilmente per la produzione domestica

del pane.

Pochi resti di decorazione pittorica rimangono sulle colonne del peristilio; nell'ultimo periodo le

pareti furono rivestite in semplice intonaco o cocciopesto.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum per la vendita all'ingrosso (?)

Osservazioni

La primitiva identificazione dell'edificio, attribuiva al proprietario il nome di Proculus (sostenitore

di Frontone) del quale si era letto il nome nell'iscrizione elettorale “Procule Frontoni tuo officium

commoda” a sinistra dell'ingresso del panificio, tuttavia PPM tende a preferire T.Terentius Neo il cui

nome compare nell'atrio dell'abitazione contigua,dove si è ben conservato un ritratto del panettiere e

della moglie, ora al Museo Archeologica di Napoli.

E' stata effettuata l'ipotesi che i due fossero fratelli, costruita sull'induzione che l'iscrizione

“Studiosus et Pistor” letta nella vicina casa di M. Lucretius in IX,3,5, si riferisca ad essi,

indicandone la condizione sociale invece dei nomi.

Pompei Informatica attribuisce la proprietà a M. Terentius Proculus, mentre in Eschebach viene

dato come padrone T. Terentius Proculus.

Data l'assenza di botteghe per la vendita al dettaglio, è stata avanzata in PPM l'ipotesi che essa si

svolgesse nel panificio IX,3,10-12 appartenente ad un Proculus.

La Torre, Mayeske ed Eschebach confermano invece la presenza di punti di vendita, situati in

VII,2,1.2.4.5.7, ma non danno per certa una correlazione tra questi ed il pistrinum.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.254 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAIURI 1942, pp.168-170

~ 54 ~

MAYESKE 1972, pp.110-113

Pompei Informatica, p.144

PPM, VI, pp.468-469 e pianta.

VII,2,22

~ 55 ~

Pistrinum/pistrinum dulciarium (?) di Popidio Prisco

impianto produttivo con forno e macine connesso ad abitazione con atrio e peristilio.

Impianto e Strutture

Il panificio o pasticceria (?), collocato all'angolo NO dell'insula, era accessibile dall'ingresso al

civico n.22, lungo Vicolo Storto e, attraverso una porta all'estremità orientale dell'edificio, era

connesso con l'abitazione al n.20 su Vicolo del Panettiere,denominata Casa di N. Popidius Priscus.

Entrando nell'edificio,sono visibili le quattro grandi macine in pietra lavica poste nel cortile

lastricato in basoli e il forno (a) adiacente al deposito (d), comunicante con il laboratorio

(e),provvisto di una macchina impastatrice e utilizzato per la preparazione del pane. Il forno,

caratterizzato nella facciata da un grande arco in mattoni che raggiunge il pavimento, era fornito di

un ampio spazio di lavoro lungo l'apertura della camera di cottura e di un passaggio connesso al

deposito (d) utile per spostare i pani direttamente dal forno al magazzino.

Nel piccolo atrio ad E si trovava la vasca per il lavaggio delle granaglie e sotto il portico orientale la

scala conducente ad una terrazza sulla quale venivano fate asciugare le stesse. In questo ambiente

erano inoltre situate la latrina (f) e la porta verso la casa di Popidio Prisco. Non è definito l'uso al

quale era adibita la cella (b).

L'impianto era privo di una bottega per la vendita al dettaglio e lo smercio doveva avvenire

all'ingrosso o grazie ad una schiera di venditori ambulanti.

L'edificio subì varie trasformazioni dall'impianto originario, soprattutto per quanto riguarda le

aperture verso il Vicolo del Panettiere, poi parzialmente chiuse per ottenere delle ampie finestre nei

laboratori e nella cella (b), inizialmente fornita di apertura lungo il Vicolo Storto.

Le pareti dell'edificio presentavano semplici rivestimenti in intonaco rustico o cocciopesto.

Datazione: ?

~ 56 ~

Tipologia

Pistrinum/ pistrinum dulciarium (?) per la vendita all'ingrosso o tramite venditori ambulanti.

Osservazioni

Eschebach attribuisce l'edificio a M. Fabius Lalus, definendolo inoltre come pistrinum dulciarium;

gli stessi dati sono presenti anche in Pompei Informatica, dove tuttavia viene ricordata anche

l'attribuzione a N. Popidius Priscus. Diversamente, PPM, Mayeske e Cantarella considerano

l'impianto uno stabilimento per la panificazione, senza riferimenti alla produzione di dolci.

In base alle dimensioni del forno e alla presenza delle macine è tuttavia molto più plausibile che

uno stabilimento con queste caratteristiche fosse destinato alla panificazione e non alla produzione

di dolci, ma è comunque doveroso riportare entrambe le ipotesi.

Bibliografia

CANTARELLA-JACOBELLI 2003, p.104

COARELLI 2002, pp.138-140

ESCHEBACH 1993, p.259 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp. 114-115

Pompei Informatica, p.145

PPM, VI, p.659 e pianta.

VII,12,1-2.37

~ 57 ~

Pistrinum di Donatus

Impianto produttivo con forno e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'angolo NO dell'insula, definita “Insula dei pistores”, è provvisto di due

accessi, al n.1 su Via degli Augustali e al n.37 su Vicolo di Eumachia, e di un'apertura interna che

comunica con la bottega al n.2. La proprietà dell'edificio viene attribuita a un certo Donatus, a causa

di un'iscrizione sulla parete esterna della bottega “Donatus rog(at)”.

Nell'impianto sono visibili unicamente i resti di un forno in laterizi del tipo con vano per il fumo,

posto all'estremità meridionale del panificio, addossato alla parete O.

In una fase precedente a quella documentata nel 79 d.C., il panificio era connesso all'abitazione al

n.3 e alla bottega al n. 4 tramite una porta aperta nel vestibolo della domus, quest'ultima in

connessione anche con l'ambiente contenente il forno dell'edificio n.7 tramite un largo passaggio

nella parete di fondo dei vani orientali dell'abitazione.

Datazione: ?

Tipologia

pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Mayeske definisce l'edificio come pistrinum dulciarium, dato non confermato dal resto della

bibliografia.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.325 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

~ 58 ~

MAYESKE 1972, p.120-121

Pompei Informatica, p.157

PPM, VII, p.478 e pianta.

~ 59 ~

VII,12,7

Pistrinum dulciarium

Piccolo impianto produttivo con bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio,con ampio ingresso al n.7 lungo Via degli Augustali, presenta nella sua parte anteriore la

bottega (a) con triclinio retrostante (b). Il forno (f) preceduto da un podio in muratura, in un'area

scoperta nella parte posteriore dell'impianto, è l'unica struttura che permette di definire l'edificio

come pistrinum, assieme ad una piccola vasca per la raccolta dell'acqua. L'ambiente (d) doveva

fungere da laboratorio mentre la funzione d'uso dei vani (c) ed (e) non è definita.

Tramite una larga apertura nella parete O dell'area scoperta, successivamente tompagnata, era

possibile accedere alla domus al n.3.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum dulciarium con bottega per la vendita al dettaglio.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.326 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, p.121

Pompei Informatica, p.157

PPM, VII, p.484 e pianta.

~ 60 ~

VII,12,11

Pistrinum

Panificio con forno e bottega.

Impianto e Strutture

L'ingresso che da Via degli Augustali introduce all'edificio, conduce alla bottega (a) dalla quale

partiva la scala per l'abitazione al piano superiore. Dalla bottega si poteva accedere al magazzino

(b) in cui erano conservati i prodotti per la vendita e da qui al vano (k), anch'esso un piccolo

deposito, aperto verso parte posteriore della casa. Il corridoio (c) conduceva all'area di lavoro,

separata dalla zona di vendita tramite una porta, dove in origine erano installate delle macine,

successivamente rimosse prima ancora della distruzione della città.

Un piccolo vano disposto presso l'uscita posteriore di (k) era forse utilizzato come stalla, ma tale

funzione non è certa, viste anche le ridotte dimensioni dell'ambiente.

Il forno in laterizi, del tipo con camera per il fumo e grande apertura ad arco, è situato nella parte

retrostante dell'edificio, in un'area scoperta. L'ambiente (g) era usato probabilmente come deposito

dei pani cotti o come laboratorio.

Analogie/Confronti

L'edificio presenta analogie nella disposizione degli ambienti con il pistrinum VII,12,13; la zona

bottega presenta similitudini con tutte le botteghe di quest'insula che si affacciano su Via degli

Augustali.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

~ 61 ~

Mayeske definisce l'edificio come pistrinum dulciarium, tuttavia nessun'altra indicazione di questo

tipo è presente nel resto della bibliografia.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.327 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.122-123

Pompei Informatica, p.157

PPM, VII, p.488 e pianta.

VII,12,13

~ 62 ~

Pistrinum di Sabinus

Impianto produttivo con forno e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, con ingresso lungo Via degli Augustali, presenta nella parte anteriore della bottega la

stessa struttura di quelle vicine che si aprono su questa via, costituita da un primo ambiente (a)

dotato di ampia apertura verso la strada,tipica delle botteghe,con grandi stipiti in blocchi di tufo

messi in opera a secco e di un triclinio (b) di piccole dimensioni e destinato probabilmente ai

clienti.

Ad E del triclinio uno stretto corridoio,con sostegni per tavoli di legno, conduceva agli ambienti

nella parte posteriore dell'edificio,scoperta, dove era collocato il forno con struttura ad alveare,

addossato all'angolo SE dell'edificio; l'ambiente (e) a destra del forno era probabilmente usato per la

preparazione dei pani. Non è attestata la presenza di molae per la macinazione del grano.

Nell'angolo NE dell'ambiente (d), una semicolonna in laterizi adiacente alla parete, conteneva

all'interno una tubatura in terracotta, di funzione non ben definita.

L'attribuzione di questo impianto a Sabinus deriva dalla presenza dell'iscrizione “Sabinus cupit”

sulla parete sinistra dell'ingresso.

Analogie/Confronti

L'edificio presenta analogie nella disposizione degli ambienti con il pistrinum VII,12,11; la zona

bottega presenta similitudini con tutte le botteghe di quest'insula che si affacciano su Via degli

Augustali.

Datazione: ?

Tipologia

~ 63 ~

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Mayeske definisce l'impianto come pistrinum dulciarium; il resto della bibliografia risulta tuttavia

concorde nel classificare tale edificio come stabilimento per la produzione del pane e non di dolci.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.328 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp. 123-124

Pompei Informatica, p. 157

PPM, VII, p.494 e pianta.

~ 64 ~

VII,14,9

Casa con pistrinum domestico

Abitazione ad atrio tuscanico e peristilio con piccolo panificio incorporato.

Impianto e strutture

La casa, con ingresso al n.9 lungo Via dell'Abbondanza, deriva nella sua forma definitiva

dall'ampliamento verso E di un originario nucleo edilizio organizzato attorno all'atrio (2) con i

cubicoli ai lati. Una delle trasformazioni che subì la casa coinvolse il piccolo pistrinum posto

all'estremità NO dell'edificio, negli ambienti (20) e (21), ora non più visibile poiché sostituito

totalmente o per la maggior parte dall'inserimento degli ambienti termali (18) e (19) in cui per altro

erano in corso dei lavori al momento dell'eruzione che distrusse la città.

Del panificio non rimangono che il catillus di una macina, davanti ad una vasca addossata all'arco

di scarico in laterizi del calidarium (19) e la bocca del forno in blocchi di lava.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum domestico.

Bibliografia:

PPM, VII, pp.686-697 e pianta.

~ 65 ~

VII,16,6.9

Pistrinum

Piccolo impianto produttivo con forno e macine. Privo di bottega (?).

Impianto e Strutture

L'edificio è situato nella parte SE dell'insula, con doppio ingresso al n.6 lungo Via Marina, a poca

distanza da Porta Marina, e al n. 9 lungo il vicolo settentrionale.

L'impianto, di piccole dimensioni, è fornito di due macine poste su pavimentazione in basoli

nell'ambiente (1) accessibile dall'ingresso n.6, e di un forno in laterizi (2) con la bocca rivolta ad E

verso l'ingresso n.9. Il vano (3) era forse usato come laboratorio o come deposito. Non è certo se

l'ambiente (1) aperto sulla strada al n. 9 potesse avere funzione di bottega, anche se la ristrettezza

dello spazio che separa questo vano dal forno (2), sembrerebbe escludere l'ipotesi.

É da ricordare che l'ambiente 6 non viene menzionato nella bibliografia come appartenente al

pistrinum, ma a seguito di una personale indagine in loco è risultata evidente la connessione.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum per la vendita all'ingrosso (?).

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.347 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

Pompei Informatica, p.160

PPM, VI, pianta.

~ 66 ~

VIII,4,26-29

Pistrinum e abitazione di Felix

Panificio con annessa abitazione a peristilio e botteghe.

Impianto e Strutture

L'edificio occupa l'angolo SE dell'insula e si compone di due nuclei distinti, il panificio, con

ingresso al n.27 lungo Via Stabiana, e il settore abitativo con ingresso al n.29 che si affaccia su Via

del tempio di Iside.

L'impianto originario dell'edificio risale al II sec a.C., come indicano le murature in opera a telaio

con l'utilizzo di blocchi di calcare del Sarno e i capitelli cubici di tufo di Nocera, rimasti inseriti

nella facciata.

L'attribuzione dell'edificio a Felix deriva dalla presenza dell'iscrizione “Felix rog(at)” sulla parete

esterna, a sinistra dell'ingresso al n.27. Ai lati di quest'ultimo si trovavano la stalla (a) e la bottega

(r) accessibile anche dalla strada e comunicante attraverso due aperture con il panificio (b) dove

erano situate le tre macine in lava su basi in muratura e il forno del tipo con vano per il fumo e

grande facciata ad arco che raggiunge il pavimento. La camera di cottura era fornita esternamente di

un piano d'appoggio e al di sopra dell'apertura del forno era collocata una raffigurazione fallica.

Verso (b) si aprivano gli ambienti (d) ed (e), probabilmente usati come magazzini, e collegati alla

bottega (p) accessibile dalla strada al n.28.Il locale (c) adiacente al forno doveva servire come

laboratorio per la produzione e la lievitazione dell'impasto. L'ambiente (f) fungeva da androne per la

zona abitativa, a cui si accedeva tramite il vestibolo (g), ai lati del quale si aprivano i cubicoli (h) ed

(i). Il peristilio (k) dava accesso al viridarium (l) con triclinio (m), cella penaria (n) e l'uscita (o)

corrispondente al n.29 di fronte al Tempio di Iside.

~ 67 ~

Analogie/Confronti

Il forno di questo impianto presenta analogie con quello installato nel pistrinum di Popidio Prisco al

VII,2,22; entrambi sono del tipo con camera per il fumo,caratterizzati da una facciata ad ampio arco

che raggiunge il pavimento e piano d'appoggio in corrispondenza della camera di cottura, connessa

al laboratorio di preparazione dei pani tramite un'apertura laterale.

Datazione

Impianto abitativo originario di II sec a.C., come testimoniano le murature in opera a telaio di

calcare del Sarno, nel quale, in un periodo non identificato, venne installato un panificio.

Tipologia

Pistrinum e abitazione con botteghe per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Sulla parete esterna, accanto all'ingresso n.29 era dipinto il programma elettorale per l'edile Cn.

Helvius Sabinus, sostenuto da tutti gli Isiaci.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.375 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.124-125

Pompei Informatica, p.164

PPM, VIII, p.528 e pianta.

~ 68 ~

VIII,6,1.8-10

Pistrinum con abitazione di P. Emilius Gallicus

Casa ad atrio e peristilio trasformata in panificio.

Impianto e Strutture

L'edificio occupa la parte occidentale dell'insula e conserva l'impianto regolare di una casa ad atrio

e peristilio, modificata per ospitare nella parte meridionale uno stabilimento di panificazione.

L'attribuzione dell'impianto a P. Emilius Gallicus deriva dal ritrovamento, nell'area settenrionale

dell'abitazione, di un frammento in bronzo rettangolare con inciso “P. AEMILI.GALLICI.”.

Il panificio si pare a S sul Vicolo dei Teatri con l'ingresso n.1 e ad O con il civico 10 sul Vicolo dei

Dodici Dei. Dal vestibolo (1) si accede all'atrio (a) dove furono impiantate le quattro grandi macine

in lava su basi in muratura, sostituendo il pavimento con un selciato e lastre di basalto attorno alle

macine. Lungo le pareti N e O dell'ambiente, tavoli da lavoro erano poggiati su sostegni o infissi nel

muro come testimoniano i fori di alloggiamento. Il forno, del tipo con camera per il fumo e grande

facciata ad arco, era addossato alla parete orientale, seguito verso N da (e) in cui erano collocate

altre due macine con grossi mortai in pietra con i bolli di C. Petronius Saturninus.

In (f), accessibile anche dalla strada al n.10, si trovava la scala per il piano superiore e una latrina;

l'uso di questo ambiente,come pure di (c), non è specificato, ma di certo legato all'attività del

panificio, forse come magazzino. La vendita del pane doveva invece avvenire in (b), dove erano

presenti scansie alle pareti.

La cucina (g) era fornita di un bancone di focolare sulla parete S e di un fusorium nell'angolo NO.

L'ambiente (k),che nell'impianto originario corrispondeva al tablino, conduceva alla zona

residenziale, organizzata intorno al peristilio (h) e accessibile dalla strada attraverso l'ingresso n.9

sul Vicolo dei Dodici Dei. La parte centrale del peristilio non era adibita a viridarium, ma

pavimentata in cocciopesto con un tappeto di lastre di marmo e fungeva da atrio sul quale si

aprivano i triclini (p) ed (r) , i cubicoli (m), (n), (s) e (t); gli ambienti sul lato N si trovavano ad una

~ 69 ~

quota leggermente più alta del peristilio ed erano probabilmente in rifacimento vista l'assenza di

decorazione dipinta. I locali (i) ed (o) erano forse usati come apoteche, mentre in (l) era una scala

per accedere al piano superiore.

Dal civico 8 si accedeva a degli ambienti sotterranei usati come cantina o granaio, accessibili anche

da una scala all'angolo NO dell'edificio; su questi sotterranei erano sprofondati gli ambienti (q)

dell'angolo NE dell'edificio, di uso non definito.

E' possibile che i sotterranei attingessero luce attraverso la casa e ciò farebbe presupporre una stretta

relazione di proprietà tra i due complessi.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

A destra dell'ingresso al n.9, sulla parte superiore di un pilastro rivestito di marmi, era presente un

larario dipinto.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.386 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, p.126

Pompei Informatica, p.167

PPM, VIII, p.664-665 e pianta.

IX,1,3.33

~ 70 ~

Pistrinum

Impianto produttivo con forno, macine e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, situato all'angolo O dell'insula, presenta due ingressi, il principale, al n.3 si affaccia su

Via di Stabia e conduce alla zona di vendita; l'ingresso secondario, al n.33 si affaccia invece sul

Vicolo di Balbo e permette l'accesso diretto alla zona panificio.

Dall'ingresso al n.3 si accede all'ambiente (a), con bancone di vendita in opera cementizia

prospiciente la strada. All'interno di esso,addossati alla parete meridionale ed incapsulati in una

fodera in muratura, sporgono tre grandi dolia, dei quali solo due si sono conservati interamente.

Una parete in legno doveva separare questo ambiente da quello successivo, come sembra attestare

un frammento si soglia in pietra lavica, in cui compare il foro quadrato per il cardine, nell'angolo S.

Il locale (b) doveva servire come horreum per la conservazione dei cereali e a tale uso erano adibiti

i cinque dolia sporgenti da una soprafodera in muratura lungo la parete S, al di sopra dei quali 6 fori

rettangolari, disposti in due file, a regolari distanze, dovevano contenere i sostegni per due grandi

mensole lignee. Il pozzo (c), posto all'angolo NO di (b), costruito in blocchetti tufacei e pietre

calcaree, doveva servire sia il locale di vendita che il retrostante laboratorio di panificazione.

La presenza di un piano superiore, forse con funzione abitativa, è attestata dalla scala (d), ad E del

pozzo, formata da due gradini in pietra ai quali era fissata una gradinata lignea.

A N del magazzino (b), il locale (e), con un bancone quadrato in muratura nell'angolo SE e un altro

banco rettangolare con le medesime caratteristiche sulla parete O, doveva servire come ambiente-

cucina con piano di cottura e piano di lavoro, funzione ancor meglio spiegabile con la vicina riserva

d'acqua del pozzo (c).La parete O, di confine all'ambiente (b) della bottega al n.2, presenta un'ampia

finestra circolare tompagnata, segno che in una fase anteriore questa era un'area a cielo aperto,

~ 71 ~

mentre una grande apertura nel muro orientale permetteva l'accesso diretto al vano (g).

Il pistrinum vero e proprio era situato ad E del magazzino, nell'ambiente (f) di grandi dimensioni,

che si prolungava poi in un corridoio in diretta comunicazione con il forno (k); il locale era

caratterizzato dalla presenza di tre macine in pietra lavica su pavimentazione in basoli, di cui solo

due hanno conservato la base circolare in muratura; sul lato settentrionale, presso l'ingresso al

laboratorio (g), si apriva un pozzo quadrangolare interamente intonacato, con accanto una bocca di

cisterna di forma circolare in pietra lavica. Che (g) fosse utilizzato come laboratorio per la

confezione dei pani è confermato dalla presenza di un lungo bancone in muratura che correva lungo

le pareti E e S e dal rinvenimento di una madia lignea con resti di farina carbonizzata; il locale, oltre

all'ingresso S, comunicante con la zona mulino, si apriva anche ad O verso la cucina (e) e ad E

verso il forno (k); quest'ultimo è caratterizzato da un'ampia facciata ad arco che raggiunge il

pavimento, bocca rettangolare in pietra lavica ed un insolito ampio vano sottostante la camera di

cottura, probabilmente usato per il deposito del combustibile.

Nel locale (k), oltre al forno, sono visibili sulla parete O, presso l'accesso al laboratorio (g), due

podii circolari in opera incerta su cui poggiano due vaschette in cotto con la funzione di lacus,

contenevano cioè l'acqua per raffreddare il rutabulum (pala in ferro) quando si era scaldata troppo o

per bagnarvi la scopa di saggina per spazzare il forno. A N, oltre al corridoio connesso all'ingresso

al n.33, un pilastro in blocchi calcarei divideva quest'ultimo da un parallelo ingresso più piccolo che

dava nella latrina. Affinché il fornaio non restasse allo scoperto durante il lavoro, fu costruita

davanti al forno una volta su due pilastrini in muratura, che formavano il prolungamento delle pareti

laterali della camera di cottura, alla cui sinistra un secondo muro parallelo formava il caminus con

copertura di tegole in alto, verso cui veniva convogliato il fumo.

Immediatamente alla destra del forno, l'ambiente (l) era probabilmente usato come secondo

ambiente di servizio per la panificazione, dove un finestrino rettangolare all'altezza della mensola

del forno, consentiva il passaggio dei pani dal laboratorio di confezione alla camera di cottura.

In (h), a S del forno, era invece situato lo stabulum, la stalla per il ricovero di uno o più quadrupedi

per il funzionamento delle macine del pistrinum (f), con un dolio nell'angolo SE, forse con funzione

di abbeveratoio per gli animali.

L'impianto, risalente al II sec. a.C. o ad epoca anteriore, come suggeriscono i pilastri in opera

quadrata, l'opera a telaio per le tramezzature interne degli ambienti più importanti e le tracce di

pavimenti in lavapesta, doveva, al momento della prima urbanizzazione interna dell'insula,

costituire un unico complesso, unitamente agli impianti 1 e 2 e alla piccola casa ad atrio al n.32, di

cui uno degli ingressi principali era quello sito al n.33. Si ignorano tuttavia quanti e quali siano stati

i mutamenti avvenuti tra questo periodo e l'eruzione dl 62 d.C., a seguito della quale i vari restauri

furono volti soltanto ad una rifunzionalizzazione degli ambienti dell'impianto, con poca o nulla

attenzione alla decorazione parietale.

~ 72 ~

Datazione

Impianto di II sec. a.C. o precedente con successive modifiche in periodi non definiti. Ultimi

restauri, post 62 d.C.

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.397 e p.495

GALLO 2001, pp.10-16 e 37-39.

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.127-129

PPM, VIII, pianta.

IX,3,10-12

~ 73 ~

Panificio e taberna di T. Terentius Proculus

Pistrinum con taberna annessa.

Impianto e Strutture

L'edificio è situato all'angolo SO dell'insula ed è composto dalla taberna con ingressi ai n.ri 10 e 11,

il primo lungo Via di Stabia, il secondo su Via degli Augustali, e il panificio accessibile dal civico

12. L'impianto viene attribuito ai Terentii, in questo caso a T.Terentius Proculus, e lo si ritiene

collegato al panificio VII,2,3 situato dalla parte opposta di Via di Stabia e appartente a Terentius

Neo, tesi che deriva dalla presenza dell'iscrizione “Popidium aed(ilem) Proculus rog(at)” sulla

parete esterna tra gli ingressi 11 e 12.

La taberna, fornita di un bancone di vendita e di quattro grandi dolia infissi per terra, era collegata

al deposito (b), un tempo dotato di accesso alla strada. Un'apertura nella parete E della taberna

connetteva quest'ultima con il panificio, dotato di quattro grandi macine su basi in muratura e un

forno in laterizi.

Nella parete S del pistrinum, ai lati di una nicchia di larario, erano dipinte le dee Iside-Fortuna e

Luna o Semele sotto la cui protezione era posto l'edificio. Il forno, con vano per il fumo, grande

facciata ad arco che raggiungeva il pavimento e piano d'appoggio presso la bocca in pietra lavica,

era affiancato a N dal laboratorio (g), con i sostegni per le tavole da lavoro e le vasche per l'acqua e

ad O dalla stalla (e). Ad E di quest'ultima, un piccolo vano (f) era adibito a cucina.

Nella parte settentrionale dell'edificio si trovava il triclinio (k) con due ampie finestre verso il

viridarium (i).

Resti di decorazione di III stile, con semplice zoccolo rosso e ampie superfici bianche concluse da

una cornice in stucco sono visibili nel triclinio, mentre gli ambienti di lavoro presentano un

rivestimento in intonaco grezzo.

Sul pilastro di sostegno della tettoia davanti al forno, era presente un secondo larario dipinto,

raffigurante il Genius familiaris con patera e cornucopia davanti all'altare con le offerte su di una

~ 74 ~

faccia, e una figura femminile con cornucopia, al timone di una nave avanzante a vele spiegate

sull'altra.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con taberna attrezzata anche per la vendita al dettaglio dei pani.

Osservazioni

Fino al 1920 l'impianto era attribuito a Paquius Proculus, successivamente convertito in T.Terentius

Proculus; entrambi i nomi vengono riportati dalla bibliografia, con l'eccezione di Mayeske che non

ne fa alcun cenno.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.415 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.130-131

Pompei Informatica, p.172

PPM, IX, pp.316-317 e pianta.

IX,3,19-20

~ 75 ~

Casa e panificio/pasticceria di Papirius Sabinus

Panificio e panetteria con abitazione al piano superiore.

Impianto e Strutture

La casa, situata all'angolo orientale dell'insula, è attribuita a Papirius Sabinus per la presenza sulla

scala di accesso al piano superiore del graffito “Hic domus Papiriu Sabinum”, anche se

probabilmente i gestori e i lavoranti furono altri, forse identificabili tra coloro che hanno lasciato i

loro nomi nei messaggi elettorali presenti sulla facciata S, a destra e a sinistra dell'ingresso al civico

19, tra i quali si ricordano Pyramus,Olympionica,Calvus,Statia,Petronia.

L'edificio si compone di due nuclei principali, comunicanti tra loro: la bottega/taberna con ingresso

al n.19 e il pistrinum/pistrinum dulciarium accessibile dal civico 20.

L'abitazione si distribuiva prevalentemente al piano superiore, in quanto gli ambienti di

intrattenimento al piano terra, strettamente connessi, sia nella dislocazione che nella decorazione,

all'attività svolta nella panetteria, sono stati classificati come ambienti adibiti alla ristorazione e

aperti al pubblico della bottega, meglio identificabile quindi come taberna. Quest'ultima si apre

sulla strada con l'ambiente (a), adibito alla vendita, fornito di un poggiolo per un mortaio e scala

d'accesso al piano superiore, sotto la quale era collocata una dispensa con scansie al muro. Da qui si

accedeva al triclinio (b), con piccole finestre che fornivano luce naturale e decorato con pannelli di

vignette di figure femminili volanti. Ad O di (a) erano presenti un secondo triclinio (c) e lo oecus

(e) aperto con finestre verso il cortile con le macine del pistrinum vero e proprio e verso (c).

Accedendo al panificio dall'ingresso 20, il primo locale in cui si entrava era l'ambiente (a) con le 4

macine in pietra lavica e il pavimento in basoli e sostegni per tavoli da lavoro sulle pareti O e S,

comunicante con (f) forse usato come deposito.

Il forno (b), con vano per il fumo e facciata ad arco, era affiancato ad E dalla stalla (c) e ad O dal

laboratorio per la panificazione (d), connesso comunicante con la cella (e) fornita di due vasche

foderate in piombo nelle quali si conservava l'acqua. (g) era la cella del panettiere, cui seguivano

~ 76 ~

due cortiletti scoperti (h) e (k) utilizzati per il lavaggio del grano, seguiti dal viridarium (i) sul quale

si apriva una seconda cella (l) con la scala per il piano superiore, sulla cui parete era infisso un disco

di marmo raffigurante una maschera tragica con funzione apotropaica.

Dal sottoscala fuoriusciva il getto di una fontana che cadeva in un mortaio di marmo e poi in un

canale collegato con una cisterna o una conduttura si scarico sotterranee.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

Il complesso presenta decorazioni pittoriche interessanti; nell'oecus (e) è inserito in un contesto di

III stile un quadro con la rara rappresentazione di Cerere, Demetra e Trittolemo, mentre nel

viridarium un larario dipinto raffigura il Sarno.

Mayeske non menziona la funzione di panetteria per l'impianto, presente invece sia in Eschebach

che in Pompei Informatica; concorda però con Pompei Informatica nel ricordare che l'edificio viene

in alcuni casi attribuito a T.Genialis, oltre ai nomi già citati.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.418 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.131-134

Pompei Informatica, p.172

PPM, IX, pp.348-349 e pianta.

~ 77 ~

IX,5,4

Pistrinum

Impianto produttivo con forno, macine e bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio, a pianta di forma rettangolare molto allungata, è situato nella parte occidentale

dell'insula, con ingresso al n.4 su Via di Nola, e si sviluppa in profondità con una serie di ambienti

comunicanti.

Il primo ambiente cui si accede dalla strada è la bottega (a), dove avveniva la vendita dei pani e

probabilmente anche della farina; dalla bottega si passa alla zona mulino (b) con le quattro grandi

macine in pietra lavica circondate da pavimentazione in lastre di basalto. Al momento dello scavo

tuttavia, una sola delle macine è stata rinvenuta intera e al suo posto e poteva quindi essere

funzionante al momento dell'eruzione del Vesuvio, elemento che potrebbe far pensare ad un calo

nella richiesta di prodotto, cosa che però appare improbabile visto lo sviluppo che l'attività di

panificazione ebbe nell'ultimo periodo di vita della città, soprattutto dopo il terremoto del 62 d.C.

(c) doveva essere utilizzato come deposito del grano mentre in (d) era il laboratorio, connesso

direttamente alla camera di cottura del forno tramite una piccola apertura; da notare in (d) la

presenza di un pozzo o di una bocca di cisterna in pietra lavica di forma circolare.

Dalla zona con le macine, uno stretto corridoio conduceva ad (e), di uso non ben definito, con un

dolio infisso in una base in muratura nell'angolo NO. Da qui si accedeva al forno (f) in laterizi,con

bocca quadrata formata da tre blocchi di lava, di fronte al quale stava una vaschetta usata come

acquaio.

In (g) era probabilmente un altro locale di lavoro, l'ambiente (h) poteva servire come stabulum per

gli animali che azionavano le macine, oppure come cortile per far asciugare le granaglie.

Il complesso era dotato di un secondo piano, del quale sono stati rinvenuti i frammenti di

pavimentazione in cocciopesto, conservatisi insieme ai crolli delle volte sui quali poggiavano.

L'edificio presenta paramenti in opera cementizia con rivestimenti in opus incertum, che permettono

~ 78 ~

di datare l'impianto al II-I sec. a.C..

Datazione

Impianto originario di II-I a.C.

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.422 e p.495

LA TORRE 1988, p.97

MAYESKE 1972, pp.134-136

Pompei Informatica, p.174

PPM, IX, p.400 e pianta.

~ 79 ~

IX,12,6-8

Pistrinum (di C. Julius Polybius?)

Impianto produttivo con forno,macine e

bottega.

Impianto e Strutture

L'edificio è situato all'angolo SE dell'insula,

ancora oggi solo parzialmente scavata, e si

affaccia direttamente su Via

dell'Abbondanza. L'ingresso principale della

casa è quello al n.6, dal quale si penetrava in

un vestibolo quadrangolare (a), fornito di

una scala lignea conducente al piano

superiore, di cui è ben visibile il segno

dell'intonaco sulla parete E, e di un andito posto sulla stessa parete che connetteva al vano

successivo (b), decorato con pitture in IV stile e con alcuni disegnini graffiti. Ad E di (b), con esso

non comunicante, era la bottega (d), aperta su Via dell'Abbondanza con l'ingresso n.7, e fornita di

un retrobottega (e) con finestra sulla parete meridionale e di un piano superiore a cui si accedeva

tramite una scala collocata lungo la parete E di (d). Procedendo verso N dal vestibolo (a), si

accedeva all'ambiente centrale dell'impianto, il locale (f) con il forno e le macine, che fungeva da

atrio, raccordando tra loro i vari ambienti dell'edificio.

Il forno in laterizi, di grandi dimensioni, era inserito in una struttura in opera incerta, con dei

rifacimenti in laterizio puro lungo una marcata fenditura nello spigolo NE, causata da un evento

tellurico, forse il terremoto del 62 d.C.. Oltre alla camera di cottura, un avancorpo forniva una sorta

di camera di tiraggio per il fumo, dinanzi all'imboccatura a sistema trilitico in pietra lavica con

piano d'appoggio posto in comunicazione a S con un'apertura nel vano (g), una vasta sala

rettangolare adibita a laboratorio di panificazione con banconi lignei su sostegni in muratura.

L'ambiente prendeva luce da un'ampia finestra posta sulla parete meridionale, mentre sul versante

settentrionale era fornita di un ampio soppalco ligneo (pergula). La sala era decorata sulla parete

orientale da un quadretto dipinto raffigurante Venere nuda intenta a sollevarsi e raccogliersi i capelli

dietro la nuca con la mano destra, mentre un erote, in basso a destra, le tiene sollevato lo specchio

nel quale si mira; sulla parete O era presente un altro quadretto, ora non più leggibile.

~ 80 ~

Sulla parete N, la già citata apertura,si collegava mediante un piano in pendenza in lastroni di

terracotta alla bocca del forno, utilizzata evidentemente per il passaggio dei pani che dovevano

essere infornati e non per quelli già cotti e ritratti dal forno, come indica la pendenza a scendere tra

finestrella e bocca del forno.

Nella parte O di (g) furono ritrovati inoltre gli scheletri di due equidi,probabilmente impiegati per la

rotazione delle macine, qui rifugiatisi al momento dell'eruzione e rimasti schiacciati dai travi delle

strutture superiori precipitati.

In (f), oltre al forno, furono rinvenute quattro macine per il grano, delle quali solo una recava il

catillus inserito al di sopra della meta, mentre altri due catilli risultarono impiegati dinanzi al forno

come contenitori per l'impasto della calce, utilizzata nei lavori di ristrutturazione che si stava

evidentemente effettuando al momento dell'eruzione.

Da (f) si poteva accedere ad E al vano (c), di uso non ben definito, e al giardinetto pensile (h),

impostato ad una quota di circa due metri superiore al piano di Via dell'Abbondanza, con canalette a

quote sfalsate per la raccolta delle acque e un'edicoletta con decorazione in IV stile ben conservata

nell'angolo SO. Sulla parete O, uno strato di intonaco rilevato rispetto a quello della restante parete,

presenta un dipinto con scena di apoteosi di Ercole al cospetto degli dei consentes, sovrastante due

serpenti agathodemoni, numi benefici. Sotto al dipinto stava un'arula in pietra e terracotta, con

segni di annerimento nel punto del muro in corrispondenza del piano sacrificale. Sulla stessa parete

era visibile il disegno preparatorio della scena del Genio familiare sacrificante tra due Lari e dei

serpenti sacri, in fase di preparazione al momento dello scavo.

Lungo il versante settentrionale dell'ambiente (f) erano accessibili altri ambienti;ad O la stalla (i),

(di destinazione diversa, in origine, data la presenza di resti di decorazione pittorica) dove sono stati

rinvenuti cospicui resti di foraggio carbonizzato lungo la parete N presso la quale era situata una

mangiatoia lignea, e una fossa per lo scorrimento dei liquami nell'angolo SE.

Il piccolo disimpegno (l),fornito di un focolare nell'angolo SO oltre che di una scala e accessibile da

(f), si raccordava ad E con il triclinio (m), a N con il cubicolo (n) e ad O con (o), forse anch'esso un

cubicolo.

Il triclinio (m) era decorato con scene di banchetto in III stile finale che al momento dell'eruzione

era in piena ristrutturazione e stava per essere integralmente rifatta; è valida l'ipotesi secondo la

quale quest'ambiente sarebbe stato adibito anche ad uso di locale di ristorazione per i clienti del

panificio.

Il cubicolo (n) presentava una decorazione a fondo bianco in un IV stile molto lineare, similmente

al cubicolo (o) anch'esso decorato in IV stile.

Comunicante attraverso uno stretto passaggio con il giardinetto (h), dove un muretto correva tutto

lungo il lato N, era la stalla (p), accessibile anche dal vicolo ad E dell'edificio dall'ingresso n.8; da

qui tramite una scala si accedeva al piano superiore connesso al vano al di sopra di (e) e quindi alla

~ 81 ~

bottega al n.7. Nella stalla compaiono i segni dell'abbeveratoio un tempo presente, ma eliminato già

prima dell'eruzione, e della mangiatoia, che contenevano l'acqua e il foraggio per gli equidi, di cui

sono stati qui rinvenuti i cinque scheletri perfettamente conservati, morti anch'essi al momento

dell'eruzione; salirebbe perciò a sette il numero totale degli animali appartenenti all'edificio, un

numero davvero notevole per la sola attività di molitura, soprattutto vista la ristrettezza dello spazio

contenente le macine, che avrebbe reso estremamente difficile l'azione contemporanea anche di soli

quattro animali. E' perciò ipotizzabile che la produzione fosse talmente sostenuta da richiedere un

alternarsi degli animali alle macine oppure che solo alcune delle bestie fossero utilizzate per la

molitura, mentre altre servissero per trasportare in gerle il pane nel contado.

Non ci sono ancora elementi validi che attestino definitivamente la proprietà dell'edificio, che viene

tuttavia associato all'abitazione di Giulio Polibio la cui casa è proprio ad E del panificio, separata da

esso soltanto da un vicolo, e che viene citato in alcune iscrizioni come “studiosus et pistor”

(CIL,iv,875) che “panem bonum fert” (CIL,iv,429 = ILS,6412) e come candidato sostenuto da

pistores.

Datazione: ?

Tipologia

Pistrinum con bottega per la vendita al dettaglio.

Osservazioni

I numerosi lavori di restauro, riscontrabili nell'abitazione al momento dell'eruzione, fanno ipotizzare

che al terremoto del 62 d.C., che provocò ingenti danni in tutta la città, siano succeduti altri eventi

sismici,sebbene di minor intensità, che renderebbero più plausibile l'insistente e contemporanea

presenza di ristrutturazioni un po' dovunque a Pompei,che a distanza di 17 anni dal 62 d.C.

,risulterebbero altrimenti non semplici da giustificare.

Bibliografia

ESCHEBACH 1993, p.448

PESANDO-GUIDOBALDI 2006, pp.241-242

VARONE 1989, pp.231-238.

~ 82 ~

5. Considerazioni di carattere generale

Come è possibile evincere dal catalogo dei singoli edifici, a Pompei sono attestati 32 stabilimenti70

,

tra pistrina e pistrina dulciaria, un numero attualmente non definitivo, ma che potrebbe accrescere

con nuove campagne di scavo e indagini esplorative.

Gli impianti erano per la maggior parte forniti di macine, stalla, magazzino e laboratorio e in molti

casi di un punto di vendita al dettaglio; da ciò si desume la completezza e l'autosufficienza di molti

dei pistrina pompeiani, nei quali si svolgevano tutte le operazioni, dalla macinazione del grano alla

vendita del prodotto finito. I proprietari e/o i gestori di questi impianti dovevano quindi disporre di

strutture, mezzi e manodopera tali da richiedere una notevole possibilità economica e organizzativa

che garantisse il completamento di tutte le fasi lavorative.71

5.1 Pistrina e Pistrina dulciaria

Una primo dato importante si ricava analizzando il tipo di alimento prodotto nei pistrina, se pane o

dolci; dei 32 stabilimenti analizzati, 21 sono panifici (65,6%), 5 sono pistrina dulciaria (15,6%) e 3

impianti si dedicavano alla produzione di entrambi i prodotti (9,4%). 3 pistrina (VI,11,8-10/

VII,1,46-47/ VII,14,9) erano invece collocati all'interno di grandi dimore e svolgevano una funzione

legata per lo più all'ambito domestico, con una produzione che generalmente non usciva dai confini

della domus (9,4%).

Con l'eccezione degli impianti misti pistrina/pistrina dulciaria, emerge inoltre come i pistrina per il

pane fossero nella maggior parte dei casi stabilimenti di maggiori dimensioni, per la quasi totalità

dei casi forniti di macine (in pochi casi rinvenute complete di metae e catilli), a differenza dei forni

per dolci, generalmente più piccoli e privi di molae.

5.1.1 Macine

Dei 27 panifici totali, compresi quelli domestici e gli impianti di doppia produzione, solo 4 (14,8%)

risultano sprovvisti di macine (3, e quindi l'11,1%, se si considera che in VII,12,11 furono rimosse

solo nell'ultima fase di vita del panificio) e dovevano quindi acquistare la farina già preparata. Per

quanto riguarda invece i pistrina dulciaria, escludendo gli impianti di doppia produzione, solo

VI,5,15 era fornito di un'area per la riduzione del grano a farina. É interessante notare come dei 24

impianti totali forniti di una zona per la molitura, undici di essi (45,8%) siano collocati in

70 Nelle bibliografie il numero di pistrina varia dai 30 ai 34 stabilimenti; tuttavia alcuni degli impianti citati non

possono essere definiti con certezza dei pistrina in quanto privi di qualsiasi struttura che li identifichi.

71 LA TORRE,1988, p.84

~ 83 ~

precedenti abitazioni, nell'atrium o più comunemente nel viridarium. Ciò era strettamente collegato

alla disponibilità spaziale, chiaramente maggiore nelle domus.

Il numero di macine presenti in un pistrinum era legato alla quantità di farina necessaria per la

produzione, alla domanda di prodotto e ovviamente alla disponibilità economica del fornaio;

generalmente ritroviamo nei pistrina pompeiani tre o quattro macine, con situazioni in cui il numero

si abbassa a due, come in VI,5,15 e VII,6,6.9, o raggiunge le cinque unità (I,4,12-17 e VII,2,3). Non

tutte le macine venivano azionate contemporaneamente, anche perché ciò avrebbe richiesto un

numero di asini o cavalli eccessivo e probabilmente fuori dalla portata economica dei panettieri; è

più plausibile che le macine in funzione fossero circa la metà di quelle disponibili e venissero

attivate tutte solo in casi di grande necessità.

La presenza di equidi utili alla macinazione, comportava la necessità di uno spazio all'interno dei

pistrina in cui disporre la stalla per il ricovero di questi animali.

Osservando i dati emersi dal catalogo, si nota come su 24 pistrina provvisti di macine, in 16 di essi

(66,7 %) sia riconoscibile uno stabulum, mentre in 3 (12,5%) non è possibile determinarlo con

certezza. Nei 5 pistrina in cui non è stata identificata una stalla (20,8%), è comunque possibile che

uno spazio simile fosse ugualmente presente, in quanto tali ambienti non sono identificabili per la

presenza di strutture particolari, se non in alcuni casi per il rinvenimento di abbeveratoi in pietra o

resti di mangiatoie lignee, elementi non sempre reperibili.

Per quanto concerne la disposizione di questi locali all'interno della planimetria dei singoli pistrina,

appare evidente come gli stabula venissero collocati generalmente o in prossimità delle aree

contenenti le macine, come avviene in 10 (62,5%) dei 16 pistrina con stalla, oppure in locali

prossimi agli ingressi dei panifici (4 su 16, ovvero il 25%); Uniche due eccezioni sono il pistrinum

di Giulio Polibio IX,12,6-8 , in cui la stalla è posizionata in un locale esterno, accessibile da un

vicolo laterale, e IX,5,4 dove essa è collocata sul fondo dell'edificio e lontano dalle macine e

dall'ingresso.

5.1.2 Botteghe o punti di vendita

Elemento tra i più esplicativi nella struttura dei pistrina pompeiani è certamente la bottega o punto

di vendita; essa è generalmente di facile riconoscimento, in quanto caratterizzata nella maggior

parte dei casi da una lunga apertura sulla strada, spesso corrispondente all'ampiezza del negozio

stesso, con una soglia in travertino pietra lavica solcata da una lunga scanalatura centrale per

l'alloggiamento di una serranda lignea72

. Dall'analisi dei pistrina emerge come il punto di vendita

sia un ulteriore elemento di distinzione tra panifici e pasticcerie;14 su 27 (51,8%) pistrina per il

pane hanno una bottega annessa, circa la metà degli impianti, mentre per quanto riguarda i pistrina

72 CANTARELLA-JACOBELLI 2003 p.34

~ 84 ~

dulciaria, tre su cinque (60%) ne sono provvisti, e in due casi (40%) non ne è accertata la presenza

(VI,3,1-4.27.28 e VI,6,4-5).

Negli impianti privi di bottega lo smercio doveva avvenire all'ingrosso, o tramite venditori

ambulanti, che si appostavano con banchetti lungo le strade della città; è inoltre accertato che la

vendita del pane avveniva anche attraverso delle botteghe prive di forno, non connesse a panifici, di

cui le uniche due attualmente identificate nell'area urbana erano situate in VII,7,8 e VIII,4,14.

É interessante notare come gli impianti sprovvisti di macine siano invece in tutti i casi forniti di

punto di vendita.

5.1.3 I Forni

Come già riferito nel paragrafo riguardante le strutture dei pistrina, i forni pompeiani si presentano

sostanzialmente nel modello più complesso, costituito di una camera di cottura racchiusa all'interno

di un'ulteriore intercapedine, o camera per il fumo, per trattenere in maniera più efficace il calore e

aumentare il tiraggio. Tale tipologia di forno è diffusa in 28 dei pistrina dei Pompei (87,5%), con

ovvie variazioni per quanto riguarda le dimensioni e l'aspetto esteriore, mentre solo in quattro

stabilimenti, ovvero il 12,5%, (tre pistrina dulciaria :I,3,1/V,1,14-16/VI,6,4-5 ed il pistrinum

VII,12,13) sono presenti forni ad alveare del tipo più semplice, senza vano per il fumo.

5.1.4 Laboratori

In ogni pistrinum (con nessuna eccezione rispetto ai pistrina dulciaria) è stata rilevata la presenza

di uno o più locali usati per la produzione dell'impasto, la lievitazione e la suddivisione in pani: tali

ambienti, indicati come laboratori, erano caratterizzati unicamente dalla presenza di tavoli da lavoro

e in quattro casi, di una macchina impastatrice, che doveva tuttavia essere uno strumento molto più

diffuso di quanto non attestino i ritrovamenti archeologici (attualmente visibile solo in

I,3,27/VI,5,15/VI,6,17-21/VII,2,22).

Osservando i singoli panifici, si nota come nella totalità dei casi i laboratori fossero disposti in

prossimità del forno, con il quale erano spesso connessi attraverso delle aperture nelle pareti che

oltre a permettere il passaggio dei pani, creavano un ambiente caldo-umido necessario alla

lievitazione. Ad eccezione dei pistrina più piccoli, dove l'esiguità dello spazio rendeva la cosa

impossibile, solitamente nei panifici di medie e grandi dimensioni le stanze per la lavorazione dei

pani erano due, una utilizzata per la produzione della pasta e la seconda destinata alla lievitazione o

allo stazionamento dei pani in attesa di cottura.

~ 85 ~

5.1.5 Depositi e magazzini

Osservando i vari impianti risulta evidente come in ognuno di essi sia presente almeno un locale il

cui utilizzo doveva in qualche modo essere legato allo storaggio e al deposito del grano (horreum),

della farina e del prodotto finito. Essendo tuttavia uno spazio la cui funzione d'uso non richiedeva

strutture particolari, con l'eccezione di tavoli o mensole, non ci sono elementi, se si escludono gli

eventuali resti organici rinvenibili grazie alle indagini archeologiche, che permettono di individuare

chiaramente un deposito all'interno di un pistrinum.

Solitamente si identificano come depositi quegli ambienti che non sono attribuili ad altri precisi

utilizzi; nei pistrina di Pompei essi si presentano come locali di varie dimensioni, collocati in zone

diverse all'interno di ogni stabilimento, in alcuni casi in prossimità dell'area di macinazione.

Non si rilevano elementi di distinzione tra pistrina e pistrina dulciaria in relazione alla disposizione

o alla funzione dei magazzini; è certo, invece, che il deposito del grano avvenisse solo negli

stabilimenti provvisti di macine, in quanto gli impianti privi di strutture per la molitura dovevano

rifornirsi di farina già macinata.

In alcuni stabilimenti il deposito o uno di essi era situato a lato del forno, e comunicava con la

camera di cottura attraverso un'apertura nella parete del forno; in questo caso il fornaio poteva

spostare il pane cotto direttamente dall'interno del forno al deposito senza cambiare postazione,

velocizzando così il procedimento.

5.2 Distribuzione e collocazione nel quadro urbano

Se si rivolge l'attenzione alla distribuzione dei pistrina pompeiani sul territorio, si può notare come

essi si presentino collocati nel quadro urbano in maniera piuttosto omogenea, con stabilimenti

sparsi in quasi tutta la parte scavata della città. Ovviamente l'incompletezza degli scavi non

permette certo di avere dei dati assoluti, ma appare chiaro come la concentrazione degli impianti

aumenti man mano che da Porta Marina ci si sposta verso est, dove il pistrinum più orientale a

tutt'oggi noto è il panificio di C.Julius Polybius, ancora in fase di scavo.

Si nota un attestarsi dei forni in prevalenza lungo Via di Stabia, il principale asse viario N-S della

città, con una maggiore densità di panifici nelle insulae 1, 2 e 12 della Regio VII, subito ad est del

Macellum, mentre le aree più povere di attestazioni sono le insulae occidentali delle Regiones VII e

VIII, zone ad alto tasso residenziale e tutta la parte orientale della città.. Si deve tener conto

comunque che la vendita del pane non si limitava alle botteghe e alle rivendite fisse, ma poteva fare

affidamento su una schiera di venditori ambulanti che contribuivano a rendere reperibile il prodotto

in tutte le aree della città.

Risulta evidente dunque che la maggior parte dei pistrina si colloca lungo i percorsi di maggior

~ 86 ~

percorrenza, attraverso i quali, dalle aree a nord, il grano veniva portato in città73

negli unici due

horrea conosciuti e situati in VII, 7, 29 presso il Foro Civile e VII,15,2 sotto la Casa del Marinaio

nel Vicolo dei Soprastanti. Ciò non meraviglia in quanto la reperibilità delle materie prime, in

questo caso il grano, era un fattore di estrema importanza, sul quale si basava la possibilità o meno

di svolgere l'attività della panificazione.

I pistrina sprovvisti di macine, che dunque non provvedevano alla macinazione della propria farina,

appaiono concentrati nell'area centrale della città, soprattutto nella Regio VII,insula 12 (area per

definizione legata alla panificazione, in quanto denominata insula dei pistores) e in Via degli

Augustali, una delle vie maggiormente trafficate, sulla quale si affacciano ben sette impianti.

Essendo tutti questi pistrina forniti di un punto vendita, è logico che essi si dislocassero nelle aree a

più alta frequentazione, in cui aumentavano le possibilità di vendita.

Al contrario, sono gli stabilimenti privi di botteghe per la vendita al dettaglio quelli disposti più

lontano dalle vie principali, in modo così da facilitare l'affluire del grano senza congestionare delle

strade già fortemente trafficate. In queste zone più marginali e quindi dotate di maggiori spazi si

collocano anche gran parte dei pistrina dotati di macine.

Altro dato significativo relativo alla distribuzione dei pistrina riguarda l'approvvigionamento idrico.

L'acqua era fondamentale nella panificazione, necessaria innanzitutto al lavaggio del grano per

eliminare le impurità, ma soprattutto per la miscelazione della farina e la creazione della pasta;

l'acqua veniva raccolta in vasche o dolia, nei pressi dei forni dove serviva per il raffreddamento

della pala del furnacator e per la pulizia del piano di cottura e nei laboratori dove avveniva la

produzione degli impasti. Molte vasche si trovavano a cielo aperto per poter raccogliere e sfruttare

la pioggia, spesso risultanti dalla trasformazione degli impluvia, soprattutto nei pistrina installati in

precedenti case ad atrio con impluvium, ma in alcuni impianti troviamo resti di canalette in

terracotta che attestano la presenza saltuaria di sistemi idraulici privati anche nei pistrina; in

alternativa gli impianti potevano usufruire delle numerose fontane pubbliche sparse per la città.

Il fatto che molti dei pistrina fossero collocati nelle insulae ai lati di Via di Stabia indica

chiaramente una connessione con l'acqua. Questa via ricalca infatti un avvallamento naturale che

divide in due il costone lavico sul quale sorge Pompei e che costituì il confine naturale del primo

insediamento; l'avvallamento congiunge inoltre il punto più alto del pianoro, a Porta Vesuvio, e

quello più basso, a Porta di Stabia, costituendo un asse privilegiato per lo scorrimento delle acque74

.

L'acquedotto augusteo del Serino aveva infatti proprio fuori Porta Vesuvio il castellum tripartitore

da cui partivano le condotte principali che alimentavano case, fontane, edifici pubblici ed entravano

in città lungo Via dei Vettii e Via di Stabia.

73 LAURENCE 1996, pp.55-57

74 LA TORRE 1988, p.83

~ 87 ~

5.3 Lo sviluppo cronologico

Diversamente dall'analisi della distribuzione sul quadro urbano, la tematica dello sviluppo

cronologico dei pistrina pompeiani ci pone di fronte al serio problema della mancanza di

informazioni a riguardo.

Nelle varie bibliografie infatti, non è stato possibile ricavare dati certi relativi alla datazione di ogni

pistrinum, anzi si può osservare come solo nove edifici dei 32 analizzati (28,12%) presentino dati

riguardanti il momento della edificazione e della realizzazione dell'impianto.

Benché sia plausibile datare il primo manifestarsi di un'industria della panificazione nella città alla

tarda età sannitica, cioè al II sec a.C., come in tutto il resto del mondo romano, è difficile poter

definire come si sia evoluto lo scenario urbano.

Gli unici impianti che vengono datati a tale periodo sono i pistrina IX,1,3.33 e IX,5,4, entrambi

collocati tra il II e il I secolo a.C.; tra il I a.C. e il I d.C. è datata l'installazione del panificio VI,2,6,

il più occidentale della città.

Indiscutibili cambiamenti avvengono certamente nel I secolo d.C., a seguito del terremoto del 62

che causò ingenti danni per molti edifici. Tra le strutture più danneggiate era anche l'acquedotto, che

sulla Via di Stabia venne sostituito da condotte provvisorie; successivamente vennero costruite ex

novo le Terme Centrali, espropriando l'intera insula IX,4. Dopo il terremoto un gran numero di

impianti industriali si stabilirono lungo la via per godere dell'apparato idrico, tra cui molitssime

fullonicae che si installarono in vecchie case di abitazione restaurate ad hoc.

Stesso processo avvenne probabilmente per moltissimi pistrina; sono dodici gli impianti che

vennero installati in abitazioni rimaneggiate, sette delle quali collocate lungo l'asse di Via Stabiana.

Tuttavia di questi dodici forni, solo cinque vengono datati al post terremoto, ma non è inverosimile

ritenere che anche gli altri sette possano essersi stabiliti nel medesimo periodo.

Future indagini e ricerche, coadiuvate da nuovi scavi archeologici, potrebbero fornire ulteriori

informazioni che permettano di costruire un quadro più preciso e svelare nuovi aspetti della

panificazione a Pompei.

~ 88 ~

BIBLIOGRAFIA

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~ 89 ~

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VARONE 1989 = VARONE A., Attività della soprintendenza, in Rivista di studi pompeiani,

III, 1989, pp. 231-238.

~ 90 ~

Apparato Iconografico75

75 Ove non indicato altrimenti, le immagini provengono dal sito web www. pompeiiinpictures.com.

~ 91 ~

Fig. 1 Uno degli 81 pani carbonizzati ritrovati all'interno del forno nel panificio di Modesto

VII,1,36-37. Si noti la forma circolare e la suddivisione in otto spicchi.

Fig. 2 Schema rappresentativo di una macina. Da MORITZ 1958, p.75, fig.8

~ 92 ~

Fig. 3 Disegno di macchina impastatrice. Da ETIENNE 1966, p.157, fig.10.

Fig. 4 Disegno di forno. Da ETIENNE 1966, p.159, fig.11.

~ 93 ~

Fig. 5 Fregio meridionale del sepolcro di M.Virgilio Eurisace. Da CIANCIO ROSSETTO1973,

tavola XXVI, 1.

Fig. 6 Fregio occidentale del sepolcro di M.Virgilio Eurisace. Da CIANCIO ROSSETTO 1973,

tavola XXVI, 2.

Fig. 7 Fregio settentrionale del sepolcro di M.Virgilio Eurisace. Da CIANCIO ROSSETTO 1973,

tavola XXVII, 1.

~ 94 ~

I,3,1

Fig. 8 I,3,1 ambiente di cottura (d) e magazzino (b).

Fig. 9 I,3,1 Forno.

~ 95 ~

I,3,27

Fig. 10 I,3,27 Ambiente (b) visto da ovest, con resti di macine lungo il muro nord.

~ 96 ~

Fig. 11 I,3,27 Macchina impastatrice nell'angolo nord-est del laboratorio (d).

Fig. 12 I,3,27 Resti del forno.

~ 97 ~

Fig. 13 I,3,27 Muro ovest del laboratorio (d). E' visibile l'apertura che metteva in

comunicazione questo ambiente con la camera di cottura del forno.

I,4,12-17 e I,4,13-14 Complesso di pistrina di D. Junius Proculus

Fig. 14 I,4,13 Ambiente (a) con forno.

~ 98 ~

Fig. 15 I,4,12-17 Ambiente (b) con resti di macine.

Fig. 16 I,4,12-17 Forno.

~ 99 ~

Fig. 17 I,4,12-17 Veduta parziale dell'ambiente (b) con il forno e resti di macine.

I,12,1-2 Pistrinum di Sotericus

Fig. 18 I,12,1-2 Macine nell'ambiente (17).

~ 100 ~

Fig. 19 Forno.

Fig. 20 I,12,1-2 Sostegni per tavoli da lavoro nel laboratorio (12). Sono visibili gli incassi

per le scaffalature sulla parete di sinistra.

~ 101 ~

Fig. 21 I,12,1-2 Portico e viridarium.

V,1,14-16

~ 102 ~

Fig. 22 V,1,14-16 Atrium con impluvium, di cui è visibile il bordo modanato.

Fig. 23 V,1,14-16 Vasca per la raccolta dell'acqua nell'atrio.

~ 103 ~

Fig. 24 V,1,14-16 Forno sul lato meridionale dell'impianto.

Fig. 25 V,1,16 Bottega.

~ 104 ~

V,3,8

Fig. 26 V,3,8 Atrio con impluvium e macine.

Fig. 27 V,3,8 Atrio con impluvium e macine, dietro alle quali si nota l'ingresso al tablino.

~ 105 ~

Fig. 28 V,3,8 Resti dell'impluvium.

Fig. 29 V,3,8 Forno.

~ 106 ~

Fig. 30 V,3,8 Tablino. Resti di decorazione pavimentale.

Fig. 31 V,3,8 Pavimentazione in lastre basaltiche attorno alle macine.

~ 107 ~

V,4,1-2

Fig. 32 V,4,1-2 Macine lungo la parete orientale dell'ambiente (k).

Fig. 33 V,4,1-2 Forno.

~ 108 ~

Fig. 34 V,4,1-2 Laboratorio (P) a nord del forno.

Fig. 35 V,4,1-2 Apertura nel muro sud del laboratorio (P) in prossimità del forno.

Permetteva il passaggio dei pani direttamente dal laboratorio alla camera di cottura.

~ 109 ~

VI,2,6 Pistrinum di A. Cossius Libanus

Fig. 36 VI,2,6 Veduta d'insieme dell'ambiente (6) contenente le macine e il forno (7).

Fig. 37 VI,2,6 Forno.

~ 110 ~

Fig. 38 VI,2,6 Apertura sul lato destro del forno, comunicante con il piccolo

laboratorio.

Fig. 39 VI,2,6 Resti di una vaschetta per l'acqua presso il forno.

~ 111 ~

VI,3,1-4.27-28 Casa del Forno

Fig. 40 VI,3,1-4.27-28 Atrium tuscanico con impluvium (8).

Fig. 41 VI,3,1-4.27-28 Tablino (14).

~ 112 ~

Fig. 42 VI,3,1-4.27-28 Veduta da nord dell'ambiente (15) contenente le macine e il forno (17).

Fig. 42 VI,3,1-4.27-28 Macine su pavimento in basoli.

~ 113 ~

Fig. 43 VI,3,1-4.27-28 Forno (17).

Fig. 44 VI,3,1-4.27-28 Vasca ad alti bordi per la raccolta dell'acqua lungo la parete

sud dell'ambiente (15).

VI,5,15

~ 114 ~

Fig. 45 VI,5,15 Ambiente (8), probabilmente utilizzato come bottega.

Fig. 46 VI,5,15 Ambiente (1) un tempo contenente due macine, di cui sono visibili

le lacune circolari nella pavimentazione in basoli. I catilli che si possono osservare in questa foto

sono stati aggiunti successivamente agli scavi.

~ 115 ~

Fig. 47 VI,5,15 Ambiente (7), identificato come la camera da letto del fornaio.

Fig. 48 VI,5,15 Ambiente (3) utilizzato come locale di preparazione e cottura. Sono

visibili i resti di una macchina impastatrice ed il forno (9).

VI,6,4-5

~ 116 ~

Fig. 49 VI,6,4-5 Ambiente (1). Sono visibili i resti del forno (2).

Fig. 50 VI,6,4-5 Ambiente (3), forse usato come locale di lavoro.

VI,6,17-21 Pistrinum dei Christiani

~ 117 ~

Fig. 51 VI,6,17-21 Macine e forno nell'ambiente (1).

Fig. 52 VI,6,17-21 Macine.

~ 118 ~

Fig. 53 VI,6,17-21 Forno.

Fig. 54 VI,6,17-21 Placca rettangolare in terracotta raffigurante un elemento fallico con incisa la

frase “hic habitat felicitas”, in origine collocata nell'alloggiamento rettangolare presente sulla

facciata superiore del forno. Conservata al Museo Archeologico di Napoli.

~ 119 ~

VI,11,8-10 Casa del Labirinto

Fig. 55 VI,11,8-10 Corridoio (15) oltre il quale è visibile l'ambiente (16) contenente le macine e

il forno.

Fig. 56 VI,11,8-10 Ambiente (16). In primo piano sono due delle tre macine conservatesi.

Sul fondo è visibile il forno (55).

~ 120 ~

Fig. 57 VI,11,8-10 Forno e recipiente circolare per la raccolta dell'acqua.

Fig. 58 VI,11,8-10 Macchina impastatrice situata nel laboratorio (19).

~ 121 ~

VI,14,29-33

Fig. 59 VI,14,29-33 Ambiente (p) visto dall'ingresso 33. Si notano il forno (r) e una delle tre

macine.

Fig. 60 VI,14,29-33 Macine su pavimentazione in lastre basaltiche.

~ 122 ~

Fig. 61 VI,14,29-33 Forno (r).

Fig. 62 VI,14,29-33 Stalla (g) aperta sulla strada tramite l'ingresso 31.

VI,14,34

~ 123 ~

Fig. 63 VI,14,34 Veduta d'insieme della parte meridionale dell'atrio. Sulla sinistra si

nota l'accesso al laboratorio (l) con i resti di una macchina impastatrice, protetta da un gazebo a

causa del pessimo stato di conservazione.

Fig. 65 VI,14,34 Resti di macchina impastatrice in (l).

~ 124 ~

Fig. 66 VI,14,34 Ambiente (f). Sono visibili i resti dei basamenti in muratura di

quattro macine, che erano tuttavia già assenti al momento dell'eruzione nel 79 d.C. Sul fondo si nota

l'accesso alla stalla (k).

Fig. 67 VI,14,34 Forno (h) e dolio per l'acqua incassato nel terreno.

VII,1,36-37 Pistrinum di Modesto

~ 125 ~

Fig. 68 VII,1,36-37 Placchette decorative con rappresentazione fallica collocate a sinistra

dell'ingresso al pistrinum.

Fig. 69 VII,1,36-37 Placchette decorative raffiguranti una figura Priapica (in alto) e tre serie di

elementi circolari a spicchi (in basso), identificati come dei pani.

~ 126 ~

Fig. 70 VII,1,36-37 Atrio. Vasca ad alti bordi per la raccolta dell'acqua e il lavaggio del grano.

Ricavata dal precedente impluvium.

Fig. 71 VII,1, 36-37 Resti di macine nell'ambiente (l).

~ 127 ~

Fig. 72 VII,1,36-37 Forno. Al momento dello scavo la camera di cottura venne trovata

ancora chiusa dallo sportello in ferro e al suo interno furono ritrovati 81 pani carbonizzati

perfettamente conservatisi.

~ 128 ~

VII,2,3 Pistrinum di Terentius Neo

Fig. 73 VII,2,3 Peristilio (b). In basso a sinistra è riconoscibile una vasca in muratura per la

raccolta dell'acqua.

Fig. 74 VII,2,3 Ambiente (o). Sono visibili i resti di quattro macine in lava ed il forno.

~ 129 ~

Fig. 75 VII,2,3 Forno.

Fig. 76 Ritratto del panettiere Terentius Neo e della moglie trovato nell'abitazione

VII,2,6, alla quale viene associato il panificio VII,2,3. Ora conservato al Museo Archeologico di

Napoli.

~ 130 ~

VII,2,22 Pistrinum di Popidio Prisco

Fig. 77 VII,2,22 Ambiente d'ingresso contenente quattro grandi macine in pietra lavica ed

un forno.

Fig. 78 VII,2,22 Veduta principale del vano (b), di uso non definito e del forno (a).

~ 131 ~

Fig. 79 VII,2,22 Parte posteriore dell'impianto. In primo piano una macina, dietro la quale si

possono vedere i resti di una vasca per il lavaggio delle granaglie.

Fig. 80 VII,2,22 Resti di una macchina impastatrice, situata nel laboratorio (e).

~ 132 ~

VII,12,1-2.37 Pistrinum di Donatus

Fig. 81 VII,12,1-2.37 Ambiente (1) accessibile dall'ingresso 2. Utilizzato come bottega per la

vendita al dettaglio.

Fig. 82 VII,12,1-2.37 Ambiente principale, accessibile dagli ingressi 1 e 37. Sul fondo si

possono vedere i resti di un forno.

~ 133 ~

Fig. 83 VII,12,1-2.37 Resti del forno.

VII,12,7

~ 134 ~

Fig. 84 VII,12,7 Ambiente (a) utilizzato come bottega. Sul fondo si nota l'accesso al

triclinio (b) e il corridoio conducente alla parte posteriore dell'impianto.

Fig. 85 VII,12,7 Forno. Situato nell'angolo sud-est dell'impianto.

VII,12,11

~ 135 ~

Fig. 86 VII,12,11 Bottega (a). Sul fondo sono visibili il magazzino (b), a sinistra, ed il

corridoio (c), a destra, conducente alla zona di lavoro situata nella parte posteriore dell'edificio.

Fig. 87 VII,12,11 Ambiente (d). In primo piano si nota il locale (g), usato come deposito o

laboratorio, e sul fondo la grande facciata ad arco del forno.

~ 136 ~

Fig. 88 VII,12,11 Forno.

VII,12,13 Pistrinum di Sabinus

~ 137 ~

Fig. 89 VII,12,13 Bottega (a). Sul fondo si nota il triclinio (b), a sinistra, ed il corridoio

d'accesso alla parte retrostante dell'impianto, a destra.

Fig. 90 VII,12,13 Sostegni per tavoli da lavoro lungo la parete ovest del corridoio d'accesso

alla parte posteriore dell'edificio.

~ 138 ~

Fig. 91 VII,12,13 Resti del forno per la cottura dei pani, situato nell'angolo sud-est

dell'impianto. É ben visibile la struttura a cupola della camera di cottura.

Fig. 92 VII,12,13 Semicolonna in laterizi situata all'angolo nord-est dell'ambiente (d) e

contenente al suo interno una tubatura in terracotta, il cui uso non è tuttavia definito.

~ 139 ~

VII,14,9

Fig. 93 VII,14,9 Ambiente (21). In esso era collocato il pistrinum domestico, poi eliminato.

Rimangono visibili una parte del basamento di una macina, nell'angolo nord-est, inglobata

all'interno del muro e la bocca del forno nei pressi dell'ambiente (20).

Fig. 94 VII,14,9 Primo piano della bocca del forno. Si notino le piccole dimensioni

dell'apertura.

VII,16,6.9

~ 140 ~

Fig. 95 VII,16,6.9 Resti di macine nell'ambiente (1) accessibile dall'ingresso 6.

Fig. 96 VII,16,6.9 Ambienti (1), (2) e (3) accessibili dall'ingresso 9. Del forno, collocato in

(2), non rimangono tracce.

VIII,4,26-29 Pistrinum di Felix

~ 141 ~

Fig. 97 VIII,4,26-29 Veduta dalle fauces (q) dell'atrio (b), contenente le macine ed il forno.

Fig. 98 VIII,4,26-29 Forno.

VIII,6,1.8-10 Pistrinum di P. Emilius Gallicus

~ 142 ~

Fig. 99 VIII,6,1.8-10 Veduta da est dei resti delle macine nell'atrio (a).

Fig. 100 VIII, 6,1.8-10 Veduta da ovest dei resti delle macine nell'atrio (a) e del forno (d).

~ 143 ~

Fig. 101 VIII,16,1.8-10 Forno.

IX,1,3.33

~ 144 ~

Fig. 102 IX,1,3.33 Ingresso al civico 3, con bancone di vendita.

Fig. 103 IX,1,3.33 Macine lungo il muro meridionale.

~ 145 ~

Fig. 104 IX,1,3.33 Veduta da nord-ovest dell'area di fronte al forno. In primo piano si nota un

dolio inserito in un basamento in muratura, chiaramente utilizzato per la raccolta dell'acqua.

Fig. 105 IX,1,3.33 Forno.

IX,3,10-12 Pistrinum di T.Terentius Proculus

~ 146 ~

Fig. 106 IX,3,10-12 Ambiente (a) usato come taberna e bottega. In primo piano sono visibili i

resti di un bancone di vendita.

Fig. 107 IX,3,10-12 Veduta del panificium dall'ingresso 12. In primo piano il basamento in

muratura di una macina; sul fondo è visibile invece il forno.

~ 147 ~

Fig. 108 IX,3,10-12 Estremità orientale dell'impianto. A destra del forno sono presenti tre

basamenti in muratura di macine, circondati da pavimentazione in lastre basaltiche.

Fig. 109 IX,3,10-12 Forno.

~ 148 ~

IX,3,19-20 Pistrinum di Papirius Sabinus

Fig. 110 IX,3,19-20 Macine nell'ambiente (a).

Fig. 111 IX,3,19-20 Resti del forno (b).

IX,5,4

~ 149 ~

Fig. 112 IX,5,4 Bottega (a).

Fig.113 IX,5,4 Macine in (b).

~ 150 ~

Fig. 114 IX,5,4 Pozzo o bocca di cisterna in pietra lavica nel laboratorio (d). Sulla parete di

fondo, si nota un'apertura, a destra, che connetteva il locale al forno.

Fig. 115 IX,5,4 Forno (f).

IX,12,6-8 Pistrinum di C. Julius Polybius

~ 151 ~

Fig. 116 IX,12,6-8 Ambiente (f) con forno e macine. Visto da nord.

Fig. 117 IX,12,6-8 Ambiente (f) con forno e macine. Visto da sud.

~ 152 ~

Fig. 118 IX,12,6-8 Macine all'angolo nord-ovest dell'ambiente (f).

Fig. 119 IX,12,6-8 Forno.

~ 153 ~

Fig. 120 IX,12,6-8 Apertura sul lato sud del forno in connessione con il laboratorio (g).

Fig. 121 IX,12,6-8 Stalla (p). Veduta da sud-est. Sul pavimento sono visibili gli scheletri dei

cinque equidi morti in questo ambiente al momento dell'eruzione del 79 d.C.

Da VARONE 1989, p. 235.

~ 154 ~

Fig. 122 IX,12,6-8 Stalla (p). Pianta dei ritrovamenti effettuati nell'ambiente. Da VARONE

1989, p.234

~ 155 ~

Fig. 123 Carta di distribuzione dei panifici e delle pasticcerie. (aggiornata da LA TORRE 1988,

p. 85, fig.4)

~ 156 ~

Fig. 124 Carta di distribuzione dei pistrina senza macine. (aggiornata da LA TORRE 1988, p.85,

fig. 4)

~ 157 ~

Fig. 125 Carta di distribuizione dei pistrina forniti di bottega o punto di vendita. (aggiornata da

LA TORRE 1988, p.85, fig.4.

~ 158 ~

Fig. 126 Carta di distribuzione dei pistrina installatisi in precedenti abitazioni. (aggiornata da LA

TORRE 1988, p.85, fig. 4)

~ 159 ~

Fig. 127 Carta di distribuzione dei pistrina sorti dopo il 62 d.C. (aggiornata da LA TORRE 1988,

p. 85, fig. 4 )