Il San Francesco Borgia di Andrea Pozzo nella Chiesa del Gesù di Genova: storia di un dipinto, di...

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29 Nel cuore di Genova si affaccia su piazza Matteotti una delle più importanti chiese della città. Espressione del potere, del pen- siero e della spiritualità dei Gesuiti, la Chiesa del Gesù costituisce il cuore della Casa Professa ligure ed insieme al Collegio di Via Balbi è la manifestazione più evidente della presenza della Compagnia di Gesù a Genova. Edificata a partire dal 1589 essa custodisce al suo interno opere di riconosciuta fama e valore realizza- te, su commissione dell’ordine o delle famiglie nobiliari che detene- vano il giuspatronato delle cappelle, in osservanza ad un programma ico- nografico volto alla celebrazione della Compagnia e dei suoi santi 1 . Tra i numerosi capolavori realizza- ti per la chiesa della Casa Professa, particolare attenzione deve essere riservata all’opera raffigurante San Francesco Borgia ubicata nella prima cappella della navata di sinistra. Tale interesse è motivato non solo dalla comprovata paternità di Andrea Pozzo, ma anche dal fatto che il suo studio potrebbe fornire importanti informazioni circa la sto- ria della chiesa nonché aiutare lo sviluppo del dibattito critico sulla presenza e sull’attività del pittore trentino a Genova. La cronologia degli spostamenti del gesuita Andrea Pozzo, come d’altra parte le fasi della sua forma- zione, non è stata ancora pienamen- te definita. Molteplici furono comunque le tappe del cammino che lo portò da Trento, ove nacque nel 1642, in Lombardia, Piemonte e Liguria per giungere poi a Roma e infine a Vienna dove morì nel 1709 2 . Le principali informazioni circa la permanenza dell’artista a Genova possono essere tratte non solo dall’Historia Domus della Casa Pro- fessa, ma anche dall’opera del Ratti la cui attendibilità però, almeno per taluni aspetti, è stata ormai messa in discussione. Del tutto infondata risulta, infatti, la notizia che il Pozzo abbia indossa- to l’abito religioso nel Noviziato di Genova (informazione che in realtà anche il Ratti riporta con qualche cautela 3 ), come ricorda anche Gio- vanni Romano il quale colloca il periodo di noviziato dell’artista a Chieri 4 . Non paiono esservi dubbi invece sul fatto che l’artista “rivide Genova più d’una volta” 5 . Sono stati infatti appurati due viaggi nella città ligure: il primo tra la fine del 1671 e l’inizio del 1672, il secondo nel 1673; a questi, forse, potrebbe essere aggiunto un terzo soggiorno tra il 1678 e il 1679 6 . Alcuni dubbi permangono anche sull’entità della produzione di Pozzo in Liguria. Nonostante ricordi l’impegno dell’artista trentino in svariati pro- getti, l’Historia Domus certifica infatti la presenza di solamente due opere a lui ascrivibili all’interno della chie- sa della casa professa (raffiguranti San Francesco Borgia e San Stani- slao Kostka) 7 . A queste il Ratti aggiunge le tele raffiguranti San Francesco Saverio e nuovamente San Francesco Borgia, conservate rispettivamente nella chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta a Novi Ligure e nella chiesa del Collegio di Sanremo, alle quali devono, a suo dire, essere ulterior- mente addizionati altri due dipinti realizzati per Sanremo e per la chie- sa del Noviziato in Carignano e oggi andati perduti 8 . Il Ratti non si limita però solo a segnalare un numero maggiore di opere, ma si spinge perfino a nega- re un coinvolgimento di Pozzo nel- l’esecuzione degli affreschi della Il San Francesco Borgia di Andrea Pozzo nella Chiesa del Gesù di Genova: storia di un dipin- to, di un santo e di un libro scomparso Davide Ferraris cappella di San Francesco Borgia nella chiesa del Gesù 9 . Lo storico genovese, che insieme all’Alizeri attribuisce la decorazione a Lorenzo De Ferrari, si pone dun- que in aperto contrasto con la cro- naca della Casa Professa in cui si ricollega all’artista trentino l’intera ornamentazione della cappella 10 . Il dibattito critico, nato dalla divergenza delle fonti, vede contrap- posti coloro che accettano la testi- monianza dell’Historia Domus a colo- The proof that The “Compagnia di Gesù” settled in Genoa is constituted by the construction of the church “Casa Professa”, to which also parti- cipated the Gesuit Andrea Pozzo for its decorations. This artist, who came from the Trentino area, also carried out in Liguria a total of six works; two of which have now been lost. Poz- zi’s various travels are little known, but tradition says the Ligurian pain- tings were largest altar pieces he painted. By analysing them it is pos- sible to gain important information about this artist’s efforts towards fin- ding the best way of expressing the Gesuitical spirituality. The painting depicting San Francesco Borgia con- stitutes a perfect example of those efforts. In this work the artist shows his research , through specific holy texts in order to better express the per- sonality of this Spanish saint. Pozzi also shows, for the first time, a male figure in a kneeling position while reading a book. This element of the Genoese work has now disappeared; it is probably due to the controversy regarding the restoration in the 19th century carried out in this “Church of Jesus “ particularly on the works of Pozzi. It is hoped to find out more details regarding the painter’s works there which could give rise to intere- sting discoveries.

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Nel cuore di Genova si affaccia supiazza Matteotti una delle piùimportanti chiese della città.

Espressione del potere, del pen-siero e della spiritualità dei Gesuiti,la Chiesa del Gesù costituisce ilcuore della Casa Professa ligure edinsieme al Collegio di Via Balbi è lamanifestazione più evidente dellapresenza della Compagnia di Gesù aGenova.

Edificata a partire dal 1589 essacustodisce al suo interno opere diriconosciuta fama e valore realizza-te, su commissione dell’ordine odelle famiglie nobiliari che detene-vano il giuspatronato delle cappelle,in osservanza ad un programma ico-nografico volto alla celebrazionedella Compagnia e dei suoi santi1.

Tra i numerosi capolavori realizza-ti per la chiesa della Casa Professa,particolare attenzione deve essereriservata all’opera raffigurante SanFrancesco Borgia ubicata nella primacappella della navata di sinistra.

Tale interesse è motivato nonsolo dalla comprovata paternità diAndrea Pozzo, ma anche dal fattoche il suo studio potrebbe fornireimportanti informazioni circa la sto-ria della chiesa nonché aiutare losviluppo del dibattito critico sullapresenza e sull’attività del pittoretrentino a Genova.

La cronologia degli spostamentidel gesuita Andrea Pozzo, comed’altra parte le fasi della sua forma-zione, non è stata ancora pienamen-te definita.

Molteplici furono comunque letappe del cammino che lo portò daTrento, ove nacque nel 1642, inLombardia, Piemonte e Liguria pergiungere poi a Roma e infine aVienna dove morì nel 17092.

Le principali informazioni circala permanenza dell’artista a Genovapossono essere tratte non solodall’Historia Domus della Casa Pro-

fessa, ma anche dall’opera del Rattila cui attendibilità però, almeno pertaluni aspetti, è stata ormai messa indiscussione.

Del tutto infondata risulta, infatti,la notizia che il Pozzo abbia indossa-to l’abito religioso nel Noviziato diGenova (informazione che in realtàanche il Ratti riporta con qualchecautela3), come ricorda anche Gio-vanni Romano il quale colloca ilperiodo di noviziato dell’artista aChieri4.

Non paiono esservi dubbi invecesul fatto che l’artista “rivide Genovapiù d’una volta” 5.

Sono stati infatti appurati dueviaggi nella città ligure: il primo trala fine del 1671 e l’inizio del 1672, ilsecondo nel 1673; a questi, forse,potrebbe essere aggiunto un terzosoggiorno tra il 1678 e il 1679 6.

Alcuni dubbi permangono anchesull’entità della produzione diPozzo in Liguria.

Nonostante ricordi l’impegnodell’artista trentino in svariati pro-getti, l’Historia Domus certifica infattila presenza di solamente due operea lui ascrivibili all’interno della chie-sa della casa professa (raffigurantiSan Francesco Borgia e San Stani-slao Kostka)7.

A queste il Ratti aggiunge le teleraffiguranti San Francesco Saverio enuovamente San Francesco Borgia,conservate rispettivamente nellachiesa Collegiata di Santa MariaAssunta a Novi Ligure e nella chiesadel Collegio di Sanremo, alle qualidevono, a suo dire, essere ulterior-mente addizionati altri due dipintirealizzati per Sanremo e per la chie-sa del Noviziato in Carignano e oggiandati perduti8.

Il Ratti non si limita però solo asegnalare un numero maggiore diopere, ma si spinge perfino a nega-re un coinvolgimento di Pozzo nel-l’esecuzione degli affreschi della

Il San Francesco Borgia di Andrea Pozzo nellaChiesa del Gesù di Genova: storia di un dipin-to, di un santo e di un libro scomparso

Davide Ferraris

cappella di San Francesco Borgianella chiesa del Gesù9.

Lo storico genovese, che insiemeall’Alizeri attribuisce la decorazionea Lorenzo De Ferrari, si pone dun-que in aperto contrasto con la cro-naca della Casa Professa in cui siricollega all’artista trentino l’interaornamentazione della cappella10.

Il dibattito critico, nato dalladivergenza delle fonti, vede contrap-posti coloro che accettano la testi-monianza dell’Historia Domus a colo-

The proof that The “Compagnia diGesù” settled in Genoa is constitutedby the construction of the church“Casa Professa”, to which also parti-cipated the Gesuit Andrea Pozzo forits decorations. This artist, who camefrom the Trentino area, also carriedout in Liguria a total of six works;two of which have now been lost. Poz-zi’s various travels are little known,but tradition says the Ligurian pain-tings were largest altar pieces hepainted. By analysing them it is pos-sible to gain important informationabout this artist’s efforts towards fin-ding the best way of expressing theGesuitical spirituality. The paintingdepicting San Francesco Borgia con-stitutes a perfect example of thoseefforts. In this work the artist showshis research , through specific holytexts in order to better express the per-sonality of this Spanish saint. Pozzialso shows, for the first time, a malefigure in a kneeling position whilereading a book. This element of theGenoese work has now disappeared; itis probably due to the controversyregarding the restoration in the 19thcentury carried out in this “Churchof Jesus “ particularly on the works ofPozzi. It is hoped to find out moredetails regarding the painter’s worksthere which could give rise to intere-sting discoveries.

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1. Ignoto, Ex voto raffigurante il bom-bardamento navale di Genova nel 1684,secolo XVII, Genova, Museo di SantaMaria di Castello.

2. Andrea Pozzo, San Francesco Borgia,la Madonna con il Bambino e Sant’Anna,1671-72 circa, Genova, Chiesa deiSanti Ambrogio e Andrea (il Gesù).

3. Luca Giordano, San Francesco Save-rio battezza gli indiani, XVII secolo,Napoli, Museo di Capodimonte (Pergentile concessione della Fototecadella Soprintendenza Speciale per ilP.S.A.E. e per il Polo Museale dellaCittà di Napoli).

ro, tra cui Ezia Gavazza, che sosten-gono la correttezza dell’attribuzioneal De Ferrari.

Recentemente Lauro Magnani haavanzato una proposta che mira aconiugare le due posizioni: la suaipotesi, infatti, è che il Pozzo abbiarealmente affrescato gli spazi dellacappella, come provano i riquadricon angeli recanti gli attributi ico-nografici del santo spagnolo sull’ar-cone, ma che, in un secondomomento, vi sia stato un interventoanche del De Ferrari, forse chiama-to per porre rimedio ai danni arre-cati alla chiesa dal bombardamentonavale ordinato da Luigi XIV nel168411. (fig. 1)

Scopo del presente articolo èdimostrare come alcune informazio-ni, particolarmente importanti peruna valutazione dell’intera produ-zione di Andrea Pozzo in Liguria,possano essere reperite all’internodella tela realizzata per la cappelladi San Francesco Borgia.

In primo luogo occorre innanzi-tutto però riepilogare le vicende cheportarono all’arrivo di Pozzo aGenova e alla decisione di affidare alui la realizzazione dell’opera cele-brativa del santo spagnolo.

Come accennato, l’arrivo a Geno-va dovrebbe essere collocato nelcorso del 1671: nel novembre diquell’anno i padri genovesi avevanoinfatti deciso di celebrare in modoadeguato la canonizzazione di Fran-cesco Borgia dopo che, nel mese di

fessa fu ricoperta da NiccolòGentile16 il quale in precedenza erastato Rettore del Collegio di Brera eche dunque avrebbe potuto agevola-re in qualche modo l’arrivo dell’ar-tista a Genova17.

Lo stesso padre Gentile, divenutoredattore dell’Historia Domus, indata 1672 fa riferimento a nonmeglio precisati interventi dell’arti-sta in occasione dei suddetti festeg-giamenti: “All’attività di questo fratellodobbiamo anche molte altre opere simili,soprattutto in occasione delle celebrazionidell’anno precedente in onore di S. Fran-cesco Borgia” 18.

Ai dipinti illustranti le imprese e imiracoli del nuovo santo gesuita,collocati in chiesa in occasione dellecelebrazioni, sarebbero da ricollega-re, stando a Maurizio Fagiolo Del-l’Arco, le due opere del Pozzo disoggetto analogo ossia il Sant’Ignazioche impone l’abito dell’Ordine gesuitico aSan Francesco Borgia, realizzata per lachiesa di Santo Stefano a Sanremo,e la Vergine che appare a San FrancescoBorgia, collocata nella cappella dedi-cata al santo all’interno della chiesadel Gesù19.

Originariamente dedicata a SanFrancesco Saverio e successivamen-te a Sant’Anna, questa fu l’ultimaad essere decorata grazie all’inter-vento di Giovanni Pietro Spinolache determinò anche il cambio diintitolazione a favore del santo spa-gnolo20.

L’intera operazione, stando allacronaca, fu affidata ad AndreaPozzo che la portò a compimentosenza il minimo impegno economi-co da parte dell’Ordine: “Si rese bene-merito in quest’opera il fratello AndreaPozzo, insigne pittore, che dipinse mira-bilmente con il suo pennello, senza alcu-na spesa, le immagini sia a fresco nellavolta e nei suoi angoli, sia nel quadro

luglio, analoghi festeggiamenti sierano tenuti presso la Casa Professadi Milano12.

Tracce di questi festeggiamentisono state riscontrate anche neiLibri dei Cerimoniali in cui si ricor-da come ai Collegi, presenti allesolenni celebrazioni, fu offerta unabiografia del santo in sostituzionedei tradizionali mazzi di fiori13.

A realizzare gli apparati effimeriper i festeggiamenti genovesi, secon-do l’ipotesi più accreditata, sarebbestato proprio Andrea Pozzo, chiama-to forse nel tentativo di replicare laricchezza della celebrazione tenutasia Milano14.

L’uso del condizionale apparenecessario poiché nella descrizionedel “bellissimo teatro”, riportata nel-l’Historia Domus Professa, non si facenno all’artista trentino ma soloall’imponenza dell’apparato effime-ro: “Tutti ammiravano la magnificenzadell’altar maggiore simile a un bellissimoteatro, il suono armonioso di quasi tuttigli strumenti, l’elegante e splendida deco-razione di tutta la chiesa, i dipinti appe-si agli archi che rappresentavano i mira-coli e alcuni fatti importanti della vitadi S. Francesco Borgia, e gli undici alta-ri colmi di ornamenti d’argento, nonpresi a prestito ma tutti appartenentialla chiesa” 15.

L’intervento del Pozzo apparetuttavia giustamente ipotizzabile sesi considera, come ricorda LauroMagnani, che dal 1671 al 1674 lacarica di superiore della Casa Pro-

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principale sopra l’altare” 21.Prima opera realizzata in Liguria,

la Vergine che appare a San FrancescoBorgia è stata considerata come laprova di una certa permeabilità alcontesto genovese nel quale l’artistasi era immerso. (fig. 2)

La critica, in particolare, ha postol’accento sia sul taglio diagonale sucui è impostata la composizione, siasugli angeli che sorreggono la mensadell’altare: per il primo elemento,infatti, il Pozzo avrebbe guardato aiMiracoli di Sant’Ignazio del Rubens,per il secondo al Presepe di TommasoOrsolino nella cappella Raggi22.

L’aspetto sul quale occorre tutta-via focalizzare l’attenzione è il parti-colare soggetto prescelto dall’artista.

L’iconografia del santo spagnolo,la cui semplicità il Réau ricollega allatardiva canonizzazione rispetto allamorte avvenuta nel 157223, appareincentrata su alcuni simboli ed attri-buti che trovano la loro spiegazionenelle vicende biografiche: il cappel-lo, la corona, la spada, e talora l’ar-matura, che sovente vengono raffi-gurati ai suoi piedi sono infatti sim-boli della dignità ecclesiastica cherifiutò e delle cariche politiche emilitari a cui rinunciò per poterabbracciare la vita religiosa24; ilteschio incoronato che talvolta reggein mano allude invece al turbamentoprovato dal santo alla vista delle spo-glie mortali della regina Isabella e

dunque al momento iniziale di quelpercorso di conversione che termi-nerà con l’ingresso nella Compa-gnia. (fig. 3)

L’opera che Pozzo realizza per lachiesa del Gesù di Genova parediscostarsi, almeno in parte, da que-sta tradizione figurativa.

Ai richiami a specifici episodi bio-grafici viene infatti preferito unasorta di ritratto della personalità edella spiritualità del santo.

Naturalmente la sensibilità reli-giosa dell’artista, oltre alla praticadegli Esercizi Spirituali, deve avercostituito il necessario punto di par-tenza per l’elaborazione di questosoggetto, ma un ruolo di primopiano deve essere riconosciutoanche e soprattutto alle agiografie,ai testi devozionali e alle parole deipredicatori a cui innegabilmentePozzo attinge per la creazione delleiconografie, completamente o soloparzialmente originali, che ripropo-ne in molte sue opere tra le qualiappunto anche le tele genovesi.

Nello specifico caso qui preso inconsiderazione risulterà proficuoanalizzare la biografia redatta dalBartoli dalla quale apprendiamonon solo gli eventi storici che lovidero coinvolto ma anche gli aspet-ti più intimi della sua personalità.

Durante il periodo laico della suaesistenza, Francesco Borgia fu unuomo molto ricco e potente.

Duca di Gandia e vicerè di Catalo-gna, prima di abbracciare la vita reli-giosa ed entrare nella Compagnia diGesù, visse per molto tempo a strettocontatto con la corte spagnola primain qualità di paggio di Caterina,intenta ad assistere la madre Giovan-na la Pazza a Tordesillas, e poi, a par-tire dal 1529, in virtù del matrimo-nio con Eleonora de Castro, damad’onore dell’imperatrice Isabella.

L’elevato status sociale raggiunto(testimoniato dalla nomina a grancacciatore del re e cavallerizzo mag-giore dell’imperatrice), nonché lanascita di otto figli, non gli impedi-rono di decidere di seguire una con-dotta di vita più spirituale in seguitoalla morte improvvisa della reginaIsabella la cui identità fu incaricatodi riconoscere prima della sepolturae il cui feretro fu delegato di accom-pagnare a Granada.

Trasferitosi a Barcellona per esple-tare le sue mansioni di vicerè, ebbemodo di conoscere San Pietro d’Al-cantara e, nel 1541, Pietro Favre chelo avvicinò alla Compagnia di Gesù.

La decisione di entrare nell’Ordi-ne giunse all’indomani della mortedella moglie avvenuta nel 154625.

Due anni dopo fece la solenneprofessione, anche se in segreto peravere la possibilità di continuare adamministrare i suoi beni in abitosecolare.

Nel 1551, ricevuto il permesso da

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4. Andrea Pozzo, Miracolo di San Siro,1675, Diocesi di Pavia – Ufficio Beniculturali.

5. Andrea Pozzo, San Francesco Saveriobattezza la principessa Neachile, 1690,Sansepolcro, Museo Civico.

Carlo V, rinunciò ai suoi beni, fu ordi-nato sacerdote e celebrò la sua primamessa presso la casa dei Loyola.

Dopo tre anni pronunciò i votisemplici dei professi e nel 1565,dopo aver rifiutato la nomina a car-dinale offertagli dal Papa ed esserestato nominato commissario genera-le della Compagnia per la Spagna eil Portogallo, fu eletto PrepositoGenerale dell’Ordine26.

Quest’uomo, a cui si deve la fon-dazione a Gandia del primo collegiogesuita divenuto poi università e l’ap-provazione da parte di Paolo III degliEsercizi Spirituali, nutriva unaprofonda devozione per l’Eucarestia.

Narra il Bartoli che l’amore delBorgia nei confronti del “Cristoregnante in cielo” si manifestava conparticolare intensità “quanto l’haveaveramente glorioso e beato nelle suemani, mentre offeriva il divin Sacrificio:e davanti a’suoi occhi visitandolo nellaChiesa. E […] non passava giorno, nelquale non gli si presentasse davanti ariverirlo, e star seco alcun non brievespatio di tempo, almen sette volte.Dovunque viaggiando si riposasse, ò almezzodì, ò la sera, se v’havea chiesa, neandava subito in cerca e quivi lungospatio ginocchioni à piè del divin Sacra-mento, si ristorava del danno dell’esserestato tante hore senza poterglisi presentardavanti a riverirlo. […] Non n’era poilontano né pur quando non gli eradavanti: peroche dovunque venisse adabitare, il luogo più vicino alla chiesa,fosse camera, fosse tugurio, il prendevaper sé […]” 27.

“Il colmo di tutte le più isquisite deli-tie del suo spirito” giungeva peròdurante la celebrazione della messa,quando il trasporto per il “divinSacrificio” raggiungeva una taleintensità da indurlo sovente in unostato di estasi: “Prima di presentarsiall’altare e nel vestire il sacro abito Sacer-dotale, e in ciascuna parte della messa,tanti erano i misteri, massimamentedella Passione del Redentore, che si reca-va alla mente, tante le considerationi chesopra essi faceva, e gli affetti d’altissimacarità verso Dio, e di profondissimaumiltà contra sé stesso […]. Entratoch’era nel più intimo de Sacrificio nonrimaneva più in balia di sé stesso, perproseguire a misura di tempo il rimanen-te: e facea bisogno di scuoterlo, ò di trarlopiù volte, e con forza per la vesta, accioc-ché rinvenisse: per la qualche cagionequasi mai non celebrava in pubblico.Avvennegli di cominciar la messa duehore avanti il mezzo dì, e non haverlacompiuta a vespro: sì forte l’haveva Chri-sto coll’amore suo alienato da’sensi, e

unito a sé con tutta l’anima in estasi” 28.Forte di queste testimonianze, il

Pozzo sceglie dunque di raffigurarenella tela genovese un FrancescoBorgia particolarmente magro edassorto nella preghiera, intento acelebrare la Santa Messa con gliabiti sacerdotali, le mani giunte, losguardo rapito e il volto circonfusodi luce.

Ancora una volta appare inevita-bile il confronto col testo del Bartoli:il santo, “che altro più ardentemente nondesiderava, né più istantemente chiedeva,che di giugnere ad havere i patimenti perconsolatione, e le consolationi per pati-menti”, era solito dedicarsi almenodieci ore al giorno alla meditazionee alla contemplazione29.

“[…] ben si vedeva all’uscirne – pre-cisa il biografo gesuita – qualchesegno esteriore dell’infocamento interiore,la faccia che pareva […] ardergli quasifosse tutta una bragia fortemente accesa.Nell’oratione stessa fu più volte vedutointorniato di luce densa, e chiara comed’un sole […] e non potendo il P. Giro-lamo Ruiz del Portiglio […] sofferirnel’eccessivo splendore, diede indietro congli occhi tutto abbagliati come chi vera-mente gli ha tenuti fermi nel sole. Esimilmente il P. Diego d’Ayala, notissimonella Spagna, pellegrinando una voltacol Santo, nel chiamarlo che fece per con-tinuare il viaggio, vide la camera dell’al-bergo dove si era nascosto ad orare, tuttasfavillante di luce densa; che a lui usci-va dal volto come ad un sole, e ribervera-vasi da per tutto. Spesso avveniva d’en-trare uno e più de’ Nostri dove egliorava, e parlare, e chiamarlo in vocealta, ne nulla essere uditi da lui, i cuisensi abbandonati dall’attentione dell’a-nima, tutta assorta in Dio, havean per-duto l’uso della lor facultà naturale.Dove si era fermato ad orare, trovavasiallagato di lagrime, piovutegli in quellagran copia da gli occhi […]” 30.

La fedeltà alla biografia del santoappare dunque evidente, tanto piùse si ci sofferma sulla presenza delchierico che potrebbe essere identi-ficato con Marco31, l’assistente delBorgia ricordato anche da FabioAmbrogio Spinola32, che risultereb-be essere l’unico testimone dellesue estasi, considerate le restrizioniapplicate alla sua facoltà di celebra-re in pubblico: “Questa licenza – ricor-da infatti il Bartoli – che il S. P. France-sco si prendeva di sodisfare al suo spiri-to, dando tre, quattro, e più hore aldivin sacrificio, era […] di sol quandocelebrava nella cappella di casa, e le piùvolte senza intervenirvi altro testimoniodella sua divotione, che il suo stesso com-

pagno” 33.Probabilmente per sottolineare

l’intensità della devozione del Bor-gia, Andrea Pozzo sceglie di inseri-re, nella fascia superiore della com-posizione, le immagini di Maria colBambino e Sant’Anna che, insiemeagli angeli, paiono assistere alla cele-brazione della messa da parte delsanto.

Una scelta iconografica particola-re che vede l’artista ispirarsi allaSanta Elisabetta della Visitazione diLemna, sua opera del 1670-7134, perrealizzare il volto della Vergine eche cela, con ogni probabilità, lavolontà di recuperare le intitolazio-ni precedenti della cappella, adat-tandosi contemporaneamente aduna composizione dal forte tagliodiagonale con in primo piano ilsanto e sullo sfondo, quasi a volercreare un legame tra spazio reale espazio fittizio, lo scorcio dell’internodi una chiesa.

In un saggio di recente pubblica-zione è stata avanzata l’ipotesi che ilchierico in primo piano, intimoritodall’apparizione miracolosa, si stianascondendo dietro l’altare35.

Questa lettura dell’opera, sebbe-ne errata, induce a soffermarsi suquesta figura maschile la cui analisirivela importanti informazioni euna storia ancora poco nota.

Da un’osservazione attenta si puònotare innanzitutto come la posizio-ne delle mani del giovane chierico,dal cui volto non traspare alcuntimore o turbamento, e la posturastessa del soggetto sembrino esserestate appositamente studiate per sor-reggere e sostenere un qualcheoggetto.

La funzione di questo personag-gio risulta chiarita dal confrontocon il Miracolo di San Siro, opera suc-cessiva realizzata per il Duomo diPavia, ove tra le mani di un chiericoinginocchiato compare un volumi-

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noso testo, dal peso evidentementepiuttosto considerevole, dal quale ilsanto patrono della città lombarda èintento a leggere la formula dell’e-sorcismo nel tentativo di liberaredalla possessione demoniaca Estasioda Brescia36. (fig. 4)

Un ruolo questo che ritorneràanche in altre opere: vediamo ilchierico chiaramente riconoscibilenel San Francesco Saverio battezza laprincipessa Neachile, opera del 1690conservata nel Museo Civico di San-sepolcro e ripresa dal Mignocchi perla chiesa di San Francesco Saverio diTrento, e si intuisce la sua presenzanell’opera di soggetto analogo custo-dita attualmente al Castello delBuonconsiglio di Trento. (fig. 5)

Successivamente, quasi si trattassedi una “promozione sul campo”, ilgiovane chierico diviene un angelodisceso dal Paradiso appositamenteper sorreggere il testo della Regoladell’Ordine al quale Sant’Ignazio diLoyola fa riferimento durante lacerimonia di accettazione e vestizio-ne di San Francesco Borgia.

In questa veste compare nell’ope-ra realizzata per la chiesa di SantoStefano a Sanremo e nella versionepreparatoria di Parma. (fig. 6)

Una volta liberato dall’opprimen-te peso del volume, l’angelo puòanche concedersi la libertà di osser-vare direttamente il fruitore: è ciòche accade nella Sacra famiglia e ange-

li di Cuneo ove, posizionato semprein ginocchio nell’angolo destrodella composizione, è colto nelgesto di porgere con slancio a SanGiuseppe un piccolo cesto di fruttadal quale il santo sceglie una perada offrire, forse più come gioco checome cibo, al Bambino Gesù sorret-to da Maria e da due putti. (fig. 7)

Una scena che esprime efficace-mente un sentimento che potrem-mo definire di giocosa affettuosità,sottolineata dal sorriso divertito del-l’angelo, ma che può celare ancheun ben più severo richiamo agliEsercizi Spirituali.

Agli occhi di Heinrich Pfeiffer ilgesto di San Giuseppe risulta infattiessere la fedele traduzione “in formae colore” dell’invito, rivolto al fedeleda Sant’Ignazio, a trarre da ognimeditazione un insegnamento, un“frutto spirituale” 37.

Si tratta dunque di un impegnati-vo invito alla riflessione, reso peròpiù piacevole dai mezzi impiegatidal Pozzo per renderlo comprensibi-le.

Un’attenzione quest’ultima chel’artista applica anche all’Angelocustode di Mondovì: anche in questocaso, infatti, la dolcezza con cui l’an-gelo si rivolge al bambino, simbolodell’anima del fedele posta sotto lasua protezione, è finalizzata a rende-re chiaro il concetto in base al qualela salvezza dal fuoco infernale si

ottiene solamente rivolgendosi aDio.

Un invito la cui perentorietà è evi-denziata dal gesto del messaggerodivino che, come anche altri oratorinelle opere di Pozzo, sottolinea lesue parole indicando emblematica-mente il cielo38.

Il traguardo finale del percorsoiniziato con il giovane chierico raffi-gurato nella tela genovese con SanFranscesco Borgia e proseguito attra-verso l’angelo dell’opera sanremesepuò essere individuato nell’affrescorealizzato dal Pozzo per la chiesa diSant’Ignazio a Roma.

Qui, infatti, tra gli angeli cele-branti “le opere di S. Ignazio, e dellaCompagnia di Gesù in dilatare per ilMondo la Fede Cristiana” nonché gli“Huomini Apostolici della Compagnia”,ne spicca uno in particolare.

Egli non è intento ad arroventarela propria spada “per atterrare i Vizi”né cerca di estinguere “con le ondesacre l’Amore profano”, ma regge tra lemani uno specchio, recante il mono-gramma IHS, con il quale rifletteuno dei raggi di luce provenienti dalcostato di Cristo39. (fig. 8)

Benché il punto di vista sia com-pletamente differente rispetto allealtre opere prese in considerazione,è possibile che per la creazione diquesta figura, debitrice probabil-mente anche del pensiero di Athana-sius Kircher circa la propagazione e

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la diffusione della luce40, il Pozzo sisia servito, apportate le necessariemodifiche, dello stesso modello uti-lizzato per i chierici e per gli angelianalizzati nelle opere prese finora inconsiderazione. (figg. 9, 10 )

Non solo, infatti, l’angelo guardadirettamente il fedele, come l’omolo-go nella Sacra famiglia e angeli, ma se cisoffermiamo sulla postura del suocorpo, sulla posizione delle gambe,nonché sulla modalità con cui le manireggono lo specchio si potrà osservarecome esse, tenuto conto anche dellarotazione del busto, si avvicininomolto a quelle, ad esempio, dell’ange-lo della tela sanremese; un esercizio diimmaginazione che veda la sostituzio-ne del libro con lo specchio potràchiarire ulteriormente l’ultimo pas-saggio della trasformazione di questomodello.

Non pare azzardato, a questopunto, affermare che il chierico dellatela custodita nella chiesa del Gesù siastato creato da Pozzo avvalendosi diun modello che avrebbe poi replicatoin molte altre opere successive.

Ciò che apparentemente paremancare nel dipinto genovese è illibro.

In realtà, tuttavia, esso era origi-nariamente presente.

Lo dimostrano le parole di LuigiLanzi che, nel 1793, descrive l’operadel Pozzo in questi termini: “Genova,al Gesù, S. Francesco Borgia sopra tregradi quasi genuflesso, un chierico glitiene un libro, in alto N. Signora ecc.;l’invenzione non par felicissima” 41.

Per comprendere quando l’ele-mento del libro potrebbe esserescomparso bisogna rievocare l’episo-dio della distruzione degli affreschidel Pozzo nella chiesa dei Santi Mar-tiri di Torino.

Bruno Signorelli ricorda, infatti,le aspre polemiche che scoppiarononel 1841 in seguito alla decisione diaffidare la supervisione del rinnova-mento della decorazione della chie-sa a Pietro Chiavero.

Prefetto della Chiesa dei SantiMartiri, quest’ultimo era stato spessocriticato per il modo in cui avevadiretto gli interventi di restauro inalcune chiese dell’Ordine tanto daessere additato come autore di “inter-venti vandalici sulle antiche pitture” ed“avverso alla pittura del Pozzo.”

I suoi sostenitori portavano peròcome prova del suo buon operarel’intervento nella chiesa del Gesù diGenova che si diceva, nonostante lepolemiche, avesse “ristaurato ed abbel-lito superbamente e con squisito gusto.”

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6. Andrea Pozzo, Sant’Ignazio di Loyolaimpone l’abito dell’Ordine gesuitico aSan Francesco Borgia, 1671-75 circa,Sanremo, Chiesa di Santo Stefano.

7. Andrea Pozzo, Sacra famiglia e ange-li, 1675-76 circa, Cuneo, Chiesa diSanta Maria (fotografia Giorgio Oli-vero).

suo stile semplice e bello primitivo.”Furono coinvolti sei periti (gli

architetti Ippolito Cremona, IgnazioGardella e Tommaso Carpiteti e gliartisti Agostino Merani, MicheleCanzio e i Fratelli Leonardi) ma ladiatriba fu risolta solo grazie all’in-tervento del Rettore della chiesa edel Padre Provinciale i quali ordina-rono che durante l’intervento direstauro fossero preservati il piùpossibile gli affreschi originali.

“Allo splendore tuttavia del compiutorestauro – ricorda ancora il Monti –fu dato il dovuto risalto nelle feste che dilì a poco si celebrarono per la recentecanonizzazione, fatta da Gregorio XVI,di S.Francesco di Geronimo. Se ne fissòla solennità per il giorno di S.FrancescoSaverio, facendola precedere da un’intie-ra novena di preparazione. Tutta lachiesa fu ornata di seriche tappezzeriegallonate in oro e di variopinti festoni,con una profusione di fiori finti, che ointrecciati fra loro, o formanti corone, oaltrimenti inseriti fra gli apparati, tuttala rivestivano. Lo spicco poi degli elegan-ti e fini lavori del restauro si ottennemediante una profusione di luci, che inogni parte brillavano e davano evidenzaad ogni particolare, illuminando altari,pareti, volti, colonnati e salendo su sufino all’apice della cupola luminosa. Achi vi giungeva dal tempo piovoso del difuori […] quello doveva essere uno spet-tacolo veramente magico, tanto più percoloro che avevano tanto contribuito perridare al bel S.Ambrogio lo splendore diprima, gareggiando anzi tra loro per ren-derlo più bello ancora, più vistoso e piùricco dell’antico” 45.

È interessante rilevare che l’elogiodel Monti all’intervento di restauro,in virtù delle supposte migliorieapportate alla decorazione dellachiesa, trova un parallelo in una let-tera inviata al Generale dell’Ordinenel 1842 dal padre provinciale Gre-gorio Felkierzamb il quale affermache “i Genovesi, in riconoscenza, dovreb-

In questa occasione si ricordavache “aveva inoltre fatto restaurare duequadri del Pozzo a Genova che primanon si sapeva cosa rappresentassero eadesso facevano una bellissima figura[…]” 42.

La notizia che tra il 1793, datadella visita del Lanzi, e il 1841 lachiesa del Gesù di Genova fu sotto-posta ad un massiccio ed invasivorestauro trova conferma anche nellacronaca del Monti.

Secondo lo storico gesuita la chie-sa fu oggetto di tre restauri: il primonel 1684, in seguito al bombarda-mento della città da parte di LuigiXIV e il secondo, relativo principal-mente ad “ornati e dipinti”, in occasio-ne della canonizzazione di San LuigiGonzaga il 31 dicembre 1726.

Il terzo intervento, il più comple-to stando alle fonti, venne portato acompimento entro il 1839, annodella canonizzazione di San France-sco di Geronimo.

Se, a detta del Monti, il restaurodel 1726 “mescolò il barocco allo stileprecedente della chiesa”, quello del1839 fu necessario per far ritornarela chiesa “rinnovellata, alla classicapurezza del suo stile primitivo” 43.

Il restauro, patrocinato dal padreProvinciale Lolli ma guidato dapadre Chiavero, interessò non sologli affreschi della navata centrale edella cupola ma anche le singolecappelle, facendo affidamento perqueste ultime alla munificenza dellafamiglie che ne detenevano il patro-nato44.

Il Monti riporta un passo delleAnnuae litterae in cui lo stato conser-vativo della chiesa e dei dipintiappare come particolarmente pro-blematico: “Picturae variae, eaequepulcherrimae, quae Vovetium, Ruben-sium, Guidum Renum, Carlonum, Poz-zium Societatis nostrae adiutorem, alio-sque iactant auctores, situ colluviequepristinam amiserant elegantiam. Albariaopera, quae auro inducta mediam templicameram, minores testudines excelsum-que tholum exornabant, squalore obsitaerant ac pene vetustate collapsa.”

Nonostante ciò le modalità concui si svolse l’intervento di restaurofurono piuttosto problematiche acausa di un’aspra polemica natacirca l’opportunità di conservare omeno gli affreschi della volta dellanavata e della cupola o per megliodire, citando il Monti, delle “discus-sioni fra chi voleva mantenere l’antico echi, giudicandolo in verità una dannosasuperfetazione al vero antico, volevafarlo scomparire, per ridare alla chiesa il

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bero erigere una statua al P. Chiavero,non solo perché egli ha ristorato ed abbelli-to superbamente e con squisito gusto lachiesa di S. Ambrogio, ma perché ancoracon questa sua ardita intrapresa ha datocoraggio a far simili restauri nelle altreotto o nove chiese di Genova” 46.

Durante questo terzo interventodi restauro, databile tra il 1838 e il1839, si procedette dunque ad inter-venire anche sulle opere del Pozzoed è ipotizzabile che l’opera raffigu-rante San Francesco Borgia, la cuicomprensione risultava forse com-promessa a causa dello stato conser-vativo, sia stata oggetto di ridipinturein corrispondenza della parti mag-giormente danneggiate.

In quest’occasione il libro tra lemani del chierico, ormai evidente-mente non più riconoscibile, sarebbestato dunque rimosso e sostituito conun lato dell’altare.

L’analisi di una singola opera, sep-pur significativa, non consente natu-ralmente di reperire le risposte atutte le domande che l’attività di unartista come Andrea Pozzo pone.

Nonostante questo, è possibileugualmente trarre alcune conclusio-ni circa il suo rapporto con Genova.

Correttamente, ad esempio,Lauro Magnani ha sottolineato comele opere realizzate per il capoluogoligure e per Sanremo siano da consi-derare non come un punto di arrivobensì come un punto di partenza47.

Ciò vale indubbiamente per leinfluenze genovesi, che consideran-do il limitato periodo di tempo tra-scorso a Genova dall’artista risulte-ranno maggiormente visibili nelleopere realizzate in seguito, maanche per la scelta delle modalitàcon cui affrontare le tematiche ico-nografiche48.

In questo artista paiono conviveredue concetti apparentemente oppo-sti, ossia indipendenza e obbedienza.

Alla prima si ricollega la libertà discegliere i modelli a cui ispirarsi,garantita dall’Ordine e riscontrabileanche nelle fonti nelle quali il Pozzoè descritto come autodidatta o,come afferma l’Alizeri, “non d’altriallievo se non del proprio genio” 49.

Alla seconda si devono invece lerestrizioni e gli obblighi a cui dovevasottostare per quanto riguarda sia laselezione dei soggetti da raffigurare,sia la disponibilità ad operare ovun-que l’Ordine avesse ritenuto oppor-tuno; un’adesione alla politica cultu-rale della Compagnia nella qualeebbe però un peso fondamentale lasua condizione di religioso e chedunque non fu percepita comeimposizione o, quantomeno, solo inparte.

Innegabile in ogni caso il fattoche le soluzioni iconografiche checaratterizzano alcune opere nonsiano frutto esclusivamente della suacreatività ma siano debitrici anche e

soprattutto del costante e precisoriferimento ai programmi approvatidalla Compagnia (esemplare l’affre-sco nella chiesa romana di Sant’Igna-zio), delle agiografie e dei testi devo-zionali promossi dall’Ordine comenel caso delle opere liguri.

Le tele realizzate per Genova eSanremo, soprattutto se si considerail fatto che risultano essere le primegrandi pale d’altare prodotte,appaiono quindi come particolar-mente interessanti poiché ci mostra-no un artista dalla formazione proba-bilmente non ancora completa mache ha ben chiaro quale deve essereil fine del suo lavoro, il messaggio daveicolare ai fedeli, e che pertanto hainiziato una ricerca, volta ad indivi-duare le modalità più efficaci per tra-smettere i principi della spiritualitàgesuitica, che proprio nelle telegenovesi produce alcuni importantifrutti.

In tale percorso deve essere inseri-ta la tela con San Francesco Borgia:l’aspetto iconografico, oltre natural-mente a quello stilistico-compositivo,mostra infatti come quest’operaappartenga ad una fase formativa incui l’artista elabora nuove soluzioni enuovi modelli che poi replicherà inseguito.

Il chierico in ginocchio ai piedi diSan Francesco Borgia, seppur oggiprivato del suo libro, ne è solo un’ul-teriore conferma.

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ta romana, e non meno.” Magnani, 2011, pp.132-133; A. MONTI, La Compagnia di Gesùnel territorio della Provincia torinese, volumeIV, Chieri 1915, p. 226.

(12) “[…] venne da Roma un motivo digioia per tutta la Compagnia perché il SommoPontefice <Clemente X> iscrisse nell’albo dei santiil nostro beato padre Francesco Borgia, con gran-de solennità e con il più vivo compiacimentodella città di Roma e del mondo. Dovunque siorganizzarono cerimonie per venerare il nuovosanto; anche presso di noi il padre superioreFabio Ambrogio Spinola stava pensando di ren-dergli il dovuto onore […]. Erano state già fattemolte decorazioni, soprattutto quella destinata adurare più a lungo: si rivestì con marmo di varicolori, nello stesso stile del resto della chiesa, laparete che si trova sotto la tribuna ai due lati delportale principale, che era ancora disadorna. Ladomenica 15 incominciarono i festeggiamenti,che il serenissimo doge si degnò di onorare insie-me ai senatori e ai procuratori della repubblica, iquali parteciparono tutti alla messa solenne.Dinanzi a questa affollatissima assemblea dinobili e di cittadini, mai vista finora, tenne unadottissima omelia l’illustre superiore della colle-giata di Santa Maria delle Vigne, GiacomoCalvi. […] vennero non pochi religiosi di tuttigli Ordini, sia per celebrare la messa sia perascoltare i nostri, che ogni giorno nel pomeriggioparlavano in lode del sant’uomo di fronte a unvasto uditorio. Non è infine da tralasciare l’onorea noi benevolmente reso da due eminentissimiprincipi della Chiesa, i cardinali <Alfonso> Littae <Lorenzo> Raggio, che vennero nella nostrachiesa per venerare il santo. Li seguì l’illustrissi-mo arcivescovo, che celebrò anche la messa, comefecero pure altri vescovi che allora dimoravano aGenova.” Raffo, 1996, pp. 302-303.

(13) A. F. IVALDI, Un «teatro sacro» diAndrea Posso a Genova (15 novembre 1671), in“Teatro Archivio”, Genova 1984, n. 7, pp.101-103.

(14) L’Ivaldi ricorda che Pozzo com-pletò il suo intervento a Milano “in pochigiorni con eccellenti risultati, pur trattandosidella sua prima prova in apparati effimeri reli-

giosi.” “I Gesuiti si presentano – continua –soprattutto sul piano ideologico e quindi politico ereligioso, come i coordinatori di un organico reper-torio culturale e delle tecniche persuasive ad essocongiunte. […] La Chiesa si appropriava di dueelementi strutturali del teatro: la scenografia inte-sa soprattutto come addobbo effimero, e il quadrodi soggetto sacro di intento celebrativo ed edifican-te insieme, e vi unisce la recitazione della predica,enfatica ed altamente moraleggiante.” Non fannonaturalmente eccezione i padri Gesuiti di Genovache, “nel corso del Seicento, divengono i centri dicommittenza delle più importanti manifestazioni eimprese artistiche, soprattutto in relazione al pro-gressivo abbellimento della loro chiesa […].” Inquesto contesto, secondo l’Ivaldi, l’operadel Pozzo esprime l’essenza dello spettacolobarocco ossia la fusione tra comunicazionedi massa e perfezione tecnica ove la primaviene raggiunta attraverso la seconda. Conl’artista trentino, conclude, “la scena «sacra»perfeziona una forma spettacolare della comuni-cazione avvalendosi di tutte quelle realizzazionipropriamente tecniche, illusionistiche e suggestivesperimentate dalla scena barocca, come strumentodi edificazione e divulgazione religiosa di massa[…].” Ibid., p. 102, 107, 111.

(15) Raffo, 1996, p. 303.

(16) Morto improvvisamente padreFabio Ambrogio Spinola fu chiamato a sosti-tuirlo Niccolò Gentile che nell’ultimo gior-no della settimana di festeggiamenti inonore di San Francesco Borgia diviene ilventiseiesimo superiore della Casa Professagenovese: “Nell’ultimo giorno di quella settima-na di festeggiamenti entrò in carica il nuovo supe-riore padre Niccolò Gentile, già rettore di Brera.”Gli successe padre Ippolito Durazzo. Ibid.,p. 303.

(17) Magnani, 2011, p. 131.

(18) Raffo, 1996, p. 304.

(19) M. FAGIOLO DELL’ARCO, Pensareeffimero: il metodo e la pratica di Fratel Pozzo, inA. Battisti (a cura di), Andrea Pozzo, Milano-Trento 1996, p. 75.

(20) Nella cronaca della Casa Professa,relativamente all’anno 1672 si legge: “Perchéla nostra chiesa, dopo che erano trascorsi tantianni e si erano sostenute tante spese, apparisseinteramente rivestita di marmo, mancava solo lacappella a sinistra dell’ingresso, che dapprima erastata dedicata al culto di S.Francesco Saverio epoi di S. Anna, ma era rimasta sempre disador-

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8. Andrea Pozzo, Missione della Com-pagnia di Gesù nel mondo (tavola 101),particolare, in Prospettiva de’ Pittori edArchitetti, In Roma: nella stamperia diGiovanni Zempel 1741, (Genova,Biblioteca Civica Berio)

9. A. Kircher, Athanasii Kircherii...Arsmagna lucis et umbrae in decem librosdigesta..., antiporta di Pierre Miotte,Romae: sumptibus Hermanni Scheus:ex typographia Ludovivi Grignani,1645 (Su concessione del Ministero

(1) M. LABÒ, Il Gesù (SS. Andrea eAmbrogio), Genova 1932; G. BOZZO, La chie-sa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea aGenova, Genova 2004.

(2) V. DE FEO – V. MARTINELLI,Andrea Pozzo, Milano 1996; E. BIANCHI,Regesto ragionato (1642-1681), in E. Bianchi –D. Cattoi – G. Dardanello – F. Frangi (acura di), Andrea Pozzo (1642-1709) pittore eprospettico in Italia settentrionale, catalogodella mostra (Trento, Museo Diocesano Tri-dentino, 19 dicembre 2009-5 aprile 2010),Trento 2009, pp. 131-136; F. BALDINUCCI[et altri], Zibaldone baldinucciano, Firenze1981, pp. 383-414.

(3) “[…] come alcuni vogliono, vestì l’abitoreligioso nella nota Casa di Paverano: allorchèella era per anche Noviziato de’ PP. della Compa-gnia di Gesù”. C.G. RATTI – R. SOPRANI,Delle vite de’pittori, scultori, ed architettigenovesi, volume II, Genova 1769, p. 329.

(4) G. ROMANO, Notizie su Andrea Pozzotra Milano, Genova e il Piemonte, in “Prospet-tiva”, Università degli studi di Siena, n. 57-60, 1989-1990, p. 294.

(5) Ratti – Soprani, 1769, p. 329.

(6) L. MAGNANI, Andrea Pozzo a Genovae in Liguria. Contatti, relazioni, esperienze arti-stiche intorno alla sede genovese della Compa-gnia, in A. Spiriti (a cura di), Andrea Pozzo.Atti del convegno internazionale Valsolda, Chie-sa di Santa Maria di Puria 17-19 settembre2009, Varese 2011, p. 132; M. F. MELLANO,L’attività di Andrea Pozzo (1672-1681) nellacorrispondenza di governo del generale dellaCompagnia di Gesù, in Vocazione artistica deireligiosi, numero speciale di “Arte Cristia-na”, Milano settembre-dicembre 1994, n.764-765, p. 474; Romano, 1989-1990, p.301; Bianchi, 2009, pp. 131-136.

(7) G. RAFFO (a cura di) Historia DomusProfessa Genuensis Societatis Iesu ad anno 1603ad 1773, in I Gesuiti a Genova nei secoli XVII eXVIII, “Atti della Società ligure di Storiapatria”, Genova 1996, XXXVI/1, pp. 304.

(8) Ratti – Soprani, 1769, p. 329; C. G.RATTI, Storia de’pittori scultori et architettiliguri e de’ forestieri che in Genova operarono,secondo il manoscritto del 1762 (a cura di M.Migliorini), Genova 1997, p. 219.

(9) “Questo Pittore, quantunque molto vales-se nel dipingere di prospettive pure niuna memo-ria ci lasciò in siffatto genere, ma bensì diversetavole storiate”. Ratti - Soprani, 1769, p. 329.

(10) Ratti - Soprani, 1769, p. 170; F. ALI-ZERI, Guida artistica per la città di Genova,Genova 1846, p. 123.

(11) Utile risulta in questo contesto latestimonianza del Monti che nella suaopera riporta una supplica rivolta dallaCuria di Genova alla Santa Sede in data1684: “La chiesa e casa professa della Compa-gnia di Gesù di Genova, per le bombe scagliate indetta città dall’armata francese, è restata in talmodo danneggiata nella chiesa e spezzata e arsala casa, che a ridurla nel primo stato, per quantosi giudica da periti in questo tribunale esamina-ti, vi è necessaria la spesa di scudi 25.000 mone-

na. Verso la fine dell’anno precedente il signorGiovanni Pietro Spinola volle depositare nelbanco di San Giorgio, con offerta anonima, circa1000 lire d’argento, perché la suddetta cappellafosse decorata con marmi, pitture e oro come tuttele altre, ma a condizione che fosse dedicata a S.Francesco Borgia, da poco iscritto nell’albo deisanti. Per portare a termine questo lavoro eranecessaria una somma di denaro molto maggiore;ma all’inizio di quest’anno si decise di utilizzarele elemosine ordinarie per completare finalmentel’opera; questa, subito iniziata, in due anni fuportata al punto in cui si trova ora.” Raffo,1996, p. 304.

(21) “Non si deve infine dimenticare – pro-segue il redattore della cronaca – l’immaginedell’Immacolata Concezione dipinta per la suacappella dallo stesso fratello.” Ibid., p. 304.

(22) G. DARDANELLO, “Il disegno fattotutto di sua mano è arcibellissimo”. Invenzionifigurative e prospettiche di Andrea Pozzo in Ligu-ria e Piemonte, in E. Bianchi – D. Cattoi – G.Dardanello – F. Frangi (a cura di), AndreaPozzo (1642-1709) pittore e prospettico in Italiasettentrionale, Trento 2009, pp. 47-49.

(23) L. RÉAU, Iconographie de l’ar tchrétien, volume II, Parigi 1957, p. 541.

(24) “Quanto poi alle dignità fuori dellaCompagnia, non ha bisogno ch’io qui ridica lenon poche volte che diversi Sommi Pontefici il vol-lero Cardinale: altri per istinto lor proprio, altriper le domande lor fattene dall’Imperador CarloQuinto, e dal Re Filippo Secondo: e le tante lagri-me, e’l tanto sangue, che disciplinandosi offerse aDio, chiedendogli di camparlo da quella, comeegli solea chiamarla, terribile persecutione: le vieche tenne per sottrarsene, hor fuggendo, e occul-tandosi dove il mondo non sapesse novella di lui,hor valendosi de gli efficacissimi ufficj appresso iSommi Pontefici, del suo padre, e liberatore S.Ignazio. […] Perochè fu vero […] che il Santissi-mo Pio Quinto, due volte volle assumere il PadreFrancesco a quell’eminentissima dignità; mavinto da’ fortissimi prieghi del Santo, per allora sene rimase […].” D. BARTOLI, Della vita di S.Francesco Borgia terzo Generale della Compagniadi Giesù scritta dal P. Daniello Bartoli dellamedesima Compagnia, Bologna 1681, pp. 282-283.

(25) Il matrimonio costituiva, agli occhidel Bartoli, l’ultimo impedimento all’ingres-so del Borgia nella Compagnia di Gesù. Ma,afferma il biografo gesuita, “piacque al cielo diromper quell’unico legame” e così la moglie del

futuro Generale dell’Ordine si “ammalò difebbri né si leggieri, che non la mettessero inforsedella vita, né si gravi, che non ne potesse essercampata […]. Il Duca stesso, nulla tanto deside-rava come il vedersi tutto il poter di sé stesso, pertutto dedicarsi a Dio in Religione […]: qui non-dimeno hebbero in lui parte la natura, parte laragione il lor luogo, per fargli increscere, e doler-glii il perderla, e con lei perdere il buon alleva-mento che da una madre di tanto senso e bontàhavrebbono tre lor figliuole […]. Processionidunque si facevan per tutto Gandia, e solennipreghiere, e raddoppiate limosine, alle quali ilDuca aggiungneva straordinarie penitenze, emolte lagrime nel domandar che faceva a Diomercè di non perderla così tosto.” In questaoccasione il Borgia avrebbe avuto un mira-coloso colloquio con un crocefisso davantial quale si era raccolto in preghiera. Il Bar-toli riporta le parole con cui il santo, moltianni dopo, narrò l’episodio al padre Her-nandez: “Standomi io supplicando caldamentea Dio per la salute della Duchessa pericolosamen-te inferma, mi risplendè nell’anima una chiaraluce del cielo: e mi fu si evidente ch’ella era cosadi Dio, che non mi rimase luogo a dubitarne.Con esso quella luce, sentì parlarmi dentro unavoce, e dirmi; Se vuoi che io ti conceda per ancorpiù tempo la Duchessa in vita, e in tua compa-gnia, nelle tue mani il rimetto: sol che tu sappi,che l’haverla teco più tempo, non si confà col tuomeglio. Al così parlarmi di questa voce, il cuoremi s’infocò per sì gran modo, che mi pareva sen-tirlomi tutto struggere, e liquefarmisi dentro alpetto: e intenerito, e gittando direttissime lagrime,E d’onde (dissi) a me Dio mio, e per qual miomerito verso voi, il rimettere nelle mie mani quelche dee stare sol nelle vostre? […] Non sia maivero ch’io habbia per mio volere altro che ilvostro: e in fede di verità protesto, che non sola-mente la vita della Duchessa, ma tutto insiemecon essa quelle de’ miei figliuoli, e la mia, equant’ho, e posso havere al mondo, tutto ildipongo a’vostri piedi, e il ripongo nelle vostremani a farne ciò che più vi torna a grado.[…]l’effetto che ne seguì – ricorda il Bartoli – fumorir la Duchessa.” Ibid., pp. 52-54.

(26) C. DE DALMASES, Francesco Borgia,in Bibliotheca sanctorum, volume V, Roma1964, pp. 1190-1197.

(27) Bartoli, 1681, pp. 293-294.

(28) Ibid., pp. 294-295.

(29) Ibid., p. 285.

(30) Ibid., p. 289.

(31) “Ma d’ogni giorno era il passargli grantempo intorno a quel gran ministerio dell’altare:sì fattamente che il suo Marco, vedutolo entrar nelMemento de’vivi, ch’era l’ordinario cominciareche il S.Padre faceva a dimenticarsi del tempo, disé, ed’ogni altra cosa fuori di lui, lasciatolo quivicon Dio, se ne andava a fornir varie, e non brevifaccende: e al ritorno il trovava tutto disfacentesiin lagrime, e con la faccia infocata, tutto ardentenel corpo come l’era nell’anima: molto più poi nel-l’atto del consagrare, e del communicarsi: al chenon veniva, che prima non istesse hor più horpoco meno d’un hora col divin Sacramento nellemani, tutto verso lui inchinato con profondissimariverenza, immobile, e non si sapeva se punto insé, ò tutto coll’anima felicemente perduta aman-do, e discorrendo col suo Signore.” Ibid., p. 295.

(32) “Trovava Dio per tutto: ogni luogo gliserviva d’oratorio: doppo molte hore d’orationeavisato dal compagno à finire, ancora un poco lirispondeva: mercè che haveva le sue delitie in Dio,ne da lui sapeva staccarsi.” F. A. SPINOLA,Delle Meditazioni sopra le feste di Nostra Signorae de Santi principali di tutto l’anno, Genova1655, p. 431.

(33) Bartoli, 1681, p. 295.

(34) La datazione delle tre tele attual-mente custodite nella chiesa di San Giorgiodi Lemna, raffiguranti la Nascita di Maria,l’Annunciazione e la Visitazione, appare piut-tosto controversa per via della mancanza diinformazioni certe circa sia la formazionedel Pozzo, sia la cronologia delle sue opereprima dell’arrivo a Genova. Eugenia Bian-chi ricorda infatti come possa essere ritenu-ta valida “una datazione compresa entro i primianni Settanta, ma anche entro la seconda metàdel settimo decennio”. Le analogie con le operegenovesi hanno tuttavia indotto la studiosa aproporre come datazione il 1670 o il 1671.E. BIANCHI, Schede nn. 3-5, in E. Bianchi –D. Cattoi – G. Dardanello – F. Frangi (a curadi), Andrea Pozzo (1642-1709) pittore e prospet-tico in Italia settentrionale, Trento 2009, p.146.

(35) Cfr. G. SPIONE, Nuove iconografie peri santi gesuiti, in E. Bianchi – D. Cattoi – G.Dardanello – F. Frangi (a cura di), AndreaPozzo (1642-1709) pittore e prospettico in Italiasettentrionale, Trento 2009, pp. 104-106. Siveda a riguardo anche la scheda dell’operacompilata dalla medesima autrice per ilcatalogo della mostra trentina (scheda n. 8,pp. 156-157).

(36) F. FRANGI, Scheda n. 14, in E. Bian-chi – D. Cattoi – G. Dardanello – F. Frangi(a cura di), Andrea Pozzo (1642-1709) pittore eprospettico in Italia settentrionale, Trento 2009,pp. 172-174.

(37) Il Pfeiffer fa riferimento ad alcuni

per i Beni e le Attività Culturali – èvietata la riproduzione o duplicazionecon qualsiasi mezzo).

10. A. Kircher, Athanasii Kircherii...Arsmagna lucis et umbrae in decem librosdigesta..., folio 883, Romae: sumpti-bus Hermanni Scheus: ex typographiaLudovivi Grignani, 1645 (Su conces-sione del Ministero per i Beni e leAttività Culturali – è vietata la ripro-duzione o duplicazione con qualsiasimezzo).

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passaggi degli Esercizi Spirituali in cuiSant’Ignazio invita a “riflettere per trarre qual-che frutto”, vale a dire un profitto, da ciascu-na delle meditazioni proposte. H. PFEIF-FER, Pozzo e la spiritualità della Compagnia diGesù, in A. Battisti (a cura di), Andrea Pozzo,Milano-Trento 1996, p. 14; IGNAZIO DILOYOLA, Esercizi spirituali. Ricerca sullefonti. Con testo originale a fronte, CiniselloBalsamo 1995, p. 132; D. CATTOI, Schedan. 18, in E. Bianchi – D. Cattoi – G. Darda-nello – F. Frangi (a cura di), Andrea Pozzo(1642-1709) pittore e prospettico in Italia setten-trionale, Trento 2009, pp. 186-188; G. SPIO-NE, in E. Bianchi – D. Cattoi – G. Darda-nello – F. Frangi (a cura di), Scheda n. 19,in Andrea Pozzo (1642-1709) pittore e prospetti-co in Italia settentrionale, Trento 2009, pp.190-192.

(38) Sorprendente risulta ancora unavolta il confronto con le meditazioni diFabio Ambrogio Spinola le quali nasconoevidentemente dalla medesima cultura edalla medesima spiritualità che costituisco-no il substrato delle opere di AndreaPozzo: “Considera il portamento dell’AngioloCustode, in tutti quelli anni, che nella creaturaà lui commessa precedono l’uso della ragione.[…] Quante volte lo ritira dal precipitio perchénon cada, quante volte li mette sotto la mano percosì dire, acciocché nella caduta non si fracassi![…] In oltre considera la sollecitudine dell’An-giolo tuo, quando s’avvide che giongevi all’usodi ragione, nel procurare, che tu ti rivolgessi àDio, à lui ti donassi […] O quanto è veroAngiolo mio che facesti le parti vostre, e dove ilDemonio cercò d’offuscarmi acciochè io ne cono-scesi, ne amassi il sommo bene, non mancaste disuggerirmi, che rivolgessi i miei pensieri à quelSignore che creato m’haveva. […] Considera ilprimo ufficio dell’Angelo Custode essere il prece-derci, e l’andarci avvanti, insegnando la strada,non questa materiale; ma la spirituale, & ilcamino del Cielo. […] L’Angiolo santo sa ilcamino sicuro, non può errare, è però ci fa cono-scere per mezzo delle sue ispirationi, e lumi, quel-lo che dobbiamo abbracciare, quello che habbia-mo à schivare, e consapevole delli disegni di Dioverso di noi, e della nostra salute, e pefettione ciammaestra nel bene che dobbiamo esseguire.”Spinola, 1655, pp. 439-442.

(39) A. POZZO, Prospettiva de’ pittori edarchitetti d’Andrea Pozzo della Compagnia diGesù. In cui s’insegna il modo più sbrigato dimettere in prospettiva tutti i disegni d’Architettu-ra, Roma 1741, didascalia della figura 100.

(40) Il nesso con gli studi di Kirchersulla luce e, in particolar modo, sul princi-pio alla base degli specchi ustori (a cui fariferimento anche un’incisione del volumeArs Magna Lucis et Umbrae) nonché con unacerto clima culturale sviluppatosi all’inter-no dell’ordine, appare evidente anchedalla lettura dei testi di Fabio AmbrogioSpinola in cui il gesuita, dopo un elogiodell’Amore di Dio “il quale da quel beato Sole,raccogliendo in un punto quelli raggi d’incom-prensibile bellezza, con il riverbero d’essi, fa arde-re i cuori”, presenta Sant’Ignazio come unnovello Archimede intento a riflette i raggidel Sole-Dio nel cuore di Francesco Save-rio: “Toccò al mio Saverio provare sì dolce incen-dio, allora, che Ignatio, mistico Archimede, colmezzo de gl’essercitij spirituali, quasi matematicospecchio, raccogliendo cento e cento raggi dal

Divino Sole, così uniti ripercuotere li fece nelcuore di Saverio”. Per rendere ancora più evi-dente il parallelismo Sant’Ignazio-Archime-de, lo Spinola premette alla sua riflessioneuna breve descrizione dell’assedio di Sira-cusa da parte del console Claudio Marcello.L’episodio viene descritto in questi termini:“È noto ciò, che avvenne al Romano Marcello,allora quando battendo le mura Siracusane,s’avvide divenir pascolo delle fiamme la suaArmata Navale. Ohimè, che vedo, diceva attoni-to, ardo e sono nell’acque. […] Mentre così stupi-to parlava, gl’haverebbe detto; alza gl’occhi, rimi-ra quello specchio, che stà su le mura, che tu per-cuoti. Ecco l’incendiario, che tu cerchi. Macchinaè quella d’Archimede, che unendo in un punto liraggi Solari, tutti contro di te li ripercuote, quasitante fiamme; e però ardi.” Gli studi sulle pro-prietà della luce erano evidentemente notiperò anche al Generale Oliva che elogian-do lo spirito e l’attività di San FrancescoSaverio lo assimila ai raggi solari in grado ditrasmettere la vita sia a fiori sia a sterpagliee di creare materiali preziosi (ad esempiooro e diamanti) come anche sostanze privedi qualsiasi valore: “[…] non sodisfatto di san-tificare nell’Europa chi credeva, passò à gli ulti-mi confini dell’Asia, per illuminare Gentili, e perpublicar l’Evangelio alle numerose Nationi diquegl’immensi Distretti, che sacrificavano, nelleVittime, l’Anime à Sassi idolatrati. Rassomigliòla Luce, che non mai quieta. Passa ella da unTropico all’altro, e quando splende nel Polo set-tentrionale, e quando spande i suoi raggi nelPolo del mezzo giorno. Questa è l’Indifferenza àLuoghi, sì praticata da Francesco, e sì proprianostra. Secondariamente, la Luce, come colorisce,né giardini de’Principi, Anemoni e Peonie, cosìavviva, ne’ fossi e ne’ muri, vivissime erbe epruni miserabili. Con uguale studio i Lumi delCielo, nelle viscere della Terra, assodano vilissi-mo rame e finissimo oro: e tanto sono formatoridi diamanti, come sono lavoratori di tufi.” F. A.SPINOLA, Christo appassionato e la Vergineaddolorata. Con alcuni Discorsi in lode di S.Francesco Saverio Apostolo dell’Indie, Genova1661, p. 398; G. P. OLIVA, Sermoni domestici.Detti privatamente nelle Case Romane della Com-pagnia di Giesù, Venezia 1713, p. 93; A. KIR-CHER, Ars magna lucis et umbrae, Roma1645.

(41) L. LANZI, Viaggio del 1793 pel geno-vesato e il piemontese. Pittori specialmente di que-sti due stati e qualcosa de’ suoi musei (a cura diG. C. Sciolla), Treviso 1983, p. 69.

(42) L’intervento di padre Chiavero aGenova precede cronologicamente quellonella chiesa dei Santi Martiri. Il progettoper il restauro della chiesa torinese fu pre-sentato nel 1841 e segue il trasferimentonel capoluogo piemontese del contestatopadre gesuita. B. SIGNORELLI, La distruzio-ne degli affreschi di fr. Andrea Pozzo, in I santiMartiri: una chiesa nella storia di Torino (acura di B. Signorelli), Torino 2000, pp. 231-236. Cfr. anche Monti, 1915, pp. 379-384.

(43) Scrive il Monti: “Il primo impulso aquel nobile lavoro venne, a quanto pare, dal P.Provinciale Lolli nel novembre del 1837; nell’a-prile del 1838 vi si pose mano e nell’ottobre del1839 gli si diede l’ultimo perfezionamento […].”Monti, 1915, pp. 227.

(44) Il restauro della cappella intitolataal Borgia si deve, in particolare, a Bartolo-

meo Parodi “ricco e pio signore, alla cui muni-ficenza si deve se rivestì essa tale una bellezza esplendore, da attirare la comune ammirazione.”Ibid., p. 229.

(45) Ibid., pp. 225-239.

(46) Il testo della lettera, citata anchedal Monti, è riportato interamente daBruno Signorelli: “E quelli poi che scrivono odicono a V.P. che il P. Chiavero non si intendenulla in queste cose, fanno a questo Padre unvero torto, ed io credo che fra i nostri non siaaltro che se ne intenda meglio di lui e ne abbiala maggior prattica di esso, e lo provano le duechiese nostre già ristaurate da lui coll’ottimo suc-cesso e con applauso di tutti, quella cioè di S.Bartolomeo a Modena e quella di St. Ambrogio aGenova. È vero che a Genova egli ha dovutosostener molte opposizioni ed anche persecuzionispecialmente dai nostri e da qualche secolare sti-molato da medesimi nostri, ma coll’ajuto delSignore e coll’ultima approvazione di V.P. fututto superato e adesso son tutti contenti e inostri e i secolari e dicono che la chiesa di St.Ambrogio non avrà un simile benefattore come ilpadre Chiavero se non dopo un secolo, anzialcuni signori Marchesi di Genova, et quindiquelli medesimi che prima furono contrari aristauri della chiesa di St. Ambrogio, mi disseroche i Genovesi in riconoscenza dovrebbero erigereuna statua al P. Chiavero non solo perché egliha ristaurato ed abbellito superbamente e consquisito gusto la chiesa di St. Ambrogio, ma per-ché ancora con questa sua ardita intrapresa hadato coraggio a far simili ristauri nelle altre ottoo nove chiese di Genova.” Signorelli, 2000, p.235; Monti, 1915, pp. 225-239.

(47) Magnani, 2011, p. 136.

(48) Francesco Frangi, a tal proposito,sottolinea come “analizzando le opere aggan-ciabili alla prima permanenza genovese non sifatica infatti a cogliere i segni di una nuovalibertà coloristica e di una più estrosa abilitàregistica […]. Utili a cogliere le capacità ricetti-ve dell’artista, le incursioni nella variegata offi-cina della cultura barocca genovese […] saran-no in verità fin da subito riassorbite e ?metabo-lizzate’ in chiave molto personale dalla pitturadi Andrea che, rientrato in Lombardia, appro-derà di lì a breve alla definitiva maturazione diuno stile fortemente autonomo, e come tale irri-ducibile ad un’unica fonte di suggestione. […]questo decisivo progresso si qualifica, in specialmodo, per l’acquisizione di un arioso dinami-smo, capace di coinvolgere nel suo ritmo benscandito non solo la complessiva concezione spa-ziale delle scene, ma anche i movimenti dei pro-tagonisti e lo stesso disporsi fragoroso degli sbat-timenti chiaroscurali. […] il pittore introducenelle sue opere una spettacolare animazione, gio-cata su violenti scarti di piano e su perentoritagli in diagonale ai quali contribuiscono lemasse nitidamente sagomate dei panneggi e igesti teatrali dei protagonisti: esattamente comesi vede nel Cristo nell’orto degli ulivi della chiesadi San Francesco di Paola, testo per molti aspettiemblematico dell’indirizzo scelto dalla pittura diAndrea nel cuore degli anni Settanta.” F.FRANGI, Andrea Pozzo in Lombardia, in E.Bianchi – D. Cattoi – G. Dardanello – F.Frangi (a cura di), Andrea Pozzo (1642-1709)pittore e prospettico in Italia settentrionale,Trento 2009, op. cit., p. 40.

(49) Alizeri, 1846, p. 118.

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