Il giudice di fronte ai casi tragici

24
1. Introduzione: dilemmi morali e casi tragici L’idea che esistano casi tragici nel diritto non è tra quelle che hanno ricevuto una attenzione specifica adeguata da parte della teo- ria del diritto. Per questo motivo è opportuno iniziare con una breve introduzione al tema. Con il termine dilemma morale 1 si intende qualsiasi situazione nella quale un agente debba scegliere fra due azioni che (a) si esclu- dono a vicenda (nel senso che non è possibile compiere sia l’una che l’altra) e (b) delle quali una non sia chiaramente preferibile all’altra. I dilemmi morali si distinguono in simmetrici o asimmetrici a seconda che per la loro risoluzione siano rilevanti almeno due norme o prin- cipi o valori o se al contrario ne sia rilevante solamente uno 2 . I di- lemmi morali si caratterizzano per il loro essere sostanzialmente in- * Desidero ringraziare i Proff. Angelo Abignente, Vincenzo Omaggio ed Ulderico Pomarici per l’invito a partecipare al seminario sammaritano, offrendomi una preziosa occasione di dibattito e di confronto. Il Prof. Gennaro Carillo è stato un discussant at- tento ed aperto al dialogo, i cui importanti spunti di riflessione e approfondimento spero di essere riuscito a tenere adeguatamente in conto. Un ringraziamento va anche ai partecipanti tutti al seminario ed in particolare a Gianvito Brindisi, con il quale ho discusso a lungo le idee presentate nel mio intervento. 1 Nel prosieguo non distinguerò sempre nettamente dilemmi morali e casi tragici intendendo le due definizioni come sostanzialmente equivalenti, pur riconoscendo la differenza tra il problema della decisione da assumere che si pone all’agente (il di- lemma) ed il contesto rilevante da cui sorge la necessità della decisione (il caso). 2 Per queste definizioni cfr. M. Barberis, Etica per giuristi, Laterza, Roma-Bari 2006, pp. 183-184. V ALERIO NITRATO IZZO Il giudice di fronte ai casi tragici *

Transcript of Il giudice di fronte ai casi tragici

1. Introduzione: dilemmi morali e casi tragici

L’idea che esistano casi tragici nel diritto non è tra quelle chehanno ricevuto una attenzione specifica adeguata da parte della teo-ria del diritto. Per questo motivo è opportuno iniziare con una breveintroduzione al tema.

Con il termine dilemma morale1 si intende qualsiasi situazionenella quale un agente debba scegliere fra due azioni che (a) si esclu-dono a vicenda (nel senso che non è possibile compiere sia l’una chel’altra) e (b) delle quali una non sia chiaramente preferibile all’altra. Idilemmi morali si distinguono in simmetrici o asimmetrici a secondache per la loro risoluzione siano rilevanti almeno due norme o prin-cipi o valori o se al contrario ne sia rilevante solamente uno2. I di-lemmi morali si caratterizzano per il loro essere sostanzialmente in-

* Desidero ringraziare i Proff. Angelo Abignente, Vincenzo Omaggio ed UldericoPomarici per l’invito a partecipare al seminario sammaritano, offrendomi una preziosaoccasione di dibattito e di confronto. Il Prof. Gennaro Carillo è stato un discussant at-tento ed aperto al dialogo, i cui importanti spunti di riflessione e approfondimentospero di essere riuscito a tenere adeguatamente in conto. Un ringraziamento va ancheai partecipanti tutti al seminario ed in particolare a Gianvito Brindisi, con il quale hodiscusso a lungo le idee presentate nel mio intervento.

1 Nel prosieguo non distinguerò sempre nettamente dilemmi morali e casi tragiciintendendo le due definizioni come sostanzialmente equivalenti, pur riconoscendo ladifferenza tra il problema della decisione da assumere che si pone all’agente (il di-lemma) ed il contesto rilevante da cui sorge la necessità della decisione (il caso).

2 Per queste definizioni cfr. M. Barberis, Etica per giuristi, Laterza, Roma-Bari2006, pp. 183-184.

VALERIO NITRATO IZZO

Il giudice di fronte ai casi tragici *

Valerio
Typewriter
in U. Pomarici (cur.), Il diritto come prassi. I diritti fondamentali nello Stato costituzionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2010, pp. 163-186.

traindividuali, distinguendosi così almeno prima facie dai disaccordiintersoggettivi. L’espressione di conflitti intrasoggettivi può essere larisultante di un insieme complesso di valori e di conflitti che, anche sevengono in evidenza successivamente ad un livello individuale, pos-sono essere stati espressi in precedenza come conflitti intersoggettivi3.A questo si può aggiungere che, scartata un’indagine di tipo psicolo-gico sull’agente che si trova in una situazione di dilemma, se si pon-gono al centro dell’analisi i casi tragici come un tipo peculiare di pro-blema che necessita di una soluzione, è ancora più evidente l’interessedel dilemma per un’indagine sul momento della decisione e del ruolodel giudice.

Il dilemma morale può essere descritto come una situazione in cuiun soggetto è obbligato sul piano morale a compiere contemporanea-mente sia l’azione A che quella B, ma non può soddisfare contempo-raneamente entrambi gli obblighi, o perché fare B significa semplice-mente non fare A, o per altre ragioni contingenti legate alle circo-stanze in cui si trova. Spesso quindi i dilemmi morali vengonoconsiderati come conflitti morali, in cui vi è un contrasto tra i giudiziche si è disposti a considerare rilevanti nella decisione sul che cosafare4. La caratterizzazione del dilemma morale come conflitto tra ob-blighi è una delle più comuni, ed è interessante per l’ambito giuridicopoiché sottolinea che il conflitto ha luogo tra sorgenti normative di-verse5. Un esempio di dilemma morale è quello descritto da Sartre,che riporta i dubbi di un suo studente che, negli anni della Resistenza,perduto il fratello per mano dei tedeschi, è combattuto tra la volontàdi vendicare il fratello unendosi alla Resistenza oppure restare a casaad accudire la madre, per la quale egli è ormai l’ultima consolazionedella vita6. Questo è un chiaro esempio di dilemma morale asimme-trico, dove i valori ed i beni avvalorati sono diversi pur entrando lostesso in conflitto. Un dilemma morale simmetrico si avrebbe inveceladdove si minacciasse la vita di qualcuno che ci è caro, come ad

164 Valerio Nitrato Izzo

3 È il caso del giudice rispetto al processo.4 Cfr. B. Williams, Coerenza etica, in Id., Problemi dell’io, il Saggiatore, Milano

1990, pp. 203-226.5 Sul punto di vedano però le osservazioni critiche di C. Bagnoli, Dilemmi morali,

De Ferrari, Genova 2006, spec. pp. 57-61.6 J. P. Sartre, L’existentialisme est un humanisme (1946), Gallimard, Paris 1996,

pp. 41-42.

esempio nel dilemma di Sophie7, una madre in un campo di concen-tramento obbligata a scegliere quale dei suoi figli far morire per evi-tare l’uccisione di entrambi: in questo caso il conflitto morale ricadesotto l’ambito di applicazione della stessa norma che è evidentementequella di salvaguardare i propri figli. Queste situazioni, che si presen-tano spesso nella pratica, possono naturalmente essere oggetto di so-luzioni non solo genericamente etiche ma anche più specificamentegiuridiche8.

La tragicità nei dilemmi morali si può ritrovare tutte le volte in cuiil conflitto tra valori è tanto forte che non è possibile individuarenorme od autorità in grado di risolverlo. Essi sono talmente fonda-mentali ed importanti per i soggetti che li fanno valere, da non tenerein considerazione nessun elemento al di fuori della realizzazione delvalore – inteso come collegato al bene attraverso un’azione – che di-venta unico criterio orientante della condotta, in nome del quale si èsostanzialmente disposti a tutto, addirittura al sacrificio della propriavita come nell’esperienza più classica delle tragedie greche, dove ilconflitto è così lacerante da travolgere l’intera sfera esistenziale deisoggetti coinvolti. Ciò che questo atteggiamento nei confronti dei va-lori insegna ancora ai giorni nostri, è che bisognerebbe dubitare dellapossibilità di una composizione pacifica tra istanze morali irriducibili:la sensibilità tragica impone di rispettare l’importanza del dilemmamorale, mostrando e lasciando esprimere la ricchezza e la profonditàdel conflitto pratico ed etico, senza considerarlo un errore logico o ilsegno di una inadeguatezza9.

La possibilità che vi siano dilemmi morali è un problema stretta-mente filosofico, in quanto la ammissibilità o meno di tali conflitti de-riva dal sistema teorico di riferimento. Per lungo tempo si è dubitatoche dilemmi morali genuini potessero davvero porsi: le tradizioni fi-losofiche moniste, tra cui specialmente il kantismo e l’utilitarismo nonpossono ammettere l’esistenza di autentici dilemmi proprio perché otendono a considerare impossibile che vi sia un vero conflitto tra do-

Il giudice di fronte ai casi tragici 165

7 W. Styron, Sophie’s Choice, Bantam Books, New York 1980; trad. it. La scelta diSophie, Mondadori, Milano 1996.

8 M. Barberis, Etica per giuristi, cit., p. 185.9 Cfr. M. Nussbaum, La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella

filosofia greca, il Mulino, Bologna 1996, cap. II.

veri, come nel caso di Kant10, oppure perché attraverso il riferimentoall’utilità sarebbe sempre possibile ordinare gerarchicamente i con-flitti tra obblighi in vista di una risoluzione11. Il criterio unificante puòessere trovato anche altrove, laddove ad esempio si consideri che lavita umana vada pensata sempre come un qualcosa di unitario, in cuiil fatto che un bene valga per un soggetto, dipende da una narrazioneche è intellegibile solo a partire dalla sua unità, poiché è solo la man-canza di una concezione unificante della vita umana, tipica dell’indi-vidualismo moderno, a rendere possibili dilemmi tragici che altri-menti non potrebbero assumere la forma del conflitto tra doveri12.

Anche qui risulta rilevante la distinzione tra monismo e plurali-smo etico, che sottintende sempre la possibilità o meno di risolvere iconflitti tra valori e che è destinata fatalmente a ripercuotersi anchenelle dottrine normative, che sono quelle che interessano in questasede. Per il monismo i conflitti tra obblighi che caratterizzano i di-lemmi morali sono solo apparenti, nel senso che essi sono sempre ri-solubili. La teoria di Hare, ad esempio, prevede che il conflitto sia talesolo ad un livello intuitivo e che invece possa essere risolto passandoda questo livello prima facie ad un livello critico dove i conflitti mo-rali possano essere composti13. Gli argomenti a sostegno dell’esistenzadi dilemmi morali possono essere ricondotti alla presa in considera-zione dei sentimenti morali, del pluralismo dei valori o al conflittointra-valoriale14. Si deve a Bernard Williams una delle letture plurali-ste più interessanti sui dilemmi morali15. Secondo Williams il conflittotra obblighi morali è un conflitto in cui ciascun dovere può essere ad-dirittura lesivo della moralità poiché non sempre è possibile delibe-rare su una delle soluzioni in modo da annullare il desiderio di com-

166 Valerio Nitrato Izzo

10 I. Kant, La metafisica dei costumi, trad. it di G.Vidari, rivista da N. Merker, La-terza, Roma-Bari 1983, p. 27.

11 Per una introduzione completa al tema dei dilemmi morali cfr. C.W. Gowans,Introduction: the Debate on Moral Dilemmas in Gowans (ed.), Moral Dilemmas, Ox-ford University Press, Oxford 1987, pp. 3-33.

12 È questa la critica di A. MacIntyre, Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Ar-mando, Roma 2007, pp. 270-271.

13 R.M. Hare, Moral conflicts in Gowans (ed), Moral Dilemmas, cit., pp. 205-239.14 Cfr. C.W. Gowans, Introduction: the Debate on Moral Dilemmas, cit., p. 14.15 Cfr. Williams, Coerenza etica, cit. e Id., Conflitti tra valori, in Id., Sorte Morale,

il Saggiatore, Milano 1987, pp. 97-111.

piere anche l’altra azione. Ma se due doveri possono davvero conflig-gere andando contro la morale dell’agente, bisognerà riconoscere chepoiché una scelta è sempre possibile, questa scelta produrrà un’ espe-rienza di perdita in senso morale che sarà la controprova del valoremorale dell’azione scartata. La risoluzione del conflitto morale perWilliams dunque è sempre accompagnata dal rammarico come espe-rienza, ritenendo il conflitto qualcosa di non meramente accidentale,non concependo l’elemento del dovere come espressione di verità16.Questa prospettiva, pur considerando l’esperienza della perdita comeun segno della presenza del dilemma morale, non considera quest’ul-timo una situazione totalmente irrazionale ma piuttosto cerca di met-tere in luce che è possibile stabilire un rapporto tra conflitto morale erazionalità in cui si ammetta che anche agendo razionalmente, la ra-zionalità pratica non è sempre in grado di fornire risposte adeguate.Altro elemento per riconoscere la possibilità di dilemmi morali ge-nuini è quello del pluralismo dei valori intesi in quanto incommensu-rabili fra loro. Laddove si riconosca la presenza di più valori non or-dinabili alla luce di una scala gerarchica o di un valore ultimo comesostengono i monisti, non si può fare altro che accettare la mancanzadi un’etica capace di fornire risposte definitive. Questo comunquenon priva la facoltà di giudizio delle sue prerogative, poiché vi può es-sere un buon giudizio anche in assenza di una giustificazione totale.Dal fatto che l’azione scelta o messa in essere per risolvere il conflittomorale vada considerata come unitaria, non discende necessaria-mente che le decisioni prese sotto la minaccia del conflitto siano ar-bitrarie: la difficoltà nello spiegare le ragioni della correttezza di unadecisione non implica che la pretesa di correttezza sia senza signifi-cato17.

Per rafforzare questa tesi si può richiamare il fatto che non vi èun’ assenza di razionalità in un sistema etico-normativo che ammettasemplicemente che alcuni conflitti sono possibili: esso non cesse-rebbe, solo per questo elemento parziale di contraddittorietà, di es-sere una guida sufficiente ad orientare la condotta umana. Questo è

Il giudice di fronte ai casi tragici 167

16 Williams, Coerenza etica, cit., p. 213.17 Cfr. T. Nagel, The fragmentation of value, in Gowans (ed.), Moral dilemmas,

cit., p. 180 (ed. or. T. Nagel, Mortal Questions, Cambridge University Press, Cam-bridge 1979, pp. 128-141).

uno dei punti di collegamento tra il problema filosofico dei dilemmimorali e quello strettamente giuridico del loro controllo e risoluzione,anche perché «una morale ed una politica, se vogliono avere conse-guenze pratiche, devono potersi tradurre in leggi e procedimenti giu-ridici»18.

La teoria del diritto è rimasta a lungo sostanzialmente insensibileal tipo particolare di problemi che i dilemmi morali possono porre inambito giuridico. A lungo la discussione è stata dominata dalla notadistinzione di Hart tra casi facili e casi difficili, che è diventata uno deipunti di difesa più importanti del positivismo giuridico19. È noto chela facilità di risoluzione di un caso dipenderebbe sostanzialmentedalla sua chiarezza e quindi dalla possibilità di applicare direttamenteil diritto rilevante per risolvere la fattispecie, senza che questo com-porti particolari difficoltà per il giudice o altri soggetti che devono de-cidere sul caso. La risoluzione dei casi difficili dipenderebbe invecedall’esercizio di un potere di discrezionalità che è la via d’uscita of-ferta al giudice di fronte ad un caso che non è di immediata o chiarasussunzione nell’ambito applicativo di una norma. La distinzionetrova un suo riscontro preciso anche nella concezione dei rapporti trainterpretazione ed applicazione del diritto. L’esistenza dei casi facilisarebbe la conferma che è possibile applicare il diritto senza inter-pretarlo e che quindi sarebbe possibile individuare l’oggetto diritto invista di una sua applicazione, senza per questo procedere necessaria-mente ad una interpretazione delle norme rilevanti, ammettendo lapossibilità di una netta separazione tra diritto com’è e diritto comedovrebbe essere20. La teoria dell’argomentazione ha invece sottoli-neato che la presenza di casi difficili, al di là del significato teorico chesi vuole attribuire alla distinzione, segnala la necessità di una giustifi-cazione che non può limitarsi al momento strettamente deduttivo.L’inserimento di ragioni di tipo giustificativo nei discorsi sulla validitànon significa necessariamente abbandonare il giuspositivismo quantopiuttosto integrare il suo modello di ragionamento giuridico21, attra-

168 Valerio Nitrato Izzo

18 M. Barberis, Etica per giuristi, cit., p. 188.19 H.L.A. Hart, Il concetto di diritto, Einaudi, Torino 2002 pp. 148-149.20 Cfr. la prospettiva difesa da A. Marmor, Interpretation and Legal Theory, Hart

Publishing, Oxford and Portland 2005, pp. 95-118.21 Cfr. N. MacCormick, Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli,

Torino 2001, pp. 81-84.

verso un secondo livello di giustificazione ed il ricorso alle nozioni dicoerenza e congruenza per orientarsi tra le risposte che possono ri-solvere casi non facili22.

Bisognerà allora domandarsi se vi siano casi diversi da quelli facilio difficili di cui il diritto debba tenere conto. Si tratta ora di intro-durre l’idea che vi siano casi tragici che il diritto debba prendere inconsiderazione, la cui forma logica può essere paragonata a quella deidilemmi morali che si sono definiti in precedenza. Per casi tragici sipuò per il momento intendere quei casi «che non hanno nessuna ri-sposta corretta e pertanto presentano ai giudici non il problema di de-cidere di fronte ad una serie di alternative (ossia come esercitare la suadiscrezionalità) ma che percorso intraprendere di fronte ad un dub-bio»23. L’idea fondamentale è dunque che di fronte ai casi tragici pos-siamo trovarci nell’impossibilità di ottenere un equilibrio soddisfa-cente che non sacrifichi nessun elemento essenziale di un valore con-siderato come fondamentale da un punto di vista giuridico o morale,e che quindi l’adozione di una decisione in queste condizioni non si-gnifichi confrontarsi con una semplice alternativa ma piuttosto conun dilemma24. Applicando la terminologia della teoria dei giochi aicasi tragici, abbiamo una situazione in cui non vi è nessun equilibriominimo da poter considerare come criterio di orientamento nella de-cisione da assumere, mentre chi ritiene che vi siano risposte corretteper ogni caso dovrebbe essere in grado di garantire il raggiungimentodi un punto di equilibrio ottimale25. Dal punto di vista del giudice icasi tragici mettono dunque in discussione l’idea di discrezionalitàcome scelta tra alternative tutte egualmente legittime26.

Prima che Atienza riportasse l’attenzione su questa categoria dicasi, la teoria del diritto si era a lungo guardata dal porli entro il pro-prio orizzonte teorico. È possibile che in questo vi sia una ulteriore

Il giudice di fronte ai casi tragici 169

22 Ivi, cap. V.23 M. Atienza, I limiti dell’interpretazione costituzionale. Di nuovo sui casi tragici,

“Ars Interpretandi. Annuario di Ermeneutica giuridica”, 1999, pp. 300-301.24 Cfr. M. Atienza, Las razones del derecho. Teorias de la argumentación juridica,

Centro de Estudos Constitucionales, Madrid, 1991, p. 252.25 Id., Sobre lo razonable en el Derecho, “Revista Española de Derecho Constitu-

cional”, 9, n. 27, 1989, pp. 100-101.26 Secondo la definizione di A. Barak, La discrezionalità del giudice, Giuffrè, Mi-

lano 1995, p. 16.

prova del fatto che l’atteggiamento giuridico si pone più nel senso dievitare elementi di divergenza e conflitto etico, al punto di negarliattraverso una sempre possibile risoluzione, piuttosto che accettarliin quanto problemi cui gli ordinamenti giuridici devono in qualchemodo fare fronte. In effetti la categoria dei casi tragici pone sfide im-portanti alla teoria del diritto. Di fronte ai casi tragici il dirittoesprime al meglio le sue peculiarità: da un lato esso non può essereridotto alla morale, che d’altra parte non è detto sia in grado di of-frire risposte adeguate dato che si può affermare che laddove visiano valori incommensurabili non è possibile trovare soluzioni sem-plicemente perché non vi sono soluzioni da trovare27, dall’altro sideve decidere una controversia ben sapendo che in questi casi il ri-ferimento ai materiali giuridici vigenti non consente che una ap-prossimazione ad una soluzione corretta. Naturalmente non può es-sere qui sottovalutato il ruolo della dogmatica, cui compete riportaread unità il sistema anche in situazioni particolarmente difficili, attra-verso il richiamo di principi che si ritengano rilevanti per la deci-sione. Ma anche in questo caso sarà inevitabile, pur nei limiti propridella razionalità degli enunciati dogmatici, operare una scelta inter-pretativa e quindi accettare la possibilità più viva che mai del disac-cordo.

Nel concreto possiamo individuare almeno quattro ambiti dove icasi tragici pongono dei problemi concettuali interessanti dal puntodi vista giuridico28. Innanzitutto vi è una sfida al carattere istituzionaledegli ordinamenti giuridici che trovano un presupposto fondamentaledella loro necessità nella possibilità di offrire risposte giuridiche equindi di garantire giustizia ai propri cittadini. Evidentemente i casitragici pongono in dubbio questa capacità. Un altro aspetto è costi-tuito dal carattere determinato del diritto, poiché i casi tragici pos-sono porre in evidenza lacune nel diritto. Da questo deriva la consi-derazione che i casi tragici dal punto di vista concettuale sono stret-tamente dipendenti dalla commensurabilità o meno di valori eprincipi giuridici in un determinato ordinamento. Infine viene minatala possibilità di ricorrere a metodi di bilanciamento o di ponderazione

170 Valerio Nitrato Izzo

27 C. W. Gowans, Introduction: the Debate on Moral Dilemmas, cit., p. 18.28 Cfr. G. Lariguet, Conflictos trágicos y derecho. Posibles desafíos, “Doxa. Cua-

dernos de Filosofía del Derecho”, n. 27, 2004, pp. 317-348, spec. pp. 332 e ss.

come possibilità di risoluzione del conflitto tra principi differentiaventi lo stesso rilievo giuridico.

Il quadro fin qui tracciato credo dia un’idea generale del poten-ziale di domande teoriche che la questione dei casi tragici può solle-vare. Essa può arrivare a mettere in crisi la nostra idea di ordinamentidemocratici che ritenevamo potessero dare una risposta secondo di-ritto a qualunque questione sollevata davanti ad un giudice valida-mente costituito.

2. Casi tragici e diritti fondamentali

Il tema dei casi tragici rimanda in modo evidente alla teoria deidiritti fondamentali29. La tragicità di un caso deriva infatti non solodalla difficoltà di raggiungere un equilibrio tra gli interessi e i valoricontrapposti ma, tale contrapposizione, per raggiungere un livello disignificatività di tipo tragico, deve evidentemente riguardare diritti,beni, valori ritenuti fondamentali nell’ordinamento giuridico di riferi-mento. Da questo punto di vista il discorso sui casi tragici ci riportaad una differenziazione del rapporto tra diritti fondamentali e dirittiumani.

Laddove i diritti umani si presentano come la stella polare diorientamento nell’universo giuridico contemporaneo, pur con le op-portune cautele rispetto sia all’apologia di tale categoria sia ad una suafrettolosa liquidazione, i diritti fondamentali rispondono invece adun’esigenza di maggiore concretezza e concentrazione su ciò che è ingrado di contribuire all’esistenza di una società in termini etici, istitu-zionali, politici, teleologici30. In questo senso davvero i casi tragicisembrano dover essere necessariamente ricondotti all’ambito dei di-ritti fondamentali piuttosto che a quello dei diritti umani, proprioperché essi rispondono immediatamente ad una concezione deonto-logica dei diritti che rimane collegata alla politica nel momento dellaistituzione, ma separata da questa poiché i diritti sarebbero sempre

Il giudice di fronte ai casi tragici 171

29 L. Zucca, Constitutional Dilemmas: Conflicts of Fundamental Legal Rights inEurope and the USA, Oxford University Press, Oxford 2007.

30 G. Palombella, Dai diritti umani ai diritti fondamentali: sulle conseguenze di unadistinzione concettuale, “Sociologia del Diritto”, n. 2, 2004, p. 64.

carte vincenti da far valere nei confronti delle politiche, come soste-nuto da Dworkin.

I casi tragici mettono in discussione esattamente tutto questo: essicostituiscono una sfida alla tenuta della nostra architettura istituzio-nale e valoriale in tema di protezione dei diritti, ma possono anche es-sere visti come una cartina al tornasole di ciò che davvero conta nelsenso giuridico dell’effettività del sistema giuridico nel suo com-plesso. Da questo punto di vista credo che si possa stabilire una con-nessione tra diritti fondamentali e casi tragici a partire da una distin-zione proposta da Luigi Ferrajoli, al quale dobbiamo uno degliesempi più recenti e rigorosi di elaborazione di una teoria dei dirittifondamentali. Ferrajoli ha sottolineato che nello Stato costituzionaledi diritto è possibile parlare di diritti patrimoniali come diritti oriz-zontali, nel senso della loro intersoggettività relativa, di tipo civilisticoe obbligatorio, mentre i diritti fondamentali configurerebbero semprediritti verticali, diritti cioè che l’individuo può far valere nei confrontidello Stato31. Questa distinzione implica alcuni corollari per quantoriguarda le garanzie. Ai diritti patrimoniali corrisponde un genericodivieto di non lesione di diritti reali o di obbligazioni debitorie nei di-ritti personali o di credito. I diritti fondamentali, aventi rango costi-tuzionale, implicano doveri ed obblighi a carico dello Stato, ove laviolazione è causa di invalidità delle leggi e la cui osservanza è al con-trario condizione di legittimità dell’esercizio dei pubblici poteri.

Anche i casi tragici possono configurarsi come orizzontali o verti-cali, nel senso che la difficoltà del raggiungimento di un equilibrionormativo soddisfacente può riguardare rapporti intersogettivi divario tipo, come ad esempio nel caso tragico ma di scuola dei duenaufraghi appesi ad una zattera che è in grado di reggerne uno solo:il diritto penale normalmente trancia di netto il dubbio prendendoatto che di fronte all’incommensurabilità del valore delle due vite edella spinta vitalistica all’autoconservazione, non si può far altro chericonoscere uno stato di necessità che giustifichi il reato commessonell’eliminare il compagno di sventura. Nei casi tragici verticali ci tro-viamo di fronte invece a scelte che coinvolgono direttamente l’eserci-zio del potere pubblico, con particolare tensione rispetto alla fun-

172 Valerio Nitrato Izzo

31 L. Ferrajoli, Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, Laterza, Roma-Bari2001, p. 17.

zione legislativa. Si può pensare qui alla tragicità che coinvolge permolti versi le legislazioni anti-terrorismo, dove la previsione della pos-sibilità di abbattere un aereo in mano ai terroristi si scontra con il ne-cessario rispetto della protezione della vita umana dei cittadini coin-volti, che secondo la Corte Costituzionale tedesca deve prevalere nelbilanciamento32. Lo “scandalo del tragico” appare continuamente intutti quei casi in cui le esigenze di sicurezza collettiva ed il rispetto deidiritti fondamentali e delle tradizioni giuridiche costituzionali si scon-trano frontalmente, come nel dibattito sulla possibilità di un uso “mo-derato” della tortura al fine di ottenere informazioni rilevanti da unterrorista, magari nella drammatica immediatezza del caso della tic-king bomb, della bomba a orologeria in procinto di scoppiare33. La di-mensione verticale dei casi tragici sembra in ogni caso destinata a pre-valere laddove si colleghi la tragicità dei casi a quella delle scelte al-trettanto tragiche che il diritto e la politica sono costretti a prenderenella gestione dei beni scarsi. Questo aspetto è stato affrontato nelclassico lavoro di Bobbit e Calabresi dove si analizzano le differenzee le difficoltà nella regolamentazione della circolazione ed allocazionedi beni particolarissimi come reni ed altri organi vitali, in cui problemidi efficienza del mercato, esigenze di eguaglianza sociale, costi delleprocedure di distribuzione ed allocazione si intrecciano con le enormidifficoltà di traduzione in termini di regolamentazione giuridica di taliscelte34.

La dimensione verticale dei casi tragici emerge molto chiaramentenel discorso sulla possibilità di riconoscimento del diritto di morire35

nel nostro ordinamento. Come in tutti i momenti rivendicativi di di-ritti, quando cioè l’individuo attraverso una diversa considerazionedei propri diritti soggettivi tenta di imporli all’ordinamento di ap-partenenza, anche in questo caso è in gioco il rapporto tra diritti del-l’individuo e doveri dello Stato, che laddove si spinga alle estremeconseguenze come nei casi tragici, comporta una inevitabile quantodolorosa interrogazione sulla sfera del decidibile e, soprattutto, del-

Il giudice di fronte ai casi tragici 173

32 BVerfG, 1 BvR 357/05.33 Cfr. F. Belvisi, Lo scandalo del tragico: il caso del «ticking bomb», “Ragion Pra-

tica”, 29, 2007, pp. 399-413.34 Cfr. P. Bobbit, G. Calabresi, Scelte tragiche, Giuffrè, Milano 2006.35 Per un ampio inquadramento del tema cfr. la relazione di Gianvito Brindisi, in

questo volume.

l’indecidibile36. Questo aspetto ci introduce al tema dell’origine deicasi tragici e del rapporto tra legislazione e giurisdizione.

3. L’origine dei casi tragici tra legislazione e giurisdizione

Anche se le democrazie contemporanee sono evidentemente il ri-ferimento del nostro discorso, occorre tenere presente che, come ri-corda Atienza, «il diritto degli stati democratici non configura neces-sariamente il migliore dei mondi giuridicamente immaginabili (seb-bene sia il migliore dei mondi giuridicamente esistenti)»37. Il punto èche la presenza dei casi tragici non deriva tanto da una sorta di defi-cit morale dei nostri sistemi giuridici, evitabile attraverso una modi-fica del sistema giuridico che consenta di impedire che la situazione siconcretizzi come tragica, ma può piuttosto indicare situazioni che sor-gono malgrado il sistema giuridico in questione accolga i principi mo-rali che deve accogliere. Paradossalmente i casi tragici qui appaionocome una conseguenza della moralizzazione dei sistemi giuridici38.

L’evoluzione degli ordinamenti giuridici contemporanei induce apensare che questi casi siano destinati in realtà ad aumentare. Il plu-ralismo dei valori che attraversa le società di oggi, qualificabili comepostmoderne poiché la capacità di riconoscersi in una comprensioneampiamente condivisa del modo in cui promuovere l’unità e la coe-sione della comunità è sempre più fragile39, si riverbera anche nellatrasformazione della nostra idea di costituzione che rimane guida isti-tuzionale della vita della comunità ma non pretende più la predeter-minazione né l’esaurimento anticipato di tutti gli assetti possibili dellaconvivenza sociale40. La nostra concezione della democrazia nei suoirapporti con la costituzione si trasforma da una democrazia sorve-gliato speciale, che si sviluppa sotto l’occhio vigile di una costitu-zione-custode, in una democrazia-agricoltore dove la costituzione è

174 Valerio Nitrato Izzo

36 Cfr. J. Derrida, Forza di legge. Il «fondamento mistico» dell’autorità, Bollati Bo-ringhieri, Torino 2003, p. 77.

37 M. Atienza, I limiti dell’interpretazione costituzionale, cit., p. 302.38 Idem, p. 309.39 M. Rosenfeld, Interpretazioni. Il diritto tra etica e politica, il Mulino, Bologna

2000, p. 27.40 G. Zagrebelsky, Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino 1992.

intesa come un seme al cui germogliare contribuiscono le proceduredemocratiche che ne sviluppano le potenzialità enunciate nei principigenerali, aprendosi così al portato valoriale di ciascuno41. Se riconsi-deriamo in questo senso plurale il rapporto tra diritto e società nelloStato costituzionale, fondato quindi sul riconoscimento delle diversitàpiuttosto che sulla richiesta di omologazione, credo che la possibilitàche i sistemi giuridici debbano affrontare casi tragici sia non solo con-creta ma forse addirittura un implicito riconoscimento di questo plu-ralismo dei valori.

L’origine dei casi tragici, ed anche le difficoltà del ragionamentosui diritti fondamentali, hanno a che fare con tre tipi di indetermina-tezza. La prima è quella tradizionalmente derivante dall’equivocitàdel linguaggio, fissato in disposizioni generali quali sono normal-mente quelle che esprimono diritti fondamentali anche a livello costi-tuzionale e le conseguenze che ne derivano in sede di individuazione,interpretazione ed argomentazione soprattutto giudiziale42. La se-conda consiste nel riconoscere che con l’introduzione delle carte co-stituzionali negli ordinamenti giuridici è sicuramente aumentata laprobabilità che valori aventi rango costituzionale confliggano tra loro.La terza, di carattere più generale, si ravvisa nel graduale processo diperdita di capacità regolatrice della politica in favore della giurisdi-zione, dovuta ad un insieme di fenomeni correlati tra i quali si pos-sono annoverare sicuramente la globalizzazione giuridica e la cre-scente tendenza della tecnica ad impossessarsi del diritto.

In particolare quest’ultima notazione sul rapporto sempre più dif-ficile tra giurisdizione e legislazione mi sembra degna di qualche ap-profondimento. L’istituzione giudiziaria ha conosciuto negli ultimitempi una trasformazione molto significativa. Come ha osservatoMaria Rosaria Ferrarese «i nostri giorni recano indubbi segni di suc-cesso di una istituzione giuridica sulle altre: quella giudiziaria»43, con-statando la notevole espansione che il potere giudiziario ha cono-sciuto anche in Europa. I motivi di questa affermazione del giudizia-

Il giudice di fronte ai casi tragici 175

41 F. Viola, La democrazia deliberativa tra costituzionalismo e multiculturalismo,“Ragion Pratica”, 20, 2003, p. 35.

42 Cfr. T. Mazzarese, Ragionamento giudiziale e diritti fondamentali. Rilievi logicied epistemologici, in Analisi e Diritto 2002-2003, a cura di P. Comanducci e R. Gua-stini, pp. 183-209.

43 M.R. Ferrarese, Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, ilMulino, Bologna 2002, p. 187.

rio risiedono soprattutto nella maggiore capacità di offrire risposte anuovi bisogni giuridici ed alla contemporanea perdita di terreno dellalegislazione44.

Dal punto di vista istituzionale viene messa in risalto l’istituzionegiudiziaria come istituzione di “prossimità” rispetto alle altre, poichéè al giudice che si domanda il riconoscimento immediato dei diritti enon ai tempi lunghi del potere politico. Viene così valorizzato, innetta controtendenza rispetto al passato, il momento applicativo piut-tosto che quello genetico delle norme, con la conseguenza che nonsolo l’equilibrio tra poteri appare drasticamente ridisegnato sotto lespinte della contingenza, ma è la funzione stessa del giudice a subireuna trasformazione, finendo per diventare una sorta di “factotum isti-tuzionale” al quale rivolgersi non solo per dirimere controversie, maanche e soprattutto per risolvere problemi che le altre istituzioni so-ciali non riescono ad affrontare45.

È la figura del giudice dunque quella che dovrà confrontarsi in viaprincipale con i casi tragici che verranno posti dinanzi alla sua giuri-sdizione, domandando il riconoscimento di diritti sui quali la legisla-zione per disinteresse o per volontà politica semplicemente tace, ope-rando in questo modo un trasferimento di responsabilità decisionaletanto più stringente poiché, a differenza del legislatore, il giudice, unavolta adito, non potrà astenersi dal decidere46.

4. Stato di diritto costituzionale e terreno proibito

Inevitabile appare allora fornire almeno alcuni cenni per inqua-drare il problema della presenza dei casi più difficili da risolvere neltradizionale contesto teorico della separazione dei poteri. La forza il-luminante dei casi per una messa a fuoco concreta del diritto e degliordinamenti giuridici, è stata sottolineata dalle prospettive ermeneu-tiche che hanno rivolto una attenzione specifica al significato che as-

176 Valerio Nitrato Izzo

44 Idem, pp. 188-189.45 Cfr. P.P. Portinaro, Oltre lo stato di diritto. Tirannia dei giudici o anarchia degli

avvocati? in P. Costa, D. Zolo (a cura di ), Lo stato di diritto. Storia, teoria e critica, Fel-trinelli, Milano 2002, p. 393.

46 Sul tema cfr. A. Garapon, I custodi dei diritti: giudici e democrazia, Feltrinelli,Milano 1997, pp. 139 ss.

sumono i casi “esemplari” o paradigmatici, quei casi che ci aiutano acomprendere il senso principale dei concetti che vogliamo definire. Ilcaso, come ha sottolineato Zagrebelsky, produce sempre una pres-sione sul diritto, per cui esso non è qualcosa che debba essere sem-plicemente registrato ma piuttosto un quesito che deve essere risoltodove la risoluzione è richiesta dall’esistenza del problema47.

La questione principale diventa quella classica della separazionedei poteri e della divisione del lavoro tra giurisdizione e legislazionenell’elaborazione degli strumenti giuridici offerti per la risoluzionedei casi. Il naturale ruolo di preminenza della legislazione comeespressione della sovranità popolare e della scelta degli assetti giuri-dici concreti da rimettere successivamente al giudice per assicurarnel’effettività nel momento applicativo, è oggi in crisi. La stessa idea tra-dizionale della separazione dei poteri, deve essere letta alla luce delmomento interpretativo del diritto e del contributo che il giudice ine-vitabilmente apporta alla determinazione del senso giuridico. Nellacultura giuridica tradizionale ci si è a lungo illusi di non incorrere inquella che Barberis ha efficacemente chiamato la “contraddizionefondamentale”, per cui secondo la dottrina classica della separazione«il giudice non deve creare diritto, eppure non può non crearlo»48.

L’avvento dello Stato sociale e del costituzionalismo ha compli-cato ancora di più il rapporto tra legislazione e giurisdizione facendosì che al giudice non fosse più consentita una totale lontananza dallapolitica. Vacilla così l’ultimo limite, quello dell’impossibilità di creareregole generali e astratte, frontiera ultima destinata anch’essa a caderenel momento in cui il giudice «operando sulla e non con la legge, fi-nisce per determinare, con le sue pronunce, effetti simili a quelli chela legge stessa determina»49. Il lavoro ermeneutico del giudice escequindi dalla autoreferenzialità meccanica della bocca della legge, peressere immerso nella pratica sociale delle comunità interpretative incui il giudizio verrà valutato alla luce dell’accettabilità e della ten-denza alla correttezza delle interpretazioni proposte. La pervasività

Il giudice di fronte ai casi tragici 177

47 G. Zagrebelsky, Il diritto mite, cit., pp. 187 e ss.48 M. Barberis, Separazione dei poteri e teoria giusrealista dell’interpretazione, in

Analisi e Diritto 2004, a cura di P. Comanducci e R. Guastini, p. 1.49 M. Luciani, Giurisdizione e legittimazione nello stato costituzionale di diritto

(ovvero: di un aspetto spesso dimenticato del rapporto fra giurisdizione e democrazia),“Politica del diritto”, XXIX, n.3, 1998, p. 371.

del fenomeno interpretativo nel diritto si rivela così nel momento giu-diziale come riconoscimento di un carattere inevitabilmente e par-zialmente creativo dell’interpretazione del giudice, creatività che nonva intesa come creazione ex nihilo dal nulla normativo ma piuttostocome necessario passaggio verso la comprensione del diritto in vistadella sua applicazione50. Il riconoscimento della creatività del giudicenon può in ogni caso porre questa dimensione sullo stesso piano dellalibertà di creazione del diritto da parte del legislatore, poiché mentrequesta possiede un carattere originario e sovrano, quella del giudice èessenzialmente derivata51.

Questo carattere creativo, se sembra ormai pacificamente acqui-sito sul piano metodologico anche al di là dell’indirizzo strettamenteermeneutico, non cessa però di essere problematico laddove lo siguardi sotto il profilo della neutralità dell’attività giurisdizionale, chenelle società complesse odierne appare decisamente difficile da assi-curare. Se non possiamo più concepire il giudiziario come custode divalori immutabili che esso rappresenta, la funzione del giudiziario ri-sulta piuttosto dalla sua collocazione in quel sistema che produce edapplica il diritto di cui si ha bisogno52. Se il giudice deve essere consi-derato come l’elemento di terzietà che istituisce il giuridico, diven-tando così la figura che forse più di ogni altra incarna l’idea origina-ria della giuridicità53, una volta inserito nel contesto pratico dell’atti-vità giurisdizionale, non si possono sottovalutare i possibili esitistrategici in senso politico dell’attività decisionale, per quanto oggisempre più costretti e limitati dal crescente affinamento delle tecnichedi motivazione ed argomentazione che tentano di assicurare la razio-nalità della decisione.

Nell’equilibrio dei poteri costituzionali queste sollecitazioni spin-gono ad interrogarsi sulla estensione del potere giurisdizionale nelladeterminazione dei valori fondamentali di un ordinamento e quindinel contributo del giudice al riconoscimento di diritti fondamentali lacui esistenza non può essere rintracciata direttamente nel linguaggio

178 Valerio Nitrato Izzo

50 G. Zaccaria, Il giudice e l’interpretazione, “Politica del diritto”, XXXVII, n. 3,2006, pp. 461-474.

51 Idem, p. 467;52 Così N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, Guida, Napoli 1990, p. 57.53 F. Ost, Raconter la loi. Aux sources de l’imaginaire juridique, Odile Jacob, Paris

2004, cap. II.

costituente, ma solo attraverso un ricorso ai principi che dai docu-menti costituzionali la giurisprudenza è chiamata ad esplicitare neicasi concreti. In buona sostanza ci si domanda se sia possibile pensaread una sorta di terreno proibito sotto il profilo costituzionale, che as-sicuri la garanzia e la protezione di un insieme di diritti fondamentali,sottratto almeno parzialmente alle istanze democratiche della sovra-nità popolare ed alle tensioni delle contingenze della politica, dunquesuscettibile di una ulteriore concretizzazione e determinazione adopera delle funzioni giurisdizionali supreme54. Il riconoscimento ditale terreno proibito, comporta quindi l’assegnazione di un potere no-tevole alla giurisdizione costituzionale o suprema che potrebbe por-tare ad una determinazione in via giurisdizionale dei diritti fonda-mentali.

I critici di questa prospettiva hanno sottolineato che in questomodo non si può che riconoscere che il giudice diventa il vero so-vrano, poiché interpretando il documento costituzionale finirebbeper riscriverlo, a meno che non si conformi all’osservanza ed alla ri-cerca di un significato originale della costituzione che consenta di le-gittimare la sua interpretazione autoritativa55. Da altro punto di vistacritico, la fondazione di un nucleo di diritti, inteso come sostanzial-mente escluso dalla possibilità di successive modifiche, sembra tra-dire l’esigenza dei paradigmi giuridici contemporanei di fondare lapropria legittimazione non su assunti metafisici posti al di fuori dellesfere di disponibilità degli individui coinvolti dalle decisioni quantopiuttosto sulla possibilità di arrivare ad una formazione discorsiva deldiritto che assicuri la cooriginarietà di diritti e sovranità popolare at-traverso la deliberazione pubblica, come avviene nel modello haber-masiano e più in generale nelle teorie della democrazia deliberativa56.

L’incertezza sui diritti fondamentali da includere in questo nucleosottratto alla deliberazione, anche se spinge a criticare il ruolo svolto

Il giudice di fronte ai casi tragici 179

54 L’espressione “terreno proibito” è di E. Garzón Valdés, Representación y de-mocracia, in E. Garzón Valdés, Derecho, Ética y Politica, Centro de Estudos Constitu-cionales, Madrid 1993, pp. 644-645. In argomento cfr. i contributi di J.J. Moreso, J.C.Bayón, R. Gargarella raccolti in “Ragion Pratica”, 10, 1998.

55 R. H. Bork, Il giudice sovrano. Coercing virtue, Liberilibri, Macerata 2006.56 Cfr. J. Habermas, Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e

della democrazia, Guerini, Milano 1996.; sulla prospettiva habermasiana cfr. A. Abi-gnente, Legittimazione, discorso, diritto. Il proceduralismo di Jürgen Habermas, Edito-riale Scientifica, Napoli 2003.

dai giudici, in favore di una maggiore enfasi sul ruolo della legisla-zione, non sembra però risolvere la problematicità della presenza dicasi tragici che possono avere origine, come si è visto, proprio nellamancanza di un indirizzo politico-legislativo forte e nell’inerzia difronte ad istanze sociali che chiedono di essere formalizzate e ricono-sciute giuridicamente.

La possibilità che vi siano casi tragici costituisce un problemaanche per quelle teorie che, nella preoccupazione legittima di assicu-rare che sia il momento della legislazione a decidere di quali dirittipossiamo godere, non possono non confrontarsi col fatto che, lad-dove si presenti un caso tragico, la decisione va presa qui ed ora, se-condo l’urgenza e la limitazione di tempo e di risorse tipica dell’atti-vità giurisdizionale e che invece non investe il momento del dibattitopolitico nelle assemblee legiferanti57.

Il diritto di morire, come rivendicazione giuridica di un dirittonon espressamente riconosciuto da una legge che disciplini specifica-mente questa fattispecie nel senso della sua ammissibilità, di recenteposto con drammatica urgenza nel nostro ordinamento, può essere unbuon esempio della difficile relazione tra casi tragici e legittimazionedella decisione giudiziale in uno Stato di diritto costituzionale come ilnostro. L’analisi di un drammatico caso recente sarà utile ad illustrarenella pratica le possibili risposte ai problemi teorici prima sollevati.

5. L’esempio del diritto di morire

A seguito di una lunga e dolorosa vicenda umana e giudiziaria ri-guardante la possibilità di ottenere l’autorizzazione al distacco ed al-l’interruzione degli apparati che consentivano ad una donna in statovegetativo permanente di rimanere in vita, la Corte di Cassazione, Isez. civ., con la sentenza 21748 del 16 ottobre 2007, si è pronunciatasu quello che sembra a tutti gli effetti un caso tragico. Questa sen-tenza, che mi sembra la più significativa della vicenda di Eluana En-glaro e dei suoi familiari, costituisce un buon esempio di decisionegiudiziaria su di un caso tragico, dove il giudice, nel caso una corte su-prema ma non costituzionale, deve, pur in assenza di un chiaro riferi-

180 Valerio Nitrato Izzo

57 Cfr. J. Waldron, Law and Disagreement, Oxford University Press, Oxford 1999.

mento normativo di tipo legislativo, prendere posizione su di un casoestremamente controverso sotto il profilo etico ed allo stesso tempodi grande delicatezza giuridica, data la necessità di ricostruire un si-stema di principi elaborati in via prevalentemente giurisprudenziale.

La sentenza riconosce la possibilità che sia autorizzata l’interru-zione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali, anche su istanzadel tutore di soggetto incapace, considerati dalla corte come tratta-menti sanitari che pur configurandosi come tali, non costituiscono ne-cessariamente una forma di accanimento terapeutico in presenza didue circostanze concorrenti: a) che la condizione di stato vegetativodel paziente sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza al-cuna, sia pur minima, possibilità di recupero della coscienza e dellacapacità di percezione secondo standard scientifici internazional-mente riconosciuti e b) l’accertamento univoco sulla base di elementitratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convinci-menti etici, religiosi, culturali, filosofici che ne orientavano i compor-tamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestatoil suo consenso alla continuazione del trattamento. Laddove questecondizioni non sussistano, l’autorizzazione deve essere negata perchéallora va incondizionatamente data prevalenza al diritto alla vita, in-dipendentemente dalla percezione, che altri possano avere, della qua-lità della vita stessa.

La Corte è investita sostanzialmente di due quesiti: a) la configu-rabilità di un accanimento terapeutico in presenza di alimentazione eidratazione forzati e b) la possibilità che il consenso al trattamento te-rapeutico in atto possa essere espresso attraverso il tutore della pa-ziente impossibilitata ad esprimere direttamente la propria volontà,secondo una ricostruzione delle opinioni espresse sul significato delladignità della persona precedentemente allo stato d’incapacità.

L’argomentazione della Suprema Corte muove innanzitutto dallaricostruzione del principio del consenso informato come legittima-zione e fondamento del trattamento sanitario. Tale consenso è semprenecessario anche laddove si agisca nell’interesse del paziente, essendoquesti l’unico soggetto titolato a decidere sulla liceità della relazioneche si instaura tra medico e paziente. I riferimenti normativi utilizzatisono sia di diritto interno che di diritto internazionale, essendo ri-chiamate sia la Convenzione di Oviedo sia la Carta dei Diritti Fonda-mentali dell’Unione Europea, nel tentativo di offrire una ricostru-zione quanto più ampia possibile del principio del consenso infor-

Il giudice di fronte ai casi tragici 181

mato. Tale consenso non può, secondo la giurisprudenza della Cedu,fondare in negativo un vero e proprio diritto di morire né consentireun diritto di autodeterminazione nel senso di scegliere la morte. L’ar-gomentazione della Corte prosegue ammettendo che il caso in esamepresenta delle peculiarità dovute al fatto che il soggetto non è in gradodi esprimere direttamente né un consenso né un dissenso rispetto alleterapie poste in essere nel suo interesse nell’attualità degli avveni-menti che la coinvolsero. È interessante notare che la Corte, pur rico-noscendo l’attuale carenza di una specifica disciplina legislativa, af-fermi la necessità, dato il valore assoluto e primario dei diritti coin-volti, di una loro immediata tutela da esperirsi attraverso unaricostruzione della regola di giudizio nel quadro dei principi costitu-zionali (capov. 7).

Nel tentativo di ricostruire la legittimità giuridica della conside-razione di idee espresse nel passato relativamente alla concezione didignità della vita umana difesa dal paziente, la Corte si richiamaespressamente a casi decisi in altri ordinamenti giuridici, nello speci-fico i casi Quinlan, Cruzan della Corte Suprema degli Stati Uniti ed ilcaso Bland dell’House of Lords. Da questa giurisprudenza interna-zionale è possibile risalire al principio in base al quale il tutore, nel de-cidere per conto dell’impossibilitato, deve prendere ad orientamentodella propria determinazione il personale sistema di vita del paziente,considerando le dichiarazioni espresse e gli assunti di tipo etico e fi-losofico.

Infine è dal riconoscimento espresso del pluralismo dei valoricome fondamento del nostro sistema costituzionale che, secondo laCorte, si può legittimare la diversità delle opinioni riguardo la dignitàdel tipo di vita vissuta. Il rispetto dell’autonomia del malato si tra-durrebbe così, nel caso estremo considerato, nel consentire che lavoce del paziente venga ascoltata attraverso il tutore che lo rappre-senta a seguito di una complessa ricostruzione della volontà espressaprecedentemente, obbligo previsto anche in documenti internazionalicome la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e sulla biomedi-cina, che all’art. 9 impone di considerare i desideri precedentementeespressi dal paziente non in grado di esprimere la propria volontà.

182 Valerio Nitrato Izzo

6. Alla ricerca della legittimazione: la decisione giudiziaria tra solitu-dine e responsabilità

Quello che interessa in questa sede non è tanto una analisi criticadella sentenza, che evidentemente presenta numerosi spunti di rifles-sione in senso giuridico ed etico, quanto piuttosto sottolineare breve-mente alcune caratteristiche del profilo “istituzionale” della deci-sione. Innanzitutto è molto significativo che la Corte, ammettendo lamancanza di una disciplina legislativa in materia, nel tentativo di dareconcreta attuazione a diritti fondamentali protetti dalla Costituzione,ricerchi la legittimazione del proprio operato attraverso numerosi ri-ferimenti a pronunce giurisdizionali di altri paesi quali Stati Uniti eRegno Unito, le quali, evidentemente, non hanno una influenza di-retta nel nostro sistema giuridico. Questo aspetto è importante da sot-tolineare perché dimostra ancora una volta che nel diritto contempo-raneo i giudici, specialmente delle magistrature superiori, non si ri-tengono più vincolati esclusivamente alle fonti del proprioordinamento ma piuttosto ricercano costantemente un confronto conle soluzioni approntate in casi simili dai propri colleghi, anche di altripaesi. Questo fenomeno di una comunità giudiziale transnazionale èuna delle tante manifestazioni del carattere globale del diritto con-temporaneo58.

Assistiamo infatti ad una sorta di vero e proprio forum mondialedei giudici in cui la maggiore accessibilità e comunicazione di sen-tenze e atti giudiziari internazionali, in cui va detto almeno per inciso,la cultura di common law vince nettamente il confronto con il più ri-gido approccio continentale, fa sì che le argomentazioni dei giudici asostegno della decisione travalichino i confini nazionali di riferi-mento, soprattutto in quei casi più critici dove il giudice avverte l’esi-genza di un confronto più ampio di quello offerto dall’ordinamentogiuridico nazionale. Accade così che la Corte Suprema degli StatiUniti d’America, di fronte ad un caso relativo al divieto penale di pra-tiche omosessuali tra adulti consenzienti, richiami la giurisprudenzadella Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla stessa materia59. Que-

Il giudice di fronte ai casi tragici 183

58 Cfr. J. Allard, A. Garapon, Les juges dans la mondialisation: La nouvelle révo-lution du droit, Seuil, Paris 2005.

59 Si tratta del caso Lawrence v. Texas 539 U.S. 558 (2003). Per questo ed altriesempi cfr. Idem, p. 12 ss.

sto fenomeno di reciproca legittimazione e valutazione tra le corti nonriguarda solamente le giurisdizioni superiori ma anche quelle infe-riori, in un processo collettivo che riguarda l’istituzione giudiziarianel suo insieme.

Questo richiamo a decisioni giurisprudenziali prodotte in altri or-dinamenti, è un indicatore della difficoltà della questione sottopostaal giudice e sembra costituire uno strumento attraverso il quale i giu-dici cercano di sopperire alla mancanza di legittimazione che derivadalla difficile relazione con il potere legislativo che cerca di sfuggirealle proprie responsabilità, sottraendo o indebolendo i presuppostigiuridici della decisione. La frammentazione delle fonti del diritto hainfatti aumentato di molto la responsabilità del giudice rispetto al-l’operazione di selezione dei materiali rilevanti per lo svolgimentodella sua attività, in cui la responsabilità dell’interprete si accentua inun quadro di forte interconnessione degli ordinamenti anche a livellosovranazionale60.

Da questo quadro non può che emergere una preoccupazione difronte al costituirsi di una comunità interpretativa giudiziale che ri-schia di introdurre forti tensioni nella tenuta dei valori di legalità ecertezza del diritto nella tradizionale separazione dei poteri61. Se ilquadro ordinario di collaborazione tra i diversi poteri costituzionaliviene però meno a causa di uno squilibrio che solo apparentementecoinvolge i giudici nell’annosa questione dell’attivismo giudiziale,l’erosione costante dei processi democratici di decisione finirà conl’aumentare il peso che l’istituzione giudiziaria dovrà portare su di sé,configurandola allora come una sorta di Atlante che regge sulle pro-prie spalle il peso di un intero sistema giuridico62.

Questa evoluzione non sembra particolarmente desiderabile, maè forse inevitabile di fronte ad un potere legislativo che sempre più fa-tica a tenere il passo dell’evoluzione della tecnica, ed in questo sensol’ambito della bioetica ha effettivamente posto problemi davvero didifficilissima soluzione se non a costo di ripensare molte delle nostrecategorie giuridiche tradizionali, come anche il caso citato dimostra a

184 Valerio Nitrato Izzo

60 Cfr. G. Zaccaria, La giurisprudenza come fonte di diritto, Editoriale Scientifica,Napoli 2007, pp. 50-55.

61 Idem, p. 43.62 L’immagine è di K. Olivecrona, Linguaggio giuridico e realtà, in U. Scarpelli (a

cura di), Diritto e analisi del linguaggio, Ed. di Comunità, Milano 1976, p. 249.

proposito della rilevanza giuridica da attribuire a manifestazioni divolontà espresse nel passato.

Di fronte ai casi tragici cosa dovrebbe fare allora il giudice? Nel-l’impossibilità di ricorrere in epoca moderna a pronunce di non liquete nella difficoltà di riproporre negli ordinamenti giuridici contempo-ranei forme di ricorso al referé legislatif, tentazione invero mai sopitacome dimostra la recente vicenda relativa al conflitto di attribuzionesollevato successivamente alla sentenza citata63, il giudice nei casi tra-gici rimane pur sempre un agente qualificato rispetto ad un agentemorale semplice, proprio per il suo ruolo istituzionale64. Questoaspetto però non è da solo sufficiente ad ancorare le decisioni giudi-ziali sui casi tragici alle esigenze di razionalità e di trasparenza argo-mentativa ottenibili attraverso la giustificazione della decisione. I casiin cui ci troviamo di fronte ad un conflitto morale così lacerante ten-dono a diventare decidibili in senso meno razionale e controllabile65,sfidando i limiti della ragione pratica e la tenuta della determinatezzadel diritto66.

Se non si vuole scivolare pericolosamente verso una sorta di tutelaermeneutica della democrazia67, un regime tragico come è stato detto,occorre allora che la politica e la legislazione si riapproprino del lororuolo restituendo al diritto la sua funzione di tecnica sociale e stru-mento di garanzia delle relazioni intersoggettive. Davvero non pos-siamo aspirare a qualcosa di più dal nostro diritto? Ritengo che nondovremmo tirarci indetro di fronte all’impegno giuridico che questevicende così imperiosamente richiedono. Il diritto non può ritrarsi difronte a casi tragici, “scomodi”, che scuotono certezze dogmatiche einnestano aspre polemiche politiche e morali non componibili esclu-sivamente su questo piano. Non vi sono leggi scritte da qualche partenel cielo o nei nostri cuori: queste possono obbligarci individual-

Il giudice di fronte ai casi tragici 185

63 Cfr. Resoconto atti del Senato della Repubblica, 28 luglio 2008, pp. 5-36. LaCorte Costituzionale si è pronunciata sulla vicenda in senso negativo con l’ordinanzan. 334/2008.

64 Cfr. G. Lariguet, El desafío de Billy Budd. Dilemas morales y dimensíon institu-cional del derecho, “Crítica”, 39, n.116, 2007, pp. 51-78.

65 S. Veitch, Moral Conflict and Legal Reasoning, Hart Publishing, Oxford 1999,p. 165.

66 M. Atienza, I limiti dell’interpretazione costituzionale, cit.67 L’espressione è di F. Ciaramelli, Creazione e interpretazione della norma, Città

Aperta, Troina 2003, pp. 143-147.

mente ma non possono costituire il fondamento delle relazioni comu-nitarie. Vi è solo un diritto intrinsecamente umano, fallibile, migliora-bile, alla cui formazione e determinazione non possiamo sottrarci pursapendo, come ha sottolineato Ricoeur, di dover fronteggiare il tra-gico dell’azione ed, a volte, un giudizio in cui non si tratta di deciderefra bene e male, fra bianco e nero quanto tra grigio e grigio o, caso al-tamente tragico, fra male e peggio68.

186 Valerio Nitrato Izzo

68 Cfr. P. Ricoeur, Il giusto, SEI, Torino 1998, pp. 189-190.