Il castello di Gioiosa in Calabria Ulteriore

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VINCENZONA YMO

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE

Corab 1996

© 1996 Cd. Corab - G ioiosa .fonica. Proprieri1 lcrreraria riservata.

La riprodui\ione p:u·zi:1le è consentita pre,·io i! consenso dd!"amore.

PRE SENTAZIONE

Mi è capitato spesso di avere tra le mani sia per mia personale passione che per ovvi motivi legati ai mio lavoro, testi di storia locale che, specialmente nell'ultimo ventennio, hanno riempito quei vuoti che la storiografia ufficiale non sempre è in grado di colmare.

Molte di queste pubblicazioni sono apprezzabili tentativi di co-noscenza e di approfondimento delle realtà locali, di quelle microsto-rie, cioè, che poi, unificate nella sintesi, danno origine alle macrosto-rie o alla storia propriamente detta.

Moltissime, invece, sono delle maldestre e grossolane rielabora-zioni di testi più o meno antichi e più o meno validi, che nulla ag-giungono a quanto già conosciuto. Il motivo della loro inutilità è ab-bastanza chiaro: certi pseudo studiosi (non oso definirli storici) cono-scono e utilizzano soltanto le fonti bibliografiche che sono sicura-mente degne di rispetto, ma non sono le fonti della storia, la quale si costruisce faticosamente ed esclusivamente su quelle documentarie che sono, per definizione, la testimonianza di un fatto o di un avve-nimento.

Poche, purtroppo, sono le pubblicazioni di storia locale cui a ragione può essere attribuito il giusto titolo di ricerca storica docu-mentata.

L'Autore del presente volume è studioso cui pienamente deve essere attribuito l'appellativo di storico, perché è stato ed è un ricer-catore appassionato, scrupoloso ed attento delle fonti documentarie della sua terra.

La nostra conoscenza è recente: ma tanto è bastato a farmene apprezzare le doti e la serietà fino a decidere di nominarlo Ispettore archivistico onorario; non mi sono mai pentito di questa scelta e non mi pento, a maggior ragione oggi che quest'opera vede la luce.

Al di là dell 'importanza che essa può avere nella conoscenza complessiva della Calabria (io ritengo che ne abbia molta), l'opera è notevole perché non ci offre soltanto uno spaccato della storia del castello di Gioiosa, ma della vira deU'intera comunità che attorno ad esso ruorava.

6 VINCENZO NA YMO

Il castello, ogni castello, ha agito dal momento della sua fonda-zione come un polo di attrazione sugli abitanti del territorio, che hanno preso dimora all'ombra delle sue torri per motivi di difesa e per motivi economici. E su di essi e sul loro territorio il castello (il feudatario) ha svolto un ruolo amministrativo e giurisdizionale, ma anche economico e sociale, perché è stato il propulsore delle trasfor-mazioni che, nel bene e nel male, li hanno accompagnati durante i secoli.

Accanto alia documentazione relativa al problema delle origini del castello (pp. 11-22), su cui si fa più luce, accanto al ruolo di cui sopra si è detto (pp. 23-26), Vincenzo Naymo affronta e sviluppa non solo la storia dell'evoluzione delle sue strutture architettoniche e mu-rarie attraverso le fonti documentarie e la loro visualizzazione grafica (pp. 27-40), ma anche il suo impatto di carattere sociale in quanto sede di carceri (pp. 41-48) e soprattutto la sua funzione storica sia nel corso di eventi eccezionali, sia durante la più normale e povera vita di tutti i giorni (pp. 49-94).

Lo spaccato storico, così, è completo: dal castello al territorio, dai feudatari agli abitanti, in un quadro sinottico complessivo della vita della comunità di Gioiosa.

La ricerca documentaria è notevole: oltre ai pezzi inseriti nel contesto, il volume si arricchisce di ventotto documenti trascritti in appendice, a riprova che quanto è stato detto nelle pagine ha un si-curo riscontro nel documento.

Il volume, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, si legge tutto d'un fiato , grazie anche ad una prosa lineare e gradevole, sicuro segno di conoscenza piena degli argomenti trattati.

Esso colma, a mio giudizio, molte delle lacune sulla storia della nascita e dello sviluppo del castello e di Gioiosa e, pertanto, ne con-siglio vivamente la le ttura.

Reggio Calabria, febbraio 1996.

Alfio Seminara Sovrintendente Archivistico

per la Calabria

PREMESSA

Le origini del castello di Gioiosa e l'epoca della sua fondazione sono state oggetto di una lunga e controversa discussione fra gli stu-diosi, insorta poco dopo la metà degli anni settanta 1 • C'è chi lo ha ritenuto edificato in età bizanrino-normanna, chi invece, reputandolo di più recente fondazione, ha datato la sua origine al periodo arago-nese. L'assenza praticamente totale di fonti documentarie in grado di fare luce sulla questione e la mancanza di un serio e adeguato studio dei notevoli avanzi conservatisi fino al presente, non hanno certo facilitato la soluzione del problema, riducendo spesso il confronto fra le diverse opinioni a sterile disputa a sostegno delle proprie argomen-tazioni, nella maggior parte dei casi prive di qualsiasi fondamento.

Gli anni che ci separano dal periodo delle polemiche, tuttavia, non sono trascorsi invano: nel corso della ricerca di fonti per una monografia su Gioiosa intrapresa durante la seconda metà degli anni ottanta 2, mi è stato possibile raccogliere un nutrito gruppo di nuovi e inediti documenti che hanno permesso di compiere un sostanziale passo in avanti nella ricostruzione delle vicende storiche del castello gioiosano, fornendo risposte precise ad interrogativi che soltanto qualche anno fa sarebbero stati considerati destinati a non averne alcuna.

È nato così il presente volume che può essere considerato un'in-dagine sul castello dell'antica Motta Gioiosa, condotta attraverso l'esclusiva ricerca e lo studio di fonti archivistiche finora sconosciute. Occorre avvertire, tuttavia, che questa indagine risulta incompleta per l'assenza a tutt 'oggi, come già rilevato, di uno studio delle strut-

1 Il dibattito, spesso rrasforrnatosi in accesa polemica, ha preso il via dalla pubbli-cazione dei due volumi di E. BARILLARO, Giojosa fonica , lineamenti di storia municipale, Chiaravalle Centrale 1976-1979; e quello di M. Roor:-~ò - G. I:-~coRPORA , Gioiosa come un racconto, Chiaravalle Centrale 1979.

1 Il lavoro, condotto in collaborazione con il dr. Roberto Fuda, dovrebbe vedere la luce nei prossimi anni.

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ture architettoniche del complesso, con il quale si sarebbero potuti integrare efficacemente i risultati dell'esplorazione delle fonti.

La presente trattazione non si è limitata alla sola ricostruzione dei trascorsi del castello: nell'ultimo capitolo, infatti, ho accennato ampiamente alle vicende storiche generali di Gioiosa, mediante la narrazione di episodi inediti, aspetti, modi e consuetudini della so-cietà locale, soffermandomi, in particolare, sui vari eventi legati alla storia e al ruolo del castello in seno alla comunità nel periodo che va dagli ultimi decenni del medioevo al tramonto dell'età feudale.

Mi è sembrato opportuno, inoltre, corredare il lavoro di un' ap-pendice documentaria costituita dalla trascrizione di ventotto atti ri-guardanti il castello e la storia dell'abitato circostante dall'anno 1270 al 1774. Il volume, infine, è provvisto di numerose illustrazioni foto-grafiche, di alcuni quadri sinottici, della bibliografia, dell 'indice ge-nerale e di quello roponomastico e onomastico.

Nel concludere questa breve premessa esprimo i miei più vivi ringraziamenti per la gentile collaborazione prestata al marchese avv. Corrado Pellicano Barletta attuale proprietario del castello, al dr. Al-fio Seminara Sovrintendente Archivistico per la Calabria, alla dr. ssa Francesca Martorano, al dr. Roberto Fuda, all'arch. Massimiliano Mari e al dr. Salvatore Sollazzo.

Gioiosa, febbraio 1996 V. N.

INTRODUZIONE

Il castello medievale di Gioiosa, importante e ricca terra dell'an-tica Calabria Ulteriore, sorge a strapiombo lungo il corso della fiu-mara Gallizzi, a cinque chilometri dalla costa , sulla sommità del pro-montorio roccioso dove nel corso dei secoli ebbe inizio lo sviluppo dell'abitato gioiosano. Il complesso, infatti, fatta eccezione per il lato prospiciente il fiume, si ritrova completamente circondato dalle anti-che abitazioni civili che, in alcuni casi, sono state addossate alle sue mura.

Il castello è a pianta più o meno triangolare e presenta due torri dislocate agli angoli esposti ad oriente e occidente. Quello rivolto a Nord, benché totalmente crollato, non sembra celasse traccia di una terza torre la cui esistenza, allo stato attuale, deve essere smentita. All'interno di tale perimetro si ritrovano alcuni ruderi fra i quali un 'ampia stanza priva di copertura, una imponente scalinata che con-duceva ad un quarto superiore e alcuni ambienti ipogeici ancora in gran parte inesplorati, fra i quali una cisterna di forma rettangolare con intonaco impermeabile e soffitto a volta, u tilizzata per l' approv-vigionamento idrico. L'ingresso è posto sull'antico fossato, presso la parete meridionale, e immette in un lungo corridoio che separava le due aie del complesso, l'orientale e l'occidentale. A tale ingresso si accede attraverso un ponte in muratura con annessa scalinata.

Al di qua del fossato si ritrova un edificio signorile che a partire dalla prima metà del Seicento fu adibito a palazzo baronale e dimora del feudatario. L'ultimo tratto di strada pubblica, che conduceva a tale abitazione e allo stesso castello, venne recintata da un muro tra-sversale, edificato ai piedi della torre orientale, nel quale si inserì un ampio portale corredato in un primo tempo di un portone, poi di un cancello. Lungo la vecchia strada di accesso venne realizzato un giar-dino e il fossato fu trasformato in un cortile che costituì il raccordo fra i ruderi della fortificazione e il palazzo baronale.

Fig. l

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Stemma del Regno di Napoli all'inizio del XVII secolo (Dal volume Descriltione del Regno di Napob di S. MazzeUa)

CALAVRIA V L TRA·

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Fig. 2 Stemma dell'antica Calabria Ulter iore

(Dal ,-olume Descrillionc del Regno di Napoli di S. Mazzella)

I

IL PROBLEMA DELLE ORIGINI

Una esatta risposta al quesito riguardante l'epoca della nascita del castello di Gioiosa e il nome del suo fondatore non è ancora oggi possibile. Sono avanzabili, tuttavia, alcune ipotesi che, in virtù dei nuovi dati emersi negli ultimi anni, potrebbero non essere del tutto prive di fondamento. Il più antico documento scritto che menzioni la fortificazione è stato messo in luce dal Pellicano Castagna 3 e risale al 24 febbraio 1459. In tale data, infatti, il neo conte di Terranova e signore di Grotteria, Marino Correale (1458-1501), concesse al nobi-luomo aragonese Antonio Linares la castellania e capitania del castello e della Motta Gioiosa, vacante per Ja rinuncia del nobile Alberico Deodino, precedente castellano.

«Essendosi rese vacanti la castellania e la capitania della nostra terra di Gioiosa in provincia di Calabria per la resignazione di esse nelle nostre mani e nel nostro potere fatta dal nobile ed egregio signore e fedele vassallo a noi carissimo Alberico Deodino della nostra terra di Grotteria, al quale avevamo affidato la custodia del detto castello e la stessa capitania o governo; e men-tre nell 'intimo della nostra mente andavamo scegliendo a chi, soprattutto fra i nostri fedeli potentissimo, sicuramente e lealmente assegnare ed affidare la custodia di quel castello e la predetta capitania del medesimo castello e terra, ci veniste in mente voi, egregio e valoroso signore, diletto familiare e maggiordomo nostro Antonio Linares d'Aragona, della cui fedeltà e della cui sincerità e magnanimità d 'animo per esperienza pienamente confidiamo e che, per le vostre ingenti predare virtù, molto prediligiamo e contraccam-biamo ... »4.

Nel 1459, dunque ad un anno esatto dall ' insediamento di Ma-rino Correale a capo della baronia di Grotteria, il castello risultava

> Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, Scritti storico nobiliari, in corso di pubblicazione, doc. l , pp. 63-7L

• Il resto dell' intero documento è edito in appendice, cfr. infra, appendice, doc. 3.

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già da tempo edificato. L'esistenza di un castellano dimissionario, sebbene nomina to da breve tempo, attesta che in quel periodo la ca-rica non doveva essere di recente istituzione ma , al contrario, risalire ad epoche alquanto remote. Ciò è confermato dal fatto che in un precedente documento che rimonta all 'anno 144 5 5, Gioiosa veniva già definita Mocta Joyusa, forma che testimonia in modo inequivoca-bile come all'epoca fosse già stata ultimata l'erezione sulla rupe di una cinta muraria la cui nascita poteva essere giustificata solo dalla pree-sistem.~a all'interno di un castello e di un centro abitato di origine più remota. Così , cade definitivamente la teoria che il complesso sia stato eretto in età aragonese ( 144.3-1503) e precisamente su iniziativa dello stesso conte C01Teale. Definire aragonese la fortificazione gioiosana , come fino ad oggi si è fatto, risulta indubbiamente arbitrario, giacché al periodo di quella dominazione, come vedremo più avanti, potrebbe risalire soltanto qualche intervento di ordinaria manutenzione delle strutture murarie.

Alla luce di tutto ciò, il quesito che torna prepotentemente alla ribalta è quello inerente l'epoca della fondazione. L'analisi delle fonti superstiti induce a ritenere che la costruzione del castello vada collo-cata durante il periodo svevo (1 194-1265) o ne.i i primi decenni del dominio angioino (1266-1443), età alla quale dovrebbe risalire anche la nascita della stessa Gioiosa. Tuttavia, prima di formulare un'ipotesi precisa sulla data di com·uzione e sul nome del fondatore è opportuno accennare all'assetto politico del terr itorio in cui sorse il castello nel periodo precedente a quello della sua nascita.

l . I l feudo di Ragusia

Fin dai tempi del dominio svevo (1194-1265) gran parte della superficie dell 'attuale territorio comunale di Gioiosa, inclusa quella in cui sarebbe sorto l'abitato, era occupata da un grande feudo denomi-nato Ragusia o Argusia, dal nome della famiglia che per prima ne aveva detenuto il possesso 6 . Il feudo, pur confinando ad O vest con la con-

; Si tratta dei capitoli de lla terra di Roccella redatt i in Morta Gioiosa il 31 gennaio 1445, cfr. G . CI:-<GARI, Profilo storico di Roccella nell'dà modema, Campo Calabro 1980, inedito di cui circolano copie in ciclostile fra gli studiosi, pp. 17-19.

' Al feudo ha fano per primo rifer imento il Pellicano Castagna nella risposta al quesi to di Mons. Vincenzo Nadilc circa le origini di Gioiosa. ediro nel secondo volume

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tigua baronia di Grotteria era da questa politicamente indipen-dente .

Le prime not1z1e sicure sui feudatari di Ragusia risalgono alla seconda metà del XIII secolo 7 . Fino a circa il 1269 il feudo era stato detenuto dal milite Giovanni de Ragusia, ultimo titolare dell'antico casato. Nell'anno 1270 la sua proprietà si trovava contestata al nobile geracese Malgerio Balderi, che possedeva Ragusia forse in qualità di congiunto di Giovanni, nel frattempo deceduto senza figli 8 . L'anno successivo, tuttavia, il feudo fu assegnato al milite francese Jean Ta-foret:

«Mandat ut lohannes Tafara rnil. inducatur in possessionem cuiusdam feudi, quod fuit quondam Iohannis de Argusia mortui sine liberis in perti-nentiis Agrotterie in Calabria; cuius feudi Petrus de Ocra duas partes pre-tendit» 9 •

Jean Taforet fu uno dei personaggi di primo piano del tempo, un militare francese trasferitosi nel Regno dopo l'avvento di Carlo D'Angiò. Ciò non bastò ad impedire che due nobili geracesi, Pietro de Ocra e il citato Malgerio Balderi 10, che vantavano il diritto alla successione ad almeno una parte del feudo e che probabilmente si erano visti privare della proprietà dello stesso, reclamassero presso l'autorità regia. Ne nacque una vertenza con Jean Taforetn, durata

della monografia su Gioiosa del Barillaro; cfr. E. BARn.LARO, Giojosa fonica ... , Vol. II, pp. 16-ZZ.

7 Dell'argomento si sta occupando il dr. Roberto Fuda in occasione della monogra-fia su Gioiosa che ha in corso di redazione insieme al sottoscritto e di un suo studio specifico di prossima pubblicazione. Tuttavia, in questa sede, non è possibile evitare di accennare alla successione feudale di Ragusia, nell 'intento di chiarire i legami fra il feudo e la fondazione del castello gioiosano.

s Cfr. infra, appendice doc. l , 26 marzo 1270. 9 Cfr. AA.VV., I registri della cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangeri

con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli 1957, vol. VIII, aa. 1271-1272, reg. XXXV, n. 311, p. 78.

IO Si tratta di due fra i più importanti personaggi della nobiltà geracese del tempo. Il primo, tuttavia, non doveva essere originario della città giacché viene definito habita­torem Giracii, ibidem, vol. XXI, aa. 1278-1279, reg. LXXXIX, n. 256, p. 288.

11 Se ne ha notizia in occasione della nomina del procuratore di Jean Taforet: «lohanni Tafaree mil. as.sensum concedit super constitutione Matthei de Era rnil. in procuratorem, in causa quam ipse Iohannes habet contra Malgerium Balderi et Petrum de Ocra de quibusdam terris in Calabria», ibidem, vol. VIII, aa. 1271-1272, reg. XXXVII, n. 236, p. 144.

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almeno fino al 1278 e conclusasi, dopo alterne vicende a favore del-l'una e dell'altra parte, con la divisione in due parti del feudo:

«Mandat ne Johannes Tafara mil . destituat Malgerium Balderi quadam parte feudi, quod fuit quondam Johannis de Argusio, occasione quod feu-dum pred. Iohannis de Argusio decessit absque liberis, fuit ipsi Iohanni Tafare concessum » 12 .

E ancora sei anni più tardi:

«Mand atum contra Petrum de Ocra, habitatorem Giracii, quia tenet occupatum feudum quod fuit quondam Raonis (sic) de Ragucia mil. ad de-nunciationem Johannis Tafarea mil. » u.

Nonostante qualche decreto a loro sfavore, di fatto, Malgerio Balderi e Pietro de Ocra, mantennero intatto il possesso di una parte del feudo. Infatti, in un documento del 20 dicembre 127 .3, con il quale si ordinava al Giustiziere di Calabria che per la riparazione del castello di Gerace non fosse molestato il vescovo, fra coloro che do-vevano farsi carico di tale riparazione si ritrova uno dei due perso-naggi:

«ltem dominus Malgerius <Balderii> pro feudo Argugia quod tenet una cum Petro de Ocra debet teparare abstracum turris ipsius castri tan-tum ... » 14.

Un documento successivo di eccezionale importanza per la storia di Ragusia, che risale al febbraio 1.316 1.5, ci informa che negli anni seguenti, dopo la morte di Jean Taforet, quella di Malgerio Balderi e Pietro de Ocra, il feudo era stato di nuovo unificato e posseduto fino ad allora dal milite Sicardo de Noviglono. Si tratta di un privilegio con il quale il re Roberto D'Angiò, in seguito al decesso senza figli di Sicardo, provvide ad assegnare una parte di Ragusia a Blasco Ximenes de Luna, già Signore di Grotteria, e l'altra al milite Giovanni de

12 lbidem, vol. IX, aa. 1272-1273, reg. XLI, n. 386, p . 277. 11 /bide,n, vol. XXI, aa. 1278·1279, reg. LXXXIX, n. 256, p. 288. 1 ~ Cfr. D. ZANGARI, Per la storia di Gerace (documenti inediti), Napoli 1921, doc.

6, 20 dicembre 1273 , pp. 55-58. 15 Cfr. infra, appendice, doc. 2.

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Laya, Reggente della Gran Corte della Vicaria e personaggio di spicco del tempo 16 .

L'assegnazione della metà del feudo a Blasco Ximenes de Luna segnò l'inizio del dominio dei signori di Grotteria. A mio avviso, fu proprio questa prima metà di Ragusia a divenire, dopo la nascita del-l'abitato sulla rupe, il feudo di Motta Gioiosa, politicamente separato da Grotteria, sebbene detenuto dagli stessi suoi feudatari. Infatti, deceduto Blasco prima dell'anno 1324, il feudo grotterese e la metà di Ragusia passarono al figlio minore di quest'ultimo, Anfuso de Luna 17,

il quale li possedete fino a circa il 1360. A partire dal 1363 la baronia grotterese e certamente anche il nostro feudo furono accorpati al grande stato dei Caracciolo Rossi, conti di Gerace.

L'altra metà di Ragusia, quella assegnata al milite Giovanni de Laya, fu detenuta da quest'ultimo fino alla sua morte, avvenuta dopo il 1328 18 . Negli anni seguenti questa porzione, evidentemente di mi-nore entità, si trasformò in un suffeudo del territorio di Motta Gioiosa, pervenendo, probabilmente attraverso qualche altro feuda-tario il cui nome non è stato tramandato dalle fonti, a quel ramo dei Caracciolo Rossi che da Gerace si trasferì in Gioiosa durante la se-conda metà del XIV secolo, dopo l'avvento della stessa famiglia a capo di Ragusia-]oyusa.

2. La nascita del castello

Un feudo così vasto e così conteso come fu Ragusia fra XIII e XIV secolo, doveva necessariamente disporre di una struttura for-tificata che custodiva all'interno la residenza del Signore, una entità che testimoniasse concretamente l'esistenza di una giurisdizione au-tonoma rispetto a quella esercitata dai feudatari delle terre circo-stanti.

Durante il dominio svevo (1194-1265) o l'inizio di quello an-gioino (1266-1443), qualcuno dei signori succedutisi dovette decidere di fissare la propria residenza nel territorio del feudo. Da qui la ne-

1" Ibidem. 17 Cfr. M. PELUCA:--10 CASTAGNA, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della

Calabria, vol. II , Cas-I, successione feudale di Grorreria. 18 C fr. D. VENDOLA, Rationes decimarum ltaliae nei secoli Xlll e XIV, Apulia -

Lucania- Calabria, Roma 1939, p. 237, n. 3399.

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cessità di edificare una dimora fortificata in una delle località più inaccessibili dello stesso. È in questo contesto che va inquadrata la nascita della fortificazione gioiosana. Come dimostreranno alcuni dei documenti editi in questa sede, il castello, sebbene presenti marcate caratteristiche militari, non costituì mai un presidio di grande rile-vanza strategica. Al contrario, l'esistenza al suo interno di una co-moda e spaziosa abitazione, costituisce la conferma della funzione originaria quale dimora fortificata di un signore. Per quel che attiene all'epoca esatta della fondazione e al nome del feudatario che la di-spose, le fonti non forniscono indicazioni di sor ta. Al riguardo, dun-que, si possono formulare soltanto ipotesi .

Da scartare mi sembra l'epoca in cui dominarono Jean Taforet, Malgerio Balderi e Pietro de Ocra (1270 - c. 1290), giacché tutti e tre, risiedendo altrove, non avvertirono certo la necessità di edificare una propria dimora. Il primo, infatti, fu a lungo castellano di San Giorgio 19; gli altri due abitarono in Gerace. A parte il periodo assai oscuro in cui Ragusia fu detenuta dal misterioso milite Sicardo de Noviglono (c. 1290 - 1315), dopo l'avvento (1316) dei feudatari di Grotteria (che risiedettero altrove), la costruzione di una fortezza sulla rupe gioiosana appare scarsamente giustificabile.

La nascita del castello , invece, potrebbe essersi verificata al tempo di Giovanni de Ragusia o a quelli dei suoi antenati (1200-1260), cioè in un'epoca precedente a quella della divisione in due parti di Ragusia, avvenuta, come si è visto dopo il 1270. Giova anche rilevare che, mentre per i successivi feudatari si possiedono indica-zioni circa la località di loro residenza che non fu il nostro castello, per Giovanni de Ragusia le fonti non hanno tramandato nulla al ri-guardo. Sappiamo, tuttavia, che egli aveva avuto una consorte di nome Lentina, rimasta vedova senza figli e i cui beni furono posti sotto protezione nel 1272:

« Manda t ut bona feudalia Lenti ne relicte quondam lohannis de Ragu-sia sub sua pro tec tione recipiat » zo.

1q «}ean Taforcr, chcvalier , chasrelein de Saint George, qui a terre au Regne: oùquel chastel sunt sis serjans», cfr. AA.VV. , l registri della cancelleria angioina ... , vol. XXI, aa . 1278-1279, reg. LXXXXIX, n. 61 , p. 2 15 .

10 Ibidem, vol. IX, aa. 1272- 1273, reg. XLI, n. 391, p . 278.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 17

Non sappiamo dove abitasse Lemina ma l'ipotesi che prima e dopo il decesso del marito avesse risieduto nel castello del feudo non è da scartare a priori.

La datazione al XIII secolo della nascita del castello, appena ipotizzata, potrebbe trovare conferma in un passo del menzionato privilegio del 1316. In esso, infatti, si afferma che il feudo di Ragusia veniva concesso a Blasco Ximenes de Luna e a Giovanni de Laya cum hominibus et vassallis, redditibus, seroiciis, casalibus, fortelliciis, do­mibus, possessionibus, vineis, terris cultis et incultis, planis, montibus, pratis, nemoribus, pascuis, molendinis, aquis aquarumque decursibus, tenimentis, territoriis aliisque iuribus, iurisdictionibus, rationibus et per­tinentiis suis omnibus 2 1• Sebbene si tratti di affermazioni generiche, è indubbio che la menzione dei vassalli, dei casali e soprattutto delle fortezze, chiarendo la tipologia del feudo, costituisce almeno una con-ferma indiretta dell'esistenza all'interno del medesimo di una strut-tura fortificata.

Se si accetta l'ipotesi che il castello sia stato costruito durante il Duecento dalla famiglia de Ragusia, occorre anche ritenere che dal 1270 in poi i feudatari che si succedettero o almeno i loro rappresen-tanti, abbiano controllato la fortificazione e il borgo (Motta Gioiosa) in via di sviluppo intorno ad essa.

Un evento importante nella storia gioiosana è quello costituito dall'arrivo di un ramo della famiglia Caracciolo Rossi che ebbe stabile dimora in città. L' acquisizione della seconda metà di Ragusia, quella divenuta suffeudo, dovette certamente costituire l'occasione del tra-sferimento di quel ramo della famiglia che ne detenne il possesso. L'epoca dell'arrivo dei Caracciolo deve essere necessariamente col-locata durante la seconda metà del Trecento, quando l'abitato gioia-sano aveva già raggiunto una certa consistenza e dopo che i conti di Gerace avevano instaurato il loro dominio in Grotteria e nel feudo di Ragusia-]oyusa (1363-1457) 22, prima con Antonio Caracciolo (1363-1389), poi con Giovanni suo figlio (1390-1431) , successiva-mente con Battista (1432-1443), fratello del precedente, e infine con

1 1 Cfr. infra, appendice, doc. 2, febbraio 1316. 11 Per ul teriori notizie su questo periodo si rimanda a M. PELLICANO CAS'fAGNA, La

storia dei feudi ... , vol. II , Cas-I, in corso di pubblicazione, successioni feudali di Grot-teria e Gerace. Per i conti di Gerace cfr. anche R. FuoA, Le « vite•• inedite di Ottaviano Pasqua, «Archivio storico iraliano» CXLVIII (1990), pp. 33 1-391.

18 VINCENZO NAYMO

Tommaso (1443-1457) figlio di Battista, spodestato manu militari nel 1455 23 .

Al periodo immediatamente successivo all'arrivo dei Caracciolo nella Motta, risale la costruzione da parte loro di un palazzo edificato presso il fossato del castello, probabilmente per necessità di natura residenziale. Di tale abitazione mi occuperò più avanti; qui mi limito a riferire che documenti successivi 24 ci informano che, fino alla metà del Cinquecento, essa costituì parte integrante del suffeudo di Ragu­sia, particolare di non secondaria importanza giacché conferma il fatto che anche il vicino castello si fosse trovato sotto la medesima giurisdizione.

Il dominio simultaneo dei Caracciolo nella baronia grotterese e in Ragusia-]oyusa continuò quella condizione di apparente dipendenza di Motta Gioiosa da Grotteria, creatasi a partire dal 1316 e che avrebbe caratterizzato lo status del feudo fino alla seconda metà del Cinquecento e di cui si riferirà nel capitolo successivo.

ZJ Ibidem. 24 Cfr. infra, appendice, doc. 6.

lL CASTELLO DI GIOIOSA TN CALABRIA ULTERIORE 19

l. Vedura !aro Nord-Esr del castello e del borgo che lo circonda

2. Le mura della fortificazione sulla rupe a Nord-Ovest

20 VINCENZO NAYMO

Seconda metà XIII- inizi XV sec. Prima metà XV- XVI sec.

Fine XVI- XIX sec. Secc. XIX - XX

Fig. 3 Motta Gioiosa: fasi evolutive dell'insediamento antico

Estratto da Accessibilità e recvpero del cenlro antico di Gioiosa fonica, Arch. Massimiliano Mari, Dr. Salvatore Sollazzo.

lL CASTEI.I.O 01 Gl010SA IN CALABRIA ULTERIORE

Fig. 4 Moua Gioiosa: le emergenze archirctroniche

Estrano da Accessibilità e rt'cupero del centro antico di Gioiosa ]onica, t\rch. 1'v!assimiliano Mari , Dr. Salvatore Sollazzo.

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\ "'"0

Fig. 5 · Motta Gioiosa: planimetria dell"abitato murati edificato sulla rupe intorno al castello. Le frecce indicano le due porre di accesso alla città fortificata (Pianta es1raua dal volume di AA .VV., Rocella stona deglr mst'diamenlt ed n olu· ~ione urbams11caJ.

VINCENZO NA \'~IO

Porta Falsa ..,.

II

IL RUOLO AMMINISTRATIVO E LA GIURISDIZIONE

Il castello di Gioiosa, dunque, nacque probabilmente come di-mora fortificata di un feudatario durante il XIII secolo. L'esistenza sulla rupe presso il torrente Gallizzi di un tale apprestamento ben presto firù per costituire un forte polo di attrazione per la popola-zione sparsa nei villaggi e nelle campagne circostanti, dando il via allo sviluppo dell'abitato gioiosano.

In un siffatto contesto si inserl positivamente il dominio dei Ca-racciolo nella baronia di Grotteria e il loro avvento nella Motta. È probabile, infatti, che la menzionata acquisizione di Ragusia-Joyusa da parte dello stesso casato (1363), abbia conferito una maggiore impor-tanza al castello. Questo fatto diede ben presto origine a quel repen-tino processo di sviluppo economico, sociale e urbano che, nei secoli successivi, avrebbe fatto della Motta Gioiosa una delle principali terre del circondario. Occorre rilevare che, come indicano le fonti del tempo e come si è visto nel capitolo precedente, per Ragusia (e poi Mocta Joyusa) la denominazione che appare più appropriata è quella di feudo e non di suffeudo come la circostanza che lo stesso fosse stato successivamente accorpato alla baronia di Grotteria lascerebbe supporre 25. Infatti, già durante il XIV secolo doveva essere in vigore quel regime di autonomia ed esercizio della giurisdizione sul proprio ambito territoriale di cui Motta Gioiosa e il suo castello godettero anche prima della definitiva separazione da Grotteria avvenuta nel-l'anno 1559 con lo smembramento di quella baronia ai danni della famiglia Carata, resasi evidente dalla presenza di diversi signori a capo dei due feudi.

2' Ragusia, dopo lo smembramento verificatosi nei secoli successivi, divenne un suffeudo nel territorio della Motta Gioiosa. Cos) lo si ritrova nel1541 nell'inventario dei beni del nobile Simone Caracciolo a cui all'epoca apparteneva. Cfr. l'edizione di questo inventario che ho in corso di pubblicazione.

24 VINC ENZO NAYMO

Dell'esistenza di tale regime rimane testimonianza nell'elenco dei diritti spettanti al castello di Gioiosa nell'anno 1534, contenuto in una platea del comìtatus Agropterie che ho in corso di pubblica-zione e di cui si è incluso in appendice il passo interessato 26.

Come si potrà evincere dalla lettura, il brano evidenzia chiara-mente quali fossero i poteri del feudatario di Motta Gioiosa e quelli detenuti dal castello. Questo esercitava una vera e propria giurisdi-zione sul territorio gioiosano, mediante la messa in atto dei numerosi diritti di esazione che il sistema feudale garantiva. Vediamo quali erano:

l. Il Signore possedeva la Motta Gioiosa in capite curie, dietro il pagamento annuale dell'adua 27 corrente nel Regno a beneficio della Regia Corte.

2. Egli esercitava il dominio sui vassalli, deteneva il mero e misto imperio, la ghdiì potestate, ecc.

3. La Motta Gioiosa aveva un suo tribunale, con giurisdizione su tutte le cause civili e criminali e di primo appello.

4. Il Signore della Motta aveva la facoltà di istituire il banco di giustizia, di nominare il capitano e gli ufficiali addetti all'amministra-zione della giustizia in prime e seconde cause, beneficiando di tutte le prerogative e degli introiti di tali artività.

5. Egli aveva il diritto di nominare il capitano a guerra in tempo di necessità.

6. Egli aveva la facoltà di nominare qualsiasi altro ufficiale indi-spensabile per l'amministrazione della giustizia e per l'esercizio della giurisdizione civile e criminale.

7. Il Signore della Motta deteneva l'ufficio dell 'attuarìa che ve-niva messa in vendita ogni anno dal capitano pro tempore per la somma di venti ducati. Inoltre vi era l' attuarìa del baiulo.

!b Cfr. infra, appendice, doc. 5. 2: Imp·osra che i ··baroni·· versavano alla Regia Corte per la derenzione dei feudi.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA 'ULTERIORE 25

8. Il Signore della Motta faceva esercitare la carica di baiulo da baiuli particolari che avevano giurisdizione sui traffici riguardanti la Motta, giacché il feudo, ritrovandosi annesso alla baronia di Grotte-na, non aveva un vero e proprio territorio.

9. Il Signore della Motta faceva esercitare la carica di catapano che veniva messa in vendita ogni anno per la somma di sette ducati. Il catapano aveva il diritto di esigere da qualsiasi mulino cinque quarti di grano, nonché la facoltà di prestare il suo assenso preventivo alla vendita con l'utilizzo di pesi e misure che altrimenti sarebbe stata illecita e sottoposta all'ammenda di quindici carlini per ogni trasgres-sore.

10. Il castello aveva il diritto di esigere da qualsiasi cittadino carcerato pernottante nel medesimo la somma di dodici grana e da coloro che non pernottavano due grana. Dai carcerati forestieri non pernottanti si esigevano sette tareni e mezzo da quelli pernottanti.

11. Il castello aveva il diritto di esigere da ogni mercante ambu-lante che si fosse fermato a vendere nel territorio gioiosano un vaso per ogni salma di creta messa in vendita, ad arbitrio del castellano.

12. Il castello esigeva un quarto di ogni maiale, selvatico o do-mestico, ucciso lecitamente nei campi da qualunque privato cittadino.

Alla luce di questo documento, la definizione di Motta Gioiosa come semplice casale di Grotteria, per il periodo antecedente all'anno 1559, risulta del tutto arbitraria. Infatti, le prerogative del Signore e la struttura amministrativa vigente nel 1534, erano del tutto simili alla condizione di un feudo autonomo e ben diverse da quelle di un semplice casale. L'elemento determinante, a questo proposito, è co-stituì t o dalla notizia che il feudatario pagasse l' adua della Motta se-paratamente da quella che veniva versata per la baronia grotterese. D'altro canto, l'accenno del testo alla mancanza di un vero e proprio territorio gioiosano non deve trarre in inganno, giacché di fatto ne esisteva uno ben confinato e separato da quello di Grotteria 28 nel quale gli ufficiali della Motta esercitavano la loro giurisdizione. Do-cumenti successivi ma antecedenti al 15 59, inoltre, descrivono l'a m-

zs Cfr. infra, appendice , doc. 6

26 VINCENZO NA YMO

piezza di tale territorio29 indicandone gli esat ti confini3°. Giova ri-cordare che la definizione dei limiti fra i feudi di Grotteria e Motta Gioiosa fu causa di un'accesa e secolare disputa fra i due centri, in-sorta a partire dal 1559 e conclusasi solo dopo il 1723 con la con-ferma dei confini che erano stati fissati da un commissario del Sacro Regio Consiglio nell'anno 156531 .

CAR ACC IOLI R.ùSS!.

Fig. 6 Stemma gentilizio dei Caracciolo Rossi, Conti di Gerace

Signori di Grotteria e della Motta Gioiosa nei secc. XJV.XV (Dal volume Descrittione del Regno di Napoli di S. MazzeUa)

29 Ibidem, doc. 7. 30 Ibidem. J J Cfr. infra, Cap. V, par. l, Vicende storiche fra Quattro e Cinquecento.

III

STORIA DELLE STRUTTURE ATTRAVERSO LE FONTI DOCUMENTARIE

Nel presente capitolo si cercherà di ricostruire i vari interventi di natura edilizia subiti dalla fortificazione nel corso dei secoli me-diante lo studio delle fonti documentarie superstiti. Questo tentativo potrà beneficiare dei dati emergenti da una recente analisi dei ruderi del castello gioiosano, la quale ha attestato l'esistenza di almeno quat-tro fasi edilizie. La prima, quella pil.t antica, è costituita dalla torre occidentale (o vecchia) e dal muro di cinta edificato a strapiombo sul fiume Gallizzi, strutture che, quasi certamente, risalgono al XIII se-colo. Il complesso fu in seguito ingrandito durante il Q uattrocento, epoca alla quale dovrebbero risalire le pareti orientale e meridionale, dotate di feritoie per l'utilizzo di armi da fuoco. La terza fase è co-stituita dalla corre orientale (o nuova) a cui si accennerà più avanti. L'ultimo intervento è successivo all'abbandono del complesso come residenza e al conseguente riutilizzo degli ambienti in parte crollati dopo il terremoto del 163 8 32 .

l. La fortificazione

Come si è visto il più antico documento che menzioni il castello della Motta Gioiosa rimonta all'anno 1459 >> . La prima descrizione scritta delle strutture, invece, è dell'anno 15 34 >~ . Si tratta di un testo molto breve ma denso di notizie e perciò di fondamentale importanza per qualsiasi tentativo di ricostruzione dei vari interventi di natura

12 Tali indicazioni mi sono state fornite dalla Dr.ssa Francesca Martorano la quale ha ispe-zionato di recente i ruderi deJJa forlificazione.

H Cfr. infra, Cap. I, Il problema delle origini. 14 Cfr. infra, appendice, doc. 6.

28 VINCENZO NAYMO

edilizia subiti dal complesso nel corso dei secoli. Eccone la traduzione italiana:

«Inoltre detta Motta ha un castello con un fossato e, da sopra, circon-dato dalle mura, con 1~ torri e con la cisterna, con le bombarde e altre munizioni e con le armi, con le sale e le camere»}5.

Nel 1534, dunque, il castello gioiosano si presentava pressap-poco nella forma risultante dalla terza fase edilizia descritta in pre-cedenza. Infatti, durante il dominio di Marino Correale (1458-1501) si era dovuto verificare il secondo intervento, circoscritto alla ricostruzione del Iato orientale della cinta muraria e alla modifica di qualche ambiente interno. L'uso dell'ablativo plurale per la descri-zione delle torri - cum turribus - nel testo latino attesta in modo certo che nel 1534, era già stata edificata la torre orientale o "nuo-va" (terza fase edilizia). Questa, infatti, risulta chiaramente un corpo aggiunto alle antiche strutture. Osservando l'angolo Est del complesso, che dopo l'edificazione della torre è rimasto racchiuso all'interno della medesima, si può evincere facilmente che la mura-tura che lo costituiva era di tipo esterno. Il corpo della torre, inol-tre, ha parzialmente ostruito una finestra di età aragonese, costruita lungo la sezione meridionale della cinta muraria. Per quanto attiene alla datazione della torre nuova, occorre rilevare che gli elementi stilistid e formali che la caratterizzano, riconducibili a modelli in uso più nel XVI secolo che nel precedente, suggeriscono i primi decenni del Cinquecento quale epoca più probabile per la costru-zione. Una torre nuova, esposta verso l'abitato, potrebbe essersi resa necessaria nell'anno 1528 al tempo della guerra del Lautrec, quando a Motta Gioiosa fu inviato un capitano a guerra prove-niente da Napoli >6.

Il castello, dunque, era caratterizzato da una struttura pretta-mente militare: possedeva due torri, era circondato da alte mura e separato da un profondo fossato. All'interno si trovava un impressio-nante armamento. L'ingresso, era posto al di sopra del fossato e ad esso si accedeva attraverso un ponte levatoio di legno, come ci in-

·" Ibidem. >6 Sull'argomento dr. infra, Cap. V, par. l , Vicende storiche fra Quattro e Cinque-

cento.

IL CASTELLO DI GiOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 29

forma una successiva descrizione risalente all'anno 1557 37 . Il com-plesso, tuttavia, come si è altrove rilevato, non era del tutro privo di elementi residenziali: le sale e le camere menzionate nella descrizione, rappresentano una valida testimonianza.

All'interno delle mura esisteva anche una prigione della quale si ha notizia fin dall'anno 1496, quando nella medesima fu rin-chiuso dai soldati del re di Francia Carlo VIII, che aveva invaso il Regno, un cittadino gioiosa no filo aragonese, J acopo Ventrice alias Cuczuni 38 . Questi, uomo di fiducia di Marino Correale, può essere considerato il primo cittadino conosciuto ad essere stato incarcerato nel castello l 9 .

Un importante intervento di restauro, se non addirittura di vera e propria ricostruzione, fu condotto su iniziativa del marchese di Ca-stelvetere Giovanni Battista Carafa (t 1552) e portato a termine nel periodo compreso fra il 15 3 4 e il 15 52. Se ne ha notizia in altre due importanti descrizioni del castello compilare nel 1557:

«Lo magnifico Cola Joanne Carella della Motta Gioyosa cum iura-mento dice che la dirta terra è morata con uno castello, forte e novamente refatto per lo quondam illustre marchese, consistente in una sala, due ca-mare et uno retretto da uno appartamento; et dall' altro una sala, una camera et una guardarobba, cellaro, cucina , uno tinello et altri edifitii sopra detta terra et sta in uno montetto detto lo castiello et in forza da una banda lo burgo (. .. ).

Lo honorabile Baptista Cavaliere dalla terra della Grottaria habitante alla Motta et maxaro sive erario della Corte dello Signore Marchese dove è stato per anni circa vinti et al presente sta, con giuramento dice che la terra della di tta Motta predirra sra sira et posta in la provinria de Calabria Ultra sopra uno montetto de bonissimo ayere, morata circumcirca, con lo burgo sorto sopra la terra, de poi uno castello forte et rinovato con una sala et due camare et uno retret to, et dall'altro una sala, una camera, una guardarobba,

;, Cfr. infra, appendice, doc. i. >s Cfr. il mio lavoro Agazio Striveri capitano «aragonisi ,, di Grotteria durante /'oc·

cupa-àone francese della contea di TeJranoz/0 nel Regno di Napoli (149,5-1496) in un lu11go alto notati/e del 1497, «Incontri meridionali» n. 2/3 (1993), pp. 249-305; cfr. anche infra, appendice, doc. 4.

;• Per ulteriori notizie cfr. un mio studio suJfa vita di questo personaggio che ho in corso di pubblicazione.

30 VINCENZO NA YMO

cellaro, cocina, stantie de sopra. Se intra in ditto castello con un ponte de legname ( ... ) » 40 .

Q ueste due ultime descrizioni sono di straordinaria importanza, poiché oltre a menzionare l'intervento di restauro di Giovanni Batti-sta Carafa, forniscono dettagli più precisi rispetto al documento del 1534, consentendo una ricostruzione abbastanza attendibile della di-slocazione dei vari ambienti.

Il corridoio centrale , ancora oggi esistente, dall'ingresso immet-teva in due appartamenti ben distinti, uno dei quali a due piani. Quello occidentale, il più antico e situato lungo la parete a stra-piombo sul fiume Gallizzi, presentava un solo piano fuori terra ed era costituito da tre ambienti: un grande salone, e due stanze. Tali ca-mere dovevano essere dislocate intorno al pozzo che rimaneva al-l 'aperto e immetteva in una cisterna per l'approvvigionamento idrico, situata al di sotto degli ambienti menzionati.

L'appartamento orientale, quello esposto sull'abitato, presentava una struttura più articolata. Al piano terra, si trovavano cinque ca-mere: un grande salone, una stanza di medie dimensioni, il guarda-roba, la prigione e la cucina. È verosimile che tale salone fosse situato in quell'ampia area di forma rettangolare, parallela alla parete lungo il fossato attraverso la quale oggi si accede alla torre nuova. La pri-gione, invece, doveva essere posta al di sotto di tale salone in un ambiente seminterrato di cui recenti scavi hanno rivelato l'esistenza. Una delle altre tre camere è identificabile con quella di cui perman-gono i ruderi lungo la cinta orientale.

Al di sopra di questo secondo appartamento si trovavano alcune stanze a cui si accedeva attraverso una imponente scalinata ancora oggi esistente. È assai probabile che tali locali costituissero la zona residenziale del complesso, un tempo riservata al feudatario o ai suoi ufficiali.

Le strutture descritte nel 1557 e risultanti dall'intervento di re-stauro di Giovanni Battista Carafa, furono utìlizzate dai successivi feudatari per circa un secolo e verosimilmente fino al 1638, quando a causa del violento sisma verificatosi in quel tempo, la parte residen-ziale del castello, andata in rovina, fu definitivamente abbandonata. La residenza del feudatario fu cosl trasferita nel vicino palazzo baro-

'° Cfr. infra, appendice. doc. 7.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 31

naie, insieme alle carceri, ai depositi della seta, dell'olio e del grano, all'archivio, alla dimora del castellano, ecc.

Va rilevato che anche dopo tale trasferimento i ruderi della for-tificazione furono di tanto in tanto adibiti a stalla o ad altri usi di natura domestica: uno degli ambienti superstiti, infatti, si ritrovava dotato di una copertura in tegole a livello inferiore, databile fra il XVII e il XVIII secolo (quarta fase edilizia).

2. Il paklzzo baronale

Al di fuori della cinta muraria del castello, lungo la parete me-ridionale e presso il lato esterno del fossato, sorgeva l'antico palazzo dei Caracciolo Rossi. La dimora era stata edificata dal ramo gioiosano della famiglia, probabilmente fra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento. La sua esistenza è documentata a partire dall'anno 1445, quando nel palazzo furono stipulati i capitoli di Roccella a cui si è accennato in precedenza 4 1. In quel tempo vi risiedeva il nobile Ludovico Caracciolo (t 1451), fratello di Battista, conte di Gerace. Negli anni successivi la dimora fu abitata da Polidoro Caracciolo, fi-glio di Ludovico e di Caterina de Hyeraci, e dalla consorte Emilia de Arena. La famiglia Caracciolo detenne la proprietà dell'abitazione fino a poco prima della metà del XVI secolo, quando Simone Carac-ciolo, consanguineo dei precedenti perché discendente da Troylo Ca-racciolo, fratello di Polidoro, alienò la medesima al marchese di Ca-stelvetere Giovanni Battista Carafa, insieme a tutta la restante parte del feudo di Ragusia che fino ad allora era rimasta in possesso dei Caracciolo.

All'anno 1541, risale una sommaria ma importante descrizione del palazzo, quando ancora si trovava in possesso di Simone Carac-ciolo e incluso nella platea generale dei beni di quest'ultimo. Riporto il passo in traduzione italiana:

«In primis un palazzo sito nella detta Motta Gioiosa, con salone, ca-mere e forno, con due scale costruite da due lati, in cui abita detto magni-fico Simone, confinante con il fossato del castello della predetta terra, con la·

41 C fr. nota 5.

32 VINCENZO NAYMO

via pubblica che conduce al detto castello e con le case del magnifico Pietro Jacopo Caracciolo ... >> 4Z.

La descrizione non lascia alcun dubbio sul fatto che si tratti pro-prio del palazzo baronale, successivamente annesso alla fortificazione. Di particolare interesse appare la menzione della via, identificabile con l'ultimo tratto di strada che conduceva al castello, successiva-mente divenuta privata, perché rimasta all'inte~no del cortile realiz-zato nel XVII secolo. Le " case del magnifico Pietro Jacopo Caraccio-lo '', cugino di Simone, vanno oggi identificate con la parte occiden-tale del palazzo baronale (quella a strapiombo sul fiume Gallizzi) a cui furono aggregate presumibilmente in occasione dei lavori di restauro compiuti dopo il terremoto del 1638, dopo l'estinzione del ramo gioiosano dei Caracciolo Rossi, verificatasi con la morte di Giulio Cesare Caracciolo 43, figlio del predetto Pietro Jacopo.

Poitché, come si è visto, il palazzo era stato acquistato da Gio-vanni Battista Carafa, appare molto probabile che il processo di tra-sferimento delle principali attività amministrative del feudo, conclu-sosi dopo il terremoto del 1638, fosse iniziato già durante la seconda metà de-l Cinquecento.

Dopo il crollo e il definitivo abbandono degli ambienti residen-ziali del castello, durante il ventennio fra il 1638 e il 1658 i feudatari Caracciolo della Spina 4 4 intrapresero un'opera di restauro e di adat-tamento delle strutture alle loro esigenze che conferì al complesso l'attuale aspetto. In quel periodo il palazzo baronale fu ingrandito mediante l'aggiunta di un corpo prospiciente il fossato, composto di un ambiente a due piani. Tale corpo venne addossato ad un ponte fisso in muratura con annessa scalinata che aveva sostituito quello girevole in legno. Il fossato fu interrato fino ad un certo livello per la realizzazione del cortile. A questo periodo risale anche la costruzione del muro che, chiudendo al pubblico l'ultimo tratto di strada, con-

• 2 Cfr. infra, appendice, doc. 6. •; G iulio Cesare Caracciolo (t ante 1623) procreò tre figlie: Laura, sposara ad un

nobile di casa de Adamo, Isabella che andò in sposa al nobile Tommaso Deodino e Antonia, coniugata con il nobile Francesco Anronio Mazza da Taverna. Cfr. genealogia dei Caracciolo Rossi edita in appendice.

"" Si tratta di un altro ramo del potente casato, proveniente da Napoli e divenuro titolare di Motta Gioiosa a partire dall'anno 1559, in seguito ad acquisto da parte di Gennaro Caracciolo (t 1562) per la somma di 12.000 ducati.

IL CASTELLO DI GIOIOSA lì\" CALABRIA l) LTERIORE 3.3

sentì la creazione del giardino interno; e, infine, l'erezione del portale esterno bugnato che immetteva a tutto il complesso.

Al periodo di tali interventi dovrebbe risalire l'erezione di una cappella del castello, la cui esistenza è documentata nell 'anno 173 7. L'esatto sito di tale luogo di culro, forse dedicato alla Madonna della Consolazione, risulta oggi di difficile individuazione. Le fonti atte-stano soltanto che era dotato di una campana fusa nell'anno 1701:

«La cappella del castello ha una campana a cui fu imposto jl nome di Santa Barbara; la médema ha l'effigie della Consolazione, un segno di croce ed uno scritto che dice così "Jesus Maria" e l'anno 1701... » 4'.

La datazione della campana induce a ritenere che la cappella, piuttosto che nell'antica fortificazione, fosse stata edificata all'interno del palazzo baronale o nelle sue immediate vicinanze.

l lavori, finanziati dal marchese Francesco Maria Caracciolo (t 1696), terminarono nell'anno 1658, come testimoniava lo stemma che sormontava il portale esterno di cui, purtroppo, bisogna lamentare il furto e la distruzione ad opera di vandali locali, avvenuta nell'anno 1989.

Va rilevato che la costruzione di un ponte in muratura per acce-dere con facilità alle rovine del castello conferma che dal Seicento in poi alcune delle antiche strutture (pozzo, cisterna e qualcuno degli ambienti in rovina), sia stata ancora utilizzata.

Nel corso dei secoli successivi non si verificarono interventi di rilievo, almeno per quanto riguarda le strutture esterne, il cui stato di conservazione, tuttavia, diviene di anno in anno sempre più preca-rio -16 .

41 Cfr. A.S.L. , fondo Gerace, vol. 24. p. 397. a. 1737, inventario delle campane di Gioiosa.

'• O ccorre rilevare. a questo proposito. come. nel disinteresse generale, sia immi-nem<: il crollo della torre occidentale, queUa pit1 antica che risale presumibilmenre al-l'epoca di fondazione del castello.

\' 1.'\CL\ZO ~:\ Y.\10

Fig. ì PIJnimetria del C<btcllo. del palazzo baron.1le e delle <lree limitrofe (Pianta esrrauJ da «Quaderni ciel diparti· mento pammonio Jrchirertonico e urbanistico» ( 1993) Rec11pero del ca­ste•! lo aragone>e di Gioiosa fonica. resi di laurea di (;. S('arfò.

Fig. ìa: Piano terra

Fig ìb: Primo piano

Fig. /c: Phmimetria del complesso

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA VL TERlORE

Fig. 8 Il castello e la rupe

Sezione prospetto palazzo baronale {Arch. Massimiliano Mari Rilievi per una tesi di laurea)

Fig. 9 Stemma gentilizio della famiglia Carafa della Spina

Signora eli Motta Gioiosa dal 1501 al 1555 (Dal volume Descriltione del Regno di Napoli di S. Mazzella)

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Fig. l O · Il casteUo e la rupe Sezione profilo lungo il torrente Gallizzi (Arch. Massimiliano Mari).

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IL CASTEllO DI GIOIOSA IN CAI.ABRIA ULTERIORE 37

3. CasreUo: rorre occidentale o "vecchia"

38 VINCE NZO NA YMO

4. Castello: torre orientale o " nuova "

IL CASTELLO DI GIOIOSA rN CALABRIA ULTERIORE 39

5. Il palazzo baronale e il ponte di accesso alla fortificazione

6. Castello: ruderi degli ambienti residenziali superiori e della scalinata di accesso

40 VINCENZO NA YMO

7. L'angolo sudoccidentale del palazzo baronale

IV

LE CARCERI E I CARCERATI

Come si è visto all'interno del castello si trovavano le carceri. In esse venivano rinchiusi coloro che avevano infranto le leggi e le con-suetudini vigenti nel territorio gioiosano, locali o forestieri che fos-sero. La prigione era divisa in due sezioni ben distinte e separate: quella civile e quella criminale. Nel carcere criminale veniva rinchiuso chi aveva commesso delitti gravi: omicidi, tentati omicidi, stupri, furti, risse, ecc. In quello civile, invece, si custodivano solitamente i colpevoli di reati civili e i debitori inadempienti nei confronti di pri-vati e soprattutto del fisco. In questi ultimi casi si trattava di persone oneste, quasi sempre appartenenti alle classi meno privilegiate, vit-time di Ùn mancato raccolto o di un'annata improduttiva. L'arresto avveniva al tempo dell'esazione fiscale in seguito a segnalazione del mancato pagamento alle autorità competenti da parte dell'erario. Il debitore veniva tenuto in carcere fino al versamento della somma dovuta. Il mantenimento dei prigionieri era totalmente a carico delle famiglie. Questa circostanza determinava con frequenza l'insorgere di situazioni talvolta assai penose. Infatti, finito in carcere il capofami-glia, la moglie e i figli molto spesso non erano più in grado di man-tenere se stessi né tanto meno di passare gli alimenti al congiunto in carcere, il quale rischiava così la morte per fame. Le spese di avvo-cati, procuratori, mastrodatti e altri ufficiali contribuivano a minare lo stato patrimoniale del gruppo familiare. Nei casi a lieto fine questa tremenda spirale veniva solitamente interrotta dall'intervento di un amico il quale assumeva momentaneamente su di sé l'ammontare dei debiti, consentendo il rilascio del carcerato.

Questo triste fenomeno si fece particolarmente sentire durante la seconda metà del Seicento, periodo di crisi generale del Regno. In Gioiosa esso si avvertì soprattutto fra il 1691 e il 1695, quando si ebbe un quinquennio di scarsissima produzione agricola, caratteriz-zato da annate definite calamitose dalla gente del tempo. Allora il

42 VINCENZO Ni\YMO

carcere civile si riempl eli onesti cittadini. Mi limito al racconto di qualche caso concreto.

Il 2 gennaio 1693 si costituirono davanti al notaio Francesco Cetera i fratelli Giuseppe e Girolamo Schirripa. I due asserirono che poiché erano astretti daltì loro creditori a pagare molti debiti per li quali stanno in pericolo di and.ar carcerati, si sono deliberati (. . .) vender col patto de retrovindendo tre sacchi di /ronda negra ... 47 .

L'8 aprile dello stesso anno la vedova Ninfa Vetrisano non po­tendo come povera /emena alimentar li soi figli per la scarsezza dell'an­nata et riparare altri soi bisogni, fu obbligata ad alienare due macine d'olivi, con il patto eli poterle ricomprare 48 .

Il 4 aprile 1694, Caterina Mercuri e il figlio Giacinto Scali di-chiarano di essere costretti ad alienare con il patto della ricompra una macina di olivi perché si trovano oppressi in gran miseria per la quale si rendono inhabili di potere sustentare a Domenico Scali, figlio di detta Caterina (. . .) et anco di aggiutarlo in come per la sua notoria carcera­tione49.

Non sempre le autorità erano così fiscali nei confronti dei debi-tori: sono noti i nomi di alcuni esattori fiscali del Seicento i quali in alcuni casi, concedevano proroghe o anticipavano con denaro proprio le somme dovute all'erario.

· La sensibile ripresa economica che caratterizzò l'inizio del secolo XVIII contribul in maniera decisiva a ridurre la portata del feno-meno, divenuto in seguito assai raro.

La situazione per i detenuti del carcere criminale non era certo più rosea. Ecco quanto raccontò Tommaso Cavaleri di Domenico il 9 marzo 1691:

«Esso Tomaso asserisce, coram nobis, come sei mesi sono si ritrovò carcerato nelle carceri criminali del castello di detta terra per una sua noto-ria inquìsitione per la quale ha fatto grossa spesa, non solo di alimentarsi se stesso in carcere ma anche moglie e figlio, come anche pagar avocato, pro-curatore, spese di officiali e mastrodatti, per li quali spese è stato soccorso d'alcuni soi amici. Et hoggi che fu scarcerato deve soddisfar quelli, ché se

4 ; Cfr. A.S.L. , fondo notarile, nor. F. Ce[era, vol. 489, f. lr, 2 gennaio 1693. ~& Ibidem, f. 3v, 8 aprile 1693. 49 Ibidem, vol. 490, f. 9v, 4 aprile 1694.

U. CASTEUO DI GIOIOSA IN CALABRIA UL TERlORE 4.3

non fosse stato soccorso s'haverebbe crepato in carcere et anco sua moglie e figlio ... » 50 .

Nel castello di Gioiosa non furono rinchiusi soltanto malviventi e debitori: sporadicamente e in numero assai limitato, infatti, le pri-gioni ospitarono anche detenuti politici. Un caso fra i pochi di cui è srata tramandata notizia risale al periodo compreso fra gli anni 1495-1496, quando, come già si è accennato, Jean Carpentier luogotenente dell'esercito del re di Francia Carlo VIII, che in quel periodo aveva occupato il Regno di Napoli, fece imprigionare un cittadino gioiosano filo aragonese, J acopo Ventrice, reo di avere profferito certi paro li contra li Francisi in favore de Aragonise51• Fra le cause principali del-l'arresto di ]acopo, potrebbero celarsi anche i rapporti di amicizia e servizio che egli aveva sempre intrattenuto con il conte Marino Cor-reale, tanto da essere soprannominato dalla gente del luogo cuczuni perché appunto suo garzone 52 . La vicenda si concluse felicemente grazie all'intercessione presso i francesi di un amico di Jacopo, il ca-pitano di Grotteria Agazio Striveri che riuscì ad attenerne la scarce-razione due volte consecutive, dal castello di Gioiosa e da quello di Grotteria nel quale era stato successivamente rinchiuso 5·'.

Non sempre le autorità preposte seppero bene amministrare la giustizia. Di conseguenza l'uso delle carceri fu in alcuni casi arbitrario e indiscriminato. Il tramonto del dominio moderato dei Carafa a Motta Gioiosa (1555) e l'avvento di quello non altrettanto liberale dei Caracciolo della Spina (1559), provocò più di un contraccolpo nell'amministrazione del feudo. Fra i soprusi dei tutori del feudatario Michele Caracciolo, denunciati dall 'Università delia Motta in una vertenza insorta fra le parti a partire dal 1566, molti avevano come oggetto Ia pessima amministrazione della giustizia, la gestione delle carceri e il trattamento dei detenuti. Riferendo di questo scontro, così scrive al riguardo il Pellicano Castagna:

«Per quanto riguarda i carcerati si differiva di dar loro la difesa in modo di prolungare Ja loro permanenza nelle carceri della Corte; si proibiva loro di poter parlare con i propri avvocati e procuratori e con altre persone

50 Ibidem, vol. 487, f. lr, 19 marzo 1691 e infra, appendice, doc. 17. H Cfr. nota 32 e infra, appendice, doc. 4. 51 Cfr. nora .38. 'J Cfr. infra, appendice, doc. 4.

44 VINCENZO NA YMO

e di tenere letto e lucerna; si rinchiudevano gli inquisiti per qualsivoglia causa criminale in carceri sotterranee, contro il tenore delle leggi; e gli in-quisiti per cause civili e debiti nelle carceri criminali, in cui invece avreb-bero dovuto stare gli accusati di omicidio e di altri delitti gravi ( ... ). Il barone costringeva i cittadini a far la guardia ai carcerati di giorno e di notte, senza compenso alcuno ... » ~4 .

Dopo la vittoria delle argomentazioni dell'Università e l'atteni-mento nel 1577 di capitoli et gratie a beneficio dei cittadini, di cui si riferirà in seguito, la situazione della giustizia ritornò a quel grado di accettabilità che l'aveva caratterizzata negli anni precedenti 55 .

Naturalmente, come accadde per ogni fortezza o prigione degna di una tale denominazione, anche il castello gioiosano fu teatro nel corso dei secoli di numerosi tentativi di evasione, talvolta spettaco-lari. Secondo una testimonianza risalente alla prima metà del XVIII secolo56, fra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento, dopo il trasferimento delle carceri dal castello al palazzo baronale, il numero di reclusi che tentavano la fuga aveva subito un sensibile incremento. Le vie di accesso alla fortezza, tuttavia, erano ben custodite e intorno alla prigione veniva osservata una scrupolosa sorveglianza. Infat ti, le evasioni attraverso le vie tradizionali erano state sempre tutt'altro che agevoli, tanto da non essere state prese in considerazione da al-cuno e mai attestate dalle fonti. Come si è già visto, ad occidente il castello e il palazzo baronale annesso confinavano con la rupe a stra-piombo sul fiume Gallizzi. La morfologia della roccia (pressoché ad angolo retto rispetto al terreno sottostante) e l'altezza estremamente elevata dal suolo, costituivano una barriera naturale che avrebbe sco-raggiato chiunque dalla fuga, pena la perdita della vita; pertanto quello occidentale era l'unico lato della cinta muraria privo di sorve-glianza. I detenuti più intraprendenti, tuttavia, pur di non continuare a marcire in carcere, tentavano l'evasione dal lato della rupe, anche a costo della propria pelle. Mesi o anni di reclusione avevano insegnato loro quale fosse l'unica e sola via di fuga. Le carceri, infatti , confina-vano con una stanza adibita a cucina la quale aveva una finestra senza grata di ferro che dava sulla roccia a strapiombo sul fiume. Ai piedi

)• Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, Scritti storico nobiliari, in corso di pubblicazione. Per ulteriori notizie sulla vertenza cfr. infra, Cap. V, par. l , Vicende storiche fra Quattro e Cinquecento.

)) Ibidem. ~6 Cfr. infra, appendice, doc. 22.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 45

dell'imposta vi era un minuscolo pianoro di roccia, ampio poco più di mezzo metro ma sufficiente a garantire ai fuggiaschi una sicura base d'appoggio per i piedi. L'ausilio di una grossa fune, fatta entrare se-gretamente nel carcere grazie all'intervento di amici o congiunti, con-sentiva loro la discesa a terra lungo la roccia, non senza seri pericoli . I casi di fuga attraverso tale via non mancano nei documenti: intorno all'anno 1700, due marinai di Scilla che si trovavano detenuti nel castello gioiosano fuggirono dalla fenestra della camera detta la cucina verso la via della rupe di detto castello, dove allora non v'era gradiata né di ferro, né di legno, e fuggirono coll'aggiuto di una corda grossa detta il capo del molino, la quale era legata ed appesa in detta fenestra ed era stesa per la via della rupe fuori di detta fenestra, colla quale s'aggiutarono a fuggire, havendo restato detta corda appesa in detta fenestra per giorni quattro doppo la loro fuga 57.

Intorno al 1710, al tempo in cui il magnifico Gaspare Vetrano esercitava la carica di castellano, i detenuti Pietro Rastagno e Giro­lamo Turino fuggirono nottetempo senza l'ausilio di una corda5s. La stessa cosa fecero Giuseppe Loccisano di Apostolo e Giacinto Carella intorno al 1715 59.

Anche la nobiltà locale, in caso di necessità, non disdegnava la via della fuga: cosl, in quegli stessi anni, due nobili di Grotteria, i magnifici Francesco e Diego Passerelli, la fecero in barba alla sorve-glianza, fuggendo per la rupe aiutati da una fune 60.

Qualche volta, tuttavia, l'evasione veniva pagata a caro prezzo dai detenuti. Ecco un esempio al riguardo, narrato da un testimone:

«E detto Nicola Romeo di Siderno attesta come da trent'anni addietro Antonio V ardì di detta terra di Siderno che stava carcerato in detto castello se ne fuggì per la via della rupe d'esso e nel fuggire venne a cascare e s'ha rotto li ginochi, per la qual caduta restò zoppo fin che visse ... » 6 1.

Naturalmente le autorità non tardarono ad adottare i necessari provvedimenti tendenti ad arginare il fenomeno delle evasioni. La soluzione escogitata fu radicale; la corte, infatti, ordinò che fosse ab-battuto il pianoro di roccia antistante la finestra della cucina, onde

" Ibidem. ' 8 Ibidem ' 9 Ibidem. 60 fbidem . " 1 Ibidem.

46 VlNCENZO NA YMO

impedire ai detenuti in fuga l'appoggio dei piedi e dunque l'evasione. Ecco cosa racconta Francesco Racco incaricato di compiere l'inter-vento:

«Da molti anni addietro per ordine di questa corte doppo la fuga di detti carcerati passò detto Racco col picone, ha spiconato e diroccato quel poco di rupe che sotto detta fenestra si potea appoggiare li piedi, di maniera che, doppo che così l'ha spianata restò liscia e rapida, di maniera che scen-dendo alcuno di detta fenestra non poteva più fermar li piedi ed in detto tempo ragliò ancora un ogliastro çhe era attraverso in detta rupe» 62 .

Le carceri del castello rimasero in funzione presumibilmente fino all'anno 1806, epoca nella quale, in seguito al tramonto del sistema feudale e alla sua definitiva eversione, dovettero essere trasferite in altra sede sotto il diretto controllo dell'autorità regia.

61 Ibidem.

IL CASTELLO DI GIOIO A l 1 CALABRIA ULTERIORE

8. Palazzo baronale: particolare di una grata delle carceri

9. La ··cucina" presso le carceri del palazzo baronale sulla rupe a strapiombo sul fiume Gallizzi teatro delle evasioni

47

48 VINC.ENZO NAYMO

10. Gioiosa: panorama del borgo arroccato sulla rupe

v IL CASTELLO FRA EVENTI ECCEZIONALI

E VITA QUOTIDIANA

Nel corso dei secoli il castello gioiosano fu teatro di una lunga serie di vicende, alcune straordinarie, connesse ad eventi militari, a casi giudiziari, ad evasioni spettacolari, ecc.; altre, invece, riconduci-bili alia vita di ogni giorno, legate all'avvicendarsi delle stagioni e degli anni. Se le prime, per la loro natura eccezionale, sono state considerate degne di essere tramandate ai posteri e la loro memoria è giunta fino a noi attraverso i documenti, delle seconde, nella maggior parte dei casi, non è rimasta traccia né ricordo alcuno. La mancata o non completa conservazione delle principali fonti documentarie ha contribuito spesso in modo decisivo a fare svanire ogni ricordo. Tut-tavia, i pochi documenti che sono sopravvissuti ai secoli e giunti fino ai nostri giorni, offrono notizie che, sebbene sporadiche e incom-plete, e dunque insufficienti a ricostruire con continuità il succedersi degli eventi, consentono almeno di intuire secondo quali modalità si svolgesse la vita quotidiana nel castello gioiosano e nel borgo circo-stante, non senza il supplemento di qualche evento fuori dall'ordina-rio e certamente inatteso.

l. Vicende storiche fra Quattro e Cinquecento

In passato, a seconda delle varie vicende di natura feudale, il castello di Motta Gioiosa costitulla residenza di numerosi feudatari, dei loro governatori e dei numerosi ufficiali. È presumibile, come si è detto, che durante il primo periodo dalla sua fondazione, la fortezza abbia costituito per decenni la dimora dei signori di Ragusia. Con l'avvento nel feudo dei conti di Gerace e l'annessione di fatto del medesimo alla contigua baronia di Grotteria, il castell.o si trasformò in dimora dei castellani e dei capitani o governatori incaricati della sua custodia e dell'amministrazione del territorio dietro nomina

50 VINCENZO NA YMO

dei vari feudatari che risiedevano altrove. Questa situazione dovette mantenersi immutata fino al 1555, quando per i debiti contratti dal defunto marchese di Castelvetere Giovanni Battista Carafa, già Si-gnore della baronia di Grotteria e della Motta Gioiosa, il figlio di quest'ultimo Girolamo si vide privare del possesso del feudo dal Sa-cro Regio Consiglio, il quale provvide ad assegnarlo al nobile napole-tano Giovanni Vincenzo Crispano, uno dei creditori del defunto mar-chese63 . Da quel momento, e soprattutto a partire dall'anno 1559, anno in cui Gioiosa fu acquistata dalla famiglia Caracciolo della Spina, il castello gioiosano costitul nuovamente la residenza dei feu-datari locali.

Del periodo antecedente alla metà del XV secolo le scarse fonti superstiti non hanno tramandato alcun nome di amministratore o di ufficiale. Il primo castellano e capitano di cui è giunta notizia fu Alberico Deodino, originario di Grotteria. Egli era stato nominato nel 1458 da Marino Correale, allora neo conte di Terranova, signore di Grotteria e della Motta Gioiosa, ma soltanto alcuni mesi dopo aveva rinunciato alle cariche, forse perché in età avanzata.

In sua vece il conte nominò nel febbraio 145964 un nobiluomo aragonese da poco giunto nel Regno: Antonio Linares. Chissà quale impressione dovette provare costui quando nel settembre del 1460 65,

munito del privilegio di nomina a castellano e capitano, si presentò al castello di Motta Gioiosa per assumerne ufficialmente il possesso. I poteri conferitigli erano ampi: come castellano gli competeva il con-trollo e la custodia del maniera e il comando di tutto il personale residente nel medesimo; come capitano della Motta, deteneva il mero e misto impero la gladii potestate, la cognizione di tutte le cause civili e criminali nonché tutti gli oneri e gli onori spettanti alle due cariche che esercitava. La conoscenza con Alberico Deodino, suo predeces-sore, si trasformò ben presto in sincera amicizia, tanto che Antonio, qualche anno più tardi, allacciò parentela con la famiglia di Alberico sposandone la figlia Isabella 66.

Antonio Linares rimase in carica fino alla morte; di quel lungo periodo, durato fino agli inizi del Cinquecento, non è stato traman-dato quasi nulla. Qualche notizia si è potuta apprendere grazie ai

6> Cfr. un mio contributo sull'argomento in corso di pubblicazione. 64 Cfr. infra, appendice, doc. 3. 6' Ibidem. 66 Cfr. G. FioRE, Della Calabria illustrata, Chiaravalle Centrale 1981, p. 384.

lL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA UL TERlORE 51

ricordi di un anziano cittadino gioiosano vissuto nel XVI secolo. Questi, in una deposizione ad un processo tenutosi nell'anno 1569, ricordava di aver conosciuto in gioventù l'allora castellano e capitano della Motta, nel tempo in cui egli soleva scendere ogni anno dal ca-stello portando con se la bandiera regia per issarla sulla chiesa di Santa Maria de Maratà (odierna Annunziata) durante la festa e la fiera dell'Annunciazione della Vergine Maria.

«Et have intiso che antiquamente in la festività de Santa Maria de Maratà si nge portava la bandera regia ogni anno et che nge la havea portata uno misser Antonio de Linaris lo quale epso testimonio lo conoscecti ... » 67.

Secondo calcoli abbastanza attendibili, Antonio Linares dovette morire intorno al 1508-1509, epoca nella quale la capitania e la ca-stellania della Motta passarono al nobile Pietro de Leone Russo il quale le mantenne tredici anni e dunque fino al 1521-1522 68 .

Frattanto, nell'anno 1496 il re Federico d'Aragona aveva con-cesso a Vincenzo Carafa, figlio di Jacopo, barone di Castelvetere e Roccella, l'intera baronia di Grotteria insieme al feudo di Motta Gioiosa, da conseguire di fatto soltanto dopo la morte del conte di Terranova Marino Correale, sotto il cui moderato dominio, iniziato nel 1458, la Motta aveva conosciuto un periodo di grande prosperità ed espansione. La concessione divenne effettiva dopo il 4 aprile 1501 data in cui l'anziano conte si spense improle69. L'avvento dei Carafa nella Motta non mutò sostanzialmente il regime di relativa modera-zione con la quale il feudo era stato amministrato fino ad allora. Il dominio di Vincenzo Carafa, protrattosi fino al 1526 70 , vide l'ema-nazione nel 1514 di alcune pandette che, regolando per iscritto i rap-porti fra il potere feudale e l'università, sancirono il riconoscimento ufficiale da parte del feudatario di numerose norme tendenti a garan-

67 Cfr. V. NAYMO, La fiera di Santa Maria delle Grazie sul fiume Torbido in Ca­labria Ulteriore nel Cinquecento: cronaca di una contesa territoriale fra Motta Gioiosa e Grotteria, in corso di pubblicazione.

68 Cfr. il mio contributo sulla vertenza dei confini, in corso di pubblicazione. 69 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... , successine feudale di Grot·

reria. 70 Ibidem.

52 VINCENZO NAYMO

tire ai cittadini quella certa autonomia necessaria per una accettabile amministrazione della città 7 1 •

Fra i compiti del castellano, oltre alla guardia della fortezza, vi era anche quello di curare che i vari ufficiali esigessero tutti i diritti spettanti al castello e al feudatario. Fra questi vi era l'esazi,one da ogni mercante ambulante di un vaso in terracotta per ogni salma di manufatti in creta trasportati e messi in vendita nelle fiere che si tenevano nel territorio gioiosano. A questo ufficio egli soleva delegare il catapano, il quale durante le fiere, si recava a compiere il prelievo insieme al mastrodatti della corte che redigeva il verbale. Questa con-suetudine, già praticata ai tempi del castellano Antonio Linares, do-veva avere avuto origini antichissime come ricordava il testimone menzionato in precedenza:

«Dice de più epso testimonio che ha ve intiso dire da li hominl v echi et antiqui, de li quali non se ricorda loro nomi al presenti, ma se disse a lo generale, li quali dicevano et declaravano che sempre .... de continuo quando era accascato venirno orgagnl et vasi de creta ad vendere, tanto in la terra de la Mocta Ioyosa como in suo territorio et in Santa Maria de Maratà et in la sua festività, li baroni de la dieta terra et loro castellano le haveano exacto et facto exigere da li patrunl de l.i orgagni uno peczo seu vaso per ciascuna salma, pacificamente et quietamente, senza de nullo impedimento ( .. . ). Et se recorda bene a la f[era] de Santa Maria de Maratà li barunl et castellani et quali han[no exa]cto lo peczo seu uno vaso de creda seu de orgagni per ogni [sal]ma. Quanto a lo scannagio et altro mentionato in arti-culo non sa nenti, excepto che da li antiqui intendeva dire che la exactione de dicto vaso de creta per ciascuna salma, como la exactione de lo scannagio et ragione de le poteche et altre cose se faceva in la festa de Santa Maria de Maratà, se faceva per li baroni et loro castellani sempre, ogni anno, ma poi la perdonanza deminuò et non fo facta dieta excactione, excepto quando epso testimonio , a lo tempo de dieta perdonanza ch' ei in lo dl de la Annun-ciata, se nge va a dire messa et nge veneno dicti orgagni et se fa dieta ex actione di dicto vaso, ma non nge venìa altro ad vendere ... » 72.

Il castello ribadiva pubblicamente la sua giurisdizione sul terri-torio gioiosano in occasi0ne delle feste padronali, nelle fiere e dovun-que vi fosse concorso di popolo, mediante lo sventolio della pro· pria bandiera o di quella regia, preventivamente issata sui luogo

71 Per ulteriori notizie su tali pandette dr. infra. 72 Cfr. V. NAYMO, La fiera ...

IL CASTELLO OT GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 53

della ricorrenza o della riunione e ammainata dopo la conclusione. Tale rituale veniva preceduto da due suggestive sfilate con le quali l'insegna, prelevata dal castello dove di norma sventolava, veniva tra-sportata sul luogo della ricorrenza e viceversa al termine della stessa. Alle sfilate prendevano parte , a cavallo e a piedi, i cittadini più im-portanti del paese e le massime autorità, capitano in testa. Di questa consuetudine si ha memoria fin dai tempi del castellano e capitano U.I.D . Marino Macrì, originario di Gerace e in carica negli anni fra il 1520 e il 1525. Ecco le sue parole al riguardo tratte da una deposi-zione dell'epoca:

«Su per quinto inrerrogatus di :xi t per quanto esso testimonio sa et più presto considera, la ditta Motta exercitava la iurisditione fino a lo fiumo Turbo/o et questo ilo sa esso testimonio et considera perché essendo capi-tano in la Motta ut supra, lo capitano et sindico et homini principali de ditta Motta et altri pigliavano la bandera da lo castello de ditta Motta et porta-vano ditta bandera con homini ad cavallo et appedi et ila portavano ad una ecclesia nominata Santa Anna, quale era vecino ad mare et da quella parte del fiumo Turbolo vecino a lo ditto fiumo circa vinti passi poco più, donde se faceva una fera et ditta bandera se metteva sopra ditta ecclesia. Et depoi quella se retornava, finita la fera, a lo ditto castello. Altro dice non sapere. In causa scientie dixit quia vidit, scit et interfuit ut supra, loco et tempore ut supra ... » n .

Con la scomparsa di Vincenzo Carafa (1526) il possesso della Motta pervenne al figlio Giovanni Battista, marchese di Castelvetere e Roccella. I primi anni di dominio di quest'ultimo furono caratteriz-zati da una situazione politica piuttosto incerta, causata essenzial-mente dagli eventi bellici generali che scossero non poco il Regno in quel periodo.

Nell'anno 1528, in occasione della guerra del Lautrec , giunse in città il nobile napoletano U.I.D. Francesco Molignano, appena nomi-nato capitano a guerra della Motta Gioiosa. Egli, che doveva essere uomo di fiducia del marchese Giovanni Battista Carafa, riferiva di aver frequentato spesso e di conoscere bene la Motta; dunque è pre-sumibile che nell'imminenza della guerra egli avesse ispezionato il ca-stello gioiosano auspicandone il restauro 74 . Intatti, furono quelli gli anni in cui, come si è detto, su volontà del marchese di Castelvetere

n Cfr. infra, appendice, doc. 7. 74 Trent'anni dopo, nel 1560, il Mol.ignano si ritrovava in Gerace, centro nel quale

54 VINCENZO NAYMO

il .castello fu ristrutturato e in parte ricostruito nell'imminenza della guerra 7'.

In quel periodo, molti, approfittando del momento di semi-anar-chia nella quale si trovava la contea, usurparono un gran numero di beni feudali. La stabilizzazione della situazione politica che si verificò negli anni successivi, portò nell'anno 15 34 alla reintegrazione di tali beni a favore di Giovanni Battista Carafa1 su espressa volontà sovra-na 76.

Tuttavia, i rapporti fra il feudatario e l'Università della Motta furono sempre buoni. Nell'anno 1535 fu emanata una nuova pandetta, che ricalcando quella di Vincenzo Carafa, confermava i precedenti privilegi dell'Università 77. Questa, dal canto suo, fu cosl riconoscente nei confronti del feudatario da donare a quest'ultimo nel 1548 ogni credito che avrebbe potuto vantare per il passato. La decisione fu presa all'unanimità da tutti i cittadini in un pubblico parlamento te-nutosi il 23 agosto 1548 78• L'atto di donazione redatto nella circo-stanza segnò il riconoscimento e allo stesso tempo la conclusione di uno dei periodi migliori della storia di Motta Gioiosa.

Infatti, l'esecuzione capitale del marchese Giovanni Battista Ca-rafa (1552) e gli ingenti debiti da lui contratti, diedero vita negli anni successivi ad un periodo di grave instabilità, durato circa sette anni, che si concluse, come accennavo in precedenza, con il definitivo smembramento della baronia grotterese. Il Carafa, infatti, già du-rante i primi anni di dominio, a causa delle eccessive spese affrontate anche a favore del sovrano, era stato costretto ad alienare con il patto della ricompra a Giovanni Gagliego i casali di Mammola e Agnana nel 154079 . Nove anni più tardi, il marchese, nel frattempo finito in car-cere su denuncia di alcuni suoi vassalli di Castelvetere per gli abusi e

neL frattempo aveva definitivamente fissato la sua residenza, cfr. il roio contributo sulla vertenza dei confini, in corso di pubblicazione.

75 Mi chiedo se non sia stato proprio il Molignano ad imporre in quegli anni la costruzione della torre orientale o nuova; sull'argomento cfr. infra, Cap. III, par. l , La fortificca.ione.

76 Sull'argomento dr. V. NAYMO, La phtea della contea di Grotteria ai tempi di Giovanni Battista Cara/a (1534), in corso di pubblicazione.

" Sull'argomento cfr. infra. 78 Cfr. V. NAYMO, Fonti per 14 Caktbria Ulteriore fra Medioevo ed Età Moderna, in

corso di pubblicazione. 79 Ibidem.

ll. CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 55

le violenze ad essi perpetrati 80, aveva venduto Siderno a Pirro de Loffredo81. Fino all'epoca dell'arresto (1548) i debiti del Carafa am-montavano alla somma di 20.000 ducati82 . Durante i seguenti quattro anni le spese per la sua vana difesa avevano dilatato il deficit a circa 60.000 ducati.

Girolamo Carafa, figlio del defunto marchese, nel succedere al padre dovette affrontare una situazione economica disastrosa. I prin-cipali creditori del defunto erano due nobili napoletani, il giovane Giovanni Vincenzo Crispano e Marco Antonio Loffredo. Dopo la vendita di Agnana, Mammola e Siderno, nel 1555 il Carafa si vide privare della proprietà di Motta Gioiosa, assegnata, come si è visto, al Crispano. Ad eseguire quanto decretato, il Sacro Regio Consiglio nominò un commissario nella persona del nobile napoletano U. I. D. Giovanni Felice Ciaulella. Questi si recò in Calabria a prendere pos-sesso della Motta, del castello e del suo territorio per conto del gio-vane napoletano.

Giovanni Vincenzo Crispano detenne Gioiosa fra il 1555 e il 1559. Gli ultimi due anni del suo dominio furono caratterizzati dal-l'insorgere di un'accesa disputa territoriale con Marco Antonio Lof-fredo, nuovo signore di Grotteria. Quest'ultimo, giunto nel suo feudo nel giugno del 155883, iniziò a molestare il Crispano nel possesso di alcuni territ<:>ri siti lungo il confine occidentale della Motta:

« .... nell'anno 1558, del mese de giugno, essendo venuto il preditto Signor Marco Antonio nella Grottaria incomenzò a pigliare l'intrate de Ca­lipusa et de l'altre terre sopra nominate, sforzando li coloni, per esserno soi vaxalli, li quali tenevano locate diete terre per detto Ciaulella, pigliando bovi da parti da particulari per forza et con prescia, violentemente faceva scongniare le vittuaglie de le preditte terre andando personalmente con genti armati, atteso li preditti coloni non volevano correspondere al preditto ma all'erarii de la Motta li quali haveano locate ditte terre ... » 84•

so Egli, più che dei suoi crimini, fu vittima del particolare momento politico, ca-ratterizzato dall'intento delle autorità di ammonire e impaurire con un esempio i baroni del Regno al fine di !imitarne gli abusi.

81 Cfr. F. CARACCIOLO, Il feudo di Castelvetere e i crimini del marchese Giovanbat­tista Cara/a negli anni del governo del viceré Toledo, «Archivio storico per la Calabria e Lucania», XII (1973-74), p. 34.

82 Ibidem , p. 28. 83 Ibidem, p. 35. 84 Cfr. il mio contributo sulla vertenza dei confini, in corso di pubblicazione.

56 VINCENZO NAYMO

Il Loffredo ebbe persino l'ardire di imprigionare per trentasei giorni nel castello di Grotteria gli erari della Motta, Princivalle Longa e Giovanni Magnoli 85 per impedire loro di effettuare le esazioni nei territori contesi. Vista l' insostenibilità della situazione, Giovanni Vincenzo Crispano si rivolse subito al S.R.C. Il tribunale nominò un commissario per dirimere la vertenza nella persona di Giovanni Felice Ciaulella, proprio l'ufficiale che tre anni prima gli aveva assegnato il possesso di Motta Gioiosa ai danni di Girolamo Carafa. Il Ciaulella, recatosi sul luogo, ripose il Crispano nel legittimo possesso dei terri-tori contesi, condannando Marco Antonio Loffredo alla restituzione di quel che illecitamente aveva asportato in precedenza 86. Nono-stante le reiterate opposizioni di quest'ultimo, qualche mese dopo, nuovi ordini del S.R.C. sancirono la momentanea conclusione della vertenza:

« ... per quanto il detto Signor Marco Antonio ha ves se opposto contra detti previsione, finalmente per detto Sacro Consiglio forno expedite novi previsione dirette al magnifico U.I.D. Antonio Santacroce, tunc regio audi-tore nelle provintie di Calabria, lo quale personalmente se conferette in detta Motta et, regia authoritate, manu militari, per atti publici reposse in possessione al detto Signor Joanvicenso <Crispano> in le territorie turbate per detto Signor Marco Antonio ... » 87.

Nei mesi successivi, tuttavia, un'ulteriore intesa fra i due con-tendenti sand l'uscita di scena del Crispano: infatti, con atto del no-taio napoletano Giovanni Paolo Delega del l giugno 1559 egli alienò Motta Gioiosa cum eius castro, /orte!!itio, hominibus, vaxat!is vaxatto­rumque, redditibus, iuribus, rationibus et pertinentibus a Marco Anto-nio Loffredo per la somma di 15.000 ducati88 . Giovanni Vincenzo Crispano, si liberava di un feudo che aveva posseduto per quattro anni soltanto in conto dei suoi crediti nei confronti della famiglia Carafa ma nel quale aveva da tempo fissato la sua residenza e vissuto nel castello fino a qualche settimana prima della vendita 89.

Il Loffredo, ad appena cinque mesi dall'acquisto, rivendette la Motta al nobile napoletano Gennaro Caracciolo, evidentemente in

8, Ibidem. 86 lbidem. 87 Ibidem. 88 Ibidem, fede dell'arto di vendita datata 22 febbraio 1561. 89 lbidem.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 57

virtù eli un tacito accordo precedentemente intercorso fra i due9o. L'atto di vendita fu stipulato in Napoli dal notaio Giovanni Vincenzo de Mari in data 28 ottobre 1559. Il 13 marzo 1560, con rogito eli Fabio de Porcellis, notaio della capitale, la vendita venne ratificata91. Tuttavia, nel breve periodo durante il quale il Loffredo aveva dete-nuto la proprietà eli Motta Gioiosa (da giugno ad ottobre del 1559) egli non mancò di spirito di iniziativa a vantaggio del proprio torna-conto: infatti, pensò bene di asportare dalla città il maggior numero possibile eli beni. In tale contesto va inserito il vero e proprio raid effettuato da Marco Antonio nel castello gioiosano alla ricerca di tutto ciò che fosse di un certo valore:

« ... ha vendo pigliata la posessione detto Mare' Antonio de detta Motta nel mese de giuglio 1559, in detto tempo ha havuto tutti li vittuagli et altre entrate che corsero come ogli, erbaggi, ragione di mastrodactìa, censì, frondi di celsì, frutti et altri intrate ( ... ). O l tra li preditti in tra te detto Signor Mare' Antonio fe pigliare del castello della Motta et portare nel castello de la Grottaria molte giarre sive lancelle di tenere oglio che possevano valere cinquanta docati in circa ... » 92.

L'avvento dei Caracciolo ddla Spina nella Motta, nella persona eli Gennaro (t 1562), se da un lato stabilizzò definitivamente il quadro politico del feudo instaurando un lungo dominio che si protrasse per oltre due secoli e venne meno soltanto con l'eversione della feudalità nel Regno (1806), dall'altro inasprl nuovamente i rapporti con Grot-teria. A partire dalla fine del 1559, infatti, lo scontro sui confini si riaccese con gran veemenza coinvolgendo i rispettivi signori dei due feudi. Dopo quasi cinque anni di ricorsi in tribunale e eli contrasti sul luogo, presa visione delle deposizioni dei numerosi testimoni presen-tate dalle rispettive parti in causa, il lO febbraio 1564, il Sacro Regio Consiglio, emise una sentenza 93 che avrebbe dovuto risolvere defini-tivamente la vertenza. Questa ordinava la determinazione del confine comune fra i feudi di Grotteria e Motta Gioiosa, a partire dal casale

90 La vicenda ha aspetti poco chiari. Tuttavia il fatto che il Loffredo abbia preso regolarmente possesso della Motta e, addirittura, abbia esercitato per alcuni. mesi la giu-risdizione fino al giorno in cui cedette il feudo a Gennaro Caracciolo, lascia supporre che non si trattasse di vendite fittizie.

9 1 Ibidem, fede dell'atto di vendita e di ratifica del 22 febbraio 1561. 92 Ibidem. 9' Ibidem, sentenza del S.R.C., del 10 febbraio 1564.

58 VINCENZO NA YMO

di Martone fino al tnare. Tale operazione sarebbe stata affidata ad un commissario esperto che, su nomina dello stesso S.R.C., avrebbe do-vuto portarsi sul luogo per dare esecuzione al dettato della sentenza. Si trattava di una piena vittoria delle argomentazioni di Gennaro Ca-racciolo. Quest'ultimo era frattanto deceduto (1562), lasciando erede il figlio Michele in età minore e dunque sotto tutela della madre Lu-crezia de Somma e dello z.io Antonio Caracciolo. Nonostante la pre-vedibile legittima reclamatio opposta dal signore di Grotteria, i] l giu-gno 156594, il tribunale nominava il commissario nella persona del nobile geracese, magnifico U.I.D. Giovanni Pietro Gagliardo. Questi, nei giorni 25 e 26 giugno dello stesso anno, alla presenza degli uffi-ciali di Grotteria e Motta Gioiosa nonché di alcuni mastri fabbrica-tori e agrimensori, percorrendo metro per metro il territorio, fissò i termini fra i due feudi, da Martone fino al mare, facendo edificare nei punti critici della linea di confine sei pilastri divisori, di pietra e calce su ciascuno dei quali fece incidere la seguente iscrizione: «M • G • 1565»95 .

La sentenza del1564 ·e la conseguente definizione dei confini fra Grotteria e Motta Gioiosa costituirono il primo punto fermo per la risoluzione della vertenza, favorendo una relativa distensione nei rap-porti fra i cittadini dei due centri. Tuttavia, il reclamo presentato dal Loffredo, riaccese ben presto gli animi, rinviando di altri otto anni il definitivo epilogo della lite, verificatosi soltanto con il rigetto delle opposizioni del signore grotterese, la morte di quest'ultimo (1572) 96,

e la conferma della sentenza. La seconda metà del XVI secolo fu caratterizzata dal deteriora-

mento dei rapporti fra i nuovi feudatari e l'università di Gioiosa. Come si è visto, durante il dominio dei Carafa (1501-1555) le rela-zioni fra feudatari e l'università furono regolamentare da due pan­dette, l'una emessa il 2 ottobre 1514 dal conte Vincenzo Carafa, l'al-tra risalente all'anno 1535 e voluta da] figlio e successore di quest'ul-timo Giovanni Battista 97 . Nel valutarie il Pellicano Castagna fornisce il seguente giudizio:

9" Ibidem. '» Le due iniziali si riferivano a Motta Gioiosa. 96 Marco Antonio Loffredo mor1 il22 agosto 1572, cfr. M. PELLICA.'IO C ASTAGNA,

lA storia dei feudi . .. , successione feudale di Grotteria. 97 Sull'argomento cfr. M. PELucANo CASTAGNA, Lo lite fra l'università e il feuda­

tario Michele Caracciolo e le transazioni del 15 7 7 in Scritti storico-nobiliari, in corso di pubblicazione.

IL CASTEllO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 59

«Improntate ad una certa larghezza, queste pandette riguardavano so-prattutto le competenze e gli emolumenti, fissati con minuziosa precisione, degli ufficiali baronali; garantivano alle università una libera amministra-zione; sgravavano i cittadini di alcuni tributi; riconoscevano loro detenni-nati diritti di pascolo e di caccia; per quei tempi esse rappresentavano un compromesso abbastanza favorevole alla libertà cittadina» 98•

La fine del dominio carafesco a Motta Gioiosa portò con se il tramonto di quel regime moderato che aveva caratterizzato fino ad allora l'amministrazione del feudo. I Caracciolo, infatti, non intende-vano affatto continuare a rispettare gli antichi privilegi dell'univer-sità. Questa, dal canto suo, mal tollerava le interferenze del feudata-rio e le crescenti sue prepotenze. Di Il a poco tempo si addivenne allo scontro aperto. In merito, il racconto del Pellicano Castagna risulta assai eloquente:

«Le cose peggiorarono quando, morto il 24 febbraio 1562 don Gen-naro Caracciolo, gli successe il figlio minorenne don Michele, sotto la tutela della madre, Lucrezia di Somma e dello zio don Antonio, barone di Castel-franco. L'astio dell'università contro questi " magnifici tutori e balli ", che traspare dagli atti della lite nonché le accuse prodotte contro di loro, ci mostrano a qual grado era giunta l'eccitazione cittadina. Al principio del 1566, infatti, scoppiò la tempesta. Era in quel tempo capitano di Gioiosa il magnifico Carlo Zobatore di Pietrafitta presso Cosenza, il quale per la sua rettitudine e "perché forse non applaudisce alla volontà di chi tiene il go-verno di detta terra", non aveva saputo accattivarsi le simpatie del barone, cioè dei suoi tutori; e correva voce che costoro intendessero rimuoverlo dalla carica, dopo appena tre mesi di ufficio e sostituirlo con un certo messer Giulio Pacifico, di Morcone. Costui era capitato a Gioiosa al seguito di don Mario Caracciolo, fratello del barone defunto, e si era installato nel castello - come suo intrinseco servitore -; aveva sostenuto il capitano dell'anno pre-cedente Giovan Francesco Fanosa, contro l'università; era procuratore di mastro Decio d'Arena contro cui l'università stessa aveva pendente una lite per la fabbrica della torre della marina; aveva "fatto questione di parole coleriche" con molti cittadini che odiava e teneva in conto di capitali ne-mici; e, con grossolana spavalderia di chi si sente ben protetto andava ripe-tendo: - Che esso presto spera essere ufficiale in detta terra e che la giusti-zia la farà a sua volontà e che, in generale e particolare ruinerà tutti i suoi nemici. Il pericolo di cadere in balia di questo avventuriero intrigante e senza scrupoli, dietro cui si celavano personaggi ben più ternibili, decise

9S Ibidem .

60 VINCENZO NAYMO

MICHP.LE CARACCIOL O M. della Mo[ta Gioiofa.

Fig. 11 Stemma gentilizio di Michele Caracciolo, primo marchese di Gioiosa

(Dal volume Descrittione del Regno di Napoli di S. Mazzella)

Fig. 12 Timbro dell'Università di Motta Gioiosa dell'anno 1715

in uso fino agli inizi del XIX secolo.

IL CASTELLO DI GIOIOSA L:N CALABRIA ULTERIORE

11. Il portale bugnato di ac<:esso all' intero complesso edificato durante il Seicento e successivamente munito di cancellata

61

62 V!NCENZO NAYMO

l'università a prendere senza indugio un adeguato provvedimento. Ed il l febbraio 1566 essa presentò infatti la propria lagnanza al viceré supplican-dolo di provvedere a che il capitano Zobatore continuasse nel mandato fino alla sua scadenza e che messer Pacifico fosse interdetto, stante i precedenti, ad esercitare in Gioiosa qualunque carica ... » 99.

Nei mesi successivi l'università allargò il fronte della vertenza presentando 62 capi di accusa contro il feudatario, cui se ne aggiun-sero altri 16 negli anni seguenti. Dopo numerose sentenze favorevoli all'uno e all'altro contendente, la lite si concluse con una transazione fra le parti stipulata in Napoli il 19 aprile 1577 10° . L'atto, rogato da un regio notaio, conteneva dei veri e propri capitoli e gratie che il feudatario si impegnava a garantire e rispettare e della cui conces-sione l'università andò fiera nei secoli successivi.

Fra i principali benefici ottenuti vi erano i seguenti:

l. Il feudatario consentiva ai cittadini di andare a caccia in luo-ghi aperti cum balestris et scuppiettis, previo il rilascio della licenza di porto d'armi al capitano.

2. Garantiva ai cittadini l'utilizzo delle acque del fiume Gallizzi per l'irrigazione dei fondi per 24 ore alla settimana, dalla mezzanotte del sabato a quella della domenica, cioè quando i mulini non macina-vano.

3. Lo ius portelli dovuto dai carcerati veniva abbassato a grana 5.

4. Il feudatario accettava ad eleggere come erario ogni anno una persona valente, scelta fra i cittadini gioiosani ma obbligata ad esigere le rendite feudali e burgensatiche del marchese e a riporle nel castello o in altro luogo.

5. Prometteva di non ingerirsi più di quanto gli forse permesso dalle leggi, nell'elezione del sindaco e degli ufficiali e a non procedere d'ufficio nei reati di minore entità senza la querela della parte lesa.

99 Ibidem. JOO Ibidem.

n. CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 63

6. Prometteva di osservare tutte le passate sentenze del S.R.C. che avevano concesso numerosi diritti all'università 101 .

Con il riconoscimento di tali privilegi e diritti il feudatario con-sentiva all'università quella certa autonomia che avrebbe costituito una sicura garanzia contro eventuali abusi baronali come quelli che avevano dato origine alla vertenza. Ai cittadini gioiosani va ricono-sciuto l'indiscutibile merito di essersi opposti con tempestività e effi-cacia all'insorgere di quello strapotere dei feudatari che caratterizzò gran parte dei feudi del Regno nel XVI secolo1 conseguendo quei preziosissimi capitoli rimasti in vigore fino all'anno 1732, quando fu-rono sostituiti dalle nuove pandette emanate dal marchese Nicola Maria Caracciolo to2 .

Durante i secoli XV e XVI la Motta conobbe un'espansione de-mografica e urbana senza precedenti: raggiunta la saturazione sulla rupe intorno al castello, l'abitato si espanse a macchia d'olio al di fuori della cinta muraria, soprattutto verso oriente, fino a raggiungere la zona dove, sul finire del Cinquecento, fu edificata la chiesa di San Rocco 103. Nuovi palazzi e nuove chiese, di confraternite o di patro-nato laicale, sorgevano a ritmo incessante. Durante la seconda metà del Cinquecento furono fondati anche due monasteri. A conferma di questo vertiginoso sviluppo, basterà esaminare i dati statistici risul-tanti dalla numerazione dei fuochi del tempo. Nell'anno 1561 Motta Gioiosa contava un totale di 155 fuochi, equivalenti in media a 755 anime. Dopo appena 34 anni la popolazione era quasi raddoppiata: nel 1595, infatti, i fuochi erano divenuti 253, pari a circa 1300 abi-tanti 10 4 . Questo fenomeno fu causato da due fattori determinanti: il primo era riconducibile al benessere che aveva sempre caratterizzato l'economia del feudo, basata su un gran numero di coltivazioni rese possibili dall'alta fertilità dell'ampio territorio gioiosano. Il secondo, invece, di natura contingente, va ricercato nella crisi di alcuni antichi centri limitrofi quali Grotteria e Gerace, sottoposti ad ipertassazione dai nuovi feudatari, con conseguente espatrio di un gran numero di abitanti. Famiglie nobili, borghesi e contadine giungendo da località

101 Ibidem. 102 Ibidem. 10J Per ulteriori notizie su questa chiesa si rimanda a V. NADILE, Il culto di San

Rocco a Gioiosa fonica, Ardore Marina 1994. 104 Per questi dati cfr. G. CINGARI, Profilo storico di Roccella ... , p. 42.

64 VINCENZO NA YMO

le più elisparate apportarono un contributo decisivo all'ulteriore svi-luppo che la Motta avrebbe conosduto nei secoli successivi.

2. Il Seicento

L'avvento del XVII secolo fu caratterizzato dal definitivo con-solidamento del dominio dei Caracciolo della Spina. Dopo la morte di Michele Caracciolo (t 1602), primo marchese di Motta Gioiosa 105, la titolarità del feudo pervenne al figlio Francesco (t 1642). Questa sta-bilizzazione del regime riuscl ad evitare che si arrestasse repentina-mente quel processo di crescita economica che aveva caratterizzato gran parte del secolo precedente. A dire il vero, la crisi generale che investì tutto il Regno durante il Seicento, fu avvertita anche nella Motta, ma in tono decisamente minore rispetto agli altri centri limi-trofi. Al contrario di questi ultimi e della tendenza generale, infatti, nel corso del secolo proseguì l'incremento della popolazione gioia-sana, sebbene con un tasso eli crescita inferiore a quello registrato nei secoli precedenti: nel 1648 Motta Gioiosa contava 286 fuochi, equi-valenti a circa 1430 abitanti 106. Una lieve flessione si verificò solo negli anni di massima recessione e risulta evidente nella numerazione dei fuochi dell'anno 1669, quando ne sono attestati 262 (circa 1310 abitanti) 107 .

Come si è già altrove rilevato, l'abitato sviluppatosi sulla rupe intorno al castello era stato chiuso da una cinta muraria a cui si ac-cedeva tramite due porte: quella detta di Mezzo, situata a Mezzo-giorno e chiamata successivamente Barletta dal nome del casato che vi abitava nei pressi; e la. Porta Falsa, che si apriva ad oriente, cosl de-nominata perché risultava nascosta a coloro che provenivano dal mare. Sebbene le mura di cinta fossero state ben presto superate dalla crescita dell'abitato, l'originario ruolo difensivo della cerchia fortifi-cata venne meno solo con la fine del XVIII secolo. In caso di inva-sioni nemiche o eli scorrerie saracene, infatti, la popolazione residente fuori le mura era solita rifugiarsi nel castello o nell'abitato murato

10~ Aveva ottenuto il titolo nell'anno 1594, cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... , successione feudale di Gioiosa.

106 Il dato è stupefacente se paragonato alle flessioni subite da rutti gli altri centri, dr. G. ClNGARI, Profilo storico di Roccelld ... , p. 42.

107 Ibidem.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA UL TERlO~E 65

fino al venir meno del pericolo. Al periodo compreso tra la fine del Cinquecento e l'inizio del secolo successivo risale una convenzione 108

fra l'università della Motta e il nobiluomo Antonio Deodino con la quale la prima concedeva a quest'ultimo le mura situate sopra la Porta di Mezzo per la costruzione di un astraco scoperto per uso privato, in modo che il Deodino potesse comunicare, transitando al di sopra della porta, con i suoi due palazzi che sorgevano alle estremità della medesima, a patto però che egli consentisse l'accesso e l'utilizzo della costruzione ai soldati deputati alla difesa della Motta in caso di at-tacco nemico 109 . Edificato in breve tempo l' astraco, lo stesso rimase in funzione fino alla fine del Seicento, quando, dopo il crollo per vetustà, fu sostituito, come si riferirà nel prossimo paragrafo 1 10 , da una piccola camera che aveva la stessa funzione ed era soggetta agli stessi obblighi dell'astraco. Le clausole contenute nella convenzione e quelle ribadite oltre un secolo più tardi 11 1, evidenziano quale impor-tanza sia stata attribuita alle mura di cinta nel corso dei secoli per la difesa dell'abitato. Del resto Motta Gioiosa, a causa della sua relativa vicinanza al mare, (appena 4 Km) non era considerata una terra si-cura, dal punto di vista del pericolo di scorrerie piratesche o saracene. Fin dall'inizio del XVI secolo, infatti, i cittadini più facoltosi della Motta possedevano una seconda casa a Grotteria, centro più interno che offriva maggiori garanzie di sicurezza e nel quale erano soliti tra-scorrere la stagione estiva.

Durante il 1623 giunse al castello di Motta Gioiosa una compa-gnia di soldati del duca di Urbino Francesco Maria II Della Rove-re 112, al cui comando si trovava l'ufficiale Nicola Maria Galtieri. Ai militari fu assegnato il compito di custodire la torre di guardia detta della Spina che si trovava alla marina 113 a breve distanza dal litorale.

108 Cfr. infra, appendice, doc. 19. 109 Ibidem. 11° Cfr. infra, Cap. V, par. 3, Il Settecento. 111 Ibidem. 112 Duca di Urbino dal 29 giugno 1623 al 1624, anno della rinuncia a beneficio

dello Stato pontificio che detenne il ducato fino all'anno 1796, in seguito al definitivo acquisto effettuato nel 1631, cfr. F. CAPPELU, Cronologia, cronografia e calendario per­petuo, Milano 1983, p. 402.

1l.l Occorre precisare che, con questo termine, non si indicava l'attuale centro di Marina di Gioiosa Jonìca, sorto durante la seconda metà del secolo scorso, bensl il ter-ritorio pianeggiante coltivato che si estendeva lungo il litorale fra l'antica chiesetta di San Nicola a Mare e la torre predetta.

66 VINCENZO NA YMO

Per tale ufficio, infatti, la compagnia veniva retribuita in quel tempo dall'università tt4. Risulta difficile giustificare la presenza di questi militari nella Motta; tuttavia, la spiegazione potrebbe essere ricercata nell'esistenza di una malleveria del marchese Francesco Caracciolo nei confronti del duca di Urbino m.

A quest'epoca, e precisamente all'anno 1622, risale la più antica attestazione dell'attività di distribuzione e messa in vendita della seta gioiosana. Nell'inventario dei beni di messer Pietro Candido, gioia-sano residente in Messina alle dipendenze del nobile don Vincenzo Marulla, risulta che la seta prodotta a Gioiosa veniva trasportata e messa in vendita nella città siciliana dai mercanti gioiosani 116 . Nello stesso periodo la seta raggiungeva i più .importanti centri ed era ven-duta nelle maggiori fiere della Calabria. Questi dati, per certi versi sorprendenti, non stupiscono più di tanto se si considera che l'alleva-mento del baco da seta era praticato nella Motta fin dal XV secolo e attestato in documenti dell'inizio del secolo successivo 11 7 .

Nell'anno 1642 si spense il marchese Francesco Caracciolo; al suo posto successe il nipote Francesco Maria, nato dalla premorta figlia Giulia (t 1641) e da Nicola Maria Caracciolo, figlio di Giovanni Battista, fratello del defunto feudatario. Il lungo e moderato dominio del nuovo giovane marchese, durato ben 54 anni, segnò un'epoca ca-ratterizzata da un'amministrazione abbastanza corretta che contribuì non poco a favorire il consolidamento d.i quel singolare processo di sviluppo economico locale verificatosi, come si diceva in precedenza, in un contesto generale del Regno assai sfavorevole, contraddistinto da una recessione galoppante e da una mortalità assai elevata. Gioiosa costitul un forte polo di attrazione per numerose famiglie dei centri dove più si era avvertita la crisi, gente affamata, talvolta in preda alla più completa disperazione. All'aristocrazia e alla popolazione locale va indubbiamente riconosciuto il merito di non essersi opposte a questo flusso di immigrati, consentendo così una sorprendente integrazione, i cui effetti benefici si sarebbero avvertiti soprattutto negli anni a ve-rure quando Gioiosa sarebbe divenuta la più ricca terra del circon-

11~ La notizia si ritrova nei verbali di due pubblici parlamenti dell'università gioio· sana redatti dal notaio Francesco Paganica, cfr. A.S.L., fondo notarile, not. F. Paganica, vol. 263, ff. 31v-33v, 21 ottobre 1623.

115 La notizia mi è stata segnalata dal dr. Roberto Fuda. t t6 Ibidem , H. 8v-9v, 13 agosto 1623. ll i Cfr. a questo proposito l'invenra.rio dei beni del nobile Simone Caracciolo che

ho in corso di pubblicazione.

lL CASTELLO DI GIOIOSA 0\ CALABRIA ULTERIORE 67

dario. Le concessioni enfiteutiche, operate soprattutto dal potere feu-dale, da quello ecclesiastico, dall'aristocrazia e dal ceto medio, favo-rirono senza dubbio il processo di sviluppo economico e il fenomeno delle scalate sociali assai frequente fra la popolazione gioiosana.

Tutti gli atti ufficiali dei feudatari gioiosani venivano emessi dalla cancelleria del castello. In essa operavano il segretario e l'attua-rio: il primo era incaricato della composizione dei testi dei vari atti pubblici (privilegi, investiture, assensi, concessioni enfiteutiche, ecc.) che il Signore della Motta si limitava a sottoscrivere dopo averne presa visione. Il secondo era delegato alla semplice stesura del testo su pergamena o su carta. A stretto contatto con questi due funzionari operava l'archivista, incaricato della gestione dell'archivio del ca-stello. Una copia di ogni atto prodotto dalla cancelleria veniva conse-gnata a quest'ultimo funzionario, il quale, dopo averla classificata, provvedeva all'archiviazione. La necessità di fare spesso riferimento a documenti risalenti ad epoche precedenti rendeva necessaria una ge-stione assai ordinata delle carte. L'archivio è andato disperso quasi completamente solo durante il nostro secolo. Fra i rari esempi di do-cumenti superstiti emessi dalla cancelleria del castello gioiosano viene edito in appendice un atto pergamenaceo risalente all'anno 1658 118,

durante il dominio del marchese Francesco Maria Caracciolo e nel tempo in cui nella cancelleria operava il segretario Lelio Barracano. Si tratta di un privilegio con il quale il marchese prestava il proprio assenso alla vendita di un mulino feudale effettuata in precedenza dal nobile Giuseppe D'Aragona de Ayerbe a favore della nobildonna Cilla Caracciolo. Di notevole interesse risulta la formula di datazione del privilegio con la menzione della località di redazione:

«Datum Ioiose, ex castro nostro, die 25 mensis settembris 1658. Fran-ciscus Maria Caracciolo Marchio Ioiose. De mandato eccellentissimi domini Marchionis, Lelius Baracanus secretarius» 119.

Fra gli avvenimenti più importanti del secolo che ebbero come teatro di svolgimento il castello gioiosano, vi furono certamente le due donazioni di reliquie alla collettività da parte del marchese Fran-cesco Maria Caracciolo, uomo particolarmente sensibile alle esigenze religiose del popolo e autore di numerose assegnazioni in denaro a

118 Cfr. infra, appendice, doc. 10. 119 Ibidem.

68 VINCENZO NAYMO

beneficio degli enti ecclesiastici gioiosani. Il 28 dicembre 16 72, in-fatti, nella stanza denominata La Secreteria, alla presenza dell'arci-prete Pietro Teotino, il notaio Francesco Cetera redasse un atto di donazione 120 delle statue e delle rispettive reliquie dei santi Pio, Cre-scenze, Felice e Costanzo che il marchese consegnava alla chiesa Ma-trice affinché venissero gelosamente custodite e venerate. Le reliquie provenivano da Girifalco ed erano state donate al feudatario gioie-sano da don Fabrizio Caracciolo, duca di Girifalco e suo congiun-to 121.

In questo periodo, e almeno fino all'anno 1675, in Gioiosa risie-dette il vescovo geracese del tempo Mons. Stefano Sculco (1670-1686) 122, probabilmente a causa della difficile situazione e dell'osti-lità che il presule aveva trovato a Gerace fin dall'anno della sua no-mina a capo della diocesi 12>. Non è escluso che il vescovo abbia pro-prio abitato nel castello, ospite del marchese con il quale i rapporti dovevano essere buoni. Ad ogni modo, Mons. Sculco si trovava con certezza nel palazzo baronale il 12 marzo 1674, quando alla presenza del marchese e di alcuni canonici del Capitolo di Gerace, il sacerdote di Taverna don Scipione Patrocca donò una reliquia del legno della Santa Croce a Francesco Maria Caracciolo. Il documento 124 fu re-datto dal notaio Francesco Cetera e, oltre alla donazione, conteneva la trascrizione di una serie di atti precedenti che consentono di rico-struire la storia della reliquia fino al1630 125. Qualche mese più tardi il marchese assegnava a sua volta il legno della croce all'Università di Gioiosa, disponendo che fosse custodito nella chiesa Matrice 126.

A partire dalla seconda metà del XVII secolo, la consistenza delle fonti pervenute aumenta in modo considerevole. Così diviene facile imbattersi in documenti che narrano di eventi particolari e della vita quotidiana che si svolgeva nel castello e nel centro abitato gioie-sano. Nell'anno 1674, per esempio, il battaglione di soldati a piedi di stanza in Gioiosa era comandato dal caporale Pietro Antonio Sainato.

120 Ibidem, appendice, doc. 11. 121 Ibidem. 122 Sulla figura e l'operato di questo presule, cfr. E . D 'AGOSTINO, I vescovi di Ge-

race-Locri, Chiaravalle Centrale 1981, pp. 1.38-140 12J Ibidem. 124 Cfr. infra, appendice, doc. 12. m Ibidem. 126 Cfr. A.S.L. , fondo notarile, not. F. Cetera, b. 62, vol. 514, ff. 14r-15r, 27

dicembre 1674.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE

In quel tempo giunse un ordine regio che invitata tutti i battaglioni ad una solenne parata in onore del re che avrebbe dovuto tenersi nella città di Reggio. La partecipazione veniva incoraggiata tramite il versamento di ben dieci paghe per ciascun soldato. Le somme avreb-bero dovuto essere corrisposte da ogni Università. Appresa la notizia e attratti forse più dalle paghe che dal dovere, i soldati gioiosani decisero di partire alla volta di Reggio. Prima di intraprendere il viag-gio fecero istanza al sindaco affinché consegnasse loro quanto dovuto. Ma questi, probabilmente a causa delle cattive acque finanziarie in cui versava l'Università in quel tempo, oppose un secco rifiuto. Il caporale Sainato si recò da un notaio e fece redigere una pubblica protesta contro il sindaco 127• Non sappiano come andò a finire la vicenda.

Durante il1675 il giovane Pietro Mantegna, figlio del chirurgo e sindaco Francesco, fu protagonista di una vicenda tutt'altro che pia-cevole. Finito ingiustamente nelle carceri criminali del castello con l'accusa di avere ingravidato una certa Caterina Sainato, riusd a sal-varsi solo grazie alla testimonianza della vittima che lo scagionava 128 .

In casi come questo la Corte era solita procedere d'ufficio: arrestava prima la ragazza tenendola rinchiusa in prigione fino a quanto questa, stremata, non confessava il nome del colpevole; poi catturava que-st'ultimo. Accadeva spesso, tuttavia, che la giovane rimasta incinta nel timore di arrecare danno al vero responsabile a cui magari era legata, accusava un innocente, spesso appartenente a famiglia facol-tosa. In un secondo tempo si pentiva e finiva con il riferire il nome del vero colpevole. Nell'anno 1698 per una circostanza del genere si ritrovò rinchiusa nelle carceri del castello la giovane Grazia Martino che così narrò la sua vicenda nella confessione raccolta dal notaio Francesco Cetera il 22 febbraio 1698, alle ore una della notte, con tre lumi accesi:

«Ritrovandosi gravida e la Corte di essa terra della Gioiosa havendo bavuto notitia di detta sua gravidanza l'ha fatta carcerare e condottala in presenza del Signor Vice Marchese e suo mastrodatti, fu esaminata et interrogata per manifestare chi sia stato la persona con la quale essa hab-bia avuto prattica carnale et l'habbia ingravidata. Et essa Gratia, suppo-nendosi che con dire che sia stato il Signor Giacinto Marando di Siderno

127 Cfr. infra, appendice, doc. 13. 128 Ibidem, doc. 14.

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col quale stiede per creata in sua casa per il tempo che è vissuta la moglie l'haverebono licentiata et che non si seria proceduto ad altro atto, ha così deposto al sudetto Signor Vice Marchese e mastrodatti che sia stato il mensionato Signor Giacinto Marando quello che l'ingravidò, quando ef-fettivamente il medemo è innocentissimo di tal colpa non havendono ha-vuto prattica carnale con essa Gratia, mentre per il tempo che stiede in sua casa da creata sempre l'ha stimata havendo particolar cura dell'honore di essa Gratia dandoli buoni documenti et advertimenti acciò che fusse honorata et onesta ... » 129 .

Alla fine la ragazza dichiarò che il responsabile era un giovane da essa non conosciuto nel fiume detto Noviti, in tempo che stava lavando alcuni panni, che l'ha ingannata e fu pigliata per forza, sin come in essersi intesa gravida e prima di esser catturata dalla Corte ha dichiarato a diverse persone di questa terra della Gioiosa et a suoi confidenti 130. II giorno dopo la confessione Grazia Martino stipulò un contratto di capitoli matrimoniali con il sidernese Antonio Marchese per la cele-brazione di quello che sembrava essere un matrimonio riparatore Bt.

Difficile giudicare la vicenda: chi ammette di avere mentito una volta può farlo anche una seconda, tanto più che la nuova versione, tutt'al-tro che convincente, aveva tutta l'aria di essere stata confezionata su misura per risolvere la faccenda senza scontentare nessuno. Dunque non sapremo mai quale delle due versioni fornite da Grazia fosse quella vera. Quel che invece sorprende è l'accanimento dalla corte anche nei confronti di una povera ragazza che, comunque fossero andati i fatti, rimaneva pur sempre una vittima.

Nonostante le autorità preposte all'amministrazione della giusti-zia fossero particolarmente severe nella tutela della morale e del buon costume, tanto da procedere d'ufficio nei casi di stupro e di ragazze nubili ingravidate, c'era fra i gioiosani chi, incurante di leggi e pene, proseguiva apertamente le proprie attività, senza neppure il timore di ammetterlo pubblicamente, ma avendo cura di scagionare coloro che la corte avrebbe potuto inquisire. Il 22 febbraio 1681 la giovane Vit-toria Retteri si costitul davanti al notaio Tommaso Cavaleri per di-chiarare quani.o segue:

129 Cfr. A.S.L., fondo notarile, not. F. Cetera, vol. 494, f. 7r e v., 22 febbraio 1698.

1)0 Ibidem. 1H Ibidem, f. 8r e v.

n. CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 71

12. L'antica strada di accesso al castello

72 VlNCENZO NA YMO

«Asserisce come li mesi passati essa Vittoria have acconsentito di bona voluntà, di sua propria sodistatione alla semplice dimanda di Antonio Pi-sciuneri d'aver avuto con il detto comercio carnale, tanto perché fu di so-disfatione e capriccio d'essa Vittoria quanto per fine che del sudetto ne poteva sperare suvvenerla, com'è sortito, onde a fine in futurum non fosse molestato esso Antonio, essa Vittoria per discarico della sua conscentia e perché cosll'ha piaciuto e piace, essendo padrona del suo corpo e della sua virginità, rimette ogni attiene o pretentione tanto civile quanto criminale h avesse o potesse h avere contro esso Antonio (. .. ) per causa di detto conco-bido ... » 132 .

Presenti alla stesura della dichiarazione e stupefatti Isabella Mes-sina e Antonio Retteri, madre e fratello di Vittoria m .

La recessione che caratterizzava quelle annate terribili mieteva vittime e impartiva sofferenze a tutte le classi sociali. Durante il 16 75 i guai non mancarono neppure per il nobiluomo perennemente squat-trinato Domenico Hyeraci, figlio del famoso capitano Alessandro. Fi­nito nelle prigioni civili del castello per un debito di settanta ducati nei confronti del fisco, sarebbe stato ben presto rimesso in libertà dal luogotenente e dal castellano, in virtù della sua posizione e delle sue conoscenze,~ se non fosse stato per l'esattore delle tasse di quell'anno, tale Francesco Minici, un funzionario alquanto pignolo e ligio al do-vere, il quale, appresa la notizia della possibile scarcerazione del Hye-raci che egli stesso aveva fatto recludere, fece redigere da un notaio una vibrata protesta 134 di cui si riporta un brano:

«E perché hoggi intende che alcune persone vogliono far scarcerare lo detto Domenico H<i>eraci per dispreggio d'esso esattore e contro la giusti-da ett per evitare qualche inconveniente potrebbe nascere per detta causa et per cautela d'esso esattore, hoggi predetto die, esso esattore qui presente et in presenza del magnifico Antonio Passarello, erario e luogotenente, e di Francesco Zarzaca, castellano, si protesta non una, due e tre volte ma quanto sarà necessario che in modo alcuno non debbiano né permettano far scarcerare lo predetto Domenico H<i>eraci se prima non sarà intieramente sodisfatto esso esattore di detta somma di docati settanta, altrimente pre-tendendono essi predetti di Passarello e Zarzaca, presenti et intelligenti,

m Ibidem, not. T. Cavaleri, vol. 643, ff. 4r-5r, 22 febbraio 1681. m Ibidem. n• Cfr. infra, appendice, doc. 15.

D.. CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 73

farlo scarcerare senza ordine d 'esso esattore, vada detta somma a carico loro et ogni danno potrà patire esso esattore per la mensionata causa» 135 .

Come si è altrove rilevato, il pericolo di attacchi nemici o di incursioni saracene e piratesche era sempre molto elevato, soprattutto nei mesi estivi. In tale periodo veniva incrementata la sorveglianza della costa e delle porte di accesso al centro abitato. In Gioiosa esi-steva anche un corpo di guardia notturna, composto da più uomini incaricati di vegliare il sonno dei cittadini, tenendo sotto controllo l'abitato, specie quella parte del medesimo dotata di cinta muraria edificata sulla roccia intorno al castello. Oltre a dare l'allarme in caso di attacchi nemici, le sentinelle avevano il compito più generale di tutelare l'ordine pubblico durante la notte. Nell'anno 1677, in tale corpo di guardia si trovava arruolato il soldato Francesco Fuda, ori-ginario di Martone ma residente da più anni in Gioiosa con la propria famiglia. Al Fuda era stato assegnato il compito di controllare la zona del largo innanzi la chiesa Matrice, servizio che svolgeva regolar-mente ogni qual volta si trovava di turno. La notte fra il 6 e il 7 settembre 1677, Francesco Fuda fu vittima di un incidente assai spia-cevole: dopo avere vegliato per ore davanti alla Matrice, alle prime luci dell'alba si era assopito per terra, all'aperto. Qualche minuto più tardi il silenzio del paese ancora addormentato fu interrotto dal ru-more dei passi del mastro giurato Girolamo Gerace, che, armato di scopetta, compiva di buon ora un giro di perlustrazione. Accortosi che Francesco Fuda, suo buon amico, si era addormentato, ritenne opportuno svegliarlo. Quel che accadde dopo è la stessa sentinella a raccontarlo in una deposizione dell'epoca 1.36 :

«Mi sentì toccare dicendomi: " Non dormiri! " . Et allo stesso instante intese una scopettata, il colpo della quale l'ha ferito nelli cosci della parte di nante e li toccò anco le parte virgognose; e per il dolore ha gridato lamen-tandosi che l'havea ucciso. Et havendono concorso genti e venne mastro Francesco Mantegna, chirurgo, hanno visto detto colpo e fece la stuppata e li dicevano che l'havea sparato la scupetta a Gerolamo Gerace, mastro giu-rato di detta terra. E per li dolori si lamentava contro il detto che l'havea ferito ... » m .

m Ibidem. tJ6 Ibidem, doc. 16. IJ7 Ibidem.

74 VINCENZO N A YMO

Era stato un banale incidente: nel tentativo di svegliare la sen-tinella al mastro giurato era partito un colpo di scopetta in modo accidentale. La ferita grave e il rischio di morte elevato, indussero la vittima, dopo che ebbe intuita la dinamica dell'accaduto, a fare redi-gere una remissione di ogni accusa nei confronti di Girolamo Gerace, cosa che fu fatta con un rogito del notaio Tommaso Cavaleri, accorso sul luogo dell'incidente 138• Non è dato sapere se Francesco Fuda sia sopravvissuto alla ferita, ma il blocco dell'emorragia operato con suc-cesso dal chirurgo Mantegna, lascia supporre che la vicenda abbia avuto un epilogo positivo.

Durante il 1682 si verificò un grave episodio criminoso che destò molto scalpore in città: il notaio Francesco Cetera, buon padre di famiglia, poeta e letterato locale, assassinò Biase Niutta, fratello dd famoso reverendo don Carlo 139, con la complicità dei fratelli Diego e Antonio Cetera e della cognata Paola Floccari. Gli accusati furono subito arrestati in seguito alla querela criminale esposta dai congiunti della vittima, ma vennero ben presto scarcerati grazie al perdono da parte di questi ultimi, ottenuto per intercessione dell'ar-ciprete del tempo, il reverendo don Pietro Teotino (t 1690). Oscuro il movente del delitto; tuttavia dovette trattarsi di ragioni assai gravi e tali da spingere il notaio Cetera, uomo dalla vita fino ad allora ineccepibile, ad un gesto così estremo. Ad avvalorare questa ipotesi concorre lo stesso perdono concesso dai fratelli della vittima. L'atto di remissione, di cui si riporta un passo, fu steso 1'8 dicembre 1682 140

dal notaio Tommaso Cavaleri, a distanza di sei mesi dal fatto .

«Patto expresso che detto notaro Cetera, accisòre come di sopra, dopo che sarà aggiustato con la corte tanto regia, tanto baronale, non possa né di giorno né di notte per qualsivoglia causa, venire nel territorio e terra della Gioiosa per anni tre o quattro, più prima di detto tempo si doveranno riti· rare essi di Niutta nella loro patria, che esso notaro, in caso che essi di Niutta stessero in detta terra, non possa per lo spatio d'anni dieci passare della parte o dove stantieranno di casa essi di Niutta. E che esso Antonio Cetera a Pasqua prossima ventura, aggiustato sarà con la corte possa venire . . . qui nella Gioiosa ma non prima; e che Diego C etera si parta fatto che sarà il presente atto pubblico dalla Gioiosa e per uno anno intiero sia fora

IJS Ibidem. IJ9 Arciprete di Gioiosa dall'anno 1690 al 1701. 14° Clr. A.S.L., fondo notaEile, not. T. Cavaleri, vol. 643, a. 1682, ff. 17v-19v, 8

dicembre 1682.

IL CASTELLO DI GIOIOSA lN CALABRIA ULTERIORE 75

d'essa e suo territorio e che la Pavola Floccari volendo godere della presente remissione sia obbligata, vita sua durante, di non venire qui nella Gioiosa se non che quando vorranno essi di Niutta (. .. ). E ciò non s'è fatto per altro fine e per mali fini ma solo per ogni bon fine , tanto delli suddetti di Cetera e Floccari, tanto delli suddetti di Niutta, essendo la natura humana fragile et le motive del sangue carente ... » 14l .

Come si può evincere dalla lettura, fra le clausole contenute nel rogito, se ne ritrovano alcune assai curiose, come quella che vietava al notaio Cetera, dopo il ritorno dall'esilio, di transitare nei pressi del palazzo dei congiunti della vittima.

Francesco Cetera osservò scrupolosamente i patti: partito imme-diatamente per l'esilio, si trattenne sei anni in Galatro da dove fece rientro a Gioiosa nel 1689. Negli anni successivi i rapporti con la famiglia Niutta furono ristabiliti, tanto che don Carlo Niutta nel frat-tempo divenuto arciprete, ricominciò a servirsi del notaio Cetera, per la redazione dei propri contratti di natura giuridica.

Durante il Seicento anche in Gioiosa fu in funzione una cam­pana allarmi, il cui compito specifico era quello di allertare la comu-nità e le autorità preposte alla difesa, in caso di attacchi nemici o di altri avvenimenti che avrebbero potuto mettere in pericolo l'ordine pubblico e la sicurezza della collettività. Alla campana si faceva ri-corso solo in caso di estrema necessi tà e l'ordine di suonarla doveva provenire direttamente d al castello e precisamente dal luogotenente, autorità a capo della locale vigilanza. Queste regole venivano scrupo-losamente osservate anche se, ogni tanto, l'insorgere di equivoci cau-sava notevoli inconvenienti. Ecco cosa accadde, per esempio, una buia notte di novembre dell'anno 1686, nel racconto di alcuni citta-dini del tempo:

« ... Hiersera, sette novembre 1686, giovedì, verso hore quattro di notte, attempo che alcune genti armati forestieri fecero romore in essa terra con scasciare alcune porte di case di cittadini, fra questo con supposto che siano banditi per l'autri irreparabili che hanno usato, sonò, non si sa per ordine di chi, la campana allarmi; quale campana intesa dal magnifico An-tonio Passarelli odierno 1ocotenente sonare, essendo unito con noi altri si lamentò grandemente con il secristano che sonava detta campana, mentre in presentia di noi sottoscritti l'haeva dato ordine che in nessuna maniera so-nasse detta campana allarmi, anzi per detto atto fatto lo maltrattò di parole

141 Ibidem.

76 VINCENZO NA YMO

e li disse: " Scriverò a Monsignor Vicario Reverendissimo di farlo castiga-re ", per haver avuto ordine di sonare detta campana senza suo ordine, anzi questa matina, havendo detto Signore locotenente incontrato una altra volta con detto secristano tornò a maltrattarlo di palori per l'inconventiente fatto e quello, in nostra, presentia ha chiarito che mai havea havuto ordine di detto Signor locotenente a sonare la detta campana allarmi ma quella si sonò per detto d'altri e per sua ignoranza ... » 142 .

Non è dato conoscere ulteriori particolari sulla vicenda; quel che emerge chiaramente, invece, è il fatto che l'utilizzo arbitrario e non autorizzato della campana era severamente punito dalle autorità.

Con la morte del marchese Francesco Maria Caracciolo, avve-nuta durante l'anno 1696, la titolarità del feudo passò al figlio Nicola Maria (t 1736), il quale essendo nel frattempo divenuto anche duca di Girifalco, trasferl in quest'ultimo centro la propria residenza, non disdegnando, tuttavia di soggiornare di tanto in tanto, anche a lungo, in Gioiosa 143. Dal 1696 e fino all'eversione della feudalità, nel ca-stello tornò a risiedere un vice marchese o governatore, il cui man-dato durava un anno, salvo l'eventuale rinnovo da parte del feudata-rio. La presenza di un amministratore baronale non si era avuta dal tempo in cui in Gioiosa avevano dominato i Carafa, durante la prima metà del secolo XVI.

3. Il Settecento

Il Settecento può essere definito il secolo d'oro di Gioiosa, l'epoca in cui giunse a maturazione quel lento ma costante processo di sviluppo sociale, economico e urbano che aveva caratterizzato le età precedenti. Fra l'inizio e la fine del secolo si registrò una crescita demografica straordinaria. Nell'anno 1732 si numeravano ben 381 fuochi (circa 2000 anime) 14 4 . Nel 1797 i fuochi erano divenuti 893 ( 4466 anime). In 65 anni la popolazione gioiosana aumentò del 135% . La crescita non si sarebbe arrestata neppure durante il secolo successivo: nel 1824 Gioiosa avrebbe raggiunto una popolazione di

142 Ibidem, vol. 644, a. 1686, ff. 43v·44v, 8 novembre 1686. 1"} Le fonti notarili attestato la presenza ininterrotta del duca in Gioiosa almeno

dal 1703 al 1712, come si riferirà nel prossimo paragrafo. 1•• Cfr. G. Crì\GARI, Profilo storico di Roccella ... , p. 42.

IL CASTELLO DI GIOIOSA lN CALABRIA ULTERIORE 77

13. Gioiosa: il sito della scomparsa Porta di Mezzo o Barletta

78 VINCENZO NA YMO

6000 abitanti 145 e superato i 12000 nella seconda metà del XIX se-colo 14 6 , cosa che consentì all'antica Motta di conseguire il primato nei confronti di tutti gli altri centri del circondario.

L'abitato si espanse ulteriormente, soprattutto in pianura nella zona dei Lacchi, raggiungendo pressappoco le dimensioni che il centro avrebbe conservato fino al dopoguerra.

Dal punto di vista economico la situazione si faceva di anno in anno più rosea: le società per la produzione e la distribuzione della seta si moltiplicavano. I mangane!li 147 lungo il fiume Gallizzi e quello di Santa Maria delle Grazie sul Torbido, lavoravano intensamente: gra-zie all'opera dei numerosi mastri trattori gioiosani, la produzione cre-sceva insieme ai profitti. I fondaci, sicuri indicatori dell'esistenza di scambi commerciali, si moltiplicavano: alla marina, fin dal secolo pre-cedente ne era stato istituito uno nel quale i mercanti in transito, per terra e per mare, potevano far sostare i propri prodotti; un altro regio fondaco si trovava nella contrada Sant'Antonio e doveva servire l' en-troterra.

I primi anni del secolo furono caratterizzati da un alto numero di concessioni enfiteutiche operate dal marchese Caracciolo a benefi-cio di numerosi cittadini gioiosani. Testimonianza di ciò si ritrova negli atti del notaio Giovanni Battista Agostino: durante il solo anno 1703 il marchese stipulò ben 19 contratti di varia natura con decine e decine di abitanti di diversa estrazione sociale 148 . Si trattava per lo più di beni di natura agricola (tenute, giardini, orti, ecc.) che il feu-datario concedeva in enfiteusi ai privati in cambio del pagamento da parte di questi ultimi di un canone annuale (censo) perpetuo, solita-mente di modesta entità. Un'altra forma comune di contratto era la cosiddetta concessione ad meliorandum o anche ad beneficandum, con la quale il marchese assegnava un fondo ad un contadino per un nu-mero definito di anni a patto che questi si fosse impegnato a miglio-rame le condizioni e a consegnare ogni anno al proprietario un quinto o un quarto (ius quinti e ius quarti) della rendita prodotta dalla terra. La tendenza di concedere in enfiteusi i beni della Carnera Marche-

14' Cfr. F. VoN L OBS'l'EIN, Bollari dei vescovi di Gerace, Chiaravalle Centrale 1977, p. 404.

146 Cfr. Archivio Comunale di Gioiosa (A.C.G.), statistiche. 147 Baracche in legno o in muratura che ospitavano gli strumenti per la lavorazione

della seta e che venivano edificate lungo le sponde dei fiumi. 148 Cfr. A.S.L., fondo notarile, not. G .B. Agostino, b. 106, vol. 964, a. 1703, ff.

6r- llr; 12r-19v; 24r-31v.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 79

sale, si sarebbe rafforzata negli anni successivi raggiungendo il suo massimo intorno alia metà del secolo.

Durante il mese di settembre dell'anno 1709, un'inattesa incur-sione di pirati presso la marina, creò lo stato di massima allerta nel castello gioiosano. La mattina del sedici settembre, infatti, quattro-cento uomini a bordo di undici navi pirata armate di cannoni, giunte in vista della spiaggia, dopo un breve ma intenso bombardamento sbarcarono attaccando la torre Spina e saccheggiando il fondaco. La notizia pervenne subito al castello dal quale poco dopo si partl un nutrito gruppo di armati che accorsero per difendere la marina. Tut-tavia, alloro arrivo, i pirati si erano già imbarcati con tutto il bottino ricavato dall'incursione e i nostri non poterono fare altro che consta-tare l'entità dei danni subiti 149 .

Nell'anno 1710 un caso giudiziario creò non pochi problemi al vice marchese dell'epoca, Giovanni Pietro Messina U.I.D. In quel tempo, infatti, i soldati di stanza al castello, caporale Pietro Longo e Francesco Totino, arrestarono, non si sa sotto quale pretesto, il cur­sore della Vescovi! Corte di Gerace, assegnato alli servitii della Grancia di Santa Barbara, tale Giovanni Battista Minici. Costui, rimasto rin-chiuso più giorni nel castello di Gioiosa, ricorse in istanza alla Curia Vescovile di Gerace a cui era soggetto. Questa provvide a scomuni-care immediatamente il vice marchese e i suoi soldati. La Curia, evi-dentemente, non aveva timore alcuno del potere feudale, neppure quando si trattava di difendere un suo dipendente di umile estrazione sociale. La scomunica fu ritirata solo grazie all'intervento dello stesso arrestato, lautamente indennizzato:

«Hoggi poi pentitosi haver fatto simile instantia tanto con giuramento cassa, irrita ed annulla detta querela tanto per detti Signor vice marchese quanto detti soldati dalli quali li furono pagate le giornate che dimorò in dette carceri» 150.

Nello stesso anno le peripezie non mancarono neppure per il serviente della Corte Marchesale, Antonio Riitano. Su istanza del dot-tor Nicola Oppedisano da Castelvetere la Gran Corte della Vicaria aveva inviato un decreto da notificare al dottor Fortunato Falletti da

149 Sull'argomento cfr. V. r\AYMo, Uno sbarco di pirati a Gioiosa agli inizi del XVIII secolo, «Calabria sconosciura» n. 48, Luglio-Dicembre 1990, pp. 60-62.

tso Cfr. infra, appendice, doc. 18, 30 ottobre 1710.

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Grotteria, giudice delegato. Ad effettuare la notifica fu inviato in quel centro proprio il serviente Riitano. Quello che gli accadde fu lui stesso a raccontarlo in un documento dell'epoca:

«Volendo seguire a quanto ricerca il suo officio, per non poterlo ne· gare come publico serviente, si portò nella Grotteria, in casa del predetto dottor Signor Fortunato Felleti per notificare la predetta procuratione e li fu risposto di gente di casa non essere ivi detto Signor Fortunato. Ultima· mente notificò la detta procuratione in casa del sudetto Signor Fortunato, presente non solo la gente di sua casa ma anche in presenza di Giovan Battista Trichiolo di questa terra e Francesco Bruzzese della Grotteria. Ed intimata detta procuratione, si partì esso serviente per ritornare in questa terra. Quando è stato nella fiumara dove si dice Franco, inanti lo loco di Michele Spanò della Grotteria, sono giunti quattro persone a piedi ed uno a cavallo e l'hanno portato carcerato nel castello della Grotteria, il tutto per haver notificato detta procuratione. Per lo che dimorò carcerato più giorni che se non fosse stata seguita la fuga per causa che mastro Silvestro Natì e lo figlio di Giuseppe Cavaleri di Martone hanno rotto la lamia del criminale dove era carcerato Giuseppe Loccisano ed uno di San Gioanne, che li me· demi l'hanno salito dove erano essi carcerati e poi con uno legno grosso scassorno la porta della meza torre ed anche il portone del sudetto castello, ancora stimasi che sarìa carcerato ... » 15 1.

L'anno 1722 portò con se la riapertura della secolare vertenza sui confini fra Gioiosa e Grotteria, tenutasi nel Cinquecento 152. La lite vide alleati il feudatario e l'università gioiosana contro quelli di Grotteria. Le pietre di confine apposte dal commissario Gagliardi nel 1565 erano ormai andate perdute. Questo fatto, favoriva gli sconfi-namenti dei grotteresi in territorio gioiosano. La zona più contesa era quella della contrada Galea, nel cui ambito veniva lavorata la seta. Infatti, era accaduto spesso, soprattutto durante il Seicento, che not-tetempo, la seta prodotta alla Galea fosse stata trafugata a Grotteria, a scapito dei gioiosani. L'intensificazione dei controlli a partire dai primi anni del Settecento al fine di reprimere il fenomeno, fu la causa principale d~;:la ripresa delle rivendicazioni territoriali da parte dei grotteresi. Dopo vari e molteplici atti presentati nel Sacro Regio Con-

1' 1 Cfr. A.S.L., fondo notarile, nor. F. Cetera, b. 61, vol. 506, f. 21r e v., 15 settembre 1710.

m Cfr. in fra, Cap. V, par. l, Vicende storiche fra Quattro e Cinquecento.

[L CASTELLO DI GIOIOSA JN CALABRIA ULTERIORE 81

siglio da entrambe le parti 153, la vertenza si concluse definitivamente nell'anno 1723, quando un nuovo comntissario nominato dal tribu-nale, dopo aver ricostruito in situ il tracciato seguito dal Gagliardi due secoli prima nel fissare il confine, ripose nuovamente le pietre negli stessi punti in cui si trovavano quelle collocate nel Cinquecento. Su ogni pietra fu apposta la seguente iscrizione: " + 1723 M. G." 154 .

L 'avvento del XVIII secolo non aveva diminuito sostanzial-mente il pericolo di attacchi saraceni e pirateschi. I gioiosani ne erano consapevoli e, del resto, la scorreria del 1709 costituiva per loro una valida conferma. Da numerosi anni l'astraco sulla Porta di Mezzo o Barletta, edificato fra Cinque e Seicento dal nobile Antonio Deodino era andato ormai in rovina. La costante necessità di difendersi esi-geva la ricostruzione di una struttura che permettesse ai soldati il controllo della cinta fortificata presso la principale via di accesso al castello. Il nobile Ottavio Oppedisano 155 U.I.D. (t 1737) da Castel-vetere all'inizio del secolo si era trasferito a Gioiosa in occasione del suo matrimonio con la nobildonna Veneranda Deodino. Fra i beni dotali pervenutigli vi era anche il palazzo Deodino, proprio quello confinante con la Porta di Mezzo. Fu lui, infatti, a stipulare nell'anno 1729 un accordo con l'Università che ricalcava quello intercorso fra quest'ultima e Antonio Deodino nel secolo precedente 156. Per ren-dere possibile l'intesa occorse l'assenso del Regio Collateral Consiglio e del marchese Caracciolo, richiesto dall'Oppedisano fin dall'anno 1718. Ecco quali erano i termini del contratto:

«Quindi è che volendo esso dottor Ottavio edificar detti muri ed astraco con ivi farvi una cameretta e cosl condescendere alle richieste fatteli dall'università e Signor sindico di quel tempo, s'ottenne l' assenso del Regio Collateral Consiglio, interposto a trentuno maggio 1718, inferius etc. Doppo qual assenso n'ebbe esso dottor Ottavio ricorso dall'eccellenza del duca padrone ed attenutone anche il di lui beneplacito ( ... ) si è per esecu-zione di detto ordine del tutto fatto consapevole il Signor Governatore Ge-

1>3 Un grosso volume contenente gli atti della verrenza si conserva presso l'archivio della famiglia Pellicano Castagna.

" ' Una di tali pietre si conserva tUttora nel sito originario, all'ingresso del paese di Martone, esattamente lungo il confine fra il territorio di questo comune e quello di Gioiosa. Tale iscrizione si è salvata dalla rimozione e distruzione negli anni scorsi grazie all'intervento di Mons. Vincenzo Nadile che ne ha auspicato la conservazione.

1" In Gioiosa ricoprì la carica di erario della Camera Marchesale dall707 al 1720. 1' 6 Per i rermini del precedente accordo, cfr. infra, Cap. V, par. 2, Il Seicento.

82 VINCENZO NAYMO

nerale, U.I.D. Signor don Francesco Antonio di Bernardo, da cui si son pur reconosciute cosll' antiche concessioni della predetta università come il Re-gio Assenso del Collaterale ed altresì detta nuova fabrica, onde con alzarsi all'istessa altura che son gl'altre fabriche delle case collaterali non vengono a pregiudicare al publico né a deturpare la prospettiva della terra o del ca-stello, ordinando perciò che sia lecito ad esso dottor Ottavio d'alzar e co-prire detti muri a sue proprie spese, uguagliandosi all'altezza dell'altre case collaterali, con farne camera per suo privato uso, con patto però che in detta nuova fabrica dovesse esso dottor Ottavio far fare le sayettere nei luoghi op-portuni, per potersi detta università servire in caso d'invasione d'inimici, fe-stività o altro che riguarda a difesa di detta terra, senza potersi dar impedi-mento alcuno, servata la forma di detto Regio Assenso e di stipularsi intorno a ciò publiche cautele con detto sindico a beneficio dell'Università ... » 157•

Il documento è estremamente interessante giacché, oltre a testi-moniare l'iter burocratico necessario per modificare, anche di poco, l'assetto urbano dell'abitato, mette in luce quanto fosse matura la sensibilità delle autorità centrali e locali di quasi tre secoli or sono, nella tutela dei centri abitati e di Gioiosa in particolare, al fine di prevenire qualsiasi intervento edilizio che potesse deturparne l'aspetto. Un altro elemento interessante che emerge dalla lettura, riguarda l'uso che si faceva delle strutture murarie sopra la Porta di Mezzo che non era esclusivamente militare. Queste, infatti, venivano utilizzate anche in occasione di festeggiamenti, probabilmente per l'esplosione di fuochi d'artificio e simili.

Di solito, prima dell'arrivo di un nuovo vice marchese o gover-natore, su ordine del castellano una squadra di mastri si recava al castello per le operazioni di pulizia e di eventuale restauro delle strut-ture murarie. Così fecero per esempio nel mese di aprile 1733 mastro Antonio Argirò e Leonardo Fammartino. Il brano che segue è stato estratto dalla loro relazione sui lavori:

«Nel prossimo caduto mese d'aprile perché da punto in punto si steva aspettando da Napoli l'illustre Signor Governatore della medesima terra, essi asserenti sono stati chiamati dal magnifico notar Giovanni Battista D'Agostino, olim castellano, per polire e residiare il castello di detta terra, come in effetto andorno assieme con detto magnifico notaro ed agiutarono a scopare, polire e residiare detto castello, tanto nel quarto superiore come inferiore, con aver scopato l'astrachi e suffitti, polito sedie, boffette ed altro

IH Ibidem, appendice, doc. 19, 16 maggio 1729.

n.. CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 83

che trovorno che dalla parte da dentro li muri e camere di detto castello vi era rottura, frattura o macula alcuna, ma tutte le camere sudette tonacate ed · imbianchite, senza macula alcuna e due giorni doppo residiato detto ca-stello, giunse già detto illustre Signor Governatore in detta Gioiosa in sal-vamento» 158•

A partire dalia prima metà del secolo si diffuse l'uso da parte del governatore delle sete della Calabria, residente in Monteleone, di concedere in appalto a società locali costituite da privati cittadini la produzione di seta gioiosana per la durata di tre o quattro anni con-secutivi. La società acquistava la seta prodotta dai privati (general-mente laici), curandone la raccolta e la lavorazione e rivendendola al regio arrendamento delle sete di Calabria e del Regno. Nel trìennio l giugno 1729 - 31 maggio 17 32, per esempio, la produzione della seta fu presa in appalto dalla società costituita da don Giovanni Tommaso Hyeraci, don Francesco e don Nicola Deodino, i quali si impegna-vano a consegnare al Regio Arrendamento un totale di 10230 libre di seta, con una produzione annuale di 341 O libre 159. Per i successivi quattro anni (l giugno 1732 - 31 maggio 1736) la seta fu appaltata dalia società costituita dai magnifici Gaspare Vetrano, Alessandro Cetera, Giovanni Giacomo Lombardo, Pietro Pellicano e Antonio D'Agostino. Costoro si impegnavano a consegnare ogni anno 3460 libre di seta per un ammontare complessivo di 13840 libre t6o. Non sempre l'appalto veniva assunto da società costituite da cittadini. Nel quadriennio 1725-1728 esso era stato appannaggio di don Nicola Ma-ria Caracciolo, duca di Girifalco e marchese di Gioiosa per quiete de' suoi vassalli 161.

La seta prodotta ogni anno, se presa in appalto dal feudatario, era momentaneamente custodita in un magazzino del castello, nel pa-lazzo baronale, presso il cortile. Prima della consegna al Governatore delle Sete, veniva pesata nella sala (salone) del suddetto palazzo. A un'operazione del genere assistettero, per esempio, i mastri Sisinio Cavaleri e Stefano Argirò nel novembre 17 38:

us Ibidem, doc. 20, 5 luglio 1733. 1, 9 Cfr. A.S.L., fondo notarile, not. Dionisio Spanò, b. 110, vol. 1003, H. 77r-

78v, luglio 1729. 160 Ibidem, vol. 1005, ff. 35r-43r, l giugno 1732. 161 Thidem, vol. 1.001, H. 31r-32r, 2 luglio 1725. Questa affermazione contenuta

nel documento di ratifica lascerebbe ipotizzare l'esistenza di uno scontro &a i cittadini in merito a quale società dovesse assumere l'appalto.

84 VINCENZO NA YMO

« ... nel mese di novembre del prossimo caduto anno mille settecento trentotto son stati loro presenti nel castello di detta terra allorché tutta la seta raccolta dal Signor don Francesco Antonio Fazzari, attuale Erario della Camera Marchesale di questa predetta terra di Giojosa a conto dell'Eccel-lentissimo Signor Duca di Girifalco e Marchese di questa stessa terra che d'esso Signor erario conservavasi dentro il solito magazzieno delia seta si-stente nel cortile del detto castello, l'estrasse dal detto magazzieno e si è salita nella sala del medesimo castello dove si è tutta detta seta pesata e consegnata al Signor don Ilario Grandinetti, attua! Governatore Generale del sudetto Stato del ravvisato Eccellentissimo Signor Duca padrone, in presenza del Signor Rationale, Signor don Costantino Spagnolo ed il di loro scrivano Signor don Gregorio Sestito di Girifalco, che tutti e tre in quel tempo attrovavansi in questa terra in fermo, che in presenza d'essi costituti di Cavalieri ed Argirò, Tutino ed Agostino nell'undecimo giorno in detto mese di novembre del detto scorza anno mille settecento trentotto, tutta detta seta portata da dentro detto magazzieno nella sala del detto castello da detto Signor Erario si è consegnata al sudetto Signor Governatore Generale, con haversi da lui stesso pesata partita per partita e ricevuta e notata in un foglio tutta detta seta dal presente scrivar-c Signor don Gregorio Sestito e doppo così passata di propria mano di detto Signor Governatore Generale, ricevuta e fatta annettare, si è dato l'ordine del medesimo ad essi costituti di fagettare detta seta dalli quali con effetto doppo che fu fagettata, dico che fu annotata da detto Signor don Gregorio, è stata detta seta tutta fagettata e per ordine del medesimo Signor Governatore Generale così fagettata fu riposta in detto magazieno e successivamente per ordine dell'istesso Signor Governatore Generale, tutta detta seta sl fagettata si è mandata nel regio fundaco in marina ... » 162 .

Non sempre le operazioni di consegna della seta si svolgevano cosl pacificamente. Al tempo della pesatura dell'anno 1744, per esem-pio, si verificò un vero e proprio "attacco" al castello da parte dei birri del Governatore delle S~!e di Monteleone. Fu un episodio assai grave, dai contorni oscuri e s·ui quali sarà difficile fare luce. A rac-contarlo sono le parole dei molti cittadini gioiosani presenti il 19 no-vembre 1744:

« ... oggi, sudetto giorno, verso le ore quindeci, avendosi odorato che i birri del Signor Governatore delle sete di Monteleone, che stanno a poggio e fermo nella scala di questo castello, con falza chiave, in vocabolo vo­tajanne, tentarono in tempo di notte di scassare il portone di detto castello

l6z Cfr. infra, appendice, doc. 21, 17 agosto 1739.

IL CASTELLO DI GIOIOSA tN CALABRIA ULTERIORE 85

non si sa per qual mal fine. Da chi porta le veci dello Eccellentissimo Signor Duca di Girifalco padrone fattasi stanza all'odierno Signor Vice Marchese e Giudice, dottor don Paolo Micelotti, conferirsi sulla faccia del luogo a dili; genziare il delitto m genere nelle mascature di detto portone, m esecuzione della retta giustizia, detto Signor Vice Marchese e Giudice conferitosi avanti il piano di detto castello ed osservati detti birri del predetto Signor Governatore delle sete, forniti non meno di armi proibite, a poggio fermo in detta scala di detto castello e domandati loro a darli luogo colla sua corte per diligenziare colli mastri ferrari detto delitto in genere nelle mascature del portone predetto, a detta giustificata domanda si opposero detti birri impu-gnando non solo le armi avverso le persone di detto Signor Vice Marchese e sua comitiva, drizzati gli schioppi alla faccia col cane posto sopra, ma di vantaggio dissero: "Non accostate che altrimenti vi faremo levare su de' carri morti! ". Veduta l'impugnazione di dette armi e lo animo di detti birri ostinato a ferire detto Signor Vice Marchese e Giudice, per evitare lo in-conveniente tumulto, fu forzato, usata prudenza, ritornare addietro ... » 16 3.

L'atteggiamento assunto dal vice marchese, vista la situazione creatasi, fu assai prudente. Non è dato conoscere se il comportamento degli uomini del governatore delle sete rispondesse ad una propria iniziativa, come poteva essere un tentativo di furto, oppure ad un ordine ben preciso da parte del loro superiore, forse emesso al fine di prevenire un'illecita asportazione di parte della seta custodita nel ca-stello e già venduta al Regio Arrendamento.

Nell'anno 1736 morl Nicola Maria Caracciolo, duca di Girifalco e quarto marchese di Gioiosa. Gli successe il nipote Gennaro (t 1766), nato da Francesco Antonio Caracciolo (t 1735), figlio del de-funto e a questi premorto 164 . A Gioiosa non cambiò nulla, giacché il nuovo feudatario risiedette anch'egli in Girifalco. L'amministrazione del feudo gioiosano continuò ad essere affidata ai vice marchesi o governatori che si succedevano ogni anno.

Oltre alla seta, nei magazzini del palazzo baronale venivano cu-stoditi i vari beni che il feudo produceva, fra i quali l'olio. In un solo deposito nell'anno 1745 si trovavano ben ventidue giare piene del prezioso liquido, come testimonia un passo di un documento del-l 'epoca che narra di uno spiacevole incidente nel quale ne andò per-duta una certa quantità. A raccontare la vicenda furono gli addetti al

16> Ibidem, doc. 23, 19 novembre 1744. 164 PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... , successione feudale di Gioiosa.

86 VINCENZO NA YMO

riempimento delle giare, Stefano Argirò e Francesco Ritorto, insieme ad altri testimoni, i quali dichiararono:

« ... aver empite eli oglio nel tempo servivano la camera marchesale eli detta terra da baglivi nel detto corrente anno mille settecento quarantacin-que, ventidue giarre nuove, situate nella stipa a fianco destro del carcere " la scala" e tutti e sei essi testificanti oggi sopradetto giorno ad istanza del molto illustre dottor Signor don Domenico Barletta attua! erario di detta camera marchesale conferitisi nel castello eli detta terra e proprio in detta stipa eli oglio eli detta camera marchesale, situata a fianco destro del detto carcere nomato "la scala", aver in essa attrovate dette ventidue giarre nuove l'una delli quali sfràtasi da sotto fino al collo accidentalmente, con-forme hanno giudicato, era capace con certezza di dodici cafisi, oglio che sparso per detta stipa e poi dalle mura e porta comunicatosi nell'altra stipa accanto, non si ha potuto raccogliere nemmeno in picciolissima quantità, per essere stato intero assorbito dal terreno. E le remanenti nel numero eli ven-tiuno aver di presente di mancanza quattro cafisi, parte perché grondarono l'aglio come osservano da sottilissime fissure eli fresco fatte e parte perch'é proprio eli tali vasi nuovi nel primo uso aver simile perdita e più asserban-dola la creta arsiccia ... » 165.

Il documento ci informa che il magazzino dell'olio non distava molto dal carcere, elemento che mi sembra particolarmente interes-sante, perché conferma in modo inequivocabile il fatto che quest'ul-timo fosse stato trasferito ormai da secoli dalla fortificazione al pa-lazzo baronale 166.

Il notevole progresso sociale, economico e urbano che caratte-rizzò la seconda metà del Settecento non mancò di apportare i propri effetti benefici alla collettività. Fra il 1762 e il 1767 l'antica chiesa Matrice, divenuta ormai angusta in rapporto alle dimensioni di Gioiosa, fu ampliata considerevolmente. I lavori, voluti sia dall'arci-prete del tempo che dalla popolazione, comportarono la demolizione del vecchio edificio e la ricostruzione ad opera di una squadra di operai serresi e gioiosani diretta da mastro Stefano Salerno da Serra. L'opera fu portata a termine in pochi anni grazie soprattutto al sus-sidio finanziario di tutti i cittadini e alla loro concreta collaborazio-

165 Cfr. infra, appenclice, doc. 24, 18 ottobre 1745. l66 La cosa è confermata ulteriormente in un documento precedente, ibidem,

doc. 22.

IL CASTELLO 01 GIOIOSA lN CALABRIA ULTERIORE 87

14. Gioiosa: la Porra Falsa

88 VINCENZO NAYMO

ne 167 . Negli stessi anni fu conclusa, fuori le mura, l'edificazione dei più bei palazzi settecenteschi gioiosani: il palazzo Amaduri, quello Aiossa, ecc.

Anche il numero delle famiglie nobili crebbe considerevolmente durante il Settecento. Accanto a quelle presenti da secoli (Barletta, Deodino, Hyeraci, Linares, Mazza, Ripolo, Zarzaca, ecc.) nuove se ne aggiunsero, provenienti da altre località (Aiossa da Martone, An-gilletta, De Mari, Girardis, Migliori e Pellicano da Grotteria, Oppe-disano da Castelvetere, ecc.). Queste ultime finirono per sostituire quelle che si erano estinte alla fine del Seicento o che sarebbero scomparse durante il secolo successivo (Carella, Condercudi, Ligorio, ecc.). A questi casati si aggiunsero anche alcune famiglie che, prove-nienti dal ceto medio, erano cresciute economicamente e avevano al-lacciato rapporti di parentela con la nobiltà (All, Amaduri, Badolato, Belcastro, Cetera, Coluccio, ecc.).

La presenza di un cosl grande numero di famiglie nobili aveva dato vita ad una vera e propria aristocrazia locale, dedita oltre che agli affari e alle altre attività della vita di ogni giorno, anche agli svaghi tipici dell'epoca. Cosl erano tutt'altro che rari i ricevimenti e le feste che si tenevano nei palazzi delle famiglie più altolocate. Fa-mose, per esempio, erano le feste e le danze di casa Barletta e quelle non meno rinomate dei Linares, come testimoniano documenti in mio possesso 168•

Con la morte improle del marchese Gennaro Caracciolo, avve-nuta il 15 agosto 1766, il feudo gioiosano pervenne a Margherita Caracciolo, sorella del defunto (t 1802). Tuttavia, a partire dall'anno 1772 «per un'antica convenzione tra le Case di Gioiosa e di Arena, che prevedeva la sostituzione reciproca in caso di mancanza di maschi dell'una o dell'altra linea, nel 1772 la terra di Gioiosa, con i feudi Romanò e Santa Maria delle Grazie, fu data in "tenuta" al duca di Soreto Tristano Caracciolo ... » 169 . Quest'ultimo era succeduto al pa-dre Fabrizio (t 1769) in virtù della rinunzia alla successione da parte

167 Le vicende Legate alla ricostruzione della chiesa Matrice sono ampiamente de-scritte in una Memoria redatta dall'arciprete del tempo, il rev. don Vincenzo Mesuraca da Roccella. Cfr. Archivio Parrocchiale della chiesa Matrice di Gioiosa (A.P.M.), Liber bap­tizatorum, aa. 1743·1799.

I6S Cfr. Archivio Naymo Pellicano Spina di Gioiosa (A.N.P.S.), fondo Barletta, Memorie della famiglia Barletta, Cap. XLI.

169 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, Le ultime intestazioni feudali in Calabria, Chia-ravalle Centrale 1978, p. 70.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 89

di Michele, figlio primogenito di Fabrizio. Michele Caracciolo aveva rinunciato a tutti i feudi della famiglia in cambio di un vitalizio an-nuale di parecchie migliaia di ducati che gli veniva versato dal fratello Tristano. Tuttavia, fra i due dovette nascere qualche discordia in me-rito ai tempi di consegna delle rate del vitalizio, giacché due anni più tardi, il Sacro Regio Consiglio, a cui Michele aveva fatto ricorso, assegnò a quest'ultimo la tenuta della terra Gioiosa di cui prese pos-sesso per mezzo del suo procuratore don Giacinto Melina il 2 maggio 1774 alle ore 22 170. Tuttavia, si trattò di un breve periodo, giacché, con un nuovo accordo intercorso tra i fratelli, negli anni successivi, Gioiosa fu riassegnata in tenuta a don Tristano Caracciolo.

Gli eventi degli anni 1766-1774 contribuirono in modo conside-revole ad accentuare la crisi che il castello, inteso come centro dal quale il signore esercitava la propria giurisdizione sul feudo, conobbe all'indomani della morte di Gennaro Caracciolo. I documenti riguar-danti la momentanea assegnazione di Gioiosa a Michele Caracciolo ci informano, infatti, che nel 1774 il palazzo baronale era stato spo-gliato dei mobili e chiuso definitivamente. La relazione dell'ispezione al castello, effettuata dall'attuario della Regia Corte Antonio Cicia-relli, è assai eloquente al riguardo:

« ... mi sono personalmente conferito nel palazzo baronale di questa su-detta terra di Gioiosa, volgarmente chiamato Il Castello , affine di procedere all'annotazione di tutto il mobile ivi esistente. Ed avendolo diligentemente caminata camera per camera, in presenza delli qui sotto annotati testimoni, in niuna di esse si ritrovò cosa alcuna, essendo un tal palazzo inabitabile e quasi diruto » 171 .

Anche lo stato in cui versava il prezioso archivio del castello conferma il totale stato di abbandono che caratterizzò la vita del complesso durante gli ultimi anni del secolo.

«Il detto magnifico don Francesco Barletta ( ... ) mi fe sapere non tener lui scritture di sorte alcuna attinentino a detto feudo, ma queste ( ... ) si uovano rinserrate nell'archivio sito nel palazzo baronale di questa predetta =erra la di cui chiave sta presso l'illustre Principessa della Valle, motivo per cui un tal archivio gran tempo è che si ritrova serrato senza che l'illustre

liO Cfr. A.N.P.S., Atti di possesso della tenuta di Gioiosa dati in esecuzione di =rr:n:isioni del Sacro Consiglio all'illustre duca di Soreto don Michele Caraccio/o.

171 Cfr. infra, appendice, doc. 27, 4 maggio 1774.

90 VINCENZO NAYMO

Marchese d'Arena don Tristano Caracciolo ci avesse avuto mai dominio al-cuno su detto archivio ... » 172 .

Tuttavia, almeno fino all'anno 1769, il castello aveva svolto la sua funzione originaria. A quel tempo, infatti, risale un episodio rac-contato dai fratelli Domenico e Nicodemo Argirò di Tommaso, che nel giugno di quell'anno si trovavano reclusi nel carcere civile. Si tratta di una vera e propria visita turistica, compiuta da numerosi notabili dei paesi limitrofi, accompagnati da alcuni cittadini gioiosani. I documenti, editi in appendice e di cui si riporta un brano sono assai ricchi di particolari includendo persino il nome del castellano del tempo e della sua consorte. Ecco le parole di Nicodemo Argirò:

« ... nei prinzipi del mese di giugno del poco anzi caduto anno 1769, giusta il suo ricordo, trovandosi carcerato nel civile del castello di detta terra ad istanza del magnifico erario della medesima don Pier Francesco Paparo, vidde nel medesimo entrare con Arcangela Placanica, legitima mo-glie d'Ilario Pisciuneri Lucciaro, castellano del medesimo, il Signor don Giu-seppe Paparo, in quel tempo vice marchese di questa sudetta terra, don Vincenzo Floccari di Mammola, don Francesco Museo di Castelvetere, l'aro-matario Cappelleri di Roccella e li chierici benefiziati don Gaetano Hyerace, don Ferdinando Amaturi ed il quondam don Ferdinando Passarelli, don Francesco Antonio Oppidisano e don Nicola Migliore di questa sudetta terra, li quali, passati per quel cortile, salirono nell'abitazione superiore. Poco dopo di detta entrata la predetta Arcangela serrò a chiave il portone di detto castello e si portò nella propria casa dove trattenutasi un pezzo, ri-tornò ed aprì detto castello. Quindi, divertitisi per tutto quel tempo in detta abitazione superiore li sudetti di Paparo, Floccari, Museo, Cappelleri, Hye-race, Amaturi, Passarelli, Oppidisano e Migliore, scesi nel detto cortile se ne andarono via pacificamente e quietamente come accadde nell'entrare. Spinto, non men suo fratello Domenico Argirò altro carcerato che lui, dalla curiosità di detta venuta in esso castello dei sudetti Paparo, Floccari, Museo, Cappelleri, Hyerace, Amaturi, Passarelli, Oppidisano e Migliore, ne do-mandò la causa di tal novità ad essa Arcangela e la predetta gli rispose che, desiderosi li sudetti forestieri Paparo, Floccari, Museo e Cappelleri di vedere il detto castello, la richiesero con garbatezza di aprirglielo e li predetti di Hyerace, Amaturi, Passarelli, Oppidisano e Migliore come comuni amici

' • 173 s associarono ... » .

172 Ibidem, doc. 28, 4 maggio 1774. 173 Ibidem, doc. 26, 4 febbraio 1770.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 91

Documenti come questi consentono concretamente di cogliere attimi della vita quotidiana che si svolgeva al castello, generalmente destinati a non lasciare alcun ricordo ai posteri. Da rilevare, anche, la cura che la castellana prestava ogni giorno ai carcerati che si riscontra in modo più evidente nella testimonianza dell'altro fratello Argirò 174 •

L'anno 1770 fu caratterizzato da un caso giudiziario che creò un enorme scalpore nel paese. Dinanzi al palazzo Aiossa fu ucciso don Ferdinando Amaduri, cittadino assai stimato ma inviso alla famiglia Aiossa. Le testimonianze dell'accaduto rilasciate al notaio Antonio Macrl da Provvidenza e Cecilia Tarzia, zia e nipote addette ai servizi in quel casato, forniscono un ritratto dai contorni assai precisi della vicenda, non senza qualche sorpresa sul ruolo e le responsabilità delle donne nella società del tempo. Trattandosi di un documento di una certa rilevanza viene riportato di seguito quasi integralmente:

« ... personalmente costitute Previdenza e Cecilia Tarzia a di detta terra, le quali, non indotte da forza o timore alcuno ma di loro libera e spontanea volontà, con giuramento testificano e fanno publicarnente mani-festo sapere in causa scientiae etc., cioè la detta Previdenza come nella do-menica di carnovale del corrente anno, verso al tardi, ritrovandosi all'im­piedi nella porta della sua casa sita in detta terra nella contrada volgata la Palmara, vidde fuggire tutti affannati per la strada detta de' Signori Totini, ch'è di rimpetto a detta sua casa, al Signor don Domenico Antonio Ayossa e Pasquale Lecci di lui nepote naturale, animandosi l'un coll'altro alla fuga come l'intese parlare frapponendosi picciola distanza tra la detta sua casa e la predetta strada; e che, spinta dalla curiosità di saper la causa di detta fuga come altresì pe·rché nel piano di Santo Nicola, sito avanti la casa di detto Signor Ayossa, intese uno gran tumulto e scoppettate, serrata la porta di detta sua casa, si conferl nel detto piano, dove vidde ucciso e disteso a terra don Ferdinando Amaduri della medesima terra, con un colpo di schioppo scaricatoli da don Giovanni Tomaso Hyerace del quondam don Giovanni Sabbato dell'istessa, come pubblicamente colà discorrevasi. Dippiù sapere come afflitta per detto spettacolo ritirandosi nella detta sua casa, nel pas-saggio che fece per innanzi al portone di detta casa di esso Signor Ayossa, vidde uscire da quello la detta Cecilia sua nepote, la quale in veder pian-gente la detta Previdenza sua zia dissele: " Zia, già si levarono l'impegno!" Le replicò la suddetta Previdenza: "Come e chi si levò l'impegno?,. "Sappi che le Signore donna Gonigonda e donna Caterina Ayossa mi dissero, ed era pure presente Elisabetta lemma di Nicola sopra la di loro casa da dove

174 lbidem, doc. 25, 4 febbraio 1770.

92 VINCENZO NAYMO

adesso scendo, - ci levammo l'impegno colla morte di don Ferdinando! -". Per la qual narrativa si portò più di prima afflitta e turbata in detta sua casa abominando la persecuzione suddetta. In oltre sapere come sera di lunedl di carnovale dell'istesso anno corrente, verso le due della notte, in aver odo-rato che detta donna Rosa Hyerace e la suddetta donna Gonigonda e donna Caterina, moglie e sorelle respettive di detto Signor Ayossa, mandarono nel casale di San Giovanni la predetta Cecilia sua nepote, donna nubile, si portò in casa di dette Signore lagnandosi di aver fatto male di mandar in detto casale la già detta Cecilia sua nepote per corriero; e dalle medesime aversi risposto concordemente: " Che hai? Che hai, Provvidenza? La mandammo con confidenza e come buona vicina per avvisare a don Domenico Antonio di fuggirsene di colà per non ess·er arrestato, giacché li vanno in traccia, s'eri tu non andavi? L'avevi a gusto carcerarsi? " . " Si uccise un innocente! " . Si oppose la detta Signora Gonigonda e disse con furia: "Non dir cose Previ-denza, don Ferdinando era una mala lingua e vero compagno di don Gae-tano, io voleva morti tutti tre! Mi dispiace che Pasquale non tagliò il collo al predetto don Gaetano! ". E finalmente sapere come giovedl Santo di detto anno corrente stando sola nella sua casa vide entrare nella medesima il pre-nomato Signor Ayosa e dissele: "Providenza, tu mi puoi salvare. Ti regalo una mezzarola di grano d'india ed ogn'altro che vuoi, fa di non deponere tu né la tua nepote Cecilia lo che sapete contro me e la mia casa sopra l'infor-mazione si sta accapando per l'omicidio di don Ferdinando, che ti prometto ed assecuro di dotarla " . Al che rispose la detta Providenza: " Se mi dastivo una mezzalora di once nemmeno vi servirei, non volendo andar nell'inferno, né portar meco mia nepote! " . Con che, vedutala cosl ostinata, si licenziò e nell'uscire di quella porta le disse: " Fa tu per me, in altro caso mi rovinate ed ho sei figli " . Ed essa suddetta Cecilia sapere come giovedì grasso o sia mazzillo, ritrovandosi nella detta casa di esso Signor Ayosa, dove per la vicinanza e corrispondenza conversava spesso, ed allora pure suo padre Ni-cola, intese parlare con dente amaro la suddetta donna Gonigonda contro li Signori don Vincenzo Mazza di Catanzaro, in quel tempo in questa suddetta terra, e di don Francesco Barletta suo concittadino; e che, gionto il suddetto Pasquale Lecci, disse a detta donna Gonigonda sua zia: " Non vi servono tante parole, ben presto facciamo scopettate! " . E la detta donna Gonigonda ripigliò dicendo: "Fa tu Pasquale che sei figlio di famiglia e non hanno che farti! " Come altresl sapere come nel detto giorno di domenica di carnovale del medesimo anno corrente, da dentro la sua abitazione, poco distante dal detto piano di Santo Nicola, avendo ivi inteso un gran tumulto, si portò per vedere l'occorso e nel suo arrivo v id de al detto don Domenico Antonio tenere per il braccio il mentovato don Ferdinando ed al suddetto Pasquale Lecci inseguire correndo a tutta furia il detto don Gaetano Hyerace con una coltella svainata e scaricarli un colpo. Qual seguito continuato fino la porta della bottega di mastro Francesco Poltrone se ne ritornò in detto piano di

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 93

San Nicola portando in mano la suddetta coltella svainata. Quindi avvedu-tosi detto don Gaetano dell'inseguimento cessato, ritornò nel detto piano di Santo Nicola e scaricò un colpo di pistola che portava in mano senza offesa di alcuno e scappò via. Intimorita da tali successi fuggì per asilo nella detta casa di esso Signor Ayosa, dubitando di altri attaccamenti; e nell'entrar della porta della sala, guardando nella strada della Trinità che conduce in San Rocco vidde scendere a tutta corsa il detto don Giovanni Tomaso Hye-race collo schioppo alla mano in atto di sparare, fando: "Largo, largo! " armato di tracolla che non distinse s'era zaino o sorfatara. Di qual fatto impauritasi volò dentro ed in brevissimo tempo intese uno colpo di schioppo ed uno gridare: "Confessione, confessione!". Mossa intanto dalla curiosità di sapere l'offensore e l'offeso si affacciò dal piano della loggia situata avanti la porta di detta sala e vidde disteso a terra il predetto don Ferdinando per il colpo di detto schioppo scaricatoli da detto don Giovanni Tomaso come universalmente discorreva la gente ivi presente. Ciò veduto ed inteso, rientrò in detta casa ed associatasi colla predetta donna Gonigonda e donna Caterina e colla suddetta Elisabetta Iemma di Nicola, incese la medesima donna Gonigonda e donna Caterina dire uniformi: "Or sl ci levammo l'im-pegno! ". Per la quale animosità restò di stucco. Essendo tutto ciò di verità in causa scientiae come sopra, per iscrupolo di loro coscienza ed a cautela di chi spetta, hanno fatto il presente pubblico atto di cui promettono la ratti-fica sotto l'obbligo etc. 1n ».

Questo accadeva ai piedi del castello nell'anno 1770. Ma accanto alle rare vicende di cronaca nera, si svolgeva la vita tranquilla della stragrande maggioranza della popolazione. Gente onesta di tutte le classi sociali, dedita alle più svariate attività produttive ma governata da un sistema che oramai cominciava a dare segni di cedimento e sulla cui sopravvivenza sarebbe stato difficile scommettere.

Il terribile terremoto che nel febbraio dell'anno 1783 sconvolse gran parte della Calabria Ulteriore a Gioiosa provocò meno vittime e danni di quanti si registrarono nei centri limitrofi. I morti furono soltanto sette e le abitazioni distrutte assai poche. Tuttavia, gran parte della popolazione fu costretta, come accadde negli altri centri, a vivere in baracche di legno opportunamente edificate ai margini del-l'abitato, soprattutto nella zona della Pirara e di Cafia. Vi fu fra i gioiosani, chi, cosciente del fatto che Gioiosa fosse stata sostanzial-mente risparmiata dal sisma, introdusse l'usanza ogni anno, il 5 feb-

m Cfr. A.S.L., fondo nocarile, not. Antonio Macrì, b. 168, vol. 1792, ff. lllv-113r, 11 luglio 1770.

94 VINCENZO NAYMO

braio di pagare a proprie spese l'effettuazione di uno isparo di mor-taretti affinché gli abitanti, rammentando lo scampato pericolo, rin-graziassero Dio. Fu il caso della nobildonna Maria Beatrice Barletta (1779-1859), moglie del nobile Domenico Pellicano Spina, la quale nel suo testamento dispose che i propri eredi continuassero questa tradizione J76.

La creazione di due nuove parrocchie fuori le mura (San Nicola e San Rocco) erette a scapito del territorio delle due già esistenti (Matrice e Santa Caterina) 177 - provvedimento resosi necessario per l'aumento della popolazione e l'espansione dell'abitato - e il venir meno delle necessità di difesa contribuirono in misura considerevole a spostare verso il basso il baricentro del paese, profilando quella crisi che l'abitato sulla rupe avrebbe conosciuto negli anni a venire.

Nel 1790 con la morte di Tristano Caracciolo la tenuta della terra di Gioiosa passò al figlio di questi Pasquale (t 1849), anche se ufficialmente la feudataria di Gioiosa fino al1802, rimase la duchessa di Girifalco, Margherita Caracciolo. Fu proprio Pasquale Caracciolo ad essere colpito nel 1806 178 dalle leggi eversive che segnarono il definitivo tramonto del regime feudale e con esso il venir meno di tutte le funzioni amministrative da parte del castello. Da allora in poi i ruderi della fortificazione e il palazzo 179 annesso rimasero semplici proprietà private di casa Caracciolo, cosl come gran parte dei beni agricoli detenuti nel territorio di Gioiosa dalla potente famiglia napo-letana.

Nell'anno 1871, infine, con atto del 14 aprile 180 e con uno suc-cessivo del 30 ottobre, il castello e le terre feudali della famiglia Ca-racciolo furono alienati a favore del nobile Pierdomenico Pellicano Barletta.

Oggi il castello di Gioiosa è detenuto e abitato dal N .H. mar-chese Corrado Maria Pellicano Barletta (n. 1923), nobile di Reggio Calabria e cavaliere del S. M. Ordine di San Giovanni di Gerusa-lemme o di Malta.

176 Cfr. A.N.P.S. , fondo Barletta, testamento di Maria Beatrice Barletta. 177 C fr. F. VoN LoBSTEIN, Bollari ... , p. 374. 178 Proprio nel palazzo del castello dovette morire nel 1842 Tristano Caracciolo,

figlio primogenito di Pasquale. Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei /eudi ... ,vol. l , A-Car, successione feudale di Arena, p . 150.

179 lbidem. 180 L 'atto è stato registrato a Gioiosa il 4 maggio 1871 al n. 28491.

APPENDICE

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE

SUCCESSIONE FEUDALE DI MOTTA GIOIOSA

1363 - 1390 Antonio Caracciolo, Conte di Gerace, Signore di Grotteria, figlio di Enrico.

1390 - 1432 Giovanni Caracciolo, Conte di Gerace, Signore di Grotteria, figlio di Antonio.

1432 - 1443 Battista Caracciolo, Conte di Gerace, Signore di Grotteria, fratello di Giovanni.

1443 - 1457 Tommaso Caracciolo,

97

Conte e Marchese di Gerace, Signore di Grotteria, figlio di Bat-tista, spodestato manu militari nel 1455.

1458 - 1501 Marino Correale da Sorrento, Conte di Terranova, Signore di Grotteria.

1501 - 1526 Vincenzo Carafa, Barone di Castelvetere, Roccella, Conte di Grotteria, figlio di Jacopo.

1526 - 1552 Giovanni Battista Carafa, Marchese di Castelvetere e Roccella, Conte di Grotteria, figlio di Vincenzo.

1552 - 1555 Girolamo Carafa, Marchese di Castelvetere e Roccella, Conte di Grotteria, figlio di Giovanni Battista.

1555 - 1559 Giovanni Vincenzo Crispano, patrizio napoletano, Signore di Motta Gioiosa per assegnazione del S.R.C. Non prese intestazione.

1559 - 1559 Marco Antonio Loffredo, patrizio napoletano, Conte di Grotte-ria, Signore di Motta Gioiosa da giugno ad ottobre 1559. Non prese intestazione.

1559 - 1562 Gennaro Caracciolo, patrizio napoletano, Signore di Motta Gioiosa acquistata per 12.000 ducati.

1562 - 1602 Michele Caracciolo, Signore e poi I Marchese (dal 1594) di Motta Gioiosa, figlio di Gennaro

98 VINCENZO NAYMO

1602 - 1642 Francesco Caracciolo, II Marchese eli Gioiosa, figlio di Michele.

1642 · 1696 Francesco Maria Caracdolo, III Marchese di Gioiosa, figlio di Nicola Maria di Giovanni Battista fratello dd Marchese Francesco, e di Giulia Caracdolo figlia premorta di quest'ultimo.

1696 - 1736 Nicola Maria Caracciolo, IV Marchese di Gioiosa e III Duca di Girifalco, figlio di Francesco Maria.

1736 - 1766 Gennaro Caracciolo, V Marchese eli Gioiosa, IV Duca eli Girifalco, figlio eli Francesco Antonio, figlio premorto del Marchese Nicola Maria.

1766 - 1806 Margherita Caracciolo (t 1802), VI Marchese di Gioiosa, V Duca di Girifalco, sorella di Gennaro. Ultima intestataria. *

* Dal 1772 per un'antica convenzione fra le case di Gioiosa e di Arena, che pre-vedeva la sostituzione reciproca in caso di mancanza di maschi, Gioiosa fu concessa in tenuta al duca di Soreto Tristano Caracciolo e ai suoi successori.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE

Elenco degli ufficiali del casteUo attestati daUe. fonti

Capitani - Lu·ogotenenti - Vice Marchesi

1458- 1460 1460 - 1508 1509 - 1521 1521 - 1526 1548 1548 1565 1566 1567 1675 - 1686 1707 1710 17.3.3 - 1744 1769

Erari

1557 1569 1675- 1686 1707 - 1720 1721 - 1725 1726- 1734 1735- 1738 1738- 1740 1741- 1744 1745- 1765 1769

Castellani

1458 - 1460 1460 - 1508 1675 1710- 1720 1720- 1733 1769

Alberico Deodino Antonio Linares Pietro De Leone Russo Marino Macrl U.I.D. Giovanni Battista Caldarone (capitano) Francesco Deodino (luogotenente) Giovanni Francesco Fanosa Carlo Zobadore Giovanni Battista De Mico Antonio Passarelli Domenico Pittelli U.I.D. Giovanni Pietro Messina U.I.D. Paolo Micelotti U.I.D. da Bivongi Giuseppe Paparo

Battista Cavaleri Giovanni Magnoli Antonio Passarelli Ottavio Oppedisano U.I.D. Nicola Deodino Giovanni Tommaso Hyeraci Giovanni Giacomo Lombardo Francesco Antonio Fazzari da Casalnuovo Nicola Deodino Domenico Barletta U.I.D. Pier Francesco Paparo

Alberico Deodino Antonio Linares Francesco Zarzaca Gaspare Vetrano Giovanni Battista Agostino Ilario Pisciuneri "Lucciaro"

99

ALBERO GENEALOGICO DELLA FAMIGLIA CARACCIOLO ROSSI

ENRICO CARACCIOLO conte di Gerace nel IH8 spodestato il 2"<4/13~9

Sinfrcdina Del Tufo

l Giovanni Antonio

Barone di S. Giorsio nel 135 l Maria Brandelmonti

Marino

Ludovico testa 1451 Cara dc Hycraci

Giovanni Butisu Riccardo Lucrezia Giorsio conte di Ge race Giovanna Ruffo Cav. di Malu Guslielmo Ruffo Poliuena Foscolo

Covcl ... la- R- uf_f_o __ ___,

1

~ conte di Sinopoli M di Guglielmo l

l l Polidoro Troylo Riccardo Tommaso Maria Cucrint Emilia Arena Susanna Capofcrro conf. 11"/1428 much. di Gerace Frane. Caucciolo Ludovico

luliana Gaetani conte Ji Terranova Signore di Pisciotu Caracciolo Mugherita di Viterbo conte di Nicast ro

Ludovico Antonia Ruffo

Antonello Francesco lppolita Coppola

l G.Fronccsco Aogel• Scaglione

Pietro Giacomo !t posi 1'41)

Isabella dc Cataca vivono in Gioiosa

l

l Simonc (n. l"})

vive in Gioiosa Cornelia ..... .

l G.Domenico Ouavia

( n. l,}})

l Giulio Cesare M;L .. ,d.

(n.l5~0) (t ante 1622) Maria del Duce

Caracciola (+ .,,)

l G.Bauiua

Antonia F.Antonio Mazza

Isabella Tommu o Deodioo

Laura ....... dc Adamo

DOCUMENTI

l

1270, marzo 26, indizione XIII, Capua.

Ordine diretto al Secreto di Calabria con il quale si comanda di non molestare Malgerio Ba/dari nel possesso pacifico del suo feudo di Argugia.

Estratto da: D. ZANGARI, Per la storia di Gerace (documenti inediti), Napoli 1921, doc. 2, p. 51.

Scriptum est eidem Secreto. Ex parte Malgerii Ba/dari de Giracio fidelis nostri fuit expositum, coram nobis, quod cum ipse quoddam feodum quod dicitur de Argugna, situm in tenimento Giracii ad eum pertinens pieno iure, iuste tenuerit et possederit ante adventum nostrum in Regnum usque nunc, illudque teneat et pos­sideat pacifice et quiete de quo certum servicium Curie nostre facit tu ipsum super possessionem dicti feodi molestas indebite et multipliciter inquietas ignare etc. quatenus committimus et mandamus si ita est et alia rationabilis causa non subest ipsum Malgerium super possessione dicti feodi nec tu molestes nec facias molestari. Datum Capue, XXVI Marcii, XIII Indictionis.

2

1316, febbraio, indizione XN, Napoli (?).

Re Roberto concede il feudo di Ragusia e akuni beni burgensatici siti nelle terre di Gerace e Grotteria a Giovanni de Laya e Blasco Ximenes de Luna, già devoluti alla Regia Corte dopo la morte senza eredi legittimi di Sicardo de Noviglono, precedente feudatario. Costui era succeduto a Pietro de Ocris e a Jean Taforet, che avevano posseduto il feudo in epoca precedente.

Estratto da: D. Zangari, Per la storia di Gerace (documenti inediti), Napoli 1921, doc. 32, pp. 96-99.

102 VINCENZO NAYMO

Robertus etc. Universis presens privilegium inspecturis tam presentibus quam futuris. Exaltat potentiam principis munifica remuneratio subiectorum quia reci­pientium fides crescit ex premio et a/ii ad obsequendum devotis animantur exem­plo. Sane per obitum Sicardi de Noviglono militis nutlis ei superstitibus ex suo corpore legitimis descendentibus liberis tenentis a Curia nostra donec vixit feudum quod dicitur de Ragusia quod quondam Petri de Oc.tis et ]ohannis de Tofaria militi.s antea /uerat, et omnia bona burgensatica sita in terris Giratii et Agroctarie et tenimentis earum de provincia Calabria que ipsius quondam Petri prius extite­rant ipsis feudo et bonis ad manus predicte nostre curie, per excadentiam rationa­biliter devolutis attendentes diuturna grata plurimum et accepta servitia que Iohan­nes de Laya, Curiam nostram Vicarie Regni Sicilie Regens Magister hostiarius et Consiliarius, et Blascus Cimini de Luna milites Cambellani familiares et fide/es nostri dilecti Maiestati nostre prestiterunt hactenus, ad presens prestant et prestare poterunt in /uturum predicta /eudum et bona cum hominibus et vassatlis, redditi­bus, serviciis, casalibus, fortelliciis, domibus, possessionibus, vineis, terris cultis et incultis, planis, montibus, pratis, nemoribus, pascuis, molendinis, aquis aquaru­mque decursibus, tenimentis, territoriis aliisque iuribus, iurisdictionibus, rationibus et pel'tinentiis suis omnibus que videlicet de demanio in demanium et que de servicio in servicium pro redditu annuo unciarum auri quadraginta ponderis gene­ralis eisdem ]ohanni et Blasco et eorum heredibus utriusque sexus, ex ipsorum corporibus legitime descendentibus natis et in antea nascituris communiter et pro indiviso in perpetuum damus, donamus, tradimus et ex causa donationis proprii motus instinctu de novo concedimus in feudum nobile de liberalitate mera certa scientia et gratia speciali. Quamvis enim /eudum et bona huiusmodi per inquisi­tionem exinde de mandato diete curie nostre /acta, annuas uncias triginta ve! circiter fuerint valere comperta, il/a tamen ex certis causis rationabilibus et motivis in valorem annuum pretattarum unciarum quadraginta duximus pretaxanda iuxta usum et consuetudinem Regni nostri Sicilie ac generalis et humane paterne sanc­tionis edictum de /eudorum successionibus in favorem Comitum et Baronum om­nium dicti Regni nostri Sicilie, a tempore /elicis adventus clare memorie Regis Incliti domini Avi nostri in ipsum Comitatus, Baronias et feuda ibi ex perpetua col/actione tenencium factum dudum per bone memorie dictum dominum patrem nostrum et in parlamento celebrato Neapoli divulgatum. Ita tamen quod dicti ]ohannes et Blascus et heredes eorum pro dictis feudo et bonis nostrisque in dieta Regno heredibus et successoribus servire teneantur immediate et in capite de ser­vicio duorum militum ad rationem de unciis auri viginti valoris annui pro quolibet integro servicio militari secundum quod est de usu et consuetudine dicti Regni, quod servicio dicti ]ohannes et B/ascus in nostri presencia constituti bona et gra­tuita voluntate pro se et dictis eorum heredibus nobis nostrisque in dieta Regno heredibus et successoribus obtulerunt facere et etiam promiserunt. Ita tamen quod si qui sunt quibus predictis dominis avus ve/ pater noster aut nos aliqua bona, possesiones et iura in dictis feudo et bonis ve/ infra ipsorum tenimenta concessimus ipsa in capite teneant prout eas concessas /ore noscuntur nec eciam respondeatur

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 103

eisdem ]ohanni et Bklsco et eorum heredibus per Barones et feudotarios si qui sunt in feudo et bonis predictis nisi de hiis tantum que intus ipsum /orte tenent aliqui eorumdem quorum si qui sunt qui servire in capite nostre Curie teneantur in nostro demanio et dominio reserventur. Retentis etiam Curie nostre salinis et iu­ribus marinarie et lignaminum si qua sunt aut debentur in feudo et bonis prefatis que omnia tamquam eiusdem Regno demanio ex antiquo pertinencia in eodem demanio volumus retineri animalia insuper et equitature araciarum, marescalklrum et massariarum nostrarum, pascua et aquam libere sumere valeant in territorio et pertinentiis dictorum feudi et bonorum. Et si forte ipsorum feuda et bonorum tenimenta seu pertinentie protenderentur usque ad mare reserventur nobis et dictis nostris heredibus et successoribus possessio dominium, ius et proprietas totius litoris maritime et pertinentiarum ipsarum in quantum a mari in/ra terram per iactum baliste diete pertinencie protenduntur quam maritimam per homines nostri demanii volumus custodiri. Investientes dictos Johannem et Bklscum premisso modo per nostrum anulum de feudo et bonis ipsis. Ita quod tam ipsi quam dicti eorum heredes feudum et bona ipsa a nobis nostrisque in dicto Regno heredibus et suc­cessoribus perpetuo in capite teneant et possideant nullumque alium preter nos heredes et successores nostros predictos superiorem ac dominum exinde recogno­scant pro quibus quidem, feudo et bonis a dictis Johanne et Bklsco ligium homa­gium et fidelitatis debite recipimus iuramentum retentis eciam nobis et dictis nostris heredibus et successoribus iuramentis fidelitatis prekltorum Baronum et feudatario­rum si qui sunt ibidem ac universorum hominum dictorum feudi et bonorum que nobis et dictis nostri heredibus et successoribus precise contra omnem hominem prestabuntur quibus prestitis idem Johannes et Bklscus aut heredes eorum assecu­rabuntur ab ipsis prekltis Baronibus feudotariis et hominibus iuxta usum et con­suetudinem dicti Regni salvis semper nobis et ipsis nostris heredibus et successori­bus iuramentis et fidelitatibus supradictis retentis eciam Curie nostre in feudo et bonis ipsis causis criminalibus pro quibus corporalis pena mortis vide/icet ve! am­missionis membrorum aut exilii debebit in/erri collectis quoque dictorum feudi et bonorum hominibus imponendis per nostram Curiam que utique integra/iter et libere per ipsam Curiam exigentur moneta eciam generali que pro tempore de mandato Curie nostre cudetur in Regno predicto quam et non aliam universi de eisdem feudo et bonis recipient et expendent defensis insuper que a quibuscumque personis sub invocatione nostri nominis hominibus dictorum feudi et bonorum imposite fuerint et contempte quarum cognitio et castigatio ad soklm nostram Curiam pertinebit colkltionibus preterea feudorum quaternatorum sive gentilium vacantium pro tempore ibidem sive propter commissum per Barones et feudotarios dictorum feudi et bonorum crimen hereseos aut lese maiestatis sive pro eo quod absque legitimus heredibus Barones et feudotarii ipsi decesserint que utique feuda per nos aut nostros in dicto Regno heredes et successores cuicumque voluerimus conferentur. Ita tamen quod dicti Johannes et Bklscus et eorum heredes habeant in feudi ipsis assignationem possessionis eorum ad mandatum nostrum per ipsos his quibus concessa fuerint faciendam habeantque relevium servicium et iura que ab

104 VINCENZO NA YMO

iilis qui antea feuda memorata tenuerant debebantur nisi forsitan dicti ...... (re/i­qua desiderantur).

1459, febbraio 24, indizione VII, Terranova.

Il milite Marino Correa/e, conte di Terranova, barone di Grotteria e signore della Motta Gioiosa, concede al nobiluomo aragonese Antonio Linares, l4 castell4nia e capitania del castello e della terra di Motta Gioiosa.

Estratto da: M. PELLICANO CASTAGNA, Scritti storico nobiliari, in corso di pub-blicazione.

Marinus Curialis Mi/es comes Terrae Novae, et dominus Baroniarum Santi Giorgii et Groctariae ac Regius Consiliarius et Gubemator civitatis ]eracii, Roc­cell4e Santi Victorii et Rosami. Universiis et singulis praesentium seriem inspectu­ris tam praesentibus quam futuris. Inter coeteras principis curae illa debet esse precipua, ut pacis et quietis tempore sic solium firmet et muniet quod bellorum procellarumque turbinibus minime labi possit et res suas, quas cariores habet illis praesertim committat, quos noverit experimento optimam impositorum onerum sibi reddere rationem. Vacantibus itaque castellania et capitania Terrae nostrae ]oiosae de Provincia Calabriae ob resignationem de eis in manibus et posse nostris factam per nobilem et egregium virum vassallum fidelem nobis carissimum Albericum de Odino de Terra nostra Agrocteriae, cui custodiam dicti castri et capitaniam seu gubemationem commendaveramus; et dum in acie nostrae mentis revoluimus cui potissimum nostrorum fidelium hanc castri custodiam et capitaniam praefatam dicti castri et Terrae tute et fide/iter assignare et commendare ut possimus, occurristis vos egregius et strenuus vir dilectus familiaris maiordomus noster Antonius Linares de Aragonia, de cuius fide et animi sinceritate et magnanimitate ab experto piene confidimus; nec non propter vestras ingentes et praeclaras virtutes satis diligimus et correspodimus. Ea propter tenore praesentium de certa nostra scientia motuque proprio vobis eidem Antonio Linares capitaniam et castellaniam dicti castri et terrae Joiosae guardiae cum cognitione causarum civilium et criminalium, ac omni modo iurisdictione alta et bassa, mero mistoque imperio et gladii potestate, ac cum omnibus et singu/is proventibus, iuribus et compositionibus de eodem capitanie faciendis olficio, ac praeheminentiis, lucris, sobventionibus et oneribus eisdem ca­pitaniae et castellaniae spectantibus ac spectare et pertinere debentibus, quovis modo damus, concedimus et fiducia/iter commendamus, ita quod de coetero et quamdiu vitam duxeritis in humanis et eisque benegesseritis vos et nemo alius sitis

IL CASTELLO DI GlOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 105

et valeatis capitaneus dictae terrae Joiosae, sive Mottae Joiosae, ac etiam castella­nus castri eiusdem, recepto prius a vobis in manibus et posse nostris haeredumque et successorum nostrorum de ipsarum castellaniae et capitaniae gubernatione, regi­mine et commendatione solito fidelitatis, ad quatuor Sancta Dei Evangelia iura­mento et homagio ore et manibus commendatis. Quo circa vos harum serie requirimus et hortamur, quatenus adveniente mense septembris anni futuri octavae inditionis vos ad dictam terram et castrum Joiosae guardia con/erre habeatis et possessionem officiorum praedictorum capere et acci­pere valeatis manu propria, sine aliqua requisitione et licentia quorumcumque nostrorum o/ficialium, sed so!um presentis nostris privilegis et cessionis authoritate et vigore captamque et receptam ad honorem et fidelitatem regiam eiusque statum prosperum et tranquitlum et nostrorum haeredumque et successorum nostrorum retinere obstaculo et contradictione aliquibus quomodolibet non ostantibus. Mandante harumdem tenore praesentium omnibus et singulis officialibus nostris videlicet camerlingo, sindicis, electis, baiulis, servientibus et aliis quibuscumque tam maioribus quam minoribus quocumque o/ficio et iurisdictione fungentibus in dieta terra etiam et baronia predicta constitutis et constituendis praesentibus et successive futuris, ttec non coeteris vassa!tis et habitatoribus universitati et homi­nibus dictae terrae sociisque existentibus et existendis in dicto castro dictum eu­mdem Antonium Linares pro capitaneo et castellano in dieta terra et castro per nos ordinato et deputato habeant, teneant, reputent, honorificent atque tractent. Ser­vientes tandem et a/ii supradicti castri in omnibus et singulis honorem, statum et fide!itatem regiam et nostrum solium concernentibus pareant, obediant, assistant et intendant omnibus auxiliis, consiliis, praesidiis et favoribus opportunis. Et quia vos idem Antonius circa nostrum latus commoramini et non potestis ad dieta officia commode et persona/iter vos vacare volumus et praesentium vigore declaramus, quod in o/ficiis eisdem eligere valeatis aliquos probos et fide/es viros seu probum et fidelem virum de iis bene instructos seu instructum loco vestri, de quorum culpis et defectibus per eos forte incurrendi vos nobis et nostrae curiae principaliter teneatis. Nos autem poenas et banna quas et quae rite et eque fuerint proponendo rata seu ratas gerimus ad firmas et firma per nos et haeredes et successores nostros inremisibiliter esigi volumus pro ut iustum fuerit a trasgressoribus eorumdem. Et si ergo in ipsarum capitaniae et castellaniae o/ficii gubernatione et regimine bene et fide/iter vos gesseritis, quos possitis coram nostro conspectu merito commendari. In cuius rei testimonium praesens privilegium exinde fieri mandavimus magno nostro pendente sigillo qua in ta!ibus utimur munitum et subscriptione nostrae propriae manus subscriptum. Datum in castro nostro Terrae Novae die XXIV mensis fe­bruarii, septimae inditionis, anno a nativitate Domini MCCCCLXIX. Conte de Terranova; Antonellus Nassu de mandato domini comitis.

106 VINCENZO NAYMO

4

1497, aprile 11, indizione V, Grotteria.

Testimonianza di ]acopo Ventrice alias Cuczuni da Motta Gioiosa a favore del nobile Agazio Striveri, nella quale menziona la propria prigionia nel castello di Gioiosa.

Estratto da: V. NAYMO, Agazio Striveri capitano « aragonisi" di Grotteria durante l'occupazione francese della contea di Terranova nel Regno di Napoli (1495-1496) in un lungo atto notarile del1497, «Incontri meridionali» nn. 2/3 (1993), pp. 249-305.

]acobus Ventrice, testis iuratus et interrogatus, super primo dixit tamen scire che, in tempo che la Agropteria era de' Francisi, stando ipso testi in la Mocta Ioyusa, multi volti parlava cum dicto misser Agacio, lo quali misser Agacio sempri lo confortao dicendoli: «Dacte bona voglia, che quisti Francisi non potranno regnari, che non passerà poco tempo che casa de Aragona haverà la victoria et recupererà lo riame!". Et quisto parlare sempri li lo facìa quandunca se trovavano insemi, tanto in la Agropteria, quanto in la Mocta et in altri lochi, et tanto in principio che vinnero li Francisi, quanto perfini ad quello tempo che sinde andaro; et sempri cognossecti al dicto misser Agacio aragonisi de cori, in modo che, quanti cognossìa esseri aragonisi, tucti li favorìa et parlava beni per ipsi. Et accadendo esseri stato posto presone ipso testi per Iohan Carpenteri per dui volti, una volta ad lo castello de la Mocta et una/tra in lo castelLo de la Agropteria per certa infor­macione che havea avuto contro ipso, cum dire che havea parlato certi paro/i contra li Francisi in favore de Aragonise, ipso misser Agacio multo lo favorécti et tanto pregao ad lo dicto Iohan Carpenteri che lo liberao che si non per ipso haveria recapitato mali. In causa sciencie quia interfuit, vidit et audivit ut supra, de loco et tempore ut supra.

5

1534, giugno 14, indizione VII, Grotteria.

Elenco dei diritti che Giovanni Battista Cara/a, marchese di Castelvetere, conte di Grotteria e signore della Motta Gioiosa, detiene ed esercita in Motta Gioiosa. Descrizione del castello e delle esazioni spettanti al medesimo.

Estratto da: V. NAYMO, Fonti per la Calabria Ulteriore fra Medioevo ed Età Moderna, in corso di pubblicazione.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 107

Die Xliii iunii 1534, in terra Agroptereae, in curia domini comissarii etc. Nobiles Berardinus Paganica et Palmerius Condarcudi, testes cum iuramento exa­minati per inquisitionem et informationem preditti domini commissarii, deposue­runt i!tustrem dominum marchionem Castriveteris habere in commitatu Agropte­reae infrascritta bona et iura demanialia videlicet ( .. .).

Item ipse illustris dominus habet et tenet in demanio in capite a Regia Curia terram .Motteyoyose ut verus dominus et patronus, filius et heres legitimus et naturalis quondam excellentis domini Vincentii Carrafe, a Regia Curia, sub solito et consueto servitio sive aduha so/venda Regiae Curiae quotiens il!as genera/iter indicet in regnio cum vaxal!is, va[x]a!!orum prediticus, cum mero mistoque imperio et g!adii potesta[te), cum banco iustitie et cum iuntione omnium causarum civi­[lium] et criminalium et primarum appe!!ationum, cum potestate c[rea)ndi bancum iustitie et constituendis et creandi capetane[um) et officiales ad primas et secundas causas, cum omnib[us} proventibus, penis et recolectis et aliis iuribus et iurisditio­nibus, cum potestate creandi capetaneum ad guer[ram] tempore necessitatis et ce­teros officia!es necessarios ad iusticiam pro exercitio iurisditionis civilis et crimi­[na!is) ut latius apparet ex suis privilegiis.

Item in ditta .Mocta habet castrum cum fossato circumdatum sup[ra] et muriis cum turribus et cum gistema, cum bumbardis et a[liis) munitionibus et armis, cum salis et cameris.

Item dictum castrum habet ius exigendi a quolibet carcerato cive pemoctante in ditta castro granos XII et a cive non pemoctante granos duos, a forensibus carceratis non pemoctantibus tarenos septem et medium a quolibet carcerato per­noctante.

Item dictum castrum habet ius esigendi a quolibet carico seu summa da soma credeorum vendendori in dieta terra unum vaso ad electionem castellani.

Item dictum castrum habet ius quod quisque occidens porcum silvestrem vel porcum domitum in campis, modo licito occisum, secundum consuetudinem diete terre, teneatur dare quartum ipsi castro predicto.

Item il!ustris dominus in dieta terra habet officium attuarie capitanis que vendit so/et singulis annis ducatis viginti; item habet attuariam bayulationìs.

Item i!tustris dominus habet ius quod so/et exercere facere officium baiula­tionis in dieta Mocta per spetiales baio!os respetto negotiorum iurium contingen­tium in dieta Mocta anno quolibet, !ice! non habeat territorium sed ipsa sit in territorio Agroptereae.

Item habet catapaniam que vendit so/et singulis annis ducatis septem cum suis iuribus. Catapanus ipse so/et exigere singulis annis a quo!ibet molendino quartos quinque grani et quod nemo possit vendere cum pondere et mensure sine accordio et !icentia ipsius catapani. Et in caso contrario incidit in penti singulis vicibus carlinorum quindecim.

108 VINCENZO NA YMO

6

1541, settembre 9, indi:done XIV, Motta Gioiosa.

Passo delliJ pliJtea dei beni del nobile Simone Caracciolo nel quale si accenna al paliJzzo di sua proprietà che successivamente sarebbe stato alienato al marchese di Castelvetere Giovanni Battista Cara/a ed annesso, in qualità di dimora feudale, ai ruderi del vicino castello.

Estratto d.l: V. NAYMO, La pliJtea di Ragusia in Motta Gioiosa (sec. XVI), in corso di pubblicazione.

Die nono settembris, XV inditionis, 1541, in Motta ]oyosa, et propie in supraditta domo magistri Alfonsi Puliti. Me supraditto notario et preditto commis· sario pro tribunali, presens decretum lectum, liJtum et decliJratum fuit, presentibus egregio Berardino Spatario de terra Agroptareae ad contrattus regia autoritate iu­dice, donno ]oanne Battista Fructioneri, donno Andrea Peregrino, diacono Augu­stino Alì, Francisco Gari<mo testibus ad hoc vocatis, specialiter et rogati, presente ditto magnifico Simone, liJud.lnte et requirente quod proced.ltur ad definitionem

· ditti inventarii et presens ad descriptionem bonorum qu.e detinentur in demanio et deinde, successive, omnium aliorum reddituum bonorum et iurium et attionum ut premittitur, eodem instanti, presentibus supradittis iudice et testibus et me notario ad preditta commissario, d.lto iuramento, Francisco Scali, Amaricho Pacichia, ]oanne Vuculo, Francisco Alì, donna Andrea Pellegrino, Angelo Curupi et Tho­masio Maurici de Motta preditta supra bonis que in demanio detinentur ad presens a ditto magnifico Simone preditti omnes, medio iuramento, decliJraverunt dittum magnificum dominum Simonem tenere et possidere infrascripta bona preditti feudi in demanio suo, limitata et confinata ut infra continer.ttur videlicet.

In Motta ]oyosa et eius pertinentiis videlicet: in primis domum unam paliJ­tiatam in ditta Motta ]oyosa cum saliJ et cameris et fumo, cum duabus scalis fabricatis ex duabus partibus in quibus ipse magnificus Simon habitat, iuxta fos­satum castri preditte terre, iuxta viam puplicam que ducit ad dittum castrum et iuxta domos magnifici Petri ]acobi Caraccioli ( .. .).

7

1557, novembre 17, indizione I, Motta Gioiosa.

Apprezzo di Motta Gioiosa da parte del regio commissario ]acopo Antonio Bar­baro, con liJ descrizione del territorio, delle entrate del feudo e del castello.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 109

Estratto da: V. NAYMO, Fonti per la Calabria Ulteriore fra Medioevo ed Età Moderna, in corso di pubblicazione.

Die XVII novembris 1557. Informatio terre Motte Gioyose similiter capta per messer ]acobum Antonium Barbarum commissarium Sacri Consilii mandante com­missione etc.

Lo magnifico Cola ]oanne Carella della Motta Gioyosa, cum iuramento, dice che la ditta terra è morata con uno castello, forte e novamente re/atto per lo quandam itlustre Marchese, consistente in una sala, due camare et uno retretto da uno appartamento; et dall'altro una sala, una camera et una guardarobba, cellaro, cucina, uno tinetlo et altri edifitii sopra detta terra et sta in uno montetto detto lo castiello et, in forza da una banda, lo burgo. Ditta terra è de bonissimo ayere, abundante de vittuvaglie, vini, og!i, sete, bestiame. Ditta terra sta distante da Napole per miglia circa trecento miglia e da mare tre miglia, della sopra detta Motta de Siderno circa quattro miglia et lo suo territorio per quanto have inteso che li ei stato confinato et consignato corre vide!icet: da mare alla Croce cieli Cantili verso occidente sono circa dodici miglia; dalla ditta Croce retoma ad mare per la confina del!i teritorii de Castiet!ovetere et Roccella verso oriente altri miglia circa dudici, per quanto corre lo mare per circa quattro miglia in triangolo. Et lo Signor ]oanne Vincenzo Chrispano tene detta terra ad !erratico per quanto have inteso per ducati, mille et ducento ultra quello ne pervene allo Signor Marchese remettendose però alle cautele et alla verità.

Io Cola ]oanne Carella mano propria de più dico che la ditta Motta è obligata dar gratis ogni anno alla Corte lo mastro baglivo, mastro iurato, como stao lo erario non so certo se serve gratis o per pagamento.

Eodem die ibidem.

Lo honorabile Baptista Cavaliere dalla terra della Grottaria habitante alla Motta et maxaro sive erario della Corte dello Signore Marchese dove è stato per anni circa vinti et a! presente sta, con giuramento dice che la terra della ditta Motta preditta sta sita et posta in la provintia de Calabria ULtra sopra uno mon­tetto de bonissimo ayere, morata circumcirca, con lo burgo sotto sopra la terra, de poi uno castello forte et rinovato con una sala et due camare et uno retretto, et dall'altro una sala, una camera una guardarobba, cellaro, cocina, stantie de sopra. Se intra in ditto castet!o con un ponte de legname. La detta terra è abundantissima de vitto, de homo, de oglio, de sete, de bestiame. Dista da Napole per miglia circa trecento per terra, et de mare circa tre miglia et dalla Motta de Siderone circa quattro et lo suo territorio in triangolo discorre da mare per lo fiume Turbulo per certo spatio in alto per fino alla Croce delli Cantili per circa dudici miglia et dalfò. discende per la confina de Castiello vetere et Roccella perfino a mare altrettanto che per quanto stende in mare circa miglia quattro et le soe entrate secondo li soi quinterni consist.eono et consisteno videlicet.

110 VINCENZO NA YMO

In primis per lo anno 1553, secundo uno quinternolo dicie per ditto Baptista de demonstrato, consistente in scacco/i dui per longo de foglie scripte et non scripte dudici con lo titulo: « Die XXVI de magio 1553, quinterno delle entrate»

In primis de grani de terragi salme 56. O. 3. Item dello molino dello Manganiello salme 5. 4. o. Item de fave de terragio salme 8. 2. 3. Item de miglio de terragio salme 6. 3. 2. Item de orgi de terragio salme 30. o. 9. Item de musti salme 20. O. O. Item de orgi canisci sive scaligni salme 20. 3. o. Item de ciceri de terragio salme 6. o. o. Item de stagli de grani salme 8. O. O. Item de lini pesi 20. o. o. Item de cottoni pesi 20. o. o. Item de liveensi do c ati 18. o. o. Item io baglivo do c ati 48. o. o. Item la mastra dattìa do c ati 50. o. o. Item la catapanìa do c ati 8. O. O. Item li fructi de Donato docati 35. O. O. Item per ragione di orcontico 35, ad ragione di carlini 7 l'uno do c ati 24.2.10. Item per ragione di vituaglia di pecore docati ). 1. 2. Item per li frutti dello giardino della Guarnaccia do c ati 51. o. o. Item per le feude de Donatone et Guarnaccia do c ati 110. o. o. Item per la herba della foresta do c ati 80. o. o. Item per la glianda della foresta de Sciavo docati 115. o. o. Item per fide et desfide docati 501. o. o. Item dalli trappiti delle olive di Donatone docati 520. o. o. Item per la gume dello Giardino Vecchio docati 8. o. o. ltem per le argume decto dello Giardino dello Manganello do c ati 7. O. O. ltem per le fronde et olive et altre cose de Giardino della Fontana do c ati 4. o. o.

Excluso in questi conti lo feudo de Romano etc.

Dice che lo grano valse detto anno lo thomolo de grano carlini dudici et cossì le fave et ciceri; lo orgio la mittà; lo miglio lo terzo manco; l'oglio lo cassici carlini cinquo et l'anno che non ce ndè carlini diece et ancho dice che la terra è obligata dare alla corte ogni anno gratis uno mastro baglivo, uno baglivo, uno mastro iurato, uno coree stabile et uno sorgente, allora lo erario non se pagava.

lo deuo Baptista accepto ut supra mano propria·.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 111

Eodem die, ibidem.

Lo detto Baptista me have exhibito un altro quintemo delle ditte entrate dello anno 1554 puro de doi scacco/i per longo de fogli otto, scripte et non scripte quali per me visto ho trovato in ipso le subscritte intrate de detta Motta Gioyosa videlicet.

In primis grani de terragi diversi salme 50. 6. 1. Item dallo molino dello Manganiello salme 4. 4. o. Item de stagli seu gabelle da diversi di grani salme 9. O. O. Item de fave de terragio da diversi salme 10. 1. O. Item de orgi de terragi da diversi salme 10. 1. o. Item de orgi de salute seu canisci salme 24. 6. o. Item de miglio de terragi da diversi salme 4. 2. 3. Item de lino pese videlicet pese 23. O. O. Item de ciceri salme o. 4. o. Item de cottone pese 30. O. O. Item de musto de Donatone salme 18. o. o. Item de liveensi docati 25. o. o. Item h bagliva docati 50. O. O. Item h foresta di Sciavo docati 80. O. O. Item h catapanìa docati 10. o. o. Item le fide et disfide de marina ad montagnie do c ati 26. O. O. Item lorcontico delle pecore 33 numero ad carlini sette l'uno do c ati 23. O. O. Item per mangione de menutaglia de pecore do c ati 2. 4.12. Item lo orcontico detli porci numero 7, carlini vinti tluno docati 14. o. o. Item per h minutaglia de/li porci docati l . 4.10. Item per l'erba de/h foresta docati 9. O. O. Item per h mastra dattìa docati 49. o. o. Item per l'argume dello Giardino Vechio sive sopra et sotto docati 20. o. o. Item li frutti dello giardino de/h Guarnaccia docati 46. o. o. Item li frutti de Donatone docati 29. o. o. Item li frutti delh Guarnaccia et Donatone docati 105. O. O. Item dallo Giardino della Fontana delle olive et altri frutti docati 3. 2.10.

Dice che ditto anno valse lo anno da thomolo grano, fave, cicere carlini tridice; lo orgio per mità; lo miglio lo terzo mancho; lo vino uno ducato h salma; lo prezo dello lino carlini cinque lo cottone grana dudici h pesa.

Io ]oanne Baptista Cava/eri acceto ut supra.

112 VINCENZO NA YMO

Eodem die, ibidem.

Lo preditto Baptista Cavalieri me bave presentato unaltro quintemo, puro in doi scacco li per lo n go, de fogli scripti et non scripti 14 con lo titulo: «Di e decimo sexto maii 1555» et in lo quale ho trovato le infrascripte altre intrate de ditta anno per ipso percepute como massaro sive erario videlicet ut supra.

In primis de grani de te"agio da diversi salme 48. 3. 2. Item dallo molino dello Manganiello salme 4. 4. O. ltem de grani de stagli seu gabelle salme 9. 2. o. ltem de tmagi di fave de diversi salme 11. O. O. ltem de orgi de te"agi da diversi salme 14. O. O. Item de orgi de salute sive cavisci salme 23. l. o. ltem de ciceri de te"agi ad diversi salme O. 7. l. ltem de miglio de tmagio da diversi salme 5. l. 2. ltem de lino pese 18. O. O. Item de cottone pese 25. o. o. ltem de musto de Donatone salme 20. o. o. ltem della bagliva docati 48. o. o. ltem dalla foresta dello Sciavo docati 50. o. o. Item della catapanìa et dohane docati 12. o. o. ltem della fida et disfida della montagna et marina docati 35. o. o. ltem dello herbagio delle pecore levo carlini sette !luna docati 22.10. o. Item della menutaglia de dette pecore docati 3. 1.16. ltem dello orcontico de seu ad ducati dui lluno docati 12. o. o. ltem della monutaglia delli porci docati 2. O. O. ltem della foresta della herba do c ati 82. o. o. ltem della mostra dattìa docati 50. o. o. ltem de lagrime dello giardino de suso et de bascio docati 18. l. o. ltem del/i frutti della Guarnaccia docati 48. o. o. ltem delli frutti de Donarono docati 30. o. o. Item delle frunde de Donatone et della Guarnaccia docali 118. o. o. ltem dalli frutti et olivi dello Giardino della Fontana do c ati 4. o. o. Item dello trappito della Motta et olive pesi 480. O. O.

Io foan Baptista Cavalerius accepto ut supra mano propria.

IL CASTELLO PI GIOfOSA rN CALABRIA ULTERIORE 11.3

8

1560, settembre 7, indizione Ili, Motta Gioiosa.

Testimonianze di alcuni cittadini gioiosani contro Marco Antonio Lo/fredo, barone di Grotteria, redatte su istanza ed a beneficio di Geronimo Cara/a, marchese di Castelvetere, in merito ad alcune giare di olio illecitamente asportate dal castello della Motta Gioiosa durante l'anno 1559.

Estratto da: V. NAYMO, Fonti per la Calabria Ulteriore fra Medioevo ed Età Moderna, in corso di pubblicazione.

Die septimo mensis s.eptembris 1560, in la Motta Gioiosa, provincia Calabrie Ultra et proprie a lo burgo.

Magnificus Iohannes Baptista Caracciolus de la Motta Gioiosa, testis citatus, interrogatus et examinatus ( .. .).

Super 40° articulo interrogatus dixit prius dixit et deposuit et che sa esso testimonio che lo ditto Signor Marco Antonio /e pigliare certi giarri seu langielle da tenere oglii da lo castello .de la Motta et le fe portare a lo castello de la Grottaria e venne a la poxessione del quondam misser Giorgina Megliori, per quanto allora intendeva dire, et se nde fece, ditto Signor Marco Antonio, prestare de più ancora de ditti vasi da tenere oglii da homini particulari de la Motta et se le levava. Però esso testimonio la quantità de li vasi et prezi dice non sapere (. . .).

Eodem die, eiusdem, ibidem.

Prencipe Longho de la Motta Gioiosa etatis annorum ut dixit circa quatra­ginta quinque, prout ex eius aspettu apparet, testis citatus, iuratus, interrogatus et examinatus ( .. .).

Super 40° articulo interrogatus dixit prius dixit et deposuit et che ei vero che ditto Signor Marco Antonio allora fece pigliare certe giarre seu lanzielle da tenere oglio da lo castello de la Motta et le fe portare a la casa de Giorgina con homini de la Motta. Altro dice non sapere ( .. .).

Die nono eiusdem, ibidem.

Honorabilis Pitarus Piscionero de la Motta Gioiosa, testis citatus, iuratus in presentia egregii Iohannis Petri Girardo procurator ad id deputatus per magni/icum Marcum Antonium Lo/fredo, interrogatus et examinatus ( .. .).

Super 40° articulo interrogatus dixit prius dixit et deposuit et che ei vero et esso testimonio sa che ditto Signor Marco Antonio, ultra le intrate che allora hebbe ut supra, se pigliò certe langielle seu giarre dal castello de la Motta da tenere oglio, quale erano de la corti preditta che nde pigliò seu fece pigliare dal castello da circa quattro peczi et nde pigliò certi altri peczi da lo trappito. Però esso testimonio non sa la quantità delle giarre che /oro né lo prezzo havessero possuto valere (. . .).

114 VINCENZO NAYMO

Eodem die eiusdem, ibidem.

Honorabilis Iohannes Laurentius Oppedisano de la Motta Gioiosa, testis ci­tatu, iuratus, i11terrogatus et examitratus (. .. ).

Super 40° articulo interrogatus dixit prius dixit et deposuit et che esso testi­monio sape et vedde che ad quello tempo che lo ditta Signor Marco Antonio tenne la Motta, ultra le intrate preditte che hebbe /e portare da homini de la Motta certi giarri da lo castello de la Motta et le fe portare a la Grotteria et ad uno loco che era de Giorgina. Che quantità forno et che prezo possevano valere ditti giarri, quali servivano per tenere aglio, dice non sapere.

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1560, novembre 14, indizione IV, Motta Gioiosa.

Testimonianza del dr. Marino Macrì da Gerace riguardante la giurisdizione di Motta Gioiosa e del suo castelto, nella quale si accenna alla bandiera del mede­simo.

Estratto da: V. NAYMO, Fonti per la Calabria Ulteriore fra Medioevo ed Età Moderna, in corso di pubblicazione.

Magnificus V. l. D. Marinus Macrì de civitate Y <e>race, testis citatus, iuratus, interrogatus et examinatus ( .. .).

Super quinto interrogatus dixit per quanto esso testimonio sa et più presto considera, la ditta Motta exercitava la iurisditione fino a lo fiumo Turbolo et questo Ilo sa esso testimonio et considera perché essendo capitano in la Motta ut supra, lo capitano et sindico et homini principali de ditta Motta et altri pigliavano la bandera da lo castello de ditta Motta et portavano ditta bandera con homini ad cavallo et appedi et l/a portavano ad una ecclesia nominata Santa Anna, quale era vecino ad mare et da quella parte del fiumo Turbolo vecino a lo ditto fiumo circa vinti passi poco più, donde se faceva una /era et ditta bandera se metteva sopra ditta ecclesia. Et depoi quella se retornava, finita la fera, a lo ditto castello. Altro dice non sapere. In causa scientie dixit quia vidit, scit et interfuit ut supra, loco et tempore ut supra.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 115

lO

1658, settembre 25, indizione XI, Gioiosa.

Privilegio di assenso alla vendita di un mulino feudale da parte del marchese Francesco Maria Caracciolo, emesso dalla cancelleria del castello di Motta Gioiosa a beneficio del nobile don Giuseppe D'Aragona de Ajerbe.

Originale in possesso del dr. Filippo Pellicano.

Franciscus Maria Caracciolus Dux castri Ortae et Marchio loiosae. Universis et singolis tam presentibus quam futuris praesentium seriem inspecturis. Subditorum nostrorum desideriis ex affectu benigne ........ cedimus . . . . . et eorum petitionibus gratiosae assensum et benepl.acitum nostrum facile benignosque preberemus. Sane igitur pro parte in/rascritti supplicantis fuit nobis presentatum memoriale tenoris sequentis videlicet: «<llustrissimo et Eccellentissimo Signore. Don Giuseppe D'Ara­gona de Ayerbe supplicando rappresenta a Vostra Eccellenza come per alcune sue occorrenze e perché così l'ha piaciuto, have alienato seu venduto il suo molino feudale che tiene nelle circonferenze della terra di Vostra Eccellenza, nel fiume di Gallizzi, detto L'Amezzo, del quale ha diretto dominio Vostra Eccellenza come Marchese di detta sua terra, alla Signora Cii/a Maria Caracciolo, marchesa di detta sua terra, per il prezzo fra di loro convenuto. E perché, per vadil.are detta vendita, vi è necessario il consenzo e beneplacito di Vostra Eccellenza come diretto padrone e signore di detto molino, però la supplica restar seruita concedere e prestar detto suo assenza, consenzo e beneplacito per valedare detta vendita e cautele per essa fatte che t'haveria a grazia quam Deus etc. Don Giuseppe D'Aragona de Ayerbe. Fidem facio ego infrascriptus Dominicus Lupis, plubice et regia autoritate nostra supradictam scripturam manu mea propria de voluntate ipsius de Aragona nec non et firmata prop1ìo puneo ipsius in mei notarii presentia rogatus in fidem etc. Ioiose, die 15 mensis settembris 1658. Ita est ego qui supra notarius Dominicus Lupis Grottariae manu signoque propriis. Fuit presentatum Eccellentissimo domino Fran­cisco Maria Caracciolo terre loiose Marchioni pro parte supradicti don Iosephi D'Ajerbis Aragona in predicta terra Ioiosae, die 20 mensis settembris 1658. Ba­racanus secretarius>>. Et per predictum excellentissimum dominum fuit interposita infrascripta decretatio: « Assentimus prenarrate supplicationi pro ut positur et pro inde assenza in forma espediri mandamus iuribus nostre curie semper saluis natu­raque feudi in aliquo minime mutata. Datum Ioio.se, in castro nostro, die 20 mensis settembris 1658. Francesco Maria Caracciolo Marchese della Gioiosa». Igitur annuentes nos predictorum subditorum nostrorum desideriis exauditionis gra­tiam facimus et impertimur consideratione sincerae devotionis et /idei ergo nos nostrosque predicessores prosequentes ergo tenore presentium ex certa nostra scen­tia, deliberate et consulto atque exspeciali gratia, venditioni prefati molendini as­sentimus et consentimus ac ex gratia assensum, consensum et nostrum benepl.aci-

116 VINCENZO NAYMO

tum prestamus venditionemque prefatam approbamus et pro maiori cautela preli­bate domine emptricis eiusque heredum et successorum in perpetuum et in futu­rum, cum omnibus pactis, conditionibus et clauso/is in prefatis cautelis appositis quorum tenores in presenti pro expressis ac speci/ice declaratis esse volumus, vo­lentes et decernentes de eadem nostra scentia quod presens noster assensus et con­sensus sit, esse debeat predicte domine emptrici eiusque heredibus et successoribus semper validus, stabi/is, fruttuosus, rea/is et /irmus nul/umque in hudicio ve/ extra sentiat quo vis modo diminutionis incomodum dubietatis abiectum sed semper et ad semper in suo robore et /irmitate persistat fide/itate tamen nostre feudali quoqu.e servitio adoae relevis nostrisque omnibus aliis si que sint iuribus semper saluis et reservatis et in ulto minime se sentiant diminuta sive lesa sed illa remanere et remansa esse vo/umus in eo statu in quo sunt et esse fuerunt. In quorum /idem hoc presens privilegium per manus infrascriptti nostris secretarii fieri iussimus, nostra manu subscrittum nostroque quo in his utimur pendente siggillo. Datum loiose, ex castro nostro, die 25 mensis settembris 1658. Franciscus Maria Caracciolo Marchio loiose. De mandato eccellentissimi domini Marchionis, Lelius Baracanus secreta­rius.

11

1672, dicembre 28, indizione X , Gioiosa.

Nella stanza del castello denominata La Secreteria Francesco Maria Caracciolo, marchese di Gioiosa, dona alla cittadinanza quattro statue dei santi martiri Pio, Crescenza, Costanzo e Felice, contenenti altrettante reliquie, che dovranno essere consevate nella chiesa Matrice.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo sexcentesimo septuagesimo secundo, inditione de­cima, die vero vigesima octava mensis decembris, in terra Gioiosae, habita venia, sub pontificatu santissimi domini nostri Clementis decimi, divina providentia papae etc.

Notum facimus et sub verbo veritatis fatemur universis et singulis has prae­sentes certificationa/is /iteras inspecturis pariterque visuris qua/iter, hodie, praedicto die, persona/iter cum subscriptis testibus conferivimus nos ad castrum huius terrae in quod ad praesens habitat eccellentissimus dominus don Franciscus Maria Carac­ciolo marchio praedictae terrae cum sua /amilia et proprie ad cameram eiusdem castri que dicitur La Secreteria ubi invenimus venerabiles statuas sanctorum martiri

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 117

Pii, Crescentii, Costami ac Felicis esterius per totum inauratas deargentatasque et bene dispositas ad aumentum devotionis populori, cum suis insignis in una quoque earum ad hoc ut debitae esequi demandare sui mandatum illustrissimi et reveren­dissimi episcopi hieracensis quia ex sua benignitate nobis comisit benedictionem mensionatarum statuarum ad prescriptum novi ritualis romani, nec non nobis co­municavit facultatem recognoscendi sacras reliquias sanctorum Christi martirum Pii, Crescentis, Costansi ac Felicis, quae servantur in quadam causula !ignea intus et foris rubeo serico coperta sigilloque episcopis squillacensis munita ...... alba vitta de fores ligata quae causula reperibatur paenes illustrissimum et eccellentissimum dominum don Franciscum Mariam Caracciolo, marchionem eiusdem terrae, quae fuit inventa bene clausa neque in parte aliqua vitiata pro ut in attestatione eiusdem illustrissimi domini episcopi squillacensis exprimitur et attestatur, cum sigillo de super apposito non vitiato neque in parte aliqua deturbato, quae attestatio de verbo ad verbum inseritur ad futuram rei memoriam cuius tenor talis est:

<< Franciscus Terotti, Dei et apostolicae gratie episcopus squi!IAcensis. Univer­sis et singulis presentes nostras literas inspecturis, notum facimus et atttestamur nos ac hodie 31 maij 1672 sacras reliquias sanctorum Christi martiri Pii, Crescentii, Felicis et Constansi, de mandato pii domini nostri domini Clementis Divina Pro­videntia papae decimi, ab illustrissimo et reverendissimo domino /ratri ]osepho Eusanio AquilAno sacrarii pontificii pre/ecto extrattas e cimeterio curiae et sacra congregatione indulgentiarum sacrarumque reliquarium recognitas et approbatas ac­ceptas a duobus ligneis capsulis bene c!Ausis sigi/loque pai'VO illustrissimi domini sacri pontificis pre/ectis absignatas una si quidem ex interiore tantum parte serico rubeo coperta et alba vitta de foris ligata alia vero udique rubeo serico contesta auroque in super ex hornata a serica vitta etiam rubea ligata per nos in sacrario ecclesiae ordinis minorum scrittos observatiae terrae Girifalchi de voluntate illu­strissimi et eccellentissimi domini don Fabriti Caracciolo Ducis eiusdem terrae chausalis huius modo ad hunc effettum nobis exibentis vigore facultatis eidem eccellentissimo domino duce in literis prefati illustrissimi domini sacri pontificii pre/ecti tradit illustrissimo et eccellentissimo domino Marchioni Gioiosae in cau­suiA !ignea intus et /oris rubeo serico coperta ac aureo omata rubeaque dieta ligata bene c!Ausa nostroque parvo sigillo signata consignata est. In quorum /idem, datum Girifalchi, 31 mensis maij 1672. Franciscus episcopus squii!Acensis. Locus sigilli. Don Carolus Milioti secretarius».

Sicuti etiam inseritur epistolA mensionati domini episcopi hieracensis qui no­bis talem facultatem communicavit, cuius tenor talis est /oris: «Al molto illustre molto reverendo Signore il signor abate Pietro Teotino, arciprete della Gioiosa». Et ex altera parte sigillo parvo eiusdem illustrissimi domini obsignata intus vero: <<Molto illustre, molto reverendo Signore. Commetto a Vostra Signoria che in conformità dell'attestatione di monsignor di Squillace delli 31 maggio 1672 per le reliquie delli santi Pio, Crescentio, Felice e Costanso, fatte venire dal Signor Marchese eccellentissimo per sua peculiar devotione per conservarsi in cotesta Ma­trice che fattasi da lei la dovuta ricognitione delle medesme, possano esponersi aliA

118 VINCENZO NA YMO

pubblica veneratione del populo come alli decreti della Sacra Congregazione e tanto dovrà eseguire, mentre per mezzo della presente li comunichiamo la facultà e similmente li commetto la beneditione della statua di santa Caterina della par­rochiale sotto il medesimo titulo et a vostra signoria aguro prosperità. Gerace 26 dicembre 1672. Di vostra signoria molto illustre, molto reverendo alla quale com­metto la beneditione delle quatro statue per dette reliquie si concede potersi portare processionalmente dopo detta recognitione per questa volta solamente. Affetiona­tissimo per servir/a Stefano, vescovo di Gerace, signor arciprete della Gioiosa».

Et stante facultate praedicta nobis specialiter concessa volumus in publico privatoque eu/tu fidelium totiens et quotiens opus fuerit iam dictae statuae cum suis reliquariis in pectore earumdem statuarum per nos collocatis et dispositis pro ut ex inscriptione aparet exponantur pro ut praesentium tenore publicae exponi mandamus ad mentem et prescriptum sacrae ritum congregationis et iam dicti illustrissimi domini episcopi hieracensis dummodo tamen in loco decenti et bene hornato in hac Matrice ecclesia collocantur, ubi serventur cum ea veneratione quae decet ad maiorem Dei eu/tu sanctorumque venerationem et quia fuit designatum locum bene hornatum in choro dictae Matricis ecc!esiae propterea esponantur re­liquie ipse publice privateque cum suis statuis pro ut opus fuerit et necessitas esigerit dummodo tamen statuae ipse cum suis reliquariis in pectore mensionatarum statuarum reponantur in armariis bene clausis cum tribus sereis ferreis quarum una reponatur in manibus archipresbiteri pro tempore esistentis; re/ique duo vero repo­nantur uni seu quibus idem ecce/lentissimus dominus pro tempore esistens designa­veri!.

Pro quibus requisivit nos ut de praedictis omnibus pub/icum conficeremus actum. Nos enim etc. unde etc.

Praesentibus pro testibus abate Francisco Balzo, abate Iohanne Silipo, dottore abate Dominica Angi/letta, don Thoma Condercudi, don lohanne Baptista Car­lino, don Iohanne Baptista Condercudi et me Francisco Cetera terrae Gioiosae notario apostolico ac iudice ordinario manu propria rogatus.

12

1674, marzo 12, indizione XII, Gioiosa.

Verbale di apertura della reliquia del legno della Santa Croce donato dal sacerdote Scipione Patrocca da Taverna al marchese di Gioiosa Francesco Maria Caracciolo.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, not. apostolico Francesco Cetera, b. 62, vol. 514, !f. 11r-12r.

Anno Domini millesimo sexcentesimo septuagesimo quarto, inditione duode­cima, die vero duodecima mensis martii, in terra Gioiosae. Sub pontificatu etc.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA UL Tf.RlORE 119

Cuntis pateat qua/iter hodie praedicto die, coram illustrissimo et reverendis­simo domino Stephano Sculchio, Episcopo Hieracensis, in castro Ioiosae et coram peritlustribus et amodum reverendis abbatibus nempe abbate Ioanne Vento proto­notario catredalis, abbate Michaele Puliti archipresbitero, abbate Francisco del Balzo dignitate et canonicis respettive dictae catredalis; nec non abbate Petro Tea­tino archipresbitero eiusdem terrae. Don Scipione Patrocca sacerdos civitatis Ta­vernae Regni Neapolis, provintiae Calabriae Ulterioris, praesentavit parum vasi lignum depictum coloribus albo et rubro colligatum cum quadam vieta serica coloris rubri in quo parvo vaso asseruit contineri, reperiri et esse quadam particel­lam venerabilis ligni Sanctae crucis quae /uit reperta et humiliter venerata ab ipso illustrissimo et a supradictis abbatibus et ad ipsam attestando exibuit instrumentum donationis cum autentica civitatis Panormi, cuius tenor talis est.

«In Dei nomine, amen. Die vigesima augusti, octavae inditionis, millesimo sexcentesimo septuagesimo. Quia illustris don Blasus Maria Corvino, princeps Di­midii Iubsi in eius posse detinet particulam Santae Crucis missam Berlingherio Ventimiglia antecessori ipsius illustris princeps ab Urbano octavo vigore eius lite­rarum datarum in alma urbae Romae sub die 5 ianuarii 1630, quarum tenor talis est ut in/ra sequitur videlicet: "Dilecto filio Berlingherio Ventimiglia, Urbanus papa VIII dilecte fili salutem et apostolicam benedictionem. Non docuit nos prin­cipatus oblivisci amicitias quarum scimus conciliatricem fuisse virtutem pro ingra­tissima fuit epistola sum gratulationis interpes quem autem optimi coniuges extare apud nos uterque voluistis documenta non minus ingenii quam effectus ea non lene nobis solaticum attuderunt cupimus eam vi ista insula iltustrica ingeniorum foecunda caetere nobilitatis imitatione celebrari qui eloquentiam percipum huma­nae sapientiae thesaurarium coelestibus dicas scientiam salutis edoctus coeterum te genere clarum nobisque iam dictam benevolentiam tum virtute commendam deco­rare volui honorifico apostolicarum literarum testimonio porro autem particulam Sanctae Crucis ad vas mittimus cupientes domi tuae servari sacrum monumentum charitatis nostrae et illustre solatium pietatis nostrae sibique ac concique benedic­tionem pontificiam impartimur. Datum Romae apud Sanctam Mariam Maiorem sub annulo Piscatorii, die V ianuarii MDCXXX, anno pontificatus nostri settimo ".

Ideo, hodie, die qua supra, prae/atus illustris don Blasus Maria Corbino princeps Dimidii Iubsi m-n-c-c-n- considerans et attendens ergo amorem et bene­volentiam quem et quam specialiter gessit e gerit erga illustrissimum don Anibalem Branciforte principem Villaenovae sponte dedit et donavit ac dat et donat dicto illustri don Anibali m. et c., presenti et stipulanti et ab eo recipienti ac habuisse et recepisse con/itenti particulam, supraditta particula Sanctae Crucis longitudinis huic simili 1----------1 et latitudinis huic simili 1---1 et coloris tendentis ad nigredinem secatam per sacerdotem don Vincentium Como canonicum et decanum metrapoletana huius urbis Panormi, coram infrascrittis testibus dicto Berlingerio Ventimiglia parenti dicti illustrissimi donantis traditam vigore supradictarum lite­rarum ad quas relatio habeatur et non a/iter nec a/io modo etc. iuraverunt etc. Unde etc. Testes: Ioseph Spinosa et sacerdos don Dominicus Russo etc. ab actis mei

120 VINCENZO NA YMO

notarii Petri Panitteri de Panormo. Locus signi. Senatus panormitanus. Fidem faci­mus et testamur qualiter supradictam extractam fuit et est scripta manu propria suprascripti notarii Petri Panitteri de Panormo etc. mense huius, pro parte praedicti lulii et dictam effigem etenere in hac praedicta urbe felice Panormi in rebus con­tractibus copiis et extractis tam in iudicio quam extra piene ac indubia adhiebatur f ides et in testimonium presentibus has praedictae nostrae testimonia/es literis fieri iussimus nostroque solito quo utimur sigillo impende monitam a predicta urbe felice Panormi, die decima septima mensis octobris 1673. loseph Camerino Colonna de­putatus etc.

In Dei nomine, amen, die duodecima decembris, nonae inditionis millesimo sexcentesimo septuagesimo. Notum facimus et testamur quod illustri don Anibal Branciforte princeps Villaenovae m-n-c-c-n- considerans et attendens amorem et benevoientiam quem et quam semper gessit et gerit erga reverendium patrem sa­cerdotem don Scipionem Patrocca civitatis T avemae, Regni Neapolis et provinciae Catanzari et ad praesens pan. repertum sponte dedit et donavit ac dat et donat dieta de Patrocca m.n. et c. presenti et recipienti ac habuisse et recepisse confitenti, totam illam eamdem particulam Santae Crucis dicto illustri donanti datam ab illustre don Blasio Maria Corvino principe Dimidii Iubsi, vigore ipsius donationis dictae in actis meii notrarii etc. infrascritti, sub die 20 augusti, 8 inditione, 1670 et dieta de Patrocca consignante in preaesentia sacerdotis don Vincentii Como, canonici et decani metropolitanae ecclesiae huius urbi intus ut dicitur una bussu­letta nicice di legname, una con sua r.acharella incarnata et sigillata con tre sigilli di detto illustre principe, cioè uno sopra l'altro sotto e l'altro alli fianchi di detta bussuletta et non aliter nec alia modo etc. Iuraverunt etc. Unde etc. Testes: Vincentius Catapani et Ioseph Scriva. Ab actis meis notarii Petri Panitteri de Panormo. Locus signi. Senatus panormitanus. Fidem facimus et testamur qua/iter suprascriptam extractam fuit et est scriptam manu propria suprascripti notarii Petri Panitteri de Panormo per motus proprium huius supradicti Iulii et dictam effigem etenere in hac predicta urbe felice Panormi in rebus contractibus copiis et extractis tam in iudicio quam extra piene ac indubia adhiebatur fides et in testimonium presentibus has praedictae nostrae testimonia/es literis fieri iussimus nostroque so­lito quo utimur sigillo impende monitam .a predicta urbe felice Panormi, die decima septima mensis octorbri 1673. loseph Camerino Colonna deputatus etc.».

Qui illustrissimus dominus mandavit predicto, dieta abbate Ioanne Vento ut dictum vasum aperiat et eo aperto visa fuit dieta particula venerabilis ligni Sanctae Crucis esistens in predicto vaso interius deaurato longitudinis buie simili 1----------1 et latitudinis huic simili 1···1 cuius medietas divisa fuit per domi­num illustrissimum et consignata illustrissimo et eccellentisismo domino don Fran­cisco Maria Caracciolo Marchioni loiosae, equite neapolitano, ex primariis familiae Regni, quam conservavi! pro muneri alia paroo vaso !igneo ex voluntate praedicti de Patrocca, sponte et libera/iter dantis titu/o donationis irrevocabiliter inter vivos et amni alia modo meliori et alia pan fuit denuo colligatam et sigillo cerae hispenearii sigillatam cum sigillo predicti illustrissimi et eccellentisimi domini.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 121

Qui i/lustrissimus et eccellentissimus dominus Marchio ac dicto de Patrocca rogaverunt me nomine mei officii ut de predictis omnibus publicum conficeremus actum. Nos enim etc. Unde etc.

Praesentibus pro testibus: abate Carulo Migliaccio, abate Ioseph Caracciolo, abate Thoma Felleti, Sesinio Teatino, Hieronimo Riggitano, Domenico Hieraci et me predicto notario apostolico Francisco Cetera et iudice ordinario manu propria rogatus.

13

1674, luglio 26, indizione XII, Gioiosa.

Pubblica protesta del caporale Pietro Antonio Saynato riguardo le paghe dovute alla sua truppa dall'Università per prendere parte ad una sfilata nella città di Reggio.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, not. Francesco Cetera, b. 60, vol. 471, f 21r.

Anno Domini millesimo sexcentesimo septuagesimo quarto, inditione duode­cima, die vero vigesima sexta mensis iulii, in terra Gioiosae. Regnante etc.

In nostra presentia personalmente costituto in testimonio publico Pietro An­tonio Saynato, caporale del battaglion a piè di detta Gioiosa, tanto a nome suo quanto a nome et parte del/i soi soldati. Et asserendo esso caporale come in virtù d'ordine reggio ha da andare con li so i soldati alla sfilata alla città di Reggio, per servitio di Sua Maestà, che Dio guardi, al quale ordine ordinava alli magnifici sindici del governo che ciaschiduna Università paghi diece paghe per ciaschiduno soldato et altrimente, come in detto ordine al quale etc. Et intendino obedire a quanto ci è stato ordinato dal mastro di campo per andare a detta città di Reggio, ha avuto ricorso esso caporale dal magnifico sindico di darci le diece paghe sin­come a ordine, detto sindico recusò pagare in grandissimo danno et interesse d'esso caporale et soi soldati. Pertanto esso caporale, tanto a nome suo quanto a nome de/li soi soldati, si protesta non una, due e tre volti ma quanto sarà necessario contro detto sindico, presente etc. , et per conservatione delle sue raggioni a richie­sta di chi spetta, ha richiesto a noi infrascritti notaro, giudice e testimoni che di tal protesta ne facessimo publico instrumento. Nos enim etc. Unde etc.

Praesentibus regio iudice ad contractus Petro Galluzzo, Domenico Pisciuneri, Thoma Pisciuneri, don Ioseph Minici, Antonio Agostino de Dominica et me no­torio Francisco Cetera manu propria rogatus.

122 VINCENZO NA YMO

14

1675, marzo 14, indi:done XIII, Martone.

Dichiarazione di Caterina Saynato a beneficio di Pietro Mantegna.

Originale: Locri (R C), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, no t. Francesco Cetera, b. 60, vol. 472, f 11r e v.

Die quarta mensis martii, inditione decima tertia, millesimo sexcentesimo septuagesimo quinto, in casale Martonis. Regnante etc.

In nostra presentia et in publico testimonio personalmente constituta Catarina Saynato di Domenico della terra della Gioiosa, hic reperta etc., la quale, spante, non vi, dolo etc., asserisce come li è venuto a notitia che la corte di detta terra va inquirendo et pigliando informatione contro Pietro Mantegna, sotto pretesto ha­vesse deflorato et ingravidato essa Catarina, tutto per odio et ma la volontà d' emoli et mala fama che voleno inquietare et prosequire detto Pietro Mantegna, con il quale essa Catarina mai have havuto commercio, amicitia né prattica alcuna in nessun tempo. Perciò hoggi, per chiarezza della verità et discarico della sua co­scentia, intendendo che il sudetto Pietro viene preseguito et vessato dalla corte della Gioiosa, in presenza di noi infrascritti, notaro, giudice e testimoni, essa Catarina Saynato testifica, confessa et fa manifesto per atto publico, anco con giuramento, che detto Pietro Mantegna di detto fatto è innocente et innocentissimo et quelli emoli che hanno voluto imputare detto Pietro di detta infamia dice, dechiara essa Catarina esser vera calunnia et falsità ma non che have conosciuto carnalmente essa Catarina et così dechiara in presenza nostra et di tutto il mondo. Pertanto hoggi, predetto die, richiesta da Francesco Mantegna, padre di detto Pietro a chiarire la verità di detto fatto ha fatto il presente atto publico per discarico della sua anima acciò non sia indebitamente otanagliato detto Pietro il quale non ha commesso delitto alcuno né in persona et in fama d'essa Catarina principale etc. Unde nos rogati ad preces subscriptorum partium et quia officium nostrum publi­cum est et nemini denegandum praesens actum publicum conficeremus. Nos enim etc. Unde etc.

Praesentibus regio iudice ad contractus Antonio Pacicca, Thoma Coluccio, Antonio Felleti, Ioanne de Maria, Jacobo Felleti et me notario Francisco Cetera terrae Gioiosae manu propria rogatus.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 123

15

1675, novembre 3, indizione XIII, Gioiosa.

Pubblica protesta det!'esattore /isca/e Francesco Minici, riguardo la scarcerazione del nobile Domenico Hyeraci, detenuto nella prigione civile del castello.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notari!e, not. Francesco Cetera, b. 60, vol. 472, f 26r.

Anno Domini millesimo sexcentesimo septuagesimo quinto, inditione decima tertia, die vero tertia mensis 11ovembris, in terra Gioiosae, habita venia etc. Re­gnante etc.

In nostra presentia et in publico testimonio personalmente costituto Francesco Minici di detta terra, agente alle cose infrascritte per se, sai heredi etc. Et asserisce esso Francesco come Antonio Passare/lo, hodiemo erario e luogotenente di detta terra, ha dato ad esigere il libro di proventi di questo presente anno et fra l'altri debitori vi stanno descritti vi è Domenico Hieraci d'Alessandro, debitore in docati settanta, per lo quale debito esso Francesco esattore carcerò lo predetto Domenico Hieraci nelli carceri del castet!o di detta terra per assicurarsi di detto debito di docati settanta et consignato al magnifico Francesco Zarzaca, hodiemo castellano di detta terra, con ordine di non scarcerar/o senza cartello d'esso esattore. E perché hoggi intende che alcune persone vogliono far scarcerare lo detto Domenico Hie­raci per dispreggio d'esso esattore e contro la giustitia et per evitare qualche in­conveniente potrebbe nascere per detta causa et per cautela d'esso esattore, hoggi predetto die, esso esattore qui presente et in presenza del magnifico Antonio Pas­sare/lo, erario e luogotenente, e di Francesco Zarzaca, castellano, si protesta non una, due e tre volte ma quanto sarà necessario che in modo alcuno non debbiano né permettano far scarcerare lo predetto Domenico Hieraci se prima non sarà intieramente sodisfatto esso esattore di detta somma di docati settanta, altrimente pretendendono essi predetti di Passarello e Zarzaca, presenti et intet!igenti, farlo scarcerare senza ordine d'esso esattore, vada detta somma a carico loro et ogni danno potrà patire esso esattore per la mensionata causa.

Et quia officium nostrum publicum est et nemini denegandum et iuxta pe­tenti non est denegandus assensus, requisivi! nos ut de predictis omnibus publicum conficeremus actum. Nos enim etc. Unde etc. actum etc.

Praesentibus regio iudice ad contractus Petro Galluzzo a Martone, don ]oseph Belcastro, don ]oseph Coluccia, Antonio Arena, Didaco Barbatano, clerico ]oseph Mone et me notario Francisco Cetera manu propria.

124 VINCENZO NA YMO

16

1677, settembre 7, indizione XV, Gioiosa.

Remissione di accusa della sentinella Francesco Fuda a beneficio del mastrogiurato Girolamo Gerace.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, not. Tommaso Cavaleri, b. 73, vol. 641, f 10r e v.

Anno Domini millesimo sexcentesimo septuagesimo septimo, inditione decima quinta, die vero septima mensis setembris, in terra Gioiosae etc. Regnante etc.

In nostri presentia personalmente constituto, et infrascriptorum iudicis ad contractus et testium, Francesco Fuda del casale di Martoni, al presente molti anni sono habitante in questa terra, a noi cognito etc.

E't asserisce come heri matina, marti, dì setti del corrente, verso novi ori di notti, mentre esso Francesco steva cu!cato nel corpo di guardia assieme con altre persone nel largo della Matrice di detta terra, mentre steva dormendo per aver vigliato tutta quella notte, mi sentì toccare dicendomi: "Non dormiri!". Et alto stesso instante intese una scopettata, i! colpo della quale l 'ha ferito netli cosci della parte di nante e li tocco anco le parte virgognose; e per il dolore ha gridato lamentandosi che l'havea ucciso. Et havendono concorso genti e venne mastro Francesco Mantegna, chirurgo, hanno visto detto colpo e fece la stuppata e li dicevano che l'havea sparato la scupetta a Gerolamo Gerace, mastro giurato di detta terra. E per li dolori si lamentava contro il detto che l'havea ferito. Et havendo giudicato il fatto, ancor che non hera colpevole il detto Gerolamo per detta causa di scupettata onde, per scrupolo della sua conscentia e conoscendo che il tutto non hera fatto né adoprato con dolo ma disgraziatamente li sperò la detta scupettata, mandò a chiamare a notar Francesco Cetera, odierno mastrodatti, et ii Signor locotenente per farli la exculpatione e remissione per detta scupettata et videndo che non venivano, o per impedimento o per altro disordine, ha fatto chiamare a noi notar Tomaso Cava/eri, il giudice ai contratti e testimoni per fare la detta excupatione et remissione che succedendo morte non patisse il detto di Gerace, asserendo che di tal delitto e fatto hera innocente et innocentissimo, onde a futura cautela del detto di Gerace e per chiarezza del/4 verità esso di Fuda, con giuramento, in presenza nostra, giudice ai contratti e testimoni, dechiara che la pura verità del fatto di detta scupettata, colpo e ferite non successiro per culpa né dolo et odio né per altro malo fine ma disgraziatamente, tanto più che non haveva odio ma professavano fra loro una vera amicitia; e però fa instantia che contro il medesimo non si procedesse ad atto alcuno, stante la sua inocentia et quatenus opus est iterum e di novo excu/pa e remette ogni quere/4 e lamentatione per esso, così in iudicio come extra e per non fatte omni futuro tempore vole che si sentano, incaricando anco la sua herede et a chi potesse competere ius o attioni che per detta

IL CASTELLO 01 GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 125

causa non dovessero lamentarsi né querelare, tanto che il caso sudetto successe disgratiatamente, senza malitia né dolo, come tutto li costa et inteso da tutti, che non è bene patisse il detto di Gerace a torto, non havendo comesso dolo alcuno come sopra che per scrupolo della sua consciensa e per ogni altro bono fine ha fatto fare il presente atto publico valituro così in iudicio come extra. Et per cassi, iriti et nulli si sentano lamentatione e querele; e promette con giuramento di haverli rate, grate, firme e di non controvenire per qua/sivoglia causa o quesito colore, sotto obligatione di tutti suoi beni presenti e futuri, quia sic etc. Pro quibus omnibus observandis, spante etc., non vi etc. omni meliori modo etc., dictus Franciscus obligavit se, heredes etc. borraque ormria etc. , detto de ferace hic absente etc. et pro eo me notario presente, cum potestate capiendi etc., constitu­tione precarii etc. ac sub pena et ad penam dupli medietate etc. pena etc. et proinde iuravit ad Sancta Dei Evangelia, manibus tattis scripturis etc. et quod possit extendi etc. Unde etc. Presentibus etc. Antonio Pacicca regio ad contractus iudice, Hieronimo Lucà, Caro/o Niutta, loseph Aly aliisque etc. et me notario Thoma Cava/eri manu propria etc.

17

1691, mano 19, indizione XIV, Gioiosa.

Tommaso Cava/eri di Domenico, dopo essere scato scarcerato vende alcuni beni al magnifico Girolamo Lucà, per 1icompensare gli amici che lo hanno soccorso.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo sexcentesimo nonagesimo primo indictione deci­maquarta, die vero decimanona mensis martii, in terra Gioiosae, habita venia etc. Regnante etc.

In nostri presentia personalmente constituti del una parte Tomaso Cava/eri di Domenico di detta terra, agente et interveniente alle cose infrascritte per se stesso, sai heredi et successori in futurum; et del altra il magnifico Gerolmo Lucà di detta terra, agente similiter pro se, haeredibus etc.

Et esso Tomaso asserisce, coram nobis, come sei mesi sono si trovò carcerato nelle carceri criminali del castello di detta terra per una sua notoria inquisitione, per la quale ha fatto grossa spesa non solo di alimentarsi se stesso in carcere ma anche moglie e figlio, come anche pagar avocato, procuratore, spese di officiali e mastrodatti per le quali spese è stato soccorso d'alcuni soi amici et hoggi che fu

126 VINCENZO NAYMO

scarcerato deve sodisfar quelli ché se non fosse stato soccorso s'haverebbe crepato in carcere et anco sua moglie e figlio. Et non havendo altro modo di sodisfarli solo col prezzo d'una sua casa che possiede come vero signore e padrone in questa terra nella parrocchia di Santa Caterina, limito la vedova An tonino Messina e la via publica, con peso di diece cavalli annui alli heredi del Signor don Giuseppe d'Aragona et del resto franca etc., cuius assensu etc. et anco col prezzo d'uno suo loco detto Misogona, sito in questo territorio, arborato di olivi et altri arbori fruttiferi, limito Francesco Argirò, Francesco Proggitano et altri, con peso d'uno quarto di grano bianco annui alla marchional corte di detta terra et del resto franco, cuius assensu etc.; et uno bove et una bacca.

Et fatta l'assertione sudetta volendo esso Tomaso effettuire detta sua volontà, hoggi predetto die, sponte, non vi, dolo etc., sed omni modo meliori via, iure et forma quibus melius sibi placuit et placet, titulo venditionis et alienationis, vende, dona et per fustim ut moris est iure propio ac in perpetuum consigna detta casa, loco, bove e bacca al predetto Gerolmo Lucà presente, recipiente, acceptante et legitime stipulanti, per ultimo et /initivo prezzo di docati cinquanta tanto fra essi convenuti; quali docati cinquanta esso compratore esbunò nella nostra presentia di moneta d'oro di giusto peso usuali etc. et per manus iudicis furono numerati et consignati allo predetto venditore presente, recipiente et penes se imbonanti, del quale prezzo si stimò ben contento e sodis/atto di modo che d'hoggi avanti tanto detti casa et loco quanto detti bestie passino et siano in pieno iure, dominio et proprietà d'esso compratore, soi heredi etc. ad habendum, possedendum etc. usu­/ructuandum, disponendum etc. constituens etc. cedens etc. et constituisce per simplex constitutum, tenere volens lege, iure et usu, constituendolo per procurato­rem veluti in rem propriam, promettendo con giuramento lo presente inrtrumento haverlo sempre grato et firmo ac rato etc. et contra non facere, sotto qualsisia causa etiam causam lesionis et quante volte vi fosse renuncia con giuramento il remedio della lesione, mentre col prezzo sudetto esso venditore complisce a chi l'bave soccorso che in altro caso s'haverebbe crepato nelle carceri.

Et in caso di futura molestia delle cose su dette s' obliga de evictione teneri genera/iter et specialiter ita quod etc. ab omnibus hominibus d'ogni lite antea et post damnum possum expensas reficere in iudicio et extra et haec omnia cum potestate capiendi constitutione precarii et quod possit extendi ad consilium sa­pientis quam melius etc.

Pro quibus omnibus observandis etc. /irmiter remanendis in futurum partes ipse et quem libet ipsorum quibus supra paertinet et spettai etc., sponte, coram nobis, promiserunt etc., iuraverunt etc. ad poenam dupli medietatem me notario etc., et ita modo quo supra iuraverunt, renuntiaverunt et se ipsos obligaverunt. Unde etc.

Praesentibus regio iudice ad contractus Dominica Lucà, eterico Ilario Cetera, eterico Francisco Floccari, magistro Dominica Scali, Petro Diele, Stephano Oppe­disano et me notario Francisco Cetera terrae Gioiosae rogatus.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 127

18

171 O, ottobre 3 O, in dizione III, Gioiosa.

Giovanni Battista Minici, cursore della grangia di Santa Barbara, ritira la querela esposta contro il vice marchese Giovanni Pietro Messina ed i due soldati della corte che lo avevano illecitamente arrestato.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, b. 62, vol. 514, f 93r.

Anno Domini 1710, inditione tertia, die vero 30 mensis octobris, in terra Gioiosae. Sub pontificatu etc.

In publico testimonio personalmente costituto Giovan Battista Mi11ici cursore della Vescovi! Corte di Gerace, assegnato alli servitii della Grancia di Santa Bar­bara, il quale, sponte, non vi, dolo etc., omni modo meliori con giuramento fa publica testimonianza ed asserisce come li mesi prossimi passati è stato carcerato dal/i soldati cioè caporal Pietro Longo e Francesco Totino di Vincenzo per ordine del dottor Signor Giovan Pietro Messina, hodierno Vice Marchese di essa terra e fu portato al castello di detta terra, dove dimorò più giorni. Per esser il detto di Minici cursore di Santa Barbara come tale ha fatto ricorso alla Corte Vescovi/e di Gerace, la quale ha proceduto alla scomunica per detti dottor Giovan Pietro Messina Vice Marchese e soldati. Hoggi poi pentitosi haver fatto simile instantia tanto con giuramento cassa, irrita ed annulla detta querela tanto per detti Signor Vice Marchese quanto detti soldati da/li quali li furono pagate le giornate che dimorò in dette carceri. Che però ha richiesto a noi infrascritti notaro apostolico e giudice ordinario che delle cose predette ne facesse publico instrumento. Et quia officium nostrum publicum est et iusta petenti non est denegandus assensus, requi­sivi! nos ut de p·redictis omnibus publicum conficere deberemus instrumentum. Nos enim etc. iuraverunt etc. Unde etc.

Praesentibus pro testibus: reverendo abate Vincentio Passare/li, reverendo abate Domenico Pignatelli, magnifico Ioseph Passare/li et me Francisco Cetera notario apostolico ac iudice ordinario rogatus.

19

1729, maggio 1·6, indizione VII, Gioiosa.

Convenzione fra l'U.I.D. Ottavio Oppedisano e l'università di Gioiosa per la ricostruzione di una stanza sulla porta di mezzo della cinta muraria.

128 VINCENZO NA YMO

Originale: Loc.ri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, not. Dionisio Spanò, b. 110, vol. 1003, !f. 49v-54v.

In Christi nomine, amen. Anno a circumcisione eiusdem millesimo septin­gentesimo vigesimo nono, inditione septima, die vero decima sexta mensis maii, in terra Iojosae etc. Regnante etc.

Costituti innante noi etc. il dottor Signor don Ottavio Oppedisano della città di Castelvetere, degente in questa sudetta terra di Gioiosa, cognito etc., aggente ed interveniente alle cose infrascritte per se stesso, suoi eredi e successori, in futurum ed in perpetuum, da una parte.

Ed il Signor don Nicolò Deodino, attuale sindico dell'Università di questa stessa terra di Giojosa, cognito etc., aggente ed interveniente alle cose infrascritte· sindicario nom·ine e per nome e parte di detta Università e per la medesima e suoi successori in futuro ed in perpetuo, dall'altra parte.

Spontaneamente, nella presenza nostra, asseriscono esse parti qua/mente es­sendo stati nei tempi antichi dalla sudetta università concessi i muri che sono sopra la porta di mezzo d'essa terra al quondam Antonio Tutino, suoi eredi e successori, affine di poter fare un astraco scoperto per suo privato uso e comunicare colle sue proprie case a detti muri confinanti, col patto però che bisognando alla predetta università il commodo di detto astraco per difesa della terra, in caso d'invasione d'inimici, non possa detto Antonio proibire agl'uomini per tal difesa destinati l'uso dell'astraco sudetto. E esso Antonio con detti patti detto astraco edificato e di quello per lungo tempo servitosi finché, col progresso degli anni, non si è quello diruto ed in tal forma passarono poi detti muri ed astraco diruto nel dominio degli eredi e successori del quondam Antonio, unitamente colle case confinanti e suc­cessivamente alli figli del quondam Paulo Hyerace, da/li quali esso dottor Ottavio ha ultimamente dette case colle loro adiacenze e ragioni comprato. Quindi è che· volendo esso dottor Ottavio edificar detti muri ed astraco con ivi farvi una came­retta e così condescendere alle richieste fatteli dall'università e Signor sindico di quel tempo, s'ottenne l'assenso del Regio Collateral Consiglio, interposto a tren­tuno maggio 1718, inferius etc. Doppo qual assenso n'ebbe esso dottor Ottavi o ricorso dall'eccellenza del duca padrone ed attenutone anche il di lui beneplacito a relazione d'esso Signor sindico, con rescriveme alla supplica d'esso dottor Oppe­disano inferius etc. , si è per esecuzione di detto ordine del tutto fatto consapevole il Signor Governatore Generale, U.I. D. Signor don Francesco Antonio di Ber­nal'do, da cui si son pul' reconosciute così l'antiche concessioni della pn!detta università come il Regio Assenso del Collaterale ed altresì detta nuova fabrica, onde con alzarsi all'istessa altura che son gl'altre fabriche delle case collaterali non vengono a pregiudicare al publico né a deturpare la prospettiva della terra o del castello, ordinando perciò che sia lecito ad esso dottor Ottavio d'alzar e coprire detti muri a sue proprie spese, uguagliandosi all'altezza dell'altre case collaterali, con fame camera per suo privato uso, con patto però che in detta nuova fabrica dovesse esso dottor Ottavio far fare le sayettere nei luoghi opportuni, per potersi

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 129

detta università servire in caso d'invasione d'inimici, festività o altro che riguarda a difesa di detta terra, senza potersi dar impedimento alcuno, servata la forma di detto Regio Assenso e di stipularsi intomo a ciò publiche cautele con detto sindico a beneficio dell'Università.

E viceversa esso Signor sindico in detto nome debba assegnare il luogo de­scritto con detti muri ed astraco diruto ad esso dottor Ottavio affine di poter fare la riferita camera, servata la forma detl'antiche concessioni, né con animo d'inno­vare ma per giongere cautele a cautele.

E volendo esse parti sopra detto trattato passare le dovute e necessarie cautele, come si conviene, quindi è che oggi stesso, sponte etc., ed ogni altro miglior modo e via etc., esso Signor don Nicolò Deodino, sindicario nomine e per nome e parte di detta Università, dona, cede et per fustim etc., ut moris est, consegna li muri predetti con facoltà di poter ivi novamente fabricare una cameretta colli patti nella /orma predetta etc., al predetto dottor Ottavio Oppedisano, presente etc., il quale, con giuramento, sponte etc., obtiga se stesso, suoi eredi e successori possessori di dette case di non dar impedimento alcuno all'Università predetta di potersi nel caso di bisogno valere per difesa, guardia e festività di detta cameretta costruenda, quia sic etc.; di modo che li predetti muri come sopra concessi passino alti patti e condizioni sopra espressati nel pieno dominio e proprietà d'esso dottor Signor don Ottavio Oppedisano, suoi eredi e successori possessori di dette case, ad semper habendum etc., et constituerunt sese per simplex constitutum etc., praecario no­mine teneri etc., volentes etc., l.i.u. etc., et promiserunt etc. solemne stipulatione etc., presens instrumentum etc., semper etc. habere etc. , ratum etc. et contra non facere etc., aliqua ratione etc. Tenores praedictorum assensuum originalium lega­torum in presenti folio protocolli sunt seguentes videlicet inseratur.

Pro quibus omnibus observandis etc., partes predicte ad invicem et vicissim ut ad unam quam ipsarum spettat etc. , una videlicet alteri et altera alteri etc., sponte etc., obligaverunt sese suosque haeredes et successores ac bona omnia etc. et dictus dominus sindicus bona omnia dictae Universitatis ad poenam dupli etc. , medietate etc., patto de capiendo etc. , constitutione praecarii etc., renuntiaverunt etc., iura­verunt etc., se obligaverunt etc. Unde etc., attum etc.

Coram Nicolao Badolato regio ad contractus iudice, don Dominica Barletta, don Dominica Coluccia, don Thoma Hyerace et me notario Dionysio Spanò rogato.

20

17 33, luglio 5, indizione XI, Gioiosa.

Relazione di mastro Antonio Argirò e Leonardo Fammartino sui lavori di pulizia del castello effettuati nel mese di aprile dell'anno 1733 per l'arrivo del nuovo governatore.

130 VINCENZO NAYMO

Estratto da.: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Die quinta mensis iulii millesimo septingentesimo trigesimo tertio, m terra Gioiosae, habita venia etc. Regnante etc.

Personalmente costituti nella presenza nostra, cioè di noi publico e regio notaro, giudice a' contratti e letterati testimoni, mastro Antonio Argirò e Leonardo Fammartino di detta terra di Gioiosa, bene cogniti etc., li quali, sponte etc. et omni meliori via etc., asseriscono in presenza nostra e /anno publica testimonianza qua/mente nel prossimo caduto mese d'aprile perché da punto in punto si steva aspettando da Napoli l'illustre Signor Governatore della medesima terra, essi asse­renti sono stati chiamati dal magnifico notar Giovanni Battista D'Agostino, o/im castellano, per polire e residiare il castello di detta terra, come in effetto· andorno assieme con detto magnifico notaro ed agiutarono a scopare, polire e residiare detto castello, tanto nel quarto superiore come inferiore, con aver scopato l'astrachi e su/fitti, polito sedie, bo/fette ed altro che trovomo che dalla parte da dentro li muri e camere di detto castello vi era rottura, frattura o macula alcuna, ma tutte le camere sudette tonacate ed imbianchite, senza macula alcuna e due giorni doppo residiato detto castello, giunse già detto illustre Signor Governatore in detta Gioiosa in salvamento.

De quibus omnibus ita peractis praedicti magister Antonius Argirò et Leo­nardus Fammartino, statim, requisiverunt nos etc. quod de praedictis omnibus publicum con/icere deberemus acum etc. Nos autem etc. Unde etc.

Praesentibus: iudice ad contractus magistro Nicolao Vadolato et testibus ma­gistro Dominica Totino, Matteo Coluccia, Francisco Argirò de Nicolao, magistro Dominica V ado lato et magistro Dominica M esiti.

21

1739, agosto 17, indizione Il, Gioiosa.

Relazione di alcuni mastri trattori sulle operazioni di peso della seta prodotta nell'anno 1738, tenutesi nella sala del castello.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo septingentesimo trigesimo nono, inditione secunda, die vero decima septima mensis augusti, in terra Giojosae etc. Regnante etc. , itafico idiomate etc.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 131

Nella presenza di noi sottoscritti regio publico notaro, regio giudice a' con­tratti a vita e letterati testimoni a quest'atto specialmente rogati e requisiti, perso­nalmente costituti mastro Sisinio Cavalieri, mastro Stefano Argirò, Nicola Tutino di Lonardo e Domenico Agostino di Giuseppe di detta terra di Gioiosa, cogniti etc. , esso d'Agostino, attuale soldato della squadra del barricello di questo Stato.

Li quali, con detti di Cavalieri ed Argirò, non per forza né indotti 'o coatti di timore alcuno, ma di loro libera, assoluta e spontanea volontà, hanno asserito conforme con giuramento testificano e facciano publico manifesto qua/mente nel mese di novembre del prossimo caduto anno mille settecento trentotto son stati loro presenti nel castello di detta terra allorché tutta la seta raccolta dal Signor don Francesco Antonio Fazzari, attuale Erario della Camera Marchesa/e di questa pre­detta terra di Gioiosa a conto dell'Eccellentissimo Signor Duca di Girifalco e Marchese di questa stessa terra che d'esso Signor erario conservavasi dentro il solito magazzieno della seta sistente nel cortile del detto castello, l'estrasse dal detto magazzieno e si è salita nella sala del medesimo castello dove si è tutta detta seta pesata e consegnata al Signor don Ilario Grandinetti, attua! Governatore Generale del sudetto Stato del ravvisato Eccellentissimo Signor Duca padrotle, in presenza del Signor Rationale, Signor don Costantino Spagnolo ed il di loro scrivano Signor don Gregorio Sestito di Girifalco, che tutti e tre in quel tempo attrovavansi in qt~esta terra in fermo, che in presenza d'essi costituti di Cavalieri ed Argirò, Tutino ed Agostino nell' undecimo giorno in detto mese di novembre del detto scorzo anno mille settecento trentotto, tutta detta seta portata da dentro detto magazzieno nella sala del detto castello da detto Signor Erario si è consegnata al sudetto Signor Governatore Generale, con haversi da lui stesso pesata partita per partita e ricevuta e notata in un foglio tutta detta seta dal presente scrivano Signor don Gregorio Sestito e doppo così passata di propria mano di detto Signor Governatore Generale ricevuta e fatta annettare, si è dato l'ordine del medesimo ad essi costituti di fagettare detta seta dalli quali con effetto doppo che fu fagefttlta , dico che fu annotata da detto Signor don Gregorio, è stata detta seta tufttl fagettata e per ordine del medesimo Signor Governatore Generale così fagettata fu riposta in detto magazieno e successivamente per ordine delt'istesso Signor Governatore Generale, tutta detta seta sì fagettata si è mandata nel regio /undaco in marina. Per esser questa la verità hanno /atto il presente atto, con promessa di ratificar/o quotiens etc., in presenza di qualsivoglia giudice o superiore.

Quibus omnibus sic peractis etc., praefati constituti requisiverunt ut de prae­dictis publicum conficere deberemus actum etc. Ideo nos etc. , iur:averunt etc., sese obligaverunt etc. Unde etc. actum etc.

Coram Nicolao Badolato regio ad contractus iudice, magnifico Vincentio Lombardo, magnifico Carulo Vetrano, Cosma Caracciolo, fabro Tlario Piscioniero, Dominica Piscioniero et me notario Dionysio Spanò rogato etc.

132 VINCENZO NA YMO

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1740, agosto 7, indizione III, Gioiosa.

Relazione di alcuni ex castellani, mastri fabbricatori e cittadini sui casi di fuga di carcerati dal castello attraveno la rupe a strapiombo sul fiume Gallìzzi e sui provvedimenti adottati al fine di reprimere il fenomeno.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo septingentesimo quatragesimo, inditione tertia, die vero septima mensis augusti, in terra Gioiosae etc., habita venia etc. Regnante etc. , italico idiomate etc.

Costituti innante noi etc. il magnifico Gaspare Vetrano, magnifico notar Giovanni Battista D'Agostino, Giuseppe Florio, mastro Giuseppe Antonio Miglio­nica, mastro Francesco Antonio Alì, mastro Giovanni Battista Coluccia, Dome­nico Macrì di Giovanni, mastro Ono/rio Sorbara, Nicola Racco, Nicola lemma di Domenico, Francesco Racco, Francesco Trichilo, Antonio Prologo, Francesco Pa­lermo, Domenico Gallo, Domenico D'Agostino, Domenico Saijnato, Antonio Martino, tutti di questa terra di Giojosa ed habitanti nella medesima; e Nicola Romeo della terra di Siderno per transitum in questa terra di Giojosa, cogniti etc. Li quali, non per forza, né indotti o coatti di timore alcuno, ma di loro libera, assoluta e spontanea volontà, hanno asserito conforme con giuramento testificano e facciano pubblico manifesto con animo di ripeter/o quando mai bisognasse, in presenza di qua!sivoglia giudice o superiore, specialmente attesta esso Gaspare Ve­trana qua/mente da trent'anni addietro circa in tempo egli era castellano del ca­stello di questa terra che aveva carcerati Pietro Rastagno e Girolamo Tutino, di questa terra, li medesimi di notte tempo fuggirono da detto castello e sono usciti dalla fenestra della camera detta la cucina di detto castello, nella quale fenestra non v'era allora gradiata né di ferro , né di legno e dalla stessa sono usciti per la via della rupe di detto castello, quale rupe sotto detta fenestra havea un poco di larghiezza circa palmi due, dove scendendo potevano appoggiare li piedi.

Attesta successivamente detto magnifico notar Giovanni Battista D'Agostino come da quarant' anni addietro si riccorda in questo castello che erano carcerati due marinari che si diceva erano della città di Scilla, li quali in una notte se ne sono fuggiti da detto castello e fuggirono dalla fenestra della camera detta la cucina vena la via della rupe di detto castello, dove allora non v'era gradiata né di ferro, né di legno, e fuggirono coll'aggiuto di una corda grossa detta il capo del molino, la quale era legata ed appesa in detta fenestra ed era stesa per la via della rupe fuori di detta fenestra, colla quale s'aggiutarono a fuggire, havendo restato detta corda appesa in detta fenestra per giorni quattro doppo la loro fuga.

Ed ancora attesta di sapere che appresso per detta fenestra seguì la fuga di detti Pietro Rastagno e Girolamo Tutino che erano carcerati in detto castello.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 133

Attesta successivamente detto Giuseppe Loccisano d'Apostolo, qua/mente da venticinque anni addietro in circa ritrovandosi egli carcerato in detto caste/io, in una mattina se ne fuggì per la camera detta la cucina che sempre la fenestra di detta camera nella quale non v'era gradiata né di ferro , né di legno, sotto quale fenestra v'era un poco di piano di detta rupe, nella quale appoggiò li piedi nel scendere ed accanto del muro di detta rupe che potea correre da sei passi, cam­minando se ne fuggì.

Attesta successivamente detto Giuseppe P/orio sapere come anni addietro li sudetti due marinari che stavano carcerati in detto castello e L'altri predetti Pietro Rastagno e Gerolimo Tutino, che ancora erano carcerati, fuggirono dalla fenestra di detta camera detta la cucina.

Detto mastro Giuseppe Antonio Miglionico attesta sapere come anni addietro li sudetti Pietro Rastagno, Girolamo Tutino e Giuseppe Luccisano, che erano carcerati in questo castello, fuggirono per la stessa fenestra di detta camera della cucina per la via della rupe, nel qual tempo non v'era gradiata né di ferro né di legno in detta fenestra.

Detti mastro Francesco Alì e mastro Giovanni Battista Coluccia attestano sapere come anni addietro li sudetti due marinari di Scilkl, Pietro Rastagno, Gi­rolamo Tutino e Giroklmo Luccisano che erano carcerati in questo castello, fug­girono dalla camera detta la cucina, proprio dalla sua fenestra verso la rupe di detto castello, dove non vi era gradiata né di ferro né di legno.

Attestano parimenti li ridetti Domenico Macrì e Domenico Agostino sapere come Giuseppe Luccisano e Giacinto Carella che erano carcerati in detto castello, per la camera detta la cucina del medesimo dalla sua fenestra dove non v'era gradiata né di ferro né di legno fuggirono per la via della rupe.

Detti Domenico Saijnato, Francesco Palermo, Domenico Gallo ed Antonio Martino attestano sapere come da molti anni addietro Giuseppe Luccisano e Gia­cinto Carella che erano carcerati in detto castetlo fuggirono per detta camera del/d cucina della sua fenestra che allora non havea gradiata né di ferro né di legno per la via della rupe di detto castello.

Attestano ancora detti mastro Ono/rio Sorbara, Antonio Prologo e Nicola lemma, sapere qua/mente li sudetti Pietro Rastagno, Girolamo Tutino, Giacinto Carella e li magnifici Francesco e Diego Passarelti di Grotteria, da molti anni addietro che erano carcerati in detto castello, fuggirono per la camera della cucina per la sua fenestra nella quale non v'era cancellata né di ferro né di legno che affacciava per la via della rupe di detto castello e scesero e fuggirono per detta fenestra con una corda lunga fino a terra sotto detta rupe. Li sudetti di Passaretli e detti Pietro Rastagno, Girolamo Tutino e Giacinto Carella fuggirono per la stessa fenestra senza L'aggiuto di corda per detta rupe.

Detto Francesco Racco attesta ancora che li sudetti due marinari di Scilla, detti Pietro Rastagno, Giuseppe Luccisano, Girolamo Tutino, Giacinto Carella e Giuseppe Belcastro, che anni sono in diversi tempi da più anni addietro che stavano carcerati in detto castello, tutti fuggirono per detta sua camera della cucina

134 VINCENZO NAYMO

per la sua fenestra che affaccia per detta rupe di detto castello, sotto quale fenestra perché v'era un poco di rupe alquanto piana dove scendendo per detta fenestra poteano appoggiare li piedi, da molti anni addietro per ordine di questa corte doppo la fuga di detti carcerati passò detto Racco col picone ha spiconato e diroccato quel poco di rupe che sotto detta fenestra si potea appoggiare ii piedi, di maniera che, doppo che così l'ha spianata restò liscia e rapida di maniera che scendendo alcuno di detta fenestra non poteva più fermar li piedi ed in detto tempo tagliò ancora un ogliastro che era attraverso in detta rupe.

E detto Nicola Racco attesta sapere come da molti anni addietro li detti due marinari di Scilla, Pietro Rastagno e Gerolimo Tutino, Giuseppe Luccìsano e Giacinto Carella, Giuseppe Belcastro e li due magnifici Diego e Francesco Passa­re/li di Grotteria che erano carcerati in detto castello fuggirono per la sua camera della cucina della sua fenestra che affaccia per la via della rupe di detto castello dove non v'era gradiata né di ferro né di legno e detti di Passare!li coll'aggiuto d'una certa lunga appesa in detta fenestra se ne fuggirono.

E detto Nicola Romeo di Siderno attesta come da trent'anni addietro Anto­nio Vardì di detta terra di Siderno che stava carcerato in detto castello se ne fuggì per la via della rupe d'esso e nel fuggire venne a cascare e· s'ha rotto li ginochi, per la qual caduta restò zoppo fin che visse.

Quibus omnibus sic peractis praefati constituti requisiverunt nos ut de prae­dictis publicum conficere deberemus actum. Et quia o/ficium nostrum publicum est et iusta petentibus non est denegandus, ideo nos etc. , iuraverunt etc., se obli­gaverunt etc. Unde etc. actum etc.

Coram Josepho Arena reggio ad contractus iudice, Vito Antonio La Rosa, fabro Domenico Agostino, fabro Ilario Pisciuneri, Criscentio Scali, Dominica Tri­marchi et me notario Dionysio Spanò rogato etc.

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17 44, novembre 19, indizione VII, Gioiosa.

Testimonianza di alcuni cittadini gioiosani del tentativo di scasso del portone del castello da parte di alcuni birri del Governatore delle sete di Monteleone.

Originale: Locri (RC), Sezione di Arcbivio di Stato, fondo notarile, not. Antonio Macn~ b. 166, vol. 1782, a. 1744, !f. 60r-6lr.

Anno Domini millesimo septingentesimo quadragesimo quarto, septima indi­tione, die vero decimo nono mensis novembris, in terra Gioiosae. Regnante etc.

In publico testimonio di verità nella presenza di noi sottoscritti re?io notaro,

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 135

regio a contratti giudice e letterati testimoni a questa atto spezia/mente rogati e requisiti, personalmente costituti mastro Nicodemo Alì, mastro Francesco Argirò di Nicolò, Leonardo Fammartino, Antonino Lopresti, Francesco Oppedisano di Do­menico, Antonio Belcastro, mastro Antonio Badolato, Francesco Racco, Felice di Agostino del Compà, mastro Stefano di Agostino, mastro Felice Linarello, Dome­nico Barbiere, Domenico Sfara, Domenico Ierace di Francesco, mastro Rosario Fragomeni, Paolo Loccisano, mastro Giambattista Leotta, mastro Rosario Racheli, il magnifico Pasquale Lombardo, mastro Felice Mazzone, mastro Francesco Gatto, Felice Muscarà, mastro Andrea Barreca, Francesco Coluccia di Nunzio, mastro Paolo Antonio Caristo, mastro Andrea Femia, il magnifico Giovanni Battista Caracciolo, il magnifico Carlo Vetrano, Francesco Diego Novello, Domenico Scali di Pietro, Ilario Loccisano, Domenico Macrì di Giuseppe e mastro Domenico Bruzzisi originarii ed habitanti di questa predetta terra respettive, li quali, sponta­neamente, non per forza o dolo alcuno ma per ogni miglior via e modo etc. , con giuramento testi/ica.no e ne fanno publica testimonianza come oggi, sudetto giorno, verso le ore quindeci, avendosi odorato che i birri del Signor Governatore delle sete di Monteleone, che stanno a poggio e fermo nella scala di questo castello, con faha chiave, in vocabolo votajanne, tentarono in tempo di notte di scassare il portone di detto castello non si sa per qual mal fine. Da chi porta le veci dello Eccellentissimo Signor Duca di Girifalco padrone fattasi stanza all'odierno Signor Vice Marchese e Giudice, dottor don Paolo Micelotti, conferirsi sulla faccia del luogo a diligenziare il delitto in genere nelle mascature di detto portone, in ese· cuzione della retta giustizia, detto Signor Vice Marchese e Giudice conferitosi avanti il piano di detto castello ed osservati detti birri del predetto Signor Gover­natore delle sete, forniti non meno di armi proibite, a poggio fermo in detta scala di detto castello e domandati loro a darli luogo colla sua corte per diligenziare colli mastri ferrari detto delitto in genere nelle mascature del portone predetto, a detta giustificata domanda si opposero detti birri impugnando non solo le armi avverso le persone di detto Signor Vice Marchese e sua comitiva, drizzati gli schioppi alla faccia col cane posto sopra, ma di vantaggio dissero: " Non accostate che altrimenti vi faremo levare su de' carri morti!". Veduta t'impugnazione di dette armi e lo animo di detti birri ostinato a ferire detto Signor Vice Marchese e Giudice, per evitare Lo inconveniente tumulto, fu forzato, usata prudenza, ritornare addietro. Essendo tutto ciò di verità li testificanti sudetti per scrupulo di loro coscienza ed affine di aver il suo luogo il vero hanno /atto il presente publico atto in causa scientiae etc. Ed hanno promesso ratificar/o totiens, quotiens etc. avanti qualsisia giudice etc., sotto l'obligo di !oro respettivi beni.

Quibus omnibus sic peractis dicti testificantes requisiverunt nos quod de prae­dictis omnibus publicum con/icere deberemus actum etc. Nos autem etc. Unde etc.

Praesentibus pro testibus Nicolao Badolato regio ad contractus iudice, ma­gnifico Chosma Commisso, Francisco Macrì de Dominica, fabro Antonio Oppedi­sano de fosepho, fabro Petro RacheLi, Leonardo Coluccia et me notario Antonio Macrì praedictae terrae rogato.

136 VINCENZO NAYMO

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1745, ottobre 18, indizione VIII, Gioiosa.

Relazione dei mastri baglivi dell'anno 1745 sui danni causati dalla rottura di una giara di olio conservata nella stipa del castello.

Originale: Locri (RC), Sezione di Archivio di Stato, fondo notarile, not. Antonio Macrì, b. 166, vol. 1782, a. 1745, !f. 49v-50r.

Anno Domini millesimo septingentesimo quadragesimo quinto, octava indi­tione, die vero decimo octavo mensis octobris, in terra Giojosae. Regnante etc.

In publico testimonio di verità nella presenza di noi sottoscritti regio notaro, regio a contratti giudice e letterati testimoni a questo atto spezia/mente rogati e requisiti, personalmente costituiti il magnifico Vito Antonio La Rosa, Francesco Ritorto di Domenico, Antonio Saijnato di Domenico, mastro Nicolò Alì, mastro Giuseppe Antonio Miglionica e Francesco Macrì originari di questa sudetta terra. Gli stessi, spontaneamente, non per forza o dolo alcuno ma per ogni miglior via etc., con giuramento, ne /anno publica testimonianza cioè li predetti Ritorto e Sai;nato aver empite di oglio nel tempo servivano la camera marchesale di detta terra da baglivi nel detto corrente anno mille settecento quarantacinque, ventidue giarre nuove, situate nella stipa a fianco destro del carcere " la scala" e tutti e sei essi testificanti oggi sopradetto giorno ad istanza del molto illustre dottor Signor don Domenico Barletta, attuai erario di detta camera marchesale, conferitisi nel castello di detta terra e proprio in detta stipa di oglio di detta camera marchesale, situata a fianco destro del detto carcere nomato "la scala", aver in essa attrovate dette ventidue giarre nuove l'una del/i quali sfràtasi da sotto fino al collo acci­dentalmente, conforme hanno giudicato, era capace con certezza di dodici cafisi, oglio che sparso per detta stipa e poi dalle mura e porta comunicatosi nell'altra stipa accanto, non si ha potuto raccogliere nemmeno in piccio/issima quantità, per essere stato intero assorbito dal terreno. E le remanenti nel numero di ventiuno aver di presente di mancanza quattro cafisi, parte perché grondarono l'aglio come osservano fÙl sottilissime fissure di fresco fatte e parte perch'é proprio di tali vasi nuovi nel primo uso aver simile perdita e più asserbandola la creta arsiccia. Es­sendo tutto ciò di verità per scrupolo di loro coscienza ed a cautela di chi spetta hanno fatto il presente publico atto che promettono ratificare in ogni corte sotto l'obligo di tutti loro beni.

Quibus omnibus sic peractis dicti testificantes requisiverunt nos quod de prae­dictis omnibus publicum conficere deberemus actum etc. Nos autem etc. Unde etc.

Praesentibus pro testibus Nicolao Badolato regio ad contractus iudice, fabris Francisco Gatto et Dominica At;girò de Francisco, magnifico Laurentio Spanò, Antonio Oppedisano de Joseph , magnifico Emiliano lombardo et me notario An­tonio Macrì praedictae terrae rogato.

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 137

25

1770, febbraio 4, indizione III, Gioiosa.

Racconto di Domenico Argirò di una visita turistica al castello di Gioiosa acca­duta durante il mese di giugno dell'anno 1769.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo septingentesimo septuagesimo, tertia inditione, die vero quarta mensis februarii, in terra Giojosae. Regnante etc. , habita venia etc.

In pubblico testimonio di verità nella presenza di noi sottoscritti regio giudice a contratti, regio notaro e testimoni a questo atto spezia/mente rogati e requisiti, personalmente costituto Domenico Argirò di Tomaso di detta terra, il quale non indotto da forza o timore alcuno ma di sua spontanea e libera volontà e per ogni miglior via etc. , testifica, con giuramento, come nel mese di giugno dell'anzi caduto anno I 769, non ricordandosi del preciso giorno per la lunghezz.a del tempo, mentre attrovavasi carcerato nel civile del castetlo di detta terra vidde entrare nel medesimo con Arcangelo Placanica, legitima moglie d'Ilario Pisciuneri Lucciaro, castellano del castello sudetto, il Signor don Giuseppe Paparo, allora Vice Mar­chese della medesima terra, don Vincenzo Floccari di Mammola, don Francesco Museo di Castelvetere, l'aroma lario Cappe/Ieri di Roccella e li chierici benefiziati don Gaetano Hyerace, don Ferdinando Amaturi ed il quondam don Ferdinando Passare/li assiemente con don Francesco Antonio Oppidisano di questa sudetta terra e, passati per quel cortile, salire nei quarti superiori. Accadde per suoi affari scender nella propria casa la detta Arcangelo e per star la cura di esso sudetto Argirò carcerato, non che degli altri. Serrò a chiave il portone di esso castello e li predetti di Paparo, Floccari, Museo, Cappe/Ieri, Hyerace, Amaturi, Passare/li ed Oppidisano restarono in esso divertendosi e spasseggiando. Ritornata la sudetta Arcangelo ed apertosi dall'istessa il sudetto portone se ne uscirono li predetti di sopra nominati e cognominati colla medesima pace e quiete ch'entrarono. Quindi, spinto dalla curiosità, esso sudetto testificante e domandata la sudetta Arcangelo cosa significò la venuta di essi Signori nel detto castello, gli rispose a loro richiesta aver aperto il detto portone, serrato a chiave, per appagarsi li forestieri, cioè Signori Paparo, FLoccari, Museo e Cappetleri della veduta di detto castello e li detti di Hyerace, Amaturi, Passare/li ed Oppidisano averli associati come buoni amici nel detto divertimento.

Asserendosi il fatto contrario al presente, il che non crede, lo dichiara falso, falsissimo ed escogitato da figli d'iniquità. Onde, essendo tutto ciò di verità, in causa scientiae etc., per scrupolo di sua coscienza ed indennità di chi spetta, ha fatto fare il presente pubblico atto di cui promette la rattifica sotto l'obbligo etc.

Quibus omnìbus sic peractis praefatus de Argirò requisivit nos ut de dieta sua

138 VINCENZO NA YMO

testificatione publicum conficere deberemus actum etc. Nos autem etc. Unde etc. Praesentibus pro testibus: ]osepho Catalano regio ad contractus iudice, don

Vincentio Mazza hic ad presens, don Francisco Barletta, fabris ]acobo Coluccia, Rachaele Ierace et Antonio Argirò atque me notario Antonio Macrì praedictae terrae rogato.

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1770, febbraio 4, indizione III, Gioiosa.

Racconto di Nicodemo Atgirò di una visita turistica al castello di Gioiosa acca· duta agli inizi di giugno dell'anno 1769.

Estratto da: V. NAYMO, Vita quotidiana a Gioiosa nell'età moderna, in corso di redazione.

Anno Domini millesimo septingentesimo septuagesimo, tertia inditione, die vero quarta mensis februarii, in terra Gioiosae. Regnante etc., habita venia etc.

In pubblico testimonio di verità nella presenza di noi sottoscritti regio giudice a contratti, regio notaro e testimoni a questo atto spezia/mente rogati e requisiti, personalmente costituto Nicodemo Atgirò di Tomaso di detta terra, il quale non indotto da forza o timore alcuno ma di sua spontanea e libera volontà ed in ogni miglior via etc., con giuramento testifica come nei prinzipi del mese di giugno del poco anzi caduto anno 1769, giusta il suo ricordo, trovandosi carcerato nel civile del castello di detta terra ad istanza del magnifico erario della medesima don Pier Francesco Paparo, vidde nel medesimo entrare con Arcangela Placanica, legitima moglie d'Ilario Pisciuneri Lucciaro, castellano del medesimo, il Signor don Giu­seppe Paparo, in quel tempo Vice Marchese di questa sudetta terra, don Vincenzo Floccari di Mammola, don Francesco Museo di Castelvetere, l'aromatario Cappel­leri di Roccella e li chierici benefiziati don Gaetano Hyerace, don Ferdinando Amaturi ed il quondam don Ferdinando Passarel!i, don Francesco Antonio Oppi­disano e don Nicola Migliore di questa sudetta terra, li quali, passati per quel cortile, salirono nell'abitazione superiore. Poco dopo di detta entrata la predetta Arcangela serrò a chiave il portone di detto castello e si portò nella propria casa dove trattenutasi un pezzo, ritornò ed aprì detto castello. Quindi, divertitisi per tutto quel tempo in detta abitazione superiore li sudetti di Paparo, F!occari, Mu­seo, Cappe/Ieri, Hyerace, Amaturi, Passare/li, Oppidisano e Migliore, scesi nel .detto cortile se ne andarono via pacificamente e quietamente come accadde nel­l'entrare. Spinto, non men suo fratello Domenico Argirò altro carcerato che lui, dalla curiosità di detta venuta in esso castello dei sudetti Paparo, Floccari, Museo,

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE 139

Cappelleri, Hyerace, Amaturi, Passare/li, Oppidisano e Migliore, ne domandò la causa di tal novità ad essa Arcangelo e la predetta gli rispose che, desiderosi li sudetti forestieri Paparo, Floccari, Museo e Cappe/Ieri di vedere il detto castello, la richiesero con garbatezza di aprirglielo e li predetti di Hyerace, Amaturi, Passarelli, Oppidìsano e Migliore come comuni amici s'associarono.

Se mai, il che non credesi, alcuno asserirà contro la forma del presente publico atto, dichiara una tal assertiva falsa , falsissima ed escogitata da figli d'ini­quità. Onde, essendo tutto ciò di verità, in causa scientiae etc., per scrupolo di sua coscienza ed a cautela di chi spetta, ha fatto fare il presente pubblico atto di cui promette la ratti/ica sotto l'obbligo etc.

Quibus omnibus sic peractis praefatus de Argirò requisivit nos ut de dieta sua testificatione publicum conficere deberemus actum etc. Nos autem etc. Unde etc.

Praesentibus pro testibus: Nicolao Badolato regio ad contractus iudice, don Antonio Pellicano, don Vincentio Mazza hic ad presens, magnifico Chosmae Com­misso, fabro Dominica de Agostino de Francisco, cum Augustino Caristo et me notario Antonio Macrì praedictae terrae rogato.

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1774, maggio 4, indizione I, Gioiosa.

Relazione sullo stato del castello di Gioiosa all'atto della presa di possesso del feudo da parte di Michele Caracciolo, Duca di Soreto.

Originale: Archivio Naymo Pellicano Spina in Gioiosa fonica, Atti dì possesso della terra di Gioiosa da parte di Michele Caracciolo, duca di Soreto, f 19r.

Si certifica da me qui sottoscritto pro attuario della Regia Corte della città di Catanzaro, delegato come da provisioni del Sacro Regio Consiglio da essa Regia Corte osservate, il disimpegno delle quali fu a me addossato, mi sono personal­mente conferito nel palazzo baronale di questa sudetta terra di Gioiosa, volgar­mente chiamato Il Castello, alfine di procedere all'annotazione di tutto il mobile ivi esistente. Ed avendolo diligentemente caminata camera per camera in presenza del/i qui sotto annotati testimoni, in niuna di esse sì ritrovò cosa alcuna essendo un tal palazzo inabitabile e quasi diruto.

Presenti per testimoni in tale atto Stefano Gallo, Domenico de Agostino e moltissimi altri ed a fede etc. Lì Gioiosa, 4 maggio 1774.

Antonio Ciciarelli pro attuario della Regia Corte di Catanzaro delegato, cer­tifico come sopra etc.

140 VINCENZO NA YMO

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1774, maggio 4, indizione I, Gioiosa.

Relazione sullo stato dell'archivio del castello di Gioiosa all'atto della presa di possesso del feudo da parte di Michele Caracciolo, duca di Soreto.

Originale: Archivio Naymo Pellicano Spina in Gioiosa fonica, Atti di possesso della terra di Gioiosa da parte di Michele Caracciolo, duca di Soreto, !f. 17v-18v.

( .. .) E nell'atto dell'esibizione del sopradetto bilancio esso magnifico don Gaspare Avetrano confessò a me sottoscritto ed attestò non esser in suo potere altre scritture attinenti all'interesse di detta marchesa! terra di Gioiosa, giacché, siccome disse, non furono ad esso magnifico di Avetrana consegnate scritture, ma queste si ritrovano nella cancelleria, la quale da molto tempo che si ritrova chiusa e ben serrata, le di cui chiavi si rattrovano in potere della illustre Principessa di Valle e Duchessa di Girifalco donna Margarita Caracciolo, motivo per cui non li ho possute bavere da esso magnifico di Avetrana altre scritture concernentino alla sopradetta azienda, onde io in onor del vero ne ho formato il presente atto ed a fede etc. Gioiosa, lì 4 maggio 1774.

Antonio Ciciarelli mastrodatti della Regia Corte di Catanzaro certifico come sopra etc.

( .. .) Il detto magnifico don Francesco Barletta ( ... ) mi /e sapere non tener lui

scritture di sorte alcuna attinentino a detto feudo, ma queste, se ve ne fussero, si trovano rinserrate nell'archivio sito nel palazzo baronale di questa predetta terra la di cui chiave sta presso l'illustre Principessa della Valle, motivo per cui un tal archivio gran tempo è che si ritrova serrato senza che l'illustre Marchese d'Arena don Tristano Ca.racciolo ci avesse avuto mai dominio alcuno su detto archivio. Onde in onor del vero ne ho formato il presente atto ed a fede di. G ioiosa, lì 4 maggio 1774.

Antonio Ciciarelli mastrodatti della Regia Corte di Catanzaro delegato certi­fico come sopra etc.

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142 VINCENZO NAYMO

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INDICE DEI NOMI

-A-Agnana 54; 55 Agostino Giovanni Battista 78; 82 Alossa, famiglia 88; 91 Alossa, palazzo 88; 91 Aiossa Caterina 91; 92; 93 Alossa Domenico Antonio 91; 92; 93 Aiossa Gonigonda 91; 92; 93 An, famiglia 88 Amaduri, famiglia 88; 89 Amaduri, palazzo 88 Amaduri Ferdinando 90; 91; 92 Angil!etta, famiglia 88 Arena 88 Arena (de) Emilia 31 Argirò Antonio 82 Argirò Domenico 90; 91 Argirò Nicodemo 90 Argirò Stefano 83; 84; 86 Argirò T ommaso 90 Arguria, v. Ragusia

- B -Badolato, famiglia 88 Balderi Malgerio 13; 14; 16 Bari/faro Emilio 7n.; Un. Barletta, famiglia 64; 88 Barletta Domenico 86 Barletta Francesco 89; 92 Barletta Maria Beatrice 94; Barletta o Di Mezzo , porta di accesso 64;

65; 81; 82 Barracano Lelio 6 7 Belcastro, famiglia 88 Bruzzese Francesco 80

-C-

Cafia, rione 93 Calabria 5, 11; 13n.; 55; 66 Calabria, Arrendamento delle sete di 83; 85 Calabria, Giustiziere di 14 Calabria, Governatore delle sete di 83; 84;

85 Calabria Ulteriore 9; 29; 93 Calipusa 54 Candido Pietro 66 Cappelleri, aromatario 90 Cappelli A. 65n. Caracciolo della Spina, famiglia 32; 43;

50; 57; 58; 59; 64; 94 Caracciolo, palazzo 16; 31; 32 Caracciolo Rossi, famiglia 15; 17; 18; 23;

31; 32 Caracciolo Antonia 32n. Caracciolo Anronio 17; 58; 59 Caracciolo Battista 17; 18; 31 Caracciolo Cilla 6 7 (aracciolo Fabrizio 68; 88; 89 Caracciolo Francesco 55n. Caracciolo Francesco 64; 66; 68 Caracciolo Francesco Antonio 85 Caracciolo Francesco Maria 3.3; 66; 67;

68; 76 Caracciolo Gennaro juniore 85; 86; 88; 89 Caracciolo Gennaro seniorc 32n.; 55; 56;

57; 58; 59 Caracciolo Giovanni 17 Caracciolo Giovanni Battista 66 Caracciolo Giulia 66 Caracciolo Giulio Cesare 32 Caracciolo Isabella 32n. Caracciolo Laura 32n. Caracciolo Lodo vico J l Caracciolo Margherita 88; 89; 94 Caracciolo Mario 59

144 VINCENZO NAYMO

Caracciolo Michele juniore 89; 90 Caracciolo Michele seniore 43; 58; 59; 64 Caracciolo Nicola Maria juniore 63; 76;

78; 81; 83; 84; 85 Caracciolo Nicola Maria senior 66 Caracciolo Pasquale 94 Caracciolo Pietro Jacopo 32 Caracciolo Polidoro 31 Caracciolo Simone 23n.; 31; 32; 66n. Caracciolo Tommaso 16 Caracciolo Tristano juniore 94 Caracciolo Tristano seniore 88; 89; 90 Caracciolo Troylo 31 Carafa, famiglia 23; 43; 51; 55; 58; 76 Carafa Giovanni Battista 29; 30; H; 32;

50; 53; 54; 55; 58 Carafa Girolamo 50; 53; 55 Carafa Jacopo 51 Carafa Vincenzo 51; 53; 54; 58 Carella, famiglia 88 Carella Giacinto 45 Carella Nicola Giovanni 29 Carlo VIII, re di Francia 29; 43 Carlo D'Angiò, re 13 Carpentier Jean 43 Castelfranco 59 Castelvetere 29; Jl; 50; 51; 53; 54; 79;

81; 88; 90 Catanzaro 92 Cavaleri Domenico 42 Cavaleri Giovanni Banista 29 Cavaleri Giuseppe 80 Cavaleri Sisinio 83; 84 Cavaleri Tommaso 42; 70; 72n.; 74; 76n. Cetera, famiglia 88 Cetera Alessandro 83 Cetera Antonio 74 Cetera Diego 74 Cetera Francesco 42; 68; 69; 70n.; 74; 75;

80n. Ciaulella Giovanni Felice 55 Ciciarelli Antonio 89 Cingari Gaetano 12n.; 56n.; 63n.; 64n.; 76n. Coluccio, famiglia 88 Condercucli, famiglia 88 Correale Marino 11; 12; 28; 29; 43; 50; 51 Cosenza 59 Crispano Giovanni Vincenzo 50; 55; 56; 55

-D-

D'Agostino Antonio 83 D'Agostino Enzo 68n. D'Aragona de Ayerbe Giuseppe 67 D'Arena Decio 59 De Adamo, famiglia 32n. De Arena, v. Arena De Ayerbe de Aragona, v. D'Aragona de

Ayerbe De Laya, v. Laya De Luna, v. Ximenes de Luna De Mari, famiglia 88 De Mari Giovanni Vincenzo 57 De Porcellis Fabio 57 De Ragusia, v. Ragusia De Somma Lucrezia 58; 59 Delega Giovanni Paolo 56 Della Rovere Francesco Maria 65 Deodino famiglia 82; 88 Deodino, palazzo 65; 81 Deodino Strada dei Signori 91 Deodino Alberico 11; 50 Deoclino Antonio 65; 81 Deoclino Francesco 83 Deoclino IsabeUa 50 Deodino Nicola 83 Deodino T ommaso 32n. Deoclino Veneranda 81 Di Bernardo Francesco Antonio 82 Di Mezzo o Barletta, porta eli accesso v.

Barletta

-E-Era (de) Maueo lJn.

-F-Falleni Fortunato 79; 80 Falsa , porta di accesso 64 Fammartino Leonardo 82 Fanosa Giovanni Francesco 59 Fazzari Francesco Antonio 84 Federico D'Aragona, re 51 Fiore Giovanni 50n. Floccari Paola 74; 75 Floccari Vincenzo 90

11. CASTELLO DI GIOIOSA TN CALABIUA ULTERIORE 145

Franco, fiumara 80 Fuda Francesco 73; 74 Fuda Roberto 7n.; 8; Un.; 17n.; 66n.

-G-

Gagliardo Giovanni Pietro 58; 80; 81 Gagliego Giovanni 54 Galea, località 80 Ga//izzi, fiume 9; 23; 27; 30; 32; 44; 62;

78 Galtieri Nicola Maria 65 Gerace Un.; 14; 15; 16; 17; 31; 49; 51 ;

53; 63; 68 Gerace, Capitolo dei canonici 68 Gerace, castello di 14 Gerace, Curia vescovile 79 Gerace Girolamo 73; 74 Gioiosa 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12; 13n.; 15; 16;

17; 18; 23; 24; 25; 26; 27; 28; 29; 31; 41; 43; 49; 50; 51; 52; 53; 54; 55; 56; 57; 58; 59; 62; 63; 64;65; 66; 67; 68; 69; 70; 73; 74; 75; 76; 78; 79; 80; 81; 82; 83; 84; 85; 86; 88; 89; 93; 94;

Gioiosa, Camera Marchesale 78; 79; 81n.; 84

Gioiosa, Corte di 29; 43; 46; 69; 70; 73; 80

Gioiosa, Regio Fondaco 84 Gioiosa, Università di 43; 44; 53; 58; 59;

62; 65; 66; 68; 69; 81; 82 Girardis, famiglia 88 Girifalco 68; 76; 84; 85 Gran Corte della Vicaria 15; 79 Grandinetti Ilario 84 Grotteria Il ; 13; 14; 15; 16; 17; 18; 23;

25; 26;29; 43; 45;50;5ln.; 55; 56; 57; 58; 63; 65; 80; 81; 88

Grotteria, baronia di 13; 15; 23; 24; 25; 49; 50; 51; 54

Grotteria, castello di 43; 57; 81

- H-

Hyeraci, famiglia 88 Hyeraci (de) Caterina 31 Hyeraci Alessandro 72

Hyeraci Domenico 72 Hyeraci Gaetano 90; 92; 93 Hyeraci Giovanni Sabato 91 Hyerad Giovanni Tommaso 83; 91; 93 Hyeraci Rosa 92

- I-

lemma Elisabetta 91; 93 lemma Nicola 91; 93 Incorpora Gaudio 7n.

- L-

Lacchi, quartiere 78 Lautrec, guerra del 28; 53 Laya (de) Giovanni 15; 17 Lecci Pasquale 91 ; 92 Lentina, 16; 17 Leone Russo (de) Pietro 51 Ligorio, famiglia 88 Linares, famiglia 88 Linares Antonio 11; 50; 51; 52 Loccisano Apostolo 45 Loccisano Giuseppe 45; 80 Lof&edo (de) Marco Antonio 55; 56; 57;

58 Lof&edo (de) Pirro 55 Lombardo Giovanni Giacomo 83 Longo Pietro 80 Longo Princivalle 56

- M-

Macrl Antonio 91; 93n. Macrì Marino 53 Magnoli Giovanni 56 Mammola 54; 90 Mamegna Francesco 69; 73; 74 Mantegna Pietro 69 Marando Giacinto 69; 70 Marchese Antonio 70 Mari Massimiliano 8 Marina di Gioiosa Jonica 65n. Martino Grazia 69; 70 Martone 58; 73; 80; 8l n.; 88 Martorano Francesca 8; 27n.

146 VINCENZO NA YMO

Marulla Vincenzo 66 Mazza, famiglia 88 Mazza Francesco Antonio 32n. Mazza Vincenzo 92 Melina Giacinto 89 Mercuri Caterina 42 Messina 66 Messina Giovanni Pietro 79 Messina Isabella 72 Mesuraca Vincenzo 88n. Micelotti Paolo 85 Migliori, famiglia 88 Migliori Nicola 90 Minki Francesco 72 Minici Giovanni Batti5[3 80 Molignano Francesco 53; 54n. Monteleone 83; 84 Morcone 59 Motta Gioiosa v. Gioiosa Museo Francesco 90

- N-Nadile Vincenzo l2n. ; 63n.; 8ln. Napoli 28; 32n.; 57; 62; 84 Napoli, Gran Corte delle Vicaria v. Gran

Corte della Vicaria Napoli, Regno di 24; 41; 43; 50; 55n.; 57;

63; 64; 66; 83 Napoli, Sacro Regio Consiglio v. Sacro

Regio Consiglio Natì Silvestro 80 Naymo Pellicano Spina, archivio della fa-

miglia 88n. Naymo Vincenzo 6; 51n.; 52n.; 54n;79n. Niutta, famiglia 75 Niutta, palazzo 74 Niutta Biase 74 Niutta Carlo 74; 75 Noviglono (de) Sicardo 14; 16 Novito, fiume 70

-0-

Ocra (de) Pietro 13; 14; 16 Oppedisano, famiglia 88 Oppedisano Francesco Antonio 90

Oppedisano Nicola 79 Oppedisano Ottavio 81; 82

-P-Pacifico Giulio 59; 62 Paganica Francesco 66n. Palmara 91 Paparo Giuseppe 90 Paparo Pier Francesco 90 Passarelli Antonio 72; 75 Passarelli Diego 45 Passarelli Ferdinando 90 Passarelli Francesco 45 Patrocca Scipione 68 Pellicano, famiglia 88 Pellicano Barletta Corrado 8; 94 Pellicano Barletra Pierdomenico 94 Pellicano Castagna, archivio della famiglia

81n. Pellicano Castagna Mario 11; 12n.; 15n.;

17n.; 43; 44n.; 5 l n.; 58; 59; 64n.; 85n.; 88n.; 94n.

Pellicano Pietro 83 Pellicano Spina Domenico 94 Pietrafitta 59 Pirara, rione 93 Pisciuneri Antonio 72 Pisciuneri Ilario 90 Placanica Arcangela 90 Poltrone Francesco 92 Pontificio, Stato 65n. Porta di Meuo, v. Barletta o di Meuo,

porta di accesso

-R-Racco Francesco 46 Rastagno Pietro 45 Ragusia, feudo 12; 13; 14; 15; 16; 17; 18;

23; 31; 49 Ragusia (de), famiglia 17 Ragusia (de) Giovanni lJ; 14; 16 Reggio Calabria 6; 69; 94 Regia Coree 24; 74; 89 Regio Collateral Consiglio 81; 82

IL CASTELLO DI GIOIOSA IN CALABRIA ULTERIORE

Retteri Antonio 72 Retteri Vittoria 70; 72 Riitano Antonio 79; 80 !Upolo, famiglia 88 !Utorto Francesco 86 Roberto D'Angiò, re 14 Roccella lOn; 31 ; 51; 53; 88n.; 90 Rodinò Massimo 7n. Romanò, feudo 88 Romeo Nicola 45

- s -S. Anna, chiesa 53 S. Antonio, località 78 S. Barbara, grangia di 79 S. Caterina, chiesa 94 S. Giovanni Battista, chiesa Matrice 68;

73; 86; 88n.; 94 S. Maria de Maratà, chiesa 51; 52; S. Maria delle Grazie, feudo 78; 88 S. Nicola, chiesa 91; 92; 93 S. Nicola a Mare, chiesa 65n. S. Nicola, Piano di 91; 92; 93 S. Rocco, chiesa 63; 93 SS. Trinità, chiesa 93 Sacro Regio Consiglio 26; 50; 55; 56; 57;

58; 63; 80; 89 Sainato Caterina 69 Sainato Pietro Antonio 68; 69 Salerno Stefano 86 San Giorgio Morgeto 16 San Giovanni, casale 80; 92 San Giovanni di Gerusalemme o di Malta,

ordine cavalleresco 94 Santacrocre Antonio 55 Scali Domenico 42 Scali Giacinto 42 Schirripa Girolamo 42 Schirripa Giuseppe 42 Scilla 45 Sculco Stefano, vescovo di Gerace 68 Seminara A/fio 6; 8; Serra San Bruno 86 Sestito Gregorio 84 Siderno 45; 55; 69 Sol/alzo Salvatore 8

Soreto 88 Spagnolo Costantino 84 Spanò Dionisio 83n. Spanò Michele 80 Spina La, torre di guardia 65; 79 Srriveri Agazio 43

- T -Taforet Jean 13; 14; 16 Tarzia Cecilia 91; 92; Tarzia Nicola 92 Tarzia Provvidenza 91; 92 Taverna 32n; 68 Teotino Pietro 68; 74 Terranova 11; 50; 51 Torbido, fiume 53 ; 79 Totino Francesco 79 Trichilo Giovanni Battista 80 Trinità, strada della 93 Turino Girolamo 45

-U-Urbino 65; 66

- V-Valle, principessa di 89 Vardl Antonio 44 Vendo/a Domenico 15n. Ventrice Jacopo 29; 43 Vetrano Gaspare 43; 83 Vetrisano Ninfa 42 Von Lobstein Franz 78n.; 94n.

- X -

Ximenes de Luna Anfuso 15 Ximenes de Luna Blasco 14; 15; 17

-Z -

Zangari Domenico 14n. Zarzaca, famiglia 88 Zarzaca Francesco 72 Zobatore Carlo 59; 62

147

INDICE GENERALE

Presentazione 5

Premessa 7

Introduzione 9

Capitolo 1: Il problema delle origini 11

l. Il feudo di Ragusia 12 2. La nascita del castello 15

Capitolo Il: Il ruolo amministrativo e la giurisdizione 23

Capitolo III: Storia delle strutture attraverso le fonti documentarie 27

l. La fortificazione 27 2. Il palazzo baronale 31

Capitolo IV: Le carceri e i carcerati 41

Capitolo V: Il castello fra eventi eccezionali e vita quotidiana 49

l. Vicende storiche fra Quattro e Cinquecento 49 2. Il Seicento 64 3. Il Settecento 76

Appendice 95

Tavole 97

Documenti 101

Bibliografia 141

Indice dei nomi 143

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI APRILE Mw'VfXCVI NELLO STAB!UMENTO <<ARTE TIPOGRAFICA» S.A.S.

S. BIAGIO DEl UBI\AI • NAPOU