Guida alle modalità di finanziamento delle piccole e medie aziende esportatrici. Le scelte...

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INDICE

1. Perché finanziare l’attività sui mercati esteri

1.1 Nuovi scenari pag. 1

1.2 Costo del finanziamento e redditività dell’azienda pag. 3

1.3 Le opportunità offerte dai differenziali sui tassi d’interesse pag. 5

2. Tipici finanziamenti di fonte bancaria o parabancaria

2.1 Lo sconto di effetti pag. 11

2.2 Il finexport pag. 18

2.3 Il finanziamento del contratto pag. 24

2.4 L’apertura di credito documentaria pag. 24

2.5 Gli europrestiti pag. 27

2.6 Il factoring internazionale pag. 29

2.7 I mutui multicurrency pag. 31

2.8 Il forfaiting pag. 32

2.9 Il confirming pag. 33

3. I principali interventi pubblici

3.1 Il quadro normativo pag. 35

3.2 Sostegno alla penetrazione commerciale pag. 37

3.3 Sostegno agli investimenti all’estero pag. 42

3.4 Sostegno ai consorzi di esportazione pag. 46

3.5 Finanziamento dei crediti pag. 51

3.6 Finanziamento degli ordini pag. 56

4. L’assistenza dell’Unione Europea

4.1 La piccola e media impresa secondo l‘UE pag. 58

4.2 Le istituzioni finanziarie dell’UE pag. 59

4.3 L’accesso alle fonti informative pag. 61

4.4 AL Invest pag. 63

4.5 Convenzione di Lomè pag. 63

4.6 Craft pag. 65

4.7 EC Investment Partners pag. 65

4.8 Eurotech Capital pag. 67

4.9 Exprom pag. 68

4.10 Iniziativa Pmi pag. 69

4.11 Interprise pag. 69

4.12 Joint European Venture pag. 70

4.13 Joint Venture Programme pag. 70

4.14 Med Invest pag. 72

4.15 Media II pag. 73

4.16 Phare pag. 73

4.17 Piani Integrati Mediterranei pag. 74

4.18 Tacis pag. 74

4.19 Venture Consort pag. 75

5. La programmazione dei finanziamenti in valuta in relazione ai cambi

5.1 Premessa metodologica pag. 77

5.2 Gli aspetti critici pag. 77

5.3 Il livello del cambio ad inizio operazione ed in prossimità

dell’estinzione

pag. 77

5.4 Il cambio di indifferenza (break-even) pag. 85

5.5 La presenza di più finanziamenti in valuta pag. 91

5.6 L’arbitraggio sulle valute pag. 91

1

1. PERCHÉ FINANZIARE L’ATTIVITÀ SUI MERCATI ESTERI

1.1 Nuovi scenari

È noto a tutti che il sistema produttivo nazionale è caratterizzato da un forte grado di

apertura verso l'estero. Vi sono intere aree del Paese il cui sviluppo è trainato

dall’attività d’esportazione.

Però, se da un lato l'integrazione dei mercati europei concede occasioni di sviluppo,

dall’altro richiede il mantenimento delle performance aziendali su standard elevati. Se è

vero che il processo in corso permette la conquista di quote di mercato estero, è anche

vero che ciò vale per tutte le aziende dell’UE, e quindi si deve mettere in conto la

potenziale cessione di quote di mercato interno.

Integrando questo scenario europeo con il contesto globale, estremamente

concorrenziale, si può ben comprendere il perché di tanta attenzione per la capacità di

penetrazione delle piccole e medie imprese (Pmi) nei mercati internazionali, aziende

note più che altro per l’efficienza nell’attivare sinergie con il territorio di origine.

Le nostre Pmi entrano nei mercati esteri supportate da un riconosciuto know-how

tecnico e commerciale, ma vi sono elementi che possono frenare il loro successo,

soprattutto nel lungo periodo:

rispetto a quanto avviene nei maggiori paesi UE, sono aziende di dimensione

prevalentemente piccola e piccolissima;

la carenza di una programmazione e di un sostegno finanziario adeguati alla

concorrenza europea spingono alla fuga dai programmi d’investimento di lungo

periodo;

questa fuga è aggravata dal difficile ricambio generazionale della classe

imprenditoriale;

la perdita di domanda interna conseguente all'integrazione europea si innesta su un

preesistente calo generato dalla nostra politica di rientro dal debito pubblico.

Quanto più sono incerti gli scenari di riferimento e tanto più le Pmi tendono a

conseguire profitti di breve periodo. Ciò le induce a svilupparsi in settori tradizionali a

non elevato contenuto tecnologico, ma proprio per questo anche più soggetti alla

concorrenza internazionale di paesi emergenti e/o di nuova industrializzazione (Est

europeo e Sud-est asiatico). In buona sostanza, le nostre Pmi rischiano fortemente di

accasarsi solo momentaneamente nei mercati oltreconfine, senza porre le basi per una

permanenza di lungo periodo.

Negli anni recenti vi sono stati provvedimenti di liberalizzazione valutaria. Questi

hanno spezzato il legame che in passato doveva sussistere tra l’operatività commerciale

ed il finanziamento delle operazioni di import/export. L’effetto finale è stato quello di

trasformare i finanziamenti in valuta da operazioni a rigido controllo centrale1 in una

normale forma di approvvigionamento di risorse liquide. Conseguentemente il

mantenimento degli equilibri finanziari (soprattutto quelli di breve periodo) sono venuti

a dipendere anche dalla gestione valutaria dell'azienda.

L’entrata in vigore dell’Euro avrà certamente degli effetti non secondari sulla

1 Da parte della Banca d’Italia, tramite gli istituti di credito ordinario e l’Ufficio Italiano Cambi.

2

capacità d’esportazione delle Pmi. In presenza di un’unica valuta non si potrà più

contare sulla (eventuale) sottovalutazione della lira, e il successo nell’export sarà

strettamente legato all’efficienza interna; a parità di ogni altra condizione, soprattutto in

tema di qualità del prodotto, i prezzi dovranno infatti essere già competitivi nei listini in

lire2.

La prossima introduzione dell’Euro non deve far cadere la guardia sulle

problematiche della programmazione finanziaria in valuta. L’Euro, infatti, non

eliminerà tutte le monete europee, e partendo con 11 valute non rappresenterà nemmeno

tutte le valute dell’UE. Tra quelle escluse vi sono valute forti spesso utilizzate negli

scambi commerciali3; sono sia comunitarie, come ad esempio la Sterlina inglese, sia non

comunitarie, come il Franco svizzero, sia non europee come il Dollaro statunitense e lo

Yen giapponese. Più precisamente:

la moneta unica entra in vigore 1999, ma fino al 1 luglio del 2002 l’Euro sarà ancora

affiancato dalle monete tradizionali e in questa fase transitoria i paesi aderenti

s’impegneranno a mantenere un regime di cambi fissi; ciò azzererà il rischio di

cambio, ma limitatamente alle monete dei paesi partecipanti all’Euro e non a tutte le

altre valute usate negli scambi internazionali (le valute di conto valutario); inoltre,

pur se l’Euro si prospetta come valuta forte, a priori anch’esso sarà soggetto ai rischi

di cambio (basti pensare alle sensibili oscillazioni che, pur per motivi differenti,

hanno subito lo Yen ed il Dollaro statunitense nel corso del 1998, valute

comunemente ritenute forti);

per quanto riguarda le valute escluse dall’Euro (alcune dell’UE e, ovviamente, tutte

le altre) resteranno aperti non solo i problemi connessi al rischio di cambio ma anche

quelli finanziari in senso stretto, visto che sussistono ancora notevoli differenze nei

tassi ufficiali di sconto dei vari paesi; com’è noto, da tali tassi dipende il costo del

denaro e quindi le scelte di convenienza nei finanziamenti;

in relazione alle valute aderenti all’Euro, c’è l’impegno delle banche centrali a

mantenere sullo stesso livello i tassi ufficiali di sconto già all’inizio della lunga fase

transitoria (1 gennaio 1999) ma ciò non è una assoluta garanzia che sulla stessa

valuta le banche offrano alla clientela tassi perfettamente uguali.

Riguardo a quest’ultimo punto è da notare che gli intermediari finanziari ottengono

buona parte dei loro guadagni con margini d’intermediazione offrendo alla clientela

tassi superiori a quelli di riferimento (cioè quelli vigenti sul mercato interbancario, nel

quale le istituzioni creditizie si procurano la valuta), e questi margini attualmente non

sono uguali fra le varie banche e probabilmente non lo saranno anche in futuro. Inoltre

la stessa banca, com’è noto, offre tassi diversi a seconda della posizione e delle

caratteristiche del cliente. In pratica, nel periodo transitorio il responsabile finanziario

dell’azienda dovrà porre attenzione non tanto a quale valuta Euro sta trattando, quanto

all’intermediario suo interlocutore. È però evidente che la gestione finanziaria aziendale

dovrà comunque affrontare problematiche del tutto simili a quelle vigenti prima

dell’introduzione dell’Euro.

Tutto ciò è più che sufficiente a porre maggiore attenzione sulla programmazione

2 La sottovalutazione della lira fa apparire più contenuti prezzi in lire elevati necessari a coprire costi

elevati. 3 Infatti uno dei caratteri principali di una valuta forte è la sostanziale stabilità del cambio nel medio-

lungo periodo.

3

finanziaria degli scambi con l'estero. Le stesse autorità comunitarie sono coscienti che le

Pmi non possono svilupparsi sui mercati esteri mobilitando ingenti risorse. Il primo dato

di fatto è che appare assolutamente insufficiente riproporre su scala internazionale un

modello di sviluppo basato sull'autofinanziamento. È quindi scontato che una Pmi

desiderosa di assumere una dimensione internazionale debba appoggiarsi su nuove fonti

di capitale. La raccolta oltreconfine di capitali di rischio è generalmente una modalità di

finanziamento utilizzata da grandi aziende. Occorre anche notare che simili operazioni

sono vincolate dalle scarse possibilità di way-out4 a disposizione dell'investitore estero;

resta ovviamente aperta l’opzione del riacquisto da parte dell’imprenditore originario,

ma trattasi di una soluzione poco appetibile perché non consente elevati capital-gain5.

In ultima analisi, sembra chiaro che la fonte privilegiata per finanziare l'espansione di

una nostra Pmi sui mercati esteri sia, ancora una volta, il capitale intermediato (sia dal

settore bancario sia dagli operatori pubblici).

1.2 Costo del finanziamento e redditività dell’azienda

Tra gli obiettivi aziendali riveste un ruolo di primo piano la massimizzazione della

redditività netta6. Questa si può scomporre in più frazioni:

componente operativa ricavi di vendita e costi operativi7;

componente finanziaria ricavi e costi finanziari;

componente straordinaria ricavi e costi straordinari;

componente fiscale.

La gestione finanziaria dell’azienda, in lire e in valuta, può avere importanti

implicazioni sulle strategie operative. I finanziamenti collegati all’attività sui mercati

esteri possono giocare un ruolo decisivo in quanto, per tutta una serie di motivi, in molti

casi sono meno costosi; ciò vale sia per quelli nelle valute più utilizzate nei mercati

internazionali, con tassi di finanziamento spesso inferiori a quelli praticati sulla Lira, sia

per quelli pubblici concessi (in lire) alle aziende che esportano, che per legge sono

agevolati8. I finanziamenti pubblici vengono però erogati a condizioni ben precise,

quindi non possono costituire una variabile finanziaria sotto il pieno è costante controllo

dell’azienda. Quelli in valuta, invece, sono più facilmente negoziabili con le banche o

altre istituzioni finanziarie. Sono anche quelli più problematici da gestire poiché una

negativa oscillazione del cambio potrebbe azzerare il vantaggio del minor costo per

interessi; questo vincolo, però, va attenuandosi per la relativa stabilità raggiunta dalla

Lira9.

In determinate condizioni l’indebitamento non ostacola la redditività netta, anzi la

può favorire. Tutto dipende dall’interazione tra la redditività operativa, il costo dei

4 Una tipica way-out è un mercato secondario per dismettere un investimento.

5 Plusvalore realizzato tra il momento dell’acquisto e quello della successiva rivendita.

6 La redditività del cosiddetto capitale di rischio.

7 Costi inerenti l’attività di produzione e vendita e che non dipendono dal modo in cui l’azienda si

finanzia. 8 Questi aspetti saranno chiariti nei prossimi capitoli.

9 Quando l’Euro sarà pienamente operativo le problematiche del cambio della Lira non esisteranno più

per definizione, ma potranno investire lo stesso Euro soprattutto nei confronti delle altre valute forti.

4

debiti finanziari ed il regime fiscale dell’impresa (caratterizzato da un lato

dall’introduzione della Dit, e dall’altro dall’abolizione dell’Ilor, dell’Iciap, della

Patrimoniale, dei contributi sanitari del personale, il tutto sostituito dall’Irap). In

sostanza, può essere conveniente indebitarsi invece di utilizzare le proprie disponibilità;

ciò sembra paradossale ma è verificabile con un semplice esempio.

Esempio (redditività del capitale di rischio) Si considerino tre situazioni aziendali che presentano lo stesso capitale investito, la stessa redditività operativa e lo stesso costo dei prestiti, ma che differiscono per le modalità di finanziamento dati di bilancio caso A caso B caso C a) capitale di rischio 18.000 11.000 9.000 b) capitale di terzi - 7.000 9.000 b1) di cui a interesse - 3.500 4.500 c) capitale investito (a+b) 18.000 18.000 18.000 d) risultato operativo10 1.350 1.350 1.350 e) oneri finanziari (7% di b1) - 245 315 f) utile ante-imposte (d-e11) 1.350 1.105 1.035 g) irpeg (37% del punto f12) 499,5 408,9 383 h) irap (4,25% del valore aggiunto13) 133,9 133,9 133,9 i) utile netto (f-g-h) 716,6 562,2 518,1 l) redditività del capitale di rischio (i/a) 4% 5,1% 5,8% A parità di ogni altra condizione, man mano che i debiti a interesse sostituiscono il capitale di rischio si registra un aumento della redditività di quest’ultimo.

In questo contesto è chiaro che quanto minori sono i costi finanziari e tanto più la

redditività netta aumenta, ed uno dei modi per raggiungere questo obiettivo è utilizzare

con oculatezza i canali di finanziamento legati all’attività di esportazione. È pur vero

che ricorrendo ai finanziamenti in valuta si introduce il rischio di cambio, ma un scelta

razionale e prudente può comunque favorire la redditività netta dell’azienda.

Esempio (redditività del capitale di rischio) Si riprende il caso B dell’esempio precedente e si introducono i finanziamenti in valuta; si ipotizza che il prestito in valuta sia attivato ad un cambio di 100 lire (per una unità di moneta estera) e che alla scadenza esso sia 105 lire. dati di bilancio B B1 B2 a) capitale di rischio 11.000 11.000 11.000

10

Non è illogico supporlo uguale nei tre casi in quanto è indipendente dal modo in cui si finanzia

l’azienda. 11

Si suppone non vi siano né ricavi finanziari né costi e ricavi straordinari. 12

Al fine di semplificare la parte fiscale dell’analisi si ipotizza che non vi siano variazioni in aumento e in

diminuzione all’utile ante-imposte, e che ai fini della Dit non vi siano stati incrementi del capitale

investito ai sensi del D. Lgs. n. 466 del 18/12/1997 (quindi tutto l’imponibile è soggetto all’aliquota del

37%). 13

In assenza di variazioni fiscali in aumento o in diminuzione, può essere approssimato dalla somma del

risultato operativo (voce d) e dei costi del personale; questi ultimi sono ipotizzati pari a 1.800.

5

b) capitale di terzi 7.000 7.000 7.000 c) di cui a interesse 3.500 3.500 3.500 c1) lire (costo 7%) 3.500 2.800 2.000 c21) valuta (costo 6%) - 7 15

c22) valore al cambio 100 (c21100) - 700 1.500 c) capitale investito (a+b) 18.000 18.000 18.000 d) risultato operativo14 1.350 1.350 1.350 e) oneri finanziari in lire (7% di c1) 245 196 140 f) oneri finanziari in valuta (6% di c21) - 0,42 0,9

f1) valore al cambio 105 (f105) - 44,1 94,5 g) utile ante- imposte (d-e-f115) 1.105 1.109,9 1.115,5 h) irpeg (37% di g16) 408,9 410,7 412,7 i) irap (4,25% del valore aggiunto17) 133,9 133,9 133,9 l) utile netto (g-h-i) 562,2 565,3 568,9 m) redditività del capitale di rischio (l /a) 5,11% 5,14% 5,17% A parità di ogni altra condizione, sostituendo i finanziamenti in lire con quelli in valuta si verifica un aumento della redditività pur ipotizzando una situazione molto sfavorevole per la Lira (perdita di cambio pari al 5%). Gli incrementi percentuali della redditività non sono molto sensibili, ma sono realizzati senza modificare per nulla la struttura operativa dell’azienda (sia quella produttiva che quella commerciale) e possono accrescersi spostando ulteriormente i debiti finanziari verso quelli in valuta. È altresì chiaro che tutto ciò dipende da previsioni sufficientemente corrette degli scenari del cambio.

In questo esempio è stata forzata la perdita di cambio della Lira, anche se nell’ultimo

anno la nostra moneta si è dimostrata stabile, se non in recupero, nei confronti delle

principali valute. A maggior ragione ciò depone a favore di una strategia di

finanziamento che preveda una quota in lire ed una in valuta18

. Si prenda a riferimento,

ad esempio, il cambio della Lira contro il Marco tedesco nel periodo compreso tra il 25

febbraio ed il 24 luglio del 1998. In quei sei mesi la nostra moneta non ha perso

posizioni, anzi ha recuperato valore passando da 987,17 a 984,3519

: il guadagno è molto

modesto (3,18 lire per marco) ma ha contribuito a rendere meno gravoso il pagamento

degli interessi sui prestiti in marchi contratti in quel periodo. In questo favorevole

scenario, il dato più interessante è che nel mercato interbancario delle valute al 25

febbraio 1998 il tasso per un prestito in marchi a sei mesi era pari a 3,6% contro il

5,66% praticato sulla Lira20

; il 24 luglio 1998, nonostante il rafforzamento della nostra

moneta, sussisteva ancora un differenziale favorevole ai prestiti in marchi a sei mesi

(0,87%).

14

Si veda la nota 10. 15

Si veda la nota 11. 16

Si veda la nota 12. 17

Si veda la nota 13. 18

Riconsiderando l’esempio, in assenza di perdita di cambio la redditività netta è ancora superiore: 5,15%

nel caso B1 e 5,2% nel caso B2. Con un rafforzamento della Lira del 5% si passerebbe a 5,16% ed a

5,22%. 19

Rilevazioni dell’agenzia Reuters alle ore 17. 20

Si tratta di tassi interbancari e non quelli effettivamente praticati alle imprese. Ciononostante sono un

ottimo punto di riferimento perché costituiscono la base sulla quale le banche determinano i costi dei

prestiti alle imprese (vi aggiungono una determinata percentuale a loro favore).

6

1.3 Le opportunità offerte dai differenziali sui tassi d’interesse

Al di là di quanto prospettato nell’ultimo esempio del paragrafo precedente vi sono

ulteriori possibilità di attuare proficuamente operazioni di tipo speculativo, cioè

conseguire guadagni puramente finanziari reinvestendo somme prese a prestito e

garantite dall’operatività commerciale. In realtà sono operazioni che mal si conciliano

con la cultura aziendale del piccolo e medio imprenditore, prevalentemente orientata

agli aspetti produttivi e commerciali, ciononostante sono operazioni che hanno una

duplice valenza:

contribuiscono ad attutire i rischi di cambio cui è sottoposta l’attività di esportazione;

possono anche fruttare guadagni addizionali.

Il caso tipico è quello di un’azienda che ha realizzato una vendita oltreconfine e che

teme un recupero della Lira; per l’esportatore, infatti, una rivalutazione della nostra

moneta implica un minor controvalore in lire dell’importo in valuta pagato

dall’importatore21

. Uno dei modi per ridurre questo rischio e, nel caso più positivo,

ottenere guadagni finanziari è quello di richiedere un finanziamento nella valuta di

fatturazione e reimpiegarlo immediatamente in lire (o in un’altra valuta). Devono però

verificarsi alcune condizioni fondamentali:

i tassi sugli impieghi in lire, o su altre monete, devono essere superiori a quelli

passivi pagati sul finanziamento nella valuta di fatturazione;

è opportuno che il finanziamento abbia un importo non superiore a quello della

fattura, e la stessa scadenza; ciò trasferisce il rischio di cambio da una somma elevata

(il totale fattura) ad una inferiore (gli interessi passivi in valuta).

In merito al secondo punto, i due rischi sono diversi non solo per dimensione ma anche

per tipo. Se l’azienda non compie alcun intervento di copertura corre il rischio che una

rivalutazione del cambio faccia convertire tutto l’importo (in valuta) della fattura in una

quantità di lire inferiore a quella sperata. Se invece si cautela con la tecnica del

finanziamento corre il rischio che una svalutazione del cambio renda più costoso pagare

gli interessi in valuta; in tal caso, però, la prima condizione minimizza tale rischio

mediante l’opportuno (e contemporaneo) reinvestimento del finanziamento ottenuto.

Esempio (finanziamento in valuta e reimpiego in lire) Un’azienda deve incassare tra sei mesi una fattura di 150.000 Franchi svizzeri (Chf). Temendo una rivalutazione della Lira, chiede un finanziamento nella stessa valuta per poi reinvestirlo opportunamente, con l’obiettivo di conseguire un differenziale di interessi a lei favorevole. dati: totale della fattura 150.000 Chf finanziamento 150.000 Chf scadenza 6 mesi tasso sul finanziamento 3% rendimenti impieghi in lire 4%

21

Questo rischio ovviamente scompare se il regolamento della fattura è fissato in lire.

7

cambio alla data iniziale 1178 lire I calcoli da eseguire sono i seguenti: 150.000 x 1178 = 176.700.000 controvalore in lire del prestito 176.700.000 x 6 x 4 = 3.534.000 interessi attivi in lire 1200 150.000 x 6x 3 = 2.250 interessi passivi in Chf 1200 A questo punto è necessario ipotizzare scenari per il cambio a scadenza: ipotesi sul cambio controvalore in lire degli alla scadenza interessi passivi

invariato (1178) 2.250 x 1178 = 2.650.500 +5% (1237) 2.250 x 1237 = 2.783.250 - 5% (1119) 2.250 x 1119 = 2.517.750 Sulla base di tutto questo, le alternative per l’azienda sono: posizione valore netto

1) cambio invariato, 150.000 x 1178 = 176.700.000 nessuna copertura

2) cambio +5%, 150.000 x 1237 = 185.550.000 nessuna copertura

3) cambio -5%, 150.000 x 1119 = 167.850.000 nessuna copertura

4) cambio invariato, 176.700.000+ fattura con finanziamento 176.700.000 - finanziamento22 e reinvestimento 176.700.000+ reimpiego23 3.534.000+ interessi attivi 2.650.500 - interessi passivi 177.583.500= netto

5) cambio +5% 185.550.000+ fattura con finanziamento 185.550.000- finanziamento e reinvestimento 176.700.000+ reimpiego 3.534.000+ interessi attivi 2.783.250- interessi passivi 177.450.750= netto

6) cambio -5% 167.850.000+ fattura con finanziamento 167.850.000- finanziamento e reinvestimento 176.700.000+ reimpiego

22

Per poter fare confronti è necessario esprimerlo in lire, al cambio di scadenza. 23

Controvalore in lire del finanziamento in Chf che viene reinvestito: è un investimento in lire fin dal

momento iniziale, quindi il suo valore non è soggetto, ovviamente, alle variazioni del cambio.

8

3.534.000+ interessi attivi 2.517.750 - interessi passivi 177.716.250= netto In due scenari su tre le posizioni con finanziamento (e reimpiego) sono migliori di quelle senza copertura; nello scenario temuto dall’azienda (-5%) la posizione coperta è nettamente migliore di quella non coperta. I differenziali positivi sono ottenuti senza impegnare in alcun modo l’attività produttiva e commerciale dell’azienda e possono essere ripetuti su molte transazioni.

Sono possibili operazioni più sofisticate per quelle aziende che esportano e

contemporaneamente importano. Queste imprese possono ridurre sia i rischi sulle

esportazioni sia quelli sulle importazioni24

, nonché ottenere guadagni addizionali. È

necessario però che i cambi ed i tassi assumano opportune configurazioni e che

l’azienda abbandoni la condotta conservativa a favore di una tendenzialmente

speculativa:

una prima strategia si limita a coprire i due rischi di cambio, ed in tal caso non

hanno importanza i differenziali d’interesse in quanto la scelta migliore è effettuare

sia le vendite che gli acquisti con la stessa valuta: se il cambio si rivaluta si

subiscono perdite sulle esportazioni ma si realizzano economie sulle importazioni, e

viceversa;

una seconda strategia punta anche a guadagni addizionali; i differenziali tra i tassi

diventano fondamentali e, ovviamente, sono sfruttabili solo operando con valute

differenti.

Nell’ipotesi che l’azienda opti per una condotta più aggressiva (seconda strategia),

l’operazione consiste nel chiedere un finanziamento nella valuta di esportazione e

reimpiegarlo contemporaneamente in quella di importazione, avendo l’accortezza che le

scadenze ed il controvalore delle fatture siano simili25

.

Esempio (finanziamenti e reimpieghi in valuta di un’azienda che importa ed esporta) Un operatore nazionale fra tre mesi deve incassare fatture in marchi tedeschi (Dm) e pagarne in dollari Usa (Usd). Temendo che la Lira si rivaluti con il Marco e si svaluti con il Dollaro26, visti i tassi d’interesse, chiede un finanziamento nella prima valuta per poi reinvestirlo opportunamente nella seconda, con l’obiettivo di conseguire un favorevole differenziale tra gli interessi.

24

In tal caso il rischio consiste nel dover procurarsi la valuta necessaria a pagare gli acquisti ad un prezzo

in lire superiore alle attese. 25

Per un’azienda che opera abitualmente con l’estero il vincolo sulle scadenze non è un grosso problema;

quello sugli importi può essere rispettato aggregando più fatture. 26

Effetti incrociati tra la Lira, il Marco ed il Dollaro non sono inusuali. Sostanzialmente sono dovuti a

cambiamenti nei rapporti di forza tra le due valute estere, in situazioni in cui la nostra moneta di per sé

non da grossi segnali di instabilità. Quando ciò accade, gli operatori del mercato dei cambi accentuano gli

investimenti in quella che si rafforza, ma non lo fanno cedendo la valuta che s’indebolisce bensì cedendo

la Lira: tra le tre, infatti, è ancora la più debole. Vi sono invece situazioni in cui i due cambi con la Lira

variano nella stessa direzione: in tal caso è la nostra valuta che sta autonomamente cambiando posizione

nei confronti delle altre.

9

dati: vendite in marchi 150.376 Dm finanziamento in marchi 150.376 Dm tasso sul finanziamento 3,5% acquisti in dollari 83.552 Usd rendimento impieghi in dollari 5,6% durata operazione 3 mesi cambio iniziale Lit/Usd 1771 cambio iniziale Lit/Dm 985 Le operazioni di finanziamento e reinvestimento hanno le seguenti caratteristiche:

150.376 x 1771

985 = 83.637 valore in Usd del prestito in Dm

83.637 x 3 x 5,6 = 1.171 interessi attivi in Usd 1200 150.376 x 3x 3,5 = 1.316 interessi passivi in Dm 1200 Gli scenari per i cambi a scadenza prevedono una rivalutazione nei confronti del Marco ed una svalutazione nei confronti del Dollaro: ipotesi sui cambi controvalore in lire alla scadenza degli interessi

Usd +2% (1806) 1.171 x 1806 = 2.114.826 Dm - 2% (965) 1.316 x 965 = 1.269.940 Dopo tre mesi le possibili situazioni sono così caratterizzate: posizione valore netto in lire27

1)nessuna copertura 145.112.840+ fatture in Dm 150.894.912 - fatture in Usd - 5.782.072= netto 2) finanziamento 145.112.840+ fatture in Dm e reinvestimento 150.894.912 - fatture in Usd 145.112.840 - finanziamento in Dm 151.048.422+ reimpiego in Usd28 1.269.940 - interessi passivi 2.114.826+ interessi attivi 998.396 = netto Non tragga in inganno il modesto differenziale dell’operazione di copertura, perché rispetto alla posizione senza copertura esso rappresenta un incremento di 6.780.468

27

Tutti gli importi in Usd e Dm sono convertiti in lire ai cambi di scadenza. 28

Non coincide con il controvalore finale delle fatture di acquisto (150.894.912) poiché l’investimento

iniziale in Usd deriva dalla conversione di una somma in Dm che non ha fornito l’esatto importo in

valuta di tali fatture (83.637 Usd l’investimento e 83.552 Usd le fatture). Ciò è dovuto al livello iniziale

del cambio: ad esempio, un cambio iniziale Lit/Dm pari a 984 (una sola lira in meno) avrebbe fatto

coincidere i due importi iniziali in dollari (investimento pari a 83.552 Usd).

10

lire (si noti che se le due variazioni di cambio fossero molto più clamorose, Usd +5% e Dm –5%, la differenza tra la copertura e la non copertura salirebbe a 15.759.168 lire).

È probabile che si possano conseguire guadagni anche se si attiveranno

finanziamenti nelle undici valute aderenti all’Euro nel periodo in cui esse

circoleranno parallelamente alla moneta unica (1 gennaio 1999, 1 luglio 2002); i

motivi che portano a credere questo sono essenzialmente due:

nel periodo transitorio vi dovrà essere stabilità del cambio tra le undici valute

aderenti; ciò eliminerà il rischio di cambio, quindi alla scadenza del finanziamento il

controvalore (in lire) degli interessi passivi (in valuta) non assumerà un valore

superiore a quello vigente ad inizio finanziamento;

nello stesso periodo c’è l’impegno a mantenere uguali i tassi ufficiali di sconto però,

come già osservato nel paragrafo 1.1 (pagg. 3-4), ciò non da la certezza che i tassi a

breve effettivamente praticati dalle banche sulle varie valute saranno perfettamente

uguali e quindi vi potrà essere un differenziale tra gli interessi passivi del

finanziamento in una valuta (ottenuto da una certa banca) e quelli attivi del suo

reinvestimento in un’altra valuta (realizzato presso un’altra banca o altro soggetto

finanziario).

11

2. TIPICI FINANZIAMENTI DI FONTE BANCARIA O

PARABANCARIA

Contratti quali lo sconto di effetti, l’anticipo su fatture e alcune modalità delle

aperture di credito documentarie sono forme di finanziamento che costituiscono

oramai un bagaglio consolidato delle imprese esportatrici. Com’è noto, sono contratti

che si differenziano per forma tecnica, per durata e per la moneta estera che li

denomina.

La tipica controparte che finanzia l’azienda con queste tipologie contrattuali, che si

possono definire tradizionali, sono gli istituti di credito. Infatti essi sono normalmente

disponibili a concedere affidamenti agli esportatori in quanto ciò non sarebbe altro che

l’anticipo di importi che perverranno dall’estero ad una data successiva, e sui quali la

banca può rifarsi per i rimborsi.

Vi sono altre forme mediante le quali l’esportatore si può finanziare. Non è il caso di

definirle particolari, in quanto sono contratti standardizzati che esistono già da tempo,

ma certamente sono opzioni che ancora non hanno raggiunto il grado di diffusione di

quelle tradizionali. Tra queste vanno certamente menzionate il finanziamento su

contratto, l’europrestito, il factoring internazionale, il forfaiting.

Anche per esse, i principali interlocutori dell’azienda sono gli istituti di credito ma

anche società non bancarie specializzate nel settore (come nel caso del factoring).

2.1 Lo sconto di effetti

In linea di principio, se il credito d’esportazione è rappresentato da titoli cambiari già

accettati dal debitore e garantiti dalla sua banca (mediante avallo), la banca

dell’esportatore opta preferibilmente per l’operazione di sconto, soprattutto se il

debitore e la banca cui esso si appoggia sono definibili primari, cioè estremamente

affidabili.

Il nostro codice civile definisce l’operazione di sconto nel seguente modo (art. 1858):

contratto mediante il quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente

l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon

fine, del credito stesso

In questa definizione appare chiaramente la funzione di finanziamento del venditore,

nel nostro caso un esportatore, in quanto l’operazione si concreta in un anticipo di

somme altrimenti riscuotibili solo ad una data futura. L’operazione risponde perciò alle

esigenze di liquidità che si possono manifestare nella gestione finanziaria d’azienda, ma

va notato che il sistematico riscorso allo sconto non è di per sé razionale.

2.1.1 La convenienza dello sconto rispetto a forme alternative di recupero della

liquidità

Lo sconto ha un costo che andrebbe paragonato a quello delle sue più immediate

alternative, come l’attivazione di un prestito e l’anticipo su fattura. Il criterio di scelta

12

più immediato, ma anche il più grossolano, porta a preferire l’alternativa con il tasso

percentuale inferiore (di sconto o di interesse), a parità di ogni altra condizione. Nella

realtà, però, vi sono elementi che fanno decidere in situazioni dove non vale l’ipotesi di

parità di condizioni. Sono infatti da prendere in considerazione alcuni rischi sottostanti

il credito verso l’estero:

rischi commerciali;

rischi politici;

rischio di una eventuale (e non prevista) intrasferibilità dei fondi;

rischio di eventuali eventi dannosi contrattualmente a carico del venditore e non

risarciti integralmente dalle assicurazioni;

rischi di cambio.

Il verificarsi di eventi negativi, legati a qualsivoglia tipologia di rischio, può implicare

costi che riducono il valore del credito, che possono portare addirittura al suo

azzeramento (si pensi al caso di una totale inadempienza dell’importatore).

Va notato che costi di questo tipo si possono evitare solo con lo sconto pro-soluto.

Con questo tipo di sconto la cessione della cambiale è definitiva, nel senso che non c’è

possibilità di rivalsa nei confronti dell’esportatore in caso di mancato o parziale

pagamento della stessa. Con l’altra forma di sconto, la pro-solvendo, la cessione del

credito è salvo buon fine.

2.1.2 Come scegliere

Tenendo conto di questo, è posto che:

rs = costo percentuale effettivo dell’operazione di sconto

ra = costo percentuale effettivo di altre forme di recupero della liquidità

= perdita percentuale (stimata) del valore del credito al verificarsi dei rischi

sottostanti l’operazione

il criterio di scelta si può così formalizzare:

sconto pro-solvendo ra > rs conviene lo sconto ( )

ra < rs non conviene lo sconto ( )

sconto pro-soluto ra + > rs conviene lo sconto

ra + < rs non conviene lo sconto

La prima parte del criterio proposto si spiega con il fatto che con lo sconto pro-solvendo

l’esportatore non si libera dei rischi prima individuati; dato che questi restano a suo

carico in qualsiasi caso, la loro quantificazione () è ininfluente.

La seconda parte è invece piuttosto interessante. Essa implica che, riuscendo stimare

(con un buon grado di probabilità) le possibili perdite legate ai rischi prima definiti, si

può propendere per lo sconto pro-soluto qualora il suo costo pur superiore a quello di

forme alternative di recupero della liquidità (rs > ra) sia comunque inferiore alla

13

somma tra il costo delle stesse e la possibile perdita legata ai rischi suddetti (rs < ra +

).

Esempio (scelta tra lo sconto pro-soluto e altre forme di finanziamento, in

presenza del solo rischio di cambio) Caso di un’azienda esportatrice che detiene un titolo cambiario in valuta. L’azienda ha bisogno di recuperare liquidità. Si verifica a quali condizioni sia conveniente finanziarsi in lire o scontare il titolo cambiario, omettendo tutti i rischi diversi da quello di cambio. dati: tasso di un prestito in lire 8%

tasso effettivo di sconto pro-soluto 10%

tasso di rischio sottostante al credito in valuta cambio corrente Lit/Usd 1735 durata dell’operazione 8 mesi

Occorre innanzitutto procedere alla stima di , rammentando che rappresenta la riduzione (percentuale) del valore del credito al verificarsi dei rischi sottostanti l’operazione. A tal fine si devono predefinire i possibili scenari del cambio tra la Lira ed il Dollaro statunitense su un periodo di 8 mesi. Supponiamo che la Lira stia attraversando una fase di stabilità nei confronti delle più forti valute internazionali, e nei prossimi 8 mesi si ritiene estremamente probabile un suo recupero nei confronti del dollaro Usa; si stabilisce che la peggiore delle ipotesi sia1:

recupero delle lira pari al 2% Lit/Usd 1700,3 Se questa aspettativa viene confermata, qualora l’esportatore non ceda pro-soluto la cambiale alla scadenza si troverà a convertila in lire subendo una perdita percentuale che si può così quantificare:

= 1200 1735 1700 3

1735 8

x

x

( , ) = 3%

In base al criterio di scelta prima definito vi sarà perciò convenienza allo sconto pro-soluto, in quanto:

rs = 10

ra + = 8 + 3 = 11 > 10

2.1.3 I problemi sottostanti ad una scelta razionale

In estrema sintesi, dato il costo di forme alternative di recupero della liquidità (ra), il

criterio di scelta prima proposto richiede la determinazione del costo effettivo

dell’operazione di sconto (rs) e della riduzione percentuale che potrebbe subire il credito

se prima della sua scadenza si verificasse un evento negativo connesso ai rischi prima

individuati ().

1 Un recupero della Lira è un evento negativo per l’esportatore poiché otterrà meno lire del previsto

quando convertirà la valuta.

14

È facile intuire che la difficoltà di una tale metodologia sta tutta nel quantificare la

parte del credito cui si dovrebbe rinunciare al verificarsi dei possibili rischi sottesi dai

commerci internazionali, e quindi della percentuale . Ciò non solo perché si deve

stimare l’entità della perdita ma anche perché occorre prevedere la probabilità di subirla

effettivamente.

Le vie per quantificare l’incidenza percentuale di tali perdite sono il metodo

oggettivo, cioè ricorrere ad un preciso calcolo matematico-statistico, ed il metodo

soggettivo, cioè decidere in base all’esperienza passata.

Il primo caso, utilizzo di metodi matematici, è quello esposto nell’esempio

precedente. La formula in esso adottata per il calcolo della percentuale si può cosi

schematizzare:

La formula

legenda: tasso di rischio sottostante al credito in valuta =

perdita connessa ad un evento sfavorevole = probabilità della perdita = P divisore fisso (anni=100; mesi=1200; giorni=36500) = D valore nominale del credito = C tempo residuo alla scadenza del credito = T

= DP

CT

Nell’esempio precedente la probabilità P è stata posta, per semplicità, pari a 1. Ciò ha equivalso a ritenere un fatto certo il recupero della Lira del 2%. Un caso ancor più complesso si verifica quando sono possibili più perdite ciascuna delle quali aventi una differente probabilità di verificarsi. In tal caso, posto che:

legenda: perdita connessa ad un evento sfavorevole A = a

perdita connessa ad un evento sfavorevole B = b

probabilità della perdita a = Pa

probabilità della perdita b = Pb

la formula per il calcolo di diventa:

= D P P

CT

a a b b( ) se a e b non possono verificarsi contemporaneamente

= DP P

CT

a b a b( ) se a e b possono verificarsi contemporaneamente

Può risultare assai difficoltoso stabilire sia l’entità di perdite future legate ad eventi

incerti () sia la probabilità che queste hanno di verificarsi (P). A tal riguardo occorre

osservare che per un’azienda spesso è praticamente impossibile, o quasi, quantificare

perdite connesse ai rischi seguenti:

politici;

di una eventuale (e non prevista) intrasferibilità dei fondi;

15

di eventuali eventi dannosi contrattualmente a carico del venditore e non risarciti

integralmente dalle assicurazioni.

Quindi l’attenzione si concentra sul rischio di cambio e sul rischio commerciale.

La quantificazione del primo rischio dipende da numerosi fattori. La via più semplice

è ricorrere a previsioni fatte dalle stesse banche o da altri operatori specializzati. In

alternativa si può ricorrere a contratti di assicurazione: la riduzione del valore del

credito () è rappresentata dal valore del premio, ed è una perdita certa visto che il

premio va comunque pagato (P=1). Un’ulteriore opzione è quella di attivare contratti

finanziari specificamente finalizzati alla copertura del rischio di cambio2; in tal caso i

costi dei contratti rappresentano la riduzione del valore del credito.

Per quanto riguarda il rischio commerciale, la percentuale del credito che

l’esportatore corre il rischio di non incassare alla scadenza può essere determinata in

base all’esperienza passata. D’altra parte questa stessa operazione viene eseguita ogni

anno alla chiusura dell’esercizio amministrativo quando si stabilisce l’accantonamento

contabile nei fondi Svalutazione Crediti e Rischi su Crediti.

Va però notato che stabilire l’incidenza percentuale di possibili perdite su crediti

internazionali () è necessario per una scelta razionale ma non sufficiente. Occorre

infatti determinare il costo effettivo dell’operazione di sconto (rs). Ciò non è un grosso

problema, in quanto il calcolo da fare non utilizza dati previsionali.

Il tasso nominale di sconto si differenzia da quello effettivo in quanto le banche

praticano tutta una serie di condizioni che aggravano i costi dell’operazione. Infatti,

oltre all’importo vero e proprio dello sconto, la banca può addebitare competenze in

misura fissa:

commissione d’incasso = si paga sempre per ciascun effetto;

diritto di brevità = si paga sugli effetti che vengono presentati allo sconto troppo a

ridosso della scadenza3; non si applica agli effetti scadenti a vista (ed a quelli per i

quali non si può attivare la procedura di protesto4)

diritto per avviso d’incasso (o diritto per richiesta d’esito) = si applica a quegli effetti

per i quali l’azienda ha richiesto d’essere subito informata del pagamento del

debitore;

commissione di accettazione = è dovuta sugli effetti per i quali si incarica la banca di

farli accettare al debitore.

Tutti questi oneri aggiuntivi contribuiscono a far divergere il tasso di sconto effettivo

da quello contrattualmente dichiarato. Vi sono però ulteriori elementi da considerare a

riguardo della procedura di calcolo. La banca infatti conteggia il periodo di sconto in

modo tale che, indipendentemente dalla presenza delle competenze fisse, il tasso

effettivo aumenta rispetto a quello nominale. Ciò avviene in quanto:

viene conteggiato anche il giorno in cui gli effetti sono ammessi allo sconto;

si conteggia comunque un certo numero di giorni minimi; ciò avviene per gli effetti

2 I contratti possibili sono molti: currency swap, currency outright, currency and interest rate swap,

domestic currency swap, currency option. 3 I tempi minimi di presentazione allo sconto sono predefiniti, e si differenziano in relazione alla piazza di

pagamento dell’effetto. 4 È però estremamente raro che la banca sconti simili effetti.

16

scadenti a vista e per quelli presentati a ridosso della scadenza;

ai giorni calcolati si aggiungono i cosiddetti giorni banca (si differenziano da banca a

banca, ma sono almeno sei).

Tenendo conto di tutto questo, si può procedere alla determinazione del tasso

effettivo di sconto (rs):

La formula legenda: valore nominale del credito C

valore netto dopo lo sconto VN divisore fisso (anni=100; mesi=1200; giorni=36500) D tasso nominale di sconto i durata dello sconto calcolata dalla banca Ts tempo residuo effettivo alla scadenza dell’effetto Te tasso effettivo di sconto rs

I calcoli preliminari sono:

VN = C - sconto - competenze varie

sconto = CiT

D

s

Dopodiché si determina il tasso effettivo nel modo seguente:

rs = eCT

VNCD )(

2.1.4 Lo sconto without recourse5

La cessione definitiva del credito si verifica apponendo al titolo di credito la

clausola without recourse; con essa l’esportatore si libera dei rischi prima individuati.

Nel commercio internazionale è frequente l’uso di titoli con questa clausola visto che la

banca che dovrebbe negoziare la cambiale richiede, nella quasi totalità dei casi, che essa

sia garantita da una banca del paese dell’importatore: a parte casi particolarmente rari di

non certa affidabilità della banca garante, ciò rende la cambiale un titolo di prim’ordine.

Ciò induce la banca negoziatrice ad uno sconto pro-soluto, in quanto l’avallo di una

banca primaria del paese dell’importatore riduce ai minimi termini i rischi

dell’operazione. Nonostante questo la negoziazione a titolo definitivo è comunque una

fattispecie contrattuale formalmente più rischiosa di quella salvo buon fine. Infatti

l’avallo di una banca, pur primaria, copre il rischio commerciale ma non i seguenti

rischi:

politici;

5 È la clausola pro-soluto.

17

di una eventuale (e non prevista) intrasferibilità dei fondi;

di eventuali eventi dannosi contrattualmente a carico del venditore e non risarciti

integralmente dalle assicurazioni;

di cambio.

L’avallo consentirà però l’applicazione di un tasso di sconto più favorevole.

2.1.5 Caratteristiche degli effetti nel commercio internazionale

Nel commercio internazionale i titoli cambiari rappresentativi del credito giocano un

ruolo centrale. Gli effetti utilizzati sono la bill of exchange e la promissory note;

rappresentano l’equivalente, rispettivamente, della cambiale tratta e del pagherò.

Occorre redigerli con particolare attenzione, soprattutto con riferimento ai seguenti

aspetti:

la bill of exchange può essere emessa nella modalità diretta o indiretta: nel primo

caso il debitore principale è l’importatore, nel secondo è la sua banca;

è assolutamente necessario che la bill of exchange sia accettata, perché solo in tal

caso il debitore diventa giuridicamente obbligato a pagare;

è parimenti necessario che entrambi i titoli siano bollati; viceversa essi non saranno

esecutivi, e non potranno essere attivate le più veloci procedure di recupero del

credito in caso di mancato pagamento;

entrambi i titoli devono essere avallati da una banca del paese dell’importatore;

occorre però prioritariamente appurare se la normativa del paese in oggetto prevede

l’avallo cambiario, dato che tale forma di garanzia non sempre è prevista;

dal punto di vista formale, per entrambi i titoli è opportuno utilizzare i moduli già

predisposti in lingua inglese (o anche francese), perché ciò ha due vantaggi; il

primo è quello d’eliminare ogni ambiguità nella traduzione; il secondo consiste nel

fatto che il non adottare un modello in lingua italiana preserva l’integrità formale del

titolo, dalla quale dipende strettamente la sua esigibilità;

è opportuno accertarsi che entrambi i titoli presentino le clausole effective payment

to be made in .... (occorre specificare una valuta) e free of any taxes, impost, levies

or duties present of future of any nature; la prima vincola il debitore a pagare nella

valuta specificata, e ciò evita il rischio che il regolamento possa avvenire in una

valuta inconvertibile o comunque non desiderata; la seconda fa si che il creditore

incassi il valore indicato senza che questo sia ridotto da oneri (attuali e futuri)

previsti dal paese del debitore.

2.2 Il finexport

La mancanza di titoli cambiari rappresentativi del credito spingono la banca e

l’esportatore verso altre forme di finanziamento. Una delle possibilità è attivare un

prestito in valuta sulla base di una fattura commerciale. In pratica l’operazione si

configurerebbe come un anticipo sul valore della fattura emessa dall’esportatore.

L’operazione può essere così schematizzata:

18

si emette una fattura su un operatore straniero;

si richiede un finanziamento in valuta alla banca a fronte della cessione pro-solvendo

(cioè salvo buon fine) del credito commerciale;

la banca eroga il finanziamento;

alla scadenza della fattura si ottiene la valuta necessaria a restituire il finanziamento

alla banca.

2.2.1 Lo sviluppo operativo dell’operazione

L’anticipo su fattura è un’opzione a disposizione di qualsiasi azienda, ma

l’esperienza dimostra che ad esso ricorrono soprattutto piccole e medie imprese

subfornitrici di imprese medio-grandi.

La procedura per ottenere l’anticipo si snoda attraverso queste fasi:

1. l’esportatore, che già deve disporre di un fido, deposita una copia della fattura

presso la banca; l’esportatore deve apporre in calce alla fattura una dicitura che

richieda il pagamento presso il suo conto corrente e deve anche timbrare e firmare la

fattura per comprovarne l’autenticità;

2. la banca esamina la fattura, la posizione dell’esportatore e quella del debitore; è

preferibile che quest’ultimo sia un’azienda ben nota sul mercato;

3. se il controllo da esito positivo, si procede alla cessione del credito;

4. si procede ai calcoli ed all’accredito; i primi consistono nel sottrarre dal totale della

fattura uno scarto oscillante tra il 20% ed il 30%, allo scopo di limitare il rischio

dell’operazione, e quindi ad accreditare immediatamente solo il restante 80-70%;

l’accredito avviene a favore dell’esportatore sul suo conto corrente ed a debito dello

stesso in un parallelo conto anticipi su cui maturano interessi per la banca, che

decorrono da questo momento fino alla data di regolamento;

5. alla scadenza, se il debitore paga la fattura la banca azzera il saldo negativo del

conto anticipi ed accredita il restante 20-30% nel conto corrente dell’esportatore;

6. se il debitore non paga, dopo un lasso di tempo non superiore ai 15 giorni (si tiene

conto dei tempi di passaggio di un bonifico tra banca e banca, nonché di un possibile

ritardo del debitore) la banca chiede all’esportatore di pareggiare il conto anticipi; se

l’esportatore è considerato un cliente primario, la banca può mantenere in sospeso

l’esposizione del conto anticipi.

2.2.2 I vantaggi finanziari per l’azienda

L’utilità finanziaria dell’operazione consiste nell’ottenere liquidità con anticipo

rispetto al regolamento dilazionato della fattura. Questa liquidità, in generale, è

suscettibile di tre forme d’impiego:

la somma ottenuta non viene convertita in lire ma viene utilizzata per un pagamento

in valuta di prossima scadenza;

la somma ottenuta viene convertita in lire e utilizzata per un pagamento in lire di

prossima scadenza;

la somma ottenuta viene convertita in lire e reinvestita ai rendimenti vigenti per le

19

operazioni finanziarie in lire.

Nei primi due casi è intuitivo che la richiesta di un finexport è razionale solo se il suo

costo è inferiore a quello che si dovrebbe subire recuperando la liquidità necessaria in

forme alternative. Nel terzo caso, invece, la convenienza dipende dal rendimento del

reinvestimento del controvalore in lire della somma ottenuta; com’è ovvio, c’è un

guadagno netto per l’azienda se questo supera il costo del finexport.

2.2.3 La scelta tra finexport e forme alternative di recupero della liquidità

Tra le alternative che hanno come sfondo l’attività commerciale dell’azienda, sono

citabili:

lo sconto di effetti;

lo scoperto di conto corrente;

il portafoglio salvo buon fine (sbf).

Della prima alternativa si è già discusso nel precedente paragrafo, a cui si rimanda.

In relazione allo scoperto di conto corrente, il tasso che si paga per un anticipo su fatture

è certamente inferiore. Ciò succede per un serie di motivi:

per la banca l’anticipo è un’operazione autoliquidabile, nel senso che la cessione

del credito garantisce il recupero del prestito; questa garanzia, pur se atipica, non

sussiste per una normale operazione di prelievo in conto corrente;

di norma sull’anticipo si paga un tasso d’interesse secco, cioè non maggiorato

dell’ulteriore percentuale nota come commissione di massimo scoperto, cosa che

invece avviene regolarmente per gli scoperti di conto corrente;

il conto corrente, oltre alla commissione di massimo scoperto, prevede tutta una serie

di competenze e spese fisse.

Per quanto riguarda il confronto con il portafoglio salvo buon fine, cioè gli anticipi

su presentazione di ricevute bancarie (emesse su fatture), si tratta di una forma di

finanziamento simile all’anticipo su fattura ma non uguale, sia perché non c’è cessione

del credito, sia perché le condizioni praticate sono differenti. Confrontando queste

ultime con il costo dell’anticipo su fattura, si può notare che il tasso nominale che si

paga sul portafoglio sbf è inferiore ma nonostante questo l’anticipo su fattura può essere

più conveniente. Infatti al tasso passivo del portafoglio sbf si aggiungono i seguenti

elementi:

il pagamento di commissioni d’incasso;

il meccanismo del calcolo dei giorni, sulla base dei quali matura l’interesse per la

banca, porta a scadenze superiori di quelle effettive;

l’addebito di altri costi amministrativi (spese per operazione, spese fisse per ogni

estratto-conto, ecc.), dato che il portafoglio sbf genera operazioni in un normale

conto corrente.

C’è però un fattore di rischio che depone a favore delle alternative al finexport:

20

l’oscillazione del cambio. Infatti il finanziamento in valuta produce interessi da pagare

in valuta, ed una variazione negativa del cambio può generare un costo aggiuntivo che

riduce il vantaggio del finexport.

2.2.4 Il reinvestimento del finexport

Una delle motivazioni che inducono a richiedere un finanziamento in valuta,

garantito dalla fattura commerciale, è la possibilità di reinvestire convenientemente il

controvalore in lire della somma ottenuta. È necessario però che l’esportatore non abbia

pressanti esigenze di liquidità, cioè possa distogliere l’importo ottenuto dalla gestione

corrente senza mettere in crisi il regolamento dei debiti.

Se ciò è possibile la convenienza del finexport sussiste fintantoché il suo costo è

inferiore al rendimento che si può ottenere reinvestendo il controvalore in lire. Il tutto

perciò si riduce ad un confronto tra il tasso d’interesse percepito sugli impieghi in lire e

quello pagato sul prestito in valuta. Tale differenza è quasi sempre favorevole alla Lira

se si prende a riferimento una valuta forte. Ciò però non significa che il finexport sia in

ogni caso da attivare: anche in questo caso, infatti, esiste il problema del pagamento di

interessi in valuta e quindi del rischio di cambio.

2.2.5 Finexport e rischio di cambio

Indipendentemente da quale sia l’impiego della somma ottenuta con il finexport,

l’azienda stabilisce la convenienza dell’anticipo su fattura confrontandone i costi con

quelli di forme alternative di recupero della liquidità, o con il rendimento conseguibile

dal reinvestimento della somma ottenuta.

Gli interessi da pagare sul finexport sono espressi in valuta, e l’azienda dovrà

convertirli per poter operare confronti con altre alternative in lire. Questa conversione

va fatta alla data di attivazione del finexport, ma non c’è nessuna certezza che il cambio

alla scadenza sia lo stesso. Se questo si rivelerà superiore, il finexport avrà un costo

effettivo maggiore di quello predeterminato alla data iniziale.

Posto che:

rf costo percentuale del finexport

t durata del finanziamento (tempo espresso in anni6,

mesi, giorni)

D divisore (anni=100; mesi=1200; giorni=36500)

IPV interessi passivi in valuta

a seconda della scadenza dell’operazione una unità di valuta presa a prestito genererà il

seguente interesse passivo:

IPV = D

tr f

6 Si noti che una scadenza annuale del finexport è una ipotesi teorica.

21

Per decidere sulla possibile convenienza del finexport occorre determinare il costo

delle sue alternative e il rendimento di un reinvestimento della somma con esso

percepita. Sulla base delle seguenti convenzioni:

ra costo percentuale di forme alternative di recupero della

liquidità

i rendimento percentuale di impieghi in lire

ci cambio alla data iniziale (equivalente in lire di una

unità di valuta presa a prestito con il finexport)

t tempo espresso in anni, mesi, giorni

D divisore (anni=100; mesi=1200; giorni=36500)

IPL interessi passivi in lire

IAL interessi attivi in lire

i valori cercati sono:

IPL = tr c

D

a i

IAL = D

tic i

A questo punto, indicando con cs il cambio a scadenza c’è convenienza al

finexport se:

cs IPV < IPL se l’anticipo su fattura va a coprire esigenze di liquidità

cs IPV < IAL se l’anticipo su fattura può essere reinvestito

Il termine di sinistra rappresenta il valore in lire degli interessi passivi del finexport alla

data di scadenza. I termini di destra indicano, rispettivamente:

il costo in lire che si subirebbe prendendo a prestito, alla data iniziale, l’equivalente

in lire di una unità di valuta;

il rendimento in lire che si otterrebbe reinvestendo, alla data iniziale, l’equivalente in

lire di una unità di valuta.

L’aspetto cruciale di questa metodologia è il fatto che richiede una previsione

attendibile delle variazioni di cambio, ma d’altra parte questo problema è inevitabile nel

momento in cui si commercia con l’estero. Infatti, com’è ovvio, alla data iniziale si

conoscono i tassi d’interesse ed il cambio di quel giorno ma non il cambio finale, il

quale potrebbe essere anche molto diverso da quello iniziale7. Un approccio

alternativo (parzialmente) più agevole, che rispetta i precedenti criteri di scelta, è il

seguente:

7 In realtà variano anche i tassi di interesse, ma lo fanno in modo piuttosto vischioso rispetto alla

variazione dei cambi. Attivando un finexport su scadenze brevi si può perciò ipotizzare la costanza dei

tassi d’interesse.

22

stabilire quale dovrebbe essere il cambio finale che rende indifferente il finexport8;

paragonarlo al cambio corrente e verificare l’esistenza di un margine favorevole

(cambio finale di indifferenza superiore a quello corrente9);

cercare di stabilire, in base alle tendenze in atto nel mercato dei cambi10

, se tale

margine è a rischio oppure si può ritenere sicuro.

In pratica ci sarà convenienza al finexport solo se alla scadenza il cambio sarà inferiore

al seguente valore:

IP

IP

L

V se l’anticipo su fattura va a coprire esigenze di liquidità

IA

IP

L

V se l’anticipo su fattura può essere reinvestito

Si consideri il seguente esempio.

Esempio (convenienza del finexport in base al rendimento del suo reinvestimento) Caso di un’azienda esportatrice che emette una fattura in corone danesi (Dkk) con scadenza a 5 mesi. Si verifica a quali condizioni vi può essere convenienza a finanziarsi in corone, al fine di reimpiegare il controvalore in lire (non vi sono problemi di liquidità e quindi l’esportatore è in grado di distogliere il controvalore in lire dalla gestione corrente). dati: tasso (attivo) di un impiego in lire 4%

tasso (passivo) sul prestito in Dkk a 5-6 mesi 3,5% cambio corrente Lit/Dkk 257 durata dell’operazione 5 mesi

Gli interessi in valuta di una corona presa a prestito saranno pari a:

1 3 5 5

1200

, = 0,014583 Dkk

mentre invece quelli conseguibili reinvestendo in controvalore in lire di una corona ammontano a:

257 4 5

1200

= 4,283333 lire

In tal caso l’anticipo sulla fattura in corone danesi sarà conveniente se a scadenza il cambio Lit/Dkk sarà inferiore al seguente valore:

8 In pratica è quel cambio che, alla scadenza del finexport, farebbe aumentare il controvalore in lire degli

interessi da pagare fino al punto di azzerare ogni vantaggio. Si ottiene trasformando in uguaglianze le

diseguaglianze del criterio di scelta, risolvendole poi rispetto a cS. 9 Il margine sarebbe positivo in quanto il cambio effettivo potrebbe anche peggiorare senza però sfavorire

il finexport. Per ulteriori chiarimenti si veda l’esempio successivo. 10

O ricorrendo al parere di operatori specializzati del mercato dei cambi.

23

4 283333

0 014583

,

, = 293,721 Lit

Il finexport si rivelerebbe un errore solo se il cambio peggiorasse di quasi 37 lire nei successivi 5 mesi. A puro titolo di esempio, vale la pena di notare che la quotazione del cambio Lit/Dkk nei 5 mesi compresi tra la prima settimana di ottobre 1997 e l’ultima di febbraio 1998 è peggiorata di circa 1,5 lire; dopo altri 5 mesi (fine luglio 1998) il cambio era pressoché lo stesso11. Va da sé che una simile operazione realizzata in quei periodo avrebbe prodotto un vantaggio per l’impresa, ma d’altra parte è anche vero che il mercato dei cambi non è sempre così stabile e che queste osservazioni sono fatte con il «senno di poi».

Possibili alternative, come è già stato osservato nel caso di sconto di effetti, sono:

coprire il rischio di cambio con assicurazioni;

coprire il rischio di cambio con opportuni contratti finanziari.

Si sostituirebbe una perdita di cambio solo probabile con una spesa certa (premio

dell’assicurazione, costo dei contratti finanziari), ma si potrebbe decidere sul finexport

sulla base di dati sicuri. In tal caso, posto che il costo della copertura del rischio di

cambio per una unità di valuta (C) va a coprire la possibile perdita di cambio sugli

interessi passivi in valuta, cioè:

C = (cs - ci)IPV

il criterio decisionale prima proposto diventerebbe:

C + (ci IPV)12

< IPL se l’anticipo su fattura copre esigenze di liquidità

C + (ci IPV) < IAL se l’anticipo su fattura può essere reinvestito

Come ultima considerazione, in presenza di un sensibile peggioramento del cambio

la normale reazione dei mercati porterebbe nel nostro paese un aumento dei tassi

d’interesse sia passivi (costi di recupero della liquidità) sia attivi (rendimenti degli

investimenti in lire). Ciò farebbe apparire meno gravosi i maggiori costi dovuti al

cambio. È altresì evidente che queste variazioni dei tassi avrebbero effetti sul criterio di

scelta limitatamente a quei contratti che vengono attivati a tasso variabile13

.

2.3 Il finanziamento del contratto

È possibile finanziare un’esportazione non ancora avvenuta, o non ancora

fatturata.

11

Situazione desunta dalle quotazioni rilevate dall’agenzia Reuters alle ore 17 del 3 ottobre 1997 (257,4),

del 25 febbraio 1998 (258,94), del 24 luglio 1998 (258,45). 12

Infatti csIPV = (cs-ci)IPV + ciIPV. 13

Ciò è precluso nello sconto di effetti per la natura stessa dell’operazione, mentre è un fatto normale per

lo scoperto di conto corrente e per l’anticipo su fattura; anche un eventuale reinvestimento in lire,

ovviamente, può essere attivato a tasso variabile.

24

Una volta siglato il contratto l’esportatore può rivolgersi alla propria banca per un

finanziamento, pur se ciò avviene nella fase di preparazione della fornitura. Il periodo di

anticipo, rispetto all’effettiva esportazione, può arrivare anche a 18 mesi. È necessario

però che:

si abbia ottenuto una concessione di fido;

l’importo richiesto, ovviamente, rientri nella capienza del fido;

si dimostri l’effettiva esistenza del contratto (se il contratto non è stato formalmente

redatto e sottoscritto può essere sufficiente una conferma d’ordine).

Questo tipo di finanziamento rimane aperto fino alla consegna o alla redazione della

fattura. Da quel momento in avanti è più conveniente convertirlo in un normale

finexport. Questo perché i rischi cui è soggetta la banca finanziatrice diminuiscono solo

dopo l’effettiva esportazione, e fino a quel momento l’operazione viene appoggiata su

di una linea di credito specifica. Solo dopo la consegna della merce il finanziamento

potrà essere trasferito su di una normale, e meno costosa, concessione di fido

all’esportazione.

2.4 L’apertura di credito documentaria

Questo strumento consiste in un intervento della banca dell’importatore che

concede credito all’esportatore. La prestazione della banca è però subordinata al

ricevimento di documenti rappresentativi della fornitura che siano regolari e conformi

agli accordi contrattuali. La banca diventa così un soggetto determinate nella

transazione in quanto si impegna in proprio, anche se per conto dell’importatore.

2.4.1 I vantaggi finanziari per l’esportatore

Di per sé è una modalità di regolamento delle fatture internazionali ma in realtà in

due casi su quattro essa può rappresentare un’opportunità di finanziamento.

Le quattro tipologie esistenti sono:

apertura di credito per pagamento dilazionato;

apertura di credito per pagamento a vista;

apertura di credito per accettazione;

apertura di credito per negoziazione.

Con le prime due forme l’intervento della banca garantisce l’esecuzione del

pagamento nei tempi stabiliti. In tali casi l’apertura di credito non può essere

considerata come un’opportunità di finanziamento ma più che altro come una garanzia.

Nelle altre due tipologie, invece, si ravvedono elementi che prefigurano l’operazione

come un finanziamento all’esportatore. Infatti nel terzo caso la banca si impegna ad

accettare la tratta emessa dall’esportatore, ed a quel punto l’effetto presenta un

obbligato di sicura affidabilità e quindi agevolmente scontabile. Nel quarto caso

l’impegno della banca è proprio quello di scontare, o di far scontare da un’altra banca,

la tratta rappresentativa del credito.

25

2.4.2 Le caratteristiche tecniche

Per una corretta attivazione di questo strumento è sufficiente conoscere le figure che

vi intervengono, l’iter di svolgimento ed alcune specifiche clausole. I soggetti

interessati sono:

ordinante, l’importatore che incarica la propria banca di aprire il credito a favore

dell’esportatore;

beneficiario, l’esportatore;

banca emittente, la banca dell’importatore;

banca notificante, la banca dell’esportatore.

L’ordinante chiede alla banca emittente di concedere un’apertura di credito al

beneficiario. Questa banca assume in proprio l’obbligo della prestazione dovuta

dall’ordinante, il quale, ovviamente, deve prestare idonee garanzie. L’impegno assunto

dalla banca emittente può essere:

revocabile, quando la banca emittente non si assume un’obbligazione definitiva

verso il beneficiario; per questo motivo, pur essendo meno costosa, è meno

utilizzata;

irrevocabile, se l’impegno nei confronti del beneficiario è definitivo e potrà essere

annullato solo con l’accordo di tutte le parti coinvolte.

Per l’utilizzo dell’apertura di credito il beneficiario ha due possibilità:

nella piazza dell’ordinante, quindi presso la banca emittente; in tal caso la figura

della banca notificante diviene superflua;

nella sua piazza, cioè presso la banca notificante.

Quando l’utilizzo è stabilito presso la banca emittente, si applica la clausola without

recourse (pro-soluto). Quando invece si ricorre ad una banca notificante (nella piazza

del beneficiario) l’utilizzo è without recourse solo se questa è anche confermante. Ciò

avviene quando la banca notificante assume anch’essa, nei confronti del beneficiario, gli

stessi obblighi che gravano sulla banca emittente: in tal caso l’apertura di credito è detta

confermata. Viceversa, l’impegno della notificante è pro-solvendo nel senso che essa

opera come semplice corrispondente della banca emittente.

È evidente che per il beneficiario la formula più sicura, che più delle altre garantisce

i vantaggi finanziari dell’operazione, è quella dell’apertura di credito irrevocabile e

confermata.

Tra le clausole particolari che possono essere inserite vi è la cosiddetta clean red

clause. Con la sua apposizione la banca emittente autorizza la notificante a concedere

anticipi al beneficiario anche se questi non ha ancora presentato i documenti

rappresentativi della fornitura; sono richiesti soltanto una quietanza dell’anticipo ed un

impegno scritto alla consegna dei documenti entro un termine prestabilito. In tal caso

l’apertura di credito ha il suo massimo effetto finanziario poiché fornirebbe

all’esportatore la liquidità necessaria ad eseguire il contratto siglato con l’importatore.

Una clausola che, all’opposto, l’esportatore dovrebbe evitare riguarda il desiderio

26

dell’importatore di far preventivamente verificare la conformità quali-quantitativa della

fornitura a quanto stabilito nel contratto14

. Ciò che conta è evitare che il controllo

avvenga a destinazione della merce e soprattutto il fatto che sia l’importatore a

controfirmare il verbale di ispezione come attestazione di conformità. Tale firma, infatti,

esprime la sua accettazione ed il rifiuto (o il ritardo) ad apporla vanificherebbe i

vantaggi finanziari dell’operazione in quanto l’apertura di credito sarebbe inutilizzabile

(e la merce sarebbe già in possesso dell’acquirente).

2.4.3 La convenienza dell’operazione

Le due tipologie di apertura di credito prima menzionate (per accettazione e per

negoziazione) aprono all’esportatore la strada dello sconto di effetti, quindi i calcoli di

convenienza seguono la logica già vista per questa forma di finanziamento. In questa

sede vale la pena di specificare la natura del costo dell’operazione e la sua

quantificazione percentuale.

I costi dell’apertura di credito documentaria, infatti, non sono espressi in

percentuale in quanto trattasi di:

commissione di accreditamento;

commissione di conferma;

commissione di accettazione;

commissione di pagamento;

rimborso di tutte le spese sostenute.

Tali spese possono agevolmente essere espresse in percentuale; ciò si rende

necessario per il confronto con forme alternative di recupero della liquidità. Posto che:

S spese complessive dell’apertura di credito

C valore nominale del credito commerciale

D divisore fisso (anni=100; mesi=1200; giorni=36500)

T dilazione di pagamento concessa contrattualmente15

rac costo percentuale effettivo dell’apertura di credito

il calcolo da fare è:

rac = CT

DS

Dopodiché si può procedere a quei confronti già visti per lo sconto di effetti.

14

L’importatore può richiederlo, anche se l’articolo 4 della brochure 500 depositata nel 1993 presso la

Camera di Commercio Internazionale di Parigi («Norme ed usi uniformi relativi ai crediti documentari»)

afferma che «nelle operazioni di credito tutte le parti interessate devono operare su documenti e non su

merci, servizi e/o altre prestazioni cui i documenti possono riferirsi». 15

Il costo dell’operazione va infatti parametrato al tempo che sarebbe necessario attendere per ottenere il

pagamento della fattura qualora non si attivasse l’apertura di credito documentaria.

27

2.5 Gli europrestiti

Quando l’importo sottostante l’operazione commerciale è ragguardevole può essere

conveniente una forma particolare di finanziamento denominata europrestito. Il nome

deriva dal fatto che la banca finanziatrice raccoglie i capitali da prestare nel mercato

delle euro-divise.

2.5.1 Caratteristiche generali del contratto

Gli europrestiti sono attivabili in una valuta di conto valutario e permettono la

raccolta di risorse a tassi agevolati. Infatti, nel momento in cui la fattura è denominata

in valuta forte i tassi di finanziamento sono normalmente inferiori a quelli spuntabili sui

finanziamenti in lire. Occorre ricordare che la convenienza dell'indebitamento in valuta

rispetto ad uno in lire sussiste finché il vantaggio di inferiori tassi passivi supera

l'eventuale peggioramento del cambio nel periodo durante il quale il finanziamento è

operativo. Su questo punto esistono le stesse problematiche discusse in tema di

finexport, cui si rimanda.

La presenza del rischio di cambio, però, a differenza del finexport va oltre la somma

per interessi passivi e può estendersi a tutto il prestito in quanto questo strumento non è

strettamente vincolato all’esistenza di un credito commerciale in valuta; infatti può

essere una modalità di finanziamento del contratto. Di conseguenza è un’opzione

piuttosto rischiosa nei periodi in cui la Lira è molto volatile.

Con l’europrestito gli interessi sono liquidati periodicamente e c’è una penale, in

termini di differenziale di tasso, per l’uscita anticipata dal finanziamento. Il contratto

non è immediatamente definibile in quanto la preparazione della documentazione e la

costituzione delle garanzie possono essere laboriose nella definizione e controverse nei

contenuti.

2.5.2 Gli aspetti contrattuali

Per ottenere l’europrestito l'esportatore si rivolge ad una banca italiana; questa poi

contatterà una banca estera che fungerà da finanziatrice. Di norma per motivi fiscali la

scelta cade su una banca tedesca, in quanto esiste una convenzione bilaterale che evita

la doppia imposizione degli interessi sui prestiti esteri (consente di non applicare in

Italia la ritenuta fiscale sugli interessi versati all'estero).

Il contratto regola questi aspetti:

la moneta estera utilizzata, scelta tra una di quelle in cui possono essere attivati i

conti valutari;

l'importo, che non può superare i 500 milioni se non su specifica autorizzazione

valutaria;

il tasso, che molto raramente è fisso mentre invece è spesso rivedibile mensilmente,

trimestralmente o semestralmente;

la durata, che potrebbe arrivare a 5 anni ma generalmente non va oltre i 12-18 mesi;

il piano di rimborso;

la garanzia fornita dalla banca italiana a quella estera che fornisce la valuta;

28

i costi accessori da corrispondere alla banca italiana che fa da intermediaria (la

commissione valutaria e quella per la garanzia).

Sono opportune alcune specificazioni. In primo luogo le valute di conto valutario

sono le seguenti:

Dollaro USA Marco tedesco

Dollaro canadese Scellino austriaco

Corona danese Escudo portoghese

Corona norvegese Peseta spagnola

Corona svedese Yen giapponese

Fiorino olandese Lira irlandese

Franco belga ECU

Franco francese Marco finlandese

Franco svizzero Dracma Greca

Lira sterlina Dollaro australiano

I limiti di importo (500 milioni) possono essere superati arrivando a 3 miliardi se la

banca finanziatrice è dell’UE, e fino a 1 miliardo se invece non è dell’UE ma è

comunque di un paese OCSE. Il superamento del limite di 500 milioni è però

subordinato al fatto che l’europrestito abbia una durata di 24 mesi16

, e ciò amplia

parecchio il rischio di cambio.

La garanzia prestata alla banca estera finanziatrice è quasi sempre una fidejussione

nella forma pro-rata temporis, cioè commisurata all’effettiva durata del prestito. La

garanzia potrebbe essere rappresentata da ipoteche immobiliari a carico dell’esportatore.

2.6 Il factoring internazionale

È molto sviluppato negli Usa e nell’Europa del nord, e tende progressivamente a

diffondersi anche nel nostro paese. Di esso si è occupato l’Istituto Internazionale per

l’Unificazione del Diritto Privato (Unidroit) che negli anni ’80 ha insediato un’apposita

commissione per stabilire norme uniformi al fine di creare una piattaforma giuridica

accettabile internazionalmente. Il lavoro di questa commissione è sfociato nella

convenzione di Ottawa del 28 maggio 1988. Il nostro paese l’ha pienamente recepita

con la legge n. 240 del 14 luglio 199317

.

Il factoring internazionale è uno strumento che sostanzialmente ricalca il factoring

tradizionale con alcune differenze. Conviene perciò esaminare i lineamenti generali

del factoring mettendo in evidenza di volta in volta le peculiarità di quello

internazionale (che in ultima analisi riguardano i soggetti coinvolti e le commissioni da

pagare).

16

Come abbiamo già osservato, però, le banche generalmente preferiscono non superare i 18 mesi;

dipende dunque da loro la possibilità di oltrepassare il limite dei 500 milioni. 17

Ad essa si rimanda per approfondimenti sugli aspetti giuridici del factoring internazionale. Per il

factoring in generale si veda anche la legge n. 57 del 21 febbraio 1991.

29

2.6.1 I soggetti del factoring

Intervengono due factor: uno del paese dell'esportatore (export factor) e uno del

paese dell'importatore (import factor).

Ciò è una prassi nel factoring internazionale in quanto la società di factoring cui si

appoggia l’esportatore (export factor) preferisce ricorrere alla collaborazione di una

analoga società del paese dell’importatore; l’export factor, per reciprocità, offrirà

all’import factor lo stesso servizio.

In talune situazioni (factoring senza diritto di rivalsa) l’export factor chiede

all’import factor una garanzia sull’importatore. I rapporti tra factor internazionali sono

spesso strutturati in modo tale da coprire preferibilmente i paesi a basso rischio politico,

dato che nel contratto di factoring le garanzie concesse riguardano solo i rischi

commerciali.

Nel nostro paese il factor può essere una banca o una società specializzata.

2.6.2 I caratteri del factoring

È definibile come un rapporto contrattuale in cui l’azienda cede la totalità, o una

parte, dei suoi crediti commerciali ad una società detta factor. Questa società fornisce

all’azienda varie tipologie di servizio che hanno effetti commerciali e finanziari. In

particolare, si tratta dei seguenti aspetti:

analisi preliminare dei crediti, che razionalizza la gestione dell'export e pone le basi

per una corretta gestione finanziaria;

gestione e riscossione del credito, un servizio presente in qualsiasi contratto di

factoring e che consiste nella realizzazione di tutte quelle attività amministrative

connesse al credito quali, ad esempio, la contabilizzazione, l’incasso, l’eventuale

contenzioso;

garanzia sul debitore, presente solo quando il factor acquisisce i crediti con la

clausola pro-soluto, cioè senza diritto di rivalsa qualora vi sia di inadempienza da

parte del debitore.

finanziamento, che può concretizzarsi mediante l’anticipo del 70-80% del credito.

I primi due servizi, riducendo il rischio d’insolvenza, comportano vantaggi alla gestione

commerciale, mentre gli altri due producono effetti sulla gestione finanziaria

dell'esportatore. Il quarto aspetto è quello che incide maggiormente sulla gestione

finanziaria dell’azienda; è quindi opportuno approfondirlo.

2.6.3 I vantaggi finanziari ed i costi del factoring

Sono due le possibili strutture finanziarie del contratto, ben distinte l’una dall’altra:

cashing receivables factoring = si tratta del factoring con accredito anticipato, con il

quale il factor smobilizza una parte della fattura;

maturity factoring = in questo caso il factoring è con accredito a scadenza, senza

alcun anticipo.

30

È evidente che per l’azienda i vantaggi finanziari sono massimi con il cashing

receivables factoring in quanto ottiene prima della scadenza una buona quota della

fattura. In questo caso il contratto di factoring presenta i vantaggi già discussi per

l’anticipo su fattura, cui si rimanda. La quota anticipata all’azienda, che si aggira

mediamente sul 70-80%, spesso non viene concessa in un’unica soluzione: è infatti

possibile che il factor accrediti all’azienda una frazione dell’anticipo nel momento in cui

la cessione del credito viene notificata al debitore e la restante frazione solo quando

quest’ultimo accetta l’intervento del factor. Infatti il nostro Codice Civile prevede che la

cessione del credito sia notificata al debitore e che i suoi effetti18

decorrono dalla data in

cui il debitore accetta la cessione. La frazione non anticipata (30-20%) ha lo scopo di

ridurre i rischi del factor: insolvenza del debitore, l’insorgere di contestazioni, resi di

merce.

I vantaggi finanziari presenti nel maturity factoring sono invece piuttosto contenuti.

Con questo modalità contrattuale il factor si impegna ad accreditare l’intera fattura alla

data di scadenza della stessa senza aspettare che il debitore abbia effettivamente pagato.

Per cui, con esclusione del caso in cui la fattura sia stata ceduta pro-solvendo e non vada

a buon fine, il vantaggio finanziario si limita nell’avere una data certa per la riscossione

del credito senza subire possibili ritardi da parte del debitore. Ciò consente all’azienda il

vantaggio di poter pianificare con più precisione la propria gestione finanziaria.

Il costo dei servizi del factor è dovuto a tre fattori:

solo nel caso di cashing receivables factoring l’azienda esportatrice si vede

addebitare interessi passivi in quanto la cessione del credito si configura come

un’anticipazione; il tasso d’interesse praticato con la clausola pro-soluto è maggiore

di quello della clausola pro-solvendo, e comunque supera il prime rate19

ma,

generalmente, soltanto di uno o due punti percentuali; da notare che una Pmi molto

spesso ottiene prestiti a tassi ben superiori20

;

l’azienda paga una commissione calcolata sul valore nominale dei crediti ceduti; di

solito oscilla tra lo 0,5% e l’1,5% (ma in alcuni casi può anche arrivare al 3%);

questa commissione è superiore con la clausola pro-soluto21

;

vi sono alcuni costi amministrativi come, ad esempio, le spese di tenuta conto, spese

postali, spese telefoniche, uso del telex e del telefax, ecc.

Queste spese però costituiscono solo un costo apparente ma non effettivo. Quest’ultimo

è inferiore al primo perché da esso si devono sottrarre alcune spese che l’azienda

trasferisce al factor: spese per la tenuta della contabilità dei clienti, spese di riscossione

e, solo nel caso di factoring pro-soluto, le insolvenze dei clienti.

Il contratto di factoring è soggetto all’imposta di bollo e anche all’imposta di

registro; quest’ultima è evitabile se il contratto viene concluso mediante scambio di

lettere commerciali. Parte dei compensi corrisposti al factor sono soggetti ad IVA;

18

Il fatto che il pagamento non andrà più fatto all’originario venditore bensì all’acquirente del credito (il

factor). 19

Si tratta del più basso tasso d’interesse sui prestiti, che le banche concedono alla clientela migliore. 20

Il tasso d’interesse pagato al factor è però superiore, di norma, a quello degli anticipi si fattura

(finexport). 21

Va anche notato che le commissioni del factoring internazionale sono comunque superiori di almeno lo

0,5% a quelle praticate nel factoring interno.

31

fanno eccezione gli interessi passivi, esenti ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633 del

1972.

2.7 I mutui multicurrency

È una modalità di finanziamento adatta per l’operatività aziendale a medio-lungo

termine, è a tasso variabile e la sua principale peculiarità è quella di consentire

l’attivazione del prestito in una moneta estera scelta in un paniere precostituito e

successivamente, se opportuno, la sua conversione in un’altra moneta dello stesso

paniere.

Lo schema operativo del mutuo si può così semplificare:

1. si attiva un mutuo in lire;

2. successivamente è possibile convertirlo in una valuta di un paniere prestabilito;

3. se alla scadenza della rata di rimborso la Lira si è deprezzata oltre una percentuale

prestabilita rispetto alla valuta che in quel momento denomina il mutuo, vi sarà una

decurtazione della rata stessa nella misura necessaria a ristabilire il costo originario;

ovviamente avverrà il contrario quando la Lira si apprezza oltre la percentuale

prestabilita.

Trattasi perciò di uno strumento utile nelle fasi in cui la Lira è molto volatile22

, in

quanto un mutuo così delineato avrebbe l’effetto di stabilizzare il suo costo. Va notato

che nelle fasi in cui la Lira si apprezza non oltre la percentuale predefinita questo mutuo

farebbe risparmiare l’azienda in quanto la rata non verrebbe integrata e nello stesso

tempo si spenderebbero meno lire per l’acquisto della valuta in cui va pagata la rata.

Infine va detto che la valuta di riferimento (quella iniziale con cui si attiva questo

particolare mutuo) non necessariamente deve essere la Lira ma può essere una valuta

estera.

2.8 Il forfaiting

Per l’attività di esportazione è pur sempre accessibile il forfaiting (quasi sempre pro-

soluto; il pro-solvendo è un forfaiting improprio), cioè lo sconto presso istituti finanziari

esteri di effetti rappresentativi del credito, attivabile anche per esportazioni con

scadenze inferiori ai 24 mesi (sotto tale orizzonte la legge 277 del 1977 non è

operativa23

).

Nella modalità pro-soluto il forfaiter (un istituto finanziario estero) riceve gli effetti

rappresentativi del credito all'esportazione con la clausola senza ricorso, e l'esportatore

cedente ottiene subito un controvalore ridotto delle commissioni e dello sconto. Il

contratto è diverso dal tradizionale sconto bancario dato che con la cessione del credito

l'esportatore smobilizza l'intero credito trasferendo sul forfaiter i rischi di insolvenza

dell'importatore (ma anche altri rischi, come quelli politici). Ovviamente il forfaiter

richiede le opportune garanzie prima di assumersi un tale rischio, le quali possono

22

Con l’introduzione dell’Euro ciò potrà avvenire solo nei confronti delle valute da esso escluse. 23

Si vedano i paragrafi 3.1 e 3.5.

32

essere fornite dall'importatore se questi ottiene un avallo o una lettera di garanzia24

da

un ente creditizio; nella prassi internazionale è assolutamente preferibile che tale

impegno sia irrevocabile, incondizionato e trasferibile.

Se non c’è la garanzia dell’importatore, o esiste ma è ritenuta non idonea, il contratto

ha luogo nella modalità pro-solvendo e il forfaiter richiederà all’esportatore una

polizza assicurativa o una garanzia prestata dalla sua stessa banca, oltre che

un’attendibile situazione patrimoniale25

. In tal caso l’operazione è praticamente una

cessione del credito salvo buon fine.

Come vincolo all’operazione, in entrambe le modalità (pro-soluto e pro-solvendo)

l'effetto rappresentativo del credito deve avere le seguenti caratteristiche:

essere denominato in una valuta forte (di norma marchi tedeschi, dollari statunitensi,

ECU o franchi svizzeri);

essere di un importo non inferiore ai 100.000 dollari, frazionabili in più effetti di

importo non inferiore ai 10.000 dollari;

essere affiancato da un avallo, o altra garanzia, di una banca primaria di un paese

politicamente ed economicamente non a rischio;

avere una scadenza che non ecceda i 5 anni.

Il costo del forfaiting è parametrato in primo luogo al tasso di finanziamento della

valuta prescelta sui mercati finanziari internazionali, ma anche al rischio-paese,

all'importo dell'operazione, alla durata degli effetti (che in ogni caso non deve essere

superiore ai 5 anni), alle garanzie fornite. È facile immaginare che la contemporanea

valutazione d tutti questi fattori implichi un costo non marginale. È da notare, però, che

se l’azienda pratica all’importatore delle condizioni di vendita in linea con quelle del

Consensus potrà usufruire di un tasso di sconto agevolato26

. Le commissioni

generalmente non superano lo 0,5% e vengono calcolate sul valore degli effetti al netto

dello sconto.

L’operazione presenta notevoli vantaggi:

non limita la capacità di indebitamento dell'esportatore visto che non si vincolano le

preesistenti linee di credito27

;

dal punto di vista contabile e amministrativo non è di poco conto il fatto che il

credito venga smobilizzato in un'unica soluzione;

si risparmiano i costi di incasso dei crediti;

l’azienda si libera dei rischi commerciali e politici (solo nella modalità pro-soluto);

il rapido smobilizzo riduce di molto il rischio di cambio (solo nella modalità pro-

soluto)28

;

l’operazione si configura sostanzialmente come un finanziamento a costo percentuale

costante su tutto il periodo, proprio perché ha luogo sotto forma di sconto, e quindi

mette al riparo da fluttuazioni dei tassi d’interesse29

.

24

Una stand-by letter of credit. 25

In alcuni casi può anche richiedere la costituzione di un fondo di garanzia (dell'ordine del 5-10%). 26

Si vedano i paragrafi 3.1 e 3.5. 27

E non vi è segnalazione alla Centrale dei Rischi. 28

Questo rischio non viene totalmente eliminato in quanto lo smobilizzo è rapido ma non immediato. 29

Gli ultimi due vantaggi sono apprezzabili in periodi di instabilità monetaria e valutaria.

33

Tra i vantaggi finanziari del forfaiting non vanno trascurati quelli fiscali:

le cambiali possono essere bollate con solo 100 lire per milione o frazione;

siccome l’istituto finanziatore è di un altro paese c’è l’esenzione dalle imposte di

bollo, di registro, ipotecarie e catastali per tutti gli atti ed i documenti relativi al

finanziamento ed alle garanzie connesse.

2.9 Il confirming

Le società di confirming hanno la funzione di confermare all’esportatore l’ordine

fatto dell’importatore. Vi sono però anche vantaggi finanziari non indifferenti:

l’esportatore si vede garantire il pagamento, che avverrà per mano della società di

confirming per pronta cassa;

tale società praticherà una dilazione di pagamento all’importatore;

i costi di tale dilazione (interessi) non gravano sull’esportatore ma sull’importatore;

in caso di inadempienza dell’importatore la società di confirming non ha facoltà di

rivalsa sull’esportatore (salvo che il comportamento del debitore non sia imputabile

al mancato rispetto, da parte del venditore, delle clausole tecniche e commerciali

previste in contratto).

Un vincolo all’operazione è dato dal fatto che il pagamento per pronta cassa, da parte

della società di confirming, avverrà solo su consegna dei documenti di spedizione della

merce e delle cambiali a carico dell’importatore (che le clausole contrattuali devono

quindi prevedere come forma di pagamento).

Il costo a carico dell’azienda esportatrice è rappresentato dalle commissioni di

conferma, di cui peraltro si potrà tener conto nel fissare i prezzi di vendita.

34

3. I PRINCIPALI INTERVENTI PUBBLICI

3.1 Il quadro di riferimento

In tema di incentivi finanziari alle attività sull’estero vi sono varie leggi, decreti e

circolari, ma il quadro generale è delineato da 3 leggi:

legge n. 227 del 24 maggio 1977;

legge n. 394 del 29 luglio 1981;

legge n. 100 del 24 aprile 1990.

L’ente che sovrintende la materia è il Comitato Interministeriale per la Politica

Economica (Cipe). L’operatività delle norme citate è garantita dal Mediocredito

Centrale che delibera sulle agevolazioni finanziarie da concedere.

L’intervento agevolativo pubblico riguarda operazioni con scadenza non inferiore ai

24 mesi. Le attività finanziabili sono:

il periodo di produzione dei prodotti da esportare;

i crediti per esportazione di beni e prestazione di servizi, studi e progettazioni;

la realizzazione di lavori all’estero;

il leasing di attrezzature;

i programmi di penetrazione commerciale al di fuori dell’UE.

Il Mediocredito Centrale opera in base alla citata legge n. 227 del 24 maggio 1997

e a tutta una serie di norme e disposizioni emanate successivamente1. Il contatto con le

aziende è di tipo indiretto: i finanziamenti agevolati sono erogati agli istituti di credito

che a loro volta praticano alle aziende condizioni altrettanto favorevoli (tassi inferiori a

quelli di mercato). Il contatto diretto con l’esportatore è previsto solo se questi ha già

provveduto autonomamente a reperire un finanziamento in un paese estero, e

limitatamente a forniture di beni, prestazione di servizi, realizzazione di studi finalizzati

all’esportazione.

Sono possibili interventi in conto capitale ma nella gran parte dei casi si concedono

contributi agli interessi passivi pagati dagli operatori, al fine di ridurre il costo

dell’operazione di finanziamento.

Lo schema di base dell’operazione è il seguente:

l’azienda chiede un finanziamento ad un istituto di credito;

ottiene un prestito (garantito da effetti accettati dall’importatore e avallati da un

istituto di credito estero) o una anticipazione (contro cessione del credito nelle forme

pro-solvendo o pro-soluto);

interviene il Mediocredito Centrale con una contribuzione in conto interessi a favore

dell’istituto di credito finanziatore, che a sua volta ridurrà il costo pagato

1 Legge n. 78 del 6 marzo 1987, D.M. n. 236 del 12 giugno 1987, D.M. n. 123 del 1 marzo 1988, D.M.

del 31 gennaio 1989, D.M. dell’8 luglio 1989, D.M. del 10 agosto 1989, D.M. del 12 aprile 1991, D.M.

del 29 aprile 1992, legge n. 489 del 26 novembre 1993, circolare del Mediocredito Centrale n. 114 dell’11

aprile 1997.

35

dall’azienda.

I tassi agevolati effettivamente pagati dall’azienda sono stabiliti con le modalità previste

dal Consensus.

3.1.1 Che cos’è il Consensus

Si tratta di un accordo ufficialmente definito come Arrangement on Guidelines for

Ufficially Supported Export Credit, cui hanno aderito tutti i paesi Ocse. Il suo scopo è

evitare che le agevolazioni pubbliche al credito di esportazione alterino la concorrenza

internazionale. Infatti, se gli esportatori fossero agevolati finanziariamente senza alcun

freno potrebbero a loro volta concedere abnormi condizioni contrattuali agli importatori

(allungare a dismisura i tempi di dilazione o applicare tassi di interesse molti bassi). Se

ciò accadesse la concorrenza internazionale non sarebbe più tecnico-commerciale ma

puramente finanziaria.

L’accordo è un gentlemen’s agreement nel senso che non è vincolante e non sono

previste sanzioni, ma i paesi che lo hanno sottoscritto si impegnano a concedere

finanziamenti agevolati agli esportatori solo se questi applicano agli importatori le

seguenti condizioni contrattuali2:

la durata minima della dilazione deve essere pari a due anni;

i versamenti anticipati o contestuali devono rappresentare almeno il 15% del valore

complessivo;

la data di versamento dell’anticipo è considerata come data di inizio del credito; nel

caso di versamento contestuale essa è la data di consegna per beni utilizzabili

singolarmente, quella del collaudo o delle operazioni doganali per i beni non

utilizzabili singolarmente;

i pagamenti devono avvenire in rate semestrali composte di una quota capitale e di

una quota interessi; la prima rata deve scadere entro i sei mesi successivi alla data di

inizio del credito;

le scadenze massime entro le quali il credito va rimborsato non devono superare i 5

anni per i paesi di prima categoria3 (prorogabili fino a 8 anni e mezzo) e i 10 anni per

i paesi di seconda categoria4

i tassi di interesse applicabili alla dilazione di pagamento sono forniti ogni mese

dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) o, in

alternativa, sono pubblicati dall’Ufficio Italiano Cambi su segnalazione della

delegazione italiana presso l’Ocse.

Dato che il Consensus è un gentlemen’s agreement le aziende non sono obbligate a

rispettare le condizioni da esso previste, anche se il nostro Paese lo ha sottoscritto, ma lo

2 Queste condizioni sono quelle di riferimento tipicamente previste per la fornitura di beni, la prestazione

di servizi, la realizzazione di studi e progettazioni, l’esecuzione di lavori; per le altre attività finanziabili

esse vengono opportunamente adattate o integrate dalla normativa (ad esempio, si veda il paragrafo 3.2

per il sostegno alla penetrazione commerciale, la sezione 3.5.4 per il leasing di attrezzature, il paragrafo

3.6 per il periodo di produzione). 3 Paesi con reddito pro-capite che nel 1992 superava 4715 dollari USA.

4 Paesi con reddito pro-capite che nel 1992 non superava 4715 dollari USA.

36

devono fare se vogliono accedere alle facilitazioni finanziarie della legge n. 227 del 24

maggio 1977.

3.1.2 La procedura per ottenere il contributo

È necessario seguire una serie di adempimenti e fornire una particolareggiata

documentazione. I passi principali possono essere così schematizzati:

inoltrare domanda al Mediocredito Centrale, con la mediazione dell’istituto di credito

cui si rivolge l’azienda, compilandola su un apposito modulo;

ad essa si allega il contratto dell’operazione da finanziare con il piano dei pagamenti,

nonché la documentazione relativa al finanziamento dell’istituto di credito;

ove richiesta, si deve allegare anche l’autorizzazione all’esportazione.

C’è poi una documentazione accessoria da allegare in originale o in copia; in

particolare il Mediocredito Centrale richiede:

se ottenuta, la copertura assicurativa della Sace5;

gli estremi delle fatture, dei documenti doganali, dei documenti di spedizione;

se il finanziamento avviene sotto forma di smobilizzo del credito, il luogo di

pagamento degli effetti che lo rappresentano;

se il finanziamento è richiesto a fronte di uno smobilizzo di crediti effettuato

all’estero, la dichiarazione dell’azienda che attesti la cessione del credito all’istituto

di credito estero.

Il Mediocredito Centrale può avanzare ulteriori richieste di chiarimento entro i

successivi 30 giorni.

3.2 Sostegno alla penetrazione commerciale

Le attività finanziabili sono le seguenti:

programmi di vendita, in generale (legge n. 394 del 29/7/81);

progetti-pilota di commercializzazione dei prodotti agroalimentari (legge n. 304 del

20/10/90 e decreto del Ministero del Commercio Estero del 20/6/91);

partecipazione a gare internazionali (decreto del Ministero del Tesoro del 13/2/92):

Tutti questi interventi rispondono alla logica di sostenere le aziende in una

penetrazione stabile e duratura nei mercati esteri. Per accrescere permanentemente i

flussi di esportazione, infatti, le aziende devono passare da una operatività occasionale

ad una più sistematica.

5 In teoria la legge 227/77 avrebbe lo scopo di agevolare finanziariamente operazioni assicurabili dalla

Sace, ma in pratica questo istituto trova crescenti difficoltà a concedere le garanzie assicurative.

37

3.2.1 Programmi di vendita

Il programma per essere finanziato deve avere carattere di stabilità, la sua

esecuzione può oscillare da 1 a 2 anni e mezzo, deve essere rivolto a paesi

extracomunitari e deve riguardare i seguenti aspetti:

costituzione di reti di vendita e di assistenza;

attività di dimostrazione e di pubblicità;

studi di mercato;

costituzione di depositi e campionamenti;

istituzione di rappresentanze permanenti, uffici o filiali.

I soggetti che possono richiedere il finanziamento sono esattamente specificati dalla

legge:

piccole e medie imprese ai sensi della legge n. 675/1977 (art. 2, secondo comma,

lettera f), imprese artigiane ed agricole;

consorzi di piccole e medie imprese (costituti in base alle leggi n.240/1981 e n.

83/1989);

raggruppamenti di piccole e medie imprese;

società a prevalente capitale pubblico che intervengono a favore delle esportazioni

delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno.

Dal punto di vista tecnico il finanziamento si articola nel seguente modo:

viene finanziato non più dell’85% delle spese del programma, con un tetto di 3

miliardi;

il tetto massimo viene esteso a 4 miliardi se le spese permanenti del programma

arrivano al 30% dell’importo complessivo;

si può attingere al finanziamento entro due anni a partire dalla data della prima spesa

sostenuta, se questa è avvenuta entro due mesi dalla stipula del contratto, o dalla fine

del bimestre successivo alla stipula, se la prima spesa non è sostenuta in tale

bimestre;

si può ottenere un’erogazione anticipata non superiore ad 1/3 delle spese

complessivamente previste;

il finanziamento dura 7 anni; nei primi due si rimborsano solo gli interessi e negli

altri 5 anche la quota capitale; nella fissazione della data di decorrenza si tiene conto

anche dell’eventuale anticipo;

i rimborsi sono semestrali;

il tasso d’interesse è pari ai 4/10 di quello semestrale fissato ai sensi della legge n.

227/1977 (vigente alla stipula del finanziamento);

si deve rilasciare una delle seguenti garanzie: fidejussione bancaria, polizza

fidejussoria, garanzie reali, garanzie personali;

se l’impresa non è in grado di fornire idonee garanzie, in base all’art. 11 della legge

41/1986 può ottenere una garanzia integrativa non superiore al 50% del

finanziamento e ad un costo pari allo 0,50% una tantum;

il finanziamento è concesso per un solo programma alla volta; un secondo

38

finanziamento è perciò ottenibile solo dopo aver portato a conclusione il primo

programma (o averne dimostrato l’impossibilità d’attuazione).

Per avvalersi di questo sostegno finanziario occorre presentare una duplice

domanda: una rivolta al Mediocredito Centrale che la esamina sotto il punto di vista

finanziario, ed una rivolta al Ministero del Commercio Estero che ne verifica gli aspetti

commerciali. A questa domanda vanno allegati:

una relazione che spieghi il programma nei dettagli;

la descrizione delle varie spese da sostenere;

il certificato dell’Ispettorato del Lavoro che attesti il numero dei dipendenti (per la

classificazione come piccola-media impresa);

il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio;

se ottenuta, la garanzia Sace;

una delle garanzie richieste a sostegno del finanziamento.

Un Comitato istituito presso il Ministero del Commercio Estero delibera sulla

concessione del finanziamento e in base a tale delibera il Mediocredito Centrale darà

corso all’operazione. L’intervento del Comitato è decisivo anche nei casi di mancata o

parziale esecuzione del programma. Se ciò avviene senza responsabilità da parte

dell’azienda il Comitato delibera sui tempi e sui modi per la restituzione di somme già

erogate ma non coperte da idonea documentazione; in tutti i casi la restituzione avverrà

al tasso agevolato (i 4/10 di quello semestrale fissato ad inizio finanziamento ai sensi

della legge n. 227/1977). Può anche essere deciso il consolidamento delle somme già

erogate, limitatamente a quelle correttamente documentate.

Nei casi di mancata o parziale esecuzione del programma per cause imputabili

all’azienda, se il Comitato non riscontra una idonea documentazione delle stesse

l’impresa è tenuta alla restituzione delle somme già ricevute maggiorate di interessi al

tasso non agevolato (cioè l’integrale tasso semestrale fissato ad inizio finanziamento ai

sensi della legge n. 227/1977).

3.2.2 Progetti-pilota per la commercializzazione dei prodotti agroalimentari

Il finanziamento di tali attività è regolato dalla legge n. 304 del 20 ottobre 1990 e dal

decreto del Ministero del Commercio Estero del 20 giugno 1991.

Tale ministero, avvalendosi dell’Istituto del Commercio Estero (Ice), finanzia

progetti-pilota che abbiano l’obiettivo di far acquisire quote di mercato ai prodotti

agroalimentari nazionali. Il Ministero delibera il contributo, su parere dell’Ice, che va

a coprire il 40% delle spese con un tetto massimo di 500 milioni. Viene finanziata anche

la partecipazione a gare internazionali: l’azienda restituirà il prestito solo se vincerà la

gara, oltretutto a tasso agevolato.

Non tutte le aziende del settore riescono però ad accedere a tale opportunità, in

quanto sono ammesse alla contribuzione pubblica solo quelle che si trovano nelle

seguenti condizioni:

operano stabilmente con l’estero;

sono in grado di attivare il progetto entro due anni dalla data del decreto che concede

39

il finanziamento.

Alcuni vincoli sono posti anche alla natura ed al contenuto dei progetti; in

particolare:

devono coinvolgere paesi extracomunitari;

devono prevedere obiettivi commerciali specifici;

devono instaurare collaborazioni stabili (e non marginali) con la rete distributiva

locale;

devono indurre al miglioramento della qualità dei prodotti.

Soddisfatti i criteri di base per l’ammissibilità al finanziamento viene generalmente

accordata preferenza ai progetti che hanno le seguenti caratteristiche:

riguardano prodotti tipici;

sono supportati da interventi che migliorano l’aggregazione dell’offerta;

sono presentati da consorzi di piccole e medie imprese;

riguardano il Giappone ed il Nord-america.

La procedura per l’ottenimento del finanziamento prevede l’inoltro della domanda

al Ministero del Commercio Estero (direzione Sviluppo Scambi) entro i 60 giorni

successivi alla pubblicazione di apposito decreto, ed una copia della stessa va inviata

all’Ice ed al Ministero dell’Agricoltura e Foreste (direzione Tutela Economica Prodotti

Agricoli).

3.2.3 Partecipazione a gare internazionali

Su questa materia dispongono la legge n. 304 del 20 ottobre 1990, il D.M. del 20

giugno 1991, il D.M. del 13 febbraio del 1992, il D.M. del 30 marzo 1992, la circolare

ministeriale del 19 dicembre 1992, il D.M. del 4 agosto 1993.

I finanziamenti provengono da un fondo di rotazione presso il Mediocredito Centrale

che ammonta a 50 miliardi. Le gare devono riguardare paesi extracomunitari e vengono

finanziate praticamente tutte le tipologie di costi conseguenti alla partecipazione alla

gara. L’importo del finanziamento è proporzionale alla dimensione della commessa, e

non può eccedere le seguenti quote:

1% per i primi 50 miliardi;

0,7% per i miliardi che vanno dal cinquantesimo al centesimo;

0,5% per i miliardi che vanno dal centesimo al duecentesimo;

0,25% oltre il duecentesimo miliardo.

All’importo finanziato sono posti alcuni limiti massimi:

2 miliardi per impresa in una singola gara;

5 miliardi per impresa nel caso di più gare nell’anno;

10 miliardi in assoluto per impresa (più gare in più anni);

40

se in una gara partecipano più imprese italiane si erogano nel complesso non più di 5

miliardi.

In relazione alle caratteristiche tecniche del finanziamento le norme tendono a

privilegiare le imprese che non avendo vinto la gara, o avendola vinta non abbiano

sottoscritto il contratto commerciale, troverebbero grandi difficoltà a recuperare i costi

sostenuti; ciò, ovviamente, nel caso in cui l’insuccesso non sia imputabile al loro

comportamento. Infatti:

per le imprese che per cause non a loro imputabili non hanno vinto la gara6 o che non

hanno sottoscritto il contratto commerciale, il finanziamento va restituito in 5 rate

semestrali costanti a decorrere dal 24° mese successivo alla prima contribuzione; il

tasso è pari ai 4/10 di quello semestrale determinato con le modalità della legge n.

227/19777 (vigente alla data iniziale del finanziamento);

per le imprese che hanno vinto la gara e che hanno sottoscritto il contratto

commerciale, i contributi già ottenuti vanno restituiti entro 30 giorni dall’anticipo

che si riceve in base al contratto sottoscritto; il tasso è lo stesso del caso precedente;

per le imprese il cui insuccesso è ad esse imputabile, i contributi già ottenuti vanno

immediatamente restituiti al tasso integrale determinato con la legge n. 227/1977.

Per quanto attiene la riscossione del finanziamento l’iter è il seguente:

50% alla firma del contratto con il Mediocredito Centrale;

30% entro 30 giorni dalla presentazione dell’offerta;

20% quando l’azienda è ammessa alla fase di discussione dell’offerta.

Occorre anche rilasciare una garanzia al Mediocredito Centrale che va scelta tra la

fidejussione bancaria, la polizza fidejussoria, le garanzie reali, le garanzie personali.

La procedura per l’accesso a tale contribuzione prevede la presentazione di una

domanda al Ministero del Commercio Estero (direzione Sviluppo Scambi) ed al

Mediocredito Centrale, alla quale vanno allegati:

una relazione che illustri la gara ed il contesto economico in cui essa avviene;

una copia del bando;

le spese preventivate per la partecipazione, suddivise per tipologia;

il bilancio dell’azienda;

una dichiarazione del legale rappresentante che attesti l’intenzione di partecipare alla

gara.

Un ulteriore obbligo per l’impresa è comunicare l’esito della gara entro 30 giorni dalla

sua conclusione.

6 Nella fattispecie «imprese che non hanno vinto la gara per cause ad esse non imputabili» rientrano tre

sottocasi: hanno concluso la gara, si sono ritirate dalla gara, sono state escluse dalla gara. Va ribadito,

però, che tutto ciò non deve essere dovuto ad un comportamento scorretto o rinunciatario dell’azienda. 7 Si tratta del tasso di riferimento per operazioni di credito all’esportazione con finanziamento a tasso

variabile. La determinazione di questo tasso è regolata anche dal D.M. del 21 dicembre 1994.

41

3.2.4 Partecipazione a mostre, fiere ed esposizioni da parte di enti, istituti ed

associazioni

Con decreto del Ministero del Commercio Estero del 9 marzo 1991 sono finanziabili

anche le spese per l’organizzazione di mostre, la partecipazioni a fiere, le pubblicazioni

di propaganda dei prodotti italiani all’estero.

Il finanziamento però non è concesso alle imprese ma ad istituti, enti ed

associazioni. Il contributo a favore di simili iniziative ha comunque effetti positivi sulle

imprese; si pensi al caso, ad esempio, della partecipazione ad una esposizione da parte

di un’associazione di categoria o di un consorzio.

Il contributo è concesso se viene coinvolta una produzione ad alta tecnologia, ma

viene negato se trattasi di un’iniziativa di cui già si occupa l’Ice.

Le domanda di contributo va rivolta al Ministero del Commercio Estero entro il 15

ottobre dell’anno che precede l’iniziativa (alla IVa divisione della direzione Sviluppo

Scambi se sono coinvolti i paesi industrializzati, la Corea del Sud, Hong Kong,

Singapore e Taiwan, o alla Va divisione per i paesi in via di sviluppo e dell’Europa

centro-orientale). Va allegata alla domanda una relazione che illustri l’operazione e che

contenga un preventivo delle spese di partecipazione.

Il finanziamento non va oltre al 50% delle spese; su espressa richiesta, motivata sulla

domanda, può essere anticipato per 4/5.

3.3 Sostegno agli investimenti all’estero

Il crescente interesse per la cooperazione con paesi extracomunitari ha portato ad

iniziative e programmi che puntano ad incrementare gli interscambi non solo

commerciali ma anche tecnologici. I principali interventi legislativi in tal senso sono

legge n. 100 del 24/4/1990 e decreto del Ministero del Tesoro del 30/5/1995, che

incentiva la politica di penetrazione nelle aree di potenziale sviluppo attraverso la

società Simest;

legge n. 317 del 5/10/1991, circolare del Ministero dell’Industria n. 0168325 del

24/6/1993, decreti del Ministero dell’Industria n. 601 del 27/10/1993 e n. 247 del

3/3/1992, che promuovono l’innovazione tecnologica;

legge n. 49 del 26/2/1987, D.P.R. n. 177 del 12/4/1988 e decisione del 21/5/1991 del

Comitato per la Cooperazione e lo Sviluppo, che favoriscono la cooperazione;

legge n. 53 del 11/2/1991, che agevola interventi di ricostruzione e sviluppo

attraverso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo

3.3.1 Simest

Si tratta di una società partecipata al 51% dal Ministero del Commercio Estero, al

30% dal Mediocredito Centrale ed al 19% da altri soggetti sia pubblici che privati.

Realizza vari tipi di intervento. In primo luogo interviene direttamente nel capitale

di rischio delle imprese nelle seguenti modalità:

42

promuove joint-ventures8 e partecipa a quelle già costituite, contribuendo nella

misura massima del 15% del capitale sociale;

acquista diritti di opzione;

acquista certificati di sottoscrizione;

sottoscrive obbligazioni convertibili.

Nel caso di partecipazioni la quota detenuta dalla Simest va ceduta entro otto anni. La

società compie anche altre operazioni:

sostiene finanziariamente le aziende partecipate;

effettua ricerche di mercato;

rilascia garanzie per i soci esteri delle joint-ventures;

partecipa a concorsi che hanno per oggetto la prestazione di servizi alle joint-

ventures.

Le imprese italiane coinvolte nelle iniziative della Simest possono ottenere

finanziamenti agevolati dal Mediocredito Centrale. Il finanziamento ha queste

caratteristiche:

va accordato prioritariamente a piccole e medie imprese;

va restituito in otto anni e vi possono essere tre anni di preammortamento

(pagamento dei soli interessi);

l’ammontare non supera il 70% del controvalore in lire della quota di partecipazione

detenuta dall’impresa;

se trattasi di una piccola e media impresa tale contribuzione non può comunque

superare i 5 miliardi per ogni iniziativa, i 10 miliardi complessivi per l’impresa, i 15

miliardi complessivi per il gruppo di appartenenza dell’impresa9;

si può ottenere un anticipo pari al 25% della partecipazione;

il tasso d’interesse è pari alla metà del tasso all’esportazione di riferimento,

determinato in base all’art. 20 del D.P.R. n. 902 del 1976;

occorre prestare una garanzia bancaria; ciò vale anche per l’eventuale anticipo.

Le aziende che compartecipano ad iniziative della Simest possono altresì ottenere

garanzie Sace più ampie, con particolare riferimento ai rischi politici, rischi

commerciali e alle cause di forza maggiore.

Per ulteriori informazioni e proposte di adesione i riferimenti della Simest sono:

via Farnese 4, 00192 Roma

telefono 06-3234447

fax 06-3240730.

8 Una joint-venture è un accordo fra due o più imprese, appartenenti a paesi diversi, per lo svolgimento di

una determinata attività economica. 9 Se trattasi di una grande impresa gli importi massimi sono 25 miliardi per ogni iniziativa, 40 miliardi

complessivi per l’impresa, 60 miliardi complessivi per il gruppo di appartenenza dell’impresa.

43

3.3.2 Incentivi all’innovazione tecnologica

Gli investimenti all’estero vengono stimolati anche tramite il sostegno allo sviluppo

tecnologico delle piccole e medie imprese. Sono incentivati il trasferimento delle

tecnologie, le attività di ricerca, la costituzione di enti consortili. Gli strumenti previsti

dalle norme in oggetto (legge n. 317 del 5/10/1991, circolare del Ministero

dell’Industria n. 0168325 del 24/6/1993, decreti del Ministero dell’Industria n. 601 del

27/10/1993 e n. 247 del 3/3/1992) sono i seguenti:

credito d’imposta10

;

contributi in conto capitale;

finanziamenti agevolati analoghi a quelli previsti per le iniziative Simest;

reintegro dei fondi di garanzia dei Consorzi Fidi11

;

garanzia Sace;

prestiti partecipativi12

.

Per ottenere una delle previste forme di incentivo l’impresa deve inviare al Ministero

dell’Industria la seguente documentazione:

una domanda, su un modulo recuperabile presso le Camere di Commercio, gli istituti

di credito, le associazioni di categoria, l’Artigiancassa ed ogni altro organismo

abilitato allo scopo;

una certificazione antimafia;

un certificato peritale sui costi sostenuti.

Gli enti che possono erogare le prestazioni previste sono:

il Mediocredito Centrale;

la Cassa per il Credito alle Imprese Artigiane;

le Regioni;

la Sace;

gli Istituti di Credito Mobiliare;

le Società Finanziarie per l’Innovazione e lo Sviluppo.

Le imprese che possono beneficiare degli incentivi previsti sono le aziende artigiane

10

A questo strumento è dedicato circa il 70% delle somme disponibili. 11

Il reintegro non supera il 30% delle perdite subite in ciascun esercizio amministrativo. 12

Si tratta di una particolare forma di finanziamento introdotta in Italia dall'articolo 35 della legge n. 317

del 5 ottobre 1991, cui ha fatto seguito il Decreto Ministeriale del 21 ottobre del 1992. Il prestito è di

medio e lungo termine, in quanto non può durare meno di quattro anni, è concesso dagli istituti di credito

mobiliare e dalle Società Finanziarie per l'Innovazione e lo Sviluppo ed è caratterizzato da un costo in

parte fisso ed in parte commisurato al risultato economico dell'impresa finanziata. La parte fissa della

remunerazione viene calcolata ad un tasso non superiore al TUS vigente nel periodo di ammortamento;

quella commisurata ai risultati (utile prima delle imposte) deve essere corrisposta annualmente ed entro

trenta giorni dall'approvazione del bilancio. Le garanzie richieste su tali prestiti sono solo personali, sia

individuali che collettive, e ad esse si applica l'articolo 1946 del Codice Civile. Queste garanzie possono

essere integrate dal Fondo Centrale di Garanzia in base all'articolo 20 della legge n. 675 del 12 agosto

1997. Detta integrazione non supera l'80% del prestito e comunque non opera per la parte del prestito che

eventualmente ecceda il triplo del patrimonio netto dell'azienda finanziata.

44

e le piccole e medie imprese industriali, commerciali e dei servizi. Le unità artigiane

sono comprese senza condizioni mentre le altre Pmi debbono soddisfare i seguenti

caratteri dimensionali:

Tipologie di Pmi Dipendenti Stato patrimoniale (o fatturato)

piccole imprese industriali 50 2 milioni ECU ( 5 mil.)

medie imprese industriali 250 10 milioni ECU ( 20 mil.)

piccole e medie imprese

commerciali e dei servizi 95 7.5 milioni ECU ( 3.5 mil.)

Il Mediocredito Centrale può anche concedere incentivi a consorzi e società consortili,

limitatamente ai contributi in conto capitale ed ai finanziamenti agevolati; questi ultimi

avranno scadenze massime di 10 anni e non supereranno i 2 miliardi.

3.3.3 Incentivi alla cooperazione

Si tratta di finanziamenti agevolati concessi per investimenti sia ordinari che

straordinari, intendendo per questi ultimi quelli effettuati in situazioni di calamità

naturali e di emergenza igienico-sanitaria nei settori dell’agricoltura, dell’industria,

delle telecomunicazioni, dei trasporti e dell’energia.

Le aziende che ne possono usufruire sono quelle che attivano joint-venture nei paesi

appartenenti alle seguenti aree:

Europa Centrale;

bacino del Mediterraneo;

America Latina;

Africa;

Asia.

Le caratteristiche del finanziamento, che è subordinato al possesso di una

partecipazione del 25% detenuta dalla controparte estera, sono:

il tasso d’interesse è pari al 30% del tasso all’esportazione di riferimento,

determinato in base all’art. 20 del D.P.R. n. 902 del 1976;

la somma non può superare i 20 miliardi, calcolata come 70% sui primi 10 miliardi

della partecipazione e come 50% sul successivo ammontare della stessa;

il rimborso deve avvenire entro 10 anni, che decorrono dall’avvio dell’attività della

joint-venture e possono anche comprendere due anni di grazia13

.

La procedura per ottenerlo prevede una domanda da presentare sia al Ministero

degli Affari Esteri sia al Mediocredito Centrale; quest’ultimo concluderà il contratto

finanziario dopo che il Ministero del Tesoro avrà approvato l’operazione con apposito

decreto. La domanda, da redigere su un apposito modulo, dovrà includere sia una

valutazione della fattibilità del progetto sia alcune indicazioni sui caratteri finanziari

13

Periodo di sospensione dei pagamenti sia del capitale che degli interessi; in tal caso il finanziamento

verrà restituito nei successivi otto anni.

45

dell’impresa.

3.3.4 Incentivi alla ricostruzione e allo sviluppo

È possibile attingere ai finanziamenti della Banca Europea per la Ricostruzione e lo

Sviluppo (Bers) a sostegno di interventi nell’Europa centrale e orientale; occorre

inoltrare una domanda alla sede londinese della Bers. Gli incentivi si articolano come

segue:

prestiti, anche in collaborazione con altri enti;

partecipazione al capitale di rischio;

prestazione di garanzie;

sottoscrizione di titoli emessi dall’impresa.

3.4 Sostegno ai consorzi di esportazione

Questo tipo di agevolazioni sono piuttosto articolate. I motivi che spingono a favorire

l’associazionismo all’esportazione sono essenzialmente quattro:

aumentare la dimensione dell’intervento all’estero al fine di conseguire economie di

scala;

avere una superiore capacità di penetrazione;

reggere la crescente globalizzazione dei mercati;

rispondere all’impatto delle innovazioni del marketing internazionale.

Il primo intervento legislativo volto a favorire l’attività consortile risale al lontano

1976; è un intervento fondamentale. Si tratta della legge n. 377 del 10 maggio 1976 che

va a modificare gli articoli 2602, 2604 e 2615 del nostro Codice Civile. In seguito alle

disposizioni di questa legge il consorzio è semplicemente definito come

un’organizzazione di più imprenditori mediante la quale viene regolamentata l’attività

delle rispettive aziende, può durare anche più di 20 anni e risponde dei suoi debiti con il

fondo consortile; queste norme valgono per tutti i consorzi. Successivamente, però, vi

sono stati ulteriori interventi legislativi che sono andati a disciplinare più

specificatamente le agevolazioni finanziarie ai consorzi di esportazione. Le principali

sono:

legge n. 240 del 21 maggio 1981;

legge n. 83 del 21 febbraio 1989;

circolare s/402871 del 13 marzo 1992 del Ministero del Commercio Estero.

Vi sono poi altre disposizioni che stabiliscono quali requisiti debbano avere le aziende

partecipanti al consorzio:

legge n. 675 del 12 agosto del 1977 (art. 2, secondo comma, lettera f);

circolare del 24 giugno 1993 del Ministero dell’Industria.

46

3.4.1 Le caratteristiche del consorzio e delle aziende aderenti

Il consorzio ha diritto agli incentivi finanziari se ha come scopo esclusivo una o

entrambe delle seguenti finalità:

esportazione dei prodotti delle aziende aderenti;

promozione all’attività di esportazione14

.

Il consorzio deve inoltre possedere anche i seguenti requisiti:

ogni partecipante deve sottoscrivere una quota pari ad almeno due milioni e mezzo;

la quota di partecipazione non deve eccedere 1/5 del capitale sociale;

le imprese consorziate devono essere non meno di otto, limite che scende a cinque

per consorzi attivati nel Mezzogiorno e per quelli costituiti da sole unità artigiane;

qualsiasi utile di esercizio non può essere assegnato agli aderenti, nemmeno alla

cessazione del consorzio; questo vincolo deve risultare espressamente nell’atto

costitutivo;

le aziende aderenti debbono essere piccole e medie imprese.

In relazione a quest’ultimo punto le imprese sono Pmi se rispettano i seguenti parametri:

Tipologie di Pmi Dipendenti Stato patrimoniale (o fatturato)

piccole imprese industriali 50 2 milioni ECU ( 5 mil.)

medie imprese industriali 250 10 milioni ECU ( 20 mil.)

piccole e medie imprese

commerciali e dei servizi 95 7.5 milioni ECU ( 3.5 mil.)

Sono considerate quattro tipologie di consorzio a seconda che operi in uno o più

settori e che coinvolga uno o più prodotti:

monosettoriale semplice un settore, un prodotto

monosettoriale complementare un settore, prodotti complementari

plurisettoriale complementare più settori, prodotti complementari

plurisettoriale eterogeneo più settori, prodotti non complementari

Inizialmente esistevano vincoli sulle attività che dovevano svolgere le aziende

aderenti, poi però sono stati gradualmente rimossi; attualmente i settori finanziabili

sono:

agroalimentare;

industria;

artigianato;

commercio e servizi;

14

Oltre a ciò le norme consentono che il consorzio abbia come fine anche quello dell’importazione di

materie prime e semilavorati necessari all’attività di produzione delle imprese aderenti; questo obiettivo,

però, non può essere esclusivo ma deve affiancare quelli dell’esportazione e della promozione.

47

trasporti e spedizioni;

attività turistiche ed alberghiere.

Non possono partecipare aziende bancarie e assicurative, aziende che appartengano ad

un gruppo, aziende controllate da altre aziende che potrebbero esercitare un’influenza

dominante sul consorzio.

3.4.2 Le agevolazioni finanziarie

Le norme prevedono che in un determinato anno si possano ricevere contributi ad

alcuni costi risultanti dal conto economico dell’anno precedente:

costi di formazione del personale (se connessa all’export);

consulenze e ogni altro pagamento a terzi;

costi di funzionamento della sede sociale e degli uffici;

costi di funzionamento degli organi sociali;

ammortamenti;

imposte;

somme versate a titolo di contribuzione ad enti associati.

costi di interpretazioni e traduzioni;

costi di viaggi e missioni;

costi di pubbliche relazioni;

costi di indagini di mercato;

costi di partecipazioni a fiere.

L’erogazione degli incentivi è piuttosto complessa in quanto deriva dalla

combinazione di tre tipologie di criteri. Il primo tipo attiene alla localizzazione

geografica ed all’età del consorzio:

Tipologia del consorzio Contribuzione massima alle spese ammesse

costituito da meno di 5 anni 70%

con sede nel Mezzogiorno 60%

altri 40%

Il secondo riguarda il numero delle aziende aderenti

Numero di aziende Contribuzione massima alle spese ammesse

fino a 24 150 milioni

da 25 a 74 200 milioni

75 e oltre 300 milioni

Il terzo fa riferimento a requisiti preferenziali:

1. consorzi di nuova formazione nelle aree specificate dall’art. 1 del Testo Unico sugli

interventi nel Mezzogiorno (D.P.R. n. 218 del 6 marzo 1978);

2. consorzi che abbiano speso per attività promozionali almeno il 30% dei costi

48

ammissibili;

3. consorzi la cui maggioranza degli aderenti svolge le attività indicate al numero 1 del

primo comma dell’art. 2195 del Codice Civile;

4. consorzi dotati di una struttura stabile, cioè usufruiscono di personale proprio o

fornito (anche gratuitamente) dalle Camere di Commercio e/o dalle associazioni di

categoria, nonché da società di loro emanazione;

5. consorzi che abbiano strutture di commercializzazione stabili in paesi

extracomunitari.

Dall’intreccio di tutte queste condizioni, ne risulta il seguente schema di

contribuzione:

CASO I - consorzi attivi da più di 5 anni

sede nel

mezzogiorno

requisiti 2-3-5 numero aderenti contributo

no almeno due 24 40% e 150 mil.

no almeno due 25-74 40% e 200 mil.

no almeno due 75 40% e 300 mil.

si almeno due 24 60% e 150 mil.

si almeno due 25-74 60% e 200 mil.

si almeno due 75 60% e 300 mil. se manca il requisito 4 le percentuali ed i limiti massimi sono ridotti di 4/10

CASO II - consorzi attivi da non più di 5 anni

sede nel

mezzogiorno15

requisiti 2-3-5 numero aderenti contributo

indifferente almeno due 24 70% e 150 mil.

indifferente almeno due 25-74 70% e 200 mil.

Indifferente almeno due 75 70% e 300 mil. se manca il requisito 4 le percentuali ed i limiti massimi sono ridotti di 4/10

ALTRI CASI

casi I e II, un solo requisito tra

2-3-5 percentuali e limiti massimi ridotti di

3/10; se manca il requisito 4 il contributo

è dimezzato

casi I e II, nessun requisito tra

2-3-5, la sede non è nel

mezzogiorno

percentuali e limiti massimi dimezzati; se

manca il requisito 4 la riduzione è di

7/10

casi I e II, nessun requisito tra

2-3-5, la sede è nel

mezzogiorno

percentuali e limiti massimi ridotti di

3/10; se manca il requisito 4 il contributo

è dimezzato

nuovi consorzi, nessun requisito

tra 2-3-5, la sede è nel

mezzogiorno

percentuali e limiti massimi del caso II

ridotti di 3/10; se manca il requisito 4 la

riduzione è di 4/10; tali condizioni sono

15

Per questo tipo di agevolazione non ha importanza la localizzazione della sede in quanto la percentuale

massima di finanziamento è comunque superiore al 60% previsto per i consorzi con sede nel

mezzogiorno.

49

valide per 5 anni dalla costituzione.

Sono esclusi dalle agevolazioni i consorzi che abbiano già ottenuto contributi dalle

Regioni, dalle finanziarie regionali e da qualsiasi altro ente partecipato a maggioranza

dalle Regioni; l’esclusione opera però se il contributo investe il complesso dei costi del

consorzio e non è legato a specifiche iniziative.

3.4.3 Altre agevolazioni che hanno effetti finanziari

Sono previste delle misure fiscali e tributarie che hanno effetti spiccatamente

finanziari, nel senso che incidono sui flussi monetari del consorzio. Si tratta di tre

specifici benefici:

si applica il meccanismo del credito d’imposta;

c’è la possibilità di fatturare senza IVA i servizi che il consorzio offre alle aziende

aderenti; inoltre per un importo corrispondente a tali servizi il consorzio può

acquistare quanto necessario alla propria attività senza pagare l’IVA (con esclusione

dei beni ammortizzabili);

non imponibilità fiscale del risultato economico se questo viene accantonato in

riserve indisponibili, cioè non distribuibili alle aziende aderenti (anche in caso di

scioglimento del consorzio).

3.4.4 L’iter per accedere alle agevolazioni

È piuttosto articolato e prevede la presentazione di numerosi documenti e

precisazioni. In primo luogo occorre inviare entro il 31 maggio di ogni anno una

domanda su carta legale al Ministero del Commercio Estero (viale America 341,

Roma); se la domanda perviene dopo tale termine ma entro il 30 di giugno la richiesta

verrà comunque presa in considerazione anche se in subordine a quelle pervenute nel

termine previsto e fino ad esaurimento delle somme stanziate. Alla domanda si devono

allegare due copie dei seguenti documenti:

copia autenticata dell’atto notarile che conferisce il potere al legale rappresentante

che sottoscrive la domanda;

copia autenticata dell’atto costitutivo e dello statuto;

atto notorio (o dichiarazione sostitutiva) che attesti il numero delle aziende aderenti

al 31/12 precedente, la quota posseduta da ciascuna e tutti i parametri dimensionali

necessari al possesso del requisito di piccola e media impresa;

certificazione del legale rappresentante che dichiari che le aziende non sono iscritte a

più di due consorzi, uno di esportazione ed uno promozionale;

certificato della Camera di Commercio;

certificato del tribunale che attesta che il consorzio gode pienamente dei propri

diritti;

copia autenticata del bilancio con gli estremi del suo deposito al Registro delle

Imprese;

50

dichiarazione del legale rappresentante che esponga le spese ammissibili;

se le spese ammissibili superano i 300 milioni, la certificazione di bilancio rilasciata

da una società di revisione.

È inoltre necessario presentare, sempre in duplice copia, anche due relazioni. Una di

queste dovrà indicare:

il codice fiscale ed il conto bancario (o postale) dove andrà versato il finanziamento

pubblico;

l’impegno a comunicare al Ministero dell’Industria la perdita dei requisiti necessari

al finanziamento;

l’impegno a non impiegare il finanziamento per attività diverse da quelle per cui è

ottenuto;

l’impegno a non cumulare il finanziamento con altri contributi previsti da altre

norme;

le garanzie finanziarie che si danno a fronte del contributo;

l’eventuale collegamento con iniziative dell’Ice;

le attività promozionali che si attiveranno, l’eventuale partecipazione a fiere ed a

gare d’appalto, l’uso di strutture informatiche, il ricorso a consulenze di vario tipo;

le motivazioni che hanno spinto il consorzio al suo programma di attività.

Quell’altra deve invece specificare:

le caratteristiche economiche delle attività del consorzio;

i tempi previsti per la realizzazione di tali attività;

le caratteristiche degli investimenti fissi ed il piano finanziario per il loro

sostenimento;

il piano finanziario per tutte le attività del consorzio;

i dipendenti previsti;

l’eventuale disponibilità all’estero di strutture stabili per la commercializzazione.

La domanda con tutta la documentazione va inviata anche alla Regione che deve dare

il suo parere sull’iniziativa. Se si tratta di consorzi agroalimentari occorre inviare la

domanda e la documentazione anche al Ministero dell’Agricoltura; se si tratta di

consorzi turistico-alberghieri il tutto va inviato anche al Ministero del Turismo. Alla

domanda presentata al Ministero del Commercio Estero si devono allegare le fotocopie

delle ricevute delle raccomandare inviate alla Regione, al Ministero dell’Agricoltura ed

a quello del Turismo.

3.5 Finanziamento dei crediti

In base alla legge n. 227 del 24 maggio 1977, nota come legge Ossola, e alle sue

successive modificazioni ed integrazioni, gli esportatori possono ottenere delle

agevolazioni finanziarie in relazione ai crediti che essi detengono.

Gli interventi si effettuano per crediti con scadenza superiore ai 24 mesi, ma la legge

227/77 prevede anche una forma di sostegno ai crediti a breve termine. Si tratta della

51

cosiddetta garanzia diretta che può essere concessa alle banche che finanziano gli

esportatori con scadenze inferiori ai 18 mesi qualora vi sia una copertura assicurativa

della Sace o della Società Italiana Assicurazione Crediti. Tale garanzia copre il 95% del

valore del finanziamento concesso ed ha lo scopo di sollevare la banca dal rischio che

l’esportatore non rimborsi quanto ricevuto. Il beneficio per la piccola e media impresa è

dato dal fatto che per ottenere questa garanzia la banca deve applicare al finanziamento

un tasso pari al prime rate aumentato solo della percentuale corrispondente alle

competenze bancarie, ed è noto che alle Pmi vengono normalmente praticati tassi ben

superiori. A parte questo, lo scopo principale della legge n. 227/77 rimane ovviamente

l’agevolazione dei crediti a medio-lungo termine.

3.5.1 Le modalità d’intervento e le operazioni finanziabili

Il Mediocredito Centrale finanzia direttamente le aziende solo se queste hanno

autonomamente acquisito finanziamenti all’estero e limitatamente a forniture di beni,

prestazione di servizi, realizzazione di studi e progetti. In tutti gli altri casi il

Mediocredito Centrale opera con l’istituto di credito cui si rivolge l’esportatore; tale

istituto a sua volta praticherà finanziamenti a condizioni agevolate.

È teoricamente possibile concedere agevolazioni sia in conto capitale sia a copertura

degli interessi e degli altri oneri pagati dagli esportatori in relazione alle forme con cui

si finanziano, ma la carenza dell’apposito fondo costituito presso il Mediocredito

Centrale ha ridotto l’operatività alla sola contribuzione in conto interessi.

Le operazioni finanziabili sono legate ai crediti che sorgono per:

esportazione di beni e prestazione di servizi, studi e progettazioni;

realizzazione di lavori all’estero;

leasing di attrezzature.

Esse devono però possedere i seguenti requisiti:

riguardare beni strumentali, impiantistica, forniture di tecnologia; nella prassi si

finanziano anche forniture di beni di consumo durevole;

la dilazione di pagamento non deve essere inferiore ai 24 mesi;

l’operazione deve rivolgersi a paesi extracomunitari.

Se si vuole che l’intervento del Mediocredito Centrale riduca il costo effettivo del

finanziamento ai tassi d’interesse del Consensus (Cirr o Ticr) l’operazione deve avere

le caratteristiche di tale accordo (già dettagliate alla sezione 3.1.1, cui si rimanda).

L’uso dei tassi Cirr, stabiliti dall’Ocse, è vincolato al fatto che il finanziamento sia nella

stessa valuta del credito commerciale. I tassi Ticr sono pubblicati mensilmente

dall’Ufficio Italiano Cambi su segnalazione della delegazione italiana presso l’Ocse. Si

tratta di tassi che sostituiscono i Cirr quando il finanziamento è in una delle valute

considerate a basso tasso d’interesse; con queste valute, infatti, potrebbe accadere che il

costo del finanziamento sia inferiore al tasso Cirr ed in tal caso si dovrà applicare un

tasso non inferiore al livello Ticr. Se il contratto con la controparte estera non risponde

ai requisiti del Consensus allora il Mediocredito Centrale non prenderà come

riferimento i tassi Cirr e Ticr.

52

Per sintetizzare, l’intervento del Mediocredito Centrale ha l’obiettivo finale di ridurre

il costo di tali finanziamenti ad un valore obiettivo rappresentato da un tasso agevolato

aumentato di uno spread connesso al rischio sottostante l’operazione. Il tasso agevolato

sarà un tasso Consensus (Cirr o Ticr) solo se l’operazione risponde ai requisiti richiesti

da tale accordo.

L’azienda esportatrice può scegliere tra due interventi alternativi:

finanziamenti in lire o in valuta garantiti da effetti accettati dall’importatore e avallati

da una banca estera;

anticipazioni con cessione in garanzia del credito commerciale (pro-solvendo o pro-

soluto).

L’agevolazione del Mediocredito Centrale è così strutturata:

differenza tra tasso d’interesse di mercato e quello agevolato, nel caso di

finanziamento in lire o in valuta;

differenza tra il tasso effettivo di sconto e quello agevolato, nel caso di anticipazione;

questa, infatti, si concreta con un’operazione di sconto.

I soggetti finanziabili sono l’esportatore, nel caso di supplier’s credit, o la banca cui

si appoggia l’importatore, se l’operazione è del tipo buyer’s credit. Attraverso queste

due modalità si realizzano gran parte dei finanziamenti dei crediti previsti dalla legge n.

227 del 24 maggio 1977 (essa consente anche l’agevolazione dei contratti di export

leasing).

3.5.2 Supplier’s Credit

È una forma di finanziamento cui si ricorre preferibilmente quando i contratti sono di

entità medio-piccola. Ha l’effetto di favorire le operazioni di esportazione in quanto

consente da un lato di concedere all’importatore lunghe dilazioni di pagamento a tassi

agevolati, dall’altro permette di finanziarsi a tassi paragonabili a quelli agevolati

concessi all’importatore.

L’azienda che esporta, infatti, ha interesse ad incentivare l’importatore mediante

ridotti costi di dilazione, ma rischierebbe una perdita netta (di natura finanziaria) se

sconta la fattura, o chiede un finanziamento garantito da effetti emessi a seguito della

fattura, ad un tasso superiore al tasso di interesse concesso all’importatore.

In sintesi, l’intervento a favore dell’esportatore può essere così schematizzato:

l’esportatore concede all’importatore una dilazione medio-lunga ad un tasso

agevolato;

se desidera avere le agevolazione creditizie previste dalla legge n. 227 del 24 maggio

1977, il tasso e le altre condizioni contrattuali devono però essere conformi a quanto

previsto dal Consensus;

il credito deve essere rappresentato da titoli di credito (una promissory note emessa

dal debitore o una bill of exchange emessa dall’esportatore e accettata dal debitore16

)

16

Si veda la sezione 2.1.5.

53

avallati da una banca del paese di importazione;

se l’esportazione è verso un paese non appartenente all’Ocse è richiesta una

copertura assicurativa della Sace che riguardi i rischi commerciali e politici, e che i

diritti della polizza vengano poi girati alla banca che finanzia l’esportatore;

l’esportatore depositando a garanzia i titoli di credito può ottenere un finanziamento

agevolato in lire o in valuta; cedendo i titoli credito può finanziarsi con il forfaiting.

Com’è noto, il Mediocredito Centrale non interviene a favore dell’azienda ma della

banca che lo finanzia. Nel caso di prestito in lire o in valuta quest’ultima offrirà

all’azienda un tasso agevolato, che però non potrà essere inferiore a quello pagato

dall’importatore sulla dilazione di pagamento. L’intervento del Mediocredito Centrale

va a coprire la differenza tra il tasso di raccolta (delle lire o della valuta) subito dalla

banca17

e quello agevolato che questa concede all’esportatore. Nel caso di forfaiting18

i

vantaggi per l’esportatore si concretano innanzitutto nel contributo del Mediocredito

Centrale pari alla differenza tra i costi totali necessari allo smobilizzo del credito e gli

interessi pagati dall’importatore sulla dilazione di pagamento. Non si limitano però a

questo. Infatti, con il forfaiting un incasso dilazionato nel medio-lungo termine viene

trasformato in un incasso immediato, tra l’altro trasferendo sul forfaiter i rischi

commerciali, i rischi di cambio, il rischio della eventuale non trasferibilità dei fondi, i

rischi politici ed il rischio di eventuali sinistri non risarciti integralmente dalle

assicurazioni. Occorre notare che il costo del forfaiting dipende da vari fattori ma i

principali sono la dinamica del mercato dei cambi, la scadenza della fattura, il rating

internazionale del paese dell’importatore.

È necessaria una precisazione per le esportazioni verso paesi dell’UE. In tal caso,

anche se si praticano all’importatore comunitario condizioni agevolate nei limiti del

Consensus, la legge n. 227 del 24 maggio 1977 in linea di principio non consente

all’esportatore l’accesso alle facilitazioni creditizie da essa previste. Tuttavia, se i nostri

esportatori subiscono una eccessiva concorrenza da esportatori extracomunitari che

praticano agli importatori comunitari condizioni particolarmente agevolate, e purché ciò

sia documentabile, il Ministero del Tesoro può autorizzare il Mediocredito Centrale a

derogare dal divieto imposto dalla legge.

Tra gli obblighi dell’azienda nei confronti del Mediocredito Centrale c’è quello di

dimostrare l’esecuzione della fornitura e l’incasso del finanziamento.

3.5.3 Buyer’s Credit

Si applica a contratti di esportazione piuttosto consistenti e si concreta in

finanziamenti agevolati a favore dell’importatore, così da consentirgli di aderire alla

proposta commerciale.

In pratica, su richiesta dell’esportatore, il Mediocredito Centrale concede un prestito

agevolato a favore di una banca o di un altro ente finanziario del paese dell’importatore

mettendoli così in grado di concedergli un finanziamento parimenti agevolato.

L’operazione assume i seguenti caratteri:

è necessario praticare all’importatore le condizioni del Consensus; 17

Cioè il tasso di mercato che paga la banca per procurarsi il denaro. 18

Per le sue caratteristiche tecniche si rimanda al paragrafo 2.8.

54

è necessario che sia previsto il pagamento per contanti;

il credito acquirente deve essere esplicitamente richiesto nel contratto commerciale;

il prestito del Mediocredito Centrale va rimborsato in rate semestrali;

tale prestito può essere concesso nelle modalità open e tied; con la prima si finanzia

un insieme di operazioni mentre con la seconda c’è un diretto legame con una ben

precisa operazione.

Come per il supplier’s credit sussiste l’obbligo di dimostrare al Mediocredito

Centrale l’esecuzione della fornitura e l’incasso del finanziamento.

3.5.4 Export Leasing

L’operazione è finanziabile ai sensi della legge n. 227 del 24 maggio 1977 solo se

rispetta le condizioni del Consensus, adeguate ai caratteri del leasing; in particolare:

pagamento anticipato di almeno il 15% dei canoni;

il residuo debito va pagato in canoni costanti comprensivi di quota capitale e quota

interessi;

deve esistere un valore di riscatto, anche modestissimo.

Il finanziamento può essere richiesto soltanto da una società finanziaria di leasing

che abbia acquistato il bene dal produttore, e avviene mediante lo smobilizzo dei canoni

affiancati da titoli di credito (bill of exchange o promissory note) avallati da una banca.

L’agevolazione consiste nella corresponsione da parte del Mediocredito Centrale della

differenza tra il costo dello smobilizzo ed il tasso agevolato implicito nei canoni. Oltre a

questo, l’operazione ha le seguenti caratteristiche:

il tasso di interesse implicito nei canoni deve essere pari a quello del Consensus; la

società finanziaria di leasing potrà perciò massimizzare il suo margine solo sul

differenziale di prezzo fra l’acquisto del bene dal produttore e la cessione

all’importatore;

tale margine va certificato esibendo sia il contratto di export leasing che quello di

acquisto dal produttore;

la decisione favorevole del Mediocredito Centrale dipende in buona parte dal

giudizio di congruità del margine (non deve superare il 5-7%).

Come per il supplier’s credit ed il buyer’s credit, la società finanziaria di leasing

deve dimostrare al Mediocredito Centrale l’avvenuta fornitura e l’erogazione del

finanziamento.

3.5.5 Alcune precisazioni

Nella sezione 3.1.2 sono stati delineati i principali passi procedurali per accedere alle

agevolazioni della legge n. 227 del 24 maggio 1977. Vale la pena di aggiungere qualche

informazione al riguardo.

In linea di principio non si può chiedere l’intervento agevolativo del Mediocredito

55

Centrale fintantoché non sia siglato il contratto con l’importatore. In deroga a questo

principio generale, però, è possibile un esame preliminare dell’operazione da parte del

Mediocredito Centrale sulla base di semplici fotocopie di una pre-intesa raggiunta con

l’importatore e della domanda di assicurazione alla Sace.

Questo giudizio preliminare può assumere una grande valenza finanziaria per

l’esportatore in quanto il Mediocredito Centrale si esprimerà, pur se in via preliminare,

anche sui costi di finanziamento: l’esportatore, conoscendoli in anticipo, sarà messo

nelle migliori condizioni per tarare opportunamente la propria offerta all’importatore.

Una situazione particolare che si può venire a creare è l’assenza di titoli cambiari

rappresentativi del credito. Il problema si risolve con l’emissione da parte

dell’esportatore di titoli a suo nome ed a favore della banca che lo finanzia.

Per quanto riguarda la documentazione da allegare alla domanda, oltre a quanto

specificato nella sezione 3.1.2 (documentazione comune per le varie tipologie di

intervento), nel caso specifico di finanziamento del credito si dovranno presentare:

gli ultimi bilanci;

la documentazione prevista dal D.lgs. n. 490 dell’8 agosto 1994 (certificazione

antimafia);

se presenti, le lettere di credito e le fidejussioni rilasciate dalla banca

dell’importatore;

un documento che attesti la capacità giuridica dell’azienda;

la delibera societaria con cui si approva la richiesta del finanziamento.

3.6 Finanziamento degli ordini

Questa opzione è piuttosto utile nel caso in cui l’esportatore ha bisogno di tempi

piuttosto lunghi per l’ottenimento del prodotto. Il finanziamento copre il 70% delle

spese sostenute, che viene però decurtato per l’importo di eventuali anticipi pagati

dall’importatore; dura al massimo tre anni interrompendosi alla data in cui avviene

materialmente l’esportazione.

I passi da seguire sono piuttosto semplici, nel senso che è sufficiente farne richiesta

ad un istituto di credito presentando il contratto siglato con l’importatore. Devono però

essere rispettate alcune condizioni:

il periodo di produzione non deve essere inferiore ai 6 mesi19

;

la dilazione di pagamento concessa all’importatore non può eccedere i 3 anni;

l’esportatore deve certificare ogni costo sostenuto, mediante dichiarazione;

l’importatore deve emettere o accettare titoli cambiari rappresentativi del credito

dell’esportatore.

19

Questo limite vale per le piccole e medie imprese; sale a 12 per le grandi imprese.

56

4. L’ASSISTENZA DELL’UNIONE EUROPEA

La storia del nostro sistema economico ha dimostrato che le piccole e medie imprese

sono un valido strumento per favorire lo sviluppo, ma troppo spesso aziende valide

vengono frenate nell’approccio all'internazionalizzazione dalla loro fragilità finanziaria

e/o dalla difficoltà a fornire le garanzie richieste. L'Unione Europea ha affrontato il

problema dimostrando una crescente attenzione per le problematiche delle Pmi; tra i

vari interventi vanno sottolineati:

il miglioramento dell’accesso ai finanziamenti delle istituzioni finanziarie

comunitarie, in particolare per quelli della Banca Europea per gli Investimenti;

l’inserimento nei programmi di sviluppo comunitari di alcune iniziative

specificamente destinate a soddisfare le esigenze finanziarie delle piccole e medie

aziende esportatrici o comunque coinvolte in processi di internazionalizzazione1.

I programmi di incentivazione finanziaria per le Pmi stabiliti dall’UE sono parecchi e

coprono numerosi settori d’intervento. In questa sede, però, interessano solo quelli

connessi all’operatività sui mercati internazionali.

4.1 La piccola e media impresa secondo l‘UE

Lo status di Pmi è precisamente delineato perché da esso dipende l’accesso

all’assistenza finanziaria comunitaria. La Raccomandazione pubblicata sulla Gazzetta

Ufficiale L107 del 30 aprile 1996 stabilisce i parametri per l’identificazione di una Pmi:

piccola impresa media impresa

dipendenti 50 250

fatturato annuo 7 mil. ECU 40 mil. ECU

stato patrimoniale 5 mil. ECU 27 mil. ECU

partecipazione da altra

impresa2

25% 25%

Alcuni interventi, però, sono subordinati a parametri diversi. È il caso dei

finanziamenti della Banca Europea per gli Investimenti, che sono assegnati sulla base di

criteri elaborati dalla banca stessa, cioè:

numero complessivo di dipendenti inferiore a 500 unità;

fatturato non superiore a 38 milioni di ECU;

partecipazione da altra impresa non superiore ad 1/3 se si tratta di un’azienda che

non rispetta i due punti precedenti.

1 In particolare l’Unione Europea dimostra un vivo interesse per le cooperazioni tra imprese dei paesi

membri e imprese dell’est europeo e dei paesi in via di sviluppo. Per questo obiettivo sono stati attivati

una serie di programmi che vanno a finanziare progetti di investimento nei paesi selezionati. 2 Non classificabile come Pmi in base ai primi tre criteri dimensionali.

57

Con questi stessi parametri viene anche decisa l’ammissibilità ai finanziamenti di alcuni

programmi di ricerca e sviluppo tecnologico (tra quelli che interessano aziende che

operano con l’estero c’è il Craft) nonché l’utilizzo delle reti di informazione e di

cooperazione Bre e BC-Net. Un’ulteriore variante è applicata al programma Ecip3: il

primo ed il terzo criterio sono come quelli della Banca Europea per gli Investimenti,

mentre il secondo consiste nell’avere immobilizzazioni nette inferiori a 75 milioni di

ECU.

4.2 Le istituzioni finanziarie dell’UE

Le principali sono la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) e la Banca Europea

per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Bers); ad esse si è recentemente aggiunta la Banca

Centrale Europea (Bce) anche se attualmente la sua attività è limitata all’avvio

dell’unione monetaria.

4.2.1 La Banca Europea per gli Investimenti (Bei)

Nel nostro Paese la Bei interviene in base alle disposizioni del Trattato e delle leggi

n. 876 del 27 dicembre 1973 e n. 956 del 9 dicembre 1977. La Banca interviene con due

strumenti di finanziamento. Il primo è il prestito individuale, ma ad esso accedono

praticamente solo le grandi aziende in quanto viene concesso solo per finanziare grandi

progetti (oltre 25 milioni di ECU). Il secondo è il prestito globale, che la Bei

abitualmente utilizza per finanziare le Pmi (prevalentemente quelle industriali4); non

viene però erogato direttamente alle aziende ma a banche ed enti finanziari che poi

finanziano le Pmi5 a tassi vantaggiosi..

I prestiti vengono erogati nella Lira italiana e anche nelle seguenti valute: ECU,

Dollaro statunitense, Yen, Fiorino olandese, Franco francese, Franco svizzero, Franco

belga, Lira sterlina.

In Italia la Bei opera con i seguenti istituti finanziari:

Mediocredito Centrale e mediocrediti regionali;

Banco di Napoli

Banco di Sicilia

Banca Nazionale del Lavoro (sezione credito industriale e sezione credito

alberghiero e turistico)

Credito Industriale Sardo

Crediop

Istituto Mobiliare Italiano

Interbanca

Efibanca

3 Si veda il paragrafo 4.7.

4 Sono escluse dai finanziamenti Bei le imprese che svolgono attività commerciale.

5 Gli intermediari finanziari che attingono alle linee di credito della Bei selezionano le Pmi

conformemente ai criteri stabiliti dalla banca stessa (si veda il paragrafo 4.1).

58

Irfis

Isveimer

Monte dei Paschi di Siena

Istituto di Credito Fondiario delle Venezie

Centrobanca

Istituto San Paolo di Torino

Per quanto riguarda le modalità di finanziamento alle Pmi, la Bei concede prestiti a

medio e lungo termine non superando il 50% dell'investimento ed in cofinanziamento

con l’intermediario che assiste l’azienda, con un minimo di 20000 ECU ed un massimo

di 10 milioni di ECU. I progetti sono finanziabili se portano al miglioramento dei

trasporti e delle telecomunicazioni, alla protezione dell'ambiente, alla realizzazione

degli obiettivi comunitari in tema di energia, all'introduzione di nuove tecnologie.

I finanziamenti possono essere a tasso fisso, a tasso variabile o a tasso rivedibile, e

denominati in una sola moneta o in più monete del paniere; in quest'ultimo caso

l'assortimento può essere combinato in base alle preferenze dell'azienda oppure

predeterminato per composizione e durata. La concessione del prestito fa seguito ad una

domanda inoltrata all'ente creditizio che fa da intermediario. Il rimborso deve avvenire

nelle stesse valute ricevute e le rate sono generalmente costanti e semestrali.

I tassi praticati derivano dalla somma tra il costo sostenuto dalla Bei per la raccolta

(che è piuttosto favorevole visto il suo ottimo rating sui mercati internazionali)e di due

spread6, il primo finalizzato a coprire le spese di gestione (approssimativamente pari

allo 0.15%) ed il secondo a favore dell'intermediario di cui la Bei si avvale. Se il

finanziamento è concesso in più monete il tasso base applicato è pari alla media

ponderata dei costi di raccolta per la Bei sulle varie valute. I tassi rivedibili vengono

stabiliti trimestralmente o semestralmente. Sono previsti degli abbuoni d’interesse per le

Pmi che creano posti di lavoro.

Per ottenere i prestiti della Bei non sono necessarie particolari garanzie oltre a quelle

richieste ordinariamente dalle aziende di credito. In base alla citata legge n. 956 del 9

dicembre 1977 il Ministero del Tesoro, limitatamente al 70% del finanziamento, copre il

rischio di cambio per variazioni dello stesso superiori al 5% delle parità al momento

dell'erogazione. La Bei, dietro il versamento di una commissione, garantisce prestiti

contratti con altri finanziatori o sui mercati finanziari purché i progetti finanziati

soddisfino i requisiti di ammissibilità che la Bei richiede sui suoi stessi prestiti.

In occasione del vertice straordinario svoltosi nel novembre del 1997, cui hanno

partecipato la Bei ed altri importanti istituti finanziari europei, sono stati previsti alcuni

nuovi impegni finanziari degni di nota. La Bei ha messo a disposizione 10 miliardi di

ECU da spendere entro la fine del 2000, che si vanno ad aggiungere ai 21 miliardi di

ECU che la banca già spende ogni hanno (in ambito UE). Si prevede che questi 10

miliardi di ECU possano arrivare a generare circa 30 miliardi di investimenti. Un

ulteriore miliardo di ECU, sempre da spendere entro la fine del 2000, verrà messo a

disposizione dalla Bei prelevandolo dal suo surplus in operazioni con capitale di rischio.

Una prima quota di 125 milioni di ECU è già stata concessa alle Pmi. Infine, con

specifico riferimento al nostro Paese la Bei si è impegnata con l’Istituto Mobiliare

6 Uno spread è la differenza tra il tasso passivo pagato per la raccolta di denaro e quello attivo a cui si

concedono prestiti, quindi rappresenta il guadagno per l’intermediario. In pratica, i tassi attivi da praticare

a coloro che richiedono prestiti si ottengono prefissando tale guadagno (lo spread) e sommandolo ai tassi

passivi.

59

Italiano per un importo pari a 26 milioni di ECU (altrettanti saranno messi a

disposizione dall’IMI) allo scopo di finanziare il capitale di rischio delle Pmi7.

Ulteriori informazioni sulle modalità di accesso ai fondi Bei sono fornite dalla rete

degli Euro-Info-Centre oppure da:

Bei Information Desk Bei Dipartimento Italia

bd. K. Adenauer, 100 Via Sardegna, 38

2950 Lussemburgo 00187 Roma

telef. 0035-02-43791 telef. 06-47191

fax 0035-02-43793189

4.2.2 La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (Bers)

È costituita da 60 membri tra cui vi sono l’UE e la Bei (gli altri sono 58 Paesi). Tra i

suoi obiettivi generali vi è l’incentivazione dell’iniziativa privata e dell’attività

imprenditoriale nei paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione Sovietica. Uno

dei canali con cui la Bers persegue queste finalità è il finanziamento degli investimenti

all’estero. Gli interventi a favore di soggetti privati rappresentano il 73% delle somme

complessivamente erogate.

I progetti finanziabili devono assicurare flussi di cassa nella misura sufficiente al

rimborso dei prestiti, e viene data priorità all’attività di esportazione di beni e servizi.

Gli interventi finanziari hanno le seguenti caratteristiche:

prestiti a medio e lungo termine, eventualmente in cofinanziamento con altre

istituzioni finanziarie;

partecipazione al capitale di rischio;

concessione di garanzie e prestazione di consulenze finanziarie.

Per contattare la Bers il riferimento è:

European Bank for Reconstruction and Development

One Exchange Square

Londra EC2A 2EH, Gran Bretagna

telef. 0044-71-3386000

4.3 L’accesso alle fonti informative

4.3.1 Business Cooperation Network (BC-Net)

È una rete di intermediari e consulenti8 con coordinamento centralizzato a Bruxelles,

il cui compito è assistere le Pmi9 nella ricerca di partner a livello nazionale ed

7 In ambito UE questo è il primo esempio di una simile cooperazione.

8 Gli operatori sono sia pubblici che privati; possono essere studi di consulenza, studi legali, banche,

Camere di Commercio, organizzazioni di categoria. 9 Per l’adesione al BC-Net sono tali le aziende che rispettano i parametri stabiliti dalla Bei (paragrafo

4.1).

60

internazionale. Con l’intervento della rete è possibile individuare possibilità di

cooperazione in svariati campi, ivi compreso quello finanziario; ad esempio viene

facilitata l’acquisizione di una partecipazione in un’altra impresa.

Quando un’azienda è alla ricerca di un partner si rivolge ad uno degli intermediari

della rete. Questo redige un profilo del tipo di collaborazione cercata e avvia una ricerca

computerizzata. Se viene identificato un partner che risponde alle richieste

l’intermediario mette in contatto le due aziende; fino a quel momento è garantita la

riservatezza. Se, all’opposto, la ricerca non da alcun riscontro l’intermediario si rivolge

al sistema informativo degli altri membri della rete.

Ulteriori dettagli su BC-Net si possono ottenere dagli Euro-Info-Centre oppure da:

Commissione Europea CBE Geie

DG XIII - Politica d’impresa Avenue Louise 326, Bte 46

Rue de la Loi, 200 1050 Bruxelles, Belgio

1049 Bruxelles, Belgio telef. 0032-02-66404711

telef. 0032-02- 2959421

IMI spa

Viale dell’arte, 25

00144 Roma

telef. 06-59592295

4.3.2 Bureau de Rapprochement des Enterprises (Bre)

Sono uffici per la cooperazione tra imprese che favoriscono la ricerca e l’offerta di

cooperazione in tre campi, e uno di questi è quello finanziario (gli altri due sono il

commerciale ed il tecnico-produttivo).

Si tratta di una rete di circa 500 corrispondenti presenti in tutti i paesi comunitari ed

in numerosi paesi terzi, ai quali le Pmi possono avanzare un numero illimitato di

proposte. Queste saranno diffuse in modo anonimo (si cita la fonte Bre ma non gli

estremi dell’impresa) e i dettagli saranno poi comunicati agli interessati solo al

momento del contatto diretto. I corrispondenti Bre assistono le Pmi nella stesura dei

profili aziendali necessari per le messa in rete della proposta, e anche nella ricerca dei

possibili partner. Le trattative tra le aziende sono autonome, nel senso che il Bre non vi

partecipa in modo attivo ma si limita a fornire (a titolo gratuito) tutte le informazioni

utili (norme nazionali e comunitarie) in campo amministrativo, fiscale e finanziario; su

richiesta il Bre può coadiuvare l’avvio delle trattative. Il Bre non interviene per

operazioni di breve periodo, ed assiste soltanto le aziende considerabili come Pmi in

base ai parametri prefissati dalla Bei. Le statistiche dicono che nel 20% dei casi le

ricerche di una controparte danno esito positivo.

La rete Bre copre i paesi qui di seguito elencati:

membri UE Cina Malta Svizzera

Argentina Cipro Marocco Thailandia

Australia Filippine Messico Tunisia

Bangladesh Finlandia Norvegia Ungheria

Brasile Giappone Perù USA

61

Bulgaria India Polonia Venezuela

Canada Israele Repub. Ceca Ex Jugoslavia

Cile Malesia Slovacchia

Per informazioni è disponibile la rete degli Euro-Info-Centre oppure:

Commissione Europea

Direzione Generale XXIII - Politica d’impresa

Rue de la Loi 200, Arln 6/70

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2359117 / 2356795 / 2365294

fax 0032-02-2364271 / 2366048

FITA

Viale Pasteur, 10

00144 Roma

telef. 06-5912886

fax 06-5912975

4.4 AL Invest

Con questo programma l’UE promuove la cooperazione industriale con in paesi

dell’America Latina, favorendo nello stesso tempo i processi di internazionalizzazione

delle Pmi dei paesi membri.

A priori non vi sono limiti alle attività finanziabili e hanno accesso al programma

gruppi di Pmi (ma anche associazioni professionali e agenzie di sviluppo) che abbiano

esperienza nella cooperazione tra imprese. È anche necessario che le aziende aderiscano

alla Coopeco. Si tratta di una rete assistita da circa 180 operatori europei specializzati

(alcuni operano anche per BC-Net e Bre) e che ha lo scopo di realizzare i progetti

inerenti al programma AL Invest. La Commissione Europea valuterà le domande di

ingresso nella rete, e quindi anche l’ammissibilità del finanziamento, ponendo

particolare attenzione ai seguenti aspetti:

esperienza in tema di cooperazione e di sviluppo di investimenti in paesi terzi;

capacità nelle funzioni di informazione e di stimolo alla partecipazione;

capacità di controllare lo sviluppo dei progetti;

esperienza in programmi comunitari simili all’AL Invest.

I paesi interessati sono:

Argentina Costa Rica Messico Uruguay

Bolivia El Salvador Nicaragua Venezuela

Brasile Ecuador Panama

Cile Guatemala Paraguay

Colombia Honduras Perù

I riferimenti presso l’UE sono:

62

Commissione Europea Segretariato AL Invest

DG I e XXIII Avenue Louise, 486

Rue de la Loi, 200 1050 Bruxelles, Belgio

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2991111

fax 0032-02-6463256

4.5 Convenzione di Lomè

Si tratta di un accordo siglato per la prima volta a Yaoundé (Camerun) il 2 marzo del

1963 e rinnovato per altre cinque volte; l’ultima revisione è stata firmata a Lomè (Togo)

nel 1989 e scade nel 1999. Ha lo scopo di eliminare i principali squilibri del sistema

economico dei paesi firmatari, un gran numero di paesi dell’Africa, dei Caraibi e del

Pacifico (paesi Acp), offrendo così numerose occasioni di intervento.

L’attivazione dei progetti non è però demandata alle imprese ma scaturisce da un

accordo tra la Commissione ed uno dei paesi aderenti. Il governo del paese avanza

una richiesta di finanziamento alla Direzione Generale VIII, che viene poi approvata

dalla Commissione sentito anche il parere del Fondo Europeo di Sviluppo (Fes).

Quest’ultimo può anche promuovere e finanziare iniziative specifiche che vanno ad

aggiungersi all’accordo tra la Commissione ed il paese beneficiario; sono rivolte alla

costruzione di infrastrutture e sono indette mediante gare internazionali di appalto.

Le aziende che partecipano a questi progetti possono ottenere un finanziamento

attingendo dal Fes, dal fondo Sy-Smin, dal fondo Sta-Bex; per aderire a tali iniziative

hanno a disposizione due modalità operative:

partecipano al bando di gara internazionale eventualmente promosso dal Fes;

iniziano una cooperazione organica con uno dei paesi Acp rivolgendosi al Centro di

Sviluppo Industriale (Csi) che ha sede a Bruxelles.

È chiaro che la prima modalità ha un carattere piuttosto occasionale mentre con la

seconda si entra pienamente nel programma di attività delineato dalla Convenzione. Per

attivare una collaborazione con il Centro di Sviluppo Industriale ci si rivolge all’Ice il

cui indirizzo è:

Istituto per il Commercio Estero

Ufficio per la Collaborazione Industriale

Via Liszt 21, 00144 Roma

telef. 06-59926933

fax 06-59647438

ma l’impresa può anche contattare direttamente il Csi al seguente recapito:

Centre pour le Development Industriel

Avenue Hermann Debroux, 52

1160 Bruxelles, Belgio

63

telef. 0032-02-6791811

fax 0032-02-6752608

Per cooperare con il Csi l’azienda deve fornire un bilancio consolidato degli ultimi 3

anni, una relazione che illustri precedenti collaborazioni con paesi Acp o con enti

finanziari internazionali.

I progetti sono approvati entro due mesi dalla data di presentazione della

documentazione richiesta. L’ottenimento del finanziamento è subordinato allo studio di

fattibilità che deve redigere l’azienda, i cui punti principali saranno un’analisi di

mercato, il grado di competitività del settore d’intervento, gli investimenti fissi

necessari.

Il gruppo Acp è così composto:

Angola Guinea Bissau S. Kittys e Nevis

Antigua Guinea Equator. S. Vincent e Grenadine

Bahamas Guyana Salomone, isole

Barbados Haiti Samoa Occidentale

Barbuda Kenia S. Tomè e Principe

Belize Kiribati Seicelle, isole

Benin Lesotho Senegal

Botswana Liberia Sierra Leone

Burkina Faso Madagascar Somalia

Burundi Malawi Sudan

Camerun Mali Suriname

Capo Verde, isole Mauritania Swaziland

Centrafricana, repub. Maurizio, isole Tanzania

Ciad Mozambico Togo

Comore Namibia Tonga

Congo, repub. pop. Niger Trinidad e Tobago

Costa d’Avorio Nigeria Tuvalu

Dominicana, repub. Nuova Guinea Uganda

Giamaica Papuasia Vanuatu

Grenada Ruanda Zaire

Guinea S. Lucy Zambia

4.6 Craft

È un programma che sostiene finanziariamente imprese industriali impegnate nella

ricerca industriale e tecnologica, allo scopo di potenziare l’innovazione delle Pmi..

I finanziamenti vengono concessi con un bando di gara pubblico. I progetti di ricerca

devono essere stati proposti da Pmi e devono essere sviluppati in Europa. Le aziende

devono però associarsi tra loro per designare un centro di ricerca che gestisca il progetto

in nome loro. La valutazione avviene in due fasi: nella prima si preselezionano progetti

in bozza, nella seconda si opera la scelta definitiva tra quelli che hanno superato la

prima selezione (che nel frattempo devono essere ulteriormente dettagliati; per farlo ci

sono 3-4 mesi dalla prima valutazione).

Ulteriori informazioni si possono ottenere presso gli Euro-Info-Centre.

64

4.7 EC Investment Partners

Favorisce con uno stanziamento complessivo di 250 milioni di ECU la cooperazione

tra le Pmi dell’UE e le imprese appartenenti ai seguenti paesi:

America Latina Argentina Ecuador Nicaragua

Bolivia El Salvador Panama

Brasile Guatemala Perù

Cile Honduras Uruguay

Colombia Messico Venezuela

Costarica

Asia Bhutan Laos Pakistan

Brunei Macao Singapore

Cambogia Malesia Sri Lanka

Cina Maldive Thailandia

Filippine Mongolia Vietnam

Indonesia Nepal

Bacino del Algeria Israele Marocco

Mediterraneo Cipro Libano Tunisia

Egitto Malta Turchia

Medio Oriente Arabia Saudita Iran Yemen

Bahrein Oman Kuwait

Emirati Arabi Qatar

Giordania Siria

Per l’acceso a questo programma la definizione di Pmi non è quella ufficiale10

ma la

seguente:

meno di 500 dipendenti;

immobilizzazioni nette inferiori ai 75 milioni di ECU;

partecipazione da grande impresa non superiore ad 1/3.

L’Ecip interviene favorendo la costituzione di joint-venture non solo con prestiti ma

anche con compartecipazioni al capitale di rischio. In particolare si tratta di:

costi per di studi di fattibilità e

per la promozione di joint

venture

contributo del 50% fino ad un massimo di

250.000 ECU; è una concessione a tasso

nullo, a due o cinque anni, che diventa a

fondo perduto se il progetto non va a buon

fine

partecipazione al capitale di

joint venture

il contributo arriva al 20% del capitale

sociale fino ad un massimo di 1.000.000

ECU; in genere l’intervento ha durata

10

Si veda il paragrafo 4.1.

65

quinquennale;

costi di formazione del

personale, per l’assistenza

tecnica ed il trasferimento di

tecnologia (connessi alla

costituzione della joint venture)

contributo del 50% fino ad un massimo di

250.000 ECU, durata 5 anni.

L’iniziativa è gestita dalla Commissione in modo decentrato, con una rete di 108

istituzioni finanziarie. Le istituzioni finanziarie italiane che hanno firmato un accordo

con l’UE per l’Ecip sono le seguenti:

ente di riferimento per informazioni

Cariplo, Milano tel. 02-88661

Finlombarda, Milano tel. 02-760441

Ice, Roma tel. 06-5992202

Banca Nazionale del Lavoro, Roma tel. 06-47027861

Istituto Bancario S. Paolo di Torino, Torino tel. 011-5552128

Monte dei Paschi di Siena, Siena tel. 0577-294111

Simest, Roma tel. 06-3234447

Per ulteriori dettagli ci si può rivolgere agli Euro-Info-Centre oppure a:

Commissione Europea

DG I - Relazioni economiche esterne K/3

Rue de la Loi, 200

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2991111

fax 0032-02-2990204

4.8 Eurotech Capital

È un’iniziativa che finanzia Pmi che sviluppano progetti transnazionali ad alta

tecnologia. I finanziamenti per le Pmi provengono da una rete di operatori che

dispongono globalmente di 1,3 miliardi di ECU; l’intervento non avviene sotto forma di

prestito ma come capitale di rischio. Per accedere al finanziamento le aziende devono

contattare direttamente i membri della rete Eurotech Capital compilando una domanda

formulata secondo le specifiche modalità da essi previste.

La rete è composta da:

Tecno Venture Management (Belgio)

Danish Development Finance Corporation (Danimarca)

Sepi (Spagna)

Innolion France (Francia)

Finolevec (Francia)

Sofinnova (Francia)

66

Sitra (Finlandia)

Società Finanziaria di Partecipazione (Italia)

Gilde Investment Funds (Olanda)

Alta Berkeley (Gran Bretagna)

Biotechnology Investment Ltd (Gran Bretagna)

Euroventures Management (Svezia)

Euroventures Benelux (Belgio, Olanda, Lussemburgo)

Eurosud Capital (Francia, Italia, Spagna)

Ini (Francia, Italia, Spagna)

Ulteriori informazioni si possono ottenere presso:

Commissione Europea AIFI

DG XVIII - Credito e Investimenti Via Cornaggi, 10

Rue A. De Gasperi – Bat. Wagner 20123 Milano

2920 Lussemburgo telef. 02-8055901

telef. 0035-02- 430136246

fax 0035-02-436322

Innoinvest Piemonte Finpiemonte spa

Via Curtatone, 5

10131 Torino

telef. 011-6604041

4.9 Exprom

È un programma che ha come obiettivo la promozione delle esportazioni in

Giappone. Le Pmi sono finanziabili per le seguenti attività:

formazione dei quadri aziendali alle pratiche commerciali ed industriali giapponesi;

studio della lingua;

studio della cultura;

studio dei mercati, con particolare attenzione a quelli con un buon potenziale per le

Pmi dell’UE;

partecipazione a mostre e fiere.

Il riferimento presso l’UE è:

Commissione Europea

DG I - Relazioni esterne G/5

Rue Belliard, 28

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2991111

fax 0032-02-2991033

67

4.10 Iniziativa Pmi

È un programma d’intervento cui possono aderire le Pmi situate nelle aree interessate

dagli obiettivi 1, 2 e 5b. È dotato di un miliardo di ECU ed ha lo scopo di favorire la

competitività delle Pmi sul piano internazionale. Sono finanziabili le seguenti azioni:

miglioramento dei sistemi di gestione della qualità totale, dell’innovazione

tecnologica, delle telecomunicazioni;

interventi per il rispetto dell’ambiente e l’utilizzo razionale dell’energia;

sviluppo della collaborazione tra centri di ricerca, Università e aziende;

accesso a nuovi mercati;

creazioni di reti tra Pmi, committenti, subfornitori, consumatori;

miglioramento delle qualifiche professionali;

miglioramento dell’accesso al credito ed ai finanziamenti.

In merito a questa iniziativa il nostro Ministero dell’Industria ha stilato un

programma operativo, già approvato dalla Commissione, per le aree interessate dagli

obiettivi 1, 2 e 5b. Si articola nei seguenti 4 sotto-programmi:

interventi a sostegno della domanda di servizi ad elevato impatto strategico nei

settori dell’innovazione tecnologica e dell’internazionalizzazione;

interventi a sostegno dell’offerta di servizi ad elevata specializzazione nei settori

dell’internazionalizzazione, della qualità, dell’innovazione tecnologica e

dell’ambiente;

interventi per le reti informative e di assistenza tecnica;

interventi di sostegno ai servizi reali.

Informazioni più dettagliate possono essere richieste alla rete degli Euro-Info-Centre.

4.11 Interprise

Quest'iniziativa è finalizzata a favorire accordi di cooperazione fra piccole e medie

imprese ed è considerata uno strumento idoneo ad agevolare il processo di prima

internazionalizzazione delle Pmi. Ciò deve avvenire mediante la realizzazione di

incontri d’affari, che coinvolgano almeno tre regioni di tre stati membri e che abbiano

l’effetto di promuovere accordi di collaborazione commerciale, tecnica e finanziaria.

Ogni progetto deve prevedere la partecipazione di 15-20 Pmi per ciascuna delle

regioni interessate, e ciascuna di esse deve presentare una proposta con cui si fissano

date e modalità degli incontri. I progetti vengono promossi da operatori quali le Camere

di Commercio, associazioni di categoria, agenzie di sviluppo (locale, regionale,

nazionale), Euro-Info-Centre, BC-Net11

, Bre12

, centri di ricerca, consulenti privati.

Possono pervenire alla Commisione Europea in ogni momento ma vanno valutati

almeno nove mesi prima della data proposta per la manifestazione o l’incontro. L’iter è

il seguente:

11

Business Cooperation Network. 12

Bureau de Rapprochement des Enterprises.

68

identificazione dei settori produttivi interessati;

selezione delle Pmi da coinvolgere;

pubblicazione e distribuzione di un catalogo che illustri le modalità di cooperazione;

organizzazione di una manifestazione per consentire l’instaurazione di contatti diretti

tra le Pmi coinvolte.

L’UE finanzia l’ultima fase, fornendo un contributo non superiore al 50% del budget

con un tetto massimo di 50000 ECU.

Per ottenere il vademecum di questo programma e per ulteriori informazioni si può

far riferimento agli Euro-Info-Centre oppure a:

Commissione Europea

DG XXIII/B2 – Interprise

Rue de la Loi, 200, An 80

1049 Bruxelles, Belgio

fax 0032-02-2951740

4.12 Joint European Venture

Questa iniziativa promuove la nascita di imprese comuni transnazionali all’interno

dell’UE. Per impresa comune non si intende solamente una joint-venture ma anche

qualsiasi forma di consorzio e partecipazione.

I settori privilegiati sono quelli dell’industria, del commercio e dell’artigianato e

sono finanziabili parte delle spese sostenute per la costituzione dell’impresa. Posto che

l’intervento non potrà in ogni caso superare i 100000 ECU, la somma messa a

disposizione si potrà suddividere nel modo seguente:

una prima parte fino a raggiungere il 50% delle spese sostenute, suddivisa in due

tranche: metà come anticipo rimborsabile e metà alla presentazione di una relazione

giustificativa dei costi; la frazione anticipata viene poi convertita in una sovvenzione;

una seconda parte, cumulabile alla prima, limitata al 10% del valore

dell’investimento complessivo ed erogata successivamente alla realizzazione dello

stesso.

4.13 Joint Venture Programme

Promuove la costituzione e lo sviluppo di imprese miste nell’Europa centrale ed

orientale. È un programma dotato di 50 milioni di ECU e ne sono beneficiari progetti di

joint venture che interessano i seguenti paesi:

Albania Lituania Slovacchia

Bulgaria Polonia Slovenia

Estonia Repub. Ceca Ungheria

Lettonia Romania Feder. Russa

69

Accedono al programma imprese appartenenti a qualsiasi settore di attività escluso

quello finanziario; e viene data la precedenza a quelle il cui capitale non supera i 20

milioni di ECU. La procedura è la seguente:

identificare un partner potenziale in uno dei paesi eleggibili;

elaborare il progetto di costituzione e/o sviluppo di una joint-venture;

presentare il progetto ad uno degli intermediari finanziari che aderiscono al

programma; se questi ne daranno una valutazione positiva trasmetteranno il progetto

alla Commissione;

se c’è l’approvazione anche della Commissione la Pmi firma un accordo finanziario

con l’intermediario;

si ottiene il finanziamento secondo le modalità dell’accordo.

Il programma finanzia quattro momenti della costituzione e/o sviluppo della joint-

venture: incontri di informazione, studi di fattibilità e prefattibilità, cofinanziamento al

fabbisogno di capitali, finanziamento delle azioni di formazione e di trasferimento di

know-how.

Per quanto riguarda gli incontri di informazione (seminari, workshop e altre

manifestazioni atte a diffondere il progetto) il finanziamento avviene con una

sovvenzione fino a coprire il 50% dei costi con un massimo di 100000 ECU per

manifestazione; le manifestazioni non devono però esser attivate dalle Pmi ma da

organismi quali le Camere di Commercio, le associazioni di categoria, gli intermediari

che costituiscono la rete finanziaria del programma.

In relazione agli studi preliminari alla creazione della joint-venture, si finanziano al

50% i costi ammissibili degli studi di prefattibilità e di fattibilità. Per i primi il

finanziamento consiste in un premio che comunque non può superare i 20000 ECU,

mentre per i secondi tale premio può arrivare a 75000 ECU che si tramuta però in

sovvenzione se entro 12 mesi il progetto va a buon fine (si costituisce la joint-venture o,

in subordine, si completa il suo piano di sviluppo); in tal caso però il finanziamento si

estende al 100% dei costi ammissibili con un massimo di 150000 ECU. I costi

ammissibili sono: costi collegati agli studi, costi delle missioni e soggiorni, compensi

dello staff dei partner della joint-venture.

In merito al cofinanziamento del fabbisogno di capitali della joint-venture, la

Commissione Europea interviene solo se un intermediario finanziario contribuisce ai

fabbisogni di medio e lungo periodo. Il contributo comunitario può avvenire sotto forma

di partecipazione, di prestito partecipativo13

, di garanzia sul 50% del cofinanziamento

dell’intermediario finanziario. In ogni caso l’intervento non potrà superare il minore tra

questi valori: 2 milioni di ECU, i capitali a medio e lungo termine messi a disposizione

dell’intermediario finanziario, l’ammontare della partecipazione della Pmi comunitaria,

il 20% delle risorse a medio e lungo termine rese disponibili dal progetto.

Nel caso di spese di formazione o di trasferimento di tecnologia la sovvenzione è

limitata al 50% dei costi ammissibili con un tetto massimo di 250000 ECU. I costi

finanziabili sono: spese direttamente collegate alle azioni di formazione e di

trasferimento di know-how, spese di viaggio e soggiorno, il trattamento del personale

dei partner della joint-venture assegnato a queste iniziative.

13

Prestito la cui remunerazione è in parte ad interesse ed in parte commisurata agli utili conseguiti. Per

approfondimenti si veda la nota 12 della sezione 3.3.2..

70

Gli intermediari che nel nostro Paese hanno aderito al programma sono i seguenti:

ente di riferimento per informazioni

Banca Popolare di Novara, Novara tel. 0321-662739

Banco Ambrosiano Veneto, Milano tel. 02-85947692

Cariplo, Milano tel. 02-88662498

Finest, Pordenone tel. 0434-20607

Finlombarda, Milano tel. 02-760441

Istituto Mobiliare Italiano, Roma tel. 06-593461

Istituto Bancario S. Paolo di Torino, Torino tel. 011-5552587

Mediocredito Centrale, Roma tel. 06-4791592

Monte dei Paschi di Siena, Siena tel. 0577-294313

Simest, Roma tel. 06-3234447

Il riferimento presso l’UE è:

Commissione Europea

DG XVIII - Credito ed Investimenti

Rue A. De Gasperi - Bat. Wagner

2920 Lussemburgo

telef. 0035-02-43011

fax 0035-02-436322

4.14 Med Invest

Questo programma incentiva la cooperazione industriale per aumentare la

competitività dei paesi terzi del bacino del Mediterraneo e nello stesso tempo favorire

l’internazionalizzazione delle Pmi comunitarie.

Non vi sono limiti ai settori finanziabili e possono partecipare gruppi di Pmi (cui si

possono aggiungere associazioni professionali e agenzie di sviluppo) che abbiano

esperienza nella cooperazione tra imprese. L’accesso al programma avviene sulla base

dei bandi di gara pubblicati sulla serie C della Gazzetta Ufficiale della Comunità

Europea.

I paesi interessati sono:

Algeria Israele Siria

Cipro Libano Tunisia

Egitto Malta Turchia

Giordania Marocco

Per quanto riguarda iniziative di cooperazione già sperimentate il riferimento

comunitario è:

Commissione Europea

DG XXIII

Rue d’Arlon, 80

71

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2991111

fax 0035-02-2951740

mentre se si tratta di progetti pilota ci si deve rivolgere a:

Commissione Europea

DG I

Rue del la Science, 14

1049 Bruxelles, Belgio

fax 0032-02-2990204

4.15 Media II

Con questo intervento l’UE intende rafforzare la competitività internazionale nel

settore dei programmi audiovisivi.

Il programma riguarda la fase di distribuzione internazionale di prodotti audiovisivi,

alla quale l’UE ha destinato un budget di 265 milioni di ECU, ma anche la formazione

professionale e le operazioni che precedono la realizzazione dell’opera, cui sono

destinati altri 45 milioni di ECU.

Per informazioni ci si rivolge a:

Commissione Europea

DG X - A/2

Rue de la Loi, 102

1049 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2999147

fax 0035-02-2999214

4.16 Phare

È un’iniziativa che ha l’obiettivo di assistere la transizione verso l’economia di

mercato dei paesi dell’Europa centro-orientale, mediante progetti che coinvolgano

aziende comunitarie. Le attività finanziabili riguardano l’assistenza tecnica, studi,

consulenza, sostegno degli investimenti nei seguenti settori:

ristrutturazione e/o privatizzazione di aziende pubbliche nell’industria e

nell’agricoltura;

modernizzazione del sistema finanziario;

consulenza legislativa;

infrastrutture nei trasporti e nelle telecomunicazioni;

formazione professionale;

sostegno alle Pmi.

Le Pmi comunitarie possono partecipare a questi interventi, soprattutto se sono

72

imprese di consulenza o comunque in possesso di uno specifico know-how, accedendo

ai finanziamenti previsti per due vie: programmi specifici e agevolazioni (fondi di

garanzia, prestiti agevolati). Il sostegno finanziario è generalmente a fondo perduto.

I progetti sono oggetto di bandi di gara pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della

Comunità Europea. Le Pmi interessate devono però iscriversi in un apposito registro dal

quale sono poi selezionate ed inserite in liste ridotte compilate in base alle competenze e

capacità specifiche.

I paesi coinvolti dal programma sono14

:

Albania Lituania Slovacchia

Bulgaria Polonia Slovenia

Estonia Rep. Ceca Ungheria

Lettonia Romania

Il riferimento comunitario è:

Commissione Europea

DG I - Relazioni economiche esterne

Rue Montoyer, 34

1040 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2991600

fax 0035-02-2991777

4.17 Piani Integrati Mediterranei (Pim)

Questi Piani sono stati ufficializzati già dal luglio del 1985 ed hanno lo scopo di

incrementare l’offerta di capitali di rischio a favore delle piccole e medie imprese.

Vengono elaborati dalle autorità regionali degli stati membri e successivamente sono

trasmessi alla Commissione; coinvolgono anche la Bei. Si concretano in contributi a

società finanziarie di investimento ed a fondi di garanzia.

Le società finanziarie di investimento apportano nuovo capitale di rischio nelle

piccole e medie imprese industriali e commerciali che hanno buone prospettive di

sviluppo. L’intervento deve però avere una delle seguenti finalità:

creazione di una nuova impresa;

capitalizzazione di un’impresa già esistente;

garantire la sopravvivenza dell’impresa quando si ritira l’unico proprietario o il socio

principale.

La partecipazione è minoritaria e temporanea; dovrebbe avere una vita non inferiore ai 5

anni.

I fondi di garanzia hanno lo scopo di facilitare l’accesso al credito e ridurre il rischio

dei soggetti che partecipano alle imprese; quest’ultimo obiettivo prevede la copertura

del 50% delle eventuali perdite subite dagli investitori.

14

La Croazia è stata sospesa mentre prossimamente verrà inclusa la Macedonia.

73

4.18 Tacis

Il programma fornisce consulenza, assistenza tecnica e formazione ai seguenti

paesi

Armenia Kirghisistan Turkmenistan

Arzebaigian Fed. Russa Ucraina

Bielorussia Tagikistan Uzbekistan

Kazakistan Georgia

Moldavia Mongolia

Le attività finanziabili sono:

sviluppo delle risorse umane (formazione manageriale, pubblica amministrazione,

servizi occupazionali);

servizi funzionali alla produzione alimentare e distribuzione;

produzione, distribuzione, consumo e risparmio di energia;

interventi nei trasporti e nelle altre infrastrutture;

riconversione industriale.

Visto che il programma prevede essenzialmente l’assistenza tecnica, è favorita la

partecipazione di Pmi che sono in grado di fornire uno specifico know-how. Per quanto

riguarda le attività di consulenza, le Pmi interessate devono iscriversi in un apposito

registro dal quale sono poi selezionate ed inserite in liste ridotte compilate in base alle

competenze e capacità specifiche. Gli appalti di forniture sono concesso mediante bandi

pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea (serie S). I finanziamenti

sono a fondo perduto e coprono i costi di preparazione, attuazione, controllo e

valutazione dei progetti.

Per informazioni il riferimento è:

Commissione Europea

DG I - Relazioni economiche esterne

Rue Montoyer, 34

1040 Bruxelles, Belgio

telef. 0032-02-2952585

fax 0035-02-2310441

4.19 Venture Consort

Si tratta di un’emanazione dell’European Venture Capital Association (Evca) e della

Commissione, ed ha lo scopo di incoraggiare lo sviluppo transnazionale e la

cooperazione in ambito europeo.

Fornisce incentivi per quegli investimenti in capitale di rischio definibili come

venture capital, attività che consiste nell'apporto di capitale di rischio in società non

quotate con forti potenzialità di crescita. L'Evca ritiene operatori di venture capital

coloro che investono a titolo di capitale proprio prevalentemente in piccole imprese con

74

prospettive di crescita a medio lungo termine. I progetti d'investimento finanziabili

debbono soddisfare i seguenti criteri:

devono coinvolgere Pmi;

devono essere attivati in paesi comunitari;

il gruppo degli investitori deve essere transnazionale;

il progetto deve avere un carattere innovativo.

La sovvenzione per ciascun progetto va da un minimo di 50000 ad un massimo di

200000 ECU. Una volta che si è costituito il sindacato degli investitori s'inoltra

domanda all’Evca che la controlla e la passa alla Commissione. In caso di parere

favorevole quest’ultima sigla un accordo con l’investitore capofila e gli liquida la

sovvenzione.

75

5. LA PROGRAMMAZIONE DEI FINANZIAMENTI IN VALUTA

IN RELAZIONE AI CAMBI

5.1 Premessa metodologica

Tra gli undici paesi aderenti all’Euro non si verificheranno più le tipiche

problematiche dei cambi, che invece si trasleranno nei rapporti tra l’Euro e le altre

valute. Tra queste ve ne sono alcune considerate valute forti1 nei confronti delle quali lo

stesso Euro potrà incontrare delle difficoltà.

In questa sede si discuteranno i principali problemi di programmazione provocati

dalle altalenanti dinamiche dei cambi, privilegiando l’ottica dell’azienda che esporta,

con esempi riferiti alla Lira visto che al momento attuale l’Euro non è ancora

pienamente operativo; la loro logica, però, potrà essere applicata anche all’Euro e a

qualsiasi altra valuta.

5.2 Gli aspetti critici

Per un'impresa che esporta e che si finanzia in valuta (per gli importi corrispondenti

ai suoi crediti) i principali aspetti critici sono perlomeno i seguenti2:

il livello del cambio all’inizio ed all’estinzione del finanziamento in valuta;

la determinazione del cambio di break-even3;

la presenza di finanziamenti in più valute e/o nella stessa valuta ma attivati in

momenti diversi;

l'eventuale trasformazione della valuta di finanziamento in un'altra valuta

(arbitraggio).

5.3 Il livello del cambio ad inizio operazione ed in prossimità dell’estinzione

5.3.1 I meccanismi del mercato dei cambi ed il ruolo delle aspettative

È noto che nel mercato dei cambi la gran parte dei movimenti valutari viene attivata

per motivi speculativo-finanziari, e solo una parte minore riguarda le transazioni

commerciali delle aziende. Si tratta di un mercato dominato da operatori comunemente

definiti speculatori, che basano i loro movimenti sulle aspettative di mercato per

realizzare guadagni puramente finanziari, non legati ad una operatività commerciale.

1 Occorre ricordare che tale appellativo viene assegnato a quelle monete caratterizzate, tra le altre cose,

dalla sostanziale stabilità del cambio; basti pensare al Dollaro statunitense, allo Yen ed al Franco svizzero.

Ne consegue che una valuta il cui cambio oscilla molto e/o frequentemente non può certamente ritenersi

forte; nel tempo una valuta debole può diventare forte, e viceversa. 2 Per un'azienda che importa il problema si pone in termini di acquisto della valuta piuttosto che in termini

di finanziamento, per cui le scelte in linea di massima sono tre: rinviare l’acquisto della valuta, acquistare

a termine, acquistare subito e reinvestire. 3 Cambio che rende il finanziamento in valuta equivalente a quello in lire.

76

Sono questi movimenti che determinano in modo sostanziale le variazioni dei cambi,

variazioni che l’azienda subirà e alle quali potrà reagire solo sapendo riconoscere ed

interpretare le aspettative del mercato.

In questo mercato talvolta si diffonde l’opinione che Lira sia eccessivamente

sottovalutata/sopravvalutata e di norma ciò ha un impatto decisivo sugli scambi con le

altre valute. Quando prevalgono opinioni di questo tipo gli operatori anticipano o

ritardano i propri progetti ma nel far questo, però, agiscono in massa e perciò quella che

era soltanto un’ipotesi diventa realtà. In pratica, agendo contemporaneamente nella

stessa direzione gli operatori del mercato dei cambi provocano il verificarsi delle

aspettative. Supponiamo, ad esempio, che prenda corpo l’opinione che la Lira sia così

sopravvalutata da rendere probabile un suo ridimensionamento; la reazione del

mercato potrebbe essere così schematizzata:

se l’opinione è molto diffusa la maggior parte degli operatori riterrà molto probabile

una sua perdita di valore;

coloro che hanno in progetto un acquisto futuro di valuta estera non esiteranno ad

anticiparlo, perché se rinviassero l’operazione e la nostra moneta si svalutasse sul

serio l’acquisto della valuta avverrebbe spendendo più lire;

gli acquisti di valuta estera avvengono cedendo la Lira e ciò ne farà effettivamente

scendere il valore4;

il deprezzamento della Lira potrà accentuarsi in quanto coloro che vogliono

disfarsene (per acquistare valuta estera) trovano resistenze nei potenziali acquirenti di

lire (che detengono valuta estera) i quali tenderanno a rinviare i loro progetti; infatti,

nell’ipotesi che la Lira sia destinata a svalutarsi, aspettando a vendere la valuta

potranno ottenere in cambio più lire.

L’azienda non può trascurare i meccanismi di mercato che si attivano in questi

particolari momenti perché le variazioni del cambio che ne conseguono possono essere

di entità notevole, con pesanti ripercussioni sulle posizioni in valuta che essa detiene5.

Sono possibili alcune difese, ma occorre distinguere il caso di un’azienda che ha

intenzione di accendere un finanziamento in valuta da quella che il finanziamento ce

l’ha già.

5.3.2 Criteri operativi per un’azienda che deve ancora attivare un finanziamento in

valuta

Ad una azienda esportatrice converrà ricorrere ai seguenti criteri:

4 In base alla fondamentale legge della domanda e dell’offerta, al crescere di quest’ultima i prezzi

scendono (il cambio è infatti il prezzo della valuta, che nel mercato dei cambi va considerata alla stregua

di una merce). 5 Crediti/debiti commerciali e finanziamenti in monete estere.

77

Lira ritenuta sottovalutata tendenzialmente6 conviene attivare subito

il finanziamento

Lira ritenuta

sopravvalutata tendenzialmente conviene attendere

Per capire la logica sottostante a simili scelte innanzitutto si devono considerare i

seguenti aspetti:

la richiesta di un finanziamento in valuta quasi sempre affianca un credito nella

stessa valuta che garantisce perlomeno il valore capitale del prestito; il rischio di

cambio perciò grava solo sugli interessi;

l’obiettivo più frequente è la conversione in lire del finanziamento stesso, lire che

potranno poi essere utilizzate in vari modi (ad esempio, per un reimpiego finanziario

che frutta interessi attivi).

Nel caso di Lira sottovalutata diventa probabile un suo recupero di valore, e può

essere conveniente attivare subito il finanziamento in valuta. La sua conversione nella

nostra moneta, infatti, frutterebbe più lire di quanto realizzabile rinviando la decisione

se nel frattempo la Lira effettivamente si rivaluta. Così facendo tenderà ad essere

superiore anche il rendimento che si ottiene dal reinvestimento della somma ottenuta, e

ciò per due motivi:

è più grande il valore reinvestito;

è più lunga la durata del reinvestimento.

È pur vero che quanto più si anticipa l’attivazione del finanziamento e tanto più elevati

saranno gli interessi passivi da pagare (in quanto si allunga la durata del prestito, poiché

normalmente scade con la data di incasso del credito commerciale), ma questa maggior

spesa è compensabile dagli interessi percepiti con il reimpiego delle somme ottenute in

prestito; inoltre la Lira rivalutata renderà più economico l’acquisto della valuta

necessaria a pagare gli interessi passivi.

Esempio (finanziamento in valuta con Lira sottovalutata) Caso di un’azienda esportatrice intenzionata a chiedere un finanziamento in corone danesi (Dkk) sulla base di un credito nella stessa valuta che scade fra 4 mesi. Nel mercato prevale l’opinione che la Lira sia sottovalutata nei confronti di tale moneta e si ritiene probabile un suo recupero di valore. dati: cambio attuale Lit/Dkk 258 cambio previsto dopo un mese 255 cambio previsto alla scadenza del credito 250 tasso dei finanziamenti in Dkk 4,1% tasso di rendimento sugli impieghi in lire 4,5% finanziamento pari a un credito di 1.000.000 Dkk periodo di scadenza del credito 4 mesi 6 Il termine tendenzialmente si spiega con il fatto che questo criterio decisionale, come sarà più chiaro in

seguito, non è esatto ma solo probabile. In particolari circostanze, infatti, il criterio suggerito può essere

controvertito.

78

L’azienda deve decidere quando attivare il finanziamento in Dkk. Se lo fa subito, supponendo che ponga come scadenza la data di incasso del credito, l’operazione durerà 4 mesi e sarà così strutturata: 1.000.000 x 4 x 4,1 = 13.667 interessi passivi in Dkk 1200 1.000.000 x 258 = 258.000.000 controvalore in lire del prestito 258.000.000 x 4 x 4,5 = 3.870.000 interessi attivi in lire 1200 13.667 x 250 = 3.416.750 controvalore in lire degli interessi passivi

saldo positivo = 3.870.000 - 3.416.750 = 453.250 Se l’azienda attende un mese ad attivare il finanziamento l’operazione durerà 3 mesi è sarà caratterizzata da questi valori: 1.000.000 x 3 x 4,1 = 10.250 interessi passivi in Dkk 1200 1.000.000 x 255 = 255.000.000 controvalore in lire del prestito 255.000.000 x 3 x 4,5 = 2.868.750 interessi attivi in lire 1200 10.250 x 250 = 2.562.500 controvalore in lire degli interessi passivi saldo positivo = 2.868.750 - 2.562.500 = 306.250 Come si può notare attivando subito il finanziamento il guadagno netto sul differenziale di interessi è superiore.

Nel caso di Lira sopravvalutata valgono considerazioni opposte, in quanto diviene

probabile un suo deprezzamento. In questa ipotesi può essere conveniente attendere

perché l’immediata attivazione del prestito in valuta avrebbe un controvalore in lire

inferiore a quello possibile attendendo la svalutazione della nostra moneta. Ovviamente

quanto più la Lira si deprezzerà tanto più il rimborso degli interessi avverrà a costi

crescenti, dovuti all’acquisto della valuta necessaria a pagarli. Ciò però è inevitabile

indipendentemente dalla data di attivazione del finanziamento, e il rinvio della decisione

consentirebbe comunque un risparmio: infatti, avendo come riferimento la scadenza del

credito commerciale, il rinvio del prestito ne ridurrebbe la durata e quindi anche

l’ammontare degli interessi passivi.

Esempio (finanziamento in valuta con Lira sopravvalutata) Caso di un’azienda esportatrice intenzionata a chiedere un finanziamento in corone svedesi (Sek) a fronte di un credito nella stessa valuta che scade fra 12 mesi. Nel

79

mercato prevale l’opinione che la Lira sia sopravvalutata nei confronti di tale moneta e si ritiene probabile una sua perdita di valore. dati: cambio attuale Lit/Sek 222 cambio previsto dopo un mese 227 cambio previsto alla scadenza del credito 230 tasso del finanziamento in Sek 4,2% tasso di rendimento sugli impieghi in lire 4,5% finanziamento pari a un credito di 2.500.000 Sek periodo di scadenza del credito 12 mesi L’azienda deve decidere quando attivare il finanziamento in Sek. Se lo fa subito, supponendo che ponga come scadenza la data di incasso del credito, l’operazione durerà 12 mesi e sarà così caratterizzata: 2.500.000 x 12 x 4,2 = 105.000 interessi passivi in Sek 1200 2.500.000 x 222 = 555.000.000 controvalore in lire del prestito 555.000.000 x 12 x 4,5 = 24.975.000 interessi attivi in lire 1200 105.000 x 230 = 24.150.000 controvalore in lire degli interessi passivi saldo positivo = 24.975.000 – 24.150.000 = 825.000 Se l’azienda attende un mese ad attivare il finanziamento l’operazione durerà 11 mesi è presenterà questi valori: 2.500.000 x 11 x 4,2 = 96.250 interessi passivi in Sek 1200 2.500.000 x 227 = 567.500.000 controvalore in lire del prestito

567.500.000 x 11 x 4,5 = 23.409.375 interessi attivi in lire 1200 96.250 x 230 = 22.137.500 controvalore in lire degli interessi passivi saldo positivo = 23.409.375 - 22.137.500 = 1.271.875 Attivando il finanziamento dopo un mese il guadagno netto sul differenziale di interessi è superiore.

I guadagni prospettati negli esempi precedenti sono di entità poco rilevante se

paragonati alla dimensione dei crediti commerciali, ma quelle modeste differenze di

valore sono dovute a variazioni di cambio di poche lire. Forse sarà possibile conseguire

80

guadagni anche su finanziamenti attivati nelle undici valute aderenti all’Euro, ma

limitatamente al periodo in cui esse circoleranno parallelamente alla moneta unica (1

gennaio 1999, 1 luglio 2002) e nei limiti indicati nei paragrafi 1.1 e 1.3.

Vi sono delle controindicazioni ad un uso troppo meccanico di tale impostazione. Il

primo inconveniente è la variabilità dei tassi di finanziamento. I finanziamenti in

valuta sono quasi sempre a tassi variabili o periodicamente rivedibili e di ciò si dovrà

tener conto nei calcoli di convenienza, poiché l’attivazione del finanziamento in due

momenti diversi avverrà a tassi diversi. Il problema si risolverebbe inserendo nelle

formule (per il calcolo degli interessi) tassi diversi corrispondenti ai diversi momenti di

attivazione del finanziamento. Il vero problema è prevedere quale potrà essere il tasso

ad una data futura, e si tratta di una previsione molto ardua anche per i più esperti del

settore; se però l’azienda richiede finanziamenti nelle cosiddette valute forti potrà

contare su una sostanziale stabilità dei tassi di finanziamento7.

Un secondo limite sono le previsioni sull’andamento dei cambi. Se da un lato può

essere facile stabilire la direzione in cui si modificherà il cambio dall’altro lato non è

così facile stimare l’ampiezza della variazione. Citando i due esempi precedenti, è molto

difficile prevedere i livelli dei cambi della Corona danese e della Corona svedese dopo

un mese e alla data di scadenza dell’operazione. Anche in questo caso si devono trarre

valutazioni piuttosto ardue, tanto più complesse quanto più lontana è la data di

riferimento. Può essere di parziale aiuto la constatazione che, molto spesso, i movimenti

dei cambi conseguenti a forti aspettative di svalutazione/rivalutazione sono inizialmente

accentuati e tendono poi ad attenuarsi con il passare del tempo.

Vi sono infine da considerare alcune situazioni particolari. Possono esistere

combinazioni tra la variazione del cambio, la durata del finanziamento e la variazione

dei tassi d’interesse che controvertono il criterio di scelta. Potrebbe quindi risultare

conveniente attendere anche in presenza di aspettative di rivalutazione e non attendere

con aspettative di svalutazione. Si consideri l’esempio che segue.

Esempio (è sempre necessario verificare i criteri operativi) Si riprenda il precedente caso di un’azienda esportatrice intenzionata a chiedere un finanziamento in corone danesi (Dkk). Si supponga che il credito sottostante all’operazione scada tra 3 mesi e che nel mercato prevalga l’opinione che la Lira sia sopravvalutata rendendo così probabile una sua perdita di valore. dati: cambio attuale Lit/Dkk 258 cambio previsto dopo un mese 263 cambio previsto alla scadenza del credito 266 tasso dei finanziamenti in Dkk 3,8% tasso di rendimento sugli impieghi in lire 4,8% finanziamento pari a un credito di 1.000.000 Dkk periodo di scadenza del credito 3 mesi Notare che rispetto al caso precedente sono diversi la durata dell’operazione, la dinamica dei cambi, i tassi di finanziamento. Se l’azienda chiede subito il prestito,

7 Il legame tra la forza della valuta ed il suo tasso di finanziamento è abbastanza stretto. Infatti, in

presenza di forte instabilità del cambio le autorità monetarie dovranno attivare tutta una serie di strategie

che coinvolgono una serie di variabili ma soprattutto i tassi d’interesse, ed è certo che una valuta forte

gode di tassi d’interesse piuttosto stabili.

81

sempre nell’ipotesi che si ponga come limite la scadenza del credito, l’operazione durerà 3 mesi e sarà articolata come segue: 1.000.000 x 3 x 3,8 = 9.500 interessi passivi in Dkk 1200 1.000.000 x 258 = 258.000.000 controvalore in lire del prestito 258.000.000 x 3 x 4,8 = 3.096.000 interessi attivi in lire 1200 9.500 x 266 = 2.527.000 controvalore in lire degli interessi passivi saldo positivo = 3.096.000 - 2.527.000 = 569.000 Se l’azienda attende un mese ad attivare il finanziamento l’operazione durerà 2 mesi è sarà così strutturata: 1.000.000 x 2 x 3,8 = 6.333 interessi passivi in Dkk 1200 1.000.000 x 263 = 263.000.000 controvalore in lire del prestito 263.000.000 x 2 x 4,8 = 2.104.000 interessi attivi in lire 1200 6.333 x 266 = 1.684.578 controvalore in lire degli interessi passivi saldo positivo = 2.104.000 - 1.684.578 = 419.422 In questo contesto l’automatica applicazione del criterio suggerito (rinviare l’avvio del finanziamento) porterebbe ad un guadagno netto inferiore.

Un caso come questo ovviamente non mette in dubbio il criterio di scelta ma

dimostra la necessità di applicarlo con oculatezza e prudenza; i risultati dell’esempio

precedente, infatti, si possono spiegare con una differenza tra i tassi di inusuale

ampiezza.

La procedura standard per una scelta razionale, nonostante i limiti e le incertezze

menzionate, richiede in ogni caso i seguenti passi:

verificare che il valore capitale del prestito non ecceda il credito commerciale; ciò

concentrerà il rischio solo sul valore degli interessi;

calcolare gli interessi passivi in valuta e stimare8 il loro controvalore in lire;

calcolare gli interessi attivi in lire (derivanti dal reimpiego del controvalore del

finanziamento);

8 Occorre fare delle ipotesi sugli scenari del cambio.

82

fare la differenza tra interessi attivi e passivi (presunti);

ripetere questa procedura in corrispondenza di diversi momenti di attivazione del

finanziamento;

scegliere l’alternativa che presenta la differenza superiore.

5.3.3 Criteri operativi per un’azienda che già si finanzia in valuta

All’avvicinarsi della scadenza del finanziamento l'azienda è esposta a costi aggiuntivi

se la Lira tende a deprezzarsi in misura superiore a quanto prevedibile e non sono stati

attivati contratti (finanziari o assicurativi) per la copertura del rischio di cambio. Per una

Pmi i motivi principali dell'assenza di copertura sono normalmente due: la scarsa

propensione verso simili strategie ed il costo delle stesse che spesso può essere elevato

(e c’è il rischio che ecceda i benefici che si possono ottenere).

L'azienda non coperta dal rischio di cambio può però parzialmente reagire

all'avvicinarsi della scadenza. Vi sono tre possibilità visto che la valuta può essere

considerata:

né sopravvalutata né sottovalutata;

sottovalutata;

sopravvalutata.

Corrispondentemente le azioni auspicabili possono essere così sintetizzate:

nessuna azione, perché non vi sono presupposti in tal senso;

nessuna azione, essendo probabile un ridimensionamento del cambio che renderebbe

meno costoso l’acquisto della valuta necessaria a pagare gli interessi;

acquisto immediato della valuta necessaria a pagare gli interessi.

È evidente che il caso più critico è certamente il terzo. Simili interventi, anche se per

pochi giorni, sono di tipo speculativo e mal si conciliano con una gestione prudente

della tesoreria in valuta. In determinate situazioni, però, sono interventi che si rendono

necessari per scongiurare perdite eccessive. Si veda l’esempio che segue.

Esempio (finanziamento in valuta e aspettative negative di cambio in

prossimità della scadenza) Caso di un’azienda esportatrice che ha attivato un finanziamento a 6 mesi in dollari canadesi (Cad). Si supponga che nell’ultimo mese, a causa di una profonda e improvvisa crisi della Lira, le aspettative di mercato rendano probabile un deciso peggioramento del cambio. dati: cambio alla data di inizio finanziamento Lit/Cad 1180 cambio finale, previsto alla data di inizio 1165 cambio finale, previsto a un mese dalla scadenza 1195 cambio finale, previsto a 15 giorni dalla scadenza 1205 cambio finale 1210 tasso del finanziamento in Cad 5,2% finanziamento pari a 400.000 Cad

83

Le aspettative prevalenti alla data di inizio finanziamento facevano pensare ad un deciso recupero della Lira nei confronti del Cad. Ma sei mesi sono tanti e ad un mese dalla scadenza il mercato controverte la tendenza facendo ipotizzare un netto peggioramento della Lira. Vanno innanzitutto determinati gli interessi in valuta: 400.000 x 6 x 5,2 = 10.400 interessi passivi in Cad 1200 il cui controvalore in lire, nelle varie ipotesi, è pari a: 10.400 x 1165 = 12.116.000 alla data iniziale 10.400 x 1195 = 12.428.000 a un mese dalla scadenza 10.400 x 1205 = 12.532.000 a 15 giorni dalla scadenza 10.400 x 1210 = 12.584.000 alla scadenza Nell’ultimo mese l’azienda non reagisce alle aspettative del mercato e non si affretta ad acquistare la valuta necessaria a pagare gli interessi a scadenza, così con il passare dei giorni aumentano sia le perdite nette rispetto all’ipotesi iniziale sul cambio a scadenza (1165) sia i tassi effettivi di finanziamento

9:

perdita tasso effettivo - alla data iniziale - 5,13% - a un mese dalla scadenza -312.000 5,27% - a 15 giorni dalla scadenza -416.000 5,31% - alla scadenza -468.000 5,33% Le variazioni nei tassi effettivi non sono molto evidenti, però si sono formate in un lasso di tempo molto breve (nell’ambito di un solo mese).

5.4 Il cambio di indifferenza (break-even)

5.4.1 Finanziamento in lire o in valuta ?

I dubbi che si incontrano con un finanziamento in valuta non riguardano

esclusivamente il momento della sua attivazione ed il controllo del cambio in prossimità

della sua estinzione, ma investono la scelta stessa tra prestito in lire o prestito in moneta

estera.

Quando si decide di chiedere un finanziamento a fronte di un’operatività sull’estero

l’iter delle decisioni per un’azienda che esporta generalmente segue questa sequenza:

9 Indicando con I la spesa effettiva per interessi, con C il capitale iniziale (in lire), con m i mesi del

finanziamento, un tasso effettivo (r) si calcola semplicemente con la seguente formula:

r = (1200I)/(mC)

Nel nostro caso, sarà m = 6, C = 400.000x1210 = 472.000.000, mentre I è il controvalore in lire dei

10.400 Cad di interessi passivi applicando i cambi ipotizzati.

84

si vanta un credito in valuta;

si ha bisogno di liquidità;

non si vuole cedere il credito;

si decide così di chiedere un finanziamento garantito dal futuro incasso.

L’attivazione del finanziamento è complicata dal dubbio di chiederlo in lire o in

valuta. Ciò a causa del contemporaneo agire di due fenomeni: la continua variazione dei

cambi e quella (meno frequente) dei tassi d’interesse sui finanziamenti. Questi due

fattori possono provocare impreviste perdite non imputabili a fattori strettamente

commerciali.

Uno strumento efficace per gestire questa scelta è il cambio di indifferenza, detto

anche cambio di break-even. Dal punto di vista logico-matematico esso è quel cambio

che rende equivalente un finanziamento in lire ad un finanziamento in valuta. Si tratta di

uno strumento da impiegare nel modo che segue.

5.4.2 Criterio di scelta

cambio ufficiale < break-even conviene finanziarsi in valuta

cambio ufficiale > break-even conviene finanziarsi in lire

Il cambio ufficiale è rilevabile in qualsiasi quotidiano (anche se di tiratura locale).

Vediamo ora mediante un esempio la metodologia di calcolo del cambio di break-even.

Esempio (il cambio di indifferenza ad inizio finanziamento) Caso di un’azienda che esporta orientata a chiedere un finanziamento in dollari statunitensi (Usd) a fronte di un credito in tale valuta. Si verifica a quali condizioni sia conveniente finanziarsi in lire. dati: cambio ufficiale Lit/Usd 1769 tasso di finanziamento sulle lire 6,4% (0,064) tasso di finanziamento sui dollari Usa 5,7% (0,057) durata del finanziamento 1 anno cbe indica il cambio di break-even Sulla base di questi dati l’azienda italiana determina il costo del finanziamento in lire calcolando il montante di 1769 lire dopo un anno al tasso del 6,4%, cioè: 1769(1+0,064) = 1882 Lit Il capitale iniziale preso a riferimento è 1769 perché si tratta dell’equivalente in lire di un dollaro statunitense; questa verifica può essere fatta sul valore di un dollaro, e non su tutto l’importo del finanziamento, senza perdere di efficacia

10. A questo punto

l’azienda calcola però anche il montante del finanziamento in Usd, sempre ad un anno ma al tasso del 5,7%: 1(1+0,057) = 1,057 Usd

10

Se c’è (non c’è) convenienza su un dollaro, ci sarà (non ci sarà) su 10.000, su 100.000, ecc.

85

Occorre ora stabilire quale cambio Lit/Usd debba verificarsi alla scadenza del finanziamento affinché le due alternative siano equivalenti, abbiano lo stesso montante in lire. Il valore cercato é: CBE(1+0,057) = 1769(1+0,064) da cui si ricava:

CBE = 057,01

)064,01(1769

= 1781

In base alla regola decisionale l’azienda opterebbe per un finanziamento in dollari Usa in quanto 1769 < 1781.

Generalizzando l’esempio, il calcolo del cambio di break-even si può così strutturare:

Formule Legenda: cambio ufficiale C tasso di finanziamento sulle lire L tasso di finanziamento sui dollari Usa $ cambio di break-even CBE

CBE =

100

$1

)100

1(

L

C

(scadenza a 1 anno)11

1200

$1

12001

m

mLC

CBE

(scadenza a m mesi)

5.4.3 La gestione del cambio di break-even

La scelta iniziale va ripetutamente verificata prima della scadenza del

finanziamento. Controlli periodici sono necessari perché in qualsiasi momento può

sussistere la convenienza a convertirlo in un’altra moneta (dalla valuta estera alle lire, e

viceversa). La tecnica del cambio di indifferenza è utile anche per questo, però occorre

utilizzarla in modo razionale. È possibile infatti commettere errori che possono

provocare perdite non previste e in certi casi anche rilevanti. Con il finanziamento già

attivato, l’errore più grave sarebbe quello di prendere decisioni sulla durata residua del

prestito in base al break-even iniziale; più in generale, l’errore si commette

11

I tassi L e $ si intendono espressi in percentuale; quindi, con riferimento all’esempio precedente, L/100

e $/100 corrispondono a 0,064 (6,4/100) e 0,057 (5,7/100).

86

ogniqualvolta si utilizza un cambio di indifferenza calcolato ad una data precedente a

quella del controllo.

Con riferimento al precedente esempio, la scelta iniziale si fonda sul confronto fra il

cambio ufficiale e quello di indifferenza vigenti in quel momento. Se ad una data

successiva il valore del primo12

fosse superiore al livello iniziale del secondo13

l’azienda

potrà solo concludere che, per ora, la scelta fatta non si sta rivelando la migliore.

Qualsiasi decisione sul periodo ancora da maturare, per confermare la valuta del

finanziamento o cambiarla, dovrà basarsi sul cambio d'indifferenza ricalcolato con i dati

del momento. Il cambio di break-even è infatti soggetto a periodici assestamenti in

quanto si modificano continuamente gli elementi che lo determinano (cambio ufficiale e

tassi d’interesse) e va ricalcolato ogniqualvolta si voglia prendere una decisione sul

periodo residuo del finanziamento. Si veda l’esempio che segue.

Esempio (il cambio di indifferenza durante il finanziamento) Si riconsideri il caso precedente supponendo di verificare il finanziamento in dollari Usa dopo 4 mesi dalla sua attivazione dati: cambio ufficiale Lit/Usd alla data iniziale 1769 cambio ufficiale Lit/Usd dopo 4 mesi 1790 CBE alla data iniziale 1781 tasso di finanziamento sulle lire 6,4% (0,064) tasso di finanziamento sui dollari Usa 5,7% (0,057) durata residua del finanziamento 8 mesi Premettiamo che l’utilizzo degli stessi tassi di finanziamento dopo che sono trascorsi 4 mesi è un’ipotesi di lavoro limitante ma che semplifica l’analisi senza pregiudicarne l’efficacia e che mette in luce il solo effetto della variazione del cambio. Detto questo, se l’azienda erroneamente mette a confronto il cambio vigente (dopo quattro mesi) con il break-even iniziale concluderà che conviene passare da una posizione in Usd a una in lire. Tale opzione implica la conversione in lire del finanziamento in Usd al tasso del 5,7% per un periodo di 4 mesi, cioè:

1790

057,0

12

41 = 1824

Il prestito, ora convertito in lire, avrà una durata di 8 mesi al tasso del 6,4%; il montante finale è pari a:

1790

057,0

12

41

064,0

12

81 = 1902

Questa posizione sarà equivalente, quindi indifferente, a quella iniziale se il cambio (C) consente la conversione in lire del finanziamento in Usd al medesimo valore, cioè 1902:

12

I cambi ufficiali vengono pubblicati in qualsiasi quotidiano (nelle pagine dedicate alla Borsa). 13

Il break-even calcolato all’attivazione del finanziamento.

87

C(1+0,057) = 1790

057,0

12

41

064,0

12

81

La soluzione di questa equazione fornirà il nuovo, e corretto, cambio di break-even in base al quale si sarebbe dovuta prendere la decisione. Il nuovo livello di indifferenza (CBE) verrà così calcolato:

057,01

064,012

81057,0

12

411760

CBEC

cioè CBE = 1799 (nuovo cambio di break-even) L’uso di questo break-even avrebbe portato alla conferma del finanziamento in Usd. Si pensi al caso in cui alla scadenza il cambio effettivo sia pari a 1785; se sulla base del break-even ricalcolato al quarto mese si fosse mantenuto il finanziamento in valuta, il costo per dollaro ammonterebbe a: 1785(1+0,057) = 1887 Se invece, utilizzando erroneamente il break-even iniziale, si fosse estinto il finanziamento in dollari e lo si fosse trasformato in lire, il costo per ogni dollaro sarebbe stato superiore (1902 lire).

Si intuisce facilmente che l'aspetto più critico nell’utilizzo del break-even è l’avere

una corretta visione del trend del cambio; nell’esempio precedente dopo quattro mesi

occorre prendere una decisione su un orizzonte di altri otto mesi. Nel momento in cui si

elabora un ipotetico scenario del cambio a scadenza, quale che sia la data del controllo,

se le previsioni lo indicano ad un livello inferiore al break-even di quel momento non

sarà conveniente passare dalla posizione in valuta a quella in lire. Dal punto di vista

operativo, l’aggiornamento periodico del break-even può essere molto complesso e

sofisticato; si veda il seguente schema:

Formule Nel caso più semplice, in cui i tassi di finanziamento non sono mai cambiati, l’aggiornamento del break-even sarà: legenda: cambio ufficiale alla data di controllo CDC

giorni totali del finanziamento g

giorni già trascorsi gT

giorni residui gR (g-gT) tasso di finanziamento sulla Lira L tasso di finanziamento sul Dollaro Usa $ cambio di break-even CBE

88

36500

$1

365001

36500

$1

g

LggC

CBE

RT

DC

Se il tempo è calcolato in mesi è sufficiente sostituire 1200 a 36500. Se c’è stata una variazione di tasso sul finanziamento in dollari (ipotesi del tutto realistica su periodi che abbracciano mesi), si procederà nel modo seguente: legenda: primo tasso sul Dollaro Usa $1 secondo tasso sul Dollaro Usa $2 giorni trascorsi al primo tasso gT1 giorni trascorsi al secondo tasso gT2

36500

)$(1

36500

$1

365001

36500

$1

36500

$1

2111

2211

TT

RTT

DC

ggg

LgggC

CBE14

Una situazione tipica è l’aggiornamento del break-even proprio quando si modificano i tassi di finanziamento; volendo tener conto anche di precedenti variazioni dei tassi, il calcolo del CBE si complica: legenda: tasso sulla Lira alla data di controllo LDC

tasso sul Dollaro Usa alla data di controllo $DC

tassi precedenti sul Dollaro Usa $P15

giorni trascorsi per ogni tasso $P g$P16

36500

$1

36500

$1

365001

36500

$1

$

1

$

1

DCRPPn

P

DCRPPn

P

DC

gg

LggC

CBE

Una metodologia ancor più sofisticata introduce nell’aggiornamento del CBE le previsioni sulla dinamica futura dei tassi di finanziamento. Se si suppone che i tassi correnti alla data di controllo (LDC e $DC) saranno validi solo per un certo periodo (gLdc e g$dc), trascorso il quale probabilmente si assesteranno su altri livelli (LF e $F), il nuovo CBE risulterà essere:

14

Il termine (g-gT1) si giustifica con il fatto che, in questo caso, alla data del controllo è ancora vigente il

tasso $2 e quindi, a meno di successive ulteriori variazioni, esso va applicato ai periodi gT2 e gR. 15

Cioè tutti i tassi sul Dollaro che si sono verificati prima della data di controllo. 16

Periodi di riferimento dei tassi $P.

89

36500

$1

36500

$1

36500

$1

365001

365001

36500

$1

$$$

1

$

1

FfDCdcPPn

P

FLfDCLdcPPn

P

DC

ggg

LgLggC

CBE

dove gLf = g – gLdc - gP

gLf = g – gLdc - gP

5.5 La presenza di più finanziamenti in valuta

Le aziende esportatrici abituali normalmente non si limitano ad attivare un solo

finanziamento ma ne aprono più di uno in date diverse, con scadenze e tassi di

finanziamento diversi, e ovviamente saranno differenti i cambi alla data di inizio di

ciascuno di essi.

Anche supponendo che siano tutti nella medesima valuta, la domanda che ci si pone è

se sia possibile valutarli complessivamente ad una data comune, anteriore alla loro

naturale scadenza, con lo stesso cambio di indifferenza. La risposta è positiva se

l'obiettivo è un giudizio ex-post sulla bontà delle scelte ex-ante17

, mentre è negativa se

si deve decidere tra il mantenere le posizioni in valuta o estinguerle contro lire. Il

diverso profilo temporale dei finanziamenti costringe ad aggiornare il cambio di

indifferenza posizione per posizione, e quindi sarà possibile che per alcuni

finanziamenti sia conveniente mantenerli in valuta mentre per altri sia invece opportuno

commutarli in lire.

Per questa scelta multipla è pressoché indifferente il livello del cambio alla data di

accensione dei vari finanziamenti, mentre invece sono determinanti i differenziali tra il

tasso in lire e quelli in valuta. Questi differenziali non saranno uguali a causa delle

diverse date di attivazione dei finanziamenti, ed è proprio per questo che non è possibile

operare con un break-even comune (anche se le scadenze fossero uguali). Il criterio

decisionale è sempre lo stesso ma cambia totalmente il profilo complessivo del rischio

di cambio: è presumibile, infatti, che vi sia una riduzione del rischio grazie alla

diversificazione del portafoglio.

5.6 L'arbitraggio sulle valute

Quando si pone in discussione il mantenimento o la conversione della posizione in

valuta è ovvio che la scelta non necessariamente è del tipo valuta contro lire ma può

essere anche valuta contro valuta. Il criterio decisionale segue la logica già vista prima.

Vi sono però alcune differenze operative. Il problema si pone nei termini che seguono:

è attivo un finanziamento nella valuta A;

si vuole verificare se conviene convertirlo nella valuta B.

17

Stabilire se fino a quel momento si è rivelato conveniente farsi finanziare in valuta.

90

Prima di applicare il criterio di scelta sono necessari alcuni passi preliminari:

si dovranno utilizzare due cambi: Lira contro valuta A e Lira contro valuta B;

si dovranno applicare quotazioni denaro per la valuta ceduta e quotazioni lettera per

quella acquistata18

;

si individueranno due cambi di break-even, uno per la valuta A ed uno per la valuta

B, entrambi espressi nei confronti della Lira;

il quoziente tra questi due break-even19

fornisce il break-even diretto tra la valuta A e

la valuta B.

Dopodiché si applica il seguente criterio decisionale:

cross-rate < break-even conviene mantenere la posizione nella valuta originaria A

cross-rate > break-even conviene passare in una posizione in valuta B

Il cross-rate tra due monete estere è il loro cambio diretto, utilizzabile cioè per

scambi fra valute senza un’intermedia conversione in lire; viene pubblicato nei

quotidiani di taglio finanziario.

18

Le banche ritirano la valuta di cui le aziende si vogliono disfare ad un cambio inferiore (denaro) a

quello che invece usano quando vendono la valuta (lettera). Normalmente la tecnica utilizzata per fissare i

due cambi è quella di aggiungere (per il cambio lettera) e sottrarre (per quello denaro) una certa

percentuale al cambio ufficiale, a titolo di commissione per la banca. 19

Break even A / break even B.