Glenn Gould: processi creativi e ricettivi, nuove tecnologie

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ROMA | 16 novembre- 2 dicembre 2012

Transcript of Glenn Gould: processi creativi e ricettivi, nuove tecnologie

ROMA | 16 novembre- 2 dicembre 2012

OMAGGIO A GLENN GOULDL’ESTETICA DELL’ASSENZA

16 novembre - 2 dicembre 2012

ROMAAuditorium Parco della Musica

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secoloCentro diurno Villa Lais D.S.M. – ASL Roma C

Progetto promosso dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Fondazione

in collaborazione con

Università degli Studi di Roma La SapienzaIstituto Quasar – Design University RomaMAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secoloFondazione Musica per RomaCentro diurno Villa Lais D.S.M. – ASL Roma CAssociazione Orma FluensPartner: Sony classical, Zero, La Feltrinelli

Concerti a cura dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Alexander Lonquich

Mostra multimediale a cura di Annalisa Bini, Laura Bognetti (Accademia Nazionale di Santa Cecilia), Simone Caputo, Daniele Mastrangelo, Antonio Rostagno (Università degli Studi di Roma La Sapienza)Progetto dell’allestimento a cura di Luca Leonori, Benedetto Todaro (Istituto Quasar)

Mostra HUM di Massimo Bartolini a cura di Anna Cestelli Guidi (Fondazione Musica per Roma)

Incontri a cura di Annalisa Bini e Antonio RostagnoAscolti a cura di Oscar Pizzo (Fondazione Musica per Roma)

Performances a cura di Cristina Barbuti, Michele Cavallo, Mila Morandi (associazione Orma Fluens),con la collaborazione di Stefania Vannini (Dipartimento educazione del MAXXI)

Musica e architettura a cura di Irene de Vico Fallani (MAXXI B.A.S.E.)

Pubblicazione a cura di: Laura Bognetti, Simone Caputo e Daniele Mastrangelo

Grafica e impaginazione: Santo D’Alia, Lina Di LemboStampa: Futura Grafica 70 SrlFotografie: Don Hunstein © Sony Classical (pp. 4, 6, 10-13, 23, 25, 27, 52, 63); Don Hunstein, Sony Classical/Sony Music Entertainment Italy SpA (pp. 20, 30, 36, 44, 67); Foto Gabo (pp. 56, 58), Glenn Gould Estate and Glenn Gould Limited (pp. 5, 14, 18, 29, 43, 53, 60, 65); Massimo Bartolini (p. 66).L’Accademia è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda i crediti fotografici non individuati.

© Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Fondazione. Roma

Soci fondatori Istituzionali: Stato Italiano, Roma Capitale, Provincia di Roma, Camera di Commercio di Roma, Regione Lazio Privati: Enel, BNL – Gruppo BNP Paribas, Telecom Italia, Autostrade per l’Italia, Astaldi, Poste Italiane,Ferrovie dello Stato Italiane Sponsor istituzionale: Lottomatica

Antonio Rostagno, L’anti-umanista e la intentio gouldis

Daniele Mastrangelo, Glenn Gould ovvero la rimozione del romantico

Simone Caputo, The audience would be the artist and their life would be art

Glenn Gould, Scritti in prima traduzione italiana: La seconda Scuola di ViennaLe partite di BachConcert Dropout

Annalisa Bini, Glenn Gould a Roma

Michele Cavallo, L’arte della fuga. I live by long distance

Appendice: Massimo Bartolini, Hum

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INDICE

Ritratto da Yousuf Karsh nel 1957

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THE AUDIENCE WOULD BE THE ARTIST AND THEIR LIFE WOULD BE ART.GLENN GOULD: PROCESSI CREATIVI E

RICETTIVI, NUOVE TECNOLOGIE

di Simone Caputo

Così scriveva Gould agli inizi degli anni Sessanta: «In materia di futuro è impossibile fare previsioni dettagliate; si può solo parlare di ciò che sarebbe giusto accadesse, o che ci piacerebbe veder accadere. Sono convinto che, ora come non mai, sarebbe necessario mettere in discussione proprio questi valori [il primato dell’originalità e del progresso nell’arte], perché stiamo per entrare in un’epoca in cui essi eserciteranno un’efficacia sempre minore sulle generazioni a venire, se non come eccentricità del carattere individuale. Essi frustreranno e porteranno fuori strada il giudizio critico, fino a che in ultimo persino il loro attributo di araldi

rimozione di una delle barriere che ostacolano l’accettazione di valori estetici al di là della storia».1

Queste parole contengono una straordinaria prefigurazione del pensiero postmoderno, uno slancio verso il futuro acuto nello sguardo, quanto forse troppo generoso verso i “protagonisti” della musica e gli operatori delle pubbliche relazioni; illuminante poi, se lo rapportiamo alle domande poste dal sistema musicale attuale, in cui il piano della contemplazione, tanto caro a Gould, è stato completamente offuscato da quello della comunicazione. Scriveva ancora Gould: «Non ho molti dubbi che i meccanismi della creazione e della conservazione elettronica determineranno per gran parte il futuro del suono artisticamente ordinato e ciò significa che i ruoli di intermediario, di esecutore, di interprete, di antropologo culturale saranno gradualmente sorpassati dall’ascesa del compositore che nell’atto di comporre si fa egli stesso interprete».La civiltà delle tecnologie, in cui viviamo, ha effettivamente generato in musica uno scompaginamento di ruoli un tempo ben definiti,

di una grande civiltà, o fari di raffinatezza, diverrà impercettibile. Credo che le cose stiano così perché la natura della comunicazione sta cambiando rapidamente; perché nella nostra epoca abbiamo già visto una rapida accelerazione di ciò che potremmo definire come lontananza del comunicatore dalla fonte della comunicazione artistica, e come cancellazione di identità nel rapporto tra artista creativo e pubblico. […] Ed ora stiamo per entrare in un periodo in cui questa cancellazione di identità può davvero trasformarsi nella maggior proposta estetica del prossimo futuro. […] Ma perché? Che cosa rende così speciale questo nostro presente? Tanto per limitarmi a esempi tratti dal mondo musicale contemporaneo, abbiamo imparato a congelare la voce umana sotto forma di registrazione. Abbiamo imparato a conservare nel tempo le concezioni di fraseggio, dinamica, inflessione della voce tipiche di una certa epoca. Ciò porterà per il futuro qualcosa di più che non l’accuratezza storica delle valutazioni. Significherà, e non potrà essere altrimenti, un’influenza diretta cui le generazioni future saranno inevitabilmente soggette, e dunque la

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come prefigurato da Gould, aprendo la strada verso produttività, creatività e fruizioni molteplici e libere, alcuni decenni fa impensabili perché soggette alle leggi di un mercato fisso in cui canoni estetici e soggetti operanti erano anch’essi ‘caratteri fissi’ per consentire e imporre processi mono-direzionati di guadagno, ricezione e creazione del gusto. L’epoca in parte immaginata da Gould, quella dell’esecuzione e della riproduzione permanente, si sta dispiegando su scala globale, ma con una variabile tecnologica che Gould non ha fatto in tempo a prefigurare: la Rete, col suo ‘pensiero dominante’ e le radicali trasformazioni con cui ha investito il mercato musicale, la sua economia, le sue regole, i soggetti protagonisti, le possibilità e le modalità d’ascolto. «Se dunque l’esecuzione si fa permanente per sua natura, ciò significa che svanirà l’istinto gladiatorio di chi esegue in pubblico. Potrebbero non esistere più i concerti come noi li conosciamo; non più il vivere e il suonare per quell’attimo di accesso alla rinnovata creazione della musica che regola oggi l’istinto di chi suona. […] La natura accidentale scomparirà

è una nuova epoca aurea musicale, per le semplificazioni produttive che consentono ai musicisti di registrare, diffondere e far conoscere liberamente i propri lavori e agli ascoltatori di pescare in un pressoché infinito oceano di suoni, sembra risolversi nel suo contrario: una realtà vorticosa e controversa, che, sempre più spesso, nasconde e non mostra, sotterra l’istinto, tutto digerisce ed espelle immediatamente, eccita e incuriosisce senza mai sorprendere. Il paradosso è che l’epoca della globalizzazione che ha come d’incanto abbattuto le distanze spaziali e temporali tra le persone - epoca della super-produzione e dalle possibilità tecnologiche d’ascolto quanto mai sorprendenti –, l’epoca del web 2.0, genera una solitudine del creatore e dell’ascoltatore che nulla ha a che fare con la ‘solitudine’ auspicata e cercata da Gould quale nuova ed estatica possibilità di incontro coi suoni. E il proliferare a dismisura della forma concerto quale routinaria espressione di dinamiche economiche, comunicative e di socializzazione può addirittura ascriversi, se letto attraverso le sole manifestazioni negative, come una delle derive più pericolose dell’opera

dall’esecuzione e dall’ascolto, l’ascoltatore sarà costretto a decidere della validità di un certo lavoro presentatogli elettronicamente nell’intimità della sua casa. Il pubblico sarà costretto a emettere giudizio sull’opera d’arte in base alla reazione che provoca su di lui, e per nessun’altra ragione. […] Diventerà sempre più probabile che l’esecuzione, o la creazione, o l’esecuzione-creazione siano processi che coinvolgono più di una sola mano; in cui il riconoscimento di eccellenza individuale sarà sempre meno importante». Ma i concerti non sono scomparsi. Il proliferare di quella che Chris Anderson – in The Long Tail: Why the Future of Business Is Selling Less of More (2006) – ha chiamato ‘la coda lunga’ (l’indistinto marasma di produzioni musicali che crescono all’infinito, favorito dalla possibilità che ognuno, oggi, possa farsi produttore, esecutore, diffusore di musica) ha messo in ginocchio l’industria della registrazione, delle grandi etichette discografiche e ha conseguentemente costretto musicisti e performers in un angolo senza vie d’uscita: il concerto quale una delle poche fonti di guadagno. Quella che per molti

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d’arte nell’epoca della iper-riproducibilità di massa. «Potrebbe succedere che un futuro molto prossimo produca un laboratorio fai-da-te di tecniche di registrazione domestica tale da accendere l’immaginazione del più preciso bricoleur di oggi. Da qui basta solo un passo per trovare un pubblico che si impegni direttamente nell’atto creativo, o che comunque, ricombinando unità sintetiche messe a loro disposizione da un’attrezzatura elettronica di qualche tipo, riescano a produrre la propria opera d’arte».Quel ‘futuro’ è presente, ma non sembra aver portato alcuna reale novità oltre alla fattuale esistenza della Rete stessa, che si risolve troppe volte nell’imitazione/ricollocamento in scala globale del già esistente e delle vecchie modalità produttive e comunicative (questa volta tra le mani di nuovi e ancor più grandi soggetti monopolisti). Nessuno scossone sembra capace di far vedere, creare, pensare, leggere in maniera diversa l’universo musicale, puntando dritto alla componente contemplativa dell’esecuzione e dell’ascolto: si assiste piuttosto alla reiterazione

benessere dell’individuo. Paradossalmente, tutte queste misure attraverso cui l’arte cerca di realizzare una più vasta comunicazione e tenta di accedere al pubblico più vasto possibile; tutti questi mezzi scientifici sono in grado di aiutare l’ascoltatore ad esercitare con ciò una corretta indipendenza di giudizio. […] E poiché i mezzi disponibili creeranno un ambiente che renderà possibile questa privatezza e immediatezza del giudizio estetico, ciò significherà che la relazione supremamente individuale con l’arte può essere esercitata precisamente proprio perché alla fonte della creazione artistica i problemi di identità artistica e diversità storica perderanno d’importanza».Se è innegabile che la ‘pre-visione’ gouldiana si sia avverata, non sembra però, oggi, trovare spazio quella ‘fiducia’ nei percorsi dell’umano agire che la animava. Risuona con particolare e inquietante forza la domanda iniziale enunciata da Gould: «non è piuttosto la visione di un terrificante futuro totalmente anarchico?» Non v’è dubbio che i media digitali – espressione contemporanea di quel mondo scientifico cui Gould fa riferimento e il cui supporto auspica –, a

di slogan come ‘no-copyright’, ‘la musica è cultura’, adagi poco incisivi e per questo stesso motivo di alcun disturbo agli imperativi della comunicazione e del consumo. Se i contenuti iniziano a valere sempre meno anche le persone finiscono con il privarsene. Critici, musicisti, artisti, ascoltatori sono incoraggiati a trattare i frutti del loro intelletto e della loro fantasia come frammenti che possono essere consegnati gratuitamente a menti alveari. La reciprocità prende la forma dell’autopromozione. La cultura musicale non diventa altro che pubblicità. «D’accordo ma questa è ancora arte? O non è piuttosto la visione di un terrificante futuro totalmente anarchico? Ancora una volta posso dire che non sono di questo parere. Possiamo ipotizzare che un principio di ordine si imporrà grazie alla produttività sempre crescente dell’azione educativa. Mi sembra che, se il nostro futuro ci riserva ancora qualche promessa, questa si basa sull’integrità dell’atto creativo, sull’emancipazione dai limiti della domanda storica, sulla sua gratuità e spontaneità, sulla sua natura privata, e soprattutto per il

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differenza di quelli tradizionali che enfatizzavano la trasmissione verticale del sapere, dell’arte e del parere critico autorevole dall’uno ai molti, incoraggiano molto più spiccatamente la condivisione orizzontale di azioni e giudizi tra musicisti-ascoltatori-lettori. La mediazione non è scomparsa; si è smaliziatamente trasformata, mostrando capacità manipolatorie di contenuti ancor più alte, al punto da mettere in discussione il confine tra produttori e utilizzatori. Una messa in discussione, però, non di tipo gouldiano (per il quale il primato dell’impulso estetico ed estatico è indiscutibile), ma, al contrario, estremamente pericolosa perché tende ad annullare quasi del tutto il concetto di qualità, l’idea di filtro, il valore del sapiente artigianato. La mediazione tra arte e ricezione, creazione musicale e ascolto, tensione verso l’atto creativo e realizzazione dello stesso – anche nell’era aurea prefigurata da Gould – dovrebbe mantenere uno scarto tra desiderio e consumo, scarto che è indispensabile affinché il desiderio sia tale. Quanto al presente, questo scarto cronologico è stato di fatto obliterato: le nuove tecnologie sembrano limitarsi a mettere a disposizione

invece di eccezionale esso produce e consente. Significa chiedere alle tecnologie e al web di esprimere le loro vere potenzialità, andando oltre i ‘modelli univoci’ che si sono affermati. Significa incoraggiare l’atto creativo ma non il mash-up, rimettendo al centro la persona e avviando una radicale riflessione sul lock-in e il modo in cui questo principio influenza lo sviluppo del web. Il fenomeno del lock-in si ha quando, tanto individualmente quanto collettivamente, ci si lascia ‘catturare’ da una scelta tecnologica inferiore rispetto ad altre disponibili. Non cambiare e adeguare i nuovi software alle ‘basi’ già esistenti ha permesso alle tecnologia dell’informazione di dialogare più facilmente e in base al dogma della continuità. Questo il principio che si è affermato e che ha portato alla diffusione del cosiddetto web 2.0. Comodo e efficace, ha favorito in campo musicale, ad esempio, un’esplosione produttiva, senza filtri e fortemente decontestualizzata, e quella sovrapposizione tra musicista, ascoltatore e critico auspicata da Gould. Ma più che alla cultura della ‘ripetizione’ prefigurata da Gould, il processo descritto sembra aver condotto a un

contenuti prima difficilmente reperibili, o a ridurne il costo, o a spingere a un abuso della performance quale unico mezzo d’emersione da un marasma indistinto: per la solitudine contemplativa e performativa gouldiana non sembra esserci spazio, in un mondo in cui ad ogni cosa si accompagna il suo ambiguo doppio, che immediatamente ne prende il sopravvento. Quello che accade alla musica sembra essere un riflesso quanto mai accecante della frammentazione culturale e della dissoluzione del soggetto in un presente privo di segni, privo di centro – e che stenta a trovare i molti e diversi centri auspicati da Gould –, e riguarda fortemente l’esperienza del vivere in un’epoca in cui tempo e spazio, presenza e assenza, agiscono in maniera storicamente nuova. Un nuovo che andrebbe più ostinatamente interrogato e problematizzato, confidando nell’affermazione di Baudelaire «la verità per essere multipla, non è perciò doppia». Il corto circuito generato dalla Rete è notevole. Problematizzare questo ‘mondo scientifico’ – per usare il termine con cui Gould fa riferimento al futuro tecnologico – non significa certo farne a meno chiudendo gli occhi di fronte a quanto

mondo in cui la parola chiave è adeguamento. Ragione per cui se le prime attività sul web possedevano un’energia notevole e avevano impronte fortemente personali finanche bizzarre, quelle di oggi sono soprattutto regolate da una standardizzazione finalizzata all’aggregazione virtuale, che rischia di declassare ogni prodotto culturale a mero intrattenimento pubblicitario.Da cui l’invito a recupere – come stimolo per una quanto mai necessaria riflessione – i pensieri attraverso cui Gould, in modo unico, acuto e prolifico ha riflettuto su concerto, registrazione, riproduzione musicale, nuove tecnologie: gli scritti sui media presenti nel libro Glenn Gould Reader (parzialmente tradotto in italiano, col titolo L’ala dal turbine intelligente, non per caso ordinato secondo la tripartizione Music, Performance e Media, e comprendente The Prospects of Recording e Music and Tecnology); l’audio-intervista del 1968 Concert Dropout attraverso cui Gould spiega a John McClure le ragioni del suo ritiro dai palcoscenici avvenuto nel 1964; The Alchemist, video-documentario diretto da Bruno Monsaingeon, raro esempio di uso della tecnologia quale strumento attraverso cui reintegrare l’esecutore nel mondo, abbattendo le barriere tra compositore e interprete, esecutore e ascoltatore. Il tentativo compiuto da Gould attraverso la scelta radicale del ritiro a favore di una ricerca musicale che passa attraverso il disco, la radio e la televisione, non va confuso con il banale gesto di un artista ‘eccentrico’: la scelta di Gould può essere piuttosto intesa come progetto di vita,

69Durante la registrazione delle Partite di Bach, New York, 1963Durante la registrazione delle Partite di Bach, New York, 1963

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in cui l’artista si mette alla ricerca dell’identità assoluta tra l’atto di trasmissione e la cosa da trasmettere, nel senso che non vi è altro valore, né etico, né religioso, né estetico al di fuori di quell’atto stesso. Gould fu per tutta la vita alla ricerca di una cultura musicale che non fosse cultura ‘accumulata’: perché la cultura accumulata incombe sull’uomo come una minaccia in cui egli non può in alcun modo riconoscersi; perché altrimenti, sospeso tra vecchio e nuovo, passato e futuro, l’uomo è gettato nel tempo come in qualcosa di estraneo che incessantemente gli sfugge e lo trascina in avanti senza che egli possa mai trovare in esso il proprio punto di consistenza.

NOTE1 Le citazioni di Gould sono tratte da Glenn Gould, Riflessioni sul processo creativo, in Enciclopedia della musica. Il Novecento, a cura di Jean-Jacques Nattiez, Torino, Einaudi 2001, pp. 1238-1250.