Estratto da: "Jazz e Musica Classica: tra Third Stream e Avant-Garde influenze e conseguenze in...
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si riferisce al primo minuto della composizione, mentre il secondo prende in
considerazione il brano nella sua interezza.
1) Grafico Intensità-Tempo relativo alle dinamiche durante il primo minuto
2) Grafico Intensità-Tempo relativo alle dinamiche della composizione completa
4. Le influenze della convergenza tra jazz e musica classica sul flauto
Il movimento della Third Stream e quello dell’Avant-Garde hanno avuto una
grande influenza sulla percezione della sonorità nei musicisti e nei compositori a
partire dagli anni Cinquanta, non solo in generale, come precedentemente
trattato, ma anche in ambiti più specifici. Sebbene non si possa dire che il flauto
!48
Intensità
Tempo0' 5'' 10'' 15'' 20'' 25'' 30'' 35'' 40'' 45'' 50'' 55'' 1'
Flauto Violoncello Pianoforte
Intensità
Tempo0' 1' 2' 3' 4' 5' 6' 7' 8' 9' 10' 11' 12' 13' 14' 15' 16' 17' 18'
Flauto Violoncello Pianoforte
sia stato il principale protagonista della Third Stream e dell’Avant-Garde così
come del Free Jazz, possiamo certamente affermare che tali correnti hanno
influito sul suo ruolo nella scena musicale di questo periodo, fino ad oggi.
4.1 Il flauto nei primi anni del Novecento
Il Novecento vede il flauto protagonista di importanti cambiamenti, riguardanti
sia la meccanica dello strumento, e quindi la tecnica, sia il suo ruolo sulla scena
musicale. Possiamo dire che, già a partire da inizio secolo, le opere francesi
ispirate al mito di Pan, tra cui Prelude a l’apres-midi d’un faune (1895),
Chansons de Bilitis (1900), Syrinx (1913) e Trio per flauto, viola e arpa (1915)
di Claude Debussy, danno inizio a una fondamentale revisione e rivalutazione del
carattere del flauto, che combina la varietà dinamica tipica del periodo tardo-
romantico con il suo tradizionale carattere melodico; sebbene la concezione del
flauto di Debussy sia radicata nel passato mitologico di questo strumento, il
compositore fa uso di un linguaggio rivoluzionario, ispirato al mondo orientale,
alle scale pentatoniche ed esatonali. Un ruolo ancor meno tradizionale viene
ricoperto dal flauto in Arnold Schoenberg: nel suo Pierrot Lunaire (1912) esplora
i contrasti tra i registri del flauto, la sua gamma di articolazioni e di dinamiche in
maniera completamente nuova, in modo particolare nel dialogo con la voce nella
settima sezione dell’opera, Der Kranke Mond. Nel 1936 Edgard Varèse compone
Density 21.5, portando le sonorità del flauto verso una nuova direzione non-
melodica, utilizzando, ad esempio, il rumore prodotto dalle chiavi dello
strumento insieme a dinamiche e cambi di registro estremi. Il periodo in cui tali
tecniche e possibilità espressive vengono maggiormente esplorate, tuttavia, è
quello del dopoguerra, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta.
4.2 Influenze della Third Stream
Come precedentemente discusso, a partire dagli anni Cinquanta sempre più
musicisti iniziano a praticare entrambi i linguaggi, classico e jazz, motivo per cui
inizia a essere utilizzato il termine “crossover”. Molti flautisti iniziano a spaziare
in entrambi i generi, avendo portato avanti studi classici (come nel caso di
!49
Hubert Laws o di James Newton ad esempio) e, più in generale, ad avere contatti
con flautisti classici o, viceversa, jazz.
4.2.1 Hubert Laws: Afro-Classic
Tra i flautisti “crossover” si può certamente considerare Hubert Laws (Texas,
1939). Nel 1960 vince una borsa di studio per la Juilliard School of Music, dove
studia con il flautista Julius Baker. Durante gli studi, inizia a esibirsi con diversi
protagonisti della scena jazzistica, tra cui Mongo Santamarìa tra il 1963 e il 1967,
e dal 1964 inizia a registrare in qualità di leader per la Atlantic Records, con gli
album The Laws of Jazz, Flute By Laws, e Laws Cause. Durante il periodo
newyorkese, tra il 1969 e il 1972 si esibisce con la New York Metropolitan Opera
Orchestra e con la New York Philharmonic Orchestra. In questo periodo le sue
interpretazioni di composizioni classiche di Fauré, Stravinsky, Debussy, e Bach
nel disco Rite of Spring (CTI Records, 1971), che vede una sezione d’archi
insieme a esponenti della scena jazzistica come Airto Moreira, Jack DeJohnette,
Bob James, e Ron Carter, gli guadagnano anche un pubblico di appassionati di
musica classica, genere al quale sarebbe tornato nel 1976 con la registrazione di
Romeo e Giulietta di Tchaikovsky. Tra le sue collaborazioni, inoltre, vanno
certamente ricordate quelle con Chet Baker, George Benson, Chick Corea, Kenny
Burrel, Paul Desmond, Astrud Gilberto, Gil Evans, Grant Green, Freddie
Hubbard, Bobby Hutcherson, Milt Jackson, Quincy Jones, Herbie Mann, James
Moody, Milton Nascimento, Jaco Pastorius, Mongo Santamaria e McCoy Tyner.
Il suo disco Afro-Classic, registrato nel 1970 per la CTI Records, è una sintesi del
modo in cui, insieme al brillante arrangiatore Don Sebesky, riesce a fondere il
linguaggio jazz e quello classico, unendoli senza soluzione di continuità. Con
questo disco Hubert Laws stabilisce un nuovo ruolo per il flauto all’interno del
jazz contemporaneo, esplorando il jazz e tutti linguaggi sonori che lo stavano
influenzando, con l’eleganza e la visione innovativa che lo contraddistinguono.
In questo disco lo affiancano Bob James (anch’egli con un background di studi
classici preso la University of Michigan’s Music School) al pianoforte elettrico, il
!50
bassista Ron Carter, il chitarrista classico Gene Bertoncini, il batterista Fred
Waits, il vibrafonista David Friedman, il fagottista Fred Alston Jr. e i
percussionisti Airto Moreira e Pablo Landrum. Tra i brani vi sono l’ Allegro dal
Concerto No.3 in D e la Passacaglia in C Minor di Johann Sebastian Bach e la
Sonata in F per flauto di Wolfgang Amadeus Mozart. Tuttavia, è nelle due
composizioni di Bach che troviamo l’essenza di questo disco. In particolare, le
libertà prese con la Passacaglia sono rivoluzionarie: l’introduzione è affidata al
basso elettrico, che introduce il tema, cui si aggiungono mano a mano gli altri
strumenti: nell’ordine vibrafono, Fender Rhodes, chitarra, flauto e fagotto. Dopo
l’esposizione, Sebesky inserisce nell’arrangiamento un solo di Fender Rhodes,
accompagnato da basso, batteria e chitarra, solo che culmina con la ripresa del
tema. Segue poi un solo di flauto con effetti elettronici (octaver) accompagnato
dalle percussioni e poi dal Fender Rhodes. A questo punto la sonorità si allontana
totalmente da quella originale, si evolve quel colore blues-latin-jazz che si era
iniziato a sviluppare durante il primo solo di vibrafono. Segue al solo di flauto
un’altra sezione di improvvisazione, questa volta di vibrafono e,
successivamente, di chitarra accompagnata solo da basso, batteria e percussioni.
A questo punto le sonorità utilizzate dai vari strumenti si mescolano fino a creare
un unico impasto sonoro dal quale torna a emergere il tema. Concludono il brano
la chitarra di Gene Bertoncini e il basso di Ron Carter, il quale torna a eseguire,
come in un cerchio, la linea iniziale. Vibrafono, flauto e fagotto accennano al
tema e l’arrangiamento termina sull’accordo di primo grado maggiore, come
nella composizione originale.
Hubert Laws passa da uno stile all’altro con grande eleganza, abilità e
naturalezza; durante l’esposizione del tema utilizza un suono chiaramente
classico, molto pulito, facendo uso di vibrato e staccato barocco, mentre durante
l’improvvisazione abbandona completamente tale sonorità. Il suo intento non è
quello di suonare la Passacaglia swing o latin, bensì di fondere il linguaggio
jazzistico e quello di Bach senza alcuna forzatura: come si può certamente
notare, quando si accenna al tema della Passacaglia i musicisti tornano alla
!51
sonorità iniziale, tenendo conto, al contempo, di ciò che è accaduto musicalmente
durante lo sviluppo dei soli, portando così l’arrangiamento del brano a evolversi
naturalmente.
Di seguito viene riportata la trascrizione dell’esposizione iniziale del tema,
confrontata con la partitura originale per organo.
!52
Organo
Vibrafono
Basso a 5 corde
Chitarra
Organo
Vibrafono
Basso
Chitarra
A questo punto viene effettuato un taglio da battuta 32 a 49.
!54
Organo
Flauto
Fagotto
Vibrafono
Basso
Chitarra
Organo
Flauto
Fagotto
Vibrafono
Basso
Chitarra
4.3 Influenze dell’Avant-Garde
I compositori che scrivono per flauto influenzati dal linguaggio dell’ Avant-Garde
sono molteplici. Alcune composizioni per flauto pioniere in questo periodo sono
Le Merle Noir di Olivier Messiaen (1951), Cinq Incantations e Suite en Concert
di Andrè Jolivet (1952) e Musica su due dimensioni per flauto e nastro magnetico
di Bruno Maderna (1952). Da ricordare anche le innovative composizioni di John
Cage come, Music for an Aquatic Ballet (1938), Atlas Eclipticalis (1961) e Two
(1987), e poi ancora Unity Capsule (1976) di Brian Ferneyhough ed …explosante
fire… (1991-1994) di Pierre Boulez. Heitor Villa-Lobos combina influenze della
tradizione folk brasiliana con lo storicismo delle forme barocche , e il suo 49
Assobio a jato (1950) vede il flautista soffiare direttamente nell’imboccatura, per
dare l’effetto di un fischio. Pierre Boulez dedica la sua Sonatine (1945-1946),
caratterizzata da grande complessità ritmica, ampi salti melodici, “flutter
A questo proposito si considerino le Bachianas Brasileiras, 1930-1945.49
!55
Organo
Flauto
Fagotto
Vibrafono
Basso
Chitarra
tonguing”, contrasti dinamici e da una parte percussiva affidata al pianoforte, al
flautista Jean Pierre Rampal, il quale, tuttavia, trova la composizione troppo
“estrema” per essere suonata. Verrà poi eseguita dal virtuoso Severino Gazzelloni
e dal pianista David Tudor nel 1956, in occasione dell’ “International Summer
Course for New Music” di Darmstadt. Altro compositore di questo periodo è
Luciano Berio, il quale scrive la Sequenza I per flauto solo (1958), in
collaborazione con Severino Gazzelloni. In questa composizione viene utilizzata,
insieme a una delle prime notazioni di suoni multifonici per il flauto, una
particolare notazione in cui tratti verticali rappresentano l’unità metrica e le note
sono distribuite a distanze direttamente proporzionali alla loro durata.
Una parentesi va sicuramente concessa alla figura di Severino Gazzelloni (5
gennaio 1919 - 21 novembre 1992), flautista che spazia dalla musica classica,
alla musica d’avanguardia e i cui interessi vanno dal jazz alla musica da film, che
non solo fu in grado di attirare al flauto numerosi compositori, ma anche di
condizionarne la scrittura, indirizzandola verso il tipo di sperimentazioni
idiomatiche e tecniche a lui ideali . A tale proposito emerge sicuramente una 50
considerazione fondamentale per quanto riguarda il periodo dell’ Avant-Garde:
la collaborazione compositore-interprete diventa una necessità in quanto
l’interprete mostra e fa scoprire al compositore nuove sonorità. A essa, inoltre, si
collega un’altra questione che caratterizza questo momento di sperimentazione:
la difficoltà nel discernere tra il contenuto proprio della composizione e l’apporto
dell’interprete. Verso la fine degli anni Cinquanta, a Berlino, Severino Gazzelloni
incontra Eric Dolphy (20 giugno 1928 - 29 giugno 1964), polistrumentista che si
afferma all’interno del linguaggio free jazz. Allievo di Ornette Coleman, Eric
Dolphy lavora con Gunther Schuller, John Lewis, l’Orchestra U.S.A e Charles
Mingus, tra gli altri. Virtuoso di sax contralto, introduce il clarinetto basso come
strumento solista e applica tecniche sperimentali al flauto, ispirato anche
dall’incontro con Severino Gazzelloni, al quale dedica il brano Gazzelloni,
Nelle opere scritte per Gazzelloni si possono individuare alcune caratteristiche comuni, tanto 50
che si può parlare di Gazzelloni-Musik, termine che si rifà alla Neue-Musik.
!56
inserito nel disco Out to Lunch del 1964: “ Gazzelloni è il nome di un grande
flautista moderno. E’ un maestro. Riesce a ottenere suoni incredibili dal flauto e a
farli funzionare . Tutti seguono la struttura per le prime tredici battute, poi —
liberi” . 51
Il repertorio scritto per flauto in questo periodo utilizza nuove sonorità e nuovi
effetti come micro-toni, suoni multifonici, “whisper-tones” e “whistle-tones”,
“humming” e “slap-tones”, oltre a una varietà di suoni indefiniti e/o modificati
elettronicamente. Avant-Garde Flute (1974) di Thomas Howell’s e The Other
Flute (1975) di Robert Dick spiegano il tentativo di definire il range di possibilità
sonore del flauto, inteso come “generatore di suono”. Thomas Howell esamina le
differenze tra strumenti di differente provenienza e fabbricazione, fornendo una
lista di oltre 1800 diteggiature specifiche, mentre il lavoro di Robert Dick include
lo studio di una scala per quarti di tono che va dal D1 al E4, sia per flauto a fori
aperti che per flauto a fori chiusi, insieme a una sezione dedicata
all’amplificazione e alle modifiche elettroniche. Egli spiega, inoltre, l’urgenza
dei nuovi compositori e della nuova generazione di flautisti di estendere le
possibilità del flauto, in contrasto con la monotonia delle scuole flautistiche: “ La
differenza tra Eric Clapton, George Harrison e Jimi Hendrix è di gran lunga più
evidente che quella tra Julius Baker e Jean-Pierre Rampal. I chitarristi ricercano
continuante nuovi effetti e nuove sonorità, perché i flautisti non dovrebbero?” 52
4.3.1 James Newton
James Newton rappresenta uno degli esempi più convincenti di Third Stream e
Avant-Garde contemporanee. I suoi album risentono e si aprono a una
grandissima varietà di influenze, dal jazz alla musica classica, così come il suo
suono, pulito ma ricco di sonorità differenti (linee vocali simultanee alla linea di
flauto, uso del “flutter-tonguing”, etc.). Come compositore trova ispirazione in
musicisti quali John Coltrane, Charles Mingus, Duke Ellington, la cui musica
Gazzelloni, Out to Lunch, Blue Note 1964, note di copertina.51
Citazione da: The Flute, Ardal Powell, Yale Musical Instruments Series, 2002, p.273. 52
!57
viene completamente interpretata e trasformata nel disco The African Flower
(Blue Note Records, 1985), Olivier Messien e Maurice Ravel, tra gli altri,
scrivendo per tutti i tipi di combinazioni strumentali.
James Newton scopre il flauto all’età di sedici anni, prendendo lezioni di musica
classica e al contempo studiando jazz con il sassofonista e flautista Buddy
Colette. Fortemente influenzato da Eric Dolphy (al quale è stato spesso
confrontato dalle critiche) e Roland Kirk, inizia ad avvicinarsi alla corrente
dell’Avant-Garde studiando musica classica alla California State University di
Los Angeles. Un anno dopo il diploma (1978) si trasferisce a New York dove
registra con Anthony Davis all’interno della big band di Cecile Taylor, e dove
inizia a registrare in qualità di leader in diverse formazioni, tra cui il trio con
Anthony Davis e Abdul Wadud. Durante la sua carriera, inoltre, scrive varie
composizioni classiche per diversi tipi di ensembles; Sacred Works (2011) e St.
Matthew Passion (2005-2013) sono i suoi ultimi lavori. Tra i suoi album e quelli
cui prende parte vanno certamente ricordati Crystal Texts (Moers Music, 1979),
Anthony Davis/James Newton Quartet w/ special guest George Lewis (India
Navigation, 1979), I’ve Known Rivers (Gramavision, 1982), Luella (Gramavision
1983), The African Flower (Blue Note, 1985), Romance And Revolution (Blue
Note, 1986), Mingus Dynasty (Soul Note, 1987), Mingus’s Sound of Love (Soul
Notes, 1987), In Venice (Celestial Harmonies, 1987), If Love (Jazz Lines, 1990),
David Murray / James Newton Quintet (DIW Records, 1991), Trio Vol.2
(Gramavision, 1991), Suite For Frida Kahlo (Audioquest, 1994) e As the Sound
of Many Waters ( Anthology of Recorded Music, 2000).
La musica di James Newton abbraccia molteplici linguaggi, dal jazz alla musica
classica, alla musica giapponese, a quella degli indigeni africani alla musica
indiana, motivo per cui si può dire che la sua ricerca musicale riguardi la “world
music”. Che sia una composizione jazz o classica, James Newton non rientra e
non vuole rientrare in nessuna etichetta; “il filo conduttore è la spiritualità; come
Mahalia Jackson e John Coltrane voglio creare una musica che abbia una
!58
ricchezza a livello spirituale. Ecco ciò che significa per me libertà artistica; avere
l’opportunità di fare musica senza tempo, che si leghi all’eternità.” 53
4.3.1.1 Analisi
Per comprendere meglio la musica di James Newton si andranno ora ad
analizzare alcune delle sue composizioni.
4.3.1.1.1 The Line Of Immortality
The Line Of Immortality è stata premiata per la prima volta nel 1992 dal “San
Francisco Contemporary Music Players”. La composizione presenta un unico
movimento con numerose suddivisioni, ed è costruita in tutti i suoi elementi
attorno al numero sette. La matematica, infatti, è presente per tutto il brano, e
deriva dagli studi di James Newton sulla numerologia espressiva di Bartòk e
Berg. Il numero sette, la serie di Fibonacci e la sezione aurea si riflettono sia
verticalmente che orizzontalmente. Anche la sezione improvvisativa affidata al
quartetto jazz è molto strutturata e basata sui multipli di sette. Ispirata a un sogno
del compositore, The Line of Immortality ha come temi centrali la morte,
l’abbandono del mondo terreno e il viaggio dell’anima verso il paradiso. In modo
particolare possiamo trovare sette temi: Dio, Gesù Cristo, John Carter (il
compositore-clarinettista morto poco tempo prima della composizione di questo
brano), il bassista Red Callender (anch’egli defunto) , Oliver Messiaen (una 54
delle figure che hanno influenzato maggiormente James Newton) la perfezione
del numero sette e il blues . 55
James Newton, Down Beat Magazine, Giugno 1997.53
Sia John Carter che Red Callender avevano lavorato e registrato con James Newton.54
Anche se non vengono fatte citazioni esplicite, il sentimento del blues pervade l’intera 55
composizione.
!59
Scritto per quartetto jazz e orchestra da camera , The Line Of Immortality 56 57
contrappone i diversi stili suggeriti da questi gruppi, utilizzando lo stesso
materiale motivico per entrambi. Durante lo sviluppo del brano, il modo di
suonare dei due ensambles si rivela una modalità differente di trattare la stessa
materia. In questo, James Newton è stato influenzato da November Steps,
un’opera di Toru Takemitsu, per biwa, shakuhachi e orchestra, del 1967. 58
In questa composizione, Newton ha voluto creare un ambiente in cui entrambi gli
approcci, classico e jazz, potessero condividere lo stesso palco, celebrandone sia
le differenze che, al contempo, la coesistenza e la collaborazione per uno stesso
scopo.
Segue un estratto della partitura, avuta per gentile concessione da James Newton.
Composto da flauto, pianoforte, basso e batteria.56
Composta da flauto, oboe, clarinetto, due fagotti, timpani, gongs, vibrafono, marimba, 57
violino, viola, violoncello e contrabbasso.
Strumenti della tradizione giapponese.58
!60
4.3.1.1.2 The African Flower
James Newton è un devoto ammiratore della musica di Duke Ellington e del suo
alter ego e collaboratore Billy Strahyorn. Per rendere omaggio a questi due
grandi maestri, James Newton ha interpretato sette delle loro migliori
composizioni per il disco The African Flower (Blue Note Records, 1985). Nel
disco registrano il violinista John Blake, il sassofonista Arthur Blythe, il
cornettista Olu Dara, il vibrafonista Jay Hoggard, il pianista Roland Hanna, il
bassista Rick Rozie, il percussionista Anthony Brown, e i batteristi Pheeroan Ak
Laff e Billy Hart. Inoltre, come special guest nel brano Strange Feeling,
partecipa il cantante Milt Grayson. Come aveva fatto Duke Ellington per i suoi
musicisti, allo stesso modo James Newton scrive gli arrangiamenti per questi
musicisti nello specifico, avendo chiaro in mente il loro modo di suonare.
Sono cresciuto ascoltando le registrazioni più popolari di Ellington, solo più
tardi Stanley Crouch (critico musicale per il Village Voice) mi fece scoprire
molte altre sue composizioni precedenti, le suites. Sono rimasto sorpreso
dalla ricchezza del talento di Duke, perciò per un periodo non comprai altro
che dischi di Ellington. Fu attraverso Duke che diventai un grande
ammiratore di Strayhorn, mano destra e collaboratore di Ellington dagli anni
Quaranta fino alla sua morte nel 1967. (…) In questa musica c’è molto della
mia personalità, e sento che se le persone ascolteranno la mia percezione
della musica di Ellington e Strayhorn, allora, forse, potranno capire meglio
quella che è la mia concezione musicale. 59
Black And Tan Fantasy, composta da Duke Ellington nel 1925, pur non essendo
un vero e proprio blues, è pervasa da un forte blues feeling, elemento che James
Newton sottolinea nella sua interpretazione, mentre Virgin Jungle (1967)
rappresenta un’ elaborazione dell’uso di Duke Ellington dei ritmi afro-ispanici.
“Duke registrò differenti versioni di questo brano e nei miei arrangiamenti ho
James Newton, da un’intervista per la Blue Note, Ottobre 1985.59
!64
utilizzato parti di ognuna di esse” . Il baritono Milt Grayson, che lavorò con 60
Duke Ellington negli anni Cinquanta, canta Strange Feeling, una composizione
Ellington/Strayhorn per la Perfume Suite (Columbia, 1961). Flourette Africaine o
The African Flower, invece, è un blues vero e proprio scritto da Duke Ellington
nel 1963. In questo brano il flauto di James Newton è affiancato dal violino di
John Blake. Il classico Cotton Tail del 1940 è invece un up-tempo pensato per il
contralto di Arthur Blyte , mentre Sophisticated Lady (1933), arrangiata qui per
flauto solo, e Passion Flower, composta da Billy Strayhorn nel 1941,
originariamente eseguita da Johnny Hodges e qui magistralmente interpretata da
Arthur Blythe e Roland Hanna, sono le due ballads che concludono il disco.
“Roland ha apportato un grade contributo a questo progetto. La sua conoscenza
di questa musica e la sua sensibilità hanno arricchito immensamente il mio
progetto” . 61
4.3.1.1.3 Invisible Island
Invisible Island è una composizione inserita nel disco Trio Vol.2 (Gramavision
Records, 1989), registrato insieme al pianista Anthony Davis e al violoncellista
Abdul Wadud, lo stesso trio che registra nel disco I’ve Known Rivers
(Gramavision, 1982). Il brano presenta una sonorità che ricorda sicuramente Still
Waters di Anthony Davis, in modo particolare nelle sezioni improvvisate. La
composizione è atonale, tuttavia, come la composizione di Anthony Davis,
presenta elementi che ricordano riferimenti tonali. Invisible Island è suddivisa in
tre sezioni principali; la prima, caratterizzata da continui cambi di tempo, è quasi
completamente scritta e si conclude con una breve sezione improvvisata iniziata
dal pianoforte, alla quale, successivamente, si aggiungono rispettivamente flauto
e violoncello, la seconda, invece, è completamente improvvisata, ed è qui che la
dinamica del brano raggiunge il culmine, infine, nella terza ed ultima sezione,
flauto e violoncello tornano a seguire una parte scritta, raggiungendo nuovamente
Ibid.60
Ibid.61
!65
la dinamica e la sonorità iniziali. Il pianoforte sembra guidare la dinamica e
l’intero sviluppo del brano, tuttavia la composizione è stata concepita, così come
l’intero disco, in modo che i tre strumenti avessero uguale peso sia per quanto
riguarda le le sezioni scritte, dunque per quanto concerne la parte compositiva,
che per quelle improvvisate. Dalla registrazione, inoltre, si evince come le parti
scritte fungano da canovacci e siano contornate da elaborazioni o collegamenti
tra le frasi improvvisati, basati interamente sull’ interplay tra i musicisti.
Segue la partitura originale, ricevuta per gentile concessione da James Newton, e
uno schema della struttura dell’esecuzione, ispirata alla registrazione originale.
!66
Schema della struttura
!70
1-17
Flauto, pianoforte e violoncello seguono una parte scritta
Tempo rubato
Sezione di improvvisazione aperta
Piano solo, a cui si aggiungono successivam
ente flauto e violoncello
La dinamica resta sul piano
Prima parte
Seconda parte
Flauto, pianoforte e violoncello
La dinamica cresce im
provvisamente
e rimane sul forte
Sezione 1Sezione 2
Sezione 3
25-30
Flauto e violoncello tornano ad eseguire una linea scritta
Il pianoforte continua ad improvvisare
Tempo rubato
32-45
Il pianoforte torna ad eseguire una linea scritta ad eccezione di battuta 45, in cui torna ad im
provvisare
Sezione di improvvisazione aperta
Flauto, pianoforte e violoncello
La dinamica vede un leggero crescendo
seguito poi da un decrescendo
Coda
6-17
Ripresa di parte della Sezione 1, con finale
sulla corona di battuta 17
Tempo rubato
4.3.1.1.4 65th Psalm
65th Psalm è una composizione per flauto e voce, scritta nel 2003 per la cantante
Dorothy Stone. In questa composizione si possono riscontrare molte delle
caratteristiche delle composizioni avant-garde, a partire dall’utilizzo di
pentagrammi senza la divisone in battute, alle tecniche indicate, fino al tipo di
notazione utilizzata. In particolare, 65th Psalm è una composizione atonale in cui
viene fatto uso della tecnica dello “sprechgesang” , indicata dal termine 62
“spoken”, mentre il canto vero è proprio è indicato dal termine “sing” ed è scritto
in notazione tradizionale. L’utilizzo dello “sprechgesang”, insieme al dialogo tra
voce e flauto, rimanda certamente al Pierrot Lunaire di Schönberg (1912).
Le indicazioni per il flauto “finger only”, in seguito abbreviata con “f.o.”, si
riferiscono, invece, alla tecnica di far “suonare” le note solo muovendo le dita,
senza soffiare; il risultato è un suono percussivo leggermente tonale.
L’indicazione “air only”, invece, si riferisce alla tecnica di rilassamento
dell’embouchure, con conseguente produzione di un forte flusso d’aria sopra il
foro dell’imboccatura, creando il suono “shh”; tale tecnica è ispirata
all’imitazione del suono del vento del shakuhachi, flauto tradizionale giapponese
cui James Newton si è più volte ispirato. Nella partitura, inoltre, troviamo
ulteriori annotazioni sulla parte di flauto, tra cui il “flutter tonguing” e l’utilizzo
di particolari diteggiature specifiche, differenti da quelle tradizionali, per
eseguire note, trilli o glissandi.
Segue un estratto della partitura, avuta per gentile concessione dal compositore,
in cui sono state evidenziate le caratteristiche precedentemente analizzate.
Lo “sprechgesang” è uno stile di canto/parlato affermatosi attraverso le composizioni di 62
Arnold Schönberg, a loro volta maturate all'interno dell'espressionismo tedesco. Una delle composizioni più importanti in cui questo stile di canto è usato regolarmente è il Pierrot Lunaire Schönberg definisce così la tecnica dello “sprechgesang”: “L'esecutore [...] si renda cosciente della differenza tra suono cantato e suono parlato: il suono cantato conserva immutata la sua altezza, mentre il suono parlato dà sì l'altezza della nota, ma la abbandona subito, scendendo o salendo. [...] Non si desidera affatto un parlare realistico-naturalistico. Al contrario, deve essere ben chiara la differenza tra il parlare comune e un parlato che operi in una forma musicale.”
!71
4.3.1.1.5 St.Matthew Passion
“Credo umilmente che, come Black, Brown and Beige per Duke Ellington, St.
Matthew Passion sia per me l’opera più importante della mia carriera di
artista.” 63
Nel 2005 James Newton inizia la sfida più grande della sua carriera di
compositore; una trilogia di grandi opere in cui dimostra le sue abilità come
compositore di musica sacra, con influenze di jazz e radici nell’estetica
modernista: una Messa, la Passione di S. Matteo e un’adattamento per cantante
solista, coro e orchestra del Salmo 119. St. Matthew Passion, scritta per voce
solista, coro, sezione ritmica jazz e orchestra da camera, conclusa nel 2013, verrà
presentata in Italia il 30 Maggio 2015 al Torino Jazz Festival, curato da Stefano
Zenni. James Newton è il primo compositore afroamericano che esce dalla
tradizione del jazz per comporre una Passione di S.Matteo: come compositore ed
esecutore che ha trascorso la sua carriera musicale tra world music, jazz e musica
classica, James Newton ha voluto creare un linguaggio che collegasse abilmente
e senza soluzione di continuità questi generi e stili musicali, cercando di
raccogliere tutte queste esperienze all’interno della Passione di S.Matteo.
Oltre ai Concerti Sacri di Duke Ellington, le influenze musicali in questa
composizione includono gli spirituals , la Passione di S.Matteo di Johan 64
Sebastian Bach, Saint François D’Assise di Olivier Messiaen, Dark Was the
Night, Cold The Ground e God Moves On The Water di “Blind” Willie Johnson e
la Nona Sinfonia di Gustav Mahler. Il linguaggio musicale di quest’opera risente
delle influenze della musica Gospel, dell’ Avant-Garde e del jazz contemporaneo,
così come della musica dell’Africa centrale: in St.Matthew Passion troviamo
riflessi della poliritmia presente nella musica tradizionale di popolazioni quali
James Newton63
Per creare un commento alla musica, non è stato chiamato un librettista, ma sono stati 64
utilizzati testi originali di spirituals.
!75
Efe, Aka, Baka e Twa . “Mi sto sforzando di creare un’opera che rifletta gli 65
eventi della Passione secondo Matteo e che, allo stesso tempo, costruisca un
mondo sonoro che leghi i vari riferimenti culturali in nuovi modi.” 66
5. Hidden Violet
Il brano Hidden Violet è stato composto ispirandosi allo stile compositivo di
James Newton, prendendo spunto da alcune delle composizioni precedentemente
analizzate. In modo particolare, il titolo, oltre a ricordare quello del disco Hidden
Voices di Anthony Davis, si riferisce a una particolare varietà di ninfea, il cui
habitat dalle acque ferme, rimanda al titolo della composizione Still Waters di
Anthony Davis.
La composizione si suddivide in due sezioni principali; la prima vede pianoforte,
flauto e quartetto d’archi, mentre la seconda è scritta per flauto, basso elettrico e
batteria. La sezione iniziale si basa su effetti e colori prodotti dal contrasto e, al
contempo, dall’impasto tra i vari strumenti, qui utilizzati come strumenti classici,
senza sezioni improvvisate. Nella partitura sono presenti frequenti cambi di
tempo e, in generale, possiamo dire che le linee scritte fungono da canovaccio: ai
solisti, infatti, viene lasciata libertà di interpretazione delle parti loro affidate.
Non sono presenti veri e propri temi, bensì cellule tematiche, che si ripresentano
rielaborate durante tutta la sezione, come quella iniziale (Fig.1) affidata al
pianoforte, poi rielaborata dal quartetto d’archi e dal violoncello. Su questa
cellula tematica viene poi costruita la sezione centrale affidata agli archi a battuta
24.
Alcuni anni prima che György Ligeti scoprisse questa musica, due geni, Eric Dolphy e John 65
Coltrane, la stavano attentamente studiano e incorporando nel loro linguaggio compositivo e improvvisativo.
James Newton66
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