Borromini, Bernini e Vincenzo Della Greca. Per l’ampliamento di palazzo Spada a Roma con il nuovo...

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111 GIARDINO DI VILLA GINANNI FANTUZZI GIÀ SPADA BORROMINI, BERNINI E VINCENZO DELLA GRECA. PER LAMPLIAMENTO DI PALAZZO SPADA A ROMA CON IL NUOVO QUARTIERE DELLA MARCHESA MARIA VERALLI Marisa Tabarrini* Le vicende delle trasformazioni di Palazzo Capodiferro tra la prima e la seconda metà del Sei- cento sono particolarmente intricate, e vedono coinvolti alcuni dei maggiori protagonisti della Roma barocca. Questo saggio approfondisce in particolare l’ideazione e la realizzazione dell’ampliamento del braccio occidentale su Vicolo del Polverone, un progetto formulato da Borromini in due varianti, che prevedeva un nuovo assetto planimetrico a U versoVia Giulia, e che rimase sostanzialmente in- eseguito 1 . * Sapienza Università di Roma. 1 Questo saggio nasce nell’ambito di una ricerca svolta da chi scrive per il dottorato in Storia dell’Architettura (Dipartimento di storia, restauro e conservazione dei beni architettonici di Roma, Sapienza Università di Roma, XIV Ciclo, 2000-2003, tutor prof. Sandro Benedetti ) e sfociata nella monografia M. TABARRINI, Borromini e gli Spada. Un palazzo e la committenza di una grande famiglia nella Roma barocca, Roma 2008. Ringrazio sua Eminenza, il cardinale Achille Silvestrini, presidente della fondazione Memoria Storica di Brisighella, per averne accolto un estratto negli atti del convegno tenutosi a Roma, Palazzo Spada, “Una famiglia nella Roma barocca”, 8 giugno 2007. Sulle varie fasi costruttive di Palazzo Capodiferro Spada si veda da ultima M. TABARRINI, Borromini e gli Spada… cit.; si vedano inoltre i precedenti contributi di L. NEPPI, Palazzo Spada, Roma 1975; M. HEIMBÜRGER RAVALLI, Architettura, scultura e arti minori nel barocco italiano. Ricerche nell’Archivio Spada, Firenze 1978; R. CANNATÀ (a cura di), Guida al Palazzo Spada, Roma 1984; R. CANNATÀ (a cura di), Palazzo Spada. Arte e storia, Roma 1992; R. CANNATÀ (a cura di), Palazzo Spada, le decorazioni restaurate, Milano 1995; R. DI BATTISTA, Il progetto di Francesco Borromini per la facciata posteriore di palazzo Spada, in C. L. Frommel, E. Sladek (a cura di), Francesco Borromini, atti del convegno (Roma, 13-15 gennaio 2000), Milano 2000, pp. 134-139. Sulla galleria prospettica si vedano L. NEPPI, Punti di vista sulla prospettiva Spada, in “Bollettino d’Arte”, VI, 1983, 22, pp. 105-118; R. SINISGALLI, Borromini a quattro dimensioni. L’eresia prospettica di Palazzo Spada, Roma 1981; R. SINISGALLI, Guida al capolavoro della Roma barocca. La prospettiva di Borromini, Firenze 1998. Sulla collezione artistica cfr. R. CANNATÀ, M. L. VICINI, La Galleria di Palazzo Spada, genesi e storia di una collezione, Roma 1992; M. L. VICINI, Il collezionismo del cardinale Fabrizio Spada in Palazzo Spada, Roma 2008. Sulla sistemazione della piazza vedi M. LOLLI GHETTI, L’intervento borrominiano sul prospetto di Palazzo Ossoli, in “Al Sr. Franco Borromino che ce ne parli”. Il restauro del prospetto seicentesco di Palazzo Ossoli, Roma 1993, pp. 9-22; M. LOLLI GHETTI, Trasformazione di una piazza. Piazza della Quercia e Piazza Capodiferro: problemi di restauro, in S. Polci (a cura di), Di piazza in piazza. Dai fasti della storia ai luoghi dei nostri giorni,

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Giardino di Villa Ginanni Fantuzzi Già SpadaBorromini, Bernini e Vincenzo della Greca. Per l’amPliamento di Palazzo SPada a roma con il nuoVo Quartiere della marcheSa maria Veralli

Marisa Tabarrini*

Le vicende delle trasformazioni di Palazzo Capodiferro tra la prima e la seconda metà del Sei-cento sono particolarmente intricate, e vedono coinvolti alcuni dei maggiori protagonisti della Roma barocca. Questo saggio approfondisce in particolare l’ideazione e la realizzazione dell’ampliamento del braccio occidentale su Vicolo del Polverone, un progetto formulato da Borromini in due varianti, che prevedeva un nuovo assetto planimetrico a U versoVia Giulia, e che rimase sostanzialmente in-eseguito1.

* Sapienza Università di Roma.1 Questo saggio nasce nell’ambito di una ricerca svolta da chi scrive per il dottorato in Storia dell’Architettura (Dipartimento di storia, restauro e conservazione dei beni architettonici di Roma, Sapienza Università di Roma, XIV Ciclo, 2000-2003, tutor prof. Sandro Benedetti ) e sfociata nella monografia M. tabarrini, Borromini e gli Spada. Un palazzo e la committenza di una grande famiglia nella Roma barocca, Roma 2008. Ringrazio sua Eminenza, il cardinale Achille Silvestrini, presidente della fondazione Memoria Storica di Brisighella, per averne accolto un estratto negli atti del convegno tenutosi a Roma, Palazzo Spada, “Una famiglia nella Roma barocca”, 8 giugno 2007. Sulle varie fasi costruttive di Palazzo Capodiferro Spada si veda da ultima M. tabarrini, Borromini e gli Spada… cit.; si vedano inoltre i precedenti contributi di l. neppi, Palazzo Spada, Roma 1975; M. HeiMbürGer raValli, Architettura, scultura e arti minori nel barocco italiano. Ricerche nell’Archivio Spada, Firenze 1978; r. Cannatà (a cura di), Guida al Palazzo Spada, Roma 1984; r. Cannatà (a cura di), Palazzo Spada. Arte e storia, Roma 1992; r. Cannatà (a cura di), Palazzo Spada, le decorazioni restaurate, Milano 1995; r. di battiSta, Il progetto di Francesco Borromini per la facciata posteriore di palazzo Spada, in C. L. Frommel, E. Sladek (a cura di), Francesco Borromini, atti del convegno (Roma, 13-15 gennaio 2000), Milano 2000, pp. 134-139. Sulla galleria prospettica si vedano l. neppi, Punti di vista sulla prospettiva Spada, in “Bollettino d’Arte”, VI, 1983, 22, pp. 105-118; r. SiniSGalli, Borromini a quattro dimensioni. L’eresia prospettica di Palazzo Spada, Roma 1981; r. SiniSGalli, Guida al capolavoro della Roma barocca. La prospettiva di Borromini, Firenze 1998. Sulla collezione artistica cfr. R. Cannatà, M. l. ViCini, La Galleria di Palazzo Spada, genesi e storia di una collezione, Roma 1992; M. l. ViCini, Il collezionismo del cardinale Fabrizio Spada in Palazzo Spada, Roma 2008. Sulla sistemazione della piazza vedi M. lolli GHetti, L’intervento borrominiano sul prospetto di Palazzo Ossoli, in “Al Sr. Franco Borromino che ce ne parli”. Il restauro del prospetto seicentesco di Palazzo Ossoli, Roma 1993, pp. 9-22; M. lolli GHetti, Trasformazione di una piazza. Piazza della Quercia e Piazza Capodiferro: problemi di restauro, in S. Polci (a cura di), Di piazza in piazza. Dai fasti della storia ai luoghi dei nostri giorni,

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Il ritrovamento del libro di cantiere sottoscritto da Francesco Righi con la stima e misura dei lavori eseguiti al palazzo tra il 1657 e il 16622, congiuntamente al com-pleto riesame delle fonti grafiche e documentarie, ha con-sentito a chi scrive di ricostruire il travagliato iter proget-tuale dell’ampliamento con particolare riguardo a una fase ideativo-realizzativa di cui non si aveva testimonianza, di conoscere la funzione assegnata al nuovo corpo di fabbrica, nonché di chiarire il ruolo spettante agli architetti in vario modo coinvolti nell’operazione dopo il ritiro di Borromini. Si è potuto così riconoscere a Bernini un ruolo non solo consultivo bensì decisivo nella seconda modifica dello sca-lone d’onore cinquecentesco, e attribuire a Vincenzo Della Greca la progettazione del nuovo scalone circolare.

Emerge dalle vicende familiari e progettuali di questo ampliamento la personalità volitiva e intraprendente della marchesa Maria Veralli (1616-1686), figlia di Giovan Batti-sta e di Eugenia Rocci, appartenenti a due illustri casate ro-mane, che aveva sposato nel 1636 Orazio (1613-1687), uno dei nipoti di Bernardino Spada (fig. 1). L’unione rappresen-

tava il maggior successo dell’attenta politica matrimoniale perseguita dal cardinale per i suoi famigliari, e l’istituzione della primogenitura del casato a Roma3.

Roma 1994, pp. 133-140; r. di battiSta, Trasformazioni urbane di piazza Capodiferro e piazza della Quercia, in “QISA”, 1993, 22, pp. 71-80. Sulle ville Spada a Tivoli cfr. M. tabarrini, Committenza degli Spada e dei Cesi a Tivoli. Memorie architettoniche ed alcune ipotesi per Borromini, in M. Bevilacqua, M. L. Madonna (a cura di), Il sistema delle residenze nobiliari. Stato Pontificio e Granducato di Toscana, “Atlante tematico del barocco in Italia”, Roma 2003, pp. 107-128.2 Archivio Capitolino di Roma (d’ora in poi ACR), Fondo Miscellanea Famiglie, Spada, vol. 16. Il volume, ritenuto da chi si era occupato fino ad oggi del palazzo irrimediabilmente perduto, corrisponde a uno dei due libri di misure e stime dei lavori eseguiti dal capomastro Antonio Fontana a Palazzo Capodiferro registrati nell’inventario dei beni di Virgilio Spada, quello che comincia il 12 giugno 1657 tarato in scudi 12.576 e baiocchi 58: “Misure, e stime delli lavori di muro, et altro fatti per la nuova fabrica aggionta al palazzo a Capo di ferro verso il vicolo, che, dalla Piazza va in Strada Giulia […] 23 luglio 1662 Io Francesco Righi m.o pp.”. Per la trascrizione completa del volume capitolino vedi M. tabarrini, Borromini e gli Spada… cit., appendice documentaria, doc. 1.3 La bibliografia sulla famiglia Spada è molto ampia, e nell’ultimo ventennio si è arricchita di numerosi contributi. Sulla carriera di

Fig. 1 - eberHard KeilHau (Monsù Bernardo, attr.). Ritratto di Maria Veralli con i figli (1663-1665; Roma, Galleria Spada; da M. L. Vicini 1999).

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Il grande palazzo dei Capodiferro acquistato dal cardinale nel 1632, sebbene fosse uno dei più belli di Roma, richiedeva opportune modifiche per svolgere adeguatamente le sue funzioni e per accogliere degnamente il nuovo ramo della famiglia. Il rigido protocollo dei palazzi aristocratici romani imponeva per la coabitazione del cardinale con i propri famigliari la suddivisione della residenza in appartamenti separati. Nella parte del palazzo destinata al nucleo secolare l’etichetta prevedeva la scrupolosa separa-zione dei sessi con il quartiere femminile in posizione ritirata e isolata.

Dopo il matrimonio, celebrato il 6 gennaio 1636, Orazio e Maria furono accolti nel palazzo, e Ber-nardino Spada, in mancanza di spazi adeguati al rango elevato della giovane nobildonna, mise a dispo-sizione gli ambienti nobili del suo appartamento. Alla giovane coppia venne assegnata l’ala occidentale del palazzo al piano nobile, suddivisa in alcuni ambienti verso la piazza a nord destinati allo sposo, e in tre stanze con mezzanini lungo Vicolo del Polverone per la moglie, l’ultima delle quali servita dalla scala principale, sebbene – come scrisse molti anni più tardi, nel 1660, il Bernini in una perizia richiesta dal cardinale – fosse sconveniente che le camere dell’appartamento di una nobildonna aprissero sul ripiano della scala d’ingresso al palazzo4.

Non passarono pochi mesi che il cardinale, costretto a condividere con la giovane coppia gli ambien-ti del piano nobile, volle intraprendere le prime iniziative per espandere il palazzo. La pianta dell’edificio cinquecentesco si presentava sostanzialmente quadrata e delimitata da due vicoli laterali, con l’ala su Vicolo dell’Arco frammentaria per la coesistenza di diverse proprietà, e quella su Vicolo del Polverone con andamento obliquo e con una risega finale occupata da un giardino segreto. La soluzione più ovvia era occupare i vicoli adiacenti e incorporare i lotti minori confinanti.

Il 18 luglio 1636 fu ottenuta in concessione una parte di Vicolo dell’Arco lungo la quale fu intrapre-

Bernardino Spada si veda fondamentalmente a. KarSten, Kardinal Bernardino Spada. Eine Karriere im barocken Rom, Göttingen 2001. Sulle origini della famiglia si veda l’utile C. CaSanoVa, Gentilhuomini ecclesiastici ceti e mobilità sociale nelle Legazioni pontificie (secc. XVI-XVIII), Bologna 1999. Sulle strategie matrimoniali della famiglia che, sfruttando le alleanze create attraverso le donne, riuscì a percorrere un’ascesa sociale spettacolare, si vedano soprattutto C. CaSanoVa, Le donne come “risorsa”. Le politiche matrimoniali della famiglia Spada, in “Memoria”, 21, 1987, pp. 157-195; a. KarSten, L’ascesa di casa Spada. Il cardinale Bernardino Spada coordinatore della politica matrimoniale di una famiglia romana nel Seicento, in “Problemi e dimensioni della ricerca storica”, 2001, pp. 179-193. Su Orazio, figlio primogenito di Francesco, fratello scapestrato di Bernardino e Virgilio Spada, vedi D. butler, Orazio Spada and his architects. Amateurs and professionals in late-Seventeenth-Century Rome, in “JSAH”, 1994, n. 53, pp. 61-79; B. taVaSSi la GreCa, Orazio Spada e la Chiesa della SS. Annunziata a Castel Viscardo, Acquapendente 2004; A. paMpalone, La cappella della famiglia Spada nella Chiesa Nuova, testimonianze documentarie, Roma 1993. 4 Cfr. L. neppi, Palazzo Spada... cit., p. 284, appendice documentaria, doc. 44 : “Il Caval. Bernini ha concluso, che per bona architettura non si deve mai far riuscir le porte delle camere sopra la scala maestra e questo perché se le donne volessero introdurre alcuno in camera, o volessero uscir furtivamente sijno necessitate passar per la sala, che quando si facesse per haver un’uscita celata, bisogna procurarla per scale segrete, e non per la maestra […]”.

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sa la costruzione dell’avancorpo orientale sul giardino (Galleria). Questo primo ampliamento sarebbe servito a dare una degna sistemazione alla collezione del cardinale ampliata da nuove opere portate in dote dalla marchesa. Fu il primo passo per lo sviluppo del palazzo nella parte posteriore verso Via Giu-lia secondo un nuovo schema planimetrico a U che, assimilabile a quello delle ville suburbane, avrebbe reso possibile una suddivisione della residenza in unità separate.

Via Giulia, dopo le grandiose premesse di primo Cinquecento, era rimasta sostanzialmente ai mar-gini dello sviluppo urbanistico del rione e manteneva allora lungo il fiume un carattere quasi periferico con edilizia residenziale, alcune aree libere e i giardini dei palazzi maggiori che gli volgevano le spalle.

Nel 1641 la sorella nubile della marchesa, Giulia Veralli, prese in affitto una casa appartenente alle monache di Sant’Apollonia nell’isolato adiacente su Vicolo del Polverone. La nobildonna, essendo af-flitta da un handicap – “stroppia” – che la rendeva inadatta al matrimonio, era stata assegnata dal padre Giovan Battista, morto in quell’anno, come dama di compagnia alla sorella sposata, con la dotazione di una rendita annua di duecento scudi5.

Giulia si accollò le spese per la realizzazione di un ponte di legno sul vicolo per il collegamento con il quartiere privato della sorella nell’ala occidentale di palazzo Capodiferro. I lavori per la realizzazione del cavalcavia decorato con l’Arme di casa Spada, per l’accomodamento delle tre stanze al piano no-bile della casa delle monache e per la modifica di una finestra del palazzo per consentire, mediante tre scalini, il transito, furono condotti sotto la supervisione di Paolo Maruscelli, architetto del cardinale, e affidati a maestranze attive nel palazzo. Il “coritore in legname” fu eseguito dai fratelli Pietro Paolo e Giovanni Maria de Giorgetti, i soffitti delle nuove stanze incorporate furono dipinti da Luigi Mellini6. Giulia morì nel 1643 lasciando erede Maria, che subentrò a vita nel contratto di affitto della casa7. In quell’anno il vicolo fu sbarrato con una catena.

Le stanze di Giulia diedero respiro alle esigenze della marchesa e rappresentarono una soluzione per

5 Dopo la morte di Giovanni Battista Veralli, il cardinale Bernardino ordinò le regole da osservarsi tra le sorelle Giulia e Maria sopra le entrate di cui godevano e il contributo di Giulia alle spese domestiche, disponendo che ella avrebbe dovuto corrispondere un tanto per il vitto, per la carrozza e cosi via. Cfr. Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli (d’ora in poi ASR, FSV), vol. 488, c. 157.6 Per le misure e stime dei lavori eseguiti per il ponte su vicolo del Polverone e nelle stanze della casa di S. Apollonia si veda ASR, FSV, vol. 488, cc. 145-155: “Conti delle spese fatte dalla Sig.ra Giulia Veralli nel ponte di legno alla casa del Mon.ro di S. Apollonia a Capo di ferro per il transito nel palazzo del Sig.r Marchese Spada”. Alla c. 147 è la licenza concessa al cardinale Bernardino Spada dai maestri di strade Francesco Serlupi e Mario Verospi di Roma per la realizzazione del calvacavia che, citato nel testamento di Virgilio Spada del 1662, è ancora visibile nella pianta di Roma di Giovan Battista Falda del 1676 prima del suo smantellamento nel 1698.7 ASR, FSV, vol. 1133: “Memorie familiari”, c. non numerata.

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diversi anni. Man mano che la prole aumentava, Maria cominciò però a non nascondere al marito e allo zio cardinale il proprio malcontento per la mancanza di spazio e per i disagi causati dalla infelice ubica-zione degli ambienti in rapporto al palazzo. Per accontentare le richieste della nobildonna Bernardino Spada maturò gradualmente la decisione di ampliare il quartiere assegnatole nell’ala occidentale con l’aggiunta di nuove camere e il prolungamento in galleria del ripiano dello scalone d’onore. Soluzione che avrebbe migliorato anche l’accesso al salone principale relegato sul retro del palazzo – una ano-malia rispetto all’organizzazione funzionale dei palazzi romani – oltre a consentire il rimodellamento della rampa, troppo ripida per il cerimoniale cardinalizio, con lo spostamento in avanti dei gradini e la creazione di pianerottoli intermedi.

Il primo progetto, ASR, FSV, vol. 264, cc. 169-170 (fig. 2), che prevedeva l’incorporamento del Vi-colo della Catena (oggi del Polverone) così come era stato fatto precedentemente con il Vicolo dell’Ar-co, risale verosimilmente alla fine del 1647. Nell’ottobre di quell’anno, il cardinale fece chiudere con un cancello e uno “steccato di tavole” il vicolo, “a fine di poter in essa clausura introdurre e custodire calce, pozzolana, mattoni, legnami e cose simili per servizio de la fabbrica di alcune stanze, che pensavamo

Fig. 2 - F. borroMini. Studio per l’ampliamento di Palazzo Spada con la chiusura di Vicolo del Polverone eseguito su un rilievo di Paolo Maruscelli (dopo il 1647; disegno; ASR, FSV, vol. 264, foll. 169-170; da L. Neppi 1975).

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fare a canto a detto vicolo, quale fabrica speravamo di poter finire in tre o quattro mesi”8. I Cavalieri dell’Ordine Teutonico, proprietari di un palazzo confinante con la casa delle monache

di S. Apollonia, reclamarono però il diritto di accesso alla loro proprietà ottenendo il 24 febbraio 1648 l’abrogazione di quelle disposizioni e il consenso del cardinale a rimuovere i cancelli9. Bernardino fu costretto a ritardare l’impresa.

La morte di Paolo Maruscelli nel 1649 e la sua sostituzione con Francesco Borromini, significò l’avvio di una consistente campagna di lavori destinata a dare un nuovo volto alla residenza, che iniziata con la sistemazione della piazza antistante la facciata principale e con la realizzazione della galleria pro-spettica nel giardinetto segreto dell’ala est, si concluse con il ripensamento organico della sezione del palazzo compresa fra la parete interna del cortile cinquecentesco e il giardino su Via Giulia. L’obiettivo era adeguare la residenza alle più attuali esigenze di fasto di una corte cardinalizia con ambienti ceri-

moniali, gallerie, quartieri privati per i vari membri della famiglia compresi i gentiluomini, mezzanini per la servi-tù. Una delle questioni più spinose da risolvere era proprio la creazione di un nuovo appartamento indipenden-te lungo Vicolo del Polverone.

Il progetto sottoposto dall’archi-tetto – ASR, FSV, vol. 264, foll. 415, 418, 419 (fig. 3 ) – prevedeva il ridise-gno della parte posteriore del palazzo con due avancorpi simmetrici dispo-sti a creare una cour d’honneur cintata verso il giardino. La ristrutturazione dell’ala est contemplava l’aggiunta di nuovi ambienti a quelli costruiti nel 1636, mentre il prolungamento dell’ala ovest arrivava fino a Via Giulia con il

8 ASR, FSV, vol. 747, c. non numerata.9 ASR, FSV, vol. 264, cc. 154, 289, 291; vol. 362, c. 990. Il vicolo tuttavia restò chiuso, com’era prima, da una catena. Ancora nella pianta di G.B. Nolli (1748) il vicolo è denominato “strada della Catena”.

Fig. 3 - F. borroMini. Studio per la ristrutturazione di Palazzo Spada nella parte posteriore verso il giardino con il progetto irrealizzato per la nuova ala su Vicolo del Polverone, piano nobile (1650 circa; disegno; ASR, FSV, vol. 264, fol. 415; da L. Neppi 1975).

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tratto verso il giardino servito da una scala elicoidale circolare, il piano terreno destinato a scuderie e quello nobile risolto da una lunga sequenza di piccole stanze. La ridefinizione distributivo-funzionale degli interni intorno al blocco centrale mirava alla creazione di ali secondarie con appartamenti serviti da nuove scale e percorsi rappresentativi, secondo modelli organizzativi che provenienti dalla Francia avevano attecchito anche a Roma.

Il progetto di Borromini fu approvato solo per la parte riguardante la ristrutturazione della parte orientale del palazzo che venne avviata nel 1653. Mentre l’ipotesi per l’ala occidentale di un apparta-mento della marchesa allargato a nuovi ambienti sopra le stalle, forse destinati alle dame di compagnia, si rivelò inconciliabile con l’etichetta. L’odore di stalla non era certamente congeniale alle buone norme dell’abitare e alle nuove nascite. Maria dovette attendere ancora altri anni, rinchiusa nelle sue stanze, con il palazzo trasformato in un cantiere, tra il via vai delle maestranze e dei materiali da costruzio-ne. Quando il cardinale si assentava per le sue trasferte a Tivoli – come accadeva frequentemente – e Orazio soggiornava nella tenuta di Castelviscardo, il governo della casa era affidato a lei, affiancata dal maestro di casa, dai segretari e dai cugini del marito, Sigismondo e Nicola (figli di Giacomo Filippo, fratello maggiore di Virgilio e Bernardino), che vivevano anch’essi nel palazzo10.

Chiuso il cantiere di ristrutturazione dell’ala orientale si ricominciò a pensare all’ampliamento dell’ala occidentale.

Nel 1657 fu approvata la seconda proposta di Borromini per il nuovo corpo di fabbrica su Vicolo del Polverone – ASR, FSV, vol. 370, fol. 46 (fig. 4) – questa volta limitato in lunghezza allo sviluppo della corte posteriore, e collegato in testata a un grandioso scalone ovale verso il giardino, per nobiltà e dimensioni simile a quello realizzato a Palazzo Carpegna11. Rispetto al progetto del 1653 (ASR, FSV, vol. 264, fol. 415), dove il prolungamento del ripiano dello scalone nobile fino al filo della facciata posteriore era stato immaginato come una lunga galleria movimentata da nicchie semicircolari, qui era prevista anche la trasformazione della rampa. Quella originaria era troppo ripida e non rispondeva più alle esigenze di comodità e rappresentatività che nel Seicento erano diventate valori dominanti di un palazzo.

I lavori iniziarono nel giugno 165712. Durante gli scavi ci si imbatté in resti di strutture romane,

10 Su Nicola Spada, cavaliere dell’ordine di Santo Stefano e balì di Romagna, vedi M. tabarrini, Bernini e Borromini: consulenze per l’ampliamento di palazzo Medici Riccardi a Firenze, in M. Bevilacqua (a cura di), Architetti e costruttori del barocco in Toscana. Opere, tecniche, materiali, Roma 2010, pp. 132-157.11 Al progetto ASR, FSV, vol. 370, fol. 46, può essere associato il disegno autografo di Borromini, Albertina Az Rom 1038, finora attribuito al cantiere di palazzo Carpegna.12 L’inizio dell’opera di ampliamento della parte occidentale del palazzo verso il giardino viene qui retrodatato di 14 mesi (dall’agosto 1658

118 che furono disinvoltamente tagliate a forza di piccone, per ottenere un comodo e solido piano di fondazione per la costruzione13. L’opera fu sospesa appena quattro mesi dopo per motivi ricondu-cibili all’abbandono del cantiere da parte del Borromini, senza il quale le problematiche costruttive connesse alla realizzazione dello scalone si rendevano difficilmente risolvibili.

L’anno 1657 è stato ricordato dai biografi dell’architetto ticinese come l’anno ‘nero’ in cui si incri-narono anche i rapporti con gli Spada. Ai primi del 1658 è stata datata una lettera inviata al Righi nella quale il cardinale lamentava la defezione del Borromini: “Io ho bisogno d’un architetto; la fabbrica non sta bene così; desidero più lui solo, che tutti gli altri insieme”14.

Bernardino, dopo aver richiamato inutilmente Borromini, optò per un ridimensionamento del progetto, ritornando all’idea iniziale di una scala più piccola di forma circolare, affidandone l’esecu-zione a Francesco Righi: ripensamento progettuale che si collocherebbe fra la sospensione dei lavori

al giugno 1657) rispetto alla cronologia, finora accettata dagli studiosi, di L. neppi, Palazzo Spada... cit., pp. 173-174. Per la nuova datazione vedi ACR, Fondo Miscellanea Famiglie, Spada, vol. 16.13 La presenza di resti archeologici nel sito è stata ampiamente confermata dai numerosi ritrovamenti verificatisi a partire dal 1996 in occasione dei lavori eseguiti a Palazzo Spada su direzione di Mario Lolli Ghetti. 14 ASR, FSV, vol. 264, p. 298.

Fig. 4 - F. riGHi (?) per F. borroMini. Progetto approvato per l’ampliamento dell’ala occidentale di Palazzo Spada con un grande scalone ovale irrealizzato su Vicolo del Polverone e con la prima trasformazione dello scalone d’onore (1657; disegno; ASR, FSV, vol. 370, fol. 46; da L. Neppi 1975).

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(8 dicembre 1657) e la loro ripresa ben otto mesi dopo (12 agosto 1658).I lavori ripresero con sporadiche apparizioni di Borromini nel cantiere, seguendo un nuovo disegno

corrispondente a quello realizzato, ovvero un nuovo corpo di fabbrica articolato su più piani compresa una sopraelevazione sopra il cornicione terminale (fig. 5)15.

Come è noto, nell’arco di due anni (1658-1660), lo scalone d’onore fu trasformato per ben due vol-te. Il primo rifacimento, eseguito secondo il progetto di Borromini del 1657 (ASR, FSV, vol. 370, fol. 46), consistette nell’aggiunta di una campata al ripiano per il prolungamento dell’unica rampa con l’inse-rimento di un pianerottolo prima degli ultimi tre gradini che furono smontati e spostati più avanti. Non soddisfatto della soluzione posta in opera, il cardinale ordinò la seconda trasformazione consistente nell’aggiunta di un’altra campata alla galleria per la suddivisione dello scalone in due rampe più comode e per la diminuzione delle alzate dei gradini16. Il secondo rifacimento, essendo divenuto irreperibile

15 Per il progetto realizzato vedi la Pianta dell’appartamento B del palazzo allegata al testamento di Virgilio Spada (ASR, Ospedale di S. Spirito, Notaio Sebastianus Sebenicus, vol. 343, anno 1662, c. 542, pp. 84-85).16 Questa nuova configurazione si conservò fino al 1930 allorché, per adeguamento funzionale del palazzo a sede del Consiglio di Stato, la

Fig. 5 - Pianta dell’ala occidentale di Palazzo Spada dopo l’ampliamento intrapreso nel 1657, in allegato all’ultimo testamento di Virgilio Spada (1662; disegno; ASR, Ospedale di S. Spirito, notaio Sebastianus Sebenicus, vol. 343, c. 542, appartamento ‘B’ al piano nobile). Si nota l’assenza dei pilastri nella scala circolare.

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Borromini, fu avviato nel 1660 senza un disegno prefissato, provando e riprovando tra i continui ripen-samenti del cardinale che infine decise di consultarsi con Vincenzo Della Greca e Gianlorenzo Bernini. Quest’ultimo sembra avere assunto un ruolo decisivo perché in una lettera del cardinale leggiamo che essendosi finalmente concertato con Bernini di dividere la scala in due “branchi” con un ripiano nel mezzo, il Cavaliere “prese in mano uno dei disegni schizzati dal Righi, e lo ridusse col toccalapis à la grossa nella forma proposta da lui”17. I fogli ASR, FSV, vol. 370, foll. n. 44, 45, fino ad oggi identificati come progetto di Francesco Righi per la seconda trasformazione dello scalone d’onore, mostrerebbero quindi il ridisegno o la messa in pulito dell’alzato e pianta dello scalone con le rettifiche concordate dal cardinale con Bernini. A conferma della nostra ipotesi, si osserva nel fol. 45, lo schizzo di un occhio posto ad altezza umana nel ripiano d’ingresso al piano (fig. 6). Il controllo visivo della pendenza della rampa e dell’intera composizione rinvia proprio a criteri progettuali berniniani.

Se nel secondo rifacimento dello scalone d’onore fu Bernini a rivedere quanto fatto da Borromini, nella realizzazione della scala elicoidale su Vicolo del Polverone è possibile riconoscere l’intervento

rampa fu nuovamente accorciata e riportata all’incirca alla pendenza originaria. Il recente restauro, diretto da Mario Lolli Ghetti per conto della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Roma, ha recuperato parti originarie borrominiane. 17 ASR, FSV, vol. 569, lettera di Bernardino Spada a Nicola Bali, Tivoli 20 agosto 1660. Nicola, nipote prediletto di Bernardino Spada che lo volle accanto a sé fino alla morte, risiedeva a Roma a Palazzo Capodiferro dove, in assenza dello zio a Tivoli, e del cugino Orazio, si ritrovò nell’estate 1660 a sorvegliare una fase cruciale dei lavori di ristrutturazione e ampliamento dell’ala occidentale dell’edificio avviati nel 1657. In particolare quella coincidente con la seconda trasformazione definitiva dello scalone d’onore cinquecentesco.

Fig. 6 - F. riGHi. Progetto per il secondo prolungamento dello scalone d’onore di Palazzo Spada con le rettifiche suggerite da G. L. Bernini per l’estensione della rampa su due campate della galleria, sezione (1660; disegno; ASR, FSV, vol. 370, fol. 45).

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risolutivo dell’architetto Vincenzo della Greca (1592-1661) (fig. 7). La costruzione della scala fu avviata nel 1660 secondo un modello a rampa libera autoportan-te con il vuoto nel mezzo. Il crollo di quaranta scalini che non erano stati opportunamente incastrati dal ca-pomastro nella muraglia d’ambito costrinse a una rapida modifica strutturale con l’aggiunta di quattro pilastri di rinforzo nel pozzo.

Fu molto probabilmente Vincenzo Della Greca, che depose dinanzi al Tribunale contro il capomastro Anto-nio Fontana per la caduta della scala in qualità di perito18, a suggerire al cardinale una soluzione costruttiva sicura, che sembra essere stata desunta da un’illustrazione di Le due regole della prospettiva pratica di J. Barozzi da Vignola nell’edizione commentata da Egnatio Danti (1583). Il frate domenicano aveva aggiunto all’opera vignolesca un’appendice sulle scale elicoidali illustrata con “due esempi delle scale a lumaca doppie”, una delle quali somiglia in modo sorprendente, benché doppia, a quella di palazzo Spada, sia per il nocciolo pilastrato, sia per il parapetto funzionante come costola sinusoidale verticale formata dall’incastro sovrapposto dei singoli elementi a gradino (fig. 8).

L’assiduità di Vincenzo della Greca con il testo di Vignola è verificata dalla sua attività di docente all’Accademia di San Luca. L’architetto nell’aprile 1636 era stato prescelto “per istruire i giovani nella architettura civile e militare” e nel 1638 era stato tra i candidati alla nomina di principe. All’inizio del 1641, forse per interessamento dei suoi stessi allievi, aveva raccolto le sue lezioni accademiche nel Li-bro di architettura civile e militare, opera del quale si conoscono due esemplari manoscritti e illustrati con disegni autografi. Il primo, rinvenuto da Helmut Lorenz nelle collezioni del principe del Liechtenstein a Schloss Vaduz; il secondo, acquistato dal noto storico dell’arte Anthony Blunt nel 1970 sul mer-cato antiquario di Londra e confluito in eredità dopo la sua morte nel 1984 al Courtauld Institute di

18 Per la deposizione di Vincenzo Della Greca e dello scalpellino Alessandro Buzzi vedi ASR, FSV, vol. 400, n. 218. Gli scalini non erano stati murati “nella maggior circonferenza e quelli messi a secco sino a cima cioè dalli quattro vani che sono attorno al pozzo di detta scala essendo cosa certa che quando li scalini a lumacha non si murano attorno quando hanno il pozzo in mezzo non possono stare in opera per tanto essendo questa la verità dichiariamo la colpa venire del muratore il quale è tenuto a tutti li danni et in fede habbiamo sottoscritta la presente di nostra propria mano questo dì 28 di marzo 1661”.

Fig. 7 - Roma, Palazzo Spada. Veduta della scala circolare nell’ala ovest su Vicolo del Polverone.

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Londra19. Della Greca intese mettere a disposizione degli allievi un ma-nuale facile per l’apprendimento del mestiere basato su pochi essenziali precetti e sull’elencazione degli exempla maiores. Nella sostanza, un’opera che compendiava una guida breve alla conoscenza degli ordini architet-tonici desunta dal codice vignolesco, un formulario del costruire e delle tecniche più invalse nonché una sorta di catalogo delle tipologie e dei migliori esempi da imitare, tra i quali spiccava una casistica di scale mo-numentali. I due scaloni di palazzo Barberini appena realizzati erano già assunti come modelli per l’insegnamento, sebbene apprezzati soprattutto per l’intrinseca qualità delle strutture con una sorta di indifferenza nei confronti della loro risoluzione formale.

Bernardino Spada scelse di avvalersi di Vincenzo Della Greca che evidentemente vantava una competenza in materia. La scala a chiocciola su Vicolo del Polverone fu ricostruita senza indulgere nella risoluzione estetica, irrigidita da una vera e propria intelaiatura metallica murata nella gabbia strutturale composta di “ferri”, “sprangoni” e “grapponi” disposti prevalentemente sopra gli archi delle porte e delle finestre ad ammorsare i lastroni dei ripiani e gli scalini “lumacati”.

L’opera compiuta, mitizzata dalla critica per la nuda costruttività come invenzione borrominiana, viene così riportata, in base ai docu-menti, a un architetto scarsamente interessato alle problematiche dello stile, appartenente a quel gruppo di artefici che sono stati identificati come the other side of the medal, rappresentanti di una tendenza moderata e ragionevole dell’architettura romana che in sostanziale parallelismo con il trionfo dell’innovazione barocca, proseguono nel Seicento una tradi-zione di forme tardocinquecentesche20.

La biografia di Della Greca basata sulla vite di Baglione (1566-1643)21

19 Su Vincenzo della Greca trattatista vedi M. tabarrini, Scienza e tecnica delle acque a Roma nel Seicento. Con un trattato inedito di Vincenzo Della Greca architetto Camerale e docente dell’Accademia di San Luca, Roma, Poligrafico dello Stato, in corso di stampa. Il volume comprende anche una scheda biografica dell’architetto con l’elenco delle opere.20a. blunt, Roman Baroque Architecture: the other side of the medal, in “Art History”, 3, 1980, pp. 60-71. 21 G. baGlione, Le vite de’ pittori scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Roma 1642, pp. 106, 109.

Fig. 8 - e. danti. Schema costruttivo di scala ‘lumaca’ doppia con sostegni intermedi pilastrati (da J. Barozzi da Vignola, Le due regole…1583, p. 143; scala contrassegnata con la lettera ‘Z’).

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e la documentazione d’archivio che lo riguarda ci tramandano un curriculum di architetto pratico che, immerso in mille incombenze professionali, veniva spesso chiamato a dirimere controversie costrutti-ve, a partecipare in commissioni, a fornire pareri e consulenze di tipo tecnico. Pur rimanendo figura di medio profilo, egli godeva della fiducia e del rispetto dei committenti che in lui riconoscevano un profes-sionista affidabile, capace di risolvere la stagnazione di un cantiere, di affrontare le più complesse que-stioni costruttive e tipologiche, di approntare rapide ed efficaci soluzioni progettuali. Una fiducia garan-tita evidentemente dalle conoscenze acquisite anche in campo teorico.

L’appartamento per Maria VeralliIl libro di cantiere rivenuto all’Archivio Capi-

tolino chiarisce la funzione del nuovo corpo edili-zio realizzato su Vicolo del Polverone come nuovo appartamento della marchesa, organizzato confor-memente agli standard previsti a quell’epoca per il quartiere riservato a una nobildonna all’interno di un grande palazzo (figg. 9-10). L’appartamento do-veva comprendere una scala nobile indipendente e le stanze riservate alle dame normalmente locate in un attico o mezzanino, vicine a quelle della padrona ma allo stesso tempo appartate e isolate dal resto del palazzo; in quanto porzione individuale poteva avere cucine e rimesse separate22.

I modelli alti da seguire erano gli appartamenti di

22 Sulle raccomandazioni generali prescritte dai manuali dell’epoca riguardanti l’etichetta e l’amministrazione domestica in una casa cardinalizia o principesca, cfr. p. a. Waddy, Seventeenth-Century roman palaces. Use and the art of the plan, New York 1990. Si veda in particolare “Part I: Anatomy of a Palace. Chapter Three: Noblewomen”, pp. 25-30.

Fig. 10 - Roma, Palazzo Spada. Avancorpo occidentale verso il giardino.

Fig. 9 - Palazzo Spada, pianta del piano nobile (da L. Neppi 1975). L’ampliamento dell’ala occidentale su Vicolo del Polverone è evidenziato in grigio.

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Anna Colonna in palazzo Barberini, e di donna Olimpia a palazzo Pamphilj, residenze nobiliari dove Borromini aveva avuto modo di lavorare.

Il funzionamento previsto per il nuovo or-ganismo realizzato a palazzo Spada era artico-lato su sette livelli serviti su Vicolo del Polve-rone dalla nuova scala elicoidale e organizzati in modo da assicurare la privacy della Veralli e del suo seguito di dame e servitù: cucine e can-tine al piano sotterraneo, tinello, lavatore, stan-ze e un ingresso al piano terreno, le stanze con mezzanini della marchesa al piano nobile facil-mente raggiungibili da quelle del marito Orazio disposte verso la piazza a nord, le stanze delle donne al secondo piano nobile, e infine la guar-daroba al piano attico associata a una loggia e alla sopraelevazione delle stanze vecchie verso nord. La nuova scala nobile avrebbe assicurato la discesa riservata alle donne nel giardino e nel-la corte posteriore raggiungibile dalle carrozze attraverso un nuovo accesso su Vicolo del Pol-

verone (fig. 12). Per il passaggio all’ala orientale la servitù avrebbe utilizzato il nuovo ballatoio pensile sovrapposto alla facciata posteriore del palazzo (fig. 11).

Maria Veralli sollecitò l’andamento dei lavori, lamentandone spesso i disagi provocati all’abitabilità, come testimonia lo scambio epistolare con il cardinale Bernardino che trascorreva negli ultimi anni molto tempo nella villa di Tivoli, e con il marito Orazio che faceva altrettanto nella residenza di Ca-stelviscardo. Completata l’opera, un ripensamento del cardinale sulla destinazione dei nuovi ambienti dell’ultimo piano del palazzo fece nascere qualche frizione con la marchesa che vedeva prevalere altre esigenze, come era già accaduto in passato. Una lettera inviata dalla nobildonna al cardinale il 30 giugno 1661 ci consente di cogliere appieno la natura dei rapporti e i principali tratti del suo carattere fiero e passionale23. L’eccitata protesta della donna contro l’improvvisa decisione del cardinale di far sgombra-

23 ASR, FSV, vol. 619, 30 giugno 1661 lettera di Maria Veralli a Roma indirizzata a Bernardino Spada a Tivoli.

Fig. 11 - F. riGHi per F. borroMini. Studio per il ballatoio sulla facciata posteriore di Palazzo Spada (dopo il 1653; disegno; Vienna, Alb. Azx 6v).

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re la loggia della nuova guardarobba per convertirla in camere da destinare ai gentiluomini forestieri, terminava così: “Se bene io la mia volontà ho fatta fare sempre a modo de’ altri [...] honde stava aspet-tando novamente lì ordini di V. E. [...] ma non vorrei che me facerà come altre volte che doppo che sono partita dava ordini al Mastro di Casa”. Egli rispose: “Signora nipote mia carissima, tra V. S. e me non ci sarà mai niente di guasto, perchè dove V. S. non si sentirà di far a modo mio, io farò a modo suo”.

La donna aveva cresciuto la numerosa prole – dodici figli, l’ultimo nato nel 1657 – nel palazzo tra il via vai delle maestranze e degli architetti, sotto l’occhio attento e compiaciuto del prelato, che amava vedersi circondato da una schiera di nipoti e partecipare della loro educazione.

Man mano che i ragazzi più grandi raggiunsero l’adolescenza, la centralità di Maria e il suo ruolo di mediatrice delle tensioni familiari si fecero sempre più importanti. Come ha spiegato Renata Ago nei suoi studi sulla struttura della società pontificia e sulla particolare configurazione dei rapporti familiari nelle casate prelatizie, era l’ecclesiastico ad essere il capofamiglia, e non suo fratello sposato e con figli. Si stabiliva così un asse privilegiato di relazioni tra la dama e l’ecclesiastico. Maria era molto partecipe degli affari di Bernardino, ma soprattutto si consigliava con lui per quel che riguardava tutte le faccende domestiche, compreso l’ampliamento e ristrutturazione del palazzo. Il caso romano di Maria Veralli può essere assunto come un punto di osservazione più generale per valutare l’incidenza delle donne dell’ari-stocrazia nel modo di influenzare l’identità, le strategie e gli stessi indirizzi culturali delle casate24.

Il 10 novembre 1661, Bernardino spirò. Il 2 dicembre lo seguì Vincenzo della Greca. Virgilio Spada sopravvisse al fratello per poco più di un anno, nel corso del quale si preoccupò di provvedere alla sud-divisione del palazzo in tre appartamenti, tenendo conto delle esigenze di tutti i discendenti. Egli ripen-sò una nuova destinazione per l’appartamento su Vicolo del Polverone, avendo riservato quello prin-cipale alla famiglia del nipote Orazio. L’ala occidentale del palazzo, compreso l’appartamento appena ultimato originariamente destinato alla marchesa e le stanze della casa di S. Apollonia, venne assegnata ai discendenti prelati di Giacomo Filippo, a cominciare dal nipote Sigismondo che aveva occupato fino ad allora l’appartamento al piano terreno sul fianco sinistro del palazzo.

24 La figura di Maria Veralli, come buona madre e padrona di casa, è emersa grazie ai contributi di r. aGo, Carriere e clientele nella Roma Barocca, Bari 1990, pp. 68-70; r. aGo, Maria Spada Veralli, la buona moglie, in G. CalVi (a cura di), Barocco al femminile, Roma-Bari 1992, pp. 51-70; R. aGo, Giochi di squadra. Uomini e donne nelle famiglie nobili del XVII secolo, in M.A. ViSCeGlia (a cura di), Signori, patrizi, cavalieri in Italia centro-meridionale nell’età moderna, Roma-Bari 1992, pp. 256-264. Per il ritratto della marchesa con i suoi figli cfr. M. L. ViCini, La famiglia Spada Veralli. Ritratto della marchesa Maria Veralli e di cinque suoi figli, Roma 1999.

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Fig. 12 - A. SpeCCHi. Veduta di Palazzo Spada con la facciata laterale su vicolo del Polverone (1690; acquaforte). Al “tratto” l’ampliamento seicentesco (evidenziato in grigio il blocco cinquecentesco).