Archeologia urbana a Spoleto. Lo scavo di Palazzo Pianciani

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RICERCHE

E. Destefanis, ...quandam curtem Bremedo...: prime considerazioni sugli antefatti del monastero di S. Pietro di Breme (PV) ........................................................

V. Chiaraluce, Il teatro romano e la cinta muraria altomedievale di Todi. Una rilettura alla luce delle nuove acquisizioni ....................................................................

G. Faustini, La chiesa di San Silvestro presso Fornole: un caso di recupero dell’altura nel medioevo ...............................................................................................

D. Nuzzo - M.R. Depalo - S. Airò, Archeologia urbana nella “Cittadella nicolaia-na” di Bari. Nuovi dati dal riesame delle indagini degli anni Ottanta nell’area del pretorio bizantino .......................................................................................

M. Voltaggio, Hagia Polis Hierosolyma. Birth and Development of Jerusalem Christian Topography ...................................................................................

IL DUCATO DI SPOLETO

C. Angelelli - S. Buonaguro - S. Zampolini Faustini, Archeologia urbana a Spoleto. Lo scavo di Palazzo Pianciani ....................................................

NOTE E DISCUSSIONI

A. Adrian,Le chancel de Saint-Pierre-aux-Nonnains à Metz: étude et restauration ....

M.L. Casati, Frammenti altomedievali dalla chiesa di San Fedele nelle collezioni civi-che di Como ..............................................................................................

D. Anedda, La collezione Carrand al Museo del Bargello: le placchette eburnee della Sala Islamica .............................................................................................

D. Stiaffini, Le recenti scoperte archeologiche di Pisa e i riflessi sullo studio diacronico dei manufatti vitrei in uso durante il medioevo ................................................

INDICE

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P. Guerrini,Le iscrizioni del Tetramorfo di Foce (Amelia - TR). Addenda alle IMAI, II, Umbria – Terni ...................................................................................

M. Zegretti, Su due chiese poco note dell’estremo suburbio orientale di Roma: San Gennaro, Santi Nicandro, Eleuterio e Andrea .............................................

RECENSIONI

Dal cantiere dei Ss. Quattro Coronati a Roma. Note di storia e restauro per Giovanni Carbonara, a cura di Lia Barelli e Raffaele Pugliese, Roma, 2012 (L. Ermini Pani), p. 219; Paesaggi, comunità, villaggi medievali. Atti del Convegno internazionale di studio (Bologna, 14-16 gennaio 2010), a cura di P. Galetti, Spoleto, 2012 (L. Ermini Pani), p. 224; Ivan Rainini, Antiqua spolia. Reimpieghi di epoca romana nell’architettura sacra medievale del Maceratese, Macerata, 2011 (P. Pensabene), p. 227.

RASSEGNA ................................................................................................

A cura di G.M. Annoscia (ceramica), O. Bucarelli (epigrafia), P. Guerrini (metalli), M.C. Som-ma, F. R. Stasolla.La rassegna di Archeologia e Moneta è a cura di E. A. Arslan

ABSTRACT ...............................................................................................

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indiceVI

I L D U C A T O D I S P O L E T O

Archeologia urbana a Spoleto. Lo scavo di Palazzo Pianciani

Le opere di scavo connesse con il progetto di restauro e consolidamento statico di Palazzo Pianciani in Spoleto1 hanno fornito l’occasione per condurre indagini archeologiche su buona parte dell’area occupata dal complesso, ubicato in pieno centro storico e articolato su più livelli, disposti su terrazze ricavate nella roccia naturale del colle2.

Il palazzo, che si estende sull’intera superficie dell’isolato delimitato da via Tobagi, piazza e vicolo Pianciani e piazza Clementi, è il risultato della fusione, avvenuta fra XVI e XVIII secolo, di diverse unità immobiliari, alcune delle quali documentate sin dall’età tardomedievale3 e a loro volta – come si vedrà in dettaglio – sovrapposte a preesistenze, data la posizione dell’edificio, che si colloca in posizione centrale rispetto al perimetro murario di epoca romana (Fig. 1) e dunque in un’area precocemente urbanizzata4.

Considerato l’elevato rischio archeologico, tutte le operazioni di scavo previste dal progetto sono state – come da prassi – sottoposte a sorveglianza, allo scopo di constatare l’eventuale presenza e la consistenza di strutture e stratigrafie antiche. L’indagine ha interessato, oltre alla quasi totalità degli ambienti siti al piano terra dell’edificio, anche parte dei vani del secondo e terzo livello, poggianti direttamente sul ban-co geologico, usualmente definito “tassello”.

Come ampiamente previsto, lo scavo archeologico ha portato in luce una sequenza stratigrafica molto articolata, con testimonianze riferibili ad un range cronologico compreso fra epoca romana e contemporanea5 (Fig. 2).

1. Esprimiamo tutta la nostra gratitudine alla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, nelle persone della dott.ssa Liliana Costamagna, direttore archeologo responsabile per l’area di Spoleto, e della dott.ssa Mariarosaria Salvatore (già Soprintenden-te per i Beni Archeologici dell’Umbria), sia per la fiducia accordata a chi scrive nella sorveglianza ed esecuzione dei lavori di scavo, sia per il consenso allo pubblicazione dei dati. Un sincero ringraziamento va anche alla prof.ssa Letizia Ermini Pani, che avendo seguito con vivo interesse e fin dalle prime fasi lo svolgimento delle indagini archeologiche a Palazzo Pianciani, ci ha invitato a presentarne i risultati in questa sede. Desideriamo inoltre ringraziare la Banca Popolare di Spoleto, committente dell’intervento, che ha interamente sostenuto l’onere economico della ricerca e dei restauri archeologici, e, non ultimo, la Ditta Ediltecnica S.p.A. per il supporto tecnico fornito durante l’esecuzione dei lavori. Precisiamo infine che il testo del presente articolo attinge ampiamente, pur se con adattamenti ed integrazioni, al contributo da noi pubblicato nel recentissimo volume miscellaneo edito nel luglio 2010 dalla Fondazione Banca Popolare di Spoleto per celebrare la riapertura del palazzo al termine della quinquennale campagna di restauri: C. Angelelli - S. Buonaguro - S. Zampolini Faustini, L’area del palazzo tra epoca romana e altomedievale, in Palazzo Pianciani. Storia del restauro, Spoleto, 2010, pp. 345-384.

2. Gli scavi, eseguiti tra il settembre 2005 e l’agosto 2007 sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeo-logici dell’Umbria e in accordo con la Soprintendenza per i Beni Architettonici competente, si sono svolti con l’assistenza e sotto la sorveglianza degli scriventi (per conto di Alpha – Servizi per i Beni Culturali di C. Angelelli & C. s.n.c. di Terni), che sono anche gli autori della documentazione grafica e fotografica (salvo diversa indicazione).

3. Cenni in proposito si ritrovano nel contributo di B. Gori - G. Guerrini, Storia di un’indagine. Il“rilievo critico” e i documenti d’ar-chivio, in Palazzo Pianciani 2010 (nota 1), pp. 37-88, nel quale tuttavia gli Autori non hanno preso in considerazione le testimonianze strutturali portate in luce nel corso dei recenti scavi.

4. Sui numerosi rinvenimenti di strutture e materiale di età romana nelle adiacenze del palazzo v. C. Pietrangeli, Spoletium,Spoleto, 1939, pp. 64-66; L. Di Marco, Spoletium. Topografia e urbanistica, Spoleto, 1975, pp. 61-62; A. Morigi, Spoleto Romana. Topografia e Urbanistica, London, 2003 (BAR, Int. Ser. 1146), pp. 105-109, nn. 57-61; nn. 79-81, con bibl. prec.). Per i resti recentemente riportati in luce sotto la chiesa di S. Filippo Neri cfr. C. Angelelli - S. Buonaguro - S. Zampolini Faustini, Frammenti musivi inediti di epoca romana da Spoleto, in Atti del XIV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM), (Spoleto, 7-9 febbraio 2008), a cura di C. Angelelli, Tivoli, 2009, pp. 169-178, e, da ultimo, L. Costamagna, Il sito di Palazzo Pianciani nel quadro della topografia di Spoleto romana e tardoantica, in Palazzo Pianciani 2010 (nota 1), pp. 367-388.

5. C. Angelelli - S. Buonaguro - S. Zampolini Faustini, Il mosaico di Palazzo Pianciani a Spoleto, in Atti del XIV Colloquio AISCOM (nota 4), pp. 3-15; Angelelli - Buonaguro - Zampolini Faustini 2009 (nota 4), pp. 171-173; C. Angelelli - A. Scaleggi - S. Zampolini Faustini, Il restauro del mosaico di Palazzo Pianciani a Spoleto, in Atti del XV Colloquio dell’Associazione per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM), (Aquileia, 4-7 febbraio 2009), a cura di C. Angelelli - C. Salvetti, Tivoli, 2010, pp. 255-263.

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Fig. 1 - Carta archeologica di Spoleto, aggiornamento 2010: nel riquadro il sito di Palazzo Pianciani, da Costamagna 2010 (nota 4).

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I dati emersi dalle recenti indagini sono risultati di grande interesse, in primo luogo per l’individua-zione delle diverse fasi edilizie del palazzo, sul quale si possedevano finora notizie scarse e consistenti perlopiù in brevi cenni descrittivi relativi alla fase settecentesca, in cui il complesso ricevette il suo assetto definitivo6. E’ stato infatti possibile integrare con nuovi dati quanto già emerso nel corso delle indagini preliminari condotte sugli elevati del palazzo, che – attraverso l’esecuzione di un rilievo critico – avevano enucleato, nel complesso, l’esistenza di almeno tre grandi fasi costruttive. Il primo nucleo della residenza, precedente alla creazione del palazzo, era costituito da una serie di case-torri medievali (individuate al pianterreno e/o ai livelli superiori del complesso, in corrispondenza degli ambienti 39-44 e 2-4) ed altre unità abitative – databili, per caratteri costruttivi, ai secoli XV-XVI – disposti intorno ad uno spazio centrale non edificato7. Un primo intervento di riassetto edilizio si ebbe in occasione dell’acquisizione dell’area da parte della famiglia Pianciani, avvenuta nel XVI secolo. In questa fase le costruzioni preesistenti (soprattutto quelle lungo il margine SO dell’isolato) vennero unificate con la

6. A. Sansi, Memorie aggiunte alla storia del Comune di Spoleto, Foligno, 1886, pp. 107, 138; B. Leonetti Luparini, Case di antiche famiglie spoletine, Spoleto, 1922 (Atti dell’Accademia Spoletina, CCCCXLV), pp. 136-137; B. Toscano, Spoleto in pietre, Spoleto, 1963, pp. 93-94; L’Umbria. Manuali per il territorio. Spoleto, Roma, 1978, p. 225; V. Rinaldi, Il volto della città dal Settecento alla Restaurazione, in Spoleto. Argomenti di storia urbana, a cura di G. De Angelis d’Ossat - B. Toscano, Cinisello Balsamo, 1985, pp. 131-160, in part. p. 136.

7. Gori - Guerrieri 2010 (nota 2), pp. 56-59, in part. fig. 28.

Fig. 2 - Pianta finale di scavo con indicazione degli ambienti oggetto di indagine, rielaborazione da Costamagna 2010 (nota 4).

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creazione di aperture e modificate staticamente con l’inserimento di volte a padiglione, mentre il tratto est del prospetto su via Tobagi e quello su piazza Clementi furono riorganizzati con l’inserimento di un doppio ordine di finestre. Al primo livello fu inoltre creato un appartamento “nobile”, con cami-no decorato dallo stemma Pianciani ed elementi architettonici scolpiti in pietra caciolfa, questi ultimi presenti anche nei vani del secondo livello. In questo periodo il complesso, che iniziava a strutturarsi in modo più organico all’interno dell’isolato, continuò a mantenere ancora l’assetto originario, con gli edifici disposti intorno ad una corte centrale (caratterizzata da un percorso di collegamento interno in posizione assiale) su cui si affacciavano prospetti decorati con intonaco graffito, caratteristici dell’archi-tettura spoletina del Cinquecento8.

Alla seconda fase edilizia, il cui assetto è ancora ben visibile in una veduta di Spoleto del 1636 (Fig. 3)9,appartengono verosimilmente anche i livelli pavimentali ed una parte cospicua dei resti murari (perlopiù rasati fin sotto la quota di spiccato) rimessi in luce nel corso dei recenti scavi all’interno degli ambienti 1-4, 45/46 e 51 (Fig. 4), riconducibili a vani presumibilmente con destinazione funzionale e/o di passag-gio (come sembrerebbe indicato anche dalla presenza del piano di calpestio in ciottoli e laterizi: Fig. 5, a), in relazione ad una fontana-cisterna ipogea, forse preesistente, accessibile tramite una rampa (Fig. 5, b)10.

Oltre a fornire puntuali dati sulle fasi edilizie del palazzo, le indagini archeologiche si sono rivelate di fondamentale importanza per la ricostruzione dello sviluppo storico ed urbanistico di questa parte della città fra epoca romana e medioevo. Di tali risultati, presentati in senso diacronico ed articolati per settori di scavo, viene dato conto in dettaglio nei paragrafi che seguono.

8. Gori - Guerrieri 2010 (nota 2), pp. 60-68, in part. fig. 33.9. Contenuta in un dipinto ad olio su tela conservato a Palazzo Comunale e raffigurante l’accoglienza della cittadinanza spoletina

a papa Leone III: Gori - Guerrieri 2010 (nota 2), pp. 46-47, figg. 13a-b.10. Sull’importanza della presenza idrica in rapporto alla continuità di vita dell’isolato cfr. Costamagna 2010 (nota 4), pp. 363-364

che, diversamente da quanto sopra ipotizzato, suggerisce di identificare nel livello pavimentale in ciottoli e laterizi un tratto di strada pubblica inglobato nel palazzo nel corso della ristrutturazione settecentesca.

Fig. 3 – Dettaglio del dipinto su tela (1636) conservato nel Palazzo Comunale, da La Cattedrale di Spoleto (nota 36). In evidenza il nucleo di Palazzo Pianciani prima delle modifiche settecentesche.

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1. L’età romana

Riveste un certo interesse su un piano topografico più generale il rinvenimento, all’interno dei vani 10 e 12 (Figg. 2, 6), di un largo e profondo canale, orientato NO-SE, obliterato da un riempimento in-tenzionale di terra mista a materiali databili entro il I secolo d.C. L’infrastruttura (una cloaca?), ricavata nel banco geologico di “tassello” e con andamento parallelo a quello dell’asse stradale di formazione preromana che costituiva il raccordo fra il cardo maximus e Porta Fuga (Fig. 1)11, può forse essere rife-rita – benché in via del tutto ipotetica – al sistema pubblico di drenaggio realizzato durante la fase di riqualificazione urbanistica successiva all’elezione di Spoleto a municipium (90 a.C.), se non ad una fase precedente12.

In molti degli ambienti indagati nella porzione orientale dell’isolato odierno sono stati inoltre portati in luce, a quote diverse, cospicui resti pertinenti ad un esteso complesso edilizio di tipo residenziale pri-vato (una domus) articolato in due distinti settori: il primo, individuato nei due cortili interni denominati B e C, ubicati rispettivamente al primo e al secondo livello del palazzo; il secondo, nei vani a pianterreno prospicienti su via Tobagi, indicati in pianta con i numeri dal 34 al 38 (Fig. 2).

11. Morigi 2003 (nota 4), pp. 128-129, X.12. Costamagna 2010 (nota 4), p. 364.

Fig. 4 – Pianta delle strutture individuate negli ambienti a pianterreno del palazzo (vani 1, 45/46,51). In evidenza la fase di età moderna (XV-XVI secolo).

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Fig. 5, a – Strutture di età moderna (XV-XVI secolo) individuate negli ambienti a pianterreno del palazzo (vano 1).

Fig. 5, b – Strutture di età moderna (XV-XVI secolo) individuate negli ambienti a pianterreno del palazzo (vano 1).

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La frammentarietà delle strutture murarie e dei piani pavimentali rinvenuti all’interno del Cortile B (Fig. 7), fortemente compromessi dagli interventi edilizi succedutisi nel corso dei secoli, non permette una attendibile ricostruzione della planimetria di questo settore dell’edificio, interessato da diverse fasi costruttive databili tra la prima età imperiale e l’epoca tardoantica.

All’impianto originario appartengono un lungo tratto di muro, orientato NE-SO, con paramento in blocchetti di calcare – sul quale si fondano le strutture più recenti che delimitano l’area sul lato meridio-nale – ed un ulteriore lacerto murario perpendicolare al primo, che definiscono su due lati un ambiente pavimentato in tessellato.

Il mosaico13, piuttosto lacunoso, si estende in corrispondenza dell’angolo SO del cortile, per una superficie massima di circa m 4 x 2; della superficie pavimentale si conservano in tutto cinque tratti di tessellato bicromo con decorazione geometrica, allettato sullo stesso strato preparatorio (affiorante delle lacune e ben visibile in sezione), costituito da una gettata di cementizio a base fittile (“cocciopesto”), a sua volta sovrapposto ad uno strato di ciottoli sistemato sul banco geologico appositamente regolarizzato (Fig. 8). Il campo, inquadrato da una larga cornice perimetrale di tessere nere in ordito obliquo e da fa-scette alternatamente bianche e nere in ordito dritto, è decorato con una scacchiera diagonale di quadrati, alternatamente bianchi e neri, ciascuno dei quali contenenti un quadrato in contrasto cromatico (bianco su nero e nero su bianco)14. Tale motivo, comunemente definito “scacchiera di quadrati e clessidre” (DM,120g)15, è uno dei più antichi e diffusi del repertorio decorativo pavimentale in epoca romana16.

13. Angelelli – Buonaguro - Zampolini Faustini 2009 (nota 5), pp. 172-173, figg. 6-8.14. Una stesura musiva con identica composizione è attestata, nella stessa Spoleto, in un ambiente della domus conservata all’interno

dell’isolato tra Piazza S. Agata e via delle Terme, per la quale v. Pietrangeli 1939 (nota 4), p. 69; Di Marco 1975 (nota 4), pp. 56-57; Morigi 2003 (nota 4), p. 104, n. 51.

15. Le décor géométrique de la mosaïque romaine. I. Repertoire graphique et descriptif des compositions linéaires et isotropes, a cura di C. Bal-melle et alii, Paris, 1985, tav. 120g.

16. Tra i mosaici lo schema è attestato, soltanto per citare alcuni esempi, ad Ostia, nella “Casetta repubblicana” I, ix, i (G. Becatti,Mosaici e pavimenti marmorei (Scavi di Ostia, IV), Roma, 1961, p. 20, n°28, tav. LXXIII); a Roma nella Casa di Livia sul Palatino (M. L. Morricone Matini, Roma. Regio X. Palatium Roma, 1967, (Mosaici Antichi in Italia, Studi monografici), p. 59, fig. 22, tav. XIV); in Etruria

Fig. 6 - Cunicolo di epoca romana individuato nei vani 10/12.

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La cronologia dei confronti citati – tutti assegnabili ad un periodo compreso tra la prima metà del I sec. a.C. e i primi anni del I sec. d.C. – è coerente con le caratteristiche tecniche e stilistiche del tessellato, connotato dall’uso di tessere minute ed accuratamente tagliate17 e da una rigorosa bicromia; tali elementi, considerati complessivamente, suggeriscono per il pavimento in esame una datazione all’età augustea. Allo stesso ambito cronologico riporta, del resto, la tecnica edilizia delle strutture associate, realizzate in opera vittata, con blocchetti irregolari ma di forma tendenzialmente allungata, disposti in filari orizzon-tali, attestata a Spoleto in diversi edifici riferibili a questa epoca18 e caratteristica in Umbria nel periodo compreso tra la fine della Repubblica e l’età di Augusto19.

Alla medesima fase costruttiva protoimperiale sono riconducibili anche alcune strutture murarie, emerse nella parte centrale del cortile, delimitanti su due lati uno spazio scoperto, come suggerito dalla pavimentazione in lastre calcaree che si estende nell’area da quelle delimitata (Fig. 7).

In un momento successivo, probabilmente corrispondente ad una riorganizzazione planimetrica degli ambienti, le citate costruzioni vennero rasate fino quasi a livello di fondazione; alla stessa fase apparten-gono due tratti di muro perpendicolari tra loro e coerenti nell’orientamento con i precedenti, in opera cementizia e con paramento irregolare, realizzato con materiale eterogeneo – blocchetti di calcare gri-

meridionale, nella domus del Criptoportico di Vulci (C. Bianchi, I mosaici di una casa vulcente: la domus del Criptoportico, in Atti del IV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM) (Palermo, 9-13 dicembre 1996), a cura di F.Guidobaldi - M. R. Bonacasa Carra, Ravenna, 1997, pp. 839-852, in part. p. 846, figg. 11-12 ) e, in area sabina, nella villa di Cotta-nello (G. Alvino, Pavimenti musivi del territorio sabino, in Atti del III Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM), (Palermo, 6-10 dicembre 1995), a cura di F. Guidobaldi - A. Guiglia Guidobaldi, Bordighera, 1995, pp. 501-516, in part. p. 503, fig. 5).

17. Le tessere, talora disposte in filari non regolari, misurano cm 0,7 di lato, con uno spessore di 0,5-0,7 cm.18. Per considerazioni generali sulle tecniche edilizie di epoca romana a Spoleto v. Morigi 2003 (nota 4), pp. 56-63.19. M. Torelli, Innovazioni delle tecniche edilizie romane tra il I sec. a.C. ed il II sec. d.C., in Tecnologia, economia e società nel mondo

romano. Atti del Convegno (Como, 27-29 settembre 1979), Como, 1980, pp. 140-159; Id., Edilizia pubblica in Italia centrale tra guerra sociale ed età augustea, in Les “bourgeoisies” municipales italiennes aux IIe et Ier siècles av. J.-C. Atti del Convegno (Naples, 7-10 décembre 1981) Napoli, 1983, pp. 241-250.

Fig. 7 - Veduta da Ovest delle strutture archeologiche evidenziate nel Cortile B.

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Fig. 8 - Cortile B. Mosaico geometrico bianco-nero di età augustea.

Fig. 9 - Cortile B. Strutture murarie relative alla seconda fase edilizia (veduta da Est).

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gio di reimpiego, lastre di calcare rosato, bozze informi e frammenti di laterizio – che determinano un restringimento dell’area lastricata (Fig. 9). In fase con tali strutture è un secondo pavimento in tessellato, individuato lungo il limite sud del cortile ed esteso al disopra della superficie di rasatura delle strutture di I fase. Della superficie musiva, assai lacunosa e della quale si conserva soprattutto la preparazione (per un’e-stensione massima m 4,70 x 2) sopravvivono soltanto tre brevi lacerti20 (Fig. 10). Il pavimento è realizzato con tessere di calcare locale bianco e rosa, allettate su una preparazione costituita, partendo dal basso, da uno strato di ciottoli e/o schegge di calcare di dimensioni variabili (5-8 x 5-12 cm), poste a diretto con-tatto del “tassello” regolarizzato. Al disopra di questo primo strato, spesso circa 6-8 cm, si trova un secondo livello preparatorio (sp. 5-6 cm), costituito da malta rossastra mista ad inerti (“tassello” sbriciolato) di me-die dimensioni. Il motivo decorativo del tessellato è una composizione ortogonale di ottagoni adiacenti (DM, 163a)21 (composti da tessere bianche su fondo di tessere rosa), realizzati con tessere di dimensioni disomogenee (1,1-1,8 x 1,2-2 cm) – perlopiù tendenti al quadrato (1,2-1,8 cm di lato) – e spessore esiguo (mai superiore ai 3 mm); nell’unico frammento di cornice perimetrale conservato si osserva anche l’uso di tessere nere. Anche in questo caso, il motivo è uno dei più antichi e diffusi del repertorio geometrico del mosaico romano e non fornisce, quindi, elementi utili alla precisazione della cronologia del manufatto; più probanti in tal senso, anche per l’assenza di stratigrafie correlate, i dati ricavabili dall’analisi tecnica e stilistica della pavimentazione, contraddistinta da una preparazione di qualità scadente, dall’uso di tessere medio-grandi di forma irregolare e dalla bicromia bianco-rosa, caratteristiche che a Spoleto si ritrovano prevalentemente in stesure musive databili fra la tarda antichità e l’alto medioevo22; tali elementi, conside-

20. Dimensioni dei tre tratti: 53 x 18 cm; 50 x 19 cm; 61 x 46 cm.21. Décor (nota 15), tav. 163, a. Il modulo decorativo misura 22-23 cm circa.22. Analoghe caratteristiche tecniche, stilistiche e cromatiche si riscontrano nel pavimento dell’edificio recentemente rinvenuto

a Palazzo Mauri, in Piazza Fontana (L. Costamagna, Un mosaico di VI secolo sotto Palazzo Mauri a Spoleto, in Atti del XIV Colloquio AI-SCOM (nota 4), pp. 17-26). La medesima bicromia bianco-rosa si ritrova inoltre nel tessellato del battistero altomedievale rinvenuto, sempre a Palazzo Pianciani, nell’area del vano 36 (per il quale v. infra) e anche nelle pavimentazioni musive, assegnate alla stessa epoca, recentemente rinvenute in via del Duomo: Costamagna 2010 (nota 4), p. 301.

Fig. 10 - Cortile B. Resti di mosaico a tessere bianche e rosa.

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rati nel loro insieme, permettono di ipotizzare per il pavimento in esame una cronologia genericamente tardoantica.

Il mosaico e parte delle murature ad esso correlate appaiono messe fuori uso, in un’ulteriore fase di vita dell’edificio, da un pavimento formato da lastre di calcare di forma e dimensioni irregolari, allettate in parte su uno strato di malta gettato al disopra del preesistente tessellato stesso, in parte su terra. Tale intervento sembra presupporre la creazione, in questo settore, di uno spazio aperto e/o destinato ad attività produttive e, quindi, un incisivo mutamento nella planimetria (e nella destinazione d’uso?) del complesso, il cui definitivo abbandono pare collocabile – almeno in questo settore – tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo, cronologia ricavabile dall’analisi dei frammenti ceramici rinvenuti al disotto dello strato di crollo che sigillava il lastricato.

Una sequenza stratigrafica analoga è stata portata in luce, al secondo livello del palazzo, all’interno del Cortile C e nell’ambiente adiacente (Fig. 2): in questa zona sono stati infatti rinvenuti un lacerto di pavimento in cementizio a base fittile e strutture murarie riconducibili a diverse fasi edilizie, con carat-teristiche costruttive simili ed orientamento coerente a quelle del Cortile B e verosimilmente pertinenti allo stesso complesso edilizio.

Nella serie di ambienti contigui che si aprono su via Tobagi (vani 32-38), lo scavo e la pressoché to-tale rimozione delle stratigrafie di epoca post-antica ha consentito di rimettere in luce ampi resti di un impianto termale, verosimilmente un piccolo balneum di carattere privato (Figg. 2, 11).

A questo appartengono alcune vasche con relativi impianti idrici, verosimilmente distribuite su tre ambienti orientati N-S e con scansione probabilmente corrispondente a quella dei vani attuali, i cui muri perimetrali obliterano, inglobandole in parte, le strutture antiche, quasi completamente scomparse.

Fig. 11 - Vani 31-38. Pianta finale di scavo e sezione cumulativa E-W, con indicazione delle fasi edilizie e di frequentazione.

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Da notare, in particolare, la sovrapposizione quasi perfetta, sia nell’orientamento che nella posizione, tra il fronte settentrionale dell’edificio antico e il fianco del palazzo attuale lungo via Tobagi, il cui tracciato ricalca, secondo le ricostruzioni dell’impianto urbano di età romana proposte anche di recente, uno degli assi viari principali della città23 (Fig. 1).

23. Morigi 2003 (nota 4), pp. 128-129; Costamagna 2010 (nota 4), p. 295.

Fig. 12 - Vano 34/35. Veduta d'insieme da Sud al termine dello scavo.

Fig. 13 - Vano 32/33. Veduta d'insieme da Est.

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Limitatissime sono anche le tracce dei pavimenti originari, in alcuni casi quasi completamente aspor-tati (amb.34/35), in altri conservati soltanto a livello di preparazione (amb.32/33), o, ancora, coperti da livelli pavimentali di epoca successiva (amb.36). L’ambiente centrale, identificabile forse con il calidarium,era riscaldato mediante un ipocausto, del quale restano il fondo rivestito di tegole, parte dei sostegni su cui poggiava il pavimento sospeso (suspensurae) ed una serie di pilastrini in mattoni al disotto della vasca (Fig. 12); il praefurnium è probabilmente identificabile con la struttura scavata nella roccia, rivestita di grandi conci irregolari di calcare con evidenti tracce di combustione e collegata all’ipocausto, individuata verso il margine meridionale del vano 34/35.

Le vasche, di forma quadrangolare e di piccole dimensioni, sono addossate alle pareti, in parte ricavate nel banco naturale (Fig. 11) e in parte costruite in muratura di blocchetti irregolari di calcare e laterizi (Figg. 12-13); esse erano originariamente rivestite con lastre di marmo, successivamente asportate, delle quali restano tuttavia le impronte, ben visibili nello strato preparatorio di malta ancora esistente sul fondo e sulle pareti. I bacini erano dotati di un sistema di smaltimento delle acque di scarico, costituito da cana-lette con orientamento N-S, collocate alla base dei muri perimetrali. Nella parete est della vasca rinvenuta nell’ambiente 32 è ben visibile il foro per l’inserimento della fistula collegata alla conduttura che corre lungo la parete orientale del vano, realizzata con blocchetti di calcare squadrati e frammenti di tegole (Fig. 13). In asse con la vasca dell’ambiente centrale (amb.34/35) si sviluppa un secondo condotto, con pareti, fondo e copertura in laterizi; su questo si innesta una analoga canalizzazione, collegata al bacino dell’am-biente 36 (riutilizzata e trasformata con l’installazione del battistero altomedievale: v. infra), nella quale si conserva ancora in situ, inserita nella parete settentrionale, la fistula plumbea. L’approvvigionamento idrico dell’impianto termale era verosimilmente garantito da una sorgente situata nell’area del palazzo, la cui presenza è ipotizzabile anche sulla base dei risultati dei recenti scavi24.

In assenza di stratigrafie correlate alla fondazione, sembra plausibile proporre per i resti sopra descritti una datazione alla piena età imperiale (metà I-II sec. d.C.?), suggerita, oltre che dalla stessa tipologia edi-lizia, dalla tecnica costruttiva, che registra un ampio uso del laterizio.

Il complesso termale, successivamente al suo abbandono, subì una almeno parziale trasformazione, come sembra attestare l’inserimento di una fornace nel vano 32/33 (Fig. 13); fatto oggetto di spoliazione, il balneum fu infine obliterato da un interro costituito perlopiù da materiali provenienti dalla demolizione delle sue stesse strutture, probabilmente avvenuta già in età tardoantica (non prima del tardo V secolo)25.

I resti fin qui descritti, come accennato in premessa, sono verosimilmente riferibili ad un’unica ed estesa domus, disposta, come il palazzo attuale, su terrazze ricavate nel pendio naturale del colle, digradanti quindi in direzione S-N, come dimostrano i piani pavimentali rinvenuti. Il lacerto di cocciopesto eviden-ziato nel Cortile C si imposta infatti ad una quota più alta di circa 2,5 m rispetto ai pavimenti a mosaico del Cortile B; un analogo dislivello si rileva tra questi ed il piano di calpestio degli ambienti termali, che si colloca ad una quota di poco inferiore a quella della strada attuale.

La domus è il risultato dell’unione di due distinti nuclei, corrispondenti a diversi momenti di edifica-zione dell’area e caratterizzati da differenti orientamenti delle strutture, questi ultimi legati all’orografia e all’inserimento nel tessuto viario26. Il settore più antico, risalente ad età augustea ed individuato nei due cortili interni, risulta coerente nell’orientamento con il lungo asse che si sviluppa in senso SE-NO, coin-cidente con il lungo rettifilo di via Salara Vecchia, via Minervio, piazza Pianciani e via Fontesecca, il cui tracciato risale ad epoca preromana27; le strutture più recenti, pertinenti alla fase di piena età imperiale, si attestano invece sull’asse viario E-O, ricalcato dall’insieme delle attuali via Tobagi e via del Duomo, che costituisce uno dei cardini che scandiscono la parte settentrionale della città romana.

24. Cfr. su questo aspetto Costamagna 2010 (nota 4), p. 298; si veda anche supra.25. Tra i materiali ceramici significativi recuperati dallo scavo del citato strato di livellamento (sottoposti per il momento soltanto

ad uno screening preliminare e non ad uno studio di dettaglio) si segnalano una lucerna, probabile imitazione locale del tipo Atlante 10, databile tra il secondo quarto del V e il VI secolo, e diversi frammenti di contenitori cilindrici di grandi dimensioni, assai diffusi in Occidente a partire dalla metà del V secolo fino a tutto il secolo successivo: cfr. S.J. Keay, Late Roman Amphorae in the Western Mediter-ranean. A typology and economic study: the Catalan evidence, Oxford, 1984 (BAR Int, Ser., 196), p. 240; C. Panella, Le anfore africane della prima, media e tarda età imperiale: tipologia e problemi, in Actes du Colloque sur la céramique antique (Carthage, 23-24 juin 1980), Carthage, 1982, pp. 171-196, in part. p. 184.

26. Sul rapporto tra condizionamenti morfologici ed impianto urbano e sugli interventi opere di regolarizzazione dei terrazza-menti naturali del colle Sant’Elia in età antica v. Morigi 2003 (nota 4), pp. 3-4; Costamagna 2010 (nota 4), pp. 295-297.

27. Cfr. supra, nota 10.

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2. L’altomedioevo

Le più significative testimonianze delle fasi e delle modalità di occupazione dell’area e delle sue vi-cende costruttive in età post-antica si rintracciano, ancora una volta, nella fascia di ambienti lungo via Tobagi.

Sugli strati di obliterazione delle strutture romane sono state evidenziate, nei vani 34/35 e 37, cospicue tracce di frequentazione, rappresentate da un livello di calpestio con numerose buche di palo pertinenti a strutture lignee, lacerti di murature a secco realizzate con blocchi di reimpiego, resti di focolari ed una notevole quantità di reperti ceramici; tra questi alcune forme ampiamente ricostruibili, caratterizzate in gran parte da una decorazione incisa a stecca o a pettine, con motivi a linee ondulate su bande di ingub-biatura chiara, e databili, sulla base dei confronti in ambito locale e regionale, nell’arco del VII secolo28.

Questo livello di frequentazione risulta a sua volta coperto da uno spesso strato costituito essenzial-mente da legno carbonizzato (Fig. 14) e materiale edilizio in stato di crollo, riconducibile con certezza ad un incendio di vaste proporzioni ed esteso su tutti gli ambienti, ad eccezione del vano 36, all’interno del quale sono stati individuati i resti strutturali e decorativi più significativi.

In quest’ultimo ambiente l’indagine archeologica ha consentito di riportare in luce un vano absidato, pavimentato a mosaico, che si inserisce all’interno del preesistente impianto termale riutilizzandone le strutture, in particolare alcuni tratti dei muri perimetrali e una vasca: la presenza di quest’ultima, insieme ai temi decorativi presenti nel pavimento musivo, permettono di riconoscere con certezza nell’edificio un’aula battesimale (Fig. 15).

Ad eccezione della parete di fondo, le strutture delimitanti l’ambiente, parzialmente ricavato nel banco roccioso del colle, non sono immediatamente evidenti, poiché ricadono per la maggior parte al disotto dei muri di età moderna, che, inglobandole, si sovrappongono a quelle quasi integralmente. L’aula, orientata nord-sud, presenta pianta rettangolare (dim. 9,30 x 5,3 m) con profonda abside semicir-colare (2,20 x 2,20 m) ed è dotata, nell’angolo sudovest, di un piccolo ambiente di forma quadrangolare aggettante rispetto al perimetro, nel quale si deve probabilmente riconoscere il consignatorium29 (Fig. 11). In asse con l’abside e allineata lungo il lato est del vano si colloca la vasca battesimale, priva di sistema di adduzione idrica, che riutilizza – pur se con incisive integrazioni e riadattamenti – le strutture di uno dei bacini del balneum di epoca romana, come documentato anche dalla continuità di utilizzo dell’impianto di drenaggio antico30.Al vano si accedeva tramite due ingressi, di cui uno posto sul lato nord, in corri-spondenza dell’asse dell’ambiente (Fig. 16), e l’altro – di cui si conserva in situ la soglia – in prossimità dell’angolo nordovest.

Come accennato, il pavimento dell’aula conserva ancora, su gran parte della sua superficie, l’origina-ria decorazione musiva, realizzata prevalentemente con grandi tessere quadrangolari di calcare bianco e

28. Cfr. Angelelli - Buonaguro - Zampolini 2010 (nota 1), p. 373, figg. 15, a-d. Questo tipo di ceramica da cucina e da dispensa, che sembra fare la sua comparsa già in contesti di VI, raggiungendo la massima diffusione nel corso del VII secolo (H. Patterson - R. Roberts, New light on dark age Sabina, in Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti del Convegno in onore di J. W. Hayes (Roma, 11-13 maggio 1995), a cura di L. Saguì, Firenze, 1998, pp. 421-435, in part. p. 427, figg. 5-8; M. Ricci, La ceramica comune dal contesto di VII secolo della Crypta Balbi, in Ceramica in Italia: VI-VII secolo. Atti del Convegno in onore di J. W. Hayes (Roma, 11-13 maggio 1995), a cura di L. Saguì, Firenze, 1998, pp. 351-382, in part. p.. 356, figg. 2.8-9), risulta largamente attestata in area spoletina, tanto da potersene ipotizzare anche una produzione locale: cfr. Relazione del lavoro di catalogazione di materiale ceramico degli scavi della nuova via Flaminia a Spoleto, località Eggi, depositata presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e cortesemente messa a disposizione dalla dott.ssa L. Costamagna.

29. Sulla questione degli spazi nei battisteri adibiti specificatamente all’amministrazione della consignatio da parte del vescovo ai neobattezzati si veda J. Ch. Picard, Ce que le teste nous apprennent sur les équipements et le mobilier liturgique nècessaires pour le baptême dans le sud de la gaule et l’Italie du nord, in Actes du XIe Congrès International d’Archéologie Chrétienne (Lyon-Vienne-Grenoble-Genève et Aoste, 21-28 Septembre 1986), Città del Vaticano, 1989, pp. 1451-1468, in part. pp. 1465-1466.

30. Per una classificazione delle vasche battesimali si vedano P. Testini, Archeologia Cristiana, Roma, 1958, p. 636 e A. Nestori,L’acqua nel fonte battesimale, in Studi in memoria di Giuseppe Bovini, Ravenna, 1989 (Biblioteca di Felix Ravenna, 6), pp. 419-427. La vasca di Palazzo Pianciani presenta il solo sistema di scarico, per cui non rientra nelle tre categorie individuate dal Testini (con solo sistema di afflusso; con sistema di afflusso/deflusso; prive di qualsiasi impianto); è comunque importante precisare che non si tratta di un’ec-cezione (si veda, ad esempio, il caso romano di S. Marcello al Corso); l’acqua poteva essere immessa con recipienti adatti da inservienti incaricati appositamente: Nestori 1989 (supra) p. 421 (con bibliografia a nota 4). L’acqua (o parte di essa) poteva inoltre essere portata direttamente dal battezzando, come sembra attestato da diverse passiones: cfr. O. Brandt, Passiones e battisteri, in Domum tuam dilexi. Miscellanea in onore di Aldo Nestori, Città del Vaticano, 1998 (Studi di Antichità Cristiane pubblicati a cura del PIAC, LIII), pp. 109-112.

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rosa31; il tessellato si estende su tutta la superficie dell’ambiente, ad eccezione della zona dell’abside, in cui il piano pavimentale risulta asportato da interventi di epoca successiva, dell’interno della vasca, origina-riamente rivestita con lastre di cipollino, e dell’area immediatamente adiacente al lato settentrionale della vasca stessa. In quest’ultima zona, delle superficie di circa 2,20 x 1,80 m, alcuni frammenti di marmo, bianco e cipollino, ancora in situ, testimoniano l’esistenza di un pavimento a semplici lastre marmoree. Al suo interno era probabilmente inserito un tombino collegato ad una canaletta di scolo con fondo in tegole, visibile all’interno della fossa di spoliazione di tale elemento, che si immette nel condotto di scarico della vasca battesimale32.

Il tappeto musivo è bordato sui quattro lati da una cornice a fondo bianco (larga circa 60 cm), deli-mitata su ambo i lati da una doppia linea di tessere rosa; all’interno di tale fascia si dispone una coppia di sinusoidi allacciate (DM 68b) – anch’esse in tessere rosa – con occhiello centrale campito da un semplice cerchio. La superficie musiva racchiusa all’interno della cornice periferica è decorata con un motivo a squame (DM 222a), iterato per tutta la lunghezza dell’aula nel settore ad ovest della vasca e anche nella zona compresa tra quella e l’abside.

Il settore a Nord della vasca, ubicato nello spazio di risulta tra il tappeto a squame e la fascia perime-trale, appare invece suddiviso in due pannelli quadrangolari, decorati con motivi in parte geometrici e in parte figurati (Fig. 17). Il riquadro più settentrionale è campito con un cerchio decorato internamente da losanghe e quadrati sulla diagonale disposti a raggiera a formare una stella ad otto punte; il motivo è reso prevalentemente con tessere bianche e rosa, con inserimenti di tessere di marmo cipollino e bar-diglio, utilizzate per delineare i quadrati e parte delle losanghe; tessere di giallo antico e calcare beige verdastro sono inoltre impiegate nelle campiture delle losanghe. Negli spazi di risulta tra il cerchio e

31. Dimensioni tessere: lato 2-3 cm. 32. Un significativo confronto per tale soluzione di smaltimento delle acque di risulta, ipotizzabile anche sulla base delle penden-

ze del piano pavimentale, convergenti in questo punto, è rappresentato dal pavimento recentemente rinvenuto a Palazzo Mauri, per il quale si rimanda a Costamagna 2009 (nota 22), in part. fig. 5. Da notare come in questa fase venga mantenuto in uso il sistema di scarico di età romana, provvedendo alla chiusura del tratto di canaletta relativo alla vasca del vano 34.

Fig. 14 – Strato di incendio individuato nel vano 34/35.

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il bordo del riquadro si dispongono quattro fiori a calice resi, oltre che con tessere bianche e rosa, con tessere più piccole di calcare nero, di marmo verde antico di Tessaglia e di portasanta.

Nel secondo pannello la composizione figurata, resa su fondo bianco, si articola intorno ad un kantharosprivo di anse, sul cui orlo si posa un pavone, in posizione frontale e con la coda aperta a ventaglio. Dalla bocca del vaso sgorgano due sorgenti, alle quali si abbeverano due cervi, gradienti e affrontati ai lati del kantharos. Dal vaso stesso si sviluppano simmetricamente due tralci di vite desinenti in grappoli, che ven-gono beccati da due colombe in volo.

Gli elementi che compongono la scena figurata sono realizzati, oltre che con le consuete tessere bian-che e rosa, con tessere di calcare nero (usate perlopiù per delineare i contorni e per le sottolineature dei dettagli), verde e beige verdastro; relativamente abbondanti sono anche le tessere marmoree, soprattutto di marmi bigi (bardiglio e greco scritto) e cipollino, impiegate per la rappresentazione dell’acqua, nei corpi dei cervi e dei volatili; piuttosto raffinata è la resa della coda del pavone, le cui piume sono realizzate in tricromia con tessere di marmo rosso antico alternate a file di tessere di cipollino e marmo giallo antico o bianco (queste ultime usate anche nella campitura del corpo del volatile).

Gli elementi figurati rappresentati nel pannello (il kantharos, il pavone, i cervi, le colombe ed i tralci di vite) sono tra i più diffusi nell’iconografia paleocristiana33; in particolare il kantharos, che richiama il noto verso 4,14

33. Per un’analisi d’insieme dei citati motivi si rimanda alla recente sintesi di R. Flaminio, s.v. Cantaro, in Temi di iconografia paleo-cristiana, a cura di F. Bisconti, Città del Vaticano, 2000, pp. 143-146 (con ampia ed aggiornata bibliografia).

Fig. 15 - Veduta d'insieme dell'aula battesimale (vano 36).

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del Vangelo di Giovanni (riferito al valore salvifico dell’acqua del battesimo, identificata con la fede in Cristo) e i cervi, la cui presenza è chiaramente ispirata al testo del Salmo 41 («Sicut cervus desiderat ad fontes aquarum ita desiderat anima mea ad Te, Deus») sono, per il loro alto valore simbolico, tra i soggetti prediletti nella decorazio-ne dei battisteri, in cui compaiono assai spesso associati a pavoni e colombe34. É pertanto ovvio che il pannello, posto nella zona antistante la vasca ed in asse con essa, rappresenta un elemento decisivo nell’identificazione dell’ambiente come aula battesimale, con evidenti riferimenti al rituale a quella collegato.

Per concludere la descrizione del mosaico, anche nel piccolo annesso liturgico probabilmente identificabile con il consignatorium è presente un riquadro che racchiude un semplice motivo geometrico (un cerchio campi-to con una rosetta a quattro petali e inscritto in una losanga con due vertici desinenti in pelte), reso con tessere rosa su fondo bianco (Fig. 18).

L’analisi di dettaglio della stesura musiva, considerata in rapporto alle murature superstiti, permette alcune riflessioni sulle fasi costruttive dell’aula battesimale, il cui assetto finale risulta essere il frutto di successive tra-sformazioni. L’impianto dell’edificio coincide verosimilmente con l’obliterazione di ampie parti del complesso termale preesistente; alla costruzione originaria, che almeno nel lato di fondo e nell’ambiente laterale risulta ricavata per buona parte della sua altezza nel banco geologico e priva di muri perimetrali, appartiene il tappeto musivo coerente con la vasca. Per la prima fase del battistero (e, quindi, anche per il mosaico) una datazione orientativa – compresa tra la fine del VI e il VII secolo – può forse essere ricavata dall’analisi del materiale cera-mico contenuto nei livelli di frequentazione individuati negli ambienti adiacenti, che possono essere identificati – anche sulla base della sostanziale corrispondenza di quota – con un piano di calpestio esterno all’edificio.

34. Si vedano in generale su questo aspetto H. Stern, Le décor des pavements et des cuves dans les baptistères paléochrétiens, in Actes du Ve Congrès International d’Archéologie Chrétienne (Aix-en-Provence, 13-19 septembre 1954), Città del Vaticano-Paris, 1957, pp. 381-390; V. Bitrakowa Grozdanova, Sur un thème se trouvant dans les mosaïques paléochrétiennes de la République Socialiste Macédoine, in Corsi di Cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina, XXXIII (1986), pp. 121-134; S. Ristow, Frühchristliche Baptisterien, Münster, 1998 (Jarhbuch für Antike und Christentum, Ergänzungbände, 27), passim. Il motivo dei cervi disposti ai lati del kantharos si ritrova anche in una lastra della fine del VI secolo reimpiegata nella base del campanile della cattedrale di S. Maria Assunta (J. Raspi Serra, La Diocesi di Spoleto,Spoleto, 1961 (Corpus della scultura altomedievale, II.), pp. 49-50, n. 63, tav. XXV, a).

Fig. 16 - Strutture murarie e soglie pertinenti agli ingressi dell'aula battesimale (lato nord).

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La cronologia proposta su base stratigrafica non contrasta d’altronde con quanto desumibile dall’analisi tecnico-stilistica della stesura musiva, che fu probabilmente realizzata da maestranze locali, come sembrano attestare l’uso quasi esclusivo del materiale calcareo e le evidenti incertezze riscontrabili anche nella resa dei più semplici motivi geometrici. Indizi in tal senso si ricavano anche dall’esame del pannello figurato, che, pur se ancora caratterizzato da un discreto plasticismo e da una certa ricerca di cromatismo, mostra già una tendenza alla linearizzazione tipica dei mosaici di piena età altomedievale. Non è purtroppo possibile esprimere ulteriori considerazioni di carattere stilistico, data anche la mancanza – nell’area geografica e per il periodo storico di riferimento – di puntuali confronti, fatto che rende il tessellato spoletino, almeno allo stato attuale delle cono-scenze, un hapax nel territorio regionale. Proprio quest’ultima constatazione, tuttavia, ci permette di avanzare delle ipotesi sulla probabile matrice culturale del manufatto, che sembra essere espressione, per scelte cromati-che ed iconografiche, di un gusto pavimentale estraneo all’area romana e decisamente più vicino a quello di ambiente adriatico. Questa vicinanza culturale, certamente non sorprendente data la posizione di Spoleto sulla via Flaminia, si ritrova già nella produzione musiva locale tardoantica35 e si consolida ulteriormente in età me-

35. Oltre al lacerto musivo individuato nel Cortile B (v. supra, fig. 13) citiamo qui il mosaico recentemente rinvenuto sotto Palazzo Mauri, per il quale sono state rilevate stringenti analogie con tessellati di ambito ravennate e di area marchigiana: Costamagna 2009 (nota 22), pp. 21-22.

Fig. 17 - Battistero, mosaico: dettaglio dei pannelli con decorazione geometrica e figurata (foto V. Pescari, per gentile concessione della

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Umbria).

archeologia urbana a spoleto. lo scavo di palazzo pianciani 143

dievale, come recentemente dimostrato da alcuni studi condotti sui pavimenti della Cattedrale e di S. Gregorio Maggiore36 e, nel territorio, dell’abbazia di S. Pietro in Valle a Ferentillo37.

Tornando ora alle vicende costruttive del battistero, per quanto riguarda la seconda fase è logico pensare ad un collegamento con l’incendio documentato dagli strati individuati negli ambienti con-tigui, che in effetti obliterano i citati livelli di frequentazione. Non è possibile precisare l’entità dei danni subiti in quella circostanza dall’edificio, anche se è possibile che vadano ricondotte al medesimo evento le evidenti tracce di bruciatura visibili in più punti sul pavimento musivo: sembra però vero-simile che a momenti successivi a tale evento e probabilmente distinti, vadano ascritte la costruzione della parete di fondo, realizzata in gran parte con blocchi di reimpiego, l’inserimento dell’abside, che viene posta in asse con la vasca e che presenta una muratura con paramento in blocchetti irregolari di calcare con marcapiani in laterizi, e il rifacimento parziale del lato sud della vasca stessa con lastre dello stesso materiale. Tali strutture vengono ad interferire con quelle pertinenti all’impianto più an-

36. F. Guidobaldi - C. Angelelli, Il pavimento medievale, in La Cattedrale di Spoleto. Storia, arte, conservazione, a cura di G. Benazzi- G. Carbonara, Milano, 2002, pp. 220-239, in part. pp. 228-230.

37. C. Angelelli - R. Flaminio, Il pavimento in sectile-tessellato nell’abside di S. Pietro in Valle a Ferentillo (TR), in Atti del VII Collo-quio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del. Mosaico (AISCOM) (Pompei, 22-25 marzo 2000), a cura di A. Paribeni,Ravenna, 2001, pp. 525-538.

Fig. 18 – Battistero, mosaico: dettaglio del tratto pavimentale pertinente all'annesso sul lato ovest dell'aula (foto V. Pescari, per gentile concessione della Soprintendenza per i

Beni Archeologici dell'Umbria).

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tico poiché, come risulta evidente in più punti, si sovrappongono al mosaico, coprendolo in alcuni punti, tagliandolo in altri (Fig. 19). Ad una sistemazione dell’area adiacente al lato est del battistero in questa seconda fase sono forse da riferire le tre colonne di reimpiego rinvenute nel vano 34/35 (Figg. 12, 15), collocate lungo un asse parallelo al muro perimetrale, in relazione alle quali non è stato tuttavia possibile individuare alcun piano di calpestio, forse cancellato da interventi successivi connessi con l’edificazione del palazzo.

In conclusione resta da accennare al problema dell’identificazione e dell’ubicazione dell’aula di culto che verosimilmente doveva essere collegata al battistero, questione di primario interesse per la rico-struzione della topografia della zona nell’altomedioevo ma, allo stato attuale della ricerca, di difficile risoluzione38.

Al totale silenzio delle fonti medievali in merito alla presenza, in questo luogo, di un edificio ecclesia-stico – che in effetti non risulta segnalato nemmeno nell’accuratissimo e tuttora valido studio di Bruno Toscano del 198339 – si vanno ad aggiungere i dati ricavati dagli scavi eseguiti all’interno del palazzo che permettono di escludere, sulla base della stratigrafia indagata, una collocazione dell’eventuale aula di culto nell’area ad Est del battistero. Resta invece praticabile l’ipotesi di un’ubicazione nel settore ad Ovest dell’aula battesimale, dove tuttavia le vicende edilizie di età moderna, che hanno azzerato comple-tamente le preesistenze (a seguito di incisivi interventi che arrivano fino al livello geologico o al disotto di quello, con la creazione di vani ipogei), rendono impossibile una verifica. Tale assenza potrebbe essere spiegata con la precoce obliterazione dell’edificio di culto, forse avvenuta molto prima dell’abbandono del battistero, indicativamente databile, su base stratigrafica, verso il XII secolo40. Non sembra fuori luogo

38. L. Pani Ermini, Le vicende dell’alto medioevo, in Spoleto. Argomenti di storia urbana, Spoleto, 1985, pp. 25-42.39. B. Toscano, Il centro urbano altomedievale e medievale, in Il ducato di Spoleto. Atti del IX Congresso internazionale di studi sull’alto

medioevo (Spoleto, 27 settembre - 2 ottobre 1982), Spoleto, 1983, pp. 513-540.40. Un’indicazione cronologica in questo senso è rappresentata da numerosi frammenti di ceramica a vetrina sparsa recuperati

negli strati di abbandono ad immediato contatto con il pavimento a mosaico. Per le attestazioni di tale classe in ambito locale v. M.

Fig. 19 - Aula battesimale, veduta d'insieme della zona absidale.

archeologia urbana a spoleto. lo scavo di palazzo pianciani 145

ricordare, a tal proposito, le cospicue tracce d’incendio messe in luce nell’area dei vani 34/35 e 37/38 e riferibili ad un evento di proporzioni abbastanza ampie che sembrerebbe però aver risparmiato, o co-munque interessato solo marginalmente, l’aula battesimale. Non è pertanto completamente da escludere l’ipotesi che la chiesa sia stata in quell’occasione danneggiata ed abbandonata e che il battistero, soprav-vissuto alla distruzione, sia stato riadattato e dotato dell’abside (che, come si è visto, è effettivamente assegnabile alla seconda fase edilizia dell’aula), così da essere trasformato in ecclesia baptismalis.

Appare comunque evidente, come sottolineato da studi recenti41, che l’assetto dell’area attualmente occupata da Palazzo Pianciani abbia subito nel corso dei secoli notevoli mutamenti. Tali modifiche, ta-lora sostanziali, potrebbero essere giustificate sia dalla necessità di riorganizzare la viabilità e gli edifici a quella connessi, sia dal cambiamento di destinazione d’uso del complesso, che – con l’installazione del battistero (o ecclesia baptismalis) sui resti del preesistente balneum – da privata divenne aperta al pubblico, favorendo probabilmente l’occupazione di questo settore della città in età altomedievale. Potrebbe essere dunque plausibile l’ipotesi che questo processo di trasformazione dell’area sia da mettere in relazione con l’occupazione longobarda di Spoleto della fine del VI secolo42 ed, in particolare, con la riqualifica-zione del settore nord della città, gravitante intorno al complesso dell’anfiteatro romano43. Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, non possiamo determinare, se non in via del tutto approssimativa, quale fosse la relazione fra il battistero e l’insediamento urbano di Spoletium nel VI-VII secolo, ancora assai poco definito nelle sue linee generali44. Nulla sappiamo, infatti, in merito all’intitolazione dell’e-dificio o alla committenza che ne promosse la realizzazione: oltre al totale silenzio delle fonti più tarde, non è nemmeno possibile stabilire chi fosse (dato anche il notevole scarto cronologico) il proprietario della domus di età romana imperiale entro cui venne installato, nell’altomedioevo, il complesso di culto e, di conseguenza, prendere in considerazione l’ipotesi di un’eventuale intervento di possessores privati nella fondazione. Altrettanto poco chiaro e certamente da approfondire è anche il rapporto fra l’aula battesimale e la cattedrale di età paleocristiana ed altomedievale (anch’essa certamente dotata di batti-stero), che una tradizione bibliografica ormai ben consolidata colloca nell’area dell’odierno duomo di S. Maria Assunta45.

Non sappiamo se la presenza nello stesso settore urbano, ma ad una distanza significativa (Fig. 1), di due complessi con funzioni almeno in parte analoghe possa avere una qualche relazione con il racconto del noto brano dei Dialogi (III, 29), in cui Gregorio Magno narra dell'anonimo episcopus spoletino che, avendo contrastato vigorosamente e con successo l'insediamento in città di un vescovo longobardo ariano, ottenne anche di non vedere profanati dagli invasori gli altri catholica loca della città: si tratta di un dato che potrebbe costituire una prova indiretta a favore dell'esistenza, a Spoleto, di luoghi di culto di fondazione ariana, ipotesi assai suggestiva ma al momento non dimostrabile su basi oggettive. Lasciando dunque per il momento da parte questo argomento, che meriterebbe certamente di essere approfondito con specifiche ricerche di tipo storico ed archeologico, ci basta per ora poter affermare, con buona certezza, che il battistero di Palazzo Pianciani costituisce, dopo la basilica di

Bernardi - P. Comodi, Ceramica a vetrina sparsa in Umbria. I materiali dello scavo di Urvinum Hortense (PG). Studio archeologico - archeome-trico, in Archeologia Medioevale, 28 (2001), pp. 225-240.

41. Costamagna 2010 (nota 4), pp. 363-364.42.Sulle vicende relative alla formazione del Ducato di Spoleto si rimanda in generale a P. M. Conti, Genesi, fisionomia e ordi-

namento territoriale del Ducato di Spoleto, in Spoletium, 20, 1975, pp. 15-39, ai due fondamentali e tuttora validi volumi degli Atti del 9° Congresso internazionale di studi sull’alto medioevo: cfr. Il ducato di Spoleto 1983 (nota 38) e ai più recenti Il corridoio Bizantino e la via Amerina in Umbria nell’alto medioevo, a cura di E. Menestò, Spoleto, 1999 e I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento. Atti del 16° Congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Spoleto 20-23 ottobre 2002 – Benevento 24-27 ottobre 2002), Spoleto, 2003.

43. Il complesso monumentale, già trasformato in presidio difensivo durante il conflitto fra Goti e Bizantini (Proc. Bell. 3.23), subì ulteriori modifiche strutturali – chiaro indizio di una rioccupazione di carattere stabile – databili entro la metà del VII secolo, come hanno dimostrato i recenti sondaggi archeologici presentati in F. Pagano, Le trasformazioni dell’anfiteatro di Spoletium tra tardo antico ed altomedioevo alla luce delle recenti indagini archeologiche, in I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento. Atti del 16° Congresso internazionale (nota 42), pp. 1547-1554, tavv. I-VI.

44. Si vedano comunque le osservazioni in Pani Ermini 1985 (nota 38).45. Si vedano in particolare P. Testini - G. Cantino Wataghin - L. Pani Ermini,La cattedrale in Italia, in Actes du XIe Congrès Inter-

national d’Archéologie Chrétienne (nota 29), pp. 5-87, in part. pp. 71-72. L. Pani Ermini, Edificio di culto e città nell’Umbria altomedievale, in Umbria Cristiana. Dalla diffusione del culto al culto dei santi. Atti del 15° Congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Spoleto, 23-28 ottobre 2000), Spoleto, 2001, pp. 393-424, in part. pp. 403-407; Ead., Il complesso episcopale in età tardoantica, in La Cattedrale di Spoleto (nota 36), pp. 30-39.

claudia angelelli - stefano buonaguro - serena zampolini faustini146

San Salvatore46, i resti sul Colle Sant’Elia47 e le strutture della prima fase del complesso di Sant’Agata impiantatosi sul teatro48, una ulteriore testimonianza monumentale di Spoletium in età longobarda.

Claudia Angelelli - Stefano Buonaguro - Serena Zampolini Faustini

46. Si rimanda al recentissimo contributo di L. Ermini Pani - P. Pensabene, Rileggendo San Salvatore, in La basilica di San Salvatore a Spoleto, III, Spoleto, 2012, in part. pp. 667-850.

47. Si rimanda a L. Ermini Pani, Dinamiche insediative sul colle Sant’Elia alla luce delle indagini archeologiche 2007-2009, in Il colle Sant’Elia e il futuro della Rocca a Spoleto, Spoleto, 2011, in part. pp. 93-94.

48. Cfr. L. Pani Ermini, Il ducato di Spoleto: persistenze e trasformazioni nell’assetto territoriale (Umbria e Marche), in I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento. Atti del 16° Congresso internazionale (nota 42), in part. pp. 745-747.