Analisi delle normativa anti-terrorismo francese alla luce della risoluzione UNSC 2178 (2014) e...

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di Tommaso Natoli Assegnista di ricerca in Diritto internazionale Università degli Studi di Roma Tre Analisi della normativa anti- terrorismo francese alla luce della risoluzione UNSC 2178 (2014) e degli standard di protezione dei diritti umani FOCUS HUMAN RIGHTS 25 SETTEMBRE 2015

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di Tommaso Natoli Assegnista di ricerca in Diritto internazionale

Università degli Studi di Roma Tre

Analisi della normativa anti-terrorismo francese alla luce della risoluzione UNSC 2178 (2014) e

degli standard di protezione dei diritti umani

F O C U S H U M A N R I G H T S – 2 5 S E T T E M B R E 2 0 1 5

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Analisi della normativa anti-terrorismo francese alla luce della risoluzione

UNSC 2178 (2014) e degli standard di protezione dei diritti umani*

di Tommaso Natoli

Assegnista di ricerca in Diritto internazionale Università degli Studi di Roma Tre

Sommario: 1. Introduzione: l’attuale rilevanza del fenomeno terroristico islamista in Francia. 2. Il

ruolo della Francia nel processo di adozione della risoluzione UNSC 2178 (2014). 3. La legge del

13 novembre 2014 volta a rinforzare le disposizioni relative alla lotta contro il terrorismo. 4.

Aspetti critici della nuova normativa alla luce della tutela – internazionale e nazionale - dei diritti

umani. 4.1 L’interdizione a lasciare il territorio francese per i sospetti Foreign Terrorist Fighters. 4.2

Le nuove fattispecie criminose introdotte dalla legge. 4.3 Le misure relative al controllo

sull’utilizzo di Internet a fini terroristici. 5. Conclusioni.

1. Introduzione: l’attuale rilevanza del fenomeno terroristico islamista in Francia

Gli eventi che nel gennaio 2015 hanno colpito al cuore la città Parigi, e con lei la Francia e

l’Europa intera, hanno rappresentato un passaggio di rilievo nella dinamica evolutiva dell’azione

terroristica di matrice islamica. Per la prima volta, infatti, si è preso atto del fatto che la strategia

dei loups solitaires – l’azione di pochi individui dotati di armi leggere, condotta al di fuori di una

struttura di comando ma ispirati da una rete ideologica e organizzativa trans-nazionale – era in

grado di eludere i sistemi di sicurezza di un paese occidentale, provocare un alto numero di

vittime, e diffondere tra la popolazione un clima di terrore e di insicurezza in misura uguale (se

non maggiore) agli attentati realizzati tramite l’utilizzo di ordigni esplosivi.

L’attacco alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, la successiva presa di ostaggi nel

supermercato kosher di Porte de Vincennes e gli altri avvenimenti correlati, hanno portato

* Articolo sottoposto a referaggio.

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complessivamente alla morte di 20 persone – tra cui gli stessi attentatori – divenendo così il più

grave attentato realizzato in territorio francese dopo quello del 1961 da parte dell'Organisation

armée secrète nel corso della guerra d'Algeria, che provocò 28 vittime1.

Nondimeno, i pericoli legati all’azione di individui isolati erano già emersi nel corso degli ultimi

anni, con riferimento alla sortita omicida di Mohamed Merah a Tolosa e Montauban nel marzo

2012, e all’affaire Mehdi Nemmouche, sospettato di essere l’autore della strage del Museo ebraico

di Bruxelles del maggio 2014. I fenomeni di radicalizzazione violenta, di indottrinamento, e di

“chiamata alle armi”, frutto anche delle nuove strategie comunicative delle organizzazioni

terroristiche di matrice islamica, si erano quindi intensificati in maniera considerevole già prima

degli eventi di Parigi.

La Francia multietnica e “assimilazionista” prendeva così atto dell’esistenza di importanti

défaillances del suo modello di integrazione, già in discussione per l’alto tasso di conflittualità

registratosi sul piano politico e sociale nel corso dell’ultimo decennio2. Di certo, la République non

poteva più considerarsi al riparo dalle nuove forme di violenza scientemente ingenerate dai vertici

delle principali sigle del terrore, anche grazie al potere attrattivo che gli avvenimenti in corso in

Iraq e Siria - in primis la nascita dello “Stato islamico” come una nuova patria-simbolo in nome

della quale immolarsi - erano in grado di esercitare sulle schiere di giovani francesi, e in

particolare sulle seconde e terze generazioni di immigrati3.

Secondo quanto dichiarato dalle autorità francesi, al momento in cui si scrive (luglio 2015), vi

sarebbero circa duemila cittadini francesi coinvolti in fenomeni di radicalizzazione religiosa

violenta e in meccanismi di reclutamento jihadista, di cui 500 si sono già recati in Siria o in Iraq

con l’obiettivo di addestrarsi e tornare in Francia, o di rimanere lì a combattere4 . Tali cifre

vedrebbero la Francia posizionarsi al primo posto tra i paesi occidentali, come “serbatoio” di

1 Si veda L'attentat le plus meurtrier depuis 1961, Le Monde, 7 gennaio 2015, disponibile qui. 2 Il riferimento in questo caso è alle rivolte scatenatesi nelle banlieu di molte città francesi nel 2005 e alla crescita esponenziale del peso elettorale del Front National di Marine Le Pen, costruito attorno ad una politica xenofoba e di contrasto all’immigrazione. 3 Per un approfondimento sulla nascita e sul funzionamento del così detto Stato islamico, si rimanda a Limes, Chi ha paura del Califfo, 3/2015, passim. 4 Si veda La lutte contre le terrorisme, Gouvernment.fr, 24 luglio 2015, disponibile qui. Secondo quanto riportato dalle autorità francesi : « Les profils des individus en cause sont très divers: les femmes, mineures ou majeures, représentent près de 30% des personnes impliquées; près d’un quart sont des personnes récemment "converties". Leur implication est associée, dans la plupart des cas, à des phénomènes de rupture, scolaire, familiale, sociale ou psychologique, offrant un terreau favorable aux recruteurs qui ont développé sur internet une propagande massive et protéiforme».

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combattenti terroristi stranieri - o foreign terrorist fighters secondo la più recente formula anglofona5.

Le dinamiche descritte apparirebbero inoltre cronicizzate e in costante aumento, considerando

che – come affermato dallo stesso Presidente della Repubblica francese François Hollande il 14

luglio scorso – “toutes les semaines, nous arrêtons, nous empêchons, nous prévenons des actes

terroristes”6.

Pochi mesi prima, era stato il Ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ad affermare come fosse

la stessa minaccia terroristica ad aver cambiato natura, e ad aver assunto una dimensione fluida,

multi sfaccettata e “open-access”, soprattutto grazie a un utilizzo sempre più raffinato ed efficace di

Internet e della comunicazione mediatica in generale7, in grado di favorire una radicalizzazione

violenta in tempi relativamente rapidi, e in quanto tali di difficile previsione 8 . L’iniziativa

individuale di persone di nazionalità francese è dunque apparsa come il trait d’union delle nuove

dinamiche caratterizzanti il fenomeno terrorista, in particolare tra l’azione dei lupi solitari e il

desiderio di partire per addestrarsi militarmente e prendere parte alla “jihad internazionale”, come

dimostrato dalla fuga in Siria di Hayat Boumeddiene, la compagna-complice di Amedy Coulibaly,

proprio nei giorni degli attentati di Parigi.

Alla luce di ciò, alle autorità francesi è apparso necessario aggiornare l’apparato normativo

antiterrorismo, il quale, prima della riforma di cui si parlerà a breve, permetteva di perseguire per

“cospirazione” solamente coloro che erano sospettati di intrattenere rapporti con reti

terroristiche o di partecipare alla progettazione di azioni concertate, ma che – a detta degli

inquirenti e delle forze dell’ordine - non permetteva di contrastare in maniera efficace le iniziative

isolate9.

Per tale motivo, nel luglio del 2014, il governo di Parigi ha annunciato un nuovo percorso di

riforma delle leggi nazionali antiterrorismo, finalizzato a fornire gli strumenti necessari per

contenere il nuovo fenomeno dei foreign fighters e a garantire la sicurezza nel Paese. Tale processo,

concretizzatosi tra il settembre e il novembre dello stesso anno, è stato condotto in sinergia con

5 Secondo quando stabilito nel preambolo della UNSC Res. 2178 (2014), per foreign terrorist fighters si intende: “individuals who travel to a State other than their States of residence or nationality for the purpose of the perpetration, planning, or preparation of, or participation in, terrorist acts or the providing or receiving of terrorist training, including in connection with armed conflict”. 6 Si veda Hollande profite du 14-Juillet pour s’afficher en protecteur de la nation, Le Monde, 14 luglio 2014, disponibile qui. 7 Cfr. A. ANTINORI, Weaponizzazione mediale. Dal terrorismo internazionale alla digitalizzazione del neo-terrorismo, in ‘Prospettive di Criminologia e Comunicazione’, Milano, 2014, passim. 8 Si veda Interior Minister explains how France is confronting terrorism France in the United Kingdom, Washington, 19 February 2015, disponibile qui. 9 Si veda France Aims to Curb Potential Jihadis From Leaving Country, The New York Times, 9 luglio 2014, disponibile qui.

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quanto avveniva parallelamente sul piano internazionale, e in particolare nel quadro del Consiglio

di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove si discuteva un progetto di risoluzione dedicato al

contrasto delle nuove forme di terrorismo islamico, sostanzialmente in linea con quanto previsto

nella nuova normativa francese. La Francia ha, infatti, svolto un ruolo di primo piano nel

processo di stesura e approvazione della risoluzione n. 2178 adottata il 24 settembre dal

Consiglio, ispirandone in parte il contenuto sulla base della propria esperienza.

2. Il ruolo della Francia nel processo di adozione della risoluzione UNSC 2178 (2014)

La risoluzione 2178 è stata adottata all’unanimità il 24 settembre 2014, al termine di una seduta

del Consiglio che ha visto la partecipazione di circa 50 autorità nazionali di più alto livello, tra cui

il Presidente statunitense Barack Obama e il Presidente della Repubblica francese François

Hollande – tra i principali fautori della stessa10. Nel corso del suo intervento, quest’ultimo non ha

potuto non fare riferimento al rapimento e all’uccisione per decapitazione del

cinquantacinquenne Hervé Gourdel, avvenuta lo stesso giorno in Algeria, dove la guida di

montagna nizzarda si era recato da pochi giorni. L’omicidio, subito rivendicato tramite un video

intitolato “Messaggio di sangue per il governo francese”, è stato perpetrato dal gruppo armato

Jund al-Khilafah (Soldati del Califfato), formato da militanti asseritamente collegati allo “Stato

islamico” (Islamic State – IS), come reazione all’intervento militare che la Francia aveva avviato in

Iraq proprio contro l’IS solamente pochi giorni prima11.

Durante il suo discorso, Hollande ha più volte sottolineato la necessità di contrastare le cause

profonde dell’estremismo islamico, attraverso una serie di misure idonee a far fronte alle nuove

dinamiche in atto da intraprendere nei vari ordinamenti nazionali in maniera concordata e

concomitante12. Da parte sua, ha quindi ricordato come la Francia stesse già lavorando su una

10 S/RES/2178 (2014), Resolution 2178 (2014) Adopted by the Security Council at its 7272nd meeting, on 24 September 2014. 11 Si veda in merito, C. JOHNSTON, French tourist beheaded in Algeria by jihadis linked to Islamic State, The Guardian, 25 settembre 2014, disponibile qui. 12 Si veda il verbale della riunione del Consiglio di sicurezza del 24 settembre 2014, UN Doc. S/PV.7272, p. 6, in cui il Presidente Hollande ha affermato che: “Daesh is the most recent incarnation of this terrorist madness. It is a new phenomenon in the sense that it aims to conquer and also to recruit a growing number of our citizens, wherever they may be, into its ranks. It is attracting people, often young people, of all nationalities, and not just, as it is often said, those of Muslim origin — even though Islam has nothing to do with this fight. None of our countries is safe from this threat. Distance is irrelevant: there are temptations, and there is the Internet, meaning that networks can organize. Every day men, women and even children — whole families — are leaving their homes to join Daesh’s fight”.

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serie di modifiche normative atte ad intervenire su vari fronti: dalla libertà di movimento

individuale, alle fonti di finanziamento, alle comunicazioni via Internet13.

Tale posizione è stata ribadita nei mesi successivi da François Delattre, Rappresentante

permanente per la Francia alle Nazioni Unite, il quale ha dichiarato come la riunione del

Consiglio di Sicurezza che ha portato all’adozione della risoluzione avesse costituito un passaggio

essenziale nella lotta internazionale al terrorismo e, in particolare, al nuovo fenomeno dei

“terroristi combattenti stranieri”, il quale senza una legislazione uniforme sul piano nazionale

resterebbe difficilmente affrontabile14. Di fatti, la stessa risoluzione, in alcuni dei suoi passaggi, ha

visto il Consiglio di Sicurezza svolgere a pieno la sua discussa funzione “quasi-legislativa”15, in

particolare nel sesto paragrafo, nel quale questo ha vincolato gli Stati membri (ex art. VII della

Carta dell’ONU) all’adozione di specifiche leggi nazionali atte a reprimere determinate condotte

individuali16.

Come detto, le fasi conclusive di tali processi “normativi” (quello internazionale onusiano e

quello nazionale francese) si sono concluse in maniera quasi simultanea. Di fatti, a poche

13 Ibid. 14 “The resolution 2178 (2014) also helped to establish a robust legal framework to fight against foreign terrorists fighters, a framework that shows its operational nature every day. It enabled the growing awareness worldwide of this phenomenon and asks Member States to take the necessary measures to contain it” in The foreign fighters phenomenon is a challenge for France and its partners, Meeting concerning foreign fighters Statement by Mr. François Delattre, Permanent Representative of France to the United Nations Security Council, 29 maggio 2015. 15 Cfr. gen. R. CADIN, I presupposti dell’azione del Consiglio di sicurezza nell’articolo 39 della Carta delle Nazioni Unite, Milano, 2008, pp. 278-312. In particolare sulla Ris. 2178 si veda M. SCHEININ, Back to post-9/11 panic? Security Council resolution on foreign terrorist fighters, in Just Security, 23 settembre 2014, disponibile qui e A Comment on Security Council Res 2178 (Foreign Terrorist Fighters) as a “Form” of Global Governance, in Just Security, 6 ottobre 2014, disponibile qui. 16 “[…] decides that all States shall ensure that their domestic laws and regulations establish serious criminal offenses sufficient to provide the ability to prosecute and to penalize in a manner duly reflecting the seriousness of the offense: (a) their nationals who travel or attempt to travel to a State other than their States of residence or nationality, and other individuals who travel or attempt to travel from their territories to a State other than their States of residence or nationality, for the purpose of the perpetration, planning, or preparation of, or participation in, terrorist acts, or the providing or receiving of terrorist training; (b) the wilful provision or collection, by any means, directly or indirectly, of funds by their nationals or in their territories with the intention that the funds should be used, or in the knowledge that they are to be used, in order to finance the travel of individuals who travel to a State other than their States of residence or nationality for the purpose of the perpetration, planning, or preparation of, or participation in, terrorist acts or the providing or receiving of terrorist training; and, (c) the wilful organization, or other facilitation, including acts of recruitment, by their nationals or in their territories, of the travel of individuals who travel to a State other than their States of residence or nationality for the purpose of the perpetration, planning, or preparation of, or participation in, terrorist acts or the providing or receiving of terrorist training;”

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settimane dall’approvazione della Risoluzione 2178 in sede di Consiglio di Sicurezza, il

parlamento Francese adottava in via definitiva una nuova legge antiterrorismo.

3. La legge 1353 del 13 novembre 2014 volta a rinforzare le disposizioni relative alla lotta

contro il terrorismo

Al fine di garantire la necessaria sicurezza sul territorio nazionale, la Loi n° 2014-1353 ha

modificato alcune disposizioni preesistenti dei codici penale e amministrativo francesi, nonché

introdotto una serie di specifiche misure normative17. A tal proposito, appare doveroso precisare

come il progetto di legge sia stato inizialmente elaborato a seguito dell’affaire Mehdi Nemmouche,

il ventinovenne franco-algerino accusato di essere l’autore della strage del Museo ebraico di

Bruxelles (maggio 2014), dopo aver combattuto in Siria a fianco dell’IS per un anno. Non a caso,

l’ultima riforma in materia di norme antiterrorismo (legge n° 2012-1432 del 21 dicembre 2012

sulla sicurezza interna18) era stata a sua volta approvata d’urgenza meno di due anni prima, a

seguito degli attentati di Tolosa e Montauban messi a punto da Mohammed Merah, anch’egli

recatosi precedentemente in Pakistan e Afghanistan per essere addestrato militarmente.

Era quindi già ampiamente noto alle autorità francesi che determinati soggetti, avvicinandosi alle

idee dell’Islam radicale, lasciavano la Francia per recarsi in zone di conflitto, e apprendere

l’utilizzo delle armi e le basilari tecniche di guerriglia, con l’obiettivo di colpire una volta rientrati

in patria. Infatti, la legge del dicembre 2012 aveva già esteso l’applicazione del codice penale agli

atti di terrorismo commessi all’estero da parte di un cittadino francese o di una persona residente

abitualmente sul territorio francese19. L’arsenale giuridico d’oltralpe era quindi già stato rinforzato

negli anni precedenti – dal 1986 sono state 14 le riforme approvate in materia20 - ma era apparso

necessario adattare nuovamente la legislazione al fine di ricomprendere al suo interno le nuove

minacce di cui si era preso coscienza e gli strumenti per farvi fronte.

Nel dettaglio, la legge del novembre 2014 «renforçant les dispositions relatives à la lutte contre le

terrorisme», ha introdotto quattro principali innovazioni normative nell’ordinamento francese: la

possibilità di vietare la partenza dal territorio nazionale di persone sospettate di voler partecipare

ad attività riconducibili ad organizzazioni terroristiche, la possibilità di vietare agli stranieri non

17 LOI n° 2014-1353 du 13 novembre 2014 renforçant les dispositions relatives à la lutte contre le terrorisme, consultabile qui. 18 LOI n° 2012-1432 du 21 décembre 2012 relative à la sécurité et à la lutte contre le terrorisme consultabile qui. 19 Si veda l’art. 113-13 del codice penale francese. Vedi anche T. HERRAN, La nouvelle compétence française en matière de terrorisme. Réflexions sur l’article 113-13 du code pénal, in Dr. Pénal n° 4, aprile 2013, étude n° 10. 20 Si veda France: renforcement de la loi antiterroriste, Le Figaro, 4 novembre 2011, disponibile qui.

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residenti ritenuti una minaccia per la sicurezza di entrare o di permanere nel Paese, la previsione

di nuove fattispecie di reato e di pene aggiuntive per le azioni di supporto e incitamento al

terrorismo e infine il blocco e la rimozione dei siti Internet che incitano o esprimono supporto ad

attività terroristiche21.

Nel corso dei mesi successivi all’approvazione della legge, sono stati quindi pubblicati i decreti

attuativi delle varie misure previste. Il 14 gennaio 2015, a pochi giorni dagli attentati di Parigi,

veniva approvato quello relativo al divieto per i cittadini francesi sospettati di voler diventare

foreign terrorist fighters di uscire dal territorio nazionale, mentre quelli relativi al blocco dei siti

incitanti all’azione e alla loro cancellazione dai motori di ricerca sono stati pubblicati

rispettivamente il 4 febbraio e il 4 marzo dello stesso anno.

4. Aspetti critici della nuova normativa alla luce della tutela – internazionale e nazionale -

dei diritti umani

Nonostante in ripetute occasioni i rappresentanti delle autorità francesi si siano prodigati nel

sottolineare come le misure intraprese fossero state elaborate nel rispetto dello Stato di diritto e

delle libertà fondamentali22, è comunque possibile rilevare una serie di elementi che – a parere di

chi scrive - necessitano di particolare attenzione, in quanto potenziali fattori di rischio in termini

di restrizioni eccessive e ingiustificate di taluni diritti individuali. Come si vedrà nel dettaglio,

l’analisi della normativa lascerebbe intendere come, tra i principali diritti suscettibili di essere

indeboliti dalla sua attuazione, vi sarebbero quelli alla libertà di movimento, alla libertà di

espressione, e alla privacy.

In sostanza, le preoccupazioni principali sarebbero dettate dal fatto che, mentre le nuove misure

hanno esteso in maniera significativa i poteri governativi e delle forze di sicurezza, i criteri di

prova che queste stabiliscono sarebbero espressi in termini generali e vaghi, per di più in difetto

21 La legge è stata approvata con un ampio supporto parlamentare, sia nell’Assemblea Nazionale, con la sola eccezione del Partito dei verdi che ha motivato la sua astensione sulla base dell’eccessiva vaghezza dei poteri conferiti alle autorità governative, mentre al Senato si è aggiunto il voto contrario del Fronte Nazionale e del Partito Comunista francese, che ha ribattezzato la riforma “The French Patriot Act”, in riferimento alla normativa statunitense fortemente criticata per l’ingerenza nella sfera dei diritti individuali che ha comportato. 22 « Le combat contre le terrorisme implique que l’on trouve systématiquement l’équilibre, qui est celui de notre démocratie, entre la nécessité d’assurer la sécurité des Français et de préserver les libertés publiques.», da La lutte contre le terrorisme (Gouvernement.fr) ; “Furthermore, at the legislative level, France has adopted new tools in order to adapt to the evolving terrorist threat and while respecting its international commitments to protecting human rights” Meeting concerning foreign fighters Statement by Mr. François Delattre, cit., 29 maggio 2015.

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di garanzie sufficienti per quanto riguarda la regolarità delle procedure23. In altri termini, il tenore

delle restrizioni imposte appare in alcuni casi suscettibile di comportare una sproporzione

rispetto agli obiettivi che queste mirano ad ottenere.

4.1 L’interdizione a lasciare il territorio francese per i sospetti Foreign Terrorist Fighters

In primo luogo, tra le misure più rilevanti in tal senso, vi sarebbe quanto disposto dal primo

articolo della legge 2014-1353, secondo il quale ogni cittadino francese può essere fatto oggetto

del divieto di lasciare il proprio territorio nazionale, e del correlato obbligo di consegnare i propri

documenti di identità. Questo può avvenire nel caso in cui vi siano serie ragioni di ritenere che

egli sia intenzionato a partecipare ad attività terroristiche, o a recarsi in teatri di conflitto dove

operano gruppi terroristici in grado di metterlo in condizione di attentare alla sicurezza nazionale

al suo ritorno sul territorio francese. Tale provvedimento, deciso e notificato per iscritto dal

Ministro dell’Interno, può estendersi per un periodo di sei mesi, rinnovabile entro un massimo di

due anni qualora – e nei limiti in cui – persistano le ragioni che l’hanno motivato. Viene inoltre

data all’interessato la possibilità di presentare le proprie “osservazioni” entro un periodo massimo

di otto giorni a partire dalla sua notifica, e di presentare entro due mesi una domanda

d’annullamento della decisione al tribunale amministrativo.

In linea generale l’impostazione della misura sembrerebbe conforme a quanto previsto sul piano

internazionale dalle due principali disposizioni di riferimento in materia di libertà di movimento

sottoscritte dalla Francia, ovvero l’art. 12.2 del Patto sui diritti civili e politici (PDCP, 1966)24 e

l’art. 2.2 del Protocollo 4 della Convenzione europea sui diritti umani (CEDU, 1950)25. Tali

norme, di formulazione sostanzialmente analoga, stabiliscono infatti che le restrizioni a tale

23 Vedi anche Human Rights Watch, France : Le projet de loi antiterroriste constitue une menace pour les droits humains, 10 ottobre 2014, consultabile qui. 24 “Article 12 - 1. Everyone lawfully within the territory of a State shall, within that territory, have the right to liberty of movement and freedom to choose his residence. 2. Everyone shall be free to leave any country, including his own. 3. The above-mentioned rights shall not be subject to any restrictions except those which are provided by law, are necessary to protect national security, public order (ordre public), public health or morals or the rights and freedoms of others, and are consistent with the other rights recognized in the present Covenant. 4. No one shall be arbitrarily deprived of the right to enter his own country.” 25 “Article 2 – Freedom of movement. Everyone lawfully within the territory of a State shall, within that territory, have the right to liberty of movement and freedom to choose his residence. Everyone shall be free to leave any country, including his own. No restrictions shall be placed on the exercise of these rights other than such as are in accordance with law and are necessary in a democratic society in the interests of national security or public safety, for the maintenance of order public, for the prevention of crime, for the protection of health or morals, or for the protection of the rights and freedoms of others. The rights set forth in paragraph 1 may also be subject, in particular areas, to restrictions imposed in accordance with law and justified by the public interest in a democratic society.”

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diritto devono essere previste per legge, essere necessarie al mantenimento della sicurezza

nazionale, all’ordine pubblico, alla salute o alla moralità pubblica, o al rispetto delle libertà e dei

diritti altrui, e in via generale proporzionali al raggiungimento di questo risultato.

Non di meno, come sottolineato già in fase di approvazione della legge da parte della

Commissione nazionale consultiva sui diritti umani francese (CNCDH)26, un primo elemento di

preoccupazione sembrerebbe derivare dal fatto che una limitazione così netta di un diritto

fondamentale della persona come quello alla libertà di movimento, viene di fatto decisa sulla base

di “note” fornite dai servizi di informazione e in particolare dalla Direction générale de la sécurité

intérieure (DGSI)27. Com’è ovvio, tali documenti sono prodotti e diffusi in assenza di qualsiasi

controllo esterno, e in molti casi sono inaccessibili in quanto coperti dal segreto di Stato.

In base a quanto previsto dalla norma in esame, l’individuo colpito dal provvedimento non

avrebbe dunque la possibilità di ricorrere ad un vero e proprio contraddittorio rispetto alla misura

subita, né tantomeno di appellarsi al giudice ordinario, con l’unica eccezione costituita dalla

possibilità di ricorso al tribunale amministrativo in caso di sospetto excès de pouvoir28. Ciò potrebbe

comportare una violazione del principio del contraddittorio previsto all’articolo 24 della legge n.

2000-321 del 12 aprile del 2000, relativa ai diritti dei cittadini francesi nei loro rapporti con

l’amministrazione pubblica, così come del principio di motivazione delle decisioni amministrative

sfavorevoli contenuto dai primi articoli della legge n. 79-587 del 11 Luglio 1979. In linea teorica,

le limitazioni e le deroghe motivate sulla base delle circostanze emergenziali e della minaccia

all’ordine pubblico, non sarebbero in alcun caso invocabili per restringere l’applicazione dei due

suddetti principi.

26 La ‘Commission nationale consultative des droits de l’homme’ è l’istituzione nazionale francese che si occupa di vegliare sul rispetto dei diritti umani da parte delle istituzioni del Paese. Creata nel 1947, questa è assimilabile ad un’autorità amministrativa indipendente, in quanto lo Stato ne assicura appunto la piena indipendenza da governo e parlamento. Il suo ruolo è quello di fornire pareri e proposte nel campo dei diritti individuali, dello Stato di diritto e dell’azione umanitaria, nonché quello di garantire l’esercizio delle libertà pubbliche ai cittadini francesi. Per un approfondimento ulteriore, si veda: http://www.cncdh.fr/fr/linstitution 27 Creata con il decreto n° 2014-445 del 30 aprile 2014 relativo a « missions et à l’organisation de la Direction générale de la sécurité intérieure », la DGSI ha sostituito la Direction centrale du renseignement intérieur (DCRI) nata nel 2008 dalla fusione tra la Direction de la surveillance du territoire (DST) et la Direction des renseignements généraux (RG). 28 L’unica possibilità prevista è quella di un ricorso per eccesso di potere, accompagnata se del caso, a una misura sospensiva cautelare (articolo L. 521-1 del codice di giustizia amministrativa), o da una procedura denominata “référé liberté fondamentale” (articolo L. 521-2 del codice di giustizia amministrativa), misura d’urgenza attivabile nel caso in cui un potere pubblico stia asseritamente mettendo a repentaglio una libertà fondamentale di un individuo.

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In effetti, dalla lettura della norma si evince come le garanzie procedurali di difesa non siano

esercitabili in maniera piena ed effettiva, essendo il momento in cui l’interessato può presentare le

sue osservazioni successivo rispetto alla notifica della misura motivata del Ministro dell’Interno,

fatto che porterebbe all’assenza di un vero e proprio momento di confronto con l’interessato e

con un suo avvocato in un momento precedente alla stessa.

Rispetto alla possibilità che le informazioni riservate fornite dalle agenzie collegate al Ministero

dell’Interno possano comportare un eccesso di reazione o un’applicazione sproporzionata delle

misure antiterrorismo, è stato ricordato quanto avvenuto nel 2008 nel piccolo villaggio rurale di

Tarnac, dove sulla base delle norme antiterrorismo in vigore al tempo, con un massiccio

intervento da parte delle forze di sicurezza francesi (con tanto di elicotteri e squadre cinofile),

nove giovani francesi – tra cui 5 ragazze di età compresa tra i 22 e i 34 anni - furono arrestati e

accusati di associazione criminale con finalità terroristica, per aver posto in essere alcuni atti di

vandalismo alle strutture dell’alta velocità ferroviaria e aver così provocato una serie di ritardi29.

In via generale, è possibile notare come i fondamenti della decisione di interdizione abbiano in

effetti un carattere inevitabilmente soggettivo, non riguardando una condotta già posta in essere,

ma la mera intenzione di realizzare un determinato progetto criminoso. Il rischio di prendere

decisioni errate o sproporzionate rispetto ad un diritto fondamentale come quello alla libertà di

lasciare il proprio Paese, o di tornarvi, lascerebbe intendere come tali presupposti dovrebbero

essere al contrario fondati su criteri oggettivi e verificabili, o meglio – facendo riferimento a

quanto affermato dalla stessa Corte EDU – giustificati dall’esistenza di “faits ou renseignements

propres à persuader un observateur objectif”30.

In secondo luogo, nel valutare il bilanciamento delle misure previste alla luce delle restrizioni

personali imponibili atte ad assicurare la piena efficacia dell’interdizione, occorre tener conto del

ritiro, assieme al passaporto, anche della carta d’identità, al fine di impedire eventuali spostamenti

all’interno dell’area Schengen, e del rilascio di una ricevuta sostitutiva (récépissé). È possibile

immaginare come ciò comporti un sostanziale impedimento allo svolgimento ordinario della

propria vita, basti pensare alle difficoltà che si possono incontrare, ad esempio, nella ricerca di un

lavoro o di un alloggio, nella richiesta di prestiti o mutui bancari o nel presentare domanda

29 Si veda, in merito, Rural idyll or terrorist hub? The village that police say is a threat to the state, The Guardian, 3 gennaio 2009, disponibile qui. 30 Si tratta della definizione fornita dalla Corte in merito ai « motivi plausibili di sospettare » la commissione di un illecito, condizione necessaria per la privazione della libertà le cui garanzie sono previste all’articolo 5.1 della CEDU (si veda, ad esempio, la sentenza Fox, Campbell et Hartley c. Royaume-Uni, Série A n° 182, § 32, del 30 agosto 1990).

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d’iscrizione dei propri figli presso gli istituti scolastici31. Tali aspetti, difficilmente trascurabili,

qualora non giustificati potrebbero comportare una serie di violazioni dell’articolo 8 della CEDU,

volto a garantire il rispetto della vita privata e familiare. La privazione dei documenti di identità

appare in questo senso una misura fortemente discriminante, alla luce del fatto che l’interdizione

a uscire dal territorio nazionale è una misura di natura preventiva.

4.2 Le nuove fattispecie criminose introdotte dalla legge

In seconda misura, l’art. 6 della nuova legge ha comportato una modifica del codice penale

francese, volta a introdurre una nuova fattispecie criminosa consistente nel ricercare, procurarsi o

fabbricare, nel quadro di un’azione terroristica individuale, oggetti o sostanze atte ad arrecare

danni a cose e persone, associato al reperimento di informazioni sul loro utilizzo o su possibili

obiettivi, nell’intento di destabilizzare l’ordine pubblico e intimidire o diffondere il terrore tra la

popolazione32.

Come rilevato anche in questo caso dalla CNCDH, pur tenendo conto della necessità oggettiva di

estendere il più possibile la capacità preventiva dell’azione repressiva nei confronti di tale

tipologia di atti, la nuova legge sembrerebbe finalizzata a criminalizzare più che la messa a punto

di un piano terroristico imminente, la “preparazione della preparazione” di tale atto 33 .

L’impossibilità di definire in maniera chiara e univoca la fattispecie in esame, nonostante l’elenco

contenuto nell’articolo sia abbastanza specifico in merito, potrebbe portare ad accuse di reato

31 « Un récépissé valant justification de son identité est remis à la personne concernée en échange de la restitution de son passeport et de sa carte nationale d'identité ou, à sa demande, en lieu et place de la délivrance d'un tel document. Ce récépissé suffit à justifier de l'identité de la personne concernée sur le territoire national en application de l'article 1er de la loi n° 2012-410 du 27 mars 2012 relative à la protection de l'identité. » 32 Article 421-2-6 Créé par LOI n°2014-1353 du 13 novembre 2014 - art. 6 « I. - Constitue un acte de terrorisme le fait de préparer la commission d'une des infractions mentionnées au II, dès lors que la préparation de ladite infraction est intentionnellement en relation avec une entreprise individuelle ayant pour but de troubler gravement l'ordre public par l'intimidation ou la terreur et qu'elle est caractérisée par : 1° Le fait de détenir, de rechercher, de se procurer ou de fabriquer des objets ou des substances de nature à créer un danger pour autrui; 2° Et l'un des autres faits matériels suivants : a) Recueillir des renseignements sur des lieux ou des personnes permettant de mener une action dans ces lieux ou de porter atteinte à ces personnes ou exercer une surveillance sur ces lieux ou ces personnes; b) S’entraîner ou se former au maniement des armes ou à toute forme de combat, à la fabrication ou à l'utilisation de substances explosives, incendiaires, nucléaires, radiologiques, biologiques ou chimiques ou au pilotage d'aéronefs ou à la conduite de navires; c) Consulter habituellement un ou plusieurs services de communication au public en ligne ou détenir des documents provoquant directement à la commission d'actes de terrorisme ou en faisant l'apologie; d) Avoir séjourné à l'étranger sur un théâtre d'opérations de groupements terroristes. » 33 Commission Nationale Consultative des Droits de L’Homme, Avis sur le projet de loi renforçant les dispositions relatives à la lutte contre le terrorisme, Assemblée plénière – 25 septembre 2014, par. 16.

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mosse nei confronti di persone che potevano non essere a conoscenza dell’illegalità per se di taluni

atti. Tale disposizione rischierebbe quindi di comportare un indebolimento, se non una vera e

propria violazione, del principio di legalità 34 e della presunzione di innocenza 35 , così come

riconosciuti dal diritto interno francese e dal diritto internazionale.

Nel punire un comportamento che può essere considerato di molto “a monte” del reato finale

ipotizzato, si incorre ancora una volta in un elemento di intenzionalità passibile di valutazioni

soggettive, da associare inevitabilmente alla condotta materiale36. A questo proposito, è stato

ricordato come nell’ordinamento francese, in virtù dell’art. 121-5 del codice penale, viga il

principio del divieto di punibilità di un atto preparatorio senza un “inizio d’esecuzione” del

crimine correlato (“commencement d’exécution”). Oltretutto, mentre sembrerebbe fuori di dubbio che

il possesso o la fabbricazione di sostanze atte a danneggiare altre persone implichi un elemento

materiale il cui legame con l’intento terroristico può essere più agilmente stabilito, l’atto della

semplice “ricerca” – oltre a rappresentare una condotta di difficile definizione – sembrerebbe

collocarsi in una fase troppo distante dall’inizio dell’esecuzione dell’atto vero e proprio,

esponendo l’intero impianto normativo ad un margine d’apprezzamento ancora una volta

inevitabilmente parziale e arbitrario, rispetto ad atti che non possono essere considerati

“preparatori” su di un piano strettamente giuridico37.

Nella consapevolezza che più ci si allontana dall’istante della commissione dell’atto “finale” più

appare delicato stabilire con certezza la realtà delle intenzioni, una definizione più precisa

dell’“elemento morale” del nuovo reato configurato dalla norma sembrerebbe quindi auspicabile,

al fine di chiarire che gli atti compiuti dall’individuo isolato non possono che spiegarsi con la

volontà di realizzare un’azione terroristica. In tale direzione, un principio cardine che potrebbe

essere insidiato, oltre a quello della legalità penale, è quello della presunzione di innocenza,

34 Stabilito dall’articolo 8 della Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen del 1789 e dall’articolo 7 CEDU. 35 Stabilito dall’articolo 9 della Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen del 1789 e dall’articolo 6.2 CEDU. In base ad alcune ricerche effettuare dall’organizzazione Human Rights Watch (link), si è constatato il fatto che l’esistenza nell’ordinamento penale francese del reato di « associazione criminale in relazione ad un’impresa terroristica », basata su una definizione molto generale e che permette alle autorità di intervenire molto tempo prima che il crimine sia stato commesso, ha già condotto alla messa in stato d’accusa e alla condanna di individui, sulla base di elementi considerati deboli e indiretti. Secondo il parere fornito da HRW, esiste un rischio effettivo che il crimine di “impresa terroristica individuale” così come configurato, conduca a simili abusi. Si veda HRW, cit. 36 Appare opportuno notare come tali fattispecie siano punibili con 10 anni di reclusione e 150.000 euro di multa. 37 CNCDH, cit., par. 15. In particolare, la Commissione «partage les réserves de la doctrine allemande qui voit dans la pénalisation accrue d’actes antérieurs au commencement d’exécution, une résurgence inquiétante de la doctrine du ‘droit pénal de l'ennemi’, ce serait une ‘victoire de la peur’, la victoire d'un droit pénal sécuritaire sur un droit pénal classique strictement encadré par le principe de légalité».

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previsto originariamente nell’art. 9 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del

178938, così come più di recente dall’art. 6.2 della CEDU39, il quale esige l’esistenza di una prova

certa e completa della colpa.

Non da ultimo, in base all’articolo 5 della legge in esame, i crimini già esistenti di “incitazione”

pubblica al terrorismo o di “glorificazione” dello stesso, vengono eliminati dalla legge francese

sulla libertà di espressione tramite il mezzo stampa, risalente al luglio 1881, e introdotti nel codice

penale40. Ancora una volta è stato osservato come i termini con cui vengono definite tali condotte

(“Le fait de provoquer directement à des actes de terrorisme ou de faire publiquement l'apologie de ces actes”)

possano essere considerati come eccessivamente generici, e suscettibili quindi di portare a delle

violazioni del diritto alla libertà d’espressione, in tutti quei casi in cui determinate dichiarazioni o

testi divulgati non abbiano alcun legame di causa-effetto con un atto terroristico. Inoltre, la

norma “appesantisce” le pene previste per tali reati qualora commessi on-line, che passano quindi

da 5 a 7 anni di reclusione, e da 45.000 a 100.000 euro di multa, pur nella consapevolezza di

quanto sia difficile stabilire una serie di elementi oggettivi legati ai contenuti trasmessi via

Internet, in primis la loro fonte, in uno strumento comunicativo multicentrico, e facilmente

“manipolabile” come la Rete.

Deve essere infine rilevato come il nuovo articolo introdotto non operi alcuna distinzione tra una

“provocazione” seguita da un effetto ad essa direttamente collegabile e, al contrario, una

“provocazione” rimasta tale, come invece disponevano in precedenza gli articoli 23 e 24 della

legge sulla stampa del 1881. In effetti, tale impostazione appare su questo punto conforme a

quanto previsto dalla Decisione-quadro 2008/919/JAI del Consiglio dell’Unione europea

portante modifica alla Decisione-quadro 2002/475/JAI del 13 giugno 2012, relativa alla lotta

contro il terrorismo, in base alla quale l’incitazione a compiere un atto terroristico deve essere

repressa, indipendentemente da quelli che siano i suoi effetti reali.

38 « Art. 9. Tout homme étant présumé innocent jusqu'à ce qu'il ait été déclaré coupable, s'il est jugé indispensable de l'arrêter, toute rigueur qui ne serait pas nécessaire pour s'assurer de sa personne doit être sévèrement réprimée par la loi». 39 “2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.” 40 Article 421-2-5 Créé par Loi n° 2014-1353 du 13 novembre 2014 – « Art. 5 Le fait de provoquer directement à des actes de terrorisme ou de faire publiquement l'apologie de ces actes est puni de cinq ans d'emprisonnement et de 75 000 € d'amende. Les peines sont portées à sept ans d'emprisonnement et à 100 000 € d'amende lorsque les faits ont été commis en utilisant un service de communication au public en ligne. Lorsque les faits sont commis par la voie de la presse écrite ou audiovisuelle ou de la communication au public en ligne, les dispositions particulières des lois qui régissent ces matières sont applicables en ce qui concerne la détermination des personnes responsables».

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Mentre però appare comprensibile che nel caso di “provocazione seguita da effetto” tale atto

rientri a pieno nel campo della repressione penale dando al giudice gli strumenti per verificare la

responsabilità per complicità41, in quanto la tutela della sicurezza collettiva prevale sul diritto alla

libertà d’espressione42, ciò non sembra potersi dire per eventuali atti di incitazione non seguiti da

alcun effetto, dovendosi in questo caso preferire un contemperamento tra la necessità di garantire

la protezione delle persone e quella di tutelare il diritto alla libertà di espressione e in ogni caso

evitare il rischio di perseguire reati di opinione, elemento rientrante nelle finalità della legge 1881

sulla libertà d’espressione a mezzo stampa.

Nel gennaio del 2015, a pochi giorni dagli attentati alla redazione del giornale satirico Charlie

Hebdo, il Ministro della Giustizia Christiane Taubira istruiva tutti i procuratori attivi sul territorio

nazionale a porre in essere una risposta penale “systématique, adaptée et individualisés” ad una

serie di atti tra cui l’apologia di terrorismo43. Di fatto, già nei primi mesi di applicazione della

nuova normativa, sono stati registrati numerosi casi di indagini, fermi, arresti e procedimenti nei

confronti di persone accusate di “glorificazione” del terrorismo, in alcuni casi a seguito di

procedure ritenute “sommarie”44.

Nei mesi successivi, la stampa francese ha segnalato l’apertura di decine di casi di persone

incriminate per supposta “glorificazione del terrorismo” 45 . In alcuni di questi, le espressioni

incriminanti erano state diffuse tramite i social media, o addirittura verbalmente quando l’individuo

era entrato in contatto con le forze di polizia. Il timore è che in molti di questi casi l’applicazione

della nuova normativa antiterrorismo abbia condotto a procedimenti eccessivamente rapidi e

punitivi, con pene detentive molto lunghe se riferite ad atti di natura verbale che non miravano in

maniera diretta ad incitare violenze o per minacce agli agenti di polizia che dovrebbero rientrare

41 Si veda, in proposito, l’art 121-7 secondo comma del codice penale francese secondo cui: « Est complice d'un crime ou d'un délit la personne qui sciemment, par aide ou assistance, en a facilité la préparation ou la consommation. Est également complice la personne qui par don, promesse, menace, ordre, abus d'autorité ou de pouvoir aura provoqué à une infraction ou donné des instructions pour la commettre». 42 Sempre secondo la CNCDH, « Dans l’hypothèse d’une provocation suivie d’effet (la commission d’actes de terrorisme), on sort du champ de la liberté d’expression pour entrer dans celui de la protection des personnes. L’enjeu de la lutte contre le terrorisme devient d’autant plus prépondérant, dès lors qu’il s’agit, comme c’est le cas dans le nouvel article 421-2-5 du code pénal, d’une provocation « directe », matérialisée par des écrits ou des propos précisant explicitement les actes appelés par la provocation». 43 Si veda la nota N. 2015/0213/A13 disponibile qui. 44 Si veda HRW, Dispatches: France, a Country of Freedom of Expression – For Some, January 16, 2015, disponibile qui. 45 Si veda Plus de 70 procédures ouvertes pour apologie et menaces d'actions terroristes, Le Monde, 14 gennaio 2015, disponibile qui e qui.

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nel quadro dei reati ordinari 46 . Questo in quanto la nuova procedura, oltre a facilitare

enormemente l’avvio della stessa rispetto a quanto previsto in precedenza dalle leggi sulla stampa,

consente di ricorrere al rito abbreviato davanti alla giustizia.

4.3 Le misure relative al controllo sull’utilizzo di Internet a fini terroristici

Talune disposizioni del nuovo dispositivo sono infine finalizzate a reprimere determinati utilizzi

di Internet, mezzo dalla natura de-spazializzata e multicentrica la cui regolamentazione è pertanto

giuridicamente controversa in molteplici settori47. Difatti, mentre da una parte la rete digitale è

ormai generalmente considerata come uno dei principali strumenti di esercizio del diritto alla

libertà d’espressione e all’informazione48, questa costituisce allo stesso tempo uno dei principali

vettori di incitamento, propaganda, e reclutamento della così detta “galassia jihadista”. 49 Gli

aspetti più critici derivano quindi dall’individuazione del giusto equilibrio normativo, in grado di

definire nuove strategie e mezzi di lotta a tali utilizzi devianti, che tengano conto allo stesso

tempo dei diritti individuali menzionati.

Come notato del resto dalla stessa Corte EDU:

« l’internet est certes un outil d’information et de communication qui se distingue

particulièrement de la presse écrite, notamment quant à sa capacité à emmagasiner et diffuser

l’information. Ce réseau électronique, desservant des milliards d’usagers partout dans le monde,

n’est pas et ne sera peut-être jamais soumis aux mêmes règles et ni au même contrôle.

46 Si veda LDH Ligue des droits de l’Homme, Déjà 50 poursuites engagées au pénal pour apologie du terrorisme, 14 gennaio 2015. 47 Per un approfondimento in merito si veda T. NATOLI, La Internet governance nel sistema internazionale, federalismi, Federalismi.it, Focus - Comunicazioni, Media E Nuove Tecnologie N. 2 - 19/09/2014, disponibile qui. 48 Come riconosciuto dalla stessa Corte di Strasburgo nel caso Ahmet Yildirim c. Turquie, req. 3111/10, § 54. 49 Nel 2005 la Commissione europea aveva già rilevato come « l’utilisation d’internet comme moyen d’incitation à la radicalisation violente ou de recrutement des terroristes est extrêmement préoccupante compte-tenu de l’efficacité et de la portée mondiale, en temps réel d’internet » (Si veda Commissione europea, Le recrutement des groupes terroristes : combattre les facteurs qui contribuent à la radicalisation violente, COM(2005) 313, 21 settembre 2005, p. 4). In Francia, tale questione è stata sollevata per la prima volta nel 2006 nel Livre blanc du Gouvernement sur la sécurité intérieure face au terrorisme (Si veda Secrétariat général de la défense nationale, La France face au terrorisme. Livre blanc du Gouvernement sur la sécurité intérieure face au terrorisme, in La documentation française 2006, p. 29 et s.), e poi, più recentemente, nel rapporto di una Commissione d’inchiesta parlamentare presideuta da Christophe Cavard (Si veda Assemblée nationale, Rapport n° 1056 fait au nom de la Commission d’enquête sur le fonctionnement des services de renseignement français dans le suivi et la surveillance des mouvements radicaux armés, Paris, 24 maggio 2013, p. 17 et s.).

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Assurément, les communications en ligne et leur contenu risquent bien plus que la presse de

porter atteinte à l’exercice et à la jouissance des droits et libertés fondamentaux »50

In questo senso, la nuova legge mira a fornire un sistema adeguato di risposta, dotando le autorità

amministrative degli strumenti per agire in maniera repentina, a fronte della grande viralità dei

contenuti web. In particolare, l’art. 12 – modificando una precedente norma del 2004 sulla

promozione della fiducia nell’economia digitale 51 - prevede la possibilità per l’autorità

amministrativa di ordinare ai fornitori di accesso a Internet (provider), il blocco all’accesso dei siti

contenenti forme di incitamento a commettere atti di terrorismo o di apologia, nonché un

ampliamento del campo degli strumenti di notifica imponibili. Il modello di riferimento è stato in

questo caso la legge già esistente in materia di pedopornografia52 , rispetto al quale il Conseil

constitutionnel non aveva riscontrato alcuna violazione dell’articolo 11 della Dichiarazione del 1789,

relativa alla libertà di comunicazione53.

Tuttavia, come rilevato ancora una volta dalla CNCDH, le procedure indicate nel dettaglio dalla

nuova norma rischiano di comportare una pericolosa sovrapposizione tra l’apparato

amministrativo e quello giudiziario. Ciò in quanto, il nuovo testo dà facoltà all’autorità

amministrativa di agire in via repressiva, e non preventiva, ovvero ad intervenire quando la

condotta illecita (ad esempio il tentativo di reclutamento) è già stata posta in essere. È quindi

difficile conciliare tale misura con la funzione puramente amministrativa.

Le nuove disposizioni sembrerebbero al contrario necessitare di un ruolo preponderante

dell’autorità giudiziaria – unica competente in materia di repressione dei reati secondo la

50 Si veda Corte EDU, Pravoye Delo et Shtekel c. Ukraine (Comitato di redazione), 5 maggio 2011, req. n° 33014/05, § 63. 51 Si veda Loi n° 2004-575 du 21 juin 2004 pour la confiance dans l'économie numérique (1), consultabile qui. 52 Si veda Loi n° 2011-267 du 14 mars 2011 d’orientation et de programmation pour la performance de la sécurité intérieure, disponibile qui. 53 « Art. 11. La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l'abus de cette liberté dans les cas déterminés par la Loi ». Si veda in particolare : Cons. const. 10 mars 2011, n° 2011-625 DC, considérant n° 8 : « Considérant, en second lieu, que les dispositions contestées ne confèrent à l'autorité administrative que le pouvoir de restreindre, pour la protection des utilisateurs d'internet, l'accès à des services de communication au public en ligne lorsque et dans la mesure où ils diffusent des images de pornographie infantile ; que la décision de l'autorité administrative est susceptible d'être contestée à tout moment et par toute personne intéressée devant la juridiction compétente, le cas échéant en référé ; que, dans ces conditions, ces dispositions assurent une conciliation qui n'est pas disproportionnée entre l'objectif de valeur constitutionnelle de sauvegarde de l'ordre public et la liberté de communication garantie par l'article 11 de la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789 ».

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normativa francese - e in particolare solleverebbero alcune criticità sotto il profilo della

separazione dei poteri, affermata dalla Dichiarazione del 1789 all’articolo 1654.

Alla luce della giurisprudenza della Corte EDU in materia – peraltro non propriamente

uniforme55 – il rispetto dell’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani sembrerebbe

non poter prescindere dall’intervento di un giudice per autorizzare il blocco di un sito web e la

rimozione del suo contenuto, trattandosi questa di una seria limitazione dei diritti garantiti in

materia di espressione e informazione56. Dal nuovo testo non discende quindi possibilità di porre

in essere un confronto trasparente e di verifica delle motivazioni che hanno condotto all’adozione

del provvedimento amministrativo.

Restano per di più in dubbio le condizioni di assoluta urgenza o di assenza di soluzioni

alternative, in grado di giustificare tale procedura eccezionale, e oltretutto, rispetto alle

disposizioni relative alla pornografia minorile a cui la nuova norma si ispira, riferibile a contenuti

chiaramente identificabili, è possibile ritenere che l’incitamento al terrorismo sia comunque

passibile di interpretazioni soggettive, comportando ancora una volta il rischio di punire reati così

detti di opinione.

Tali posizioni sono state confermate da un documento realizzato dal Consiglio Nazionale

Digitale francese57, interpellato nel giugno 2014 sul contenuto dell’articolo relativo al blocco

amministrativo dei siti Internet (allora l’articolo 9). Tale organo, dopo aver condotto una

quindicina di audizioni di esperti del settore dell’antiterrorismo e del fenomeno terroristico in

54 « Art. 16. Toute Société dans laquelle la garantie des Droits n'est pas assurée, ni la séparation des Pouvoirs déterminée, n'a point de Constitution. » 55 Voir Cour EDH 18 décembre 2012, Ahmet Yildirim c. Turquie, req. 3111/10. Voir également F. Tréguer, Internet dans la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme, RDLF 2013, chron. n° 13. 56 Dans ce sens voir l’opinion concordante du juge Paulo Pinto de Albuquerque (sous Cour EDH 18 décembre 2012, Ahmet Yildirim c. Turquie, op. cit.) qui se réfère à l’affaire Banatan Books, Inc. v. Sullivan (372 U.S. 58 (1963) : « Any system of prior restraints of expression comes to this Court bearing a heavy presumption against its constitutional validity »). Anche la Corte costituzionale francese ha riconosciuto che il blocco di un sito Internet costituisce una grave violazione della libertà d’espressione e di comunicazione, si veda Decisione n. 2011-625 del 10 marzo 2011. 57 « Le Conseil national du numérique est une commission consultative indépendante, dont les missions ont été redéfinies et étendues par un décret du Président de la République du 13 décembre 2012, présenté en Conseil des ministres du 12 décembre 2012 par Fleur Pellerin, Ministre des Petites et Moyennes Entreprises, de l’Innovation, de l’Economie numérique. Ses membres ont été nommés par un décret du Président de la République du 17 janvier 2013. Le Conseil national du numérique a pour mission de formuler de manière indépendante et de rendre publics des avis et des recommandations sur toute question relative à l’impact du numérique sur la société et sur l’économie. A cette fin, il organise des concertations régulières, au niveau national et territorial, avec les élus, la société civile et le monde économique. Il peut être consulté par le Gouvernement sur tout projet de disposition législative ou réglementaire dans le domaine du numérique. Il prend la suite du premier Conseil national du numérique, créé le 29 avril 2011», Fonte.

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generale, ha in prima battuta riconosciuto l’effettiva circolazione in Rete di testi, video, immagini

e suoni, volti a glorificare atti di terrorismo o a mostrare vittime di conflitti “allo scopo di

provocare l’adesione e l’empatia degli internauti”58. Solo i più “motivati” tra questi ultimi, a detta

del Consiglio, verrebbero indirizzati verso un numero più esiguo di siti di reclutamento, a partire

dai quali sono poi selezionati per essere destinati ai teatri operativi, in alcuni casi con l’intenzione

di commettere azioni violente in Francia.

Tuttavia, il Consiglio ha precisato come queste due fasi, la diffusione di contenuti e il

reclutamento, non siano assimilabili in maniera automatica. Al contrario, sulla base di motivazioni

legate all’efficienza della stessa, la nuova norma è volta ad intervenire a monte del reclutamento

dei candidati, al fine di impedire loro di accedere a contenuti di tipo propagandistico e di essere

indirizzato verso la filiera del reclutamento, aspetti che richiederebbero probabilmente risposte di

natura diversa.

In primo luogo, dalle opinioni espresse dai professionisti dell’antiterrorismo interpellati, i siti di

reclutamento vero e proprio sarebbero relativamente pochi (un numero compreso tra i dieci e i

cento), non configurando quindi un potenziale sovraccarico dell’azione giudiziaria che

motiverebbe la creazione di una procedura ad hoc in grado di “aggirarla”59. Allo stesso tempo, la

decisione della loro rimozione dovrebbe essere valutata in rapporto ai vantaggi che derivanti dalla

loro eventuale sorveglianza, in termini di informazioni ottenibili.

Più in generale, è stato giustamente sottolineato come i contenuti diffusi on line siano di natura

estremamente variegata e complessa. Occorre pertanto avere la giusta conoscenza del mezzo e

dei linguaggi utilizzati per poter discernere con coerenza le forme di incitamento dalle semplici

opinioni, tenendo conto del fatto che la maggior parte dei materiali viene diffusa tra comunità di

attivisti su social network, forum e piattaforme spesso non assimilabili ad un vero e proprio sito web,

e nei quali contenuti leciti e illeciti possono coesistere. L’esame sistematico e approfondito di tali

contenitori digitali comporta il rischio di violazioni del diritto alla privacy e alla libertà di coscienza,

che occorrerebbe giustificare alla luce del risultato ottenibile.

Sul piano puramente tecnico, è stato poi sottolineato come i dispositivi di blocco sono in molti

casi facilmente aggirabili dai responsabili del reclutamento, mentre in altri non consentono di

58 Si veda CNNum, Avis sur le projet de loi relatif à la lutte contre le terrorisme, disponibile qui. 59 Nell’intento di esprimere un parere il più possibile informato, il Consiglio nazionale per il digitale ha proceduto ad una quindicina di audizioni che hanno riunito esperti di terrorismo (sociologi, giornalisti, rappresentanti di associazioni), magistrati e avvocati specializzati nel settore, rappresentanti della società civile, membri dei servizi di informazione e professionisti dell’ambito digitale. I testi delle audizioni sono disponibili qui.

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eliminare del tutto il contenuto alla fonte60. Infine, in base all’esperienza di altri Paesi in cui sono

state attuate normative simili (Regno Unito, Stati Uniti e Australia), vi sarebbe il rischio di

generare fenomeni di sovra-bloccaggio, dovuti al fatto che lo stesso IP può ospitare più

piattaforme di contenuti, tra cui quelli perfettamente legali, il cui blocco collaterale comporta

chiaramente una violazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione61.

5. Conclusioni

L’analisi della nuova normativa francese in materia di antiterrorismo, adottata in conformità a

quanto previsto nella Risoluzione 2178 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha

evidenziato una serie di aspetti critici che assumono rilevanza alla luce del diritto internazionale

dei diritti umani e delle norme a tutela di tali diritti così come configurate dall’ordinamento

francese. Com’è comprensibile, l’acuirsi di un fenomeno come quello del terrorismo islamico e la

sua crescente volubilità, non possono che comportare un rafforzamento dei poteri degli apparati

governativi e di sicurezza i quali si confrontano quotidianamente con le difficoltà di difendere una

società “tendenzialmente aperta” come quella europea. Messa dinnanzi a questa sfida, la Francia

ha dato il via ad un processo di riforma senza attendere l’approvazione della Risoluzione 2178,

ma adottando misure sostanzialmente conformi al suo contenuto.

Tuttavia, vi è in primo luogo da sottolineare come occorra tenere sempre a mente la complessità

del fenomeno dei foreign terrorist fighters, alla luce dei casi in cui determinati individui si siano

effettivamente recati sui campi di battaglia - siriano e iracheno - senza poi passare all’azione, o

quelli che, una volta rientrati in Francia, hanno rinunciato a qualsiasi intento terroristico alla luce

delle atrocità vissute. L’approccio non deve quindi cadere nel rischio di semplificare un fenomeno

molto complesso, in cui considerazioni di natura sociale, politica, psicologica e religiosa si

intersecano in maniera indissolubile.

60 Numerose tecniche consentono di sfuggire al filtro su Internet: proxy servers, tunnels, cambio di host o rotazione di URL, Botnets, cambio di DNS. Oltretutto, la norma così formulata rischia di rallentare lo sviluppo della cooperazione internazionale in tema di prevenzione e sicurezza sul web, in quanto questa non fa che spostare il problema al di fuori dei domini controllabili dalle autorità francesi, provocando così una “balcanizzazione” di Internet che potrebbe consentire agli addetti al reclutamento di giostrare tra paesi diversi per difendersi dai blocchi tecnici introdotti a livello locale. 61 Negli Stati Uniti, il blocco di 10 siti pedopornografici da parte delle autorità americane aveva provocato il blocco di 84 000 siti legali che condividevano lo stesso provider DNS. Gli operatori effettuano il blocco solo a livello del nome a dominio (DNS), ed eventualmente di sottodominio. Qualunque blocco più sofisticato (in particolare tramite l’URL) richiederebbe tecnologie più avanzate e dovrebbe ricorrere a tecniche di deep packet inspection (DPI), in netto contrasto con la riservatezza della corrispondenza, incorrendo così in gravi rischi in materia di rispetto della privacy e di libertà di coscienza.

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In secondo luogo, come osservato dal Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite nelle recenti

osservazioni finali riguardanti il quinto rapporto periodico presentato dalla Francia62, occorre

rimanere vigili sulle possibili restrizioni dei diritti individuali che tali misure possono comportare,

in maniera tale da eludere eventuali degenerazioni ed eccessi, che comportino un arretramento

dello Stato di diritto e quindi dei valori e dei principi sui quali la società francese è costruita e che

essa stessa ha storicamente contribuito a fondare.

Come riconosciuto dall’Unione europea nel Programma di Stoccolma approvato nel 2009 dal

Consiglio UE, i Paesi membri dovrebbero impegnarsi in prima battuta nell’elaborazione di

meccanismi preventivi, in grado di permettere l’individuazione precoce dei segni di

radicalizzazione violenta e di minaccia proveniente da movimenti estremisti63. I numerosi studi

realizzati in Francia sia al livello europeo che nazionale, dimostrano come gli interventi più

efficaci dovrebbero aver luogo nei quartieri più periferici, negli istituti scolastici e nei penitenziari,

dove molti minori o giovani adulti vivono nella convinzione di avere davanti un futuro di

esclusione sociale e di discriminazione, il che li porta a rigettare i valori della società nella quale

vivono, e a sperimentare processi di diminuzione dell’autostima e altre forme di disagio

psicologico ben più traumatiche64. Come riconosciuto espressamente da François Delattre nel

corso di un incontro internazionale dedicato al fenomeno dei foreign fighters nel maggio del 2015, la

risposta non può essere solamente legislativa. È altresì necessario portare avanti un lavoro

congiunto con la società civile e le associazioni, che sia ispirato ad una “logica di prossimità”65.

Appare infine importante rigettare la logica secondo cui la lotta al terrorismo autorizza

qualsivoglia provvedimento, in nome della sicurezza. Il rispetto del diritto dei diritti umani deve

continuare ad essere il punto di partenza irrinunciabile e i due obiettivi (contrasto al terrorismo e

tutela dei diritti), devono essere considerati come “complementary and mutually reinforcing”66.

62 Comité des droits de l’homme, Observations finales concernant le cinquième rapport périodique du France, 21 luglio 2015, CCPR/C/SR.3193, disponibile qui. 63 Conseil de l’UE, Programme de Stockholm : Une Europe ouverte et sûre qui sert et protège ses citoyens, 17024/09, 2 décembre 2009, p. 51. 64 Si veda Commission européenne, Le recrutement des groupes terroristes : combattre les facteurs qui contribuent à la radicalisation violente, COM(2005) 313, 21 septembre 2005. 65 Meeting concerning foreign fighters - Statement by Mr., Permanent Representative of France to the United Nations Security Council, 29 Maggio 2015. Come riportato da Delattre: “For over a year, France has been implementing a systematic plan against radicalization. The telephone platform dedicated to the prevention of radicalization set up by the Ministry of Interior a little more than a year ago has received more than 2,000 reports of radicalized individuals, nearly 25 per cent of whom are minors. We also act in schools, making our children understand the importance of defending democracy and the diversity of our societies”. 66 Si veda Report of the Secretary-General, Uniting against terrorism: recommendations for a global

22 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015

La stessa risoluzione 2178 (2014) contiene del resto numerosi riferimenti alla necessità di adottare

misure nel rispetto dei diritti individuali,67 a dimostrazione del fatto che tale presupposto non si

configura come un requisito supplementare, ma come un obbligo giuridico in base al quale gli

Stati, nella scelta dei mezzi di attuazione di una risoluzione vincolante del Consiglio, devono

adottare quelli più conformi e rispettosi degli obblighi discendenti da tali diritti68.

counter-terrorism strategy, A/60/825, 27 aprile 2006, par. 118; UNGA Res. 60/288, The United Nations Global Counter-Terrorism Strategy, 20 settembre 2006, pillar IV. 67 UNSC Res. 2178 (2014), 5° e 7° paragrafo preambulare, e quinto paragrafo operativo. 68 Per un approfondimento in merito si veda CONTE A., An Old Question in a New Context: Do States Have to Comply with Human Rights When Countering the Phenomenon of Foreign Fighters? , in EJIL Talk!, 21 marzo 2015, disponibile qui, secondo cui “[…] even if an irreconcilable conflict arises between a Security Council decision and a State’s human rights obligations (leaving the State with no choice as to the means of implementation), the State nevertheless remains liable for all acts and omissions of their organs arising from the need to implement such a decision, unless the Security Council decision is accompanied by means of protecting human rights that are at least equivalent to the State’s international human rights obligations. Article 103 of the Charter therefore does not provide States with shelter from bearing full responsibility for any violation of rights”.