A. Ballardini, «In antiquissimo ac venerabili Lateranesi palatio»: la residenza dei pontefici...

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SETTIMANE DI STUDIO DELLA FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO LXII LE CORTI NELL’ALTO MEDIOEVO Spoleto, 24-29 aprile 2014 FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2015

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SETTIMANE DI STUDIO

DELLA FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI

SULL’ALTO MEDIOEVO

LXII

LE CORTINELL’ALTO MEDIOEVO

Spoleto, 24-29 aprile 2014

T O M O P R I M O

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDISULL’ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

2015

I N D I C E

Consiglio di amministrazione e Consiglio scientifico dellaFondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo ..... pag. IX

Intervenuti ..................................................................... » XI

Programma della Settimana di studio ................................ » XIII

GIUSEPPE SERGI, Forme e compiti delle aggregazioni intorno ai po-teri altomedievali .......................................................... » 1

ANTONIO CARILE, Il potere imperiale: imperatore e corte da Giu-stiniano ai macedoni ...................................................... » 25

Discussione sulla lezione Carile ........................................ » 95

PAOLO CAMMAROSANO, La prossimità al re presso i popoli germa-nici e delle steppe .......................................................... » 97

Discussione sulla lezione Cammarosano ............................ » 109

CLAUDIO AZZARA, Le corti delle due Italie longobarde ............... » 111Discussione sulla lezione Azzara ....................................... » 135

PHILIPPE DEPREUX, Der karolingische Hof als Institution und Per-sonenverband ............................................................... » 137

Discussione sulla lezione Depreux .................................... » 165

RÉGINE LE JAN, Les cérémonies carolingiennes: symbolique del’ordre, dynamique de la compétition ................................. » 167

Discussione sulla lezione Le Jan ........................................ » 195

WOLFGANG HUSCHNER, Der ottonische Kaiserhof (962-1002).Aufgabenspektrum und Personalstruktur ............................ » 197

Discussione sulla lezione Huschner ................................... » 231

INDICEVI

THOMAS F. X. NOBLE, A court without Courtiers: The RomanChurch in Late Antiquity and the Early Middle Ages ......... pag. 235

AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI, La corte dei papi nei secoli XI eXII: ritualità e autorappresentazione ................................. » 259

Discussione sulla lezione Paravicini Bagliani ...................... » 279

LETIZIA ERMINI PANI, Per un organico funzionamento della cortepapale: le scholae peregrinorum .................................... » 281

Discussione sulla lezione Ermini Pani ............................... » 313

STÉPHANE GIOANNI, Les cours croates et la réforme de l’église dalmate(IXe-XIe siècle) structures, hommes et doctrines .................... » 319

Discussione sulla lezione Gioanni ..................................... » 353

LUCIO DE GIOVANNI, Imperatori, corti, attività legislativa nellatarda antichità .............................................................. » 357

ERIC BOURNAZEL, Réflexions sur le rôle et la place de la reinedans le palais royal et le gouvernement aux temps mérovingiens » 385

CLAUDIA STORTI, Le dimensioni giuridiche della curtis regia lon-gobarda ....................................................................... » 429

BRUNO DUMÉZIL, La chancellerie mérovingienne au VIe siècle ..... » 473Discussione sulla lezione Dumézil ..................................... » 501

MARK MERSIOWSKY, Die karolingischen Kanzleien als Problemder Forschung .............................................................. » 503

IGNAZIO TANTILLO, I cerimoniali di corte in età tardoromana(284-395 d.c.) .............................................................. » 543

Discussione sulla lezione Tantillo ...................................... » 585

MICHAEL FEATHERSTONE, Space and ceremony in the Great Palaceof Constantinople under the Macedonian Emperors .............. » 587

Discussione sulla lezione Featherstone ............................... » 609

RUTH MACRIDES, After the Macedonians: Ceremonial and spacein the eleventh and twelfth centuries .................................. » 611

Discussione sulla lezione Macrides .................................... » 625

INDICE VII

YITZHAK HEN, Court and Culture in the Barbarian West: a Preludeto the Carolingian Renaissance ........................................ pag. 627

Discussione sulla lezione Hen ........................................... » 651

FABRIZIO CRIVELLO, Il ruolo della corte nell’arte carolingia. Le te-stimonianze dei manoscritti miniati ................................... » 653

DANUTA SHANZER, Capturing Merovingian Courts: a LiteraryPerspective ................................................................... » 667

Discussione sulla lezione Shanzer ...................................... » 701

EDOARDO D’ANGELO, La letteratura alle corti longobarde “minori”(Spoleto, Benevento, Capua, Salerno) ............................... » 703

DANIELE BIANCONI, Libri e letture di corte a Bisanzio. Da Costanti-no il Grande all’ascesa di Alessio I Comneno ........................ » 767

Discussione sulla lezione Bianconi .................................... » 817

MARINA FALLA CASTELFRANCHI, La cultura artistica alla corte diGiustiniano (527-65) ..................................................... » 821

ERMANNO A. ARSLAN, Moneta e volto del potere .................... » 853Discussione sulla lezione Arslan ........................................ » 887

ANTONELLA BALLARDINI, « In antiquissimo ac venerabili Latera-nensi palatio »: la residenza dei pontefici secondo il LiberPontificalis ................................................................. » 889

LORENZO ARIAS PÁRAMO, Iconografía del poder en el Arte Alto-medieval Asturiano (s. VIII-IX) ...................................... » 929

PATRICK PÉRIN, Portrait posthume d’une reine méovingienne.Arégonde († C. 580), épouse de Clotaire Ier († 561) et mèrede Chilpéric Ier († 584) ................................................. » 1001

ANTONELLA BALLARDINI

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSIPALATIO »: LA RESIDENZA DEI PONTEFICI

SECONDO IL LIBER PONTIFICALIS

Presentando gli esiti di un’impresa architettonica e di un am-bizioso progetto urbanistico avviati all’esordio del pontificato diSisto V (1585-1590), Domenico Fontana ricorda come il Gran Pa-lazzo Apostolico al Laterano avesse finalmente bonificato l’area delpiù antico Patriarchio, ingombra di fabbriche vecchie e di pocovalore, la maggior parte rovinate e prive di ogni commodità,quando non addirittura « oscure e sordide a vedere » 1.

In meno di quattro anni, il cantiere sistino aveva cancellato,quasi in un sol colpo, l’antichissima residenza dei pontefici roma-ni, sorta presso la basilica Costantiniana e nei secoli ampliatasi inuna articolata e stratificata compagine (Fig. 1).

Consumatasi al ritmo incalzante imposto da papa Peretti, la vi-cenda di questa distruzione ha lasciato una documentazione conta-bile priva di un corrispettivo grafico che serbasse memoria degliedifici via via demoliti 2.

La pianta dell’architetto Francesco Contini, pubblicata da Gio-vanni Severano nel 1630, è considerata il documento più affidabi-le dell’assetto del Patriarchio medievale, tuttavia – come afferma ilsuo editore – essa è il frutto di una ricostruzione congetturale

* Un ringraziamento a Carlo Ballardini, Eva Bracchi, Giulia Bordi, Maura Medri,Pio Francesco Pistilli e Manuela Viscontini.

1. D. FONTANA, Della trasportazione dell’obelisco vaticano e delle fabbriche di Nostro Signo-re Papa Sisto V, In Roma, 1590, f. 59r.

2. Attraverso i conti delle demolizioni sovraintese da Domenico Fontana (1589-1590) e sulla scorta di alcuni parziali rilievi architettonici di Baldassarre Peruzzi (primametà del XVI secolo) e di Francesco Borromini (1646), Alessandro Ippoliti ha ricompo-sto in una tavola tematica il complesso del Patriarchio prima degli interventi sistini, v.A. IPPOLITI, Il Palazzo Apostolico del Laterano, Roma, 2008 (Monumenta Sanctae Sedis, 4),p. 41.

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messa a punto osservando il sito, ragionando sulle fonti e sulla piùantica pianta di Leonardo Bufalini (1551) e, non ultimo, attingendo airicordi di chi del palazzo aveva visto qualche parte (Fig. 2) 3.

Non pare tuttavia che il Contini si fosse avvalso per il suo dise-gno della cosiddetta “pianta d’Archivio”, nota a Georges Rohault deFleury, a Philippe Lauer e fotografata da Richard Krautheimer che lapubblicava parzialmente nel Corpus basilicarum 4.

Per qualche fatalità, da almeno una quindicina d’anni, all’anti-ca segnatura dell’Archivio del Capitolo Lateranense questa piantanon è più rintracciabile 5. Manfred Luchterhandt ha tuttavia fattoin tempo a esaminarla, giudicandola non un rilievo planimentricodell’esistente, bensì un progetto di parziale ammodernamento del-l’antico episcopio, messo a punto dallo stesso Fontana, prima cheSisto V si risolvesse per la costruzione ex novo del Gran Palazzo(Fig. 3) 6.

3. Tra le fonti visive di Francesco Contini, insieme con gli affreschi della bibliotecadi Sisto V (i « disegni » della Biblioteca Vaticana), Severano nomina anche i « disegniche se ne vedono in S. Pietro in Montorio », forse pitture – oggi perdute – che nel1630 erano ancora visibili nella chiesa del Gianicolo, v. G. SEVERANO, Memorie sacre dellesette chiese di Roma e di altri luoghi che si trovano per le strade di esse, In Roma, 1630, p.534; la tavola è inserita tra le pp. 538-539.

4. La “pianta d’Archivio” (Roma, Archivio Capitolare Lateranense, Q. 7) non è undisegno, ma l’unica stampa a noi pervenuta di un’incisione. Krautheimer, che ne rilevòle misure (650 x 455 mm, meno i bordi, larghi 22-25 mm), pubblicò della pianta solol’area relativa alla basilica di San Giovanni. In essa la Porta Santa è tratteggiata come sefosse aperta, un dettaglio che, secondo Krautheimer, consentirebbe di datare il docu-mento « entro o leggermente dopo l’Anno Santo 1575 », v. R. KRAUTHEIMER, Corpus ba-silicarum christianarum Romae, V, Città del Vaticano, 1980, pp. 49-50, Fig. 56. Se si esclu-dono le “trascrizioni” di G. ROHAULT DE FLEURY, Le Latran au Moyen Age, Paris, 1877,pl. V e pp. 5-6 (commento alla tavola) e di PH. LAUER, Le Palais de Latran. Étude histori-que et archéologique, Paris, 1911, p. 311, Fig. 116a, è stato Jack Freiberg a pubblicare inte-gralmente il documento, v. J. FREIBERG, The Lateran Patronage of Gregory XIII and the Ho-ly Year 1575, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, LIV (1991), pp. 66-87, in part. pp. 66-67,Fig. 1. Le foto della “pianta d’Archivio” appartenute a Richard Krautheimer sono con-sultabili presso la Bibliotheca Hertziana (nnr. 471613; 471918; 472444; 472445; 472446).

5. Nell’Archivio Capitolare Lateranense, la segnatura Q. 7 indica in realtà una serieassai consistente di carte e di pergamene, pertanto è insufficiente per individuare la col-locazione del documento. L’ultimo “avvistamento” della “pianta d’Archivio” risale al-l’anno 2000 quando essa fu esposta in occasione della mostra Carlo Magno a Roma (Mu-sei Vaticani, 16 dicembre 2000-31 marzo 2001), Roma, 2001, pp. 166-167, nr. 27.

6. Rispetto a Krautheimer e a Freiberg, Luchterhandt attarda la “pianta d’Archivio”

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Anche in questa chiave di lettura, la “pianta d’Archivio” che,in anni prossimi alle trasformazioni sistine, restituisce in scala econ un corredo di misurazioni, alcuni edifici medievali, è un do-cumento grafico primario per indagare l’antico episcopio.

È a partire da questa pianta che Luchterhandt ha elaborato unaproposta ricostruttiva del Patriarchio alto medievale pubblicata,con un apparato critico abbreviato, in occasione della mostra diPaderborn del 1999, riservando tutte le risultanze della sua impor-tante ipotesi di lavoro alla pubblicazione di una monografia ormaiimminente 7.

Come lo studioso ha dichiarato, la ricostruzione dell’anticoepiscopio lateranense è ancora oggi una questione assai complessa,non solo a causa della perdita pressochè totale del monumento –ne rimane solo l’oratorio del Sancta Sanctorum “incorporato” nel-l’edificio della Scala Santa – ma anche in ragione della frammenta-zione delle conoscenze archeologiche di questo versante delCelio.

Sebbene l’area lateranense sia stata a più riprese interessata dascavi mirati od occasionali – primo tra tutti, lo scavo dei CastraNova Equitum Singularium sotto la basilica di San Giovanni – man-ca ad oggi un sistematico riesame delle « relazioni di fase » e unostudio aggiornato dell’evoluzione morfologica e topografica del si-to (Fig. 4) 8. Da ultimo, con questo duplice obbiettivo, è stata

al 1585/1586, v. M. LUCHTERHANDT, Päpstlicher Palastbau und höfisches Zeremoniell unterLeo III., in 799. Kunst und Kultur der Karolingerzeit, Karl der Große und Papst Leo III. inPaderborn, Beiträge zum Katalog der Ausstellung Paderborn 1999, herausg. von C. STIE-GEMANN und M. WEMHOFF, Maintz, 1999, pp. 109-122, in part. pp. 109-110.

7. Ibid., pp. 111-113, Abb. 3, 4 e 6.8. Lo studio di Antonio M. Colini risale ormai al 1944, v. A. M. COLINI, Storia e to-

pografia del Celio nell’antichità, Roma, 1944 (Atti della Pontificia Accademia Romana diArcheologia, Memorie 7); da tempo Paolo Liverani ha avviato un accurato riesame dellatopografia del Laterano, discutendo criticamente e talora contestando la lettura di alcunerisultanze degli scavi archeologici effettuati nel secolo scorso, v. P. LIVERANI, Le proprietàprivate nell’area Lateranense fino all’età di Costantino, in Mélanges de l’École française de Ro-me. Antiquité, C (1988), pp. 891-915; ID., Note di topografia lateranense: le strutture di viaAmba Aradam. A proposito di una recente pubblicazione, in Bullettino della Commissione Ar-cheologica Comunale di Roma, XCV (1993), pp. 143-155; ID., s.v. Domus: Laterani, in Le-xicon Topographicum Urbis Romae, II, Roma, 1995, p. 127; ID., s.v. Domus: Laterani, inLexicon Topographicum Urbis Romae, V Addenda et corrigenda, Roma, 1999, pp. 248-249;ID., s.v. Lateranis, Ibid. p. 272; ID., s.v. Castra Nova Equitum Singularium, Ibid. p. 235;

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stretta una collaborazione internazionale nel « Progetto Laterano »che intende vagliare e integrare le nostre conoscenze anche connuovi elementi acquisiti mediante tecnologie di scandaglio noninvasive 9. L’ultimo passo di una tale impresa può essere solo unacampagna di scavo che, almeno nell’area antistante la basilica, nontroverebbe impedimenti, visto che, dopo la demolizione delle ve-stigia del triclinio leoniano al tempo di Clemente XII, i progettisettecenteschi per la nuova piazza non hanno mai avuto seguito 10.

Del valore risolutivo della prova archeologica era già persuasoil giovane Philippe Lauer, dal 1898 al 1900 borsista dell’École Fran-çaise de Rome e, undici anni più tardi, autore di un fondamentalestudio dedicato al palazzo del Laterano 11.

Nella primavera dell’anno 1900 – un anno formidabile perl’archeologia medievale a Roma quando si pensi alla scoperta diSanta Maria Antiqua e agli scavi di San Saba –, a Lauer fu accor-dato il permesso di sondare cosa serbassero gli ambienti sottostantiil Sancta Sanctorum. I risultati di quella campagna di scavo sono as-sai noti: oltre ai resti di un porticato e di una sala a pilastri con

ID., Introduzione topografica, in Laterano I. Scavi sotto la basilica di S. Giovanni. I Materiali,Città del Vaticano, 1998, pp. 6-16; ID., Dalle Aedes Laterani al Patriarchio lateranense, inRivista di Archeologia Cristiana, LXXV (1999), pp. 521-549; ID., L’area lateranense in etàtardoantica e le origini del Patriarchio, in Giornata di studio temantica dedicata al Patriarchio la-teranense (École française de Rome, 10 maggio 2001), a cura di P. LIVERANI e con la col-laborazione di P. M. BARBINI, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité, CXVI(2004), pp. 17-49; ID., Discoveries at the Scala Santa: the Escavations of 1852-4, in Archives &Escavations: Essays on the History of Archaeological Excavations in Rome and Southern Italyfrom the Renaissance to the Nineteenth Century (British School at Rome, April 19, 1997),ed. by I. BIGNAMINI, London, 2004 (Archaeological Monographs of the British School atRome, 14), pp. 203-220.

9. Il “Progetto Laterano” è coordinato da Paolo Liverani (Università degli Studi diFirenze); Ian Haynes (Newcastle University); Giandomenico Spinola (Musei Vaticani);Salvatore Piro (ITABC, CNR); Iwan Peveritt (Northumbria University). I primi risulta-ti del progetto sono stati presentati presso la Pontificia Accademia Romana di Archeolo-gia il 30 gennaio 2014.

10. Laura Donadono pubblica due piante (1736 ca.) del progetto di una piazza co-lonnata a Est della basilica lateranense, v. L. DONADONO, La Scala Santa a San Giovanni inLaterano, Roma, 2000, pp. 41. Fig. 46.

11. LAUER, Le Palais de Latran (nota 4). Per un profilo biografico di Philippe Lauer(1874-1953), v. CH. SAMARAN, s.v. Philippe Lauer, in Bibliothèque de l’École des Chartes,CXIII (1955), pp. 354-357, url :/web/revues/home/prescript/article/bec—0373-6237—1955— num—113—1—460250 (cons. 25/06/2014).

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pitture medievali in ambienti rimasti agibili sotto la Scala Santa,furono rimessi in luce lacerti di pitture più antiche con iscrizionie l’immagine del cd. sant’Agostino (Figg. 5-6-7) 12.

Ad oggi, dopo oltre un secolo dal ritrovamento e numeroseipotesi di lettura e di datazione di queste emergenze, non si di-spone ancora di uno studio ispirato ai principi metodologici dellamoderna Bauforschung che contribuirebbe a precisare le fasi d’usoindicate dalla decorazione pittorica 13.

Nè di questo fossile “ridotto a isola” andrebbe trascurato ilriesame del più profondo tessuto connettivo di età imperiale e

12. PH. LAUER, Les fouilles du Sancta Sanctorum au Latran, in Mélanges d’archéologie et d’hi-stoire, XX (1900), pp. 251-287, disponibile anche all’indirizzo: http://www.per-see.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr— 0223-4874—1900—num—20—1—6221(cons. 25/06/2014). Nella prima metà del XVIII secolo gli ambienti sottostanti la ScalaSanta erano stati visitati ripetutamente da G. MARANGONI, Istoria dell’antichissimo oratorio,o cappella di San Lorenzo nel Patriarchio Lateranense, comunemente appellato Sancta Sanctorume della celebre Immagine del SS. Salvatore detta Acheropita, che ivi conservasi, Roma, 1747, inpart. pp. 25-26; dei sotterranei della Scala Santa Georges Rohault de Fleury pubblicò un« coupe transversale » e alcune pitture della sala a pilastri, v. Rohault de Fleury, Le La-tran (nota 4), pl. LIX e pp. 25-26 (commento alla tavola).

13. Sulle pitture murali conservate nei locali sotto la Scala Santa, v. Ambienti sotterra-nei del Sancta Sanctorum, testo a cura di S. PENNESI, in M. ANDALORO, La pittura medievalea Roma 312-1431, Atlante I, Milano, 2006 (La pittura medievale a Roma 312-1431. Cor-pus Atlante), pp. 231-238, nr. 22; J. CROSIER, La decorazione pittorica dei sotterranei delSancta Sanctorum (secondo-terzo decennio del XII secolo), in S. ROMANO, Riforma e tradizione1050-1198, Corpus IV, Milano, 2006 (La pittura medievale a Roma 312-1431. CorpusAtlante), pp. 224-232, nr. 35. Sulla celebre immagine del cd. sant’Agostino, v. F. BI-SCONTI, L’affresco di s. Agostino, in Giornata di studio temantica dedicata al Patriarchio Latera-nense (École française de Rome, 10 maggio 2001), a cura di P. LIVERANI e con la colla-borazione di P. M. BARBINI, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité, CXVI(2004), in pp. 51-77, in part. pp. 61-62, lo studioso propone una datazione della pitturamurale al VI secolo « appena avviato ». Da ultimo una peculiarità paleografica (la letteraA con traversa obliqua da destra a sinistra) che caratterizza le iscrizioni a corredo del-l’immagine del sant’Agostino e la tipologia del velum dipinto sulla parete W del cunicoloscavato da Lauer hanno indotto John Osborne a proporre per il ritratto del pater (qui)omnia dixit Romano elo[uio---] e delle pitture adiacenti una datazione più attardata (741-752), v. J. OSBORNE, The early medieval painting of St. Augustine in the Lateran Palace, inMarmoribus vestita. Miscellanea in onore di Federico Guidobaldi, a cura di O. BRANDT e PH.PERGOLA, Città del Vaticano, 2011, pp. 993-1002. Tuttavia, entro i limiti posti dallo sta-to conservativo delle pitture murali che nel 1961 sono state staccate e riportate su pan-nello, i valori formali espressi dal cd. sant’Agostino, ancora prossimi « alle esperienzedell’antichità più tarda », paiono distanti da quelli in corso al tempo di papa Zaccaria.

ANTONELLA BALLARDINI894

tardo antica (Fig. 8). In esso infatti, come ha dimostrato Paolo Li-verani e come ha contribuito a chiarire anche Mario D’Onofrio,sono inscritti il “mito di fondazione” dell’intero episcopio e le ra-gioni dello sviluppo addizionale e quasi rizomatico del suo organi-smo (Fig. 9) 14.

A fronte di un quadro così complesso, la traccia del mio rac-conto torna alle fonti e in particolare alla narrazione prosopografi-ca della cd. seconda edizione del Liber Pontificalis che si arresta agliultimi decenni del IX secolo 15.

Mi muoverò nella prospettiva aperta dalla riflessione di Her-man Geertman al quale dobbiamo un interesse metodologicamen-te rinnovato di archeologi e di storici dell’arte per le biografie deipontefici Romani 16. In particolare, l’attenzione da ultimo riserva-

14. LIVERANI, Dalle aedes Laterani (nota 4), pp. 521-533; ID., L’episcopio lateranense dalleorigini all’alto medioevo, in Des domus ecclesiae aux palais épiscopaux, Actes du colloque tenuà Autun du 26 au 28 novembre 2009, sous la direction de S. BALCON-BERRY, F. BARAT-TE, J.-P. CAILLET et D. SANDRON, Turnhout, 2012 (Bibliotheque de l’Antiquité tardive,23), pp. 119-131, in part. pp. 120-124; M. D’ONOFRIO, Aspetti inediti e poco noti del Pa-triarchio lateranense, in Medioevo: i modelli, Atti del convegno internazionale di studi (Par-ma, 27 settembre-1° ottobre 1999) a cura di A. C. QUINTAVALLE, Parma, 2002, pp. 221-236; ID., Il Patriarchio nascosto, in Giornata di studio temantica dedicata al Patriarchio Latera-nense (École française de Rome, 10 maggio 2001), a cura di P. LIVERANI e con la colla-borazione di P. M. BARBINI, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité, CXVI(2004), pp. 141-160.

15. L. DUCHESNE, Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire, I-II, Paris,1886-1892 e III, C. VOGEL, Additions et corrections de Mgr L. Duchesne, Paris, 1957 (réimp.1981), in particolare la cd. II edizione del Liber Pontificalis « avec ses continuations suc-cessives jusqu’a Étienne V » si distribuisce tra il I tomo (pp. 115-523) e il II (pp. 1-198).Va inoltre menzionata l’edizione delle biografie dei pontefici fino a Costantino (715)curata da TH. MOMMSEN, Liber Pontificalis (pars prior), in M.G.H., Gesta Pontificum Roma-norum I, Berolini 1898 (anast. München 1982).

16. H. GEERTMAN, More Veterum. Il Liber Pontificalis e gli edifici ecclesiastici di Roma nellatarda antichità e nell’alto medioevo, Groningen, 1975 (Archaeologica Traiectina, 10) e daultimo ID., La genesi del Liber Pontificalis romano. Un processo di organizzazione della memo-ria, in Liber, gesta, histoire. Écrire l’histoire des évêques et des papes, de l’Antiquité au XXIesiècle, a cura di F. BOUGARD e M. SOT, Turnhout, 2009, pp. 37-101; per una nuova edi-zione (testo e commentario) delle biografie da Miltiades (311-314) a Iohannes II (533-535), v. ID., Hic fecit basilicam. Studi sul Liber Pontificalis e gli edifici eccelsiastici di Roma dalSilvestro a Silverio, a cura di S. DE BLAAUW, Leuven 2004, pp. 169-235; nello stesso volu-me sono raccolti i saggi dedicati al Liber Pontificalis che Herman Geertman ha pubblicatotra 1976 e il 2003. Al Liber Pontificalis hanno dedicato pagine da ricordare G. BILLANOVI-CH, Gli umanisti e le cronache medievali. Il “Liber Pontificalis”, le “Decadi” di Tito Livio e il

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ta alla terminologia storico-artistica che affiora nel Liber, ha per-messo di ristabilire la corrispondenza tra nomi (voces) e cose (res)intese come edifici e parti di essi, materiali costruttivi e decora-zioni architettoniche, immagini e arredi: un campo di indagineostacolato non solo da una casistica limitata e incompleta delleopere giunte fino a noi, ma in primo luogo dal materiale lingui-stico del Liber Pontificalis che, complesso e stratificato, richiede unalectio continua, uno sguardo sinottico e una certa cautela 17.

Si aggiunga che è raro trovare nel Liber descrizioni particola-reggiate di oggetti o di edifici tali da tradurne in parole l’aspetto.E considerato che, dalla metà del VI secolo in poi, i redattori scri-

primo Umanesimo a Roma in “Italia medioevale e umanistica”, I (1958), pp. 103-137; G.ARNALDI, Come nacque l’attribuzione ad Anastasio del « Liber Pontificalis », in Bullettino del-l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, LXXV (1963), pp. 321-343; O. BERTOLINI, Il « Li-ber Pontificalis », in La storiografia alto medievale, Spoleto, 1970, (Settimane di studio delCentro Italiano di studi sull’alto medioevo, XVII), pp. 387-455. In anni più recenti han-no rivolto un’attenzione speciale al Liber Pontificalis: TH. F.X. NOBLE, A new Look at theLiber Pontificalis, in Archivium historiae pontificiae, 23 (1985), pp. 347-358; K. HERBERS, LeLiber Pontificalis comme source de réécritures hagiographiques (IXe-Xe siècles), in La réécriture ha-giographique dans l’Occident médiéval. Transformations formelles et idéologiques, sous la direc-tion de M. GOULLET et M. HEINZELMANN, Ostfildern, 2003, pp. 87-107, in part. 87-92;R. MCKITTERICK, La place du Liber Pontificalis dans le genres historiografiques du Haut MoyenAge, in Liber, gesta, histoire. Écrire l’histoire des évêques et des papes, de l’Antiquité au XXIesiècle, édité par F. BOUGARD e M. SOT, Turnhout, 2009, pp. 23-35 (nello stesso volumesi vedano anche i contributi di SOT, HERBERS, BOUGARD e GANTIER); L. CAPO, Il LiberPontificalis, i Longobardi e la nascita del dominio territoriale della chiesa romana, Spoleto, 2009;R. MCKITTERICK, Roman Textes and Roman History in the Early Middle Ages, in RomeAcross Time and Space. Cultural Transmission and the Exchange of Ideas c. 500-1400, ed. byC. BOLGIA, R. MCKITTERICK and J. OSBORNE, Cambridge Univ. Press, 2011, pp. 19-34;Ead., The rappresentation of Old Saint Peter’s basilica in the Liber Pontificalis, in Old SaintPeter’s, Rome, ed. by R. MCKITTERICK, J. OSBORNE, C. M. RICHARDSON and J. STORY,Cambridge Univ. Press, 2013, pp. 95-118; infine A. A. VERARDI, La genesi del Liber Pon-tificalis alla luce delle vicende della città di Roma tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, inDa vescovi di Roma a papi. L’invenzione del Liber Pontificalis, in Rivista di storia del cristiane-simo, X (2013), 1, pp. 7-28.

17. v. Il Liber Pontificalis e la storia materiale, Atti del Colloquio Internazionale (Roma2002) a cura di H. GEERTMAN, in Mededelingen, Antiquity 2001-2002, LX-LXI (2003), inparticolare si vedano i contributi di LIVERANI; GEERTMAN; ANDALORO; DE BLAAUW; PAVO-LINI; da ultimo sul Liber Pontificalis come fonte per « il discorso sull’arte » v. anche D. LE-VI, Il discorso sull’arte. Dalla tarda antichità a Ghiberti, Milano, 2010, pp. 100-110 e A. BAL-LARDINI, Stat Roma pristina nomine. La terminologia storico-artistica nel Liber Pontificalis, in Lacommittenza papale a Roma nel Medioevo a cura di M. D’ONOFRIO, in c. di s.

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vevano avendo come reale corrispettivo del loro racconto luoghie monumenti che erano parte di un’esperienza quotidiana e ravvi-cinata, doveva apparir loro superfluo diffondersi in resoconti mi-nuziosi o in puntuali indicazioni topografiche e ininfluente un usopoco sorvegliato di alcuni riferimenti. È dunque inevitabile cheuno studioso moderno incorra in una difficoltà di comprensione,visto che la “mappa” dei luoghi e delle cose, nella sua diacronicatrasformazione, è gravemente lacunosa 18.

Sebbene il testo del Liber Pontificalis costituisca un complesso diproblemi filologici, storiografici e archeologici « che non può essereanalizzato se se ne segue una sola trama » 19, commenterò di necessitàuna selezione di passi relativi all’antica residenza lateranense. Tenteròdi ricomporre dati e notizie relative a spazi e funzioni del palatium,soffermandomi in particolare sulle aule di rappresentanza, controllan-do, in taluni casi, la terminologia che attiene gli aspetti materiali degliedifici e il loro apparato decorativo alla luce della casistica più ampiadella lunga narrazione del Liber.

Ad eccezione delle biografie di Zaccaria (741-752) e di LeoneIII (795-816), l’edilizia residenziale dei pontefici è mediamentepoco rappresentata nel Liber Pontificalis a paragone dell’impegnospeso dai papi nei donativi, nel restauro o nella fondazione dinuovi edifici di culto. Dalla biografia di Sisto III (432-440) in poi,questa pratica ha lasciato tracce sempre più consistenti nella narra-zione, di pari passo con l’incremento delle possibilità economichedella Chiesa e in linea con un’accorta strategia pubblicistica 20. Se

18. Dalle biografie di Adriano I, Leone III e Pasquale I, Francesco Gandolfo ha trat-to un parziale inventario degli oggetti d’arte e d’architettura realizzati tra il 775 e l’824che non ci sono pervenuti: « È solo attraverso la massa incombente di questa elencazio-ne...che ci è possibile recuperare un po’ dello spirito di quell’epoca e sentire, in manieraquasi fisica, quanto pesino le perdite nel giudizio che solitamente siamo portati a dare diun momento di passaggio fondamentale, non solo nella storia del papato medievale, maanche nell’elaborazione del suo immaginario », v. F. GANDOLFO, Cosa è giunto fino a noi.Distruzioni e perdite, in Arti e storia nel Medioevo, a cura di E. CASTELNUOVO e G. SERGI,IV, Il Medioevo al passato e al presente, con la collaborazione di F. CRIVELLO, Torino,2004, pp. 33-76, in part. pp. 39-51.

19. GEERTMAN, More Veterum (nota 16), p. 2.20. La biografia di Sisto III (LP 46) si deve a una redazione retrospettiva ed è relati-

vamente breve, tuttavia le liste dei donativi vi hanno un certo rilievo, lo conferma, al-cuni secoli più tardi, la celebre lettera di Adriano a Carlo Magno in difesa delle imma-

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dunque quello che chiamiamo il « patronato artistico dei papi » fi-gura nella narrazione biografica come un’attività connessa conl’impegno pastorale e con la conservazione di una parte essenzialedell’identità e dell’autorappresentazione della Chiesa di Roma, fi-no alla prima metà dell’VIII secolo, la cura della residenza episco-pale non trova posto nel racconto del Liber.

È plausibile che fino ad allora il decoro dell’episcopio non pe-sasse sull’erario ecclesiastico, ma fosse rimesso all’iniziativa e allerisorse personali del vescovo. Ciò spiegherebbe come mai alcuneantiche aule di rappresentanza come la basilica Vigilii e la basilicaTheodori siano taciute nelle vite di questi papi (rispettivamente LP61 e LP 75) e siano tuttavia identificate nei secoli seguenti con ilnome del loro evergeta 21.

Anche l’estemporaneo trasferimento della sede episcopale sulPalatino voluto da Giovanni VII (705-707) ha i tratti di un’inizia-tiva personale, probabilmente accolta con disappunto dal clero la-teranense, se diamo credito all’accento poco benevolo del biogra-fo che, riferendo come il papa avesse costruito un episcopio pri-vato sopra Santa Maria Antiqua, chiosa che in quel luogo Giovan-ni finì i suoi giorni e il suo breve pontificato 22.

Non si hanno elementi per localizzare l’episcopio “palatino” diGiovanni VII, Andrea Augenti propone di ricercarlo nell’area della

gini che da quella biografia cita l’imago aurea cum duodecim portas et Salvatorem in gemmispretiosis ornata offerta alla confessione di San Pietro da Valentiniano Augusto su richiestadi papa Sisto III, v. M.G.H., Epistolarum V, Epistulae Karolini aevi III, ed. E. DÜMMLER,K. HAMPE, Berlino, 1899, in part. p. 50, cfr. LP 46 c. 4.

21. Nel LP la basilica Vigilii viene menzionata solo in occasione della visita dell’impe-ratore Costante a papa Vitaliano (657-672), v. LP 78 c. 3: « ...venit imperator ad Latera-nis et lavit et ibidem pransit in basilica Vigili. »; la basilica Theodori è menzionata nellavita di Sergio I (687-701), v. LP 86 c. 9: « Egressus vero idem beatissimus pontifex forisbasilicam quae dicitur domni Theodori papae... »; nella vita di Zaccharia (741-752), v.LP 93 c. 18: « ...ante basilicam beate memorie Theodori papae a novo fecit tricli-nium... » e in quella di Stefano III (768-772), v. LP 96 c. 29: « ...ingressi sunt cum armisin basilica domni Theodori pape, ubi ipse praenominatus sedebat pontifex. ». Delle duebasilicae Liverani ha raccolto e ordinato anche le citazioni da altre fonti alto medievali, v.LIVERANI, Dalle Aedes Laterani (nota 8), pp. 538-541.

22. La precoce dipartita del papa è in effetti ricordata non nell’epilogo, ma nel belmezzo del racconto biografico; nello stesso caput, anche l’accenno ai numerosi ritrattifatti realizzare dal papa nelle chiese della città è sottilmente ironico, v. LP 88 c. 2, sileggano in proposito le osservazioni di O. BERTOLINI, Roma di fronte a Bisanzio e ai longo-bardi, Bologna, 1941 (Storia di Roma, IX), pp. 410-412.

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domus Tiberiana, sulla scorta dell’indicazione topografica del biografodel papa e del rivenimento di due laterizi con il nome ’Iwánnhv nelvicino atrium Vestae 23. Paolo Liverani ha peraltro osservato come giànel VI secolo il Palatium per antonomasia fosse assiduamente frequen-tato dai pontefici, esso infatti è « il primo luogo, dopo il Laterano,dove Teodora, la moglie di Giustiniano, fa cercare papa Vigilio percatturarlo...ed è nel sacrum Palatium che nel 687 si tiene la riunioneper decidere la successione di papa Conone » 24.

Quali che fossero le ragioni di Giovanni VII per trasferire l’epi-scopio sul Palatino, se politiche e simboliche o solo riconducibili allasua storia familiare, non può passare inosservato come gli standardqualitativi della committenza di questo pontefice, natione graecus e fi-glio di Platone curator Palatii (Fig. 10), rivelino tratti spiccatamenteautocelebrativi, risorse economiche consistenti, maestranze specializ-zate e un accesso a spolia di eccezionale pregio 25.

Tra la prima e la seconda metà dell’VIII secolo, l’evergetismodel vescovo nella cura della residenza al Laterano sembra confer-mata, ma in via di superamento.

Ancora il biografo di Zaccaria riferisce che il papa, trovando inmagnam penuriam la residenza episcopale, l’aveva rimessa a nuovodando mandato al primicerio Ambrogio di investire ogni sua so-stanza nelle opere di ampliamento e di restauro (Fig. 11) 26.

È nella vita di Adriano (772-795) che si profila un cambia-mento di prospettiva (Fig. 12). Il biografo infatti descrive quasi

23. A. AUGENTI, Il Palatino nel Medioevo. Archeologia e topografia (secoli VI-XIII), Roma,1996, pp. 56-59.

24. P. LIVERANI, Dal palatium imperiale al palatium pontificio, in Acta ad archaeologiam etartium historiam pertinentia n.s. 3, XVII (2003), pp. 143-163, in part. p. 151, i passi riferitisono LP 61 c. 4 e LP 86 c. 2.

25. Allestito a San Pietro sibi vivens e decorato con un ciclo figurativo a mosaico,nell’oratorio funebre di Giovanni VII erano reimpiegati elementi architettonici di etàseveriana, una coppia di colonne vitinee, rivestimenti marmorei alle pareti e, forse, unarota porfiretica nel pavimento v. A. BALLARDINI, Un oratorio per la Theotokos: Giovanni VII(705-707) committente a San Pietro, in Medioevo: i committenti, Atti del Convegno interna-zionale di studi (Parma, 21-26 settembre 2010), a cura di A.C. QUINTAVALLE, Milano2011, pp. 94-116; A. BALLARDINI, P. POGLIANI, A Reconstruction of the Oratory of John VII(705-7), in Old Saint Peter’s, Rome, ed. by R. MCKITTERICK, J. OSBORNE, C. M. RICHAR-DSON and J. STORY, Cambridge Univ. Press, 2013, pp. 190-213.

26. LP 93 c. 18: « ...ubi etiam et suam substantiam omnem per manus Ambrosii pri-micerii notariorum introduci mandavit....Et omnem patriarchium paene a novo restaura-vit: in magnam enim penuriam eundem locum invenerat. ».

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con riluttanza le attenzioni riservate dal papa alla domus patriarchii,definita per l’occasione « santa e veneranda ». Non pare inoltre ca-suale che le migliorie (di tipo squisitamente residenziale) sianoelencate solo dopo aver ricordato la preminenza esemplare dell’e-piscopio nella quotidiana assistenza dei poveri e l’impegno spesoda Adriano per il restauro degli edifici sacri 27.

Per irrompere nel più antico episcopio lateranense, il varco èofferto dalla biografia di papa Severino che, nell’anno 640, regnòpoco più di due mesi.

La relazione storica che occupa la vita di questo papa è inrealtà un’appendice post mortem della biografia del predecessoreOnorio I (625-638) 28. Si narrano infatti gli avvenimenti che ave-vano turbato la lunga vacanza della Sede Apostolica e l’assalto alLaterano del chartularius Maurizio alla testa « di tutti gli uomini ar-mati che si trovavano in città », a puero usque ad senem, cui seguì ilsequestro del tesoro custodito nella residenza papale.

Denunciando l’odiosa violenza consumata ai danni della sedeapostolica, il redattore usa una precisione da cronista che, se avva-lora la testimonianza, ha tuttavia l’effetto di ridimensionare ladrammaticità dell’evento.

Come ha osservato Paravicini Bagliani, è di un certo interesseche « il più antico episodio di saccheggio della residenza del pon-tefice romano » coincida nel Liber Pontificalis con la prima occor-renza del termine episcopium che conferisce al luogo abitato dalpapa il valore simbolico proprio di un « centro di potere ». E tut-tavia il biografo di Severino non presenta il saccheggio « comeuna depredazione di carattere rituale » indotta dalla vacanza dellaSede Apostolica, ma come un legittimo contrappasso del compor-tamento del defunto Onorio, accusato di avere stornato, a vantag-gio dell’amministrazione ecclesiastica, il soldo destinato alle truppebizantine di stanza a Roma 29. L’assalto al Laterano permette digettare un primo sguardo sull’episcopio lateranense che, circa allametà del VII secolo, il redattore mostra sufficientemente munito

27. LP 97 cc. 54-56.28. LP 73 cc. 1-4.29. A. PARAVICINI BAGLIANI, Morte e elezione del papa. Norme, riti, conflitti. Il Medioevo,

Roma, 2013, pp. 212-213; una valutazione analoga aveva espresso anche O. BERTOLINI,Roma di fronte a Bisanzio (nota 22), pp. 322-324.

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per resistere a una folla in armi. Senza ulteriori dettagli, si diceche il chartularius aveva fatto accampare i suoi uomini intro episco-pio e che tre giorni più tardi, accompagnato da alcuni iudices, eraentrato nel palazzo per apporre i sigilli al vestiarium ecclesiae, riser-vandone la materiale spoliazione all’esarca di Ravenna.

Il vestiarium è qui menzionato come luogo fisico, una sorta dicaveau nel quale si custodiva il tesoro della Chiesa fatto dei lascitidi « imperatori, di patrizi e di alti funzionari », ma anche dellepreziose suppellettili liturgiche che venivano impiegate in occasio-ne delle celebrazioni stazionali presiedute dal pontefice 30. Inoltre,il fatto che il chartularius Maurizio avesse sigillato omnem vestiariumepiscopii lascia intendere come esso occupasse più ambienti dellaresidenza nei quali erano custoditi la cymilia episcopii e l’archivioamministrativo dell’ufficio e dove operavano il prior vestiarii (vesta-riarius/vestiarius) con i suoi sottoposti 31.

Il dato topografico di maggiore interesse che affiora dal rac-conto del saccheggio dell’episcopio lateranense è l’esistenza diun’area interna alla residenza (che immagino come una corte subdivo) tale da essere occupata da una moltitudine armata. Il biografoinfatti precisa che, solo dopo alcuni giorni di occupazione, il char-tularius era entrato nell’edificio.

L’espressione intro episcopium mette in risalto la dinamica di in-clusione e di esclusione che caratterizza narrativamente numerosipassi del Liber dove si tratta di conflitti, come nel caso appenamenzionato, o di accadimenti di natura rituale, come la conculcatiodei libri eretici fuori dall’aula di culto o – per fare un esempio di

30. S. DE BLAAUW, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medie-vale. Basilica Salvatoris, Sanctae Mariae, Sancti Petri, I, Città del Vaticano, 1994, pp. 69-70.

31. Il termine vestiarium designava dunque sia un luogo fisico sia un ufficio dell’episcopioe l’insieme degli addetti che vi operavano, così scriveva Duchesne: « Mais ce vestiarium de-vait exister depuis longtemps: quant à moi je ne doute guère qu’il ne formât, de le comen-cement du VIe siècle, une division spéciale dans les services du palais apostolique », v. DU-CHESNE, Le Liber Pontificalis (nota 15), I, p. CLIV e pp. CCXLIII-CCXLIV; sul funziona-mento del vestiarium e sul ruolo di questo ufficio nella redazione del Liber Pontificalis si è in-terrogato anche GEERTMAN, More Veterum (nota 16), pp. 34-35 e 63; da ultimo v. anche CA-PO, Il Liber Pontificalis, i Longobardi (nota 16), p. 28 e nota 47. Come ricorda Pierre Toubertla vita di Stefano III (768-772) menziona il vestiarium in un’area interna, elevata e protettadella residenza episcopale posta in prossimità dell’oratorio di San Cesario, v. LP 96 c. 9 e P.TOUBERT, Scrinium et Palatium: la formation de la bureaucratie romano-pontificale aux VIIIe-IXe siè-cles, in Roma nell’alto medioevo, Spoleto, 2001 (Settimane di studio del Centro italiano di studisull’alto medioevo, XLVIII), pp. 94-94.

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segno diverso – dove si descrive il solenne ingresso in San Pietrodi Carlo Magno e dei suoi successori 32.

Quando è in questione la residenza dei pontefici al Laterano ilmovimento dall’esterno all’interno del palazzo assume un signifi-cato speciale, poichè nella definizione della corretta pratica eletti-va del papa, la presa di possesso dell’episcopio ha precocementegiocato un ruolo chiave 33.

Già al tempo di Giovanni V (685-686) si teneva per anticaconsuetudine che l’elezione avvenisse nella basilica Costantinianae che poi il designato fosse in episcopio introductus 34. Consideratoche raramente si giungeva a un’elezione condivisa, l’occupazionedella residenza episcopale da parte dei candidati era un’evenienzatutt’altro che rara. Dandone conto, il Liber fornisce indirettamentealcuni indizi sull’antica topografia dell’edificio.

Nel 687, prima che fosse eletto Sergio I, due contendenti,Teodoro archipresbiter e Pasquale archidiaconus, occuparono ciascu-no una distinta ala del Patriarchio:

« ...Theodorus archipresbiter cum populo qui ei favebat praeveniens, interiorempartem patriarchii tenuit; Paschalis vero exteriorem partem ab oratorio sancti Silve-stri, et basilicam domus Iuliae, quae super campum respicit, occupavit » 35.

Stando alle parole del biografo, l’oratorio di San Silvestro indi-cava una soglia che divideva un’area della residenza più interna edesclusiva da un’area più esposta (Fig. 13, nr. 2 e Fig. 15, nr. 3).

Onofrio Panvinio che, intorno al 1560, aveva visitato quel cherimaneva dell’antico Patriarchio, indica l’ubicazione dell’oratorio

32. Il solenne ingresso di Carlo Magno in San Pietro è descritto in LP 97 cc. 37-38,sull’esempio di questo passo si conforma anche LP 104 cc. 9-11; roghi di libri e conculca-tio ante fores sono narrati in LP 51 c. 2 e LP 53 c. 5 (a danno dei libri dei manichei) e inLP 108 c. 32 (a danno dei libri di Fozio); suspanse e drammatica consapevolezza sonoespresse dal biografo di Stefano III, LP 96 c. 8, dove si racconta della pattuglia longo-barda, guidata da Sergio sacellarius e da prete Waldipertus, che si accinge nottetempo ascavalcare le mura ed entrare in città: « Et per muros civitatis cum flammula ascende-bant, metuentes Romanum popolum; et nequaquam de Genuculo ipsi Langobardi ausisunt descendere, sed cum nimio tremore ibidem adsistebant. ».

33. PARAVICINI BAGLIANI, Morte e elezione del papa (nota 29), pp. 82-84.34. LP 84 c. 1: « Hic post multorum pontificum tempora vel annorum, iuxta pri-

scam consuetudinem, a generalitate in ecclesia Salvatoris quae appellatur Constantinianaelectus est atque exinde in episcopio introductus, ».

35. LP 86 c. 2.

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al piano superiore del palazzo, accanto all’ingresso principale e allascala di accesso dalla pubblica via che una tradizione tardo medie-vale aveva identificato con la scala sancta per quam Christus ad Pila-tum (Fig. 13, nr. 1 e Fig. 15, n. 1) 36.

Più complesso è invece stabilire dove si trovasse la basilica do-mus Iuliae.

Quest’aula costituisce non solo un nodo topografico difficileda chiarire, ma anche una questione che la storia degli studi hacontribuito a complicare.

Una forzatura del testo, che dobbiamo già a Onofrio Panvi-nio, ha infatti insinuato che il redattore volesse qui indicare l’e-stensione della pars exterior del Patriarchio: ovvero dall’oratorio diSan Silvestro alla basilica domus Iuliae 37.

La coerenza della tradizione manoscritta del passo non giustifi-ca un emendamento del genere (usque invece di et), il testo infattiè chiaro nell’indicare che l’oratorio e la basilica erano per il bio-grafo edifici indipendenti e non necessariamente contigui.

Ciononostante, la lettura forzosa è prevalsa, con qualche va-riante, fino alle più recenti ipotesi ricostruttive del complesso late-

36. O. PANVINIO, De sacrosancta basilica, baptisterio et patriarchio Lateranensi Libri quattuor(1562), v. LAUER, Le Palais de Latran (nota 4), pp. 410-490, in part. p. 477 e p. 486. L’o-ratorio di San Silvestro sopravvisse fino alle demolizioni del Fontana, v. la trascrizionedei conti di cantiere di IPPOLITI, Il Palazzo Apostolico del Laterano (nota 2), p. 96. Da ulti-mo sull’ubicazione e la forma della Scala Santa nel medioevo e le sue trasformazioni inetà moderna v. N. HORSCH, Die Scala Santa im mittelalterlichen Lateranpalast eine neue Le-ktüre der Quellen, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, IV (2003), pp. 524-532; la studiosaidentifica nel portico antistante la scala, noto dalle vedute di M. van Heemskerck e dal-l’affresco di F. Lippi nella Cappella Carafa alla Minerva, il luogo in cui il papa venivapubblicamente accalamato e nella rota porfiretica, oggi ricollocata alla base della rampanel santuario della Scala Santa, il punto esatto dove il papa riceveva le laudes, Ibid. pp.529-530.

37. Ecco come Panvinio riporta il passo corrispondente a LP 86 c. 2: « Mortuo Co-none Papa, S.P.Q.R. in duas partes novis pontificis comitijs est divisus. Una enim parsTheodorum archipraesbyterum, alia vero pars Paschalem archidiaconum pontificem ac-clamavit. Ex his Theodorus, cum his qui ei studebat, Paschalem praeveniens interioremPatriarchij partem id est intra portas aeneas, obtinuit. Paschalis vero exteriorem partem,Porticum scilicet ab oratorio Sancti Silvestri usque ad Basilicam Domus Iuliae, quae su-per campum respicit, occupavit. », v. PANVINIO, De sacrosancta basilica (nota 36), p. 484; lostudioso si rifaceva all’edizione del vite dei pontefici curata dal Platina della quale fu ilcontinuatore v. B. PLATINA, Historia de vitis Pontificum Romanorum, a D.N. Iesu Christousque ad Paulum II Venetum Papam Longe quam antea emendatior doctissimarumque annotatio-num Onuphrii Panuinii accessione nunc illustrior reddita (...), Coloniae, 1568, p. 102.

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ranense. È plausibile che le testimonianze grafiche di età moderna,vincendo per suggestione le più deboli capacità rappresentativedella fonte scritta (che però è una fonte sincrona ai fatti!) ne ab-biano orientato la lettura 38.

Si è inoltre sottovalutata la precisione del sintagma basilica do-mus Iuliae. A tale proposito Paolo Liverani ha rimarcato come l’e-spressione designi l’aula di un edificio complesso, quello di unadomus che affacciava sul campo, campus di cui purtroppo ignoria-mo l’estensione a quella data 39.

Le conoscenze e la sensibilità di antichista hanno indotto Liverania cercare la non altrimenti nota domus Iuliae più a Ovest o più aNord dell’episcopio, forse addirittura oltre l’acquedotto Claudio dovesono state individuate alcune emergenze di età imperiale 40.

Se la frammentaria conoscenza dell’occupazione del suolo diquesto lembo celimontano tra età imperiale e tardoantica impedi-sce di spingere oltre le ipotesi di identificazione della domus Iuliae,è un fatto però che già nella prima metà del VII secolo, in un’a-rea iuxta Lateranis collocabile in corripondenza dell’ospedale delSalvatore, papa Onorio I, emulo di Gregorio Magno, avesse fon-

38. Ancora di recente, con nuove e suggestive argomentazioni, Manfred Luchter-handt ha proposto di identificare la basilica domus Iuliae con l’edificio a torre prospicienteil Campo Lateranense riprodotto nelle vedute di Maarten van Heemskerck e nell’affre-sco di Filippino Lippi. Lo studioso ha richiamato l’attenzione sulle arcate tamponate alpiano superiore dell’edificio che interpreta come la traccia di un’antica loggia aperta sulCampo (« eine Akklamationsloggia »), v. LUCHTERHANDT, Päpstlicher Palastbau (nota 6),pp. e ID., Stolz und Vorurteil. Der Westen und die byzantinische Hofkultur im Frühmittelalter,in Visualisierungen von Herrschaft frühmittelalterliche Residenzen. Gestalt und Zeremoniell, In-ternationeles Kolloquium 3./4. Juni 2004 in Istanbul, herausg. von F. A. Bauer, Istan-bul, 2006, (Byzas, 5), pp. 171-211, in part. pp. 192-194, Abb.17; obiezioni all’ipotesi diLuchterhandt sono state avanzate da Paolo Liverani e da Federico Guidobaldi in occa-sione della Giornata di studio temantica dedicata al Patriarchio Lateranense (École française deRome, 10 maggio 2001), a cura di P. LIVERANI e con la collaborazione di P. M. BARBINI, inMélanges de l’École française de Rome. Antiquité, CXVI (2004), pp. 174-176 (Discussione).

39. Su questo punto Liverani è tornato ripetutamente, l’argomentazione più serrata silegge in LIVERANI, Dalle Aedes Laterani (nota 8), pp. 535-538: accertata la lectio corretta dialcune fonti alto medievali e tenendo conto dell’usus scribendi dei redattori, lo studiosoha chiarito in modo convincente il significato delle denominazioni basilica Iulia o Iulii(da riferire alle fondazioni di papa Giulio I) occorrenti nel Liber, precisando che essenon hanno nulla a che vedere con la basilica domus Iuliae citata in LP 86 c. 2; ulterioripuntualizzazioni in LIVERANI, L’episcopio lateranense (nota 14), pp. 125-128.

40. LIVERANI, L’area Lateranense in età tardoantica (nota 8), pp. 33-34.

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dato in domum suam un monastero dedicato ai Santi Andrea e Bar-tolomeo collegato al servizio della basilica Costantiniana 41.

Pertanto, nel corso del VII secolo, l’area a Est, a Nord e a Ovestdella basilica Costantiniana doveva configurasi come un sistema diedifici, di maggiore e minore antichità, via via attratti nell’orbita delcomplesso episcopale. Plausibilmente, la domus episcopi di papa Severi-no era ancora una struttura isolata e aperta in direzione della portaAsinaria, cresciuta in seno a edifici che, al tempo di Gregorio IV(827-844), erano ancora riconoscibili nelle sostruzioni del palazzo co-me i resti della vetusta residenza « costruita dagli antichi padri » 42.

Solo dopo il VII secolo lo sviluppo addizionale della residenza,a partire dalla cd. pars interior e verso Occidente, avrebbe conferitoal Patriarchio la forma chiusa e il profilo irregolare che conoscia-mo dalle testimonianze figurative di età moderna (Fig. 14). Se cisfuggono molti passaggi dello sviluppo addittivo di tale complesso,la traccia della graduale trasformazione della residenza lateranensenel luogo in cui si esercita e si manifesta il potere del Chiesa diRoma si palesa nelle scelte lessicali compiute dai biografi del LiberPontificalis per designare la residenza al Laterano.

È così che nell’indeclinabile Lateranis è stato riconosciuto il se-gno del primo radicamento della residenza del vescovo di Roma

41. LP 72 c. 6**: « Fecit autem in domum suam iuxta Lateranis monasterium in honoresanctorum apostolorum Andreae et Bartholomei, qui appellantur Honorii... », il monasteroquondam Honorii fu restaurato per iniziativa di Adriano I, v. LP 97 c. 68. Sia pure con tuttele cautele, il riesame dei dati archeologici dell’area corrispondente all’ala storica dell’Ospedaledi San Giovanni in Laterano apre all’ipotesi che la domus di Onorio I avesse fatto parte deipiù antichi horti di Domizia Lucilla « il che sarebbe ovviamente un’acquisizione di grande in-teresse », così LIVERANI, L’area Lateranense in età tardoantica (nota 8), pp. 43-46, v. inoltre G.FERRARI, Early Roman Monasteries, Città del Vaticano, 1957, pp. 156-162; Robert CoatesStephens ricorda l’identificazione della domus Honorii con la Domus Vectiliana proposta daSanta Maria Scrinari (1989), v. R. COATES STEPHENS, Housing in Early Medieval Rome, 500-100AD, in Papers of the British School at Rome, LXIV (1996), pp. 239-259, in part. 245 e 246,nota 16; infine A. M. GIUNTELLA, Gli spazi dell’assistenza e della meditazione, in Roma nell’altomedioevo, Spoleto, 2001 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo,XLVIII), pp. 639-691, in part. pp. 646-647 e Tav. V.

42. LP 103 c. 36, oltre a riferire della costruzione di nuovi ambienti residenziali (ha-bitaculum) e di una sala da pranzo (triclinium), il biografo, ricorda che: « Igitur post haecomnia quae superius hedificata leguntur, de aedificis iam dirutis et prae magnitudinetemporum pene casuris quae infra palatium ab antiquis patribus videbantur esse con-structa, beatissimus iam saepius nominatus papa Gregorius novo cultu et opere a funda-mentis erexit atque conposuit ».

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 905

in una domus di alto livello appartenuta ai Laterani, posta a Nord-Est della basilica Costantiniana, mentre – nella scansione cronolo-gica del loro utilizzo – i termini di episcopium, patriarchium e il piùtardo palatium attestano il cambiamento di status della residenza delpontefice 43.

Al progressivo ampliamento dell’insula episcopalis si accompagnaaltresì uno sviluppo in alzato. Ne da prova la sezione architettoni-ca del Sancta Sanctorum (Fig. 8), ma in modo più o meno direttoanche il Liber che nomina livelli distinti della residenza episcopalee le scale per accedervi. È ancora il biografo di Sergio I (687-701)a fornire spunti interessanti, mettendo in scena, nelle more dellamancata sottoscrizione dei canoni del Concilio Quinisesto, il mal-destro attentato alla libertà del papa messo in atto dal protospata-rio Zaccaria, emissario dell’imperatore bizantino 44.

Penetrato nella residenza episcopale, Zaccaria, preso in contro-piede dalla reazione a sostegno del pontefice, da sequestratore sitrovò in trappola e poiché le porte “inferiori” e “superiori” delPatriarchio erano sbarrate e quelle a “inferiori” venivano spinte epercosse con vemenza dai difensori del papa, temendo per la pro-pria vita, il protospatario non trovò di meglio che nascondersi sublecto pontificis mentre, chino su di lui, papa Sergio cercava di farglianimo. A parte l’invenzione narrativa, il passo è di grande interes-se anche per quel che segue. Infatti il beatissimo papa – che, conun cambiamento repentino di registro, il biografo chiama ora pon-tifex – uscito all’esterno della basilica Theodori e aperte le porte delPatriarchio, si fa trovare da chi accorreva in suo aiuto solenne-mente assiso in sedem sub Apostolos. In breve, il serrato “piano se-quenza” descrive le due porte di accesso all’episcopio separate daun dislivello e tre luoghi precisi: il cubiculum del papa, la basilica

43. La successione cronologica dei termini che designano la residenza del vescovo alLaterano può essere sintetizzata come segue: Lateranis: LP 61 c. 4 (Vigilius 537-555),tuttavia come toponimo dell’area prossima alla porta Asinaria esso si trova già in LP 60c. 7 (Silverius 536-537); Episcopium: LP 73 c. 1 (Severinus 640); Patriarchium: LP 86 c. 8(Sergius 687-701); Palatium: LP 102 cc. 3 e 6 (Valentinus 827); sulla genesi del toponimoLateranis e le sue attestazioni nel Liber Pontificalis v. P. LIVERANI, Dalle Aedes Laterani (no-ta 8), pp. 527-528; ID., s.v. Lateranis, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, V, Addendaet corrigenda, Roma, 1999, pp. 272; e di nuovo ID., L’episcopio lateranense (nota 14), pp.121-124.

44. LP 86 cc. 6-9.

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Theodori e, all’esterno di essa, non lontano dalle porte “superiori”,una sedes collocata sotto le icone degli apostoli – sub Apostolos –,toponimo questo che, ancora al tempo di Leone III e di Nicola I,indica una soglia simbolica lungo il corridoio di collegamento trale parti interna ed esterna dell’episcopio 45.

È in questa area vestibolare del pars interior che papa Zaccaria,di ritorno dal viaggio a Ravenna e dal successo diplomatico otte-nuto nell’estate 743 presso la corte di Liutprando a Pavia, inter-venne nell’antica residenza lateranense con un programma di re-stauro e di ampliamento 46.

È la prima volta che il Liber menziona le cure riservate da unpapa al Patriarchio. Non pare irrilevante che l’iniziativa, finanziata

45. v. LP 98 c. 92 (Leo III, 795-816): « Macronam vero ipsius Lateranensis patriar-chii, quae extenditur a campo et usque ultra imagines apostolorum... » e LP 107 c. 48(Nicolaus I, 858-867): « Denique convocata synodo in Lateranensi post haec palatio subApostolis inventi sunt idem... archiepiscopi... »; come ricorda Duchesne, ancora alla finedel XII secolo, le immagini di Pietro e di Paolo si trovavano nella loro collocazione ori-ginaria DUCHESNE, Le Liber Pontificalis (nota 15), I, p. 170, nota 48: descrivendo l’ingressodel papa neoletto nel palazzo, l’Ordo di Cencio Camerario (compilato tra il 1189 e il1193) nel tratto del corridoio (porticus) compreso tra l’oratorio di San Silvestro e l’orato-rio di San Lorenzo (l’attuale Sancta Sanctorum) ricorda infatti che « Ducitur per ipsamporticum sub iconas sanctorum Petri et Pauli apostolorum quae per mare Romam vene-runt nullo ductore... », cfr. Le Liber Censuum de l’Église Romaine (Registres des Papes duXIII siècle), éd. par P. FABRE, L.M.O. DUCHESNE, G. MOLLAT, II, Paris 1889-1952, p.256, cfr. PARAVICINI BAGLIANI, Morte e elezione del papa (nota 29), p. 126. Si osservi chenella vicina basilica Salvatoris il culto delle icone di Pietro e Paolo è attestato nella piùantica redazione della Descriptio Lateranensis Ecclesiae, v. DE BLAAUW, Cultus et decor, (nota30), p. 271, cfr. Codice topografico della città di Roma, a cura di R. VALENTINI, G. ZUC-CHETTI, III, Roma 1946, p. 338, e che la devozione agli Apostoli occupava un posto dirilievo anche nel Sancta Sanctorum dove, con le reliquie delle teste di Pietro e di Paolo,si custodiva un dittico a encausto con i loro ritratti. Oggi presso i Musei Vaticani, ildoppio ritratto viene riferito a un’età compresa tra il VI secolo e il pontificato di LeoneIII (795-816), v. U. UTRO, Dittico con i ritratti di Pietro e Paolo, in Pietro e Paolo. La storia,il culto, la memoria nei primi secoli, (Catalogo della mostra, Roma, Palazzo della Cancelle-ria, 30 giugno-10 dicembre 2000), a cura di A. DONATI, Milano, 2000, pp. 146 e 216,nr. 69.

46. Luchterhandt sottolinea l’importanza del soggiorno di papa Zaccaria presso lacorte di Liutprando a Pavia che all’epoca era « la principale corte dell’Europa centrale »,v. LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38), pp. 193-194. La « forte prevenzione lon-gobarda » che impronta il Liber Pontificalis caratterizza anche la vita di Zaccaria che pureha avuto rapporti diretti e costruttivi con i Longobardi e il loro re, v. CAPO, Il LiberPontificalis, i Longobardi (nota 16), p. 190.

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 907

con le sostanze personali di Zaccaria, si accompagni a una tappacruciale nel progressivo estendersi del potere del papa a un domi-nio politico di cui i bizantini avevano ormai perso il controllo 47.

Il fatto poi che il rinnovamento del Patriarchio sia descrittodal biografo in un unico segmento redazionale induce a fare alcu-ne considerazioni sull’armonica pianificazione dei lavori eseguiti,ecco la citazione del passo in questione:

« Hic in Lateranense patriarchio ante basilicam beate memorie Theodori papaea novo fecit triclinium quem diversis marmorum et vitro metallis atque musiboet pictura ornavit; sed et sacris imaginibus tam oratorium beati Silvestri quam-que et porticum decoravit; ubi etiam et suam substantiam omnem per manusAmbrosii primicerii notariorum introduci mandavit. Fecit autem a fundamentisante scrinium Lateranensem porticum atque turrem ubi et portas ereas atquecancellos instituit et per figuram Salvatoris ante fores ornavit. Et per ascenden-tes scalas in superioribus super eandem turrem triclinium et cancellos aereosconstruxit, ubi et orbis terrarum descriptione depinxit atque diversis versiculisornavit. Et omnem patriarchium paene a novo restauravit: in magnam enimpenuriam eundem locum invenerat » 48.

Nell’ordine, e secondo la lettura che propongo, i lavori compre-sero: al piano superiore, di fronte alla basilica Theodori, la costruzionedi un triclino sontuosamente ornato di marmi, mosaici e pitture; ladotazione dell’oratorio di San Silvestro e del corridoio porticato disacre immagini quindi, al piano terra davanti allo scrinium, la costru-zione di un portico e di una torre con cancelli e una porta bronzea.Infine, esplicitando la funzione residenziale del piano superiore dellatorre, il biografo menziona una seconda sala triclinare ornata con l’or-bis terrarum dipinto e corredato di tituli in versi.

47. TH.F.X. NOBLE, La Repubblica di San Pietro. Nascita dello Stato Pontificio (680-825),Genova, 1998 (1a ed. Philadelphia 1984), pp. 70-78; tracciando il profilo di Zaccaria,Paolo Delogu ha messo in luce la spregiudicatezza delle iniziative diplomatiche di que-sto papa, v. P. DELOGU, s.v. Zaccaria, in Enciclopedia dei papi, I, Roma, 2000, pp. 656-660. Da ultimo, Lidia Capo ha ridimensionato le mire politiche di papa Zaccaria: « ...seè vero che [Zaccaria] per primo ha varcato la soglia del ducato romano, investendosi deiproblemi dell’Italia bizantina e aprendo così la via a una trasformazione notevole neirapporti dei papi sia con la città di Roma che con i Longobardi, ha inteso però certa-mente difendere il quadro politico esistente in Italia, e non crearne uno suo a vantaggiodi s. Pietro », CAPO, Il Liber Pontificalis, i Longobardi (nota 16), pp. 189-190.

48. LP 93 c. 18.

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Pertanto, se vale l’identificazione dello scrinium con l’antico am-biente scavato da Lauer sotto l’oratorio del Sancta Sanctorum, doveplausibilmente nel corso del VI secolo fu dipinta l’immagine del cd.sant’Agostino (Fig. 5, lettera e) 49, potremmo immaginare che, la por-ticus edificata a fundamentis davanti ad esso, oltre a estendere versoNord la fronte dell’episcopio e a definire architettonicamente unospazio semipubblico aperto sulla via, creasse un’area edificabile al pia-no superiore adatta alla costruzione della nuova aula di rappresentan-za. Il riferimento alla basilica Theodori, che anche la biografia di Stefa-no III (768-772) ricorda in prossimità dell’ingresso principale 50, sem-bra compatibile con questa ipotesi, mentre il riferimento al portico apiano terra e alla porta di bronzo confermano che ci troviano nell’a-rea di accesso alla residenza (Fig. 15, nr. 1, 2 e 4).

A prima vista, l’ordine dei lavori menzionati, che – è bene riba-dirlo – sono compresi in un unico segmento redazionale, può sem-brare incoerente. Per prime, infatti, si descrivono le migliorie al pia-no superiore e poi la costruzione a fundamentis del portico sottostantee della torre. Se però consideriamo che il redattore è un funzionariodell’episcopio che vive e opera al suo interno, il punto di vista delresoconto diviene plausibile. Quanto alla porta di bronzo, riterrei chenon appartenesse alla torre. Per ovvi motivi, la torre di Zaccaria cheaccoglieva una sala da pranzo più raccolta e riservata, doveva essereaccessibile dal piano nobile, forse dalla più grande sala triclinare. Infi-ne, il fatto che la porta sia nominata dopo i cancelli di bronzo puòrispondere a un principio associativo suggerito dal materiale impiega-to (il bronzo), criterio che nel Liber non è un’eccezione 51.

49. Per l’identificazione dello scrinium sanctum e delle biblioteche dell’antico episco-pio lateranense da ultimo v. M. BUONOCORE, La biblioteca dei pontefici dall’età antica all’altomedioevo, in Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534) acura di A. MANFREDI, Città del Vaticano, 2010 (Storia della Biblioteca Vaticana, 1), pp.23-71, in part. pp. 33-45.

50. LP 96 c. 29: sono in scena Cristoforo e Sergio che, avvertiti di quanto si stavatramando a loro danno, entrarono nel palazzo lateranense con i propri sostenitori e learmi in pugno, suscitando la reazione indignata del pontefice: « Nuntiatique more solito,inpetum faciens universa multitudo populi qui cum eis advenerat, ingressi sunt cum ar-mis in basilica domni Theodori pape, ubi ipse praenominatus sedebat pontifex. Quibuset fortiter increpavit cur praesumpsissent armati in eodem sanctum patriarchium ingredi ».

51. Herman Geerman ha riflettuto a lungo sul punto di vista dei redattori del Liber Pon-tificalis: « Il sistema di enumerazione e di descrizione è essenzialmente visuale e, a secondadei casi, spaziale. L’ordine è dettato al redattore dagli oggetti stessi e in esso gioca spesso unruolo l’associazione che mentre ai nostri occhi può essere elemento di disturbo, agli occhi

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 909

In merito alla porta il biografo aggiunge una notazione che ri-chiede un breve commento: [Zacharias] per figuram Salvatoris antefores ornavit.

Spesso ci si è riferiti a questa citazione per attribuire a papa Zac-caria l’intenzione di imitare al Laterano il vestibolo monumentale delpalazzo di Costantinopoli, la Chalke, con l’immagine del Cristo sopral’ingresso 52. Senza inoltrarmi nella delicata disamina delle fonti cheriguardano questo presunto modello, richiamerei invece l’attenzionesulla coerenza con la quale i redattori del Liber utilizzano un lessicoche oggi definiremmo storico-artistico 53.

degli antichi è invece di rinforzo dell’ordine », così H. GEERTMAN, Nota sul Liber Pontificaliscome Fonte Archeologica, in Quaeritur Inventus Colitur. Miscellanea in onore di Padre Umberto Ma-ria Fasola, a cura di PH. PERGOLA e F. BISCONTI, Città del Vaticano, 1989, pp. 347-361; riedi-to in ID., Hic fecit basilicam (nota 16), pp. 75-85, in part. p. 81.

52. R. KRAUTHEIMER, Roma. Profilo di una città (312-1308), Roma, 1981, pp. 132-135;L. PANI ERMINI, Renovatio murorum. Tra programma urbanistico e restauro conservativo: Romae il ducato romano, in Committenti e produzione artistico-letteraria nell’alto medioevo occidentale,Spoleto, 1992 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo,XXXIX), pp. 485-530, in part. p. 487; LUCHTERHANDT, Päpstlicher Palastbau (nota 6), p.114. G. MASSIMO, Papa Zaccaria e i lavori di rinnovamento del Patriarchio Lateranense (741-752), in Arte Medievale, n.s. II, (2003), 1, pp. 17-36, in part. pp. 25-27. La morfologia ela trasformazione nel tempo del principale accesso al palazzo imperiale di Costantinopolisono ancora in discussione v. C. MANGO, The Brazen House. A study of vestibule of the im-perial Palace of Constantinople, Kopenagen 1958, pp. 21-35 e 135-142; I. ZERVOU TOGNAZ-ZI, Propilei e Chalké, ingresso principale del Palazzo di Costantinopoli, in Bisanzio e l’Occiden-te: arte archeologia e storia, Studi in onore di Fernanda de’ Maffei, Roma, 1996, pp. 33-59, inpart. pp. 42-44; sulla confusa vicenda dell’immagine del Salvatore posta sopra il varcodella Chalke v. in part. A. FROLOW, Le Christ de la Chalcé, in Byzantion XXXIII (1963),pp. 107-120 e più di recente il riesame delle fonti di L. BRUBAKER, The Chalke gate, theConstruction of the past, and the Trier Ivory, in Byzantine and Modern Greek Studies XXIII(1999), pp. 258-285. Leslie Brubaker analizza anche il passo della vita di Zaccaria che,per cronologia e secondo una lettura orientata in chiave anti-iconoclasta, si presta ad es-sere considerata an evidence from Rome dell’aspetto della Chalke prima dell’anno 800;cautamente, la studiosa conclude come segue: « It is probably safer, however, to inter-pret the Lateran ’figure of the Savior’...as independent of the Chalke programme, thou-gh perhaps partially inspired by the apostle and prophet group ’infront of palace’ descri-bed by the patriarch Germanos. », Ibid., pp. 267-270. Il passo della vita di Zaccaria ècommentato anche da J. HALDON, B. WARD-PERKINS, Evidence from Rome for image ofChrist on the Chalke gate in Constantinople, in Byzantine and Modern Greek Studies XXIII(1999), pp. 286-296, in part. pp. 286-288.

53. Accenno qui a un tema cho ho trattato più ampiamente in A. BALLARDINI, StatRoma pristina nomine (nota 17).

ANTONELLA BALLARDINI910

Imago, effigies, figura, icona, vultus e historia sono i termini chenel Liber Pontificalis designano le immagini sacre esposte alla devo-zione. Nel Liber questi lemmi ricorrono con frequenza variabile esono impiegati a volte in modo ampio e generico, ma a tratti an-che per denotare le caratteristiche specifiche di un artefatto. Misoffermo sui primi tre: imago è in assoluto il lemma con il poten-ziale rappresentativo più ampio, e in effetti solo dal contesto riu-sciamo a dedurre a quale tipo materiale di figurazione di volta involta ci si riferisca; effigies è parola usata anche come sinonimo diimago, ma conserva la connotazione iconica più forte propria del“ritratto” e del “veridico sembiante”. Diverso è invece il caso difigura che è di uso assai più raro.

Ricorro a un esempio tratto dalla biografia di Costantino I(708-715), dove si racconta che il papa e i romani si erano rifiutatidi tributare all’usurpatore Filippico Bardane (711-713) gli onoritradizionamente dovuti all’imperatore. Si era infatti stabilito dinon accogliere « heretici imperatoris nomen aut chartas vel figu-ram solidi (...) unde nec eius effigies in ecclesia introducta est, necsuum nomen ad missarum solemnia proferebatur (...) » 54.

È evidente come il rifiuto del nome e dell’immagine di Filip-pico Bardane corripondesse al mancato riconoscimento della suaautorità, se non addirittura a una sorta di scomunica 55. Da unpunto di vista lessicale, non può sfuggire come il termine figuraassociato al conio del solidus designi propriamente il busto dell’im-peratore stampato sul dritto del moneta 56.

Tornando al passo delle porte bronzee di papa Zaccaria, il re-dattore ricorda che all’esterno (ante fores) i battenti furono ornatiper figuram Salvatoris. In base a quel che sappiamo sull’arte e la tec-nologia delle porte bronzee tra l’età tardo antica e medioevale 57,

54. LP 90 c. 10.55. Il riferimento al solidus aureo di Filippico Bardane conferisce al passo il valore di

una testimonianza perché, a parte i coni battuti a Costantinopoli, un solidus di FilippicoBardane fu emesso anche dalla zecca di Roma, v. W. WROTH, Catalogue of the ImperialByzantine Coins in the British Museum, I, London, 1908, pp. XXXIV (ove si cita il passodel Liber Pontificalis) e II, p. 359, nr. 9.

56. Del resto anche per Isidoro di Siviglia la figura è la rappresentazione piana di unaforma, tanto è vero che designa per antonomasia la « figura geometrica », v. IsidoriEtymologiae, III, 12 (« De figuris geometriae »).

57. A. IACOBINI, Le porte bronzee bizantine in Italia: arte e tecnologia nel Mediterrano me-

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 911

è verosimile che l’immagine sulle valve della porta fosse incisa conlo scalprum e delineata a contorno, appunto « per figuram ».

Se la lettura è corretta, le porte bronzee fuse nel 1195 e nel1196 da Pietro e Uberto di Piacenza per il Patriarchio di Celesti-no III continuavano soluzioni tecniche e formali che a Roma era-no in corso già nell’VIII secolo (Fig. 16) 58.

Un ultimo accenno merita la torre di Zaccaria. Non ho ipote-si migliori di quelle già formulate che collocano la torre a Norddel Sancta Sanctorum, ovvero a Nord dello scrinium e in prossimitàdella porticus (Fig. 15, nr. 6) 59. Per la rarità del richiamo iconogra-fico, non va trascurata la decorazione pittorica della sala triclinarecon l’orbis terrarum 60. Solo per evocare l’immagine perduta, ricor-ro alla mappa mundi conservata tra le pagine del De natura rerum diIsidoro in un noto codice della Biblioteca Vaticana (Fig. 17) 61.

dievale, in Le porte del paradiso. Arte e tecnologia bizantina tra Italia e Mediterraneo, Conve-gno internazionale di studi, Istituto Svizzero di Roma, 6-7 dicembre 2006, a cura di A.IACOBINI, Roma, 2006, pp. 15-54.

58. Delle porte bronzee, fatte realizzare da Cencio Camerario, conosciamo la collo-cazione nell’antico episcopio riferita da Onofrio Panvinio (1562): la porta datata 1196,oggi nel chiostro, era in opera nella parte più interna del Patriarchio, l’altra del 1195,oggi nel Battistero, si trovava « super gradus schalae veteris Palatii Lateranensis », v. PANVI-NIO, De sacrosancta basilica (nota 36), p. 479 e p. 482 citato da A. IACOBINI, Le porte bron-zee medievali del Laterano, in Le porte di bronzo dall’antichità al secolo XIII, a cura di S. SA-LOMI, Roma, 1990, pp. 71-95, in part. pp. 80-81.

59. In questa posizione, negli ambienti sotterranei della Scala Santa, si trovano i resti diuna torre medievale, v. DONADONO, La Scala Santa (nota 10), p. 31. Diversamente LetiziaPani Ermini si è ricollegata all’ipotesi di Rohault de Fleury che immaginò la torre di Zacca-ria a sinistra della scala di accesso al Patriarchio e in prossimità della porticus posta tra l’orato-rio di San Lorenzo e l’oratorio di San Silvestro, v. PANI ERMINI, Renovatio Murorum (nota52), pp. 488-489; Lucherhandt non si è espresso sull’ubicazione della torre di Zaccaria, v.LUCHTERHANDT, Päpstlicher Palastbau (nota 6), p. 114; in ragione del dato archeologico, nella« parziale ricostruzione del palazzo medievale dei papi », lo studioso segnala solo una torre(alla lettera D: « Turm »), senza ulteriori specifiche e, in prossimità, un corpo di fabbrica tra-sversale corrispondente ai resti di un portico visibili nei sotterranei della Scala Santa (letteraC), Ibid. p. 111, Abb. 4. Più di recente, sulla scorta dell’attestazione nel XIII e XIV secolodel cd. palatium Zachariae, Giuliana Massimo ha ipotizzato che la torre e la porticus di questopapa sorgessero nell’area poi occupata dal secondo triclinio leoniano, v. G. MASSIMO, PapaZaccaria (nota 52), p. 23 e pp. 25-28 e Fig. 6, nr. 22 a p. 21.

60. G. L. BERTOLINI, Qualche chiarimento su l’Orbis Pictus di Papa Zaccaria, in Bollettinodella Reale Società Geografica Italiana, ser. 5a II (1913), n. 5, pp. 542-550.

61. BAV, Vat. lat. 6018, ff. 63v-64r, v. R. UHDEN, Die Weltkarte des Isidorus von Se-villa, in Mnemosyne ser. 3a, III (1936), pp. 1-28; da ultimo O. BALDACCI, Comunicazione e

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Con un paragone di ordine diverso, richiamo i primi versi dellungo componimento che accompagnava la Creazione del mondodipinta a Ravenna nel triclinio di Neone (451-473): « Principiumnitidi prima sub origine mundi / Cum marem, tellurem, caelicum lucida regna / Virtus celsa patris, natique potentia fecit... » 62.È difficile pensare che Zaccaria, ospite dell’arcivescovo Giovanni,non avesse ammirato l’antico triclinio e la sua decorazione 63.Tuttavia la preferenza accordata dal vescovo di Roma all’orbis ter-rarum come scenografia della sua stanza da pranzo getta luce sullaconsapevolezza che il pontefice manifesta rivendicando, ancorchéin pictura, l’universalità del suo mandato. A tale proposito credoche Ingo Herklotz abbia colto nel segno accostando all’orbis pictusdi Zaccaria la preghiera per la consacrazione del papa riportata nelsacramentario gregoriano inviato a Carlo Magno: « ...et idcircohuic famulo tuo quem apostolicae sedis praesulem et primatumomnium qui in orbe terrarum sunt sacerdotum, ac universalis ec-clesiae tuae doctorem dedisti et ad summi sacerdotii ministeriumelegisti, hanc quaesumus Domine gratiam largiaris. Tribuas ei ca-thedram pontificalem, ad regendam ecclesiam tuam et plebem

significato di un mappamodo Isidoriano del secolo VIII (Vaticano latino 6018), con una appendicesu “ il pilota sconosciuto”, in Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, CCCXCII (1995),(Rendiconti. Scienze morali, storiche e filologiche, ser. 9a, vol. VI), pp. 693-706 e L.CHEKIN, Easter Table and the Pseudo-Isidorean Vatican Map, in Imago Mundi. The Journal ofthe International Society for the History of Cartography, LI (1999), pp. 13-23.

62. Trasmesso da Andrea Agnello, il componimento fu incluso da Gaetano Marininei suoi codici epigrafici v. BAV, Vat. lat. 9071, p. 80, A. MAI, Scriptorum veterum novacollectio e Vaticanis codicibus edita, V, 1, Romae, 1831, pp. 188-189, nr. 4; AGNELLUS DE

RAVENNA, Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, cura et studio D. MAUSKOPF DELIYANNIS,Turnhout, 2006 (Corpus Christianorum Continuatio Mediaeualis, 199), pp. 176-177.

63. A Ravenna, nel giugno 743, l’accoglienza riservata al papa fu solenne e festosa, v.BERTOLINI, Roma di fronte a Bisanzio (nota 22), p. 486; per il triclinio di Neone (« domusquae vocatur Quinque agubitas »), v. G. DE ANGELIS D’OSSAT, Sulla distrutta aula deiQuinque accubita a Ravenna, in Corso di Cultura sull’arte Ravennate e Bizantina, XX (1973),pp. 263-274; F.W. DEICHMANN, Ravenna. Hauptstadt des spätantiken abendlandes, Kom-mentar, 1. Teil, Wiesbaden, 1974, pp. 194-197; da ultimo M. C. MILLER, The Bishop’sPalace. Architecture and Authority in Medieval Italy, Ithaca, 2000, pp. 23-27 e C. RIZZARDI,Le residenze dei vescovi di Ravenna dal Tardoantico all’Altomedioevo, in Des domus ecclesiaeaux palais épiscopaux, Actes du colloque tenu à Autun du 26 au 28 novembre 2009, sousla direction de S. BALCON-BERRY, F. BARATTE, J.-P. CAILLET et D. SANDRON, Turnhout,2012 (Bibliotheque de l’Antiquité Tardive, 23), pp. 135-145, in part. 138, figg. 4-6.

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universam... » 64. Come si vede, l’orazione dichiara, ormai solen-nemente, il primato e il forte sentimento di universalità maturatodalla Sede apostolica romana nel corso del VIII secolo 65.

Dal tempo di Zaccaria e, con un intensificarsi dei lavori, dall’ulti-mo quarto dell’VIII secolo fino al primo decennio del IX secolo,quello del Patriarchio fu il più grande cantiere permanente dell’Ur-be 66. Nel Liber, gli interventi promossi nel biennio 774-776 da papaAdriano al Laterano trovano posto nella relazione che illustra quelleche oggi definiremmo « le grandi opere » del suo pontificato 67. Nel-l’esposizione del programma non può sfuggire come le attenzioni ri-servate alla domus patriarchii siano collegate al potenziamento dellariorganizzazione – già avviata da Zaccaria – dei beni fondiari dellaChiesa 68. Frutti e proventi delle aziende agricole e in particolare del-la novissima domus culta Capracorum venivano vincolati al rifornimento

64. J. DESHUSSES, Le sacramentaire grégorien. Ses principales formes d’après les plus anciensmanuscrits, I, Fribourg, 1992, p. 348, nr. 226: Ad Pontificem ordinandum.

65. Per far comprendere appieno il senso della nuova autoconsapevolezza dei ponte-fici romani, Herklotz paragona l’ecumenica orazione papale alla più semplice formula diconsacrazione dei vescovi: « ...et idcirco huic famulo tuo quem ad summi sacerdotii mi-nisterium elegisti, hanc quaesumus Domine gratiam largiaris... », v. I. HERKLOTZ, Gli ere-di di Costantino. Il papato, il Laterano e la propaganda visiva nel XII secolo, Roma, 2000, pp.81-82.

66. « Für das folgende Jahrhundert blieb der Palast die größte Dauerbaustelle im ka-rolingischen Rom, und seine Erweiterungen gingen nicht zufällig den wichtigen Kir-chenneubauten zeitlich voraus », così LUCHTERHANDT, Päpstlicher Palastbau (nota 6), p.114; ID., Rinascita a Roma, nell’Italia carolingia e meridionale, in Storia dell’architettura italianada Costantino a Carlo Magno, a cura di S. DE BLAAUW, pp. 322-373, in part. 331-333.

67. LP 97 cc. 52-59 (Indictiones XIII-XIV: settembre 774-agosto 776). L’analisi dellastruttura della biografia di Adriano I (775-796) ha permesso a Geertman di riconoscerediciassette relazioni indipendenti aggiunte l’una all’altra, ciò significa che la biografia nonfu aggiornata con cadenza annuale « come invece avvenne puntualmente durante il pon-tificato di Leone III », v. GEERTMAN, More Veterum (nota 16), pp. 7-35; e inoltre ID., Glispostamenti di testo nella vita di Adriano I, in Il Liber Pontificalis e la storia materiale (nota17), pp. 155-166.

68. F. MARAZZI, Il Liber Pontificalis e la fondazione delle Domuscultae, in Il Liber Pontifi-calis e la storia materiale (nota 17), pp. 167-188; anche se in modo meno esplicito diquanto si manifesti nella vita di Adriano I (LP 97 c. 54), già nella vita di Zaccaria (LP93 c. 19) si rileva una simmetria compositiva tra la notizia della fondazione di una domu-sculta e il possibile uso delle sue risorse: « se ne può concludere che l’ipotesi di attribuirealle rendite delle domuscultae di Zaccaria una finalità analoga a quella di Capracorum [diAdriano I] abbia una sua fondatezza », Ibid. pp. 179-180.

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degli horrea Ecclesiae per assicurare la distribuzione di pane, compana-tico e vino ad almeno cento poveri al giorno 69. È così che il redat-tore nomina l’ordinato stoccaggio in paracellario di cereali, legumi, vi-no e carne di porco e indica il luogo dove – in Lateranense patriarchio– i poveri ricevevano un pasto caldo. Allo scopo era adibita l’area se-mipubblica del portico presso la scala che saliva all’episcopio ubi et ipsipauperes depicti sunt 70. Le coordinate topografiche sono sufficiente-mente precise per identificare la porticus con quella costruita da Zac-caria davanti allo scrinium e innanzi all’oratorio noto oggi come SanctaSanctorum (Fig. 15, nr. 4 e 5).

Già Grisar e Lauer avevano richiamato l’attenzione sull’anticadedica a san Lorenzo di questo oratorio, nominato per la primavolta nel 768, nella vita di Stefano III 71. La consacrazione al santodiacono infatti non doveva essere estranea alla prossimità di am-bienti che custodivano il patrimonio memoriale e giuridico dellaChiesa (lo scrinium) e di spazi deputati all’amministrazione caritati-va delle sue risorse. Nel più ampio programma di riorganizzazionedell’assistenza agli indigenti e ai pellegrini, la quotidiana distribu-zione di cibo sancita da papa Adriano (anche con l’immagine deipoveri dipinta nella porticus!) conferiva al Patriarchio la dignitàesemplare di una super-diaconia.

Come ha osservato Letizia Pani Ermini, l’interesse delle fabbricheresidenziali costruite ex novo da papa Adriano al Laterano risiede nellatipologia delle strutture 72. Il biografo infatti menziona una torre, or-nata di marmi e pitture, confinante con il corridoio porticato dal

69. Ibid., pp. 176-177 e GIUNTELLA, Gli spazi dell’assistenza (nota 41), pp. 676-677.70. LP 97 c. 54: « Decernens eius ter beatitudo atque promulgans (...) ut omni die

centum fratres nostri Christi pauperum, etiam et si plus fuerint, aggregentur in Latera-nense patriarchio et constituantur in portico quae est iuxta scala que ascendit in patriar-chio, ubi et ipsi pauperes depicti sunt (...) ». È di vivo interesse l’uso prescrittivo di que-sta pittura murale che fissava il luogo esatto per la distribuzione degli alimenti: l’immagi-ne dipinta e il numero “programmato” di poveri da sfamare (un centinaio al giorno)stanno forse ad indicare che solo un’area della porticus (ca. 25 mq) era adibita a questoscopo?

71. LP 96 c. 4: « ...in oratorio sancti Laurentii intro eundem patriarchium »; v.LAUER, Les fouilles du Sancta Sanctorum (nota 12), p. 281, H. GRISAR, Zum älteste Kultusdes Erz-Martyrers Laurentius, in Zeitschrift für Katholische Theologie, XXVII (1903), pp. 133-138; e ID., L’oratorio di San Lorenzo nell’antico palazzo del Laterano, in La Civiltà Cattolica,IV (1906), pp. 673-687, in part. p. 676.

72. PANI ERMINI, Renovatio murorum (nota 52), p. 486.

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quale si raggiungeva il balneum oltre che un deambulatorium scilicet sola-rium 73. Non abbiamo riferimenti certi per ubicare la nuova torre, maponendo attenzione a notizie precedenti e posteriori alla vita diAdriano emergono alcuni dati interessanti.

Dal biografo di Stefano III (768-772) veniamo a sapere che primadella sua elezione, un altro candidato al soglio pontificio era stato al-lontanato dal Patriarchio attraverso un’uscita secondaria per scalam queducit ad balneum 74. È plausibile che questa struttura di servizio (il bal-neum) si trovasse sul lato opposto rispetto alla fronte Nord che era laprincipale e a una quota inferiore rispetto alla residenza, forse nonlontano dalle arcuazioni della forma Claudia che lo alimentavano 75.Ancora al tempo di Gregorio IV (827-844), nominando il balneum losi dice adiacente al magazzino delle derrate alimentari (paracellarium), asua volta raggiungibile mediante una scala (descensus) scomoda e peri-colosa da percorrere perchè poco illuminata 76.

In breve, ci troveremmo in quello che definirei il “lato inombra” del Patriarchio, rivolto a Sud-Est verso le mura Aureliane,un affaccio quasi del tutto trascurato nel racconto del Liber.

Le rare vedute di età moderna di questo versante del comples-so lateranense, confermano come esso fosse caratterizzato da ter-razzamenti e da salti di quota che scendevano ripidi verso la portaAsinaria (Fig. 18) 77.

73. LP 97 c. 56: « Unde ex nimia fervoris dilectione pro honore beati Petri apostolorumprincipis et ornatu ipsius sancti patriarchii, construxit atque aedificavit ibidem noviter turremmirae pulchritudis decoratam, coherenti porticu qui descendit ad balneum; ubi et deambula-torium, scilicet solarium, cum cancellis aereis nimis pulcherrime construi fecit. Sed et porti-cum ipsam, quae vetustate diruta inerat, nimis utiliter renovavit et picturis atque marmoribuseandem turrem et cuncta aedificia ab eo noviter constructa decoravit ».

74. LP 96 c. 11 « ...expellerunt iamdictum Philippum presbiterum de eodem patriar-chio. Qui et per scalam quae ducit ad balneum descendens, cum magna reverentia adsuum reversus est monasterium. »

75. Nella biografia di Adriano quando si nomina il restauro della forma Claudia siaggiunge: « ...unde et balneus Lateranensis de ipsa aqua lavari solebat et in baptisterioecclesiae Salvatoris (...) et in plures ecclesias in die sanctum Pasche decurri solebat », v.LP 97 c. 62.

76. LP 103 c. 36-37 « ...Nam descensum qui paracellarium respicit, per quem anteahomines veluti in nocte ascendebant vel descendebant, ita noviter reformavit ut nullainde transeuntes deinceps ut ante obscuritas valeat praepedire. (...) Renovavit immo etbalneum, quod iuxta paracellarium situm est, a fundamentis per totum, et marmoribusceterisque placabilibus operibus decoravit ».

77. Il complesso lateranense nella pianta a volo d’uccello di Étienne Dupérac (1577)

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Sebbene non si possa escludere che la scala ad balneum fosseporticata – forse un criptoportico considerata la scarsa illuminazio-ne alla quale pone rimedio Gregorio IV – riterrei che in questocaso il biografo di Adriano non intendesse alludere alle caratteri-stiche architettoniche della rampa, quanto all’esatta ubicazionedella torre, confinante con il tratto di corridoio al primo piano dalquale, appunto, si scendeva al balneum (Fig. 15, nr. 7, 8 e 9).

Questo corridoio viene sempre chiamato porticus salvo poi,con Leone III, mutare il nome in macrona 78. Se dunque la torredi Adriano si trovava sul versante Sud-orientale, essa dominaval’uscita secondaria del Patriarchio, la cinta muraria e l’accessoorientale della basilica 79.

Quanto al deambulatorium scilicet solarium, la sintassi non aiuta achiarire se esso fosse di complemento alla torre, alla porticus o ad-dirittura al balneum 80. Il significato dei termini non pare peròequivocabile: il deambulatorium è un ambulacro o un cammina-mento e il solarium allude all’esposizione di una terrazza o di unaveranda che qui viene dotata di cancelli di bronzo.

Un’indicazione ulteriore si può forse ricavare dalla vita diLeone III dove è descritto il restauro ab imo usque ad summum del-la porticus / macrona 81. Oltre al pavimento di marmo e al soffitto a

può essere considerata la più antica di queste vedute, v. A. P. FRUTAZ, Le piante di Ro-ma, II, s.l. 1962, Tav. 252 e qui Fig. 9. Oltre al dipinto attribuito a un seguace di Ga-spar Dughet (Chatsworth, Collezione del Duca di Devonshire, n. 154, olio su tela, metàdel XVII secolo) e al dipinto di Pietro Anesi (Milano, Museo Diocesano olio su tela,prima del 1743), Mario D’Onofrio ha richiamato l’attenzione su un disegno dell’olande-se Johannes Glauber (1646-1726), purtroppo non più rintracciabile, di cui l’Archivio fo-tografico della Biblioteca Hertziana possiede la foto (Neg. U. Fi. CI, 361b), v. D’ONO-FRIO, Il Patriarchio nascosto (nota 14), pp. 149-150, Fig. 6.

78. v. qui sotto alla nota 81.79. Anche per Louis Duchesne « Ces édifices devaient être dans la partie orientale

du palais, un peu en avant de l’abside ou l’on voit maintenant une copie de la mosaïquede Leon III », v. DUCHESNE, Le Liber Pontificalis (nota 15), I, p. 518, nota 60.

80. Inge Nilgen riferisce il deambulatorium/solarium al balneum, v. I. NILGEN, Thermae etBalnea: the Architecture and Cultural History of Roman Public Baths, Aarhus University Press,1990, p. 161. Ringrazio Maura Medri per avermi indicato questa occorrenza.

81. LP 98 c. 92 « Macronam vero ipsius Lateranensis patriarchii, quae extenditur acampo et usque ultra imagines apostolorum, quae prae nimia vetustate ruitura erant, afundamentis simul et sarta tecta necnon et solarium ab imo usque ad summum noviterrestauravit, et in melius firmissimis marmoribus stravit, atque cameram ipsius macroneaenoviter fecit et diversis istoriis pictura mirifice decoravit ».

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lacunari, del corridoio si menziona, infatti, il rifacimento del tettoe del solarium.

Di nuovo, alcuni decenni più tardi, il biografo di Leone IV(847-855) ricorda il ripristino del solarium quod beatae memoriae Leotertius papa construxerat osservando che esso con le travi spezzate econsumato dall’antichità stava andando in rovina 82.

È probabile che, al pari di quanto è documentato in altri con-testi episcopali di età medievale, i solaria nominati fossero terrazzeo logge riservate alle apparizioni del papa, tuttavia se i biografi diAdriano e dei due Leoni si riferivano alla stessa porticus (quella alprimo piano) e allo stesso deambulatorium scilicet solarium potremmocongetturare che sopra il corridoio fosse in opera una terrazza ouna veranda a incastellatura di legno tale da garantire un controllosia verso le mura, sia verso la città e una circolazione di servizioall’interno del palazzo. Potremmo dunque immaginare uno svi-luppo dell’edificio su tre livelli: il porticato aperto sulla via pub-blica (la porticus nuova di Zaccaria); più arretrato e collegato a esta con la torre di Adriano, il corridoio al primo piano (ovvero laporticus già esistente al tempo di Zaccaria) lungo il quale si affac-ciavano le aule/basilicae e l’oratorio di San Silvestro; infine, al se-condo piano, il deambulatorium/solarium costruito in legno 83. GiàLetizia Pani Ermini, che per l’ubicazione della torre di Zaccariaaccoglie l’ipotesi di Rohault de Fleury (i.e. a sinistra della scala diaccesso al Patriarchio), si domandava se le torri di Zaccaria e diAdriano « non fossero in qualche misura collegate » dal deambulato-rium, che in tal modo sarebbe stato racchiuso tra le due torri « conconseguenze sul piano formale e tipologico di indubbia portata » 84.

Certo è che, tra la metà dell’VIII secolo e il principio del IX,per chi entrasse in città dalla porta Asinaria o provenisse dal Celio

82. LP 105 c. 11 « Nam et solarium quod beatae memoriae Leo tertius papa constru-xerat, cum prae nimia vetustate, fractis travibus, in ruinis cerneretur emersum, noviterpulcrius in meliorem speciem restauravit »

83. L’ipotesi di un deambulatorium al secondo piano si accorderebbe con lo sviluppoin altezza delle torri e con la presenza di un matroneo nella controfacciata del secondotriclinio leoniano (v. qui sotto al contesto di nota 98). Al tempo di Adriano l’arte dellacarpenteria aveva ricevuto un notevole impulso in occasione del restauro delle coperturelignee delle basiliche della Urbe, impresa coadiuvata, per l’approvigionamento del legna-me, dallo stesso Carlo Magno, v. PANI ERMINI, Renovatio murorum (nota 52), pp. 504-505.

84. Ibid. v., p. 488.

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o dall’Esquilino, il nucleo più antico del Patriarchio appariva tra-sformato da nuove addizioni che conferivano un carattere ineditoal suo profilo, dominato ora dalle torri di Zaccaria e di Adriano.

L’introduzione di questo nuovo vocabolario di elementi archi-tettonici nell’antica compagine della residenza episcopale è tuttaviapoca cosa rispetto all’ambizioso ampliamento del Patriarchio pro-mosso, nei primi quindici anni di pontificato, da Leone III.

Tra il 795 e l’810, la residenza del vescovo di Roma non soloavrebbe acquistato un’estensione rimasta quasi inalterata fino all’e-tà moderna, ma avrebbe altresì raggiunto esiti spettacolari con lacreazione di due vere e proprie aulae di palazzo.

È noto come la letteratura dedicata ai triclinia leoniani sia mol-to estesa e assai precoce. Origina infatti nel 1625 dal restauro diquel che rimaneva del triclinio posto nell’ala orientale del Patriar-chio, il cui mosaico nel 1743 fu completamente rifatto e dislocatolà dove lo vediamo oggi (Figg. 19-20) 85. Studiosi di antiquaria,storici e storici dell’arte si sono a lungo interrogati su questa me-moria celeberrima la cui invenzione iconografica è stata però rara-mente studiata in stretta relazione con l’originale contesto archi-

85. N. ALEMANNI, De lateranensibus parietinis ab illustrissimo & reuerendissimo domino D.Francisco card. Barberino restitutis dissertatio historica, Romae, 1625. Sulla “trasportazione”del triclinio nel 1743, oltre a DONADONO, La Scala Santa (nota 10), pp. 41-43 (con docu-menti inediti), è di vivo interesse la nota pubblicata nel Giornale de’ Letterati (1748), pp.49-50: « Poichè Clemente XII ebbe tirata a fine la maestosa facciata della Basilica Co-stantiniana, ciò che era avanzato del Triclinio Leoniano, e l’antico Oratorio di S. Nic-colao, che servì già di sacrario, o vestiario a gli antichi Pontefici, ed era allora abitato daPP. Francescani Penitenzieri della Basilica, serviva d’impaccio: onde fu d’uopo demolireil tutto per dilatar la platea. Alla sola tribuna, avanzo prezioso del Triclinio, si ebbe ildovuto riguardo. Si pensò di trasportarlo tutto intero con segarlo e staccarlo dalla grossamuraglia, cui era annesso, per opra degli artefici della Fabbrica di San Pietro, che somi-glianti moli segano, e trasportano con somma agevolezza. A tal fine era già preparato unpalco di grossi travi: e fino erasi composta la seguente iscrizione: Clemens XII. Pont.Max. ad Constantinianae Basilicae aream ampliandam e vetero loco pedibus CLXVIII dissitamin novo aedificio a fundamentis extructo composuit A. sal. 1738. La qualità irregolare della fab-brica antica nol permise onde convenne distruggerlo. Prima di far ciò, erasi d’ordine delmedesimo Clemente esattissimamente copiata in disegno, e pittura, senza tralasciare unatomo delle antiche varie figure espresse in quel Mosaico: e si trovò corrispondere ne’colori ad altra copia fattane anticamente, che serbasi in codice Vaticano. Sopraggiunta lamorte di Clemente restò al successore Benedetto XIV la cura e la gloria di rinnovar talMosaico, conforme ha fatto ».

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tettonico per il quale era stata ideata 86. Altrettanto raramente èstato valutato con attenzione il ruolo centrale giocato dal cantierelateranense nel più ampio programma di riqualificazione del patri-monio edilizio ecclesiatico promosso allo scadere dell’VIII secolo.

L’ordinata esposizione del biografo di Leone III, con la scan-sione cronologica delle « grandi opere » al Laterano e di altri can-tieri cittadini concomitanti, mette in chiaro come officine e mae-stranze specializzate avessero trovato nel Patriarchio un impulso euna riorganizzazione. L’ambizioso progetto di Leone III che, èbene ricordarlo, era cresciuto in seno al vestiarium papale divenen-done poi il soprintendente negli ultimi anni del pontificato diAdriano I, potè giovarsi di risorse materiali eccezionali, messe adisposizione da Carlo Magno e dalla nobiltà franca, ma anche ra-strellate con zelo dal papa-vestararius, abile e spregiudicato nel per-seguire gli interessi economici e patrimoniali della Chiesa 87.

È così che, tra il 797 e il 798, si aprono i cantieri di Santa Su-sanna e – al Laterano – del primo triclinium, il più sontuoso diquelli fino ad allora edificati (Fig. 15 nr. 10); entro l’estate 799un’analoga sala triclinare è costruita al Vaticano, mentre nell’801hanno inizio i lavori del secondo triclinio lateranense, con undiciabsidi per altrettanti accubita, ovvero i divani inclinati e curvati at-torno a tavoli dove, in occasione di banchetti ufficiali, i commen-sali pranzavano semisdraiati secondo l’uso antico (Fig. 15, nr.11) 88. Un ultimo intervento in seno alla residenza lateranense si

86. Fa eccezione la ricerca di Manfred Luchterhandt. Lo studioso ha dedicato all’ar-gomento il saggio Famulus Petri. Karl der Große in den römischen Mosaikbildern Leos III., inKarl der Große und Papst Leo III. in Paderborn, Kunst und Kultur der Karolingerzeit,799, Beiträge zum Katalog der Ausstellung Paderborn 1999 herausg. von C. STIEGEMANN

und M. WEMHOFF, Maintz, 1999, pp. 55-70 (con bibliografia retrospettiva), l’indaginesulla decorazione musiva del triclinio maior di Leone III è complementare a ID., Päpstli-cher Palastbau (nota 6). Le riflessioni che seguono sui triclinia leoniani devono molto aquesti lavori e al più recente saggio di LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38).

87. LP 98 c. 1: « Leo, natione romanus, ex patre Atzuppio (...) Qui a parva etate investiario patriarchii enutritus et edocatus... »; per l’analisi della struttura della biografia diLeone III (LP 98) e il relativo commentario v. GEEERTMAN, More Veterum (nota 16), pp.37-70; secondo Geertman a Leone vestararius si devono gli ultimi capitoli della biografiadi Adriano e il trasferimento del resoconto di alcune attività promosse da questo papaall’inizio della propria biografia, Ibid., p. 35.

88. LP 98 c. 10 (Indictio VI, 797-798); cc. 27-28 (Indictio VII, 798-799); c. 39 (In-dictio X, 801-802); da ultimo Simon Malmberg ha indagato la forma e i rituali dei ban-

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colloca tra l’810-811 con la costruzione, accanto al primo tricli-nium, dell’oratorio dei Santi Arcangeli e il già citato restauro dellaporticus / macrona (Fig. 15, nr. 9) 89.

La serrata cronologia di questi cantieri autorizza a immaginarlicome “imprese a ciclo continuo” capaci di ottimizzare le risorseumane, le maestranze specializzate e l’uso degli strumenti di lavoro.Che si trattasse di cantieri di grande impegno si ricava dal risalto datonel Liber all’abilità nel costruire solide sostruzioni di fondazione.

Nel caso del primo triclinio, l’accenno ai firmissima fundamenta èdi particolare pertinenza, quando si consideri che l’aula leoniana, edi-ficata sul versante più accidentato del complesso episcopale, era – co-me prova la testimonianza di Onofrio Panvinio e come hanno argo-mentato Meckseper e Luchterhandt – un edificio triabsidato di circa34 metri di lunghezza, articolato su due piani (Figg. 21-22) 90.

Le rare immagini di età moderna, confermano che anche il tricli-nio degli undici accubita era stato progettato su due livelli, ma le suedimensioni – che superavano i 51 metri di lunghezza e quasi i 13metri di larghezza al netto delle absidi – testimoniano fino a chepunto si fosse spinta l’ambizione di Leone III (Fig. 23) 91.

chetti tardo imperiali tra Roma e Costantinopoli quali strumento di propaganda e di le-gittimazione politica del sovrano, v. S. MALMBERG, Visualising Hierarchy at Imperial Ban-quets, in Feast, Fast or Famine: Food and Drink in Byzantium ed. by W. MAYER and S.TRZCIONKA, Brisbane, 2005 (Byzantina Australiensia, 15), pp. 11-24 e ID., Dazzling di-ning: banquets as an expression of imperial legitimacy, in Eat, Drink and Be Merry (Luke 12,19). Food and Wine in Byzantium. Papers of the 37th Annual Spring Symposium of ByzantineStudies in Honour of Professor A.A.M. Bryer, ed. by L. BRUBAKER and K. LINARDOU,(Hampshire), 2007, pp. 75-91.

89. LP 98 c. 92 (Indictio IV, 810-811).90. LP 98 c. 10: « Fecit autem et in patriarchio Lateranense triclinium maiorem su-

per omnes triclineos nomini suo mire magnitudinis decoratum, ponens in eo fundamen-ta firmissima et in circuitu lamminis marmoreis ornavit, atque marmoribus in exemplisstravit et diversis columnis tam purfireticis quamque albis et sculptis cum basibus et liliissimul postibus decoravit. Et camera cum absida de musibo seu alias II absidas diversasstorias pingens super marmorum constructione pariter in circuitu decoravit »; v. C.MECKSEPER, Zur Doppelgeschossigkeit der beiden Triklinien Leos III. in Lateranpalast zu Rom,in Schloß Tirol. Saalbauten und Burgen des 12. Jahrhunderts in Mitteleuropa, herausg. von derWartburg-Gesellschaft zur Erforschung von Burgen und Schlössern, München, 1998,pp. 119-128, in part. 125, Fig. 5; LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38), pp. 180-184 e Abb. 6, 8, 9 e 10.

91. R. KRAUTHEIMER, Die Decanneacubita in Konstantinopel. Ein kleiner Beitrag zur FrageRom und Byzanz, in Tortulae. Studien zu altchristlichen und byzantinischen Monumenten, he-

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Le parole del Liber e il sussidio della “pianta d’Archivio” han-no permesso a Luchterhandt una ricostruzione attedibile delle auleleoniane la cui peculiare morfologia aveva già orientato NicolaAlemanni (1625), prima di Duchesne, Lauer, Krautheimer e PaoloVerzone, a cercarne il modello tra le aule di rappresentanza delSacro Palazzo di Costantinopoli 92.

Oltre alla solidità della costruzione, del primo triclinio il biografodi Leone esalta la qualità degli apparati decorativi. Egli spende la for-mula mire magnitudinis decoratum che nel Liber non vale un genericoapprezzamento estetico, poichè di seguito l’eccellenza si palesa nell’e-numerazione dei pregiati materiali messi in opera: le specchiature dimarmo negli emicicli absidali; le colonne di porfido e di marmobianco con basi e capitelli scolpiti; il pavimento di commessi marmo-rei e inoltre un soffitto a lacunari, la decorazione a mosaico nell’absi-de principale e pittorica nelle secondarie (Fig. 24).

La “pianta d’Archivio” – che è una pianta quotata – integra lenostre conoscenze sulla morfologia della aula, ubicata nella cosid-detta pars interior della residenza e accessibile dal corridoio al pri-mo piano. Di qui, una scala ascendente immetteva nel vestiboloabsidato, aperto sull’aula mediante un varco d’onore monumenta-lizzato da una coppia di colonne e (forse) schermato da preziosecortine (Fig. 15, nr. 10 e Fig. 24).

Il lusso dell’allestimento e il nome di triclinium con il qualel’aula è designata non permette di dubitare che essa fosse adibita abanchetti e sebbene il biografo non segnali la presenza di accubita,i 7 metri circa di diametro delle tre absidi erano ideali per acco-gliere questo tipo di arredo.

rausg. von W.N. SCHUMACHER, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde undKirchengeschichte, Suppl., 30 (1966), pp. 195-199 riedito in traduzione italiana e con Po-scritto 1987, Id., I Decanneacubita di Costantinopoli, in Architettura sacra paleocristiana e me-dievale e altri saggi su Rinascimento e Barocco, Torino, 1992, pp. 90-97, in part. p. 97 (perla rettifica delle misure del triclinio).

92. ALEMANNI, De lateranensibus parietinis (nota 85), p. 18, cit. in LUCHTERHANDT, Stolzund Vorurteil (nota 38), p. 195; in particolare Verzone rivolse la sua attenzione al triclinioa sette absidi venuto alla luce nei primi anni ’50 a Nord del palazzo di Costantinopoli,P. VERZONE, La distruzione dei Palazzi imperiali di Roma e di Ravenna e la ristrutturazionedel Palazzo Lateranense nel IX secolo nei rapporti con quello di Costantinopoli, in Roma e l’etàcarolingia. Atti delle giornate di studio (Roma, 3-8 maggio 1976), a cura dell’Istituto diStoria dell’Arte dell’Università di Roma, Roma, 1976, pp. 39-54, sul contributo di Ver-zone si vedano le puntualizzazioni di KRAUTHEIMER, I Decanneacubita (nota 90), p. 97.

ANTONELLA BALLARDINI922

Di accubita, invece, era espressamente dotato il secondo tricli-nio che a Nord si affacciava sul campus, mentre a Sud era collega-to con una scala al fianco della basilica Costantiniana (Fig. 15 nr.11 e 13) 93. Anche la sala Concilii – come venne chiamata in etàmoderna – era mire magnitudinis decoratam, avendo il pavimento dimarmi di vari colori, l’abside principale di mosaici e le altre dieci,cinque per lato, dipinte con le storie degli apostoli che predicava-no alle genti (Fig. 25). A complemento dell’arredo di questa aulaampla et spatiosa – come la definì Panvinio che l’aveva ammirataormai spoglia dei suoi rivestimenti marmorei 94 –, era sistematauna conca di porfido trasformata in fontana: et in medio concam por-phireticam aquam fundentem. È sufficiente questo dettaglio per com-prendere quanto dovesse apparire sofisticato, nella Roma del tem-po, il grande triclinio di Leone III.

Se dopo gli interventi di ripristino della forma Claudia, pro-mossi da Adriano I, l’acqua al Laterano aveva ripreso a scorrereabbondante per alimentare il balneum del papa e il vicino battiste-ro 95, la presenza di una fontana di “acqua viva” al piano superioredel palazzo attesta le speciali competenze degli architetti al servi-zio del Patriarchio. Se ne ha conferma, qualche anno più tardi, inoccasione della costruzione, lungo il fianco della basilica Vaticana,di un esclusivo balneum in superiore positum, constructum in rotundumet mirfice decoratum, certo un impianto riservato al papa e ai suoi il-lustri ospiti, pellegrini a San Pietro 96.

Come il primo triclinio lateranense, anche il secondo era ac-cessibile dal corridoio porticato mediante tre varchi, inquadrati daeleganti stipiti e architravi di reimpiego, oggi in opera nel corri-doio superiore della Scala Santa (Fig. 26). Stando alla testimoniazadi Nikolaus Muffel, in visita a Roma nel 1452, nel pavimento da-

93. LP 98 c. 39: « Itemque fecit in patriarchio Lateranense triclinium mire magnitu-dinis decoratum cum absida de musibo, seu et alias absidas decem dextra levaque, diver-sis storiis depictas apostolos gentibus praedicantes, coherentes basilicae Constantiniane; inquo loco et accubita collocavit, et in medio concam porphireticam aquam fundentem;necnon et pavimentum ipsius marmoribus diversis stravit ».

94. PANVINIO, De sacrosancta basilica (nota 36), p. 483.95. v. sopra alla nota 75.96. LP 98 c. 89: « Fecit ...iuxta columnam maiorem [cioè presso l’obelisco vicino alla

rotonda di Sant’Andrea] balneum in superiore positum, constructum in rotundum, mir-fice decoratum ».

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 923

vanti alle tre porte c’era una « pietra di marmo rosso » (« einen ro-ten merbelstein »), verosimilmente una rota porfiretica, se è lecitointerpretare così lo schizzo di Ugonio (Fig. 27) 97.

Oltre il vestibolo, immetteva nell’aula una parete diaframmacon colonne su due ordini, forse parte di un matroneo (Fig. 28),mentre nella direzione opposta, oltre il corridoio, si affacciava sulcampo una terrazza che ci è dato conoscere solo attraverso unadocumentazione tarda e assai mediata (Fig. 29) 98. Aggiornata altempo di Bonifacio VIII nelle forme eleganti riprodotte da Mar-teen van Heemskerck, non possiamo escludere che, nella sua edi-zione più antica, la loggia corrispondesse al già citato solarium quodbeatae memoriae Leo tertius papa construxerat (Fig. 30) 99. Il suo diret-to collegamento con la porticus, che dopo l’810 aveva cambiato ilnome in quello aulico e “alla greca” di macrona (« lungo corri-doio »), induce in effetti a domandarsi se, in questo caso, il termi-ne solarium non avesse acquistato una connotazione distintiva.

Come documenta il De Cerimoniis di Costantino Porfirogenito,nel grande palazzo di Costantinopoli, in asse con l’ingresso del tricli-

97. Come gli è proprio, Nikolaus Muffel intesse a un racconto tanto affabulatorioquanto preciso nell’indicare luoghi e cose: « ...ci sono tre porte che stavano nella casa diPilato e per la porta centrale è stato condotto Cristo; c’è grande indulgenza per chi vipassa; sopra questa porta si è pietrificato il segno della croce che si fece san Gregorioquando fu attaccato dal diavolo: stava su una pietra di marmo rosso e al segno della cro-ce sparì lo spirito maligno e la croce appena tracciata si trasformò in pietra e uscì fuoridalle tre porte », N. MUFFEL, Descrizione della città di Roma nel 1452. Delle indulgenze e deiluoghi sacri di Roma (Der ablas und die heiligen stet zu Rom), a cura di G. WIEDMANN, (2000Viaggi a Roma, 2), Bologna, 1999, pp. 38-39.

98. S. MADDALO, Bonifacio VIII si mostra alla folla dalla loggia delle benedizioni del Latera-no, in Anno 1300, il primo giubileo. Bonifacio VIII e il suo tempo. Catalogo della mostra(Roma, Palazzo Venezia, 12 aprile - 16 luglio 2000, Milano, 2000, pp. 170-171, schedadel disegno acquerellato su carta di Giacomo Grimaldi (Biblioteca Ambrosiana, cod. F227 Inf., f. 3); EAD., Ancora sulla loggia di Bonifacio VIII al Laterano, una proposta di ricostru-zione e un’ipotesi attributiva, in Arte medievale, 2a ser. XII-XIII (1998-1999/2000), pp.211-230; EAD., Alla luce dell’indagine diagnostica, qualche riflessione sul frammento della Loggialateranense, in Frammenti di memoria, Giotto, Roma e Bonifacio VIII, a cura di M. ANDALO-RO, S. MADDALO e M. MIGLIO, Roma, 2009, pp. 97-107; per una diversa ipotesi inter-pretativa del ciclo pittorico nella loggia delle benedizioni del Laterano al tempo di Bo-nifacio VIII v. F. GANDOLFO, Bonifacio VIII, il Giubileo del 1300 e la Loggia delle benedizionial Laterano, in Romei e Giubilei. Il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), a cura diM. D’ONOFRIO, Catalogo della Mostra (Roma, Palazzo Venezia, 29 ottobre 1999-26febbraio 2000), Milano, 1999, pp. 219-228.

99. Per la citazione v. sopra alla nota 73 e contesto.

ANTONELLA BALLARDINI924

nio dei diciannove letti, la terrazza dalla quale l’imperatore e l’Augu-sta si affacciavano sul Tribounalion era appunto chiamata Heliakon 100.Non mi soffermo su altre analogie tra l’aula leoniana e il Decanneacu-bita del Sacro Palazzo, che ancora di recente sono state confermate eapprofondite 101. Mi limito a osservare come il « modello di funzio-ne » che accomuna l’aula di Leone III e il triclinio imperiale costanti-nopolitano presupponga non solo che si sia copiata la forma di unedificio che nella vecchia Roma, in termini così monumentali, nonpare avesse precedenti 102, ma comporti altresì che si fosse fatta espe-rienza delle liturgie di sapore antiquario che a Bisanzio, nel tempo diNatale, avevano come scena l’aula imperiale dei diciannove letti 103.Qui in occasione del suo primo viaggio a Bisanzio (949-950), Liut-prando di Cremona fu ammesso al grande banchetto di Natale du-rante il quale Costantino VII, a differenza di altri giorni dell’anno,pranzava giacendo sul divano con i suoi ospiti 104.

La conferma che l’importazione a Roma del tipo triclinare ad ab-sidi multiple fosse un’impresa oltre che ambiziosa anche “fatta ad ar-te” è fornita dal biografo di Leone IV, incline ad annotare riferimentia usi e a norme ecclesiastiche. È così che, dando risalto alla volontàdi Leone IV di rimettere in corso gli usus et ordines sacri palatii cheerano stati trascurati dai suoi predecessori, egli da conto del restauro

100. Cer. II, 50 (41) v. CONSTANTIN VII PORPHYROGÉNÈTE, Le Livre des Cérémonies, texteétabli et traduit par A. VOGT, II, Paris 1967, p. 19.

101. LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38), pp. 194-198.102. Nel Liber Pontificalis l’unico accenno a più antichi accubita, in questo caso ubicati

presso la basilica di San Pietro, si trova nella biografia di Gregorio III (731-741), v. LP92 c. 13: « Item accubita quae sunt apud beatum Petrum in ruinis posita a fundamentisnoviter restauravit atque depinxit. »; la decorazione pittorica a ornamento degli accubitarestaurati da Gregorio III impedisce di dubitare che questi ambienti fossero destinati abanchetti di rappresentanza, contro DUCHESNE, Le Liber Pontificalis, p. 424, nota 27.

103. v. MALMBERG, Dazzling dining (nota 87), pp. 84-86.104. Antapod., VI, 8: « Est domus iuxta yppodromum aquilonem versus mirae altitu-

dinis seu pulchritudinis, quae Decanneacubita vocatur. Quod nomen non ab re, sed exapparentibus causis sortita est: deca enim Grece, Latine X, ennea IX, cubita autem a cu-bando inclinata vel curvata possumus dicere; hoc autem ideo, quoniam quidem X et IXmensae in ea, quae secundum carnem est, domini nostri Iesu Christi nativitate appo-nuntur, in quibus imperator pariter et convivae non sedendo, ut caeteris diebus, sed re-cumbendo epulantur... », v. LIVTPRANDUS CREMONENSIS, Opera Omnia, Antapodosis, Home-lia Paschalis, Historia Ottonis, Relatio de legatione constantinopolitana, cura et studio P. CHIE-SA, (Corpus Christianorum, Continuatio Mediaeualis, 156), Turnholti, 1998, p. 148.

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 925

del triclinio leoniano (accubitum) e del suo apparato, triclinio dove eratradizione celebrare il banchetto di Natale 105. Il riferimento agli ordi-nes del “sacro palazzo lateranense” induce a chiedersi se Leone III,costruendo i sontuosi triclinia, avesse anche codificato il cerimonialedei banchetti rituali che in essi avevano luogo in occasione delle festeliturgiche più importanti 106.

Che questi riti fossero sopravvissuti a Leone III, nonostante ladisaffezione dei suoi successori, lo prova negli anni ’40 del XII se-colo il banchetto pasquale descritto nell’Ordo di Benedetto cano-nico 107. Esso constava di un lungo cerimoniale, culminante nella

105. LP 105 c. 16: « Hic quoque praedictus praesul a die quo, divina fretus potentia,sacram apostoli Petri sedem omni benignitate conscendit, mox de priscis vel antiquis sa-cri palatii usibus atque ordinibus qui sub praedecessorum suorum pontificum temporeerupti atque diversae consuetudines fuerant delete, ideo ad suae memoriam sanctitatisuniversas reducere vel in meliori statu quam nuper fuerant omnia libenti animo ordinareavide conatus est. Nam et accubitum, quod domnus Leo bonae memoriae tertius papa afundamentis construxerat et omnia ornamenta, ibi paraverat, tunc prae nimia vetustateet oblivione antecessorum pontificum deleta sunt, et in die Natalis domini nostri IesuChristi secundum carnem tam domnus Gregorius quam et domnus Sergius sanctae re-cordationis ibidem minime epulabantur. Iste vero beatissimus et summus praesul Leoquartus cum gaudio et nimia delectatione omnia ornamenta sive alimenta quae inde de-leta fuerant noviter reparavit et ad usum pristinum magnifice revocavit. ».

106. In particolare Luchterhandt si chiede se tra gli usa fossero compresi alcuni attiistituzionali solenni che venivano associati ai banchetti, ovvero le promozioni e le rimu-nerazioni (presbyteria), già in corso presso la corte papale almeno dal tempo di GregorioMagno, v. LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38), pp. 198-199.

107. OR Ben., c. 48: Stando alla descrizione di Benedetto il pranzo rituale prevedevadue momenti distinti, l’uno nel primo triclino leoniano (in basilicam magnam Leonianam),l’altro nel secondo triclinio (ad locum qui dicitur Cubitorum): « Finita missa coronatur etcum processione redit ad palatium per montem Exquilinum, intrans sub arcu ubi diciturMacellum Laviani, progreditur ante templum Marii quod vocatur Cymbrum, transiensper Merolanam, ascendens ad palatium juxta Fulloniam in introitu basilice Zacharie pa-pae, et acceptis laudibus a cardinalibus et judicibus, sicut in aliis coronis, descendit deequo, suscipitur a primicerio et secundicereo judicum, deponit coronam et dat cubicula-rio, quam curiose reponit in scrinio. Judices autem ducunt eum illo die in basilicam ma-gnam Leonianam, in cameram ubi sunt preparata XI scanna et unum subsellium circamensam domni pontificis et lectus eius bene preparatus, in figura XII apostolorum circamensam Christi, quando comederunt pascha. Ibi jacent in cubitis V cardinales et V dia-coni et primicerius ad prandium. Dato prius presbiterio in camera cum manibus, sicut indie Nativitatis Domini, surgit inde et venit ad locum qui dicitur Cubitorum, ubi agnusassus benedicitur, quem benedicit et redit ad preparatum locum mense. Prior basilicariussedet in subsellio ante lectum. Tunc domnus pontifex tollit parum de agno et prius por-

ANTONELLA BALLARDINI926

sala quae dicitur Cubitorum dove veniva rievocata l’Ultima Cena.Nel dramma in figura XII apostolorum circa mensam Christi, quandocomederunt Pascha i cardinali e i diaconi impersonavano gli apostolie al priore della basilica lateranense toccava il ruolo di Giuda cheseduto di fronte al papa, alle parole Quod facis, fac citius... ricevevadalle sue mani un boccone di agnello.

Certo, le fonti di cui disponiamo sono anacronistiche, tuttaviaè il tipo architettonico delle aule triclinari leoniane a impedireche le si consideri una mera “citazione” poiché è la loro esattamorfologia ad attestare le pratiche che ne costituivano il fine e ilsignificato 108.

È dunque al tempo di Leone III che la residenza episcopale alLaterano acquistò le forme e le pretese di un palatium. Di lì a po-co nella narrazione del Liber ne avrebbe assunto anche il nome:prima nella vita di papa Valentino (827), poi solennemente inquella di Leone IV, il migliore interprete, per opere e ambizioni,del suo omonimo predecessore 109.

Concludo questo selezionato itinerario attraverso il Patriarchio la-teranense, tornando all’inizio del racconto e cioè alla sua distruzione.

Lascio la parola a Giacomo Grimaldi (1568-1623), chierico be-neficiato della basilica di San Pietro e testimone oculare di queigiorni 110. Quasi in un apologo, egli ricapitola l’irreparabile perdita

rigit priori basilicario, dicens: Quod facis, fac citius. Sicut ille accepit ad damnationem, tu acci-pe ad remissionem. Et mittit in os eius. Qui accipit et comedit, reliquum agni dat XI di-scumbentibus et aliis quibus placet, et sic omnes comedunt... », v. P. FABRE, L. DUCHE-SNE, Le Liber Censuum de l’Église romaine, II, Paris 1910-1952, p. 153.

108. Così Luchterhandt: « Es besteht darin, daß der Kunsthistoriker wie der Histori-ker den Text als Quelle nicht hintergehen kann und den Vorgang der Nachahmungoder sein materielles Produkt zunächst einmal für die Absicht nehmen muß. »; la rifles-sione dello studioso sulla distinta fenomenologia di prestito/imitazione e di citazione diuna forma architettonica è molto acuta e illuminata dal confronto tra il primo triclinioleoniano e l’Aula regia di Aachen, v. LUCHTERHANDT, Stolz und Vorurteil (nota 38), p. 174e pp. 179-185.

109. LP 102 cc. 3 e 6 e LP 105 c. 110.110. Bolognese di nascita, Giacomo Grimaldi (1568-1623) fu educato nella scuola del-

la basilica Vaticana entrando poi al servizio della sacrestia e in seguito della biblioteca edell’archivio del Capitolo di San Pietro; nel maggio 1598 gli fu riconosciuta la dignità dinotaio « per apostolica autorità ». In occasione della demolizione dell’ultimo tratto del-l’antica basilica Vaticana e in adempimento delle disposizioni di Paolo V Borghese, Gri-maldi fu incaricato dal Capitolo di stilare i verbali di sconsacrazione degli antichi altari e

« IN ANTIQUISSIMO AC VENERABILI LATERANENSI PALATIO » 927

dell’antichissimo Patriarchio ricordando lo smantellamento dell’o-ratorio dei Santi Arcangeli costruito da papa Leone III:

« Il detto oratorio, nel pontificato di Sisto V, fu gettato à basso in tutto e pertutto con l’antico Palazzo Lateranense et era vicino alla sala Leonina che hoggidi tante rovine è rimasta ancorché scoperta et ridotta in giardino delli Peniten-tieri. L’anno 1613, a 2 di aprile martedì, andando verso Santa Maria Maggioree passando da Santo Andrea delle Fratte, vicino la chiesa io viddi un pezzogrande di architrave con le lettere sudette (...). Il scarpellino, padrone di esso,disse haverlo comprato in detto anno dalli Penitenzieri di San Giovanni conmolti altri marmi. Et questo architrave dimostrava essere su la porta principaledi detto oratorio et fu ritrovato vicino a detta sala... » 111.

Perduto ormai anche questo frammento (Fig. 31), il disegno ela viva memoria di Giacomo Grimaldi sono tutto ciò che rimane.

di traslazione delle reliquie nella basilica nuova. Reto Niggl ha pubblicato la biografia diGrimaldi più documentata e il catalogo completo delle sue opere, in larga parte conser-vate, manoscritte e autografe, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, R. Niggl, Giaco-mo Grimaldi (1568-1623). Leben und Werk des römischen Archäologen und Historikers, Mün-chen 1971; v. anche M. CERESA, s.v. Grimaldi Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italia-ni, vol. LIX, Roma, 2002, pp. 516-518.

111. « ... Quello che manca all’iscrittione il sig. Pompeo Ugonio bo. me. l’interpretò così:“Hoc oratorium a fundamentis curante N. levita Petri ad honorem Archangelorum Leo ter-tius papa fieri iussit [monogramma]”, v. BAV, Vat. Lat. 6438, ff. 44v-45r; dell’architrave do-cumentato da Grimaldi aveva dato notizia anche R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma. No-tizie intorno le collezioni romane di antichità, IV, Roma, 1992, pp. 157-158, Fig. 108.

A. BALLARDINI TAV. I

Fig. 2 - Francesco Contini, pianta del complesso lateranense (da Severano 1630).

Fig. 1 - Salone Sistino della BibliotecaVaticana (1588-1589),l’antico Patriarchio lateranense (da Pietrangeli 1991).

A. BALLARDINITAV. II

Fig. 3 - Domenico Fontana, stampa da incisione della pianta del complesso lateranense nota come“pianta d’Archivio” (1585-1586), (Archivio Capitolare Lateranese, Q. 7) (da Freiberg 1991).

Fig. 4 - Carta archeologica del Laterano (da Liverani 2012).

A. BALLARDINI TAV. III

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A. BALLARDINI TAV. VII

Fig. 13 - Maarten van Heemskerk, veduta del complesso lateranense con la Scala Santa (nr. 1)e l’oratorio di San Silvestro (nr. 2) (1535 ca.) (Berlino Kupferstichkabinett) (da Pietrangeli 1991).

Fig. 14 - Giacomo Grimaldi, il complesso lateranense dalla Scala Santa all’Ospedale del Salvatore.(Biblioteca Ambrosiana, cod.A 178 inf., cc. 45v-46r) (foto © Veneranda Biblioteca Ambrosiana -

Milano/De Agostini Picture Library).

A. BALLARDINITAV. VIII

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A. BALLARDINI TAV. IX

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A. BALLARDINITAV. X

Fig. 18 - Milano, Museo diocesano, Paolo Anesi (1697-1773),veduta da Est del complesso lateranense (da Liverani 2012).

Fig. 19 - G. B. Falda, la Scala Santa e i resti del triclinio leonianonella loro originaria ubicazione.

A. BALLARDINI TAV. XI

Fig. 20 - Il mosaico del primo triclinio leoniano (797-798) nel rifacimento settecentesco.

Fig. 21 - Onofrio Panvinio, sezione del primo triclinio leoniano (su due livelli)con i resti del mosaico dell’arco absidale (BAV, Vat. Lat. 4423, f. 12r) (da Luchterhandt 2006).

A. BALLARDINITAV. XII

Fig. 22 - Tavola comparativa dello spazio interno di alcune aule absidatea Roma e ad Aachen (da Meckseper 1998).

Fig. 23 - Salone Sistino della BibliotecaVaticana (1588-1589),l’antico Patriarchio lateranense (particolare) (da Pietrangeli 1991).

A. BALLARDINI TAV. XIII

Fig. 24 - Ricostruzione isometrica del primo triclinio leoniano (797-798)(da Luchterhandt 2006).

Fig. 25 - Restituzione 3D del secondo triclinio leoniano / Aula Concilii (801-802)(da Luchterhandt 2006).

A. BALLARDINITAV. XIV

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A. BALLARDINITAV. XVI

Fig.31-GiacomoGrimaldi,architraveconiscrizionedall’ora-

toriodeiSantiArcangelinelPatriarchiolateranense,(BAV,

Vat

.L

at.6438,ff.44v-45r)(daLanciani1992).

Fig.29-GiacomoGrimaldi,BonifacioVIIIsiaffacciaallaloggiadellebenedizioni

delLaterano(BibliotecaAmbrosiana,cod.F227Inf.,f.3)(daMaddalo2000).

Fig.30-MaartenvanHeemskerk,vedutadelcomplessolatera-

nenseconlaloggiadelle

benedizioni(1535ca.)(Berlino

Kupferstichkabinett)(daPietrangeli1991).