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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN CHIMICA
STUDIO CHEMIOMETRICO DELL’INTERAZIONE TRA
[CU(1,10-ORTO-FENANTROLINA)2(H2O)](CLO4)2 E IL
GLUTATIONE
RELATORE TESI DI LAUREA DI
Dott.ssa Tiziana Pivetta Antonio Sanna
ANNO ACCADEMICO 2011-2012
1.0. INTRODUZIONE
I complessi di rame trovano applicazione nel campo della medicina. La
constatazione che gli ioni metallici sono in grado di legarsi agli acidi nucleici
porta ad un nuovo, promettente approccio al trattamento dei tumori mediante
farmaci a base di metalli.
Le proprietà ossidoriduttive che rendono alcuni metalli, come il rame, elementi
essenziali per i sistemi biologici, possono anche contribuire alla loro tossicità
intrinseca, infatti alte concentrazioni di metalli sono tossiche per gli organismi
viventi, in quanto ad esempio possono provocare lo spostamento di metalli
essenziali dai loro siti di legame nativi.
Esistono diversi composti organici di metalli, che attivamente e specificatamente
inibiscono la chimotripsina nell'attività del proteasoma in vitro e in tumori umani.
Questo perchè l'ubiquitina/sistema proteasoma svolge un ruolo importante nella
degradazione delle proteine cellulari e i complessi di rame inibiscono l'attività del
proteasoma in cellule tumorali in 15 min.
Le proprietà redox tra Cu2+ e Cu+ possono avviare la produzione di radicali
ossidrile altamente reattivi, che possono poi danneggiare specie biomolecolari
come i lipidi, le proteine e il DNA.
Il DNA è uno dei composti più danneggiati da tali radicali e l'utilizzo di composti
contenenti zolfo, ad esempio il glutatione, come agenti antiossidanti riduce i danni
causati dalla loro reattività.
I complessi misti di rame contenenti leganti azotati e tionici sono testati per la loro
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citotossicità/attività antiproliferativa contro vari tipi di tumore.
1.1. IL RAME NEI SISTEMI BIOLOGICI
Tutti i cibi contengono rame e giornalmente se ne assume circa 1 mg. Viene
assorbito nel tratto gastro intestinale sotto forma di ione libero o legato agli
amminoacidi. In questo modo, una piccola porzione del rame assorbito dalla
mucosa è trasportata direttamente nel siero, mentre la maggior parte viene legata
alle metallotioneine. Il rame così legato passa lentamente nel sangue ed effetti
gastrointestinali si presentano quando il livello di rame nel sangue è di ~ 290 μg/
100 mL.
L'assorbimento del rame è sotto controllo omeostatico. E' facilmente assorbito
nello stomaco e nell'intestino e numerosi meccanismi ne prevengono la tossicità
anche in caso di sovradosaggio. Molti fattori possono interferire con
l'assorbimento, in particolare la competizione con zinco e cadmio, e la quantità di
rame già presente nello stomaco.
Il rame viene metabolizzato da vari leganti contenenti gruppi tiolici o imidazolici,
che sono preposti all'assorbimento, all'accumulo e al rilascio nei tessuti.
La relazione tra il livello delle metallotioneine e il metallo è stata determinata in
diversi organi umani, quali pancreas, fegato, reni, cervello, intestino, stomaco,
muscoli, cuore, polmoni e milza. I più alti livelli di metallotioneina sono stati
riscontrati nel fegato e nella corteccia renale.
Il rame si lega alle basi fosfate del DNA, inducendo la rottura delle catene a
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singola elica.
Esso provoca danni neurologici nei pazienti affetti da morbo di Wilson
(degenerazione epatolenticolare) che presentano perdita di cordinazione, tremore,
rigidità, alterazione, alterazione del portamento. Il morbo di Wilson interferisce
con il controllo omeostatico provocando l'accumulo del metallo.
Inoltre, squilibri nei livelli di ioni rame presenti nell'organismo possono portare
all'insorgere della trasformazione della proteina prionica nella forma infettiva che
è responsabile di malattie come l?Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) nei
bovini, Scrapie nelle pecore, Malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) e la sua variante
clinica (vCJD) nell'uomo e altre encefalopatie trasmissibili.
1.2. PROPRIETA' CHIMICHE DEL RAME
Il rame ha numero atomico 29, peso atomico 63.55 Dalton e configurazione
elettronica esterna 3d10 s.
E' un elemento chimico che compare naturalmente come metallo libero di colore
rosso e in composti quali solfuri, arseniti, cloruri e carbonati.
La concentrazione media sulla crosta terrestre è circa 50 ppm.
S trova in tutte le piante e in tutti gli animali ed è un elemento essenziale per tutti
gli organismi viventi.
Forma complessi stabili nello stato di ossidazione +2 e instabili nello stato di
ossidazione +1 e +3. I potenziali di ossidoriduzione del rame(II) e del rame(I)
fanno sì che all'aria sia stabile solo la specie rame(II).
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Cu2+ + e- → Cu E° = 0.52 V
Cu+ + e- → Cu E° = 0.153 V
1.3. ARGOMENTO DELLA TESI
La tesi è incentrata sulla sintesi dei complessi tra rame(II) e 1,10 fenantrolina
(phen) in vari rapporti stechiometrici, e nella sintesi e caratterizzazione dei
prodotti ottenuti trattando uno questi complessi, il [Cu(phen)2(H2O)](ClO4)2, con
glutatione (GSH) e 1-metil-2-tiazolidinatione (DitMe).
Scopo finale della ricerca è quello di trovare le condizioni sperimentali che
ottimizzino la sintesi di tali composti facendo uso dell'Experimental Design
(DoE), per poi verificarne l'attività citotossica nei confronti delle cellule tumorali.
I complessi di rame(II), grazie alla loro elevata tossicità, vengono utilizzati nelle
terapie anti tumorali. Ciò dipende dal fatto che la tossicità nei confronti delle
cellule tumorali è generalmente maggiore rispetto a quella che si manifesta sulle
cellule sane.
Si è scelto di studiare i complessi di rame(II) e non rame(I) perchè hanno
solubilità maggiore in un diverso numero di solventi rispetto ai complessi di
rame(I). Ciò è molto utile perchè permette di poter applicare metodi diversi di
analisi.
Infine bisogna considerare anche l'elevata stabilità che il rame(II) presenta rispetto
al rame(I). Infatti quest'ultimo, avendo bassa stabilità, subisce la reazione di
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dismutazione seguente:
2Cu+ → Cu2+ + Cu
Il rame presenta geometrie differenti a seconda del numero di elettroni che
possiede. Il Cu2+ forma di preferenza composti ottaedrici con sei posizioni di
coordinazione, comunemente di colore blu, ma può formare anche composti
pentacoordinati che presentano generalmente colore verde.
Il Cu+ invece dà luogo solo a complessi con geometria tetraedrica il cui colore
dipende dai leganti/controioni utilizzati.
Nei complessi ottaedrici di rame(II), quest'ultimo si trova al di sopra del piano
equatoriale dando luogo a un ottaedro distorto. Ciò è dovuto all'effetto Jhan-Teller.
Il Cu2 + in presenza di gruppi mercapto R-SH si riduce a Cu+ .
R-SH + Cu2+ → ½ R-S-S-R + Cu+ + H+
Per ovviare a questo problema si può modificare il potenziale redox del rame(II)
complessandolo con composti azotati.
Sia il Cu2+ che l'azoto sono hard, cioè hanno bassa polarizzabilità, alta
elettronegatività e basso raggio ionico, dunque, reagiscono in preferenza tra loro.
Invece il Cu+ è soft come anche il gruppo mercapto. Essi al contrario dei
composti hard, hanno bassa elettronegatività, raggio ionico elevato e alta
polarizzabilità. Quindi se il Cu2+ non viene complessato dal chelante azotato si
riduce a Cu+ andando a legarsi con R-SH, che è soft.
Anche i leganti che contengono gruppi tionici possono ridurre il rame(II)
formando disolfuro, secondo la reazione:
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1.4 RETI NEURALI
Una rete neurale artificiale (ANN "Artificial Neural Network") è un modello
matematico/informatico di calcolo basato sulle reti neurali biologiche. Tale
modello è formato da un gruppo di interconnessioni di informazioni costituite da
neuroni artificiali e processi che utilizzano un approccio di connessionismo di
calcolo. Nella maggior parte dei casi una rete neurale artificiale è un sistema
adattativo che cambia la sua struttura in base a informazioni esterne o interne che
scorrono attraverso la rete durante la fase di apprendimento.
In termini pratici le reti neurali sono strutture non-lineari di dati statistici
organizzate come strumenti di modellazione. Esse possono essere utilizzate per
simulare relazioni complesse tra ingressi e uscite che altre funzioni analitiche non
riescono a rappresentare.
Una rete neurale artificiale riceve segnali esterni su uno strato di nodi (unità di
elaborazione) d'ingresso, ciascuno dei quali è collegato con numerosi nodi interni,
organizzati in più livelli. Ogni nodo elabora i segnali ricevuti e trasmette il
risultato a nodi successivi.
1.5. LE RETI NEURALI MLF (“Multi-Layer Feed-Forward”)
Tali tipi di reti neurali son solitamente usate con uno o più strati intermedi, ossia i
cosiddetti strati hidden.
La figura seguente mostra la tipica struttura di una rete a tre strati:
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Fig. 1: Rete neurale
L'apprendimento si ottiene elaborando i dati tramite la seguente procedura:
Dati in entrata nello strato hidden:
H e=∑n=1
N
whi in h=1.....H
Dati in uscita dallo strato hidden:
H u=1
1+ exp [−H e ]h=1.....H
Dati in entrata nello strato output:
Oe=∑h=1
H
woh H u o=1.....O
Dati in uscita dallo strato output:
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Ou=1
1+ exp [−Oe ]o=1.....O
ovvero:
Ou=1
1+ exp[−∑h=1
H
woh1
1+ exp[−∑n=1
N
whi i n] ]RMS:
RMS=√ ∑ (V calc−V exp)2
N
Dove:
RMS rappresenta l'errore quadratico medio,
Vcalc il dato calcolato tramite la rete neurale,
Vexp il dato sperimentale,
N il numero totale di dati.
1.6. EXPERIMENTAL DESIGN
Il classico metodo di analisi dei dati sperimentali, il cosiddetto OVAT (One
Variable At a Time), prevede lo studio del sistema in esame analizzandone una
variabile alla volta e mantenendo costanti le altre, sino a che tutte le variabili
ritenute significative per tale sistema siano state analizzate.
Altra caratteristica particolare di tal metodica è quella di dover programmare le
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rilevazioni sperimentali future in base ai risultati delle rivelazioni effettuate in
precedenza.
Seguendo questi principi, nonostante sia profondamente radicata e quindi
accettata nel mondo della ricerca, la metodica OVAT può offrire risultati
realmente significativi con un impegno sperimentale e di risorse non eccessivo,
solamente per sistemi descritti da variabili del tutto indipendenti tra loro, una
situazione ideale e ovviamente scarsamente rappresentativa della realtà.
Un metodo più efficace di esaminare e trarre conclusioni dai dati sperimentali è
l'Experimental Design (ED), tale metodica a differenza dell'OVAT permette di
tenere conto dell'interdipendenza delle variabili che descrivono il sistema in
esame.
L'altra differenza tra i due metodiche è data dal fatto che nell'Esperimental Design
le rilevazioni sperimentali vengono effettuate secondo un precisa sequenza,
totalmente indipendente dai risultati delle stesse.
Infatti scopo del DoE è quello di trovare, a partire dai dati che si otterranno, una
funzione matematica che leghi contemporaneamente due o più grandezze
sperimentali ai risultati delle rilevazioni, e che permetta di prevederli per tutto un
range di valori delle stesse grandezze, in cui non sia stata necessariamente
effettuata una rilevazione sperimentale.
1.7. BIBLIOGRAFIA
T. Pivetta, F. Isaia, G. Verani, C. Cannas, L. Serra, C. Castellano, F. Demartin, F.
Pilla, M. Manca, A. Pani, J. Inorg. Biochem. 2012, 114, 28-37.
11
T. Pivetta, M.D. Cannas, F. Demartin, C. Castellano, S. Vascellari, G. Verani, F.
Isaia, J. Inorg. Biochem. 2011, 105, 329-338.
2.0. PARTE SPERIMENTALE
2.1. SINTESI C0
Per sintetizzare il C0 “[Cu(phen)2(H2O)](ClO4)2” si deve far reagire il perclorato
di rame con la fenantrolina, ma a causa dell'esplosività del sale si preferisce
sintetizzare quest'ultimo sul momento.
Per arrivare al composto finale sono necessari un sale di rame (II), 1, 10-
fenantrolina ed acido perclorico.
Si deve scegliere un sale di rame opportuno in modo che non si formino
sottoprodotti. Per questo motivo è bene utilizzare il Cu2(CO3)(OH)2 in etanolo o
isopropanolo. Il Cu2(CO3)(OH)2, non solubile negli alcoli, reagendo con l'acido
perclorico si solubilizza portando alla formazione di perclorato di rame, acqua ed
anidride carbonica che viene allontanata per riscaldamento.
Cu2(CO3)(OH)2 + 4 HClO4 → 2 Cu(ClO4)2 + CO2↑ + 3 H2O
In soluzione è quindi presente il sale dissociato, il quale viene fatto reagire sotto
agitazione con una soluzione di fenantrolina nello stesso solvente in rapporto uno
a due, dando luogo alla seguente reazione:
Cu2+ + 2 ClO4- + 2 phen + H2O → [Cu(phen)2(H2O)](ClO4)2↓
Il complesso formatosi può essere filtrato e lavato con etanolo ed asciugato con
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etere di petrolio.
2.2. SINTESI V0
Per sintetizzare il V0 “[Cu(phen)(H2O)2](ClO4)2” si procede come per il C0,
cambiando il rapporto stechiometrico tra i reagenti. La presenza di una sola
molecola di fenantrolina nel complesso ci obbliga però ad operare in difetto del
legante azotato, disciolto in una gran quantità di solvente, con molta cautela per
evitare la formazione del C0, un prodotto maggiormente stabile.
Si deve scegliere un sale di rame opportuno in modo che non si formino
sottoprodotti. Per questo motivo è bene utilizzare il Cu2(CO3)(OH)2 in etanolo o
isopropanolo. Il Cu2(CO3)(OH)2, non solubile negli alcoli, reagendo con l'acido
perclorico si solubilizza portando alla formazione di perclorato di rame, acqua ed
anidride carbonica che viene allontanata per riscaldamento.
Cu2(CO3)(OH)2 + 4 HClO4 → 2 Cu(ClO4)2 + CO2↑ + 3 H2O
In soluzione è quindi presente il sale dissociato, il quale viene fatto reagire sotto
agitazione con una soluzione di fenantrolina nello stesso solvente in un rapporto
molare minore di uno, dando luogo alla seguente reazione:
Cu2+ + 2 ClO4- + phen + 2 H2O → [Cu(phen)(H2O)2](ClO4)2↓
Il complesso formatosi può essere filtrato e lasciato essiccare.
2.3. SINTESI F0
Per sintetizzare il composto F0 “[Cu(phen)3](ClO4)2” si procede come nei casi
precedenti, variando il rapporto stechiometrico e senza alcuna particolare cautela
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nella sintesi, vista la notevole stabilità di questo complesso rispetto agli altri due.
Si deve scegliere un sale di rame opportuno in modo che non si formino
sottoprodotti. Per questo motivo è bene utilizzare il Cu2(CO3)(OH)2 in etanolo o
isopropanolo. Il Cu2(CO3)(OH)2, non solubile negli alcoli, reagendo con l'acido
perclorico si solubilizza portando alla formazione di perclorato di rame, acqua ed
anidride carbonica che viene allontanata per riscaldamento.
Cu2(CO3)(OH)2 + 4 HClO4 → 2 Cu(ClO4)2 + CO2↑ + 3 H2O
In soluzione è quindi presente il sale dissociato, il quale viene fatto reagire sotto
agitazione con una soluzione di fenantrolina nello stesso solvente in rapporto uno
a tre, dando luogo alla seguente reazione:
Cu2+ + 2 ClO4- + 3 phen → [Cu(phen)3](ClO4)2↓
Il complesso viene poi separato.
2.4. TITOLAZIONE CuCl
Per titolare il CuCl effettuiamo una titolazione volumetrico complessometrica con
EDTA.
In tale tecnica non viene complessato il Cu(I), ma piuttosto il Cu(II) prodotto
ossidando il precedente con acqua ossigenata.
Questa esperienza ci è servita per conoscere bene la procedura di tale analisi
esercitandoci su un comune sale, prima di applicarla su un composto incognito
viola di cui ne possedevamo solo una piccola quantità, cercando di evitare così il
più possibile errori dovuti all'inersperienza.
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Inizialmente si pesa una certa quantità di CuCl alla bilancia analitica, si introduce
poi tale quantità di sale in una beuta con acqua distillata, portando infine a
soluzione tutto il precipitato ossidandolo con acqua ossigenata sotto agitazione e
riscaldamento.
La soluzione passa così da marrone ad azzurro limpido.
Fatto questo viene aggiunta una soluzione di KOH goccia a goccia sino a
torbidità, seguita da un'aggiunta di HCl con le stesse modalità sino a limpidezza.
Infine viene aggiunto del tampone ammoniacale a pH 10 sino a comparsa di una
lievissima opalescenza.
Quindi si aggiunge l'indicatore muresside facendo diventare la soluzione gialla e
si titola infine con EDTA a concentrazione nota sino a viraggio verde-viola.
2.5. SINTESI COMPLESSO INCOGNITO VIOLA
Tale complesso viene preparato facendo reagire quantità pesate di C0 e glutatione
ridotto (GSH) in rapporto molare uno ad uno ed uno a due, disciolte nel loro
opportuno solvente.
Il C0 viene prima solubilizzato in una piccola quantità di dimetilsolfossido, per
poi venir diluito in acqua distillata, riscaldando la miscela per favorire la
solubilizzazione, il GSH viene invece disciolto con sola acqua distillata.
La soluzione di C0 in seguito all'aggiunta di GSH, passa da un tenue azzurrino ad
un viola intenso dovuto alla precipitazione del complesso di tale colore.
Una volta portata a compimento la reazione il complesso viene raccolto tramite
filtrazione su filtro di carta.
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Particolare attenzione deve essere posta nel disciogliere il C0 in abbastanza acqua
distillata, vista la particolarmente bassa solubilità di tale complesso.
Si effettua la sintesi secondo due diversi rapporti stechiometrici, in un caso in
rapporto equimolare, nell'altro con concentrazione di GSH doppia rispetto al C0.
2.6. TITOLAZIONI COMPLESSO INCOGNITO VIOLA
Tale complesso viene titolato complessometricamente due volte, nella prima il
complesso viola viene titolato con EDTA senza nessun previo trattamento, nella
seconda viene prima fatto reagire con acqua ossigenata.
Scopo delle due esperienze è, vista la non possibilità del legante di titolare il
Cu(I), quello di verificare se il rame nel complesso e quello ossidato a Cu(II) con
H2O2, abbiano lo stesso stato di ossidazione. In altre parole cerchiamo
informazione se il rame nel complesso sia sotto forma di Cu2+.
Si opera come nel caso della titolazione del CuCl, omettendo ovviamente il
pretrattamento ossidativo con H2O2 nel caso della prima titolazione.
2.7. SINTESI C2
Per ottenere il C2 dobbiamo far reagire tra loro in soluzione acquosa sotto
agitazione in quantità equimolare il C0 e il 1-metil-imidazolidina-2-tione (DitMe).
La reazione è lenta e si forma un precipitato verde che viene in seguito filtrato.
2.8. DOE C0 + GSH
Con questa esperienza studiamo la reattività tra C0 e GSH in vari rapporti molari.
Lo studio viene effettuato analizzando l'assorbimento dei prodotti ottenuti, nelle
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frequenze dell'UV-visibile.
I dati vengono rilevati in opportune condizioni, le quali vengono stabilite
preventivamente secondo un opportuno progetto o “Experimental Design” (ED),
affinché formino un insieme di condizioni rappresentative di tutto il range
sperimentale in cui è previsto che tale reazione avvenga.
Una volta eseguite le misurazioni secondo tale progetto, dai dati ottenuti, ossia le
assorbanze, verrà estrapolata un funzione che legherà tali dati alle condizioni
sperimentali, ovvero le concentrazioni dei due reagenti e temperatura, in cui son
stati rilevati, e che permetterà inoltre di prevedere l'entità dell'assorbanza anche in
particolari combinazioni di condizioni sperimentali in cui non si è effettuata
alcuna rilevazione.
Come detto prima gli esperimenti vengono effettuati facendo variare tre
grandezze, concentrazione di C0, di GSH e temperatura, mentre le rilevazioni
vengono fatte rilevando le assorbanze a due diverse lunghezze d'onda, lunghezze
d'onda alle quali i prodotti presentano massimi d'assorbimento.
Le misure vengono raggruppate in due insiemi diversi, nel primo, l'insieme del
training, queste vengono effettuate a intervalli regolari tra le condizioni
sperimentali, le quali inoltre coprono simmetricamente tutto il range, nel secondo
invece, l'insieme del validation, le condizioni in cui verranno seguite le misure
sono scelte in maniera casuale.
Gli spettri da cui poi verranno ricavate le assorbanze che ci interessano, vengono
rivelati tramite uno spettrometro UV-visibile a fibra ottica su delle soluzioni
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ottenute sul momento miscelando in delle piccole provette le opportune quantità
di soluzione di C0 con quella di GSH, ambedue disciolti in un tampone di forza
ionica ed entrambi a concentrazione nota, e portando a volume con lo stesso
solvente, il tutto ad una determinata temperatura.
Si registrano così gli spettri,e una volta ottenuti i dati che ci servono questi
vengono elaborati.
Fig. 2: Grafico dell'Experimental design utilizzato in questo studio
Grafico dell'Experimental design, in verde son indicate le condizioni sperimentali
in cui sono state create le soluzioni dell'insieme del training, in rosso quelle
dell'insieme del validation.
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Fig. 4: Spettri rilevati per le soluzioni dell'insieme del validation
In queste misure le soluzioni hanno mostrato un'assorbanza mediamente superiore
alle precedenti.
Tali spettri inoltre son stati ottenuti dopo vari tentativi a causa della mancata
sintesi di quello che ritenevamo essere C0 e il conseguente fallimento delle
misure.
Nei tentativi seguenti, dopo aver preventivamente verificato l'identità del
composto, abbiamo operato diversamente rispetto alle misure spettrometriche
eseguite sulle soluzioni del training, variando l'ordine di miscelamento dei
reagenti per ottenere le soluzioni su cui eseguire le rilevazioni.
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Fig. 5: Spettri rilevati per la ricerca, scomposti nelle loro gaussiane
componenti
Insieme degli spettri rilevati nelle condizioni dettate dall'ED, scomposti nelle
gaussiane componenti tramite il programma SpecPeak.
Essendo gli spettri somma di varie bande d'assorbimento semplici, si è preferito
per migliorare la qualità dei dati da elaborare, scomporre gli spettri nel minor
numero possibile di gaussiane, cercando al contempo stesso di far coincidere il più
possibile la loro somma con i vari spettri.
Una volta scomposti, vengono raccolti i dati delle gaussiane più significative.
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Fig. 7: Discrepanza tra la somma delle gaussiane e gli spettri
Discrepanza tra la somma delle gaussiane e gli spettri. Essa è maggiore alle basse
ed alle alte lunghezze d'onda, ragion per cui operiamo coi dati delle gaussiane
intermedie.
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Fig. 8: Rete neurale utilizzata per correlare le tre variabili in ingresso con le
due variabili in uscita
Rete neurale trovata dopo vari tentativi con il programma JavaNNS cercando di
minimizzare l'errore tra le assorbanze sperimentali e quelle calcolate.
Da prima abbiamo fatto variare il numero degli strati hidden trovando un minimo
per l'errore, rendendolo minimo con una rete neurale con due strati hidden,
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successivamente abbiamo fatto variare la quantità di neuroni in questi due strati,
trovando il minimo con due strati composti rispettivamente da cinque e quattro
neuroni.
Fig. 9: Linkweights
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Fig. 10: Grafico dell'errore durante l'apprendimento della rete neurale
Grafico dell'errore durante l'apprendimento della rete neurale, ottenuto
impostando il parametro v a 1.0E-6, e il parametro dmax a 0.0005. Far variare gli
altri parametri non ha offerto vantaggi significativi.
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Fig. 11: Confronto tra i valori di assorbanza sperimentali e quelli calcolati
tramite la rete neurale per la banda a 410,0849 nm.
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Fig. 12: Confronto tra i valori di assorbanza sperimentali e quelli calcolati
tramite la rete neurale per la banda a 586,5425 nm.
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Fig.13: Grafico dove viene mostrato il variare dell'assorbanza al variare delle
tre condizioni sperimentali di sintesi
Grafico quadridimensionale dove viene mostrata l'assorbanza dei complessi
formatesi e quindi della loro concentrazione in funzione delle tre variabili
sperimentali.
L'assorbanza è resa tramite la variazione cromatica, e già a un primo sguardo si
può notare la formazione di almeno tre diversi complessi a diversi rapporti molari
tra i due reagenti, mentre ad altri rapporti si può osservare che non si abbia
reazione.
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Fig. 14: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 10 °C
Si può osservare la formazione di un primo complesso coi reagenti in rapporto
circa uno a uno a concentrazioni di circa 8*10-4 M per il GSH e 7*10-4 M per il
C0.
L'assorbanza aumenta all'aumentare della concentrazione sia del complesso che
del legante, ma alle concentrazioni elevate si osserva una deviazione da un
rapporto perfettamente equimolare.
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Fig. 15: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 16 °C
Si osserva come nella sezione a 10 °C la formazione del primo complesso, si può
osservare un ampliamento del range in cui forma, ed una maggior deviazione dalle
condizioni di equimolarità (GSH circa 8*10-4 M, C0 circa 6.5*10-4 M), forse
dovuta ad una variazione dei coefficienti di attività delle due specie a differenti
temperature, inoltre l'assorbanza a basse concentrazioni va via via diminuendo.
Il rapporto in cui sono presenti il C0 e il GSH in questo complesso è ambiguo, ma
ciò può essere dovuto alla nostra mancanza di informazioni per sistemi a
concentrazioni di GSH maggiori 8*10-4 M, un range di concentrazioni in cui non
previste rilevazioni dall'ED utilizzato, a causa della precipitazione del complesso
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alle concentrazioni elevate dello stesso.
Si nota anche l'accenno alla formazione di un secondo complesso a concentrazioni
massime di C0 e di circa 6.5*10-4 M di GSH, ma l'esiguità della sua sua
assorbanza a questa temperatura non ci permette di esprimerci a riguardo.
Fig. 16: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 22 °C
Si osservano gli stessi andamenti visti precedentemente per il primo complesso,
mentre l'assorbanza del secondo complesso comincia ad aumentare.
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Fig. 17: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 28 °C
L'assorbanza del primo complesso comincia a diminuire di intensità, mentre
quella del secondo complesso va aumentando, indicando chiaramente la
formazione di un nuovo prodotto dai reagenti in concentrazioni equimolari tra
loro.
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Fig. 18: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 34 °C
L'assorbanza del primo complesso si fa sempre più bassa all'aumentare della
temperatura, così come quella del secondo complesso, la quale però a questa
temperatura si distribuisce su un range più ampio, indicando forse la formazione
di un terzo complesso, le cui condizioni di formazione si sovrappongo
probabilmente a quelle del secondo complesso, indicando la presenza di equilibri.
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Fig. 19: Grafico dove viene mostrata l'assorbanza della soluzione in funzione
delle concentrazioni dei due reagenti e alla di temperatura di 40 °C
Mentre il primo complesso rimane periferico e le sue condizioni di formazione si
spostano sempre più verso una concentrazione di GSH doppia rispetto a quella del
C0, il terzo complesso, formato probabilmente da GSH e C0 in rapporto tre a
quattro, diventa predominante, ed appare chiara la sua diversa identità rispetto al
secondo complesso, il quale comunque sembra ancora partecipare all'equilibrio
ma come specie secondaria.
Alla luce di tutto ciò è opportuno espandere l'ED per quanto permesso dalla
solubilità del C0, a concentrazioni dei due reagenti più elevate per meglio
risolvere il possibile equilibrio.
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2.9. SPETTROSCOPIA UV-VIS
La spettroscopia è la branca della scienza connessa con l’assorbimento e
l’emissione della radiazione elettromagnetica da parte della materia.
Dall’interazione della materia con la radiazione elettromagnetica derivano le
transizioni elettroniche, vibrazionali e rotazionali tra lo stato fondamentale, a
energia minore, e quello eccitato, a energia maggiore. Il fenomeno può essere
schematizzato in questo modo:
M + hν → M*
dove: M è la specie che interagisce con la radiazione elettromagnetica, M* la
stessa specie in un stato eccitato in seguito a tale interazione, h è la costante di
Plank e ν è la frequenza della radiazione considerata.
La spettroscopia UV-Vis è alla base delle conoscenze sulla struttura degli atomi,
infatti, permette di ottenere informazioni sulla natura dei legami chimici e sulla
disposizione degli atomi nei composti organici e inorganici e ancora, di
identificare sostanze chimiche e determinare le proporzioni con le quali si
combinano in miscele complesse.
Per i suoi molteplici usi, essa trova applicazione in molti campi della chimica tra
cui l'analisi di metalli in tracce, le analisi chimico-cliniche, accurate misure
cinetiche e di equilibrio.
Alla base della spettroscopia UV-Vis vi è la corrispondenza lineare tra l'intensità
della radiazione assorbita e la concentrazione del campione. Per parlare in termini
di concentrazione anziché di attività occorre lavorare mantenendo costante la
36
forza ionica (a = c×γ), in queste condizioni possiamo esprimere l’assorbanza
attraverso la legge di Lambert-Beer, nella sua forma:
A = ε c b = - log10 Ti = - log10(It/I0)
dove:
Ιt è l'intensità della radiazione trasmessa dal mezzo assorbente,
Ιo è l'intensità della radiazione incidente sul mezzo,
Τi = (It/I0) è la trasmittanza dovuta al solo mezzo assorbente, trascurando gli effetti
esterni,
ε è il coefficiente d’estinzione molare,
c è la concentrazione,
b è la lunghezza del cammino ottico,
A è l’assorbanza.
Se viene fissata la lunghezza del cammino ottico l’assorbanza assume la forma:
A = k × c
Questa è l'equazione di una retta passante per l'origine, dove “k” rappresenta il
coefficiente angolare. Poiché generalmente il cammino ottico ha valore unitario, il
coefficiente angolare coincide esattamente con il valore di ε.
La legge di Lambert-Beer descrive un sistema ideale ed è valida se si verificano
precise condizioni: le specie assorbenti si comportano in modo indipendente tra
loro, l’assorbimento avviene in un mezzo uniforme, la radiazione incidente è
parallela e monocromatica.
37
In realtà una radiazione con queste caratteristiche non è mai realizzabile, infatti, la
convergenza o la divergenza del raggio possono causare piccole deviazioni dalla
legge di Lambert-Beer. Inoltre tale legge è valida principalmente per soluzioni a
bassa concentrazione.
2.10. SPETTROSCOPIA INFRAROSSA
La spettroscopia infrarossa o spettroscopia IR è una tecnica spettroscopica di
assorbimento normalmente utilizzata nel campo della chimica analitica e della
caratterizzazione dei materiali, oltre che in chimica fisica per lo studio dei legami
chimici.
Quando un fotone infrarosso viene assorbito da una molecola, questa passa dal
suo stato vibrazionale fondamentale ad uno stato vibrazionale eccitato. In un
tipico spettro infrarosso in ascissa troviamo una scala di frequenze espresse in
numero d'onda, ovvero quantità di onde per centimetro, e in ordinata la
percentuale di trasmittanza. Se un materiale è trasparente alla radiazione
infrarossa il suo spettro si presenterà come una linea parallela all'asse delle
ascisse. Se un materiale non è completamente trasparente si verificheranno degli
assorbimenti e quindi delle transizioni tra livelli energetici vibrazionali. In questo
secondo caso lo spettro registrato sarà caratterizzato da una serie di picchi di
altezza variabile per ciascuna transizione.
Il fenomeno può essere spiegato considerando, nel caso di una semplice molecola
formata da due atomi diversi, il sistema atomi-legame come un oscillatore
armonico per il quale è applicabile la legge di Hooke.
38
Applicando l'equazione di Schrödinger a un tale sistema si ottiene:
−ħ2
2μd 2Ψdx2 +
12
kx2=EΨ
dove μ è la massa ridotta e k la costante di forza del legame.
La risoluzione di tale equazione fornisce i livelli energetici vibrazionali permessi,
che possiedono energia:
Eυ=(υ+12)ħω
dove υ è il numero quantico vibrazionale e ω la frequenza vibrazionale data dalla
relazione:
ω=( kμ )
1/2
Introducendo il termine vibrazionale G(υ) è possibile esprimere le energie in
funzione del numero d'onda:
G(υ)=( υ+12 ) ν̃
il numero d'onda vibrazionale si ricava applicando l'equazione:
ν̃=1
2πc ( kμ )
1 /2
.
Da quanto detto è verificabile che tanto maggiore è la forza del legame tanto
maggiore sarà la frequenza di vibrazione per un dato livello vibrazionale, mentre
più pesanti saranno gli atomi minore sarà la frequenza vibrazionale.
La condizione necessaria affinché una radiazione infrarossa possa originare una
39
transizione vibrazionale consiste nel verificarsi di un cambiamento del dipolo
elettrico molecolare a seguito del cambiamento di posizione degli atomi. Quindi le
molecole omoatomiche (come N2 o O2) non sono attive all'infrarosso, mentre
molecole apolari quali CO2 possono entrare in risonanza con la radiazione
solamente grazie alle vibrazioni asimmetriche che producono un dipolo
istantaneo. La regola di selezione stabilisce che affinché si abbia assorbimento o
emissione debba verificarsi una transizione tale che Δυ = ±1.
Nel caso di molecole allo stato gassoso, dove non è impedita la libera rotazione, il
tipico spettro IR ingloba anche i contributi delle transizioni rotazionali e diviene
uno spettro vibro-rotazionale più complesso ma anche più ricco di informazioni.
Schematicamente un classico spettrofotometro IR è essenzialmente costituito da
una sorgente il cui fascio di luce viene convogliato verso il campione e il
riferimento, quest'ultimo costituito solitamente dal liquido in cui tale campione è
disciolto. Segue il monocromatore la cui funzione è quella di selezionare una
specifica lunghezza d'onda e un chopper (sistema ottico a forma di semidisco che
negli strumenti a doppio raggio è posto anche dopo la sorgente per sdoppiare il
raggio di luce) che indirizza alternativamente al rivelatore la radiazione
proveniente rispettivamente dal campione e dal riferimento. Il rivelatore è il
componente finale che genera un segnale in funzione della concentrazione di
analita presente.
I campioni solidi per essere analizzati necessitano di essere sottoposti a uno dei
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seguenti trattamenti:
• ridotti in strati sottili di pellicola;
• portati in fine sospensione macinando in apposito mortaio con nujol;
• macinati finemente con KCl o KBr in modo da ottenere poi, grazie a una
apposita pastigliatrice, un dischetto omogeneo.
I liquidi vengono iniettati direttamente in una apposita cella a parallelepipedo
formata da materiali trasparenti alla radiazione infrarossa (es. cloruro di sodio),
così come i gas sono direttamente campionati in apposite celle cilindriche con
finestre trasparenti all'IR.
3. CONCLUSIONI
Utilizzando l'ED abbiamo potuto studiare il sistema C0 – GSH e le loro
interazioni in un ampio range di condizioni sperimentali e con un relativamente
limitato ammontare di lavoro.
Il metodo ci ha altresì permesso di studiare il sistema anche in condizioni non
direttamente riprodotte sperimentalmente.
La ricerca ci ha quindi permesso di vedere che nel range di condizioni da noi
studiato, dalla reazione tra C0 e GSH, facendo variare tali condizioni, si possono
sintetizzare almeno tre diversi complessi:
Complesso Rangeconcentrazioni
C0 (mM)
Rangeconcentrazioni
GSH (mM)
Range Temp. (°C)
Rapportomolare tra i
reagenti
I (7*10-4 - 8*10-4) (5.5*10-4 - 7*10-4) (10-40) 2 GSH : 1 C0
II (7.5*10-4 - 8*10-4) (6*10-4 - 8*10-4) (16-40) 1 GSH : 1 C0
III (7*10-4 - 8*10-4) (5.5*10-4 - 7.5*10-4) (34-40) 3 GSH : 4 C0
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Rispetto ai metodi di studio a temperatura standard la nostra ricerca, utilizzando
l'ED e le reti neurali artificiali, ha permesso di analizzare il sistema nel range di
temperatura più significativo dal punto di vista medico-biologico, ossia l'intervallo
di temperatura 34-40 °C, mostrando tutta una reattività a temperature fisiologiche
che non sarebbe stata rilevata se si fosse studiato il sistema solo ed esclusivamente
a temperatura standard.
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4.0. APPENDICE
4.1. ELENCO REAGENTI
CuCl
Soluzione H2O2
Soluzione KOH
Soluzione HCl
Tampone ammoniacale pH 10
Soluzione EDTA 0.05M
CuCl2
Soluzione HNO3
Muresside
CuCO3(OH)2
Etanolo
Isopropanolo
H2O distillata
Etere di petrolio
Soluzione HClO4
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Fenantrolina monoidrata
Glutatione ridotto
CH3CN
Soluzione H2O2 + HNO3
Tampone fosfato
Dimetilsolfossido
1-metil-2-tiazolidinatione
4.2. ELENCO STRUMENTAZIONE
Agitatore magnetico IKA-combimag RCH
Bilancia (0,0000g) SARTORIUS BP 1215 MAX 120g d=0,1mg
Ultrasuoni BANDELN SONOREX SUPER RK102H
Spettrofotometro UV-Visibile CARY 50 PROBE
Microscopio trioculare a luce polarizzata MOTIC SMZ168
Pompa da vuoto
Piastra scaldante
Cilindro graduato
Buretta
Matracci
Termometro
Pipette
Pipette automatiche
Spatole
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Capsule
Provette
Navicelle
Pinze
Becher
Beuta codata
Beute
Filtri di Gooch
Imbuti
Ancorette magnetiche
Tappi
Contenitori per solidi
Parafilm
4.3. PROGRAMMI UTILIZZATI
SpecPeak
Origin
JavaNNS
EasyNN-Plus
4.4.1 SINTESI C0 “[Cu(phen)2(H2O)](ClO4)2”
Alla bilancia analitica vengono pesati circa 0.1 g di Cu2(CO3)(OH)2, tale quantità
viene introdotta in una beuta contenente circa 10 mL di etanolo. Il sale è
insolubile in tale solvente.
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La miscela che si ottiene è di colorazione verde acqua ed è opalescente.
Sotto agitazione e riscaldamento viene aggiunto acido perclorico goccia a goccia,
sino a limpidezza verde blu, e termine dell'effervescenza provocata dalla
formazione di CO2.
Successivamente la beuta viene raffreddata sotto acqua corrente sino a
temperatura ambiente, e una volta raffreddata, viene aggiunta goccia a goccia e
sotto agitazione una soluzione preparata disciogliendo circa 0,38 g di fenantrolina
monoidrata in 10 mL di etanolo.
In seguito all'aggiunta si forma un precipitato verde.
In seguito si filtra a vuoto isolando il precipitato, poi vengono effettuati lavaggi
con etanolo ed infine, a filtrato ben asciutto, con etere di petrolio.
Quindi si pone il composto appena sintetizzato in un vetrino precedentemente
pesato, e si pesa il tutto.
4.4.2 SINTESI V0 “[Cu(phen)(H2O)2](ClO4)2”
Alla bilancia analitica vengono pesati circa 0.1 g di Cu2(CO3)(OH)2, tale quantità
viene introdotta in una beuta contenente circa 10 mL di etanolo. Il sale è
insolubile in tale solvente.
La miscela che si ottiene è di colorazione verde acqua ed è opalescente.
Sotto agitazione e riscaldamento viene aggiunto acido perclorico goccia a goccia,
sino a limpidezza verde blu, e termine dell'effervescenza provocata dalla
formazione di CO2.
46
Successivamente la beuta viene raffreddata sotto acqua corrente sino a
temperatura ambiente, e una volta raffreddata, viene aggiunta goccia a goccia
molto lentamente e sotto agitazione una soluzione preparata disciogliendo circa
0,12 g di fenantrolina monoidrata in 50 mL di etanolo.
In seguito all'aggiunta si forma un precipitato azzurro sotto forma di cristalli
aghiformi.
In seguito si filtra a vuoto isolando il precipitato, e vengono effettuati lavaggi con
etanolo.
4.4.3 SINTESI F0 “[Cu(phen)3](ClO4)2”
Alla bilancia analitica vengono pesati circa 0.1 g di Cu2(CO3)(OH)2, tale quantità
viene introdotta in una beuta contenente circa 10 mL di etanolo. Il sale è
insolubile in tale solvente.
La miscela che si ottiene è di colorazione verde acqua ed è opalescente.
Sotto agitazione e riscaldamento viene aggiunto acido perclorico goccia a goccia,
sino a limpidezza verde blu, e termine dell'effervescenza provocata dalla
formazione di CO2.
Successivamente la beuta viene raffreddata sotto acqua corrente sino a
temperatura ambiente, e una volta raffreddata, viene aggiunta sotto agitazione una
soluzione preparata disciogliendo circa 0,56 g di fenantrolina monoidrata in 10
mL di etanolo.
4.4.4 TITOLAZIONE COMPLESSOMETRICA CuCl
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Alla bilancia analitica vengono pesati circa 0.05 g di CuCl, tale quantità viene
introdotta in una beuta aggiungendo 20 mL di acqua distillata.
Il solido si scioglie formando una soluzione di color marrone.
In seguito, alla soluzione sotto riscaldamento ed agitazione, viene aggiunta goccia
a goccia una soluzione di H2O2 sino a colorazione azzurra e termine
dell'effervescenza dovuta all'ossidazione del rame.
Viene aggiunta in seguito sino a comparsa torbidità una soluzione di KOH, seguita
da un'aggiunta sino a limpidezza di una soluzione di HCl, entrambe introdotte
goccia a goccia e sotto agitazione.
Viene poi introdotto rispettando le precedenti condizioni, del tampone
ammoniacale sino a lievissima opalescenza, ed infine una spatolata dell'indicatore
complessometrico muresside, facendo divenire la soluzione di colore giallo.
Quindi si procede a titolare la soluzione volumetricamente sino al viraggio dal
verde al viola con EDTA di titolo noto tramite una buretta.
4.4.5 SINTESI COMPOSTO INCOGNITO VIOLA
Alla bilancia analitica viene pesata una quantità di C0 di circa 0.1 g. Tale quantità,
dopo essere stata introdotta in una beuta, viene disciolta, lavorando sotto cappa ed
aiutandosi con un bagno ad ultrasuoni, in poche gocce di dimetilsolfossido.
Una volta diventato il piccolo volume di liquido limpido, vengono introdotti una
decina di mL di acqua distillata, al che la soluzione diventa opalescente. Fatto
questo, si fa ridiventare il tutto limpido, scaldando dall'esterno la beuta con acqua
calda.
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Compiuta l'operazione, si lascia raffreddare sotto acqua corrente, e una volta
raggiunta la temperatura ambiente, si aggiunge alla beuta goccia a goccia e sotto
mescolamento una soluzione preparata disciogliendo in acqua distillata circa 0.46
g di GSH nel caso si voglia operare con rapporti equimolari, o con 0.92 g di GSH
qualora si voglia operare con concentrazione del legante doppia rispetto a quella
del C0.
La soluzione in seguito all'aggiunta passa da un tenue azzurrino ad un viola
intenso dovuto alla precipitazione del complesso, il quale viene infine separato
tramite filtrazione su carta.
4.4.6 TITOLAZIONE COMPLESSO INCOGNITO VIOLA
Alla bilancia analitica vengono pesati circa 0.05 g del complesso incognito, tale
quantità viene introdotta in una beuta aggiungendo 20 mL di acqua distillata.
Il solido non si scioglie in tale solvente.
Quindi si opera per portare tale complesso in soluzione, procedimenti che saranno
diversi nel caso si intenda ossidare un eventuale presenza di Cu(I) nel complesso
oppure no.
Nel caso si voglia procedere all'ossidazione, alla soluzione sotto riscaldamento ed
agitazione, viene aggiunta goccia a goccia una soluzione di H2O2 sino a
colorazione da viola a verde chiaro e termine di un'eventuale effervescenza dovuta
all'ossidazione del rame.
Viene aggiunta in seguito sino a comparsa torbidità marrone una soluzione di
KOH, seguita da un'aggiunta sino a limpidezza di una soluzione di HCl, entrambe
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introdotte goccia a goccia e sotto agitazione.
Nel caso non si voglia procedere all'ossidazione invece, si porta in soluzione il
precipitato aggiungendo goccia a goccia una soluzione di HCl sino a formazione
di una soluzione azzurra con precipitato bianco, aggiungendo in seguito una
soluzione di KOH portando il tutto sino ad opalescenza violacea.
In entrambi i casi, una volta portatoil complesso in soluzione, viene poi introdotto
rispettando le precedenti condizioni, del tampone ammoniacale sino a lievissima
opalescenza, ed infine una spatolata dell'indicatore complessometrico muresside,
facendo divenire la soluzione di colore giallo-verde.
Quindi si procede a titolare la soluzione volumetricamente sino al viraggio dal
giallo-verde al azzurro nel primo caso, e dal verde-blu all'indaco nel secondo, con
EDTA di titolo noto tramite una buretta.
4.4.7 SINTESI C2
Alla bilancia analitica viene pesata una quantità di C0 di circa 0.05 g. Tale
quantità, dopo essere stata introdotta in una beuta, viene disciolta, lavorando sotto
cappa ed aiutandosi con un bagno ad ultrasuoni, in poche gocce di
dimetilsolfossido.
Una volta diventato limpido il piccolo volume di liquido, vengono introdotti una
decina di mL di acqua distillata, al che la soluzione diventa opalescente. Fatto
questo, si fa ridiventare il tutto limpido, scaldando dall'esterno la beuta con acqua
calda.
Compiuta l'operazione, si lascia raffreddare sotto acqua corrente, e una volta
50
raggiunta la temperatura ambiente, si aggiungono alla beuta sotto agitazione circa
0.01 g di -metil-imidazolidina-2-tione (DitMe).
La reazione è piuttosto lenta e si lascia procedere, sempre sotto agitazione, per
qualche ora.
In seguito si forma un precipitato di corti cristalli verdi aghiformi che viene poi
filtrato.
4.4.8 DOE C0 + GSH
Inizialmente vengono decise quarantadue diverse combinazioni delle seguenti
grandezze: concentrazione di C0, concentrazione di GSH e temperatura.
Si faranno variare tali grandezze nell'intervallo 0.5-0.8 mM per le concentrazioni
dei due reagenti e nell'intervallo 10-40 °C per la temperatura.
Le combinazioni verranno divise in due gruppi, il primo ne conterrà ventisette
stabilite simmetricamente rispetto ai valori intermedi delle grandezze, il secondo
ne conterrà dodici scelte in maniera puramente casuale.
Completato tale compito si andranno a creare le soluzioni a titolo noto dei due
reagenti.
Per quanto riguarda il C0, alla bilancia analitica viene pesata una quantità di tale
composto di circa 0.04 g. Tale quantità, dopo essere stata introdotta in un
matraccio da 50 mL, viene disciolta, lavorando sotto cappa ed aiutandosi con un
bagno ad ultrasuoni, in poche gocce di dimetilsolfossido.
Una volta solubilizzato il sale, vengono introdotti una decina di mL di tampone
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fosfato, al che la soluzione diventa opalescente. Fatto questo, si fa ridiventare il
tutto limpido, scaldando dall'esterno il matraccio con acqua calda.
Compiuta l'operazione, si lascia raffreddare sotto acqua corrente, e una volta
raggiunta la temperatura ambiente, si porta a volume con lo stesso tampone.
Per quanto riguarda il GSH, alla bilancia analitica viene pesata una quantità di tale
composto di circa 0.04 g. Tale quantità, dopo essere stata introdotta in un
matraccio da 50 mL, viene disciolta in pochi mL di tampone fosfato, quindi
portata a volume con lo stesso tampone. La soluzione viene poi riposta in
frigorifero nell'attesa di essere adoperata.
Ottenute le concentrazioni precise delle due soluzioni, si procederà a calcolare i
volumi necessari da prelevare per creare le condizioni sperimentali
precedentemente stabilite su un volume totale di 2 mL.
Le misure si effettueranno su uno spettrofotometro UV-Vis CARY 50 PROBE a
fibra ottica nell'intervallo 300-1100 nm, con un Δλ di 4 nm e con una velocità di
scansione di 960 nm/min.
Aiutandosi rispettivamente con del ghiaccio o con acqua calda e rilevando la
temperatura con un termometro ad immersione, si procederà a rilevare gli spettri
delle soluzioni preparate miscelando sul momento ad una temperatura fissata con
delle pipette automatiche gli opportuni volumi, precedentemente calcolati, dei
reagenti e portando a volume col tampone, in modo da rispettare le condizioni
sperimentali prestabilite.
Le misure si effettueranno miscelando in una provetta da 2 mL i volumi di C0 e
52
GSH e portando a volume il tutto col tampone. Passato qualche secondo per
lasciare progredire la reazione, si effettuerà la rilevazione, inserendo la sonda
precedentemente pulita ed asciugata, dello spettrofotometro.
4.4.9 ELEBORAZIONE DATI
Come primo passo si scompongono gli spettri rilevati sperimentalmente nelle
varie gaussiane componenti, utilizzando il programma SpecPeak. Una volta
avviato tale programma apriamo il file .fl contenente i dati sperimentali e
indichiamo il numero delle gaussiane componenti, la loro lunghezza d'onda ed
ampiezza a mezza altezza.
Il programma quindi farà una somma tra le varie gaussiane componenti e farà un
confronto con gli spettri rilevati sperimentalmente offrendo generalmente un
accordo molto scadente. Per ovviare a questo facciamo eseguire al programma
varie elaborazioni in modo da trovare i valori ottimali per le lunghezze d'onda e
per le ampiezze, cosa che inoltre può essere fatta anche manualmente.
Per trovare l'accordo migliore bisogna controllare che il valore assoluto di due
parametri sia accettabile, questi due parametri sono rispettivamente la differenza
tra i valori sperimentali e quelli impostati come somma di gaussiane, e l'altezza di
eventuali picchi negativi.
Una volta trovato l'accordo migliore esportiamo i dati elaborati come file .dat.
Prima di passare al passaggio successivo i dati devono essere normalizzati, ossia
rapportati ad una scala 0-1, cosa che può essere portata facilmente a compimento
tramite un foglio di calcolo.
Questo però non è l'unico criterio per poter utilizzare il programma JavaNNS,
53
difatti i dati dopo essere stati normalizzati necessitano di essere convertiti in
formato .pat, l'unico leggibile dal programma.
Avviato quindi il programma, viene caricato l'apposito file .pat, e si procede alla
creazione della rete neurale. Lavorando con un numero di neuroni input ed output
costanti e stabiliti dalla forma dei nostri dati sperimentali, si fanno variare la
quantità dei neuroni hidden e l'entità di vari parametri cercando di minimizzare
l'errore nell'apprendimento della rete.
5. BIBLIOGRAFIA
SPECPEAK M.C. Aragoni, M. Arca, G. Crisponi, V.M. Nurchi, Anal. Chim. Acta
316 (1995) 195.
EasyNN-plus Neural Planner Software Ltd, UK.
JavaNNS, University of Tübingen
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