Zeller e i Presocratici, in "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa", Cl. Lettere e...

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ZELLER E I PRESOCRATICI Il lettore odierno che dia uno sguardo all'indice-som- mario della parte della Philosophie der Griechen che Zeller dedica al pensiero presocratico troverà che più o meno tutto potrebbe attagliarsi ad un'opera odierna sullo stesso tema, ma con due eccezioni piuttosto rimarchevoli: la prima sta in certe deviazioni dall'ordine cronologico, per esempio col mettere Diogene di Apollonia subito dopo Anassimene; l'al- tra è costituita da un capitolo dal titolo un po' sorprenden- te: L'Atomismo non è una forma di sofistica (Die Atomistik keine Sophistik). Quest'ultimo pezzo sorprende anche per la sua lunghezza, prossima alla decina di pagine; esso rappre- senta una parte sostanziale della sezione sulla geschichtliche Stellung und Bedeutung che egli dedica alla posizione degli atomisti, cioè s'intende di Leucippo e di Democrito, come ad altre posizioni di singoli pensatori o di scuole. Gli storici re- centi della filosofia antica dedicano alla questione non dico una pagina anziché una decina, ma neanche una riga. Può darsi che ciò dipenda in parte dal fatto che hanno letto Zel- ler e non ritengono necessario ritornare sulla questione; ma credo che dipenda di più dal fatto che è un tipo di questione al quale nessuno annette più particolare importanza. In Zeller la discussione della questione è volta a mostra- re che certe considerazioni che erano state avanzate soprat- tutto da Heinrich Ritter (ma anche da Friedrich Schleierma- cher) per mostrare che l'atomismo non è altro che una sofi- stica o sono del tutto infondate o mancano di pertinenza o, infine, vengono a concernere ugualmente alcune o tutte le altre posizioni presocratiche che pure non erano state assi- milate alla sofistica dal Ritter stesso'. Cosi viene ammesso il i Nella prima parte della sua Geschichte der Philosophie, Hamburg 1829 e sgg., 2• ed. 1836 e sgg. (i primi 4 voll. di questa edizione sono dedicati all'anti- chità), egli dedica il secondo cap. della sezione intitolata Sofisti agli atomisti,

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ZELLER E I PRESOCRATICI

Il lettore odierno che dia uno sguardo all'indice-som-mario della parte della Philosophie der Griechen che Zeller dedica al pensiero presocratico troverà che più o meno tutto potrebbe attagliarsi ad un'opera odierna sullo stesso tema, ma con due eccezioni piuttosto rimarchevoli: la prima sta in certe deviazioni dall'ordine cronologico, per esempio col mettere Diogene di Apollonia subito dopo Anassimene; l'al-tra è costituita da un capitolo dal titolo un po' sorprenden-te: L'Atomismo non è una forma di sofistica (Die Atomistik keine Sophistik). Quest'ultimo pezzo sorprende anche per la sua lunghezza, prossima alla decina di pagine; esso rappre-senta una parte sostanziale della sezione sulla geschichtliche Stellung und Bedeutung che egli dedica alla posizione degli atomisti, cioè s'intende di Leucippo e di Democrito, come ad altre posizioni di singoli pensatori o di scuole. Gli storici re-centi della filosofia antica dedicano alla questione non dico una pagina anziché una decina, ma neanche una riga. Può darsi che ciò dipenda in parte dal fatto che hanno letto Zel-ler e non ritengono necessario ritornare sulla questione; ma credo che dipenda di più dal fatto che è un tipo di questione al quale nessuno annette più particolare importanza.

In Zeller la discussione della questione è volta a mostra-re che certe considerazioni che erano state avanzate soprat-tutto da Heinrich Ritter (ma anche da Friedrich Schleierma-cher) per mostrare che l'atomismo non è altro che una sofi-stica o sono del tutto infondate o mancano di pertinenza o, infine, vengono a concernere ugualmente alcune o tutte le altre posizioni presocratiche che pure non erano state assi-milate alla sofistica dal Ritter stesso'. Cosi viene ammesso il

i Nella prima parte della sua Geschichte der Philosophie, Hamburg 1829 e sgg., 2• ed. 1836 e sgg. (i primi 4 voll. di questa edizione sono dedicati all'anti-chità), egli dedica il secondo cap. della sezione intitolata Sofisti agli atomisti,

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carattere materialistico del sistema democriteo, ma fatto va-lere per tutti gli altri sistemi presocratici. Viene invece ne-gato che gli atomisti volessero fare dipendere ogni evento dal caso, nel campo della fisica, o adottassero una forma di scetticismo in epistemologia. E viene dichiarata non perti-nente l'accusa di eccessivo empirismo perché in tutti i casi non accosterebbe la loro posizione alla sofistica. Alla fine della discussione, però, Zeller introduce un'osservazione di ordine più generale, che è che chi fa dell'atomismo una sofi-stica parte da un concetto troppo indeterminato di quest'ul-tima, facendola consistere in ogni forma di pensiero (Denk-weise) che sia priva di un corretto atteggiamento scientifico, anziché riconoscere che l'essenza storica della sofistica sta =nel recedere del pensiero dalla ricerca obbiettiva, nel suo limitarsi ad una riflessione soltanto soggettiva, indifferente di fronte alla verità scientifica, nell'affermazione che l'uomo è la misura di tutte le cose che tutte le nostre rappresenta-zioni sono puramente soggettive, che tutti i concetti e princi-pi morali sono arbitrarie convenzioni »2.

Nel caso, del tutto improbabile, che uno studioso con-temporaneo si sentisse obbligato a ritornare sulla questione, egli (presumo) riprenderebbe al massimo l'ultima della con-siderazioni avanzate da Zeller — ma non senza modificazio-ni — e farebbe valere piuttosto considerazioni di ordine cro-nologico (che in questo caso in effetti sono pertinenti per il solo Leucippo) e considerazioni che possiamo chiamare, grosso modo, culturali, fra le quali c'è quella che gli atomi-sti non appartengono in alcun modo al movimento della sofi-stica, perché non andavano in giro per il mondo ad insegna-re (a pagamento) arti come quella della retorica, e così via. Tuttavia Zeller ovviamente rispondeva agli argomenti del Ritter e questi non era certo così sciocco e così male infor-mato da ignorare questi fatti. La questione era se l'atomi-

cf. Appendice (il primo cap. P di introduzione generale). Lo stesso fa Schleier-macher nella sua Geschichte der Phiiosophie pubblicata postuma (a Berlino nel 1839) dallo stesso Ritter, che già per questo motivo deve essere stato a cono-scenza della posizione dell'altro al tempo in cui redigeva la sua opera.

2 Trad. it., pane 1, V, 302 (= dell'originale nella 5• ed., parte I, 951-952 [nel seguito, quanto indico le pagine dell'opera di Zeller senza altre precisazio-ni, intendo la parte I di questa edizione]).

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smo nella sua essenza, o nel suo spirito, appartiene o no alla sofistica, ed essa indubbiamente era affrontata senza carat-terizzare troppo bene la sofistica non come concetto genera-le usato anche da noi ma come orientamento di pensiero del V sec. a.C. Zeller stesso, nel complesso, pare qui essersi la-sciato portare dal suo intento polemico un po' troppo sul terreno dell'avversario, dilungandosi anche su questioni piuttosto di dettaglio. Ma la pretesa che emerge, nel corso della discussione, di definire « l'essenza storica » (das ge-schichtliche Wesen) della sofistica è tutt'altro che atipica ed è anzi determinante nella sua adozione di un certo disegno complessivo della filosofia presocratica, con le menzionate deviazioni dall'ordine cronologico.

Sta ormai diventando chiaro che Zeller, nel proporre certe sue interpretazioni del pensiero presocratico nel suo complesso o relativamente a singole figure, ha delle motiva-zioni speculative o teoretiche. Questo è, del resto, da lui am-messo esplicitamente quando, nel definire l'intento della sua opera, nella premessa alla seconda edizione, dichiara di ave-re voluto fondere insieme i risultati della ricerca erudita (ge-lehrte Forschung) e quelli della visione speculativa (spekula-tive Geschichtsbetrachtung) della storia della filosofia. Una domanda che vale la pena di porsi è se questo intento è stato da lui pienamente realizzato. Sta ugualmente diventando chiaro che egli offre le sue interpretazioni spesso contrappo-nendole, più o meno espressamente, a quelle di altri studio-si; meno frequentemente egli riconosce dei punti di contat-to. Questo aspetto di critica e di contrapposizione polemica pare dunque giocare un ruolo piuttosto importante nella re-dazione dell'opera e merita dell'attenzione.

Per questo motivo ho ritenuto utile indicare in che mo-do il quadro complessivo del pensiero presocratico al quale Zeller perviene differisca da quelli delineati da altri storici del pensiero antico a lui noti. A questo proposito non è diffi-cile constatare che le opere di storia della filosofia (generale o antica) alle quali egli fa riferimento più di frequente sono quelle appartenenti alla cultura tedesca degli anni o decenni immediatamente precedenti alla data di comparsa della sua opera, il che ci permette di circoscrivere un confronto che altrimenti rischia di essere molto esteso. Compiendo un'ul-

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tenore selezione, prenderò in effetti in considerazione le opere di Hegel, di Ritter e di Brandis, con qualche cenno ai contributi di Schleiermacher, che rimaneva una figura di notevole influenza nel campo della storia del pensiero antico oltre che, ovviamente, in altri campii. Di queste opere, per quanto ne so io, soltanto quella di Hegel, per ragioni che non hanno bisogno di essere menzionate, viene letta oggidì da persone che non abbiano il pallino dell'erudizione. Tutta- via anche quelle di Ritter e di Brandis• sono assai degne di rispetto, e semmai di esse si può dire che hanno avuto la sfortuna di essere state messe in ombra proprio da quella di Zeller, la quale è sicuramente superiore ad esse per esten-sione e ricchezza di informazioni ma non sempre per la vali-dità delle sue interpretazioni. Va aggiunto che Zeller pubbli-ca la sua Filosofia dei Greci in una prima edizione a pochi anni di distanza da quelle dei concorrenti (nel 1844), ma che, anche per ragioni di età, può pubblicarne una seconda nel 1856 e continuare a rivederla per decenni, così da renderla assai più aggiornata delle loro.

Il fatto, certo che l'opera di Zeller rimanga a lungo un work in progress rende il compito più complicato per chi vo-glia parlarne. Schematizzando, si può dire che è con la se-conda edizione che essa assume la fisionomia attuale, per-ché le aggiunte nelle ulteriori edizioni sono più che altro de-gli aggiornamenti limitati alle note (causando una loro cre-scita un po' abnorme, con uno squilibrio fra testo e note che sarà aggravato dagli aggiornamenti all'italiano Zeller/Mon-dolfo). Il passaggio invece dalla prima alla seconda edizione comporta una trasformazione sostanziale dell'opera, come viene riconosciuto dallo stesso Zeller nella sua premessa al-

3 Nel campo della filosofia antica Schleiermacher va ricordato, oltre che per il manuale citato in n. I e per i suoi contributi allo studio di Platone, per il suo lavoro intitolato Hernkleitos der Dunkle van Ephesus, dargesteflt aus den Truemmem seines Werkes und den Zeugnissen der "/un, Museum der Alter-tumswissenschaf t, 1, 1807, 315-533 (--= Saemmtliche Werke, III, Berlin 1838). 4 Cf. Gn.A. BRANDW, Handbuch der Geschichte der griechisch-roemischen Philosophie, Berlin 1835-1866. (Egli è anche l'autore di Commentationum Elea. ticarum pars Altona 1813; a sua volta Ritter è l'autore, oltre che della Ge-schichte der Philosophie cit., di una Geschichte der ionischen Philosophie, Ber-lin 1821, di una Geschichte der pythagorischen Philosophie, Berlin 1826, e, in-sieme a L Preller, di un'antologia di testi dal titolo Historia Philosophiae Grae-cae, Gotha 1838, della quale sono apparse numerose edizioni (da ultimo a cura

di F. Schultess e di E. Wellmann).

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la seconda edizione, nella quale rileva che, nel redigere la prima, egli non aveva ancora avuto l'intento di offrire un'e-sposizione completa della storia della filosofia antica, ma aveva concentrato la sua attenzione su quelle questioni la cui enucleazione meglio permetteva di caratterizzare i siste-mi nella loro peculiarità e di precisarne il rapporto con gli altri. (La differenza di taglio, egli sottolinea, é mostrata an-che dal cambiamento parziale di titolo; nella prima edizione il titolo generale Die Philosophie der Griechen é seguito dal sottotitolo Eine Untersuchung hber Charakter, Gang und Hauptmomente ihrer Entwicklung). In effetti l'esposizione che troviamo nella prima edizione è strettamente limitata al pensiero filosofico in quelli che sono i suoi capisaldi o prin-cipi fondamentali, e talvolta anzi è fin troppo schematica an-che da questo punto di vista (per es. l'esposizione della posi-zione di Anassimandro é tutta concentrata sulla questione dell'infinito come arche, tralasciando ogni discussione an- che del fr. I sulla legge cosmica, di cui è difficile negare un interesse filosofico). Dalla seconda edizione in poi ampia pane della trattazione è dedicata alla cosmogonia, alla co- smologia, all'astronomia e, in genere, alle indagini naturali- stiche dei presocratici, offrendo così un'esposizione com- plessiva pure del loro pensiero scientifico.

E tuttavia la prima edizione merita la nostra attenzione, perché non solo la delineazione del profilo complessivo del pensiero presocratico ma anche quasi tutte le interpretazio-ni specifiche di interesse filosofico sono già presenti in essa. Le altre edizioni non solo non aggiungono molto sul piano concettuale, ma, con l'accumulare informazioni di dettaglio, rendono mal distinguibile un disegno d'insieme che è resta-to sostanzialmente quello della prima edizione. Nella prima edizione la visione speculativa della storia della filosofia é nettamente predominante; nelle altre essa passa un po' in secondo piano e comunque non viene ad organizzare od uni-ficare a sufficienza i risultati della ricerca erudita che a lo-ro volta non introducono elementi tali da suggerire una revi-sione del disegno storico complessivo. Sono quindi indotto a dare una risposta piuttosto negativa (per quel che riguarda, s'intende, il periodo presocratico) alla prima domanda che avevo posto, quella della riuscita nell'intento che Zeller si

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era prefisso di fondere questi due aspetti della sua trattazio-ne. Tale risposta (che però richiede qualche conferma) serve da giustificazione del mio procedimento che è quello di pri-vilegiare l'aspetto della visione speculativa, rivolgendo quin-di una particolare attenzione alla prima edizione. E guar-dando ad essa, infatti, che meglio si riesce a determinare qual è l'idea che Zeller si faceva dello sviluppo complessivo del pensiero presocratico. In questo caso, anzi, il disegno è cosi netto, da risultare assai chiaramente già dall'indice-sommario, che invece nelle altre edizioni diventa complicato e privo di un evidente filo conduttore. Ma, prima di affron-tare questo punto, qualcosa va detto del modo in cui il pe-riodo della filosofia presocratica (come viene chiamato espressamente) viene circoscritto.

L'inizio della filosofia presocratica è quello solito, con Talete. Viene ammesso, peraltro, che la filosofia è stata pre-parata in qualche misura dalla speculazione mitica — quella che si trova in teogonie come quella di Esiodo — e dalla ri-flessione etica non sistematica riscontrabile nei poeti o fatta risalire tradizionalmente ai cosiddetti sette sapienti; viene però affermata la sostanziale originalità del pensiero greco in tutte le sue forme rispetto al pensiero di altri popoli, compresi quelli orientali e medio-orientali. Ma in tutto que-sto c'è un consenso fra Zeller e gli storici della filosofia te-deschi prima menzionati, sia pur con qualche inevitabile dif-ferenza di accento; il fatto, comunque, che sia Hegel che Rit-ter si occupino della filosofia orientale (in un modo del resto assai sommario) non ha conseguenze per la loro esposizione di quella greca.

Dove emergono delle differenze fra questi autori è nella periodizzazione dello stesso pensiero greco. Zeller, pur es-sendo (come vedremo) più prossimo a Hegel che agli altri nella sua presentazione del pensiero presocratico, è piutto-sto polemico con questi per il suo accostamento della posi-zione di Socrate a quella dei Sofisti, entrambe da lui raccol-te nel secondo capitolo della prima sezione. Contesta inoltre il suo aver dato troppa ampiezza alla prima sezione stessa, fino a comprendere Aristotele, creando così una sproporzio-ne fra di essa e le altre sezioni in cui suddivide il pensiero

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greco5 La prima critica viene da Zeller estesa a qualche al-tro autore, ma su questo punto c'è un consenso fra di lui e i rimanenti, cioè Ritter e Brandis, che riconoscono tutti in So-crate l'iniziatore di una nuova fase della filosofia. Sia pure con qualche differenza di valutazione essi concordano pure nel ritenere che la sofistica rappresenti lo scioglimento o dissoluzione (l'Aulleisung, come la chiama Zeller stesso) del-la filosofia presocratica. (Anche Schleiermacher é su questa posizione).

Zeller ammette che con i sofisti c'è uno spostamento di interessi dalla natura all'uomo, ma attribuisce ad esso un si-gnificato positivo solo nella misura in cui serve da prepara-zione della riflessione filosofica successiva, che inizia con Socrate. Altrimenti la sofistica va vista solo come uno svi-luppo unilaterale, nel senso negativo del soggettivismo, del relativismo e del convenzionalismo (si ricordi il passo citato in precedenza a proposito della sua polemica col Ritter sulla collocazione dell'atomismo), di concezioni presenti già in certi presocratici, come gli Eleati ed Eraclito. Anche nella sua riflessione sull'uomo la sofistica non perviene ad esiti positivi perché è incapace di riconoscere un regno dello spi-rito che sia distinto da quello della natura: gli uomini per i sofisti sono ancora nient'altro che degli « esseri sensibili »6. Questo riconoscimento é un progresso che si verifica con Platone e Aristotele ed è preparato da Socrate, al quale si deve l'elaborazione di un nuovo metodo, propriamente scientifico, di indagine dialettica o filosofica, quello dei con-cetti.

Che questa di Zeller sia una valutazione piuttosto re-strittiva della sofistica che é stata abbandonata da quasi tutti gli studiosi del nostro secolo, è cosa troppo nota per ri-chiedere una trattazione particolare. Zeller stesso è consa-pevole del fatto che già qualche storico suo contemporaneo, in particolare il Grote — da lui menzionato espressamente', era pervenuto ad una valutazione più positiva di essa, ma

5 Cf. pane 1, 150-151, (§ 2 del cap. IV). 6 Trad. it., 11, 19 (= 173).

Grote è citato a 1147, cioè nel § 6 (conclusivo) sulla sofistica. Per ulterio-ri precisazioni sull'atteggiamento di Zeller nei confronti della sofistica cf. su-pra il contributo di G. Cambiano.

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deve averla giudicata una posizione non ben fondata filosofi-camente, pur riconoscendo anche qualche merito ai sofisti, come quello di aver contribuito all"illuminismo' del loro tem-po. È abbastanza manifesto che la valutazione negativa era fortemente radicata nella cultura filosofica tedesca di allora o almeno in buona parte di essa, che tendeva a privilegiare la filosofia sistematica, perché (si è notato) era largamente dif-fusa fra gli storici della filosofia.

Il pensiero presocratico allora per Zeller include la sofi-stica, perché include tutto quanto precede Socrate — anche se questo 'precedere' non è sempre cronologico ma riguarda l'assenza di quella filosofia del concetto che inizia con questi. Ma, poiché la sofistica ne è solo il momento di dissoluzione, il suo interesse per l'uomo ovvero per il soggetto non può servi-re a caratterizzare il pensiero presocratico, per il quale é vero invece che « tutto il reale è ancora posto sotto il concetto della natura ». La speculazione dei presocratici é in effetti tutta di carattere oggettivistico e fa consistere la realtà oggettiva nel-la maturai'. Questo è un punto sul quale Zeller insiste anche nel rilevare (in polemica con Hegel ed altri) la novità che è co-stituita dal pensiero di Socrate:

Mentre tutta la filosofia precedente era direttamente rivolta al-l'oggetto, mentre il problema dell'essenza e dei principi dei fenome-ni naturali é in essa il problema fondamentale, da cui tutti gli altri dipendono, Socrate invece per primo ha espresso la convinzione, che di nessun oggetto si potrà saper qualcosa, prima che se ne sia determinato il concetto; e che, quindi, l'esame delle nostre rappre-sentazioni alla stregua del concetto e la conoscenza filosofica di sé stesso siano il principio e la condizione di ogni vero sapere 9.

È un oggettivismo, quello presocratico, che si concentra sulla natura perché prescinde da quella conoscenza dello spi-rito che è legata all'autocoscienza del soggetto pensante, la quale a sua volta si connette alla riflessione sulla struttura della scienza o del conoscere come alla riflessione di ordine etico.

Anche quest'ultima tesi di Zeller ha ricevuto delle criti-che in tempi recenti, in primo luogo, direi, proprio dall'idea-

Trad. it, Il, 15,(= 170). Trad. it., 1, 364(= 151).

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tore della traduzione italiana aggiornata della sua opera, Rodolfo Mondolfo. Qui non intendo entrare nel merito di una questione che è troppo complessa per essere discussa in breve lo, ma ho menzionato la tesi perché, come vedremo su-bito, essa gioca un ruolo importante nella delineazione stes-sa che Zeller offre dello sviluppo del pensiero presocratico.

Nel discutere di questa sua presentazione mi sofferme-rò ormai quasi esclusivamente sul periodo che va da Talete ad Anassagora. E opportuno cominciare l'esame con uno sguardo all'indice-sommario della prima edizione (cf. Appen-dice). Come si può constatare facilmente, c'é una distinzione netta del pensiero presocratico in due fasi principali: la pri-ma include tutti gli Eleati, oltre ai Pitagorici e ai primi Ioni-ci; la seconda inizia con Eraclito e comprende i pluralisti, chiudendosi con Anassagora.

La giustificazione che Zeller offre di questa divisione sta nel suggerimento che la speculazione della prima fase, anche nel caso dei primi ionici, concerne la sostanza delle cose come tale, a prescindere cioè dalla giustificazione dei fenomeni. Tale speculazione, in altre parole, sta nella postu-lazione di un essere immutabile (un ruhendes Sein) quale principio, senza porsi distintamente la domanda di quale sia la causa del divenire e del movimento. Invece nel secondo periodo, a partire appunto da Eraclito, proprio quella della causa del divenire diventa la questione centrale, e la deter-minazione della sostanza o materia delle cose è finalizzata a questo. Si ha pertanto una specie di inversione nel rapporto fra questi due termini, quello di sostanza e quello di dive-nire'1.

Nell'adottare questa contrapposizione fra due fasi del pensiero presocratico Zeller è indotto naturalmente a rico-noscere l'esistenza di una certa unità all'interno di ciascuna di esse, ammettendo dunque, nel caso della prima, un rap-porto piuttosto stretto fra l'eleatismo, il pitagorismo e la speculazione naturalistica dei primi ionici. S'intende che

8, Di Mondolfo cf. particolarmente il saggio Natura e cultura alle origini della filosofia raccolto come cap. I di Alle origini della filosofia della cultura, Bologna 1956 (rist. parzialmente nella raccolta da me curata: I pre-socratici, Bo-logna 1982, con mia discussione nell'introduzione al volume).

Cf. 177 (= Trad. it., Il, 24).

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egli non disconosce l'esistenza di significative differenze di prospettiva fra i tre gruppi di pensatori, ma le fa consistere più che altro nel fatto che, mentre per i primi il principio sta nella materia (come sostanza sensibile: sinnlicher Stoff), per i pitagorici esso sta nel numero e per gli eleati nell'esse-re (nel Sein), con una crescita quindi di astrazione ovvero un superamento del fenomeno sensibile. Tale superamento, tut-tavia, è del tutto relativo (rispetto alla posizione iniziale de-gli ionici), perché ancora non si è pervenuti ad una distinzio-ne fra lo spirituale (o ideale) e il corporeo:

Né il numero pitagorico, né l'Uno eleatico (afferma Zeller) so-no esseri spirituali, differenziati dagli esseri sensibili come sono le Idee platoniche; anzi delle cose sensibili stesse e direttamente quei filosofi sostengono che, nella loro essenza vera, esse siano numeri o siano solo un'unica sostanza immutabile. Il numero e l'essere son qui la sostanza stessa dei corpi, la materia di cui essi consta-no, ed essi per questo motivo son tuttavia concepiti ancora sotto forma sensibile: le determinazioni numeriche e quelle di grandezza si mescolano e si confondono nei Pitagorici, e i numeri diventano qualcosa di spazialmente esteso; e fra gli Eleati lo stesso Parmeni-de descrive l'essere come una sostanza che riempie lo spazio".

Abbiamo insomma che, in quanto il principio dei feno-meni sensibili è cercato nella loro essenza stessa, questa, an-che quando sia concepita come un essere incorporeo, anzi-ché come una sostanza sensibile ad essi sottostante, è pur sempre intesa materialisticamente (stofflich)13.

Questa tesi di Zeller è manifestamente in armonia con la sua convinzione di fondo che tutto il pensiero presocrati-co é una speculazione fisica ovvero che esso è, « per il suo contenuto e per il suo fine, una filosofia della natura »14. t. una tesi che, nel caso della maggior parte di questi pensato-ri, non richiede giustificazioni (semmai qualche qualificazio-ne), ma che viene da lui sostenuta — come si può vedere -anche nel caso di quei pensatori, sopprattutto gli Eleati, per i quali così ovvia non é.

Nel proporre la sua interpretazione Zeller rigetta sia

12 Trad. it., a 9-10 (= 165). " Cf. 172 (= Trad. it., II, 17). " Trad. it., II, 8 (= 164).

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l'ammissione di un'unica corrente di filosofia ionica fino ad Anassagora (semmai divisa in due o più periodi), sia la ricon-duzione di questa, di quella pitagorica e di quella eleatica a tre tipi di indagine filosofica diversi, cioè, rispettivamente, a quello fisico, quello etico e quello dialettico. Entrambe queste tesi sono presenti sia in Ritter che in Brandis, seppure con qualche differenza (cf. Appendice), ed erano state anticipate da Schleiermacher, che però sottolineava di più l'originalità di Eraclito''. Degli altri due storici, il Brandis adotta una di-visione per tre anziché per due della filosofia o fisiologia ioni-ca. Per lui è importante che i pensatori del secondo gruppo, cioè Eraclito, Empedocle e Anassagora, avessero riconosciu-to delle forze distinte dai costituenti materiali delle cose, e che quelli del terzo gruppo fossero tornati ad una tesi dell'u-nità di forza e materia ma con 1 intento di superare il duali-smo dei secondi, non di riprendere la posizione ionica senza modifiche. Per Ritter invece c'è un'unica posizione « dinami-ca » che ammette quell'unità; ad essa si contrappone quella « meccanica » non tanto per una separazione della forza dalla materia quanto per il fatto che le interazioni all'interno della materia sono viste come rapporti del tutto esteriori (di me-scolanza etc.) fra particelle. Per il resto c'è qualche differenza perché Brandis elimina quelle che sono le « eccentricità» del-lo schema del Ritter, come la collocazione degli atomisti fra i sofisti anziché fra gli ionici e la collocazione di Empedocle fra gli eleati". (Infine egli mette i pitagorici dopo gli eleati

IS Può essere utile riportare la divisione degli eminenti adottata da Sannee-?Mena, Geschichte der Philosophie cit., per il periodo fino a Socrate: « lonische Phi-losophie. Ente Periode: Thales, Anaximenes, Anaximandros. Zweite Periode: Herak-leitos, Empedokles, Anaxagoras. Pythagorische Philosophie: Pythagoras, ecc. Elea-tische Philosophie: Xenophanes, Parmenides, ecc. Sophistische Periodo: Protagoras, Leukippos und Dernokritos, Diogenes von Apollonia, Gorgias (Diogene di Apollonia é inserito qui perché è un eclettico, ma in alcuni mss. è collocato dopo Anassimene — la stessa collocazione di Zeller).

10 Anche Zeller respinge la posizione di Ritter su questo punto, dopo averla esposta come segue: Questo studioso ritiene che per Empedocle tra fisica e vera co-noscenza sussista lo stesso rapporto che per Parmenide e che anch'egli sia portato a considerare le molte cose come pura apparenza sensibile; anzi a vedere in questa luce l'intera scienza della natura; se egli nondimeno si dedica in prevalenza allo stu-dio della natura, limitandosi a trattare dell'unico Ente in forma mitica, nella descri-zione dello Sfero, ciò dipenderebbe in parte dal carattere negativo della metafisica eleatica, in parte dalla convinzione che la verità divina sia inesprimibile ed inacces-sibile all'intelligenza umana Trad. it., V, 115 (= 829). Nella critica che segue imme-diatamente Zeller argomenta che Empedocle va giudicato un genuino naturalista, che ammette una conoscenza effettiva del mondo fisico.

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per il fatto che la loro influenza si é esercitata in un periodo più lontano, quello socratico, dunque non per una qualche ef-fettiva differenza di valutazione).

La motivazione della prima delle due tesi di Ritter e Brandis é ovviamente il riconoscimento di una sostanziale continuità di pensiero all'interno del gruppo dei filosofi fatti appartenere all'orientamento ionico, soprattutto perché la lo-ro speculazione è concentrata sulla natura e comporta la po-stulazione di principi materiali. E un riconoscimento che no-toriamente risale all'antichità, con la contrapposizione (che troviamo per es. in Diogene Laerzio, il quale peraltro la fa continuare oltre il periodo presocratico) di questo orienta-mento a quello italico, comprendente sia i pitagorici che gli eleati. Con la seconda tesi però c è un abbandono della bipar-tizione degli antichi a favore di una divisione in tre orienta-menti. Essa si ispira alla convinzione, che troviamo formula-ta espressamente dal Ritter17, che la speculazione filosofica, quando é completa o sistematica, deve articolarsi appunto in tre tipi di indagine, quello fisico, quello dialettico e quello eti-co. Questo é quanto avviene nei sistemi di Platone e Aristotele e anche in quelli ellenistici; ma ci deve essere stata una prepa-razione di questa articolazione nel periodo precedente, con l'elaborazione di concezioni che rimangono settoriali, cioè che sviluppano ciascuna soltanto uno di quei tre tipi di inda-gine, poi unificati nei sistemi post-socratici.

Sia Ritter che Brandis ammettono degli sviluppi o pro-gressi all'interno di ciascuno dei tre orientamenti principali, e ammettono pure che in certi casi essi sono stati favoriti da interazioni fra un orientamento ed un altro. Così c'è un rico-noscimento del fatto che la concezione eleatica dell'essere ha influenzato la prospettiva dei tardi ionici, cioè dei pluralisti, i quali sono indotti a negare mutamenti che comportino il ge-nerarsi e il dissolversi delle cose e riportano i mutamenti os- servabili all'aggregarsi (o mescolarsi) e al separarsi di sostan-ze invisibili preesistenti. (Peraltro il riconoscimento è più

17 CL del Ritter Geschichte der Philosophie2 cit., 1, 193 sgg.; ma anche Schleier. macher nella sua Geschichte der Phdosophie cit., 18, propone questa tesi circa gli orientamenti filosofici, che da entrambi viene associata al riconoscimento di una di-visione in stirpi: la fisica è tipica degli ionici, l'etica (rappresentata dai pitagorici) è

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chiaro in Brandis, che considera tutti i pluralisti come tardi ionici anziché assegnarli a più orientamenti, compreso quel-lo sofistico, come fa il Ritter). Ma nel complesso quella che prevale é l'idea dell'originalità di ciascuno dei tre principali orientamenti, in quanto ciascuno é dotato di una propria fi- sionomia.

È proprio questa l'idea che Zeller rifiuta, attenuando nel modo che si è visto le differenze di prospettiva fra primi ionici, pitagorici ed eleati, e affermando la fondamentale unità della filosofia presocratica in quanto speculazione na-turale. Ai suoi occhi c'é un progresso complessivo dalla po-stulazione di una sostanza immutabile da parte di Talete fi-no al riconoscimento dell'intelletto da parte di Anassagora, anche se per un altro verso è piuttosto il pensiero di Eracli-to nel suo complesso (come vedremo meglio nella parte II) a costituire il culmine per questo periodo. Una prima fase di progresso va fino agli eleati e culmina nel riconoscimento di una realtà non sensibile (anche se non immateriale), con un acquisto che si conserva nella seconda fase, perché la distin-zione fra realtà sensibile e realtà non sensibile è riconosciu-ta anche dai pluralisti, con la loro postulazione di sostanze non accessibili ai sensi come gli atomi. Ma il progresso non è lineare, perché il riconoscimento del divenire da parte di Eraclito apre una nuova fase, nella quale il problema centra-le diventa appunto quello di rendere conto di esso. Per quan-to importante sia l'influenza dell'eleatismo sui pluralisti, il loro intento é opposto a quello degli eleati: è quello di salva-re la realtà dei fenomeni", e in questo é l'influsso di Eracli-to ad essere determinante. Solo con Eraclito infatti il diveni-re trova un pieno riconoscimento e viene posto il problema di giustificarlo, mentre in precedenza esso era stato dato per scontato dai primi ionici e contestato (in quanto appun-to un presupposto ingiustificato) dagli eleati. Pertanto egli

apre una direzione nuova, divergente dalla precedente; giacché, in quanto egli nega ogni stabile sussistenza delle cose, e riconosce la

tipica dei dorici, mentre la dialettica eleatica prepara la filosofia attica; anche quest'ultimo aspetto della loro prospettiva è criticato da Zeller.

Questo viene detto particolarmente di Empedocle a 832, ma cf. anche 177.

1156 W. LESZL

legge della loro mutazione come l'unico elemento permanente di esse, con ciò appunto dichiara fallita la scienza anteriore, la quale anzi tutto aveva posto il problema della materia e della sostanza; e dichiara quale compito massimo della filosofia la ricerca della causa e della legge, da cui sono determinati il divenire e la mutazione".

I pensatori successivi ad Eraclito approfondiscono la sua riflessione sul divenire, offrendone la giustificazione mediante la postulazione di sostanze esse stesse esenti da mutamento. Ci sono naturalmente delle differenze di impo-stazione fra essi tutti, ed una particolarmente significativa sta nel fatto che, mentre Eraclito stesso spiega i fenomeni naturali 'dinamicamente', Empedocle e gli atomisti lo fanno 'meccanicamente' e Anassagora riconosce la necessità di ri-correre all'azione dello spirito o intelletto e così introduce un momento di spiegazione 'teleologica', anche se non si spinge molto avanti su questa strada. (Qui pesa evidente-mente il giudizio di Platone e di Aristotele su Anassagora; su questo punto, come per il resto, c'è un certo consenso fra Zeller e gli storici della filosofia da lui criticati. Si può ag-giungere, nel caso dello spiegare meccanicamente, che egli invece non lo ritiene applicabile ad Anassimandro, di contro a quanto sosteneva il Ritter). Più in generale, col passaggio dal logos di Eraclito al nous di Anassagora, c'è un crescente riconoscimento dello spirito (del Geist) — riconoscimento che Zeller tende ad associare a quello della divinità come un principio immateriale. Si implica che questa evoluzione comporti una crescita in sofisticazione, quindi un progresso intellettuale, e che pertanto (da questo punto di vista) la spe- culazione dei presocratici trovi il suo culmine nel sistema di Anassagora.

Zeller, nel criticare l'interpretazione che Ritter e Bran-dis danno del pensiero presocratico, ha abbastanza buon gioco finché si tratta della loro identificazione del pitagori-smo come di un orientamento caratterizzato dall'indagine di tipo etico. Egli rileva che, se delle preoccupazioni di ordine etico sono innegabili per i pitagorici, non si può considerar-le dominanti: anche per essi rimane centrale la speculazione

" Trad. it, II, 23 (= 177).

ZELLER E I PRRSOCRATICI 1157

di tipo fisico e cosmologico. È vero che l'ordine o armonia che essi pongono alla base del cosmo ha anche un carattere etico, ma questo non vuol dire che si tratti di un ordine pu-ramente etico e orientato unicamente a fondare la condotta morale, come voleva il Ritter, e che pertanto l'indagine che lo concerne è di tipo etico piuttosto che naturalistico. Si può notare che in effetti già Brandis aveva alquanto corretto la tesi di Ritter, perché non sosteneva più che l'intento etico fosse dominante ma soltanto che c'era un significativo inizio di esso nei pitagorici; ma in tal caso non lo si poteva negare del tutto ad altri, in particolare ad Eraclito.

Discutibile è invece il rifiuto zelleriano della caratteriz-zazione dell'eleatismo come filosofia dialettica, ed esso fini-sce col volgersi non solo contro Ritter e Brandis ma anche contro Hegel. Anche quest'ultimo infatti sostiene espressa-mente che la dialettica, come metodo della filosofia, trova il suo inizio negli eleati, anche se questo inizio (come vedremo) non è della dialettica in tutte le sue forme. E abbastanza chiaro che tutti questi autori fanno degli eleati dei dialettici perché ritengono che essi, con la loro identificazione dell'es-sere con la realtà ideale in contrapposizione a quella empiri-ca, sono indotti a ricorrere alla dialettica nel doppio senso di un procedimento puramente intellettuale (cioè che presci-de dalla attestazione dei dati sensibili) e di un procedimento confutatorio. Nel primo senso essa serve appunto per coglie-re l'essere; nel secondo senso essa serve per rilevare le con-traddizioni inerenti ad ogni posizione che accetti l'identifi-cazione, propria del senso comune (cioè della doxa, come lo chiama Parmenide), del mondo empirico con la realtà tout court.

Per Zeller, come si è visto, l'essere eleatico non è genui-namente ideale, e pertanto non si può parlare di una dialet-tica eleatica nel primo senso. Ammette invece che si possa parlare di essa nel secondo senso, ma soltanto nel caso di Zenone, che è l'unico degli eleati a fare un serio uso della dialettica a scopo distruttivo (trova così giustificata la nota affermazione aristotelica che Zenone è l'iniziatore della dia-lettica). Rileva però che di dialettica come metodo impiegato in modo consapevole non si può parlare prima di Socrate,

1158 W. LESzi.

cioè prima degli inizi di una filosofia che è intenzionalmente volta all'indagine sui concetti".

Quest'ultima asserzione ha del vero, ma sarebbe limita-tivo parlare di dialettica solo a proposito di una metodolo-gia completamente dispiegata• una certa consapevolezza del loro metodo è difficilmente negabile agli eleati, quando lo stesso Parmenide insiste tanto sul motivo della via ». Si po-trebbe inoltre sostenere che già Parmenide fa uso, per fon-dare la sua ontologia, della dialettica nella sua forma di-struttiva (per rifiutare appunto ogni posizione alternativa al-la sua), anche se non esattamente al modo di Zenone21. Se è cosi, la questione cruciale diventa se si può attribuire ad es-si una riflessione sull'essere considerato come nettamente distinto dalla realtà empirica. Zeller, nell'escludere questa possibilità, manifestamente si rifà ad Aristotele: è questi che tende a presentare l'essere degli eleati come una semplice ipostatizzazione di quello fisico o materiale e a suggerire che viene postulato da essi per la loro incapacità — che con-dividono con i primi ionici — di rendere conto del movimen-to o mutamento". In questo modo essi sono presentati non come gli inventori dell'ontologia, ma come dei fisici (o phy- siologoz) falliti: il loro essere rimane un principio (arche) dei fenomeni sensibili, ma viene separato da essi per la sua in- capacità di renderne conto (questa valutazione è implicita nella discussione di Phys., 1, 2). Peraltro l'atteggiamento di Aristotele al proposito non è totalmente univoco, e c'è co- munque da domandarsi se sia abbastanza giustificato. La tendenza di gran parte degli studi recenti è di rifiutarlo, sot-tolineando l'originalità della posizione parmenidea e anche staccandola da quella di Senofane — mentre gli studiosi del secolo scorso normalmente consideravano questi come il primo degli eleati 23.

Comunque sia, si ha l'impressione che Zeller non appro-

" Cf. 619-621 (= trad. it., III, 452454) sul carattere della scuola eleatica. 21 Non posso dilungarmi su questo punto, ma é abbastanza chiaro che la

dimostrazione parmenidea dell'eternità, immutabilità, etc. dell'essere é indiret- ta, in quanto si fonda sulla 'impensabilità' del non-essere come condizione del mutamento etc.

"Cf. rispettivamente Cael., 3, I, 2986 21 sgg. e Metaph., 1, 3, 984a 30-31 col contesto. 23 Seguendo in questo Platone (cf. Sph., 242c-d) e Aristotele (cf. Metaph., 1, 5, 9866 21 sgg.).

ZELLER E I FRESOCRATICI 1159

fondista la questione a sufficienza e nel complesso adotti degli schemi che non sono privi di una certa artificialità. Nel seguire Aristotele e sostenere la continuità dell'eleati-smo con la speculazione fisica dei primi ionici, egli è indotto a porsi il problema del passaggio fra le due posizioni, che non si può dire sia stato chiarito a fondo dallo Stagirita. Per rendere comprensibile quel passaggio egli (abbiamo visto) viene ad insistere sul fatto che quella speculazione fisica era volta primariamente ad identificare una sostanza immutabi-le e non a rendere conto dei fenomeni La differenza fra la posizione ionica e quella eleatica è dunque solo di livello di astrazione, non di approccio alla realtà fisica. Una conse-guenza di tale tesi è che la differenza più profonda è ormai fra i primi ionici e i successivi, cioè i pluralisti come Empe-docle e Democrito. Ma è difficile condividere questo, perché sembra naturale ammettere che un processo come quello di rarefazione e di condensazione fosse stato introdotto da Anassimene appunto per rendere conto dei fenomeni. Certa-mente Aristotele non può fungere da autorità su questo pun-to: egli non solo attribuisce tranquillamente l'intento di ren-dere conto dei fenomeni ovvero del mutamento anche ai pri-mi ionici, non affatto tenuti distinti da lui dal resto sotto questo aspetto", ma addirittura attribuisce quell'intento al-lo stesso Parmenide, con la sua postulazione del caldo e del freddo (evidentemente nella parte dedicata alla doxa, che Aristotele interpreta come un'inevitabile concessione ai dati empirici)25. Per Zeller è cruciale il ruolo di Eraclito, perché solo con lui c'è una concezione del divenire come unità degli opposti, dunque di essere e non-essere, la quale permette di arrivare ad una sua comprensione. Ma, anche ad accettare senz'altro questa sua interpretazione del pensiero eracliteo (quando lo stesso Zeller rileva, criticando Hegel su questo punto, che manca in Eraclito una formulazione generale o astratta della tesi dell'unità di essere e non essere26) rimane vero che una tale concezione generale del divenire non è in-dispensabile per porsi il problema di rendere conto di deter-

24 Cf. particolarmente Phys., I, 4 e Metaph. 1, 34. 25 CL Metaph., 1, 5, 9866 31 sgg. 26 Cf. 662 (= IV, 124).

1160 W 10.tlL

minati processi fisici come la formazione del mondo e le tra-sformazioni al suo interno, una volta formato. Pervenire ad un livello più elevato di riflessione certamente fa differenza anche per il modo in cui si affrontano certi problemi, ma la differenza non è che prima quei problemi neppure si pone-vano.

Ugualmente difficile è condividere l'affermazione di una fondamentale continuità fra la posizione di Eraclito e quella dei pluralisti, per via della loro comune preoccupazione col divenire. E lo stesso Zeller a rilevare che, mentre per il primo il fuoco coincide col divenire e quindi simboleggia il mutare del tutto, gli elementi o altri costituenti fisici postulati da Empedocle e dagli altri pluralisti, anche se servono a rendere conto del mutamento, sono essi stessi immutabili. (Peraltro la sua presentazione del fuoco di Eraclito non è esente da una certa ambiguità, come vedremo nella parte II). Riconosce an-che differenze più particolarin, ma evidentemente quella sua tesi generale gli è troppo cara per abbandonarla o almeno ri-vederla.

Aristotele però non è l'unica autorità di Zeller, il quale chiaramente risente dell'influenza di Hegel in primo luogo nel dividere tutto il pensiero presocratico in due fasi princi-pali, caratterizzate, la prima, dalla riflessione sull'essere, la seconda, dalla riflessione sul divenire. Hegel, nelle sue Vorle-sungen, non fa ricorso espresso alla distinzione fra « Philoso-phie des Seins » e « Philosophie des Werdens », ma questa ri-specchia pienamente il suo disegno complessivo del pensiero dell'epoca. Com'è noto, egli ritiene che la storia della filosofia sia uno sviluppo nel tempo di quella successione di concetti che egli presenta nella sua Wissenschaft der Logik. Ora i pri-mi termini in questa introdotti sono per l'appunto quello del-l'essere e quello del divenire, il secondo essendo considerato come risultante dall'unione di essere e non-essere. E nella no-ta I al cap I sull'Essere Hegel si richiama espressamente a Parmenide per essere stato il primo a cogliere pienamente l'essere e ad Eraclito per essere stato il primo a cogliere il di-

" Su questo punto cf. «arra, parte II, e in pan. la n. 44 per Empedocle. Si può anche notare come Zeller alle volte, più che sottolineare la dipendenza dei pluralisti da Eraclito, rilevi (a proposito almeno di Empedocle e degli atomisti) che il loro è ìl tentativo di « operare una mediazione (vermi tteln)tra il punto di vi-sta eleatico e quello comune (trad. it., V, 303=952-953).

ZELLER E 1 PRESOCRATICI 1161

venire considerato a quel modo. Nelle Vorlesungen, del re-sto, egli presenta chiaramente Parmenide come il fondatore dell'ontologia e anzi dichiara che il filosofare vero e proprio (das eigentliche Philosophieren) è cominciato con lui Vede poi nella dialettica di Eraclito un superamento di quella eleatica, appunto perché è applicata al divenire, oltre che perché è positiva, non solo distruttiva, e anzi dichiara espressamente di averla recepita nella sua Logica, peraltro applicando anche a lui il giudizio di iniziatore della filoso-fia". Per Hegel dunque in Parmenide c'è una filosofia del-l'essere che rappresenta il culmine di una prima fase della speculazione presocratica, e in Eraclito c'è una filosofia del divenire che rappresenta l'inizio di una nuova fase.

Zeller segue Hegel non solo nella suddivisione generale del pensiero presocratico, ma anche su altri punti, in parti-colare nel mettere Anassagora per ultimo in quanto iniziato-re di una filosofia del Geist (o del Verstand), nell'associare piuttosto strettamente le posizioni di Empedocle e degli ato-misti e nel trattare il pitagorismo come una posizione inter-media fra quella dei primi ionici e quella degli eleati (cf. Ap-pendice). Segue Hegel anche in varie sue interpretazioni più specifiche, come cercherò di mostrare più oltre nel caso di Eraclito. Tutto questo può sorprendere, di fronte al dissenso generale che egli esprime — nel capitolo introduttivo alla nostra opera e anche in altre sue pubblicazioni29 — dal ten-tativo di Hegel di trovare nel corso della storia della filoso-fia la stessa articolazione di concetti della sua Logica. Per Zeller adottare questa impostazione significa ignorare la complessità della genesi delle concezioni filosofiche, che ha motivazioni anche di ordine psicologico e va incontro a tutta una larga varietà di esigenze, per cui sarebbe riduttivo fare di ciascun sistema una semplice conseguenza del suo prossi-mo antecedente. Infatti

accanto a ciò che si può dedurre dalla filosofia precedente, diretta-mente o indirettamente, per via di prosecuzione o di contrasto,

2B Cf. nelle Vorlesungen la parte su Parmenide (Werke, XVIII, Frank-furt/Main 1971, 290) e la sezione I (323 sgg.) della parte su Eraclito; inoltre su quest'ultimo come iniziatore della filosofia cf. la fine della sezione 2 (336).

29 Particolarmente nell'art. Die Geschichte der Philosophie, ihre Ziele und Wege, AGPh, I, 1888, 1-10.

1162 w. LESZt

esercitano in questo campo un influsso non di rado decisivo anche le circostanze e i bisogni della vita pratica, gl'interessi religiosi, lo stato della scienza empirica e della civiltà in genere".

E pure indubbio che in certe sue interpretazioni e valu-tazioni egli si allontana notevolmente da Hegel: basti pensa-re alla sua trattazione del neoplatonismo.

E però, dove si allontana da Hegel, lo fa spesso con giu-stificazioni largamente teoretiche di stile molto hegeliano. Nel campo comunque dello studio del pensiero presocratico le indicazioni storiografiche appena citate non hanno parti-colare effetto, possibilmente anche per la difficoltà che c'è (in base alla documentazione che abbiamo) a determinare motivazioni diverse dal modo in cui ciascun pensatore reagi-sce alle posizioni dei suoi predecessori. Così è lo schema he-geliano che finisce col prevalere, e se Zeller se ne distacca in qualche misura, dando ad esso un senso in parte differente da quello che ha per lo stesso Hegel, è soprattutto per via della sua insistenza sul carattere fondamentalmente fisico di tutto il pensiero presocratico. Così il rapporto che viene istituito fra i primi ionici e gli eleati è modificato fino ad es-sere in qualche modo capovolto: per Hegel quegli ionici anti-cipano imperfettamente la concezione dell'essere puro e im-mobile che viene raggiunta da Parmenide; per Zeller gli elea-ti rimangono dei fisici e dei materialisti che non fanno altro che offrire una concezione astratta della sostanza materiale così com'era già stata postulata dai primi ionici. Ancora, Zeller cita espressamente Hegel nel presentare la dialettica di Eraclito come un superamento di quella eleatica3'. Solo che egli è costretto ad affermare che viene superata non la dialettica eleatica in generale, ma specificamente quella ze-noniana, in tal modo trascurando quelli che sono i dati cro-nologici. Più in generale, Zeller valorizza di meno quanto di speculazione in qualche modo ontologica si può reperire nei presocratici. C'è dunque una distanza non trascurabile dalla prospettiva di Hegel che rischia di essere mascherata dal suo attenersi, nel disegno complessivo del pensiero preso-cratico, a schemi hegeliani.

° Trad. il., I, 15 (= 11). Cf. 735 e n. I (= IV, 384 e n. 5).

ZELLER E 1 PIRESOCRATICI 1163

A ben vedere, però, le difficoltà stesse che Zeller incon-tra nell'inquadrare il pensiero presocratico sono in larga mi-sura ereditate da Hegel. Già questi infatti fa di Aristotele la sua principale autorità nell'esporre i vari momenti di quel pensiero, ma deve così conciliare con la propria una visione che certo non si ispira all'idea di una successione dei concet-ti com'è delineata nella Wissenschaft der Logik. Finisce per-tanto col distanziarsi tacitamente da Aristotele nelle sue in-terpretazioni della filosofia eleatica e di quella eraclitea. Zeller viene a trovarsi in una situazione analoga, in quanto associa all'autorità di Aristotele quella di Hegel, appunto perché ne condivide largamente la visione complessiva dello sviluppo del pensiero presocratico. Le sue difficoltà però so-no accresciute dal fatto che solo nella sua interpretazione di Eraclito egli si distanzia dallo Stagirita. Certo, le difficoltà maggiori, per Zeller come per ogni altro interprete, vengono dal fatto che la varietà e complessità delle concezioni che so-no state elaborate da quelle figure così singolari che sono i pensatori presocratici non si lascia ben inserire in nessun schema complessivo.

II

Dopo questa presentazione generale della trattazione zelleriana dei presocratici, dedico dell'attenzione ad alcuni temi più specifici. Il primo di questi sta nell'interpretazione che Zeller offre del pensiero di Eraclito e nella collocazione che ad esso assegna nello sviluppo complessivo del pensiero presocratico. Su questo punto mi soffermerò un po', perché ciò serve a precisare quanto ho detto nella prima parte. Sa-rò più breve nel toccare altri due temi, la cui considerazione permette di farsi un'idea di altri aspetti significativi della trattazione zelleriana. Di questi uno è dato dal modo in cui Zeller affronta la questione, ancora aperta oggidì, del movi-mento degli atomi democritei e del peso come eventuale causa del loro movimento. L'altro è dato dal modo in cui egli fa uso della documentazione nel caso, particolarmente complesso, dei pitagorici e di Pitagora.

Di Eraclito possediamo un centinaio di frammenti di

1164

W. LESZL

non facile interpretazione, anche per via del loro stile spesso aforistico, dai quali però non emerge particolarmente la fi-gura di un physiologos, cioè di un pensatore tutto volto allo studio della natura e alla spiegazione dei fenomeni naturali. D'altra parte il grosso delle testimonianze a nostra disposi-zione, a cominciare da quelle dovute ad Aristotele, tendono proprio a suggerire quell'immagine, collocando la sua teoria a pieno titolo all'interno della tradizione ionica di specula-zione sul mondo fisico. Da questa contraddizione, almeno apparente, presente nella nostra documentazione nascono le incertezze e le oscillazioni che si notano nelle interpretazio-ni moderne del suo pensiero. Allo stato attuale delle nostre conoscenze esse non sono del tutto superabili, perché non siamo in grado di dire quanto rappresentativi del suo pen-siero nel suo complesso sono i frammenti rimastici, quindi di determinare il grado di distorsione presente nelle testi-monianze (che una certa distorsione ci sia quasi nessuno lo contesta).

Si può dire che proprio questo dell'interpretazione del pensiero di Eraclito è il punto sul quale Zeller più si disco-sta da Aristotele, seguendo l'esempio di Schleiermacher e di Hegel. A sua volta Hegel aveva già tenuto largamente conto del contributo di Schleiermacher, che per vari aspetti costi-tuisce l'inizio degli studi moderni sul nostro autore32. Qui li-mito la mia attenzione, per un confronto, all'interpretazione di Hegel. Come ho anticipato, Zeller concorda con Hegel nel fare di Eraclito lo 'scopritore' del divenire. Anch'egli attri-buisce particolare importanza alla tesi del mutare continuo di tutte le cose, da lui chiamata un metaphysischer Satz (634); e trova anche lui che Eraclito finisce col tradurla in una concezione fisica, che è quella che fa del fuoco quanto c'è di vivente e di mutevole nella natura (ibid.). Hegel in ef-fetti aveva sostenuto che il pensatore antico non si ferma ad una presentazione 'concettuale' del divenire, ma dà al suo

32 Cf. Herakleitos der Dunkle cit., alla quale Hegel si richiama espressa-mente all'inizio della parte su Eraclito delle Voriesungen (sebbene paia estende-re anche ad essa il giudizio che r dergleichen Sammlungen sind aber in der Re-gel zu weitlaeufig. Sie enthalten eine Masse von Gelehrsamkeit, und man kann sie eher schreiben als lesena. (3221 — un giudizio che probabilmente appliche-rebbe oggi a molte delle pubblicazioni di noi studiosi, compreso questo mio ar-ticolo!).

7P4PIt E I PRESOCRATICI 1165

principio una forma che è propria della filosofia naturale, quella che sta appunto nel farlo coincidere col fuoco, il qua-le costituisce la rappresentazione concreta della processua-lità delle cose" In tutto questo c'é un loro comune dissen-so, almeno implicito" dall'interpretazione di Aristotele, che fa del fuoco eracliteo una sostanza materiale che sottosta ai mutamenti allo stesso modo dell'aria di Anassimene o di al-tri elementi ammessi dai presocratici35. Un'ulteriore tesi, connessa a questa, che Zeller (come pure è già stato rilevato) trae sicuramente da Hegel è quella secondo cui Eraclito adotta una forma di dialettica oggettiva, col suo riconosci-mento che il divenire comporta la compresenza di essere e non-essere. Tale compresenza è dal pensatore antico vista concretamente (o fisicamente) come una coincidenza di op-posti sul tipo di notte e giorno, la quale comporta il predo-minio del conflitto (dello Su-eit, 654 sgg.) nel mondo. Ma l'ammissione della pervasività del conflitto non esclude quella di una riposta «armonia» che regola anch'essa i rap-porti fra le cose (663 sgg.). Hegel stesso parlava espressa-mente di armonia ma non di conflitto, ma affermava almeno l'esistenza di una diversità o divergenza (Unterschied) a pro-posito degli opposti (326-327). Peraltro Zeller si preoccupa non solo di sottolineare (questo anche contro Hegel) che gli opposti non sono ancora concepiti del tutto astrattamente come essere e non-essere, ma anche di mostrare che in Era-dito non c'è una violazione del principio di non-contraddi-zione; e su quest'ultimo punto egli viene a dissentire espres-samente da Aristotele (661-662).

Di nuovo Zeller, come Hegel, tiene ampiamente conto della concezione eraclitea di una ragione (logos) cosmica, co-me della tesi che la conoscenza della realtà non è data dalla semplice percezione sensibile, ma richiede la ragione (sem-pre logos, ma sono usati anche altri termini) che è presente

3' CL le sue Vorlesungen cit, sez. 2 della parte su Eraclito, 328 e 330. " In realtà esplicito in Zeller, 652, n. 2, dove suggerisce che Aristotele si

esprime in modo inesatto, nei passi ai quali fa riferimento. (C'è però, come ve-dremo, un'ambivalenza di Zeller su questo punto).

" Non del tutto esplicitamente, ma abbastanza chiaramente, come am-mette anche Zeller nel passo citato supra, n. 34; cf. in Aristotele Phys., 1, 6, 189a 34 su., Metaph., 1, 3, 984a 7, e Cael., 3, I, 2986 29 sgg.

1166 W. LESIL

nell'uomo36. Anche su questi punti c'è un loro distacco dalla interpretazione di Aristotele, che non tiene affatto conto di quella concezione del logos cosmico e che critica Eraclito (insieme ad altri) per avere assimilato la conoscenza alla sensazione". Zeller contesta nettamente quest'ultimo punto (notare il sottotitolo adottato nell'indice-sommario per 720 sgg.: kein grundsanzlicher Sensualismus), perché Eraclito avrebbe riconosciuto chiaramente che i sensi sono inganne-voli (722-723). Ma che sia Hegel che Zeller si stiano distan-ziando da Aristotele anche a questo proposito non é rilevato da nessuno dei due, e anzi il secondo cita solo (715, n. 3) l'af-fermazione aristotelica che per Eraclito non c'è conoscenza (episteme) delle cose sensibili perché esse sono in perenne mutamento — un'affermazione che di per sé è compatibile con I ammettere che ci sia conoscenza di qualcosa che va al di là di esse, mentre Aristotele dà ad essa un senso del tutto negativo. Rispetto a Hegel c'è qui, come in altri casi, più prudenza da parte di Zeller nell'uso delle testimonianze an-tiche: Hegel, nella sezione 3 della sua esposizione, si fondava largamente sul resoconto di Sesto Empirico, mentre Zeller non fa questo perché si rende conto (cf. per esempio 719, n. 3) che esso è una costruzione quasi totalmente tardiva.

Dove però Zeller dissente non solo da Hegel (sulla cui posizione cf. le Vorlesungen, 323) ma, prima di tutto, da Schleiermacher e anche, nelle successive edizioni, da Lassal-le, il cui libro su Eraclito era apparso nel frattempo", é cir-ca il rifiuto dell'attendibilità di quelle testimonianze antiche che attribuiscono al pensatore l'affermazione di un ciclo co-smico che comporta la dissoluzione del tutto nell'ekpyrosis, cioè in una conflagrazione universale. Su questo punto egli rimane più prossimo degli altri a quella che é l'interpreta-

36 Sulla ragione cosmica, considerata identica con Zeus cf. Zinses, 668 sgg., con le note.

" Cf. i riferimenti ad Eraclito in Meraph., 4, 6, 1010a 13; 7, 10I2a 24 e 8, 1012a 34. In realtà egli è criticato direttamente da Aristotele per il suo preteso ri-fiuto del principio di non contraddizione (cf. anche 4, 3, 10056 25), ma questo ri-fiuto è visto come una conseguenza dell'assimilazione della conoscenza alla per-cezione, per la quale è associato a vari altri presocrati i menzionati in 4, 5 (notare l'accostamento, in 4, 7, di Eraclito ad Anassagora, che è uno di quelli menzionati in 4, 5).

34 F. UMILIA Die Philosophie Herukleitos des Dunklen von Ephesos, Berlin 1858: è un lavoro di notevole ampiezza e dottrina; l'autore è più noto per il suo ruolo nella storia del socialismo ottocentesco e per la sua morte in un duello.

7R1 J FR E I PRESOCRATICI 1167

zione di Aristotele, il quale accostava (in Cael., 1, 10, 279b 14 sgg.) la posizione di Eraclito a quella di Empedocle. A parte la questione del valore della testimonianza aristotelica e di quelle successive, che gli altri autori (salvo Hegel, che non ne discute) giudicano contaminate dallo stoicismo, c'è quella più teoretica della compatibilità della dottrina con altre tesi eraclitee, in particolare con quella della coincidenza degli opposti (che tende ad escludere che ci sia una condizione in cui certuni di questi opposti si trovino a prevalere sugli altri perché tutto viene assorbito dal fuoco). Zeller ammette che la compatibilità non è completa (700-701), ma non giudica il contrasto così grave da giustificare l'invalidazione delle te-stimonianze a favore della attribuzione della tesi di un ciclo cosmico ad Eraclito: la condizione in cui tutto é stato di-strutto dal fuoco non deve essere intesa come quella di com-pleta unità senza opposizioni39. Ritiene comunque che il pensatore non fosse stato in grado di slegarsi in cosmologia dallo schema genetico comune ai presocratici (701). Non en-tro qui nel merito della questione se Zeller abbia o no ragio-ne, ma mi limito ad osservare che la disputa fra gli studiosi è ancora aperta: di fronte ad un Vlastos o ad un Kirk che ne-gano il ciclo cosmico c'è un Kahn che lo riafferma; le consi-derazioni fatte valere dagli uni e dagli altri non sono molto diverse da quelle già proposte dagli studiosi del secolo scorso.

E abbastanza chiaro che agli occhi di Zeller la filosofia di Eraclito gioca un ruolo particolarmente importante nel-l'evoluzione complessiva del pensiero presocratico. Questo avviene non solo perché con lui viene fatta iniziare una nuo-va fase, nella quale la speculazione si volge alla giustifica-zione del divenire, ma anche perché la sua teoria é vista, al-meno sotto un certo rispetto, come il culmine stesso di tutto questo periodo di riflessione filosofica. Indubbiamente ad Anassagora é attribuito il merito di aver riconosciuto più

" Osserva questo a 698 con riferimento alla testimonianza di Aristotele in CaeL, 1, 10, e a quella (che peraltro va in senso contrario) di Platone in Sph., 242d-e; ma non credo che gli autori antichi intendano comunque accostare la condizione di dissoluzione delle cose nel fuoco a quella di completa unita rap-presentata dallo Sfero di Empedocle, per cui quello che è in questione è piutto-sto la prevalenza di alcuni opposti sugli altri.

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chiaramente di ogni altro l'esigenza di postulare un princi-pio intellettuale o spirituale che vada tenuto distinto dalla materia. Ma la posizione di Anassagora su questo punto era già stata preparata proprio dalla postulazione eraclitea di una ragione cosmica. Se si guarda poi alla sua teoria della materia si deve riconoscere che essa è meno valida di quella offerta dagli atomisti4o, per cui sotto questo rispetto essi so-no più avanti di lui, anche se il loro sistema è carente per il mancato riconoscimento di un qualsiasi principio distinto dalla materia. Ma la superiorità della prospettiva di Eraclito sta per Zeller soprattutto nel fatto che le principali idee che si riscontrano nel periodo post-eracliteo fino ad Anassagora sono presenti in essa, almeno in nuce, per cui essa risulta essere la più ricca di tutte le teorie filosofiche del tempo. Essa apre la strada al pensiero successivo, oltre che per i motivi già sottolineati del porre la questione del divenire e del venire incontro all'esigenza di un principio non materia-le perché viene ad escludere che la conoscenza della realtà fondamentale sia data dalla percezione sensibile (su questo punto l'influenza del pensiero eracliteo viene a convergere con quella del pensiero eleatico). La prospettiva di Eraclito mostra di essere particolarmente ricca anche per via delle idee che contiene di conflitto e di armonia, le quali sono ri-prese da Empedocle, e per via della sua concezione dell'ani-ma, come anche della sua considerazione dei fatti di ordine etico e religioso, cioè in generale per via della sua antropolo-gia6.

Una preoccupazione di Zeller è quella di mostrare che ciascuno dei pluralisti successivi ad Eraclito dipende da lui per certe sue tesi, e ne dipende in misura maggiore che da altri pensatori, come gli eleati e i pitagorici. Nel caso di Em-pedocle egli afferma che « nella sua fisica c'è ben poco di pi-tagorico »; riconosce invece che l'influsso eleatico è signifi-cativo, ma suggerisce che « l'orientamento generale della f i-

6 LI teoria degli atomisti é detta più rigorosa a 1024 (=3/, 434); su Anas-sagora anche 988.

ù L'importanza particolare che viene attribuita ad Eraclito risulta anche dalla maggiore estensione della pane a lui dedicata a confronto con quelle de-dicate agli altri presocratici, con l'eccezione degli atomisti, che tuttavia richie-dono molta a

conside attenzione per certe difficoltà di interpretazione (alcune delle quali saranno

te fra poco) presentate dalle testimonianze che li riguardano.

ZELLER E 1 PRP-SOCRATICI 1169

sica empedoclea richiama la teoria del filosofo di Efeso »42. Tale dipendenza ci sarebbe, specificatamente, oltre che per le tesi del conflitto e dell'armonia, per la teoria stessa degli elementi, che è uno sviluppo del sistema triadico ammesso da Eraclito (oltre al fuoco giocano un ruolo in esso l'acqua e l'aria), e per tutta la sua teoria del ciclo cosmico. Quanto al- l'atomismo, nel cui caso la dipendenza dall'eleatismo è mar-cata e sono assenti richiami abbastanza chiari alla concezio- ne di Eraclito, l'influenza di quest'ultimo sarebbe pur sem-pre decisiva, perché la loro postulazione dell'essere e del non-essere come principi riprende l'antitesi di essere e non essere riconosciuta da Eraclito (955). Inoltre gli atomisti concordano con Eraclito

nel riconoscere un'infrangibile catena di rapporti all'interno della natura, in cui essi vedono, nonostante il loro materialismo, una legge razionale. Con Eraclito gli Atomisti insegnano che i singoli mondi nascono e periscono, mentre la totalità della materia origi-naria è eterna. Se infine Democrito ricerca la causa della vita e della coscienza negli atomi caldi, che sarebbero diffusi per l'uni-verso intero come per tutto il corpo degli esseri viventi, questa teo-ria è alquanto vicina, nonostante certe differenze, a quella eracli-tea dell'anima e della ragione universale; come del resto in manie-ra analoga vengono da entrambi interpretati i fenomeni della vita, del sonno, e della morte".

Nel caso, infine, di Anassagora Zeller è costretto però ad ammettere che dipendenze così specifiche da Eraclito non sono riscontrabili (sez. IV, 1020).

In realtà anche negli altri casi quelle dipendenze risulta- no così forti soprattutto per via di qualche 'accomodamento' da parte di Zeller. Nel caso degli atomisti la postulazione del non-essere ha ben poco di eracliteo, perché esso è concepito come vuoto (in opposizione al pieno costituito dagli atomi), e il vuoto è postulato come condizione del movimento — e di questo come tale (cioè come un tipo di divenire distinto da altri) Eraclito non parla mai. (L'operazione che gli atomisti compiono è piuttosto il rovesciamento della posizione di Me-

•s Trad. it., V, 110-111 (=. 825 e 833), e cf. in generale la sezione conclusiva su Empedocle.

Trad. it., V, 306, (r- 956).

1170 w. LESE.

lisso, che escludendo il vuoto come non-essere escludeva pu-re il movimento). E anche il necessarismo degli atomisti non si lascia facilmente accostare al fatalismo che Eraclito pare avere ammesso. Nel caso poi di Empedocle si deve notare che la sua postulazione di due principi fisici che operano in modo opposto (e quindi con risultati opposti), costituiti dal-l'amore e dall'odio, è diversa dalla tesi eraclitea di una coin-cidenza di giustizia e di guerra (B 80, cf. B 53), che comporta che la guerra o il conflitto sia anche armonia, quindi coinci-da col suo opposto"; tanto più che per Eraclito non si tratta di sostanze distinte dal resto delle cose. Anche la tripartizio-ne da questi ammessa di fuoco, aria e acqua non va vista co-me una teoria degli elementi, alla quale basti aggiungere la terra per ottenere i 4 elementi di Empedocle.

Più in generale, l'accostamento di tutti questi pensatori ad Eraclito è favorito dall'ambiguità con cui Zeller presenta la sua teoria del principio. Nella presentazione che lo stu-dioso offre della tesi del flusso universale delle cose questa risulta essere la tesi che, oltre al principio stabile della realtà, non c'è nulla di immutabile, cioè che tutte le cose particolari nel mondo sono in divenire (633-634). Così inter-pretata la posizione di Eraclito può indubbiamente portare alla postulazione di realtà immutabili, al di là dei fenome-ni mutevoli, come sono gli elementi di Empedocle e gli ato-mi di Democrito. Ma nel seguito dell'esposizione Zeller rico-nosce che il principio che viene ammesso da Eraclito è il fuoco, e di questo non può più dire che è una realtà stabile, ma, al contrario, lo presenta come un simbolo concreto del continuo divenire (643 sgg.). E questa sua natura, ammette pure, lo rende differente dalle sostanze fondamentali di Em-pedocle e di Anassagora (647). Insomma, inizialmente egli adotta un'interpretazione aristotelica del principio di Eracli-to, poi una più radicale, ma solo la prima gli permette di so-stenere, sempre sulla scorta di Aristotele, che c'è una sostan-ziale continuità fra la fisica eraclitea e quelle dei pluralisti.

Si può notare, infine, che c'è una certa ambivalenza da parte di Zeller anche nella sua presentazione complessiva

" La differenza dei due autori a questo proposito non è del tutto ignorata da Zeller, che osserva anche come gli opposti per Eraclito siano compresenti nel divenire e non succedentesi l'un l'altro come in Empedocle (834).

ZELLER E 1 PRESOCRA17C1

1171

dell'evoluzione del pensiero presocratico perché, come si è visto, per un verso esso viene fatto culminare con quello che è il termine del pensiero più propriamente presocratico (in quanto speculazione fisica), cioè con la teoria di Anassagora, per un altro verso esso viene fatto culminare con una posi-zione che è a metà strada, quella di Eraclito. Nell'adottare il primo approccio egli si tiene prossimo alla concezione hege-liana dell'andamento dialettico della storia della filosofia, mentre nell'adottare il secondo approccio egli pare piuttosto adottare una teoria dello sviluppo organico: il culmine di un ceno periodo del pensiero sta nel mezzo, come la maturità dell'essere vivente. Questo secondo approccio risulta preva- lere nella sua trattazione complessiva del pensiero antico, perché è manifesto che egli lo fa culminare nel sistema di Aristotele e che si distanzia nettamente da Hegel per il fatto di trattare il pensiero neoplatonico come rappresentativo di una fase di decadenza.

Il tema del peso e del movimento degli atomi democritei è interessante per almeno due motivi. Il primo è che l'inter-pretazione che Zeller propone (nella seconda edizione della sua opera; nella prima c'è solo un cenno in proposito) viene criticata ben presto da due studiosi, A. Brieger e H.C. Liep-mann, e che Zeller cerca, nelle ultime edizioni, di rispondere alle loro critiche, sicché — dato che Brieger controbatte alle sue risposte — assistiamo ad una disputa fra di lui e questi suoi critici". Il secondo è che gli studiosi, fino a tempi assai recenti, avevano concordemente giudicato Zeller il soccom- bente nella disputa (ovvero avevano dato per scontata la giu-stezza della posizione degli altri), ma ora c'é uno studioso, David Furley, che è impegnato a riabilitare la sua posizione, sia pure (com'è inevitabile) con qualche rielaborazione, per cui l'interpretazione zelleriana è tornata di attualità.

La questione che viene dibattuta è di ardua soluzione, perché per la teoria degli atomisti dipendiamo da testimo-

" Cf. A. BlUEGER, Die Urbewegung der Atome und die Weltentstehung bei Leucipp und Demokrit, Dalle 1884, e H.C. LmettAnn, Die Mechanik der Leucipp-Democritischen Atome, unter besonderer Beruecksichtigung der Frage nach dem Ursprung der Bewegung derselben, Berlin 1885 (rist. a Leipzig 1886, con un'ap-pendice riguardante il lavoro del Brieger i due lavori erano nati in modo indi-pendente); del primo inoltre Die Urbewegung der Demokritischen Atome, logus, LXIII, 1904, 584-596.

1172

W. LESZL

nianze nessuna delle quali offre un quadro completo di essa e la cui attendibilità è incerta anche perché non sono tutte concordi. La presentazione più completa della teoria è dovu-ta ad Aristotele (soprattutto nel libro IV del De Cado), ma, per quanto essa si basi su di una conoscenza diretta dell'o-pera di Democrito, risulta condizionata dall'intento polemi-co dell'autore e dal fatto che egli tende a dare per scontata la giustezza della propria posizione, la quale è del tutto in-compatibile con quella degli atomisti. Le altre testimonianze d'altra parte, oltre ad essere successive, sono quasi tutte di seconda mano e quindi esposte al dubbio di già per questo motivo.

Abbastanza sicuro è il quadro che gli atomisti si faceva-no di quanto avviene nel nostro mondo (va tenuto presente che essi ammettevano l'esistenza di altri mondi separati dal nostro da uno spazio semivuoto): i corpi sono tutti pesanti, nel senso di muoversi verso il basso; questo vale ovviamente non solo per i composti ma anche per gli atomi che li com-pongono; il movimento verso l'alto che può essere presenta-to da alcuni di essi in certe condizioni è dovuto alla espul-sione per compressione (ekth/ipsis) a cui sono sottoposti gli atomi di cui sono composti ad opera di altri atomi che li cir-condano. La questione che si pone è la seguente: tale movi-mento verso il basso, degli atomi e quindi dei composti, è originario o derivato? Si sa che Epicuro lo riteneva origina-rio, cioè lo faceva dipendere dal loro peso inteso come una proprietà ad essi intrinseca, e ammetteva pertanto che ciò valesse anche per gli atomi al di fuori del nostro mondo. Dal momento che per lui gli atomi si muovono tutti non solo nel-la stessa direzione, verso il basso appunto, quindi su linee parallele, ma alla stessa velocità, era indotto (com'è ben no-to) a spiegare la formazione dei composti ammettendo una occasionale deviazione (il cosiddetto clinamen) di certi ato-mi dalla linea retta che seguono normalmente: in questo mo-do gli atomi possono incontrarsi e formare delle aggrega-zioni.

La proposta che Zeller elabora a partire da questi dati è abbastanza semplice e indubbiamente ingegnosa: Epicuro è indotto ad affermare che gli atomi si muovono tutti alla stessa velocità perché tiene conto della trattazione aristote-

ZFI T FR E I PRESOCRAIICI 1173

lica della questione (nella Fisica, 4, 8, si argomenta che nel vuoto tutti i corpi debbono muoversi alla stessa velocità). Democrito differiva da Epicuro proprio su questo punto: an-che per lui gli atomi si muovono tutti verso il basso, ma non alla stessa velocità; pertanto l'atomo più veloce rag-giungerà quello più lento e si scontrerà con esso con la con-seguenza che essi vengono a deviare dalla linea retta su cui si muovevano; in questo modo poi si incontrano con altri atomi ancora, con una reazione a catena che in certi casi permette la formazione di un composto. Il clinamen degli epicurei risulta così essere superfluo, senza che ci sia una divergenza circa il carattere originario (perché dovuto al pe-so) del movimento verso il basso degli atomi e, conseguente-mente, dei composti.

Brieger e Liepmann sostengono invece che il movimento verso il basso degli atomi nel nostro mondo è derivato. Tut-t'e due furono indotti a distinguere il movimento originario (la Urbewegung) degli atomi, da essi presentato nei loro spo-stamenti nello spazio intercosmico (o precosmico), da quello che essi presentano nel nostro mondo: quest'ultimo è dovuto al vortice col quale si verifica la formazione del mondo stes-so (del nostro come di altri). Il peso come tendenza a muo-versi verso il basso che i corpi presentano nel nostro mondo non è dunque, ai loro occhi, una proprietà intrinseca degli atomi. Peraltro sulla natura del movimento originario essi avevano delle concezioni un po' differenti: entrambi ritengo-no che si tratti di un movimento disordinato, in particolare vorticoso, non comunque di tutti gli atomi verso il basso, e che il peso giochi un ruolo in esso, ma non come causa di movimento; ma solo il Brieger ritiene che tale loro movi-mento sia qualcosa di dato che non necessita di ulteriori spiegazioni.

I due studiosi sviluppano la loro interpretazione, più o meno contemporaneamente, in polemica con quella di Zel-ler, che costituisce dunque il punto di partenza della discus-sione moderna della questione. Nelle ultime edizioni della sua opera Zeller (che espande la sua trattazione di questo punto, sopra tutto aggiungendo note) cerca di rispondere al-le loro critiche, in particolare appellandosi alla testimonian-za di Aristotele e Teofrasto, che suggerisce che gli atomi

1174 W. LESZL

hanno un peso da essi chiaramente inteso come la causa del loro movimento verso il basso. Svaluta d'altra parte le testi-monianze tarde di Aezio, di Cicerone e di altri, che invece per i due studiosi hanno importanza decisiva perché sugge-riscono che su questo punto c'era una differenza di posizio-ne fra i primi atomisti e gli epicurei. Brieger nel suo artico-lo del 1904 ritorna sulla questione e risponde a Zeller (che non poté più controbattere), ma la fortuna della teoria sua e di Liepmann era già stata fatta dalla adozione di essa da parte del Bumet e del Gomperz. Da allora quella teoria fu ripresa da uno studioso dopo l'altro senza sostanziali modi-fiche, e quella di Zeller cadde praticamente nella dimenti-canza. Se quest'ultima è stata riproposta in tempi recenti, é anche perché c'è stata una ripresa della discussione della questione, prima data tranquillamente per risolta. La teoria di Zeller ha certamente dei punti deboli (per esempio è diffi-cile renderla compatibile con l'idea di uno spazio infinito omogeneo, che pure c'è ragione di attribuire ai primi atomi-sti, ed é pure difficile, sulla base di essa, giustificare la criti-ca che Aristotele più volte rivolge agli atomisti di non avere addotto una causa del movimento degli atomi), ma anche le alternative ad essa ne hanno, per cui il fatto che sia tornata in discussione rappresenta un giusto riconoscimento del contributo di Zeller alla storia delle idee.

Col terzo tema da toccare, quello dell'uso della docu-mentazione da parte di Zeller nel caso di Pitagora e dei pita-gorici, l'attenzione risulta spostata su di un aspetto fin qui tralasciato del contributo dello studioso alla storia della fi-losofia antica. Questo è un aspetto sicuramente importante, perché Zeller nella sua opera (dalla seconda edizione in poi) rivolge molta attenzione alla questione delle fonti di infor-mazione che noi abbiamo non solo sulla dottrina ma anche sulla vita dei pensatori presi in esame, e non poco dell'in-fluenza da lui esercitata sugli studi successivi dipende dalla sistematicità e dal rigore con cui egli ha operato in questo campo. Il modo in cui affronta quella questione nel caso di Pitagora e dei pitagorici può essere considerato esemplare. In questo caso c'é un palese contrasto fra la relativa scarsità delle informazioni che ci vengono fornite non solo dai loro contemporanei ma anche da autori come Platone e Aristote-

ZELLER E I PRESOCRATICI 1175

le, e la ricchezza, per non dire sovrabbondanza, delle infor-mazioni che ci vengono fornite da autori tardi come Giam-blico e Porfirio. Nella tarda antichità c'è inoltre la tendenza ad attribuire tutta una serie di scritti non solo a dei pitago-rici come Filolao o Archita ma anche allo stesso Pitagora, in evidente contrasto con le testimonianze che suggeriscono che egli non avrebbe scritto nulla e con il fatto che Aristote-le evita di attribuire delle dottrine a Pitagora in particolare (nelle sue esposizioni parla sempre dei « pitagorici »). Una se-rie di frammenti fatta risalire ad Archita è resa sospetta dal fatto che i loro contenuti coincidono con quelli di parti di certi dialoghi di Platone come la Repubblica; è inevitabile che dei dubbi fossero espressi anche sull'autenticità dei frammenti fatti risalire a Filolao". Dipanare la matassa di questo miscuglio non solo di spurio e autentico ma di leg-gendario e storico non è facile.

Zeller adottò un approccio che, pur con inevitabili mo-difiche ed approfondimenti, è quello che ancora oggi ha più credito fra gli studiosi più critici in questo campo, a comin-ciare da Walter Burkert47. Egli ritenne che le nostre fonti principali più attendibili sono Aristotele e quei frammenti di Filolao la cui autenticità è confermata dalla loro concor-danza con la testimonianza aristotelica. Giudicò invece più o meno fortemente contaminate le testimonianze successive ad Aristotele, in genere considerandole tanto più inattendi-bili quanto più sono lontane nel tempo dalla realtà storica del pitagorismo. Così egli contestò l'attendibilità dell'ampia testimonianza di Sesto Empirico in Adversus Mathematicos, 10, 249-284, che ancora Hegel trattava come una delle nostre migliori fonti di informazione sul pitagorismo"; e lo stesso

14 Prima di Zeller la questione della loro autenticità era stata affrontata dal noto filologo A. BEickh nello studio: Philolaos des Pythagoreers Lehren nebst den Bruchstuecken seines Werkes, Berlin 1819; Zeller é anche l'autore dell'art. Aristoteles und Philolaos, Hermes, X, 1876, 178-192 (-a Kleine Schriften, Berlin 1910, 1), inoltre, su Pitagora, di Ueber die altesten Zeugnisse zur Geschichte des Pythagoras, incluso nella stessa raccolta, e di Pythagoras und die Pythagorassa-ge incluso in Vortraege und Abhandlungen, Leipzig 1865.

47 Cf. il suo importante studio Weisheit und 1807ssenschal t. Studien zu Py-thagoras, Philolaos und Platon, Nùrnberg 1962, con la trad. ingl. riveduta: Lore and Science in Ancient Pythagoreanism, Cambridge Mass. 1972.

" Cf. 360 (a II, 457458) e in Hegel, Vorlesungen cit., 247 sgg., la sezione I

1176 W t In71

fece per altre testimonianze del genere. Certamente in que-sta sua critica egli si spinse un po troppo avanti, tralascian-do nella valutazione delle fonti discriminazioni oggidì rite-nute necessarie. Inoltre egli non si rendeva conto del fatto che i contenuti dottrinali di testimonianze come quella cita-ta di Sesto Empirico risalgano, in larga misura o in ultima istanza (dato che contaminazioni successive non sono da escludere), all'Accademia platonica. È all'interno di questa che inizia l'operazione culturale, dovuta ai successori di Pla-tone ma certamente suggerita da spunti da lui offerti, di conciliare tesi propriamente platoniche e tesi pitagoriche, facendo di Platone stesso il più autentico continuatore di Pi-tagora. Alla lunga finirà naturalmente col prevalere la ten-denza a fare risalire tutte quelle tesi direttamente a Pita-gora.

Quello di cui Zeller si rese ben conto è che nella tarda antichità le informazioni attendibili su Pitagora e sui pitago-rici scarseggiavano e che si era formata intorno a lui e alla sua scuola una leggenda che portava non solo ad attribuirgli esperienze (come i viaggi in Egitto) quasi certamente non mai avute ma anche a fare risalire a lui dottrine di elabora-zione successiva. Certamente questa non è una scoperta tut-ta sua, perché già altri, come per esempio lo Schleierma-cher, avevano notato che il pensiero pitagorico aveva finito coll'essere assimilato a quello platonico (proprio come quel-lo eracliteo aveva finito coll'essere assimilato a quello stoi-co). Inoltre, nel riconoscere che già prima di Aristotele si era formata una certa leggenda intorno alla personalità di Pita-gora, visto come un sapiente capace di atti in qualche modo miracolosi, ma che nessuna dottrina specifica (salvo possi-bilmente quella della metempsicosi) può essere attribuita a lui con qualche sicurezza, Zeller lascia in eredità agli studio-si successivi un problema di non facile soluzione. Si tratta di conciliare l'aspetto mistico del pitagorismo che deve in qualche modo risalire all'influenza esercitata da Pitagora (possibilmente per il fatto di avere egli stesso creato la leg-genda che lo riguarda) con il suo aspetto scientifico che

sui pitagorici (attualmente si riconosce dalla maggior parte degli studiosi che si tratta di un resoconto di una teoria risalente alla prima Accademia).

ZELLER E 1 PRESOCRATICI 1177

emerge con gli studi di matematica attuati all'interno della scuola pitagorica. B. comunque in larga misura col Zeller che, come sottolinea anche il Burkert nell'introduzione alla sua opera, inizia una fase degli studi del pitagorismo in cui la documentazione è sottoposta ad un vaglio critico alla luce di una visione complessiva realistica della storia della scuo-la e della tradizione che con essa si forma e che ad essa so-pravvive fin nella tarda antichità.

WALTER LESZL

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W. LESZL

APPENDICE

ZELLER, prima ed. I. Die Philos. des Seins 1. Die aelteren lonier 2. Die Pythagoreer 3. Die Eleaten Il. Die Philos. des Werdens 4. Heraklit 5. Empedokes u. die Atomistik A) Empedokles 6. B) Die Atomistik 7. Anaxagoras III. Die Aufloesung der vorso-

kratischen Philosophie 8. Die Sophistik

HEGEL, Vorlesungen I. Von Thales bis Aristoteles 1. Von Thales bis Anaxagoras A. Philosophie der Ionier 1. Thales. 2. Anaximander. 3. An. B. Pythagoras und die Pythag. C. Die eleatische Schule 1. Xenoph. 2. Parm. 3. Mel. 4. Zen. D. Philos. des Heraklit E. Empedokles, Leukipp und De-mokrit 1. Emped. 2. Leukipp u. Dem. F. Anaxagoras 2. Von des Sophisten bis zu Sokra-tikern A. Philos. der Sophisten. B. Philos. des Sokrates. C. Sokratiker

RITTER, Gesch. d. Philos. Vorsokratische Philos. Die Schule der ionischen Phil. I. Dynarnische Physik 1. Thales. 2. Anaximenes. 3. Dioge-nes von Apollonia. 4. Herakleitos II. Mechanische Physik 5. Anaximandros. 6. Anaxagoras. 7. Archelaos der Physrker. Die Pythagorische Philosophie Pythagoras u.d. Pythagoreer Die eleatische Philosophie 1. Xenoph. 2. Parm. 3. Zenon. 4. Melissos. 5. Empedokles. Die Sophisten 1. Die Atomisten: Leukippos u. De- mokritos. 2. Protagoras...

HEGEL, ZELLER Primi ionici Pitagorici Eleati

Eraclito Empedocle Atomisti Anassagora

BRANDIS, Handbuch 1. Physiologie der Ionier 1. Thales. Hippo. Anaximander. Anaximenes. 2. Heraklitus u. Herakliteer. Em-pedokles. Anaxagoras. 3. Diogenes v. Ap. Archelaos. Leu-kippus, Demokritus u. Nachf. II. Von der Spekulation der Elea-ten III. Von der Zahlenlehre der Py-thagoreer IV. Von des Sophisten

RITTER, BRANDIS Fisica: ionici (tutti) Etica: pitagorici Dialettica: eleati