Videoregistrazioni: tra prove atipiche e deficit di tutela

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Diritto penale e processo 9/2011 1127 Giurisprudenza Processo penale (omissis) Motivi della decisione Con querele del 9 agosto e 10 ottobre 2007, D.I. esponeva di essere oggetto di vessazioni, molestie, complimenti la- scivi e costretta a subire atti sessuali da parte del proprio datore di lavoro, L.C., sotto la minaccia di perdere il posto. In esito a tali querele, si instaurava un procedimento ter- minato con la sentenza 21 gennaio 2010 con la quale il Giudice per la udienza preliminare del Tribunale di Trani dichiarava non luogo a procedere nei confronti di L.C. (in relazione ai reati continuati di violenza privata aggra- vata a violenza sessuale) con la formula “perché i fatti non sussistono”. A sostegno della conclusione il Giudice ha rilevato: – che la videoregistrazione ambientale (OMISSIS), effet- tuata dalla donna su accordo della Polizia, era inutilizza- bile perché compiuta oltre il termine della autorizzazione e non considerabile come prova atipica; – che ugualmente inutilizzabili erano le dichiarazioni di persone informate sui fatti ed il confronto tra l’imputato e la D. perché poste in essere dopo la scadenza del termi- ne per le indagini preliminari; – che in base alla unica fonte di prova rimasta utilizzabi- le, le dichiarazioni della D., non era configurabile il reato previsto dall’art. 610 c.p.; – che per i delitti sessuali la querela era tempestiva solo per l’episodio del (OMISSIS) non inserito nel capo di imputazione. Per l’annullamento della sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica e la D. de- ducendo difetto di motivazione e violazione di legge. Nei ricorsi, parzialmente di contenuto comune, è stato dedotto: – che la inutilizzabilità degli atti disposti dopo la scaden- za delle indagini non è rilevabile di ufficio e nessuna par- te ha sollevato la relativa eccezione; – che la videoregistrazione del (OMISSIS), effettuata da un soggetto non estraneo al colloquio, è da considerarsi come prova documentale: comunque, l’accertamento del reato sessuale commesso in quel giorno è recuperabile dalle dichiarazioni della parte lesa; – che il Pubblico Ministero ha promosso l’azione penale, a sensi degli artt. 405 e 407 c.p.p., per cui le tutte investi- gazioni effettuare erano utilizzabili; – che, pur non dovuto, è stato dato allo imputato l’avvi- so di chiusura delle indagini e gli atti compiti successiva- mente sono utilizzabili perché il Pubblico Ministero ha provveduto a rinnovare l’avviso ex art. 415 bis c.p.p.; – che le credibili dichiarazioni della donna corroborate da quelle di persone informate sui fatti, rendono necessa- rio il rinvio alla fase dibattimentale; Prove Videoregistrazioni: tra prove atipiche e deficit di tutela della Cassazione Cassazione penale, Sez. III, 19 ottobre 2010 (7 luglio 2010), n. 37197 - Pres. Onorato - Rel. Squassoni - Ric. P.M. presso Trib. Trani Le videoriprese di atti non aventi contenuto comunicativo effettuate, nel corso del procedimento penale, all’in- terno del domicilio lavorativo dell’autore delle stesse, costituiscono una prova atipica ex art. 189 c.p.p., non necessitando quindi, ai fini dell’utilizzabilità, di autorizzazione del giudice. (Fattispecie di riprese effettuate, d’intesa con la Polizia, dalla vittima di atti sessuali posti in essere dal datore di lavoro della stessa all’interno del comune studio professionale; in motivazione la Corte ha precisato che la predetta autorizzazione sarebbe stata necessaria ove le videoriprese avessero riguardato “atti comunicativi”). ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Conformi Cass., Sez. II, 10 gennaio 2008, Napolano, in C.E.D. Cass., n. 238905; Cass., Sez. I, 1 agosto 2007, Susinni, in C.E.D. Cass., n. 237502. Difformi Cass., Sez. Un., 28 luglio 2006, Prisco, in C.E.D. Cass., n. 234270; Cass., Sez. IV, 16 marzo 2000, Viskovic, in C.E.D. Cass., n. 217688; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1998, Barbagallo, in Cass. pen., 1999, 2082 ss.

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Diritto penale e processo 9/2011 1127

GiurisprudenzaProcesso penale

(omissis)

Motivi della decisioneCon querele del 9 agosto e 10 ottobre 2007, D.I. esponevadi essere oggetto di vessazioni, molestie, complimenti la-scivi e costretta a subire atti sessuali da parte del propriodatore di lavoro, L.C., sotto la minaccia di perdere il posto.In esito a tali querele, si instaurava un procedimento ter-minato con la sentenza 21 gennaio 2010 con la quale ilGiudice per la udienza preliminare del Tribunale di Tranidichiarava non luogo a procedere nei confronti di L.C.(in relazione ai reati continuati di violenza privata aggra-vata a violenza sessuale) con la formula “perché i fattinon sussistono”.A sostegno della conclusione il Giudice ha rilevato:– che la videoregistrazione ambientale (OMISSIS), effet-tuata dalla donna su accordo della Polizia, era inutilizza-bile perché compiuta oltre il termine della autorizzazionee non considerabile come prova atipica;– che ugualmente inutilizzabili erano le dichiarazioni dipersone informate sui fatti ed il confronto tra l’imputatoe la D. perché poste in essere dopo la scadenza del termi-ne per le indagini preliminari;– che in base alla unica fonte di prova rimasta utilizzabi-le, le dichiarazioni della D., non era configurabile il reatoprevisto dall’art. 610 c.p.;

– che per i delitti sessuali la querela era tempestiva soloper l’episodio del (OMISSIS) non inserito nel capo diimputazione.Per l’annullamento della sentenza, ha proposto ricorsoper Cassazione il Procuratore della Repubblica e la D. de-ducendo difetto di motivazione e violazione di legge.Nei ricorsi, parzialmente di contenuto comune, è statodedotto:– che la inutilizzabilità degli atti disposti dopo la scaden-za delle indagini non è rilevabile di ufficio e nessuna par-te ha sollevato la relativa eccezione;– che la videoregistrazione del (OMISSIS), effettuata daun soggetto non estraneo al colloquio, è da considerarsicome prova documentale: comunque, l’accertamento delreato sessuale commesso in quel giorno è recuperabiledalle dichiarazioni della parte lesa;– che il Pubblico Ministero ha promosso l’azione penale,a sensi degli artt. 405 e 407 c.p.p., per cui le tutte investi-gazioni effettuare erano utilizzabili;– che, pur non dovuto, è stato dato allo imputato l’avvi-so di chiusura delle indagini e gli atti compiti successiva-mente sono utilizzabili perché il Pubblico Ministero haprovveduto a rinnovare l’avviso ex art. 415 bis c.p.p.;– che le credibili dichiarazioni della donna corroborateda quelle di persone informate sui fatti, rendono necessa-rio il rinvio alla fase dibattimentale;

Prove

Videoregistrazioni:tra prove atipiche e deficitdi tutela della Cassazione

Cassazione penale, Sez. III, 19 ottobre 2010 (7 luglio 2010), n. 37197 - Pres. Onorato - Rel.Squassoni - Ric. P.M. presso Trib. Trani

Le videoriprese di atti non aventi contenuto comunicativo effettuate, nel corso del procedimento penale, all’in-

terno del domicilio lavorativo dell’autore delle stesse, costituiscono una prova atipica ex art. 189 c.p.p., non

necessitando quindi, ai fini dell’utilizzabilità, di autorizzazione del giudice. (Fattispecie di riprese effettuate,

d’intesa con la Polizia, dalla vittima di atti sessuali posti in essere dal datore di lavoro della stessa all’interno

del comune studio professionale; in motivazione la Corte ha precisato che la predetta autorizzazione sarebbe

stata necessaria ove le videoriprese avessero riguardato “atti comunicativi”).

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi Cass., Sez. II, 10 gennaio 2008, Napolano, in C.E.D. Cass., n. 238905; Cass., Sez. I, 1 agosto 2007,Susinni, in C.E.D. Cass., n. 237502.

Difformi Cass., Sez. Un., 28 luglio 2006, Prisco, in C.E.D. Cass., n. 234270; Cass., Sez. IV, 16 marzo 2000,Viskovic, in C.E.D. Cass., n. 217688; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1998, Barbagallo, in Cass. pen., 1999,2082 ss.

– che, dal contenuto della querela, emergono gli estremidel reato di violenza privata, che rende procedibile di uf-ficio il connesso delitto previsto dall’art. 81 cpv. c.p. eart. 609 bis c.p.Le conclusioni del Giudice non sono condivisibili pur seper ragioni parzialmente diverse da quelle prospettate ne-gli atti di ricorso.La udienza preliminare, nella configurazione assunta pereffetto delle innovazioni introdotte con la L. n. 479 del1999, ha modificato, ma non perduto, la sua originariafunzione di filtro; l’art. 425 c.p.p., comma 3 prevede cheil Giudice sia tenuto a pronunciare una sentenza di nonluogo a procedere quando gli elementi acquisiti risultinoinsufficienti, contraddittori oppure non idonei a sostene-re l’accusa in giudizio. A tale fine, deve essere effettuatauna prognosi sulla superfluità del dibattimento avendocome referente non solo le emergenze agli atti, ma quellepresumibilmente acquisibili nella fase dibattimentale evalutare se gli elementi probatori, insufficienti o contrad-dittori dei quali si dispone, possano trasformarsi in pieneprove all’esito della dialettica tra le parti processuali.Se tale prognosi è negativa, per esigenze di tutela dell’im-putato e per ragioni di economia processuale, deve esserepronunciata sentenza a sensi dell’art. 425 c.p.p.Nel caso in esame, il Giudice ha articolato la sua motiva-zione non dando conto, in modo esaustivo e congruo,delle ragioni che rendevano inutilizzabile parte del com-pendio istruttorio acquisito e dei motivi che inibivano ilvaglio della fase dibattimentale in relazione alla fonte diprova dichiarata utilizzabile.Di conseguenza, il Giudice non ha correttamente effet-tuato il ruolo di controllo che la legge gli demanda.Innanzi tutto, contrariamente a quanto si legge nel gra-vato provvedimento, l’azione penale era procedibile per-ché esistevano le querele della parte lesa del 9 agosto edel 10 ottobre 2007 (relativa ad un episodio del (OMIS-SIS) compreso nel capo di imputazione).Le dichiarazioni della D. erano, sia pure parzialmente,confortate da quelle di persone informate sui fatti che ilGiudice ha reputato inutilizzabili perché rese oltre il ter-mine non prorogato delle indagini preliminari (che sca-deva il 9 febbraio 2008).La riferita conclusione del provvedimento impugnatonon soddisfa per un duplice ordine di ragioni.Il Giudice non ha tenuto conto che le persone informatesui fatti ben potevano essere sentite al dibattimento, trat-tandosi di prove dichiarative ripetibili, per cui il Tribuna-le ragionevolmente avrebbe potuto disporre di ulteriorielementi, oltre alle asserzioni della D., a favore delle di-chiarazioni della stessa; inoltre, il Giudice non ha esplici-tato le ragioni che rendevano inattendibile, anzi calun-nioso, il racconto accusatorio della donna. Sul tema, varicordato che le asserzioni della parte lesa, se immuni dasospetti, possono da sole sorreggere una declaratoria dicondanna non essendo richiesto per tale dichiarante ilconforto di riscontri esterni.La conclusione, inoltre, non è puntuale in fatto in quan-to il Pubblico Ministero ha esercitato l’azione penale il17 dicembre 2007, con uno dei mezzi tipici previsti, cioè,

formulando l’imputazione e chiedendo l’applicazione dipena.Indi, ha inviato (in data 17 maggio 2008) un avviso diconclusione delle indagini che si erano già esaurite conl’inizio della irretrattabile azione penale; l’atto non eradovuto e dal suo invio non possono trarsi le conclusionievidenziate dai ricorrenti.L’avviso a sensi dell’art. 415 bis c.p.p. non è necessario sel’azione penale è esercitata con la richiesta del rito spe-ciale pattizio della applicazione di pena su sollecitazionedelle parti che impone cadenze processuali diverse daquelle poste alla base della disposizione dell’art. 415 bisc.p.p.Ciò posto, necessita verificare l’utilizzabilità da parte delGiudice della istruzione probatoria effettuata dal Pubbli-co Ministero in epoca successiva al 17 dicembre 2007.L’attività investigativa può non fermarsi con l’inizio del-la azione penale in quanto l’organo della accusa è facol-tizzato a svolgere ulteriori indagini integrative dopo la ri-chiesta di rinvio a giudizio come emerge dall’art. 419c.p.p., comma 3; anche se la norma non lo esplicita, si de-ve ritenere, in applicazione analogica dell’art. 430 c.p.p.,che tali investigazioni non siano espletabili per atti per iquali è necessaria la partecipazione dell’imputato o delsuo Difensore. Nel caso che ci occupa, il Pubblico Mini-stero ha trasmesso al Giudice documentazioni di indaginiposte in essere anteriormente alla richiesta di rinvio agiudizio (del 4 febbraio 2009); questa irregolarità (per laquale non è prevista una specifica sanzione processuale)non da luogo a inutilizzabilità dal momento che non èstato violato un espresso divieto probatorio.Si potrebbe, tuttavia, ipotizzare una menomazione dei di-ritti della difesa nel caso fosse mancata la possibilità alLegale di avere una completa visione, necessaria per pun-tualizzare la strategia processuale, degli atti di indaginecompresi i suppletivi (v. art. 419 c.p.p., comma 2); tratta-si, comunque, di nullità non rilevabile di ufficio e nondedotta dallo imputato.Pertanto, non è condivisibile la conclusione del censura-to provvedimento secondo la quale tutte le attività inve-stigative erano inutilizzabili; a parere della Corte, perquanto riferito, le dichiarazioni di persone informate suifatti non erano affette da tale patologia processuale.In merito alla videoregistrazione, le decisioni della CorteCostituzionale (n. 135/2002, n. 149/2008, n. 320/2009) edelle Sezioni Unite (n. 36747/2003, n. 26795/2006) for-niscono i parametri ermeneutici per la risoluzione del ca-so.Deve, innanzi tutto, puntualizzarsi che la registrazione -effettuata d’intesa con la Polizia non fuori, ma nello am-bito del procedimento ed in funzione dello stesso - noncostituisce un documento a sensi dell’art. 234 c.p.p.Per verificare se la registrazione contrasti con l’assettonormativo o con diritti fondamentali, necessita fondarsisulla differenza tra riprese visive di atti non comunicativie di atti comunicativi; questi ultimi sono finalizzati a tra-smettere il contenuto di un pensiero con la parola, i gesti,le espressioni fisiognomiche o altri atteggiamenti idoneia manifestarlo.

Diritto penale e processo 9/20111128

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Diritto penale e processo 9/2011 1129

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Le riprese di comportamenti comunicativi costituisconouna forma di captazione di messaggi tra presenti e, per-tanto, devono considerarsi intercettazioni e ne ricalcanoanalogicamente la relativa disciplina pena la elusione diformalità stabilite a garanzia di diritti costituzionalmentegarantiti.Le videoregistrazioni di immagini non comunicative (me-re condotte) disposte dalla Polizia nel corso delle indaginiin luoghi non fruenti di particolare protezione (pubblici,aperti o esposti al pubblico) devono essere qualificate co-me documentazione della attività investigativa, che nonrichiede un provvedimento della autorità giudiziaria, e so-no utilizzabili come prove atipiche disciplinate dall’art.189 c.p.p. Tale conclusione non vale (per l’assenza di unanormativa che lo consenta) per le videoregistrazioni effet-tuate in luoghi riconducibili al concetto di domicilio emeritevoli di tutela a sensi dell’art. 14 Cost.Nella ipotesi concreta, vi stata una ripresa di immagini co-municative (inutilizzabili per carenza del necessario prov-vedimento autorizzatorio) e non comunicative captate inun appartamento (adibito a studio professionale) dove sisvolgevano manifestazioni di vita privata e che è ricom-preso nell’ambito della nozione di domicilio. La singolaritàche il caso introduce si incentra nella circostanza che le ri-prese sono state effettuate da persona che era protagonistadell’episodio, verso la quale il suo interlocutore non avevalo jus excludendi, perché si trovava nel suo abituale am-

biente di lavoro che costituiva il suo domicilio per un pe-riodo di tempo limitato della giornata (nell’arco del qualesono stati commessi i fatti). Con la ripresa visiva, sia pureeseguita furtivamente, la parte lesa non ha violato con in-terferenze indebite la intangibilità del domicilio né la ne-cessaria riservatezza su attività che si devono mantenerenell’ambito privato essendo, si ripete, nel suo domicilio eriprendendo illeciti che la riguardavano.La mancata violazione della tutela prevista dall’art. 14Cost. supera la problematica, sulla quale esistono varie-gate opinioni, inerente alla necessità di un provvedimen-to autorizzatorio anche per le riprese visive di comporta-menti non comunicativi in luoghi di privata dimora.Consegue che, nella specie, non essendo configurabile al-cuna intrusione nell’altrui domicilio, la videoripresa, al-meno per quanto concerne la fissazione degli atti non co-municativi, è da considerarsi prova atipica; la conclusio-ne del gravato provvedimento sulla totale inutilizzabilitàdella videoregistrazione non è condivisibile. Per le espo-ste considerazioni, la sentenza impugnata deve essere an-nullata con rinvio al Tribunale di Trani perché il nuovoGiudice riconsideri se gli elementi probatori disponibilimeritino l’approfondimento della fase dibattimentale;questa conclusione, per il suo carattere assorbente, eso-nera il Collegio dal prendere in considerazione le residuecensure degli atti di ricorso.(omissis).

Il commentodi Adriano Spinelli

Le videoregistrazioni, occultamente effettuate dalla persona offesa dal reato nel luogo di lavoro, in accordocon la polizia giudiziaria e successivamente alla scadenza del termine di autorizzazione, sono comunque uti-lizzabili, poiché, operando il captante nel proprio domicilio, non è configurabile alcuna violazione dell’art. 14Cost. Non vi sarebbe, infatti, in capo al titolare dell’attività, autore del reato, alcuno jus excludendi alios e lavideoripresa, per quanto concerne gli atti non comunicativi, costituirebbe prova atipica ai sensi dell’art. 189c.p.p.

La pronuncia della Corte

La sentenza in commento ha contribuito a rendereancora più intricato il groviglio ermeneutico che giàcaratterizza la materia delle videoregistrazioni; ciòanche a causa della vasta gamma di peculiarità checonnotano la fattispecie oggetto di decisione. Carat-teristiche date, innanzitutto, dalla circostanza d’es-sere le riprese filmate relative a comportamenti noncomunicativi, ossia gesti, atteggiamenti che nonveicolano alcun messaggio o informazione; in se-condo luogo, la captazione era effettuata da un par-tecipante ai fatti oggetto di registrazione - il qualeera altresì persona offesa dal reato - d’intesa con lapolizia giudiziaria. Ed, infine, le riprese erano esegui-

te all’interno del domicilio non solo della persona“captata”, bensì pure della persona “captante”.La Suprema corte annulla la sentenza di non luogo aprocedere emessa dal giudice dell’udienza prelimina-re e, innanzitutto, osserva che le videoregistrazioninon possono essere ricondotte nell’alveo della provadocumentale ex art. 234 c.p.p., come invece soste-nuto dall’accusa; aggiunge, poi, che, per verificare sela registrazione contrasti con l’assetto normativo ocon i diritti fondamentali, si rende indispensabiledistinguere tra riprese di atti comunicativi e ripresedi immagini non comunicative. Nel primo caso, lacaptazione altro non sarebbe che una intercettazio-ne ambientale, con la conseguente applicabilità del-

le garanzie previste dalla Costituzione e dal codicedi rito. Nel secondo caso, invece, la medesima disci-plina verrebbe in rilievo solo ove si trattasse di luo-ghi tutelati dall’art. 14 Cost., mentre nell’ipotesi dilocali riconducibili alla nozione di domicilio trove-rebbe applicazione la disciplina prevista per le proveatipiche.Nel caso di specie, concludono i giudici di legitti-mità, la persona offesa ha effettuato riprese videofil-mate all’interno del luogo di lavoro, il quale - costi-tuendo domicilio della stessa, ragion per cui nonsussiste lo jus excludendi alios del titolare - non rien-tra nel novero dei locali per i quali operano le tute-le previste dall’art. 14 Cost.; sicché, limitatamente aquanto concerne gli atti non comunicativi, devonotrovare applicazione le norme di cui all’art. 189c.p.p. in tema di prove atipiche.

Impostazioni inquisitorie della Cassazione?

Il disaccordo circa la tipologia di prova cui le video-registrazioni dovrebbero essere ricondotte è dovutoal silenzio serbato dal legislatore sul punto. Questo ilvelato j’accuse della Corte costituzionale espressonella parte conclusiva della sentenza n. 135 del2002 (1). Nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale (2) sirinvengono posizioni minoritarie che riconduconola ripresa filmata talvolta alle ispezioni (3), talaltraalle prove documentali (4); l’impostazione maggio-ritaria, alla quale la sentenza in commento aderisce,fa invece propria l’accennata distinzione tra capta-zione di atti comunicativi e non comunicativi (5).Tuttavia, qualificare la ripresa filmata quale provaatipica, oltre a non apparire corretto, non sembranemmeno rappresentare una soluzione idonea a ga-rantire il rispetto dei diritti inviolabili dell’indivi-duo interessato dalla vicenda probatoria; diritti chedovrebbero costituire oggetto di primaria attenzio-ne, in considerazione di quanto affermato dalle Se-zioni unite della Corte di cassazione, per le quali ivizi della prova, «possono trovare la loro fonte intutto il corpus normativo a livello di legge ordinariao superiore» (6) e discendere, pertanto, pure daiprincipi della Carta costituzionale.

Diritto penale e processo 9/20111130

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Note:

(1) C. cost., 24 aprile 2002, n. 135, in Giur. cost., 2002, 1062 ss.,con note di A. Pace, Le videoregistrazioni «ambientali» tra gliartt. 14 e 15 Cost. e F.S. Marini, La costituzionalità delle ripresevisive nel domicilio: ispezione o libertà «sotto-ordinata»?. Altresìcritico sul perseverante silenzio legislativo F. Caprioli, Nuova-mente al vaglio della Corte costituzionale l’uso investigativo de-gli strumenti di ripresa visiva, in Giur. cost., 2008, 1832 s., nota1, il quale ricorda come nel nuovo codice di rito sia andata per-duta la disposizione di cui all’art. 226-quinquies c.p.p. abrogato,

per la quale le intercettazioni eseguite fuori dai casi consentitiovvero in violazione delle formalità indicate dalla legge costitui-vano causa di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ognistato e grado del procedimento. Sul punto, cfr. altresì O. Vanni-ni-G. Cocciardi, Manuale di diritto processuale penale italiano,Milano, 1986, 257, ove (nota 168) si rimarca l’intenzione di estre-mo rigore del legislatore in materia di intercettazioni, il quale,con una disposizione pressoché unica in tema di norme proces-suali penali, stabilì la retroattività della disposizione in esame.

(2) Per un’accurata ricostruzione delle varie posizioni, A. Scalfati-O. Bruno, Orientamenti in tema di videoriprese, in Proc. pen. egiust., 2011, fasc. 1, 92 ss. Si veda pure G. Tabasco, Prove nondisciplinate dalla legge nel processo penale. Le «prove atipiche»tra teoria e prassi, Napoli, 2011, 141 ss.

(3) Cfr. A. Pace, Le videoregistrazioni «ambientali», cit., 1070 s.,il quale approva la posizione in tal senso assunta dalla Consultanella sent. n. 135 del 2002. Concordemente, F.S. Marini, La co-stituzionalità delle riprese visive, cit., 1077, il quale sottolinea co-me la nozione di ispezione sia destinata a mutare con il tempo econ l’evoluzione delle tecnologie. Diversamente, altra dottrinanon ritiene percorribile tale via; per un verso, si obietta che il ca-rattere occulto delle videoregistrazioni non sia conciliabile conquello invece palese delle ispezioni e, per altro verso, si escludel’assimilazione dei due mezzi di ricerca della prova poiché ciòprovocherebbe un irreparabile vulnus alle garanzie difensive del-l’imputato, i cui connessi diritti sono di regola esercitabili solosuccessivamente alla presa di conoscenza dell’imminente ese-cuzione dell’atto a sorpresa. Esclude la riconducibilità delle vi-deoregistrazioni alle ispezioni A. Camon, Le riprese visive comemezzo d’indagine: spunti per una riflessione sulle prove «inco-stituzionali», in Cass. pen., 1999, 1200 s. Concordemente, L. Fi-lippi, L’home watching: documento, prova atipica o prova inco-stituzionale?, in questa Rivista, 2001, 95 s., nonché G. Borrelli,Riprese filmate nel bagno di un pubblico esercizio e garanzie co-stituzionali, in Cass. pen., 2001, 2442 s. In giurisprudenza, Cass.,Sez. Un., 28 luglio 2006, Prisco, in C.E.D. Cass., n. 234267, 23.

(4) In questo senso, Cass., Sez. V, 15 novembre 1993, Fumero,in C.E.D. Cass., n. 195556; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1998,Barbagallo, in Cass. pen., 1999, 2082 ss.; più recentemente,Cass., Sez. V, 30 novembre 2004, Held, in C.E.D. Cass., n.230394. Contra, in dottrina, P. Tonini, La prova penale, Padova,1998, 90, nonché F. Caprioli, Riprese visive nel domicilio e inter-cettazioni «per immagini», in Giur. cost., 2002, 2185 ss., per iquali la ripresa video non può essere ricondotta alla disciplinadell’art. 234 c.p.p., poiché per prova documentale deve inten-dersi esclusivamente quella formata al di fuori del procedimen-to.

(5) Talune pronunce della Suprema Corte, pur sempre conclu-dendo per l’applicabilità dell’art. 189 c.p.p., avevano elaborato lanozione di «prove documentali non disciplinate dalla legge», ri-ferendosi alla categoria della atipicità, per quanto concerneva losvolgimento dell’operazione investigativa, e alla prova documen-tale, per quanto riguardava, invece, le modalità di assunzionedella medesima in dibattimento. Ex pluribus, Cass., Sez. IV, 20novembre 2003, Kazazi, n. 44484, in Cass. pen., 2004, 3280 ss.,con nota di L. Saponaro, Sulla vexata quaestio della natura dellevideoregistrazioni. Critica parte della dottrina la quale ha rilevatoche «la qualificazione della ripresa a mezzo di videocamera co-me documento escluderebbe, per definizione, ogni questione diatipicità della prova». In questi termini, G. Borrelli, Riprese filma-te, cit., 2444. Aggiunge M. L. Di Bitonto, Le riprese video domi-ciliari al vaglio delle Sezioni Unite, in Cass. pen., 2006, 3952, chetale impostazione presentava, altresì, il difetto di «equiparare,quanto a regime e categoria concettuale, la videoripresa di pro-venienza privata a quella effettuata dagli organi inquirenti» ed ap-prezza il netto allontanamento da tale confusione concettualeoperato dalle Sezioni Unite con la sentenza Prisco. Sentenza,quest’ultima, che apertamente denuncia una scarsa chiarezzaconcettuale. Cfr. Cass., Sez. Un., 28 luglio 2006, cit., 11.

(6) Cass., Sez. Un., 28 luglio 2006, cit., 18.

A proposito di quanto ora affermato, non è possibileignorare come la portata garantistica delle disposi-zioni costituzionali venga svilita dalla sentenza cheora si commenta. Da un lato, questa aggira la tutelaapprestata al domicilio dall’art. 14 Cost. e, dall’al-tro, omette qualsivoglia valutazione del diverso di-ritto alla riservatezza, ricondotto dalla pregressa giu-risprudenza nel novero dei diritti inviolabili dell’uo-mo ex art. 2 Cost.Come precedentemente accennato, l’applicabilitàdell’art. 14 Cost. è nella fattispecie esclusa dall’esse-re - la persona esecutrice della captazione occulta -dipendente del datore di lavoro-autore del reato, ilquale non avrebbe goduto di alcuno jus excludendialios, poiché il luogo di lavoro (e locus commissi delic-ti) costituiva domicilio pure della persona offesa. Sitratta di un’impostazione che, sebbene si ispiri allagiurisprudenza costituzionale, peraltro esplicitamen-te richiamata, di fatto, ne disattende gli insegna-menti.Se, per un verso, infatti, la Consulta ha affermatoche «il limite dell’art. 14 Cost. può venire in consi-derazione, rispetto alle riprese visive in quanto, pereseguire i filmati all’interno del domicilio, gli organiinvestigativi debbano superare […] una barriera chesi frappone tra la generalità dei consociati e l’attivitàfilmata» (7), per altro verso, il giudice delle leggi haprecisato che, ove si tratti di «luoghi non riconduci-bili al concetto di domicilio, ma meritevoli di tutelaai sensi dell’art. 2 Cost., per la riservatezza delle atti-vità che si compiono, (le videoregistrazioni, n.d.r.)possono essere eseguite dalla polizia giudiziaria, masolo con un livello minimo di garanzie, rappresenta-to da un provvedimento motivato dell’autorità giu-diziaria» (8).Dal canto suo, la Corte di cassazione, nella sentenzache qui si commenta, nega in radice che vi sia statala violazione del domicilio dell’imputato - nonché,di conseguenza, la violazione dell’art. 14 Cost. - enon ritiene meritevole d’approfondimento il temadello svolgimento da parte del datore di lavoro di at-tività (che voleva mantenere) riservate, per le qualisarebbe venuta in gioco la tutela apprestata dall’art.2 Cost. La Corte di cassazione si limita, infatti, adenunciare che, trovandosi nel suo domicilio, la per-sona offesa non avrebbe leso la riservatezza delle at-tività oggetto di videoregistrazione.Tralasciando la questione circa la sussistenza o me-no, nel caso di specie, della possibile violazione deldomicilio (9), occorre invece soffermarsi sulla totaleassenza di valutazioni approfondite circa una poten-ziale violazione del diritto alla riservatezza dell’im-putato (10).

Stante il silenzio della Corte sul punto, non restache osservare come l’essere la persona offesa legatada un rapporto di lavoro subordinato con il titolare-autore del reato non può tradursi in una condizionesoggettiva legittimante l’invasione della sfera priva-ta mediante l’esecuzione di riprese filmate. A tale af-fermazione si potrebbe naturalmente obiettare che,in ragione della consumazione di reati alla cui provale riprese medesime sono finalizzate, il bilanciamen-to di interessi che verrebbe in considerazione nonpotrebbe che propendere per la tutela della vittimae l’assicurazione del colpevole alla giustizia.Ebbene, pure tale rilievo non sembrerebbe appienocondivisibile. In primo luogo, non può sottacersi co-me, in tale evenienza, l’intenzione di captare ed im-primere in modo indelebile le condotte illecite del-l’autore del reato potrebbe plausibilmente condurrealla degenerante prassi di una perdurante ed ininter-rotta esecuzione di videoregistrazioni ad opera dellapersona offesa, della quale la polizia giudiziaria po-trebbe scientemente avvalersi al fine di sottrarsi al-l’obbligo di ottenere il placet dell’autorità giudiziaria.Si legittimerebbe, così, l’arbitraria violazione del di-ritto alla riservatezza anche in relazione a comporta-menti del tutto leciti, pienamente rientranti nelleordinarie manifestazioni di vita privata. In secondoluogo, in un sistema processuale caratterizzato dallagaranzia dell’intervento giurisdizionale lungo ilcomplessivo arco procedimentale, il bilanciamentodi interessi potrebbe sì condurre ad una limitazione

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Note:

(7) C. cost., 16 maggio 2008, n. 149, in Giur. cost., 2008, 1830.

(8) C. cost., 4 dicembre 2009, n. 320, in Giur. cost., 2009, 4822,con note di M. Villani, La Corte ribadisce i rapporti tra legalità co-stituzionale, legalità sostanziale e legalità processuale e di L. Mi-lani, Ancora irrisolto il problema della riconducibilità delle capta-zioni operate dall’«agente attrezzato per il suono» alla disciplinadelle intercettazioni nel corso delle indagini. Posizione garantisti-ca, questa della Consulta, peraltro già fatta propria da preceden-te giurisprudenza di legittimità. Cfr. Cass., Sez. Un., 28 luglio2006, cit., 23, Cass., Sez. IV, 16 marzo 2000, Viskovic, in C.E.D.Cass., n. 217688.

(9) La pronuncia in esame si colloca, del resto, nel solco di quel-la giurisprudenza di legittimità volta a restringere l’ambito di tu-tela, laddove necessario a garantire i risultati investigativi. Si ag-giunga solamente, senza pretesa di completezza, che l’escamo-tage adottato dalla Suprema Corte non sembra pienamente con-divisibile. La configurazione soggettiva dello jus excludendi aliospresta il fianco a talune obiezioni. In particolare, occorrerebbeapprofondire se, effettivamente, un rapporto di lavoro dipenden-te sia condizione necessaria, ma soprattutto sufficiente a poterpacificamente escludere la sussistenza per il datore di lavoro deldiritto di preservare da interferenze dei propri collaboratori i luo-ghi in cui si svolge la propria attività lavorativa.

(10) Sul tema si veda M. Bonetti, Diritto alla riservatezza e pro-cesso penale, Milano, 2003. G. Giacobbe, voce Riservatezza (di-ritto alla), in Enc. giur., Vol. XL, Milano, 1989, 1243 ss.

del diritto soggettivo (11) alla privacy, ma solo edesclusivamente in virtù del provvedimento motiva-to dell’autorità giudiziaria. Laddove così non fosse visarebbe un pericoloso annacquamento delle garan-zie previste dall’ordinamento per lo svolgimentodelle indagini preliminari, in favore di un inauspica-to ritorno a sistemi indagatori di stampo prettamen-te inquisitorio.

Violazione della riservatezzae prova incostituzionale

Se l’art. 2 Cost. tutela i diritti inviolabili dell’uomo,tra i quali, per l’appunto, quello alla riservatezza, al-lora la videoregistrazione effettuata aggirando que-sta garanzia non può che costituire una prova inco-stituzionale, con ciò intendendosi la prova ottenuta«attraverso modalità, metodi e comportamenti rea-lizzati “in dispregio dei fondamentali diritti del cit-tadino” garantiti dalla Costituzione» (12). E la lega-lità della ripresa filmata nemmeno è assicurata dallaprevisione del contraddittorio tra le parti circa lemodalità di assunzione del mezzo istruttorio (13). Lagaranzia dialettica è in tale contesto una tutela me-ramente illusoria, poiché il confronto dialogico sulmetodo d’acquisizione della prova non è in grado diriparare la lesione cagionata alle libertà individualidurante l’espletamento delle operazioni investigati-ve. Ne deriva che la legalità stessa deve costituireimprescindibile presupposto, poiché, diversamente,il confronto tra le parti sull’assunzione della provasarebbe svuotato di ogni pregnanza garantistica. In tema di prove incostituzionali, non è comunquela questione definitoria a costituire ragione di parti-colari controversie; i più accesi dibattiti concerno-no, infatti, i riflessi dell’incostituzionalità della pro-va sulla fruibilità dibattimentale della stessa (14). Inaltri termini, ciò che assume preminente rilievo è laportata precettiva, ovvero meramente programmati-ca, delle norme costituzionali (15).La posizione per la quale le disposizioni superprima-rie sarebbero idonee ad incidere direttamente sul-l’ammissibilità dei mezzi probatori ottenuti in viola-zione delle medesime si ispira a quella giurispruden-za, tanto costituzionale, quanto di legittimità, nellaquale si sostiene che «le attività compiute in dispre-gio dei fondamentali diritti del cittadino non posso-no essere assunte di per sé a giustificazione e fonda-mento di atti processuali a carico di chi quelle atti-vità costituzionalmente illegittime abbia subito»(16). Al giudice sarebbe, pertanto, attribuito il pote-re di escludere le prove raccolte attraverso siffattemodalità (17). In questi termini, il vaglio di costitu-zionalità della norma processuale verrebbe ad opera-

re come condizione di ammissibilità della prova(18), analogamente a quanto avviene negli ordina-menti di common law, nei quali sono vigenti le ex-clusionary rules, inerenti alla violazione del fairness ofthe proceeding (19).

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Note:

(11) Sulla configurazione della riservatezza quale diritto soggetti-vo della persona, G. Giacobbe, voce Riservatezza (diritto alla),cit., 1248 s.

(12) V. Grevi, Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte costituzio-nale in tema di intercettazioni telefoniche, in Giur. cost., 1973, 341.

(13) Già sotto la vigenza del precedente codice di rito si denuncia-va l’insufficienza del contraddittorio per la legittimazione dell’ac-quisizione della prova atipica. Cfr. E. Zappalà, Il principio di tassati-vità dei mezzi di prova nel processo penale, Milano, 1982, 231 s.

(14) L’attenzione della dottrina è tradizionalmente rivolta ai mez-zi probatori acquisiti in violazione della libertà domiciliare ex art.14 Cost., ovvero della libertà personale ex art. 13 Cost.; nel casoche qui interessa, come osservato, la disposizione costituziona-le di riferimento è il diverso art. 2 Cost. In ragione della pronun-cia della Consulta, che ha imposto la limitazione del diritto alla ri-servatezza solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nonsembrano comunque sussistere limiti logici alla riferibilità diquanto sostenuto con riguardo alle disposizioni precedentemen-te richiamate.

(15) Come è stato correttamente osservato, il tema che ora sipropone presenta un «alto tasso di precompressione», poiché«attiene all’essenza stessa del garantismo penale, sicché in es-so vengono a confluire differenti visioni ideologiche del rapportotra autorità e libertà». In questi termini, A. Camon, Le riprese vi-sive, cit., 1206 ss.

(16) In questi termini, C. cost., 6 aprile 1973, n. 34, in Giur. cost.,1973, 336 ss.; C. Cost., 11 marzo 1993, n. 81, in Giur. cost.,1993, 731 con nota di A. Pace, Nuove frontiere della libertà di«comunicare riservatamente» (o, piuttosto, del diritto alla riser-vatezza)?; Cass., Sez. Un., 16 maggio 1996, Sala, in C.E.D.Cass., n. 204644; Cass., Sez. Un., 24 settembre 1998, Gallieri, inC.E.D. Cass., n. 211196; Cass., Sez. Un., 8 maggio 2000, d’A-muri, in C.E.D. Cass., n. 215841.

(17) Per tutti, G. Allena, Riflessioni sul concetto di incostituzio-nalità della prova nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen.,1989, 506 s.

(18) L. Filippi, L’home watching, cit., 97. A. Camon, Le riprese vi-sive, cit., 1205. Secondo N. Galantini, Considerazioni sul principiodi legalità processuale, in Cass. pen., 1999, 1992 s., la valenzaprecettiva, piuttosto che programmatica, delle disposizioni dellaCarta costituzionale discende dalla proposizione di un modello didivieto probatorio che esula dalle disposizioni codicistiche sull’i-nutilizzabilità e «che si giustifica forse alla luce di un’elaborazioneinterpretativa incapace di metabolizzare il fenomeno dell’illegitti-mità probatoria e di interiorizzarne le potenzialità». C. Conti, Ac-certamento del fatto e inutilizzabilità nel processo penale, Pado-va, 2007, 164 s., sottolinea come l’estrema genericità dell’art.189 c.p.p. imponga che, tra due possibili interpretazioni della nor-ma, il giudice scelga quella costituzionalmente compatibile.

(19) Sul tema, M. Daniele, Regole di esclusione e regole di valu-tazione della prova, Torino, 2009, 44, il quale evidenzia come, findal P.a.c.e. inglese del 1984, il contenuto di tali regole di esclu-sione della prova sia talmente generico da conferire alla giuri-sprudenza una pressoché totale libertà nella determinazione delsuo contenuto. Contra, N. Galantini, L’inutilizzabilità della provanel processo penale, Padova, 1992, 215 s., la quale esclude lapossibilità di trarre ispirazione del sistema di exclusionary rulesin senso stretto del processo statunitense.

Sennonché, sul versante opposto, altra parte delladottrina obietta che alle disposizioni della Costitu-zione può essere conferita una portata esclusivamen-te programmatica: si esclude, in tal modo, che lastessa possa produrre per via diretta effetti sulla vi-cenda processuale, in specie probatoria (20). Taleimpostazione, si sostiene, è l’unica compatibile conil «modello accentrato di giustizia costituzionale ita-liano» (21), per il quale, nel caso in cui ci si trovi di-nanzi ad un’acquisizione probatoria costituzional-mente illegittima, non vi sarebbe soluzione se nonquella di attendere una declaratoria di incostituzio-nalità (22), poiché, si rileva, ciò che si pone in con-trasto con le disposizioni costituzionali non è la pro-va assunta in violazione di esse, bensì la specificanorma processuale che le ammette (23). Altresì siafferma che la prova incostituzionale sarebbe con-cettualmente superflua, poiché, a seconda dei casi,già ci si troverebbe dinanzi ad una prova inammissi-bile, illegittima o illecita (24).Sulla categoria dell’inammissibilità poggia la solu-zione offerta dalle Sezioni unite della Corte di cassa-zione nella “sentenza Prisco” del 2006. Qui si è af-fermato che la questione non deve essere risolta sul-la base delle categorie delle “prove incostituzionali”,ovvero delle “prove inutilizzabili”. Occorre, invece,fare riferimento al combinato disposto tra l’art. 189e l’art. 190 c.p.p.; dato che quest’ultimo presupponela formazione lecita della prova, l’eventuale viola-zione di norme costituzionali influirebbe sulla stessaammissibilità della medesima (25).Quanto alla prova illegittima (o irrituale), ossia as-sunta senza l’osservanza degli schemi procedurali ti-pizzati dal legislatore, la dottrina è concorde nel so-stenere che si tratti di prove inutilizzabili ex art. 191c.p.p. Ciò anche in virtù dell’art. 526 c.p.p., che pre-vede la possibilità per il giudice di fondare la deci-sione esclusivamente su prove «legittimamente ac-quisite» (26). Diversamente, le prove illecite - ossiaquelle ottenute in violazione di una legge penale so-stanziale - vedono molteplici orientamenti di pen-siero; da un lato, autorevole dottrina, facendo levasull’autonomia sistematica del diritto penale proces-suale rispetto a quello sostanziale (27), esclude l’o-peratività della sanzione prevista dall’art. 191 c.p.p.(28). Dall’altro lato, altrettanto autorevoli Autoriritengono che «anche la fattispecie sostanziale in-criminatrice sia una “legge” che “vieta”» (29). Pertale ragione, non vi sarebbe ostacolo a ritenere ap-plicabile la sanzione dell’inutilizzabilità anche allefattispecie di prova illecita. Si è inoltre osservatoche tale impostazione troverebbe conforto anchenell’art. 630 lett. d c.p.p.; tale disposizione rende

possibile sottoporre a giudizio di revisione una sen-tenza di condanna pronunciata in conseguenza diun fatto previsto dalla legge come reato. Il passaggiologico è dunque immediato: se l’illiceità di una pro-va è idonea a rimuovere il giudicato, a maggior ra-gione non vi dovrebbero essere ostacoli nel ritenereche già ab origine la pronuncia giudiziale non possafondarsi su un mezzo probatorio siffatto (30).Infine, anziché estendere la portata semantica dellanozione di divieto, amplia il significato del termine«legge» contenuto nell’art. 191 c.p.p. quella dottrina

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Note:

(20) Si veda, F. Caprioli, Colloqui riservati e prova penale, Torino,2003, 236 ss.; R. Casiraghi, Prove vietate e processo penale, inRiv. it. dir. proc. pen., 2009, 1768 ss.

(21) C. Marinelli, Le “intercettazioni di immagini” tra questioni in-terpretative e limiti costituzionali, in questa Rivista, 1998, 1270.

(22) F. Caprioli, Riprese visive, cit., 2002, 2195; F. Cordero, Il pro-cedimento probatorio, in Tre studi sulle prove penali, Milano,1963, 88. Id., Procedura penale, Milano, 2006, 609.

(23) G. Allena, Riflessioni sul concetto di incostituzionalità, cit.,517, nota 40, il quale rimarca come il «diritto viene violato dallanorma e non dal comportamento».

(24) G. Ubertis, Sistema di procedura penale, vol. I, Torino, 2007,182.

(25) Cass., Sez. Un., 28 luglio 2006, Prisco, cit., 18 s. Per osser-vazioni critiche circa tale impostazione, F. Ruggieri, Riprese visi-ve e inammissibilità della prova, in Cass. pen., 2006, 3946, laquale ritiene il ragionamento della Corte di cassazione un «meroespediente retorico».

(26) I. Palma, Considerazioni il principio di tassatività dei mezzi diprova, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, 400 ss. Contra, recente giu-risprudenza, la quale ha affermato che l’art. 191 c.p.p. va inter-pretato nel senso che tale inutilizzabilità può derivare soltantodalla illegittimità in sé della prova stessa, desumibile dalla normao dal complesso di norme che la disciplinano, e non invece sol-tanto dal fatto che la prova sia stata acquisita irritualmente. Neconsegue che per «prove diverse da quelle legittimamente ac-quisite» debbono intendersi non tutte le prove le cui formalità diacquisizione non siano state osservate, ma solo quelle che nonsi sarebbero potute acquisire proprio a cagione dell’esistenza diun espresso o implicito divieto. Cfr. Cass., Sez. II, 16 aprile 2008,Lo Verde, in C.E.D. Cass., n. 239775.

(27) F. Cordero, Il procedimento probatorio, cit., 63, ove affermache la valutazione di inammissibilità della prova è da ancorarsiesclusivamente a fattori endoprocedimentali e conclude che,pertanto, «tra le categorie dell’atto processuale illecito e dell’at-to processualmente inefficace non sussiste un rapporto tale chela prima qualifica implichi la seconda».

(28) N. Galantini, L’inutilizzabilità, cit., 205. Negli stessi termini,A. Scella, Prove penali e inutilizzabilità. Uno studi introduttivo,Torino, 2000, 177 s., il quale sostiene che la circostanza che trale valutazioni richieste in sede penalistica e quelle richieste in se-de processuale «non viga “un’armonia prestabilita” è reso ma-nifesto dalla disciplina della testimonianza spontanea su notiziecoperte da segreto professionale: deponendo senza esservi ob-bligato, il professionista commette un reato (art. 622 c.p.), matestimonia validamente».

(29) M. Nobili, sub art. 191 c.p.p., in Commento al nuovo codicedi procedura penale, coord. da M. Chiavario, Tomo II, Torino,1990, 413.

(30) R. Casiraghi, Prove vietate, cit., 1780.

che ritiene che questo dovrebbe riferirsi non alla solanormazione ordinaria, bensì annoverare pure i dispo-sti della Carta fondamentale. Per tale via, una provaassunta in violazione delle tutele assicurate dalla Co-stituzione sarebbe esclusa dal panorama probatorionon in ragione della diretta operatività sul piano pro-cedimentale della disposizione costituzionale che lavieta, bensì grazie ad un’interpretazione costituzio-nalmente orientata della norma codicistica (31).Tanto la soluzione imperniata sulla categoria dell’i-nammissibilità, quanto quella fondata sul diversoistituto dell’inutilizzabilità, presentano il merito dioffrire un possibile spiraglio all’affermazione di unostretto principio di legalità processuale; tuttavia, en-trambe sono caratterizzate dal medesimo inconve-niente: la prova ritenuta inutilizzabile, ovvero inam-missibile, a causa della violazione di diritti costituzio-nalmente tutelati si configura necessariamente comeun intervento successivo all’esecuzione dell’attivitàinvestigativa contra legem. In altri termini, entrambele accennate soluzioni implicano la violazione dei di-ritti tutelati prima di poter trovare applicazione. Atal proposito, non può non concordarsi con coloroche ritengono tale rimedio ex post inadeguato, poi-ché «un diritto inviolabile non si protegge consen-tendo la violazione e successivamente estromettendodal processo il risultato della stessa; il diritto si garan-tisce vietando ex ante tale violazione» (32).La manifesta esigenza è dunque quella di pervenire arisultati ermeneutici in grado di anticipare il momen-to di tutela e, a tal proposito, l’unica via percorribile èl’introduzione di una fase prodromica rispetto all’ese-cuzione delle operazioni; fase prodromica rappresen-tata dalla autorizzazione e determinazione ad operadell’autorità giudiziaria delle specifiche modalità concui le videoriprese debbono essere effettuate.

Considerazioni sulla atipicità della prova

In considerazione di quanto da ultimo affermato - evenendo alle ragioni per le quali la qualificazionedelle riprese visive di comportamenti non comuni-cativi in termini di prova atipica non appare né cor-retto, né tantomeno soddisfacente - si deve osserva-re come la soluzione apprestata dal legislatore del1988 con l’introduzione della disposizione contenu-ta nell’art. 189 c.p.p. se, da un lato, ha contribuito asuperare l’antica contrapposizione tra i sostenitoridel principio di tassatività delle prove ed i fautoridell’opposto principio di libertà probatoria - che sipresentava sotto la vigenza del precedente codice dirito (33) - dall’altro, è divenuta fonte di nuovi timo-ri; autorevole dottrina ha, infatti, posto l’accento sulrischio di confondere la specifica ipotesi di mezzi

probatori effettivamente non disciplinati dalla legge«con una pretesa e asserita libertà del giudice di qua-lificare come “diversa” la prova in realtà disciplina-ta dal legislatore ma assunta contra legem» (34). Tale condivisibile rilievo sintetizza con assolutachiarezza i parametri attraverso cui occorre procede-re all’identificazione di una prova non disciplinatadalla legge: trattasi innanzitutto, dell’estensione delconcetto di prova atipica, nonché, in secondo luo-go, dei riflessi nella materia de qua del principio dellibero convincimento sulla portata dei diritti del-l’individuo nell’assunzione dello strumento probato-rio. È dunque sul piano dell’an della qualificazionein termini di atipicità e su quello del quomodo del-l’ingresso processuale di siffatto mezzo conoscitivoche si sviluppa l’intero discorso.Quanto all’aspetto, per così dire, “perimetrale” dellanozione di prova atipica, la rubrica dell’art. 189c.p.p. è in grado di fornire utili indicazioni; l’avereintitolato tale disposizione «prove non disciplinatedalla legge» legittima l’interpretazione restrittiva ditale categoria, ossia limitata a quei mezzi gnoseologi-ci aggettivati come innominati, per i quali difetta,cioè, una previsione normativa con riguardo tantoal risultato cui è indirizzato il mezzo medesimo,quanto all’elemento epistemologico dell’acquisizio-ne probatoria. Le prove atipiche, pertanto, non de-vono essere riconducibili, nemmeno per analogia, ataluno degli strumenti probatori tipizzati (35). Ciò

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Note:

(31) A. Camon, Le riprese visive, cit., 1211, ove afferma che«non si tratta più di stabilire se le norme costituzionali (ed i divietida esse arguibili) siano immediatamente applicabili nel processooppure operino solo come misura della validità della legge ordi-naria; si tratta […] di interpretare una norma legislativa. E non sivorrà negare che i precetti costituzionali operino (almeno) comecriterio ermeneutico, tale da imporre l’interpretazione costituzio-nalmente preferibile».

(32) Così C. Conti, Le video-riprese, cit., 1361.

(33) Su tal punto si veda l’approfondita opera di E. Zappalà, Ilprincipio di tassatività, cit. È stato correttamente affermato indottrina che con l’art. 189 del codice del 1988, il legislatore haoptato per una soluzione di compromesso, escludendo, per unverso, la tassatività del catalogo probatorio e limitando, per altroverso, la libertà dei mezzi di prova, propria di quel sistema inqui-sitorio da cui il nuovo rito fermamente si distacca. In tal senso,V. Grevi, Prove, in G. Conso-V. Grevi, Compendio di procedurapenale, Padova, 2006, 303. Rileva come dai lavori preparatori alcodice del 1988 emerga che la formulazione dell’art. 189 c.p.p.non sia stata in grado di dissipare ogni dubbio O. Dominioni, Laprova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi ocontroversi e di elevata specializzazione, Milano, 2005, 87 ss.

(34) In questi termini, M. Nobili, sub art. 189 c.p.p., in Commen-to al nuovo codice di procedura penale, coord. da M. Chiavario,Tomo II, Torino, 1990, 398.

(35) M. Nobili, sub art. 189 c.p.p., cit., 399 s.; negli stessi termi-ni, C. Papagno, L’interpretazione del giudice penale, cit., 94 s.

posto non possono, dunque, essere ricondotte a talefattispecie quelle prove definite irrituali, poiché vol-te ad ottenere un risultato proprio di un mezzo tipi-co, ignorandone tuttavia il relativo modello legale;essendo assunte contra legem tali prove sono, infatti,come anticipato, inutilizzabili (36). È sulla base diquesta breve premessa che deve essere preliminar-mente valutata la sostenibilità sistematica della so-luzione adottata dalla Corte di cassazione nella pro-nuncia in commento.Superata l’obiezione per la quale il significato lette-rale del termine «prova» presente nell’art. 189 c.p.p.renderebbe riferibili solamente ai mezzi di prova - enon pure ai mezzi di ricerca della prova - la catego-ria della atipicità (37), il punto nodale dell’interaproblematica riguarda la possibilità di ricondurre pervia analogica la ripresa filmata ad una delle catego-rie di mezzi di indagine già disciplinati puntualmen-te dal codice di rito (38). Ed appare a tal proposito evidente l’omogeneitàstrutturale delle videoregistrazioni con lo strumentodelle intercettazioni, in specie ambientali ex art. 266,comma 2, c.p.p.; in entrambe le fattispecie, infatti, siverifica l’apprensione occulta di manifestazioni di vi-ta privata, specificamente in ipotesi in cui si ritengasussistente il fumus perdurationis criminis (39).La dottrina e giurisprudenza maggioritarie escludo-no la reductio ad unum dei due strumenti captativi inragione della specificità dell’oggetto dell’intercetta-zione, ossia il mero dato comunicativo (40). Tale ap-proccio appare corretto, ove ci si limiti alla solacomparazione dei due mezzi di investigazione. Lad-dove, invece, si voglia tentare l’applicazione delprocedimento analogico sopra accennato, tale di-versità strutturale non sembra poter rappresentareun ostacolo; al contrario, essa ne costituisce implici-to presupposto, poiché - laddove tra i due istituti vifosse perfetta sovrapponibilità - il ricorso all’analo-gia sarebbe superfluo.Ritenuta, dunque, la riconducibilità analogica delleriprese video alle intercettazioni, la conseguenzasquisitamente procedimentale sarà quella dell’im-mediata estensibilità della disciplina dettata dagliartt. 266 ss. c.p.p. (41); estensibilità che ovviamen-te non potrà essere totale ed onnicomprensiva, mache dovrà tenere conto delle caratteristiche propriedei due diversi istituti che vengono in considerazio-ne. In tal modo, se troveranno applicazione le di-sposizioni degli artt. 266 e 267 c.p.p., diversamente,non potrà ad esempio trovare applicazione la normadi cui all’art. 268, comma 3, c.p.p. in ordine agli im-pianti utilizzabili; dovendo essere i supporti tecnicidirettamente collocati negli spazi in cui si ritiene si

svolga l’attività delittuosa, sarebbe paradossale ri-chiedere che i medesimi siano «installati nella Pro-cura della Repubblica».Delineata così nei suoi termini embrionali la possi-bile impostazione, non resta che rilevare come talesoluzione presenterebbe altresì il vantaggio di farevaporare le ricordate perplessità sollevate dalladottrina circa il vulnus ai diritti inviolabili dell’indi-viduo che, come si ricordava, le soluzioni ancoratealle categorie della inammissibilità e della inutilizza-bilità presupponevano.

Conclusioni

Si è già ricordato come la sentenza ora in commen-to abbia disatteso gli insegnamenti della Corte co-stituzionale in materia di garanzie difensive in rela-zione all’utilizzazione di riprese filmate. Deve ora os-

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Note:

(36) In tal senso, A. Bernasconi, La ricognizione di persone nelprocesso penale. Struttura e procedimento probatorio, Torino,2003, 202. Sulla necessaria limitazione della portata della cate-goria della atipicità, F. Carnelutti, A proposito della ricerca dellaverità, in Riv. dir. proc., 1960, 675. V. Garofoli, Dall’onere al dirit-to alla prova (itinerari giurisprudenziali), in Giur. it., 1999, 1339, ilquale sottolinea come la distinzione tra prova innominata e pro-va irrituale identifica il criterio di residualità proprio del principiodi non tassatività dei mezzi di prova sperimentati. Concorde, al-tresì, G. F. Ricci, Le prove atipiche, Milano, 1999, 41 ss. Si vedaaltresì P. Tonini, La prova penale, cit., 46, il quale ripropone la ca-tegoria della prova anomala, identificandola con «quella provache mira ad ottenere, mediante un mezzo di prova tipico, il risul-tato di un diverso mezzo, esso pure tipico».

(37) Sostiene la parzialità del riferimento normativo N. Galantini,L’inutilizzabilità, cit., 213. Contra, C. Papagno, L’interpretazione,cit., 106.

(38) In dottrina, si è sottolineato che la possibilità di procedere aduna applicazione analogica della disciplina prevista per altre pro-ve tipiche ad atti acquisitivi lesivi di diritti fondamentali risultapossibile unicamente ove si tratti di una interpretazione estensi-va dei casi e dei modi previsti dalla disposizione sulle prove ti-pizzate, mentre «viceversa, deve ritenersi non ammissibile unainterpretazione analogica. Tale forma di esegesi, infatti, verrebbead ampliare la lesione di diritti inviolabili fuori dai limiti espressa-mente previsti e costituirebbe, dunque, una analogia in malampartem». Cfr. C. Conti, Accertamento del fatto, cit., 166.

(39) L’oggetto della videoregistrazione, infatti, non potrà che es-sere un comportamento costituente reato; del resto, laddove co-sì non fosse, non vi sarebbe ragione per l’ingresso processualedella ripresa visiva medesima.

(40) In questo senso, C. Marinelli, Le «intercettazioni di immagi-ni», cit., 1269; nonché, F. Caprioli, Colloqui riservati, cit., 177 ss.Per i riferimenti giurisprudenziali si faccia riferimento alle già ri-chiamate sentenze delle Sezioni Unite 28 luglio 2006 e della Cor-te costituzionale n. 135 del 2002.

(41) Soluzione non dissimile da quella adottata nel d.d.l. n. 1638,recante Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche edambientali e pubblicità degli atti di indagine, approvato dalla Ca-mera in data 17 aprile 2007. Sul punto, si veda G. Tabasco, Pro-ve non disciplinate dalla legge, cit., 160 ss. Osservazioni critichecirca tale impostazione sono esposte da A. Scalfati-O. Bruno,Orientamenti, cit., 103 s.

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servarsi come, a ben vedere, questa non prenda inconsiderazione neppure le decisioni delle SezioniUnite della Corte di cassazione, anch’esse oggetto diesplicito riferimento. In esse si afferma a chiare let-tere l’impossibilità di legittimare, «sulla scia di unacultura inquisitoria che, in quanto estranea al vigen-te codice, deve essere definitivamente abbandonata,l’apertura di varchi preoccupanti nella tassatività enella legalità del sistema probatorio, proponendosi“veicoli di convincimento […] affidati interamentealle scelte investigative”» (42).La volontà della Suprema Corte - manifestata nellapronuncia in commento - di garantire i risultati del-l’attività d’indagine svolta dalla polizia giudiziaria,anche laddove conseguiti in violazione dei diritticostituzionalmente riconosciuti, si ispira, all’eviden-za, alla concezione inquisitoria del libero convinci-mento del giudice (43), quale canone orientativoper il raggiungimento dell’utopica verità materiale(44), e non invece al principio di legalità probato-ria, che l’introduzione dell’art. 189 del codice di ritoha vigorosamente riaffermato (45); si riporta così ilfenomeno probatorio verso quella che venne defini-ta come la «sfera dell’irrazionale non governabile»,la quale già aveva «in passato consentito pesanti de-generazioni giurisprudenziali» (46).Ed ancor più grave è, a nostro parere, che nel caso dispecie la preminenza conferita al criterio male captumbene retenum nemmeno appare giustificata dall’assenzadi vie alternative per l’accertamento del reato (47). Laresponsabilità dell’imputato per reati di violenza ses-suale ben poteva, infatti, essere provata oltre ogni ra-gionevole dubbio anche sulla base della testimonianza

della persona offesa, che avrebbe potuto, peraltro, es-sere corroborata in sede dibattimentale da ulteriori di-chiarazioni testimoniali, come afferma la stessa Corteove analizza gli altri motivi di ricorso (48).Chiaramente, dunque, i giudici di legittimità dellasentenza che si commenta disponevano di diversistrumenti ermeneutici per poter giungere a soluzionimaggiormente garantistiche dei diritti individualicostituzionalmente protetti.

Note:

(42) Cass., Sez. Un., 24 agosto 2003, cit., 11.

(43) Per un approfondito studio di tale principio si rinvia a M. No-bili, Il principio del libero convincimento del giudice, Milano,1974.

(44) Critico verso tale concezione del canone del libero convinci-mento A. Melchionda, voce Prova, in Enc. dir., Vol. XXXVII, Mila-no, 1988, 651 ss.

(45) E. M. Catalano, voce Prova (canoni di valutazione della), inDig. disc. pen., Tomo II, Torino, Agg. 2008, 792.

(46) Cfr. E. Amodio, Libero convincimento e tassatività dei mez-zi di prova: un approccio comparativo, in Riv. it. dir. proc. pen.,1999, 5. Esclude fermamente che la prova assunta contra legempossa «in alcun modo diventare atipica: neppure attraverso il co-modo espediente del libero convincimento», D. Siracusano, vo-ce Prova, in Enc. giur. Trecc., Roma, Agg. 2003, Vol. XXV, 5. Co-me è stato correttamente osservato, «il principio del libero con-vincimento viene fatto retroagire alla fase dell’ammissione e del-l’assunzione della prova da quelle decisioni che, attraverso unaconfusa giustapposizione del principio di non tassatività dei mez-zi di prova e del principio del libero convincimento, attraggononell’ambito del quadro probatorio elementi irritualmente acquisi-ti». In questi termini, E. M. Catalano, voce Prova (canoni di valu-tazione della), cit., 792.

(47) Una preminenza che dovrebbe essere categoricamenteesclusa per L. P. Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, 66 s.

(48) Ex pluribus, Cass., Sez. III, 29 gennaio 2004, Pacca, inC.E.D. Cass., n. 227493.