Veloci, silenziosi, mortali. Le Force Recon dei Marines.

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TNM ••• 37 FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON Uno spicchio di luna illuminava fievolmente la spiaggia lambita da piccole onde che increspavano il mare. A un certo punto un leggero fruscio scosse la poca vegetazione presente ai lati della bellissima insenatura caraibica la quale, in pieno giorno, diventava un paradiso per i tanti giovani che l’affollavano. In pochi istanti i profili delle piante assunsero sembianze umane, prima una, poi altre quattro sagome uscirono silenziosamente dalla vegetazione che, con le sue lunghe fronde, sembrava quasi accompagnarli. I contorni divenivano sempre più nitidi: berretto floscio calato sul volto perfettamente camuffato, poca buffetteria al seguito e l’immancabile M-4 puntato verso un probabile nemico. Questi uomini, simili a spettri, erano i primi a sbarcare a Grenada, la punta di lancia dell’intera operazione Urgent Fury: erano le forze da ricognizione dei marines, gli eletti tra i migliori. La ricognizione anfibia e iL maggiore meyers L’esperienza maturata durante il secondo conflitto mondiale sulle spiagge europee, ma soprattutto del Pacifico, misero in evidenza le complessità di uno sbarco anfibio. Quanti di noi ricordano i fotogrammi del film “La sottile linea rossa” o meglio ancora di “Salvate il soldato Ryan”: quando i soldati lasciavano i loro mezzi da sbarco trovavano di fronte a loro l’inferno. Gli stati maggiori avevano dunque bisogno di una forza scelta i cui compiti andassero oltre la normale raccolta di informazioni che avveniva solitamente tramite “intelligence” sul territorio o ricognizione aerea; servivano piccoli gruppi di uomini da infiltrare in profondità così da osservare i movimenti del nemico e, in alcuni casi, intercettarli e annientarli. Da questi propositi nacquero le truppe da ricognizione e, nel caso specifico, quelle del Corpo dei Marines. Lo sviluppo di questo nuovo reparto avvenne nel dopo guerra e precisamente all’interno della Marine Corps Test Unit 1, o meglio nota con la sigla MTCU#1, nella quale militò il maggiore Bruce F. Meyers considerato il padre fondatore delle unità da ricognizione del corpo. All’interno della MTCU#1, predisposta principalmente per fronteggiare le esigenze tattiche di una nuova guerra nucleare, era incluso un battaglione di fanteria i cui componenti iniziarono a prendere confidenza con nuovi sistemi di infiltrazione tramite l’ausilio di elicotteri e sottomarini. Nel 1955 una piccola unità da ricognizione fu aggregata al battaglione di fanteria sotto la direzione dell’allora capitano Meyers, un giovanotto di Seattle con grandi qualità di combattente, ma soprattutto notevoli capacità di nuotatore. Il capitano Meyers, il quale guadagnò subito la stima del brigadiere generale Lewis “Chesty” Puller (il marine più decorato della storia del corpo), mise su carta alcune importanti riflessioni circa la possibilità di aviolanciare oltre le linee nemiche, piccoli gruppi di marine per compiere ricognizioni e procurare informazioni al quartier generale. Negli anni Cinquanta non erano ancora state sperimentate tecniche di lancio idonee a tal fine, tuttavia il giovane Meyers pensò che se un aereo poteva rallentare a tal punto da atterrare su una portaerei, avrebbe potuto fare lo stesso sopra un obiettivo, così da lanciare i suoi uomini sul punto esatto prestabilito. L’iter formativo al quale fu sottoposto il maggiore Meyers riassume concretamente quello che oggi è l’addestramento basico per entrare a far parte delle unità Recon dei marines: scuola di paracadutismo e fanteria aviotrasportata di Fort Benning e successivamente un periodo alla scuola di demolizioni della marina (UDT), a stretto contatto con coloro i quali, cinque anni TNM ••• 36 Veloci silenziosi e mortali le Force Recon dei Marines DI PAOLO PALUMBO

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Uno spicchio di luna illuminava fievolmente la spiaggia lambita da piccole onde che increspavano il mare. A un certo punto un leggero fruscio scosse la poca vegetazione presente ai lati della bellissima insenatura caraibica la quale, in pieno giorno, diventava un paradiso per i tanti giovani che l’affollavano. In pochi istanti i profili delle piante assunsero sembianze umane, prima una, poi altre quattro sagome uscirono silenziosamente dalla vegetazione che, con le sue lunghe fronde, sembrava quasi accompagnarli. I contorni divenivano sempre più nitidi: berretto floscio calato sul volto perfettamente camuffato, poca buffetteria al seguito e l’immancabile M-4 puntato verso un probabile nemico. Questi uomini, simili a spettri, erano i primi a sbarcare a Grenada, la punta di lancia dell’intera operazione Urgent Fury: erano le forze da ricognizione dei marines, gli eletti tra i migliori.

La ricognizione anfibiae iL maggiore meyersL’esperienza maturata durante il secondo conflitto mondiale sulle spiagge europee, ma soprattutto del Pacifico, misero in evidenza le complessità di uno sbarco anfibio. Quanti di noi ricordano i fotogrammi del film “La sottile linea rossa” o meglio ancora di “Salvate il soldato Ryan”: quando i soldati lasciavano i loro mezzi da sbarco trovavano di fronte a loro l’inferno. Gli stati maggiori avevano dunque bisogno di una forza scelta i cui compiti andassero oltre la normale raccolta di informazioni che avveniva solitamente tramite “intelligence” sul territorio o ricognizione aerea; servivano piccoli gruppi di uomini da infiltrare in profondità così da osservare i movimenti del nemico e, in alcuni casi, intercettarli e annientarli. Da questi propositi nacquero le truppe da ricognizione e, nel caso specifico, quelle del Corpo dei Marines. Lo sviluppo

di questo nuovo reparto avvenne nel dopo guerra e precisamente all’interno della Marine Corps Test Unit 1, o meglio nota con la sigla MTCU#1, nella quale militò il maggiore Bruce F. Meyers considerato il padre fondatore delle unità da ricognizione del corpo. All’interno della MTCU#1, predisposta principalmente per fronteggiare le esigenze tattiche di una nuova guerra nucleare, era incluso un battaglione di fanteria i cui componenti iniziarono a prendere confidenza con nuovi sistemi di infiltrazione tramite l’ausilio di elicotteri e sottomarini. Nel 1955 una piccola unità da ricognizione fu aggregata al battaglione di fanteria sotto la direzione dell’allora capitano Meyers, un giovanotto di Seattle con grandi qualità di combattente, ma soprattutto notevoli capacità di nuotatore. Il capitano Meyers, il quale guadagnò subito la stima del brigadiere generale Lewis “Chesty” Puller (il marine più decorato della storia del corpo), mise su carta alcune importanti riflessioni circa la possibilità di aviolanciare oltre le linee nemiche, piccoli gruppi di marine per compiere ricognizioni e procurare informazioni al quartier generale. Negli anni Cinquanta non erano ancora state sperimentate tecniche di lancio idonee a tal fine, tuttavia il giovane Meyers pensò che se un aereo poteva rallentare a tal punto da atterrare su una portaerei, avrebbe potuto fare lo stesso sopra un obiettivo, così da lanciare i suoi uomini sul punto esatto prestabilito. L’iter formativo al quale fu sottoposto il maggiore Meyers riassume concretamente quello che oggi è l’addestramento basico per entrare a far parte delle unità Recon dei marines: scuola di paracadutismo e fanteria aviotrasportata di Fort Benning e successivamente un periodo alla scuola di demolizioni della marina (UDT), a stretto contatto con coloro i quali, cinque anni

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Veloci,silenziosie mortalile Force Recon dei Marines

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dopo sarebbero divenuti i Navy SEAL (le unità Recon sono, infatti, più “anziane” degli incursori della marina). Nel 1957 la 1a Compagnia da Ricognizione Anfibia fu disciolta per tramutarsi in 1a Compagnia da Ricognizione (1st FORECON) con al comando il maggiore Bruce F. Meyers. Il primo nucleo di questa compagnia disponeva di 147 paracadutisti e sommozzatori, metà dei quali furono presto inviati nella costa orientale per la creazione del 2° Force Recon. La mente di Meyers era in continuo movimento e, nel 1958, sottopose la sua compagnia a un esperimento molto interessante che prevedeva l’infiltrazione in territorio avversario tramite elicottero decollato da un sommergibile (Sub Lift). Il 23 marzo 1958, 75 Recon Marines della

compagnia Charlie (comandata dal capitano John W. Slagle) s’imbarcarono sul sottomarino USS Perch (SSP-313) l’unico, nel settore del Pacifico, in grado di alloggiare truppe. Furono così portati a termine, con successo, ben 170 atterraggi, un record sia per i marines, sia per il sommergibile.

corea e Vietnam (op. Kansas)L’esordio sul campo dei reparti da ricognizione dei marines avvenne durante la guerra in Corea nel 1950, ben prima che Meyers assumesse il comando. Allo scoppio delle ostilità gli Stati Uniti inviarono (7 luglio 1950) la 1° Provisional Marine Brigade distaccata dalla 1° Divisione Marine. All’interno di questa grande unità, guidata dal Brigadiere generale Edward

A. Craig, furono selezionati due plotoni speciali da ricognizione denominati Detachment Reconaissance Company. Destino vuole che questi due plotoni non compaiano in nessun ordine di battaglia della guerra di Corea e conseguentemente non esista alcuna memoria storica che registri le diverse azioni a cui hanno partecipato. Solo a posteriori, le associazioni di veterani, hanno ripreso in mano i documenti ed estrapolato diversi atti di eroismo nei quali si distinsero i progenitori delle Recon Force. Una di queste azioni fu certamente l’attraversamento a nuoto del fiume Han (19 settembre 1950) in appoggio della 5° divisione Marines nel tentativo di entrare a Seoul. Un gruppo di coraggiosi,

guidati dal capitano Kenneth J. Houghton, nuotò silenziosamente, in una notte senza luna, attraverso l’Han per attestarsi sull’altra sponda e guidare l’assalto dei mezzi anfibi; una volta toccata terra i nord coreani, in agguato sulla Quota 125 dominante il corso d’acqua, aprirono il fuoco ferendo gravemente Houghton alla schiena rendendo vano il suo atto di coraggio. Il vero esordio delle truppe da ricognizione avvenne dopo che il maggiore Meyers prese le redini del gruppo, preparandolo alla guerra in Vietnam. Il primo distaccamento a sbarcare nel Vietnam del Sud fu la 3a Force Recon Company (3° divisione Marines) iniziata proprio per fronteggiare la prima emergenza nel sud est asiatico durante

l’operazione Hastings (luglio 1966). Alla fine di “Hastings” il 3° Recon Battalion fu rimpiazzato dal 1° Recon Battalion che arrivò al seguito della 1a divisione Marines. Tra le principali azioni che coinvolsero il 1° Recon vi fu l’operazione Kansas nella valle di Que Son (giugno 1966), celebrata come la più gloriosa nella storia di tutto il reparto. Il generale Lewis L. Walt, comandante della 3a Marine Amphibious Force affidò al 1° Recon Battalion del tenente colonnello Arthur Sullivan l’incarico di pattugliare la valle di Que Son alla ricerca di elementi della 2a Armata Nord Vietnamita, particolarmente attiva in quel settore. La sera del 13 giugno i marines partirono alla volta dell’obiettivo su due elicotteri: il primo Recon team fu sbarcato a

Nui Loc Son, una piccola montagna al centro della valle, mentre il secondo (denominato “Carnival Time” composto da 15 Recon marine e due medici), comandato dal sergente Jimmie E. Howard, fu lasciato in prossimità di Quota 488 a Nui Vu. Dopo due giorni in cui “Carnival Time” guidò il fuoco di artiglieria su altrettanti obiettivi sensibili e di vitale importanza per i nord vietnamiti, il quarter generale segnalò via radio che nel settore di Nui Vu – la loro base – stavano convergendo ingenti forze avversarie. Il sergente Howard cercò di sfruttare l’atteggiamento aggressivo del suo reparto contrattaccando, tuttavia l’alto comando gli negò il permesso, ordinandogli di trincerarsi sulle pendici della collina e attendere

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i rinforzi. Non tardò molto che sull’intero team da ricognizione dei Marines si scatenarono le armi automatiche dell’esercito nord vietnamita. I rinforzi promessi tardavano ad arrivare e col passare delle ore la situazione diventava sempre più critica; molti giovani marines furono presi momentaneamente dal panico: alcuni avevano intuito di essere circondati e sapevano che il rapporto tra attaccanti e difensori era di 25 a 1. Il sergente Howard, veterano dell’episodio eroico di “Bunker Hill” in Corea, spronava i suoi uomini i quali, grazie a un tiro preciso e cadenzato, riuscivano a respingere ogni assalto nemico, ciò nondimeno le munizioni iniziavano a scarseggiare. Era necessario un intervento aereo, diversamente l’intera pattuglia Recon sarebbe stata annientata. Ad un certo punto i marines terminarono le granate e mossi da un impeto di disperazione, cominciarono a lanciare pietre che, scambiate per bombe, facevano

uscire allo scoperto i vietnamiti, subito falciati dagli M-16 americani. L’appoggio aereo finalmente arrivò: cannoniere ed elicotteri d’attacco si alternarono per alleggerire la pressione del nemico, tuttavia il recupero della pattuglia era impossibilitato dall’intenso tiro nord vietnamita. Non appena sul campo di battaglia calò l’oscurità, i vietnamiti intrapresero una snervante guerra psicologica urlando verso i marines frasi ingiuriose e promesse di morte; i soldati di Howard fecero altrettanto e per un momento il crepitio delle armi da fuoco fu rimpiazzato da urla e schiamazzi!. Alle prime luci del giorno la situazione si ribaltò e dopo ore di pressante bombardamento aereo gli attacchi dei nord vietnamiti cessarono e i cacciatori diventarono prede per l’aviazione americana. Finalmente Carnival Time fu prelevata dalle sue posizioni, il sergente Howard, gravemente ferito alla schiena, fu evacuato dal Medevac; sdraiato

sulla barella a bordo dell’elicottero non sapeva ancora che il suo nome sarebbe entrato nella storia del Marines. In 660 minuti di combattimento la pattuglia del 1° Recon guadagnò una medaglia d’onore del Congresso (Gunnery Sergeant Jimmie E. Howard), 4 Navy Crosses, 13 Stelle d’Argento e 18 Purple Hearts.Terminata l’esperienza nel sud est asiatico il Corpo dei Marines fu oggetto di diversi cambiamenti e le stesse compagnie da ricognizione ricaddero in alcuni provvedimenti riduttivi. Nel 1974 le Force Recon furono limitate ad una singola compagnia e a livello divisionale le compagnie furono diminuite a tre per ciascun battaglione. L’unità da ricognizione base era plasmata su un team di quattro uomini: un leader, un assistente al team leader, un operatore radio, e un conduttore automezzi. Negli anni Ottanta le formazioni da ricognizione dei marines furono nuovamente rinforzate: nel quadro

internazionale stavano sorgendo nuove emergenze, in particolare riguardo il terrorismo. Le Force Recon – come vedremo più avanti – non erano tuttavia considerate forze speciali quindi i loro incarichi rimanevano legati alle normali attività delle unità anfibie.

forecon oggi: organigramma, distinzioni e compitiPrima di addentrarci nell’addestramento e gli attuali compiti operativi delle forze da ricognizione, è importante dare alcune coordinate circa l’ordine di battaglia del Corpo dei Marines oggi: solo così è possibile, infatti, comprendere l’inquadramento e gli scopi operativi delle FORECON. Il “beneamato” Corpo è suddiviso in tre grandi MEF (Marine Expeditionary Forces) le quali consistono in una divisione marine, una Marine Air Wing (aviazione dei marines) e una Force Service Support Group. Subordinata alla MEF, con un effettivo inferiore, troviamo la MEB

(Marine Expeditionary Brigade) e successivamente la MEU (Marine Expeditionary Force) anche conosciuta come MAU (Marine amphibious Unit) che rappresenta l’unità più piccola inserita nella MAGTF (Marine Air Ground Task Force). Nella MEU esiste una componente SOC (Special Operation Capable) la quale però non deve trarre in inganno poiché non si tratta di unità di forze speciali; in primo luogo le Special Operation sottostanno direttamente al SOCOM (Special Operation Command) e solo nel 2006 il Corpo dei Marines si è dotato di un’unità specializzata, il MARSOC (Marine Special Operation Command) appunto inclusa nel SOCOM. Le sotto unità di una MEU (SOC) includono una GCE (Ground Combat Element), una ACE (Aviation Combat Element) e un MEU Combat Service Group e un CE (Command Element). All’interno del Comando (CE) sono operativi un Radio Recon Battalion Detachment, un Intelligence Detachment e un Force Recon Platoon. Sovente incontriamo due diverse dizioni Force Recon o Battalion Recon; è bene specificare che l’addestramento dei marine delle due unità è uguale, la differenza sta solo in chi le comanda: nel primo caso il comandante della Task Force, mentre nel secondo quello di battaglione. Attualmente l’unica compagnia che agisce in maniera indipendente è il 1st Recon Force (Camp Pendelton, California); il 2nd Recon Bn. (nella costa orientale a Camp Lejeune – North Carolina) e il 3rd Recon Bn. (Okinawa - Giappone) sono inclusi nei loro rispettivi battaglioni di appartenenza e non operano al di fuori della loro consueta catena di comando. Anche se, come abbiamo fatto notare, le Force Recon non sono annoverate tra le Special Forces, esse svolgono missioni molto particolari e in certi casi non dissimili da quelle dei SEAL o dei Berretti Verdi. Le operazioni modello svolte dalle

unità da ricognizione dei marines sono sostanzialmente di due tipi: in profondità (convenzionali), o Green Operation e le azioni dirette, Black Operation. Le missioni convenzionali hanno come scopo principale identificare, osservare, sorvegliare e riportare i movimenti del nemico al comandante della MAGFT. Dopo un’infiltrazione avvenuta via mare o aria, le Recon Force scandagliano letteralmente il territorio avversario, tenendo conto di diversi fattori quali orografia, spiagge, strade, ponti, itinerari secondari, possibili zone di atterraggio di aerei o elicotteri (HLZ – Helicopter Landing Zone) oppure la messa in sicurezza di Drop Zone per l’arrivo di unità paracadutate (ITG Initial terminal guidance). I marines sono inoltre chiamati a designare obiettivi sensibili con i sensori laser (remote sensor operation) oppure a verificare i danni agli equipaggiamenti nemici dopo un bombardamento (BDA – Battle damage assessment). Tutti questi incarichi vengono assolti in profondità del territorio ostile, quindi non godono di eventuale appoggio aereo o di artiglieria; teoricamente una pattuglia Recon deve evitare in modo assoluto il contatto con il nemico, se questo avviene la missione è compromessa. Di altra natura sono le Black Mission o di azione diretta le quali, diversamente dalle prime, prevedono il contatto con l’avversario. Tra i vari compiti in modalità aggressiva, i Recon marine hanno l’assalto alle piattaforme petrolifere (GOPLAT Gas/Oil Platforms) l’abbordaggio e l’ispezione di naviglio sospetto (VRSS Vessel/Board/Search/Seizure) e operazioni di interdizione marittima (MIO – Maritime Interdiction Operations). Alla luce dei nuovi scenari bellici che stanno prendendo corpo nel mondo, le truppe da ricognizione, per le loro caratteristiche di combattività e preparazione, assumono anche

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ruoli ai quali non erano preparate: ad esempio quello di PSD o meglio Personal Security Detail, scorta e protezione di personaggi particolarmente esposti, oppure IHR In-Extremis Hostage Rescue, ma questo solo in casi molto particolari (attualmente questi problemi vengono affidati sempre più al MARSOC).

duro addestramento Se osserviamo il lungo percorso addestrativo al quale è sottoposto un marine che voglia entrare nelle truppe da ricognizione, stentiamo a credere che non sia incluso tra gli operatori delle forze speciali. Per conseguire la qualifica MOS 0321 (Military Occupation Speciality) di Recon marine il candidato dovrà affrontare una serie di corsi che lo porteranno a confrontarsi sia con operatori SEAL, sia con gli uomini dei Berretti Verdi o della Delta Force. Per accedere ai corsi il giovane marine deve aver già frequentato con ottimo rendimento

la Marine Recruit Training (MRT), la Scuola di Fanteria e aver trascorso non meno di 3 o 5 anni in un reparto operativo; solo ai migliori e a quelli più fisicamente dotati è concesso l’ingresso agli improbi test propedeutici della Recon School. La giornata del candidato è scandita da stressanti esercizi fisici, ma soprattutto da prove in piscina al limite dell’umano; una volta superate le prime settimane d’inferno gli aspiranti MOS 0321 cominciano la preparazione più specifica che permetterà loro di essere inquadrati in un’unità Recon. La trafila che regola la formazione di un MOS 0321 annovera una serie svariata di corsi rivolti a dare una preparazione a 360° a ciascuna squadra da ricognizione. Ci sono cinque fasi principali che marcano il duro percorso formativo di un’unità Recon: 1. Fase di addestramento individuale, 2. Fase di addestramento con l’unità, 3. Fase di addestramento con la MEU (SOC), 3. Dispiegamento di una MEU (SOC) e 5. Fase di post dispiegamento. Il primo step mira a formare individualmente il candidato marine e – come abbiamo detto – a completare una squadra di soldati in cui tutti coprano un determinato tipo di competenze. Tutti sono obbligati a fare il corso base di ricognizione (otto settimane per il Basic Reconnaissance Course a Little Creek, Virginia o a Coronado in California), lo stesso vale per il corso di paracadutismo (Fort Benning - Georgia), di sommozzatori (Panama City - Florida), il SERE, il corso di caduta libera (MFF Military Free Fall School – Yuma Arizona) e la scuola Ranger sempre a Fort Benning. Poi il percorso si affina mettendo in risalto certune individualità; ad esempio il corso da direttore di lancio lo seguono sono due elementi per plotone, lo stesso vale per l’HRST (Helicopter Rope Suspension Training – Camp Pendelton CA), o il corso master

di immersione. Altre fasi di apprendimento toccano singoli membri del team come il corso Scout Sniper, quello per le guide da montagna, sia in estate sia in inverno (Summer and Winter Leadership Course – Pickle Meadows California) ed infine quello per operatore strumentazione Laser. Una scuola molto particolare e particolarmente richiesta, riguarda i medici i quali, differentemente dalle altre unità, devono avere le stesse qualifiche dei MOS 0321: un corso lungo 22 settimane presso la Special Operation Medical Seargent Course di Fort Bragg. Superato questo interminabile sentiero irto di ostacoli, ma che regala grandi soddisfazioni, il marine Recon entra nella fase 2 dell’addestramento con la composizione di una Training Cell (T-Cell) che inizierà ad operare per la prima volta in gruppo, durante la MEU PTP (Pre deployement Training Phase). All’interno di questa nuova fase la squadra al completo accrescerà le sue conoscenze con la

frequentazione di diversi pacchetti formativi quali la Advanced Long Range Communication Package (tre settimane), la Weapons and Tactics Package (tre settimane), la Threat Weapons Familiarization

Package (una settimana), la Mobile Reconnaissance

Package, l’Advanced Airborne Package,

la Combat Trauna Package, l’Amphibious Training Package (due settimane) e la Combat

Dive Package. Al termine dello

spiegamento addestrativo MEU i

marines Recon passano alla fase successiva, la terza, che insegnerà loro le tattiche operative delle Black Operation. Successivamente il quinto step condurrà ad un ciclo operativo di sei mesi dove la squadra sarà imbarcata al seguito di una MEU, pronta a intervenire in qualsiasi parte del mondo. L’ultima fase, la quinta, sarà decisiva per un Recon marine poiché nei 30 giorni di meritato riposo - dopo più di un anno di forte pressione e addestramento - egli potrà decidere se rimanere con una

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compagnia Force Recon oppure ritornare al suo incarico iniziale.

in combattimento: iraq e afghanistan La “guerra al terrore” iniziata nel 2001 dal presidente americano George W. Bush ha, ovviamente, messo in prima linea l’intero Corpo dei Marines il quale, dalle montagne dell’Afghanistan fino al deserto iracheno, ha impegnato sin dalla prima ora i suoi uomini migliori tra cui le unità da ricognizione. Stendere una cronologia delle azioni in cui sono state impegnate le Force Recon è davvero difficile: non esiste una pubblicazione che le riporti tutte, comunque molte riviste del settore e le fonti stesse dei Marines ne hanno riportate diverse davvero sensazionali. Tra queste ho provato

a selezionarne alcune che nel contempo rendono maggiormente chiaro il compito a cui sono chiamati questi soldati specializzati. La notte del 23 luglio, sopra i cieli dell’Iraq, un KC-130 Hercules del 3° Marine Aircraft Wing spalancava i suoi portelloni per “scaricare” un team del 1° Recon: era, infatti, dai tempi della guerra in Vietnam che le forze da ricognizione dei marines non eseguivano una infiltrazione in territorio nemico usando questa tecnica. “Siamo stati costretti a questo tipo di azione” – racconta il maggiore Douglas B. Davis, comandante del Marine Aerial Refueler Transport Squadron 234 (VMGR 234) – “poiché un’inserzione via terra avrebbe sicuramente attirato l’attenzione e di conseguenza il fuoco nemico”. La missione dei 6 marines prevedeva

la preparazione di una LZ per un successivo aviosbarco di due CH-46E Sea Knights: “Siamo stati introdotti clandestinamente – ha spiegato un marine recon – per condurre un’imboscata contro probabili piazzamenti di esplosivi IED”. Il lavoro, condotto dal 1° Recon, è stato eseguito secondo lo schema classico previsto per questo tipo di azioni e, a coronamento del successo, la pattuglia americana ha evitato qualsiasi contatto con le forze avversarie (fonte: SOFREP – Special Operation Force Situation Report). Sei anni dopo un’azione simile è stata compiuta sempre dalla stessa unità in Afghanistan. Il 5 ottobre 2010, la compagnia Bravo del 1° Recon bn. è stata paracadutata con la stessa tecnica HAHO da un KC 130 della VMGR 352 in appoggio alle forze alleate dell’ISAF e dell’ANA (Afghan National Army). Durante l’invasione irachena le imprese del 1° Recon sono diventate oggetto di un serial televisivo, “Generation Kill” (tratto da due libri del giornalista Ewan Wright); sul campo i marines non hanno avuto vita facile, in particolare quando si sono ritrovati nell’inferno di Fallouja. Due giorni prima che la battaglia infuriasse, l’unità da ricognizione dei marines fu infiltrata nei quartieri settentrionali della città a caccia di guerriglieri e per “segnare” i successivi obiettivi dell’aviazione. Una notte davvero difficile che vide i marines ingaggiati in uno stremante combattimento casa per casa: “Ci sparavano da tutte le parti” – ricorda il capitano Jason Schauble – “c’erano nemici che arrivavano da tutte le direzioni, piazzando anche i mortai. I guerriglieri ci vomitarono addosso ogni tipo di munizioni: dai proiettili ai razzi. Noi sparammo tutto il giorno, su diversi obiettivi”. L’azione sostenuta dall’unità Recon si attenuò con l’arrivo della fanteria, tuttavia la battaglia era appena all’inizio: i marines di Schauble rimasero in attesa del

primo duro bombardamento sulla città avvenuto l’8 novembre 2004. Il giorno dopo, senza alcuna tregua con 24 feriti (13 furono decorati) e diversi uccisi in combattimento, l’unità raggiunse un reparto corazzato dei marines per scortarli verso la moschea di Al Hadra (fonte: Los Angeles Times 6/12/2004). In Afghanistan, il 1° Force Recon (acquartierato a Camp Leatherneck) è stato recentemente impegnato, nel luglio 2010, nella provincia di Helmand e in particolare nel distretto del deserto di Marjah per sostenere l’azione del 3° battaglione della 3a divisione Marines. L’operazione “New Dawn”,

nella quale il brigadiere generale Joseph Osterman comandante della 1a divisone Marines, ha inviato le sue truppe da ricognizione, aveva come scopo primario di attaccare le aree di transito usate dai talebani per i loro spostamenti. La decisione di mandare le Force Recon nel deserto di Sistani (ad ovest di Marjah) è stata presa non tanto per le loro peculiarità operative, quanto per il fatto che tutte le unità dei marines erano già impegnate in altre missioni. “Ora che il 1° Recon è arrivato” – ha affermato il generale Osterman – “il deserto di Sistani è effettivamente sotto controllo.

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Le fontiPer la stesura di questo articolo mi sono avvalso di poche pubblicazioni poiché la maggior parte dell’edito trattava della guerra in Vietnam o in Corea, su tutte vorrei ricordare il testo fondamentale per la storia del 1° Recon scritto dal loro fondatore Bruce F. Meyers, Fortune Favors the Brave: the story of First Force Recon. Tra i volumi di facile reperimento troviamo quello edito dalla Osprey di Charles D. Melson e Paul Hannon, Marine Recon 1940-90 (Londra 1994). Le fonti principali dalle quali ho attinto informazioni utili su episodi di guerra, ma soprattutto sull’Iraq e l’Afghanistan (dove ho riportato solo alcuni fatti curiosi) sono quelle tratte dalle News pubblicate sul sito ufficiale del Corpo dei Marines (Marine Corps News Room), diversi articoli provenienti dalla rivista elettronica Divds (Defence Video & Imagery Distribution System), ma soprattutto dal bollettino edito dai veterani del 1° Force Recon “Recon Reflection” ricco di immagini, storie e notizie dell’ultima ora. Per la parte riguardante l’addestramento e l’inquadramento dei Recon è stata fondamentale la lettura dell’articolo di Patrick A. Rogers, Strong Men Armed. The Marine Corps 1st Force Reconnaissance Company.

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Una volta che noi arriviamo in un’area non la lasciamo finché non passa concretamente sotto il controllo delle autorità afghane”. Il 7 dicembre 2010, a Camp Leatherneck, il tenente colonnello Michael Mooney, ufficiale comandante del 1° Recon Bn. ha passato le consegne al comandate Lawrence Hussey del 2° Recon Bn., dopo sei lunghi mesi di schieramento (dal maggio 2010). I nuovi arrivati del 2° battaglione da ricognizione ricevettero i medesimi ordini dei loro predecessori, vale a dire porre sotto controllo e ripulire dai talebani la provincia di Helmand. “I nemici avranno presto occasione di conoscere e temere gli uomini del 2° Recon” – ha dichiarato il comandante Mooney – “conosceranno i famigerati “Black Diamond” i quali diventeranno il loro peggiore incubo”. Il soprannome “Black Diamond”, dato proprio dai talebani ai recon marines, deriva dalla particolare forma del distintivo portato dai soldati sul loro elmetto, che ricorda appunto la testa di un diamante. Fino ad oggi, in Afghanistan, si sono alternati i marines del 1°, 2° e 3° Recon Bn. i quali hanno sempre dimostrato il loro valore tanto da essere la forza dei marine più temuta dai talebani: non a caso, in diverse conversazioni radio intercettate, i capi talebani hanno sempre raccomandato ai loro uomini di “…evitare ogni contatto con i terribili “Diamanti Neri”.

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