VASSÌLIS VASSILIKÒS, «Senza splendore alcuno», a cura e con un'intervista di Crescenzio ...

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5 Soglie, anno XVII, n. 1, Aprile 2015, pp. 5-19 VASSÌLIS VASSILIKÒS Senza splendore alcuno a cura di Crescenzio Sangiglio Vassìlis VASSILIKÒS, (1934) certa- mente il più noto prosatore e roman- ziere greco contemporaneo in ambito europeo, ma forse mondiale, è anche un notevole poeta, autore di sette rac- colte, poi riunite in un unico volume dal titolo Laka Suli (Poesie dell’esilio, 1967-1973). Vassilikòs è, inoltre, il narratore greco più letto e conosciuto in Italia: L’arpione (1974), Il Greco errante (1974), Il monarca (1977), Alfatridis (1979), Sogni diurni (1991), K. L’orgia del danaro (1997), Una storia d’amore (1999) sono le sue opere sinora tradotte e pubblicate nel nostro paese. Leggere Vassilikòs significa leggere l’esistenza (nell’accezione più ele- mentare di esistere più che vivere) della Grecità nel mondo, leggere la reattiva sostanza psicologica ellenica imprigionata entro le ospitanti società straniere. E questo perché Vassìlis Vassilikòs ha vissuto le peripezie degli émigrés, in- dividui marginali in balia delle intemperie politiche ed esistenziali, patrioti senza patria, randagi senza meta, senza un rassicurante ubi consistam, con il tarlo del νόστος a trivellare il cuore e il cervello. Nelle trame della sua mitologia romanzesca, la storia greca dei tempi odierni viene vissuta, approfondita e narrata attraverso la moltitudine di ‘eroi’ elpènori, ignoti e ignorati, tutto un universo reale quanto a presenza, ma fan- tomatico per incidenza, che ruota nel vortice di una emigrazione malata di patria, minata da quel sentimento in bilico tra nostalgia, dolore, fierezza e am- mirazione noto come ρωμέικος καημός, 1 e più o meno da intendersi come passione greca: un travagliato spartiacque tra l’esilio obbligato e l’immagine della patria drammaticamente trasfigurata. 1 Le parole Ρωμαίος, romano, e Ρωμιός, greco, donde ρωμέικος, derivano da Ρώμη, ‘Roma’.

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5Soglie, anno XVII, n. 1, Aprile 2015, pp. 5-19

Vassìlis Vassilikòs

Senza splendore alcuno

a cura di Crescenzio Sangiglio

Vassìlis Vassilikòs, (1934) certa-mente il più noto prosatore e roman-ziere greco contemporaneo in ambito europeo, ma forse mondiale, è anche un notevole poeta, autore di sette rac-

colte, poi riunite in un unico volume dal titolo Laka Suli (Poesie dell’esilio, 1967-1973). Vassilikòs è, inoltre, il narratore greco più letto e conosciuto in Italia: L’arpione (1974), Il Greco errante (1974), Il monarca (1977), Alfatridis (1979), Sogni diurni (1991), K. L’orgia del danaro (1997), Una storia d’amore (1999) sono le sue opere sinora tradotte e pubblicate nel nostro paese.

Leggere Vassilikòs significa leggere l’esistenza (nell’accezione più ele-mentare di esistere più che vivere) della Grecità nel mondo, leggere la reattiva sostanza psicologica ellenica imprigionata entro le ospitanti società straniere. E questo perché Vassìlis Vassilikòs ha vissuto le peripezie degli émigrés, in-dividui marginali in balia delle intemperie politiche ed esistenziali, patrioti senza patria, randagi senza meta, senza un rassicurante ubi consistam, con il tarlo del νόστος a trivellare il cuore e il cervello.

Nelle trame della sua mitologia romanzesca, la storia greca dei tempi odierni viene vissuta, approfondita e narrata attraverso la moltitudine di ‘eroi’ elpènori, ignoti e ignorati, tutto un universo reale quanto a presenza, ma fan-tomatico per incidenza, che ruota nel vortice di una emigrazione malata di patria, minata da quel sentimento in bilico tra nostalgia, dolore, fierezza e am-mirazione noto come ρωμέικος καημός,1 e più o meno da intendersi come passione greca: un travagliato spartiacque tra l’esilio obbligato e l’immagine della patria drammaticamente trasfigurata.

1 Le parole Ρωμαίος, romano, e Ρωμιός, greco, donde ρωμέικος, derivano da Ρώμη, ‘Roma’.

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La poesia di Vassilikòs esprime, è, per più aspetti, un riecheggiamento del-le tematiche svolte in ambito narrativo: le vicende dell’alienazione, dell’op-pressione spirituale e fisica, del soffocamento della vita mentale/personale e, nel contempo, etnica/pubblica, si alternano con le ineliminabili, si direbbe ‘genetiche’ istanze politiche e ideologiche dell’homo graecus, contemperate tuttavia in equilibrata tensione con il vissuto storico ad opera di una coscienza vigile e sempre critica.

Vi è una spontanea scorrevolezza ed una genuinità senza fronzoli nella poesia di Vassilikòs, nella quale liberamente si esplica una rivelativa tavo-lozza di colorazioni umane, caratteri sociali, una moltitudine di abbozzi di vite in sospeso tra l’impellenza del quotidiano e l’assillo della problematica nazionale, tra l’inesistenza di ideali sostenitivi e la diffusione di idoli erratici e fallaci. Una poesia che non evoca armonia estetica, né elabora linguaggi di elegante nitore, ma addita puntualmente ingrate realtà, nevrotiche miserie, speranze disattese, aspettative umiliate.

Negli anni dell’esilio tra Italia, Germania, Francia e Stati Uniti il poe-ta forgia la propria “immanenza fattuale”, trasferendo nelle sue meditazioni narrative l’incontro di un “esiliato e fuggiasco” con gli attori di una vita an-tieroica, sparsi, come inutili residuati di una diaspora traumatica e costrittiva, “nelle banchine, nei caffè, nelle piazze, nelle strade, nei porti, nelle locande”.

Riverbero antiretorico di questo atteggiamento sono una poesia e una poe-tica che Vassilikòs adotta quasi con pudore, nei modi di un canto sommesso e discorsivo. Nella parola scabra ed essenziale, nella sintassi creativa di insolite accezioni, nella plasticità di un recitativo pregnante, Vassilikòs trova, o piut-tosto ritrova la semplice esuberanza di una lingua greca nella quale si realizza la perfetta coincidenza tra significato e significante: una primaria stringatezza che sa utilizzare nel modo più fertile neologismi e omofonie per mettere in tutta sincerità a nudo sentimenti, contingenze, esperienze, sensazioni e im-magini.

Vassìlis Vassilikòs

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A colloquio con Vassìlis Vassilikòs

Quali sono i suoi rapporti con la cultura europea e in particolare italiana?Sono cresciuto – dapprima in ambito familiare e poi durante gli anni

della scuola (l’Istituto ‘Anatolia’ di Salonicco) – in un mondo culturale ri-spettivamente francese e anglosassone. Nei primi anni sessanta ho rivolto il mio interesse verso l’Italia. E avendo in seguito vissuto dodici anni a Roma (1972-1987), con brevi parentesi in Grecia nel triennio 1981-1984, ho ama-to profondamente la cultura italiana. Vorrei, ad esempio, ricordare i nomi degli italiani ai quali mi hanno legato rapporti di vera amicizia e che sono protagonisti del mio libro Ritratti, del 1975, successivamente ristampato col titolo 290 Personalità del 2007: Antonioni, Arbasino, Vigorelli, Vit-ti, Natalia Ginzburg, Tonino Guerra, Eco, Calvino, Claudia Cardinale, De Chirico, Furio Colombo, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato, Nerio Minuzzo, Moravia, Balestrini, Bassani, Berio, Giovanni Berlinguer, Mauro Bolognini, Pietro Buttitta, Umberto Orsini, Francesco Rosi, Silone, Luigi Squarzina, Piero Tosi, Fallaci, Feltrinelli, Marco Ferreri. Nel mio libro de-dico una pagina ad ognuno di loro.

Nella sua produzione letteraria in che modo si pone il rapporto tra poesia e prosa?

Ho iniziato come poeta, ma non lo sono diventato. Negli anni del mio esi-lio la poesia è ricomparsa e, devo dire, è stata una vera e propria liberazione. Sono rimasto nondimeno poeta nelle mie opere in prosa. Direi meglio: non tanto ‘poeta’, quanto ‘lirico’.

Nell’odierna società greca l’arte può sostenere un ruolo politico, e quale?Nessun ruolo politico. Può però risvegliare le coscienze e liberare il cer-

vello e il cuore dalla disperazione o dalla beata indolenza.

La sua carriera letteraria è lunga e avventurosa, tra le più ricche delle lettere contemporanee greche. Quali ne sono stati gli inizi, i moventi e l’evoluzione?

Con una domanda come questa mi chiede molte cose, troppe per risponde-re nei limiti di un’intervista. Vorrei indirizzarla al mio libro La letteratura ed altri dèmoni. 60 anni di scrittura e lettura, 1952-2011 (Ed. Gutenberg), uscito un mese fa, dove si trova qualche risposta ai quesiti posti.

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Sulla base della sua esperienza, come appare oggi la poesia greca rispetto agli standard e agli sviluppi in Europa?

Credo che la poesia greca sia di un livello assai elevato. Sembrerà strano, ma ritengo che la poesia esprima i greci più di quanto non esprima gli altri popoli europei. Pare che sia qualcosa insito nel nostro DNA. Il greco medio mantiene una relazione con la poesia più ampia di quella, ad esempio, di un francese o di uno scandinavo. Per quanto riguarda i rapporti con l’Europa, la ricerca di reciproca conoscenza tra i poeti si pone soprattutto nel quadro dei rapporti con i paesi balcanici limitrofi piuttosto che con quelli europei occi-dentali.

Si sa che l’epoca in cui viviamo è impersonalmente tecnologica. Ugualmente si osserva che tale situazione provoca (spesso) un isolamento degli esseri umani. Secondo lei, le prospettive dell’arte della parola (poesia, prosa, criti-ca, teatro, ecc.) possono andar di pari passo con l’evoluzione tecnologica o, al contrario, non sono in grado di affrancare l’uomo dalla continua minaccia della solitudo in moltitudinem?

Sa, letteratura e tecnologia in Grecia si pongono come sinonimi rovescia-ti. Noi qui non abbiamo la separazione linguistica che si osserva nelle lingue latinogene. Sì, credo che letteratura e tecnologia possano andar di pari passo, anche se io, personalmente, rimango un impenitente seguace della carta stam-pata. L’elettronica, in quanto medium, mi ripugna, così come sono allergico ai ‘pomodori aerei’, quei pomodori che non crescono a livello di suolo ma, come l’uva, pendono in pergole. A me piace che i prodotti, sia spirituali che materiali, siano terreni, poggino sulla terra, spuntino dalla terra. Insomma, siano ctonii.

Ritiene che tra la poesia contemporanea greca e quella italiana, ma anche nelle letterature in genere, esistano dei punti in comune?

Purtroppo il rapporto tra letteratura e, in particolare, poesia greca, da una parte, e letteratura e poesia italiana dall’altra, non è basato sulla reciprocità. Noi qui possediamo la traduzione della quasi totalità delle opere italiane in prosa del XX secolo. Voi, invece, solo pochissime cose della produzione gre-ca. Quanto alla poesia, ci sono quaranta traduzioni di Kavafis e nessuna di Livaditis, tanto per fare un esempio.

La sua opera è stata tradotta in molte lingue. Crede che esista in Italia (e in genere all’estero) uno stabile interesse per la letteratura greca?

Adesso non esiste più. Nel recente passato si è individuato nella lette-ratura greca un che di esotico (Zorba, il sirtaki, Mikonos e il resto) oppure l’espressione di certe sciagure (la giunta militare, la crisi economica ecc.).

Vassìlis Vassilikòs

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Purtroppo, mentre ci piace dire “una faccia una razza”, in realtà tra voi e noi non esiste sufficiente conoscenza. Noi però conosciamo voi meglio di quanto voi non conosciate noi. Ed è giusto che sia così, perché voi disponete di una secolare tradizione culturale. Quando in Italia c’era il Rinascimento, noi, qui, per 450 anni abbiamo avuto la turcocrazia o, per dirla con un eufemismo, l’impero ottomano.

La sua poesia può forse essere definita conseguenza e ‘specializzazione’ della sua produzione in prosa, insieme alla quale comunque forma una grande uni-tà ideale. Quali sono, a suo parere, le dimensioni, i fini e la natura di questa creazione nella cornice della cultura neogreca?

Nel corso della mia vita ho scritto poesia durante due periodi: quando avevo 14-18 anni e tra il 1967 e il 1973, all’epoca dell’esilio. Resta comun-que che l’obiettivo di tutta la mia produzione letteraria è quello di dare la possibilità ai posteri (sempre che sussistano fino ad allora, ad es. nel 2050) di capire come era la Grecia un secolo addietro, negli anni ’50. E via dicendo. Ciò significa che per parte mia considero il complesso dei 120 libri da me pubblicati come un grande affresco del mio paese nella seconda metà del XX secolo, visto che non sono uno scrittore cosmopolita. Sono cittadino e scritto-re di questo piccolo paese (anche se ho vissuto all’estero per quarantacinque anni) e scrivo nella stessa lingua con lo stesso alfabeto in una storia ininter-rotta che dura 3000 anni. Un paese i cui abitanti continuano ad esprimersi con le stesse radici delle parole antiche. Certo, non affermo che il mio affresco sia ben riuscito, ma almeno ci ho provato, spesso in tempi difficili, durante i quali non esistevano muri da dipingere, ma filo spinato sul quale appendere i nostri cenci ad asciugare.

Qual è la ‘vetta’ di Vassìlis Vassilikòs?È Glafkos Thrassìtis. L’ho scritto interamente nel vostro paese e pur con-

cernendo la Grecia, gran parte del libro – circa un quarto – si riferisce all’Ita-lia dei sorprendenti anni ’70.

Senza splendore alcuno

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Αυτοί οι αμαθείς...

Τους μίλησε για τον Θεό και την Ανυπαρξία,για την Αθεΐα και την Ύπαρξη.Παρέθεσε δόγματα, τίτλους βιβλίων,ονόματα. Αλλ’ αντί συγχαρητηρίωνστο τέλος έλαβε πικρόχολες κρίσεις.“Δεν σε καταλαβαίνουμε”, του είπαν“κι άλλη φορά, αν μας δεις...”

“Δεν σε καταλαβαίνουμε”. Αυτό σκεφτότανκαθώς επέστρεφε, ώρα της δύσης.Κι όμως παράξενο! Ως τώρα πίστευεπως αρέσκονταν, αυτοί οι αμαθείς,σε πράγματα που διόλου δεν κατανοούσαν...

Το Λάτιο

Per varios casus, per tot discrimina rerum tendimus in Latium; sedes ubi fata quietas ostendunt. ΒΙΡΓΙΛΙΟΣ

Μετά από ερειπώσεις και καταστροφές,από βομβαρδισμούς και πυρκαγιές,σέρνοντας ό, τι απόμεινε αθυσίαστο,το λίγο αίμα που δεν προφτάσαμε να χύσουμε,τις λίγες ώρες που δεν κατάπιε η αγωνία,κατευθυνόμαστε προς το Λάτιο,βασίλειο της Γαλήνης.

Ξέρουμε: το Λάτιο δεν υπάρχει!Τουλάχιστο το Λάτιο που ζητούμε.Πως είναι ελπίδα απ΄ό, τι δεν ελπίζουμε,πως έχει ανθίσει μεσ’ στη συμφορά μας,πως είναι σχήμα ευφημισμού.

Μα ποια δύναμη μπορεί πια να μας σταματήσει;

Έτσι που καταντήσαμετο Λάτιο αυτό το ανύπαρχτοπιο ζωντανό θωρεί στα μάτια μαςπαρά αν υπήρχε.

Vassìlis Vassilikòs

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Questi ignoranti...

Gli parlò di Dio e dell’Inesistenza,dell’Ateismo e dell’Esistenza.Fece riferimento a dottrine, titoli di libri,nomi. Alla fine, anzichécongratulazioni gli rivolsero aspre critiche.“Non ti capiamo”, gli dissero“ e scòrdatelo, se pensi di rivederci...”

“Non ti capiamo”. Ci stava riflettendosulla via del ritorno, verso sera.Ma che strano! Finora era persuasoche a questi ignoranti piacesserocose del tutto incomprensibili!...

Il Lazio

Per varios casus, per tot discrimina rerum tendimus in Latium; sedes ubi fata quietas ostendunt. Virgilio, Eneide I, 204-206

Dopo desolazioni e saccheggi,bombardamenti e incendi,trascinando i rimasugli non offerti in sacrificio,il poco sangue che non facemmo in tempo a versare,le poche ore che l’angoscia non ha ingoiato,ci dirigiamo verso il Lazio,regno della Serenità.

Lo sappiamo: il Lazio non esiste!Almeno quel Lazio che noi cerchiamo.Che è speranza di quel che non speriamo,fiore nella nostra sventura,una specie di eufemismo.

Quale forza però può fermarci ormai?

Così come siamo ridottiquesto Lazio inesistenteai nostri occhi più vivo appareche se davvero esistesse.

Senza splendore alcuno

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Από Ο ληξίαρχος

24.

Στον Γιώργο Μακρή

Εσύ που έφυγες νωρίςδεν πρόφτασες να δειςτη σιγανή φθορά της πέτρας.Γλειμμένα βότσαλαχαϊδεύουν τώρατο αναίσθητο πέλμα τους.Κάποτε ήταν βράχια,α-γωνιώδη σχήματα,μοχθηρά, μπρος στην άδικημοιρασιά των υδάτων.Όμως με τον καιρόλειάνθηκαν οι εσοχέςκι οι εξοχές γίναν ανάρπαστεςαπ’ τους τουρίστες των διαδηλώσεων.Δεν πρόφτασες να δεις- κι είσαι για τούτο πιο ευτυχής -τους μπάμπουρες ν’ αντανακλούνπάνω στη μαύρη ράχη τουςτον ήλιο, δίχως καμία δόξα.

Vassìlis Vassilikòs

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Da L’ufficiale dello stato civile

24.

A Jorgos Makrìs

Troppo presto te ne sei andatoe non hai fatto in tempo a vederela lenta dissoluzione della pietra.Ciottoli lisciadesso accarezzanola loro piota insensibile.Un tempo erano rocce,forme an-gosciose,2

maligne, di fronte all’ingiustaspartizione delle acque.Col tempo peròle cavità si sono levigatee i rilievi tutti accaparrati3 dai turisti delle manifestazioni.Non hai fatto in tempo a vedere– e perciò sei più felice –i bombi rifletteresopra il loro dorso neroil sole senza splendore alcuno.

2 In greco α-γωνιώδη, nel duplice significato di ‘an-gosciose’ e ‘an-golose’.3 In greco εξοχή qui nel duplice, e ambiguo, significato di ‘rilievo’ e ‘campagna’ (per

‘villeggiatura’).

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Από Ήλιε μου, Αρταξέρξη μου

27. ΒερολινοΗ γριά Ορτάνς δεν πέθανε.Αν θέλεις να τη δειςανέβα στο τρίτο πάτωμαοδός Κούνταμ, αριθμός 16.Κι ο Μαρξ, απέναντιέγινεπλατεία, τράπεζα, λεωφόρος.Λυπητερά, καημένα, ωχού,αλλοτινά μεράκια. Η Μάρλεν Ντίτριχ,κι ο Τόμας Μαν, κι ο Μπρεχτ Μουσείο.

Με ψάξαν στο φυλάκιοCheck Point Charlieδεν βρήκαν τίποταπάρεξ μιαν ημερομηνία: 1933.Τότε γεννήθηκα, τους λέω.Δεν με πιστέψαν. Τότεκάψαν το Ράιχσταγκ.

Από Bella ciaoΗ θέα απ’ το παράθυρο1.Νύχτα σεπτή.Οι εμπειρογνώμονες δεν ήρθαν.Έμεινε άβατο το δασύ της πλαγιάςμε τα πύρινα θάμνα του πάθους.Ασπόνδυλα τηλεγραφόξυλακοινωνούν με το χάος.Κι ακατάβλητα κυνηγόσκυλαξετρυπώνουντις πέρδικες της παρανομίαςπου, με τα νύχια κόκκινα,κακαρίζουνστο ρέμα το βαθύ.

Vassìlis Vassilikòs

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Da Mio sole, mio Artaserse

27.BerlinoLa vecchia Hortanse non è morta.Se vuoi vederlasali al terzo pianovia Kundam, numero 16.E Marx, di fronteè diventatopiazza, banca, viale.Tristi, ohimè, poverianeliti d’un tempo. Marlene Dietrich,e Thomas Mann, e Brecht un Museo.

Al Check Point Charliemi hanno perquisitonon hanno trovato nullatranne una data: 1933.È la mia data di nascita, gli dissi.Non mi hanno creduto. Fu allorache misero a fuoco il Reichstag.

Da Bella ciaoLa vista dalla finestra1.Notte veneranda.I periti non sono arrivati.Inaccessibile è rimasto il boscoso pendiocon i rovi ardenti della passione.Pali del telegrafo invertebraticomunicano col caos.E indocili cani da cacciasnidanole pernici dell’iniquitàche strepitanocon le unghie rossenel torrente profondo.

Senza splendore alcuno

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Από Συνάντηση με τον ήλιο

Όνειρα

Όνειρα αλκαλικάδιουρητικάόνειρα για τα νεφράγκαζόζες του ύπνουγια τη χώνεψη της μέραςαπ’ το βαρύ το μουσακά,πέπλα διπλά του χνότουκαι της πάχνης, στο τζάμικαι στο σύννεφο,τι ονειρεύεται του χωριούη κρήνη; Αυνανισμόςτου ωκεανού είναι η μικρήπισίνη. Ονείρωξη του ποταμούείναι το θολό ρυάκι, γιατίοι γοργόνες και οι νάρκισσοι,τα πρώτα νιάτα,βαθιά τη μνήμη σκάβονταςβρίσκει μια χτέναγια κάποια ατίθασα μαλλιά που γίναν τώραήρεμη φαλάκρα.

Vassìlis Vassilikòs

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Da Incontro con il sole

Sogni

Sogni alcalinidiureticisogni per le renigazzose del sonnoper digerire il giornocol peso della moussakà,4

veli doppi dell’alitoe della brina, sul vetroe sulla nuvola,cosa sogna la fontanadel villaggio? Onanismodell’oceano è la piccolapiscina. Polluzione del fiumeil torbido ruscello perchéle sirene e i narcisi, la prima gioventù,la memoria profondamentescavando trova un pettineper certi capelli selvaggiadesso placidacalvizie divenuti.

4 Piatto della cucina greca preparato con fette di melanzane, ragù di carne tritata e becha-mel al forno.

Senza splendore alcuno

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Από Η μικρή βδομάδα

ΤΡΙΤΗ

Οι βρικόλακες

17 Νοέμβρη 1973

Οι βρικόλακες είχαν κοιμηθεί.Χρόνια στάχτης από πάνω τουςκάναν έναν παχύ καμβά: κανένασχήμα δεν ξεχώριζε, καμιά φωνήδεν ακουγόταν. Είχαν αρχίσει πιανα ενσωματώνονταιστη γεωλογία του ανέστιουπυκνή σα νεύρα φύλλουστις διακλαδώσεις. Σιωπήβασίλευε πάνω τους και μέσα.Ώσπου το αίμα χύθηκεστους δρόμους της Αθήναςτο φρέσκο αίμα, από δεκαοχτάρικακαι εικοσάρικα,και οι βρικόλακες ξύπνησαν.Άρχισαν πάλι τα πρωινά τηλέφωναγια υπογραφές, εκκλήσεις,διαμαρτυρίες. Άρχισαν πάλιτη διαλογή: “Όχι αυτόν,εκείνον θέλω”. Άρχισαν πάλιτις πρες κόνφερανς, τις εμφα-νίσεις στις τηλεοράσεις των βρικολάκων.Άρχισαν πάλι τα πλούσια λόγιαγια την πείνα του άλλου. Ω,πότε οι βρικόλακες θα κοιμηθούν;

Vassìlis Vassilikòs

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Da La piccola settimana

MARTEDÌ

I vampiri

17 novembre 1973

Dormivano i vampiri.Anni di cenere li coprivanocome un fitto canovaccio: nullasi distingueva, nessuna vocesi udiva. Ormai cominciavanoa incorporarsinella geologia del vagabondodensa come nervatura di foglianelle diramazioni. Dentroe sopra di loro regnava il silenzio.Finché il sangue si versònelle strade di Atenesangue fresco, di diciottennie di ventenni,e i vampiri si svegliarono.E di nuovo telefonate mattutineper le firme, gli appelli,le proteste. Di nuovola selezione: “Non voglio questo,voglio quello”. Di nuovole press conference, le appa-rizioni dei vampiri in TV.Di nuovo le parole ampolloseper la fame degli altri. Oh!ma quando si addormenteranno i vampiri?

Traduzione di Crescenzio Sangiglio

Senza splendore alcuno