USAI A. 2009, Cenni sul Montiferru e la Planargia meridionale in età nuragica, in PES P.,...

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1 CENNI SUL MONTIFERRU E LA PLANARGIA MERIDIONALE IN ETÀ NURAGICA * Alessandro Usai Testo autografo 1. È compito della Soprintendenza per i Beni Archeologici dirigere e coordinare tutti gli inter- venti di ricerca, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico, nel quadro di una poli- tica condivisa di conoscenza, pianificazione e gestione delle risorse del territorio. Per dovere d’Ufficio lo scrivente conduce questa attività su tutto il territorio dell’alto Oristanese, con la colla- borazione delle Amministrazioni comunali, del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Autonoma della Sardegna, nonché delle istituzioni e associazioni e degli studiosi e volon- tari operanti nel territorio. Nelle regioni geografiche e storiche del Montiferru e della Planargia meridionale questa attività si è sviluppata in modo particolarmente fecondo, potendo contare sui risultati di numerose ricerche archeologiche condotte in precedenza, con particolare riguardo alle testimonianze prenuragiche e nuragiche 1 . All’indagine topografica, mirata alla revisione critica dei dati ricavati dalle varie fonti e alla documentazione dello stato attuale dei siti, si accompagnano gli interventi sul terreno: interrotta da tempo l’esplorazione del nuraghe Cobulas di Milis 2 , negli ultimi anni sono stati effettuati inter- venti preliminari nei nuraghi Tunis, Araganzola e Sa Muralla e nell’abitato presso la chiesa di San Pietro di Narbolia 3 ed è stato avviato lo scavo del nuraghe Nuracale di Scano Montiferro 4 ; infine è da ricordare una breve campagna di saggi nell’abitato nuragico e romano di Rocca ‘e Muras di Tre- snuraghes 5 . Naturalmente il quadro delle conoscenze non è mai definitivo e anche le carte allegate (figg. 1-5) devono essere considerate come schemi approssimativi. 2. La documentazione archeologica pertinente alle varie fasi di sviluppo della civiltà nuragica nel * Testo rielaborato da A. USAI, Popolamento e organizzazione del Montiferru in età nuragica, in Oristano e il suo ter- ritorio dalle origini alla quarta provincia, in stampa. 1 A. TARAMELLI, Edizione archeologica della Carta d’Italia. Foglio 205 (Capo Mannu). Foglio 206 (Macomer), Fi- renze 1935; A. PIRAS, Saggio di catalogo archeologico sul foglio 206 della carta d’Italia: quadrante III, tav. NE- NO, tesi di laurea, Università di Cagliari, a. a. 1952-53; P. PES, Saggio di catalogo archeologico sul foglio 206 della carta d’Italia: quadrante IV, tav. SE-SO, tesi di laurea, Università di Cagliari, a. a. 1953-54 (testo riprodotto in que- sto volume); M. G. CAMPUS, Ricerche archeologiche in territorio del Comune di Cuglieri, in “Quaderni Oristanesi”, 21-22, 1989, pp. 3-16; G. TORE - A. STIGLITZ, L’insediamento preistorico e protostorico nel Sinis settentrionale. Ri- cerche e acquisizioni, in La Sardegna nel Mediterraneo tra il secondo e il primo millennio a. C., Cagliari 1987, pp. 91-105; IID., Osservazioni di icnografia nuragica nel Sinis e nell’Alto Oristanese (Ricerche 1980-1987), in La Sar- degna nel Mediterraneo tra il Bronzo Medio e il Bronzo Recente (XVI-XIII sec. a. C.), Cagliari 1992, pp. 89-105; A. MORAVETTI, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, II, Sassari 2000; G. MANCA, Bonarcado antica. Ar- cheologia del territorio, Nuoro 2002; F. SALIS, S’antighidade in logos nostros, in G. MELE (a cura di), Santu Lus- surgiu. Dalle origini alla Grande Guerra, Santu Lussurgiu 2005, I, pp. 55-107; R. ZUCCA, Gurulis Nova – Cuglieri. Storia di una città dalle origini al secolo XVII, Oristano 2006. Si ricordano inoltre le prospezioni e i recuperi effet- tuati dal sig. A. Meridda nei territori di Milis, Narbolia e Seneghe. Per un quadro geografico generale si veda G. MELE (a cura di), Montiferru, Cagliari 1993. 2 V. SANTONI - P. B. SERRA - F. GUIDO - O. FONZO, Il nuraghe Cobulas di Milis - Oristano: preesistenze e riuso, in L’Africa Romana, VIII, 2, Sassari 1991, pp. 941-989. 3 Lavori condotti dallo scrivente negli anni 2000, 2001 e 2005 in collaborazione con Alfonso Stiglitz e con la parteci- pazione di Ottavio Mura, Marie France Ruf-Usai e Lucilla Campisi: A. USAI, Testimonianze prenuragiche e nuragi- che nel territorio di Narbolia, in R. ZUCCA (a cura di), Nurabolia – Narbolia. Una Villa di frontiera del Giudicato di Arborea, Narbolia 2005, pp. 21-57. 4 A. USAI - T. COSSU - F. DETTORI, Primi dati di scavo sul nuraghe Nuracale di Scano Montiferro (pp. 297-313 in questo volume). 5 Undici saggi sono stati eseguiti dallo scrivente col personale della Soprintendenza nel novembre del 1996. Sono stati così osservati i resti di alcuni edifici rettangolari di epoca romana e rotondi di epoca nuragica, questi ultimi almeno in parte composti in isolato.

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CENNI SUL MONTIFERRU E LA PLANARGIA MERIDIONALE IN ETÀ NURAGICA*

Alessandro Usai Testo autografo

1. È compito della Soprintendenza per i Beni Archeologici dirigere e coordinare tutti gli inter-

venti di ricerca, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico, nel quadro di una poli-tica condivisa di conoscenza, pianificazione e gestione delle risorse del territorio. Per dovere d’Ufficio lo scrivente conduce questa attività su tutto il territorio dell’alto Oristanese, con la colla-borazione delle Amministrazioni comunali, del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Autonoma della Sardegna, nonché delle istituzioni e associazioni e degli studiosi e volon-tari operanti nel territorio.

Nelle regioni geografiche e storiche del Montiferru e della Planargia meridionale questa attività si è sviluppata in modo particolarmente fecondo, potendo contare sui risultati di numerose ricerche archeologiche condotte in precedenza, con particolare riguardo alle testimonianze prenuragiche e nuragiche1. All’indagine topografica, mirata alla revisione critica dei dati ricavati dalle varie fonti e alla documentazione dello stato attuale dei siti, si accompagnano gli interventi sul terreno: interrotta da tempo l’esplorazione del nuraghe Cobulas di Milis2, negli ultimi anni sono stati effettuati inter-venti preliminari nei nuraghi Tunis, Araganzola e Sa Muralla e nell’abitato presso la chiesa di San Pietro di Narbolia3 ed è stato avviato lo scavo del nuraghe Nuracale di Scano Montiferro4; infine è da ricordare una breve campagna di saggi nell’abitato nuragico e romano di Rocca ‘e Muras di Tre-snuraghes5.

Naturalmente il quadro delle conoscenze non è mai definitivo e anche le carte allegate (figg. 1-5) devono essere considerate come schemi approssimativi.

2. La documentazione archeologica pertinente alle varie fasi di sviluppo della civiltà nuragica nel

* Testo rielaborato da A. USAI, Popolamento e organizzazione del Montiferru in età nuragica, in Oristano e il suo ter-

ritorio dalle origini alla quarta provincia, in stampa. 1 A. TARAMELLI, Edizione archeologica della Carta d’Italia. Foglio 205 (Capo Mannu). Foglio 206 (Macomer), Fi-

renze 1935; A. PIRAS, Saggio di catalogo archeologico sul foglio 206 della carta d’Italia: quadrante III, tav. NE-

NO, tesi di laurea, Università di Cagliari, a. a. 1952-53; P. PES, Saggio di catalogo archeologico sul foglio 206 della

carta d’Italia: quadrante IV, tav. SE-SO, tesi di laurea, Università di Cagliari, a. a. 1953-54 (testo riprodotto in que-sto volume); M. G. CAMPUS, Ricerche archeologiche in territorio del Comune di Cuglieri, in “Quaderni Oristanesi”, 21-22, 1989, pp. 3-16; G. TORE - A. STIGLITZ, L’insediamento preistorico e protostorico nel Sinis settentrionale. Ri-

cerche e acquisizioni, in La Sardegna nel Mediterraneo tra il secondo e il primo millennio a. C., Cagliari 1987, pp. 91-105; IID., Osservazioni di icnografia nuragica nel Sinis e nell’Alto Oristanese (Ricerche 1980-1987), in La Sar-

degna nel Mediterraneo tra il Bronzo Medio e il Bronzo Recente (XVI-XIII sec. a. C.), Cagliari 1992, pp. 89-105; A. MORAVETTI, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, II, Sassari 2000; G. MANCA, Bonarcado antica. Ar-

cheologia del territorio, Nuoro 2002; F. SALIS, S’antighidade in logos nostros, in G. MELE (a cura di), Santu Lus-

surgiu. Dalle origini alla Grande Guerra, Santu Lussurgiu 2005, I, pp. 55-107; R. ZUCCA, Gurulis Nova – Cuglieri.

Storia di una città dalle origini al secolo XVII, Oristano 2006. Si ricordano inoltre le prospezioni e i recuperi effet-tuati dal sig. A. Meridda nei territori di Milis, Narbolia e Seneghe. Per un quadro geografico generale si veda G. MELE (a cura di), Montiferru, Cagliari 1993.

2 V. SANTONI - P. B. SERRA - F. GUIDO - O. FONZO, Il nuraghe Cobulas di Milis - Oristano: preesistenze e riuso, in L’Africa Romana, VIII, 2, Sassari 1991, pp. 941-989.

3 Lavori condotti dallo scrivente negli anni 2000, 2001 e 2005 in collaborazione con Alfonso Stiglitz e con la parteci-pazione di Ottavio Mura, Marie France Ruf-Usai e Lucilla Campisi: A. USAI, Testimonianze prenuragiche e nuragi-

che nel territorio di Narbolia, in R. ZUCCA (a cura di), Nurabolia – Narbolia. Una Villa di frontiera del Giudicato

di Arborea, Narbolia 2005, pp. 21-57. 4 A. USAI - T. COSSU - F. DETTORI, Primi dati di scavo sul nuraghe Nuracale di Scano Montiferro (pp. 297-313 in

questo volume). 5 Undici saggi sono stati eseguiti dallo scrivente col personale della Soprintendenza nel novembre del 1996. Sono stati

così osservati i resti di alcuni edifici rettangolari di epoca romana e rotondi di epoca nuragica, questi ultimi almeno in parte composti in isolato.

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Montiferru e nella Planargia meridionale, dal Bronzo Medio al Bronzo Finale-Prima Età del Ferro, è straordinariamente abbondante e varia. Lo studio approfondito del territorio e della cartografia per-mette di riconoscere alcuni aspetti fondamentali del popolamento e delle forme di organizzazione; in particolare si possono distinguere, in aree geograficamente delimitate, veri e propri sistemi terri-toriali o cantoni, ciascuno dei quali definito dalle particolari relazioni esistenti tra i nuraghi di diver-so tipo (arcaici, semplici e complessi), gli abitati, i centri cerimoniali, le aree funerarie, le risorse diffuse o localizzate, le vie di comunicazione interna ed esterna, i punti di contatto o di scambio, le frontiere naturali e le zone disabitate più o meno vaste riservate allo sfruttamento estensivo o alla frequentazione saltuaria. Ciascun sistema territoriale si articola in un numero variabile di agglome-rati insediativi, veri e propri organismi policentrici composti da un numero variabile di siti funzio-nalmente interdipendenti6.

Sulla base di queste premesse, il popolamento nuragico del Montiferru appare articolato in alme-no tre grandi sistemi territoriali (fig. 1): quello settentrionale, corrispondente a parte dei territori di Scano Montiferro e Sennariolo con appendici pertinenti a Cuglieri e a Santu Lussurgiu; quello occi-dentale, comprendente la maggior parte del territorio di Cuglieri e una fascia marginale suddivisa amministrativamente tra Santu Lussurgiu e Seneghe; quello orientale e meridionale, che occupa la maggior parte dei territori di Santu Lussurgiu, Bonarcado, Seneghe, Milis e Narbolia. Il sistema o-rientale e meridionale è separato dagli altri due da un’ampia fascia disabitata che segue su entrambi i versanti la principale cresta montuosa orientata da Nord-nord-est a Sud-sud-ovest; all’estremità sud-occidentale, dove il rilievo si addolcisce fino a svanire, la fascia disabitata si prolunga fino al mare in corrispondenza del deserto sabbioso di Is Arenas e del basso corso del Riu Pischinappiu. Il limite tra il sistema occidentale e quello settentrionale sembra rappresentato in parte dai crinali montani a Sud di Cuglieri, in parte dalla profonda vallata dell’asse fluviale Riu Abba Lughida - Ma-rafè - Mannu. Un ruolo altrettanto importante riveste certamente anche l’altra diramazione del Riu Mannu, che scorre profondamente incassata a Nord di Scano Montiferro e che con grande verosimi-glianza separa il sistema settentrionale del Montiferru da quello della Planargia meridionale (Tre-snuraghes, Flussio, Scano Nord). Ugualmente, il limite orientale del Montiferru sembra segnato dal-la gola del Riu Cìspiri che separa i territori di Bonarcado e Milis da quelli di Paulilatino e Bauladu, e che prosegue sul lato meridionale del massiccio coi nomi di Riu Canargia e Riu Mare ‘e Foghe fi-no a sfociare nello Stagno di Cabras7. Invece sul lato nord-orientale la delimitazione dei sistemi ter-ritoriali nuragici del Montiferru da quello del Marghine occidentale (Macomer, Borore) appare sfu-mata, e sembra indicata solo da un certo diradamento degli insediamenti sugli altipiani risalenti ver-so il Monte S. Antonio. All’interno dei sistemi territoriali descritti si notano suddivisioni meno marcate e forse meno stabili, indicate da incisioni fluviali secondarie: il Riu Molineddu - Riu ‘e s’Ena nella Planargia meridionale, il Riu di Sennariolo nel sistema del Montiferru settentrionale, il Riu Fanne Scanu in quello occidentale, il Riu Maistu Impera - Perda ‘e Pira, la Roia Narba e il Riu Sos Molinos - Riu Mannu di Milis in quello orientale e meridionale.

Naturalmente questa proposta di suddivisione territoriale non deve essere intesa in termini statici e astratti, come una versione adattata e ammorbidita del sistema geometrico dei poligoni di Thies-sen; va invece intesa in senso dinamico e in prospettiva diacronica, come tendenza a superare una situazione iniziale di fluidità territoriale e a delineare progressivamente distinte aree di influenza, forse mai definitivamente cristallizzate.

In ciascuno dei tre sistemi territoriali descritti, i singoli agglomerati si articolano sul terreno coi

6 A. USAI, Sistemi insediativi e organizzazione delle comunità nuragiche nella Sardegna centro-occidentale, in Atti

della XXXV Riunione Scientifica, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 2003, pp. 215-224; ID., Osser-

vazioni sul popolamento e sulle forme di organizzazione comunitaria nella Sardegna nuragica, in Studi di protosto-

ria in onore di Renato Peroni, All’Insegna del Giglio, Firenze 2006, pp. 557-566. 7 Il legame tra i territori di Narbolia e di San Vero Milis è confermato dal fatto che alcuni nuraghi di San Vero Milis

(tra cui il gigantesco S’Urachi) furono costruiti in zone alluvionali con blocchi basaltici appositamente trasportati dagli affioramenti di Narbolia.

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diversi siti abitativi disposti come maglie di una rete più o meno fitta composta da trame orizzontali e da orditi verticali. Le trame orizzontali si distendono alle varie quote sulle pendici e sui versanti della montagna; schematizzando, potremmo distinguere quattro fasce concentriche, distinte secondo criteri insieme altimetrici e morfologici che comportano variazioni graduali ma sensibili nei cicli termici e pluviometrici, nell’esposizione alla luce solare e ai venti dominanti, nell’attitudine produt-tiva dei suoli (fascia basale, fascia intermedia, fascia elevata, fascia sommitale)8. Gli orditi verticali sono ben evidenti nel gran numero di direttrici ascendenti e discendenti, che realizzano il collega-mento tra i diversi livelli altimetrici e assicurano l’integrazione delle risorse in essi presenti: sono le strade campestri, talora ben acciottolate e lastricate o rigate da profondi solchi di carri, probabilmen-te di origine nuragica, come indicano i nuraghi e gli abitati dislocati lungo il loro percorso e occupa-ti anche in epoca romana e alto-medievale9.

Il processo di popolamento è testimoniato principalmente dalla diffusione capillare dei monu-menti nuragici nelle loro forme evolutive più arcaiche e in quelle più standardizzate dei nuraghi cu-polati semplici e complessi, e via via anche dalla formazione dei nuclei insediativi più o meno strut-turati associati ai nuraghi o distanti da essi, sempre nell’ambito di agglomerati policentrici esercitan-ti un controllo collettivo su territori piuttosto ampi; ma un aspetto altrettanto significativo di questo processo, seppur meno percepibile, è rappresentato dalla parallela opera di bonifica del suolo, che durante i tempi della civiltà nuragica viene per la prima volta estensivamente liberato dalla foresta mediterranea dominante e reso produttivo nelle forme consentite da un’organizzazione economica mista in cui si integrano l’agricoltura (cereali, leguminose, olivo, vite), l’allevamento stanziale e iti-nerante (ovini, caprini, bovini, suini), la caccia, la pesca e la raccolta di vegetali commestibili spon-tanei.

3. Nel cantone orientale e meridionale (fig. 2) il popolamento umano interessa fin dalle prime fa-si del Bronzo Medio l’ampia fascia basale e la fascia intermedia con nuraghi a corridoio o comun-que di tipologia arcaica, isolati o raramente in coppia; la maggior parte dei monumenti sorgono su pendii più o meno accentuati, talora in posizioni dominanti sui corsi d’acqua, da una quota minima di 80 metri sul livello del mare (Tronza - Milis) a una massima di 550 (Perda Ruja - Seneghe), con una maggiore concentrazione tra 250 e 450 metri di quota (Scala ‘e Cuaddus A - Narbolia; Narba, Cracheras, Banzos, Umbulos - Seneghe; Aurras, Temannu, Scovera, Canargia, Cuau, Crastu, Sa Perdera - Bonarcado; Mura Matta - Santu Lussurgiu); ma i nuraghi Gianna Uda di Bonarcado e Riu de Sa Tanca di Milis sorgono addirittura nel fondovalle a diretto contatto col corso d’acqua, a testi-monianza di una fase iniziale in cui le vallate fluviali anche più profonde non costituivano frontiere marcate. Nelle fasi successive del Bronzo Medio, Recente e Finale si assiste a un processo prodigio-so che comporta l’intensificazione del popolamento nelle fasce basale e intermedia e la colonizza-zione della fascia elevata: soprattutto nella fascia basale si formano densi agglomerati caratterizzati da imponenti nuraghi complessi (spesso trilobati o quadrilobati) e da estesi abitati (Cobulas, Mura ‘e Cabonis - Milis; Tradori, Zoddias, Araganzola, Madavò, Procus, Sa Muralla, Terra Craccus, Ma-ganzosa, Tunis - Narbolia; Masu Maiore, Codinas, Zacca, Arburi, Santu Perdu - Seneghe; Cuau,

8 La fascia basale (approssimativamente da 0 a 300 m slm) comprende le aree pianeggianti o leggermente ondulate ad

alto potenziale agricolo, eccellenti per un sistema economico integrato (coltivazione di cereali e di leguminose, alle-vamento permanente di ovini, di bovini e di suini). La fascia intermedia (approssimativamente da 300 a 600 m slm) comprende le zone di media e alta collina utilizzate in piccola parte per l’agricoltura e soprattutto per l’allevamento stanziale o itinerante. La fascia elevata (approssimativamente da 600 a 900 m slm) comprende una serie di rilievi e di altipiani probabilmente in gran parte coperti da boschi, utilizzati per attività permanenti oppure periodiche o stagio-nali (allevamento itinerante, caccia e raccolta). La fascia sommitale (da 900 a 1050 m slm) appare come una zona economicamente marginale, occupata da boschi e da affioramenti rocciosi, per lo più controllata a distanza e sfrutta-ta con movimenti stagionali.

9 Sul ruolo delle vie di comunicazione nell’interpretazione dell’organizzazione gerarchica di un territorio nuragico si veda M. PERRA, Un sistema territoriale nuragico nella Barbagia-Sarcidano e il nuraghe Nolza di Meana Sardo

(NU), in La Civiltà nuragica - Nuove acquisizioni, II, Cagliari 2008, pp. 659-670.

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Muschiu, Loriosa - Bonarcado; Piricu - Santu Lussurgiu); lo stesso fenomeno, seppure in misura in-feriore, si osserva nella fascia intermedia, dove si trova un numero non trascurabile di nuraghi com-plessi (Erba ‘e Caggius, Lande - Narbolia; Campu, Sinzimurreddus - Seneghe; Nargius, Bruncu - Bonarcado; Zuanne Madau - Santu Lussurgiu) e dove i fitti gruppi di nuraghi monotorri denotano uno sforzo intenso e pianificato tendente all’occupazione e alla messa in produzione di aree econo-micamente rilevanti. Ancora nelle fasce basale e intermedia si conoscono pochi insediamenti senza nuraghe, sicuramente presenti in numero ben maggiore (Predu Ferradu - Santu Lussurgiu; Aidu ‘e Muru - Seneghe; Campu Darè, Santu Perdu, Banatou, Mura - Narbolia); nelle stesse fasce più den-samente abitate si dispongono anche le sepolture, spesso accostate ai singoli nuclei insediativi, ge-neralmente isolate o raramente accoppiate, in un solo caso concentrate in un vero e proprio com-plesso funerario (Campu Darè-Caratzu-Procus-Funtana ‘e Pira di Narbolia). Infine, nella fascia ele-vata del monte si trovano solo nuraghi semplici piuttosto distanziati, limitati al versante meridionale in territorio di Seneghe fino a quota 800, attestati su posizioni dominanti nelle radure della foresta.

Nel cantone occidentale (fig. 3) si ripetono molti dei caratteri generali appena esposti; ma si no-tano anche alcune importanti differenze. Anzitutto la presenza dei nuraghi a corridoio o comunque di tipologia arcaica è estremamente sporadica: al momento attuale conosco solo il nuraghe Torturi-ga-Alores di Cuglieri, dislocato all’estremità meridionale dell’area sul margine del pianoro di Cam-pu ‘e Corra a circa 100 metri di quota. La fascia costiera, delimitata da alti costoni strapiombanti, è sostanzialmente priva di insediamenti: nella parte settentrionale si rileva il solo nuraghe Foghe, po-sto a guardia dell’unico pur disagevole accesso al mare in corrispondenza della foce del Riu Mannu; nella parte meridionale resta indefinita la natura e consistenza dell’occupazione nuragica del colle di Corchinas, dominante le insenature di S’Archittu e Santa Caterina di Pittinuri. Nella fascia altime-trica basale, il popolamento si presenta assai denso nella regione settentrionale di Sessa, costituita da un pianoro appena ondulato da una serie di leggeri solchi vallivi paralleli; si riconoscono alcuni agglomerati caratterizzati da un numero limitato di nuraghi complessi, raramente trilobati o quadri-lobati (Nuraghe Longu, Monte ‘e Lacana, Oragiana, Nuraghe Maggiore, Oratanda, Su Rosariu - Cu-glieri), e da un numero molto maggiore di nuraghi monotorri, non di rado accompagnati da estesi abitati, quasi tutti compresi tra 100 e 150 metri di quota; gli insediamenti senza nuraghe sono senza dubbio poco noti. La densità abitativa è molto inferiore al margine settentrionale dell’area, lungo la valle del Riu Marafè (nuraghe Spinalba e probabile insediamento di Matta Tiria10). La regione me-ridionale è caratterizzata da una morfologia movimentata ed aspra, sostanzialmente di tipo montano anche a quote assai basse; l’occupazione della fascia basale appare piuttosto episodica (Silbanis, Nurechi, Appara, Crastachesu, Muradissa - Cuglieri). Le fasce intermedia ed elevata si presentano disabitate nella parte settentrionale, e con scarsi insediamenti nella parte meridionale, per lo più li-mitati al medio ed alto versante di Seneghe prospiciente il mare. Coerentemente col quadro insedia-tivo, le sepolture si trovano solo nella fascia basale e soprattutto nella regione di Sessa, generalmen-te in rapporto coi rispettivi insediamenti; fa eccezione la tomba di Lèntiri, isolata al bordo del piano-ro sulla valle del Riu Abba Lughida.

Diversamente, il cantone settentrionale (fig. 4) presenta un’evidente attrazione per le fasce inter-medie ed elevate, fino alle soglie della fascia sommitale. Il pianoro di Sennariolo e Scano Montifer-ro, delimitato a Nord (ma solo in parte) dalla gola del Riu Mannu e decisamente in ascesa da Ovest verso Est, con quote comprese tra 200 e 500 metri slm, si presenta fittamente punteggiato di monu-menti e insediamenti nuragici: nuraghi arcaici a corridoio o con camera rotondeggiante (Baragiones, Murcu, Rodeddu - Sennariolo; Mesu ‘e Rios11, Altoriu12, S. Barbara - Scano), nuraghi monotorri

10 L’insediamento è racchiuso da una spessa muraglia ciclopica di aspetto nuragico; al suo interno, pochissimi ruderi

affiorano appena sul piano roccioso dove si raccoglie solo ceramica altomedievale. 11 A. USAI, Il nuraghe Mesu ‘e Rios di Scano Montiferro (Oristano), in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica

per le province di Cagliari e Oristano”, 7, 1990, pp. 135-147. 12 A. USAI, Il nuraghe Altoriu di Scano Montiferro (Oristano), in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le

province di Cagliari e Oristano”, 6, 1989, pp. 61-72.

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(S’Ena ‘e Tiana - Sennariolo; Abbauddi - Scano), rari nuraghi complessi (Fromigas - Sennariolo; Nuracale - Scano), abitati senza nuraghe (Pedra Muruga - Sennariolo). Una certa rarefazione si os-serva nella parte più interna dell’altopiano, fino a quota 600, dove sorge isolato il trilobato Nurtaddu - Scano, con piccolo insediamento delimitato da una poderosa muraglia. Le sepolture sorgono gene-ralmente a breve distanza dagli abitati, tranne quella di Pedras Doladas che è collocata in posizione piuttosto isolata e dominante13. La densità insediativa è abbastanza alta anche nella fascia elevata, caratterizzata in parte da morfologie aspre e in parte da altipiani leggermente ondulati; qui si trova-no alcuni nuraghi arcaici (Columbalzos A-B), pochi nuraghi complessi (Urassala - Scano: quota 692; Elighe Onna - Santu Lussurgiu: quota 763) e vari nuraghi monotorri (Leari - Scano: quota 842; Silvanis - Santu Lussurgiu: quota 878).

Da questi ultimi monumenti si accede alla fascia sommitale (fig. 5), che appare invece del tutto separata dagli agglomerati posti sui versanti a Est, Sud e Ovest. Qui si trovano pochissimi monu-menti ubicati sulle cime secondarie del massiccio vulcanico in territorio di Santu Lussurgiu, che fanno corona alla cima principale di Monte Urtigu o Su Mullone (quota 1050)14: le muraglie ciclo-piche che sbarrano il versante meridionale del domo andesitico di Punta Badde Urbara (quota 923); la muraglia con andito di accesso che chiude la piccola spianata sommitale di Monte Pertusu o Sa Rocca ‘e Su Para (quota 970); il monumento circolare di Punta Alonia (quota 1002), dall’aspetto di un piccolo nuraghe monotorre in blocchi poliedrici di andesite, con nicchie e stipetti nella camera priva di scala e con conci isodomi di basalto sparsi nella frana; infine il nuraghe Giolzia-Straderis (quota 1016), addossato agli spuntoni rocciosi e composto da una torretta circolare e da un braccio murario delimitante un piccolo cortile o un semplice riparo. Soprattutto agli ultimi due, collocati su vette isolate e dominanti da un lato sulla vallata di Santu Lussurgiu e dall’altro sul versante di Cu-glieri e sul mare, si potrebbe attribuire un carattere oscillante tra l’affermazione simbolica del domi-nio territoriale e un’ipotetica religiosità legata alle cime montane, in qualche modo accostabile ai culti di sommità noti nella penisola italiana e nel mondo egeo15. In effetti il Montiferru fa eccezione al quadro generale delle montagne sarde, caratterizzate dall’assenza di strutture nuragiche nella fa-scia sommitale; per quanto mi è noto, ad esso si possono accostare solo la Punta Senalonga di Alà dei Sardi e il Monte Santa Vittoria di Esterzili, dove si trovano complessi di carattere sacro a circa 1000-1200 metri di quota16.

Nel cantone della Planargia meridionale (fig. 4) ho studiato, per ovvi motivi di servizio, solo il territorio comunale di Tresnuraghes e la parte settentrionale del territorio di Scano Montiferro, che del resto sono anche gli unici interessati per intero dalla ricognizione di Pietro Pes; inoltre si può as-segnare a questo cantone anche l’estremità meridionale del territorio di Flussio. In questa fascia, ca-ratterizzata da una morfologia molto regolare con quote comprese in massima parte tra 150 e 400 metri slm, il popolamento si organizza in modo speculare a quello già riconosciuto sull’opposto ver-sante del Riu Mannu (Cuglieri, Sennariolo, Scano Sud), ma con un’insistenza ancora maggiore sul controllo delle posizioni dominanti il corso del fiume e un tessuto insediativo molto più rado all’interno del pianoro; fa eccezione il gruppo compatto raccolto intorno al nuraghe Mazzala sull’altopiano settentrionale scanese. Sono presenti nuraghi arcaici (Tepporo, Benas - Tresnuraghes; Calcheras - Flussio; Cunculu e forse Sagola - Scano), nuraghi monotorri (Barbara Idda, Porcos,

13 C. BITTICHESU, Tomba di giganti di Pedras Doladas (Scano Montiferro, Oristano), in Studi in onore di Ercole Con-

tu, Sassari 2003, pp. 125-145. La tomba è di tipo isodomo evoluto; l’unico nuraghe nelle vicinanze è l’arcaico Alto-riu.

14 P. PES, Attraverso la storia del territorio di Cornus, in Ampsicora e il territorio di Cornus, Taranto 1988, pp. 9-11 (testo riprodotto in questo volume a pp. 257-260).

15 R. PERONI, Introduzione alla protostoria italiana, Roma-Bari 1994, p. 308; M. CULTRARO, L’anello di Minosse. Ar-

cheologia della regalità nell’Egeo minoico, Milano 2001, pp. 284-292. 16 A. MORAVETTI, Gli insediamenti antichi, in I. CAMARDA (a cura di), Montagne di Sardegna, Sassari 1993, pp. 167-

169, 205-207. Un semplice ruolo di controllo territoriale può essere assegnato al nuraghe monotorre esistente sulla cima del Monte S. Antonio di Macomer, in realtà un debole rilievo appena emergente sull’altopiano all’estremo limi-te nord-orientale del Montiferru.

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Binzas d’Ulimu - Tresnuraghes; Giannas - Flussio; Beranula, S’Ozu ‘e Lavru - Scano), rari nuraghi complessi (Nani, Martine - Tresnuraghes; Mazzala - Scano), abitati senza nuraghe (Salamura, Rocca ‘e Muras - Tresnuraghes; Luzzanas - Scano). A quest’ultima categoria può essere probabilmente ac-costato anche il vasto insediamento delimitato dalla muraglia ciclopica di S’Albaredda - Tresnura-ghes, prossimo alla tomba di gigante di Sa Sea. Anche le sepolture si concentrano nella fascia più densamente occupata, a breve distanza dai margini del pianoro (Pischina ‘e Ainos, Pedristante, Mar-tine A-B, Sa Sea - Tresnuraghes; Sos Trainos, Amenta17 - Flussio).

4. Dal quadro di geografia umana succintamente descritto si ricava un’evidente impressione di dinamismo che caratterizza tutti gli aspetti del sistema culturale nuragico e che si esprime soprattut-to nell’intensificazione dello sfruttamento delle aree più produttive e nella colonizzazione di nuove terre attraverso l’espansione degli agglomerati esistenti e la costituzione di nuovi agglomerati. Nel processo di popolamento e di organizzazione territoriale si possono schematicamente distinguere due fasi caratterizzate da tendenze opposte ma forse parzialmente coesistenti nella grande varietà delle situazioni concrete: durante la prima fase, databile al Bronzo Medio e almeno in parte al Bron-zo Recente, si osserva una tendenza espansiva ed estensiva che comporta la colonizzazione progres-siva del territorio e la diffusione generale dei nuraghi arcaici, semplici e complessi e degli abitati a-diacenti o isolati; durante la seconda fase, databile al Bronzo Recente e soprattutto al Bronzo Finale, si nota una tendenza selettiva e intensiva che provoca l’abbandono dei luoghi meno favorevoli e la concentrazione del popolamento nelle aree e nei siti più vantaggiosi, con la rapida crescita degli abi-tati adiacenti ai nuraghi più importanti e degli insediamenti produttivi ad essi subordinati.

Mentre queste due fasi di piena maturità della civiltà nuragica sono abbondantemente documen-tate in tutto il Montiferru e nella Planargia meridionale, le testimonianze relative alle fasi iniziali e terminali sono ben più lacunose e discontinue. A parte il problematico raccordo con la frammentaria documentazione prenuragica18, le manifestazioni nuragiche arcaiche si concentrano sui versanti set-tentrionale e orientale (territori di Tresnuraghes, Flussio, Sagama, Sennariolo, Scano, Bonarcado e Seneghe) e scarseggiano sui versanti meridionale e occidentale (territori di Narbolia e Cuglieri). Ma la ricucitura del tessuto lacerato delle linee di sviluppo delle comunità umane protostoriche è ulte-riormente complicata, nelle fasi di trasformazione e dissolvimento della prima metà del I millennio a. C., da un’estrema carenza di documenti riferibili alla prosecuzione del cammino culturale dei di-scendenti del popolo costruttore dei nuraghi.

Del resto sono tutt’altro che chiari anche i meccanismi di sviluppo territoriale della piena civiltà nuragica, individuati nei processi di replicazione delle cellule insediative. A questo proposito vorrei attirare l’attenzione sulla diffusa presenza di strutture ciclopiche composte da uno, due o tre filari di blocchi, spesso concluse dall’architrave, certamente impoverite nel corso dei secoli ma con tutta probabilità incompiute o semplicemente abbozzate, che devono essere interpretate come nuraghi

17 Tomba monumentale stranamente omessa in A. MORAVETTI, Ricerche cit., pp. 458-471. 18 Sicure attestazioni del Bronzo Antico si hanno solo nelle grotticelle artificiali di Fanne Massa – Cuglieri (A.

TARAMELLI, Cuglieri. Ricerche ed esplorazioni nell’antica Cornus, in “Notizie degli Scavi”, 1918, pp. 312-320; M. L. FERRARESE CERUTI - F. GERMANÀ, Sisaia. Una deposizione in grotta della cultura di Bonnanaro, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica per le province di Sassari e Nuoro”, 6, 1978, tav. XXI). Resta invece incerto l’inquadramento delle tombe dolmeniche, che oscillano tra la piena età del Rame e gli inizi del Bronzo Medio: al primo gruppo dovrebbero appartenere non solo i dolmen semplici come Monte ‘e Làcana – Cuglieri (fig. 10) (R. CICILLONI, Note su alcuni monumenti dolmenici in provincia di Oristano, in “Quaderni della Soprintendenza Arche-ologica per le province di Cagliari e Oristano”, 14, 1997, p. 45, tavv. III:1, VI:2), Su Livandru – Cuglieri (fig. 11) (già interpretato dal Pes come residuo di una tomba di gigante), Caratzu – Narbolia (A. USAI, Testimonianze cit., p. 23, fig. 5), Su Cunzau ‘e is Froris Grogus – Milis e S’Omo ‘e Sas Zanas – Seneghe (inediti), ma anche il dolmen a galleria o allée couverte di Su Lizu - Cuglieri (fig. 12), distante solo pochi metri dall’omonimo piccolo nuraghe, che ricorda la tomba di Corte Noa di Laconi per l’insolita ampiezza della galleria e per la presenza di due lastre trasver-sali poste a separazione tra vestibolo e vano funerario. Invece l’allée couverte di Sa Cobelcada - Sennariolo (fig. 13) ha l’aspetto di un diretto antecedente delle tombe dei giganti nuragiche. Infine ricordo i presunti dolmen di Salamare – Sennariolo e di Su Giùu Malmuradu – Tresnuraghes, di interpretazione problematica.

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non terminati. Alcune strutture di pianta ellissoidale avrebbero potuto diventare nuraghi a corridoio (forse Coa Perdosa - Seneghe); altre di pianta circolare, molto più numerose, erano state indubbia-mente concepite come nuraghi monotorri (Salamattile, Lobos B, S’Arca B, Premedio - Scano; Pranu Olia A, Oragiana B, Pane ‘e Perra, S’Attentu, Pulighedda C, Padru Maggiore, Murgu Melis A-B - Cuglieri; Camputzola B - Santu Lussurgiu; Campanile ‘e Pranu, Puiolos A-B, Bantine Mura - Bo-narcado; Codinazza, Funtana Suerzu, Battazzeri, Pira ‘e Marzani - Seneghe, Fuadeddus - Narbolia); infine un’analoga interpretazione si può proporre per alcuni nuraghi complessi19. In effetti queste strutture sono molto povere o del tutto prive di materiali di crollo, sia all’interno che all’esterno, so-no prive di insediamento e spesso sorgono in luoghi non occupati successivamente, dove non si ha traccia ma nemmeno necessità di recupero di grandi quantità di materiale da costruzione. Questi nu-raghi abbozzati, che potrebbero essere in parte edifici semplici e piuttosto antichi, ma forse soprat-tutto edifici standardizzati e piuttosto tardivi, si trovano spesso accanto agli insediamenti principali oppure ai margini degli agglomerati, come a testimoniare tentativi non riusciti di intensificazione o di espansione. Poiché ogni insediamento presuppone un progetto di gemmazione, che comporta il trasferimento di un gruppo umano da un luogo già abitato ad uno ancora disabitato che deve anche essere contemporaneamente bonificato e colonizzato, non trovo strano che una certa percentuale di progetti insediativi potesse fallire per motivi contingenti o, soprattutto, per ragioni strutturali con-nesse alle trasformazioni interne della società nuragica.

Per altro verso si rileva l’abbondanza dei nuraghi complessi, soprattutto quadrilobati e partico-larmente nel quadrante meridionale di Narbolia e Seneghe (cui si aggiungono il pentalobato Cobulas di Milis e l’abnorme mole di S’Urachi di San Vero Milis); questo fenomeno è da porre in relazione con il surplus di risorse umane ed economiche derivante da un’insolita densità abitativa e dall’efficienza del sistema produttivo, nell’ambito di una organizzazione gerarchica particolarmente sviluppata per effetto dell’interazione e della competizione tra le comunità della pianura, della colli-na e della montagna, della costa e dell’interno20.

Tutto ciò doveva esprimersi già nel Bronzo Medio e Recente con l’esuberante formazione di di-versi centri di coordinamento politico-economico, probabilmente rivolti a ospitare, su diversi livelli gerarchici, attività di accumulazione e redistribuzione dei prodotti primari e secondari del sistema agricolo e industriale, in connessione con le sorti mutevoli di clan, famiglie e anche individui di vol-ta in volta emergenti sul persistente fondo comunitario tribale; ma tutto ciò avrebbe anche condotto nei tempi successivi del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro a ripetuti momenti di crisi e di riorganizzazione dell’assetto insediativo e produttivo, che tendeva a intensificarsi ulteriormente col riutilizzo in varie forme dei nuraghi già esistenti e soprattutto con l’ampliamento e la moltiplicazio-ne degli abitati entro unità politico-economiche più estese. Certo, per avere un’idea più concreta e dinamica dello sviluppo del popolamento sarebbe necessario arricchire il quadro distributivo e de-scrittivo da un lato coi dati cronologici di scavo, dall’altro coi dati quantitativi che possono essere forniti soprattutto dallo studio analitico degli abitati; ma al momento questo obiettivo sembra ancora fuori portata, se non per piccole aree meglio indagate.

Come si è accennato, le tombe dei giganti si concentrano nelle fasce più densamente abitate e

19 Per esempio il nuraghe Araganzola di Narbolia, quadrilobato con resti di muraglia recintoria, caratterizzato da un

piano di svettamento quasi uniforme e da grande scarsità dei crolli, potrebbe testimoniare un tentativo abbandonato di costituzione di un centro importante all’interno di un agglomerato straordinariamente ricco di nuraghi quadrilobati e trilobati.

20 Interpreto in questo modo la fitta distribuzione di nuraghi complessi nei territori citati, diversamente dal Santoni che ha riconosciuto in essa una sorta di “catena” disposta a delimitare e separare il comprensorio nuragico dell’entroterra di Oristano dal Montiferru secondo una linea di demarcazione territoriale parzialmente coincidente coi confini delle curatorie medievali del Campidano di Milis e del Campidano Maggiore (V. SANTONI, Il territorio in epoca nuragi-

ca, in La Provincia di Oristano. L’orma della storia, Oristano 1990, pp. 32-34); le mie valutazioni coincidono co-munque nella sostanza con quelle espresse dal Santoni in altra sede (V. SANTONI, Sardinia in the Mediterranean

from the Middle until the Late Bronze Age, in N. Chr. STAMPOLIDIS (ed.), Sea Routes … From Sidon to Huelva. In-

terconnections in the Mediterranean, Athens 2003, p. 140).

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spesso si associano ai singoli nuclei insediativi; generalmente sono isolate, solo raramente accoppia-te (Martine - Tresnuraghes, Piricu - Santu Lussurgiu, Masu Maiore e S’Omo ‘e sas Zanas - Sene-ghe). Fa eccezione lo straordinario complesso funerario di Campu Darè-Caratzu-Procus-Funtana ‘e Pira di Narbolia, composto da almeno sette tombe di giganti più un dolmen, due allées couvertes e un grande rudere ellissoidale forse connesso funzionalmente e simbolicamente con le sepolture. Le dieci tombe si dispongono a distanze comprese tra 100 e 200 metri formando due schemi a L sim-metrici e contrapposti per i vertici, che difficilmente possono essere immaginati casuali. Nonostante scavi abusivi, parziali distruzioni e accumuli di pietrame, e nonostante le dimensioni piuttosto ridot-te, le singole tombe conservano una spiccata monumentalità accresciuta dalla concentrazione e ar-ricchita da piccole strutture accessorie talora presenti. Nessuna di queste dieci tombe è stata indaga-ta scientificamente, per cui restano incerti molti aspetti della loro struttura, cronologia e successio-ne; sembra comunque chiaro che la loro progressiva edificazione in un’area delimitata ribadisse di volta in volta la funzione funeraria in essa riconosciuta già da lungo tempo fino a renderla esclusiva: in tal modo una parte determinata del territorio, sottratta al normale processo di insediamento e di sfruttamento produttivo, veniva dedicata unicamente al seppellimento e al culto dei defunti, con un numero di edifici sepolcrali che non ha confronti in tutta l’isola. Come e ancor più che nel caso di monumenti funebri isolati o riuniti in piccoli gruppi, non è chiaro se questa straordinaria concentra-zione di sepolture collettive dovesse accogliere indistintamente l’intera comunità dell’agglomerato o degli agglomerati insediativi circostanti, oppure solo gruppi selezionati come le famiglie emergenti della tribù o di uno o più clan appartenenti alla tribù, o addirittura singoli individui contraddistinti da un ruolo o da un rango particolari; l’eccezionalità della situazione è tale da non escludere alcuna ipotesi, anche contrastante con l’ostentato collettivismo egualitario del costume funerario dominante nel mondo nuragico.

Stando alle conoscenze acquisite nell’intera Sardegna, tutte le tombe descritte, di tipo ciclopico e fino a prova contraria destinate a seppellimenti collettivi, risalgono al Bronzo Medio e Recente e possono essere state utilizzate fino al Bronzo Finale; invece non si conosce alcuna sepoltura perti-nente ai tipi più evoluti caratteristici del Bronzo Finale e della Prima Età del Ferro (tombe collettive a camera allungata e tombe individuali a pozzetto), raramente documentati nella Sardegna meridio-nale.

A confronto con l’imponente documentazione disponibile sugli aspetti insediativi e funerari, quella concernente i culti è al momento scarsa e controversa. A parte gli edifici sulle cime seconda-rie del Montiferru cui si è sopra fatto cenno, finora non sono noti grandi santuari né tempietti locali annessi ai singoli abitati21; inoltre non si ha notizia di rinvenimenti casuali di figurine votive in bronzo, che sono connesse direttamente o indirettamente coi luoghi del culto e che avrebbero in qualche modo colmato le inevitabili lacune della ricerca sistematica. L’unico aspetto del rituale nu-ragico chiaramente documentato è costituito dai depositi votivi composti da grandi quantità di reci-pienti ceramici, in particolare ollette e anforette di piccole o piccolissime dimensioni, inquadrabili in parte nel Bronzo Recente e soprattutto nel Bronzo Finale e presenti in alcune località della fascia più meridionale del Montiferru22 (“Cornus”23 - Cuglieri?; Campu de Santu Perdu24, Banatou25 -

21 Si ha notizia di un pozzo in struttura isodoma, d’incerta natura e funzione e oggi occultato da fitta vegetazione, esi-

stente circa 200 metri a Nord-est del Nuraghe Maggiore di Cuglieri (relazione di F. Lo Schiavo agli Atti della So-printendenza Archeologica). Inoltre è possibile che avessero funzione rituale l’edificio rettangolare di Mazzaledda, composto da blocchi ben sbozzati o anche isodomi, e la struttura isodoma indiziata da un gran cumulo di conci in a-renaria rinvenuto nel cortile del nuraghe Nuracale (p. 299 in questo volume).

22 A. USAI, Testimonianze cit., pp. 37-38. 23 Il deposito votivo, costituito dai vasetti delle collezioni Lovisato e Gouin riportanti la dicitura “Cornus” (G. PINZA,

Monumenti primitivi della Sardegna, in “Monumenti Antichi dei Lincei”, 11, 1901, cc. 224-228, figg. 116-130), è collegato da alcuni autori moderni, sulla scia del Taramelli (A. TARAMELLI, Cuglieri cit., pp. 320-321, figg. 53-55; ID., Edizione cit., p. 168, n. 32), con una presunta tomba ipogeica presso il Riu Pischinappiu in territorio di Narbolia (G. TORE - A. STIGLITZ, L’insediamento cit., p. 97; IID., Osservazioni cit., p. 93; S. SEBIS, La ceramica nuragica del

Bronzo Medio (XVI-XIV sec. a. C.) e del Bronzo Recente (XIII-XII sec. a. C.) nell’Oristanese, in La ceramica rac-

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Narbolia). Resta da interpretare adeguatamente nella zona in esame, come nel resto della Sardegna centro-

settentrionale, l’apparente (ma probabilmente non effettiva) rarefazione delle testimonianze archeo-logiche nei tempi dell’Età del Ferro26. Almeno un documento, anch’esso isolato all’estremità meri-dionale del Montiferru, sembra incontrovertibile: si tratta di una scultura in calcare in forma di testa umana, recuperata dagli scavi abusivi nel pozzo di Banatou - Narbolia27. Per quanto di minori di-mensioni, essa richiama da vicino le teste delle statue di arcieri e pugilatori rinvenute accatastate in frammenti nell’area della necropoli con tombe a pozzetto di Mont’e Prama - Cabras, che un cre-scente numero di studiosi tende ora a collocare verso la fine dell’VIII sec. a. C.28. Proprio il colle-gamento col fenomeno altrimenti unico di Mont’e Prama rivela la partecipazione del settore più me-ridionale del Montiferru alle profonde trasformazioni che durante l’Età del Ferro attraversavano il Sinis e tutto il mondo nuragico gravitante sul golfo di Oristano, in concomitanza coi cambiamenti dei rapporti tra le comunità isolane e i navigatori e mercanti levantini. Pur isolato e fuori contesto, questo manufatto accenna agli ultimi sviluppi artistici, ma anche alla crisi e alla degenerazione della componente culturale ed etnica di tradizione nuragica. Infine restano ancora da precisare gli even-tuali rapporti tra indigeni e Phoinikes, indiziati da scarsi rinvenimenti di ceramiche fenicie della fine dell’VIII sec. a. C. in aree di precedente o contemporanea occupazione nuragica, come a Corchinas - Cuglieri, proprio sull’acropoli della punica Cornus29.

conta la storia. La ceramica artistica, d’uso e da costruzione nell’Oristanese dal neolitico ai giorni nostri, Oristano 1995, p. 104; L. USAI, La produzione vascolare miniaturistica di età nuragica, in La ceramica racconta la storia.

La ceramica nel Sinis dal neolitico ai giorni nostri, Cagliari 1998, pp. 178-179, tav. V:2-6). Come spesso accade, è impossibile distinguere il contenuto dell’informazione ricevuta dal Taramelli dai commenti da lui aggiunti in un qua-dro ancora estremamente confuso, in cui non si percepiva alcuna differenza tra tombe ipogeiche neo-eneolitiche, riu-tilizzi funerari del Bronzo Antico (come nelle tombe di Fanne Massa) e depositi votivi del Bronzo Recente-Finale.

24 In questo sito si ha notizia di una presunta tomba megalitica (G. TORE - A. STIGLITZ, Osservazioni cit., p. 94, tav. IV:63); ma ritengo improbabile il collegamento tra l’aspetto votivo e quello funerario, come anche a “Cornus”-Pischinappiu (vedi nota precedente).

25 Il pozzo di Banatou, pur non avendo carattere sacro, potrebbe essere stato utilizzato come deposito votivo o anche come discarica di materiale votivo proveniente da un luogo vicino.

26 A. USAI, Riflessioni sul problema delle relazioni tra i Nuragici e i Fenici, in “Sardinia Corsica et Baleares Antiqua-e”, V, 2008, pp. 249-272; ID., Per una riconsiderazione della Prima Età del Ferro come ultima fase nuragica, in I nuragici, i fenici e gli altri. Sardegna e Mediterraneo tra bronzo finale e prima età del ferro, Atti del convegno di Villanovaforru, in stampa.

27 A. USAI, Testimonianze cit., p. 38, fig. 20. 28 G. LILLIU, La grande statuaria nella Sardegna nuragica, in “Memorie dell’Accademia dei Lincei”, IX, IX, 3, 1997,

pp. 283-385; E. CONTU, Datazione e significato della scultura in pietra e dei bronzetti figurati della Sardegna nura-

gica, in M. S. BALMUTH - R. H. TYKOT (a cura di), Studies in Sardinian Archaeology V. Sardinian and Aegean

Chronology: towards the resolution of relative and absolute dating in the Mediterranean, Oxford 1998, pp. 211-213; P. BARTOLONI, Fenici e Cartaginesi nel Golfo di Oristano, in Atti del V Congresso Internazionale di Studi Fe-

nici e Punici, III, Palermo 2005, pp. 946-948; C. TRONCHETTI, Fenici e popolazioni locali della Sardegna: il caso di

Monte Prama, in “Sardinia Corsica et Baleares Antiquae”, V, in stampa; A. STIGLITZ, Fenici e Nuragici

nell’entroterra tharrense, ibidem. 29 B. SANNA, Testimonianze fenicie, greche ed etrusche da Cornus, in A. MASTINO - P. G. SPANU - R. ZUCCA (a cura

di), Tharros Felix 2, Roma 2006, pp. 81-93.

10

Fig. 1. Carta fisica del Montiferru con proposta di delimitazione dei diversi sistemi territoriali nuragici e delle principali suddivisioni interne (elaborazione A. Usai su base I.G.M. 1:100.000).

11

Fig. 2. Carta dei siti nuragici del versante meridionale del Montiferru (elaborazione A. Usai su base I.G.M. 1:50.000).

12

Fig. 3. Carta dei siti nuragici del versante occidentale del Montiferru (elaborazione A. Usai su base I.G.M. 1:50.000).

13

Fig. 4. Carta dei siti nuragici del versante settentrionale del Montiferru (elaborazione A. Usai su base I.G.M. 1:50.000).

14

Fig. 5. Carta dei siti nuragici della fascia sommitale del Montiferru (elaborazione A. Usai su base I.G.M. 1:50.000).

15

Figg. 6-7. Domus de janas di Sa Rocca - Tresnuraghes (fot. A. Usai).

16

Figg. 8-9. Domus de janas di Ispinioro (tombe 1 e 2) - Scano Montiferro (fot. A. Usai).

17

Fig. 10. Dolmen di Monte ‘e Làcana – Cuglieri (fot. A. Usai). Fig. 11. Dolmen di Su Livandru – Cuglieri (fot. A. Usai).

18

Fig. 12. Allée couverte di Su Lizu – Cuglieri (fot. A. Usai). Fig. 13. Allée couverte di Sa Cobelcada – Sennariolo (fot. A. Usai).

19

Figg. 14-15. Nuraghe Altoriu - Scano Montiferro (fot. A. Usai).

20

Fig. 16. Nuraghe Mesu ‘e Rios - Scano Montiferro (fot. A. Usai). Fig. 17. Nuraghe Rodeddu – Sennariolo (fot. A. Usai).

21

Figg. 18-19. Nuraghe Murcu – Sennariolo (fot. A. Usai).

22

Fig. 20. Nuraghe Fromigas – Sennariolo (fot. A. Usai). Fig. 21. Nuraghe Bititai o Nugari - Cuglieri (fot. A. Usai).

23

Figg. 22-23. Nuraghe Nuracale - Scano Montiferro al termine delle campagne di scavo 2005 e 2006 (fot. A. Usai).

24

Fig. 24. Nuraghe S’Ena ‘e Tiana - Sennariolo (fot. A. Usai). Fig. 25. Nuraghe Leortinas - Sennariolo (fot. A. Usai).

25

Fig. 26. Nuraghe Nani - Tresnuraghes (fot. A. Usai). Fig. 27. Nuraghe Salamattile - Scano Montiferro (fot. A. Usai).

26

Fig. 28. Nuraghe Sa Mandra - Sennariolo (fot. A. Usai). Fig. 29. Nuraghe Murgu Melis B - Cuglieri (fot. A. Usai).

27

Fig. 30. Tomba del gigante di Lèntiri - Cuglieri (fot. A. Usai). Fig. 31. Tomba del gigante di Sas Presones - Cuglieri (fot. A. Usai).

28

Fig. 32. Tomba del gigante di Pedristante - Tresnuraghes (fot. A. Usai). Fig. 33. Tomba del gigante di Sa Sea - Tresnuraghes (fot. A. Usai).

29

Fig. 34. Tomba del gigante di Pischina ‘e Ainos - Tresnuraghes (fot. A. Usai). Figg. 35-36. Tomba del gigante e betilo di Pischina ‘e Ainos - Tresnuraghes (fot. A. Usai).

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Fig. 37. Tomba del gigante di Pedras Doladas - Scano Montiferro (fot. A. Usai). Figg. 38-39. Betili dalla tomba del gigante di Oragiana - Cuglieri (fot. A. Usai).