Titoli di responsabilità dei Superiori generali degli IVC in ambito extracanonico

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PAOLO GHERRI TITOLI DI RESPONSABILITÀ DEl SUPERIORI GENERALI DEGLIIVC IN AMBITO EXTRACANONICO Estratto da: Commentarium pro Religiosis et Missionariis Vol. 95 (2014)- Fase. I-II, pp. 31-55 ROMAE 2014 DIRECTIO ET ADMINISTRATIO: VIA GIACOMO MEDICI, 5 00153 ROMA text for Open Access - © all rights reserved

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PAOLO GHERRI

TITOLI DI RESPONSABILITÀ DEl SUPERIORI GENERALI

DEGLIIVC IN AMBITO EXTRACANONICO

Estratto da: Commentarium pro Religiosis et Missionariis Vol. 95 (2014)- Fase. I-II, pp. 31-55

ROMAE 2014 DIRECTIO ET ADMINISTRATIO: VIA GIACOMO MEDICI, 5

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TITOLI DI RESPONSABILITÀ DEl SUPERIORI GENERALI

DEGLIIVC IN AMBITO EXTRACANONICO

Sommario

Paolo GHERRI

Premessa: Il titolo di responsabilità. l. Ambito di responsa-bilità e loro individuazione. 2. Titolo di Rappresentanza. 3. Ti-tolo d'Ufficio: 3.1 La responsabilità in eligendo; 3.2 La responsa-bilità in vigilando. 4. Titolo personale. 5. altri elementi di rilievo generale.

PREMESSA: IL TITOLO DI RESPONSABILITÀ

Trattare dei «titoli» di responsabilità costituisce un gradino ne-cessario, e previo, per avvicinarsi in modo tecnicamente corretto all'amplissimo campo della «responsabilità» 1 come tale che, tut-tavia, non risulta mai affrontabile in modo generale ed esaustivo a causa delle diversissime «fonti» da cui essa deriva nei diversi Ordi-namenti giuridici, soprattutto statuali.

1 Concetto giuridico divenuto ormai amplissimo quale conseguenza pressoché intrinseca della stessa «presenza» all'interno di rapporti sociali di qualunque ge-nere (tanto pubblici: responsabilità penale, che privati: responsabilità civile). In modo solo suggestivo si evidenzia come la responsabilità venga giuridicamente in-tesa come «un «bene» contrapposto ad un «male», un valore contrapposto ad un disvalore» (C. MAIORCA, «Responsabilità», in Enciclopedia del Diritto, XXXIX, Mi-lano, 1988, 1004) all'interno del necessario ripristino di un equilibrio sociale (e giu-ridico) turbato da qualche evento che abbia visto il concorso o almeno la presenza di qualcuno e nei cui confronti venga espresso «un giudizio su di un piano di valori di particolare rilevanza» (ibidem). «<n questa prospettiva viene in evidenza l'esi-genza dell'equilibrio ordinativo, inteso come bene, e valore (o insieme di valori), emergente dalla comunità; mentre è male la rottura dell'equilibrio ordinativo. È bene, come valore omologo, la responsabilità quale rituale di ripristino dell'equili-brio turbato, più precisamente «offeso»» (ibidem). In campo più strettamente «pri-vatistico» (quello di nostro reale interesse in queste note) è necessario sottolineare come, prima di tutto «se non quello della intenzionalità, si pone tuttavia come re-gola, nelle culture avanzate, il requisito della imputabilità, per ciò che attiene ai rapporti individuali; nel senso che, di massima, non è chiamato a rispondere per un pregiudizio rilevante nella prospettiva civile, chi non aveva la capacità di volere

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Trattare dei «titoli» di responsabilità, inoltre, permette di im-postare il quadro generale di riferimento all'intemo del quale muo-versi in modo metodologicamente corretto per delineare, caso per caso, non tanto di quale tipo di responsabilità si tratti 2 ma, piut-tosto, per quali 1notivi essa sorga in capo a qualche soggetto (per-sona fisica o giuridica, o altro). Con1e, invece, essa venga gestita (o possa essere gestita) è questione assolutamente «locale»3 e speci-fica che non potrà essere affrontata in queste note proprio a causa della sua strettissima collocazione teiTitoriale (v. infra: 5). Dalla territorialità, non di meno, dipenderà anche la portata effettiva della responsabilità contestata, in base anche allo specifico sistema processuale in uso Stato per Stato oltre che al Diritto civile e/o pe-nale da applicarsi 4 •

Entrando nel tema va osservato preliminarmente come, non-ostante la grande utilità pratica sotto il profilo dell'analisi metodo-logica, il «titolo di responsabilità» (in sé e per sé) non risulti ma-teria ordinariamente trattata a livello giuri dico genera 5. La voce «titolo», infatti, degli strumenti giuridici generali di ricerca ri-manda sempre ai c.d. titoli di credito ed equivalenti e connessi 6 ,

al momento in cui il pregiudizio stesso siasi da lui determinato». (ivi, 1007). In tale prospettiva «la colpa, quale requisito (normale, ma non essenziale) del presupposto della responsabilità, precisamente quale colposità, viene a ricalcarsi sul concetto della imputabilità (libertà di volere); in parallelo con la dolosità (quando requisito del presupposto medesimo), sul concetto di intenzionalità. La colpa, come dili-genza dovuta e come inadempimento del relativo comportamento, viene in consi-derazione essenzialmente nel quadro delle obbligazioni, quale modo di essere (va-riamente diligente) della prestazione dedotta in obbligazione. [ ... ] L'illecito può in-cidere talora nel rapporto obbligatorio; ma ciò non è dell'essenza del rapporto stesso. V'è responsabilità là solo ove è presente un illecito» (ivi, 1035).

2 In fondo: civile (contrattuale o extracontrattuale) o penale (oggettiva o no), come sono praticamente tutte le responsabilità che i Sistemi giuridici - occiden-tali - conoscono.

3 Legata, cioè, al luogo in cui ciascuna responsabilità sorge in connessione a determinati eventi.

4 Ci si riferisce qui alla differenza di impostazione processuale tra i Sistemi/Ordinamenti di civil Law (basati sostanzialmente sull'applicazione della Legge pre-esistente) e quelli di common Law (basati, invece, sulla richiesta di un «remedy» alla lesione subita); una differenza che condiziona radicalmente tanto le «richieste» che le loro «risposte» nell'attività giudiziaria connessa.

5 Si parla di «titolo di responsabilità» in campo penale per graduare la parteci-pazione ai reati in concorso, si usa però anche la formula «a titolo di responsabi-lità» per indicare una conseguenza civilistica (=economica) alternativa o accessoria a quella penale.

6 Cfr. A. AzARDA- E. EuLA (curr.), Novissimo Digesto italiano, XIX, Torino, 1973, Enciclopedia del Diritto, XLIV, Milano, 1992; IsTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA, En-ciclopedia giuridica, XXXI, Roma.

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mentre quasi nulla si riscontra in tema di «titolarità» vera e pro-pria 7 .

Occorre pertanto, per illustrare la tematica qui affrontata, fdr riferimento ad alcuni concetti presenti nel linguaggio giuridico CO··

mune quali: «titolo di proprietà/fruizione» oppure «titolo di cmnpe-tenza» o anche, derivatamente, le formule «non aver titolo 1:. o «es-sere titolare», «avere la titolarità», attraverso le quali --- norrnal-mente- s'indicano la referenzialità, la riconducibilità, l'intestn::.ione - più o meno univoca - di qualcosa a qualcuno. La fonnula, in-vece, «a titolo di responsabilità» indica sostanziahnente la conse-guenza di un qualche «danno» cui far fronte (di solito econornica-mente). Il «risarcimento» economico, d'altra parte. è il n1odo ormai standardizzato di gestire la responsabiìità isen1pre più spesso, coincidente col danno ... ed il suo necessario risarciinento, essendo caduta di fatto la distinzione tra «causa» -il danno--- ed «effetto»- il suo risarcirnento -).

Nella prospettiva che qui interessa il «titolo» (di responsabi-lità) indica genericamente la «relazione», la «connessione>>, che lega dal punto di vista strettamente giuridico (e quindi espressa-mente e quasi esclusivamente formale) un soggetto ad un bene o ad un diritto o ad un dovere/onere (di cui si risulti titolari); <-:rela-zione/connessione» che- in sé- non coincide affatto col bene o diritto o dovere/onere di cui si tratta.

In tal modo il «titolo di responsabilità» non riguarda la respon-sabilità come tale (cioè il rapporto causa-effetto sottostante la di-

7 In effetti il concetto di «titolarità», pur ampiamente utilizzato in \'ari c:un-testi, trova una difficile definizione autonoma nel senso tecnico utile alla presente riflessione, come ben dimostra la sua sostanziale assenza nella magg10r parte degli strumenti generali di ricerca gimidica; la voce «Titolarilà" (in A. AzARDA -· E. EuLA [curr.], Novissimo Digesto italiano, XIX, Torino, 1973, 322) rimanda infatti a <•Eser--cizio del diritto» («Va anzitutto richiamata l'attenzione[ ... ] sulla fra ti-tolarità del diritto ed esercizio del diritto stesso, come t:::a momento statico c mo-mento dinamico del diritto [ ... ]; l'esercizio del diritto si può configurare infatti come un diritto di esercizio, differenziato dal diritto cui esso si riferisce». V. PRo-SINI, «Esercizio del diritto», in ivi, VI, Torino, 1960, 823), «Diritto soggettivo», <<Inte-resse e diritto», «Situazione giuridica», «soggetto del diritto» all'inlerno della stessa opera, senza che, tuttavia, in nessuna se ne tratti adeguatamente. Ancora somma-riamente: la voce «titolarità» è assente pure in: Enciclopedia del Diritto, XLIV, Mi-lano, 1992, 572; IsTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA, Enciclopedia giuridica, XXXI, Roma; Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, XIX, Torino, 1999; P. RE-SCIGNO (dir.), Trattato di Diritto privato, 21, Torino, 1987. 486 (Indice analitico).

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namica del danno-risarcimento) ma le sole «Connessioni» attra-verso le quali si può incorrere nella responsabilità stessa o attri-buirla a qualcuno. «Connessioni» o «motivazioni» che indicano il «perché» qualcuno - e non qualcun altro (Tizio e non Caio) -debba «rispondere» di determinati «atti» o anche soltanto «fatti» 8

subendone le conseguenze negative. Ciò che, quindi, conta nella prospettiva dei «titoli di responsabilità» non sono né gli atti, né i fatti, né le loro conseguenze negative sui terzi, né quanto o con1e si debba risarcire: tutte questioni variabili da Ordinamento ad Ordi-namento, da Stato a Stato, ma solo le cause/modalità di coinvolgi-mento «passivo» di qualcuno in «atti» e/o «fatti» anche non suoi.

Detto altrimenti: per quanto riguarda il «titolo di responsabi-lità» ciò che conta è la mera- ma effettiva- possibilità o meno di essere chianzati a rispondere di una determinata «Situazione» (di so-lito spiacevole), pur senza aver compiuto nulla. Una «situazione» (si badi bene!) e non- principalmente- «atti», «Condotte», «rea-lizzazioni», con una irriducibile prevalenza degli elementi oggettivi e fattuali rispetto a qualunque apporto soggettivo che al con-trario - entra spesso in gioco proprio perché ed in quanto assente ... in ragione cioè del «non aver evitato».

L'esempio, purtroppo, è classico: giunge la chiamata a compa-rire davanti all'Autorità giudiziaria ad una persona del tutto ignara di c'entrare qualcosa con un fatto verifica tosi anche a sua insaputa 9 ma nel quale è stata coinvolta in modo semplicemente «formale» (ecco il «titolo») per- mere- ragioni giuridiche. Ed è questa la condizione in cui si sono trovati già parecchi Moderatori supremi (ma anche Superiori maggiori in genere) di IVC/SVA negli ultimi decenni soprattutto nel mondo «Occidentale».

La domanda sul «titolo di responsabilità», pertanto, coincide col «perché» tale persona venga coinvolta in atti e fatti che, come è capitato, spesso non conosce neppure.

8 La distinzione tra atto e fatto (giuridico) è di estrema importanza in questa materia poiché tanto la lesione che il danno «civile» spesso non derivano da com-portamenti volontari e neppure da «comportamenti» veri e propri: si pensi al ramo dell'albero del giardino di casa che si spezza e cade su di un'automobile parcheg-giata in strada o colpisce un passante; la rottura del ramo non è «attività» di nes-suno (fàtto e non atto, si dice) ma la mancata potatura dell'albero che genera l'e-vento lesivo/dannoso è imputabile al suo proprietario.

9 Nel caso dei Superiori generali anche dall'altra parte del mondo rispetto alla loro abituale residenza.

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In altri termini, dal punto di vista della concreta comprensione del concetto: si tratta d'individuare la connessione solitamente uti-lizzata dagli Avvocati per «fare Causa» al maggior numero possi-bile di soggetti implicabili in qualunque modo (cioè a qualunque «titolo») nel danno subito dal loro cliente in modo tale che alrneno qualcuno di loro debba pagare qualcosa ... anche soltanto per «Omissione». Gli Ordinamenti giuridici, d'altra parte, tendono a (voler) tutelare sen1pre colui che- senza c'entrare nulla con l'atti-vità o la condotta di qualcun altro - ne abbia tuttavia subito con-seguenze variamente negative: una sostanziale «invasione» o ,,viola-zione» del proprio patrimonio giuridico individuale, spesso anche profondamente personale come accade quando il danno non ri-guardi «cose» ma la persona stessa nella sua incolurnità od inte-grità fisica o morale, nella sua salute, nelle sue relazioni {arniliari, ecc. In tale prospettiva è il favor ofJènsi che fonda, regge e guida l'intera dinamica della responsabilità come «ristabilimento» o, più spesso, «risarcimento» 10 . Ciò che fonda tanto la categoria di re-sponsabilità extra-contrattuale (a livello civile) che oggetti1'a (a lì-vello penale).

l. AMBITI DI RESPONSABILITÀ E LORO INDIVIDUAZIONE

In prima approssimazione si può affern1are che i «titoli di re-sponsabilità» dei Moderatori supremj (ma dei Superiori maggiori in generale 11 ) sono essenzialmente tre, sussistenti allo stesso modo (anche se con gestioni e conseguenze diverse) sia a livello canonico che statuale: a) titolo d'Ufficio, b) titolo di Rappresentanza, c) titolo personale. Tre diversi «rapporti giuridici» con persone e cose che generano differenti tipologie di -- possibili - responsabilità non dipendono in sé e per sé dal mero atto personahnente (non) posto in essere.

La questione fondamentale da porre e da porsi a questo propo-sito è pertanto quella che riguarda la distinzione tra le di\'erse Inoti-vazioni (=titoli) - e derivate n1odalità - di coinvolgj1nento del Moderatore suprerno di IVC/SVA nella varie attività che lo possano

10 Per quanto quasi sempre in forma a-specifica e, pertanto, meramente eco-nomica.

11 Ma, più generalmente, di tutti coloro cht: nella Chiesa esercitano una re-sponsabilità di governo o, alle volte, anche solo un Ufficio ecclesiastico con partico-lare impatto pubblico (come quello di Parroco).

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in qualche n1odo «chiamare in Causa» (nel vero senso del termine), anche indirettamente: la «ratio » cioè del suo coinvolgimento e, di conseguenza, le implicazioni che ne derivano nei due Ordinamenti (quello canonico e quello statuale) in ragione [a] degli specifici ruoli ricoperti, o anche solo [b] di «attività» concretamente svolte, com'è normalmente in campo penale (sempre «personale»).

Da questo punto di vista gli wnbiti di responsabilità di chiunque governi nella Chiesa - e non solo dei Superiori reli-giosi 12 - sono fondamentalmente due: le «persone» e le «Cose». Nei confronti delle persone si attua «a titolo d'Ufficio» attraverso la potestà di governo ecclesiale 13 a norma di Diritto canonico, univer-sale e proprio. Verso le cose si attua «a titolo di Rappresentanza» ed il Diritto canonico tende a canonizzare (cioè «importare» ed «applicare» come proprie 14 ) le Norme civili dei singoli luoghi di at-tività dell'Istituto (secondo il principio «locus regit actus» ), creando situazioni giuridiche anche molto diverse da Stato a Stato, non-ostante si tratti delle stesse attività svolte dallo stesso soggetto. Si pensi- non banalmente- alla gestione di una clinica ospedaliera o di un orfanotrofio o di una scuola in Europa occidentale, in Ame-rica latina, in Africa o Asia, condotta dalla stessa Provincia reli-giosa (=soggetto conduttore) o dall'Istituto come tale attraverso, casomai, Delegazioni o Missioni.

Non è questa, però, la distinzione- pur sostanziale- che fa la vera differenza in termini di «titoli di responsabilità» ma il fatto - più profondo e radicale - che sulle persone fisiche si attua in quanto Superiori dell'Istituto, sulle cose, invece, come Rappresen-tanti 15 e/o Amministratori 16 di una o più persone giuridiche (non

12 La questione, dal punto di vista canonico, è assolutamente identica per i Ve-scovi diocesani ed equiparati.

13 Non «ecclesiastica» come spesso viene detto, poiché quella «ecclesiastica» correttamente intesa è quella che compete ai soli «ecclesiastici» e quindi ai chierici, venendo poi a configurarsi come <<sacra potestas» che non è gestibile di per sé negli IVC che non siano «clericali>> e <<di Diritto pontificio» (di fatto incardinanti chie-rici).

14 Il Can. 22 recita: <<Le Leggi civili alle quali il Diritto della Chiesa rimanda, vengono osservate nel Diritto canonico con i medesimi effetti, in quanto non siano contrarie al Diritto divino e se il Diritto canonico non dispone altrimenti».

15 Il Rappresentante è il soggetto abilitato e legittimato ad esprimere all'e-sterno la volontà- già adeguatamente formatasi per mezzo dell'Amministratore-dell'Ente cosicché tale volontà possa diventare operativa ed efficace nel commer-ciunz giuridico, prima di tutto a livello contrattuale, con qualsiasi genere di <<terzi».

16 L'Amministratore è il soggetto, unipersonale o pluripersonale, che decide in nome e per conto delle persone giuridiche (o degli Enti in generale) in ragione di

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sempre né solo canoniche) spesso anche distinte dall'Istituto come tale: Fondazioni, Associazioni, Enti strumentali di vario genere 17 ,

con o senza autonoma personalità giuridica nei diversi Ordina-menti.

Ciò pone in luce una caratteristica tipicamente canonica 18 -

non sempre percepita neppure da parte di un certo numero di esperti, ma- di grande rilievo proprio in questo genere di tema-tiche, e cioè: la radicale distinzione tra le funzioni di «governo delle persone» e quelle di «amministrazione delle cose» 19•

-Il governo delle persone (e la correlata responsabilità) si eser-cita in dipendenza dalle Costituzioni degli IVC/SVA, di per sé con-formi al Diritto canonico universale, e corrisponde alla potestà di governo ordinariamente riconosciuta al Moderatore supremo in tutte le materie di sua competenza all'interno dell'Istituto e per tutto l'Istituto.

- I:amministrazione delle cose (e la correlata responsabilità), invece, funziona in modo assolutamente diverso, dovendosi riferire di volta in volta ai singoli Enti (=persone giuridiche, o no) di cui-eventualmente - il Moderatore supremo sia Rappresentante e/o Amministratore, spesso con le ricadute civilistiche o penalistiche più diverse da Paese a Paese.

La distinzione tra governo delle persone ed ammznzstrazione delle cose (a questo livello) è fondamentale nell'Ordinamento cano-nico poiché in esso - di norma - non si dà un rapporto organici-stico (=di ùnmedesinzazione organica)2° tra persone ed Enti (sopra t-

un rapporto di identificazione organica secondo cui la volontà dell'Ente viene for-mata dal suo Amministratore. La funzione di Amministratore è una funzione so-stanzialmente «interna» all'Ente che riguarda la sola «formazione» della sua vo-lontà ma, di per sé, non la sua «espressione>> o «comunicazione» ad extra (il «cer-vello>> non la «voce>>).

17 Cfr. C.M. REDAELLI, Le persone giuridiche come strwnenti per organizzare le at-tività diocesane e parrocchiali, in Quaderni di Diritto ecclesiale, 27 (2004), 25-40.

18 E, per di più, peculiare dell'attuale Normativa vigente, mentre non era stato così nei secoli passati all'interno del c.d. Sistema beneficiale.

19 Per quanto il linguaggio ancora poco preciso ordinariamente in uso da parte degli autori non permetta affatto di cogliere e gestire tale differenza.

20 «Nei rapporti intersoggettivi, l'Organo imputa all'Ente le intere fattispecie di condotte, comportamenti, atti. Questo è il valore giuridico dell'espressione «im-medesimazione organica>>, con cui agli inizi, e per lungo tempo di poi, si designò il rapporto Organo-persona giuridica, ed è la ragione dell'invenzione del concetto in

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tutto «pubblici» 21 ) in ragione del quale le persone agiscono come «Organi» dell'Ente stesso che realizzano finalità proprie dell'Ente utilizzando un potere che è ad ogni effetto «proprio» dell'Ente e non della persona fisica concretamente operante. Ciò che accade, solitamente, negli Stati che abbiano una Pubblica Amn1inistra-zione fatta di «Enti pubblici» 22 dotati di potere di governo, anche settoriale: in essi i Funzionari apicali (Prefetto, Presidente, ecc.) esercitano un potere che non è loro «proprio» (in modo personale) ma è dell'Ente pubblico di cui sono «Organo». In ambito canonico infatti, vige una struttura essenzialmente per «Uffici» anziché per «Organi» (secondo le espressioni utilizzate in campo civilistico ita-liano) in modo tale che

«l'Ufficio in senso giuridico non è strumento ai fini dell'im-putazione, ossia ai fini dell'essere l'Ente soggetto giuridico. Il concetto di Ufficio è neutro rispetto all'ordine delle imputazioni [ ... ]. Strumento ai fini dell'imputazione è invece l'Organo, e sono Organi solo quegli Uffici che le Norme indicano come idonei ad operare l'imputazione giuridica all'Ente» 23.

Non è dubitabile, infatti, che canonicamente la potestà -sempre connessa all'Ufficio come tale- sia di per sé personale (e così viene conferita e gestita) di chi ricopre gli Uffici di vertice, come avviene per i Moderatori supremi ed i Superiori maggiori ed i loro Vicari, questi infatti esercitano una potestà che, per quanto non «propria», è ancora una volta «personalissima», conferita da persona a persona senza che alcun Ente possa giocare elementi di alcun rilievo 24 . L'Ufficio e non l'Organo governano dal punto di vista canonico gli IVC/SVA (e l'intera Chiesa nelle sue diverse Cir-

luogo di quello di Rappresentante, usato in precedenza. Per il Rappresentante vi è una scissione d'imputazione, in quanto l'atto s'imputa al Rappresentante, l'effetto al Rappresentato[ ... ]. Con l'Organo tutti questi problemi vengono resecati, poiché l'imputazione all'Ente è comunque totale; la tutela delle situazioni giuridiche degli altri soggetti del rapporto è piena, come se, rilevano i primi autori, essi fossero di-nanzi un'altra persona fisica». M.S. GIANNINI, «Organi», in Enciclopedia del Diritto, XXXI, Milano, 1981,45.

21 Come sono gli IVC/SVA e le loro ripartizioni interne come la Provincie, ma anche le stesse Case religiose erette a norma del Can. 609.

zz Concetto diverso dalle «Persone giuridiche pubbliche» canoniche. 23 M.S. GIANNINI, «Organi», 45. 24 Per capirsi: il Vicario generale esercita la potestà del Vescovo diocesano non

quella (inesistente!) dell'Ente pubblico Diocesi; allo stesso modo che i Vicari e le Vi-carie degli IVC/SVA esercitano - in modo subordinato - la potestà dei Superiori maggiori «apicali» e non dell'Istituto come tale o sua ripartizione interna (=Pro-vincia).

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coscrizioni anche gerarchiche) realizzando una prospettiva del tutto irriducibile a quelle civilistiche, sia in termini di imputazione che- conseguentemente - di responsabilità. Snodo della proble-matica, infatti, è la c.d. imputazione di fattispecie che nell'Organo

«è la più ampia delle imputazioni giuridiche pensabili dopo quella della persona fisica: è più di un'imputazione di atti, in quanto si estende agli stati soggettivi, ai comportamenti e ai fatti volontari, e coinvolge i fatto involontari se e in quanto produttivi di conseguenze o effetti in capo ad un soggetto. Essa vale quindi a determinare le differenze con le imputazioni de] rappresen-tante, dei sostituti, e con quelle che strutturalmente si concre-tano in soggezioni di responsabilità per fatti non propri. [ ... ] Non è dunque che gli atti dell'Organo si considerano «come se» fossero della persona giuridica[ ... ] è che le fattispecie giuridiche poste in essere o subite dall'Organo, che la Norma dica rilevanti per l'Ente, si imputano all'Ente» 25.

Esattamente quanto non può avvenire in campo canonico. Basti in merito la chiarissima statuizione del Can. 1281 §3 secondo cui gli atti invalidi degli Amministratori ricadono sulle Persone giuridiche solo nella misura in cui le stesse ne abbiano tratto van-taggi 26 .

Questo, tuttavia, difficilmente è recepito in campo statuale poiché risulta molto più comodo applicare anche agli Enti cano-nici le logiche e Norme già vigenti- di Paese in Paese-- per quelli civili, creando così un evidentissimo disallineamento tra i due ge-neri di Ordinamenti e, anche, tra diversi Ordinamenti statuali in contemporanea sulla stessa questione, come potrebbe capitare per una Provincia religiosa o l'intero Istituto a riguardo di vicende che abbiano motivi legali di connessione coi territori di vigenza di più Ordinamenti.

A queste difficoltà deve aggiungersene un'altra, non minore, derivante dal- puro- fatto che l'effettiva responsabilità dei Mo-

Nelle Pubbliche Amministrazioni civili, invece, Vicari ed Aggiunti esercitano la potestà dell'Ente in modo tendenzialmente parallelo, anziché gerarchico, rispetto al titolare apicale di tali funzioni dell'Ente stesso.

2s M.S. GIANNINI, «Organi», 46-47. 26 «§ 3. La persona giuridica non è tenuta a rispondere degli atti posti invali-

damente dagli amministratori, se non quando e nella misura in cui ne ebbe bene-ficio; la persona giuridica stessa risponderà invece degli atti posti validamente ma illegittimamente dagli amministratori, salva l'azione o il ricorso da parte sua contro gli amministratori che le abbiano arrecato danni».

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deratori supremi (e dei Superiori maggiori) degli IVC/SVA per quanto riguarda le attività dei loro Istituti, seppur fondata unica-nzente ed esclusivanzente nel Diritto canonico, finisce però per con-cretizzarsi giuridicamente in massima parte in base al Diritto civile che regola le attività/circostanze per le quali tale responsabilità possa sorgere. Si pensi- per capire- ad una circostanza in cui in occasione di un'attività che coinvolga un certo numero di persone insieme a religiosi, casomai fuori dalla Casa religiosa di apparte-nenza (corr1'è un pellegrinaggio), qualcuno si faccia male o scoppi una lite. All'arTivo delle Forze di Polizia l'Ufficiale chiede: «chi è qui il responsabile?», inteso come referente istituzionale dell'attività che si sta realizzando, visto che non si tratta di persone singole au-tonmnarnente ritrovatesi nello stesso luogo per svolgervi un'attività semplicemente concomitante 27 . Dal punto di vista della Legge ci-vile si tratta di una domanda che non ha risposta, poiché nessuna Legge civile è in grado-- dall'esterno-- di determinare quale sia la «Scala gerarchica» (o la «catena di comando», per usare una termi-nologia civilistica estranea alla sensibilità canonica ma chiara-mente perseguita dalle Autorità civili) di una comunità religiosa. Il Magistrato sarebbe costretto a ricorrere al Diritto canonico per in-dividuare chi sia «il responsabile», fatto ciò, tuttavia, appliche-rebbe con1unque il solo Diritto civile nell'individuare e perseguire gli eventuali profili di responsabilità in capo al responsabile così indjviduato.

Quanto illustrato comporta che non sia possibile definire e de-scrivere i titoli di responsabilità in n1odo generale e generico (=a priori) al di fuori degli Ordinamenti/Stati in cui sorgano gli ele-menti di responsabilità concretarnente implicati di volta in volta. Si procederà pertanto nelle presenti note delineando la tematica a partire dal campo canonico, valido per tutti gli Istituti, per passare poi al can1po statuale dando attenzione a probletnatiche soltanto generali (non comparatistiche) che possano dare una ragionevole idea delle questioni in gioco.

2. TlTOLO Dl RAPPRESENTANZA

Per sernplicità di trattazione- ma anche teoretica- si prefe-risce iniziare dall'an1ministrazione delle cose anziché dal governo

27 Come tutti i pellegrini singoli che siano presenti nelle stesse ore nel San-tuario.

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delle persone; amministrazione delle cose che si concretizza, a li-vello di responsabilità, in massima parte nell'Istituto giuridico della Rappresentanza degli Enti almeno dal punto di vista cano-nico, per quanto- in realtà- gli IVC e le SVA si caratterizzino in questa materia per la possibilità di non avere come responsabile delle cose (=diritti ed attività) 28 il responsabile delle persone, cioè il Superiore (religioso) come tale 29 .

Da questo punto di vista si parla di responsabilità «a titolo di Rappresentanza» quando la relazione, la connessione, tra la per-sona fisica che esercita la Rappresentanza di un Ente e qualche atto/fatto di rilievo giuridico lesivo di terzi e/o loro beni/diritti si fonda sulla Rappresentanza dell'Ente stesso, agendo in nome e per conto suo; poco importa se come Ufficio o come Organo. Tale Rap-presentanza, però, va distinta dall'Amministrazione dell'Ente stesso, poiché si tratta di attività che, pur connesse, sono assoluta-mente distinte: l'Amministrazione, infatti, fa decidere l'Ente, mentre la Rappresentanza lo fa operare giuridicamente, soprattutto verso l'esterno ... a livello contrattuale 30. A questo proposito la dot-trina civilistica italiana precisa la corretta portata della termino-logia normalmente utilizzata, specificando che

«l'Organo o gli Organi aventi la legale Rappresentanza non sono affatto dei Rappresentanti: è rimasta solo l'antica denomi-nazione, perché in realtà sono Organi che la Norma, per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, designa come assegnatari esclusivi della funzione attinente alla dichiarazione esterna, nelle vicende dei rapporti intersoggettivi: la funzione ha rilievo preminente nei rapporti patrimoniali - ossia una competenza alla dichiarazione negoziale, alla conclusione di contratti, a rice-vere dichiarazioni negoziali altrui - e in quelli processuali -ossia è competente a stare in Giudizio nelle liti attive e pas-sive»31;

28 Si tratta di un rapporto basato fondamentalmente su cose ed i loro rapporti col resto del mondo giuridico.

29 Elemento, questo, di radicale differenza rispetto agli Enti della struttura ge-rarchica della Chiesa (Diocesi e Parrocchie in primis) che hanno invece nel come proprio Rappresentante ex-Lege colui che esercita l'Ufficio capitale di governo, nei gradi stabiliti (cfr. Can. 393 per il Vescovo diocesano, Can. 532 per il Parroco, Can. 238 per il Rettore del Seminario, per il quale, tuttavia, è ammessa un'espressa ecce-zione).

30 È il caso tipico in cui un Collegio decide in qualità di Amministratore di un Ente (collegiale) ma ad operare giuridicamente è il Presidente del Collegio o del-l'Ente il quale realizza non la propria volontà ma quella che il Collegio ha espresso.

31 M.S. GIANNINI, «Organi», 49.

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la Rappresentanza normalmente intesa, infatti, si colloca nella linea della volontarietà e non-esclusività, mentre la specifica di «le-gale» rimanda all'origine a Iure (se non proprio ex Lege) dell'Isti-tuto giuridico qui in esame. La questione rileva in modo partico-lare proprio in rapporto alla responsabilità poiché questa nella sua componente essenzialmente «passiva» - a differenza dell'attività contrattuale (attiva) - ricade sempre con ineluttabilità su colui che il Diritto ha indicato come «legale Rappresentante», né può es-sere demandata ad altri come può, invece, avvenire per il compi-mento di qualche contratto o attività assimilabile 32 • Ciò, tuttavia, non significa in nessun modo che la persona fisica debba farsi ca-rico (né venga caricata) individualmente di quanto contestato al-l'Ente come tale, poiché

«non ha fondamento l'idea che l'Organo dell'Ente avente la Rappresentanza sia il responsabile di ogni fatto dell'Ente, altro essendo la responsabilità altro l'esser convenuti in Giudizio per fatti dell'Ente» 33.

La sumn1enzionata prassi 34 di distinguere il Superiore (reli-gioso) dal legale Rappresentante dell'IVC/SVA come tale o sue por-zioni (Province, ecc.), liberando così quasi sempre i Moderatori su-prerni da questo genere di rischi, non esime in questa sede dall'e-sposizione di alcuni elementi semi-pratici che comunque concor-rono alla delineazione ed insorgenza del titolo di responsabilità per Rappresentanza col quale - in ogni modo - gli IVC/SVA devono fare conti molto precisi, sia direttamente che indirettamente.

Il titolo di responsabilità per Rappresentanza degli IVC/SVA sorge, come per qualsiasi altro soggetto, nelle due declinazioni di base della [a] Responsabilità contrattuale e di quella [b] extra-con-trattuale (detta anche aquiliana 35 ) in base alla natura del rapporto

3t M.S. GIANNINI, «Organi», 49. 32 Attraverso la c.d. Procura speciale che conferisce a qualcuno la Rappresen-

tanza sia specifica che generale dell'Ente in modo volontario da parte del legale Rappresentante ed in modo a lui «parallelo» («concorrente», in termini tecnici).

33 M.S. GIANNINI, «Organi», 49; nonostante «l'opinione che l'Organo legale Rap-presentante dell'Ente sia il responsabile di ogni cosa che riguardi l'Ente è abba-stanza diffusa, specie per via di una equivoca Giurisprudenza della Corte dei conti [italiana- ndr]. per gli Enti pubblici» (ibidem).

34 Stabilita solitamente a livello di Diritto proprio dei singoli IVC/SVA. 35 Dalla «Lex aquilia de damno» che la istituì per la prima volta all'interno del

Diritto romano nel 286 a.C. attraverso Plebiscito fatto votare da un tribuna della plebe di nome Aquilio.

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in oggetto: l'Istituto religioso come tale o sua porzione giuridica-mente autonoma. Si pone così la questione correlata della «limita-zione di responsabilità» dei soggetti impegnati in tal genere di atti-vità, consigliando- non solo la distinzione tra le persone di Supe-riori e legali Rappresentanti ma pure - una radicale distinzione e separazione tra tali soggetti e l'Istituto in sé e per sé attraverso la creazione di c.d. Enti strumentali connessi per via di «volontà poli-tica» all'IVC/SVA anche non dotati di personalità giuridica cano-nica, come potrebbe essere per Fondazioni o Società cooperative o altre figure civilistiche di natura patrimoniale o commerciale attra-verso le quali l'IVC/SVA gestisca specifiche attività soprattutto ri-volte ad extra (scuole, cliniche, ecc.).

Salvo «leggerezze» e vere e proprie imprudenze, pertanto, il ti-tolo di responsabilità per Rappresentanza, che può portare sul-l'orlo del «fallimento» un IVC/SVA, non toccherà il Moderatore su-premo nell'esercizio della sua peculiare funzione riguardante es-senzialmente non le cose (in quanto Organo di un Ente) ma le per-sone in ragione dell'Ufficio ecclesiastico ricoperto.

3. TIToLo n'UFFICIO

Già si è detto come l'effettiva responsabilità dei Moderatori su-premi (e dei Superiori maggiori) degli IVC, seppur fondata unica-mente ed esclusivwnente nel Diritto canonico 37 , finisca però per concretizzarsi molto spesso in base al Diritto statuale che trae, al-meno di fatto, conseguenze del tutto «proprie» dalle condotte (at-tive od omissive) di coloro che canonicamente sono intervenuti- o avrebbero dovuto farlo - in vicende che abbiano comportato qualche lesione a terzi e/o loro beni/diritti.

Allo stesso tempo si è posta in evidenza la distinzione strut-turale tra «Organi» (di Enti) ed «Uffici» (all'interno degli stessi Enti), per quanto tale distinzione - tutta civilistica - riman-ga assolutamente inadeguata all'interno dell'Ordinamento cano-nico a causa dell'assenza di «supremazia» delle Persone giuri-diche pubbliche canoniche rispetto agli altri soggetti ecclesia-lP8. A tal riguardo è stata espressa anche la specificità di alloca-

37 Tanto universale (=i Codici) che proprio dei singolo IVC/SVA secondo le Co-stituzioni e gli altri «Codici» propri.

38 Mentre in campo civilistico, soprattutto negli Ordinamenti di civil Law, ed in modo particolare nei c.d. Sistemi a Diritto amministrativo, la maggior parte

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zione della potestà ecclesiale nelle persone e non negli Enti, es-sendo tale potestà conferita ed esercitata in modo personalissimo (=«proprio») da coloro che ricoprono gli Uffici apicali di governo ecclesiale e non esercitata da essi quali «Organi» di Enti dotati di supremazia/imperio, in totale indipendenza- per di più- dall'e-ventuale Rappresentanza (contrattuale) degli Enti stessi (v. supra).

A partire da queste premesse, si parla di responsabilità «a ti-tolo d'Ufficio» quando la relazione, la connessione, tra la persona fi-sica che ricopre un« Ufficio ecclesiastico» in senso vero e proprio e qualche atto/fatto di rilievo giuridico lesivo di terzi e loro beni/di-ritti si fonda sull'esercizio dell'autorità di governo, inteso principal-mente nella sua componente potestativa nei riguardi di persone che si trovano soggette alle «decisioni» di tale Autorità/Superiore.

A livello canonico, d'altra parte, non è possibile esercitare sulle persone altro che decisioni che le coinvolgano in determinate atti-vità o da esse le escludano 39. Nella vita consacrata, a maggior ra-gione. L'assegnazione ad una Casa religiosa e, in essa, ad una speci-fica attività/mansione da svolgervi è, infatti, ciò in cui consiste la quasi esclusività delle incombenze d'Ufficio dei Superiori maggiori verso gli altri membri dell'IVC/SVA.

Non di meno per i Moderatori supremi tale attività risulta spesso del tutto marginale poiché si svolge in massima parte a li-vello di Provincie dell'Istituto e coloro che operano allivello «gene-rale» dell'IVC/SVA lo sono normalmente per scelta di altri: Ele-zioni, Presentazioni, ecc.

Ciò nonostante qualche riflessione su questo titolo di respon-sabilità risulta utile poiché, quando si tratti di vicende che compor-tino una componente- spesso purtroppo- principalmente pena-listica, anziché civilistica (=economica), sono proprio elementi e

delle Persone giuridiche pubbliche sono qualificate espressamente come «Enti pubblici» che costituiscono addirittura la struttura dello Stato o ne realizzano spe-cifiche attività di pubblica utilità o funzione godendo verso gli altri soggetti dell'Or-dinamento giuridico di una posizione- la supremazia, appunto- che permette loro di vincolare i loro aventi parte.

39 In campo civile, invece, le cose stanno in modi molto diversi in quanto gli Stati sono in grado d'intervenire coattivamente (anche attraverso l'uso della forza fisica) tanto contro il patrimonio delle persone (espropriazioni, incameramenti, se-questri, tributi, ecc.) che contro le persone stesse (dal «fermo di Polizia» fino alla carcerazione).

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fattori connessi all'esercizio dell'Ufficio apicale ad entrare in gioco aprendo la strada alla «responsabilità oggettiva» di cui l'attuale Di-ritto penale (statuale) si pasce ... almeno in chiave deterrente e pre-ventiva, implicando spesso anche i profili del titolo personale di re-sponsabilità (v. infra).

Due risultano essere le responsabilità fondamentali imputabili «a titolo d'Ufficio»: [al] la responsabilità in eligendo e [bl] la re-sponsabilità in vigilando; tipologie che potrebbero essere distinte come [a2] responsabilità in ragione delle persone (quella in eligendo) e [b2] responsabilità sulle persone (quella in vigilando). Due responsabilità piuttosto diverse nel loro delinearsi ed artico-larsi soprattutto in ragione della qualità dell'apporto di coloro a cui possano venir eventualmente contestate: [a3] maggiormente attiva quella in eligendo, [b3] tendenzialmente passiva quella in vigilando. Col fatto, però, che in sede giudiziale le cose si capovolgono poiché, se possa essere dimostrata [a4] la non possibilità d'interve-nire efficacemente in sede di designazione delle persone, [b4] l'inerzia (=il non aver fatto) verso condotte problematiche risul-ta sempre riprovevole. Anche l'oggetto specifico di attenzione, a ben vedere, risulta diverso nelle due responsabilità: [aS] le carat-teristiche della persona, in eligendo, [bS] le sue condotte, in vigi-lando.

Sempre a livello generale previo è necessario specificare con chiarezza che in campo canonico 40 il titolo di responsabilità d'Uf-ficio sorge solo ed esclusivamente nei confronti delle persone membri dell'Istituto, poiché nei riguardi dei non-membri i legami non possono mai essere «potestativi» (derivanti cioè dalla potestà di governo ecclesiale esercitata ratione Officii) ma saranno sempre e comunque di natura espressmnente «civilistica» in base alla tipo-logia di tali rapporti ed al luogo in cui essi prendano corpo.

3.1 La responsabilità in eligendo

Si tratta della responsabilità che prende corpo in modo quasi esclusivo in sede di «designazione» delle persone a ruoli, compiti,

40 Elemento importante da utilizzare nei rapporti con le Autorità civili, soprat-tutto giudiziarie, che devono essere guidate a leggere in modo corretto la realtà dei rapporti funzionali ed operativi tipici dell'Ordinamento canonico, soprattutto in as-senza di Concordati con la S. Sede che abbiano in qualche modo già «fissato» qualche elemento di specificità.

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funzioni, incarichi, che i Superiori degli IVC/SVA sono chiamati ad affidare all'interno della vita ed attività dei propri Istituti a norma del Diritto sia universale che proprio, soprattutto in rapporto alle specifiche attività svolte dagli IVC/SVA con ricadute all'esterno del-l'Istituto stesso. Scuole, orfanotrofi, nosocomi, cliniche, centri di accoglienza, istruzione professionale, editoria ... fino all'attività pa-storale eventualmente svolta in quanto affidatari di una Parrocchia (secondo il Can. 520 e correlati).

Dal punto di vista canonico si tratta di quanto concerne l'affi-damento di Uffici ecclesiastici propriamente detti (nonostante questa concettualizzazione risulti insufficiente per gli IVC/SVA al proprio interno) ma anche intesi in senso lato quali «posizioni ope-rative» all'interno dell'organizzazione ed attività dell'Istituto stesso (dalla cucina alla portineria, dalla contabilità alla manutenzione, dall'insegnamento al supporto didattico, dalla corsia alla sala ope-ratoria ... ).

Si tratta di un'attività particolarmente delicata poiché riguarda le persone come tali, la valutazione delle capacità, attitudini e qua-lità, necessarie per ricoprire la «posizione» in oggetto e la reale ade-guatezza- intesa come corrispondenza anche psico-fisica- tra la persona e quanto le viene affidato (o richiesto), le sue caratteri-stiche e quelle della posizione in oggetto41 . Esistono poi anche ele-menti di professionalità tecnica (Diplomi o Lauree) e/o di equili-brio psico-affettivo ed esistenziale per poter esercitare attività ri-volte soprattutto a terzi, tanto più se in condizioni di «minorità', di «limite» o «disagio» più o meno diretto o anche solo potenziale (sa-nità, istruzione ... pastorale).

Faciloneria, pressapochismo, superficialità ... necessità (!! !), ur-genza, si oppongono sempre alla natura stessa di un'adeguata desi-gnazione ed a quanto richiesto in questo ambito anche a livello giuridico: canonico in prin1is. Proprio, però, l'inosservanza sostan-ziale - anche e soprattutto - sia delle Norme giuridiche speci-fiche (canoniche) che della più generale ragionevolezza e senso della realtà saranno valutate in sede giudiziale extracanonica per imputare in modo personale all'Autorità ecclesiale de qua le sue re-sponsabilità giuridiche.

41 Che dire, infatti, di una centralinista con problemi di udito, una portinaia con problemi di vista, un manutentore con problemi di mobilità o un contabile con defìcits cognitivi?

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Anche se la responsabilità in eligendo si caratterizza in modo specifico per la sua collocazione temporale molto limitata, ridu-cendosi ai Procedimenti di designazione e conferimento delle «posizioni» dei membri all'interno della vita ed attività (diretta o indiretta) dell'IVC/SVA, essa tuttavia non si estingue in riferimento alle persone stesse ma assume pure un carattere in qualche modo permanente ed incrementale ogni qualvolta la stessa persona sia destinataria di nuove designazioni (tanto confirmatorie che inno-vative).

Fatti e circostanze delle persone, però, non sono stabili nel tempo in modo che: semel aptus semper aptus. Età, salute, compe-tenze, attitudini, abilità, cambiano col tempo ed il «migliore» qua-rant'anni fa non lo è certo più oggi. Nel tempo, però, mutano - o possono mutare - anche le condotte delle persone ... e qualcuno po-trebbe essersi manifestato palesemente non-adatto ad esercitare determinate funzioni o attività, soprattutto in contesti specifici 42 .

In tali casi, riconferme o semplici déplacements potrebbero, in-vero, generare specifiche responsabilità in eligendo proprio a causa dell'evidente non-considerazione accordata alla- più o meno-evidente mancanza di adeguatezza alla «posizione» in oggetto ... soprattutto nel caso in cui la nuova designazione faccia seguito a comportamenti quantomeno problematici nella materia speci-fica ... ciò che attiverebbe, però, i profili più tipici della responsabi-lità in vigilando (v. infra).

Per quanti riguarda i Moderatori supremi degli IVC/SVA -tranne i casi in cui spetti ad essi designare liberamente a qualche «posizione» all'interno dell'Istituto o sue specifiche ripartizioni o Enti strumentali 43 - gli estremi sia generali sia più specifici della responsabilità in eligendo tendono ad attenuarsi fino a sparire quasi. Ciò soprattutto in ragione del fatto che difficilmente ai ver-tici degli IVC/SVA si accede per cooptazione (o «libero conferi-mento») in modo del tutto autonomo e diretto da parte dell'Auto-rità superiore- per quanto anche dovendo ascoltare specifici «Pa-reri» (cfr. Can. 127) - ma preferenzialmente attraverso percorsi collegiali di designazione (=Elezione), p.es., capitolare.

42 Basti pensare all'amministrazione economica o alla didattica. 43 Elemento fissato dal Diritto proprio a qualcuno dei propri livelli anche solo

«Speciali', come potrebbe essere lo Statuto di una Fondazione (canonica o no) che gestisca una parte delle attività dell'Istituto stesso.

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In tal modo la responsabilità in eligendo in capo al Moderatore supremo si attenua poiché tali persone vengono in realtà designate da altri ... e la suprema Autorità dell'Istituto provvede solo alla loro Conferma (da Elezione) o Istituzione (da Presentazione\ dopo che la valutazione delle capacità, attitudini e qualità, necessarie per ri-· coprire la «posizione» in oggetto è stata sottoposta a specifica atti-vità istituzionale di terzi, ad norn1am Iuris (secondo Statuti, Rego-lamenti, Procedimenti, Protocolli, ecc.). Canonicarnente si parla in tal caso di Provvisione necessaria nella quale il Moderatore su-premo, in mancanza di espresse, evidenti ed a lui conosciute, contro-indicazioni non è pienamente libero di non dar seguito a quanto valutato e deciso da altri 44 .

3.2 La responsabilità in vigilando

La responsabilità dei Superiori in vigilando - come già accen-nato - si delinea come responsabilità sulle persone principahnente in ragione delle loro condotte nelle «posizioni>> as esse assegnate a t-· traverso la dinamica della designazione-conferimento sopra indi-· cata.

Si tratta di una responsabilità difficile da delineare nei propri elementi e confini poiché quanto generaln1ente - e spesso anche solo generican1ente- indicato a livello di «vigilanza» soprattutto in campo canonico soffre non solo di indeterrninatezza ma, molto maggiormente, di reale inconsistenza scivolando spesso nella pare-nesi o nella «pastoralità» inconcludente del <<laissez {aire>' ... fino a quando qualcuno non faccia «Scoppiare qualcosa» attraverso i media o addirittura in Tribunale.

Per contro, in ambito canonico, la «vigilanza» si è espressa tra-dizionalmente prima di tutto con la «visita» (canonica) ed il «Con-trollo» tanto delle persone, che delle stn1tture, che delle attività, al-l'interno di una prospettiva espressamente disciplinare volta alla concreta verifica del reale funzionamento sia della vita (consa-crata, in questo caso) che delle attività poste in essere al suo in-temo o in occasione di essa. La figura tradizionale del «Visitatore»

44 Si ricordi - e consideri - in merito come l'Elezione crei un vero e proprio ius ad rem (giuridicamente tutelato: Can. 179) mentre la Presentazione no, compor-tando una maggior responsabilità in eligendo per chi realizzi una Istituzione ri-spetto a chi confermi una Elezione.

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(capitolare) nella vita religiosa ricopriva un ruolo tutt'altro che se-condario o di semplice emergenza.

Si è accennato ad una prospettiva tendenzialmente passiva della responsabilità in vigilando (v. supra) così da porne in luce l'e-lemento di maggior fragilità e debolezza strutturale: la «vigilanza» - infatti - non s'impone a colui che ad essa sia tenuto (=il Supe-riore) il quale, spesso, è più portato a ritenerla una facoltà piuttosto che un vero e proprio dovere d'Ufficio ... al punto da farne, troppo spesso, un'attività del tutto straordinaria, da «minacciare» verso qualcuno anziché da realizzare verso tutti 45.

Ciò porta spesso all'instaurarsi di cattive-pratiche (=il con-trario delle «best practices» di cui tanto oggi si favoleggia nella Teoria dell'organizzazione) che diventano veri e propri standards negativi in cui prosperano scorrettezze, arbitrii, interessi, quando non anche malversazioni, illeciti ed abusi ... tanto in modo indivi-duale (=di qualcuno) che istituzionale (=degli Enti come tali).

La mancata vigilanza, soprattutto contro le Norme giuridiche che la impongono a specifici Uffici come dovere istituzionale, ri-sulta sempre oggetto d'imputazione di responsabilità; tanto più spesso a livello penale che non semplicemente civilistico. La non-vigilanza da parte di chi esercita autorità di governo, infatti, tende ad implementare i profili della negligenza grave e - più ancora -del mancato ùnpedùnento alla commissione di Delitti o Reati, fino a scivolare addirittura nel favoreggiamento (o anche complicità) nei casi in cui en1erga la conoscenza certa di condotte inadeguate o riprovevoli, insieme all'evidenza del non aver provveduto con l'uti-lizzo di tutti i mezzi materialmente e moralmente a disposizione per farle cessare ed impedirle anche in futuro.

La responsabilità a titolo d'Ufficio in vigilando risulta più pros-sima ai Moderatori supremi degli IVC/SVA rispetto alle varie fatti-specie sin qui menzionate, poiché li coinvolge sempre in modo di-retto e personale in linea di principio (ed in via pregiudiziale) in ra-gione della prcesumptio Iuris che tutto quanto il Diritto assegna, ri-serva o riconosce all'Ufficio di governo supremo dell'Istituto sia in effetti realizzato in modo congruo e scrupoloso. La prova contraria

45 Davanti all'emergere di problemi di vario genere spesso si «minaccia» una Visita canonica come Sanzione in sé e per sé alfine di suscitare un cambio compor-tamentale, anziché conoscere per suo mezzo la realtà ed intervenire disciplinar-mente per ristabilire l'ordine, tanto personale che istituzionale.

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- sebbene «incriminante» - è fornita dai fatti, che spesso pale-sano almeno vere e proprie «omissioni» di gravi doveri d'Ufficio.

La posizione di responsabilità dei Moderatori supremi si ag--grava spesso, in quest'ambito, in ragione e funzione cono-scenze che gli stessi abbiano effettivarnente e concretamente rice-vuto circa atti e condotte di membri dell'IVC/SVA (o di attività di Enti facenti capo all'Istituto stesso) in qualunque n1odo, mornento e circostanza ciò si sia realizzato. Il principio giuridico ormai gene-ralmente recepito ed applicato- soprattutto in an1bito statuale-è perentorio: chi sa deve inzpedire! Chiunque sappia deve adope-rarsi per i1npedire! Certamente in rnodo «proporzionato» ... rna quali sono le «proporzioni» proprie del «Moderatore suprerno» del-l'Istituto? Il Moderatore supremo- secondo il Can. 622 - non ha forse «potestà [ ... ] su tutte le Province dell'Istituto, su tutte le Case e su tutti i membri»? Come negarlo dinnanzi ad un Giudice?

Questo profilo porta così a quello successivo delle responsabi-lità a titolo personale.

4. TITOLO PERSONALE

Se, in linea di massima, la responsabilità a titolo di Rappresen-tanza (di un Ente) risulta essenzialmente civilistica 46 indirizzan-dosi alla tutela contrattuale ed extra-contrattuale dei terzi (coinvol-gendo più spesso l'Ente che non i suoi Rappresentanti o Amrrlini-stratori 47), si è già visto- non di meno-- corne l'eventuale respon-sabilità a titolo d'Ufficio, soprattutto in vigilando, sia invece adatta a rilevare in campo penale quale condotta di non in1pedin1ento della comrnissione di un Reato. Questo, però, non significa che il «personale» sia necessariamente «penale» ... poiché nel «titolo per-sonale» rientrano tutte le condotte individua]i di per sé non con-nesse a ruoli e funzioni istituzionali.

Di fatto si parla di responsabilità «a titolo personale» quando la relazione, la connessione, tra la persona fisica che opera e qualche atto/fatto di rilievo giuridico lesivo di terzi e/o loro beni/di-ritti si fondi su atti e/o condotte della persona fisica come tale, in-dipendentemente da quali ne siano le funzioni o ruoli all'interno di qualunque Ente o Istituzione, come avviene -- p.es. - col non ri-

In ossequio al brocardo/principio giuridico «societas delinquere non potest». 47 Implicando conseguenze prevalentemente patrimoniali.

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spetto del Codice della strada, in rapporto al quale non ha alcun ri-lievo «chi sia» il conducente di un veicolo coinvolto in un inci-dente.

La rapportabilità alla figura ed al ruolo di Moderatore su-premo di IVC/SVA del grande nun1ero di possibili fattispecie di re-sponsabilità a titolo personale (sia civile 48 , che amministrativa 49,

che penale 50) non risulta immediata né in ambito canonico né in ambito statuale; né risulta facile indicare principi di massima co-munque validi.

Si potrebbe tuttavia indicare quale criterio, poco più che empi-rico, il considerare la persona del Moderatore supremo come senz-plice fèdele (nell'Ordinamento canonico) o come senzplice cittadino (in quello statuale). In tal modo l'eresia o il procurato aborto, ve-drebbero il Moderatore supremo (tanto uomo che donna) nella condizione di qualunque fedele, così come l'attentato matrin1onio lo vedrebbe nella condizione di qualunque altro religioso; ciò cano-nicamente 51.

Non diverse sarebbero - nell'Ordinamento giuridico statuale - la guida in stato d'ebrezza, l'esportazione illegale di valuta, la detenzione di sostanze illegali 52 , le lesioni personali, la diffama-zione, il sequestro di persona. La specifica condizione di Modera-tore supremo di un IVC/SVA potrebbe semplicemente costituire in qualcuno di questi casi l'occasione concreta che ha generato tale condotta, ma nulla di più. Si pensi al Superiore generale che an-dando a far visita ad una comunità dell'Istituto fuori dalle aree po-litico-economiche a più alta regolamentazione finanziaria (Eu-ropa, p.es.) porti con sé quantità di denaro- di legittima proprietà dell'IVC/SVA- necessarie alle attività dell'Istituto in terra di mis-sione ma superiori a quanto permesso dalle Leggi del luogo/mo-mento.

Del tutto sui generis e ben difficilmente inquadrabili a priori sono le questioni di carattere penale in campo statuale, soprattutto

48 Un incidente stradale. 49 Una Contravvenzione per divieto di sosta. 50 Una condanna per circuizione d'incapace o frode. 51 Pur con tutte le aggravanti del caso che il Giudice ecclesiastico o il Supe-

riore competente ritenesse di dover riconoscere e considerare nei singoli casi pro-prio in ragione del «maggior ruolo» del soggetto e, pertanto, della sua minore scu-sabilità.

52 Il vino per la celebrazione dell'Eucaristia in Paese islamico.

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quelle connesse di per sé al titolo d'Ufficio (di Moderatore supremo dell'Istituto) ma perseguite di fatto in via personale da parte delle singole e diverse Magistrature e Giurisdizioni statuali.

L'esempio delle conoscenze acquisite ratione Offìcii circa la condotta altamente inadeguata e forse pure delittuosa di un membro dell'Istituto, utilizzate dal Magistrato per contestare al Su-periore generale «connivenza» o «Ostacolo alla giustizia» è palese nella sua complessità. Complessità che aumenta quando tale Mo-deratore supremo avesse già a sua volta tentato d'intervenire nei confronti della stessa difficile situazione attraverso gli strumenti giuridici canonici, sia disciplinari che penali, rna invano a causa dell'insufficienza dell'impianto accusatorio o comunque delle Prove di effettiva colpevolezza del religioso.

Non di meno questo genere di questioni pone ben altri motivi di attenzione, quando non anche di seria preoccupazione circa, p.es., l'adeguata collocazione della «sede» giuridica- con annesso Archivio- della Curia generalizia dell'IVC/SVA e la residenza uffi-ciale del Moderatore supremo. Tale Sede, infatti, in quanto co-munque appartenente ad uno specifico territorio risulta i1nmanca-biln1ente soggetta alle Leggi dello Stato competente; soggezione che comporta anche la possibilità di accesso giudiziale (e sequestro di materiali e documentazione) da parte della Magistratura locale.

Non meno rilevante- agli stessi effetti-- è la cittadinanza del Moderatore supremo dell'IVC/SVA: da essa potranno dipendere, in-fatti, molti elementi e fattori connessi alla sua responsabilità (so-prattutto penale) a titolo d'Ufficio perseguibile però solo personal-mente. Cittadinanza e residenza (di Diritto e di fatto) si intrecciano spesso in modi altamente intricati permettendo o negando accessi, an·esti, estradizioni ... elementi tutti che giocano sovente ruoli deci-sivi soprattutto nelle vicende più spiacevoli per la Chiesa tutta.

Si ricordi - solo esemplificativamente - quanto accaduto in Belgio nel luglio del 2010 quando la Magistratura fece mettere sot-tosopra - in modo assolutamente discutibile 53 --- la cattedrale di Saint Rombout a Malines, violando le tombe dei Cardinali Desiré-Félicien Mercier, Jozef-Ernest Van Roey e Léon-Joseph Suenens, oltre all'abitazione del Cardinale Godfried Danneels e alla sede

53 Le perquisizioni ordinate dalla Magistratura belga furono definite «biutali» dallo stesso Ministro della giustizia di quel Paese, Stefaan De Clerck (cfr. URL: < http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1343973 >in data 16-04-2014).

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54 PAOLO GHERRI

della Comrnissione indipendente creata dalla Chiesa belga per in-dagare sugli abusi sessuali (sequestrando 4 75 dossier) alla ricerca di doctnnentazione su abusi sessuali della metà del Novecento 54 .

5. ALTRI ELEMENTI DJ RILIEVO GENERALE

In chiusura- per quanto non «a conclusione»- del percorso sin qui realizzato pare opportuno segnalare qualche ulteriore ele-mento che merita considerazione in ten1a di responsabilità dei Moderatori supremi di IVC/SVA principalmente in campo extra-canonico.

l) La portata reale, concreta ed effettiva- oltre alla specifica «natura»- delle responsabilità che possano essere imputate ad un Moderatore supremo di IVC/SVA al di fuori dell'ambito canonico sono connesse quasi esclusivamente- e dipendono- in massima parte dalla possibilità di essere posti in stato di accusa da qualche Magistratura, soprattutto penale, in grado di eseguire non tanto il Processo ma la successiva eventuale condanna. Come sopra accen-nato, questo dipende pri1na di tutto dalla Sede della Casa genera-lizia e dalla Cittadinanza de] Superiore generale, visto che le Leggi penali di qualsiasi Stato devono fare conti molto precisi con quelle degli altri Stati e che nessun Paese tende in questa materia ad es-sere troppo remissivo o acquiescente. Unica variante significativa sono gli Accordi ed i Trattati (spesso bilaterali) di Estradizione da e per determinati Paesi. Elementi e fattori che superino la portata della giustizia penale «ordinaria» non rientrano nel concetto di «responsabilità» sin qui considerato.

2) Nella stessa linea sostanzialmente «geografica» si pongono pure alcune delle questioni rilevanti in materia finanziaria e fi-scale, non tanto del Moderatore supremo ma dell'Istituto come tale; materie in cui- comunque- possono darsi elementi di re-sponsabilità in qualche modo a lui riconducibili, soprattutto in ra-gione del titolo di Rappresentanza, se effettivamente presente op-pure se gestito in sede statuale su altre basi di riferimento giuridico generale (v. i11{ra).

Si tratta del patrimonio finanziario (o di una sua parte) dell'I-stituto e del regime tributario applicato ad esso e/o alle attività

Cfr. URL: < http://archiviostorico.eorriere.it/2010/giugno/26/Tombe_cardi-nali __ perquisite_ Vaticano_protesta_co_8_1 00626030.shtml > (in data 16-04-2014).

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TITOLI DI RESPONSABILITÀ DEI SUPERIORI GENERALI DEGLI IVC 55

svolte dall'Istituto stesso, normalmente presso la Sede della Casa generalizia: la Legislazione finanziaria e tributaria in materia di capitali ed attività economiche che l'IVC/SVA possa detenere e ge-stire potrebbe comportare o anche escludere specifiche responsa-bilità in capo ai vertici dell'Istituto stesso.

3) Altro elemento di grande rilievo in questo genere di materie, per quanto solitamente non considerato, è la differenza di conce-zione e presunto funzionamento giuridicamente rilevante tra il «trust» tipico dei Sistemi di cmnmon Law e la «persona giuridica» dei Sistemi di civil Law: differenza che può annullare completa-mente le questioni (e tutele) legate all'Istituto giuridico della Rap-presentanza così come gestita in ambito europeo continentale (e più sopra indicate). Il mondo anglosassone, infatti, molto meno formalistico di quello latino-germanico guarda con più immedia-tezza alla realtà di implicazione, coinvolgimento ed attività di chiunque all'interno delle vicende a risvolto giuridico-economico privilegiando quasi esclusivamente gli elementi «oggettivi» rispetto a quelli formali. È questo uno dei motivi della gravissima crisi pa-trin1oniale che ha colpito le Diocesi statunitensi in conseguenza delle diverse condanne per abusi da parte di chierici negli ultimi vent'anni. In comnwn Law non esistono sisten1i econoinico-patri-moniali «isolati» e «Stagni» ma: dove le persone «comunicano», «Comunicano» anche i patrimoni e viceversa.

4) Ultimo elemento generale da considerare, in qualche modo come corollario, è la dimensione dell'IVC/SVA intesa dal punto di vista geografico. Le cose, infatti, cambiano radicalmente quando si passa da un IVC/SVA internazionale (ed inter-continentale) ad uno intra-nazionale: per quest'ultimo- infatti- non valgono le consi-derazioni appena svolte nei punti 1-2-3, visto che tutto ricade all'in-terno di un unico Ordinamento giuridico statuale. In tal modo pra-ticamente tutte le responsabilità in1putabili al Moderatore supremo saranno solo quelle possibili all'interno di quell'Ordinamento giuri-dico, senza alcuna reale incertezza in merito.

Non si affrontano in questa sede, poiché, tematiche comunque non «generali': la c.d. responsabilità dell'Organizzazione né la re-sponsabilità oggettiva attraverso cui un numero sempre maggiore di Ordinamenti giuridici statuali intende offrire comunque qualche tutela a chi in qualche/qualunque modo possa essere stato (ingiu-stamente) danneggiato nel rapporto con qualunque tipo di Orga-nizzazione.

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