The unbroken sign. A micro-history of graphic design

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Lorenzo Grazzani Francesco E. Guida (a cura di / Eds.) Un progetto di Aiap e del Centro di Documentazione sul Progetto Grafico Simonetta Ferrante Grafica tra arte, calligrafia e design IL SEGNO CONTINUO Simonetta Ferrante Graphics between art, calligraphy and design THE UNBROKEN SIGN IL SEGNO CONTINUO-CATALOGO_2.indd 3 26/04/11 20:16

Transcript of The unbroken sign. A micro-history of graphic design

Lorenzo Grazzani Francesco E. Guida(a cura di / Eds.)

Un progetto di Aiap e del Centro di Documentazione sul Progetto Grafico

Simonetta FerranteGrafica tra arte, calligrafia e design

IL SEGNO CONTINUO

Simonetta FerranteGraphics between art, calligraphy and design

THE UNBROKEN SIGN

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Simonetta Ferrante (1957)e Attilo Calabi (nonno di Simonetta).

Simonetta Ferrante (1957)and Attilo Calabi (Simonetta’s grandfather).

Attilio Calabi con Simonetta, Villa Calabi, Vacciago d’Ameno (Lago d’Orta), 1931.

Attilio Calabi with Simonetta, Villa Calabi, Vacciago d’Ameno (Lago d’Orta), 1931.

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Esistono molti modi per comprendere l’evoluzione, la complessità della discipli-na che chiamiamo comunicazione visiva. Sicuramente un modo intrigante e istrut-tivo è quello di studiarne la storia o le sto-rie, se non di scriverla quando possibile. In merito alla nostra disciplina il dibat-tito è ancora aperto, viste le difficoltà – e comunque le varie ipotesi avanzate nel tempo – nel delinearne i confini, addirit-tura un inizio. Inoltre, la pervasività del-la produzione grafica – di artefatti o di-spositivi, che dir si voglia – rende anche più arduo l’individuare percorsi di stile, scuole, metodi. Vi possono essere poi sto-rie fondate sui personaggi, sulle persona-lità che in una qualche misura si ritiene siano cardini ed elementi chiave nell’evo-luzione di una disciplina, avendo forni-to contributi produttivi o di riflessione di valore indiscutibile, ormai consolidato. Oppure vi possono essere delle microsto-rie che permettono di comprendere la di-sciplina in quanto emblematiche o poten-zialmente tali per apprezzarne la varietà, l’ampiezza, la sua assoluta distintività.

Vi sono piccole ma significative storie legate a personalità e committenti sinto-matici, come il recente caso di Bob No-orda e del Touring Club Italiano appro-fondito in “On the road. Bob Noorda, il grafico del viaggio” o ancora temi utiliz-zati come chiavi di lettura come nei casi di “La grafica del Made in Italy” o “Bru-no Munari. Un libro al mese” utili ad analizzare fenomeni che vanno ben oltre

Il segno continuo: una microstoria di grafica

FRANCESCO E. GUIDA

There are several ways to try and un-derstand the evolution and complexity of the discipline we call visual communi-cation. One intriguing, enlightening way is to study its history or histories – if not, when it is possible, to write it. Debate on our discipline is still open, conside-ring the difficulties encountered and the various hypotheses put forward over ti-me in defining its boundaries, or even in marking its beginning. In addition, the pervasiveness of graphic productions – be them artefacts or devices – makes it even harder to identify styles, schools and methods. There might also be histo-ries based on the figures, on the persona-lities who, in one way or another, can be viewed as milestones in the evolution of a discipline, thanks to the valuable pro-ductions or reflections they have contri-buted. Or there might be micro-histori-es making it possible to understand the discipline since they are or might be em-blematic to appreciate their variety, their wide-ranging nature and their absolute distinctiveness.

There are minor, though meaningful histories linked to major personalities or clients, like the recent case of Bob Noor-da and the Touring Club of Italy explo-red in “On the road. Bob Noorda: travel-ling with a graphic designer”, or topics used as keys to the reading like in “La grafica del Made in Italy” and “Bruno Munari. Un libro al mese”, which shed light on phenomena that go well beyond

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gli artefatti finiti. Storie, ma le si possono chiamare a ragione microstorie che, se-guendo un loro percorso autonomo, per-mettono approfondimenti altrimenti non possibili lungo le vie convenzionali delle “grandi storie”. Ed è opportuno sottoli-neare come queste microstorie, cui si fa-ceva riferimento e che appartengono al contesto di Aiap essendo state da essa prodotte, non sono dei casi solitari, es-sendosene già registrati in anni recenti di similari, per lo meno a livello europeo. Basti menzionare le due collane editate da Lars Müller – l’una per conto del Mu-seum für Gestaltung di Zurigo (le “poster series”, che di tanto in tanto si aprono a percorsi interpretativi autonomi), l’altra, denominata “A5” in collaborazione con la Fachhochschule di Düsseldorf – defi-nita come un “archivio in evoluzione del graphic design” – e dedicata a microsto-rie su temi e autori meno noti della gra-fica internazionale. E a tal proposito non si puo’ dimenticare, con un taglio simile a quest’ultima, la collana incentrata in par-ticolare su microstorie della prima metà del Novecento editata dall’inglese Anti-que Collectors’ Club e chiamata sempli-cemente “Design Series”.

Ma a questo punto come non menzio-nare il progetto “Viva (Voices in Visual Arts)” della Design History Society il cui obiettivo – attraverso la registrazione orale delle esperienze di progettisti, cu-ratori, studiosi – è di costruire una storia autonoma e non convenzionale, sottoli-neando l’importanza dei soggetti singo-li e delle organizzazioni, dei vari percor-si dando rilievo al background familiare, all’educazione, alla pratica professionale (www.vivavoices.org).

Alla necessità di costruire una storia onnicomprensiva, totale della disciplina, sembra iniziare a sostituirsi o per lo me-no ad affiancarsi, la possibilità di scrive-

finished products. Histories, sure – but they might as well be called micro-histo-ries which, each in its own way, provide opportunities for an in-depth analysis of aspects that would otherwise not be pos-sible through the conventional ways of “Histories”. Interestingly, these micro-histories, which have been produced by Aiap and somehow belong to it, are not isolated cases: on the contrary, there ha-ve been several similar cases in recent ye-ars, at least in Europe. As an example, consider the two series published by Lars Müller – one for the Museum für Gestal-tung in Zurich (the “poster series” which from time to time are open to autono-mous interpretations) and the other, cal-led “A5”, in collaboration with the Fa-chhochschule of Düsseldorf – defined as “an evolving archive of graphic design” and dedicated to micro-histories on les-ser-known topics and authors of interna-tional graphics. With regard to this, the series focused on some micro-histories of the first half of the 20th century publi-shed by the English Antique Collectors’ Club with a similar approach and sim-ply called “Design Series” is also worth mentioning.

How not to mention the “Viva (Voi-ces in Visual Arts)” project of the De-sign History Society, whose goal is to construct an autonomous, unconventio-nal history by recording the actual voices of designers, curators and scholars, stres-sing the importance of individuals and organisations within various career pa-ths, and highlighting family backgroun-ds, education and professional practice (www.vivavoices.org).

The need to build a comprehensive hi-story of the discipline seems to be gra-dually being replaced by or at least com-bined with the possibility to write, or to spread out threads which, once they

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re, di stendere dei fili che, se riannodati, consentano di comporre una trama più ampia e complessa, forse più dispersiva ma sicuramente più completa. Una tra-ma che possiamo a ragion veduta defini-re ancora storia.

In questo solco, ed è opportuno preci-sarlo, si inserisce l’attività che Aiap ha in-teso intraprendere con il Centro di Do-cumentazione sul Progetto Grafico e la relativa collana editoriale (CDPG / Aiap). Un solco appena tracciato, ma nel quale si intendono comporre altre microstorie, significative per il versante italiano del-la disciplina, dedicando spazio anche a quelle figure che per ragioni di varia na-tura sono escluse dalle storie ufficiali pur avendo dato un contributo alla diffusione della disciplina per qualità e anche quan-tità della produzione, per eccezionalità o singolarità del percorso, per essersi resi protagonisti di una vicenda significativa dal punto di vista professionale nel rap-porto con una committenza. In questo quadro di intenzioni si inserisce quindi la finestra dedicata a Simonetta Ferran-te e testimoniata da questo terzo volume della collana del CDPG / Aiap. Si tratta infatti di una figura interessante la qua-le nell’arco di tutta la lunga carriera ha saputo esprimersi e applicarsi ad ambiti differenti con continuità e coerenza, pur ammettendo come importante il contesto familiare, sociale, professionale in cui ha avuto modo di operare, distinguendosi per la particolarità del percorso e la qua-lità della produzione. Una continuità di ricerca compositiva ed espressiva sospesa tra graphic design, calligrafia, arte (pittu-ra in particolare). Dove i vari ambiti di-sciplinari non vanno visti semplicemente come fasi di una crescita individuale ma come componenti di una unica poetica.

Nata nel 1930 a Milano in una fami-glia della buona borghesia – il nonno At-

are pulled together, can make up a lar-ger, more complex fabric – more disper-se maybe but definitely more complete. A fabric which we may still define history.

This is the path Aiap has chosen to fol-low in the activities carried out thorugh its Graphic Design Documentation Cen-tre and its series of publications (CDPG / Aiap). An only just treaded path, which we intend to enrich with other micro-hi-stories – significant evidence of the Ita-lian side of the discipline. In doing so, we also wish to give space to those figu-res who, for some reason or other, are left out of official histories despite the contribution they’ve given to the disci-pline by the quantity or quality of their production, by the extraordinary or uni-que nature of their processes, or for ha-ving been the protagonists of significant professional experiences in the relation-ship with a client. The space dedicated to Simonetta Ferrante is part of this fra-mework of intentions and takes shape in this third volume of the CDPG / Aiap series. A very interesting figure, throu-ghout her career she has been able to express herself in different professional fields with a constant and consistent ap-proach and through the admittedly im-portant contribution of the family, social and professional background in which she has worked – in a unique career path and with an outstanding quality of her production. A continuity in her research leading to a unique compositional and expressive identity, suspended between graphic design, calligraphy and art (na-mely painting), in which the various di-sciplinary areas are not to be viewed as mere phases of individual growth but ra-ther as the elements of a single poetics.

Born in Milan in 1930 of a middle-class family (her grandfather Attilio Ca-labi was director and president of La Ri-

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tilio Calabi è stato direttore generale e presidente de La Rinascente – si forma nel campo dell’arte e della musica. Dopo il diploma artistico nel 1948, completa gli studi musicali conseguendo il diplo-ma di pianoforte al Conservatorio Giu-seppe Verdi di Milano, dedicandosi nel mezzo alla più convenzionale – per l’epo-ca – attività di insegnamento nella scuo-la pubblica. La ricca formazione e il con-testo familiare evidentemente sono stati determinanti per coltivare una propria ambizione di realizzazione professiona-le – in particolare nell’ambito del proget-to grafico – e artistica. Ben presto infatti inizia un apprendistato con Max Huber. Ma è Giovanni Pintori, all’epoca all’Oli-vetti, a consigliarle di recarsi a Londra per studiare grafica presso la Central School for Arts and Crafts. Dopo due anni di frequenza, nel 1958, ottiene il di-ploma di Graphic Design, Pittura e Dise-gno: “per molte ragioni questa scuola è stata la partenza giusta per le due attività da me preferite, quella di grafica e quel-la di artista”.

Le due attività infatti avrebbero bene-ficiato negli anni successivi di questa for-mazione: nel frequentare la scuola lon-dinese la Ferrante assimilò modalità compositive ed espressive meno rigide di quelle praticate in Italia e a Milano sul finire degli anni Sessanta. In particola-re ella attribuisce ai corsi serali di pittura e disegno tenuti da Cecil Collins una im-portanza notevole, essendo improntati a una metodologia non accademica tesa a favorire le capacità espressive individuali. Si comprende l’influenza avuta da Cecil James Henry Collins (1908-1989), il qua-le è ritenuto un importante rappresentan-te del surrealismo inglese, la cui statura come pittore – riconosciutagli nel 1989 in una importante esposizione alla Tate – è ritenuta alla pari di quella di insegnan-

nascente), she was educated in arts and music. After her high school diploma in Arts in 1948, she completed her studies at the Giuseppe Verdi Conservatory of Milan, where she obtained a diploma in piano. She then started a career as scho-ol teacher, a quite conventional activity for a woman at the time. Her wide-ran-ging education and family background arguably encouraged her to nurture an artistic and professional (namely in gra-phic design) ambition. She soon started an apprenticeship programme with Max Huber. But it was Giovanni Pintori, at Olivetti at the time, that advised her to go to London and study graphics at the Central School for Arts and Crafts. Af-ter two years of attendance, in 1958 she obtained her diploma in Graphic De-sign, Painting and Drawing: “for seve-ral reasons this school was the right star-ting point for my two favourite activities - graphic designer and artist”.

These two activities were to bene-fit from this educational background in the following years: at the London school she absorbed less strict expressi-ve and compositional rules than those which were common in Milan in the late 1960s. She specially valued the drawing and painting evening classes taught by Cecil Collins for their non-academic to-ne and their approach focused on enhan-cing individual talents. It is indeed not difficult to acknowledge the influence of Cecil James Henry Collins (1908-1989), widely recognised as a major representa-tive of English Surrealism and generally considered as good a painter – as an im-portant exhibition at the Tate Gallery in 1989 shows – as a teacher. Despite figu-res like Felice Casorati and Primo Conti encouraged her to devote herself to pain-ting, Simonetta decided to become invol-ved in graphic design. That was the gol-

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te. Pur incoraggiata da personaggi come Felice Casorati e Primo Conti a dedicarsi alla pittura decide però di percorrere ini-zialmente la strada del progetto grafico. Siamo negli anni d’oro del design mila-nese, la grafica e i suoi interpreti si erano affermati come fattori determinanti per il successo di imprese imprenditoriali che hanno fatto storia. Un mondo in cui alle donne erano riservati ruoli comprimari, prevalentemente si trattava di un univer-so maschile. La Ferrante, con poche altre all’epoca (dello stesso periodo si ricorda il lavoro di Lora Lamm per La Rinascen-te e non solo – anche se la Lamm è sviz-zera e a Zurigo presto rientrerà per con-tinuare la sua attività – oppure la figura di Lica Steiner), riesce tenacemente a ri-tagliarsi un suo spazio, tanto che la si po-trebbe definire come una delle prime pro-gettiste grafiche italiane, e a guadagnarsi nel giro di pochi anni una propria auto-nomia professionale. La formazione rice-vuta in Inghilterra le permette di distin-guersi per la maggiore varietà nell’uso dei caratteri in funzione non puramente este-tica ma anche espressiva, per la capacità di comunicare senza rigidezze e senza re-torica, per semplicità e spontaneità unite a rigore formale e attenzione ai dettagli.

All’inizio dei Sessanta lavora dappri-ma con Bob Noorda, poi con Bruno Mu-nari alla Bompiani. In seguito apre uno studio grafico in collaborazione con Gio-vanna Graf e poi con Carlo Pollastrini. A partire dal 1971 e per circa 15 anni si dedica intensamente all’attività profes-sionale: lo studio proponeva, in sintonia con la grafica più corretta e innovativa, la creazione di un’immagine coordina-ta che comprendeva lo studio di marchi, modulistica, comunicazione pubblicita-ria per committenti come Supermercati Esselunga, Galgano, Fotorex, Elettrocar-bonium, Rizzoli, DataControl, Associa-

den age of Milan design; graphics and its artists had established their crucial role in determining the success of enterprises which were to make the history of Ma-de in Italy. It was a men’s world, howe-ver, where women were only allowed to play secondary roles. Together with a few other women (e.g. Lica Steiner and Lora Lamm, a Swiss who go back to Zu-rich after her experience at Rinascen-te), Simonetta Ferrante managed to car-ve out some space to herself and to gain her own professional independence in the space of a few years, becoming one of the first Italian women graphic desi-gners. The education she received in En-gland allowed her to distinguish herself for the use of letters not only for aesthe-tic purposes, but also as a form of ex-pression, thanks to her ability to com-municate in a flexible, straightforward manner, through her simple and sponta-neous ways combined with formal rigour and care for details.

In the early 1960s she worked first with Bob Noorda, then with Bruno Munari at Bompiani. Later on, she set up a graphi-cs studio in collaboration with Giovan-na Graf and then with Carlo Pollastrini. For about fifteen years starting in 1971, she was fully involved in her professio-nal activity: in line with the most recent and innovative graphics, the studio was involved in the creation of an all-inclu-sive brand image including the study of marks, forms and advertising for clients like Supermercati Esselunga, Galgano, Fotorex, Elettrocarbonium, Rizzoli, Da-taControl, Associazioni di Psicoterapia, etc. Since the 1970s she has been a mem-ber of Aiap and became a member of its Board in the following decade (in parti-cular, she is responsible for relations with international organisations) and, mo-re recently, of the Ethics and Disciplina-

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zioni di Psicoterapia, ecc. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta è mem-bro di Aiap, facendo parte del Consiglio Direttivo nel decennio successivo (cura in particolare i rapporti con le organizza-zioni internazionali) e in tempi più recen-ti del Collegio dei Probiviri. Nel 1986 le viene conferito il titolo di socio onorario.

Parallelamente, dal 1975, riprende a coltivare la propria vena artistica dedi-candosi nuovamente alla pittura. Ritorna in Inghilterra per frequentare corsi estivi tenuti da artisti britannici come Dennis Creffield, John Epstein o Bert Isaac che insegnavano con metodi affini a quello di Collins. Inizia da quel momento un per-corso significativo. La Ferrante importa il modello dei corsi estivi anche in Italia in-vitando i maestri inglesi a tenere corsi in Toscana e Piemonte, riprendendo anche a insegnare e formulando una propria me-todologia sulla scorta della formazione ricevuta vent’anni prima e aggiungendo-vi anche un proprio contributo con l’uti-lizzo della musica a supporto dell’attivi-tà figurativa.

Ceduto definitivamente lo studio gra-fico fonda a metà degli anni Ottanta il Centro dell’Immagine e dell’Espressione che conduce e amministra fino al 1994 formando non solo al disegno e alla pit-tura, ma anche alla calligrafia, alla scul-tura, alla tessitura, alla storia dell’arte, alla musica. La centralità del progetto educativo della Ferrante è in quello che ella stessa ha sempre inseguito lungo tut-to il proprio percorso professionale e ar-tistico: acquisire la capacità di esprimere se stessi. Chiusa l’esperienza del Centro, da allora si dedica totalmente alla pittu-ra, “a se stessa”, venendo gratificata in numerose esposizioni in Italia e all’estero.

Quello di Simonetta Ferrante è quindi un percorso che si distingue per una stra-ordinaria continuità che le ha permesso

ry Committee. In 1986 she was made an honorary member of Aiap.

Alongside graphics, in 1975 she al-so began to nurture her artistic talent and took up painting again. She went to England once again to attend summer courses held by British artists like Den-nis Creffield, John Epstein and Bert Isa-ac whose teaching methods were similar to Collins’s. A significant process star-ted then. Ferrante imported the model of summer courses to Italy inviting the English masters to hold courses in Tu-scany and Piedmont. She also resumed teaching herself, developing her own me-thodology based on the lessons learnt in her education twenty years before and on the use of music, which she introduced to support the figurative activity.

After eventually selling her graphics studio, in the mid-Eighties she set up the Centre of Image and Expression, which she headed until 1994, and where she educated to drawing and painting, but also to calligraphy, sculpture, weaving, art history and music. The crucial role played by education in Ferrante’s view of the profession is what she herself always pursued during her professional and ar-tistic growth: becoming able to express oneself. After concluding her experien-ce with the Centre, she has devoted her-self entirely to painting, to “herself”, re-ceiving acclaim in numerous exhibitions in Italy and abroad.

Simonetta Ferrante’s professional and artistic evolution is marked by an ex-traordinary continuity, which allowed her to go through the second half of the 20th century to the first decade of the 21st devoting herself to graphic design, painting, calligraphy and artistic experi-mentation. It’s an evolution where form, colour, and writing are the constant ele-ments of a rich production involving as

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di attraversare la seconda metà del No-vecento fino a tutto il primo decennio dei 2000 passando dalla professione di pro-gettista grafico alla pittura, dalla calli-grafia alla sperimentazione artistica. Un percorso in cui si ritrovano costantemen-te forma, colore, segno scrittorio pur nel-la ricchezza di una produzione che con-ta artefatti di natura varia: dal monotipo al marchio, dal manifesto al libro d’arti-sta, al packaging, alla pittura con tecni-che e materiali differenti. Nella continu-ità della tensione compositiva e creativa si ritrovano come costanti un’eleganza e una sensibilità estetica senza tempo, una continua ricerca espressiva e poetico-visi-va che ha avuto modo di essere applicata in ambiti contigui ma differenti che, co-me i vasi di una ben nota legge, si sono continuamente travasati quanto di volta in volta questa poliedra personalità è an-data acquisendo nel tempo.

different artefacts as monotypes, mar-ks, posters, artist books, packaging and painting using different techniques and materials. Timeless elegance and aes-thetic sensitivity are a constant featu-re of Ferrante’s work, together with an uninterrupted expressive and poetic-vi-sual research which was applied to con-tiguous, yet different disciplines which, like in the law of communicating vessels, poured into each other what this multi-talented figure learnt over time.

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Cecil James Henry Collins,Central School for Art and Crafts, Londra, 1958.

Cecil James Henry Collins, Central School for Art and CraftsLondon, 1958.

Simonetta Ferrante (al centrodella foto), a destra Cecil James Henry Collins, Central School for Art and Crafts, Londra, 1958.

Simonetta Ferrante (the middle in the photo), on the right Cecil James Henry Collins, Central School for Art and Crafts, London, 1958.

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Tavolo d’esame di fine corsocon i lavori della Ferrante,Londra, 1959.

End of course examination display with Ferrante’s works, London,1959.

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Layout per un pieghevole,esercizio del corso di grafica, Londra, 1958.

Layout for a folder realized during the course of graphic design,London, 1958.

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Layout per due pagine pubblicitarie e per una copertina, Londra, 1958/59.

Layouts for two advertisments and a magazine cover, Londra, 1958/59.

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Cartoncini pubblicitari Farmitalia,graphic design Ferrante/Noorda,1959.

Farmitalia advertisment cards, graphic design Ferrante/Noorda,1959.

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Depliant3M - Minnesota S.p.a., 1961.

Folders3M - Minnesota S.p.a., 1961.

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Pannelli per fiera,graphic design Ferrante/Noorda,1960.

Exhibition panels,graphic design Ferrante/Noorda,1960.

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Incisione per calendario, cartolina, IGAP e CLAMOR,1961/63.

Engraving for calendar, postcard:IGAP e CLAMOR,1961/63.

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Pieghevole e manifesti Esselunga, foto di Serge Libiszewski,1967.

Esselunga folder and posters,photo Serge Libiszewski,1967.

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Cofanetto del volume “Almanacco delle tradizioni milanesi”, 1966.

Book-slipcase for the “Almanacco delle tradizioni milanesi”, 1966.

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“Almanacco delle tradizioni milanesi”, volume e alcune pagine interne, 1966.

Book and inside pages of the “Almanacco delle tradizioni milanesi”, 1966.

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Pieghevoli con cartina di Milano,graphic design Ferrante/Rossi,EPT Milano, 1969/70.

Folders with map of Milan,graphic design Ferrante/Rossi,EPT Milan, 1969/70.

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Sovraccoperta del volume “La formula dell’immortalità”,Rizzoli, 1963.

Book jacket for“La formula dell'immortalità”,Rizzoli, 1963.

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Copertina del volume “Il fiammifero”, Giorgio Borletti Editore, 1969.

“Il fiammifero” book cover,Giorgio Borletti Editore, 1969.

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“Il fiammifero”, photos Angelo G. Bernasconi, Simonetta Ferrante and Gianni Rossi, graphic design Simonetta Ferrante and Gianni Rossi, 1969.

“Il fiammifero”, fotografie di Angelo G. Bernasconi, Simonetta Ferrante e Gianni Rossi, progetto grafico di Simonetta Ferrante e Gianni Rossi, 1969.

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