Tecnicismi e perifrasi nella poesia didascalica del Settecento

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Carlo Enrico Roggia La lingua della poesia nell’età dell’illuminismo Carocci editore

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Carlo Enrico Roggia

La lingua della poesianell’età dell’illuminismo

Carocci editore

1a edizione, agosto 2013© copyright 2013 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: Progedit Srl, Bari

Finito di stampare nell’agosto 2013dalla Litografia Varo (Pisa)

ISBN 978-88-430-0000-0

Riproduzione vietata ai sensi di legge(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

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Tecnicismi e perifrasinella poesia didascalica del Settecento

L’homme animal curieux; l’homme susceptible de spectacles. Presque toutes les sciences ne sont que des curiosités.

Galiani, lettera a L. D’Epinay

4.1. Poche manifestazioni della cultura settecentesca ci appaiono oggicosì difficilmente recuperabili come la ricchissima produzione di poesiadidascalica che esplose soprattutto nella seconda metà del secolo: eppu-re poche sono più rappresentative delle tensioni che percorrono la cul-tura italiana del tempo 1. Più che con la scienza in sé e con il suo impe-tuoso affermarsi nel Settecento come impresa professionale e struttura-ta, quello della poesia didascalica è un fenomeno che ha a che fare conla moda e il mito della scienza che contrassegnano il secolo: e anche, na-turalmente, con le istanze divulgative tipiche della cultura illuminista. Lamoda della scienza ha radici lontane, che affondano nell’alleanza che sistabilisce tra savants e società aristocratica nei salotti parigini di fine Sei-cento, agli albori di quella che è stata chiamata la «civiltà della conver-sazione» 2: all’altezza del secondo Settecento, il connubio tra scienza emondanità ha ormai raggiunto ogni periferia, accompagnato dai due im-mancabili satelliti del dilettantismo e della galanteria, di cui la dama delGiorno, che durante il pranzo fa risuonare «su la bocca amorosa» la ter-minologia newtoniana («il calcolo, e la massa, / e l’inversa ragion» Mz986-987), offre un icastico e ben noto compendio. Oltre che nella con-versazione, la scienza anima ovunque l’intrattenimento elegante ancheattraverso lezioni e dimostrazioni a domicilio tenute da scienziati pro-fessionisti, che rivelano all’esperienza in forme spettacolari gli aspetti na-

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1. Sul tema resta fondamentale, nonostante tutto, Bertana (1909): lavoro animato daun curioso spirito demolitorio nei confronti della propria materia, ma ricco di dati. I tem-pi sarebbero oggi maturi per una riconsiderazione globale del fenomeno (cfr. in partico-lare Di Ricco, 2009), ma manca ancora una ricerca a largo raggio e una sintesi aggiorna-ta. Sulla lingua e la testualità del genere didascalico, si veda invece ora la messa a puntodi Motolese (in stampa).

2. Cfr. Craveri (2001, in particolare pp. 293-4, 399 ss., 481 ss., ma passim).

scosti della natura: dal magnetismo all’esistenza del vuoto, dalla scom-posizione della luce bianca all’elettricità 3. Per la società colta del secoloil mondo fisico è il luogo della meraviglia: di una meraviglia ragionevo-le, in cui si fondono stupore di fronte alla misteriosa complessità delmondo e sostanziale fiducia nei confronti di una sua finale esplicabilità.

Ma dietro la moda scientifica, con i suoi risvolti di superficiale fri-volezza, c’è naturalmente il mito della scienza: dai philosophes alla so-cietà dei salotti il sapere scientifico si configura come il paradigma di unaconoscenza saldamente realista e socialmente utile; l’emblema di una ra-gione vittoriosa sulla natura e sui pregiudizi culturali, ma insieme benconsapevole dei propri limiti. Rispetto alla selettività di una scienza pro-fessionale sempre più strutturata, il bisogno di un’osmosi verso la societàe l’opinione pubblica è ben presente agli scienziati non meno che alleavanguardie culturali: se il Seicento era stato il secolo della nascita dellascienza moderna, il Settecento è il grande secolo della divulgazionescientifica, che da Algarotti in poi trova nella moda un potente alleato.

Non si capisce il fiorire della poesia didascalica, e neanche alcuniaspetti della sua organizzazione formale, senza considerare questo mo-vimentato sfondo: ma la fortuna del genere è in sé qualcosa di più di unsemplice epifenomeno della grande passione settecentesca per la divul-gazione e il dilettantismo salottiero. Non c’è dubbio che i poeti didasca-lici, o almeno i più consapevoli, fossero mossi anche da intenzioni posi-tivamente riformiste: si trattava in qualche modo di adeguare la poesiaalla modernità, sia nei contenuti che nella ricerca di una funzione socia-le, e così reagire alla marginalizzazione cui rischiavano di condannarla letendenze utilitariste in auge (cfr. CAP. I). Per il più militante dei suoi ani-matori, il Rezzonico autore nel 1779 di un Ragionamento su la volgar poe-sia, scienza e filosofia sono addirittura lo «scopo della poesia», l’antido-to sicuro a una svilente concezione della stessa come rito sociale:

Se molto fin qui ci siamo affaticati nel dimostrare al poeta la necessità dellescienze, il femmo per abbattere colla ragione e coll’autorità l’orgogliosa indo-lenza d’alcuni vuoti verseggiatori, che con orrore da tal sentenza rifuggono e sifan beffa talvolta di ciò che non intendono per mancanza di lumi (Ragionamen-to, p. 363) 4.

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3. Intorno al tema dell’elettricità, la nuova frontiera della fisica alla moda, si veda Ber-tucci (2007), interessantissimo spaccato dell’interazione tra scienza e mondanità e dellavita scientifico-culturale italiana di metà secolo.

4. Il Ragionamento fu aggiunto (con intento apologetico) all’edizione curata dal Rez-zonico delle Opere poetiche di Frugoni (Stamperia Reale, Parma).

Tra le altre cose, insomma, la poesia didascalica è anche questo: una del-le risposte (magari non la meno velleitaria) date nel Settecento a un di-sagio diffuso intorno alla posizione e al ruolo della poesia, di fronte allarevisione delle gerarchie tradizionali promossa dall’illuminismo. Che aquesti elementi progressisti si sovrapponga poi una suggestione dichia-ratamente classicista, legata ai nomi di Virgilio, Lucrezio, Manilio e al-l’ideale oraziano dell’utile dulci miscere, non è affatto strano: fa parte diuna tendenza più generale della poesia illuminista, che a vari livelli an-dava cercando la modernità proprio in un apparentemente paradossaleritorno all’antico.

4.2. Come scriveva Bertana (1909, p. 102), «parlando della poesia dida-scalica del Settecento, è tanta l’abbondanza della materia, che bisognaassolutamente rinunciare ad abbracciarla tutta»: noi riserveremo la no-stra attenzione alla poesia di argomento scientifico, a rigore solo una del-le possibili manifestazioni del didascalico, la più settecentesca per certiversi, e la più interessante linguisticamente 5. Si tratta per lo più di poe-metti in endecasillabi sciolti, talora in ottave, ma anche di forme chiusecome la canzone e il sonetto, opera di letterati dilettanti di scienze natu-rali o più raramente di scienziati prestati alle Muse, com’è il caso so-prattutto di Mascheroni, Galvani e Volta: gli argomenti vanno dall’a-stronomia («la scienza che più spesso subì gli infecondi amplessi degliarcadi», Bertana) alla fisica, con particolare riguardo all’ottica e all’elet-trologia, alla medicina e fisiologia, alle scienze naturali, fino alla neona-ta economia 6.

Linguisticamente questi testi si presentano come oggetti piuttostocomplessi, in cui una materia scientifica o tecnica viene sottoposta all’a-zione incrociata di due istanze distinte: quella divulgativa e quella chepotremmo definire poetizzante 7. Il Rezzonico, ad esempio, è convintoche non vi sia «nel sacrario delle dottrine angolo sì riposto ed oscuro do-

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5. Tralasciamo quindi il ricchissimo filone dei poemi georgici (La coltivazione del ri-so di Spolverini), ma anche quello dei vari poemi filosofici (L’origine delle idee di Rezzo-nico), di quelli prescrittivi o descrittivi sui costumi (il Giorno): tutti generi che beninteso presentano problemi spesso analoghi a quelli di cui ci occuperemo (Motolese, in st.).

6. Per lo scopo di questa ricerca, che è quello di una prima e parzialissima ricognizio-ne, si sono schedati integralmente undici testi di argomento vario (se ne veda l’elenco nellalista delle Abbreviazioni al punto 2) per un totale di circa 7.800 versi: avverto che non si trat-ta in alcun modo di un campione statisticamente rappresentativo, anche perché fortemen-te squilibrato dal poema sull’astronomia di Cassola, che da solo conta ben 4.650 versi.

7. Motolese (in stampa) parla rispettivamente di «forma lezione» («le modalità te-stuali indotte dalla funzione/finzione didattica») e «controspinte poetiche».

ve non possano penetrare le Muse», ma queste devono arrivarci prece-dute da «quegli spiriti chiamati luminosi per avere con un lucido e fa-cile ragionamento rese al volgo visibili le grandi idee degli astratti e su-blimi filosofi» (Ragionamento, p. 368): tra le «sacre caligini del calcolo» e l’«amenità delle Muse» si interpone insomma l’addomesticamento di-vulgativo. Quanto alla mise en vers, essa appartiene a un momento ideal-mente successivo, a cui compete soprattutto la promozione degli aspet-ti immaginativi attraverso le risorse dello stile. Istanza divulgativa e istan-za poetizzante concorrono così sinergicamente a dar forma linguistico-discorsiva ai testi didascalici, portandovi strutture linguistiche e proce-dimenti testuali caratteristici: nei prossimi paragrafi ne metteremo sotto osservazione due molto specifici e interconnessi, vale a dire il tratta-mento dei tecnicismi e l’impiego delle perifrasi 8.

Che quello dei tecnicismi sia un punto critico per testi che bene o ma-le trattano argomenti scientifici è di per sé ovvio, ed è confermato dallacentralità che il tema assume ogni volta che nel Settecento si parla di poe-sia didascalica9. Come ci si aspetta, in questi dibattiti il tecnicismo è si-stematicamente visto come una poco gradita necessità, una componenteda arginare o almeno da attutire. Nessuno invece che tenti di valorizzar-ne le potenzialità estetiche: eppure, come ha mostrato Fubini (1971b), lanettezza dei contorni semantici propria di questi termini porta effetti divigorosa precisione in un poeta come Parini, e lo stesso può dirsi dei mi-gliori didascalici. Ma la teoria, per non parlare della mentalità linguisticadiffusa, non era assolutamente attrezzata per riconoscere un simile effet-to, e d’altra parte entrambe le istanze menzionate sopra, divulgativa epoetizzante, concorrevano di fatto a fissare un’idea di tecnicismo comeostacolo più che come risorsa: nel primo caso per la sua intrinseca setto-rialità, nel secondo per la sua natura neologica e la conseguente estraneitàstrutturale al linguaggio poetico. Si può citare Parini, che rimproveraval’abate Lorenzi, autore di una Coltivazione dei monti (1778), di non esse-re stato «più temperato nell’uso de’ termini tecnici tolti dall’astronomia,dalla chimica e tali altre scienze, sostituendovi altri modi di esprimersipropri della locuzione poetica, la quale vuole esser popolare, secondo la

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8. Sui due temi e sul loro legame cfr. i quadri di Migliorini (1994, pp. 501 ss.), Colet-ti (1993, pp. 199-201), Motolese (in st.); cfr. inoltre più in generale quanto detto sopra, al PAR. 1.10, da cui sono qui ripresi e sviluppati vari spunti.

9. Per i dibattiti settecenteschi sulla poesia didascalica cfr. Guagnini (2009); perquanto riguarda invece le discussioni sull’uso estensivo dei tecnicismi in letteratura comenel linguaggio comune (generalmente improntate alla censura), rinvio a Dardi (1996): davedere in generale come sfondo a tutta la materia trattata in questo saggio.

giusta intelligenza di questo vocabolo» (Prose II, p. 261). Da parte suaRezzonico, che era dello stesso avviso, arrivava a biasimare Milton per-ché – diceva – «nello sporre le dottrine non sa temperarsi dall’usare fre-quentemente i termini tecnici» (Ragionamento, p. 365).

Sarebbe però un errore trattare posizioni di questo tipo semplice-mente come manifestazioni di conservatorismo puristico o di mentalità retrograda: i due nomi citati da ultimo già si addicono male a una lettu-ra di questo tipo; ma c’è soprattutto il fatto che a conclusioni non diver-se arrivavano, sulla base di presupposti di filosofia del linguaggio larga-mente condivisi, le teorie empiriste che offrivano un paradigma comune alla cultura progressista anche in campo linguistico. Nell’ottica di Con-dillac, il tecnicismo rappresenta l’ultimo stadio di quel raffinamento del-la lingua in direzione analitico-filosofica che sostanzia il progresso della conoscenza umana, e si situa al polo opposto rispetto alla sintetica evi-denza immaginativa propria delle forme originarie del linguaggio che cu-stodiscono la vera essenza della poesia. È questo il fondamento di una presa di posizione come la seguente di Beccaria (già citata CAP. I, p. 47):

i termini delle arti e i termini tecnici tutti [...] per voce universale di tutt’i cono-scitori debbono sfuggirsi da chi scrive per dilettare e per persuadere vivamentel’animo; perché troppo lontane, per così dire, sono dalla parola le idee, né que-ste senza il corteggio di molte altre parole vengono dietro al nome che le deverappresentare. Le lingue sono state formate gradatamente prima dai bisogni,dalle passioni, dalle impressioni originali che largamente sono sparse nella na-tura, costanti e comuni a tutt’i tempi ed a tutt’i luoghi; poi dalle circostanze lo-cali, dalle volubili ed artificiali combinazioni dei complicati sentimenti degli uo-mini colti. Quest’ultima classe di parole dovrà essere usata con sobrietà, perchépiù tardamente e più inviluppate e confuse risvegliano le idee corrispondenti(Ricerche, pp. 124-5).

Dall’altro lato, però, la stessa filosofia sensista aveva sancito l’impre-scindibilità epistemologica delle terminologie nel discorso scientifico.Condillac aveva sostenuto che la lingua non è un semplice veicolo dellaconoscenza ma il suo necessario supporto, e che al limite lingua e cono-scenza coincidono: «une science bien traitée n’est qu’une langue bienfaite» (Langue des calculs, in Œuvres philosophiques, II, p. 420) 10. Ne con-segue che non è possibile separare la conoscenza scientifica, quale che

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10. Su questo aspetto della filosofia di Condillac e sulle sue conseguenze per la ter-minologia scientifica, cfr. Giovanardi (1987); sull’opposizione nella filosofia linguisticacondillachiana tra un polo analitico-filosofico e uno immaginativo-poetico, cfr. quantodetto al PAR. 1.6.

sia, dai codici analitici e strutturati di cui si avvale il discorso specialisti-co: pena la dissoluzione della conoscenza stessa. La poesia didascalica sitrova così presa in una sorta di aporia teorica che obbliga sul pianoespressivo a varie soluzioni di compromesso, ma nello stesso tempo la-scia comunque spazio a un tasso decisamente elevato di tecnicismi: lostorico della lingua può così oggettivamente guardare al fenomeno nelsuo insieme come a un esperimento di dilatazione del linguaggio poeti-co e di verifica delle virtualità estetiche dei linguaggi scientifici, che pro-prio in questo periodo andavano istituzionalizzandosi 11.

Strettamente connesso al tema dei tecnicismi è poi l’altro tema pre-so in considerazione, quello delle perifrasi: se non altro perché queste of-frono una delle più tradizionali strategie di evitamento del lessico inde-siderato nella tradizione poetica. E di fatto le perifrasi rappresentanodavvero uno dei principali ingredienti stilistici del genere didascalicosettecentesco, ma come vedremo le loro funzioni vanno ben al di là del-la semplice supplenza di termini tecnici o concreti, collegandosi anzi inprofondità con la natura stessa dell’operazione didascalica.

4.3. Possiamo entrare nel tema da una porta laterale, ossia da quelle chesi potrebbero chiamare strategie di “acclimatamento poetico”: spesso itermini scientifici e i cosiddetti tecnicismi collaterali (Serianni, 2005) ac-colti nei testi didascalici vengono sottoposti a una serie di adattamentifonomorfologici, prosodici e sintattici che hanno essenzialmente lo sco-po di adeguarli al contesto linguistico d’arrivo riducendone l’impatto.Alcuni esempi:

Accidenti vocalici: apocope (cannocchial A 183 14, centro-solar massa Lu 229 18,ottangolar figura A 242 18), elisione (aritmetic’arte Ci 86 17, elastic’aria Se 141 6),sincope (sessagesma parte A 23 8). Fenomeni metrici: dieresi (attrazïon SC 299,«per forza sol d’attrazion si spande»); diastole (magari influenzata dal francese,ippopotàmo Inv 235). Scelta di allotropi rari o arcaici, in qualche caso svelata dalconfronto con le note: nubilose A 144 4 (ma in nota: Stelle Nebulose), «spazi del

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11. L’impiego poetico di termini e immagini tratti dalla scienza non si limita alla poe-sia didascalica, ma in qualche modo caratterizza un’epoca della lingua italiana, non sen-za vivaci reazioni (cfr. Migliorini, 1994, pp. 502-3). In una lettera, Sopra l’uso della fisicanella poesia (1763: cfr. Bertana, 1909, p. 46), il bassanese Roberti interpretava appunto ilgusto corrente raccomandando «di mescere un pocolin di fisica a’ componimenti di va-rio genere e di vario argomento», e puntualmente Bertana (1909, pp. 53 ss.) documenta in-fatti la presenza di spunti scientifici nella poesia non didascalica, in particolare lirica ed’occasione; più di una traccia in questo senso troviamo del resto anche in un poeta co-me Parini (Fubini, 1971b).

ciel fluvidi e molli» A 4 13 (ma in nota: «fluido sottilissimo» dei cieli cartesiani) 12.Ancora: gravitate A 68 3; densitade Lu 231 8; rai luminosi SC 389; desco lunare Ci80 22; emisperi celesti A 135 4; igniti o luminosi corpicei A 19 9, 146 13 (con riferi-mento alla teoria corpuscolare della luce); refrangere e refrazione Lu 233 17, 2349 ecc. 13. Da voci tecniche si possono occasionalmente avere aggettivi compostisul modello degli epiteti neoclassici: vario-refrangibil lume SC 384 (in nota: «va-ria refrangibilità de’ raggi»), elettro-ardenti Lu 224 11. Altri procedimenti sonoinfine di tipo sintattico, come l’anastrofe aggettivo-nome (Boreale Aurora A 6623, attraente forza Co 111 10, centrifuga forza A 59 22, elettrica scintilla Inv 335, ret-tilinei raggi Lu 225 17, rifratta luce SC 382, terrestre massa A 21 13 ecc.), o di tiporetorico, come la personificazione («la taciturna Algebra» Inv 262, «la profon-da / Analisi» A 206 16-17, «l’accigliato Calcolo» SC 231-232 ecc.).

Procedimenti come questi corrispondono per così dire al grado zero diquell’istanza poetizzante di cui si diceva sopra. Un po’ più complessi glieffetti che derivano ad esempio dall’uso di epiteti più o meno esornativi,o di dittologie: in entrambi i casi la parola “estranea” si trova imbozzola-ta in una struttura sintattica riconoscibilmente poetica, ma questi proce-dimenti, che a differenza dei precedenti comportano un incremento les-sicale e dunque semantico, sono funzionalmente più sofisticati dei prece-denti e in qualche modo più caratteristici del tipo didascalico.

L’uso “cosmetico” dell’epiteto è ben chiaro in questo passo di Mascheroni, do-ve vengono enumerate le specie animali presenti nel gabinetto di scienze natu-rali di Pavia: «Ecco il lento bradipo, il simo urango, / il ricinto armadillo, l’istriceirto, / il castoro architetto, il muschio alpestre, / la crudel tigre, l’armellin di ne-ve. / Ecco il lurido pipa, a cui dal tergo / cadder maturi al sol tepido i figli» Inv226-231. Altri esempi: calcolante analisi (“analisi matematica”) Lu 229 3, arteriepulsanti Lu 127 23, bifido compasso SC 91, ingegnosa Curva A 174 24, liquido mer-curio Inv 65, ingegnoso / Micrometro A 185 5-6, ramosi nervi Se 41, nitro olente A

48 8, angoloso prisma SC 228, seguaci Satelliti Ci 87 13 ecc.

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12. Arcaismo a lemma nella quarta Crusca («lo stesso che fluido»), cfr. anche A 54 11,A 98 16 (sost.: «fluvido più denso»).

13. L’allotropo desco per disco (in accezione astronomica, «superficie visibile, circolaree luminosa, dei corpi celesti», documentata nel GDLI da Galileo) è arcaico e assente dalla Crusca. La forma emisperio (gr. ἡµισφαίριον, lat. hemisphaerium) è quasi esclusiva in italiano antico, a lemma nella Crusca fin dalla prima impressione; emisferio o emisfero (cfr. anche il fr. emisphère) aveva guadagnato terreno dal Cinquecento, e poi soprattutto nell’uso scientifico, entrando nella terza Crusca come lemma secondario. Quanto al plurale in -ei per -elli, Serianni (2009, p. 163) ne ha constatato la vitalità e la disinvolta estensione (come nei pariniani giubboncei) in ambito neoclassico. Refrangere e refrazione (presenti nella Crusca accanto alle varianti con i protonica) sono forme antiche ma ancora vitali nel Settecento: se ne serve anche Algarotti nel Newtonianesimo.

Come si vede già da questi esempi, spesso l’epiteto si riferisce a proprietàche sono semanticamente implicate nel nome solo per chi possieda al-cune basilari conoscenze scientifiche; detto altrimenti, queste conoscen-ze sono presupposte dall’epiteto, che è quindi comprensibile solo a chi lepossieda, e costringe comunque a richiamarle alla coscienza nel mo-mento della ricezione. Ad esempio, l’epiteto di indocili applicato alle co-mete (A 37 20, Ci 87 13, Co 98 15) allude all’elevata eccentricità delle loroorbite, che ha reso a lungo difficile la loro identificazione come oggetticelesti obbedienti alle leggi kepleriane; motrici / Forze Co 98 7-8 si rife-risce alla nozione di forza introdotta da Newton come causa del moto;globoloso sangue Lu 127 21 alla celebre scoperta fatta un secolo prima daMalpighi ecc. Cesarotti, a proposito di questo tipo di allusione cara algusto settecentesco, scriveva:

Tocca agli scrittori di genio, a quelli che uniscono la scienza alle grazie dello sti-le, di spargerla d’una luce piacevole, di abituar insensibilmente la massa dellanazione a quei modi che nel seme d’una frase portano il germe d’una dottrina,e sarebbero forse il mezzo più efficace di accomunar senza sforzo colle classi in-feriori le notizie utili e i risultati della scienza (Saggio, II, XVI, 2, p. 341).

Non a caso è proprio dalla chiarificazione di un epiteto di questo gene-re (luce settemplice) che scaturisce l’intero Newtonianesimo per le da-me 14. Ci troviamo insomma davanti a un fenomeno in cui acclimata-mento poetico e pretese divulgative convergono con fattori inerenti ilgusto e in particolare con una tendenza all’estetizzazione dei fatti scien-tifici su cui bisognerà tornare.

Meno frequente, con la stessa funzione, la dittologia, in cui il secondotermine può semplicemente ribadire il primo su un piano meno speciali-stico («torta Diagonal descrive e segna» A 26 4), oppure magari specificar-lo: nel poema di Cassola del medesimo fenomeno della rifrazione la ditto-logia mette in evidenza due diversi effetti, a seconda che si applichi alloscintillio delle stelle (luci rifrante e sparte dall’atmosfera A 145 6) o al fun-zionamento della lente («i raggi accolti [...] rifranga e pieghi» A 178 4-5).

4.4. Ma veniamo ormai a parlare senz’altro dei tecnicismi. La loro con-centrazione e il loro peso nei testi considerati variano molto, com’è ovvio,

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14. «Oh grande più che non pensate, Madama, è la virtù di quel settemplice. Non puògià sentirla chi non è iniziato ne’ misteri della poesia filosofica. – Che sì, che quei versison vostri? – disse la Marchesa. – [...]. Orsù, fate ch’io vegga anch’io il quadro filosoficosu quella tela poetica; che io altro non ci veggo che del confuso» (Newtonianesimo, p. 19).

a seconda delle discipline trattate e delle personalità e scelte stilistiche deipoeti: scienze più strutturate come l’astronomia o l’ottica si separano piùdifficilmente dalla loro terminologia, mentre all’opposto i poemetti sulcommercio di Colpani e Algarotti risentono dello statuto appena inci-piente dell’economia come disciplina autonoma. Quanto agli autori sipuò poi confrontare l’atteggiamento del citato Colpani, che, votato aun’elegante leggerezza da conversatore mondano preoccupato soprattut-to di non annoiare, evita ogni specialismo e i conseguenti lessici tecnici,con quello di un autore come Cassola, mosso da una sincera aspirazionea trattare organicamente e “istruttivamente” l’astronomia nel suo poemain sei libri. In quest’ultimo, l’indulgenza al tecnicismo non è priva di re-more («non dritta fiede, ma, se scior mi lice / in strania voce gli Apollineiaccenti / torta Diagonal descrive e segna» A 26 2-4: notare anche le stra-tegie “acclimatanti”, epiteto e dittologia), ma evidentemente su queste re-more prevalgono altre istanze: di accuratezza, di “utile” divulgazione ter-minologica ecc. D’altra parte è difficile sfuggire all’impressione che l’in-dulgenza al tecnicismo abbia a volte a che fare anche con una fondamen-tale povertà di mezzi poetici: non per niente il più dotato tra i poeti esa-minati (guardacaso anche valente scienziato), ossia il Mascheroni, è an-che tra i più parchi nell’uso di tecnicismi nel verso, come vedremo.

Passando necessariamente sopra a queste differenze, vediamo co-munque un breve inventario dei tecnicismi emersi dalla schedatura, li-mitando l’esemplificazione alle discipline terminologicamente più espo-ste: astronomia, matematica, meccanica, ottica, anatomia, chimica, piùuna piccola appendice trasversale relativa a strumenti o parti di stru-menti scientifici. L’elenco è puramente indicativo, passibile di escursio-ni anche ampie se appena si allarga o restringe il campione schedato, maappunto può servire a dare un’idea della consistenza e di alcune carat-teristiche di questa componente lessicale della poesia settecentesca. Ec-colo dunque 15:

ASTRONOMIA

Afelio A 19 1; anello di Saturno Inv 284, SC 205, 364; asse di rotazione A 8 1 5, 12 10, Co 112 1, SC 81, 87 ecc.; astronomo A 36 10, 180 9 ecc. e astronomico Co 104 8; at-mosfera A 29 4 («quel circolo [...] cui con greco parlar chiami Atmosfera»), 58 3 ecc.; attrarre A 7 21, 22 17, Co 102 4, 105 7, SC 260, 272 ecc.; [forza di] attrazione A 172 24, 173 12, Co 109 13, SC 299; chioma delle comete A 55 14 (con riattivazione della metafora: «chioma incolta»), 95 6, Co 105 7; coluri A 223 9; cono d’ombra

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15. In caso di occorrenze multiple in uno stesso testo limito a due il numero dei ri-mandi, un ecc. finale segnala l’eccedenza.

proiettato dagli astri, A 12 11, 102 4 («cono ombroso»), Lu 225 22 («cono decre-scente», dove l’aggettivo non è epitetico ma restrittivo: indica uno dei due conid’ombra proiettati dagli astri, quello che determina le eclissi totali); curvità “cur-vatura” A 66 18 («curvità del globo»); disco A 41 9, 77 26, Ci 80 22 ecc.; distanzatra i corpi A 18 21, 20 19, Ci 103 10, Co 103 9 («giusta ognor tra le corporee moli,/ e le varie distanze, e i tempi varj / proporzione»), SC 285 ecc.; eclisse A 35 4, 9211 ecc.; eclittica A 22 20, 23 3; emisfero A 13 4, 8, Lu 228 18 ecc.; emisferiche Lu 22924; equinozio A 21 5, 22 21; equinoziale [cerchio e.] A 23 1, 71 22 ecc.; epiciclo A 1914, SC 106; eccentrico, riferito al moto degli epicicli, come tecnicismo dell’astro-nomia tolemaica, A 19 14, SC 107; e riferito alle ellissi di Keplero, A 157 8-9 («ec-centriche / [...] orbite»); gravità A 68 3, 104 1, SC 256 («leggi / di gravità»), 262ecc.; gravitare A 21 10, 22 15 ecc.; luna “satellite” Co 101 8, 109 13, SC 361 («le quat-tro lune intorno / al vastissimo Giove»); nubilosa “nebulosa” A 144 4; nodi del-l’eclittica A 22 10, 17 ecc.; orbita A 27 14, 157 9, Ci 80 13, 92 3, SC 91 ecc.; parallassiA 104 14; perielio A 18 25; satellite A 110 17, 113 12, Ci 87 12, Co 101 7, 111 12 ecc.; sfe-roide A 22 2 («di sferoide in guisa / mostra il sembiante», riferito alla Terra); sol-stizio A 86 10; spazio Ci 93 3, Co 98 12 («vuoto spazio immenso»), Lu 226 7; vor-tici cartesiani A 38 3, 166 13, Co 107 11 e 17, SC 318; vuoto sost. A 5 21, 172 11, Co 10115, SC 321, 325; zona A 118 12 («cinque zone / cingon la Terra»).

MATEMATICA, GEOMETRIA

Algebra A 206 13, Inv 262; analisi matematica A 206 17, Lu 229 3; aritmetico agg. Ci86 17 («aritmetic’arte»); asse di un’ellisse A 77 20; calcolo Co 106 13, SC 232; calco-lare Ci 86 17, Lu 229 3; cifre A 206 13 («arabe cifre»), Ci 93 3, SC 38, 89; circolo A 7719; cubico SC 285 («il tempo / alla distanza cubica risponde»); cubo (figura geo-metrica) A 45 9; curva A 174 23; diagonale A 26 4; ellisse o ellissi A 7 26, 77 21, Ci 8713, 89 17, Co 104 4, SC 308 ecc.; ellittico Co 103 16, SC 210; geometria A 206 3, Lu 23212, SC 231; infinito Se 147 7 («trattar osa / il sì poco trattabile Infinito»), SC 234; ma-tematico agg. A 140 9, 172 13 («non v’è [tra i corpi] Matematico contatto»); ottan-golare A 242 18 («vaga ottangolar figura»); parallelo A 8 18; piano sost. A 16 1; qua-dro SC 276 («numero, [...] quadro»); ragione SC 342 («in ragion delle distanze va-rie»); rombo A 96 13, 99 17 ecc.; sessagesimo A 23 8 («d’un’ora sol la sessagesma par-te»); triangolo A 206 7; volume A 22 6 («s’allarga ed il volume addoppia»), 45 3.

MECCANICA

Corpo A 47 7 («opachi corpi»), 149 9 («denso corpo»), Ci 103 8, Inv 326 («corpoliquido»), Lu 230 22, 25, SC 292 ecc.; corpicelli (della luce, secondo la teoria cor-puscolare) A 19 9, 43 9; densità Lu 231 8, SC 343, e denso A 25 14, 52 2, O 42 5, SC 338,341 («Venere è densa meno e più lontana») ecc.; addensarsi A 70 22; elastico A 457, Lu 225 9 («elastico elemento»), Se 141 6 («elastic’aria»); fluido sost. e agg. A 414, 5 18 («fluido sottile»), Se 141 16 ecc.; forza A 5 19, 21 17, Co 98 8, 102 3 («quellaeterna irresistibil forza / che le pesanti masse al centro attrae»), SC 261, 291 («[at-trae] con forza pari alla lor mole») ecc.; forza centrifuga A 59 23; forza centripetaA 157 5; forza repulsiva A 173 1-2 e 5; grave sost. A 197 12; inerzia A 59 9, 167 1; im-

LA LINGUA DELLA POESIA NELL’ETÀ DELL’ILLUMINISMO

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pulso A 105 1 e 5, Lu 73 ecc.; macchina Se 143 17 («nella rotante macchina terre-stre»), 146 1; massa A 21 14 («terrestre massa»), 22 4, Co 102 4, SC 259 («la vastamassa / [...] attragge / ogni minor pianeta») ecc.; meccanico agg. A 27 7, 155 10(«meccaniche leggi»); moto A 8 14, 25 9, Ci 98 21, 103 9, Co 106 14, 108 1, SC 175, 258(«il centro / di quei moti è nel sol») ecc.; pendolo A 197 8 («Pendolo oscillante»);punti A 172 9 («indivisibili parti, / che fur monadi dette un tempo, or punti»: leparticelle elementari della materia secondo la teoria di Ruggero Boscovich), 17220; tempo SC 284 («il tempo / alla distanza cubica risponde»), 288 ecc.

OTTICA

Assorbire (la luce) A 4 12; concavo / convesso A 143 14, 181 13 («convessa lente»), O42 9, SC 387 («concavo metal»: specchio); lente A 37 16, 42 11, SC 199, 390 ecc.; mez-zo Lu 231 8; corpo opaco A 47 8, 54 1, Lu 230 25 ecc.; ottica A 143 14, 203 4; otticoagg. Lu 229 14; prisma A 97 4, 203 11, Lu 233 17, SC 228; rettilineo Lu 225 17 («ret-tilinei raggi»); riflettere Lu 230 24 («riflessa luce»), SC 328, 388; rifrangere A 48 11,51 3, Lu 233 17, O 42 4, SC 242 («raggio [...] rifratto»), 382 ecc.; rifrazione Lu 234 9(raggi «da doppia spezzati refrazione»).

ANATOMIA

Anatomia Inv 453; arterie Lu 127 23; cartilagine A 9 6 , 44 11; fibre A 199 6, Inv 209, 461 («nude le fibre / appajon qui del moto, e là de’ sensi»), Lu 127 20, SC 43, Se 141 14; membrana A 9 3 («elastica membrana»); muscolo Inv 427, 456, O 42 17; mu-scoloso A 9 5, 44 11; nervi Inv 357, 450, O 44 4, Se 141 15; nervoso SC 41 («per la ner-vosa region»), 180 11; rete (“retina”), uvea A 180 12 («ne l’uvea, o rete / folgoreg-giando scolpiran l’immago»); seni A 180 11 («i nervosi inviluppi, i cerchi, i seni /e i molteplici umor»); vertebre Inv 237; umore cristallino A 181 12, O 42 9.

CHIMICA

Arsenico Inv 66; chimico sost. Se 142 8 («fumoso Chimico») e agg. Inv 309, CAl86 10 («chimico fornello»); crisoliti (“crisolito”, un minerale) Inv 64; elementi Inv45; mercurio Inv 65; nitro A 48 9, 188 4; salino Inv 304 («con salino licor»); stagnoInv 353; sulfureo o zulfureo A 48 9, 154 26 («zulfureo vapor») ecc.; zolfo A 188 4.

STRUMENTI SCIENTIFICI

Astrolabio A 34 26; armille A 190 25 (in nota: «le Armille Equatorie, opera di Ti-cho Brahe, ecc.»); cannocchiale A 183 15, 189 1; compasso A 31 15, 206 5, SC 91, 177;gnomone A 195 3 («l’Indice, o Gnomone»); meridiano / parallelo (cannocchiale)A 193 10 («i Tubi / che Meridiani e Paralleli appella / l’Astronomo inventor d’e-stranie voci»); micrometro (elemento del telescopio) A 185 7; settore (strumentoper misurare le distanze astronomiche) A 192 1; telescopio A 31 15, 35 19 ecc.

La lista, come detto, è selettiva: si limita a quelle che sono parse di voltain volta le emergenze più interessanti; ciascuna di esse richiederebbe evi-

4. TECNICISMI E PERIFRASI NELLA POESIA DIDASCALICA DEL SETTECENTO

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dentemente un approfondimento storico-semantico e un’analisi dei con-testi, qui assolutamente impossibili da fornire. È chiaro, peraltro, chenon tutte hanno lo stesso grado di novità nella lingua e in poesia: un sin-tagma come cerchio equinoziale è ad esempio documentabile già in Ala-manni (il che del resto non intacca il suo specialismo e non ne modificala funzione espressiva). Non sempre, inoltre, è pacifico il discrimine trausi tecnici e usi non tecnici: è il caso ad esempio dei termini anatomicidi uso comune (cuore, cervello, vene), o ancora di quelle risemantizza-zioni specialistiche il cui significato può essere intuito in modo appros-simativo anche dal parlante comune (corpo, distanza, massa) 16. L’elenco,con i suoi limiti, va insomma preso nel suo insieme, come un documen-to della vitalità e varietà di questa componente lessicale nella compagi-ne linguistica dei nostri testi. Si tratta, come ci si aspetta in testi di natu-ra divulgativa, di un lessico di basso o al più medio specialismo 17, ma nonè il caso di trarre da questo dato valutazioni riduttive; è bene ricordareche nel Settecento la strutturazione dei lessici tecnici, compresa la di-stinzione appena menzionata, è appena ai suoi inizi: le censure suscitatedal diffondersi nella lingua comune di metafore scientifiche tutto som-mato elementari induce al contrario a non sottovalutare l’impatto, spe-cie in una compagine tradizionalmente selettiva come quella poetica, an-che delle forme a più basso specialismo.

4.5. D’altra parte, come si sarà ormai capito, la lingua della poesia dida-scalica assomiglia a un campo di tensione (tanto per restare in tema) in cuila spinta all’apertura lessicale documentata al paragrafo precedente è con-trastata e in qualche modo bilanciata da forze di segno opposto, che fan-no capo alle stesse motivazioni già analizzate al PAR. 4.3. Naturalmente, co-me aveva intuito Condillac, non è possibile limitare o sostituire il lessicotecnico senza impoverire i contenuti e perdere precisione ed esplicatività:ma a una scrittura divulgativa, tanto più se poetica, non è richiesto né unapprofondimento teorico eccessivo né eccessivo rigore, anzi, come spiegail Rezzonico, «un filosofo parlando il linguaggio poetico fa di mestieri chealquanto rilasci della sua geometrica precisione per non essere o troppoarido, o soverchiamente diffuso» (nota a SC 9) 18. A monte del testo dida-scalico c’è dunque una fondamentale limitazione dei temi e la scelta di

LA LINGUA DELLA POESIA NELL’ETÀ DELL’ILLUMINISMO

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16. Cfr. per questa distinzione Gualdo-Telve (2011, p. 230).17. Sulla nozione di grado di specialismo, riferito alla minore o maggiore distanza dei

tecnicismi dalla lingua comune, cfr. Serianni (2005), Gualdo, Telve (2011).18. La nota, non riprodotta nell’edizione Guagnini, si legge nelle Opere del cavaliere

Carlo Castone conte della Torre di Rezzonico, t. II, Ostinelli, Como 1815, p. 28.

un’inquadratura per così dire “grandangolare” che di per sé circoscrive iltasso di parole tecniche; a questa si somma poi una serie di strategie lin-guistiche e retoriche di aggiramento che operano appunto nel senso op-posto all’apertura lessicale. La prima consiste nel ricorrere a sinonimi ap-partenenti alla lingua comune o poetica, come nei seguenti esempi:

Orbita → cerchio SC 182, giro Ci 359, ruota A 18 20; densità → crassizie SC 352; mas-sa → mole Co 102 8 (corporee moli “masse dei corpi”), SC 291, pondo A 5 22; vuo-to → vano A 5 19, 18 21; velocità → corso A 29 11, 20, prestezza Lu 126 8; moto ret-tilineo → dritto calle A 52 1 (in nota: «movimento rettilineo»), dritto sentier A 7719, 105 3, retto corso SC 266-267; peso → pondo A 59 17, 24; [lente] convessa → glo-bosa SC 390; idrogeno e ossigeno → mirabil aure Inv 295 (in nota: «ossigene e idro-gene»). In campo astronomico una facile via di sostituzione, soprattutto sfrutta-ta dal Cassola, è offerta dall’onomastica mitologica dei corpi celesti: sole → FeboA 12 1, 18 22 ecc.; solare → febeo A 27 8, 107 22 («disco febeo») ecc.; luna → Lato-na A 21 10, 92 13, Cinzia A 77 5, 84 5, Trivia A 92 22, Delia A 81 2; cosmo → OlimpoA 3 24, 6 4 («convesso Olimpo») 19. Infine, com’è tipico del testo divulgativo, lospazio è aperto a sostituzioni metaforiche passibili di sviluppi più o meno ampi:ad esempio macchie solari → nebbiosi nei sul volto del sole A 53 4; forza centrifu-ga → orror del centro A 60 26, e così via. Allontanandoci via via verso riformula-zioni più ampie, troviamo ad esempio che il concetto di forza gravitazionale è re-so più volte da Cassola attraverso la metafora del laccio o dei nodi: «Allor la Ter-ra / con cento lacci invidiosa assale / l’incauta Diva [scil. la luna]» A 69 2-4; «L’e-mola Terra e il Sol con mutuo impero / allaccian Delia» A 81 1-2 ecc.

Colpisce a volte la disinvoltura scientifica di queste sostituzioni. Scriverecerchio o ruota per orbita significa passare tranquillamente sopra alla pri-ma legge di Keplero; il tradizionale iperonimo pianeta per Sole, spessousato da Cassola (A 13 16, 18 12 ecc.), rinvia a un universo tolemaico; l’usodi pondo in A 5 22 («voto chiamiam ciò che di pondo è scevro») confon-de due grandezze fisiche distinte quali il peso e la massa, e così via: casi incui la vischiosità della lingua ha la meglio sulla pretesa di aggiornamentoconcettuale. Altro aspetto notevole di questi fenomeni è che, com’è faci-le osservare dalla lista proposta, quelli sostituiti sono spesso termini a bas-so se non bassissimo specialismo; in genere figurano già nell’elenco delPAR. 4.4, o se non vi figurano è perché sono parsi troppo scontati. La so-stituzione sia sinonimica che perifrastica, detto altrimenti, non colpisce

4. TECNICISMI E PERIFRASI NELLA POESIA DIDASCALICA DEL SETTECENTO

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19. E per lo stesso principio le perifrasi possono facilmente attingere al repertorio mi-tologico-letterario: «il vecchio Genitore, il Figlio e Marte / [...] / la dea di Pafo e la Cilleniaprole» A 94 9-13 (rispettivamente i pianeti Saturno, Giove, Venere e Mercurio); «Il Figlio ala-to / de l’atlantica Maja» A 103 2-3 (Mercurio); «il Falcifero Vecchio» A 110 6 (Urano) ecc.

parole su cui pesi un ostracismo assoluto, ma serve per lo più a circoscri-vere la presenza di termini altrove accolti, con una funzione dunque es-senzialmente riequilibrante: il tecnicismo e il suo sostituto possono cosìbenissimo incontrarsi a breve distanza nello stesso testo.

Veniamo infine alle forme più elaborate e complesse di sostituzione.Le perifrasi sono effettivamente uno degli ingredienti retorico-testualipiù tipici della poesia didascalica: ma a ben vedere lo sono più in gene-rale della poesia settecentesca. Orlando (1997, p. 124) ha rilevato appun-to «la lunga egemonia della perifrasi da stile nobile attraverso il Sette-cento», ipotizzando che la perifrasi potesse occupare più o meno nel pa-norama letterario settecentesco il posto che la metafora aveva occupatoin quello del secolo precedente. Di queste figure viene generalmentemessa in rilievo la funzione sostitutivo-eufemistica, «comandat[a] da di-gnità aristocratica, e schiv[a] del quotidiano, dell’umile del “creatura-le”» (ibid.), ma a ben vedere questa è solo una delle funzioni a cui assol-vono. Nel Des tropes, Du Marsais ne elencava quattro: «On se sert de pé-riphrases, ou par bienséance, ou pour un plus grand éclaircissèment, oupour l’ornement du discours, ou enfin par nécessité» (p. 179). Di queste,solo la prima rinvia alla diffidenza di cui sopra per il mot propre («Sou-vent [...] au lieu de se servir d’une expression qui exciteroit une imagetrop dure, on l’adoucit par une périphrase, comme nous l’avons remar-qué dans l’euphémisme», ivi, p. 180); ma più interessanti per il nostro di-scorso sono la seconda e la terza: la perifrasi può servire dunque sia«pour éclaircir ce qui est obscur» (e infatti «les définitions sont autantde périphrases», ibid.), sia «pour l’ornement du discours, et surtout enpoésie», dal momento che la perifrasi agisce sollecitando l’immaginazio-ne e «le génie de la poésie consiste à amuser l’imagination» (ivi, p. 181).Nella perifrasi convergono insomma le due istanze, conoscitiva e poeti-ca, la cui interazione è come abbiamo visto alla radice stessa della te-stualità didascalica: ovvio dunque che questa figura si trovi investita neipoemi di cui ci occupiamo di una pluralità di funzioni semantiche e te-stuali abbastanza delicate.

È chiaro ad esempio che non può esserci alcun intento eufemisticoo nobilitante in una perifrasi come muscolo carnoso per cuore (Inv 456),piuttosto il contrario: si tratta di ridurre un referente di fin troppo no-bile ascendenza poetica alla sua nuda dimensione anatomica. Analoga-mente in questa perifrasi di Rezzonico:

[il sole] spande / col potente vibrar di sue minute / parti agitate da gagliardo mo-to / [...] la rosea luce ed il calor (SC 213-218)

LA LINGUA DELLA POESIA NELL’ETÀ DELL’ILLUMINISMO

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domina l’intenzione di risolvere un comune fenomeno naturale (i raggi, omagari rai, solari) nelle sue parti costitutive e nel suo invisibile funziona-mento corpuscolare. «Tiranno poter che al centro inchina» SC 268 è nel-lo stesso tempo un sostituto e una definizione di forza centrifuga, che pe-raltro non compare mai direttamente nel poemetto di Rezzonico: al con-trario, nell’Astronomia di Cassola un’analoga perifrasi definitoria («quelpuro liquor, che ’n fondo assiede / al lucid’occhio, e dal cristal si noma»A 181 2-3) serve solo a introdurre nel testo il referente, che subito dopo (A

181 12) viene chiamato col suo nome scientifico, appena mitigato dall’in-versione: cristallino umore. La perifrasi insomma, per la sua natura di pro-cedimento che obbliga a vedere l’uno attraverso il molteplice, appare di-rettamente implicata in una delle prerogative fondamentali della poesiascientifica, che è quella di aprire allo sguardo profano la stupefacentecomplessità della natura, di mostrarne in atto il funzionamento 20.

D’altra parte, se la perifrasi costituisce per i poeti didascalici una ri-sorsa non riducibile a puro ornamento, essa è naturalmente anche la fi-gura per eccellenza che parla alle facoltà immaginative, proprio perchésostituisce al termine singolo, opaco nella sua arbitrarietà, una descri-zione che restituisce al concetto evidenza sensibile: «La perifrasi – scri-veva Cesarotti – mette chi ascolta o legge nella situazione di chi primoha ricevuto la impression dell’oggetto; perché lo rappresenta con tuttele sue qualità» (Frammento rettorico, p. 80). Ecco allora che alle mareeprodotte dall’attrazione lunare si sostituisce un analitico e pittoresco«avvicendar de le marine spume» A 84 14; per Mascheroni lo squalo mas-simo (così in nota) è «l’ingordo can, che triplicati arrota / i denti e ’l na-vigante inghiotte intero» Inv 232-233, una sorta di omerico mostro mari-no, la cui descrizione non manca peraltro di includere un preciso detta-glio anatomico; le orbite planetarie sono «i curvi de lo spazio immenso /sentier» O 36 16-17; il cervello, «gl’intricati labirinti, / dove nasce il pen-sier» Inv 459-460, con allusione suggestiva al misterioso legame tra cor-po e psiche.

4. TECNICISMI E PERIFRASI NELLA POESIA DIDASCALICA DEL SETTECENTO

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20. Questo naturalmente non significa sminuire il peso della funzione eufemistico-sostitutiva (su cui insiste molto ad esempio Coletti, 1993, pp. 199-200, ma anche Motole-se, in stampa): le funzioni isolate da Du Marsais tendono infatti a cumularsi più che a di-stribuirsi. Peculiare e in un certo senso estremo è il caso dei numeri, l’alfabeto in cui èscritto il libro della natura che la scrittura divulgativa tende se possibile a evitare, e tantopiù ovviamente i nostri poeti. Anche a prezzo di perifrasi singolarmente goffe come le se-guenti di Cassola: «s’erge, / quanto in due giorni di sentier misura / traendo il lento funeanela alfana» A 66 3-5 (in nota: «50 miglia», lo spessore stimato dell’atmosfera terrestre);«in tre volte nove alati giorni» A 79 3 ecc.

Si noti, tornando per un attimo ancora alle funzioni “espositive” del-la figura, che in generale queste perifrasi, obbligando a risalire al termi-ne sostituito e al relativo referente attraverso un percorso mentale più omeno tortuoso, richiedono al lettore conoscenze enciclopediche senza lequali non risultano pienamente intelligibili: è lo stesso meccanismo pre-suppositivo visto sopra (PAR. 4.3) per gli epiteti. Così, ad esempio, unaperifrasi come la seguente per indicare le comete:

quegli Astri, che gl’immensi giri / drizzan precipitosi al Sole intorno / ed or conlunga e sanguinosa coda, / or con ceruleo crine, e barba al mento / per l’aer van-no turbinosi a volo (A 61 9-13)

è pienamente comprensibile solo a chi sappia che la coda della cometaha dimensioni variabili ed è orientata in direzione opposta al sole, percui segue il nucleo quando l’astro avanza verso il sole, ma lo precede(«barba al mento») quando se ne allontana. Per chi non conoscesse que-sta proprietà, la perifrasi costituisce un piccolo enigma, la cui soluzioneè demandata, in questo come in altri casi, alle note.

E proprio le note, quando presenti, costituiscono un altro elementofondamentale della testualità dei poemi scientifici: sono parte integran-te della loro funzionalità divulgativa e direttamente implicate nei feno-meni di cui ci occupiamo. Tipicamente la nota svolge infatti su un pianoreferenziale-tecnico lo stesso discorso che il testo viene svolgendo su unpiano poetico-immaginativo, facendosi così carico della terminologiache i versi tendono per le ragioni già viste a espungere. La divisione dellavoro tra i due livelli del testo può essere verificata in quello che è digran lunga il più elegante e consapevole dei poeti esaminati, ovvero ilMascheroni. Prendiamo (pressoché a caso) un campione come il se-guente, relativo a un’esperienza chimica:

TESTO: «Tu verserai liquida vena in pura / liquida vena, e del confuso umore /ti resterà tra man massa concreta, / qual zolla donde il sole il vapor bebbe» Inv311-314.

NOTA: «Unione di alcool o spirito di vino raffinato collo spirito di sale ammo-niaco aereato, ossia col liquore della carbonata ammoniacale».

Spicca qui la contrapposizione tra gli iperonimi poetici (vena, confusoumore) e la similitudine quotidiana («qual zolla ecc.») dei versi da un la-to, e dall’altro i tecnicismi ad alto specialismo della nota; ma ad altro li-vello va notata anche la scelta di portare in primo piano nei versi l’a-

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spetto più superficiale forse, ma anche più sorprendente e impressivodell’esperienza. Viene così sollecitato quel senso ingenuo di meravigliadi fronte ai fenomeni naturali che animava la scienza dei salotti: una me-raviglia cui le note offrono qui e altrove un complemento sul piano diuna più rigorosa razionalità scientifica.

4.6. Insomma, non si può negare a questa poesia, che così bene inter-preta certi lati dell’esprit del secolo, una fisionomia linguistica originale e innovativa nel quadro della nostra tradizione poetica: non si tratta so-lo dell’obiettivo allargamento del poetabile a settori e argomenti che co-stringono a un lessico tecnico e concreto di norma schifato dai poeti (in un certo senso quasi un ritorno in pieno Settecento alla “funzione Dan-te”), ma anche di un repertorio di soluzioni retoriche e stilistiche speci-fiche, nate – come si è cercato di mostrare – dalla confluenza di istanze immaginative e conoscitive nell’alveo di un istituto altamente codificato come la nostra lingua poetica. Ci si può allora anche chiedere, in chiu-sura, quale sia il destino postsettecentesco di queste innovazioni; ebbe-ne, la risposta non può che essere: effimero, come nel complesso è il de-stino del genere che le ha promosse. Già nel pieno della fioritura dida-scalica erano emerse resistenze e critiche aperte. Un classicista intelli-gente e autorevole quale il padovano Clemente Sibiliato si appellava, ad esempio, a un principio di tassonomia dei saperi nello spirito del Système figuré des connoissances humaines premesso all’Encyclopédie:

Rientrino dunque, rientrino ne’ dovuti limiti le scienze e le arti, ch’anche nelladifferenziata lor denominazione ne annunziano la diversa lor indole e ministe-ro; nè si voglia violentar l’une e l’altre ad un discorde miscuglio, il quale prestoci ricondurrebbe a quel caos del mondo intellettuale, per cui sconvolgere e rior-dinarlo in adeguate classi e in ripartiti rami, ci bisognò il decorso di più secoli el’opera di tanti ingegni 21.

In quest’ottica la poesia didascalica può addirittura apparire come unfenomeno regressivo, antimoderno. Sono le prime avvisaglie di un di-vorzio tra le due culture che si perfezionerà con l’Ottocento romantico,che pure conoscerà con la poetizzazione della scienza una modalità op-posta di unificazione delle due culture 22: tecnicismi, metafore scientifi-che, perifrasi descrittive così come li abbiamo qui studiati assumeran-

4. TECNICISMI E PERIFRASI NELLA POESIA DIDASCALICA DEL SETTECENTO

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21. Sopra lo spirito filosofico nelle belle lettere (1779), cit. in Bertana (1909, p. 116). Sul-la posizione del Sibiliato cfr. Dardi (1996, pp. 111-3).

22. Cfr. le osservazioni di Starobinski (2003).

no allora sempre più l’aspetto di prodotti d’epoca, connotati e inattua-li in un secolo proverbialmente contro l’altro armato.

Né si dovrà cedere alla tentazione di istituire rapporti eccessiva-mente stretti tra il quadro appena sbozzato e il fenomeno tipicamentenovecentesco dell’impiego poetico di tecnicismi e termini scientifici:troppo lontani i presupposti epistemologici, troppo diverse le funzioniespressive. Nel Novecento il tecnicismo è soprattutto un veicolo di stra-niamento: insieme di presa di congedo dal linguaggio comune e di dis-sonanza rispetto a un’idea convenzionale di poesia. Nel Settecento, co-me si è visto, proprio questa dissonanza si vuole attenuata con ogni mez-zo, e il tecnicismo (con tutte le sue virtù espressive di esattezza referen-ziale) è in sostanza ciò che di ineliminabile rimane al termine di un pro-cesso di de-tecnicizzazione. Non resta quindi che vedere nei fenomenianalizzati l’impronta di un’epoca ben precisa della storia linguistica eculturale italiana. La prima in cui la scienza abbia suscitato nella societàcolta un reale e diffuso entusiasmo: condito di ingenuità e frivolezzacerto, ma anche di curiosità autentica e indubbia volontà di rinnova-mento culturale.

LA LINGUA DELLA POESIA NELL’ETÀ DELL’ILLUMINISMO

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