Sarno “fiume pubblico”. Una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera, in A. DI LEO (a cura di),...
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SARNO .ÍFIUME PUBBLICOU.
uNA RELAZIoNE t^ffiiTA;iCnnro ereN DE RIvERA (1843)
GiusePPe Foscart
Io sono unYume'scendo ogni volta Piùfuriasarnente'Più violenternente'scendoog,ni Yolta che unobnte rnirillenenei suai archi'
J. Heraud' Il fiume
Vorrei interpretare questo sPezzoxe di poesia di Javier Heraud' poeta peruvia-
no del secolo scorso, *-" L",urora de[e oTutl. inquietudini che sono gene-
rate dalle ingiustizie 'otiuii'
*u u"che come immagine autentica e realistica di
un corso d'acqua "tL";;;;;;
iJ:: tl mare' In io"do' l'associazione di idee
ffa i turbamenti dell'uomoTi'àlt"tài"i' qri llmluti a cui ci hanno abituato
i fiumi vorticosi è piùr stretta di quanto si possa imlaginare t :t :Îild" "d
ilà**rtiorri.t " gii rari.i à"''ecologia affrontano, owero, caPÍe come
la natura stessa sia ""'fi;;;;'t;t
upú funzionato in passato' includen-
dovi anche l'uo*o, to"l" 'ít
sensibilità' le sue paure' le sue determin anti azio'
ni,le sue percezioni,la ;;;;t;*'"' D'altronde' l'ecologia umana - che è una
recente acquisizione d"[" J;;"" ambientale - si occupa proprio dello studio
delle relazioni tra Ia specie umana e il suo ambientel'
Sicché, stabilite q*;;;"*esse' parlare del Sarno significa mettere in
campo il rapporto t'" r;;-*";i; natuia e vuof dire discutere dei disordini che
lo hanno caratterizzato;;;;;;"tponsabilità abbia avuto I'uomo nel pro-
curarli.Fiumeinquieto,ilsarno'inquietoecostantementesottoosservazione'Per
le inondazioni, I puroii*o'tif *tntit-o' che lo hanno interessato nel passa-
to, per I'inquinamen* tggt' tt*pre al centro delle dinamiche del bacino che
lo comprend., ,.*p" tà'iiUitt "d
uilu'*u"te per le popolazioni' ma' come
accade inevitabilmente per i corsi d'acqua' ancht una preziosissima risorsa' La
sua acqua, infatti, "uo'ili"u'unell'Ottocento
- temPo storico al quale inten-
diamo riferirci -, per le irri'gazioni' per muovere le pale dei mulini e per le mac-
chine idrauliche, per la pulitura della lana e la maierazione del lino' mentre le
72 GrusrPPs Foscenl
sue canne e i suoi giunchi trovavano svariate applicazioni nell'ambito dome-
stico e artigianale. Senza considerare, poi, la sua navigabilità e pescosità, che
hanno segnato diversi momenti fulgidi della sua storia che resta comunque
incerta e, oserei dire, quasi semPre protesa alla ricerca di un riscatto, di una
riabilitazione.Sovente, per il Sarno, si è trattato, - e si tratta purtroppo ancora oggi -, di
un riscatto tardivo, che arriva dopo devastazioni e lutti o dopo mortali colpi
inferti alla sua vitalità ambientale ed al suo ecosistema. Un riscatto che tocca
all'uomo tentare di rendere concreto.Un fiume può aiutare a costruire un'identità o addirittura incarnarla, può
agevolare la costruzione di trame relazionali tra comunità vicine, incoraggiare
commerci e segnare, nel bene e nel male, il destino di quanti risiedono nelle sue
adiacenze. Il Sarno non sfugge a questa sorte e a queste prospettive.
Per tali ragioni, ma soprattutto per i complessi problemi connessi alla sua
gestione e per le devastazioni di cui si è reso protagonista per almeno due secoli,
non poteva restÍre fuori dagli interessi di quello straordinario uomo dell'appa-
rato amministrativo borbonico e autentico antesignano della coscienza critica
ambientalista che è stato Carlo Afan de Rivera, della cui modernità, probabil-
mente, non smetteremo di meravigliarci. Un illuminista dell'Ottocento, così
meriterebbe di essere sintetizzato e apprezzato il suo spirito di precursore dei più
moderni approcci relativi alla gestione del territorio e, nel contempo, di traghet-
tatore, nella prima metà del secolo decimonono, delle tematiche che illustri pre-
decessori napoletani avevano saputo cogliere e porre all'attenzione generale2.
Al centro del suo interesse le frequenti dispute fra baroni e popolazioni e le
inondazioni, altrettanto ricorrenti, che attanagliavano il territorio che il fiume
Sarno attraversava. Le une e le altre lo spinsero ad un intervento di particolare
incisività, sfociato in una Memoria, datataT novembre 1843, che egli inviò al
Ministro degli Interni, secondo I'abituale prassi amministrativas.
Si tratta di uno scritto che si inserisce nel novero di un dibattito molto
accanito sulle modalità di intervento per un inderogabile riassetto del fiume e
per la sua bonifica, interventi che si erano resi necessari già nel XVII secolo per
una serie di speculazioni che avevano trovato su sponde diverse i feudatari e le
popolazioni e che duecento anni dopo richiedevano una definitiva presa di
posizione. "In questa relazione - precisa de Rivera - ho manifestato il mio ra-
gionato awiso sulle diverse quistioni esponendo le osservazioni ed i principi su
i quali è appoggiato"a.Il tentativo di riscatto del Sarno è passato per la sua penna.
Questioni tecniche e problematiche culturali catturano, al solito, il diretto-
re generale, che elabora lo scritto secondo un approccio metodologico già
ampiamente sperimentato nei suoi numerosi saggi, editi e non. In primo luo-
Sarno "fiume pubblico": una relnzione inedita di Carlo Afan de Rivera 73
go, la descrizione del corso d'acqua e dei suoi problemi, che gli sono ben noti
e che necessitano di un attenta ricostruzione storica che risale alla prima metà
del Seicento; in secondo luogo, I'analisi dettagliata delle cause che avevano con-
dizionato la storia del fiume sino a renderlo una grave questione tecnico-scien-
tifica, culturale, politica ed èconomica; infine, i possibili rimedi che si sarebbe-ro potuti adottare per il risanamento e la bonifica.
Descrizione-ricostruzione storica-analisi delle cause-rimedi, questo il per-
corso metodologico di uno dei più prolifici studiosi del territorio meridionalenel corso del XIX secolo.
Nel mirino due secoli di vertenze e interrogativi relativi al fiume Sarno, che
possiamo sintefizzare sotto forma di domanda, quelle stesse domande che
furono oggetto della sua riflessione:a) Il Sarno andava considerato un fiume pubblico o privato?
b) Si potevano tollerare gli interventi effexuati dall'uomo, in particolnre, le
dighe costruite nel Seicento nell'alveo del fiume e che alteravano il corso delle sue
acque o andavano demolite?c) Come impedire gli allagamenti disastrosi, che avevano portato e portavano
altcora sgomento e lutti alle famiglie?d) Come intervenire per eliminare l'insalubrità dell'aria che condizionava lar-
ga parte del suo bacino?e) Con quale ottica e con quale metodologia andavano affrontati tutti questi
problemi?
Si tratta di questioni abbastanza rilevanti e finanche di notevole attualità
nell'approccio e nella risoluzioni prospettate da Carlo Afan de Rivera. Il quale,
bisogna dirlo, esamina tali argomentazioni con minore accanimento e integra-
lismo rispetto a quanto ci avrebbe potuto far pensare la verve che lo aveva ani-mato in altri suoi ben noti lavori, resi alle stampe qualche anno addietro. E, tut-
tavia, se prevale una certa concretezzae un'ottica produttivistica nell'analisi del
direttore generale, le sue parole, in alcuni frangenti, suonano come durissime
e oltremodo pungenti.Pragmatismo sembra la parola d'ordine e anche gli attacchi sono rivolti in
particolar modo al passato, per stigmatizzare la protervia dei feudatari, verso i
quati il responsabile della struttura di Ponti e Strade mostra di non conoscere
mediazioni linguistiche di sorta. Parlare di feudatario significava parlare, a suo
giudizio, dí ingordigia, orroganm, taglieggiamento, cupidigia, abuso.Di certo, I'eversione della feudalità voluta nel Decennio francese e ribadita
dai Borbone era diventata vîa certezza normativa tale da autorizzarlo a duris-
simi giudizi di condanna senza esporlo a particolari rischi. Ciò non ci impedi-
sce di considerare che i vecchi feudatari si nascondevano tra i borghesi e che il
74 Glusnppr Foscenr
loro peso politico, pur senza il vecchio, rassicurante (per essi), titolo feudale,era stato ridimensionato ma non del tutto depennato. Molti di essi ostacolava-no de Rivera stando dentro le amministrazioni locali, con responsabilità divario livello, e nelle deputazioni delle opere pubbliche comunali, con parecchiavoce in capitolo. Inoltre, de Rivera si trovava ad operare in un sistema politicorepressivo e vigile che non si poneva certo il problema di essere garante di giu-dizi tecnico-scientifici prodotti senza fini strumentali e di tutelarli, ancorchéemessi da un burocrate che si vantava, a giusta ragione, di essere I'apice di unaelite tecnocratica di grande spessqre culturale e che agiva sulla base di conte-nuti tecnico-scientifici e non secondo un'ottica politica.
Luomo della stagione borbonica, che aveva smosso non poco le coscienzesorde dei governanti sui problemi del territorio, faticava ad affermare le sueidee e di quella elite tecnica, erede, come detto, della tradizione illuministicanapoletana, di quella piùr squisitamente francese, da lui ben armonizzate, ideepoco praticate ed ascoltate nei territori della politica e sempre rintuzzate,soprattutto quando ponevano il problema di finanziamenti pubblici adeguati.
Ma procediamo con ordine, seguendo le questioni prima delineate elasciando di tanto in tanto spazio proprio alle attente considerazioni del diret-tore generale.
"Ne' tempi del reggimento feudale * scrive - le popolazioni erano in ognimaniera taglieggiate dai rispettivi feudatarj. In generale costoro avevano le pro-prietà del suolo ed i vassalli quasi come schiavi addetti alla gleba doveano éolti-vare le terre feudali con Ie condizioni che lor immineva il Signor L. Celano. Essiil dritto esclusivo di far uso delle acque che scorrevano a traverso de'loro feudi,stabilendovi molini ed altre macchine idrauliche; di costruire ponti o di tenerescafe su i fiumi riscuotendone il pedaggio, di fabbricare forni e taverne e di eser-citare altri soprusi che comprimevano ogni industria"s. Dunque, il feudatario,conte di Celano - il prototipo del feudatario arrogante e impettito che si distin-gueva per gli abusi di cui si era reso responsabile -, si era appropriato nel Sei-cento delle acque del fiume costruendo, sulla base di quelle che egli consideravalegittime concessioni fatte dal re, una palata o diga nei pressi di Scafati, impe-dendo il libero flusso delle acque. Quella diga andava già rimossa a seguito di undecreto emesso il 9 gennaio 1630, "per ragione di salute pubblica e di altri van-taggi delle popolazioni"6, contestualmente, era stato anche fissato un indennizzoda versare al conte per i lavori ef[ettuati, ingiungendogli, tuttavia, di liberare ilcorso del fiume e renderlo nuovamente navigabile. "Vale a dire: gli fu proibitaogni derivazione delle acque del fiume che avesse potuto eseguire nella sponda,senza apporre ostacolo nell'alveo. Inoltre siccome nella via pubblica presso Sca-fati che conduceva a Salerno esisteva un fragile ponte di legname il quale eraincomodo al passaggio delle barche cariche, così nel medesimo decreto fu ordi-
Sarno "fiume pubblico": una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera 75
t.:I
nato che tolto via I'anzidetto Ponte se ne fosse costrutto un altro in fabbrica dal
Barone che n'esigeva il pedaggio"T. La mano sinistra restituiva al conte quello che
la mano destra gli stava per togliere, ma, come possiamo ben immaginare, appa-
re gia quasi un miracolo che sia stato concepito un intervento contro il barone,
tanto che, all'atto pratico, esso fu in seguito disatteso'
Ciò si evince dìl fatto che, a seguito della sentenza del 9 marzo 1645 il con-
te di Celano non "avesse sconvenevolmente profondato il nuovo alveo [del fiu-
mel e che vi avesse eretto nuova palificata per servirsi delle acque"8. Abuso su
abuso, danno su danno.La controversia tra l'uso privato delle acque da parte del barone e la popola-
zione appare caralterizzata da un continuo susseguirsi di illegalità baronali, in
perfetto stile ancien régime, nel quale all'azione e alle pretese del primo corri-^sponderra.ro
le recriminazioni dei secondi, flebili voci per la legge e le radicate
discriminazioni del tempo. De Rivera, tuttavia, coglie un prezioso elemento giu-
ridico: di fatto il Sarno gia nel XVII secolo era stato riconosciuto come fiume
pubblico,e come tale lo a-vevano considerato sia la Commessione feudale all'ini-
iio d"l'Otto.ento che il Consiglio di Ponti e Strade, dopo un attento e maturo
esame. "Anche io che ne ho esaminato attentamente le circostanze naturali, come
Perito Superiore specialmente delegato da Sua Maestà, - sottolineava con una
certa solennità de Rivera - lo dichiaro fiume pubblico di pertinenza del demanio
pubblico. Per questa condizione e per quella pirì importante di essere il recipien-
ie di tutte le acque che sorgono in quel vasto bacino o discendono da'monti cir-
costanti non si può permettere nel suo alveo alcun'opera che impedisca il libero
corso naturale àe[e a.qu. e alteri gti scoli delle campagne"e'
Quale significato aveva questa attribuzione di fiume pubblicoz'
Per entrare nel vivo della questione, occorre far riferimento alla prassi giu-
ridica del tempo.I fiumi glà alta fine del settecento erano stati considerati "regalie", owero
"diritti della Maestà"; così venivano chiamate "le cose annesse al Principe per
la interna ed esterna sicurezza e felicità dello Stato"ro. Come era ampiamente
specificato "nello Stato alcuni beni sono in proprietà degli uomini o delle Uni-
versità e sotto l'impero del Principe che ne ha il dominio eminente, onde può
imponerci dazj e tiibuti e far leggi su di essi; ma senza giusta causa non può
togiiersi ai cittadini. Altri beni poi sono in proprietà di nessuno e sotto l'impe-
ro del Principe, come i fiumi, i porti, le vie e simili; e può il Re ancora vietarne
agli altri I'uso e riserbarsene ogni rendita: le quali cose se il Re non faccia, sono
ii uso di tutti i cittadi1i"ll. APpartenevano alle "regalie" i mari' i lidi, i fiumi'
anche quelli non navigabili "i rivi ed i torrenti se nascano o scorrano ne'luo-
ghi pubblici, pubbliche cose sono, e con ciò regalie, se poi ne'fondi de'privati,
Io.,à i" p.opii"ta di essi. Nel fìume pubblico può ognuno pescare, navigare e
I I
76 GIusnPPe Foscent
prender acqua, anche per molini, ove il Re non ne abbia proibito I'uso o non
I'abbia conceduto altrui"lz.Dunque, come sembra molto evidente, la dichiarazione di fiume pubblico
riconosceva di fatto al corso d'acqua uno status tale da sottrarlo a qualsiasi for-
ma di uso improprio da parte dei privati a discapito dell'interesse generale.
Tema, questo, del primato dell'interesse pubblico rispetto a quello privato
costantemente presente in Afan de Rivera.
La legislazione aveva il grande merito di affermare, in linea di principio, la
proprietà pubblica di tutti i corsi d'acqua, ponendo termine al dannoso pro-
cesso di privafizzazione che la feudalità aveva introdotto'
Non si pensi che sia stato un problema solo del Mezzogiorno.
Laffermazione del principio della demanialità delle acque è stato un feno-
meno di ampia portata, risolto, pur se in tempi diversi, in buona parte dell'Eu-
ropa, ed è stato "oggetto di lenta maturazione"r3. Anche rispetto a tale questio-
ne llMezzogiorno ha finito per scontare dei ritardi, a causa delle resistenze del
sistema feudale ad accettare regole che altrove, in Italia e fuori dall'Italia, appa-
rivano acquisite.D'altra parte, la normativa distingueva i fiumi "di grosso volume d'acqua"'
con acque perenni ed abbondanti, adatti alla navigazione ed al trasporto, dai pic-
coli rivoli, prescrivendo che i primi rimanessero sotto il controllo dell'autorità
pubblica e i secondi non ricadessero sotto la specifica comPetenza dello Stato.
Il Sarno, per le abbondanti acque di cui disponeva, andava annoverato tra i
corsi d'acqua di ampia portata e, dunque, doveva essere soggetto al controllo
pubblico. "È veramente prodigioso il volume delle dirupide acque delle numero-
si sorgenti che scaturiscono alle falde de'monti soprastanti alla parte settentrio-
nale del bacino", precisa de Rivera, che esalta, quindi, la condizione del fiume
come terminale e punto di confluenza di acque durature e di notevole portata.
Tia i suoi piccoli emissari andavano annoverati anche i torrenti Cavaiola e
Solofrana, che costituivano un enorme problema per la comunità di Nocera'
per le continue inondazioni e i lutti che avevano provocato, obbligando i tec-
nici del Genio Civile e la Direzione Generale di Ponti e Strade ad occuparsene
con la massima attenzione. A studiare proprio le carte deI Genio Civile presso
l'Archivio di Stato di Salerno si ha un esatta percezione dei guasti spesso irre-
parabili che producevano questi due torrenti, un problema in più nella gestio-
ne onnicomprensiva del Sarno, anche perché !a loro cura in termini di riasset-
to del territorio obbligava ad allargare il discorso alle montagne che gravitava-
no su Cava e su quelle dell'Irpinia, rendendo ancora pirì marcata la necessità di
un ragionamento sul fiume Sarno che non fosse ridotto al solo corso d'acqua
ma che considerasse anche le catene montuose che gli facevano da cornice.
Occupandosi di uno di questi piccoli affluenti, de Rivera fa un esplicito rife-
Sarno "fiume pubblico": una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera TT
rimento ad una disastrosa inondazione capitata nel 1822, quando "il torrente
detto la cavajola ingrossato da'suoi influenti ruppe gli argini e con furia inon-
dando e devastando con copiose ghiaje estese campagne' si gittò sul villaggio
delle camerelle ove abbatté alcune case ne sommefse altre molte cagionando
la morte a 17 abitanti che non ebbero il tempo di fuggire"ra. occasiorte, que-
,i" p* I'ingegnere di ponti e Strade di porre all'attenzione generale il proble-
*u à"il. inóridazioni che riguardava frequentemente tanto il Sarno che i suoi
piccoli affluenti, rispetto alle quali occorreva una terapia d'urto consistente.
'A questo disastro - insiste de Rivera con riferimento ancora all'inondazio-
ne del1822- si proccurò di apportar rimedj palliativi, restaurando le rotte degli
uìgirri, e curand^o le porzioni dell'alveo che erano colmate. Col sistema stesso si
e indato sempre innanzi e per la continua cura nel canale gli alvei e nel raffor-
zare glí argini pareva che si potevano evitare.i grandi penzoli confidando su
questì rimldj palliativi i comuni ed i possessori de'terreni soggetti alle irruzio-
ne de, torrenti si opponevano a'progetti di opere dispendiose." E poco oltre:.,Nel corso di 20 anni non essendosi rinnovato un disastro simile a quello del
|Sl2,sirePutavano esagerati i timori e si chiudevano gli occhi per non osserva-
re le operazioni minaccevoli della natura contrariata ne'suoi disegni' Dissoda-
te le sàscese pendici prima le terre e poscia le ghiaje erano trasportate nella pia-
nura, e ,tor, Às.ndo gli alvei capaci di contenerle' in tempo di piogge dirotte i
furiositorrentidebbonoromPeregliargini,devastarelecampagneeminaccia-re la distruzione delle abitazioni. Nel giorno 26 ottobre ultimo la natura ha dato
un altro awertimento della devastazione e desolazione che essa farà Per apPor-
tare nella pianura, qualora non si rinsaldino i monti facendo le sue intenzioni'
per le dirotte piogge ingrossato il torrente la cavajola rovesciava i muri di soste-
gno della ,tràu iàgiu ! rompendo gli argini opposti con una gran congerie di
!iiu;" ,i spandeva Jrril. .u*pugne sottoposte. Indi dirigendosi al villaggio di S.
ólemente^inondò il pian terieno delle abitazioni guastando tutte le cose che vi
si contenevano e fu una gran ventura che un tal disastro a\ry'enne di giorno e
diede perciò agli abitanti l'agio di mettersi i1-salvo'
Basta visitare i luoghi p-el. con rirrcersi de' progressi sempre crescenti delle
devastazioni .he arruenforrÀ nel bacino superiore del Sarno. Dissodate le pendi-
ci scoscese delle montJgne circostanti 1e acque delle piogge si precipitano nelle
piegature de'piani ripidamente inclinati, e scavandovi profondi burroni traggo-
,-roI..o per la ripida pendenza de'loro alvei sassi e ghiaje. Allorché poi i torren-
ti sboccano alle falde men ripide de'monti i possessori con argini difendono i
fondi adiacenti e così per gli alvei arginati le ghiaje sono condotte innanzi; finchè
p", iu ai-i""zione della iendenzaii depositano negli alvei stessi elevandone il
fondo. In questo stato di violento costringimento' quando per dirotte piogge i
torrenti discendono furiosi dalle alture, rompono gli argini e per le rotte le acque
L
78 Gtuspppt Fosc,qlr
aprendosi un nuovo cammino spargono sulle fertili campagne le copiose ghiajcche portano seco. Inoltre è ben da notarsi che i numerosi torrenti che si precipi-tano da una vasta estenzione di elevate montagne si riuniscono presso Nocera inun solo angusto alveo ed indi per la gola, ove è edificato il Gran euartiere Mili-tare, vanno a sboccare nel bacino inferiore. E siccome l'anzidetto alveo non ècapace di contenere le acque di un solo de'tanti grossi torrenti quando corronoin piena, così è manifesto che in tempo di copiose piogge essi debbono necessa-riamente traboccare ed inondare estese campagne"l5.
Questa parte della Memoria si rivela dawero interessante perché, toccandoun episodio che aveva avuto un impatto disastroso sulle popolazioni, de Rive-ra coglieva l'occasione per rimarcare il suo punto di vista rispetto alla diffusio-ne delle inondazioni, analizzandone le cause, che andavano ben oltre I'afifluen-te di cui si stava occupando. De Rivera non riteneva corretti i rimedi adottati,che definiva autentici palliativi, owero, il restauro degli argini e la cura di quel-le parti dell'alveo colmate dalle acque. occorrevano ben altri interventi: impe-dire la dissodazione delle terre poste in pendio, con il conseguente taglio indi-scriminato degli alberi, che rendeva il terreno poco compatto e facilmente tra-sportabile dalle acque in tempo di pioggia, specie nei casi di piogge continue edi particolare intensità; rinsaldare i monti con un rimboschimento mirato perripristinare condizioni originarie.
I primi risultati di un'importante ricerca sul dissesto idrogeologico nel ter-ritorio della provincia di salerno, ci dicono che nel solo anno lg22 siregistra-rono ben 16 inondazioni nel Salernitano, l'anno seguente, nel 1g23, se ne sonocatalogate addirittura 25, e hanno riguardato I'agro nocerino-sarnese, la costie-ra amalfitana, la valle dell'Irno, Salerno, Caval6.
Eventi di varia entità, che il più delle volte venivano risolti in sede localesenza il coinvolgimento dell'Intendente e con una semplice comunicazione alcapo delle burocrazia provinciale, ma che altre volte richiedevano I'ausilio ditecnici specialisti e ben preparati.
Ritorniamo alla Memoria di de Rivera.Non erano solo l'abbondanza ela capienza delle acque a costituire un pro-
blema per il sarno, in quanto ad esse andava ad assommarsi anche la velocitàdelle acque stesse, per effetto di un dislivello calcolato in oltre 60 palmi. unavelocità "di gran lunga superiore alla resistenza che presentavano il fondo e lasponda di terra leggierl'.7 e che obbligava ad intervenire tecnicamente perdiminuirla. Ma si era trattato di azioni che, tuttavia, avevano reso il corso delfiume particolarmente tortuoso e lungo, seirza risolvere il problem a, anzi,creando nuove occasioni per inondazioni, paludismo ed infezioni.
I prowedimenti adottati nel Seicento erano stati volti anche a uno "spur-
nfiume pubblico": una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera 79
rto dell'alveo" del fiume, per evitare I'infezione dell'aria e la mortalità
ebitanti posti nelle vicinanze' Intervento 1*t""': t-":*
:::::-T,:,:lffi;ùda íil"r"riliw." J"ifiume in runa la suatarghezza, nel tentativo
;;;;;. il fo,'do del fiume P:'f:: t'::l*:Îi ]]1iT^l'111::::11;? r;b#;*outu,i t tttt i bufali sollevavano nel loro passaggto
r. e nell'intento di sminuzzare le erbe che in esso si producevano"Que-
HnJJil:;U;;il";;;;'fr'r'yPerchef ::::ii:iî::"'3;;:'Llobiettivo .ru, u"to'à-o"a volta' far correre. le *q:t d"1 qly:^Y"jitf-
d.! :f:rJff ;;;ero impalud"menti, con I perniciosi effetti sull'a-
d& resa malsana.
Ma il tema nodale del fiume restava la diga costruita dal barone; "in un fiu-
laÈ come il Sarno - ,.ri* J. Rivera - il quale scorrendo a traverso di un leg-
jcro suolo vulcanico e.ii*tipit"" di tuite le copiose acque che sorgono nel
luo bacino e di que'e .*-airà"rraono dagli elevaii monti circostanti, I erezio-
DG di una diga alta ro fami sul-fondo..àel suo alveo dovea necessariamente
ilgionaregravissimidanni.Pereffettoditantaelevazionedipeloedifondole
ryonde naturali ,o,,o "of"'*
Jdlt pi"o" ordinarie vie piir perché una diga
,tabile toglie uttu p""'o'it maggiore delle a"qot la facoltà di cavar il fondo per
hr*urri,rn alveo capace di contenerle"l8'
Ecco spiegate, dunq-ue, le ragioni delle inondazioni' che a piÌr riprese ave-
veno interessato gli abiiati fo'tiio"go il corso-del fiume' Sarno' Scafati' Angri'
Striano, S. MarzÀo, S' Pietro, S' Valentino e Nocera'
Giuseppe tutaria Calanl fonte ufiiciale di Carlo Afan de Riverare' aveva
narrato come il "t"tt
ài òtr""o uv""t approfittato del disordine creatosi in
occasionedellafamosapestedel1656eavesse.erettonuovamente..lapalatanelfiume', owero' f" aigu,?ut""do p"'ult'o sparire tutti gli atti relativi al proces-
so a suo carico. Brig""i;;;;; armi tipict e dei baroni il conte era riuscito ad
evitare ulteriori interventi normativi che potessero decretare la demolizione
della diga. :--^ r^r^ -^^At+^ À,Certo, osserva il direttore generale"'la diminuzione della rendita de'terre-
ni inondati o amrrutilit"'?i "o"
i ai gt* lunga minore di qtella che si
ritrae da mulini, ma - questo è un passaggto molto interessante nella Memoria
-nonv'haticchezzachelegalmentesipossapermettereadannodellasaluteedella vita di numerose p"íJ"'it"f20' monito' questo ultiTo' straordinaria-
mente attuale, ir, .orrid'"ru"ione dell'eccessiva rilevanza che hanno gli interes-
si economici "
air."pliol.u" salute dei cittadini. Per restare al Sarno, I'interes-
se privato ,ton po,""u !i;;tifi;"tt falterazione del corso di un fiume pubblico'
,oirur,o,,o quando inlioco c'era la vita degli abitanti'
La situazione tuttaíia si era ancor più aggravata all'inizio dell'Ottocento
per effetto di una ."ro il.l"iirzazione nell'installazione di mulini nel fiume'II
,f,
I
80 Grusnppn Foscenr
che aveva creato una sequela di nuovi impianti per macinare il grano, "così, -rileva de Rivera, - in nome della civiltà per privato interesse si commettevanocontro la proprietà e la vita delle popolazioni attentati che non si permetteva-no ne'tempi feudali! ". A ciò bisognava ancora aggiungere che sovente si eranocostruite - e si utilizzavano ancora - le gore per la macerazione del lino e del-la canapa, vasche che erano un ulteriore ricettacolo di infezioni che si spande-vano per le campagne.
Nel l8l2 erano stati incaricati di verificare la situazione del Sarno gli inge-gneri Luigi Malesci e Francesco Romano, i quali, esaminate le livellazioni delfiume, avevano già osservato come fosse I'elevazione delle parate di Scafati eBottaio la causa delle inondazioni. Tuttavia, entrando ancora nello specificotecnico, de Rivera osservava come, allo stato attuale delle cose, potesse rivelar-si anche più pericoloso I'abbattimento della diga di Scafati, in quanto, unaderivazione delle acque del fiume in un canale, con cui venivano animati imulini di Bottaro, dipendeva proprio dalla diga di Scafati. Pertanto, la suaeventuale demolizione si sarebbe risolta con un grave danno per I'impossibili-ta di muovere le pale dei mulini e con il rischio che anche quel canale si tra-sformasse in una nuova causa di paludismo.
Dunque, il direttore generale di Ponti e Strade era del parere che occorres-se valutare con attenzione I'ipotesi di perfezionare taluni interventi effettuatidall'uomo nel passato, piuttosto che prowedere, con una pur legittima furiarisolutiva, a smantellare tout courtle preesistenti opere. Si poteva, per esempio,chiedere ai proprietari dei mulini di effettuare degli interventi di ripristino, conopere di scolo e canali, per non correre il pericolo di distruggere "una lucrosis-sima industria stabilita", con riferimento, è evidente, proprio ai mulini. E inve-ce, constatava il direttore generale, se per un verso i Comuni che subivano leinondazioni avevano ben diritto a protestare, non avrebbero dovuto essere isti-gati a richiedere interventi inappropriati, che avrebbero comportato la distru-zione di questa industria. Avrebbero dovuto far distruggere un'altra parata fab-bricata dal duca di S. Pietro, "la quale producendo un considerabile ringorgoaumenta grandemente le inondazioni"; sarebbero dovuti intervenire per ripu-lire il fiume dai detriti del ponte di S. Valentino, in parte crollato in acqua ecagione di ostacolo per il regolare deflusso delle acque; avrebbero dovutoimpedire la macerazione nelle gore del lino e della canapa, che, come detto,erano causa di infezioni miasmatiche. Pertanto, precisa ancora I'ingegnere, "lademolizione delle parate si dovea riserbare pel solo disperato caso di non esser-vi modo da rimediare a'danni che cagionano"2l.
La bonifica del Sarno non poteva avere un tempo tecnico e politico piiropportuno, per Afan de Rivera, perché erano state costruite alcune strade rota-bili che avevano aperto le comunicazioni con le popolazioni delle coste di Amal-
htno "fiume pubblico": una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera 81
f, e Sorrento, la ferrovia da Napoli a No111 che "vi animerà prodigiosamente il
ttaffico ed il movimerrtc;rroitr., gli stabilimenti navali di castellammare s'in-
i""i*""" tt commercio iuttuu iipldi progressi' le manifatture si accrescevano
ascafati,tuttrtattorr,qot"i"t""o"to"t""tiuanoche"unapartediquellacon-trada sia devastata dtnt;;";;;itú ed afflitta dall'infezione d'aril'22'
Qui de Rivera si uUU*ào"u' per così dire' ad un entusiastica menzione di
lnterventi strutturali tff;;ú; governo borbonico' ma ci pare molto liùt
lnteressante la percezione che il direttore generale mette in camPo nella sua
riflessione e che oggi;;;;;;o " aJn"itt sistemica ed ecosistemica' Il
Sarno andava studiato in maniera integrata' in rapPorto all'intero bacino sul
quale insistev", .oo'ain""do gli i"tt'uJttti tra il bacino superiore del fiume e
ouello inferior.,,.rr.rriJ.orrio di tutte le variabili possibili:-l'impatto del fiu-
ffi;';.;;t,;;;o, la salute dei cittadini, le comunicazioni, gli interessi econo-
mici collegati "ll.
*tl;;i;i "iii"ita
che esso,consentiva' le infrastrutture di
tutta la vasta area da Sarno a Castellammare (strade' porti ferrovia)' gli inse-
àì"À.",1 industriali che aumentavano rapidamente'
Non possiamo che approvare questa intuizione interpretativa' E ci pare
altrettanro cofretto "^l;i;;;r-ilsignificato
di una cultura, quella illuminista'
che aveva inditizzatoal niàu *'i qot"u linea interpretativa' In fondo' se è
vero che nessun .u.rrro ,J" imateriale, infrastrutturare, di bonifica, per resta-
renelnostrocampo)siverif icasenzauncorrispondenteeventoideale,l ' intui-zione di de Rivera ti ufpu" sempre piir come un tributo doveroso alla cultura
razionalista che ne aveva segnato Ia tormaztone'
Per awiare la bonifica del Sarno il capo della struttura tecnica del regno
delle Due si.ili. uut*ltli"lutà i"tu'ità ad una Commissione' che per ben
quattro volte si "'"
t;;; ';i
posto p€r ispezionare e analizzarela natura degli
interventi da porre "t
t"""'-Ntl'"ulotate la situazione' occorreva rlmuovere
taluniostacolieilpiìrsen'utoi"tt*t"todaeffettuareasuogiudizioeraquel-lo di eliminare tutte i;;;;" t;ttruite 1ei
secoli e "restituire il fiume al suo
primitivo ,ru,o ,,u'o'Ji: cio' in definitiva' era quanto avevano proposto giàt
nel 1812 dagli ingegneri Romano e Malesci' i quali avevano reputato non ne-
cessari i mulini di Scafati e di Bottaro'
Per quanto potesse essere facile' in apparenza' l'esecuzione di tale idea"'gli
uomini del mestierevì;;;;; iur:aim*rta che non si osò improwisare un
progetto di prevenzion;;l'i;g;;ttt'23' I serpeggiamenti del fiume' le modifiche
al fondo der fiume ,,"*", r" í*iazioni alle pendenze, insomma, questioni tec-
niche e pratiche, ""àtuu"o
aisagevole l'esecuzione' Inoltre' le "imprudenti dis-
sodazioni,,deimonticircostantiavevanoaggravatoidisordini...Èperciòdiffi-cile determinur. .o,'ri' u..,rru,o prog",to il-*odo di regolarne I'alveo dopo la
82 Giusnppr FoscaHl
demolizione della diga, e l'impresa a mio giudizio deve essere molto dispendio-sa e d'incerta riuscita"2a,
Pertanto, de Rivera optava per opere, a suo giudizio, pir) semplici, più age-voli da realizzare e con minore spesa, con le quali compiere la bonifica del baci-no del Sarno. Non si doveva pensare, in sostanza, che si sarebbe dovuto demo-lire la diga di Scafati "per difetto di altri mezzi".In fondo, era impensabile chedai tecnici della Direzione Generale di Ponti e Strade non potessero arrivaresoluzioni appropriate.
Nel calcolo della demolizione sarebbe dovuta entrare anche la considera-zione che si sarebbe persa una rendita di 50 mila ducati dai mulini. Dunque deRivera si mostra propenso alla deviazione in un nuovo canale della foce, delPalazzo e di S. Marina, conducendo le acque in quelle di Bottaro. Inoltre, "nonv'ha perciò alcuna difficoltà per dare facili e perfetti scoli a tutte le campagneche or sono palustri, formandosi canali di scolo lungo le sponde del fiume e de'suoi principali infl uenti"2s.
Era questa la sua ricetta per il Sarno. Ricetta che avrebbe comportato il pro-sciugamento di molti terreni e la successiva bonifica. Inoltre, occorreva evitare"ringorghi" davanti alla diga, o\ryero rigurgiti dell'acqua, per impedire le inon-dazioni,intervenire arafforzare gli argini impiantando lungo le sponde del fiu-me piantagioni di salici, ripulire l'alveo del fiume, le vasche e i canali con varietecniche.
Ma sembrava anche necessario intervenire per limitare i danni causati daimulini. Per questo, secondo de Rivera, occorreva dare incarico ai guardalagnidi servirsi di cataratte a portelloni mobili per regolare I'afflusso delle acque, "Ladiligenza nel servizio delle cateratte è di grande importanza per conseguire chein tempo di piena le acque del fiume non avessero innanzi la diga impedimen-to al loro scolo, e non producessero all'in su ingorghi"2ó, spiega il direttore ge-nerale. Per il futuro, poi, occorreva dare solo ai possessori dei terreni adiacen-ti al fiume il permesso di "difendere la propria sponda con lavori di costa chenon sieno sporgenti. Così conservandosi libero il corso del fiume, ed aprendo-si in tempo di piena le anzidette grandi cateratte e le altre esistenti, il gros-so volume d'acqua che acquisterebbe un aumento di caduta di 9 palmi, avreb-be la îorza di menar via i depositi che vi si fermassero in tempo di acque or-dínarie"27.
Occorreva, inoltre, demolire la diga eretta dal duca di S. Pietro, spurgandoil fiume dai materiali di risulta e, nel contempo, sgomberare I'alveo dalle rovi-ne dell'antico ponte di Scafati e di quello di S. Valentino.
Dunque, in buona sostanza, de Rivera tentava una mediazione fra "l'utilitàdella speculazione" relativa ai mulini e la necessità che fossero proprio i pos-sessori dei mulini di Scafati e di Bottaio "ad eseguire a loro spese le opere neces-
tÉll icperrimediareinunmodocompiutoeperfettoidannichenederivano''28,prevccleva una cura particolare per gli argini del fiume e insisteva su questo
,lrl.,,'tu della cateratte con portelloni mobili' ^
Nel tronco inf.,io" ati Sarno' la zona daScafati fino alla sua foce"'ove è
f!1irìore la pendenza, t* 'i
dtt" toilt'u'e alcuna novazione e si debbono
tlentolire tutte le pututt diltg"ame che vi si vegeono abusivamente formate' e
l,rrrginetto di fabbrica .our.ii,o sulla platea d.ipont. della Persica"2e' Ma in
generale, de Rivera coglieva al balzo I'occasione per ribadire l" ::1t11]:U
Ut*tt
(tfg,anismi tecnici, sostenendo che non si dovesse eseguire alcuna altra opera
;.îrr"*';;;ii.lp""a. a"l Sarno e di ogni altro fiume pubblico, se prima un
Bccuratoprogetto"o"ft"t ' t-uto"'u*i""utodalConsigliodiAcqueeStrade'E che il problema f*;;;;;"" nza genetalizzato lo si comprende nel pun-
to in cui egli fa presente come in Francia si stesse discutendo dell'opportunità
diaffidare all'amministi;";pubblicl anche il controllo delle acque che non
erano di pertinenza del demanio pubblico, proprio per migliorare le forme di
prevenzione e controllol0' r docu-' Ir, .orr.lrrsione, la Memoriadi de Rivera ci appare come un.prezlos(
mento ottocentesco, .t e utr ontu e prova a risorvere tutte le piir rilevanti que-
stioni che riguardano lì;;;; fiume, mediante il rimboschimento delle mon-
tasne e I'impedimen,o à"i ii*.a"menti nelle terre in declivio, la cura delle vie
:i,t*;; UirrJ"** a"ttu io*ut. appenninica ad esso prospiciente, il freno alle
gravi e luttuose inondJoni.on ini.ruerrti tecnici mirati sull'alveo, sugli argini'
sulla canalízzazione,r"il;.*ù dei materiali che frenavano il libero deflus-
so delle acque e ,n"io'íuuuno il fiume in vari Punti' con l'uso di cataratte
mobili, e ancora, -tdlu"tt
I'attacco al paludismo per vivificare le'terre poste
nelle sue immediate adiacenzeaffinché potessero diventare produttive'
La Memoriaai.""iu iL suo modo di denunciare' da una parte' la lat\tanza
dell,autoritàr pouuti.u ., auitialtra, I'invadenza degli interessi dei privati' re-
sponsabile di aver portato nella cultura europea deltempo una prevalente logi-
ca di profitto .ftt, "-pot"ua
essere.salvaguardata per ragioni finanziarie ed
occupazionali, mal si cànciliava con la necessaria cura del territorio e delle sue
preziose risorse' ,. :r ,- ir:^-.^ *^.^,-énrè norm'- il fi r-. pubblico era, così' ben oltre il rilievo meramente normatrvo' un
invitoalasciarealtoStatoquelleincombenzedipianificazionedegli interven-ti, di prevenzione e di tia'sttto del territorio tht gìa alora gli apparivano indif-
feribil i ,perchésololoStatoavrebbepotutoassicurareilprimatodell ' interessepubblico e una strategia oculata e raiionale di intervento tecnico'
Eetrnt "liume pubblico": una relazione inedita di Carlo Afan de Rivera 83
,a
84 Grusnppn Fosceru
NOTE
1 si veda in proposito G.G. MARTEN, Ecologia umana. sviluppo sociale e sistemi naturali,Milano, Edizioni Ambiente, 2002.
2 Su Af"tt de Rivera si vedano, tra gli altri: E. MANZI, lproblemi del Mezzogiorno nel pen-
siero di Carlo Afan de Rivera, in "Rivista geografica italiana"' LXXKV, l; marzo 1977,pp.24-7l ; A. BUCCARO , Carlo Afan de Rivera ingegnere e pubblico amministratore nello stato bor-
bonico, in"Rassegna ANIAI'I 1988, 4; A. MOTTA, Carlo Afan de Rivera burocrate intellettua-le borbonico. II sistema viario lucano preunitario, Lavello 1989; A. DI BIASIO' Carlo Afan deRiyera e il Corpo ili Ponti e Strade, Latina, Amministrazione Provinciale, 1993; G. FOSCARI'Prassi amministratiya e attiviù pubblicistica a tutela del territorio: l'opera di Carlo Afan deRiveranell'Ottocentoborbonico,in"Clio", 1994,2,pp.223-255;ID.,Dall'arteallaprofessione.L'ingegnere meridionale tra Sette e OtÍocento, Napoli, ESI' 1999.
31a Mtmoria di Carlo Afan de Rivera è del 7 novembre 1843 ed è depositata in minutaDresso l'Archivio di Stato di Salerno, Genio Civile, b. 40, f. l0' cc.86-112.
! Memoria, c.89r.5. Ivi, c. B6u.o lbidem.7 Irí ,c.97r.8 lbide*.g.' lv l , c. ó/v.r0 Cfr. L. VALLETTA, Delle leggi del regno napoletano distribuite ín tre parti, NaPoli, stam-
peria di M. Morelli, 1785, v. II, p. 32.' . ' Ivi ,pp.42-43.' . Ivi ,p.44.13 Si vèda, a titolo di esempio, il caso torinese, InC.PEZZOLI, La conflittualità idraulica a
Torino e provincia tra Settecento e Ottocento. IJn caso di studio, in "Bollettino della SocietàGeografica ltaliana", serie XII, vol. \{I, (2002), pp. 149-156.
'* Memoria di de fuvera, c. 108v.!5 lbidr*.16 Cf'. CI,NTRO STUDI AMBIENTE E TERRITORIO..C, AFAN DE RIVERAi IT dissesto
idrogeologico del Salernitano nei documenti archivistìci. Progetto per la costruzione di una ban'
ca-iati,iO06 (si tratta di un cd-rom in cui sono stati raccolti ed elaborati i dati, a seguito diuna ricerca da me diretta e finanziata dalla Provincia di Salerno).
r7 Memoria,c.90v.rB Cft. Memoria, c. g2r.te Cfr. G.M. GALANTI, Descrizione geografica e politica delle Sicilie, Napoli, presso i Soci
del Gabinetto Letterario, 17 86-1794.20 Memoria,c.92v.2r lvi, c. 96r." lv t .c-96v.t1 --- lv t ,c,y/Y.-- lbtaem.2s Ir i . c.9gu.26 lvi, c. loor.27 lbidem.28 bi, r. lolt.to- , ," lhúem.30 rui, c. lolrn
I.A, FORMAZIONE DEI TECNICI PREPOSTIAILE OPERE PUBBLICHE NEL DECENNIO FRANCESE:
I]ACCADEMIA DI ARCHITETTURA E LA SCUOLA D'INGEGNERIA
Marilena Malangone
Nella considerazione degli effetti determinati nel Meridione peninsulare dalla
dominazione francese, la-storiografia ha solitamente speso molte parole in meri-
to al reale sconvolgimento chs essa Produsse nell'antiquato assetto del Regno
borbonico, turbando i consolidati equilibri politici e sociali ed awiando un'a-
zione riformatrice di ampio respiro diretta ad una rifondazione su basi moder-
ne delle diverse branche àe['amministrazione statale. Viceversa, ben più tiepidi
entusiasmi hanno suscitato, in passato, le benemerenze che i napoleonidi acqui-
sirono in un campo del tutto nuovo, quello dell'istruzione tecnica e della prepa-
razioneprofessionale, intese per la prìma volta quali strumenti imprescindibili
per I'attuazione di un organiio disègno di trasformazione urbana e territoriale'
in questo senso, soltanto negli ultimi decenni, contestualmente all'intensificarsi
degii studi sulla storia dell'ingegnerianelMezzogiorno moderno e contemPora-
,r"ó . ,.r[. origini dell'attualà figura dell'ingegnere, si è registrato un sostanziale
risveglio dell'interesse per I'approfondimento dei caratteri e delle prerogative
della murattia na Scuola d'Inge{ne4a di Napoli e del ruolo da essa svolto nella for-
mazione e nell'evoluzione di una nuova classe di professionisti.
Anzitutto,èbenechiarirecomel' impegnoelacuraprofusidaMuratnelladiffrrsione di una più elevata cultura tecnica e scientifica seguisse un'accorta
politica di ristrutturazione del settore delle opere pubbliche inaugurata dal
p.edecessore, Giuseppe Bonaparte, con la predisposizione di una più opPortu-
na strumentazione operativa a supporto della programmazione urbanistica ed
edilizia. In una simile prospettiva, le pitr stimolanti indicazioni provenivano
dalle felici esperienze càmpìute in terra di Francia in merito alla tiorganizza-
zione degli istituti prepost-i alla gestione ed all'esecuzione dei lavori pubblici'
laddove l-" cre"zioni diun Corps des ingénieurs des ponts et chaussées, suPPor-
tata dalle successive fondazioni dell'École d'application des ponts et chaussées,
del!,École des ingénieurs d.e Mézièrese, finalmente, della napoleonica École poly-
technique, avevà assicurato, e seguitava ad assicurare, una piir che efficiente
conduzione dei molteplici interventir.
Vivamente suggestionato da tali iniziative, sin dal 1806' I'ingegnere tavola-
rio Francesco Romano aveva, dunque, suggerito vn Piano per la organizzazio-
ne di un corpo di ingegneri civiti per te pubbliche opere2, esplicitamente rical-
cando il valido modell*o dlottralpe nella prefigurazione di un organismo i cui
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