Roberto Ardigò e Pietro Pomponazzi. Le radici rinascimentali del positivismo

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LEO S. OLSCHKI P.O. Box Firenze Italy [email protected] : www.olschki.it Fax (+) . .. CASA EDITRICE Casella postale Firenze email: [email protected] presso[email protected] Tel. (+) ... Sono qui raccolti venti studi originali sul pensiero di Pietro Pomponazzi scritti da maggiori esperti mondiali della materia.«Tradizione» e «dissenso» sono le coordinate entro le quali è stato inquadrato il Pomponazzi, autore assai controverso che da una parte ha portato con sé tutto il bagaglio della tradizione aristotelica e dall’altra ha aperto nuove prospettive che sono state al cuore del pensiero moderno. The volume is a collection of twenty innovative studies on Pietro Pompon- azzi’s philosophy written by the most important scholars worldwide. «Tradi- tion» and «dissent» are the coordinates within which Pomponazzi’s thought has been framed: he was a highly con- troversial philosopher who on one hand bore with him all Aristotelian heritage and, on the other, opened new perspec- tives for modern philosophy. Pietro Pomponazzi Tradizione e dissenso Atti del Congresso internazionale di studi su Pietro Pomponazzi (Mantova, - ottobre ) A M S Biblioteca mantovana, vol. , cm , - pp. [ ] M. S, Prefazione. Pietro Pomponazzi fra tradizione e dissenso. Parte I: Pomponazzi e la tradizione. A. P, Consenso e dissenso del Pomponazzi con il «subtilissimus et religiosissimus Ioannes Scotus» A. P, Come una donna di rara saggezza. Il De immortalitate animae di Pietro Pomponazzi e la psicologia di Tommaso d’Aquino E. D B, La disputa sugli universali nella Quaestio est an dentur universalia realia di Nicoletto Vernia F. L , Vate e losofo: riessi ciniani nel Parte II: Pomponazzi e il dissenso. V. P C, La teologia di Pomponazzi: Dio e gli dei L. R, Produzione e circolazione dei testimoni manoscritti del J.M. G V , Nifo versus Pomponazzi: la discusión exegética sobre los textos aristotélicos F.P. R, Ragione e fede, necessità e libertà: possibili chiavi di lettura del E. C, Pomponazzi e Aristotele: il problema del ne dell’uomo G. G, Il cielo sopra l’Aquila. Pietro Pompo- nazzi su immaginazione e devozione popolare I. P , La lingua del Peretto R. R, Esegesi del testo aristotelico e naturalismo nel De nutritione et augumentatione. Parte terza: Ricezione e interpretazioni di Pomponazzi. E. P, Gli allievi di Pomponazzi: Girolamo Fracastoro e Gasparo Contarini E. D S, Immagini di Pom- ponazzi e Lutero M. Bi, Pomponazzi tra streghe e inquisitori. Il De incantationibus e il dibattito sulla stregoneria intorno al M. L, L’immagine di Pomponazzi nella ‘prima Aufklärung’ D. P, Roberto Ardigò e Pietro Pomponazzi: le radici rinascimentali del positivismo C.V , Due ‘interpreti’ del Pomponazzi: Francesco Fiorentino e Bruno Nardi.

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Sono qui raccolti venti studi originali sul pensiero di Pietro Pomponazzi scritti da maggiori esperti mondiali della materia. «Tradizione» e «dissenso» sono le coordinate entro le quali è stato inquadrato il Pomponazzi, autore assai controverso che da una parte ha portato con sé tutto il bagaglio della tradizione aristotelica e dall’altra ha aperto nuove prospettive che sono state al cuore del pensiero moderno.

The volume is a collection of twenty innovative studies on Pietro Pompon-azzi’s philosophy written by the most important scholars worldwide. «Tradi-tion» and «dissent» are the coordinates within which Pomponazzi’s thought has been framed: he was a highly con-troversial philosopher who on one hand bore with him all Aristotelian heritage and, on the other, opened new perspec-tives for modern philosophy.

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INDICE GENERALE

MARCO SGARBI, Prefazione. Pietro Pomponazzi tra tradizione edissenso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. V

PARTE PRIMA

POMPONAZZI E LA TRADIZIONE

ANTONINO POPPI, Consenso e dissenso del Pomponazzi con il «sub-tilissimus et religiosissimus Ioannes Scotus» . . . . . . . . . . » 3

ANTONIO PETAGINE, Come una donna di rara saggezza. Il De im-mortalitate animae di Pietro Pomponazzi e la psicologia diTommaso d’Aquino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 41

ENNIO DE BELLIS, La disputa sugli universali nella quaestio Estdentur universalia realia di Nicoletto Vernia. . . . . . . . . . » 75

FRANCESCA LAZZARIN, Vate e filosofo: Riflessi ficiniani nel De in-cantationibus. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 93

PARTE SECONDA

POMPONAZZI E IL DISSENSO

VITTORIA PERRONE COMPAGNI, La teologia di Pomponazzi: Dio egli dei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 107

LAURA REGNICOLI, Produzione e circolazione dei testimoni mano-scritti del De incantationibus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 131

JOSE MANUEL GARCIA VALVERDE, Nifo versus Pomponazzi: Ladiscusion exegetica sobre los textos aristotelicos . . . . . . . . . . » 181

FRANCESCO PAOLO RAIMONDI, Ragione e fede, necessita e liberta:Possibili chiavi di lettura del De fato . . . . . . . . . . . . . . . . » 215

2ª bozza 15-10-2009

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ELISA CUTTINI, Pomponazzi e Aristotele: Il problema del fine del-l’uomo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 261

GUIDO GIGLIONI, Il cielo sopra L’Aquila. Pietro Pomponazzi su im-maginazione e devozione popolare . . . . . . . . . . . . . . . . » 271

IVANO PACCAGNELLA, La lingua del Peretto . . . . . . . . . . . . . » 285

RITA RAMBERTI, Esegesi del testo aristotelico e naturalismo nel Denutritione et augumentatione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 315

PARTE TERZA

RICEZIONE E INTERPRETAZIONI DI POMPONAZZI

ENRICO PERUZZI, Gli allievi di Pomponazzi: Girolamo Fracastoro eGasparo Contarini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 349

EVA DEL SOLDATO, Immagini di Pomponazzi e Lutero . . . . . . » 365

MAURIZIO BERTOLOTTI, Pomponazzi tra streghe e inquisitori. Il Deincantationibus e il dibattito sulla stregoneria intorno al 1520 » 385

MARIO LONGO, L’immagine di Pomponazzi nella ‘prima Aufkla-rung’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 407

DAVIDE POGGI, Roberto Ardigo e Pietro Pomponazzi: Le radici ri-nascimentali del positivismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 435

CESARE VASOLI, Due ‘‘interpreti’’ del Pomponazzi: Francesco Fio-rentino e Bruno Nardi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 479

INDICE GENERALE

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DAVIDE POGGI

ROBERTO ARDIGO E PIETRO POMPONAZZI:

LE RADICI RINASCIMENTALI DEL POSITIVISMO

1. GENESI E CONTESTO DEL DISCORSO SU PIETRO POMPONAZZI

Quando Roberto Ardigo lesse il Discorso su Pietro Pomponazzi,1 il 17marzo 1869, nel Teatro scientifico del Liceo ‘Virgilio’ di Mantova, stavaattraversando un momento ‘decisivo’ e ‘difficilissimo’ della propria vita.Ricevuta una forte educazione cattolica (in ambiente familiare prima, se-minariale poi), proprio in quegli anni egli veniva infatti a mettere in dub-bio la propria fede (benche, ancora nel 1867, egli fosse impegnato inun’appassionata polemica contro le posizioni anticlericali espresse da Eu-genio Pettoello e Luigi De Sanctis sulle pagine della rivista politica man-tovana «Favilla»).2

La conclusione di tale iter filosofico e spirituale si avra due anni dopo,il 7 aprile 1871, quando, dopo la messa all’indice del discorso sul Pom-

1 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, Mantova, Soave, 18691, pp. 36 (la secondaedizione fu pubblicata sulla «Rivista Repubblicana», III, marzo 1880, III, pp. 229-258; laterza edizione comparve ad opera della Tipografia Guastalla, Mantova, 1880, pp. 58). Talescritto e da me consultato e qui riproposto nella versione proposta in ID., Opere Filosofiche, I,Mantova, Colli, 1882, pp. 9-52.

2 Tale polemica (ristampata sotto forma di un opuscoletto: R. ARDIGO, Una polemica colla«Favilla» sulla Confessione, Mantova, Eredi Segna, 1867), si snoda, attraverso una serie di in-terventi e di relative risposte, dal primo articolo di Pettoello («Favilla», 181, domenica 23giugno 1867), alle due repliche dell’Ardigo («Favilla», 202, giovedı 18 luglio 1867 e «Favilla»,205, domenica 21 luglio 1867), all’intervento del teologo evangelico romano De Sanctis, di-rettore del giornale fiorentino «L’Eco della Verita» («Favilla», 217, domenica 4 agosto 1867),alla risposta del ‘prete professore’ mantovano («Favilla», 226, giovedı 15 agosto 1867), allanuova replica del De Sanctis («Favilla», 235, domenica 25 agosto 1867) e, da ultimo, all’ar-ticolo del pensatore mantovano (pubblicato pero sulla «Gazzetta di Mantova», 411, domenica1 settembre 1867). Tutti gli interventi sono stati raccolti, due anni dopo la morte dell’Ar-digo, nel volume R. ARDIGO, Scritti vari, raccolti e ordinati da G. Marchesini, Firenze, LeMonnier, 1922, pp. 15-84 (in questa versione sono stati da me consultati).

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ponazzi (primo giugno 1869), la sospensione a divinis per mancata ritrat-tazione delle tesi in esso esposte e la pubblicazione della prima vera operapositivistica, La psicologia come scienza positiva (1870),3 l’Ardigo svestira l’a-bito ecclesiastico.

Sia che l’‘apostasia’ sia stata l’esito di una serie di ‘dubbiosita’ creduterazionalmente vinte e poi ‘esplose’ nell’animo dell’Ardigo 4 o, al contra-rio, di una ‘progressiva’ e ‘cosciente’ messa in discussione dei fondamentidella fede e del pensiero metafisico-teologico di matrice aristotelico-to-mistica culminata con la ‘visione del rosso di una rosa’,5 come porra inevidenza Giuseppe Zamboni nel saggio Il valore scientifico del positivismodi Roberto Ardigo e della sua ‘conversione’ (1921),6 resta il fatto che ai tempidel Discorso su Pietro Pomponazzi il filosofo mantovano non era ancora‘positivista’, benche alcune delle tesi di fondo fossero gia nel suo pensiero(come l’‘idea psico-fisica dell’anima’, che anticipa quella che piu avantiverra detta la ‘sostanza psicofisica’). Nel Discorso non c’e ancora alcuna di-chiarazione di adesione al ‘principio sensistico’, principio secondo il qualeogni contenuto psichico va ricondotto alle sole sensazioni, alle corrispon-denti tracce mnestiche e ai loro nessi associativi, con conseguente nega-zione del valore dei concetti ontologici (significativamente, di lı a un an-no, nel 1870, la Psicologia come scienza positiva si aprira invece proprio conl’affermazione della fenomenicita della conoscenza umana, contro ognipretesa di andare ‘oltre’ i dati sensitivo-immaginativi).7

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3 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, Mantova, Guastalla, 18701. Tale operasara messa all’indice nel 1872. La versione da me consultata (e da cui attingero per eventualicitazioni) e quella presentata in ID., Opere Filosofiche, I, cit., pp. 53-431.

4 Cfr. R. ARDIGO, La morale dei positivisti, Milano, Marzorati Editore, 1973, pp. 238-242; ristampa della versione contenuta in ID., Opere filosofiche, III, Padova, Angelo DraghiEditore, 1900, pp. 239-241. La morale dei positivisti era gia stata edita all’interno della mede-sima collana nel 1885, prima ancora nella «Rivista repubblicana», 1878, III fasc. e poi ripro-posta a cura dell’editore milanese N. Battezzati nel 1879 assieme alla Sociologia. Quest’ultimasara presentata come saggio a se stante all’interno delle Opere Filosofiche, IV, Padova, Draghi,1886). Faro riferimento alla ristampa Marzorati per eventuali riferimenti e citazioni.

5 Cfr. R. ARDIGO, Guardando il rosso di una rosa, in ID., Opere Filosofiche, X, Padova, An-gelo Draghi Editore, 1909, pp. 241-258 (saggio gia pubblicato, con la data 31 marzo 1907,nel fascicolo maggio-giugno 1907 della «Rivista di Filosofia e Scienze affini»).

6 Cfr. G. ZAMBONI, Il valore scientifico del positivismo di Roberto Ardigo e della sua ‘conver-sione’, Verona, Societa Editrice Veronese, 1921, pp. 46-61. Da ora in poi tale testo sara citatocome Il valore scientifico.

7 «Gli antichi credevano, che la scienza dovesse condurre a conoscere le cose fino nellaessenza e nelle cause loro. Lo insegnava espressamente anche il grande filosofo, che Dante hachiamato ‘‘il maestro di color che sanno’’. A noi non e piu possibile una tale illusione; poiche

In merito, si considerino le proposizioni con cui si apre il secondo ‘ar-ticolo’ del Discorso,8 articolo intitolato Un’idea e una forza, che nasce inav-vertita e che, matura, prorompe irresistibilmente:

Nasce il pensiero nella mente dell’uomo per l’impressione delle cose esterne,e vi si moltiplica per l’assiduo interno lavorıo della mente stessa. La massa deipensieri di un uomo corrisponde alla massa di queste produzioni della sensibilitae della riflessione, aggiunta a quella dei pensieri propri della societa, da cui haricevuto l’educazione ed il linguaggio.9

Ora, l’Ardigo pone senza dubbio il lettore di fronte a una presa di po-sizione in favore dell’origine sperimentale della conoscenza umana e, al-trettanto indubitabilmente, la sensazione gioca ai suoi occhi un ruolofondamentale nel processo di acquisizione dei contenuti psichici, mamanca quella definizione univoca delle espressioni quali ‘lavorıo interno’e ‘riflessione’ in termini empiristici, sensistici o addirittura meccanicisticiche costituisce la conditio per poter parlare di ‘professione’ di ‘positivismo’in senso stretto.

Il pensatore mantovano si colloca ancora, teoreticamente, in quella re-gione intermedia tra la gnoseologia lockiana esposta nell’Essay concerningHuman Understanding (1690) 10 e lo sviluppo che essa ricevette nel corsodel Settecento per mano di Hume in ambito anglosassone 11 e di Condillac

sappiamo, che lo sforzo di risalire oltre i fenomeni e vano affatto; e che il compito dellascienza non puo essere altro, che di rilevarne la coesistenza, la successione e le somiglianze»(R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 63).

8 Il Discorso su Pietro Pomponazzi si presenta suddiviso in otto ‘articoli’, secondo l’ordinecosı proposto dall’Autore: «I. Il pensiero dell’uomo e una forza meravigliosamente grande. II.Un’Idea e una forza, che nasce inavvertita e che, matura, prorompe irresistibilmente. III. Ilpensiero moderno e la maturazione di quello della Rinascenza, della quale Pietro Pompo-nazzi fu un fattore importantissimo. IV. Il concetto moderno della naturalita dei fenomeni.V. Il concetto della indipendenza della ragione. VI. Il concetto psicofisico dell’anima, e tra-scendente della materia. VII. Il metodo positivo. VIII. La figura e la importanza storica delpensatore» (R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 11, Avvertenza).

9 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp. 17-18.10 Locke infatti, nell’Essay concerning Human Understanding (1690), lungi dal ridurre tutta

la conoscenza umana alla sola sensibilita, parla della ‘riflessione’ come di una seconda sor-gente di idee che si affianca alla sensibilita e la definisce in termini sovra-sensitivi: cfr. J.LOCKE, An Essay concerning Human Understanding, by P.H. Nidditch, Oxford, Clarendon,1975, Essay, II, 1, 2-4, pp. 104-105). Proprio le operazioni sovra-sensitive fornite dalla reflec-tion (operazioni quali combining, bringing together e separating) sono alla base della ‘moltiplica-zione’ dei contenuti psichici, ossia della genesi delle complex Ideas a partire dalle simple Ideas:cfr. ivi, II, 12, 1-2, pp. 163-164).

11 Hume, che, al contrario di Locke, e propriamente ‘empirista’, interpreta la reflexion

LE RADICI RINASCIMENTALI DEL POSITIVISMO

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in ambito francese.12 In tal modo l’Ardigo si trova in una sorta di ‘iato epi-stemologico’, che lascia tuttavia gia presagire che la ‘svolta’ sensistico-po-sitivistica si sarebbe presto compiuta, vista l’insistenza su tematiche quali adesempio la centralita dell’esperienza empirica, l’esaltazione delle scienzedella natura, della psicofisiologia e dei traguardi raggiunti in tali ambiti.13

Cosı scrive lo Zamboni, nella seconda parte de Il valore scientifico, pro-ponendosi non piu soltanto una ‘messa alla prova’ delle tesi positivistichedel mantovano, ma (riprendendo i termini utilizzati dallo stesso gnoseo-logo veronese) una vera e propria «dissezione psichica», un «cacciare il bi-sturi nella [...] coscienza» 14 dell’Ardigo:

A che grado e giunta la certezza del positivismo al tempo del Pomponazzi?[...] Il discorso sul Pomponazzi e la piu schietta e lucida confessione di un’animaalla vigilia dell’apostasia: attraverso alla figura dell’eroe celebrato apparisce chiarala disposizione di spirito dell’Ardigo.15

Dalla lettura del Discorso su Pietro Pomponazzi emerge infatti comel’Ardigo individui nelle tesi dell’aristotelico rinascimentale quelle che so-

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coerentemente con l’origine sensitiva della conoscenza umana, ossia non come ritorno del-l’attenzione del soggetto su cio che di sovra-sensitivo accade nel soggetto stesso in presenzadei contenuti psichici sensitivi (come appunto voleva Locke), bensı come percezione pro-dotta dal ritorno dell’impressione sensitiva stessa in qualita di idea e dalla sua azione sul sog-getto. La reflexion viene cosı circoscritta all’ambito delle passioni e delle emozioni. Il molti-plicarsi dei contenuti psichici avviene quindi in virtu della ri-presentazione dei contenuti (lacui forza e vivacita viene progressivamente ad attenuarsi), seguendo quella ‘forza di attra-zione’ quale e l’associazione (per ‘somiglianza’, ‘contiguita’ spazio-temporale e ‘causalita-conseguenza’ ovvero successione). Cfr. D. HUME, A Treatise of Human Nature: Being an At-tempt to Introduce the Experimental Method of Reasoning into Moral Subjects (I-II, London, Noon,17391; III, London, Longman, 17401), edited and corrected by P.H. Nidditch, Oxford, Ox-ford University Press, 1978, I, 1, I-II, pp. 1-9 l’edizione di riferimento e quella critica curatada L.A. Selby-Bigge, Oxford, 1888).

12 Condillac, benche nell’Essay sur l’Origine des Connaissances Humaines (1746) mostri diaver subito l’influenza dell’Essay lockiano, nel Traite des Sensations (1754) muove una fortecritica al filosofo inglese, colpevole di aver mantenuto l’innatismo in merito alle facolta co-noscitive del soggetto, le quali facolta, al pari di ogni altro contenuto psichico, altro non sonoche un prodotto delle sensazioni e del loro naturale ‘complicarsi’: cfr. E. BONNOT DE CON-

DILLAC, Traite des Sensations, in ID., Œuvres Completes, tome III, Geneve, Slaktine Reprints,1970, Dessein de cet ouvrage, pp. 39-40).

13 Accolgo percio solo parzialmente l’osservazione compiuta dal Buttemeyer nel saggioArdigo a la psicologia moderna, osservazione per cui l’Ardigo gia nel Discorso su Pietro Pompo-nazzi avrebbe enunciato il principio sensistico (cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psi-cologia moderna, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1969, p. 56, nota 3 a pie di pagina).

14 Cfr. G. ZAMBONI, Il valore scientifico, cit., p. 5.15 Ivi, p. 53.

no le direttive metodologiche del positivismo ottocentesco cui egli stavaper aderire. Cosı, piu che a una ‘presentazione’ del pensiero del Pompo-nazzi, ci si trova di fronte a un’interpretazione del significato e del valorestorico del filosofo rinascimentale che permarra invariata nelle sue linee difondo sino agli ultimi saggi del positivista mantovano: all’interno degliundici volumi del corpus delle Opere Filosofiche, laddove compaiono oc-correnze di ‘Pomponazzi’, l’Ardigo si limita infatti a rinviare il lettoreal Discorso o a citarne alcuni brani 16 e la stessa introduzione alla traduzioneitaliana (parziale) del 1914 del De immortalitate animae e del De incantatio-nibus non e che un abstract, ossia il riproponimento dei passi maggiormen-te significativi del saggio del 1869.17

16 Guardando all’Indice degli Autori presente nel vol. X delle Opere Filosofiche (cfr. ivi, pp.549-558), i luoghi in cui il Pomponazzi e citato sono i seguenti (tra parentesi e indicato ilnumero di pagina delle edizioni da me consultate, qualora esse non coincidano con quelleutilizzate per la compilazione dell’Indice): R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, inOpere Filosofiche, I, cit., pp. 215 (in merito all’autosufficienza della virtu), 391 (citazionedal De Immortalitate Animae), 395 (in merito all’elezione di ‘senso’ ed ‘esperimento’ come cri-teri di verita), 397 (in merito alle ostilita cui ando incontro il Pomponazzi a causa delle pro-prie tesi filosofiche); La morale dei positivisti, in Opere Filosofiche, III, cit., pp. 131 (p. 125 del-l’edizione Padova, Draghi, 1885; p. 97 dell’edizione Marzorati a cura di Giannini; si rinvia alDiscorso in merito alla ‘virtu creatrice del pensiero umano’), 266 (p. 254 dell’edizione Draghi;p. 178 dell’edizione Marzorati; si tratta di una citazione dal Discorso in merito al ‘pensiero’come ‘forza’ che, maturando, prorompe nella mente); Sociologia, in ID., Opere Filosofiche,IV, Padova, Draghi, 18972, p. 233 (p. 210 delle Opere filosofiche, IV, 18861; citazione dal Di-scorso in merito alla figura del pensatore positivista); La scienza sperimentale del pensiero, in ID.,Opere Filosofiche, VI, Padova, Draghi, 1894, p. 370 (in merito all’esclusione del soprannatu-rale nella spiegazione degli eventi fisici da parte del Pomponazzi); Il mio insegnamento dellafilosofia nel Regio Liceo di Mantova, in Opere Filosofiche, VI, cit., p. 456 (si nomina semplice-mente il Pomponazzi tra i vari pensatori rinascimentali); Il meccanismo dell’intelligenza e l’ispi-razione geniale, in ID., Opere Filosofiche, VIII, Padova, Draghi, 1901, p. 170 (si cita nuova-mente il passo del Discorso in merito alla disposizione d’animo del positivista); La perennitadel positivismo, in ID., Opere Filosofiche, IX, Padova, Draghi, 1903, pp. 364 (si ripete il mottodel Pomponazzi per cui senso ed esperimento sono misura della verita), 398 (si tratta di unanota relativa alla pagina precedente in cui si precisa il senso della frase del Pomponazzi); A.Comte, H. Spencer e un positivista italiano, in ID., Opere Filosofiche, X, Padova, Draghi, 1909,pp. 483 (non 493 come indicato nell’Indice; si cita il Pomponazzi tra i pensatori rinascimentaliche anticiparono il positivismo), 486 (pagina non inserita nell’Indice; come prima).

17 P. POMPONAZZI, Sull’Immortalita dell’Anima e Il Libro degli Incantesimi, con Prefazione diR. ARDIGO, Introduzione, traduzione e note di I. Toscani, «I Classici del Libero Pensiero»,Roma, Galileo Galilei, 1914. La Prefazione, dal titolo Il significato e il valore storico dell’operadi Pietro Pomponazzi, e costituita dai seguenti passi del Discorso: il primo capoverso del terzoarticolo, gli interi articoli quarto, quinto e sesto, l’articolo ottavo (l’ultimo del Discorso). Vistala scelta di porre il Discorso dell’Ardigo come prefazione ai testi del Pomponazzi (quindi comeloro ‘parametri’ di interpretazione e comprensione), non e a mio avviso casuale che le opere

LE RADICI RINASCIMENTALI DEL POSITIVISMO

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Una lettura, quella compiuta dall’Ardigo, che si inserisce in un benpreciso contesto, rielaborandolo criticamente: da un lato abbiamo quelliche il Landucci chiama «i maestri [...] [della] generazione che in RobertoArdigo manifestava la sua crisi»,18 ossia due tra le figure piu rappresenta-tive del clero mantovano, don Enrico Tazzoli 19 e l’abate Giuseppe Pezza-Rossa, insegnanti presso il Seminario di Mantova e attivi proprio neglianni in cui l’Ardigo qui ricevette la propria formazione, i quali influen-zarono non poco il pensiero del positivista con la loro impostazione libe-rale e illuministica e con l’esaltazione del ruolo ‘critico’ della ragione edelle scienze naturali. Proprio il Pezza-Rossa fu autore di un saggio pub-blicato senza imprimatur, Lo spirito della Filosofia italiana (1842), in cui, co-me poi fara l’Ardigo nel 1869, il Pomponazzi e presentato quale espo-nente di un metodo ‘positivo’ e ‘italiano’ che consiste «nell’esperienzae nella osservazione».20 Dall’altro lato, abbiamo invece Terenzio Mamiani

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del Pomponazzi proposte dal Toscani nella traduzione italiana siano proprio il De immortali-tate animae e il De incantationibus, giacche proprio su di essi pare concentrarsi maggiormentel’Ardigo nel saggio del 1869.

18 G. LANDUCCI, La formazione di Roberto Ardigo, «Atti e memorie dell’Accademia toscanadi Scienze e Lettere», XXXVII, Firenze, Olschki, 1972, p. 50.

19 Circa il pensiero e gli scritti, editi e inediti del Tazzoli, cfr. T.U. TAZZOLI, Don EnricoTazzoli e i suoi tempi, Bergamo, Tip. G. Secomandi, 1952, pp. 481-501.

20 G. PEZZA-ROSSA, Lo spirito della Filosofia italiana. Ragionamento dell’Abate GiuseppePezza-Rossa, Prof. nel Semin. di Mantova e Socio corrispondente dell’I. R. Istituto Lombardo diScienze, Lettere ed Arti, Mantova, Elmucci, 1842, p. 12. Il Landucci, nel saggio La formazionedi Roberto Ardigo, rileva una serie di analogie con il Discorso su Pietro Pomponazzi dell’Ardigo,analogie non solo contenutistiche, ma anche terminologiche (pur riconoscendo che cio nonbasta per concludere la diretta influenza del saggio del Pezza-Rossa sul Discorso ardigoiano):«Leggendo questo opuscolo di Pezza-Rossa non si puo fare a meno di pensare a un altro opu-scolo pubblicato a Mantova 27 anni dopo: il Discorso su Pietro Pomponazzi di Roberto Ardigo.La stessa esaltazione della scienza e del libero pensiero, la stessa interpretazione storiografica, lastessa passione per il metodo positivo, la stessa polemica contro l’oscurantismo della scolastica,talvolta le stesse espressioni linguistiche. Naturalmente in Ardigo manca l’intento apologetico[nei confronti della signoria medicea e di vari esponenti della Chiesa]. Inoltre egli non parlamai di questo suo probabile insegnante, nonostante nel 1869 fosse ancora vivo e un annoprima avesse tenuto nella Cattedrale di Mantova la prima Commemorazione dei Martiri diBelfiore. Forse certe espressioni facevano parte di un genere letterario diffuso e certe interpre-tazioni storiografiche erano diventate luoghi comuni. Il ‘metodo positivo’ di cui parla Pezza-Rossa non e certo il metodo scientifico dei positivisti; ma non mancano significative coinci-denze» (G. LANDUCCI, La formazione di Roberto Ardigo, cit., pp. 78-79). Circa le coincidenze dicui si parla, si considerino alcuni passi significativi tratti dal saggio del Pezza-Rossa: «La Italicascuola dipartiva dai fatti e non dalle semplici astrazioni, e ben lungi dall’affidarsi intieramente aqueste, vi erano anzi riguardate siccome il punto a cui riescire: dal concreto procedevasi all’a-stratto, dal particolare al generale, dall’analisi alla sintesi. E non e questo forse quel metodo

della Rovere, spiritualista, il quale, nell’opera che l’Ardigo cita piu voltenelle note de La psicologia come scienza positiva (1870) come una delle prin-cipali fonti storiografiche in materia di filosofia rinascimentale, Del Rinno-vamento della Filosofia antica italiana (1834), aveva cercato di individuare nelcarattere ‘sperimentale’ la cifra distintiva della ‘filosofia italiana’ e nelPomponazzi vedeva un chiaro exemplum di liberta del pensiero.21

istesso cui la luce de’ tempi nostri ha dimostrato per vero?» (G. PEZZA-ROSSA, Lo spirito dellaFilosofia italiana, cit., p. 8); troviamo inoltre una considerazione circa l’importanza della basesensibile della conoscenza cui il Pezza-Rossa pone pero (di contro a quanto sosterra l’Ardigo)precise limitazioni: «Noi vedemmo le basi principali del metodo italiano consistere nell’espe-rienza e nella osservazione, ma dei mezzi nulla per anco si vide: rispetto ai quali e da dire, chenon basta fondare lo studio sopra i fenomeni dei sensi, ma sı anche volersi un retto uso dellaragione che da questi sappia ritrarre la verita. Laonde, altro passo rilevante e necessario alla ita-liana sapienza onde procedere positiva e sicura, quello esser doveva di riconoscere l’ufficio chela ragione esercita sopra i fatti sı del mondo esteriore che dello interiore; sendoche non al sensoma alla sola ragione e dato il giudicare. [...] Gli obbietti per vero delle cognizioni sono gli ob-bietti stessi dei sensi, ma non possono questi da soli costituire un principio di verita, sendochela verita non puo risiedere altrimenti nei sensi e nelle cose, ma solo nella ragione: la quale ra-gione deve trarre sussidio in gran parte anche [...] [dai] sentimenti» (ivi, pp. 12-14). Un con-cetto che verra ribadito in chiusura del saggio, assieme alla ‘lotta’ contro l’apriorismo: «[Dellafilosofia nazionale] ci piacque rinfrescare la memoria fra gl’italiani, perche vedemmo taluni aquesti giorni darsi briga ed affanno onde statuire un insegnamento a priori sopra-sensibile e tra-scendente, che a pochi forse potrebbe, se non a molti, fare illusione. Il ragionamento dietro aprincipj anziche dietro a fatti, il partire dalle nude e aride definizioni anziche dall’analisi accu-rata dei fenomeni [...]. Ma la filosofia degl’italiani esclude, per intrinseco suo carattere, qualsi-voglia sistema che non cerchi la verita nei fatti per mezzo di una giusta osservazione, conce-dendo sempre all’intelletto quella parte che gli conviene; imperocche se il sentire e germe ditutte le cognizioni, questo germe pero sempre infecondo rimarrebbe quando il principio ra-zionale dello spirito umano nol fecondasse» (ivi, pp. 45-46). L’importanza del clima culturaledel seminario mantovano per l’orientamento filosofico dell’Ardigo e il rapporto tra il quest’ul-timo e il pensiero del Pezza-Rossa sono al centro del saggio: A. JORI, Scienza e metodo speri-mentale tra antico e moderno. Pitagora, Pomponazzi e Cartesio nelle valutazioni di GiuseppePezza-Rossa e Roberto Ardigo, in L’incidenza dell’antico. Studi in memoria di Ettore Lepore, II, Na-poli, Luciano, 1991, pp. 149-214.

21 Assieme a Galilei e a Campanella, il Mamiani colloca il Pomponazzi tra i piu insignipensatori italiani: «Fu dal Pomponaccio piu che dagli altri con chiara e polita eloquenza spie-gato Aristotele nella purita del suo testo e delle sue opinioni con certa franchezza e indipen-denza d’intelletto, molto rare in quei tempi. [...] Venuta a fine la scolastica autorita, rimane-vano la teologica e la peripatetica. Insorse animosamente contro la prima Pietro Pomponaccio ele dottrine meramente razionali spartı dalle rivelate, dicendo, altro essere l’ufficio del purofilosofo, altro del teologo, ne doversi pretendere dal lume fioco e riverberato della ragionequel medesimo che dallo splendore d’una scienza inspirata; questa avere a dover supplire aldifettivo d’ogni filosofia naturale, ma non punto sostituirvisi, per lo che insegnava come dallacognizione naturale delle cose dovea salirsi a quella di Dio, non viceversa dalla cognizioneanticipata di Dio trarre quella delle cose naturali, secondo l’uso che regnava a quei tempi.Tale fu il secondo passo che il Pomponaccio, a rischio della sua vita, fece muovere all’umano

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Lo stesso Francesco Fiorentino, nel 1868, aveva pubblicato un interosaggio dedicato al pensiero del Pomponazzi e, piu in generale, all’aristo-telismo bolognese e patavino,22 saggio che l’Ardigo mostra di conoscere edi rifiutare quanto agli esiti interpretativi in esso raggiunti:

Il professore Francesco Fiorentino, che ultimamente ha pubblicato sul Pom-ponazzi un lavoro storico di molto merito, vorrebbe farne un hegeliano del se-colo decimosesto. E percio non concede, che lo chiamino positivista, se nonquelli, che ritengono, che il metodo positivo implichi necessariamente l’hegelia-nismo. Ma in cio, come io credo, ha torto.23

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intelletto verso la sua indipendenza» (T. MAMIANI DELLA ROVERE, Del rinnovamento della Filo-sofia antica italiana, Parigi, Dai Torchi di Pihan de la Forest – Monrival, 1834, I, 3, 2-3,pp. 19-23).

22 F. FIORENTINO, Pietro Pomponazzi. Studi storici sulla Scuola bolognese e padovana del secoloXVI. Con molti documenti inediti, Firenze, Successori Le Monnier, 1868.

23 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 44. Alla base dell’opinione negativaespressa dall’Ardigo c’e l’impostazione idealistica che, a mio avviso, talora emerge dalle analisidel Fiorentino e, principalmente, nel sedicesimo e ultimo capitolo, laddove l’Autore con-clude mostrando cosa del pensiero rinascimentale sia stato piu ‘fecondo’ per la filosofia mo-derna. Accanto a tesi con cui l’Ardigo avrebbe potuto certamente convenire («La filosofia delrisorgimento italiano [leggi: rinascimento] e stata appunto la battaglia che il pensiero umanoha ingaggiato non solo contro l’autorita soverchiante, come volgarmente si crede, ma altresıcontro un’altra forma di filosofia ancora superstite, la quale impediva gli ulteriori progressi [lascolastica medievale]»: F. FIORENTINO, Pietro Pomponazzi, cit., XVI, p. 474), si sostiene infattiche la riflessione rinascimentale intorno all’’intelletto possibile’ e al suo rapporto con l’intel-letto agente sembra «avere questo significato, di accostarci cioe sempre piu a riconoscere ilpensiero come intimo al mondo, e percio di scemare l’opposizione recisa che il medioevo aveva posto tra il mondo di la ed il mondo di qua non solo, ma ancora tra la materiae lo spirito» (ivi, p. 475). La filosofia moderna, con Cartesio e le sue tesi dell’identita di pen-siero ed essere e dell’inneita dell’idea di Dio, non fece che portare avanti il percorso comin-ciato nel rinascimento (di contro a Malebranche, che, allontanandosi da Cartesio, riproposenella Francia del ’600 l’averroismo): «Dicendo che l’idea di Dio e innata ne piu ne meno chel’idea di noi stessi, Cartesio ha riconosciuto l’intimita dell’infinito come essenziale al nostrospirito: intimita disconosciuta dalla filosofia precedente [...]. La prova di Sant’Anselmo, allaquale altri potrebbe grossolanamente paragonare la deduzione cartesiana, non ha detto maiche l’idea di Dio fosse intima al nostro spirito: diceva bensı che noi avessimo questa idea,ma non la connaturava punto con la nostra essenza. Ora questo connaturamento dell’infinitoe del finito, dell’idea di Dio e dell’idea di noi stessi, discoperto dal nostro spirito e un’intui-zione veramente nuova e propria di Cartesio. [...] Ora lo spirito non e tale, se non perchepensa. [...] Pensare ed essere, per lui almeno, sono tutt’uno. [...] Se tutto lo spirito sta dunquenel pensare; s’egli ha l’idea dell’infinito, egli e ne piu ne meno che l’infinito» (ivi, pp. 479-481). Avvicinare l’Assoluto alla realta materiale, mostrare come esso sia ‘infuso’ nel mondo,questo e il pregio della filosofia rinascimentale, il cuore di verita che trova il proprio com-pimento nell’idealismo hegeliano («dove poi riluce nitida e profonda l’orma del pensiero ita-liano, sviluppato nelle interminabili polemiche del secolo decimosesto, a me pare che sianella filosofia hegeliana»: ivi, p. 487) e che il positivismo (del Villari, diretto referente del Fio-

Il Discorso su Pietro Pomponazzi volle proprio essere, a mio avviso, da unlato il perfezionamento delle interpretazioni del Pezza-Rossa e del Mamia-ni, dall’altro la breve ma intensa risposta all’hegelianizzazione del Pompo-nazzi compiuta dal Fiorentino, con l’intento di mostrare come il filosoforinascimentale fosse ancora piu attuale e di portata europea di quanto sipotesse pensare in chiave idealistica, qualora venisse interpretato piuttostocon riferimento al nuovo clima positivistico del momento.24

Quali sono dunque le ragioni per cui, agli occhi dell’Ardigo, il Pom-ponazzi e da considerare un precursore del moderno ‘positivismo’? Quat-tro sono gli argomenti che andro a esaminare: il metodo positivo, l’ideapsicofisica dell’anima, l’idea trascendente della materia e la naturalita deifenomeni. Queste sono le ‘idee’ che, secondo l’Ardigo, ‘infiltrandosi’ nel‘pensiero comune’ concorsero alla trasformazione culturale culminata nel‘positivismo’, non costituendo solo i tratti caratteristici di quest’ultimo,ma addirittura i suoi «fattori psicologici e dialettici».25

2. IL METODO ‘‘POSITIVO’’

Nel Discorso sul Pomponazzi l’Ardigo scrive:

Prima di tutto, il positivista e appunto un filosofo, che vuol essere indipen-dente da qualunque sistema metafisico, edificato a priori. [...] E seguita quieta-mente le sue ricerche, senza prender partito [...]. E dice tra se: dove sia la verita,lo sapro soltanto, quando saro arrivato a discoprirla col metodo infallibile del-l’osservazione e dell’analisi. Intanto io non so che farmi di una scienza, che lasciail campo ad opinioni affatto tra loro contrarie. Quella che io cerco e una scienzavera e certa per tutti; sicche basti conoscerla per essere costretti ad ammetterla.26

rentino) si sforza di negare (pur, ai suoi occhi, presupponendolo). In merito, cfr. ivi, pp. 484-485. Il che, se e per certi aspetti simile a quanto osservera l’Ardigo (per quanto riguarda l’av-vicinamento di intellezione e sensazione, materia e pensiero), perviene a risultati opposti aquelli del filosofo mantovano. Questa e la ragione del giudizio negativo espresso dall’Ardigointorno al Pietro Pomponazzi del Fiorentino: «Quelli che, come il Fiorentino, asseriscono, chel’attendere allo studio dei fenomeni naturali presuppone necessariamente la persuasione del-l’immanenza dell’assoluto nelle cose, come spiegano il fatto di Copernico, Galileo, Vico,Newton, Cuvier, Hervas, Galvani, Filippi, Liebig, ed altri moltissimi simili a questi? Diranno,che furono hegeliani? O diranno che non meritano il nome di cultori delle scienze positive?»(R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 48).

24 Cfr. ivi, p. 49.25 Ivi, p. 56.26 Ivi, p. 44.

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Ora, mediante questo ‘ritratto del positivista’ l’Ardigo intende mo-strare come il progetto di una filosofia e psicologia ‘scientifica’ nonpuo essere fondato su ‘princıpi’, ossia ‘prodotti’ umani, conoscenze com-plesse e quindi mediate guardando alle quali spiegare la ‘realta’, bensı sucio che col suo immediato darsi e irrefutabilmente vero e certo. Egli cercai contenuti elementari e concreti (non per nulla egli parla di ‘osservazio-ne’ e di ‘analisi’), contenuti ai quali vanno ricondotti i ‘sistemi’ e, comel’Ardigo usa ripetere, l’‘astratta e vagabonda speculazione metafisica’: so-no i fatti forniti dall’esperienza che, osserva il filosofo mantovano, «sug-geriscono le idee, che guidano ad avvertire cio, che, senza di loro, non sisarebbe giammai intravveduto; [...] che tirano la mente dell’osservatore,senza che egli se ne accorga, di cosa in cosa, fino a quei dati che spiegatoil come d’ogni essere e divenire».27 Un anno dopo, nel 1870, all’internode La psicologia come scienza positiva, egli scrivera:

Se io [...] dicessi, contrariamente a cio che siamo soliti di udire, che i fattisono divini, e che i principii sono umani, non temerei, che alcuno potesse con-vincermi di errore. Un piccolo fatto, ribelle ai principii ricevuti di una scienza,ha la forza di metterla sottosopra [...]. Insomma e sempre il fatto il punto di par-tenza. E questo e al tutto certo e irreformabile. Dove invece il principio e unpunto di arrivo.28

Il Fatto e la legge che, volgarmente, e detta ‘governare’ gli eventi for-niti dall’esperienza, non si distinguono come eterogenei l’uno rispetto al-l’altra, bensı solo relativamente al ‘punto di vista’ dal quale sono esami-nati:

Quando diciamo, il fatto, non escludiamo la legge. Se lo facessimo, toglie-remmo anche la scienza, perche essa consiste appunto nel dimostrare le leggi deifatti. Ma che e infine la legge, se non il fatto? [...] La legge si distingue dal fatto,non come cosa da cosa, ma solamente, come la cosa considerata in cio che ha dicomune con altre, vale a dire il generale e l’astratto, dalla cosa considerata in tut-te le sue particolarita, ossia come individuale e concreta. [...] Per dirlo in una solaparola, la legge e la somiglianza dei fatti.29

Tale e il «metodo positivo» che da il titolo al settimo articolo del Di-scorso e ne costituisce l’argomento, il quale metodo, proprio perche basato

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27 Ivi, p. 46.28 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 126.29 Ivi, pp. 69-70.

sull’immediata conoscenza del Fatto, porta con se una verita super partes,‘trasversale’ rispetto alle singole scuole di pensiero e libera dalla ‘dialetticadei sistemi’. L’Ardigo individua appunto nel modus philosophandi del Pom-ponazzi tale ‘metodo positivo’ o ‘positivistico’.30

In un contesto in cui la tesi dell’immortalita dell’anima individuale erastata ufficialmente confermata dal Concilio Laterano V nel 1513 con labolla Apostolici regiminis (con la conseguente condanna di ogni posizionea favore della sua mortalita),31 l’attenta lettura del testo aristotelico e la s-pregiudicata osservazione del processo conoscitivo, cosı come e quotidia-namente fornito dalla coscienza, permisero al filosofo rinascimentale diaffrontare la questione della natura dell’anima umana in maniera affattoindipendente dalle interpretazioni date, in particolar modo, dalle scuoleaverroistica, platonica e tomistica.

L’intero Tractatus de immortalitate animae (1516) e pervaso da questo du-plice procedimento critico-argomentativo che, analogamente a cio che ac-cade nel processo della percezione visiva, finisce per fondersi in un unicum.E si noti come il continuo rimando non tanto alle tesi aristoteliche, quantopiuttosto al testo dello Stagirita,32 racchiude una notevolissima complessita:per prima cosa, considerato in se e per se, esso non e un far parlare l’auc-toritas, ma costituisce, all’interno della discussione circa la corretta interpre-tazione del pensiero di Aristotele, un analogon del rinvio al Fatto come lointendera l’Ardigo in ambito scientifico e psicologico.33

30 Metodo ‘positivo’ fondato sull’osservazione dei ‘fatti’ forniti dall’esperienza che ancheItalo Toscani (riferendosi pero alla sola ‘sensazione esterna’ e non all’osservazione psichica ingenerale), commentando il De incantationibus, riconosce nel Pomponazzi: «Nelle parole delPomponazzi balena il principio che ha dato la mossa e lo sviluppo a tutta la scienza moderna:il metodo positivo. Quello stesso che Galileo e Leonardo dovevano riprendere con cosı me-ravigliosi risultati e che il nostro secolo doveva far suo di nuovo con le conseguenze mirabiliche tutti conosciamo. Quale miglior omaggio poteva rendere la realta dei fatti all’intuizionee all’affermazione del nostro filosofo?» (P. POMPONAZZI, Il libro degli incantesimi, ossia delle causedei meravigliosi effetti naturali, a cura di Toscani, cit., p. 261, nota 1 a pie di pagina).

31 Cfr. G. DI NAPOLI, L’immortalita dell’anima nel rinascimento, Torino, SEI, 1963,pp. 220-221.

32 Un’impostazione che avrebbe potuto essere definita ‘filologica’ se l’ignoranza dellalingua greca non avesse impedito al Pomponazzi di guardare all’originale aristotelico e loavesse costretto a servirsi delle traduzioni latine.

33 E interessante notare come l’Ardigo non ritenga il Pomponazzi un ‘fedele erede’ diAristotele, benche le sue tesi si fondino sui princıpi stabiliti dallo Stagirita: «E il Pomponazziche cosa ha insegnato sull’anima? La sua dottrina, quantunque si discosti, non solo dal com-mento di Averroes, che direttamente combatte, ma anche da quello dell’Afrodisio, suo in-terprete prediletto, anzi dallo stesso insegnamento di Aristotile, ponendo, in un modo assai

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Secondariamente, in relazione al contesto storico, il rimando alla con-siderazione del testo aristotelico, lungi dal limitarsi a quanto sostenuto daivari esegeti, ha una portata dirompente se si considera che la messa in di-scussione non tanto dell’immortalita dell’anima, quanto del fatto che essaabbia un fondamento razionale e aristotelico avveniva contemporanea-mente all’esortazione alla lettura personale del Testo Sacro sostenuta daLutero in Germania.34

Si consideri la confutazione delle tesi di Averroe, per il quale all’uni-cita e all’immortalita dell’anima intellettiva vanno contrapposte la molte-plicita e la mortalita delle anime umane, vegetativo-sensitive, a motivodell’effettiva separazione dell’intelletto agente, che trascende il piano dellamaterialita (piano da cui e parimenti separato anche l’intelletto potenzia-le, chiamato ‘materiale’ solo per indicarne la passivita).35 Al Pomponazzinon interessa tanto provare la ‘falsita filosofica’ di una tale posizione (eglisi limita infatti a esortare il lettore alla lettura delle obiezioni mosse alcommentatore arabo da Tommaso d’Aquino),36 quanto piuttosto sottoli-

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piu semplice e immune da contraddizione, l’anima come un’unica ed impartibile forma, noncessa pero di essere una dottrina, tanto o quanto, aristotelica: come sono aristotelici i principiisu cui resta fondata. Se non che, avendo egli indovinato con un colpo d’occhio meraviglioso,l’importanza capitale di un insegnamento tutto positivo, che negli scritti dello Stagirita tieneun posto secondario, e avendone fatto il punto di partenza delle sue deduzioni sull’anima,riuscı ad essere l’autore, veramente originale, di una dottrina, che, alla caduta irreparabile,presto seguıta, dell’aristotelismo, ne salvo le parti buone» (R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pom-ponazzi, cit., pp. 35-36).

34 Benche non sia possibile affermare che il giudizio di Pomponazzi in merito alla Ri-forma fosse positivo: cfr. V. PERRONE COMPAGNI, Critica e riforma del cristianesimo nel De fato diPomponazzi, saggio introduttivo a P. POMPONAZZI, Il fato, il libero arbitrio e la predestinazione,traduzione del De Fato di Pomponazzi e note a cura di V. Perrone Compagni (testo latinoa fronte calibrato sull’edizione critica di Richard Lemay, Lucani, in aedibus Thesauri mundi,1957), Firenze-Torino, Nino Aragno Editore, 2004, I, pp. CXII-CXVII. Per eventuali citazionidal De fato, faro ricorso a tale edizione critica latina.

35 Cfr. AVERROE (IBN-ROSCH), Commentarium Magnum in Aristotelis De anima Libros, re-censuit F. Stuart Crawford, Cambridge (Massachusetts), in ID., Corpus Commentariorum Aver-rois in Aristotelem, consilio et auspiciis Academiae Americanae Mediaevalis adiuvantibus Aca-demiis Consociatis, ediderunt H.A. Wolfson, D. Baneth, F.H. Fobes, versionum latinarum,VI, 1, The Mediaeval Academy of America, 1953, III, cc. 4-5, pp. 383-413; ivi, III, c. 20,pp. 443-454.

36 I luoghi cui fa riferimento il Pomponazzi sono i seguenti: THOM. AQ. De unitate intel-lectus contra Averroistas III, 63-84; ivi, IV; ivi, V, 99-113; Summæ theologiæ I, q. 75, a. 6, resp.;ivi, I, q. 76, artt. 1-2, resp.; ivi, I, q. 79, art. 4, resp.; Cont. Gent. II, c. 73-81, nn. 1488-1626;Quaestio de anima art. 2-3, resp.; Quaestio de spiritualibus creaturis artt. 2, 9, resp.; In De animaIII, lect. 7, nn. 689-695. Il Corpus thomisticum e consultabile on line sul sito www.corpusthomi-sticum.org.

neare che si tratta di un «figmentum et monstrum ab eo Averroe confic-tum».37 Per realizzare tale scopo egli colpisce al cuore la tesi immortalisti-ca di Averroe, ossia l’esistenza di una qualche operazione dell’anima ingenerale e dell’intelletto in particolare, che non dipenda dal corpo siaut subiecto (ossia che si realizzi mediante gli organi del corpo), sia ut obiecto(cioe che tragga dai contenuti sensitivo-immaginativi, i phantasmata in or-gano sensus, i materiali per le funzioni cognitive, una condizione che, sep-pur compatibile con la non-corporeita dell’anima, la legherebbe inscindi-bilmente al corpo, giacche necessario per l’esercizio delle operazioniintellettive).

Seguiamo il ragionamento del Pomponazzi:

Verum quod hoc Aristoteli non consonet eiusque sententiae contrarietur,satis patet, cum Aristoteles in fine [...] textus 12 primi De anima dicat intelligereaut esse phantasiam aut non esse sine phantasia. Et, quamvis ibi conditionaliterloquatur, tertii tamen De anima textu 39 clarissime dicit quod non est intelligereabsque phantasmate, quod et experimento comprobatur. Nullo igitur modo in-tellectus humanus, secundum Aristotelem, habet operationem prorsus a corporeindependentem, quod est oppositum concessi.38

Cio verra ribadito pochi passaggi dopo, costituendo un ulteriore casodi quella duplicita di rimandi (al testo aristotelico da una parte, all’espe-rienza dall’altra) di cui ho precedentemente parlato:

Secundo ad principale: quia si secundum Aristotelem anima intellectiva estvere immaterialis, ut fingit dictus Commentator [ossia Averroe], cum istud nonsit per se notum, immo maxime dubium, oportet per aliquam evidentiam ma-nifestari. Modo ad inseparabilitatem concludendam sufficit, secundum Aristote-lem, quod sit vel virtus organica, vel, si non organica, saltem quod sine obiectocorporali non possit exire in opus. Dicit enim, textu 12 primi De anima, quodsive intellectus sit phantasia, sive non sit sine phantasia, non contingit ipsum se-parari. [...] Si igitur ad inseparabilitatem sufficit alternative vel esse in organotamquam in subiecto, vel ab ipso dependere tamquam ab obiecto, igitur ad se-

37 P. POMPONAZZI, Tractatus de immortalitate animae (Bononiae, per Magistrum Iustinia-num Leonardi Ruberiensem, 1516), caput quartum, in ID., Tractatus acutissimi, utillimi et mereperipatetici, premessa di F.P. Raimondi, Casarano, Eurocart, 1995 (ristampa anastatica dell’e-dizione Venezia, haered. Octaviani Scoti, 1525), p. 41v. Cfr. la recente traduzione italiana dame consultata: ID., Trattato sull’immortalita dell’anima, a cura di V. Perrone Compagni, Fi-renze, Olschki, 1999. Da ora in poi, laddove faro riferimento a tale opera del Pomponazzi,ne semplifichero il titolo, indicandolo con De immortalitate animae.

38 Ibid. Il Pomponazzi qui cita da ARISTOT. De an. I, 1, 403a8-10; III, 7, 431a16-17.

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parabilitatem coniunctim requiritur neque dependere ab organo tamquam a su-biecto, neque tamquam ab obiecto, saltem in aliqua sui operatione. Cum autemistud sit de quo est quaestio quomodo ergo certificabit Averrois animam esseimmortalem, praecipue cum dicat Aristoteles quod necesse est intellegentemphantasma speculari, et quilibet homo hoc experitur in semetipso? 39

Anche la confutazione della tesi immortalistiche platoniche si fonda,oltre che sull’esame dei passi del De anima,40 sull’esperienza psichica sog-gettiva, poiche il Pomponazzi (anticipando a mio avviso le riflessioni diDescartes sull’unicita-unita dell’ego e soprattutto, d’accordo col Balibar,quelle di Locke riguardo al self-consciousness) 41 propone un esempio di ca-rattere autobiografico dalla cui analisi emerge l’immediata esperienza cheil soggetto ha di se stesso in quanto cosciente e auto-cosciente. La co-scienza, osserva il filosofo rinascimentale, si mostra come ‘una’, ossia pre-

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39 Ivi, p. 42r.40 «Quam autem huiusmodi opinio sit ab Aristotele remota non difficile est videre. Ete-

nim De anima secundo ponit vegetativum in sensitivo veluti trigonum in tetragono; sed ma-nifestum est trigonum in tetragono non esse tamquam rem realiter distinctam ab eo, sedquod est trigonum in potentia est actu tetragonum. Quare, cum per Aristotelem eodemmodo in mortalibus se habeat sensitivum ad intellectivum, sensitivum non erit distincta resab intellectivo» (ivi, caput sextum, p. 43r). Il Pomponazzi fa qui riferimento a ARISTOT. Dean. II, 3, 414b31-32.

41 Nella Secunda Meditatio, Descartes, cercando qualcosa che appartenga essenzialmenteal soggetto e che, conseguentemente, non possa essere oggetto di dubbio, afferma che l’Ego ecosciente di cogitare e che, a tale consapevolezza si aggiunge una ulteriore consapevolezza, invirtu della quale egli sa di esser proprio lui il soggetto del pensare (dove per pensare si intendel’insieme dei molteplici contenuti psichici): cfr. R. DESCARTES, Meditationes de Prima Philoso-phia, Amsterdami, apud Ludovicum Elzevirium, 1642, in ID., Œuvres de Descartes, VII, pu-bliees par Ch. Adam & P. Tannery, Paris, Vrin, 1996, pp. 26-29. Pur facendo dell’Ego il‘centro di gravita’ dei contenuti psichici (giacche essi mettono tutti capo all’io), Descartesnon giunge pero a tematizzare la nozione di autocoscienza e il ruolo di quest’ultima in me-rito all’identita personale (identita che, nei discorsi di Cartesio e assunta come fatto): il saggiodi Etienne Balibar, Identite et difference, ha proprio il merito di aver evidenziato la ‘novita’ in-trodotta da Locke nel XXVII capitolo dell’Essay. Cosı osserva il Balibar: «En faisant de laconscience (consciousness) le critere de l’identite personnelle (identity of person) Locke a, en ef-fet, ete conduit a revolutionner la conception meme de la subjectivite, aussi bien par rapporta l’idee aristotelicienne de l’ame individuelle comme ‘forme substantielle’ que par rapport ala revendication cartesienne du ‘Je’ existant et pensant. [...] Cette revolution theorique [...]du primat de la conscience et de l’imperialisme du sujet, est le moment decisif de l’inventionde la conscience comme concept philosophique» (E. BALIBAR, Identite et difference. An Essayconcerning Human Understanding, II, XXVII, Of Identity and Diversity. L’invention de la con-science, presente, traduit et commente par E. Balibar, Paris, Editions du Seuil, 1998, pp.10-11). Circa il pensiero di Locke in materia di self-consciousness, cfr. J. LOCKE, Essay, cit.,II, 27, pp. 328-348.

senta al soggetto come ‘suoi’ tanto i fatti della sfera sensitivo-appetitivo-vegetativa, quanto le piu nobili funzioni intellettive. L’‘esperienza’ de-nuncia in tal modo l’infondatezza delle tesi platoniche secondo cui l’ani-ma intellettiva sarebbe realmente distinta da quella vegetativo-sensitiva enello stesso individuo vi sarebbero piu forme sostanziali:

Primo quidem hoc videtur experimento contradicere. Ego namque, quihaec scribo, multis cruciatibus corporis angustior, quod opus est sensitivae;idemque ego, qui crucior, discurro per causas medicinales, ut refellam hos cru-ciatus; quod nisi per intellectum fieri non potest. Si igitur altera esset essentia,qua sentio et qua intelligo, quo igitur modo fieri posset ut idem qui sentiosim ille qui intelligo? Sic etenim dicere possemus quod duo homines simul co-niuncti sic mutuas habent cognitiones; quod ridiculum est.42

Ora, di fronte a tale adozione dell’esperienza psichica dal punto di vi-sta della prima persona, non tanto come esempio per provare le proprietesi, ma come vero e proprio argomento ‘positivo’,43 risulta comprensibileil giudizio entusiastico dell’Ardigo, giudizio secondo il quale un ipoteticolettore ottocentesco, affrontando il testo del pensatore rinascimentale,avrebbe potuto facilmente confonderlo con uno dei piu recenti saggidi psicologia empirica:

A chi legge oggi i libri del Pomponazzi sull’anima e vi apprende, che la suadottrina e basata sulla osservazione di questo fatto, che ‘in ogni nostra intellezio-

42 P. POMPONAZZI, De immortalitate animae, cit., caput sextum, pp. 42v-43r.43 Nel 1882, all’interno dell’edizione Colli de La psicologia come scienza positiva, l’Ardigo

cosı manifesta la propria insoddisfazione per il ruolo (a suo dire) affatto marginale che Wolffassegno alla psychologia empirica rispetto alla psychologia rationalis: «E i fatti perche dunque li ag-giungono codesti empiristi tanto discreti? Oh! Cosı ad abundantiam. Una prova di piu anchemeno forte delle altre, e specialmente se ad hominem, non nuoce. E giova, enumerate e de-scritte le molte svariate facolta [dell’anima], darne un’idea anche mediante dei fatti, che nesiano le manifestazioni» (R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 159). La psico-logia empirica di Wolff, secondo il positivista mantovano, proprio perche procede a fianco diuna psicologia razionale, e quindi una ‘psicologia apparentemente empirica’. Circa le opere diWolff cui l’Ardigo fa riferimento nel passo sopraccitato, cfr. CH. WOLFF, Psychologia empirica,methodo scientifica pertractata, qua ea, quae de anima humana indubia experientiae fide constant, conti-nentur et ad solidam universae philosophiae practicae ac theologiae naturalis tractationem via sternitur[ripr. anast. ed. Frankfurt und Leipzig, 17382], in ID., Gesammelte Werke II, 5, herausgegebenvon J. Ecole, J.E. Hoffmann, M. Thomann, H.W. Arndt, Ch.A. Corr, Hildesheim-Zurich-New York, Olms, 1968; ID., Psychologia rationalis methodo scientifica pertractata, qua ea quae deanima humana indubia experientiae fide innotescunt, per essentiam et naturam animae explicantur, etad intimiorem naturae ejusque autoris cognitionem profutura proponuntur [ripr. anast. ed. Frankfurtund Leipzig, 17402], in ID., GW II, 6, Hildesheim-Zurich-New York, Olms, 1972).

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ne, di cui siamo certi, abbiamo bisogno di un fantasma’, come egli si esprime nelprincipio dell’Apologia,44 deve sembrare di leggere, in alcuno dei piu recenti[trattati] psicologici, la esposizione delle piu moderne teorie sulla astrazione, sul-la associazione delle idee e sulla necessita del linguaggio. [...] A chi legge, comeegli, quando stabilisce un principio, lo faccia dietro l’osservazione dei fatti, e co-me, nel disputarne, si appelli all’esperimento, deve parere di sentire il linguaggiodi uno degli attuali positivisti, o di scorrere la Logica di Stuart Mill.45

Il riferimento allo Stuart Mill appare qui particolarmente significativo:conferma anzitutto cio che l’Ardigo stesso scrivera, nel 1882, nell’Avver-tenza all’edizione Colli de La psicologia come scienza positiva, ossia che, al-l’epoca della ‘svolta positivistica’, il pensiero di Stuart Mill era centralenella ‘volutamente limitata’ conoscenza che il filosofo mantovano avevadella riflessione positivistica europea dell’epoca; 46 secondariamente, il ri-

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44 P. POMPONAZZI, Apologia (Bononiae, impressum per Magistrum Iustinianum LeonardiRuberiensem, 1518), I, caput primum, in ID., Tractatus acutissimi, utillimi et mere peripatetici, cit.,p. 52r.

45 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp. 36-37. L’Ardigo fa riferimento aJ.S. MILL, A System of Logic, Ratiocinative and Inductive. Being a Connected View of the Principlesof Evidence and the Methods of Scientific Investigation (1843), 2 voll., edizione critica basata sul-l’ottava edizione (1872) a cura di J.M. Robson e R.F. McRae, Toronto and Buffalo, Uni-versity of Toronto Press, Routledge & Kegan Paul, 1973.

46 «In questo libro [ossia La psicologia come scienza positiva] si trova gia almeno il cennodelle dottrine svolte poi piu particolarmente e piu ampiamente ne’ miei scritti posteriori.Circa le quali dottrine credo di dovere avvertire che sono il frutto delle mie meditazioni,e non una semplice riproduzione delle dottrine contenute nei positivisti sia francesi, sia in-glesi, sia tedeschi. [...] Dei filosofi ho studiato (ma a lungo e con tutta la lena, e fino dallaprima giovinezza) solo i vecchi metafisici. A questo studio ho accompagnato poi semprequello delle scienze naturali, che ho fatto invece sulla letteratura relativa piu recente. Ilmio positivismo filosofico quindi non e che l’effetto della mia indagine individuale, mossae aiutata dai metodi e dai dati appresi colle scienze dette naturali, e applicata, per mia propriae naturale iniziativa e colle sole mie povere forze, alle questioni filosofiche, che, per la praticafatta sui libri dei metafisici, mi erano divenute famigliarissime. Per cio hanno torto quelli chemi chiamano comtiano [cfr. T. MAMIANI DELLA ROVERE, Recensione a La psicologia comescienza positiva, «La filosofia delle scuole italiane», a. II (1870), IV, pp. 211-221], o seguacedi altro autore positivista. Non ho mai letto nessuno dei libri di A. Comte. Di tutti gli altripositivisti ho letto solamente qualche tratto di un libro di J. Mill, di due di S. Mill, e piu tardidella prima parte dei Primi Principi di H. Spencer, nella quale poi notai delle idee fondamen-tali diverse dalle mie e che ho dovuto riprovare. Le poche altre idee, che pure conosco delledottrine positive straniere in voga, non sono che miei indovinamenti occasionati da cenniaccidentalmente incontrati qua e la nei periodici scientifici]» (R. ARDIGO, La psicologia comescienza positiva, cit., Avvertenza, pp. 57-58). Come evidenzia il Buttemeyer nel saggio RobertoArdigo e la psicologia moderna, le due opere dello Stuart Mill sono il Sistema di Logica e l’Esamedella filosofia di Sir William Hamilton (opera del 1865, citata dall’Ardigo nella versione francese,

chiamo al metodo induttivo dello Stuart Mill come equivalente ottocen-tesco della psicologia pomponazziana conferisce una complessita ancoramaggiore all’apprezzamento espresso dall’Ardigo nei confronti del conti-nuo rinvio all’esperienza psichica introspettiva compiuto dal Pomponazzinelle opere dedicate alla natura dell’anima. Quanto valore avesse agli oc-chi dell’Ardigo, in materia psicologica, l’ampliamento del concetto diesperienza all’introspezione psichica, apparira non appena si consideriquanto scrive l’Ardigo nel 1870, all’interno de La psicologia come scienzapositiva, in polemica (non esplicita) col Comte circa la pari dignita di tuttii dati dell’esperienza, esterna ed interna (l’osservazione della coscienza erastata infatti esclusa dal Comte dalle ‘esperienze con valore scientifico’):

Dico [...], che la fisiologia, anche dove e utile, non puo condurre, se non adun certo punto, oltre il quale non serve che l’osservazione diretta del pensiero,quale si presenta nella coscienza. Prendiamo, per esempio, una quistione capita-lissima della psicologia; la quistione, se gli atti intellettivi e i sensitivi siano essen-zialmente diversi, o essenzialmente identici. La potremmo noi sciogliere fisiolo-gicamente? [...] E senza ricorrere, in ultima analisi, al confronto diretto dellesensazioni e delle idee apprese e contemplate in se stesse dalla coscienza di chile ha? 47

E, si noti, la questione indicata dall’Ardigo a titolo esemplificativo, eintrinsecamente connessa alla problematica affrontata dal Pomponazzi nelTractatus de Immortalitate animae, per la cui soluzione egli rimandava alladiretta osservazione della coscienza. Ora, che si trattasse gia nell’opera

La philosophie de Hamilton, trad. Cazelles, Paris, Bailliere, 1869): cfr. W. BUTTEMEYER, RobertoArdigo e la psicologia moderna, cit., pp. 9, nota 31 a pie di pagina; 22, nota 15 a pie di pagina, incui pare di evincere che l’edizione del System of Logic consultata dall’Ardigo sia stata la terza(London, Parker, 1851).

47 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 173. Si tengano inoltre i seguentipassi, sempre in merito alla ri-abilitazione dell’osservazione introspettiva della coscienza: «Lafisiologia si occupa anch’essa del fatto della vita umana, come la psicologia. Ma sotto un altroaspetto: cioe sotto quello della sua manifestazione organica, o materiale, che dir si voglia. Sic-che, quantunque sia di grandissimo ajuto alla psicologia, anzi si possa dire, che in molte particombaci con essa, non la puo pero sostituire. Il pensare, come fanno molti, che la scienzadella vita del pensiero, o morale, debba ormai lasciare il campo assolutamente a quella dellavita degli organi, o fisica, e un errore [...]. Si danno in natura dei fenomeni psichici, vale adire dei fenomeni, che, considerati nella loro specialita, non sono, ne fibre, ne fluidi, ne mo-vimenti, ne altra forma qualunque, o condizione della materia, presa come tale. [...] Or dun-que, se, oltre gli atti puramente fisiologici, che si vedono cogli occhi e si palpano colle mani,si danno in natura anche degli atti psichici, non osservabili altrove che nell’interno della co-scienza, si dovra per questi ultimi avere una scienza speciale e distinta, che se ne occupi exprofesso» (ivi, pp. 172-173).

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del 1870 di una critica al Comte (il che diverra esplicito in opere dellatarda maturita come A. Comte, H. Spencer e un positivista italiano, del1908, o Estema, idea, logismo, del 1911),48 non deve risultare in contrad-dizione con la scarsa conoscenza che l’Ardigo dichiarera di aver avuto,agli albori del proprio positivismo, circa il pensiero del filosofo francese.Egli trae infatti tali convincimenti proprio dalla lettura del System of Logicdi Stuart Mill, in cui si afferma esplicitamente che, di contro alle tesi delComte, le leggi del pensiero possono essere ‘scientificamente indotte’non nel macro-fenomeno sociale, ma nel contesto dell’immediato posses-so conoscitivo che il soggetto ha di cio che accade nella propria coscienza(la reflection lockiana), ossia in virtu dell’observation e dell’experiment deglistessi ‘mental phenomena’.49

Parimenti interessante e la prima parte del passo del Discorso su PietroPomponazzi precedentemente citato (che qui ripropongo per comoditadel lettore):

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48 «Da me la Psicologia, e proprio quella fondata massimamente sulla osservazione in-terna, non solo e una scienza rigorosamente tale, ma e quella colla quale intendo giustificarei dati di tutte le altre, facendone quindi la scienza fondamentale. E apparisce questo, si puodire, in tutte le pagine dei miei libri, che dimostrano, che l’opera mia e stata soprattuttoprecisamente in quella osservazione diretta della coscienza, alla quale il Comte voleva si ri-nunciasse» (R. ARDIGO, A. Comte, H. Spencer e un positivista italiano, in ID., Opere filosofiche,X, Padova, Draghi, 1909, p. 489; gia pubblicato nella «Rivista di filosofia e scienze affini»,luglio 1908). «Professando il Comte, che il fatto e la ragione unica e legittima nella scienzadi affermare; e che l’apprensione di esso ha solo un valore relativo; e che la legge non ealtro che l’ordine secondo il quale si trovano succedere i fatti; onde infine sfugge allascienza la essenza e la causa: in tutto questo egli, come gia avvertimmo, non ha fattoche appropriarsi quanto si aveva gia nella tradizione e nell’abitudine scientifica. Se ne e ap-propriato senza cercarne la giustificazione nelle stesse ragioni gnoseologiche. Ed e precisa-mente su questo, che manca al Comte, delle ragioni gnoseologiche del metodo positivo,che verte soprattutto l’opera del mio particolare studio psicologico sopra ricordato. Econ cio integro nella sua deficienza il Comte» (ivi, pp. 489-490). In Estema, idea, logismo(1911), l’Ardigo osserva: «La sperimentazione del fatto [...] impone assolutamente che si af-fermi, non potendosi non aversi nella coscienza cio che vi si ha; che e la ragione per laquale il Positivismo professa essere criterio del Vero la Sperimentazione del Fatto. E inten-dendo per Fatto, non solo cio che si vede e si tocca, come qualche povera e insana mentevuol far credere che ritenga il Positivista, ma anche l’atto psichico semplice per se (e questosoprattutto, poiche la sperimentazione su questo si basa) e l’atto intellettivo e quello esteticoe quello morale, e cosı via» (R. ARDIGO, Estema, idea, logismo, in ID., Opere Filosofiche, XI,Padova, Angelo Draghi Editore, 1912, pp. 182-183; gia pubblicato nella «Rivista di filoso-fia», continuazione della «Rivista Filosofica e della Rivista di Filosofia e Scienze affini»,Anno 1911, fasc. III, Padova, giugno 1911).

49 Cfr. J.S. MILL, A System of Logic, cit., VI, 4, II, pp. 849-852. Circa la notevole analogiatra il passo del System of Logic e i ragionamenti compiuti dall’Ardigo ne La psicologia comescienza positiva, cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psicologia moderna, cit., pp. 21-22.

A chi legge oggi i libri del Pomponazzi sull’anima e vi apprende, che la suadottrina e basata sulla osservazione di questo fatto, che ‘in ogni nostra intellezio-ne, di cui siamo certi, abbiamo bisogno di un fantasma’ [...] deve sembrare dileggere, in alcuno dei piu recenti [trattati] psicologici, la esposizione delle piumoderne teorie sulla astrazione, sulla associazione delle idee e sulla necessitadel linguaggio.50

Nell’accentuazione compiuta dal Pomponazzi del ruolo della sensa-zione e dell’immaginazione all’interno del processo astrattivo aristoteli-co-tomistico 51 (secondo il quale dalla permanenza di ‘tracce immaginati-ve’ negli organi del senso – effetto dell’originaria sensazione – l’intellettopotenziale ‘astrae’ la forma degli oggetti del mondo esterno), accentua-zione cui consegue la negazione della pensabilita, da parte dell’uomo,del «simpliciter universale» (giacche «in omni [...] quantumcumque ab-stracta cognitione idolum aliquod corporale sibi format»),52 l’Ardigo scor-ge quell’interpretazione ‘empiristica’ dell’astrazione che da Berkeley,53

50 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 36.51 All’interno di una delle opere ‘capitali’ del corpus di scritti ardigoiani, La Ragione

(1894), il positivista mantovano mostra di conoscere e, almeno in parte, di condividere letesi dell’‘induzione’ dell’‘universale’ a partire dai contenuti sensitivo-immaginativi (l’‘univer-sale del per lo piu’), tesi esposte dallo Stagirita negli Analitici secondi (cfr. ivi, II, 19, 99b15-100b19). Questo e il commento dell’Ardigo: «Aristotele, sulla fine del secondo libro degliAnalitici posteriori, della Ragione [ossia dell’attivita intellettiva sovra-sensitiva] dice in sostanzacosı: – I sensi producono le sensazioni, e queste restano nella memoria loro. Un atto unicodell’Anima poi, paragonando tra loro le molte memorie, origina la esperienza unica, e,astraendo dai particolari, l’universale, onde si informa la potenza relativa dell’anima stessa,per la quale l’universale medesimo e il principio dell’arte, se si riferisce alle cose da farsi, edella scienza, se si riferisce a cio che e. – E su cio faremo alcune considerazioni. [...] Consi-derazione seconda. Aristotele suppone degli atti speciali di speciali facolta dell’Anima, mentrenoi eliminiamo al tutto tale supposizione, che la scienza dimostra assurda [...] e non necessariae puramente immaginaria. [...] Considerazione terza. Giustamente pone Aristotele, che i ma-teriali del lavoro razionale sono forniti tutti, nessuno escluso, dalle sensazioni, che restanonella memoria e si unificano nella esperienza, che non e altro che il nostro continuo del pen-siero; e danno luogo al concepimento dell’universale, che non e pero la forma reale dellecose, astratta dall’intelletto attivo, come penso Aristotele, ma e invece solamente il ritmo co-mune dei dati dell’esperienza [...]. Considerazione quarta. L’unita della esperienza, secondoAristotele, e dipendente dall’unita dell’atto della facolta della sostanza semplice dell’anima, enon dalla continuita del fatto psichico, dipendente da quella dell’organo cerebrale e della na-tura in genere [...]. Considerazione quinta. L’universale, secondo Aristotele, e nell’anima unaentita numericamente unica, mentre in realta e invece l’unificarsi in una sola totalita ritmicacomplessa dei ritmi analoghi, che concorrono a formarla, come gia dicemmo» (R. ARDIGO,La Ragione, in ID., Opere Filosofiche, VI, Padova, Draghi, 1894, pp. 222-224).

52 P. POMPONAZZI, De immortalitate animae, cit., caput nonum, p. 45r.53 Cfr. G. BERKELEY, A Treatise concerning the Principles of Human Knowledge (1710), in ID.,

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Hume 54 e Condillac 55 giunge fino ai piu attuali positivisti come lo stessoStuart Mill 56 (interpretazione secondo la quale il ‘possesso’ di contenuti‘astratti’ e ‘universali’ in senso stretto e una vana illusione che l’analisi psi-cologica corregge mostrando come tali ‘universali’ siano in realta delle‘immagini’ che, in virtu del nome ad esse associato, riuniscono sotto dise i contenuti di volta in volta esperiti dal soggetto).57

Una concezione dell’astrazione che l’Ardigo stesso, all’interno del sag-gio autobiografico Guardando il rosso di una rosa, dice di aver avuto benpresente nel momento della propria ‘conversione’ al positivismo: la ‘vi-sione della rosa’ risulto decisiva ai fini della ‘svolta positivistica’ poichein tale visione l’Ardigo ebbe l’apprensione immediata della dinamica psi-chica cognitiva che dalla sensazione culmina nell’astrazione e nel ‘pensie-ro’. Cosı il filosofo mantovano presenta tale episodio:

Leggevo un giorno, e colla mia inevitabile preoccupazione gnoseologica,nel Manuale di Fisiologia dell’uomo di Giovanni Muller; e venni, leggendo e me-ditando, a sedermi, nel giardinetto della casa canonicale da me abitata, sopra unsasso, davanti ad un rosaio in fioritura. Una rosa nella piena espansione de’ suoipetali specialmente attrasse il mio sguardo. Ed esclamai: Ma vedi che bel rosso! Epronunciai proprio distintamente questa parola. E nel farlo andai subito a pen-sare, che io avevo questa parola a mia disposizione, e con un significato che mibrillava in mente, vale a dire con una idea relativa; anzi, con una idea generale,che io potevo applicare a quell’oggetto particolare, che qualificava come rosso; aquesto, e a tutti gli altri infiniti che convenissero con essa: a quel modo mede-simo che ad un caso particolare si applica qualunque altra concezione, che ap-

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The Works of George Berkeley, ed. by A.A. Luce and T.E. Jessop, II, London, Th. Nelson andSons, 1949, Introduction, 12-18; I, 5.

54 Cfr. D. HUME, A Treatise of Human Nature, cit., I, 1, VII.55 Cfr. E. BONNOT DE CONDILLAC, Traite des Sensations, cit., IV, 6.56 Cfr. J.S. MILL, A System of Logic, cit., I, 2, III-IV; IV, 2-3. Anche il Taine (che all’epoca

l’Ardigo non conosceva) presenta una analoga concezione dell’astrazione: cfr. H. TAINE, Del’Intelligence (1870), Paris, Hachette et C.le, 190611, I, 2, pp. 38-45; II, 4, pp. 252-267. Cfr.anche la recente riproduzione della prima edizione del 1870 (Paris-Budapest-Torino, Har-mattan, 2005).

57 Un’interpretazione ‘empiristica’ dell’astrazione che, del resto, era gia presente inLocke. Questi nell’Essay concerning Human Understanding formula la ridefinizione delle ideeastratte e universali in termini di ‘sortal ideas’: cfr. J. LOCKE, Essay, cit., II, 12, p. 164; III,7-9, pp. 411-412; III, 11-13, pp. 414-416; III, 15, p. 417; III, 4, 1-2, pp. 420-421; III, 6,32, pp. 459-460. Accanto a tale concezione dell’astrazione, Locke presenta pero una versione‘alternativa’ affine a quella aristotelico-tomistica (benche egli non sembri affatto distinguere idue processi astrattivi, presentandoli spesso assieme): cfr. ivi, II, 11, 19, p. 159; II, 27, 3,p. 330; III, 3, 6, pp. 410-411; III, 3, 11; IV, 9, 1, p. 618.

punto per tale applicabilita dico essere generale. E quindi, se questa idea del ros-so, essendo cosı generale, e un dato del senso, perche non potranno essere delpari un dato del senso tutte le altre, che si vogliono proprie dell’intelletto? Ahi-me! Gia erano preparate nella mente per gli studj e le riflessioni precedenti leragioni, onde attribuire la formazione delle idee, cosiddette intellettuali, alla con-fluenza delle diverse rappresentazioni sensibili; quelle ragioni che poi ampiamen-te esposi ne’ miei scritti posteriori.58

Abbiamo qui solo dei nomi che si legano a contenuti immaginativiindeterminati e, in virtu di tale nesso e tale indeterminatezza (ambedueconditiones dell’applicabilita ai molteplici casi dell’esperienza), ‘fungono’da ‘concetti astratti e universali’: la necessita, sostenuta dal Pomponazzi,del concreto psichico sensitivo-immaginativo, ossia del ‘‘fantasma’’, perle operazioni psichiche superiori e quindi, agli occhi dell’Ardigo, un’af-fermazione psicologicamente valida e attuale.59

Non deve tuttavia passare in secondo piano un particolare: nelle pro-prie riflessioni circa il ‘rosso della rosa’ l’Ardigo e indotto dallo studio del-lo Handbuch der Physiologie des Menschen di Johannes Muller.60 Il positivistamantovano racchiude in questo dettaglio un aspetto essenziale del pro-prio pensiero, il fatto cioe che la problematica epistemologica viene esa-minata da un duplice punto di vista, quello psicologico e quello fisiolo-gico: cio significa che il ‘meccanismo dell’intelligenza’ 61 (ossia l’insiemedei processi psichici che cominciano con il concreto dato sensitivo e,

58 R. ARDIGO, Guardando il rosso di una rosa, cit., p. 257.59 Italo Toscani si dichiarera in proposito d’accordo con l’Ardigo (benche non faccia

esplicitamente riferimento al positivista mantovano): «Tale principio [la necessita del fantasmaper ogni conoscenza] e rimasto psicologicamente vero. Perche la nostra coscienza non puoaccogliere nulla di cui non possegga in un qualche modo la rappresentazione; che non possain altre parole essere magari idealmente concretato con linee certe nei riguardi della nostravista psichica» (P. POMPONAZZI, Sull’Immortalita dell’Anima, a cura di Toscani, cit., p. 118, nota1 a pie di pagina).

60 J.P. MULLER, Handbuch der Physiologie des Menschen fur Vorlesungen, 2 voll, Coblenz, J.Holscher, 1833-1840. Alla conoscenza dell’opera del Muller, va aggiunta, in particolarmodo, anche la conoscenza dell’opera di Richard Wagner, lo Handworterbuch der Physiologie(R. WAGNER, Handworterbuch der Physiologie mit Rucksicht auf physiologische Pathologie,Braunschweig, Vieweg, 1846), degli studi dello Helmholtz e dei risultati della fisiologia eneuro-fisiologia in generale (di cui l’Ardigo era al corrente in virtu della lettura di moltepliciriviste scientifiche). Circa le citazioni compiute dalle opere dello Helmholtz da parte dell’Ar-digo all’interno delle Opere Filosofiche, cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psicologia mo-derna, cit., p. 35.

61 Cfr. R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., Avvertenza (1882), p. 56.

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per progressiva associazione e confluenza, culminano nelle modalita dipensiero piu ‘complesse’ e apparentemente ‘sovra-sensitive’) vede nell’or-ganismo la propria controparte (e il proprio fondamento). Questo, vedre-mo, costituisce il ‘cuore’ dell’idea ‘psicofisica’ dell’anima.

3. L’‘IDEA PSICOFISICA DELL’ANIMA’ E LA CONCEZIONE ‘TRASCENDENTE’ DELLA

MATERIA

Proprio in virtu dell’osservazione della coscienza il soggetto si scopre‘bisognoso’ dei phantasmata per lo svolgimento delle funzioni cognitive dinatura intellettiva. Tali phantasmata portano con se tuttavia il funziona-mento dell’organismo, giacche le percezioni sensitive e i loro residui altronon sono che il frutto e la manifestazione dei processi fisiologici (incon-sci) del corpo. Il che, tradotto nel linguaggio della psicologia aristotelica epomponazziana, equivale a dire che l’anima intellettiva non e ne separatadall’anima sensitivo-vegetativa e dal corpo, ne radicalmente eterogenearispetto ad essi (andando incontro per natura – quindi necessariamente– al medesimo destino del corpo). La definizione dello status ontologicoavviene su basi gnoseologiche, ossia dietro l’analisi del modus cognoscendidell’anima umana:

Amplius per nullum naturale signum cognosci potest intellectum humanumhabere alium modum intelligendi, ut experimento comprehendimus, quoniamsemper indigemus phantasmate; quare concluditur quod hic modus intelligendiper phantasmata est essentialis homini.62

Cosı, osserva il pensatore rinascimentale,

inter ista duo extrema, scilicet non indigere corpore ut subiecto vel ut obiecto[tale e la condizione delle Intelligenze separate] et indigere corpore ut subiectoet obiecto [tale e la vita psichica degli animali che non oltrepassa i limiti dellefacolta sensitive], est medium, quod neque est totaliter abstractum, neque est to-taliter immersum [rispetto al corpo e alla materialita]. Quare, cum fieri nequeatut aliquid indigeat corpore tamquam subiecto et non tamquam obiecto, ut ma-nifestum est, relinquitur ut tale intermedium non indigeat corpore tamquam su-biecto, verum tamquam obiecto. Hoc autem est intellectus humanus [...]. Media[anima] vero, quae est intellectus humanus, in nullo suo opere totaliter absolvi-tur a corpore, neque totaliter immergitur; quare non indigebit corpore tamquam

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62 P. POMPONAZZI, De immortalitate animae, cit., caput nonum, p. 44v.

subiecto, verum tamquam obiecto. [...] Et sic medio modo inter abstracta et nonabstracta erit actus corporis organici [...] in omni suo opere [...], cum semper de-pendeat a corpore tanquam obiecto.63

Una relazione di dipendenza dal corpo che, se gia nel Tractatus de Im-mortalitate animae appare stretta (senza pregiudicare il fatto che l’intellettosia, in ultima analisi, sui generis rispetto alla corporeita, poiche, se l’intel-letto umano necessita dei phantasmata e dei relativi processi organici – co-sa che trova conferma non solo sul piano psichico mediante la necessitadegli idola riscontrata dal soggetto «in semetipso», ma anche su quello psi-co-fisico, analizzando i casi di «laesio organorum» 64 –, cio non significache «intellectus humanus [...] intelligendo [...] fungatur quantitate»),65

63 Ibid.64 Ivi, caput octavum, p. 43v. E interessante notare come questo argomento di carattere

psico-fisico (la dimostrazione della necessita dell’immagine sensibile e del corpo per l’intel-lezione), costituisce una ripresa dei ragionamenti compiuti da Tommaso d’Aquino nellaSumma Theologiæ: cfr. THOM. AQ. Summæ theologiæ I, q. 84, a. 7, resp. L’Ardigo pare ignoraretale aspetto ‘sperimentale’ della gnoseologia tomistica, che pur conosceva (anche il sopracci-tato esempio autobiografico del ‘dolore’ e dei metodi per alleviarlo si ispira a Tommaso: cfr.THOM. AQ. Summæ theologiæ I, q. 76, a. 1, resp.), prediligendo una lettura del pensiero del-l’Aquinate incentrata sulla massiccia presenza in esso della speculazione metafisica, a discapitodell’attenzione all’esperienza concreta.

65 Ivi, caput octavum, p. 45r. Proprio in virtu di tale irriducibilita alla materia, l’intellettoumano puo rivolgere la propria attenzione su se stesso, ossia «reflectere supra se ipsum» (ivi,caput octavum, p. 44v), esercitare l’attivita discorsiva della ragione e concepire l’universale e‘comprendere per universali’ (cfr. ibid.). Una conoscenza riflessiva di se stessa che tuttavia,a motivo dell’incapacita dell’anima di elevarsi al pensiero puro (scevro cioe dalle immaginicorporee), non e piena (come quella che le intelligenze hanno di se). Italo Toscani, com-mentando queste tesi, si pone sulla linea interpretativa ardigoiana, ossia evidenzia l’attualitadi tali affermazioni, individuando delle analogie con quanto sostenuto dal James circa la co-scienza che il soggetto ha di se stesso: «Dice in proposito il James che la coscienza dell’io ri-sulta: 1º dai suoi elementi costitutivi (io materiale – io sociale – io spirituale – io puro). 2ºdalle sensazioni e dalle emozioni che questi suscitano (sentimento di se – self seeling). 3º dalleazioni che essi provocano. Ricerca e protezione dell’Io (self-seeking and self-preservation)»(P. POMPONAZZI, Sull’Immortalita dell’Anima, a cura di Toscani, cit., p. 123, nota 1 a pie dipagina). In questo accostamento il Toscani, che gia altrove si mostra influenzato dall’Ardigonell’analisi del pensiero pomponazziano, e forse incoraggiato dall’interesse espresso dall’Ar-digo circa la psicologia del James (col cui ‘pragmatismo’ il positivista mantovano era tuttaviain disaccordo: cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psicologia moderna, cit., pp. 13 e nota 53a pie di pagina; ivi, p. 95, Appendice II, Lettera dell’Ardigo al Ferrari del 7 aprile 1904): cfr.W. JAMES, Le varie forme della coscienza religiosa. Studio sulla natura umana, trad. di G.C. Ferrarie M. Calderoni, Prefazione di R. Ardigo, Torino, Bocca, 1904). Circa le teorie del James inmerito all’io, cfr. W. JAMES, The Principles of Psychology, I (di II), Dover Publications, NewYork, data di pubblicazione non indicata (rist. anast. dell’edizione pubblicata da Henry Holt& Company nel 1890), chapter X, pp. 291-401.

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nell’Apologia (1518) 66 e in uno degli ultimi saggi, il De nutritione et aug-mentatione (1521),67 andra incontro a una radicalizzazione, giacche ilPomponazzi compie in tali opere una ri-definizione non piu solo dell’a-nima, ma dell’intelletto stesso in termini ‘materiali’, come notera il Fio-rentino nel saggio dedicato al Pomponazzi e alla scuola aristotelica di Bo-logna e Padova:

L’intelletto non alberga piu nella materia per una certa concomitanza 68 [...],dacche questa puo trarre quello dalla sua energia, ed assurgervi, senza che l’altroscenda in lei da sconosciute regioni. [...] Questa modificazione [...] a me sembracontenere una mutazione sostanziale [...]. Imperocche altro e il dire che l’intel-lezione nostra non possa aver luogo senza l’esistenza dell’intelletto separato, ben-che questo non vi influisca punto ne poco; altro e il credere la materia capace disollevarsi per virtu propria sino al conoscere.69

Tra materia e intelletto non vi sarebbe piu alcuna soluzione di conti-nuita, nessuna differenza essenziale, giacche la materia puo elevarsi alpensiero e generare la conoscenza per virtu della materia stessa.

Questa radicalizzazione (che non e piu solo un controllo critico atto aporre dei freni all’inutile moltiplicazione delle facultates all’interno delprocesso cognitivo, ma si configura come un’‘ipotesi interpretativa’ 70 cir-ca i rapporti tra la virtu sensitiva e quella intellettiva) non sfuggı nemme-no all’Ardigo, il quale, nel Discorso su Pietro Pomponazzi, oltre al Tractatusde immortalitate animae, fa proprio riferimento all’Apologia e al De nutritione:

Chi vi legge [nel Tractatus del immortalitate animae e all’inizio dell’Apologia],come, dal principio enunciato [quello per cui in ogni intellezione l’uomo neces-

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66 «Si igitur apud hos celeberrimos peripateticos, cogitativa virtus extensa est, quoniamomnes affirmant ipsam esse virtutem sensitivam; ipsaque potest sequestrare substantiam aquantitate; quid igitur obstat, et ipsum intellectum, existentem materialem et extensum, se-cundum quemdam altiorem gradum, quam sit cogitativa ipsa, infra tamen limites materiae, etuniversaliter conoscere, et universaliter syllogizare? Non discedendo tamen penitus a materia,quoniam in omni tali cogitatione dependet a phantasmate. Puto itaque quod qui tenet co-gitativam esse talem, multum probabiliter habet tenere et de intellectu» (P. POMPONAZZI,Apologia, cit., I, caput tertium, p. 59v).

67 Cfr. P. POMPONAZZI, De nutritione et auctione (Bononiae, per Hieronymum de Vebe-dictis, 1521), ristampato col titolo De nutritione et augmentatione in Tractatus acutissimi, utillimi etmere peripatetici, cit., I, caput undecimum, pp. 121r-123r; I, caput vigesimum tertium, p. 130r.

68 Il Fiorentino fa qui riferimento a P. POMPONAZZI, De immortalitate animae, cit., caputdecimum, p. 46v.

69 F. FIORENTINO, Pietro Pomponazzi, cit., pp. 174-175. Cfr. anche ivi, p. 173.70 Cfr. P. POMPONAZZI, Apologia, cit., I, caput quintum, pp. 62v-63r.

sita di un fantasma], egli deduca la necessita assoluta dell’organismo, per tutti in-distintamente gli atti del pensiero, credera di udire uno degli attuali fisiologi, o ildiscorso [...] del Tyndall. Chi legge quello che egli dice, in qualche luogo del-l’Apologia e del libro della Nutrizione, sui rapporti tra il conoscere e la virtu dellamateria, deve necessariamente correre col pensiero alle piu nuove teorie sullemonadi e sulla natura della materia.71

Ora, in tale passaggio il positivista mette in evidenza quelli che sonogli altri due concetti chiave del positivismo ottocentesco, due concetti traloro strettamente connessi: l’‘idea psicofisica dell’anima’ e la ‘concezionetrascendente della materia’.

Cosa si deve intendere per ‘idea psicofisica dell’anima’? Per compren-dere il senso di questa espressione occorre guardare, come l’Ardigo stessosuggerisce, a un saggio di John Tyndall comparso sulla francese «Revuedes Cours scientifiques», Les forces physiques et la pensee (1868), da cui ilpensatore mantovano trasse tale nozione (e non dalla psico-fisiologiadel Fechner, benche affine sotto vari aspetti).72 Si tratta di un discorso di-vulgativo atto a presentare lo spirito scientifico della Royal Society di Lon-dra (di cui il Tyndall era membro), discorso che, sin dalle prime battute,pone in evidenza la complessita del concetto di ‘verita’ in relazione allaconoscenza fisica della natura:

C’est, je crois, l’Americain Emerson qui a dit qu’il etait bien difficile, pourne pas dire impossible, d’exprimer fortement une verite sans faire un tort appa-rent a quelque autre verite. Dans cet etat de choses, il me semble que la meil-leure marche a suivre est d’exprimer fortement les deux verites et de donner achacune d’elles sa part dans la formation de la conviction resultante. Car souventla verite, semblable a un aimant avec ses deux poles, a un caractere de dualite.Bien des differences qui agitent les penseurs ont leur source dans l’exclusion aveclaquelle les differentes parties affirment une moitie de la dualite, en oubliant en-tierement l’autre.73

Il fisico inglese comincia a questo punto un lungo esempio che, par-tendo dalla natura inorganica e passando progressivamente alla sfere della‘vita’, vegetale e animale, ha lo scopo di portare alla luce come i piu di-sparati modi di presentarsi della ‘natura’ altro non siano che la controparte

71 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp. 35-36.72 Cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psicologia moderna, cit., pp. 11, 22.73 J. TYNDALL, Les forces physiques et la pensee (tr. de l’anglais par Ed. Barbier), 5 dec. 1868,

«Revue des Cours scientifiques», Paris, Bailliere, VI, 1868-1869, p. 12.

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‘manifesta’ e ‘sperimentabile’ dell’etat moleculaire e delle forces attrattive erepulsive che operano su questo livello ‘insensibile’: 74

La formation d’un cristal, d’une plante ou d’un animal, est [...] un simpleprobleme mecanique qui ne differe des problemes mecaniques ordinaires quepar la petitesse des masses et la complexite des procedes. Voila un cote de notredouble verite. Examinons actuellement l’autre moitie.75

Il Tyndall si appresta cioe ad affrontare la questione del rapporto tra ladimensione fisica e quella della ‘coscienza’ e del ‘pensiero’. E proprio aquesto punto che comincia quella parte del discorso che l’Ardigo riportanel Discorso su Pietro Pomponazzi nella seguente versione ‘semplificata’ eda lui tradotta in italiano:

Ogni atto di coscienza, sia poi una sensazione, o un pensiero astratto, o unaffetto, corrisponde ad un certo determinato stato molecolare del cervello. Sem-pre ha luogo questa relazione tra la fisica e la coscienza: in modo che, dato unostato del cervello, se ne dovrebbe dedurre il pensiero e il sentimento; e vicever-sa, dato il pensiero o il sentimento se ne potrebbe dedurre lo stato del cervello.Ma come fare questa deduzione? [...] Poiche l’aggruppamento delle molecole,onde i materialisti vogliono spiegare tutto, in realta non ispiega niente.76

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74 Cfr. ivi, pp. 13-14.75 Ivi, p. 14.76 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp. 34-35. Cfr. anche R. ARDIGO, La

psicologia come scienza positiva, cit., pp. 231-232. L’originale francese presenta alcuni particolaridegni di attenzione, benche il senso del discorso del Tyndall sia stato adeguatamente coltodall’Ardigo: «Un homme, par exemple, peut dire, je sens, je pense, j’aime; mais commentla conscience vient-elle se meler a notre probleme? On regarde le cerveau humain commel’organe de la pensee et du sentiment; quand nous sommes blesses, le cerveau ressent la bles-sure, quand nous reflechissons, c’est le cerveau qui pense; c’est le cerveau qui met en mou-vement nos passions et nos affections. Essayons d’etre un peu plus precis. Je crois que tous lesgrands penseurs, qui ont etudie ce sujet, sont prets a admettre l’hypothese suivante: que Toutacte de conscience, que ce soit dans le domaine des sens, de la pensee ou de l’emotion, cor-respond a un certain etat moleculaire defini du cerveau, que ce rapport de la physique a laconscience existe invariablement; de telle sorte qu’etant donne l’etat du cerveau, on pourraiten deduire la pensee ou le sentiment correspondant, ou qu’etant donne la pensee ou le sen-timent on pourrait en deduire l’etat du cerveau. Mais comment faire cette deduction? Aufond ce n’est pas un cas de deduction logique. C’est tout au plus un cas d’association empi-rique. Vous pourrez repondre que bien des deductions de la science ont ce caractere d’em-pirisme; la deduction, par exemple, qu’un courant electrique circulant dans une directiondonnee fera devier l’aiguille aimantee dans une direction definie; mais les deux cas differenten ceci, que si l’on ne peut demontrer l’influence du courant sur l’aiguille, on peut au moinsse la figurer, et que n’avons aucun doute qu’on finira par resoudre mecaniquement le pro-bleme; tandis qu’on ne peut meme se figurer le passage de l’etat physique du cerveau aux

L’‘idea psico-fisiologica dell’anima’, che l’Ardigo ritiene l’ultimo e ilpiu positivo dei molteplici tentativi di definizione della natura dell’animae dei suoi rapporti col corpo, significa appunto la corrispondenza dei duepiani, fisico e psichico, per cui il contenuto di coscienza si produce incorrispondenza della stimolazione organica e ne e la controparte conscia(una corrispondenza evidenziata dagli esperimenti di neurofisiologi comeHelmholtz, Fechner, Marey, etc.).77 Poiche qualita, forma e atteggiamen-to dell’organo del corpo sono le condizioni da cui «dipendono totalmen-te» tutti gli atti psichici in quanto consistono tutti in «sensazioni, o ricor-danze di sensazioni», ne La psicologia come scienza positiva, radicalizzando iragionamenti compiuti dal Pomponazzi nel Tractatus de immortalitate ani-mae, l’Ardigo osservera:

La vita psichica incomincia colla organica, e ingrandisce, metamorfizzandosicon essa, a poco a poco, e a poco a poco vien meno; e il corpo muore, anchepsicologicamente, non d’un tratto, come se partisse da esso qualche cosa repen-tinamente, ma a grado a grado, a parte a parte.78

Il che non annulla affatto i caratteri distintivi dei due livelli, scongiu-rando (almeno per il momento) l’esito materialistico (cosı come per ilPomponazzi del Tractatus de immortalitate animae il fatto che l’anima intel-lettiva sia legata alla quantita non significa affatto che nel pensiero non visia che quantita):

Per fortuna grande le aumentate cognizioni ed analisi filosofico-psicologicheda un lato, e dall’altro le abitudini veramente scientifiche, partorite dalle scienze

faits correspondants du sentiment. Admettons qu’une pensee definie corresponde simultane-ment a une action moleculaire definie dans le cerveau. Eh bien! Nous ne possedons pas l’or-gane intellectuel, nous n’avons meme pas apparemment le rudiment de cet organe, qui nouspermettrait de passer par le raisonnement d’un phenomene a l’autre. Ils se produisent en-semble, mais nous ne savons pas pourquoi» (J. TYNDALL, Les forces physiques et la pensee,cit., pp. 14-15).

77 Cfr. R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 40.78 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., pp. 185-188. E interessante notare

come, quando il passaggio al positivismo si sara definitivamente concluso nell’Ardigo (ossia apartire da La psicologia come scienza positiva del 1870), non si parlera piu solo di ‘idea psicofisicadell’anima’, ma di ‘sostanza psicofisica’, la quale espressione, liberato il termine ‘sostanza’ daquella valenza metafisica che le dette la tradizione filosofica, indica che il fatto psichico sen-sitivo e l’indistinto originario da cui, in base a cio cui esso e abitudinariamente associato o‘inquadrato’ (‘relativamente’ ad esso), diviene ‘me’ (livello psichico, coscienza individualee soggettiva) o ‘non me’ (‘cosa’ del mondo fisico spazialmente fuori del soggetto). Cfr. ivi,pp. 178-193, 382-387.

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naturali, hanno costretto i materialisti a riconoscere, in modo chiaro, l’impossi-bilita di trasformare l’estensione e il moto, soli attributi della materia come tale,in sensazioni, in raziocini, ed in affetti.79

Certo, affinche si potesse parlare di ‘parallelismo psico-fisiologico’, os-sia di ‘idea psico-fisica dell’anima’, fu necessario ‘rintracciare nell’organi-smo le orme del pensiero’,80 e questo, osserva l’Ardigo, fu proprio l’esitodegli studi psicofisiologici. Cio comporta tuttavia un’ulteriore ri-defini-zione oltre a quella dell’anima: quella della materia. Dato che non vi econtrapposizione ‘essenziale’ tra spirito-psichico e corpo-fisico, entrambidevono essere ricondotti ad un unicum originario, che viene a ‘definirsi’ inun modo o nell’altro (analogamente a quanto fece Leibniz con le ‘mona-di’, alle quali riconduce tanto cio che e corporeo, ossia la matiere, quantocio che e a-corporeo, ossia l’ame e l’esprit).81

Cosı, se nelle tesi asserite dal Pomponazzi quali l’identificazione del-l’anima intellettiva con quella vegetativo-sensitiva nell’unica ‘anima’ inte-sa come ‘forma del corpo organico’ e la dipendenza dell’anima intellettivadal funzionamento del corpo l’Ardigo scorge i prodromi dell’idea psico-fisica dell’anima, nell’affermazione della possibilita insita nella materia digenerare il pensiero (per sue sole intrinseche virtu) egli intravede quel-l’‘avvicinamento’ dello psichico e del fisico che il positivismo racchiudenell’espressione ‘concezione trascendente della materia’.82 Un avvicina-mento che pero, per essere ‘letto’ nel modo in cui lo legge l’Ardigo, esigeuna ‘chiave di lettura’ e tale e il ruolo della teoria evoluzionistica darwi-niana e di quella della conservazione-trasformazione della forza/energia,come sosteneva Helmholtz, o del moto, come voleva l’astrofisico AngeloSecchi (tre teorie che il filosofo mantovano mostra di conoscere).83 Ciodiventera esplicito ne La psicologia come scienza positiva, dove si afferma:

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79 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 41.80 Ivi, p. 40.81 Ivi, pp. 41-42.82 «L’idea psicofisica e contenuta nella dottrina della necessita del fantasma, per gli atti

della cognizione; e quindi dei corrispondenti moti organici, con tutto quello che ne conse-gue; l’idea trascendente della materia, in quella della possibilita dei rapporti tra il conoscere ela virtu della materia» (ivi, p. 43).

83 Gia nelle prime pagine del Discorso su Pietro Pomponazzi l’Ardigo mostra infatti di co-noscere e condividere le tesi evoluzionistiche darwiniane, da poco presentate in lingua ita-liana (cfr. CH. DARWIN, On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or the Preservationof Favoured Races in the Struggle for Life, London, Murray, 1859; la prima traduzione italianacompare pochi anni prima del discorso dell’Ardigo: cfr. ID., Sull’origine della specie per elezione

Il grande albero del pensiero umano, colla meraviglia del suo fusto e dellesue frondi, non potra essere inteso, prima che non sia stato convenientementestudiato l’informe germoglio di vita psichica del zoofito, e non se ne sia seguitala evoluzione graduata e progrediente per la scala degli animali, di classe in clas-se, di specie in specie.84

Ragione, questa, per la quale lo studio psicologico deve essere con-dotto, non solo introspettivamente e ponendo attenzione alla manifesta-zione esterna-corporea dei contenuti di coscienza, ma anche in maniera‘comparata’. Si considerino in merito i passi, sempre de La psicologia comescienza positiva, in cui, al fine di evidenziare le analogie tra la dimensionepsichica e quella fisica, il pensatore mantovano procede al confronto tra leleggi cui sottostanno anche i fenomeni della coscienza e quelle che ‘re-golano’ il cosiddetto ‘mondo esterno’:

L’associazione delle idee e una semplice applicazione delle due maggiorileggi, che determinano la produzione dei fenomeni nell’universa natura: voglio

naturale, prima traduzione italiana per cura di G. Canestrini e L. Salimbeni, col consenso del-l’autore, Modena, Zanichelli, 1864): cfr. R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp.18-19. Citazioni dall’opera di Darwin (nella traduzione italiana) compariranno con notevolefrequenza anche ne La psicologia come scienza positiva e nelle relative Note: cfr. ivi, pp. 89, 90,304, 355, 368, 370, 381. Se degli studi di Helmholtz si parla gia nel Discorso (cfr. ivi, pp. 39-40), seppur in maniera generica, e ne La psicologia come scienza positiva (1870) che l’Ardigo fariferimento alla legge per cui «la forza non si crea e non si perde, e [...] nella natura si con-serva inalterabilmente la totalita della sua energia, malgrado le continue infinite variazionidella sua azione nelle singole cose» (ivi, p. 96). Cfr. H. VON HELMHOLTZ, Ueber die Erhaltungder Kraft, Berlin, Reimer, 1847 (edito, in traduzione italiana, in ID., Opere, a cura di V. Cap-pelletti, Torino, UTET, 1969, pp. 49-116). Quanto alle teorie di Angelo Secchi, se l’Ardigodichiara esplicitamente di conoscerne la tesi esposta ne L’unita delle forze fisiche (Roma, Ti-pografia Forense, 1864), ossia la legge dell’equivalenza della forza calorica (nonche della forzain generale) e del movimento (per cui si ha la trasformazione della ‘quantita di moto’ di unsistema fisico in una ‘quantita di moto’ ad essa equivalente), gia all’interno del Discorso su Pie-tro Pomponazzi (all’interno del discorso sulla naturalita dei fenomeni: cfr. ivi, p. 27) e, ne Lapsicologia come scienza positiva (1870), i riferimenti a tale scritto si fanno assai frequenti, egliritiene di sostenere in ambito psicologico l’equivalente di quanto teorizzato dal Secchi in am-bito astronomico e fisico (cfr. Lettera del mons. L. Martini al card. Patrizi del 16/08/1871, pub-blicata in G. MARCHESINI, La vita e il pensiero di Roberto Ardigo, Milano, Hoepli, 1907, pp. 16-19; cfr. in merito anche W. BUTTEMEYER, Ardigo e la psicologia moderna, pp. 55-56 e nota 3 apie di pagina 56). Anche nell’opera del Secchi, benche di argomento fisico, l’Ardigo potetrovare la tesi dell’irriducibilita del mentale al fisico, pur nella totale corrispondenza delprimo al secondo (cfr. A. SECCHI, L’unita delle forze fisiche, cit., I, 1, p. 6).

84 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 169. La nota 152 (cfr. ivi, p. 355)cui l’Ardigo rimanda alla fine di tale passo consiste in una citazione dal saggio di Darwin sul-l’origine della specie.

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dire la legge della latenza delle forze e quella della divisione del lavoro. Se unfascio di luce solare cade sopra una foglia verde di un vegetale, la forza, che viapporta, non vi si trasforma tutta in un modo. Una parte dei raggi ne e riflettuta[...]. Ma un’altra parte vi si arresta a dar nuova forma alle sostanze, che hanno dacostituire la materia e i tessuti vegetali [...]. Analogo e il processo delle opera-zioni mentali. La forza [...] non si esaurisce tutta nello stimolo, non si esauriscetutta nella sensazione cosciente, che ne consegue; una parte si fa, per cosı dire,latente e si fissa in forma di tendenza od abitudine [...]. Come poi la forza greg-gia, o ricevuta dal di fuori, o ammassata al di dentro mediante i processi fisio-logici, o messa in serbo ed impressa nella forma latente della memoria, della in-clinazione, della abitudine, si metamorfizzi nelle svariatissime, meravigliose,infinite forme del pensiero, questo ci e spiegato per la legge della divisionedel lavoro. [...] Quella forza, che nel zoofito stante l’imperfezione degli ordigniin cui si incontra, non si trasmuta, che in una sensazione ottusissima, nell’uomo,che presenta una organizzazione assai piu complicata e finita, puo tradursi nellameditazione del filosofo, nell’estro dell’artista, nella virtu eroica di chi da la suavita per un’idea.85

In base a tali premesse l’Ardigo perviene quindi a degli esiti interpre-tativi esattamente contrari a quelli che il Fiorentino aveva raggiunto nelproprio saggio del 1868:

La controversia dell’intelletto possibile [ossia la questione del congiungi-mento di materia e intelletto nell’uomo] [...] parmi avere questo significato,di accostarci cioe sempre piu a riconoscere il pensiero come intimo al mondo,

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85 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., pp. 201-203. Si consideri l’analogiatra le riflessioni del passo proposto e quelle dell’incipit del Discorso su Pietro Pomponazzi, de-dicato proprio alle trasformazioni delle forze fisiche e alla comparsa, tra di esse, del pensieroumano, esplicitamente definito ‘una forza meravigliosamente grande’: «Giorgio Stephenson,il celebre ingegnere inglese che ha fatto costruire la prima locomotiva, stando un giorno aguardare la lunga fila dei carri che, trascinati dalla sua macchina sulle rotaie di ferro, con im-ponente aspetto gli passavano dinanzi rapidamente, diceva ad un suo amico, che era con lui:cio che imprime il movimento a tutto questo convoglio non e che la luce del sole. Egli avevaragione. La locomotiva rimorchiatrice dei carri si moveva per la elasticita del vapore acqueosviluppato nella sua caldaia dalla combustione del carbon fossile: e questo carbone non e altroche il prodotto di un lavoro segreto dei raggi solari nell’interno delle cellule verdeggianti deivegetali. Stephenson aveva ragione. Ma egli avrebbe detto una cosa ancor piu mirabile e piuvera, se di quel fatto grandioso e sorprendente, che rendeva attoniti tanti spettatori, avesseadditato un’altra causa; una causa ancor piu remota e, in apparenza, troppo tenue per tantoeffetto, vale a dire il semplice pensiero di un uomo» (R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pompo-nazzi, cit., pp. 13-14). Ora, se nell’incipit del discorso del 1869 non e affatto dichiarata l’o-mogeneita delle forze fisiche e del ‘pensiero’, non si deve dimenticare che esso ‘trascenda’ ilpiano delle prime, in virtu della ‘naturalita’ di tutti i fenomeni, psichici e fisici, di cui si parlanel Discorso.

e percio di scemare l’opposizione recisa che il medio evo aveva posto tra il mon-do di la ed il mondo di qua non solo, ma ancora tra la materia e lo spirito.86

Non l’immanenza dell’Assoluto nel mondo fu il vero senso delle tesidel Pomponazzi, osserva l’Ardigo, ma la conciliazione di materia e spiritoall’interno dell’unica dimensione della ‘natura’.

4. LA ‘NATURALITA’ DEI FENOMENI

Proprio il concetto di ‘natura’ introduce l’altro tema che l’Ardigo diceessere caratteristico del pensiero moderno in generale e del positivismo inparticolare, la ‘naturalita dei fenomeni’. Cosı scrive nell’incipit del quartoarticolo del Discorso su Pietro Pomponazzi, articolo dedicato proprio a taleargomento:

Il concetto che, estendendo via via, sempre piu, la sua efficienza logica, ha, sipuo dire, dato l’aspetto caratteristico al pensiero moderno, e quello della natu-ralita dei fenomeni.87

Riprendendo le riflessioni vichiane e comtiane (conosciute pero, que-ste ultime, non direttamente, ai tempi del Discorso su Pietro Pomponazzi,ma grazie alla saggio del 1866 di Pasquale Villari),88 l’Ardigo mostra co-

86 F. FIORENTINO, Pietro Pomponazzi, cit., p. 475. Cfr. in merito la nota 22 del presentelavoro.

87 Ivi, p. 25.88 Cfr. P. VILLARI, La filosofia positiva e il metodo storico. Memoria, «Il Politecnico», Serie

IV, I, gennaio 1866, sezione letterario-scientifica, Milano, Amministrazione del Politecnico(tip. F. Zanetti), pp. 1-29 (versione in cui e stato da me consultato e da cui trarro eventualicitazioni); ristampato in ID., Saggi di storia, di critica e di politica. Nuovamente raccolti e rivedutidall’Autore, Firenze, Tip. Cavour, 1868, pp. 1-36. Cfr. inoltre la recente edizione curata daM. Martirano: P. VILLARI, Teoria e filosofia della storia, introduzione di G. Cacciatore, Roma,Editori Riuniti, 1999, pp. 111-148. Cfr. W. BUTTEMEYER, Roberto Ardigo e la psicologia mo-derna, cit., pp. 8-9 e nota 29 a pie di pagina 9, in cui sono indicati i luoghi in cui l’Ardigo fariferimento al Villari e si dice debitore del suo pensiero e, in particolare, del suo scritto del1866. Si noti, in merito, come l’Ardigo segua da vicino (se non addirittura ricalchi) la clas-sificazione delle tre ‘epoche’ storico-culturali dell’umanita che il Villari aveva proposto ne Lafilosofia e il metodo storico: analogamente al filosofo napoletano, l’Ardigo, nel Discorso su PietroPomponazzi (cfr. ivi, 25-27), parla di una prima epoca dominata dalle superstizioni e dallamitologia (epoca che il Villari chiamava ‘teologica’: cfr. ID., La filosofia e il metodo storico,cit., pp. 6-7; pp. 118-119 dell’edizione a cura di Martirano), di un secondo periodo carat-terizzato dalla ricerca di un unico principio in virtu del quale render conto della realta (pe-

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me, nella spiegazione degli eventi della natura, l’umanita abbia progressi-vamente abbandonato le interpretazioni ‘fantastico-mitologiche’ e ‘meta-fisico-teologiche’, giungendo alla definizione del mondo come ‘sistemaautosufficiente’, i cui elementi, strettamente interconnessi, costituisconol’uno la ragione dell’accadere dell’altro. Nulla e piu considerato ‘isolato’,in balia di potenze soprannaturali, nulla rinvia ad entita trascendenti ilpiano degli eventi stessi di cui occorre render conto:

Non fu se non in seguito a nuovi studi, a nuove scoperte, che [l’uomo] siaccorse, che la ragione dei fenomeni, in prima a dirittura collocata in una forzaestrinseca, piu o meno lontana, deve essere cercata nelle cose stesse in cui si ve-dono. Onde si conchiuse che, [...] tutto quello, che apparisce nella natura, none, che una trasformazione, matematicamente determinata, di cio che gia primain essa esisteva.89

La concezione della ‘naturalita dei fenomeni’ ha appunto una tale va-lenza ‘critica’ (atta cioe a porre dei ‘freni’, in stile occamistico, all’a-criticamoltiplicazione degli elementi in gioco, al ricorso immotivato al deus exmachina) e, per l’Ardigo, costituisce un ‘metodo’ di infinita applicabilita.Se all’interno degli scritti del Pomponazzi sull’anima, come ho preceden-temente cercato di evidenziare, l’Ardigo scorge – nella necessita dellesensazioni, delle immagini e di tutto cio che di corporeo e sotteso in esse– il rifiuto, da parte del pensatore rinascimentale, di quella rottura duali-stica tra anima e corpo che la tradizione psicologica aveva operato nelsoggetto (o, meglio, ‘imposto’ ad esso); se in tale conciliazione di intel-letto e sensazione – poste addirittura agli estremi di un iter senza ‘fratture’che la materia non possa superare in virtu di cio che possiede gia in se

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riodo denominato ‘metafisico’ dal Villari: cfr. ID., La filosofia e il metodo storico, cit., p. 7; p.119 dell’edizione Martirano) e, da ultimo, di una terzo stadio dell’umanita, quello propria-mente scientifico che entrambi i filosofi chiamano ‘positivo’ (cfr. P. VILLARI, La filosofia e ilmetodo storico, cit., p. 9; p. 121 dell’edizione di Martirano). Il terminus a quo dell’epoca ‘po-sitiva’ e tuttavia rappresentato, secondo il Villari, dal pensiero di Galilei e dal suo metodofondato su osservazione, ipotesi, esperimento e formulazione della legge (cfr. P. VILLARI,La filosofia e il metodo storico, cit., pp. 10-11; pp. 122-124 dell’edizione Martirano). In merito,notevoli sono le analogie, concettuali e terminologiche, tra i passi in cui il Villari presenta ilmetodo galileiano e ‘positivo’ per cui dal ‘fatto osservato’ si giunge all’‘induzione della leggegenerale’ e quelli in cui l’Ardigo espone il rapporto di priorita gnoseologica del ‘fatto’ ri-spetto al livello ‘ideale’ dei princıpi e delle leggi: cfr. P. VILLARI, La filosofia e il metodo storico,cit., p. 10 (pp. 122-123 dell’edizione di Martirano); R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pompo-nazzi, cit., pp. 45-46.

89 Ivi, p. 26.

stessa – il positivista mantovano individua, giustamente, il rifiuto del ri-corso a entita che vadano oltre il piano da cui ha origine tutta la sua vita(fisiologica e psichica); nelle due opere inedite del 1520, il De incantatio-nibus 90 e il De fato, trova ora l’applicazione di tale metodo critico-speri-mentale non piu solo al ‘mondo interno’ della vita psichica soggettiva,ma anche al ‘mondo esterno’, sia esso inteso come ‘mondo della natura’,che come ‘mondo morale’, ossia la societa umana con le sue manifesta-zioni culturali.

Certo, tale molteplice applicazione del principio della ‘naturalita deifenomeni’ emergera maggiormente nelle opere piu positivistiche rispettoal Discorso su Pietro Pomponazzi (nella Psicologia come scienza positiva se nefara un ampio uso in ambito psicologico),91 ma gia nell’orazione del 1869,

90 P. POMPONAZZI, De naturalium effectuum causis sive de Incantationibus (1520), Reprogra-fischer Nachdruck der Ausgabe Basel 1567, Hildesheim-New York, Olms, 1970.

91 Cfr. R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., pp. 63-72, 84-99, 140-146,201-203, 211-220. «Or bene anche pel filosofo positivo l’idea e una formazione lenta, pro-gressiva, durevole, non dell’individuo, ma della societa, e dipendente dalle esterne condizionidi essa, ma solo in quanto queste condizioni esterne e l’opera sociale giovano a dare eccita-mento e rinforzo al pensiero individuale, il quale e il vero fattore dell’idea, secondo che di-cono giustamente i psicologisti. Ma l’individuo e la societa producendo l’idea, non fannoopera capricciosa, ed avente solo valore momentaneo e soggettivo. No: tale lavoro ha lasua ragione nella stessa natura per la quale agiscono, come la forma che assume il seme ger-mogliando. E come la forma assunta dal seme per la germogliazione, piu che se stessa, rap-presenta quell’ordine di cose, che ha determinato la formazione della specie vegetale a cuiappartiene, cosı l’idea di un uomo, piu che l’operazione accidentale, soggettiva, variabilissimadi esso, rappresenta, secondo che dicono giustamente gli ontologisti, quell’ordine assoluto eimmutabile, almeno quanto la natura, nel quale e la ragione oggettiva del fatto particolare,che consideriamo» (ivi, p. 220). Cfr. anche R. ARDIGO, La formazione naturale e la dinamicadella psiche, in ID., Opere Filosofiche, IX, Padova, Draghi, 1903, pp. 127-135: «Dall’ovo si svi-luppa l’animale in tutti i suoi organi, in tutte le sue funzioni; come dal seme si sviluppa ilvegetale in tutto cio che lo costituisce e fa. [...] Le formazioni diverse, cosı ottenute, rappre-sentano quindi direttamente, non cio che e in se stessa la forza naturale che agisce a deter-minarle, ma solo la specialita del prodotto della azione di essa sopra la cosa, alla quale fu ap-plicata; questo prodotto, che, come tale, non e riscontrabile se non nella medesima. Laformazione naturale, effettuandosi nel modo anzidetto, riesce ad avere in se stessa quantosi richiede pel suo esistere, pel suo agire; e nella forma caratteristica della sua specie [...]. Etanto lo sviluppo, e fisiologico e psichico, nell’animale e una naturalita inconsciamente pro-ducentesi, che esso si conforma necessariamente, non solo alle esigenze delle virtualita del-l’ovo particolare, ma anche alle esigenze accidentalissime delle condizioni esterne concorrentia determinarlo. [...] E, come nel protoplasma delle cellule del vegetale tanto e di verdequanto e l’azione della luce su di esso, cosı nel protoplasma delle cellule cerebrali tanto edi prodotto psichico quanto e l’azione su di esso della esteriorita affettante: nulla piu, nullameno. E cosı la naturalita del funzionamento anche psichico e attestata da cio, che esso cor-risponde in tutto e per tutto al funzionamento fisiologico; testimoniandosi cosı la medesi-mezza del principio dinamico manifestantesi parallelamente nell’una forma e nell’altra».

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nell’ammirazione nei confronti delle tesi presentate dal Pomponazzi nelDe incantationibus e nel De fato, si palesa a mio avviso nell’Ardigo l’inten-zione di bandire ‘ogni’ manifestazione del ‘soprannaturale’, ossia di ricon-durre a ragioni ‘immanenti’ tanto i fenomeni fisici, quanto quelli psichici.

Si consideri il De incantationibus: qui il filosofo rinascimentale, prenden-do spunto da un quesito postogli dal medico Ludovico Panizza, suo con-cittadino, riguardo alla natura di una serie di eventi ‘miracolosi’ (la guari-gione di due bambini e l’estrazione di una freccia da una ferita mediantealcune formule, il movimento imposto a un setaccio mediante sole parole)e al possibile intervento di daemones (intelligenze immateriali che si aggiun-gono a quelle motrici dei pianeti) in tali circostanze, espone le proprie tesiin materia di ‘magia’. Quale senso avrebbe mai, si chiede il Pomponazzi, ilricorso all’azione di entita che, se si esamina il tutto con l’aiuto del testoaristotelico, della ragione e di cio che l’esperienza psichica mostra, nonpossono avere alcuna conoscenza di cio che accade nel mondo dell’uomoe alcuna comunicazione con esso? Esaudire preghiere e richieste, significainfatti esercitare atti di intellezione e volere. Tuttavia se il demone nonpuo conoscere le cose singolari per essenza,92 bensı solo per specie e sequeste ultime sono de novo acceptae mediante le cose materiali, non si capi-sce come cio sia possibile.93 Cosı scrive il Pomponazzi:

Quoniam sensibilia non agunt [in] intellectum nostrum nisi prius agant insensus, imo necque prius in media [...]. Quanta igitur ipsa materialia minus agerepoterunt in intellectus penitus abstractos? Oporteret etiam in abstractis ponereintellectum agentem et passibilem, et quod de novo ipsa intelligentia immuta-retur. [...] Quare [...], dicamus, quia si daemones talia [gli interventi miracolosi]operari non possunt nisi volentes, et non volunt nisi intelligant: non possunt au-tem intelligere nisi secundum aliquem modorum assignatorum, nullus autem il-lorum modorum videtur possibilis in daemonibus, igitur daemones talia operarinon possunt.94

Ne deriva che il ricorso ai demoni costituisce esclusivamente un modoper aggirare l’oscurita circa le ragioni degli eventi di cui si vorrebbe renderconto e che, a parte tale funzione, l’intromissione di tali sostanze spiritualie totalmente priva di fondamento.95 Quindi, conclude Pomponazzi,

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92 Cfr. ivi, pp. 6-10.93 Cfr. ivi, pp. 15-17.94 Ivi, pp. 17-18.95 Priva di un fondamento, certo, ma non di uno scopo e di un’utilita sociale: il ‘volgo’,

in vanum daemones ponuntur: ridiculum enim et omnino fatuum est delinque-re manifesta, et quae naturali ratione probari possunt, et quaerere immanifestaquae nulla verisimilitudine persuaderi possunt.96

Per spiegare quelli che sono chiamati propriamente ‘miracoli’ bastanoalcuni fattori, ben piu verosimili dei demoni: 97 le virtu curative di erbe,minerali, etc. e di una serie infinita di oggetti la cui azione puo essere ‘oc-culta’ e ‘invisibile’, oggetti il cui utilizzo da parte di colui che conosca taliproprieta puo impressionare il ‘popolino’ tanto da indurlo a credere che sitratti di un intervento divino, angelico o demoniaco. Ne e da escludereche gli uomini stessi abbiano, ciascuno a modo suo, virtu occulte analo-ghe a quelle degli oggetti precedentemente citati. La stessa virtu immagi-nativa e desiderativa puo essere cosı forte da ‘suggestionare’ il soggetto,ossia da rendere reale cio che invece e presente come idea (ossia comespecie spirituale). Le guarigioni ‘miracolose’ sono proprio da annoveraretra le ‘prodigiose’ reazioni-alterazioni del corpo (proprio o altrui) a tuttiquesti elementi. In tal modo, agli occhi del Pomponazzi e possibile di-stinguere (analogamente al Ficino) il magus, ossia il conoscitore delle virtuocculte delle realta naturali, dal praecantator, ossia l’illusionista-truffatore.

Non si puo certo affermare che all’Ardigo interessino le motivazioniaddotte, nello specifico, dal Pomponazzi (ossia le virtu delle pietre, degliuomini, dei pianeti, etc.), giacche esse «rivelano la condizione del pensie-ro del suo tempo, anche presso gli uomini colti, anche presso i professoridell’universita padovana, suoi maestri»: 98 il positivista mantovano ammirapiuttosto il pensiero ‘attuale’ (di portata oltre-cinquecentesca) che sta allabase di cio che e invece prettamente rinascimentale, cioe «il concetto del-la mutua dipendenza di tutte le cose, e della potenzialita propria di cia-scheduna»,99 concezione in cui si manifesta il progetto di «sostituire all’in-tervento sovrannaturale [...] cagioni puramente naturali».100 ‘Mutuadipendenza’ di tutti gli eventi e ‘potenzialita’ insite nelle cose stesse (come

incapace di comprendere le vere cause degli eventi, deve essere guidato verso il bene e dis-suaso dal compiere il male e l’introduzione delle entita demoniache gioca a tal riguardo unruolo di notevole importanza. La figura del daemon si configura quindi come un ‘modus in-struendi vulgus’: cfr. P. POMPONAZZI, De incantationibus, cit., pp. 200-202.

96 Ivi, p. 20.97 Cfr. ivi, pp. 11-38.98 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 29.99 Ivi, p. 29.100 Ibid.

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principio che consente il passaggio da un ‘modo di presentarsi’ della na-tura all’altro), ‘potenzialita’, quest’ultime, che, come ho cercato di mo-strare, giocano un ruolo di rilievo tanto in ambito psicologico, quantonaturalistico (e sociologico), giacche costituiscono la vera ratio per cuila natura si spiega da se senza ricorso a ‘terze persone’ non immediata-mente date dall’esperienza:

Tutto e indissolubilmente legato in una sola immensa armonia di cose. Nonsolo: ma le forze, onde queste cose si producono e stanno insieme, emergonodalla stessa intima costituzione della materia, di cui sono fatte.101

Un discorso, questo, che trovera piena espressione all’interno de Lapsicologia come scienza positiva (1870), in cui l’Ardigo scrive:

Possiamo conchiudere, non potersi dire, che la scienza moderna debba, intutto e per tutto, i principii dell’unita, dell’ordine, della razionalita delle cose,e della corrispondenza dei fatti colla loro natura, all’antica [che pure li aveva for-mulati]; che li tenga da essa quasi a prestito, e con una certa incertezza e ripu-gnanza, come se lo facesse in onta al suo metodo, al suo spirito, alle sue massime.Quei principii la scienza moderna se li e appropriati, dopo che li ebbe, per cosıdire, trovati di nuovo; sicche per essa si sono trasformati, ingranditi, e sopra tuttoresi veramente scientifici, certi e positivi. Ai quali poi essa ne aggiunse un altro,tutto nuovo e tutto suo, e che si puo dire essere la conseguenza, il compendio ela prova loro: il principio cioe, che la forza non si crea e non si perde, e che nellanatura si conserva inalterabilmente la totalita della sua energia, malgrado le con-tinue infinite variazioni della sua azione nelle singole cose.102

Ora, le tesi esposte dal filosofo rinascimentale in merito agli ‘eventimiracolosi’ devono aver colpito profondamente la mente del giovane Ar-digo, il quale, nel saggio Guardando il rosso di una rosa, afferma che uno deiprimi passi verso l’apostasia fu costituito dai dubbi intorno all’esistenza dei‘miracoli’ sorti a causa degli studi compiuti,103 studi che sin dal periodo

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101 Ivi, p. 27.102 R. ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., p. 96. Si confronti il passo citato

con quello del Discorso su Pietro Pomponazzi che vado a indicare, passo che a mio avviso con-tiene i germi di quanto poi scritto dall’Ardigo nel 1870: cfr. R. ARDIGO, Discorso su PietroPomponazzi, cit., pp. 25-27.

103 R. ARDIGO, Guardando il rosso di una rosa, cit., pp. 246-248: «Lo studio e la riflessionecominciarono a scuotere la mia fede circa gli insegnamenti dogmatici [...]. E cominciai coldubitare della attendibilita dei racconti dei miracoli e del ricorso alle profezie [...]. I miracoli?Era un’estate, e io mi trovava a passare le vacanze presso una mia zia a Rivarolo Mantovano.E un giorno, essendo fuori del borgo, vidi diverse persone correre ad un ponte [...]. Si trat-

seminariale (come hanno evidenziato tanto il Landucci quanto il Butte-meyer) si concentrarono, tra l’altro, proprio sul pensiero del Pomponazzi:non esistono veri e propri ‘miracoli’, ma soltanto avvenimenti che si spie-gano naturalmente e che vedono tra le proprie ragioni non solo eventifisici (che per il Pomponazzi erano le virtu occulte degli oggetti e gli in-flussi dei pianeti), ma anche e soprattutto fattori di natura psicologica(quali, in accordo con il pensatore rinascimentale, la forza dell’immagina-zione e della superstizione, che consente al soggetto e alle masse di ‘ve-dere’ nella serie di eventi cio che in essi si ‘voleva’ trovare).

Se il principio della naturalita dei fenomeni vale per il ‘mondo dellanatura’, come dicevo, esso trova la propria applicazione anche in relazio-ne al mondo umano nella sua complessita (dalla sfera teoretica a quellapratica, dal piano del singolo a quello della collettivita).

Tale applicazione, che il Pomponazzi compie sia nel De incantationibusche nel De fato, consiste nell’individuazione delle leggi cicliche che rego-lano gli avvenimenti ‘terreni’ (nel senso di sub-lunari) e le dinamiche so-ciali e sono ricavate ‘induttivamente’ dall’osservazione del corso naturaledegli eventi e dallo studio della storia 104 (una concatenazione di processipre-spengleriani, ma gia aristotelici, di nascita-sviluppo-declino-morte).Leggi in cui Dio (causa efficiente, formale e finale del mondo) 105 opera‘mediatamente’, ossia attraverso l’azione-influsso degli astri e delle intel-

tava di un fanciulletto che si era annegato [...]. Degli accorsi tre o quattro giovani pratici delnuoto si erano intanto svestiti e si erano slanciati nell’acqua allo scopo di ripescare il poveromorticino [...]. Ma senza frutto. Pensarono allora alcuni dei presenti di far discendere nel ca-nale [...] una di quelle grandi casse [...] pel trasporto dell’uva nella vendemmia. Entratevi duepersone [...] si misero a frugare di qua e di la nel fondo [...]. Ma ancora non riuscivano. Evedo, che allora uno dei presenti va a porre sull’acqua dall’altra parte del ponte, perchene scendesse, una grande scodella di legno, nella quale aveva fissato e acceso una di quellecandelette di cera, che si benedicono e si distribuiscono in chiesa [...]; e col pensiero che do-vesse, per la sua virtu miracolosa, venire a fermarsi al posto del morto per indicarlo ai ricer-catori. Arriva la scodella e passa oltre. Ma la fede resta ancora, e la si riprende a farla discen-dere di nuovo. E siccome la cassa della vendemmia frattanto si era voltata trasversalmente [...]in modo da impedir il passaggio [...] [della scodella], arrivata nella sua seconda corsa la scodel-la contro di essa, ne fu trattenuta, come era ben naturale. E di lı a qualche tempo non moltolungi dalla scodella uno dei pali pote urtarsi contro il corpicciuolo ricercato e farlo venire agalla. Miracolo! Miracolo! Grida allora la gente [...]. E io mi meraviglio, e dico tra me: mi-racolo, perche? La scodella si fermo perche trattenuta dalla cassa e per giunta non proprio sulpunto del ritrovamento». Un episodio che, riferisce il positivista, fu ingigantito dall’entusia-smo di massa, cosı da acquisire (immeritatamente) il carattere di ‘indubitabilita’.

104 Cfr. P. POMPONAZZI, De incantationibus, cit., pp. 143-150.105 Cfr. ivi, p. 115.

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ligenze che li animano. Occorre sapere, osserva Pomponazzi nel De incan-tationibus, che

superos in haec inferiora non operari nisi mediantibus corporibus coelestibus.Verum et corpora coelestia non solum sic dirigunt homines, verum etiam ma-nifesta indicta futurorum eventuum dant hominibus, modo in somniis, modo invigiliis secundum apparitionem diversarum figurarum [...]. Ex quibus concludi-tur, omnem effectum hic inferius aut per se aut per accidens reduci ad coelum,et ex peritia corporum coelestium miranda et stupenda posse cognosci & pro-nuntiari.106

Le stesse religioni, subendo tali influssi, compiono il medesimo ‘ciclovitale’ di qualsiasi cosa che abbia un inizio, che sia generata: la religionesegue cioe una lex con delle precise fasi di crescita, stasi e declino.107

E in queste tesi del De incantationibus e in quelle analoghe che il Pom-ponazzi espone, coerentemente con la propria visione gnoseologica e co-smologica, anche nel De fato,108 che l’Ardigo dice espressamente di scor-gere una anticipazione di quel ‘metodo storico-sociologico’ comtiano o‘fisica dell’umanita’ 109 che, inizialmente osteggiato in Francia, si era rapi-damente diffuso nell’Europa ottocentesca e il Villari aveva recentementepresentato, sotto forma di apercu, agli intellettuali italiani ne La filosofia po-sitiva e il metodo storico (1866): 110

Anche i fenomeni, che si collegano al pensiero e all’arbitrio dell’uomo, tan-to considerati nella cerchia ristretta dell’individuo, e come li studia l’antropolo-gia, quanto in quella assai piu vasta della vita complessiva dell’umanita, e come listudia la filosofia della storia e la sociologia, anche questi fenomeni sono retti daleggi fisse, risultanti dalla natura stessa delle forze, che li producono, e dalle cir-costanze, nelle quali agiscono: anche questi fenomeni, oltre a costituire uncomplesso speciale, entrano, come parte integrante, nella grande totalita dell’u-niverso. [...] Or bene il Pomponazzi, nel libro [...] delle Incantazioni, e in quel-lo del Fato, prima di Vico, di Lessing, di Herder e di Kant espone con tuttachiarezza il principio fondamentale della fisica dell’umanita, che l’attivita del-

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106 Ivi, pp. 122-123.107 Ivi, p. 284. Cfr. anche ivi, pp. 280-283.108 Si considerino, a titolo esemplificativo, i seguenti passi: Cfr. P. POMPONAZZI, De Fato,

cit., I, 9, III/1-7; I, 11, III/52; I, 12, III/6-7; II, 7, IV/32-43.109 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., p. 30.110 Ne il Villari, ne tanto meno il Comte sono nominati dall’Ardigo nel Discorso su Pietro

Pomponazzi, ma, come cerchero di far emergere, le tesi del filosofo napoletano sono ben pre-senti nel discorso ardigoiano.

l’arbitrio umano, quantunque si mova con leggi sue proprie e determinate, none pero al di fuori di quello che egli chiama il fato, cioe la catena indissolubiledelle cause; 111 e non esita ad applicare i canoni della nuova critica anche allereligioni, e a considerarne i rivolgimenti e le vicende, in relazione a tutti gli altrifatti della natura.112

Ne agli occhi dell’Ardigo deve essere sembrata ‘priva di fondamento’e, quindi, ‘difficilmente accettabile’ la lettura in chiave positivistica cheegli stava compiendo nel Discorso del 1869 in merito al pensiero pompo-nazziano se si considera che egli, leggendo il sopraccitato saggio che ilVillari aveva scritto nel 1866, vi aveva ritrovato le tesi di fondo del Deincantationibus e del De fato. Si tengano presenti i seguenti passi de La fi-losofia positiva e il metodo storico, in cui il pensatore napoletano, dopo averapplicato il ‘modello ciclico’ ai fenomeni del macro-soggetto sociale neisuoi aspetti culturali (artistici e politici) 113 ed evidenziato l’importanza, intali ‘cicli vitali’, dell’introduzione delle idee ‘nuove’, si appresta a fare al-trettanto con la religione:

Esaminando tutto l’uomo, non pero come un’astrazione, ma quale egli ci sipresenta veramente, colle sue facolta, le sue passioni, i suoi mutamenti d’eta ineta, d’anno in anno, troveremo che la sua esistenza ha un continuo riscontronella societa e nella storia. Ogni nuova idea, ogni facolta che osserviamo nel-l’uomo da luogo inevitabilmente a una nuova serie di fatti sociali. [...] Prendete[...] l’idea di Dio per esempio. [...] Se quest’idea si trova realmente in noi, essadeve portare le sue conseguenze inevitabili nella societa [...]. Questi fatti ci sonoe si chiamano religioni, queste religioni sono nella storia infinite per numero, e

111 Si noti come la terminologia ardigoiana e presente nell’Introduzione alla traduzioneitaliana del De immortalitate animae e del De incantationibus curata da Italo Toscani, introdu-zione in cui quest’ultimo, presentando il contenuto del De Fato, utilizza l’espressione ‘catenaindissolubile delle cause’: «Il Pomponazzi avendo concepito l’anima umana come indissolu-bilmente legata al corpo, non puo ammettere [...] [la liberta di indifferenza], ne puo sottrarlada quella connessione che la stringe col sistema delle altre forze; percio piega piu dalla partedella determinazione fatale degli stoici, che da quella della vuota determinabilita dell’Afrodi-seo. Se lo spirito non e determinato per se stesso, ma e pura determinabilita, Pomponazzi haragione, perche allora la determinazione deve provenire di necessita da una causa esterna, enon piu da se stesso. E se proviene da una causa esterna, lo spirito e sommesso al fatto [sic],cioe alla catena indissolubile delle cause» (I. TOSCANI, Introduzione a P. POMPONAZZI, Sull’Im-mortalita dell’Anima e Il Libro degli Incantesimi, cit., p. 66).

112 R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit., pp. 29-30.113 Cfr. P. VILLARI, La filosofia positiva e il metodo storico, cit., pp. 17-20 (pp. 132-135 del-

l’edizione curata da Martirano). Il Villari applichera tale ‘metodo’ anche al linguaggio: cfr. ivi,pp. 21-23 (pp. 137-139 dell’edizione Martirano).

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per forme diverse. Voi potete studiarle [...]. Che cosa imparate con questo stu-dio? Voi non avrete l’assoluta e piena conoscenza di Dio [...]; ma potete speri-mentare e provare storicamente, come l’idea di Dio e nata, non gia in voi, manell’uomo; come risplende, come s’offusca, e che conseguenze porta nella civiltadei popoli questa vicenda continua.114

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114 Ivi, pp. 20-21 (pp. 135-137 dell’edizione Martirano). Il Toscani stesso si mostra d’ac-cordo con l’Ardigo nel sottolineare la capacita del Pomponazzi di precorrere l’analisi storici-stica delle religioni sorta in Europa dalla fine del settecento in poi: «Dopo aver notato il le-game che annoda le ricerche della provvidenza, del fato e della predestinazione, egli [ilPomponazzi] si mette a sciogliere il nodo, affidandosi in gran parte alla ragione; non alla ra-gione s’intende, che lavora da se, e trae dal proprio fondo il tema del suo ragionare, ma aquell’altra ragione, che attingendo d’altronde il suo contenuto lo va rafforzando in modo,da appianarne le grinze piu sporgenti. Questo esempio era piu ardito e nuovo in materia,dove altri non si attentava di profferir verbo, se non appoggiandosi a qualche autorita rivelata:cosı che la critica del Pomponazzi, per questo verso puo tenersi come il cominciamento diquella critica indipendente, che tratta le religioni come ogni altra produzione dello spiritoumano, e che non ha preso piede in Europa se non da Kant a questa parte» (I. TOSCANI, In-troduzione a P. POMPONAZZI, Sull’Immortalita dell’Anima e Il Libro degli Incantesimi, cit., p. 76).Sempre il Toscani, commentando la tesi per cui, giacche l’anima ha un ‘principio’, deve pos-sedere anche una ‘fine’, tesi sostenuta dal Pomponazzi all’interno del De immortalitate animae(cfr. P. POMPONAZZI, De immortalitate animae, cit., caput nonum, p. 45v), sottolinea che tale af-fermazione verra portata avanti dal filosofo rinascimentale all’interno del De incantationibus equi verra applicata a ogni fenomeno naturale e sociale, in particolare alle religioni: «Questoconcetto [il fatto che, per natura, cio che comincia ad esistere e destinato a cessare di esistere],[...] e stato genialmente esteso dal Pomponazzi a tutti i fenomeni individuali e collettivi, nel-l’ordine materiale e spirituale. Le cose e gli uomini non solo finiscono; ma anche l’insieme e iconglomerati delle cose e degli uomini: i fiumi, i continenti, le citta, gli Stati, le leggi, lereligioni. Gia anche le religioni. Ed egli parla cosı obbiettivamente anche della sorte dellareligione cattolica in un’epoca di triste e fosca intolleranza dogmatica» (P. POMPONAZZI, Sul-l’Immortalita dell’Anima, a cura di Toscani, cit., p. 115, nota 1 a pie di pagina). Ancora, circa latesi del De incantationibus per cui l’origine della credenza nell’esistenza di ‘miracoli’ ed ‘entitademoniache’ sia da ricercare nell’ignoranza del volgo (ignoranza delle vere cause dei feno-meni) e nella ‘superstizione’, il Toscani non manca di esaltare non solo la spregiudicatezzadel Pomponazzi, ma anche quella sua sconcertante attualita che ha fatto in modo che la fi-losofia moderna (ottocentesca in particolare) non lo abbia smentito, bensı confermato e per-fezionato: «Questa massima del Pomponazzi mentre dimostra il suo coraggio nell’irridere enello sfatare le false opinioni dominanti a quei tempi, ci da anche la misura della sagacita edella modernita ond’egli ha saputo cogliere le intime e le vere origini del soprannaturale. E lasua spiegazione ripetuta dal Vico nella Scienza Nuova, e maestrevolmente applicata attraversogli studi dei piu moderni pensatori, dallo Spencer al Kerbaker ci ha dato la chiave delle piusvariate e piu antiche mitologie» (ivi, pp. 188-189, nota 1 a pie di pagina). Da ultimo, cosı ilToscani commenta la tesi pomponazziana della ciclicita degli eventi naturali: «Questo dellemutazioni universali, anche delle cose inanimate, o delle forme collettive, e un’intuizioneveramente geniale. E lo vediamo dalle conseguenze che accennano ad invertir perfino l’at-tivita religiosa dello spirito. Davvero qui l’A. anticipo non soltanto il Vico, ma il concettoche informa tutta la conoscenza e tutta la scienza moderna. Ed e del resto una derivazioneassai stretta del sistema di ‘‘armonia’’ che l’A. concepisce nell’ordinamento dell’universo, e

Occorrera attendere una decina di anni perche l’Ardigo dia una formasistematica e pienamente positivistica, ne La morale dei positivisti (1879), alletesi racchiuse, a livello embrionale, nel sopraccitato passo del Discorso suPietro Pomponazzi, ossia l’accordo tra l’‘anomalia’ delle leggi che regolanol’uomo e la societa rispetto alla natura e alle sue leggi fisiche in senso stret-to da una parte e, dall’altra, l’appartenenza dell’uomo e della societa allanatura come suoi ‘prodotti’, seppur di grado (evolutivo) piu elevato.115

Nel saggio di argomento morale,116 dopo aver definito le sensazionicome il materiale rappresentativo-cognitivo originario della coscienza,l’Ardigo afferma che da esse si ottengono, per progressiva associazione,fusione e specificazione,117 le idee, formazioni psichiche ‘superiori’ chenon sono ‘originali’ rispetto al resto dei contenuti della coscienza, bensı‘d’ordine piu elevato’.118 L’uomo non costituisce il vertice della scala deglianimali solo per la complessita delle produzioni psichiche di cui e capace,ma anche per il fenomeno dell’attenzione,

per la quale il pensiero umano e dotato di una autonomia, che lo distingue fratutti gli altri, lo sottrae alla immediata efficienza delle cose, gli rende possibile lacostruzione dei sistemi cogitativi della scienza e degli ordinamenti pratici, crea lespecialita individuali svariatissime dell’arte e del costume, e la forza sublime delcarattere.119

Una affermazione circa la speciale particolarita teoretico-pratica del-l’uomo che non va confusa con una dichiarazione di ‘assolutezza’ dell’uo-mo rispetto alla ‘natura’. Se si puo dire che l’uomo e un essere facente

che tende ad assimilare nel ‘‘ciclo della propria esistenza’’, le cose piu grandi e le piu piccole,le materiali e le spirituali. C’e in germe tutta la filosofia della storia e della natura come oggis’intende» (ivi, p. 256, nota 1 a pie di pagina).

115 Non si dimentichi che la ‘legge del progresso storico’ e considerata dall’Ardigo lamedesima legge individuata da Darwin: cfr. R. ARDIGO, Discorso su Pietro Pomponazzi, cit.,ivi, p. 52.

116 Saggio in cui, a sua volta, si riprendono quelle riflessioni dell’ultima parte de La psi-cologia come scienza positiva, parte intitolata La psicologia positiva e i problemi della filosofia: cfr. R.ARDIGO, La psicologia come scienza positiva, cit., pp. 207-230.

117 Cfr. R. ARDIGO, La morale dei positivisti, cit., pp. 47-48.118 Cfr. ivi, p. 48.119 Ivi, p. 50. A tale superiorita psichica fa da condizione e controparte, per l’Ardigo,

una superiorita organica, in particolar modo cerebrale: «Attitudine [all’attenzione] possibilenell’uomo per lo sviluppo superiore del suo cervello, nel quale si ha, per cosı dire, un organonuovo sovrapposto all’inferiore comune; a quel modo che il cervello stesso e nei vertebratiuna sovrapposizione al sistema nervoso vegetativo, onde lo sviluppo e l’autonomia psichicaloro, dovuta a tale sovrapposizione, e tanto superiore a quella degli invertebrati» (ibid.).

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parte del ‘regno dei fini’, lo si puo dire solamente in quanto l’idealita e ilmassimo prodotto di quella dinamica psichica che comincia negli animalie culmina nell’uomo seguendo il corso dell’evoluzione naturale: cosı fa-cendo pero si ‘naturalizza’ il concetto di regno dei fini, facendone un quidche, riprendendo le espressioni pomponazziane, ‘trascende’ il piano natu-rale non simpliciter, bensı secundum quid, ossia sotto l’aspetto della ‘com-plessita’:

L’ambiente sociale e per un singolo uomo, come l’ambiente del nostro pia-neta per una pianta che vegeti sopra di esso. Nella pianta si riflettono, in gene-rale, le condizioni dell’ambiente universale e, in particolare, quelle delle sue mo-dificazioni nei diversi siti, e nei diversi tempi. E la naturalita assoluta delle forme,sia particolari sia generali, della pianta, dipende dalla naturalita dello stesso suoambiente terrestre, che e un fenomeno necessariamente derivato dalle cause co-smiche che lo produssero. L’ambiente sociale e anch’esso una naturalita, colle-gata per la serie infinita degli effetti, all’essere universale. Con cio anche la psichedi un uomo singolo, e di una societa, e naturale in modo assoluto.120

Come gia l’Ardigo osservava nel 1869 commentando l’attualita delletesi del Pomponazzi in merito al ‘Fato’ (e ora si comprende quanto sianocomplesse le ragioni di tale giudizio), analogamente a quanto sostenutodal pensatore rinascimentale, l’uomo e la societa sono e restano quindiintrinsecamente parte di quel tutto dinamico, di quella serie di eventiin costante interconnessione che chiamiamo ‘natura’.121

5. CONCLUSIONE

D’accordo con le parole dello Zamboni de Il valore scientifico del posi-tivismo di Roberto Ardigo e della sua ‘conversione’ (1921), il Discorso su PietroPomponazzi costituisce a mio avviso la presa di coscienza di un precisocambiamento di prospettiva che si stava realizzando, dopo un lungo pe-riodo di riflessione, nella mente dell’Ardigo, in cui, usando le sue stesseespressioni, ‘stava prorompendo una idea ormai matura’, con conseguen-te sconvolgimento del precedente ‘sistema di credenze’.122 Il Discorso siqualifica in tal senso come una (auto-)dichiarazione delle ‘nuove’ certezze

DAVIDE POGGI

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120 Ivi, p. 51.121 Cfr. ivi, pp. 54-55.122 L’Ardigo descrive tale processo proprio nel Discorso su Pietro Pomponazzi: cfr. ivi,

pp. 19-22.

acquisite dal filosofo mantovano (una ‘confessione’ che, in piena tradizio-ne agostiniana, e tanto privata, ossia compiuta dal soggetto nella propriaintimita, quanto pubblica, ossia di fronte alla comunita), certezze che era-no state raggiunte in virtu degli studi compiuti sino ad allora.

Ora, tale ‘confessione’ avviene all’interno e in occasione della celebra-zione della figura di Pietro Pomponazzi: una celebrazione che assume icaratteri non della precisa esposizione del pensiero del Pomponazzi, bensıdella sua attualizzazione e della sua sprovincializzazione. La celebrazionedella figura di Pietro Pomponazzi rappresenta solo l’accidentale ‘occasio-ne’ per questa ‘conversione’? La risposta a tale quesito non puo che esse-re, a mio avviso, negativa.

Col presente saggio ho infatti cercato di porre in evidenza l’effettivapresenza di ragioni intrinseche alla scelta ardigoiana di collocare il Pom-ponazzi a fianco dei principali positivisti ottocenteschi, ragioni costituitedalle effettive analogie tra i due filosofi mantovani quanto al metodo spe-rimentale, alla concezione della naturalita dei fenomeni (fisici e psichici) ealla necessita di risolvere la questione dell’anima partendo da un punto divista gnoseologico, dall’analisi cioe dei contenuti di coscienza immediata-mente esperiti.

Non solo: se e vero, come io credo, che all’epoca del Discorso l’Ardigonon avesse ancora abbandonato la religione e si trovasse nella difficilissimaposizione di chi deve conciliare cio in cui crede per fede e cio che e in-vece presentato agli occhi della mente dall’esperienza e dalla ragione, eglitrovo nel Pomponazzi il miglior exemplum di spirito critico e di onestaintellettuale, giacche l’aristotelico rinascimentale incarna e cerca di risol-vere in se stesso la ‘convivenza’ tra due inconciliabili (fede e ragione), sul-la base del fatto che i due ambiti non potranno mai smentirsi apodittica-mente (essendo radicalmente ‘altre’ le ragioni dell’assenso alla veritafilosofica e a quella di fede).

Per tutti questi motivi il Discorso dell’Ardigo, pur essendo incentratosul Pomponazzi, finisce per costituire (per noi e per gli uditori dell’epoca)non tanto uno strumento per la conoscenza del pensiero del filosofo ri-nascimentale, quanto piuttosto del positivismo (nei limiti in cui le tesi delPomponazzi ne sono l’anticipazione) e del ‘dramma filosofico-spirituale’vissuto dall’Ardigo in quel ‘difficile’ 1869.

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