“Punteggiatura bianca” e ritmo visivo nella poesia dell’ultimo Luzi

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Nuova corrente 54 (2007), pp. 335-358. “Punteggiatura bianca” e ritmo visivo nella poesia dell’ultimo Luzi di Elisa Tonani Lungo tutto l’arco della sua lunga e multiforme esperienza poetica, Mario Luzi ha fatto un uso calibrato e sapiente della punteggiatura, da lui stesso identificata in un elemento di co- struzione del ritmo, quando si trovò a rispondere, con la con- sueta illuminante concisione, a una domanda che ebbi l’onore di porgli, con l’incoraggiamento di Luigi Surdich e di Stefano Verdino, in occasione di una visita nella sua casa di via Bellari- va, qualche mese prima della scomparsa. Le sue poche parole lasciarono trapelare quel sorprendente paradosso che soggiace ad ogni creazione estetica: da un lato il consueto disinteresse, tipico del poeta, verso gli strumenti tecnici del proprio fare poe- tico, fatti oggetto di un uso per così dire automatico, apparen- temente non mediato da una coscienza teorica, dall’altro lato la consapevolezza, tutt’altro che scontata, che anche la punteggia- tura può assolvere a funzioni espressive, concorrendo alla crea- zione di un ritmo. Le stesse considerazioni valgono, con ancor maggiore evi- denza, se estese dal dominio dei segni di punteggiatura in senso stretto ai fenomeni di punteggiatura testuale legati alla valorizza- zione del bianco tipografico: vale a dire, per usare le felici for-

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Nuova corrente 54 (2007), pp. 335-358.

“Punteggiatura bianca” e ritmo visivo nella poesia dell’ultimoLuzi

diElisa Tonani

Lungo tutto l’arco della sua lunga e multiforme esperienzapoetica, Mario Luzi ha fatto un uso calibrato e sapiente dellapunteggiatura, da lui stesso identificata in un elemento di co-struzione del ritmo, quando si trovò a rispondere, con la con-sueta illuminante concisione, a una domanda che ebbi l’onoredi porgli, con l’incoraggiamento di Luigi Surdich e di StefanoVerdino, in occasione di una visita nella sua casa di via Bellari-va, qualche mese prima della scomparsa. Le sue poche parolelasciarono trapelare quel sorprendente paradosso che soggiacead ogni creazione estetica: da un lato il consueto disinteresse,tipico del poeta, verso gli strumenti tecnici del proprio fare poe-tico, fatti oggetto di un uso per così dire automatico, apparen-temente non mediato da una coscienza teorica, dall’altro lato laconsapevolezza, tutt’altro che scontata, che anche la punteggia-tura può assolvere a funzioni espressive, concorrendo alla crea-zione di un ritmo.

Le stesse considerazioni valgono, con ancor maggiore evi-denza, se estese dal dominio dei segni di punteggiatura in sensostretto ai fenomeni di punteggiatura testuale legati alla valorizza-zione del bianco tipografico: vale a dire, per usare le felici for-

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mule di Michel Favriaud (uno studioso francese molto vicino aGérard Dessons e a Henri Meschonnic), se si passa dal dominiodella “ponctuation noire” a quello della “ponctuation blanche”1.

Nella “ponctuation blanche” il ritmo si configura, in manie-ra più marcata di quanto non accada per i segni d’interpunzio-ne, come ritmo visivo, dato sia dalle corrispondenze verticaliche si instaurano fra quei versi ai quali il bianco conferisce unrilievo particolare, sia dalla tensione orizzontale che intercorretra gli elementi contigui nei versi a scalino, molto frequenti inLuzi a partire dalla produzione degli anni ’70.

Lo statuto inaugurale di Nel magma (1963; 1966 in edizioneaccresciuta) – “testo matrice, che configura in sé due modalitàcentrali della successiva scrittura luziana: la poematicità e il tea-tro in versi”2 – si manifesta anche nei termini dell’affievolirsi diun disegno costruttivo nella struttura del libro, che abbandonala “sequenza da canzoniere”, tipica di raccolte come Quadernogotico, “ed azzera altresì il gioco delle partizioni del libro liricofinora sempre praticate”, a favore di “procedimenti più fram-mentari”, che visualizzano, come una sorta di correlativo tipo-grafico, l’affermazione di “un io diverso, decisamente decentra-to nel contesto metamorfico del mondo”3.

La progressiva, per certi versi inevitabile (alla luce della stra-da che imboccarono le più significative esperienze poetichecoeve), drastica riduzione della “prospettiva lirica, prima domi-nante”, a partire da Nel magma4, e il conseguente abbandono

1 M. Favriaud, “Quelques éléments d’une théorie de la ponctuation blanche– par la poésie contemporaine”, in La ponctuation, numero monografico di L’In-formation grammaticale 102 (juin 2004), pp. 18-23.

2 S. Verdino, La poesia di Mario Luzi. Studi e materiali (1981-2005), Esedra,Padova 2006, p. 18.

3 Ibidem.4 Nel magma apre una “terza fase della poesia luziana”, che conduce, sia pure

per eterogenesi, l’individualissima e atipica esperienza poetica di Luzi nell’ambitodella condivisa tendenza della poesia degli anni ’60 a costituirsi come poesia“dopo la lirica” (per citare il titolo – assai indicativo dell’impostazione metodolo-gica – dell’antologia a cura di E. Testa, Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000,Einaudi, Torino 2005, in partic. pp. 41-47), caratterizzata da una messa in revoca

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di un linguaggio chiuso ed ermetico a favore di uno più affabilee “prossimo alla conversazione”5, comportano, sul piano visivo,dell’impaginazione tipografica, un ripensamento dello spaziodei versi, che tendono ad allungarsi e a spezzarsi in due, oppurea disperdersi e a disseminarsi sul bianco della pagina: la forma sisbriciolerà progressivamente nella poesia successiva, tenderà acoprire e nello stesso tempo a movimentare la pagina, in rap-porto con lo sviluppo di una poesia sempre più ancorata a unaprospettiva religiosa, filosofica e sapienziale. Mentre la poesia diMontale tenderà a costruirsi per blocchi compatti e quella diCaproni si avvierà sempre più decisamente verso lo svuotamen-to, la scarnificazione del dettato, l’opera di Luzi si muoverà –dal punto di vista della mise en page – su un tensivo equilibriodi pieni e di vuoti, parallelamente a quella ricerca di compene-trazione tra parola e silenzio, tra umano e divino, tra “terrestree celeste”, che si approfondisce nel suo ultimo periodo.

Se quella luziana è – nell’interpretazione filosofica di Massi-mo Cacciari – poesia della Dizione6, “un’arte del dettare, nondel rappresentare”, “la parola della dizione medita, appunto,questo indistricabile ritmo: ogni ri-velazione è anche nascondi-mento, ogni apparire è in se stesso un celarsi”7. L’uso via via piùardito della disposizione dei versi sulla pagina, del rapporto trai grafemi e gli spazi bianchi, sembra essere il correlativo tipogra-

della centralità dell’io lirico, da un decentramento della voce narrante e, sul pianodella lingua, da un “intenso rapporto con l’oralità”, che solo in parte coincide conle “formule del comunicare ordinario”, ma che – soprattutto in Luzi – si configu-ra come esplorazione di “tutte le possibilità del vocabolario e del discorso”: lapoesia degli ultimi vent’anni – osserva ancora Testa – “ha recuperato arcaismi edesemplari letterariamente marcati, ha coniato parole nuove, ha fatto ricorso al les-sico dei vari saperi (in particolare, tra gli autori del ‘neo-sublime’, a quello filoso-fico), è intervenuta sulla punteggiatura stravolgendone le regole e sulla sintassi ar-ticolandone plasticamente nessi e architetture” (p. XXIII).

5 M.A. Grignani, “La lingua ‘matria’ dell’ultimo Luzi”, Lingua e stile XLI (di-cembre 2006), pp. 255-273, alla p. 259.

6 “Dizione” è il titolo della prima sezione della raccolta Per il battesimo dei no-stri frammenti, Garzanti, Milano 1985.

7 M. Cacciari, “Fondamenti invisibili”, in Pensiero e poesia nell’opera di MarioLuzi, a c. di S. Mecatti, Vallecchi, Firenze 1989, pp. 19-30, alle pp. 19, 22.

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fico di quella “forma della dizione” su cui si è soffermata l’inter-pretazione di Cacciari: “Quintessenza della forma della dizioneè questa ricerca di simultaneità – ricerca musicale quant’altremai. Riuscire a distinguere con la massima chiarezza le cose,senza disporle discorsivamente, senza narrarle: coglierle nellaloro distinzione, eppure nel loro reciproco, simultaneo risuona-re, come se nessuna distanza le separasse – ciò costituisce a mioavviso il nòcciolo metafisico della poesia luziana”8.

Un procedimento che si realizza, sul piano della forma gra-fico-visiva, in testi come Per mare, della raccolta Su fondamentiinvisibili (1971), tramite strategie volte ad ottenere quella ricer-ca, per eccellenza musicale, di simultaneità, cui fa riferimentoCacciari: da un lato la compresenza, assai capillare fino al verso9, di versi pieni e di righe vuote, quasi uno stagliarsi del dictumsul bianco della pagina, che ne potenzia la struttura concettualeoppositiva (“scienza è oblio d’ogni sapere”; “sonno e veglia”;“innocenza e colpa”; “c’è e non c’è”) e ne amplifica la portatasemantica; dall’altro lato la compresenza di enjambements anchemarcati, a creare continuità sintattica al di là della gittata metri-ca (“Ma due / vegliano”), e di punti fermi all’interno del verso,che instaurano una rottura all’interno dell’unità metrica (“L’e-quipaggio dorme. Ma due /”; “È passato agosto. Siamo alla rot-tura dei tempi /”); infine, il contrasto tra frasi semplici scanditedal punto fermo (da “Si naviga tra Sardegna e Corsica. /” a “Èuna notte viva. /”) e l’immediatamente successivo periodo com-plesso ipo-puntuato (solo qualche virgola debole), che si con-clude con la fine della poesia stessa9. Inizia inoltre a delinearsiuna tendenza che emergerà in forma più marcata in altri testi:la tensione tra un’assenza imprevedibile delle virgole (che si di-radano là dove ci si aspetterebbe che strutturassero le demarca-zioni tra periodi giustapposti) e una loro presenza analitica, ca-

8 Ivi, p. 25.9 Per tutte le citazioni dei testi poetici si fa riferimento all’edizione: Mario

Luzi, L’opera poetica, a c. e con un saggio introduttivo di S. Verdino, Mondadori,Milano 1998.

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pillare, legata alle frequenti apposizioni e incisi, ma anche alleinversioni dell’ordine standard dei costituenti frasali, alle frasisegmentate con dislocazione a destra o a sinistra, come ha mo-strato Vittorio Coletti10. Il rarefarsi delle virgole conferisce albianco un valore interpuntivo ulteriore, dal momento che spes-so si trova a svolgere da solo le funzioni di pausa, di stacco, didemarcazione, che normalmente competono ai segni di punteg-giatura.

Nel più alto puntodove scienza è oblio d’ogni saperee certezza, mi dicono,certezza irrefutabile venuta incontro

o nel tempo appeso a un filod’un riacquisto d’infanzia,

tra sonno e veglia, tra innocenza e colpa,

dove c’è e non c’è opera nostra voluta e scelta.

«La salute della mente

10 Vittorio Coletti, nel saggio “Domandare e poetare: linguaggio poetico del-l’ultimo Luzi”, in L’Accademia della Crusca per Giovanni Nencioni, Le Lettere, Fi-renze 2002, pp. 357-371, alle pp. 366-367, adduce numerosi esempi di disloca-zioni a destra, iperbati, collocazioni ritardate del soggetto, in cui emergono anchemolti procedimenti di incidentalizzazione per mezzo delle virgole, a testimoniarelo stretto legame che intercorre tra procedimenti di ritardo sintattico e presenza diincisi isolati dalla virgola “che apre e chiude” (nella terminologia di R. Simone,“Riflessioni sulla virgola”, in La costruzione del testo scritto nei bambini, a c. di M.Orsolini, Clotilde Pontecorvo, La Nuova Italia, Firenze 1991, pp. 219-231). Valla pena riprendere da Coletti alcuni esempi rispettivamente di dislocazione a de-stra: “profeta / d’un suo portentoso non prodigio / che tutti li riassume, / però, igrandi prodigi” (p. 718); di iperbato: “Camminano / essi sotto il segno / dellaloro ottusità, / e avrebbero / più fulmini / e crepe / nella volta / del loro acceca-mento / e mille luminosi inciampi / potuto, costoro, illuminarli” (p. 729); di col-locazione ritardata del soggetto: “Si attenuano, si sfanno, / si perdono nella loroluce, sì, / ma lasciano / nel crepuscolo / un’idea / di sé i monti” (p. 771), spessoesplicitato pleonasticamente dalla forma pronominale: “Lo negano / forse, essi,ma non lo ignorano” (p. 727).

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è là» dice una vocecon cui contendo da anni,una voce che ora è di sirena.

Si naviga tra Sardegna e Corsica.C’è un po’ di maree la barca appruata scarricchia.L’equipaggio dorme. Ma duevegliano nella mezzaluce della plancia.È passato agosto. Siamo alla rottura dei tempi.

È una notte viva.Viva più di questa notte,viva tanto da serrarmi la golaè la muta confidenzadi quelli che riposanosicuri in mano d’altrie di questi che non lasciano la manovra e il calcolo

mentre pregano per i loro uomini in mareda un punto oscuro della costa, mentre arrivadalla parte del Rodano qualche raffica. [pp. 359-360]

Nell’ultima fase della poesia luziana, inaugurata dalla raccol-ta del 1985 Per il battesimo dei nostri frammenti, il tema centra-le del Verbo “sepolto”, testimoniabile, come indica il titolo,solo per frammenti, si accompagna ad un “procedimento te-stuale decisamente più a strappi”, con un uso frequente di “ver-si a scalino e a costellazione, che entrano in circuito con il nondetto degli insinuanti bianchi”11.

Ciò che è più rilevante ai fini del presente discorso è questaperfetta, non casuale, coincidenza tra svolta sul piano della poe-tica e ripensamento della forma grafico-visiva, della mise en page

11 S. Verdino, La poesia di Mario Luzi, cit., p. 22. Cfr. anche M.A. Grignani,“‘Seme’: eclissi della metafora”, pubblicato in questo stesso numero, che moltoopportunamente annovera “la postura informale dei versicoli scalati nella paginatra spazi bianchi di silenzio” fra i “congegni dello strumentario idoneo a una […]aspirazione ‘religiosa’ alla trasparenza”.

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dei testi, secondo un’equazione inaugurata, nella poesia mo-derna, da Mallarmé: vale a dire una corrispondenza tra “unapoesia per così dire ontologica, o meglio di interrogazione on-tologica” – punteggiata da un continuo scambio tra parola(espressa soprattutto nella forma del “rovello interrogativo”) esilenzio – e il “frantumarsi del verso”12.

I più attenti critici dell’opera di Luzi hanno colto il rapportotra valorizzazione della parola poetica, che “si avvia a una pro-pria riconsacrazione, a un nuovo battesimo”13, e “la novità piùclamorosa della forma” di Per il battesimo dei nostri frammenti:“la frequente (anche se non sistematica) positura a costellazionedei versi nella pagina, per un sempre più contiguo e molecolarericambio di silenzio e voce, ma anche per una gioiosa accetta-zione del destino, rispetto al supplizio mallarmeano del Coup dedés che per certi versi può essere il modello, antifrastico, di que-sto tipo di composizioni tendenti all’informale”14.

Già in alcuni significativi testi poetici della seconda metàdegli anni ’70 si fa strada la tendenza a costruire “il poema […]in una discontinuità frammentaria, dove Luzi intende rilevarela misura epifanica del testo, il suo momentaneo presentarsicome voce, rispetto al silenzio che lo contorna”15.

Nell’ultimo Luzi diventa anche costante il rapporto tra ricer-ca ritmico-musicale e frantumazione, disseminazione, costella-zione dei versi sulla pagina, la quale sempre più finisce per so-migliare a una partitura interpretata dalla voce poetica e dallavoce del silenzio, come in un controcanto, ovvero dalla vocepoetica in quanto titolare di privilegiati commerci con il domi-nio del silenzio.

Il caso di Smania, dal Battesimo, esemplifica al meglio il tra-dursi del ritmo visivo in scansione ritmico-musicale: il testopotrebbe anche essere letto inscrivendolo in una partitura dove

12 S. Verdino, “Introduzione”, cit., pp. XLV, XLIX.13 Ivi, p. XL.14 Ivi, p. XLIII.15 Ivi, p. XXXVII.

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i segni di punteggiatura e i bianchi rappresentano le pause nellabattuta, mentre la disposizione dei versi sulla pagina (l’alternan-za della forma a scalino e dell’a capo allineato, al margine sini-stro: vv. 8-9, oppure al centro della pagina: vv. 11-12) sembradeterminare l’andamento del tempo (più o meno mosso o ral-lentato) e una gerarchia della durata e del valore delle pause. Aldigradare visivo si accompagna anche un procedimento di ritar-do e di arrivo inatteso – una vera e propria epifania – dei sog-getti e dei complementi diretti delle azioni espresse dai predicativerbali, secondo una strategia linguistica magistralmente rilevatada Coletti16, che la analizza in rapporto a quella “attitudinementale”17 per l’interrogazione che è una costante dell’opera diLuzi: il soggetto dei primi 13 versi (“la prima goccia / ancoraantelucana / di fuoco e canto”) arriva solo ai versi 10-12, prece-duto da una fitta trama di predicati verbali di forte pregnanzasemantica e fonica, dentro un gioco sinestesico che rende ancorpiù inaspettata l’identificazione del soggetto nell’epifania dellaluce del giorno. Analogamente, il complemento oggetto delpredicato verbale “azzarda” (v. 3), “strido” (v. 6), è ritardato dauna serie di attributi (“minuscolo impaziente, / un primo / pre-maturo strido /”), al punto che “azzarda” sembra essere usato insenso assoluto e “minuscolo impaziente” sembra riferirsi logica-mente al soggetto anziché al complemento oggetto, se non fosseper la concordanza di genere.

Smania, non sta nelle sue piume, azzarda,minuscolo impaziente, un primo prematuro strido ed eccola

16 V. Coletti, “Domandare e poetare: linguaggio poetico dell’ultimo Luzi”,cit., pp. 366-367.

17 Fu lo stesso Luzi, in occasione del già citato incontro, a definire con questalocuzione lo statuto dell’interrogativo nella sua opera.

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è versata, fende ariae silenzio la prima goccia ancora antelucana di fuoco e canto, picchianitida sul mondo – ne ha timorelui stesso in quella successiva titubanza –timore o gioiosa meraviglia, può qualcuno forse dirlo?e dire se lo provoca, lo affretta oppure è già dentro di lui il nuovo giornoed è già quello l’annuncio…? E puòaverlo cantato il suo invincibile vangeloe lo stesso la notte essere fitta? Può? –grida sorpresa dal risveglio lei, al colmo della sua pochezza.

[p. 628]

In alcuni casi, la disposizione delle parole sul bianco dellapagina perviene a una sorta di mimesi dell’azione espressa dalpiano discorsivo-verbale, come nella poesia Nel sogno, nell’essere,da Frasi e incisi di un canto salutare, in cui lo “zigzagare” dellospirito che assapora per “lampi”, per “baleni”, frammenti diuna “felicità perduta / e ritrovata”, sembra incarnarsi nella stessamise en page zigzagante, quasi un correlativo, sul piano visivo,della trascrizione onirica di una condizione estatica che dà ori-gine al testo.

Nel sogno, nell’essere,nella sua parte più ima… Via, noilesti sguisciando nell’aria

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e nella luce della vivida mattina, non menoalacremente altri leggerizigzagando in quell’azzurroin quei lampi e baleni di piscina…Brividi, quelli, soprassalti d’unafelicità perdutae ritrovata o solofausto proscioglimento dall’umano? E cima? [p. 893]

Dal tentativo di scolpire sul bianco della pagina i versi comefrasi nella luce nascente (così recita il titolo, predisposto da Luziper l’edizione nei “Meridiani”, sotto cui vengono raccolti Per ilbattesimo dei nostri frammenti, Frasi e incisi di un canto salutare,Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini), nascono testi poe-tici come Padri dei padri, che vale la pena citare per intero peril ruolo paradigmatico giocato dal bianco nella (s)composizionegrafico-visuale dei versi.

Si approfondiscono, in questa poesia, alcune tendenze giàemerse in nuce in Per mare: da un lato, la funzione segmentantedel bianco che, solo, assolve le funzioni interpuntive abitual-mente delegate ai segni d’interpunzione, e in particolare allavirgola (ad esempio, in “noncuranti di nominarli / di dirli, didettarli”, l’assenza di virgola tra il primo e il secondo membrodel trittico di infiniti retti da “noncuranti” è compensata dallaspaziatura dell’a capo, mentre il ritorno del segno interpuntivosi rende necessario tra il secondo e il terzo membro, in assenzadell’a capo); dall’altro, la presenza delle virgole legate alle molteapposizioni e incisi, che diventa tanto più vistosa in contestiipo-puntuati (come quello della poesia che segue), quando –

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contrariamente alle attese – la funzione pausale dell’a capo nonviene sfruttata ai fini di uno sfrondamento dei segni parentetici(es. “Tace nel silenzio / delle sue lontane rocce / l’antica parleria– / o il silenzio / è nostro, e non più lacuna, / ora, di parola /ma annullamento / e cenere da cui tutto risorgerà?”), analoga-mente a quanto accadeva, nella poesia citata sopra, in “Brividi,quelli, / soprassalti /”. Quest’ultimo caso è poi un testimone diuna messe innumerevole di occorrenze in cui si coniugano tipi-camente inversione sintattica e mise entre parenthèses per mezzodella virgola correlata, come negli esempi seguenti: “Dorme ilsuo viaggio, lui, entra / fasciato dal suo sonno / […] Entra nelsuo futuro / lui, dormiente” (p. 967); “Ma, ecco, / è in piedi lacarovana” (p. 977); “È là, lei, la Gran Villa / che brulica e for-micola” (p. 1055), dove – rileva Maria Antonietta Grignani –“i pronomi personali appaiono quasi categorie, con scarsa fun-zione individuante”, grazie alla dislocazione sintattica a destra,e dove la “comparsa ritardata del soggetto può far assumere sfu-mature polifunzionali al verbo che lo precede, come in questocaso di indicativo, in prima istanza e in prima enunciazionesvariante verso l’imperativo (‘Entra, sera di sole’) a causa dell’as-setto sintattico” e, si aggiunga, a causa della presenza delle vir-gole che incidentalizzano il soggetto sfumandolo in vocativo:“Entra, sera di sole, / sera estrema di solstizio / nel costato diFirenze, / ne infila obliquamente / i tagli, le fenditure” (p.1059)18.

Questi erano i patti, altriforse in allegria per pura amicizia ovveroper un grano ancora celeste di celeste libertà riposto nel cuore

18 M.A. Grignani, “La lingua ‘matria’ dell’ultimo Luzi”, cit., pp. 268-269.

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li avevano in un tempoancora indivisodell’eternità quei patti immemorabilmente strettinoncuranti di nominarlidi dirli, di dettarli ed essi come nuvole nel mezzogiorno dei monti riposavano in sécosì si trasmettevano così operavano essi di età in età…

E ora che cosa non sanno, che cosa non ricordano questi che ripetononella loro oscurità di posteri imprecandola lunga traversata del loro esodo – miglia e miglia,afa e quel nerore su tutta l’affocata linea delle dune,sparse ossaraffioranti, semisepoltirottami rosi da sale e ruggine: testimoni? – Sì, potrebbero veramente esserlo testimoni, e non solo morti segniche qui furono tuttifatti una sola polverei codici, i rescritti e anche quei profondiindicibili regolamenti sconciato ogni decalogo derisa vecchia e nuova alleanza e il sangue del loro preziosissimo sigillo.

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Per libidinedi sangue (li vorreiconsci di questo): buio sangue da scolatoio di macelli dove tutto defluisse, tutto si disfacesse. Per quella libidine.

Che cosa non ricordano, che cosa non sanno?li stringe il tempofedifrago, li pesta nel mortaio della sua sanguinosa nullitàma ha talvolta ritorni procellosi la mente a se medesima rientriatroci dalla sua contumacia abominevole… E sussultano essi,che cosa li rimorde? c’è oblio o c’è ignoranza– e di cosa – in quella spina? Si dibattecontro un’oscura dimenticanza,si aguzza e si torturala mente per un’impossibile chiarezza e intantoli accusa un quid, li incolpaun’ignominiaocculta, un’infedeltà…

ai patti – quali erano quei numinosi patti? Ne portanoessi solo l’ombra e il cruccio di un tradimento…Davvero nessuno parla?

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Tace nel silenzio delle sue lontane rocce l’antica parleria – o il silenzio è nostro, e non più lacuna, ora, di parola ma annullamento e cenere da cui tutto risorgerà?

[pp. 699-701]

È significativo che, tanto in quest’ultima poesia quanto inGli alberi a cui il frutto cade, caratterizzata dalla totale abolizio-ne di punteggiatura per 34 versi, la presenza dei segni d’inter-punzione (e in particolare della virgola con funzione parenteti-ca) si riaffacci proprio in coincidenza della chiusa, e in partico-lare nel momento in cui, dal silenzio come lacuna di parola, sipassa al silenzio come coincidentia oppositorum, inizio e fine(“persistenza” ed “estinzione”, eliotianamente e montaliana-mente): i segni coincidono per così dire con una riappropriazio-ne di padronanza sulla lingua, con una riaffermazione di sog-gettività, tramite il passaggio (visualizzato, nella poesia che se-gue, dai punti di sospensione e dal verso a scalino) dalla “inve-terata sterilità” al canto della memoria, deserta e profonda insie-me. Gli alberi a cui il frutto cade, dalla stessa raccolta del Batte-simo, è uno dei testi più esemplificativi dell’uso del bianco infunzione assolutizzante e sostitutiva dei segni d’interpunzione:

Gli alberi a cui il frutto cadecolmo ancora o traboccato fuoridalla sua rotta cute e gli altria cui viene scerpato verdetrinciate foglie e rami e quelli ancorache frutti non ne danno solo bacche e pigne

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e coccole o neanche tutti gli alberitutti indistintamente in una oscurae prepotente inequabile parità si tendononelle loro cuspidi si stiranonelle loro barbe allunganoi loro filiformi nerviaridi verso l’acquao l’umidore sotterraneo tuttinell’ispido fortetoo altrove nell’ariosodirupo o nei vivai si preparano all’invasodella nuova fertilità che si stipa tra terra e cieloe romperà… Oh aprimi le labbra grinzose,non lasciarmi alla mia inveterata sterilità.

Cantata questa canzoneda lei in antichi tempi?Forse, nessun ricordo,nessun passato. Ma cantala memoria. Canta la sua deserta profondità.

[pp. 621-622]

Un’osservazione più ravvicinata delle forme e dei ruoli delbianco nelle poesie fin qui citate mostrerebbe come, analoga-mente alla “punteggiatura nera”, anche la bianca assolva funzio-ni: 1) sintattiche, 2) enunciative, 3) ritmiche. Per considerare inmaniera più analitica il funzionamento di questi valori nellapoesia di Luzi, ci si avvarrà del già citato lavoro di Favriaud,

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“Quelques éléments d’une théorie de la ponctuation blanche –par la poésie contemporaine”.

1) Da un punto di vista sintattico, la punteggiatura biancapuò anzitutto agire al livello della “syntaxe linéaire”19, quando,all’interno della frase, partecipa alla delimitazione e alla messain rilievo dei confini tra gruppi sintagmatici – anche moltocoesi come soggetto e predicato verbale – con funzioni logico-sintattiche distinte (“ed essi come nuvole / nel mezzogiorno deimonti / riposavano in sé”; “Si dibatte / contro un’oscura di-menticanza, / si aguzza e si tortura / la mente / per un’impossi-bile chiarezza”). La creazione di confini, per mezzo del bianco,tra membri frasali che i segni d’interpunzione non intervengo-no a distinguere, se non forzando o infrangendo la normagrammaticale, conferisce una maggiore marcatezza sia agli ele-menti staccati che agli stacchi stessi, anche tramite la creazionedi “un accent phonique de fin de premier groupe sur la der-nière syllabe, et un contre-accent d’attaque de groupe suivant,lesquels accents, faibles (marque phonique faible, marque gra-phique zéro) apparaissent bien comme les marques inférieuresdu système ponctuationnel général”20.

Ma il bianco, non solo “découpe […] mieux la phrase engroupes syntagmatiques que ne le fait, ou ne le ferait, la ponc-tuation noire”, ma soprattutto, in caso di enjambement, intro-duce una “syntaxe (parataxe) locale” che serve alla messa in ri-lievo di inattese e sorprendenti relazioni tra tema e rema21: ogniqualvolta l’avanzamento del discorso sembra chiudersi, il bloccosuccessivo lo rilancia aggiungendo informazione e modificandol’interpretazione del blocco precedente (“sparse ossa / raffioran-ti, semisepolti / rottami / rosi da sale e ruggine: / testimoni? – /Sì, potrebbero / veramente esserlo / testimoni, e non solo morti

19 Favriaud parla di “mise au jour d’une autre syntaxe linéaire” (“Quelqueséléments d’une théorie de la ponctuation blanche – par la poésie contemporaine”,cit., p. 18).

20 Ivi, p. 19.21 Ibidem.

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segni / che qui furono tutti / fatti una sola polvere / i codici, irescritti / e anche quei profondi / indicibili regolamenti”). Que-sto valore di sospensione e di rilancio del discorso, con la con-seguente moltiplicazione del senso attribuibile ai segmenti po-etici, accomuna le funzioni del bianco a quelle dei segni inter-puntivi della lineetta e dei due punti22. La lineetta è, non acaso, uno dei segni più sfruttati dalla poesia di Luzi, non soloper introdurre il discorso diretto o per isolare gli incisi, ma an-che per ottenere effetti di tensione semantica e sintattica, quan-do non di opacizzazione (in quanto può rendere più oscuri ilruolo logico e i rapporti sintattici dei membri che connette):presentandosi talvolta dentro il verso, a tagliarlo simmetrica-mente (“Voci – sgrezza / lui la sua”, p. 925; “L’immagine – no,/ e neppure la materia.”, p. 935), ma più spesso in concomitan-za con il bianco dell’a capo, come accade in Gli uomini che ri-posano nel loro limite, coincidente con la sezione “Segmenti delgrande patema” della raccolta del 1978 Al fuoco della controver-sia. In questi versi, la lineetta gioca un ruolo analogo a quelloche riveste in molta poesia di Montale, dove serve a realizzaremovenze sintattiche di inedita complessità e originalità, per ilfatto di immettere, come ha notato Coletti, “più che nell’acces-sorietà dell’incidentale, in un piano diverso e parallelo, segna-lando due regimi sintattici concorrenti e complanari”23. Questoprocedimento poetico non potrebbe essere descritto in manierapiù efficace che adoperando le parole con cui lo stesso Luzi hacommentato la prosa di Mallarmé: “Gli effetti di questa prosasono molteplici, di estrema sintesi e di sottile, capillare distin-zione insieme. Non si tratta solo di un’impressione: di fatto ilperiodo chiude e ricompone in unità serrata il filo che le suemembrature avevano spezzato e, tra incisi, disgiungimenti e in-serimenti imprevedibili, quasi geroglificamente seguito; traccia

22 Ibidem.23 V. Coletti, “L’italiano di Montale”, in Fondazione Mario Novaro (a c. di),

Il secolo di Montale: Genova 1896-1996, il Mulino, Bologna 1998, pp. 137-160,alla p. 153.

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di uno spirito mobile, duttile e fermo”24.

Gli uomini che riposano nel loro limite –come navi dentro la boccialoro nella loro melodia. Sì,ma tu dammi il tralcio dei ritmi,il festone frondoso delle cadenze.Tu cantami qualcosa pari alla vita – scoppiain alto l’antica melagranadi frenesia e di dolore – e unosotto il suo sanguignofarnetica, oppure una moltitudine –

dioniso,non è male ravvisarlo, dioniso di sempreche per eccesso di fuocoe intemperanza d’amore non ha retto all’urto,s’è sparso sulla pietra del mondo cosìe che così grondante ci sorrideda un volto troppo vivo,terreo, gualcito da droga e malattia, eppure sorride. [p. 443.]

Questo testo poetico consente tra l’altro di visualizzare laseconda modalità di funzionamento sintattico del bianco: al li-vello della “syntaxe verticale”, in cui “délinéarise la phrase”, alpunto che “les syntagmes disjoints graphiquement par le blancouvrent à une syntaxe plurielle, non plus horizontale, mais obli-que, verticale et à rebours”25. I versi a scalino in particolareconsentono di cogliere delle relazioni distinte e concorrenti ri-spetto a quelle instaurate dalla sintassi lineare, mostrando rap-

24 M. Luzi, “Prefazione” a S. Mallarmé, Opere. Poemi in prosa e opera critica,traduzione, note esegetiche, cronologia e bibliografia a c. di F. Piselli, Lerici,Milano 1963, pp. XXI-XXII.

25 M. Favriaud, “Quelques éléments d’une théorie de la ponctuation blanche– par la poésie contemporaine”, cit., p. 19.

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porti inediti di tipo “parataxique” tra i membri messi in rilievodallo stacco tipografico, e relazioni gerarchiche tra porzioni te-stuali disposte in maniera scalata le une rispetto alle altre. Adesempio, “scoppia”, “e uno”, “dioniso”, “così” si inscrivono inuna rete di corrispondenze coglibile solo attraverso la disposi-zione tipografica, che li stacca dal resto della poesia, come fos-sero le tracce di un percorso che corre parallelo alla strada prin-cipale e che, per così dire, ne indicizza il campo semantico-les-sicale.

La lineetta contribuisce, insieme ai bianchi che isolano seg-menti di versi a scalino, alla resa di un movimento di rastrema-zione da sinistra verso destra del foglio: cioè nel senso dellascrittura. Rarefazione del dettato e rastremazione tipografica, ri-cerca formale di ritmo e scandaglio delle risorse stilistico-espres-sive della mise en page si ripresentano come una costante dellapoesia di matrice orfico-sapienziale del Novecento.

2) I bianchi, poi, possono essere considerati come “manife-stations d’une énonciation polyphonique”. In particolare Fa-vriaud analizza il ruolo enunciativo del bianco a partire da treaspetti: a) “le modus suspensif”, in quanto il bianco che circon-da i versi “permet ce que le poète du Bouchet appelle le ‘demi-tour’: arrêt-suspension au blanc qui bloque en partie l’interpré-tation référentielle et fait retour sur le signifiant ou sur le dire”,veicolando così – in maniera analoga all’esclamazione – “uneopération de distanciation qui met en scène le dire autant quele dit”26; b) l’inserzione “semi-réflexive” (“opération semi-ré-flexive de co-présence du dit et du dire”), in quanto il bianco,delimitando a sinistra e a destra un segmento, “il opère lui aussiun décalage énonciatif, qui a tendance, comme le parenthésageau noir, à s’extraire de la linéarité phrastique et textuelle, pourjouer plus verticalement sur la page”27; c) la relazione tra temae rema, “dialogisée par le blanc”: il bianco sospensivo può met-tere in luce una “rhématisation multiple” e, quindi, inscenare

26 Ivi, p. 20.27 Ibidem.

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“le dialogisme de la prédication”28. Nei già citati versi “sparseossa / raffioranti, semisepolti / rottami / rosi da sale e ruggine:/ testimoni? – / Sì, potrebbero / veramente esserlo / testimoni,e non solo morti segni /” si ha una sequenza paradigmatica del“rôle de promotion thématique” assolto dal bianco: separando“raffioranti, semisepolti” rispettivamente da “ossa” che precedee da “rottami” che segue, si elevano i due aggettivi allo stessogrado dei sostantivi cui si riferiscono e se ne mette in rilievo ilpotenziale semantico ed emotivo che, isolati, sprigionano. Laseconda occorrenza di “testimoni”, separata dal verbo che laregge, consente di trasformare questo termine da elemento noto(che, in quanto già contenuto nella domanda, avrebbe potutorestare implicito e non essere ripetuto nella risposta: “Sì, po-trebbero / veramente esserlo /”) a elemento nuovo, nel momen-to in cui cade, con uno stacco, in incipit di verso (“/ testimoni,e non solo morti segni /”). Il bianco, quindi, consente l’instau-rarsi di una “unité vers” (definita anche “segment blanchi” o“phrase blanche”) che può entrare in conflitto con l’“unitéphrase” attualizzata dalla punteggiatura nera: “les deux unitésénonciatives et sémantiques font la signifiance polyphonique dupoème par leur tension. Le blanc est marqueur d’une secondeénonciation, contrastante”29.

3) La terza funzione che il bianco condivide, in forme chegli sono però peculiari, con i segni d’interpunzione veri e propriè la funzione ritmica. La punteggiatura bianca ha a che vedere,in particolare, con il primo dei due tipi di ritmo (“visuel et pho-nique”) individuati da Dessons e Meschonnic30, come rilevaFavriaud: “le blanc est le signe majeur de l’accentuation vi-suelle. La dimension d’un blanc autour d’un segment, la situa-tion du segment dans l’espace de la page sont facteurs d’accen-tuation”31. Il ritmo visivo ha come caratteristiche peculiari di

28 Ivi, p. 21.29 Ibidem.30 G. Dessons, H. Meschonnic, Traité du rythme, des vers et des proses, Dunod,

Paris 1998.31 M. Favriaud, “Quelques éléments d’une théorie de la ponctuation blanche

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non accentuare una sillaba ma “un segment discursif (à tout lemoins un mot) qui peut aller jusqu’à la dimension du vers. Ilcrée une syntaxe et une sémantique plurielle de page ou detexte, et une sémantique de vers ou d’unité blanche – hors laphrase”: “la relation entre ces sémantiques d’unités diverses […]constitue – secondo Favriaud – la signifiance du poème à blancmaîtrisé”32.

Infine, sebbene il bianco appaia “moins performant que laponctuation noire dans [le] rôle d’accentuation phonique”, cio-nonostante “les début et fin de segment ‘blanchi’ sont accen-tués”, come risulta evidente nel caso dei versi a enjambement.Dunque il bianco riveste un ruolo ritmico nella sua duplice ac-cezione: “il suscite une accentuation visuelle qui englobe toutou partie du segment blanchi, et une accentuation phoniquequi touche la dernière syllabe (ou avant-dernière) de celui-ci, et,par contre-accent, la première du segment suivant”33.

Di fronte a testi come il primo della sezione “Ispezione cele-ste”, in Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), vienein mente la citazione di un passo di un noto studio di AlbertThibaudet su Mallarmé contenuta nella già citata “Prefazione”di Luzi alle Opere di Mallarmé34, che può forse illuminare –benché riferita alla prosa mallarmeana – su come il grande mo-dello francese abbia influito sul profondo ripensamento dellastruttura del Verbo, e quindi della parola poetica, risalita finoalle sue sorgenti e discesa fino alle sue radici, colta nel suo eti-mo, anche attraverso la mise en page.

Cette prose n’admet pas un ordre naturel des mots. Elle lesprend et les pique, avec un geste de jongleur. La phrase se dé-fait, se refait, ondule en des mots, comme en autant de mouve-ments brefs et successifs du doigt désignant un aspect. La phrase

– par la poésie contemporaine”, cit., p. 21.32 Ibidem.33 Ivi, pp. 21-22.34 M. Luzi, “Prefazione”, cit., p. XX.

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n’est jamais une ligne droite, mais une arabesque. De sorte quedans ce jeu verbal de ballerine exotique, paraissent se joindre desextrêmes: la nature d’abord d’une langue monosyllabiquecomme le chinois, où le sens des monosyllabes ne dépend quede leur place dans la phrase; puis, par ce caractère de souplesseet d’imprévu, par une faculté d’invention linguistique pas tou-jours heureuse, mais toujours en éveil, il pousse a sa pointe pa-radoxale cette plasticité qui est le propre des langues à fle-xions35.

Il bianco che alona esigui frammenti di verso in qualchemodo “ostenta [un] residuo di demiurgia” analogo a quello cheLuzi attribuisce a Mallarmé quando scrive che “il poeta che siera messo alla caccia del Verbo non poteva limitare il valore at-tivo della parola tanto da farlo coincidere con la nozione gram-maticale di verbo. Verbi sono anche altri termini del discorsoquando il poeta gliene attribuisce il valore e il potere” 36. Ilbianco serve proprio ad attribuire “valore” e “potere” linguisti-co-semantico a termini che normalmente fungono da connetti-vi, da determinanti, da modificatori di altri termini (e che nonhanno una forza autonoma): esso realizza nella poesia di Luziun altro procedimento rilevato già da Thibaudet come tipicodell’opera di Mallarmé e ripreso da Luzi nella sua “Prefazione”:e cioè consente la presenza di “avverbi, preposizioni e anche ilverbo ausiliario sottratti alla loro funzione e adoperati cometermini indipendenti”37. Il bianco gioca infatti sulla possibilitàdi mostrare la parola prima della sua aggregazione nel discorso,per così dire nel suo sorgere, nel suo isolamento di epifania,contornata solo dalla luce che la s-vela.

Dinanzi eccole a un trattorupi che si disfannod’aria e d’oro.

35 A. Thibaudet, La poésie de Stéphane Mallarmé, Gallimard, Paris 1926, p.329.

36 M. Luzi, “Prefazione”, cit., p. XX.37 Ivi, p. XXI.

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Le crollail giorno, l’impero. Ne aveva,– lo ricordail sangue, ma appena –nel luminoso caos discesoall’alba e risalito i seni trafitto con un gridol’opaco e il trasparente delle aeree vallipoi le era tutto il mattino divampatointorno luce sopra luce,radioso, più radioso e, dopo, il mezzogiornole bruciò dentro le pennesangue, nervi, le ammollìtendini e acume di pupillefinché si fu incrinatanell’aria quella temprae di nuovo si sciolse in libertàla vita in lei, la fogala riprese nel suo celeste gorgoa lungo mentre sempre più un umorefresco scese – un vento – alle midollasue e del giorno

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divenuto sera come orache si cala al suolo senza penae le arriva meno vetrosa la cicala.Così la notte sale, splendoreadesso e fine del reame o la chiamalo sfacelo a sé, a un ultimoe futuro tripudiola deflagra – o non vale leima il mutamentoin cui vive sovranaa cui tutta si consacra, tutta, fino al suo nulla.La consuma esso eppure non la sperde. Non la cancella. [pp. 1117-1118]