Paolo Fabiani - Ricordo e immaginazione

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Paolo Fabiani

RICORDOE IMMAGINAZIONE

INTRODUZIONE DIDATTICA ALL’ARTE DELLA MEMORIA

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ISBN 978-88-8415-075-2

Progetto grafico: Antonella Pieraccini

Realizzazione editoriale: Sepia - Studio Redazionale, Firenze

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Stampa: Global Print, Gorgonzola (Milano)

Prima edizione: maggio 2011

Ristampe

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Premessa 5

1. La struttura 7

2. Le immagini 20

3. I luoghi 29

4. L’associazione 38

5. L’ordine 51

6. La strategia 58

7. Mnemotecniche fonetiche 67

8. Applicazioni delle mnemotecniche per immagini 75

9. Mappe mentali e mappe mnemoniche 89

INDICE

Lo scopo di questo scritto è fornire un’introduzione alle mnemotecniche perimmagini. Quindi non un excursus storico sull’arte della memoria né,

tanto meno, un saggio psicologico, ma semplicemente un compendio per po-tersi avvicinare a questa forma di conoscenza, una chiave con la quale poteraprire la porta della nostra immaginazione sul cortile della memoria.

Ecco: “la memoria come risultato dell’uso cosciente dell’immaginazione”è forse l’argomento che più di altri ho qui affrontato. Quindi più un piccolocompendio di “immagino-tecniche” a fini mnemonici che non altro. Credoche il sottotitolo specifichi bene l’intento che mi sono posto: dare un’introdu-zione alla metodologia propria delle mnemotecniche e, dato che la didattica èla scienza della comunicazione e della relazione educativa (così almeno silegge in molti testi di pedagogia fin anche su internet), tale metodologia nonpuò che essere una “strategia” di apprendimento e quindi, per il verso oppo-sto, di insegnamento. Riprendendo tale definizione, sintetizzando e amplian-do il focus dell’attenzione, la potremmo definire una “strategia di comunica-zione” e la didattica delle mnemotecniche come la “strategia di comunicazio-ne dell’apprendimento rapido”.

Il legame tra mnemotecniche, didattica e comunicazione non è cosa nuova:basti pensare che nell’antica Grecia e a Roma tutti i grandi comunicatori –fossero politici, avvocati o poeti – erano in qualche misura retori e ben adde-strati all’arte della memoria.

Il target a cui è rivolto questo manuale è lo studente universitario, ma sol-tanto perché il presente testo può venir utilizzato come supporto per corsi inaula e perché l’arte della memoria è argomento di corsi universitari un po’ intutto il mondo; personalmente spero possa tornare utile a tutti quelli che loleggeranno.

Al tema qui in oggetto ho già dedicato un altro libro, Il cerchio delle illu-sioni, e ad esso rimando per ogni eventuale approfondimento.

PREMESSA

PREMESSA 5

1. LA STRUTTURA 7

Utilità

L’utilità dell’arte della memoria va sempre molto oltre la tecnica e dipendein buona parte dalla fantasia di ognuno. Oggi pomeriggio, prima di metter-mi a scrivere questo paragrafo, ho fatto un lavoro di manutenzione allaporta-finestra che dal soggiorno porta alla terrazza del mio appartamento.Ho dovuto smontare tutto, 41 viti con la borchia uguale ma di lunghezzavariabile, quindi non intercambiabili: come fare per non sbagliarsi a riavvi-tarle? Mi sono immaginato sul tavolo una copia in scala della porta-finestracon le sue tre ante e, via via che svitavo e toglievo le viti da quella vera, le po-savo sul tavolo in corrispondenza dello stesso punto su quella che mi finge-vo. Così ogni vite era al posto giusto e quando sono andato a rimontare gliinfissi non mi sono sbagliato. Trucchi come questi ne inventiamo tutti e,spesso, senza neppure farci caso; non serviranno certo a farci vincere unNobel ma, sicuramente, rappresentano con efficacia come e quanto sianopotenzialmente utili le mnemotecniche.

La storia delle mnemotecniche è affascinante, anche perché trasversalealla filosofia e alla retorica; la psicologia della memoria essenziale anche per-ché illuminante ma, l’una e l’altra, travalicano gli intenti di questo brevescritto. L’abate de l’Épée si ispirò all’alfabeto mnemonico di Cosmo Rosselliper la creazione del linguaggio dei sordomuti; Aimé Paris applicò alcuniprincipi e tecniche mnemoniche nel campo della stenografia di cui egli fuinnovatore e, ancora, potremmo continuare con gli esempi, ma è bene cheognuno sia prima di ogni altra cosa l’innovatore di sé stesso; e può darsi in-fatti che in ogni minimo miglioramento nel nostro modo di pensare si na-sconda un piccolo regalo che facciamo a tutti.

Viviamo in una società che permette (e spesso impone) una facile frui-zione delle notizie ma impedisce la corretta assimilazione delle conoscenze.Troppe informazioni ci giungono da ogni parte, raramente però le elabo-

Capitolo 1

LA STRUTTURA

1. LA STRUTTURA 98 RICORDO E IMMAGINAZIONE

maggiore formalismo, da un’impostazione prevalentemente fonetica e forte-mente determinata dall’associazionismo delle idee. Le mnemotecniche clas-siche si fondano invece essenzialmente su tre strumenti: “teatro”, “loci” e“imagines”. Se si devono ritenere dei concetti, si dovrà pensare a un insieme diluoghi – come ad esempio un ampio palazzo composto di molte stanze, op-pure un percorso stradale – e imprimersi bene nella mente la loro configura-zione. Una volta fissato con la massima accuratezza possibile tale “teatro”, sipotrà associare ogni concetto a un’immagine specifica e posizionare l’imma-gine per ogni concetto da rammentare in una stanza del palazzo o del percor-so immaginario, in un ordine identico a quello con cui si intendono ricorda-re i diversi concetti. Per rievocare i pensieri così appresi, basterà ripercorrere(nella fantasia) una dopo l’altra le stanze del palazzo o le tappe del “tragitto”della memoria; i luoghi che nuovamente rivisiteremo conterranno le imma-gini dei pensieri che vi avevamo precedentemente collocato, nell’ordine sta-bilito. Il legame tra le immagini e i concetti ai quali esse rinviano è regolatosecondo criteri di somiglianza, analogia, inclusione, contiguità ecc.

La nascita delle mnemotecniche

Il prologo a ogni trattazione sull’arte della memoria non può iniziare cheriportando la storia tramandataci, tra gli altri, da Cicerone: ecco come ce lariassume F. Yates:

Nel corso di un banchetto offerto da un nobile di Tessaglia di nome Scopa, il poetaSimonide di Ceo cantò un poema in onore del suo ospite, che includeva un passo inlode di Castore e Polluce. Scopa, meschinamente, disse al poeta che gli avrebbe pa-gato solo la metà della somma concordata per il panegirico: egli avrebbe dovutofarsi integrare il compenso dagli dèi gemelli, ai quali aveva dedicato metà del poe-ma. Poco dopo, Simonide fu avvisato che fuori lo attendevano due giovani. Si alzòdal banchetto, uscì, ma non trovò nessuno. Durante la sua assenza il tetto della sa-la del banchetto crollò, schiacciando sotto le rovine Scopa e tutti i suoi ospiti; i lorocorpi erano maciullati al punto che i congiunti, accorsi a raccoglierli per la sepoltu-ra, non furono in grado di identificarli. Ma Simonide ricordava i posti a cui essierano seduti a tavola e poté quindi indicare ai parenti quali fossero i corpi dei lorocongiunti. Gli invisibili giovani alla cui chiamata Simonide aveva risposto, Casto-re e Polluce, avevano pagato generosamente la loro parte del panegirico, facendolouscire dalla sala del banchetto poco prima del crollo. Proprio questa esperienzasuggerì al poeta i principi dell’arte della memoria, di cui si dice che egli sia statol’inventore. Notando che aveva potuto identificare i corpi degli ospiti mediante il

riamo come parte del nostro bagaglio culturale; riteniamo che alla bisognapossiamo recuperarle ma non è sempre così: le conoscenze entrano a farparte del nostro stesso essere e, anche se spesso non ne siamo consapevoli,influiscono sulla formulazione dei nostri giudizi e delle nostre scelte. Se ilnostro patrimonio di conoscenze è scarso e flebili i legami che abbiamo sta-bilito tra di esse, scarsi e vacui saranno anche i nostri giudizi e superficialirisulteranno le scelte che sulla base di essi prenderemo.

Il fine delle mnemotecniche

Il fine delle mnemotecniche non è la memorizzazione, ovvero esse non mi-rano direttamente a memorizzare ma a creare un ordine che permetta il ri-cordo stabile, duraturo e preciso. Il fine di ogni arte della memoria quindideve essere sempre un ordine e, a stabilire la fisionomia e la struttura che losottintende, è l’immaginazione. Nelle mnemotecniche vi sono elementiesclusivamente soggettivi, altri esclusivamente oggettivi, altri ancor sonoelementi soggettivi ma con una “costituzione” oggettiva. Accennare ai pri-mi, esporre i secondi e indicare i rimanenti: questo dovrebbe essere il soloscopo di ogni introduzione all’arte della memoria.

L’arte della memoria

La “memoria” in quanto “arte” è la quarta e penultima parte della Retorica.Con essa quindi non si intende qui tanto la facoltà naturale della mentequanto il suo esercizio guidato, la sua educazione condotta sotto l’egida deiprincipi della retorica: consiste nell’esercizio del ricordo in relazione alle altreparti dell’oratoria: inventio, dispositio, elocutio, pronunciatio. Non è chiaro seeffettivamente le mnemotecniche siano nate all’interno della riflessione edella pratica oratoria oppure siano di derivazione pitagorica o precedente an-cora, fatto sta che è in questo ambito dello scibile che esse hanno conosciutola loro massima diffusione. Con “arte della memoria classica” si intendonoquindi tutte quelle tecniche che, finalizzate a memorizzare “parole” (memoriaverborum) o “cose-concetti” (memoria rerum), determinano non semplice-mente un artificio ma creano addirittura una forma mentis, una disposizionecomplessa e pervasiva che condiziona, quand’anche non definisca, la realtàtutta. Le mnemotecniche moderne, al contrario, sono caratterizzate da un

1. LA STRUTTURA 1110 RICORDO E IMMAGINAZIONE

ricordo dei posti a cui erano stati seduti, Simonide si rese conto che una disposizio-ne ordinata è essenziale per una buona memoria1.

I principi “operativi” fondamentali delle mnemotecniche sono sempli-cissimi e vengono sinteticamente esposti da Cicerone con queste parole:

Egli [Simonide] dedusse che persone desiderose di addestrare questa facoltà devo-no scegliere alcuni luoghi e formarsi delle immagini mentali delle cose che deside-rano ricordare e collocare queste immagini in quei luoghi, in modo che l’ordine deiluoghi [l’ordine dei luoghi viene anche detto “teatro della memoria” - N.d.A.] ga-rantisca l’ordine delle cose, le immagini delle cose denotino le cose stesse, e noi pos-siamo utilizzare i luoghi e le immagini rispettivamente come la tavoletta cerata e lelettere scritte su di essa2.

Tale passo viene così commentato dalla Yates:

Non è difficile afferrare i principi generali della mnemonica. Il primo passo consiste-va nell’imprimere nella memoria una serie di loci o luoghi [che nel loro insieme van-no a costituire, è bene ripeterlo, il teatro della memoria - N.d.A.]. Il più comune,benché non il solo tipo di sistema mnemonico di luoghi, fu il tipo architettonico. Ladescrizione più chiara del processo è quella data da Quintiliano. Per formare una se-rie di luoghi nella memoria, egli dice, si deve ricordare un edificio, il più spazioso evario possibile, con atrio, soggiorno, camere da letto, sale, senza dimenticare statue ealtri ornamenti che abbelliscono le stanze. Le immagini che devono richiamare il di-scorso – come esempio, dice Quintiliano, ci si può servire di un’ancora o di un’arma– sono poste, con l’immaginazione nei luoghi dell’edificio già fissati nella memoria.Fatto questo, non appena la memoria dei fatti chiede di essere rivissuta, vengono vi-sitati di volta in volta tutti questi luoghi e i vari depositi sono richiesti indietro ai lo-ro custodi. Noi dobbiamo pensare all’antico oratore che si muove con l’immagina-zione attraverso il suo edificio mnemonico mentre costruisce il suo discorso, traendodai luoghi fissati nella memoria le immagini che vi ha depositato. Questo metodo as-sicura il ricordo dei vari punti nel giusto ordine, dal momento che l’ordine è fissatodalla successione dei luoghi nell’edificio. Gli esempi dell’ancora e dell’arma dati daQuintiliano possono suggerire che egli avesse in mente un discorso che trattava, inuna parte, di materie navali (l’ancora) e in un’altra di operazioni militari (l’arma)3.

Questi riferimenti storici, che via via andremo approfondendo, rendonochiaro in cosa consista l’arte della memoria classica; ora e qui esposti hannosolo uno scopo introduttivo, tanto per familiarizzare la materia che affron-teremo nei prossimi capitoli in maniera dettagliata e analitica.

1 Frances A. Yates, L’arte della memoria, Torino, Einaudi, 2007, p. 3.2 Cicerone, De Oratore II, LXXXVI, 351-354. 3 Frances A. Yates, L’arte della memoria cit., p. 4.

Figura 1. Simonide préservé par les dieux. Illustrazione di Jean-Baptiste Oudry (Paris, 1686-1755).

1. LA STRUTTURA 1312 RICORDO E IMMAGINAZIONE

le sedie, il tavolo, i quadri appesi alle pareti, i divani e ogni altro oggetto ivipresente; se invece è un percorso stradale, luoghi possono essere i marciapie-di, i cancelli, le panchine, gli angoli o gli incroci delle vie, le vetrine dei nego-zi, le piazzole ecc. Non è necessario che vi siano dei limiti fisici ben definiti alivello cognitivo (ad esempio che un luogo che pongo a un incrocio di unastrada sia delimitato da delle paline con del nastro a strisce bianche e rosse),è sufficiente che si consideri quel determinato spazio come un luogo. Latrattatistica pone ben definite e meticolose regole per costruirsi i luoghi. Essinon devono essere né troppo grandi, né troppo piccoli, né troppo bui nétroppo illuminati, non devono essere troppo affollati né troppo vicini; d’al-tra parte non devono essere troppo lontani ecc. – insomma, se si ascoltanotutte le voci, non potremo mai costruirci un teatro della memoria. Il mioconsiglio è quello di scegliersi un teatro di tipo architettonico o un percorsoo quello che volete e iniziare a suddividerlo in luoghi, sarà poi la vostra fan-tasia a parametrizzare i luoghi alla vostra immaginazione.

Gli elementi dell’arte della memoria: il teatro

Esso è in definitiva la nostra stessa mente se, per estensione, vogliamo defi-nire la coscienza come il teatro in cui si pensano e, quindi, si ricordano leidee, i concetti, le sensazioni. In senso “tecnico” un teatro della memoria èun insieme – costruito dal mnemonista – di luoghi, di spazi mentali a im-magine e somiglianza dei luoghi, posti, spazi reali. Un teatro è quindi un in-sieme finito, ben determinato, sempre uguale a sé stesso, di immagini rap-presentanti “luoghi” in cui poi porre altre immagini rappresentanti le coseche si dovranno rammentare. Anche se nel Rinascimento c’è stato chi hacercato di costruire veri e propri teatri a fini mnemonici si deve pur osser-vare che tali tentativi sono stati soltanto eccezioni dal valore storico; nellapratica del passato, come odierna, il teatro della memoria non necessaria-mente doveva, né deve e – aggiungiamo – non è auspicabile che sia un vero“teatro” ma, semplicemente, un insieme strutturato di luoghi; quindi unastanza, un percorso, un palazzo, una strada ecc. Il concetto importante dacapire è che il teatro è l’ordine del pensiero. Miseri e vaghi infatti sono i ri-cordi quando non vengono ordinati. Il teatro è lo spazio all’interno delquale si trovano i luoghi, i posti in cui porre le cose in quanto custodi deipensieri. L’ordine e la struttura dei luoghi determinano l’ordine e la strut-tura delle cose, ovvero dei ricordi. Luoghi e teatro sono elementi stabili del-

Gli elementi

La mente si struttura in base all’ordine dell’immaginazione e quest’ultimaprocede per “luoghi” e “cose” tramite la loro visualizzazione e associazione.L’immaginazione è lo spazio mentale della coscienza. Nell’arte della memo-ria classica, come accennato, vi sono tre elementi fondamentali: il “teatro”, il“luogo” e la “cosa”. Ad essi ne aggiungo un altro che “non si vede”. Si trattadell’“ordine” che rappresenta, se così possiamo esprimerci, il meta-elemen-to dell’arte mnemonica.

Gli elementi dell’arte della memoria: la cosa

La “cosa” è l’immagine di ciò che dobbiamo ricordarci. È l’oggetto a cuipossiamo associare il ricordo e che dobbiamo mentalmente collocare den-tro un luogo del nostro teatro della memoria. Se il teatro è la nostra camerada letto, possiamo associare il concetto di “peccato” a una mela rossa checollocheremo davanti alla porta della stanza. Rievocando questa immaginerichiameremo così anche il concetto di “peccato”. La cosa è quindi l’imma-gine del ricordo sia in senso ostensivo (come, ad esempio, la rappresenta-zione di un treno per ricordarmi il concetto di treno) sia metaforico (l’im-magine di una statua con le bilance per rievocare il concetto di giustizia). Lamemorizzazione della cosa quindi è determinata da due tipi di associazio-ne: quella del significato cui rimanda e quella che ha col luogo in cui la sipone. Se si utilizzano imagines agentes4 si deve aggiungere ad essi anche l’as-sociazione dinamica con altre cose poste dentro allo stesso luogo.

Gli elementi dell’arte della memoria: il luogo

Il “luogo” è l’immagine di uno spazio (può essere sia reale, come ad esempiouna stanza del nostro appartamento, oppure fittizio come l’immagine di unsegno dello zodiaco) in cui porre la “cosa” da ricordare. Può quindi esserequalsiasi “spazio” definito e delimitato posto all’interno di un teatro dellamemoria. Se il teatro è la stanza di un appartamento, luoghi possono essere

4 Parleremo più approfonditamente delle imagines agentes nei prossimi capitoli.

1. LA STRUTTURA 1514 RICORDO E IMMAGINAZIONE

pensiero, è quasi completamente inutile. Essa forza infatti il pensiero sulla rie-vocazione (si ripete infatti ciò che si vuol ricordare e ricordare, a sua volta, vie-ne fatto coincidere con il riprodurre in un secondo momento quello che ades-so stiamo ripetendo per poterlo assimilare)5, ma i pensieri non ben assimilatinon possono venir rievocati dall’imitazione della conoscenza se prima nonsono stati compresi e fissati. La ripetizione indefinita non serve né alla fissa-zione né alla comprensione, quindi è inutile quand’anche dannosa. La ripeti-zione che aiuta la fissazione della conoscenza dopo la sua comprensione èun’altra cosa; è un’altra cosa anche rispetto alla ripetizione cosiddetta attiva, laripetizione cioè non meccanica ma rielaborativa, che costringe il soggetto auno sforzo di comprensione e di argomentazione personale. Quest’ultimafattispecie di metodologia non è né dannosa né inutile ma è deficitaria dalpunto di vista strutturale; ovvero, per quanto si possano aver comprese lequestioni, i concetti, le formule, i teoremi ecc. se non vengono fissati su unoschema di conoscenze ben definito nella mente di chi li impara resterannosempre qualcosa di vacuo oppure richiederanno un ulteriore sforzo mnemo-nico per diventare ricordi permanenti. Rielaborare e legare tra loro conoscen-ze nuove non garantisce minimamente il ricordo se contemporaneamentenon si legano tutte a conoscenze stabili e stratificate nella nostra mente. Quin-di si deve prima trovare un sistema per fissare le conoscenze a mente e dopo,ma soltanto dopo, ripeterle in maniera attiva, ovvero rielaborativa.

Ricordo e immagine

È universalmente noto che si ricordano con maggior facilità le cose legate aimmagini sensibili. È certo più agevole fissare nella mente i pensieri attra-verso immagini che non con concetti astratti. Gli esempi che potremmo fa-

le mnemotecniche, mentre le cose sono elementi variabili. Posso, e anzi de-vo, utilizzare sempre gli stessi teatri fatti dagli stessi luoghi, ordinati nellamedesima disposizione, per memorizzare cose sempre differenti.

Gli elementi dell’arte della memoria: l’ordine

È la costituzione stessa di un teatro, ovvero di un insieme di luoghi immagi-nari gerarchicamente strutturati all’interno della mente e, contemporanea-mente, la capacità associativa che la mente stessa ha nel collegare tra loro leimmagini. Tutto ciò costituisce in maniera naturale un modello gerarchicoin grado di dare coerenza a uno sciame di per sé frammentario e frammen-tato di conoscenze.

Porsi delle domande

“Come posso fare a ricordarmi questa cosa?”. Quando intendiamo assimilareuna nozione, di qualunque natura essa sia, non ci poniamo mai la domanda:come posso fare a ricordarmi questa cosa? Ci lasciamo guidare dalle nostreabitudini di apprendimento ripetendo la parola oppure cercando di fissarenella nostra mente la nuova conoscenza come se si trattasse di un sopram-mobile da posare su un panno ricamato a uncinetto, come se lo sforzo di ri-tenzione potesse far partorire il ricordo. Ma così non è. Dobbiamo invece ini-ziare ponendoci dei quesiti su quali possono essere gli aspetti, le caratteristi-che delle informazioni che potranno permetterci di rammentarle. Procederecosì, è bene chiarirlo subito, risulta abbastanza inutile se non si conoscono imeccanismi della memoria, quindi fin da subito interrogandoci sulle modali-tà di apprendimento delle nozioni – ben consapevoli però che la risposta o,meglio, le risposte verranno col tempo e saranno tanto più approfondite emirate quanto più a lungo praticheremo l’arte della memoria.

Il carico del ricordo

Il “peso” del ricordo ricade in gran parte nel momento iniziale, nella prima fa-se assimilativa e soltanto marginalmente sulle modalità rievocative; per que-sta ragione la ripetizione fine a sé stessa, che mima cioè la rievocazione del

5 Se adesso per imparare a chiedere in inglese “Che tempo faceva a Firenze?” ripeto dieci volte la frase:“What was the wheater like in Florence?” significa che spero che questo esercizio mi sia utile nel futu-ro quando vorrò chiedere a qualcuno “Che tempo faceva a Firenze?” in inglese. Ripeto semplicementeperché spero che se in futuro avrò necessità di ricordarmi qualcosa lo potrò ripetere come faccio ades-so: la semplice ripetizione fine a sé stessa non serve “quasi” a niente perché ripete la conoscenza ades-so, quando è presente alla mente e all’attenzione, ma non aiuta minimamente a costruire schemi perfissarla nel lungo periodo. La ripetizione quindi non fa altro che mimare il ricordo, ma non lo crea.Accade così perché la memorizzazione non è la rievocazione. Insistere sulla ripetizione del contenutodi pensiero è vano, cosa ben diversa è invece la ripetizione delle nozioni in fase di memorizzazione;non quindi la ripetizione della nozione, bensì la ripetizione mentale delle immagini che servono a fis-sare nella mente le nozioni in vista di una futura reminiscenza.

1. LA STRUTTURA 1716 RICORDO E IMMAGINAZIONE

specie di situazione risiede fondamentalmente nel fatto che abbiamo fattoun uso cosciente dell’informazione: il nome Francesca non ci viene passiva-mente comunicato ma viene da noi attivamente utilizzato, e gran parte del-l’attività richiesta risulta svolta dall’immaginazione.

Uso “interno” dell’informazione

Non è necessario “agire” nel mondo esterno per fissare le informazioni nel-la nostra memoria, è sufficiente pensare di farlo. Non importa quindi ripe-tere a voce alta il nome di una persona appena conosciuta per memorizzar-lo, basta pensare di farlo. Altrimenti detto non devo pensare tra me e me“Come è bella questa ragazza”, bensì “Come è bella Francesca”, “Quasi quasichiedo a Francesca di uscire insieme questa sera”. Se devo memorizzare lafrase inglese “How long are you here for?” il fatto di trovarmi in Inghilterrae chiederlo realmente a una persona è certo d’aiuto ma, ai fini mnemonici,immaginarsi di trovarsi in Inghilterra e di domandarlo a una specifica per-sona (per esempio al principe Carlo) produce lo stesso effetto.

Uso volontario, interno e reiterato dell’informazione

Pensiamo di trovarci in Inghilterra, in una determinata città, in una deter-minata strada e in un ben specifico momento (tutti diversi dalla situazioneprecedente in cui ponevamo la domanda “How long are you here for?” alprincipe Carlo); immaginiamoci di porre la stessa domanda a un’altra benprecisa persona, ad esempio a una ragazza di Bristol di nome Jane che ab-biamo conosciuto al mare l’estate scorsa. L’apprendimento della frase risul-terà notevolmente agevolato da questo modo di procedere.

Uso volontario, interno, reiterato e congruentedell’informazione

Immaginiamo di essere poliziotti in servizio di pattuglia nel centro di Fi-renze e di dover fare dei controlli ai turisti. Immaginiamo di dover chiederei documenti al principe Carlo e di domandargli per quanto tempo resterà(“How long are you here for?”). Immaginiamo di dover fare poi la stessa co-

re si sprecano, ci limitiamo quindi a osservare che ci ricordiamo sempre econ precisione quelle cose che abbiamo visto in determinati luoghi e benprecisi momenti. Quindi la via maestra per la memorizzazione efficace pas-sa per la strategia di costruirsi, inventarsi sempre delle immagini “ben defi-nite” per le cose che si vogliono ricordare.

Associazione e astrazione

Nello studio così come in molte altre attività “mentali” si legano immaginia concetti astratti. L’associazione di un’immagine (che assume la funzionedi simbolo) a un concetto non è questione né semplice, né di poco conto. Inprima approssimazione possiamo affermare che si ricordano con minorsforzo le immagini legate ad altre immagini o le immagini che hanno un le-game naturale (il che vuol dire fondato a sua volta sulla sensibilità e sull’im-maginazione) con i simboli che rappresentano. Là dove vi sia un’immaginecon un legame arbitrario e formale con i significato che la denota, la menteumana compie uno sforzo. Ancor più sforzo si compie quando – nel ricor-dare e, per estensione, nel pensare – si deve continuamente mutare pianologico-analogico. Il continuo variare dal pensiero logico astratto a quelloimmaginativo analogico costringe la nostre mente a uno sforzo e a un con-tinuo “fermarsi-ripartire” che la fa procedere per scatti. Qui risiede permolti la difficoltà nell’apprendimento della matematica e di tutte le materieche richiedono un particolare sforzo astrattivo.

Uso volontario dell’informazione

Quando ci viene presentata una persona di nome Francesca e ci limitiamo arispondere “Piacere!”, “Come va?” e iniziamo una conversazione (breve olunga che sia non importa) senza però “ratificare” la conoscenza acquisita(il nome dell’interlocutrice), ben difficilmente ci ricorderemo che quellapersona si chiama Francesca. Stesso discorso se ci mettiamo a ripetere men-talmente: “Francesca, Francesca, Francesca…”. Se invece rispondiamo alprimo saluto con “È un piacere conoscerti Francesca!” oppure – nel corsodella conversazione – “…e tu Francesca cosa ne pensi di questa cosa?”; leprobabilità di ricordarsi del nome di quella persona anche in futuro au-mentano considerevolmente. La differenza tra la prima e la seconda fatti-

1. LA STRUTTURA 1918 RICORDO E IMMAGINAZIONE

ralmente. Se le mnemotecniche (e la memoria nel suo complesso) siano di-pendenti più dall’ordine che dall’immaginazione è questione vecchia e re-sterà sempre senza una soluzione definitiva. Qui non si intende certo supe-rare questo millenario dilemma, fatto sta che l’aggettivo “dinamico” attri-buito al sostantivo “ordine” va, se non altro, a mediare le due opposte fazio-ni (quella cioè che vede nell’immaginazione il cardine della memoria e l’al-tra che invece lo attribuisce all’ordine) in quanto per dinamico si intendeproprio modificabile e strutturabile in considerazione dell’immaginazionee della sua fenomenologia.

sa con Jane e infine con altre persone ancora. Immaginiamo di fare il con-trollo e la conversazione con il principe in Piazza della Signoria, con Jane inVia Calzaiuoli e con una terza persona (pensiamo però sempre a una speci-fica persona reale) in Piazza del Duomo. Le tre situazioni rispecchiano il si-gnificato della domanda, sono in un certo modo “congruenti” con essa, so-no ad essa adeguate, anche dal punto di vista “topografico” essendo i treluoghi tra loro in successione spaziale. Tutto ciò rafforza la memorizzazio-ne della frase.

La diversità coerente

Il dato da memorizzare va quindi inserito all’interno di un contesto diversi-ficato, non va considerato sub specie aeternitatis, ma sempre in relazione adaltri elementi che gli facciano da cornice. Le immagini con il concetto (o ilnumero, o la frase o qualsiasi altra cosa) da memorizzare devono essere divolta in volta differenti pur permettendo una certa congruenza tra loro cherichiami il dato da memorizzare. Riferendosi all’esempio precedente le sce-nette di noi che facciamo i poliziotti e chiediamo i documenti ai turisti ècerto coerente con la domanda “How long are you here for?”; la differenzadi persona a cui ci si rivolge (il principe Carlo, Jane ecc.) e di “location”(Piazza della Signoria, piuttosto che Via Calzaiuoli o Piazza del Duomo)mette in maggior risalto per contrasto (e a volte anche per opposizione ocontraddizione) ciò che invece permane, ovvero la domanda che noi ponia-mo e che è sempre la stessa.

Mnemotecniche e schema mentale dinamico

L’errore da molti commesso è quello di ritenere le mnemotecniche dellemetodologie per ricordare le cose. Questo è vero solo in parte; a esser preci-si (ma è una precisazione necessaria) le mnemotecniche non devono mira-re direttamente al ricordo ma alla costruzione di un ordine mentale all’in-terno del quale potersi ricordare le cose. Quindi l’obiettivo diretto e prima-rio non è il ricordo ma l’ordine e non un ordine statico bensì dinamico.Soltanto così potrà esser raggiunto anche l’obiettivo secondario che è ap-punto la memorizzazione, ma si tratta di un risultato “secondario” nel sen-so che se si ottiene il primo questo viene di conseguenza, segue quasi natu-

2. LE IMMAGINI 2120 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Immagine e pensiero

A parte rari casi (e che comunque restano molto dibattuti) che riguardanosoprattutto i filosofi, tutte le volte che pensiamo a qualcosa, a qualsiasi cosa,la nostra mente evoca un’immagine. Ora, dato che tale immagine è il pro-dotto di un processo cognitivo che ha proprio in essa il risultato – l’esito fi-nale – si deve ovviamente concludere che essa risulta quindi indissolubil-mente legata al “meccanismo” logico-cognitivo che l’ha generata. Dirlosembra tautologico ed effettivamente lo è, ma spesso ci comportiamo comese così non fosse. Quindi se intendiamo legare il ricordo a un’immaginedobbiamo considerare la natura della cosa da ricordare e la struttura del-l’immagine con cui intendiamo assimilarla. Generalmente l’immagine cheper prima viene in mente quando pensiamo a qualcosa è quella giusta. Ciòaccade perché la nostra mente crea un’associazione istantanea, non media-ta dalla riflessione, per cui agisce nel modo per lei più naturale. Se invecestiamo a riflettere su quale sia l’immagine più consona per ricordarsi unconcetto ci facciamo condizionare dai nostri obiettivi, dalle nostre credenzee da quelli che sono i nostri scopi “generali”, insomma più ci stiamo a riflet-te più è facile sbagliare. Facciamola scegliere alla nostra immaginazione,senza mediazione dell’intelletto, l’immagine appropriata.

Rapidità dell’immaginazione

Generalmente l’immagine del concetto, se è riferita a una cosa materiale,viene alla mente immediatamente. Se dobbiamo ricordarci la parola “col-tello”, immaginiamoci un coltello, se dobbiamo ricordarci “auto” pensiamoa un’auto e via dicendo. L’unica accortezza, ma è un’accortezza fondamen-

Capitolo 2

LE IMMAGINItale, è quella di pensare a un oggetto specifico che conosciamo, quindi, adesempio, nel mio caso penserò al coltello con cui taglio il pane e cercherò difigurarmelo in tutti i suoi aspetti: dimensione, peso, colore del manico, affi-latura ecc. Inoltre l’immagine deve essere quanto più naturale possibile,non deve cioè venir mediata da una riflessione che ne appesantirebbe la rie-vocazione; deve essere naturale perché se risulta da un’operazione di rifles-sione e ragionamento ci si dovrebbe ricordare anche della catena logica diragionamenti che ci hanno portato a sceglierla. Dato che ciò non è possibi-le se non al prezzo di eccessivi sforzi si deve concludere e caldamente consi-gliare di formarsi le immagini con quanta maggiore rapidità e immediatez-za possibile. Ciò è garanzia di naturalezza e appropriatezza dell’immaginealla cosa, sicurezza del ricordo.

Leggerezza dell’immaginazione

Un luogo comune tristemente diffuso vuole che più cose si immaginano, piùsi appesantisce l’immaginazione, più si affatica la memoria. È una falsità, cer-to, ma che ha la sua ragion d’essere. Ciò accade perché le persone cercanosempre di collegare le immagini sensibili a concetti tramite un’astrazione co-atta, tramite collegamenti forzati, arbitrari e convenzionali. Inoltre tale luogocomune trova sostegno su un’altra credenza banale e falsa: credere che la me-moria sia come un magazzino, un contenitore di ricordi. La memoria non èun contenitore ma un’attività, la memoria è per buona parte immaginazione,attenzione e fantasia, per altra parte è ordine. Le persone, se ben considerate,possono dimostrarcelo: le più fantasiose, che spesso sono anche quelle che le“sparano grosse”, sono pure quelle con l’immaginazione più pronta.

Immagini di concetti astratti

Quando dobbiamo associare un concetto astratto a un’immagine la primaregola da seguire, come su accennato, resta sempre quella di far trovare allamente la soluzione senza starci a riflettere sopra. Anche in questo caso l’im-magine più efficace sarà quella più intuitiva, più immediata. Per concettiuniversali astratti, quali libertà, giustizia, legge, amore ecc. l’associazionecon la Statua della Libertà, la statua con le bilance ecc. sono facili allusionie, se vengono istintive, sicuramente efficaci. Ognuno ha una sua propria

2. LE IMMAGINI 2322 RICORDO E IMMAGINAZIONE

immaginazione per cui non si può “prescrivere” la lista delle immagini; cia-scuno è bene che si crei le proprie e faccia i propri collegamenti personali,che devono essere quanto più “sensibili”, “materiali”, naturali e immediatipossibile. Per altri concetti astratti, più che a una sola immagine, general-mente si fa ricorso a un insieme di immagini in movimento o, altrimentidetto, a una scenetta. Per cui, facendo alcuni esempi, se devo ricordarmil’avverbio “attraverso” penserò ad Alice che passa “attraverso” uno specchio(come dal titolo di L. Carroll, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò);oppure se devo rammentare la parola “nonostante” mi immaginerò uno delmio paese, noto cornuto ma che, “nonostante” tutto, non vuol divorziaredalla moglie. Per i numeri, per le formule, i teoremi, le leggi della fisica edella chimica e via dicendo ovviamente vi sono altri accorgimenti che af-fronteremo altrove. La regola generale, comunque, è sempre la stessa: cerca-re di rendere concetti astratti in immagini concrete.

Tipi di immagini

Le immagini che ci rappresentiamo sono, generalmente, corrispettive ainostri cinque sensi. Sebbene quando ci si riferisce al termine immaginazio-ne si pensi subito all’immaginazione visiva, alle figure, si deve tenere neldovuto conto che esiste anche un’immaginazione olfattiva, tattile ecc. L’im-maginazione visiva è certo fondamentale ed è quella che la maggior partedelle persone sono abituati a utilizzare e sviluppare, ma non dobbiamo di-menticarci anche delle altre che, soprattutto nelle mnemotecniche, posso-no tornarci molto utili.

Immaginazione visiva

Inutile nascondersi però che l’immaginazione visiva sia quella più impor-tante. Essa va sviluppata, per quanto possibile, in ogni suo aspetto. È quellache permette una più rapida e inconsapevole astrazione dall’immagine alconcetto; infatti posso astrarre il concetto di cerchio dalla forma del for-maggio ma non dal suo odore, se non “per interposta immagine” appunto,nel senso che dall’odore del formaggio passo alla visualizzazione della for-ma e da questa alla rappresentazione del cerchio e di qui al concetto geome-trico del cerchio. L’immaginazione visiva è quindi, in prima approssima-

zione, un’immaginazione complessa; dal punto di vista dell’arte della me-moria consta di un primo piano, di uno sfondo, della gestione dei colori edella definizione delle forme. Tanto più l’immagine visiva è complessa, ric-ca, tanto più è naturale, ovvero vicina alla percezione. Là dove invece siasettorializzata, se ne consideri cioè soltanto la forma, o i colori, o la relazio-ne fra le figure e i colori (come nel primo piano in contrapposizione allosfondo) si insinua l’astrazione e il ricordare si fa sempre più faticoso.

Logica dell’immaginazione

L’immaginazione visiva inoltre è quella che determina in gran parte la logicadelle mnemotecniche. Infatti si deve tener presente che le mnemotecnichesono una modalità di pensiero ben precisa e che, al di là della banale “paren-tela” con la fantasia sfrenata, hanno una loro logica abbastanza ferrea; sol-tanto che detta modalità non è la strategia della ragione, bensì quella loro(delle mnemotecniche) peculiare. Fin tanto che nella strutturazione dei ri-cordi seguiamo la logica dell’immaginazione (che procede più per intuizio-ne che per deduzione, più per analogia sensibile che per congruenza astratta,per somiglianza estrinseca piuttosto che per identità concettuale) la memo-rizzazione è fluente ed efficace; se al contrario intercaliamo immagini sensi-bili a concetti astratti si verifica quello che Henri Bergson definiva lo “sforzointellettuale”1 per cui la memoria o si appesantisce o defluisce nell’oblio.

Visualizzazione e reificazione mnemonica

Come già accennato, la visualizzazione delle cose è importantissima. Sedobbiamo ricordarci di un concetto dobbiamo formarci un’immagine diesso, o relativa ad esso, nella nostra mente. Tale immagine va poi visualizza-ta come se fosse realmente davanti ai nostri occhi, come se fosse presenteeffettivamente lì di fronte a noi. Studi scientifici hanno dimostrato che, a li-vello neurologico, vi è solo una minima differenza tra il percepire realmen-te una mela e l’immaginarsela come una cosa reale (reificazione mnemoni-ca), ovvero come se la si stesse effettivamente percependo.

1 Henri Bergson, L’énergie spirituelle, Paris, Presse Universitaires de France, 1996, pp. 153-190.

2. LE IMMAGINI 2524 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Sinestesia ovvero prendere il presente per reale

Ci si deve immaginare le cose come vere: pur essendo semplici prodotti del-l’immaginazione, devono venir credute oggetti presenti, come fossero effet-tivamente percepite. Il mnemonista deve esercitarsi a percepire le propriefantasie mnemoniche: se deve ricordarsi di “prendere le chiavi” quandoesce di casa, deve immaginarsi il mazzo di chiavi nella sua mano, deve sfor-zarsi di vederlo e di sentirne il peso, deve dare alla propria mente la forza dipercepire “quasi” realmente ciò che in verità è solo nella sua immaginazio-ne e non soltanto vederlo ma sentirne anche il peso e tutte le altre qualitàtattili. Così quella che originariamente era una figura retorica (la sinestesia)diventa uno strumento psichico di memorizzazione. L’artista della memo-ria è un visionario consapevole di esserlo.

Definizione delle immagini

Per realizzare l’effetto “visione reale” ci si deve esercitare a rappresentarsi leimmagini nella maniera più definita, precisa possibile. L’immagine deve es-sere chiara e distinta. Così se dovrò ricordarmi la parola “benzinaio” dovròimmaginarmi il benzinaio da cui vado normalmente a fare il pieno all’auto;raffigurarmelo nell’atto di compiere il suo lavoro con la sua tuta, il suo ber-rettino, ecc. osservando tutto nei più precisi particolari (colore degli indu-menti, se è destrorso o mancino e via dicendo); non è certo indispensabileche l’immagine abbia tutte le caratteristiche della cosa realmente percepita,ma più vi assomiglia meglio è.

Neuroattivazione e immaginazione

Definire le immagini con precisione nella propria mente e conferirgli carat-teri multisensoriali (sinestesia) serve ad attivare risposte neurofisiologichereali. Facciamo un esempio: affacciarsi a un finestrino del treno mentre è incorsa e immaginarsi con tutta la propria fantasia di star per precipitare faràsicuramente sorgere in noi un sentimento di angoscia se non anche un’im-mediata emozione di paura. Si tratta certo di un esempio un po’ esagerato,ma il principio che lo sottintende è fondamentale.

Figura 2. Robert Fludd, Utriusque Cosmi Maioris scilicet et Minoris Metaphysica, Phy-sica Atque Technica Historia: In duo Volumina secundum Cosmi differentiam divisa,Theodori de Bry, ed. 1619, p. 217. Diagramma descrittivo dei processi percettivi e psi-cologici della mente umana, nonché della loro interrelazione a livello psicofisico. Al dilà del simbolismo ermetico-teosofico e delle motivazioni metafisiche implicite, questaillustrazione è per noi importante soprattutto perché, meglio di altre, rende l’idea dicome sensibilità, immaginazione e intelletto vadano a confluire nel costituirsi della co-noscenza e, conseguentemente, forniscano anche una spiegazione del funzionamen-to delle mnemotecniche. La memoria infatti non è un mero prodotto della riflessioneastratta o dell’apprendimento libresco, ma un’equilibrata miscellanea di sensibilità eintelletto, immaginazione e astrazione; cosa che, del resto, anche Fludd ben sapevaessendo egli stesso un cultore dell’arte della memoria.

2. LE IMMAGINI 2726 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Emotività dell’immagine

Ogni immagine che ci rappresentiamo a fini mnemonici deve suscitareun’emozione e anche sempre accompagnarla. Dobbiamo essere emotiva-mente coinvolti da ciò che pensiamo affinché i ricordi facciano maggiorpresa. Ogni cosa che pensiamo deve o attirarci, o ripugnarci, interessarci oschifarci e, se nella realtà spesso così non è (dato che riceviamo dall’am-biente anche informazioni che ci lasciano totalmente indifferenti), dobbia-mo sforzarci di dare una coloritura emotiva a tutte le immagini che man-diamo a memoria. L’emozione che suscita un ricordo di un fatto realmenteaccadutoci è facile da identificare, perché è legata dalla nostra esperienza divita. Un fatto da noi solo immaginato, per poter poi essere ricordato, deveessere investito “a priori” da un’emozione. Mentre il ricordo “naturale” ge-nera un’emozione; nel caso delle mnemotecniche dev’essere l’emozione adaiutare a suscitare il ricordo. L’emozione indotta nell’immagine mnemoni-ca ha quindi una funzione diversa dalla passionalità di un ricordo di un fat-to reale: sebbene sia identica nel risultato è, in definitiva, una suggestione. Ilconsiglio da dare è quindi semplice: carichiamo emotivamente le immaginidei concetti che intendiamo ricordare. Se dobbiamo imparare una lezionedi matematica che di per sé non suscita nessun particolare sentimento (senon la frustrazione di chi non la capisce o un gradevole autocompiacimen-to in chi invece riesce ad apprenderla) cercheremo di crearci immagini deiconcetti in essa inclusi e connotarle emotivamente. Ci sforzeremo di prova-re veramente quei particolari sentimenti come se le immagini non fosserosoltanto nella nostra mente ma divenissero reali.

Esagerazione delle immagini

Uno dei sistemi per dare una tonalità emotiva alle immagini è quella di esa-sperarle. Immagini eccessive e forti restano impresse nella mente più diquelle consuete e deboli. Ciò ovviamente ha un valore anche per quel checoncerne l’attenzione. Un tuono attira la nostra attenzione in proporzionedi quanto è rumoroso e tanto più il fulmine è vicino; se per la strada, cam-minando, incrociamo un uomo alto 2,10 m probabilmente attirerà la no-stra attenzione e ci rimarrà impresso più di uno alto 1,75 m. Una personavestita in maniera estremamente stravagante sortirà lo stesso effetto e inmisura maggiore di un’altra dall’aspetto ordinario. Quindi quando dobbia-

mo fingerci delle cose cerchiamo di attribuire loro i caratteri dell’esagera-zione e dell’eccentricità. Questo in definitiva dicono tutti i manuali di mne-motecniche; vorrei però precisare che ciò non sempre è indispensabile e,tanto più ci si abitua a gestire le proprie immagini mentali, tanto meno sisente il bisogno di esagerarle.

Immagini eccentriche

Il padrone che morde il cane fa più notizia del cane che morde il padrone:regola base, come noto, del giornalismo, ma si tratta di una regola proprioperché l’insolito attira l’attenzione e si mantiene in mente più del “solito”.Una variante delle immagini esagerate è quindi la categoria delle immaginieccentriche. Le esagerazioni spesso però rappresentano soltanto una “diffe-renza” quantitativa rispetto a una cosa normale, e vengono riferite general-mente a una sola immagine o, meglio, all’immagine di una singola cosa(anche se va precisato che non sempre, né necessariamente, è così); al con-trario le immagini eccentriche sono rappresentazioni composite in cui unoo più elementi vengono accostati a un altro o altri elementi in maniera inu-suale, imprevedibile e anche improbabile. Se devo rappresentarmi BabboNatale nell’atto di tagliare il panettone, l’immagine avrà maggior forzamnestica se egli utilizzerà una katana (la spada dei samurai) che non unsemplice coltello da cucina. Eccentrico, nel nostro discorso, è quindi tuttociò che viene associato senza che vi siano fra i componenti del ricordo ele-menti di affinità, relazione logica, prossimità o consuetudine.

Immagini in movimento

Nell’arte della memoria classica si definivano imagines agentes, ovvero delleimmagini in cui vi è qualcuno o qualcosa che compie un’azione su qualcu-no o su qualcos’altro. In realtà il concetto di imagines agentes è un po’ piùcomplicato e l’ho affrontato in altra sede in maniera approfondita2. Qui li-mitiamoci a dire che un “oggetto” in movimento attira la nostra attenzionee si mantiene nella nostra memoria meglio di uno statico. Ciò avviene per

2 Paolo Fabiani, Il cerchio delle illusioni. Arte della memoria ed esperienza dell’immaginazione, Fi-renze, Libri Liberi, 2010.

3. I LUOGHI 2928 RICORDO E IMMAGINAZIONE

vari motivi ma, soprattutto, perché una cosa immobile viene, o può venire,considerata da sola, sub specie aeternitatis; mentre una in movimento devesempre venir considerata in relazione a qualcos’altro. Quindi nei luoghi piùche un singolo elemento conviene sempre immaginarsi delle “scenette”, incui c’è qualcosa che si muove e che “agisce”.

Parametrizzazione delle immagini

Parametrizzare le immagini nella nostra mente significa ingrandirle o rim-picciolirle e, in ogni modo, adattarle al luogo (mentale) in cui porle o allealtre cose (anch’esse immagini mentali) a cui accostarle. Non soltanto dob-biamo immaginarci le cose per meglio ricordarcele, ma dobbiamo ancheimmaginarcele come più o meno grandi per poter rafforzare o, comunque,indirizzare il ricordo. Si tratta di un continuo adattamento che si deve ap-portare tra immagini e tra immagini e luoghi che investe non soltanto me-ramente le dimensioni di un’immagine ma anche la prospettiva su di essa.Infatti se devo immaginarmi un cartone di latte da 1 litro a 1 metro di di-stanza mi figurerò certo un’immagine di dimensioni maggiori (rispetto alluogo in cui la pongo) che non se fosse a 10 metri. Esercitarsi a parametrarecoscientemente le immagini, modificandone le dimensioni che natural-mente saremmo portati ad attribuir loro, è un esercizio fondamentale del-l’arte della memoria non sufficientemente valorizzato dalla quasi totalitàdegli studiosi di questa disciplina.

Tutto in uno

Tutte le caratteristiche fin qui assegnate alle immagini mnemoniche devo-no o, almeno, dovrebbero essere presenti contemporaneamente in ogni im-magine creata a fini mnemonici. Sinestesia, eccentricità, emotività, movi-mento, esagerazione, parametrizzazione e, non di rado, esasperazione se in-serite una alla volta nelle nostre immagini le rendono più forti e più stabilinella memoria; se applicate tutte insieme a ogni ricordo lo rendono quasiindimenticabile.

“Cosa”, “luogo” e “teatro” sono immagini

Le immagini da sole non sono sufficienti a costituire un’arte mnemonicaefficace. Come ci insegna la storiella di Simonide, le immagini devono venircollocate in un luogo loro specifico. L’ordine dei luoghi, la loro successione,vanno così a costruire il teatro della memoria. Una cosa deve esser ben chia-ra: “cosa” da ricordare, “luogo” e “teatro” sono tutte e soltanto immagini.Quindi se definiamo il teatro come l’ordine dei luoghi e questi ultimi il de-posito delle immagini risulta ovvio che l’ordine è determinato dai criteri diconcatenazione e associazione dei luoghi, nonché dalle strategie utilizzateper rievocare da essi i ricordi. La logica è quindi una logica delle immaginiperché si tratta di una tecnica per immagini anche se, ovviamente, le imma-gini poi si possono – e in tanti casi si devono – associare a concetti astratti.

I luoghi naturali dell’immaginazione

Pensiamo al nostro appartamento; è composto di stanze e ognuna di esseha una sua specifica ragion d’essere e funzionalità. La cucina per fare damangiare e pranzare; il bagno per lavarsi; la camera da letto per dormire; ilripostiglio per depositare gli oggetti che utilizziamo sporadicamente ecc.Ogni cosa al suo posto, come recita un vecchio proverbio, e questa è anchela regola fondamentale per costruire i luoghi di un teatro della memoria. Illuogo è il contenitore della cosa, quindi, quando andremo a costruirci il no-stro teatro della memoria, dovremo fare attenzione a come e dove andremoa collocare le cose. I luoghi devono venir fissati con accuratezza nella nostramente. I luoghi nel loro insieme altro non sono che il teatro, quindi parlaredei luoghi significa parlare del teatro.

Capitolo 3

I LUOGHI

3. I LUOGHI 3130 RICORDO E IMMAGINAZIONE

di facilitare la memorizzazione non solo delle cose ma, elemento molto piùimportante, dei luoghi stessi. Fra chi usa teatri a percorso c’è chi preferisce al-ternare i luoghi a destra e a sinistra rispetto al senso di marcia. Si tratta di inse-rire un elemento di discontinuità controllato e quindi qualcosa che va a crea-re una regola logica che aiuta la memorizzazione. Quando si ripercorre men-talmente un tracciato e si fissano le cose nei luoghi, conviene sempre conside-rare (“lanciare uno sguardo”) non soltanto la cosa nel luogo che si sta memo-rizzando ma anche la cosa e il luogo che precedono e la cosa e il luogo che se-guono. Ciò crea ulteriori e forti legami nella catena mnemonica.

La figura e lo sfondo

Il luogo deve essere per il mnemonista quanto più chiaro e definito possibilee l’immagine quanto più forte e precisa egli riesca a rappresentarsela. Puòcapitare di avere luoghi grandi (ad esempio un incrocio tra due strade) e co-se piccole da porvi (ad esempio una catenina d’oro) oppure il contrario (unsoprammobile sul comò in camera sul quale inserire l’immagine di un velie-ro inglese del XVIII secolo); il problema è sempre lo stesso: come fare? La ri-sposta è semplice: parametrizzare. Il vantaggio dell’immaginazione sulla re-altà è che può ingrandire e ridurre le cose a proprio piacimento. Si può quin-di parametrizzare una cosa piccola a un luogo ampio ingrandendola, cosìcome la si può adattare a un luogo ristretto rimpicciolendola. Dimensionarela cosa al luogo e viceversa è un’operazione di grande utilità anche perchépermette di fissare con maggior forza le cose nella nostra mente e ciò in basea quanto detto nei paragrafi sull’esagerazione delle immagini.

Grandezza dei teatri

Questo è un problema che va visto sotto molteplici punti di vista. Possiamoad esempio costruirci un teatro ad hoc per memorizzare un esame universita-rio, per un concorso pubblico o per superare un esame per una licenza divendita ecc. In questo caso il numero e la fisionomia dei luoghi sono stretta-mente correlati al materiale che va mandato a memoria; deve essere il teatroad adattarsi completamente ai contenuti da assimilare. In altri casi possiamodecidere di avere un solo teatro da adoperare sempre; all’occasione consigliodi usare una cifra tonda che può variare a seconda delle proprie predisposi-

Luoghi e teatri reali o fittizi?

La scelta non è indifferente. La mia considerazione è semplice: convieneiniziare sempre dai teatri naturali, ovvero da luoghi reali in cui siamo stati.Se possibile conviene costruirci dei teatri della memoria in luoghi a noi fa-miliari, ovvero la nostra casa, il percorso da casa a lavoro ecc. Il luogo reale èsempre da preferire all’artificiale, il luogo ben definito sempre da preferirsial vago, il familiare all’estraneo. Una volta memorizzato bene il teatro... lo sideve percorrere soltanto mentalmente!

Uso dei luoghi nel teatro

Il teatro della memoria – anche se costruito sulla base di un percorso, di unposto realmente esistente – è un fatto esclusivamente mentale. Ovvero: unavolta che si è mentalmente definito e stabilito ogni luogo in sé e il teatro nelsuo complesso non dobbiamo metterci a percorrerlo realmente ma soltan-to mentalmente. Il continuo e sistematico uso dei luoghi garantisce dellastabilità del teatro. Come si è in grado di percorrere mentalmente con estre-ma facilità (fin anche nei minimi particolari) il percorso che da casa nostratutti i giorni ci conduce alla fermata dell’autobus, così dobbiamo essere ingrado di fare con il nostro teatro della memoria. Dobbiamo percorrerlomentalmente quanto più possibile e dobbiamo esercitarci, tutte le volte chelo “navighiamo” con la nostra immaginazione, a inserirci delle cose che cirappresentino i concetti che dobbiamo memorizzare.

La cosa e il luogo

Si è detto che in ogni luogo dobbiamo porre una cosa che “simboleggia”, indi-ca, rimanda a un concetto che dobbiamo ritenere a memoria. Si deve conside-rare che noi abbiamo sul luogo la prospettiva dell’osservatore che lo osservanon come se ci fosse all’interno ma come se vi fosse posto di fronte. Se il no-stro teatro è una strada, i luoghi che lo compongono si troveranno ai marginie la posizione dell’osservatore sarà dal centro della strada che guarda il margi-ne. Se si utilizza un teatro a percorso conviene crearsi dei luoghi tali per cui daognuno di essi si possa vedere in lontananza il luogo che precede e quello chesegue. Ciò consente di avere sempre cognizione del teatro nel suo complesso e

3. I LUOGHI 3332 RICORDO E IMMAGINAZIONE

zioni alla gestione dell’immaginazione. Possiamo infine predisporre i nostriteatri della memoria non fini a loro stessi ma anche come supporto ad altretecniche mnemoniche che abbiamo, o avremmo, intenzione di imparare. Nelqual caso (che è anche il mio) consiglio di costruirsi un teatro con 100 luoghie uno di 30. Io ho ricavato quello di 30 all’interno di quello di 100 luoghi. Ri-cavare un teatro più piccolo da uno più grande è un’operazione abbastanzafacile quando si utilizzano teatri a percorso come faccio io; lo si può comun-que fare sempre, anche con teatri ricavati all’interno di palazzi o di apparta-menti. In alcuni casi però l’uso di un teatro piccolo ricavato all’interno di unogrande può creare conflitto, conviene allora inventarsi un teatro piccolo inmaniera differente. Crearsi due teatri comunque non rappresenta un affati-camento della memoria, per cui si tratta di un’operazione alla portata di tutti.

Come muoversi nei teatri

Seguire sempre lo stesso ordine di percorrenza è fondamentale. È questaoperazione che determina l’ordine del teatro, ovvero la sua struttura. Ciò èintuitivo quando si utilizzano teatri a percorso, diventa meno banale quan-do si usano altri tipi di teatri. C’è ad esempio chi utilizza il corpo umanocome teatro1; in questo caso stabilire un ordine e rispettarlo è fondamenta-le. Se si inizia a fissare i luoghi partendo dalla testa poi giù al collo e poi albraccio sinistro e via dicendo si deve sempre partire dalla sinistra e non dal-la destra. Se si utilizza l’alfabeto latino come teatro vale lo stesso ragiona-mento, così come per ogni altro tipo di teatro.

Tipologie di luoghi e di teatri

Da quanto detto nel paragrafo precedente si evince che si possono utilizzaretanti tipi diversi di luoghi e di teatri e ognuno può costruirsene quanti nevuole alla bisogna. Generalmente possiamo dividerli in tre categorie: reali,fittizi o misti. Reali sono i luoghi a immagine di luoghi, appunto, reali (la no-stra casa, il percorso da casa a lavoro ecc.); fittizi sono quelli costruiti conl’immaginazione (lo zodiaco, il quadro di un pittore, una filastrocca ecc.) o

1 Si veda la Figura 3 tratta dal libro La Plutosofia di Filippo Gesualdo, 1600.

Figura 3. Il corpo umano può venir utilizzato come teatro della memoria. Un esempioce lo fornisce il testo di Filippo Gesualdo, Plutosofia, Vicenza, Perin, 1600. I luoghi so-no in ordine topografico: si parte infatti dall’alluce del piede destro, poi a salire tuttauna serie di punti in successione (tallone destro, stinco destro, ginocchio destro ecc.,fino a ridiscendere sul lato destro e giungere infine all’alluce del piede sinistro. Le os-servazioni da fare sono essenzialmente le seguenti: 1) i luoghi si trovano in successionespaziale; 2) sono tutti sulla parte esterna del corpo; 3) si inizia dalla parte destra (evi-dentemente il percorso è pensato per persone destrorse le quali, quando devono ini-ziare a fare qualcosa, prediligono farlo con la mano o il piede destro).

3. I LUOGHI 3534 RICORDO E IMMAGINAZIONE

stabiliti arbitrariamente e convenzionalmente dall’uomo (l’alfabeto latino,i numeri naturali, i nomi dei mesi dell’anno ecc.). I luoghi misti sono quelliche hanno al loro interno elementi reali e altri fittizi (posso ad esempio in-serire in un percorso reale un fiocco rosa ogni cinque luoghi per ricordarmia che punto sono del mio percorso); i teatri misti sono quelli che hanno alloro interno luoghi reali con luoghi misti oppure, luoghi reali con luoghiimmaginari e infine luoghi reali alternati a luoghi misti e a luoghi fittizi.Pensiamo ad esempio a un corridoio reale con ai lati 10 porte reali; si trattadi un teatro un po’ piccolo, come posso ingrandirlo? Posso aggiungere delleporte immaginarie (luoghi fittizi) e, al tempo stesso, inserire nelle portereali elementi che mi permettano di suddividere la porta-luogo in due luo-ghi diversi che sono misti, ovvero reali e al tempo stesso immaginari (possoad esempio immaginarmi che una porta reale sia tagliata a metà con unamotosega e considerare la parte superiore e quella inferiore al taglio comedue luoghi distinti).

Inizio e fine del teatro

Se il teatro è un percorso stradale, oppure un percorso all’interno di un edi-ficio o di un appartamento, conviene, là dove possibile, porre in contiguitàl’ultimo luogo con il primo. Ovvero si deve tendere a costruire un percorsoad andamento circolare; è ovvio che non potrà mai essere (se si tratta di unteatro reale) un cerchio perfetto e, spesso, neppure assomiglierà a un cer-chio, ma deve comunque cercare di essere una figura geometrica chiusa.

Come costruirsi i luoghi

Regole precise non ce ne sono e, se si va a leggere cosa dicono le fonti stori-che oppure i mnemonisti contemporanei troveremo di tutto e di più. L’uni-ca regola da seguire è quella di provare; soltanto l’esercizio e la sperimenta-zione su sé stessi possono dirci quali siano i parametri giusti da adottare. Làdove si incontrino delle difficoltà a memorizzare i luoghi oppure a memo-rizzare le cose in certi luoghi dobbiamo sempre chiederci perché. Certo èche, se non riusciamo a ricordare cosa abbiamo messo in un determinatoluogo (se, ad esempio, ciò accade sempre al luogo numero 19), significa chelì c’è qualcosa che non va (o che non va in noi), qualcosa che ci crea distur-

Figura 4. Ecco come commenta Lodovico Dolce questa figura (nella traduzione in par-te libera fatta del libro di Johann Host von Romberch, Congestorium artificiosae me-moriae, Venezia, Melchiorre Sessa, 1533): “Finalmente conviene ai luoghi una cotalqualità, che essi non siano né troppo oscuri, né troppo lucidi: ovvero di figura e di for-ma simile, o rotonda o sferica. Perciocché l’oggetto che trascende, guasta il senso e diqui la cosa non proporzionata men si riceve dalla potenza”. Dialogo di messer Lodovi-co Dolce nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar la memoria, Venezia,Giovan Battista et Marchio Sessa fratelli, 1552, p. 26. L’immagine e la descrizione fattada Dolce-Romberch va nel senso della rappresentazione delle proporzioni ideali tral’uomo e lo spazio secondo ideali che erano quelli tipici del Rinascimento (basti pensa-re all’uomo vitruviano di Leonardo) volti in parte al recupero dei canoni estetici, manon solo, della classicità e, per altra parte, all’esaltazione del simbolismo magico eso-terico proprio di tanti pensatori, nonché mnemonisti, di quell’epoca: basti pensare aFicino, Pico, Bruno e Fludd.

3. I LUOGHI 3736 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Svuotare i luoghi

Anche in questo caso una parte importante la gioca la soggettività di ognu-no di noi. C’è chi riesce a svuotarli riempiendoli con altre immagini più vi-ve, chi li vuota automaticamente dopo un po’ di tempo che non li usa e chinon ha bisogno di fare né l’una né l’altra cosa. Se si memorizzano bene iluoghi si ritroveranno sempre vuoti dopo l’uso a meno che non si vogliavolontariamente ricordarsi di ciò che vi si è posto dentro. Se si ha difficoltàa fare così si può provare a ripercorrere tutto il teatro pensandolo vuoto. Sipossono anche riempire tutti i luoghi con sequenze fisse di immagini: se adesempio abbiamo un teatro con cento luoghi, per evitare che si stabiliscaun’associazione fissa tra un determinato luogo e una specifica immagine sipuò porre quest’ultima in tutti i luoghi così che l’associazione cosa-luogonon sia né esclusiva né rigida. Conviene comunque ripassare il teatro vuo-tando mentalmente tutti i luoghi. Infine va osservato che “naturalmente” ilnostro sistema cognitivo si dispone a pensarli vuoti ogni qual volta si abbiala necessità di riempirli.

bo per cui conviene sostituirlo. Alcune considerazione sono di semplicebuon senso: evitare luoghi esageratamente grandi o piccoli, troppo bui otroppo illuminati, troppo affollati, troppo distanti o troppo vicini ecc. Indefinitiva è sempre meglio evitare luoghi troppo dispersivi. Come già dettoperò l’unico criterio essenziale, l’unica legge dalla quale non si può né si de-ve mai derogare, è che i luoghi siano tra loro contigui.

Uso implicito della teoria dei luoghi

Il punto di vista sulla lezione. Generalmente gli studenti si seggono semprenello stesso posto in aula per assistere alle lezioni. Da quando ho iniziato adapprofondire le mnemotecniche l’ho sempre trovato un errore. A ogni le-zione di dovrebbe cambiare posto e non mettendosi sulla seggiola accantoma cambiando completamente posizione nella stanza. Se alla prima lezioneeravamo nella prima fila a sinistra, nella seconda cercheremo di essere nellaprima fila a destra, la terza al centro di una fila di centro, poi in fondo a sini-stra, in fondo a destra e via dicendo. Cambiando posizione, ci cambia il pa-norama, la prospettiva da cui si osserva l’insegnante e la lavagna. Ciò nonpermetterà certo di riuscire a memorizzare le lezioni in maniera perfettama sicuramente sarà d’aiuto per la costruzione del ricordo della situazioneche abbiamo vissuto e per diversificare il ricordo di una lezione da quellodelle altre.

Dove studiare. È un fatto statisticamente assodato: la gente studia semprenello stesso posto. Chi per ragioni di lavoro si trova a dover approfondire isettori di proprio interesse in un ufficio o in una stanza adibita a studio è“giustificato” ma gli studenti, che poi sono la maggior parte di quelli chestudiano, questa scusa non ce l’hanno e “si piazzano” sempre negli stessiluoghi: sempre nella propria cameretta oppure sempre nello stesso postodella stessa biblioteca. Questo è un errore. Se il tempo lo permette lo stu-dente farebbe bene ad andare a studiare sulle panchine nei parchi, nellepiazze (ovviamente meglio le piazze con all’interno giardini e alberi e lon-tano dalle strade altamente transitate) o dove vuole lui variando il più pos-sibile luogo. D’inverno o quando piove e si è costretti ad andare in bibliote-ca o a restare in casa: sarebbe bene cambiare posto a sedere di giorno ingiorno; certo in casa si può variare di poco ma tutte le variazioni che si pos-sono apportare è bene adottarle, fosse soltanto cambiare l’orientamentodella sedia o della poltrona su cui leggiamo.

4. L’ASSOCIAZIONE 3938 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Capitolo 4

L’ASSOCIAZIONE

Il concetto di associazione

Il concetto di associazione è di per sé talmente ampio che nelle mnemotec-niche costituisce un tema a parte. Associare ciò che per la prima volta si co-nosce a ciò che già ci è noto rappresenta il modo più naturale per ampliare ipropri orizzonti e consolidare ogni e qualsivoglia bagaglio di conoscenze.Procedendo con questo criterio è possibile stabilire legami duraturi tra lecose (immagini, concetti ecc.) in maniera tale che pensando all’una ci sov-venga a memoria anche l’altra. L’associazione è il criterio fondamentale perinserire le nuove informazioni all’interno del nostro patrimonio cognitivo,nel conto in banca delle nostre conoscenze. Attraverso i legami associativi èpossibile introdurre le nuove informazioni all’interno dei nostri schemimentali già consolidati. Ciò rappresenta il più importante elemento di dina-micità di tali schemi. Infatti la nuova nozione che entra a far parte del vec-chio sistema di conoscenze lo modifica in proporzione, in base cioè al valoreche attribuiamo al “nuovo dato” in paragone al “vecchio schema”. L’associa-zione mentale non soltanto è lo strumento cardine di ogni mnemotecnica,ma anche di tutta la creatività umana, in quanto spesso le invenzioni sononuove associazioni, associazioni inusuali tra cose già note.

Le regole delle associazioni

Sui criteri associativi si basano, oltre a tutte le mnemotecniche propria-mente dette, anche la teoria delle mappe mentali, argomento che affronte-remo poi. In verità ogni nostra attività mentale che sia un minimo struttu-rata si regge sulle associazioni. Data la vastità e invasività dell’argomento,per semplificarcelo – e per meglio comprendere quale tipo di associazione

è più appropriato utilizzare – a volte può essere utile domandarsi a cosal’informazione che voglio ricordare è opposta, simile, dissimile, vicina,lontana ecc.

La somiglianza

Si possono associare le cose in base alla loro somiglianza o a una caratteri-stica che le rende simili. Posso associare due nomi in base, ad esempio, allafede calcistica di due persone che portano quel nome: assocerò i nomi“Franco e Giovanni” perché so che sono entrambi tifosi della Fiorentina ehanno l’abbonamento in curva Fiesole. Potrò ricordarmi i presenti a unariunione di lavoro in base a uno stesso colore che hanno i loro indumenti(Antonio calzini verdi; Marco giacca verde scuro; Martina gonna verdolinoecc.). La somiglianza può essere per forma, fonetica, funzionale (vi sono se-die diversissime tra loro tanto che è impossibile avvicinarle in base alla fi-sionomia ma solo in base all’uso), concettuale o tematica (le allergie, lo sca-rico merci, il costo degli appartamenti, la vendita delle auto, il rilascio deipermessi sono tutte cose scollegate tra loro ma che possono trovare un mi-nimo comun denominatore nel tema della mobilità urbana) e infine perclassificazione.

Il contrasto

Il contrasto consente di affinare nella nostra mente le immagini degli ogget-ti. Confrontando le cose attraverso i loro tratti distintivi è necessario che le siconsiderino in tutti i loro aspetti, attività che invece può venir evitata nelconsiderare le somiglianze. Il legame per opposizione è un legame piùastratto della somiglianza ordinaria. Aristotele nel De Anima sostiene che sicomprende attraverso due “strade”: creando legami tra ciò che è simile e di-staccando ciò che è diverso. Ciò è indubbiamente vero se però si considerache anche l’opposizione è un particolare tipo di “legame”: lo è per contrarie-tà. A volte conviene associare cose opposte proprio per questa loro specifici-tà del “richiamo”: il bianco opposto al nero piuttosto che al rosso; il chiaroallo scuro piuttosto che all’evidente; il caldo al freddo piuttosto che al tiepi-do ecc. La legge logica a cui tale sistema di associazione in vario modo espesso indirettamente rimanda è la massima scolastica omnis determinatio

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Figura 5. Immagine tratta da Johann Host von Romberch, Congestorium artificiosaememoriae, 1533. Esempio di alfabeto mnemonico basato sulla somiglianza fra alcuniutensili e la forma delle lettere che intendono rappresentare. Al di là dell’effettiva effi-cacia mnemonica di tali stratagemmi, essi rappresentano comunque un’importantetappa nel percorso della conversione fonetica e nell’apprendimento tramite la conver-sione delle lettere e dei numeri (simboli astratti e convenzionali) in immagini di oggettireali.

est negatio. Definendo una cosa nego tutto il resto e, ovviamente, la negazio-ne più radicale è “l’esatto opposto” di ciò che affermo e nell’affermare l’unocome opposto all’altro, l’altro mi risulta indissolubilmente legato ad esso.

La sequenza

La corretta sequenza richiama il concetto di contiguità (leggendo il vocabo-lario di latino risulta che contiguus significa “ciò che si tocca”). La correttasequenza si ha quindi quando le cose, i concetti, le idee ecc. sono posti in unordine tale per cui vi sia una qualche forma di “vicinanza” o “prossimità”,sia essa logica, spaziale o temporale. La mnemotecnica dei luoghi si fondasu questo principio di associazione. In essa infatti i luoghi sono relazionatil’uno all’altro in una catena di elementi contigui e continui. Ciò ha valoresoprattutto spaziale: uscendo da una stanza di casa mia entro necessaria-mente in un’altra e uscendo dalla porta dell’appartamento vado necessaria-mente nel pianerottolo e da questo nell’atrio del palazzo, poi nel vialetto delgiardino ecc. In conseguenza di tutto ciò ricorderemo meglio le cose postenella corretta sequenza che non procedendo per balzi.

Inizio, svolgimento e chiusura

Questo criterio in parte richiama il precedente, estendendone logicamentela struttura e le varianti in quanto i contenuti, i significati e il filo logico del-le argomentazioni devono esser posti nel giusto ordine, espressi nella cor-retta sequenza. L’arte oratoria ben ci insegna che un discorso deve avere unsuo inizio, un suo sviluppo e una sua fine tutti ben definiti e precisi. Analo-gamente i nostri discorsi, soprattutto se sono organizzati in storielle meta-foriche oppure in sequenze di associazioni mnemoniche, devono avere unastruttura che rispetti una logica. In questo caso però si tratta di un criteriopiù ampio: in generale si deve sempre cercare di organizzare i nostri ricordiin maniera da poter essere comunicati agli altri in forma compiuta. In defi-nitiva i grandi oratori e i bravi comunicatori, prima ancora di avere unabella “parlantina”, sono persone che sanno ciò che vogliono dire, il modo el’ordine con cui dirlo. A titolo esemplificativo riportiamo le parti del di-scorso retorico e una breve descrizione per mostrare la relazione con lemnemotecniche dell’immaginazione.

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• exordium, esordio, è l’inizio del discorso, il momento in cui l’oratore cer-ca di attirare l’attenzione dell’uditorio accattivandosi le simpatie di quan-te più persone possibili dilettando e com-movendo con ornamenti la pro-pria introduzione;

• narratio, esposizione dei fatti, per informare chi ascolta (o legge) sui con-tenuti del discorso. La narrazione si riduce quasi sempre ad essereun’esposizione in ordine cronologico o in ordine logico. Spesso viene fat-ta seguendo un ordine relativo alle finalità dialettiche e in funzione degliscopi che si è dato l’oratore e che prendono corpo subito dopo, nella

• argumentatio, argomentazione, dimostrazione delle prove a sostegno del-la tesi (confirmatio) che si intendono avanzare e confutazione, spesso an-ticipandoli, degli argomenti avversari (refutatio);

• peroratio, epilogo, ovvero la conclusione del discorso; in questo caso sicerca di puntare, come nell’esordio, più sugli “effetti speciali” attirandol’attenzione e suscitando gli affetti con tutto il pathos possibile.

Tale criterio “argomentativo-retorico” è quindi anche un criterio dell’or-dine. Ciò facilita la comprensione, la fruizione e l’attenzione da parte deidiscenti. Così nell’apprendimento conviene sempre dare alle cose da me-morizzare un capo e una coda. Se si tratta di un discorso la struttura “ora-toria” è ottima e sperimentata dalla storia; se invece si tratta di qualcosa dipiù ampio (come ad esempio il programma di un esame) lo schema reto-rico deve comunque venir considerato – se non in senso stretto – almenocome un punto di riferimento verso il quale è sempre bene tendere. Si no-ti infine che la costruzione retorica del discorso “persuasivo” non potreb-be essere così strutturata se a fondamento di tutto non vi fosse l’immagi-nazione. Ciò avviene non soltanto perché il discorso deve delectare per ac-cattivarsi la simpatia dell’uditorio, ma soprattutto perché le tesi e le con-futazioni, quand’anche non siano esse stesse argomentazioni basate sul-l’immaginazione, risultano sempre maggiormente convincenti quandoutilizzano esempi che sempre sull’immaginazione si fondano. La dialetti-ca argomentativa del discorso retorico così come del teatro mnemonico siposano su un substrato immaginativo. Tale questione viene sovente defi-nita come «legge del buon inizio, della buona continuazione e della buo-na chiusura»1.

1 Mario Polito, Guida allo studio: la memoria, Padova, Muzzio, 1995, p. 221.

Tipi di associazioni

Generalmente vi sono tre tipi di associazioni mentali: 1) associazione traimmagine e concetto; 2) associazione tra immagine e immagine; 3) associa-zione tra concetto astratto e concetto astratto. Il ruolo rivestito dall’imma-ginazione nelle prime due fattispecie è di per sé abbastanza evidente (alme-no per le nostre finalità) mentre nel terzo caso è materia del contendere dasempre tra i filosofi ma, proprio per questo, è questione che in parte esula lapresente trattazione. Il tipo più “naturale” di associazione è tra immagine eimmagine ed è quello che con più facilità si imprime a memoria. Il legametra concetti astratti al contrario è quello più flebile. La maggior parte dei le-gami che però ci troviamo a creare nelle mnemotecniche sono dei primidue tipi. Il legame tra immagine e cosa astratta è una via di mezzo tra il pri-mo e il terzo e quello che più sovente ci troviamo ad affrontare. In realtà,anche senza accorgercene, utilizziamo molto più le associazioni tra imma-gini che però, proprio a causa della loro “naturalità”, non creano particolariproblemi. Le associazioni si possono categorizzare anche in merito alla mo-dalità associativa: sensoriale (possiamo ricordarci di una cosa dall’odore,dal suono ecc.), emotiva (un’emozione ci fa ricordare di una situazione adessa associata e viceversa), logica (da una serie definita di immagini “indur-ne” un’altra; da un concetto dedurne un altro) e da una combinazione ditutti questi fattori.

Doppia codifica

Le immagini sono più facili da ricordare delle parole che richiamano con-cetti astratti perché a differenza di queste ultime (che usufruiscono soltantodella codifica verbale) dispongono di una doppia codifica: verbale e imma-ginativa. Parole come “tavolo”, “quaderno” vengono codificate dal nostro si-stema cognitivo sia a livello verbale che immaginativo mentre parole astrat-te come “gnoseologia” o “nonostante” vengono per lo più registrate soltan-to a livello verbale. Per rendere “tangibili” anche i concetti astratti si devequindi provvedere a crearsi delle immagini che (in base ai criteri associativigià esposti e ad altre metodologie che verremo qui di seguito a mostrare) celi rappresentino. Detto in altri termini, là dove un concetto astratto ha unrichiamo soltanto verbale nella nostra mente (almeno in prima istanza)porremo un’immagine coerente col termine e ad essa confacente e, così fa-

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cendo, andremo a strutturare due legami (uno verbale e uno immaginati-vo) che ci renderanno l’idea più familiare.

I criteri associativi

I sistemi per organizzare le conoscenze sono essenzialmente questi: somi-glianza sia reale che metaforica; continuità (aumento, diminuzione, scale digradazione, ecc.); contiguità (pianto, lacrime); relazione (latte-burro); in-duzione logica; deduzione logica; rapporto causa-effetto, contrasto, oppo-sizione e soprattutto i legami retorici (metafora, metonimia, sinestesia,analogia ecc.), l’assonanza, la rimembranza sensoriale (un suono, un odoreecc.), la radice etimologica, la rima, la filastrocca ecc. Il principio fonda-mentale da seguire e che a ogni associazione dovrebbe sottostare, se possi-bile sempre, è quello di associare immagini a immagini. Faccio un esempio.Se devo ricordarmi di due concetti astratti come “concordia” e “disapprova-zione”, sarò costretto a crearmi delle immagini (meglio delle imagines agen-tes) per ogni concetto. Così penserò a due amici che si trovano d’accordostringendosi la mano e poi un’altra scena in cui uno dei due amici fa con lamano un cenno di “disapprovazione” con lo sguardo truce verso l’altro. Ilcollegamento è tra il concetto astratto e la scenetta reale che lo rappresentae tra le due scenette reali, non tra una scenetta reale e un concetto astratto.Detto così sembra banale ma, soprattutto nell’apprendimento delle lingue,così banale poi non è.

Lo sforzo intellettuale e la memorizzazione

Non è possibile mettere ordine fra le immagini se non si è in grado di fissarecon forza e prontezza le rappresentazioni nella mente e, per far ciò, si deve es-sere in grado di saper distinguere i dettagli che le compongono. La distinzio-ne dell’immagine coincide col suo esser “vivida” nella precisione della forma.Il termine “definire” richiama i concetti di dare un fine a ciò di cui stiamoparlando, tracciare i limiti, il perimetro delle idee, precisare, centrare la massacognitiva all’interno di uno spazio determinato. Definire infatti è anche de-terminare. L’arte della memoria è la tecnica di dare un perimetro alle idee.

Prima di distinguere i particolari però si deve vedere l’insieme. Per farciò nel modo corretto si devono tener presenti alcuni fattori. Innanzitutto il

Figura 6. Immagine tratta da Johann Host von Romberch, Congestorium artificiosaememoriae, 1533. Esempio di alfabeto mnemonico basato sulle immagini di alcuni ani-mali e le lettere iniziali del loro nome. “La nozione, come viene attuata negli alfabetivisivi, è di una semplicità infantile: come insegnare a un bambino a ricordare C ricor-rendo alla figura del cane. Rosselli, a quel che sembra con la massima serietà, suggeri-sce di ricordare la parola AER attraverso le immagini di un Asino, un Elefante e un Ri-noceronte”, Frances A. Yates, L’arte della memoria, Torino, Einaudi, 2007, p. 110. Esi-stono alcune varianti a questo tipo di alfabeti visivi; una di queste è quella di associarele lettere ad alcune persone che si conoscono attraverso l’iniziale del loro nome.

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concetto di percezione. Ciò che così chiamiamo è già e sempre anche un’in-terpretazione del sentito, un’elaborazione istantanea di ciò che entra nelnostro “campo” cognitivo. Anche la psicologia scientifica è arrivata (dopotanto affaccendarsi) a questa ovvia conclusione dalla quale, per quel che ciriguarda, possiamo trarre alcuni precetti. Percepire e considerare l’insiemenon significa “sfocare” i particolari o, peggio ancora, escluderli dall’atten-zione. Al contrario i particolari (e questo dovrebbe emergere chiaramenteda una considerazione complessiva sulle mnemotecniche) acquisiscono va-lore e “definizione” iconica proprio in relazione e all’interno del tutto. Datoche la percezione è già di per sé un’interpretazione, aggiungere ad essaun’altra interpretazione intellettuale, una rielaborazione, è quanto di piùsbagliato si possa fare e lo è per un motivo semplicissimo: perché così fa-cendo non riusciremmo mai a memorizzare interi libri o lunghe liste di no-mi. La percezione e la considerazione del tutto deve essere immediata ecomplessiva. La percezione del tutto e la distinzione dei particolari devonoavvenire contemporaneamente e a uno stesso livello di coscienza. Se la di-stinzione è frutto di una rielaborazione o di una trasposizione, traduzione,dal percepito all’astratto il fallimento è assicurato.

Il mago Robert Houdin, da cui Harry Houdini prese il nome, era unfamosissimo prestigiatore dell’800, citato da H. Bergson2. Per farla breve:Houdin aveva inventato un esercizio semplice ma intelligentissimo. Lacavia dell’esperimento era suo figlio a cui egli mostrava una pedina deldomino per un attimo e prima che il bambino potesse contare i pallinibianchi subito gliela copriva. Senza contare, basandosi sulla percezioneistantanea, e immediatamente questi doveva dire quanti erano i pallinibianchi. Ogni giorno Houdin ripeteva l’esercizio, premurandosi di au-mentare il numero delle pedine ogni qual volta il piccoletto dimostrava dirispondere agevolmente. Da quel che riporta Bergson egli usava le pedine3-4 e 4-5.

Se prendiamo alla lettera ciò che dice Houdin però, l’esercizio da luiproposto va oltre la semplice (si fa per dire) ritenzione istantanea del perce-pito, in quanto non si trattava, nel suo caso, di mantenere e sviluppare lamemoria fotografica ma, soprattutto, di sviluppare una capacità sinteticaistantanea. Si doveva infatti, senza sommare, immediatamente dire quantierano i pallini. Effettivamente non è semplice e, a dir la verità, non è chiaro

2 H. Bergson, L’énergie spirituelle cit., p. 157.

neppure se questo era, originariamente, il fine dell’esercizio. Infatti egli diceche appena fatte vedere le pedine venivano coperte, ovvero si impediva unconteggio con le pedine scoperte ma niente vietava infatti che il soggettopotesse poi velocemente fare la somma avendo presenti nella mente le pedi-ne “fotografate”. Tutto però lascia supporre che l’esercizio perfettamenteeseguito fosse quello che pretendeva non la somma “calcolata” delle pedinefotografate ma l’insieme intuito immediatamente. A questo ben più com-plesso esercizio conviene addestrarsi. Questa la differenza fondamentale trala memoria istantanea per le immagini e per la “somma dei pallini”; la se-conda fattispecie richiede, oltre a una memoria fotografica prontissima,anche una capacità sintetica immediata. Una mente allenata può compierel’errore di identificare un calcolo velocissimo con un “riconoscimento” in-tuitivo. Io ad esempio non ho nessuna difficoltà a dire immediatamentequanti erano i pallini anche avendo davanti molte pedine e un osservatoreesterno, data la velocità delle mie risposte, non può dire se le mie siano ri-sposte intuitive oppure calcoli molto veloci; in cuor mio so però che si trat-ta di calcoli molto veloci.

Se l’intuizione sia una deduzione istantanea oppure no è storia vecchia:già nel ’600 si interrogavano su questo problema e negli ultimi secoli l’in-chiostro è corso a fiumi; qui per ora il problema è un altro e ha a che farecon l’identificazione dell’immagine più che con il calcolo. Un calcolo mate-matico è sempre di per sé un’operazione deduttiva, almeno se consideria-mo la questione così; l’esercizio di Houdin deve quindi riferirsi al ricono-scimento (che è un’operazione istantanea e intuitiva) piuttosto che al cal-colo. Un’altra osservazione, a questa strettamente correlata, è che vi è unanotevole differenza tra due comportamenti: se, ad esempio, la visione dellepedine viene impedita da una mano o da un foglio di carta oppure se è ilmnemonista a chiudere gli occhi. Detto altrimenti, per quanto breve sia iltempo che ho a disposizione per osservare l’immagine (le pedine di domi-no) trovo una notevole differenza nel trattenere nella memoria la stessa im-magine a seconda che sia io a chiudere gli occhi oppure venga ostruita daun’altra immagine. La memorizzazione è avvantaggiata se a un’immaginenon ne segue un’altra. Infatti è molto più facile ricordare un’immagine per-cepita anche per pochi decimi di secondo se subito dopo si chiudono gli oc-chi. Se a un’immagine ne segue un’altra, anche se di per sé indefinita, comepuò essere un foglio di carta completamente bianco (ma pure di un altrocolore), la mente non ha il tempo per fissare l’immagine nella memoria chesubito è presa dalla percezione seguente. Questa almeno potrebbe essere

4. L’ASSOCIAZIONE 4948 RICORDO E IMMAGINAZIONE

una spiegazione, un’altra potrebbe essere che sono abituato a fissare le im-magini chiudendo subito gli occhi.

Comunque sia, l’esercizio di Houdin doveva e deve ancor oggi essere unesercizio sulla memoria istantanea e non sulla deduzione veloce, quindi deveesserci qualcosa nel racconto di Bergson che non viene detto o che non vienecon precisione specificato: a mio parere è vera la seconda ipotesi. Bergson af-ferma che Houdin iniziò mostrando al proprio figlio due pedine: la 4-3 e la5-4. Cos’è che non specifica? Non specifica se l’esercizio richiedeva soltantol’uso di queste due pedine oppure se iniziò semplicemente da queste due pe-dine. Che differenza fa, chiederete voi? Una differenza sostanziale. Perché sel’esercizio prevedeva l’uso soltanto di due tipi di pedine (la 4-3 e la 5-4), in-vece che di tutta la serie, il discorso cambia. Infatti con due sole fattispecie diimmagini l’attenzione si sposta dal calcolo al riconoscimento3.

Dopo un po’ d’esercizio si riconosce la “configurazione” dei pallini senzabisogno di concentrarsi sulle singole pedine che, comunque (ed è questol’elemento essenziale), devono venir ugualmente prese tutte in considera-zione; infatti devo averle presenti tutte per poter attribuire un valore preci-so all’immagine complessiva. Ora tale esercizio diventa più completo ag-giungendo alle pedine fino a ora considerate anche il loro inverso, ovvero,oltre alla pedina 4-3 con quattro pallini sopra e tre sotto, anche quella 3-4,con tre pallini sopra e quattro sotto. Ciò aumenta esponenzialmente il nu-mero delle combinazioni, ovvero delle configurazioni. Così facendo si han-no meno punti di riferimento fissi in quanto, ad esempio, la mezza pedinacon 4 pallini può essere sia sopra che sotto, così quelle di 3 e 5; in tal modonon è più sufficiente concentrarsi soltanto sui 3 o sui 5 ma si deve necessa-riamente avere una visione veramente complessiva dell’immagine per in-

3 Facciamo l’esempio più semplice, l’esercizio con 4 pedine. Le combinazioni possibili sono po-che e costituite dalla somma di pedine “3 e 4” (ovvero pedine con 7 pallini) e di “4 e 5” (pedinecon 9 pallini): se mi vengono mostrate 4 pedine ognuna con 7 pallini otterrò un totale di 28 palli-ni, infatti “7 + 7 + 7 + 7 = 28”. Ora, le altre combinazioni possibili sono poche ed eccole: “7 + 7 + 7+ 9 = 30”; “7 + 7 + 9 + 9 = 32”; “7 + 9 + 9 + 9 = 34”; “9 + 9 + 9 + 9 = 36”. In questa accezione la vi-sualizzazione istantanea deve considerare l’insieme delle immagini, delle pedine; questo insieme èa sua volta una sola immagine che può valere 28 oppure 30, oppure 32, oppure 34 o, infine, 36. Aquel punto il problema del calcolo veloce viene superato dal riconoscimento dell’immagine a cuisi attribuisce un valore, determinato appunto dal numero di pallini che comprende. Questo eser-cizio è a mio parere eccezionale in quanto consente, contemporaneamente, il riconoscimentoistantaneo della parte e quello dell’insieme. Infatti si tratta di “intuire” quante pedine di valore 7 cisono nell’immagine complessiva per attribuire loro automaticamente un valore. Si può per con-tro prendere come riferimento anche le pedine di valore 9.

dovinare il numero (il valore dell’immagine) preciso. Il segreto per una me-moria intuitiva è quindi quello di attribuire un valore semantico all’imma-gine, quale che esso ed essa siano.

Questo credo fosse l’esercizio di Houdin. Si tratta di un esercizio che,mascherato da calcolo deduttivo, ha la sua vera finalità nel riconoscimentointuitivo dell’immagine complessa attraverso il riconoscimento degli ele-menti, le raffigurazioni “parziali” (ma anch’esse a ben considerare com-plesse) che la compongono. Infatti lo scopo per il quale Houdin lo avevaapprontato non era di far diventare suo figlio un insigne matematico,quanto quello di poter utilizzare questa capacità di riconoscimento istan-tanea durante gli spettacoli di illusionismo. Il figlio infatti doveva ricono-scere, dopo esser stato bendato, in mano a chi erano determinati oggettiche suo padre gli indicava con un segno convenzionale. Il figlio di Houdindopo un rapido sguardo alla sala in cui si svolgeva lo spettacolo venivabendato e fingeva una facoltà di veggenza che ovviamente non aveva; pos-sedeva invece una fortissima memoria immaginativa istantanea in gradodi permettergli di ricostruire l’immagine della sala con tutte le persone e lecose ivi contenute. Ora, il fine dell’esercizio di Houdin era il riconosci-mento intuitivo immediato e la memorizzazione istantanea di un’immagi-ne nonché delle parti che la componevano. L’efficacia di detta strategia, in-dipendentemente dal fatto che se non continuamente esercitata si perdevelocemente nel tempo4, è più “emblematica” che non operativa, in quanto

4 Nell’ambito degli studi sulla lettura veloce queste tematiche hanno avuto ampia risonanza. Ilriconoscimento immediato fu però un argomento che si sviluppò nel settore militare. Durante laprima guerra mondiale, agli albori dell’aviazione, si pose il problema di come riconoscere gli ae-rei nemici. Prima si riusciva a distinguere il nemico dall’amico e prima lo si poteva attaccare; eranel vero senso della parola una questione di vita o di morte. I tecnici dell’aviazione britannica,ben consci del problema e delle sue implicazioni, svilupparono un macchinario detto “tachisto-scopio”, una sorta di proiettore in grado di riprodurre immagini su un grande schermo a inter-valli variabili di tempo. Con l’uso di tale strumento si comprese che l’occhio umano ha enormicapacità di riconoscimento sia per la velocità di acquisizione che per la precisione del riconosci-mento. Tali studi dal campo militare passarono poi anche alle ricerche sulla lettura veloce. Inquesto settore però emersero anche i limiti dell’addestramento con il tachistoscopio: «Gli stu-denti che progredivano grazie al tachistoscopio riferivano di sentirsi generalmente insoddisfattidei loro risultati dopo qualche settimana di lettura da post-laureato. La maggior parte di loro ri-feriva che, poco dopo la fine del corso, la velocità di lettura tornava inesorabilmente al livelloprecedente» (Tony Buzan, Lettura veloce, Bergamo, Alessio Roberti editore, 2007, p. 57). L’eserci-zio del domino di Houdin era un tachistoscopio ante litteram, se così possiamo dire; personal-mente mi ci sono addestrato per un periodo non tanto per diventare bravo come il figlio di Hou-din, né per fare il prestigiatore quanto per verificarne la validità. E devo dire che la mia esperien-

5. L’ORDINE 5150 RICORDO E IMMAGINAZIONE

è proprio “l’emblema” di come la memoria funzioni “perfettamente” là do-ve i pensieri si dispongano sullo stesso piano cognitivo, oppure procedanoda piani cognitivi continui, senza sbalzi né forzature, dalla pura percezioneal concetto astratto. Il principio che possiamo ricavarne ai fini dell’efficien-za della nostra memoria è che legando un concetto a un altro, oppure pre-stando attenzione a vari oggetti di studio, non dobbiamo percepire uno“scatto” e uno “scarto” tra ciò che precede e quel che segue. Più i pensieri fi-lano “lisci come l’olio”, più fluida è la successione delle immagini, dei pen-sieri e delle riflessioni nella nostra mente, minore è lo sforzo. Per inverso,maggiore è lo sforzo esercitato nell’apprensione mnestica, peggiore è il cri-terio utilizzato nell’associare i pensieri, i concetti e le immagini. Far seguireimmagini a immagini collegandole con i criteri propri delle immagini è si-curamente il modo migliore per ricordarsi le cose e quello che utilizziamosempre (senza prestarci la dovuta attenzione) nella vita di tutti i giorniquando, per ricordarci le cose che ci sono capitate, non abbiamo bisogno diricorrere a nessuna particolare tecnica rievocativa.

za conferma quanto riportato dagli studenti citati da Buzan: esercizi di riconoscimento imme-diato come quello di Houdin o il tachistoscopio funzionano indubbiamente ma richiedono uncontinuo esercizio, terminato il quale cessano anche i benefici.

Capitolo 5

L’ORDINE

L’ordine degli ordini

Tutti i metodi di catalogazione, indicizzazione, sistemazione di cose e cono-scenze (enciclopedie, cataloghi delle biblioteche, codici di leggi, disposizio-ne delle fattispecie merceologiche sugli scaffali in un negozio, elenchi deltelefono ecc.) stanno a dimostrare che per la conservazione e il successivoritrovamento di ogni cosa è necessario un ordine. Gli ordini possono esseredi diverso tipo e natura:

• logico-tematico;• semantico;• alfabetico;• numerico;• ordine degli acrostici e acronimi;• ordine dei luoghi (in un teatro della memoria classico);• ordine delle concatenazioni associative;• ordine delle simbologie (es. zodiaco);• ordine per tavole di parole (trattato nella sezione delle mnemotecniche

fonetiche) (Plebani, p. 185).

Si devono organizzare gerarchicamente (ovvero formalmente) i contenutidi conoscenza seguendo criteri deduttivi (dal generale al particolare) oppu-re induttivi (dal particolare al generale). Al di là del concetto logico in sensostretto, possiamo far rientrare nell’ambito della deduzione “mnemonica”anche quello che stabiliamo tra leggi generali e casi particolari, oppure leg-gi a valore più circoscritto. Uno studente di giurisprudenza, per esempio,

5. L’ORDINE 5352 RICORDO E IMMAGINAZIONE

nel suo ordine di conoscenze legislative porrà la Costituzione a un livellosuperiore delle leggi ordinarie e queste a un livello superiore alla leggi re-gionali ecc. L’ordine logico e tematico, come indica il nome, comunque èsempre relativo al “soggetto” che si deve memorizzare, per cui un argomen-to avrà un ordine determinato dalla materia che tratta (una lezione di chi-mica avrà un ordine definito e derivato, ad esempio, dai concetti, dalle leggie dagli esperimenti sugli acidi e le basi e via di seguito; una lezione su Kantavrà un ordine determinato in gran parte dalla prospettiva “criticista” ecc.).Detto così sembra banale, ed effettivamente lo è; però la maggior parte del-le persone studia sempre alla stessa maniera indipendentemente dall’ogget-to da apprendere. Quindi affermare che ogni materia dovrebbe avere unsuo specifico criterio di studio è certo ovvio, molto meno forse lo è peròcomprendere perché non ci adeguiamo mai a certe ovvietà.

Ordine in base a classificazioni

Nell’organizzare le informazioni secondo un ordine logico-tematico si po-tranno altresì utilizzare categorie concettuali formali quali le classificazioniche permettono la delimitazione di insiemi di informazioni in base a quali-tà distintive da noi stabilite tramite, appunto, i criteri di definizione utiliz-zati. Al di là dell’uso di classificazioni già standardizzate è consigliabile cre-arsi propri criteri classificatori che, meglio di altri, rispecchino la nostraforma mentis e l’oggetto che si deve apprendere. In tale questione possonoinfatti rientrare anche griglie interpretative quali: classificazioni in meritoagli aspetti sociali, politici, giuridici; considerazioni di tipo storico; disposi-zioni concettuali fenomenologiche (tesi-antitesi-sintesi) o cronologiche(prima-dopo: “in prima approssimazione”, “in seconda istanza” ecc.).

Ordine semantico

In realtà l’ordine semantico potrebbe venir incluso nei due precedenti, inquanto l’ordinamento dei “contenuti” in base a criteri logici, tematici e clas-sificatori implica necessariamente una “valutazione” semantica di ciò cheandiamo a organizzare. Stesso discorso per altri criteri che esporremo da quia breve. Si deve però eccepire che tale criterio ha sue peculiarità per cui con-viene trattarlo a parte. Faccio un esempio; prendiamo la seguente lista di ter-

mini: fucile, cucchiaio, software, bicchiere, percussore, mouse, pistola, tova-gliolo, monitor, forchetta, caricatore, DVD, piatto, proiettile, hard disk. Ora,tale lista può essere “riordinata” in base a un criterio semantico per cui avre-mo tre gruppi di cui uno relativo alle armi da fuoco, l’altro degli utensili perpranzare e il terzo di natura informatica. Così disposti avremo una nuova li-sta di più agevole apprensione: 1) fucile, percussore, pistola, caricatore, pro-iettile; 2) cucchiaio, bicchiere, tovagliolo, forchetta, piatto; 3) software, mou-se, monitor, DVD, hard disk. A differenza degli altri tipi di “ordinamento”delle cose nei teatri quello semantico permette di comprendere una proce-dura che la nostra mente, comunque, adotta, o dovrebbe adottare, sempre:scomporre il materiale “grezzo” che ci giunge dall’esperienza per poi riorga-nizzarlo in base a un criterio. Riorganizzare le “cose” in base al criterio se-mantico è l’attività più proficua che possiamo fare in quanto attiva tutto ilnostro sistema cognitivo di conoscenze pregresse e obbliga a uno sforzo diconcentrazione e analisi superiore a qualsiasi altra attività, almeno per ciòche riguarda l’apprendimento mirato. Il discorso a questo punto si amplia esi complica; possiamo però dire che scomporre le conoscenze date in base aun criterio analitico per quanto possibile ben definito e riorganizzarle infunzione della “vicinanza”, “somiglianza”, “prossimità” semantica non affati-ca la memoria ma al contrario la esalta; non complica la conoscenza, anzi lasemplifica e la rende più profonda e più “stabile”.

Ordine alfabetico e numerico

Data la familiarità che ognuno di noi ha con l’alfabeto, tale criterio puòavere un’utilità che spesso non viene considerata. Faccio un esempio: sedobbiamo fare una relazione sulla crisi idrica dei paesi del Mediterraneopotrei farmi una scaletta degli argomenti da affrontare basandomi propriosu un ordine alfabetico: Acqua; Bilancio degli stati; Crisi economica; Disse-sto idrogeologico; Erosione delle coste da parte del mare; Falde freaticheecc. Oppure se devo memorizzare i concetti-base di una materia (storia, fi-losofia, matematica, chimica, fisica ecc.) – data la genericità del “soggetto” –posso benissimo utilizzare un criterio alfabetico per cercare delle parolechiave che mi chiariscano ma, soprattutto, mi diano un ordine stabile delleconoscenze di quella materia. Stesso discorso vale, almeno superficialmen-te, per l’ordine in base ai numeri naturali. Tale ordine però non permetteun aggancio diretto del numero alla parola (come può essere nell’ordine al-

5. L’ORDINE 5554 RICORDO E IMMAGINAZIONE

fabetico l’iniziale); se ne deve quindi trovare uno numerico. Ad esempio, lostato italiano è una Repubblica che ha al suo vertice 1 Presidente della Re-pubblica, 1 Parlamento composto da 2 camere (Senato e Camera dei Depu-tati) condotte nei lavori da 2 presidenti, 3 questori, 4 vicepresidenti e 8 se-gretari (1-1-2-2-3-4-8). Sull’ordine numerico però esistono vere e propriemnemotecniche, alcune anche molto sofisticate che affronteremo oltre.L’ordine dei numeri naturali è un ordine estremamente formale ma ancheestremamente potente: se ci pensate, ognuno di noi è in grado di ripetere amemoria un numero pressoché infinito di parole basandosi su tale sistema.Infatti le parole “uno”, “due”, “tre” ecc. sono a tutti gli effetti parole cometutte le altre; in maniera non differente da “libro”, “casa”, “treno” si basanosullo stesso alfabeto e sulla stessa pronuncia. Una banalità direte voi; micatanto rispondo io; infatti se vi avessi chiesto se esisteva un sistema per ripe-tere migliaia di parole, o milioni, con facilità ben difficilmente avreste pen-sato al sistema dei numeri naturali interi. Certo ripetere a memoria i nume-ri non serve a molto (è pur vero che se non fossimo capaci di farlo sarebbeun grave difetto), ma ciò che qui ci deve interessare è la profonda intelligen-za su cui tale sistema si basa: vi sono dieci simboli e alcune (poche) ferreeregole per collegarli insieme. La potenza di tale sistema non è raggiungibileper altre vie ma, comunque, dovrebbe sempre rappresentare il modello perogni mnemotecnica. Nelle mnemotecniche classiche è d’uso corrente nu-merare i luoghi, oppure nominarli e, infine, nominarli con una lettera inordine alfabetico.

Acronimi

L’acronimo è un nome formato con le lettere o le sillabe iniziali o finali dideterminate parole di una frase o di una definizione, leggibili come se fos-sero un’unica parola (rif. Vocabolario Treccani). L’acronimo può essere unasigla (C.I.A. – F.I.A.T. – R.A.I.) oppure la fusione di due parole (l’inizialedell’una con la parte finale dell’altra) in maniera che il significato comples-sivo del termine sia facilmente intuibile (cantautore, eliporto, palacongres-si). L’acrostico è, sotto certi aspetti, un’evoluzione logica dell’acronimo inquanto è un acronimo che va a formare una parola di senso compiuto. Eccoun esempio con la parola “ricordare”:

• Ripetizione (operazione comunque necessaria per memorizzare).• Immaginazione (facoltà a fondamento della memoria).

• Comprensione (più si capisce meglio si ricorda).• Organizzazione (le conoscenze vanno organizzate per esser meglio assi-

milate).• Recupero (si devono adottare le giuste tecniche di recupero delle infor-

mazioni).• Doppio legame (tra parole e immagini che rappresentano i concetti). • Associazione (l’associazione dei concetti a immagini, delle immagini ad

altre immagini).• Richiamo (a volte basta solo una lettera per richiamare alla mente un’in-

tera parola).• Elaborazione (per meglio fissare un ricordo si deve rielaborare l’informa-

zione già appresa).

Ordine topologico, ovvero ordine dei luoghi

Il teatro, come abbiamo già detto, è l’ordine stesso dei luoghi. Possiamo quiaggiungere che senza il teatro i luoghi in sé, scollegati cioè da tutti gli altri,non hanno la stessa forza mnemonica che se venissero connessi. Di fatto è ilnostro senso di orientamento a creare “teatri” dai luoghi che occupiamo.L’ordine dei teatri è, in senso lato, ogni ordine spaziale che stabiliamo tra leimmagini. Tra gli ordini non formali è sicuramente il più potente. Infatti, inmaniera simmetrica al sistema dei numeri naturali, esso consta di alcunisimboli fondamentali (i singoli luoghi) collegati secondo una o poche rego-le (il teatro). La sua potenza risiede nel fatto che, pur avendo una fermezzaparagonabile (non per esattezza ovviamente) al sistema di numerazionearabo, consente un’ampissima varietà di applicazioni in quanto poggiantesull’immaginazione. La struttura del teatro mnemonico è quindi formalenella logica ma immaginativa nella sua costituzione, definizione e applica-zione.

Ordine delle concatenazioni associative

Rispetto a quanto abbiamo precedentemente detto possiamo qui aggiunge-re che, in merito all’ordine stabilito dalle associazioni mentali, il criterioche si utilizza (sempre che lo si faccia coscientemente) nell’associare le im-magini, le cose e i concetti rappresenta – o può rappresentare – un ordine.

5. L’ORDINE 5756 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Infatti posso ordinare le cose in base al criterio con cui le associo tra loro. Sedecido di associare le cose in base a una determinata caratteristica che pos-seggono (per esempio metto tutte le camicie dentro i cassetti in basso, men-tre pongo tutti i maglioni nello scomparto centrale sopra ai cassetti del mioarmadio in camera; oppure decido di mettere tutti gli indumenti di un cer-to colore, o in base all’uso che ne faccio, in determinati cassetti piuttostoche in altri) essa mi diventa la struttura dell’ordine. Quindi una qualità puòessere il tramite tra la prima cosa da ricordare e la seconda, mentre un’altrapuò esserlo tra la seconda e la terza e così via. Le filastrocche e le rime rien-trano in questo tipo di classificazione in quanto stabiliscono associazionisemantiche attraverso legami linguistici o iconici. “Trenta dì conta novem-bre con april giugno e settembre, di ventotto ce n’è uno e tutti gli altri nehan trentuno” è una filastrocca che, ad esempio, riporta in rima un ordinestabilito semanticamente (cioè dal calendario).

Ordini simbolici

La nostra cultura è fatta di segni che rimandano a significati complessi;molti di essi sono rigidamente organizzati per cui non è difficile trovare in-siemi strutturati di simboli. Un esempio classico sono i segni dello zodiaco,ma altri (ad esempio i dipinti oppure le cartine topografiche) se ne possonotrovare e servirsene come “appoggio” della memoria. Faccio soltanto dueesempi universalmente noti: il gioco dell’oca, che è un vero e proprio per-corso delle memoria, e la smorfia napoletana che, soprattutto nelle sue rap-presentazioni iconografiche, rende bene l’idea del rapporto simbolico traimmagine e numero. Si possono inoltre creare sistemi di simboli rappre-sentanti lettere attraverso la somiglianza della forma (vedere Figura 5) o ve-ri e propri codici simbolici. Affrontare approfonditamente questo argo-mento richiederebbe tempo e porterebbe il discorso lontano dall’oggetto diquesto corso introduttivo, quindi mi limiterò, nel prosieguo del manuale, aqualche breve accenno.Figura 7. L’immagine qui sopra riportata è un esempio di percorso della memoria. Si

tratta di un’illustrazione presente nel libro di Johann Host von Romberch, Congestoriumartificiosae memoriae, Venezia, Melchiorre Sessa, edizione del 1533. A imitazione diquanto fatto da Cicerone, Romberch consiglia di utilizzare itinerari che si percorronoabitualmente. L’immagine mostra il percorso di un pastore (bubulcus) che partendo conil suo gregge dalla stalla attraversa una città (o un villaggio dall’urbanistica tardo-medie-vale) passando prima dal macellaio (bovicida), poi dal libraio (bibliopola) e di seguito dal-l’armaiolo (bellator), dal barbiere (barbitonsor) per giungere infine all’abbazia (abatia).

6. LA STRATEGIA 5958 RICORDO E IMMAGINAZIONE

La prima e più importante strategia è la tecnica del teatro della memoriache abbiamo fino ad ora esposto. È la più potente mnemotecnica su baseimmaginativa e può servire da compendio e integrazione anche alle altretecniche che mostreremo in seguito. Niente vieta ad esempio di associaredei locks (vedremo tra breve di cosa si tratta) a dei luoghi del nostro teatrodella memoria, oppure di associare, sempre ai luoghi del teatro, le imaginesagentes di ciò che abbiamo deciso di ricordare ecc. Per uno studioso del-l’immaginazione, sia egli filosofo o psicologo o entrambe le cose, i teatriclassici dell’arte sono fondamentali in quanto si fondano su principi “natu-rali” di funzionamento della nostra mente, della nostra memoria e, quindi,della nostra immaginazione.

Si tratta di immaginarsi delle storielle in cui compare ogni elemento chedeve essere mandato a memoria. L’ordine delle associazioni viene determi-nato dall’ordine in cui vanno ricordate le cose. In ciò si richiama l’ordine suaccennato.

Se ad esempio devo ricordarmi la seguente lista di parole

Capitolo 6

LA STRATEGIA

• armadio• bicchiere• tavolo• zaino• colazione

• libro• impressione• documenti• libertà• consumismo

un metodo per ricordarsi questa lista può essere quello di immaginarsi laseguente scenetta: mi sono nascosto in un armadio perché è tornato a casail marito della mia amante il quale per bere un bicchiere d’acqua si mette asedere vicino al tavolo in cucina e così vede il mio zaino appoggiato lì so-pra, accanto a una tazza di latte e a un piatto pieno di biscotti per la colazio-ne. Muovendomi, maldestramente faccio cadere un libro appoggiato su unpalchetto dentro all’armadio, il marito apre l’armadio e mi vede tutto nudoricavandone una brutta impressione. Tutto infuriato dice alla moglie dipreparare i documenti per il divorzio; lei gli risponde di essere finalmentecontenta di riprendersi la propria libertà. Lascio l’allegra famigliola e vadoa mangiarmi un panino da McDonald’s, la patria del consumismo.

Al di là della banalità della scenetta e della scarsa importanza che perso-nalmente attribuisco a queste tecniche, c’è da dire che un’utilità effettiva eimportante per l’arte della memoria ce l’hanno. La storiella che ho raccon-tato in realtà è poco più di una scenetta teatrale, banale e stupida quantovolete ma, comunque, una scenetta. Tali strategie a mio avviso perdono difunzionalità ed efficacia quanto più diventano complesse. Una storiella co-me quella or ora riportata può ancora “reggere”; se però si vanno a costitui-re trame più complesse, quasi fossero un film, si presentano problemi di va-ria natura che è inopportuno trattare in questa sede. Al contrario se ci limi-tiamo a una sola scenetta con pochi riferimenti mnemonici al suo interno,la funzione mnestica assolta è di notevole qualità. Ciò ovviamente non to-glie che ci si possano costruire tante scenette e porle in ognuno dei luoghidel nostro teatro. A quel punto però l’ordine non lo dà più la concatenazio-ne associativa delle immagini interne alla storiella ma la struttura “oggetti-va” del teatro ed è tutto un altro discorso. Ora tali scenette nelle mnemotec-niche hanno un loro termine ben preciso, sono imagines agentes. Le conca-tenazioni associative banali come queste possono rappresentare anche unutile esercizio mnemonico per lo sforzo di fantasia oltre all’impegno di as-sociazione e concatenazione che richiedono. Rispetto alle tecniche classichee a quelle fonetiche però hanno un gran difetto. Le semplici concatenazioniassociative sono autosussistenti, nel senso che fondano la loro forza mnesti-ca sull’associazione interna degli elementi che le compongono. I teatri clas-sici e le mnemotecniche fonetiche invece si fondano su un’associazioneesterna al materiale da apprendere, ovvero a un insieme di immagini chenel primo caso si chiamano teatro e nel secondo lock. Il teatro è un “piano”mnemonico fissato con forza e precisione prima dell’apprendimento dellenuove informazioni e da esse indipendente, per cui le nuove nozioni che

6. LA STRATEGIA 6160 RICORDO E IMMAGINAZIONE

andremo a memorizzare inserendole in esso avranno una maggiore presasulla nostra mente proprio perché andranno a posizionarsi su un piano sta-bile. Al contrario, se ci fondiamo soltanto sull’associazione interna deglielementi che compongono un sistema di ricordi viene proprio a mancare ilpiano stabile su cui poggiarli; essi si ritrovano allora sospesi per aria. Quin-di le imagines agentes sono sempre da preferire se inserite in un teatro. Latecnica delle concatenazioni associative di per sé può avere infine una qual-che utilità nell’apprendimento delle lingue.

Si deve osservare che comunque e prima delle imagines agentes che trattere-mo tra breve, anche le immagini statiche possono essere utilizzate a finimnemonici. Tali sono i quadri e tutte le raffigurazioni (stampe, fotografie,litografie ecc.) impresse su un supporto fisico. In passato erano molto uti-lizzate per servire da “promemoria” e al tempo stesso da “riassunto” di inte-re opere. Basti ricordare la dipintura proposta al frontispizio de La scienzaNuova di Giambattista Vico, oppure le tavole di Gustav Doré per ricordarela Divina Commedia di Dante o ancora le raffigurazioni della Via Crucisraffiguranti le tappe verso il Calvario di Cristo. Le immagini statiche a que-sto punto però assumono funzione o di interi teatri o, a seconda dei casi, diluoghi e cose. Adesso vanno tanto di moda le mappe mentali (schemi con-cettuali riassuntivi di testi, teorie, materie d’esame, relazioni ecc. riportatisu carta attraverso linee vettore e connettive tra parole semanticamente e/osintatticamente legate tra loro) che utilizzano i principi dell’associazioneimmaginativa.

Come facilmente intuibile, un pensiero astratto è più facile da ricordare seviene associato a un’immagine concreta, relativa a qualche oggetto del-l’esperienza. La ridefinizione dei concetti astratti in immagini sensibili dasola però non è sufficiente per un’arte della memoria veramente efficace. Sideve fare un ulteriore sforzo immaginativo: le immagini non devono esserestatiche ma, se possibile, sempre in movimento, devono compiere unaqualche azione. Devono altresì avere una carica emotiva, ovvero: ciò che

Figura 8. Anche i quadri possono venir usati come teatri della memoria. A mio avvisosono da preferire quelli che ritraggono paesaggi conosciuti. Qui riportiamo ad esem-pio il dipinto di Bernardo Bellotto in cui viene raffigurata Piazza della Signoria a Firenzenel 1742. Siamo davanti a un teatro molto complesso anche se costituito di pochi luo-ghi – cosa che, al momento, non è importante trattandosi soltanto di un esempio. Lacomplessità consiste essenzialmente nel fatto che la piazza in 260 anni si è trasforma-ta; tale “asimmetria” però può convertirsi in un beneficio. Innanzi tutto essendo la ri-produzione di un luogo effettivamente esistente risulta comunque un valido aiuto nelcaso in cui si voglia fare del luogo ritratto (in questo caso Piazza della Signoria) un tea-tro della memoria reale. Infatti la prima cosa da fare è fissare con forza i luoghi che co-stituiscono il teatro. La forza di un teatro, e quindi della memoria artificiale tutta, di-pende principalmente da come vengono fissati i luoghi che lo compongono. Tutte levolte che dobbiamo mandare a mente qualcosa, non potendo andare a farci il giro diPiazza della Signoria, saremo costretti ad affidarci alla nostra immaginazione. Visualiz-zare una foto e una riproduzione di un dipinto che raffigurano il nostro teatro puòquindi tornarci estremamente utile per fissare i luoghi mnemonici. I dipinti e le foto-grafie comunque possono venire utilizzati come luoghi e/o teatri della memoria indi-pendentemente dal fatto che raffigurino qualcosa di reale e che noi conosciamo diret-tamente, come mostreremo oltre.

6. LA STRATEGIA 6362 RICORDO E IMMAGINAZIONE

queste immagini “agenti” compiono deve incontrare la nostra approvazio-ne o disapprovazione, schifarci o piacerci ecc. Con l’adozione delle imaginesagentes il mnemonista fa un uso controllato e volontario delle passioni edell’immaginazione; un atto cioè di per sé opposto a quanto avviene quan-do ci lasciamo andare alle fantasticherie e ai sogni a occhi aperti, in cui è lasequenza delle “figurazioni” a determinare le nostre passioni ed emozioni.Le imagines agentes, se così vogliamo dire, si possono anche definire comeuna “scena”, una “scenetta” (in cui un attore compie un gesto, un atto su unoggetto o su un altro attore che ha però funzione di oggetto) che la nostramente allestisce nei luoghi del teatro della memoria. In quanto concettoquindi la definizione di “imagines agentes” viene utilizzata anche al singola-re; infatti il concetto stesso di “imago agens” è di per sé contraddittorio: se sitratta di un’immagine che “agisce”, si muove, compie un gesto ecc. non èuna sola ma più immagini della stessa cosa che si susseguono con rapportispaziali mutanti dalle une alle altre; insomma vale qui la logica del parados-so della freccia di Zenone.

La prima applicazione di tale pratica è abbastanza ovvia: è sufficientesintetizzare un insieme coerente di concetti, una tesi, una teoria ecc. in unpiccolo numero di parole chiave, associare ad esse delle immagini e farle in-teragire in una imagines agentes. Anche in questo caso vale quanto dettoprecedentemente per la scelta dei luoghi; è infatti intuibile la necessità di as-sociare i concetti a immagini vive, coerenti e immediatamente rievocanti iconcetti voluti. Tutto ciò viene naturale se si utilizzano le regole associativesu esposte e se si fa esercizio.

Le imagines agentes sono già di per sé delle mnemotecniche; crearsidelle imagines agentes di ciò che vogliamo ricordarci, anche senza porlein un luogo del nostro teatro, garantisce una buona presa mnestica deipensieri.

Un errore da molti commesso è quello di immaginarsi delle storie comples-se, delle trame da film per meglio memorizzare fatti, persone, cose, pro-grammi d’esami ecc. A un certo livello – e utilizzando tecniche specifiche –ciò può avere anche un senso; all’inizio dello studio è un’attività sicura-mente deprecabile. Funziona, quando funziona, per motivi tutt’altro chescontati e di facile intuizione. Quindi lasciamo perdere; conviene invece

concentrarsi su ciò che è possibile fare da subito. L’azione deve esser presen-te quasi sempre in una rappresentazione che voglia mantenersi a lungo nel-la memoria, ma non deve costituire una trama troppo complessa. Comeuna frase semplice ha un soggetto, un verbo e un complemento oggetto, co-sì l’immagine che dobbiamo fissare nella memoria deve avere qualcuno oqualcosa (il soggetto) che compie un’azione (il verbo) “di, a, da, in, con, su,per, tra, fra” qualcos’altro (il complemento oggetto). La similitudine traimagines agentes e periodo sintattico semplice non è affatto banale e rap-presenta uno dei punti di forza di teorie come quella di Prendergast a cuifaremo cenno fra poco parlando dell’apprendimento delle lingue.

L’imagines agentes deve quindi ridursi, inizialmente, a rappresentarenon una storia complessa (un film – tanto per intenderci), quanto una sin-gola azione, un insieme limitato di “sequenze” di immagini che permettanodi fissare l’immagine della cosa all’azione compiuta con, da, oppure su diessa. Deve essere, semplicemente, un’immagine in movimento o, per la pre-cisione, un’immagine di un’azione. Deve esserci qualcuno o qualcosa che faqualcos’altro. Giordano Bruno nella “prima pratica” consigliava di crearsiun alfabeto in cui a ogni lettera poter collegare una persona nell’atto dicompiere un’azione su un oggetto1. A tutti noi è capitato di non ricordarciuna parola, ce l’abbiamo sulla punta della lingua ma non ci vuol propriotornare a mente. Poi accade che ascoltiamo un discorso, sentiamo un ru-more oppure anche una sola lettera e, come per miracolo, la parola perdutaaffiora a galla. Ora Bruno, ispirandosi in parte a Pietro da Ravenna, l’avevapensata proprio bene: non importa memorizzare tutte le parole, è suffi-ciente memorizzare la prima sillaba o, semplificando noi ancor più, le pri-me tre lettere che compongono il fonema. Egli partì quindi dall’alfabeto la-tino a cui aggiunse le lettere greche che non trovavano in esso un corrispet-tivo fonetico e semantico e le lettere dell’ebraico, il tutto per 30 simboli. Aldi là dell’aspetto mnemo-fonetico, pur rilevante nel nostro discorso ma sulquale siamo costretti a sorvolare, è da considerare che queste 30 lettere de-

1 Non è questo il luogo per esporre le teorie di Giordano Bruno; a titolo puramente esemplificati-vo (quindi senza attribuirgli nessun valore storiografico) liberamente prendo ad esempio, mutan-dola radicalmente, la prima pratica bruniana per la memoria delle parole. Ciò che credo caratte-rizzi la mia esposizione è l’accento sulla grammatica e il parallelismo tra la prima pratica e la sin-tassi di lingue moderne come la nostra; rimando invece all’interpretazione di Gianni Golfera perogni eventuale e maggiormente appropriato approfondimento sulla tecnica bruniana che, co-munque, presenta caratteri di complessità di apprendimento, difficoltà di applicazione e dubbiapraticità che trascendono gli intenti di questa guida.

6. LA STRATEGIA 6564 RICORDO E IMMAGINAZIONE

vono potersi anche combinare tra loro. Bene, a ogni lettera dell’alfabetocolleghiamo una persona; nel mio caso, essendo un uomo, una donna. Nonè necessario che il nome della donna inizi con la stessa lettera che deve rie-vocare la sua immagine ma, se così è, tanto di guadagnato. La ragazza èquindi il soggetto nonché la prima lettera della sillaba da ricordare. Adessodobbiamo occuparci della seconda lettera, come facciamo a ricordarcela?Semplice, il nostro soggetto, la nostra signora, dovrà pur far qualcosa; eccol’azione che essa compirà verrà collegata alla seconda lettera. L’azione hafunzione di predicato verbale, indica l’azione e insieme al soggetto è unodei componenti fondamentali della frase in quasi tutte le lingue. Inoltre ilpredicato verbale, nella frase semplice, segue sempre il soggetto, quindi nonsoltanto cronologicamente ma pure logicamente l’azione segue l’agente.Con il verbo abbiamo quindi la seconda lettera; la terza a questo punto nonpuò che essere il complemento oggetto, ciò verso cui l’azione del soggetto èindirizzata. Avremo quindi trenta oggetti che, a nostra scelta, costituirannola terza lettera. In tutto dovremmo disporre di 90 elementi.

Io ad esempio mi ero costruito un alfabeto con tutte donne (sono piùfacili da ricordare) che iniziava con l’immagine della mia amica Alessandranell’atto di Allattare un’Ampolla (A-A-A). L’immagine è sicuramente biz-zarra ma efficace dato che la mia amica ha un bel seno prosperoso e inoltrecompiva un’azione espressa con un verbo che iniziava anch’esso con A suun oggetto iniziante per A.

È fondamentale comprendere quanto importante sia l’associazione traimmagini raffiguranti la stessa lettera sotto i suoi tre differenti aspetti (sog-getto, verbo, complemento) dato che questo rappresenta il “perno” delleruote della memoria. La forza dell’associazione è tra il simbolo della letterae le tre immagini che la rappresentano sotto i tre diversi aspetti or ora men-zionati. Quindi una volta fissate nella mente le associazioni “A-A-A”, “B-B-B” e via dicendo, le associazioni “composite” (rappresentanti tutte lesillabe tri-elementari possibili con tutte le lettere dell’alfabeto) evocheran-no naturalmente le immagini di riferimento. Se, ad esempio, dovessi ricor-darmi la parola inglese “relay” (parola che significa, a seconda dei contesti:trasmettere, riferire, comunicare, ripetere ecc.) mi raffigurerò una ragazzache si chiama Rachele mentre Esibisce una Livella, la mostra al pubblicomagari in piedi sul banco del negozio in cui lavora: quindi lei espone, riferi-sce come si usa una livella.

Si osserverà opportunamente che in questa immagine potrebbe anchenon esservi niente che costituisca un legame tra la rappresentazione della

Figura 9. Esempio di ruote mnemoniche utilizzate da Giordano Bruno. Le lettere pre-senti in anelli diversi hanno significato e funzioni differenti. Nel primo anello a ogni let-tera va collegata una figura mitologica o eroica. Al secondo anello le lettere vanno fat-te corrispondere a un'azione che può esser compiuta da una delle suddette “persona-lità” mitologiche. Al terzo anello ogni lettera deve far riferimento a un attributo o auno strumento posseduto o utilizzato dalle figure mitologiche. Ogni attributo devepotersi “applicare” a ognuna delle figure mitologiche. Dall’unione di una figura mito-logica con un’azione e un attributo o strumento si ottiene una imagines agentes ingrado di esprimere una sillaba, o una sigla o comunque un insieme tri-elementare dilettere in grado di funzionare da lock (appiglio) per la memoria.

scena e il significato della parola; altrimenti detto: cosa lega l’immagine diRachele che esibisce una livella con il significato di trasmettere e ripetere?Volendo anche poco o niente. A questo punto però si apre un’altra annosaquestione che in questo testo introduttivo siamo in parte costretti a sorvo-lare. Comunque l’essenziale lo devo pur chiarire: innanzi tutto l’immaginedeve servire a evocare una parola e non un significato; comprendere questoè fondamentale. La prima cosa è quindi imparare la nuova parola, dato cheil significato lo sappiamo già; non c’è infatti bisogno (anche se prima io unaccenno l’ho fatto) di memorizzare il significato di “trasmettere”, “comuni-care” ecc. Ciò che dobbiamo, in primo luogo, imparare è la nuova parola,l’imagines agentes è per la parola sconosciuta non per il significato noto. Sideve comunque riconoscere che è opportuno anche un riferimento iconicoal significato, ma ciò a determinate condizioni che affrontate qui ci porte-rebbero veramente fuori rotta.

7. MNEMOTECNICHE FONETICHE 6766 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Ora, indipendentemente da tali problematiche collaterali, questi esempisono, per l’appunto, soltanto esempi e come tali vanno presi. In realtà se vo-gliamo utilizzare questa tecnica dobbiamo fare qualcosa di più che non giu-stapporre a dei soggetti alfabeticamente selezionati e disposti dei corrispettivipredicati verbali nonché i conseguenti complementi oggetto. Dobbiamo po-polare il nostro teatro di 90 simboli di cui 60 espressi da immagini di personeo cose e 30 da azioni, quindi da qualcosa di più “astratto” che non la sempliceimmagine della cosa. Comprendere l’azione giusta da far compiere a tutti e30 i soggetti non è affatto semplice, dato che dobbiamo trovare 30 azioni chesi adattino bene a 30 soggetti: azioni come “allattare” ed “esibire” sono indub-biamente azioni che ben si adattano ai soggetti di sesso femminile ma già conquesti due esempi possiamo notare che è più coerente il secondo esempio da-to che “esibire” si adatta meglio a ogni tipo di oggetto che non il verbo “allat-tare”. Certamente l’esempio dell’allattamento dell’ampolla può ancor piùravvivare il ricordo dato che si tratta di un’immagine strana, inusuale e biz-zarra, ma non sempre le cose tornano come in questo caso. Ma possiamosempre farle “quadrare”. La mnemotecnica grammaticale dell’imagines agen-tes della prima sillaba consente di crearci un appiglio per rievocare pensieri,concetti ma, soprattutto e in primo luogo, parole; è in definitiva una tecnicadi memoria verborum.

La gestualità è, in termini mnemonici, una modalità di creazione di imaginesagentes. La recitazione aiuta la memorizzazione delle parole. Se così non fos-se come farebbero gli attori di teatro (che spesso ma non sempre conosconole mnemotecniche) a ricordarsi intere commedie a memoria? La parola as-sociata al gesto si rafforza nella misura in cui gli dona significato. Mimare ègià di per sé stesso un atto associativo; non solo, spesso il gesto segue natu-ralmente la parola rendendo il legame ancora più stretto quand’anche lomanifesti espressamente. Inoltre l’associazione gesti-parole e il mimare pos-sono venir considerati a tutti gli effetti delle vere imagines agentes.

Il codice fonetico

Il codice fonetico è un sistema preposto ad associare o, meglio, convertire inumeri in lettere. In molti hanno affrontato questa questione: Hérigone,Leibniz, Feinagle, Paris; in Italia, Silvin, Aureli e Plebani e nel resto del mon-do tanti altri ancora. Questa conversione può esser fatta in molti modi e nelcorso dei secoli e nei diversi autori ha avuto molti aggiustamenti.

Il sistema, va riconosciuto, è semplice e geniale, anzi è tanto più genialequanto meglio riesce ad esser semplice. Come tutti sanno è difficile ricor-darsi a memoria i numeri, soprattutto se lunghi. Tale sistema permette ditrasformare i numeri in parole e frasi in maniera tale che siano più facil-mente rammentabili. Fin dal Medioevo vi sono stati sistemi che cercavanodi trasformare i numeri e le lettere in immagini e prima ve ne erano altriancora diversi (in quanto il sistema di numerazione era differente). I moltisistemi che si sono succeduti dal Rinascimento all’Età moderna si fondava-no ancora sul concetto di somiglianza dell’immagine e dell’associazione“materiale”. Ecco un esempio di come associare le cifre arabe a degli oggetti:

1 Chiodo (simile per forma e posizione).2 Cigno (simile per forma a un cigno stilizzato).3 Aquila in volo (se inclinato il numero 3 può vagamente ricordare un

aquila in volo).4 Vela (simile a una vela di una barca o di una nave).5 Gancio (vagamente simile, ma in posizione inclinata, a un gancio attac-

cato al muro).6 Proboscide (simile per andamento della curva).7 Aratro (vagamente simile per forma, ma non per inclinazione, a un ara-

tro arcaico stilizzato).

Capitolo 7

MNEMOTECNICHE FONETICHE

7. MNEMOTECNICHE FONETICHE 6968 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Ovviamente non è importante la scelta dei termini di conversione – sitratta del resto di parole che possono essere sostituite a piacimento – quan-to il criterio con cui sono state scelte che necessariamente dovrà essere ri-spettato alla lettera.

Regole di conversione e di composizione

Dagli esempi fatti nella colonna di destra si possono intuire già alcune re-gole. Parte del successo di queste tecniche è che sono proficuamente utiliz-zabili sfruttando un insieme di segni già noto (l’alfabeto) e un numero li-mitato di regole rigide nella definizione ma che comunque permettono unacerta elasticità e ampiezza di applicazioni.

Costanti e variabili. Come possiamo facilmente desumere dalla tabella laconversione va fatta soltanto con le consonanti; le vocali non hanno nessun si-gnificato, servono soltanto per poter ordinare le consonanti in parole coerentie con un significato d’uso comune. Quindi le consonanti rappresentano le“costanti” del nostro metodo, mentre le vocali sono le “variabili”, le parti cioèche posso cambiare alla bisogna senza perdere nessun valore di conversionefonetica. Questa è stata una grande invenzione: avere una parte fissa di conver-sione rigida (consonanti con numeri) e una parte mobile (le vocali) di adatta-mento semantico al fine di costruire parole e frasi con un senso compiuto.

8 Pista macchinine (le macchinine elettriche con cui giocano i bambini).9 Palloncino (simile a un palloncino tenuto per un filo di spago).0 Ciambella (simile per forma).

Tale tipo di associazione può venir ulteriormente rafforzato assegnandoalla cifra e all’oggetto un colore; così, con un po’ di fantasia, avremo:

1 Chiodo/ marrone (uno/bruno).2 Cigno/blu (due/blue).3 Aquila/grigio (il colore dell’uccello che si allontana in volo). 4 Vela/bianco (le vele spesso sono bianche).5 Gancio/nero (spesso sono di metallo nero).6 Proboscide/avorio (il colore delle zanne anatomicamente vicine alla pro-

boscide).7 Aratro/verde (l’aratro che incide la terra e rovescia le zolle con l’erba verde).8 Pista/rosso (pensare a una macchinina rossa o all’assonanza rosso/otto).9 Palloncino/arancione (un colore sgargiante tipico dei palloncini).0 Ciambella/giallo (le ciambelle sono giallo-dorate).

Questi stratagemmi possono avere una loro utilità se applicati su piccolinumeri ma si rivelano complessi e poco economici se adoperati sui grandinumeri. Quindi la strada da seguire per i grandi numeri deve essere un’al-tra. È assodato che ci ricordiamo con più facilità le parole che non i numerie molto meglio le frasi che non i numeri lunghi. Quindi si deve trovare unmodo per convertire direttamente le cifre in lettere e, come detto, in moltihanno contribuito a questa impresa.

Conversione fonetica

Se prima abbiamo associato i numeri a degli oggetti e a dei colori adesso liassoceremo a delle lettere. Se però adottiamo un’associazione rigida inizian-do con 1 = A, 2 = B, 3 = C, 4 = D, 5 = E ecc. ci rendiamo subito conto che lasequenza delle lettere che otterremo facendo una qualsiasi conversione nonporta a niente; innanzi tutto perché se converto le dieci cifre arabe mi restafuori più della metà dell’alfabeto e poi perché con le dieci lettere che utilizzoben difficilmente riuscirò a costruire parole e, soprattutto, frasi sensate. Ilcriterio da seguire deve quindi necessariamente essere un altro che troviamoriassunto nella seguente tabella che dovrà essere ben memorizzata:

1 = T, D the, Tao, etto, atto, Dea ecc.

2 = N, GN Noè, gnu, anno ecc. (suono nasale)

3 = M mai, amo, miao ecc.

4 = R eroe, re, oro, reo ecc.

5 = L, GL olio, Leo, ali ecc. (suono liquido)

6 = C, G ciao, acciaio, oggi ecc. (C e G dolci, suono palatale)

7 = CH, GH, Q (K) ghiaia, oca, eco ecc. (suono gutturale)

8 = F, V uova, uva, Eva, afa ecc.

9 = B, P bue, ape, oppio ecc.

0 = S, Z, SC asso, asse, zio, zoo, tazza ecc. (suono sibilante)

7. MNEMOTECNICHE FONETICHE 7170 RICORDO E IMMAGINAZIONE

La conversione fonetica consente di memorizzare numeri lunghi trasfor-mandoli in parole o frasi dal senso compiuto e, per questo, di più facile ri-tenzione che non lunghe catene di cifre dall’impalpabile significato. Faccia-mo un esempio: se per caso dobbiamo memorizzare un numero di dieci ci-fre (come potrebbe essere un numero di telefono, un numero di matricola odi un’utenza di servizio, fornitura di acqua, gas, elettricità ecc.) possiamoconvertirlo foneticamente con una frase di facile apprendimento:

Consonanti doppie. Le consonanti doppie contano per una soltanto, quin-di se devo convertire la parola tazza in numero non avrò 100 (T = 1 + Z = 0+ Z = 0) ma 10 (T = 1 + ZZ = 0); bella sarà 955 (B = 9 + L = 5 + L = 5) ben-sì 95 (B = 9 + LL = 5), quindi la parola bella sarà foneticamente equivalentealla terza persona singolare del verbo belare (bela), così la frase “una bellache bela” darà 1-95-95 e non 1-955-95.

Pronuncia. L’associazione non andrà fatta con il segno scritto della conso-nante ma con il suo suono (da qui il nome di conversione fonetica); quindiquando andremo a pronunciare la lettera D non dovremo dire Di (D + i)ma semplicemente D, come fanno i bambini quando imparano l’alfabeto. Èimportante fare così altrimenti si crea subito un’associazione rigida traconsonante e vocale che non deve aver luogo, dovendo questa infatti varia-re alla bisogna.

Gruppi fonetici. L’insieme GL varia di valore a seconda della pronuncia percui la parola maglia sarà 35 (M = 3 + GL = 5), mentre la parola igloo darà 75(G = 7 + L = 5). Stesso discorso vale anche per altri gruppi. SC: uscita vale01 (SC = 0 + T = 1) mentre esco vale 07 (S = 0 + C = 7). Per la pronuncia dialcune parole straniere dovremmo introdurre anche altre eccezioni ma pernon appesantire troppo l’argomentazione ci fermiamo qui e rimandiamoad altro scritto un ulteriore approfondimento. Limitiamoci a dire che bastausare il buon senso (ed esercitarsi un po’ a convertire), per cui la j di Jugo-slavia ha valore neutro mentre quella di jolly conta 6 in quanto si pronunciacome la g; così la y di rally ha valore di vocale ecc.

Pensiamo a un ufficio o a una biblioteca: ogni libro e ogni pratica vanno po-sti nel giusto ordine, sullo scaffale o dentro il faldone apposito per poter esse-re con facilità ritrovati. Così funziona anche la memoria. La tecnica della con-versione fonetica ci ha dato qualcosa di più che non la semplice traduzionedei numeri in parole in quanto le parole, spesso se non sempre, si portanodietro anche delle immagini. Per cui se penso alla trascrizione fonetica deinumeri da 1 a 100 otterrò anche una serie di parole e quindi di immagini or-dinate. Non soltanto: per ricordarmi l’ordine di queste immagini e la lorocorretta successione non dovrò ricorrere a un teatro ma basterà riconvertirela parola in numero, cosa che, con un po’ di esercizio, mi risulterà facile.

domani piove oppure nevica1329894287

Ovviamente non sempre vengono frasi così coerenti, spesso saremo co-stretti a inventarci frasi più bislacche. Ecco alcuni esempi con date “stori-che”: 11/09/2001 (t/d) (t/d) (z/s) (p/b) (n) (z/s) (z/s) (t/d), “ti doso bene seazzanno”; 12/10/1492, “dono a tazze derubato” e via dicendo. Una volta ap-prese però le frasi bislacche si fissano con maggior precisione nella menteche non quelle più consuete.

Il calendario, un esempio di applicazione pratica

Per dimostrare l’efficacia di questo metodo1 generalmente si pone agli “ap-prendisti” mnemonisti un gioco a indovinello. Si chiede al mnemonista di in-dovinare in quale giorno della settimana (lunedì, martedì, mercoledì ecc.) ca-de una determinata data dell’anno (il 25 dicembre piuttosto che il 15 agosto oun qualsiasi altro giorno). Con grande stupore degli astanti il mnemonistaindovina sempre il giorno. Come fa? Si è forse imparato tutto il calendario amemoria? In realtà il sistema è molto semplice (ma anche molto geniale l’in-ventore che per primo ci ha pensato): si deve consultare il calendario dell’an-

1 3 2 9 8 9 4 2 8 7

Do Ma Ni Pio Ve Oppu Re Ne Vi Ca

1 Si veda Maurizio Possenti e Paola Cuppini, Tecniche di memoria e lettura veloce, Firenze, Giunti-Demetra, 2009, pp. 189-191.

7. MNEMOTECNICHE FONETICHE 7372 RICORDO E IMMAGINAZIONE

so, semplice e dalle potenzialità infinite; la trascrizione fonetica dei numeridà un sistema oggettivo e univoco di “costruzione” astratta delle parole-im-magini; infine le parole-immagini così ottenute possono essere la rappre-sentazione “sintetica”, “l’immagine chiave” del concetto da ricordare oppuretrasformarsi a loro volta in luoghi della memoria a cui poter collegare o den-tro cui inserire altre immagini rappresentanti ricordi. Se, ad esempio, devomemorizzare una lunga lista di termini non dovrò far altro che collegarel’immagine della cosa rappresentante ogni termine all’immagine del lock.Così se il numero 1 viene trascritto foneticamente nella parola “dea” e devoricordarmi del termine “lettera” mi immaginerò la dea Venere mentre imbu-ca una lettera dentro una cassetta postale; se dopo dovrò memorizzare la pa-rola “coltello” potrò immaginarmi Enea (la mia trascrizione fonetica del nu-mero 2) che cerca di scassinare con un coltello la cassetta postale dentro cuiVenere aveva messo la sua lettera. Uno dei più evidenti vantaggi dei locks ri-spetto ai loci classici è che possiamo sempre sapere a quale punto del teatro sitrova un’immagine o un lock, dato che ognuno di essi è il corrispettivo di unnumero. Inoltre i teatri così costruiti possono essere virtualmente infiniti.Essi, come già accennato, possono essere utilizzati anche come immagini dinumeri per ricordarsi pin, numeri di conti correnti e altro. I luoghi dei teatriclassici, per contro, hanno altri enormi vantaggi: sono molto più duttili,consentono un ordine spaziale e puramente immaginativo che non necessi-ta di nessuna conversione logica; sono per così dire molto più naturali deilocks e per questo, a giudizio di chi scrive, sono da preferire.

Tabella dei locks

Quello che segue è soltanto un esempio2 di come può venir costruita unatabella di locks ad uso di teatro della memoria. Alcune sommarie considera-zioni: innanzitutto si è messa la parola “Zoo” (che sta per zero) all’inizio. Sesi struttura un teatro però conviene metterla per ultima al posto del 100 (inalternativa si può utilizzare un termine con valore 100 come può essere laparola “discesa”), in quanto se usata davanti all’1 tutte le immagini diventa-

no che si intende memorizzare e controllare in quale giorno (numero) cadeogni primo lunedì del mese. Per il 2011 si ha questa serie:

Gennaio 3Febbraio 7Marzo 7Aprile 4Maggio 2Giugno 6

Luglio 4Agosto 1Settembre 5Ottobre 3Novembre 7Dicembre 5

2 Si veda ad esempio: Maurizio Possenti e Paola Cuppini, Tecniche di memoria e lettura veloce cit.,pp. 161-162; Tito Aurelj, L’arte della memoria, Roma, Carlo Voghera, 1905; Gianni Golfera, L’artedella memoria di Giordano Bruno, Milano, Anima Edizioni, 2005; Benedetto Plebani, L’arte dellamemoria, Milano, Hoepli, 1899; Aimé Paris, Souvenirs du cours de mnémotechnie, Paris, MadameLévi Libraire, 1829.

A questo punto conviene raggruppare la serie numerica così ottenuta ininsiemi di due, tre o quattro cifre (377 - 426 - 415 - 375) e convertirli fone-ticamente. Otterremo ad esempio “magico rancio a radice ammucchialo”che non significa assolutamente niente se non si vuol proprio affibbiargliun senso ma che sicuramente è più facile da memorizzare che non377426415375; sicuramente è più facile che non impararsi a memoria tuttoil calendario. A questo punto il gioco è fatto; se infatti mi viene richiesto diche giorno viene l’11 gennaio, sapendo che il primo lunedì del mese è statoil 3 non dovrò fare altro che un semplice calcolo matematico aggiungendo a3 il 7 e arrivando così al lunedì successivo, il 10, quindi l’11 deve per forzaessere un martedì. Obietterete voi che forse ci si mette meno a controllaredirettamente il calendario che non a fare tutto questo lavoro di memorizza-zione e calcolo; rispondo che avete ragione, si tratta soltanto di un gioco,ma mostra un’applicazione intelligente di un principio razionale e, da uncerto punto di vista, anche economico.

Per alcune tipologie di lavoratori (chi svolge attività di segreteria, adesempio) ciò però potrebbe rappresentare anche un effettivo aiuto, maadesso non è importante il suo uso pratico quanto il valore di esempio chepuò rappresentare per la nostra esposizione introduttiva. Anche la sequen-za stabilita dalla conversione fonetica dei numeri non è tanto importanteper la “memorizzazione diretta”, quanto per la creazione dell’ordine che poipermetterà la memorizzazione.

Locks

Le parole ottenute dalla trascrizione fonetica dei numeri funzionano comedei locks (lucchetti), dei punti di appiglio ai quali attaccare le cose da memo-rizzare. Sono a tutti gli effetti i sostituti dei loci nei teatri classici della memo-ria. Il sistema numerico decimale, altrimenti detto, fornisce un ordine preci-

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 7574 RICORDO E IMMAGINAZIONE

no corrispettivi dei numeri dei luoghi successivi: così il corrispettivo delnumero 1 “Dea” (proviamo a immaginare la Dea Afrodite) in realtà è il luo-go numero 2 (il numero 1 è lo “Zoo”). Quindi costruendo un teatro di lockspartiamo sempre dalla conversione fonetica del numero 1. Nella tabella chesegue si è anteposto all’1 lo 0 semplicemente per mettere in fila tutti i nu-meri con la stessa decina (dal 10 al 19; dal 20 al 29 ecc.), ma costruendo ilteatro partiamo sempre dal numero 1 e arriviamo al 100.

0. Zoo 10. Tazza 20. Naso 30. Mazza 40. Rossa

1. Dea 11. Tetto 21. Nodo 31. Mito 41. Ruota

2. Enea 12. Donna 22. Nonna 32. Manna 42. Rana

3. Uomo 13. Dama 23. Gnomi 33. Mamma 43. Rame

4. Oro 14. Tiro 24. Nuora 34. Mauro 44. Raro

5. Olio 15. Telo 25. Anello 35. Mele 45. Rally

6. Gioia 16. Doccia 26. Noci 36. Micio 46. Regia

7. Oca 17. Tacco 27. Nocca 37. Macchia 47. Ricco

8. Uova 18. Tuffo 28. Neve 38. Mafia 48. Rovo

9. Bue 19. Tappo 29. Nappa 39. Mappa 49. Roba

********** ********** ********** ********** **********

50. Lesso 60. Gesso 70. Cassa 80. Vassoio 90. Pazza

51. Loto 61. Cetto 71. Chiodo 81. Foto 91. Body

52. Lana 62. Cenno 72. Cono 82. Vino 92. Panna

53. Lima 63. Cima 73. Camme 83. Fame 93. Piuma

54. Alloro 64. Cera 74. Carro 84. Verro 94. Baro

55. Lella 65. Cielo 75. Chilo 85. Foglia 95. Balla

56. Leccio 66. Ciuccio 76. Cuccia 86. Faggio 96. Bacio

57. Allocco 67. Geco 77. Coca 87. Fico 97. Bocca

58. Leva 68. Ceffo 78. Cavo 88. Fava 98. Buffo

59. Lupa 69. Ceppo 79. Cappio 89. Fobia 99. Pappa

Imagines agentes e apprendimento delle lingue

Prima di iniziare questo capitolo del manuale desidero fare una precisazio-ne. La parte dell’apprendimento delle lingue è, pur nei limiti di uno scrittointroduttivo come questo, preponderante rispetto a quella dell’apprendi-mento delle altre discipline e il perché è presto detto. L’apprendimento del-le lingue è più complesso, dal punto di vista dell’immaginazione, che non lemnemotecniche per ritenere le formule matematiche, oppure le leggi ecc.Tutte queste cose infatti possono venir riportare a quanto detto sulle regolegenerali dell’arte della memoria per immagini1; al contrario l’apprendi-mento delle lingue (che tra l’altro ha un uso molto più ampio di ogni altradisciplina dato che, comunque, nel comunicare una qualsiasi forma di sa-pere, scienze, arti ecc. non si può prescindere dal conoscere una lingua) ne-cessita di spiegazioni ulteriori e diverse che non per ogni altra forma strut-turata di comunicazione e conoscenza. Nonostante sia ormai diventato unluogo comune quello di ritenere che non si impara una lingua dalla gram-matica (dato che ognuno di noi ha imparato la propria lingua madre senzal’ausilio di nessun compendio di morfologia e sintassi), in tutte le scuole,pubbliche come private, elementari come l’università, si continua a incen-trare lo studio delle lingue proprio sulle regole formalizzate dai linguisti. Innatura però non esiste grammatica! Perché questo errore così facilmenteidentificabile non viene corretto?

Capitolo 8

APPLICAZIONE DELLEMNEMOTECNICHE PER IMMAGINI

1 In realtà la questione della matematica è più complessa e l’affronteremo alla fine di questo sag-gio. Il centro della mia argomentazione adesso è il ricordo in relazione alla memoria più che il ri-cordo in relazione alla comprensione dei concetti; in questo senso quindi la presente argomenta-zione differisce da quella che riporterò alla fine.

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 7776 RICORDO E IMMAGINAZIONE

gole parole, piuttosto che la grammatica? Perché le frasi rappresentano giàdei piccoli teatri della memoria, all’interno dei quali poi si possono cam-biare le cose nei luoghi, ovvero le parole all’interno della struttura gram-maticale. Il teatro è già la sintassi, le immagini sono già la semantica, le co-se nei luoghi sono già le parole. Il tutto deve formarsi per imitazione e sen-za sforzi di comprensione, così come quando andiamo a fare una passeg-giata non compiamo nessuno sforzo per comprendere dove siamo, da qua-le parte siamo arrivati e verso quale direzione stiamo andando. Il significa-to emerge dopo, gradualmente quasi quanto spontaneamente: prima siparla poi si capisce ciò che si dice.

La memorizzazione quindi segue una strada diversa, e per alcuni aspettianche opposta, alla comprensione astratta del concetto. È questo un princi-pio che dovrebbe esser sempre tenuto presente: la comprensione astrattarende difficoltosa la memorizzazione a chi non ha un’adeguata strutturaconcettuale nella quale inserire ciò che viene compreso. Per il bravo profes-sore di filosofia o di matematica, ad esempio, non è difficile imparare unanuova teoria astratta in quanto ha uno schema mentale arricchitosi e affi-natosi negli anni nel quale farla convergere; per un giovane studente inveceè vero il contrario: un notevole sforzo di comprensione è assolutamenteinutile se non viene associato alla creazione di uno schema mentale, di unteatro della memoria.

Il concetto astratto non soltanto va compreso ma va anche “collocato”da qualche parte. Anzi, prima che compreso, andrebbe sempre collocato. Sì,ma dove? Non certo in uno schema mentale astratto che, appunto, si deveancora costruire (oppure stiamo costruendo), non certo in un ordine sur-rettizio e avulso dal contesto in cui ne siamo venuti a contatto. Le cose van-no imparate senza nessuno sforzo intellettuale, per imitazione e collocan-dole, sempre per fare un esempio (che però di per sé non ha ambizioni diessere esaustivo), su di noi, al centro del nostro teatro cognitivo, della scenache stiamo vivendo nel momento in cui le apprendiamo.

Per questo motivo i bambini imparano facilmente e senza l’ausilio dinessuna grammatica a parlare la lingua dei loro genitori: collocano le frasiche sentono naturalmente e intuitivamente nella situazione in cui le hannoapprese, senza nessun medio dell’astrazione. “Mangia la pappa” significasemplicemente il suono: “mangia la pappa”, quando il bambino è davanti auna scodella piena di cibo e sua madre gli è di fronte con un cucchiaio pie-no di pappa. Lui non sa cosa significhi mangiare, cosa sia la pappa, cosa siaun verbo, un soggetto, un complemento ecc.; sa soltanto che la mamma

Vi sono ragioni psicologiche: le regole sintattiche forniscono uno sche-ma già prefabbricato, non richiedono un impegno realmente creativo e, aben considerare, neppure profondamente interpretativo; vi sono poi ragio-ni sociologiche: stabilire infatti precise regole di traduzione, di codifica edecodifica dei linguaggi “regolarizza” gli scambi fra le comunità, siano essicommerciali, legali, burocratici o politici. Infine vi sono ragioni di econo-mia didattica: infatti una lingua non si può insegnare ma soltanto impara-re; una lingua non è semplicemente una conoscenza che si trasferisce dauna persona a un’altra ma una competenza che nasce all’interno dell’indi-viduo che si relaziona con un ambiente socialmente evoluto. Ciò che puòessere comunicato, e quindi trasferito e – in definitiva – “venduto” è sempli-cemente uno “schema di apprendimento”, ovvero una grammatica. Le reti-cenze più forti a una vera riforma della didattica in questo settore comun-que vengono dalla psicologia: ricevere uno schema di apprendimento giàcodificato esime dal riflettere autonomamente, dallo sforzo di comprensio-ne (e già questa è una ragione fortissima del successo delle grammatiche) e,d’altra parte, rassicura perché chi ha scritto il libro di grammatica ne sa si-curamente più di noi.

In realtà tentativi di scavalcare il “metodo grammaticale” non sono maimancati nella storia; un esempio chiarificatore ci viene offerto da ThomasPrendergast che nel suo The mastery of languages codifica un nuovo (e nonsoltanto per quel periodo, il 1864) metodo per l’apprendimento delle lin-gue straniere. A parte il fatto che tale sistema è tuttora valido e che sarebbeinteressante analizzare, al di là delle ipotesi su suggerite, il perché non abbiaavuto la diffusione che merita2, esso risulta interessante per vari motivi. Ilprimo dei quali è che per l’apprendimento delle lingue non c’è bisogno disforzare la memoria per la ritenzione delle parole; l’apprendimento inoltrenon deve partire dalle strutture grammaticali e neppure dalla traduzionenella propria lingua.

L’apprendimento della lingua deve prescindere dalla comprensione se-mantica del linguaggio e deve basarsi sulla ripetizione e l’apprendimento“percettivo” (articolazione dei suoni e ritenzione dell’immagine sensoria-le) delle frasi. Per quale motivo si devono imparare le frasi (le lunghe ecomplesse meglio delle brevi e semplici) evitando di comprendere le sin-

2 In realtà il metodo Prendergast è stato recuperato ma pure semplificato, denaturato e strumen-talmente aggiunto a molte nostre contemporanee metodologie di insegnamento delle lingue.

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 7978 RICORDO E IMMAGINAZIONE

emette dei suoni che noi gente acculturata riconosciamo nell’insieme digrafemi “mangia la pappa”, quando lui è a sedere a tavola con davanti unoggetto pieno di roba calda e che sua madre gli pone un cucchiaio pieno diquella roba. Infine questa situazione egli non la riflette come potrebbe sem-brare dalla descrizione che ora ne ho data, semplicemente la sperimenta sudi sé senza il medio dell’astrazione.

Il significato della frase è nella scena stessa che vive, è parte integrantedel suo teatro della memoria. Così si imparano le lingue in maniera idio-matica, sostiene Prendergast e, sinceramente, è difficile dargli torto. Il fattoè però che col passare degli anni il bambino viene progressivamente coin-volto e intrappolato in un sempre più complesso sistema di simboli e signi-ficati e, con l’affermarsi di questo, si va sempre più perdendo la naturalezzadell’apprendimento infantile. Recuperare il vecchio sistema di apprendi-mento diventa quasi impossibile; per contro esso viene sostituito dall’ap-prendimento per “addizione”: si sommano le vecchie conoscenze alle nuo-ve, in tal modo però inserendole sempre nei soliti schemi mentali che, colpassare del tempo, si rendono sempre più rigidi. Le mnemotecniche stesserisentono spesso di questa tendenza all’astrazione che poi altro non è chetendenza alla ritenzione mnemonica, alla mente come magazzino di infor-mazioni. Infatti molte tecniche tradiscono in parte i loro stessi presuppostiirrigidendo l’apprendimento all’interno di rigide regole che non tengononel dovuto conto i processi di astrazione.

La memorizzazione forte, potente, parte sempre con un processo di de-astrazione, di rinuncia ai nostri schemi mentali fissi, per adattare la mentealle nuove conoscenze. Infatti, se adeguiamo le nuove conoscenze ai nostrischemi fissi di pensiero, dobbiamo compiere un complesso e faticoso lavo-ro di astrazione, di adattamento “semantico” del nuovo concetto al vecchioschema “sintattico”. Al contrario, se nell’apprendimento adeguiamo la no-stra mente alla cosa da imparare, se creiamo un nuovo sistema di riferimen-to (un nuovo schema, una nuova rete di relazioni o come la vogliamo chia-mare) alla cosa che si pone sul suo stesso piano cognitivo, l’astrazione (equindi lo sforzo) non entra in gioco che in minima parte. Certo è che tuttala nostra società e la nostra stessa mente, per sua intima natura, ci spingonosempre verso la conferma degli schemi che col tempo ci andiamo formandoe affinando. Ciò comporta un notevole risparmio di energie mentali nel-l’immediatezza dell’apprendimento del nuovo, ma al prezzo di un maggio-re sforzo successivo e di una minore capacità ritentiva sul medio e lungoperiodo.

Figura 10. Il diagramma dell’albero si trova nell’Arbor scientiae di Raimondo Lullo, ed.a stampa Lugdunum 1515. Come possiamo vedere si tratta di una mappa mentale(così verrebbe definito oggi tale disegno) preposta a ricordare un insieme strutturato diconoscenze (in questo caso la scienza di cui Lullo si riteneva l’ideatore). Si osservi che ivari concetti sono rappresentati da parole che vengono disposte in espansione daltronco dell’albero: in alto dai rami e in basso dalle radici. Senza entrare nei dettagli del-la scienza di Lullo possiamo comunque constatare con facilità che i concetti sono postigerarchicamente dal centro verso la periferia dello schema – senza mai tornare indie-tro – in base al ruolo che essi rivestono all’interno del sistema filosofico che intendonorappresentare. Si consideri infine che tanto le radici quanto i nastri su cui sono scrittele parole sui rami hanno andamento curvilineo e che inoltre, al di là della stessa imma-gine dell’albero, vi sono altre immagini atte a rafforzare la presa mnestica dei concetti(fiori, frutti, il monaco ecc.).

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 8180 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Nell’apprendimento idiomatico, così come nelle mnemotecniche, si te-me di ripartire sempre da zero o, almeno, da uno o da due, da cinque, dadieci e non da mille o da cinquemila così come, per abitudine, siamo porta-ti a pensare ogni volta che apprendiamo qualcosa di nuovo. È una paura in-fondata quella che inconsciamente ci tiene lontani dal corretto metodo diapprendimento; la paura di perdere tutto ciò che si è già appreso. Infatti, ac-cantonare gli schemi mentali di riferimento acquisiti viene naturalmentescambiato per perdere tutto ciò che si è appreso come se la “vita” di ciò chesi conosce dipendesse dal sussistere dei nostri rigidi schemi mentali.

Al contrario, riuscire ad aggiungere nuovi schemi (nuovi teatri) ai vec-chi rende la nostra mente più elastica e più agile il pensiero. Uno sforzo ef-fettivamente va fatto, esso però va in una direzione diversa rispetto a quellache normalmente si crede. Si tratta dello sforzo di cambiare sistema di rife-rimento, di lasciare i nostri punti d’appoggio per costruirne altri. Per il si-stema di apprendimento di Prendergast vale quel che sosteniamo per i tea-tri della memoria. Erroneamente si ritiene che l’uso dei teatri della memo-ria rappresenti un affaticamento della memoria, che si carichino le mentidelle persone con immagini inutili ecc.; in realtà senza teatro non esistereb-be coscienza, la coscienza stessa è il teatro della nostra mente. Ciò che dob-biamo fare è diventare, almeno in parte, padroni del meccanismo.

Normalmente adattiamo le nuove conoscenze ai nostri schemi rigidi dipensiero. Con le mnemotecniche non si cerca subito di rendere più elasticie flessibili tali schemi; si tenta invece di aumentarne il numero imparando acrearne, coscientemente e metodicamente, di nuovi. È soltanto in un secon-do tempo, quando si è già padroni del sistema di memorizzazione tramiteteatri, che si può cercare di rendere più elastici i nostri schemi mentali. In-fatti il mnemonista abile non soltanto pone nuove conoscenze in nuovi tea-tri, ma riesce anche ad adattare i vecchi teatri alle nuove conoscenze. L’ap-prendimento e la memorizzazione devono avvenire, per così dire, in manie-ra “idiomatica”, senza il medio della riflessione, senza troppo elucubrare suconcetti e immagini. Ciò pone l’obbligo dell’esercizio perché, almeno al-l’inizio, non è facile liberarsi dalle vecchie abitudini. Quel che spesso nep-pure i mnemonisti tengono in considerazione è che la mente si dà natural-mente dei teatri, ovvero contestualizza i propri contenuti che, per sé presi,sono sempre e soltanto delle astrazioni. L’apprendimento idiomatico diuna lingua per imitazione pone infatti l’accento sul contesto (la frase) piùche sulla cosa (le singole parole), sulla rappresentazione (iconica o acusticache sia) piuttosto che sul significato. Non possiamo riportare qui il sistema

di Prendergast nel suo complesso, visto che nella nostra società, e dati gli at-tuali metodi di insegnamento, diventa impossibile prescindere dalla gram-matica; possiamo però prenderne alcuni spunti.

Musicalità

L’apprendimento di un gran numero di vocaboli e delle strutture sintatti-che delle lingue non può avvenire che con estremo sforzo attraverso il me-todo associativo. Si devono invece considerare altri due tipi di apprendi-mento: apprendere frasi dal senso compiuto; apprendere “la musicalità”, lacadenza della frase senza concentrarsi sul suo significato “statico”, ovverosulla sua traduzione. Quindi la pronuncia della frase deve sempre precederela traduzione del vocabolo.

Memorizzare la frase e associarla all’immagine

Dobbiamo iniziare a imparare frasi utili senza stare a tradurle ma associan-dole all’immagine di ciò che rappresentano. Se devo imparare la frase “Howmuch does it cost?” non mi focalizzerò sulla traduzione letterale bensì mifingerò una scenetta in cui io chiedo al pasticcere quanto costa una crostatacon la marmellata, un’altra immagine dove pongo sempre la stessa domandama a un altro personaggio, ad esempio a una commessa di un negozio dielettronica che mi mostra un nuovo modello di telefono e via dicendo.

Le frasi prima delle regole delle frasi

Le regole grammaticali si “materializzano” in frasi (per cui ad esempio la co-struzione della frase interrogativa del present continuous in inglese prendecorpo in frasi del tipo “Is it raining?”, “Who are you waiting for?” ecc.) percui si devono imparare gli esempi senza fare riferimento alla regola che lisottende ma collegandoli a immagini dinamiche (imagines agentes) coeren-ti. Più le immagini sono diverse nell’oggetto ma coerenti nel criterio gram-maticale implicito, più saranno efficaci. Frasi come quelle ora esposte nonhanno niente in comune, eccezion fatta che per la costruzione grammaticaleche, guarda caso, è proprio ciò che abbiamo deciso di non considerare. Co-

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 8382 RICORDO E IMMAGINAZIONE

me procedere allora? Costruiamoci immagini che siano legate tra loro pro-prio dalla funzione grammaticale della frase. Sembra difficile ma con un po’d’impegno non lo è affatto. In questo caso pensiamo di essere a sedere nelnostro ufficio e di parlare a un nostro collega che sta guardando fuori dallafinestra. Ripetendo “Is it raining?” immaginiamo che egli stia guardandofuori mentre piove; con “Who are you waiting for?” invece sta guardando perstrada mentre arriva la sua fidanzata con cui ha un appuntamento. Alle pre-cedenti posso senza problemi aggiungere la frase “What are the childrendoing?” e immaginarmi che il mio collega invece di guardare la fidanzata stiaosservando i bambini che abitano nel palazzo di fronte mentre stanno guar-dando la televisione che è posta vicino alla finestra e che mi risponde “They’rewatching television.” Così come posso immaginarmi di essere in ufficiodavanti alla finestra mentre sono a telefono con un amico che mi chiede cosasta facendo il mio collega (“What’s Paul doing?“) e io che rispondo “He’s rea-ding a newspaper” dopo che il mio collega (questa volta è lui a sedere allascrivania a leggere) mi ha chiesto: “Is it raining?”. Obietterete che non sem-pre è così facile creare dei collegamenti, ma si tratta di un obiezione noncompletamente esatta. In realtà si può sempre procedere in questo modo e ladimostrazione è proprio nelle frasi inglesi che vi ho ora riportato: non le hoinfatti scelte io per mia comodità ma le ho prese “tali e quali” da una serie diesempi sul present continous dall’Essential grammar in use della CambridgeUniversity Press (sono esempi che si trovano tutti insieme a p. 18 dell’edizio-ne a cura di Raymond Murphy, 2007). Comunque sia è bene ripetere che ilegami tra le immagini e le regole grammaticali non devono necessariamen-te essere per similitudine immaginativa (come potrebbe essere l’ambienta-zione dell’ufficio negli esempi su riportati) ma soprattutto per prossimitàfunzionale come negli esempi della frase “How much does it cost?” in cuicambiano i luoghi, i personaggi e gli oggetti ma resta identica l’azione delchiedere il costo dell’oggetto, oppure come negli esempi posti all’inizio dellibro in cui fingevamo di essere poliziotti e controllando i documenti ai turi-sti chiedevamo “How long are you here for?”.

Conversazioni immaginarie

Nell’apprendimento delle lingue straniere un ottimo esercizio è quello difingersi delle conversazioni con qualcuno. Dobbiamo immaginarci una si-tuazione reale (come ad esempio quella in cui ci troviamo in un ristorante e

parliamo col cameriere) e avviare uno scambio di battute col nostro o i no-stri interlocutori. Ciò può risultare alquanto ostico, soprattutto se non si èmolto esercitata l’immaginazione in precedenza, ma, per fortuna, vi è unsostituto molto utile e divertente della conversazione immaginaria: i fu-metti. Così poter leggere dei fumetti in inglese facilita di molto l’apprendi-mento della lingua: essi sono supportati dalle immagini; generalmente nonrichiedono un bagaglio lessicale particolarmente complesso e, a differenzadei libri di narrativa, sono molto più vicini alla lingua parlata. Il vantaggiodi esercitarsi con le conversazioni immaginarie è che funzionano meglio,prima e, soprattutto, esercitano l’immaginazione; i vantaggi della letturadei fumetti è che sono meno impegnativi per l’immaginazione, esimonodalla costruzione delle frasi. I fumetti sono passivi, le conversazioni imma-ginarie attive: proprio per questo i primi sono più facili mentre le secondepiù efficaci.

Costruzioni perifrastiche e traduzione

Il tradurre è, a sua volta, un buon esercizio; il sistema migliore è tradurrenella lingua che si vuole imparare, quindi per un italiano tradurre dall’ita-liano all’inglese. Non è importante il numero di errori che si commettono –sempre che si possa far controllare la traduzione a chi è in grado di correg-gerci – quanto l’esercizio di composizione. Non è importante tradurre allalettera, anzi è meglio tradurre nei modi più variegati possibile, utilizzandogiri di parole ecc.

Ecco cosa racconta Thomas de Quincey nella sua autobiografia:

A tredici anni scrivevo in greco con facilità, e a quindici possedevo quella linguacosì bene che non solo componevo poesie greche in metri lirici, ma potevo conver-sare in greco corrente e senza imbarazzo. Da allora non ho mai incornato un dottoche fosse capace di tanto, e io dovevo la mia bravura alla pratica quotidiana di tra-durre dai giornali a prima vista nel miglior greco possibile: perché la necessità difrugare nella mia memoria e nell’inventiva alla ricerca d’ogni sorta di combina-zioni ed espressioni perifrastiche per rendere le idee, le immagini, le relazioni tra lecose, proprie del tempo moderno, mi aveva dato un dominio della lingua che nonavrei mai raggiunto a furia di piatte traduzioni di saggi morali ecc.3.

3 Thomas de Quincey , Confessioni di un oppiomane, Milano, Garzanti, 2003, p. 11.

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 8584 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Le costruzioni perifrastiche, così come ogni altra forma di costruzione sin-tattica e di traduzione semantica che favoriscano l’inventiva dell’individuo,sono sicuramente da preferirsi. In maniera poi neppure tanto dissimile siapprende una lingua straniera “sul posto”. Si combinano gli elementi lessi-cali in nostro possesso non per riprodurre esattamente ciò che si vorrebbedire ma per riuscire a esprimere ciò che si intende comunicare; altrimentidetto: se non sappiamo tradurre alla lettera una frase della nostra lingua inun’altra, che conosciamo poco, cosa facciamo? Semplicemente cerchiamodi combinare le parole straniere e i pochi elementi grammaticali in nostropossesso per costruire una o più frasi nell’altra lingua cercando di avvici-narci, per quanto possibile, a ciò che vorremmo esprimere. Col passare deltempo e seguitando a fare questo tipo di sforzo arriveremo a padroneggiarealcune frasi “perfette” nell’altra lingua. Esse costituiranno degli elementistabili nell’universo mnemonico che andiamo formandoci della nuova lin-gua; automaticamente ci serviranno da modelli per esprimere altri concettiche condividono però lo stesso schema sintattico. Faccio un esempio:quando insegnavo italiano agli studenti stranieri, prima o poi durante ilcorso accadeva che mi chiedessero di insegnare un sistema per imparare ilmodo congiuntivo perché, a loro dire, “il congiuntivo è il verbo più difficileda imparare in italiano”. Generalmente insegnavo, modificandolo in italia-no corrente, il famoso verso di Cecco Angiolieri “Se fossi fuoco arderei ilmondo”. Ripetevo io più volte la frase mentre spiegavo la funzione del con-giuntivo (e anche quella del condizionale) nella costruzione della frase ipo-tetica. Poi per esercizio chiedevo di costruire frasi simili nella struttura, madi applicarle ad altre situazioni del tipo: “Se fossi ricco comprerei un’autonuova”, “Se tu fossi comprensiva ti direi la verità” ecc. Infine io suggerivo lasituazione e chiedevo agli studenti di costruirci sopra una frase ipotetica sulmodello di Cecco, esempio: “mela-matura-mangiare”, “Se la mela fosse ma-tura la mangerei”. Cercavo però di proporre frasi che avessero o potesseroavere un diretto “corrispettivo” nell’immaginazione, meglio nella percezio-ne presente, cioè esempi su qualcosa di presente in aula. Questo sistemaconsentiva di ottenere una memorizzazione delle regole grammaticali fun-zionale alle esigenze di ognuno. L’attenzione poi si sarebbe concentata suuna frase “concreta” e non su una regola astratta. Molti esercizi che si trova-no sui libri (come ad esempio quelli che chiedono di completare frasi date,oppure di risistemare frasi destrutturate) mirano invece a fissare regolegrammaticali astratte. Queste frasi “cardine” e “modello” a livello di mne-motecnica hanno funzione di locks.

L’errore “associativo”

Le strategie presentate fino ad ora prescindono il criterio associativo. Infatti siè detto di memorizzare le frasi più che le parole e anche le frasi devono venirmemorizzate più per la melodia, per “il suono” che producono che non per latraduzione semantica o la struttura grammaticale che veicolano. L’associa-zione c’è ma non è un’associazione rigida fra parola e significato, quanto fra“suono” e situazione in cui l’atto linguistico si manifesta. Ciò non di meno lemnemotecniche associative in quanto tali possono avere una loro proficuaapplicazione nell’incrementare il lessico di una lingua straniera, come vedre-mo tra breve. Nell’apprendimento delle lingue straniere è certo importantecrearsi immagini delle frasi e delle parole che si vanno imparando ma, ancorpiù importante, è prestare attenzione a quali tipi di legami associativi si in-tendono utilizzare. Se devo imparare la parola “apple” la prima immagine chemi viene in mente è quella di una mela, dato che questa è la sua traduzione, manon è l’immagine giusta per ricordarsela. Perché? Eppure, se la parola apple si-gnifica “mela”, alla mela devo pensare? Certamente, salvo il fatto che per me-morizzare una parola devo, in un certo qual senso, “transitare” dalla parolaall’immagine ma per ricordare devo poter risalire dall’immagine alla parola.Ed è a questo punto che l’immagine della mela mostra tutta la sua inefficacia:perché per l’immagine della mela io ho già nel mio vocabolario mentale unaparola che la denota: la parola “mela” appunto. Quindi se penserò all’imma-gine della mela non mi tornerà in mente la parola “apple” bensì “mela”. L’im-magine deve allora permettermi di risalire alla parola, me ne costruirò quin-di una rifacendomi ai criteri associativi su esposti per cui, ad esempio, la pa-rola “apple” mi ricorda per pronuncia la parola “Paul”, mi costruirò quindi lafrase “(lui) è Paul”, ovvero l’imagines agentes (mi chiamo infatti Paolo) di unmio amico che mi presenta a un’inglese dicendo “(lui) è Paul” (èpoll) mentresto tenendo in mano una mela.

La regola aurea per l’apprendimento dei termini di una lingua straniera

Per parlare correttamente una lingua straniera si devono imparare dai 2000ai 4000 termini. Non sono poi tantissimi. Si possono imparare anche 100 ter-mini al giorno senza un eccessivo impegno seguendo alcune regole. La prin-

8. APPLICAZIONE DELLE MNEMOTECNICHE PER IMMAGINI 8786 RICORDO E IMMAGINAZIONE

cipale delle quali è, come abbiamo anticipato sopra, di creare due immagini.La prima dovrà per somiglianza (sia essa fonetica, semantica, logica, di prossi-mità ecc.) richiamare la parola (meglio ancora: la pronuncia della parola) nel-la nostra lingua; la seconda il significato della parola. Faccio un altro esempio:per memorizzare il verbo inglese “to seek”, mi immaginerò una persona di miaconoscenza particolarmente secca che va a cercare i funghi. Due immaginiquindi fuse in una sola azione: l’immagine della persona secca e quella del“cercare” i funghi. Per ricordarsi la parola inglese “riddle” che significa “indo-vinello”, “enigma”, mi immaginerò un famoso comico davanti alla sfinge diGiza che ride. Esempi potrei farne tanti e qualcuno obietterà che non per tut-te le parole si possono trovare immagini adatte. Rispondo che non è poi cosìdifficile e che la cosa importante è che le immagini devono ricordare qualcosaa voi, e a voi soltanto, non a tutti, come sono costretto a fare in questi esempiio. Nella sezione riservata alle tecniche fonetiche abbiamo introdotto il con-cetto di locks, dei lucchetti; tale strategia può venir applicata anche all’appren-dimento dei termini in lingua straniera attraverso le imagines agentes. Se devoricordarmi la parola “deserve” lo potrò certo fare per assonanza con “deserto”(o, meglio, con l’immagine di uno studente particolarmente bravo, quindi“meritevole” che tiene in mano il suo diploma di laurea nel mezzo di una du-na nel deserto), ma potrò anche associarla a dei lucchetti da me preventiva-mente imparati. Per cui, seguendo le indicazioni nella tabella dei locks su ri-portata, associerò la parola a dei locks in base alla trascrizione fonetica inversa(che dà dalla parola il numero, in questo caso 1048). In questo caso non im-porta associarla a tanti lucchetti quante sono le consonanti, ma soltanto aquelle iniziali; una o due sono generalmente sufficienti. Generalmente l’uso diimagines agentes più locks garantisce una buona presa mnestica.

Imagines agentes scienze e matematica

Tutto ciò che abbiamo detto sull’uso delle immagini può venir applicatosenza nessun problema alle scienze. Fisica, chimica, biologia, ingegneria, ar-chitettura ecc. sono materie di studio che richiedono una forte visualizza-zione dei concetti. Memorizzare le immagini che si trovano nei libri e chesono a corollario, a spiegazione e illustrazione delle conoscenze da essi tra-smesse non è qualcosa di secondario né, tanto meno, di superfluo. Cercarepoi di visualizzare i concetti via via che si imparano è molto importante. An-zi dovrebbe essere la base dell’apprendimento. Si dovrebbe iniziare a impa-

rare la fisica, prima ancora che dai concetti, dalle immagini che ci “mostra-no” i concetti. Ciò vale anche per la geometria e, quindi, estendendo, per tut-ta la matematica. Sulla matematica però qualche precisazione va necessaria-mente fatta dato che, a differenza di tutte le discipline che fondano su di essala loro esattezza e rigorosità, essa non ha sempre un immediato e diretto“corrispettivo” visivo. Anche per le formule e i teoremi più astratti e com-plessi si possono trovare immagini da “cucire” insieme secondo le regole del-l’immaginazione e dell’associazione su esposte, per cui rimando chi vogliaapprofondire le tecniche applicate alla matematica e alle scienze ad altra se-de; dal punto di vista delle mnemotecniche dell’immaginazione esse presen-tano certo argomenti di ulteriore approfondimento ma richiederebberoun’ampia esposizione e discussione, tutte cose cioè che travalicano gli inten-ti di questo manuale. Il pericolo è quello di fornire tecniche che si fermanoalla mera rievocazione fattuale delle “parole e dei numeri” non consentendoperò un paritetico e parallelo apprendimento dei concetti. È stato questo ilcaso del famoso mnemonista russo Seresevskij studiato dall’ancor più famo-so neuropsichiatra Lurija. Seresevskij riusciva a memorizzare tutto ma nonsempre di ciò che ricordava comprendeva il significato, tanto è vero che, conegual facilità, ricordava cose semanticamente rilevanti e altre assolutamenteinsignificanti. Con la tecnica della costruzione di una storiella tramite con-catenazioni associative (che abbiamo su esposto) egli riusciva a memorizza-re anche formule molto complesse ma assolutamente insignificanti. Ecco unesempio:

Neiman (N) uscì fuori e frugò con il bastone (.). Guardò un albero seccato che gliricordò una radice (√) e pensò: «Non stupisce che questo albero sia morto e che lesue radici siano state messe a nudo, visto che esso esisteva già quando costruii que-sta casa [casa in russo si dice Dom], queste due qui (d2)», e di nuovo batté in terracon il bastone (.). Egli disse «Le case sono vecchie, si dovrebbe mettere su di esseuna croce (X)». Ciò dà un grande profitto sul capitale originario: egli investì nellaloro costruzione 85 mila rubli. L’edificio è rifinito nella parte superiore del tetto ( –– ) e sotto c’è un uomo in piedi che suona l’armonica (VX)…4.

4 Daniele Aluigi e Roberta Luzi, Tecniche di memoria, Roma, Dino Audino Editore, 2009, pp. 41-42;A.R. Lurija, Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla, Roma, Armando editore, 1979.

9. MAPPE MENTALI E MAPPE MNEMONICHE 8988 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Ovviamente la storiella continuava fino ad aver compreso tutta la for-mula. Seresevskij era anche avvantaggiato dal fatto che in maniera del tuttonaturale faceva ampio uso di sinestesie per cui i numeri per lui non eranomeri “oggetti” astratti ma avevano una forma, un colore, una densità, unodore, uno spessore, una consistenza loro propria e specifica. In manieranon dissimile anche tutti gli altri mnemonisti consigliano di imparare lamatematica.

Riportiamo un altro esempio:

L’espressione seguente si riferisce al “procedimento di iterazione per la radice qua-drata” di Denman-Beavers.

5 Gianni Golfera, Pierangelo Garzia e Edoardo Rosati, Il grande libro della memoria, Milano, Sper-ling & Kupfer, 2010.

Davanti a un limone(lim) si sta esercitando il grande Yuri (Y) Keki, l’atleta si chinaa raccogliere un kiwi (k) e poi tende la mano (=) per porgerlo ad Anna (A) che sfog-gia un cappellino poggiato a coprire solo metà (1/2) testa. Anna afferra il kiwi (K) elo lancia sulla punta di una freccia () contro un paio di occhiali (�)5.

Tenuto conto che comunque non si può prescindere dal fare gli eserci-zi nel modo consueto, si può comunque consigliare di trascrivere le for-mule, i teoremi ecc. su un foglio e ripercorrerli più volte come se fosseroteatri, evocando simbolo per simbolo, numero per numero le immaginiche ci siamo creati. I metodi “alla Seresevskij”, soprattutto la sinestesia ap-plicata alla matematica, possono avere una loro utilità ma, lo ripeto, lamemorizzazione in questo caso trascende la semantica e, anche se non laesclude, certo non la necessita. Questo, a mio modesto avviso, è il limitemaggiore di queste tecniche: scindono l’aspetto meramente rievocativodalla comprensione del significato di ciò che si vuol mandare a memoria,quindi, in definitiva, l’unico vero consiglio che mi sento di dare qui èquello di sforzarsi di comprendere ciò che si studia e, parimenti, di visua-lizzarlo. Come già detto, per materie come la fisica, la biologia e la chimi-ca ciò può risultare agevole e immediato in quanto spesso nei libri vengo-no riportate immagini, schemi, disegni ecc. che facilitano il compito; masi può fare anche con la matematica, in primis attraverso la geometria ma,in definitiva, in ogni suo aspetto. La regola è semplice e universale: cerca-re di visualizzare tutto.

Dei tre tipi principali di mappe per l’apprendimento – concettuali, solu-tion maps e mentali – queste ultime sono quelle maggiormente efficaci aifini mnemonici. Mentre le altre hanno come prioritaria, se non esclusivafinalità, quella di esporre e spiegare un argomento, le mappe mentali per-mettono una più efficace assimilazione della materia e una sua più agevo-le – successiva – rievocazione. L’inventore, Tony Buzan, sostiene che lemappe mentali sono efficaci perché le idee vengono rappresentate, a dif-ferenza che in un testo “normale”, con il linguaggio “naturale” della nostramente, entrando così a far parte del nostro bagaglio di conoscenze inmaniera diretta o, almeno, meno mediata. Esse hanno inoltre una eviden-te funzionalità sintetica, riuscendo a rappresentare in un solo schemapagine e pagine di testo scritto in forma narrativa, lasciando poi, certo,alla persona il compito di ricostruzione-ristrutturazione argomentativadei concetti fondamentali.

La costruzione delle mappe mentali è piuttosto semplice: conviene pren-dere un foglio (è possibile utilizzare il quasi “universale” formato A4),disporlo in orizzontale (al fine di sfruttare al meglio il nostro campo visivoche si estende più in orizzontale che non in verticale) e scrivere al centro iltitolo o l’argomento principale che si intende sviluppare.

Tale elemento costituisce anche il punto di partenza della nostra mappa,punto di partenza che deve essere sempre e soltanto uno. Da questo nodocentrale si sviluppano, strutturandoli gerarchicamente, tutti i concetti deri-vati. Ogni ramo e/o nodo deve essere costituito da una sola parola o,comunque, da proposizioni semplici, meglio ancora se costituite soltanto daun sostantivo, una preposizione e un aggettivo. Insomma conviene sempli-ficare la parte “grammaticale” al massimo.

Capitolo 9

MAPPE MENTALIE MAPPE MNEMONICHE

9. MAPPE MENTALI E MAPPE MNEMONICHE 9190 RICORDO E IMMAGINAZIONE

mo a scrivere sul ramo è quella che, meglio di altre, riesce a esprimere il con-cetto da memorizzare. La scelta di tali elementi lessicali dovrà però tenereconto anche della funzione logica che essi andranno a svolgere all’internodella mappa: in altre parole, dovranno essere soprattutto “parole gancio” ingrado di suggerire, stimolare associazioni tra i concetti, ovvero tra i nodiconcettuali che precedono e quelli che seguono.

Le mappe mentali hanno un aspetto “aperto” che tende cioè a espander-si, dando così la possibilità di creare sempre nuovi e inediti collegamenti,ovvero ulteriori rami a nuovi nodi concettuali; ciò ovviamente è possibile sesi rispetta la regola di procedere dal generale al particolare evitando salti inavanti o, al contrario, “passi indietro”. Questa è una regola generale e vamolto al di là della semplice inferenza induttiva: rispettare l’ordine e, quan-do questo non ci sia, saperselo costruire è garanzia di forza del ricordo. Ognicosa deve trovarsi in un posto soltanto – e, aggiungiamo, al posto giusto –ovvero non al posto di un’altra.

Stabiliamo poi un senso di percorrenza, da sinistra a destra, dall’altoverso il basso o dal centro verso la periferia (in assoluto il metodo più uti-lizzato).

I concetti possono poi esser inclusi dentro etichette o sagome di variaforma (opzione adatta soltanto ai nodi centrali), oppure posti sopra lelinee-vettore che collegano i vari nodi concettuali. La mappa assume cosìuna struttura ramificata con un punto unico centrale e una pluralità dinodi finali.

Le mappe mentali, a differenza di quelle concettuali, non devono averesagome, etichette con forme geometriche rigide e “spigolose”; al contrario,tanto i “contenitori” dei nodi concettuali, quanto i rami-vettori devonoavere un andamento ondulato e rotondeggiante perché, a livello cognitivo,sembra che così il tutto assuma un aspetto più vivo e organico. «Buzansostiene che se utilizzassimo il righello, la mappa assumerebbe una formarigida e geometrica togliendo vita alla nostra creatività. I rami più vicini alcentro (detto nucleo) rappresenteranno i sottoargomenti del titolo centra-le, e più ci si allontana dal nucleo centrale più si scende nei dettagli»1. Unaltro consiglio che ci viene fornito è quello di orientare sempre i rami versol’esterno evitando di fare “marcia indietro”. Dirigendo i vettori all’esternoeviteremo così di porre sullo stesso piano concettuale elementi che sono inrealtà derivati o derivabili da altri. Sapendo che il concetto fondamentale sitrova al centro e che, più ci si allontana dal centro, più i concetti assumonouna funzione “derivata” dai precedenti eviteremo di confondere, anche alivello visivo, elementi che devono considerarsi d’importanza differente(procedere sempre da “concetti generali – rami principiali” – a “concettiparticolari – rami esterni e secondari”).

I rami-vettori possono, ed è auspicabile che abbiano, lunghezza edimensioni differenti e ciò sia in base alla dimensione della parola che dob-biamo scriverci sopra, sia della centralità o, al contrario, marginalità delramo rispetto al resto della mappa: i rami centrali – e quindi principali –devono necessariamente avere spessore superiore ai loro derivati per enfa-tizzarne l’importanza.

Discorso simile va fatto per le parole che andremo a scrivere sopra lelinee-vettore: maggiore sarà la loro dimensione, superiore “rango” dovràloro venir attribuito. Ovviamente la parola (o la frase semplice) che andre-

1 Daniele Aluigi e Roberta Luzi, Tecniche di memoria cit., p. 67. Figura 11. Esempio di mappa mentale (parziale) dell’arte della memoria.

9. MAPPE MENTALI E MAPPE MNEMONICHE 9392 RICORDO E IMMAGINAZIONE

Le mappe permettono inoltre di fare un uso non convenzionale deicolori e delle forme nonché, ovviamente, di immagini dal valore simbolicoecc., conferendo a ogni determinato elemento una ben precisa funzionelogica, associativa o mnemonica. Le mappe non devono esser perfette dalpunto di vista estetico: per quanto si possa essere dei pessimi disegnatori èimportante soltanto che i disegni, le linee ecc. scritte sul foglio siano evo-cative per noi e soltanto per noi. Le mappe, cioè, devono rispecchiare sol-tanto il nostro modo di pensare che, in quanto tale, è specifico e diverso daquello degli altri.

Infine si possono costruire mappe miste, ovvero mappe che contengonoelementi tanto di quelle concettuali quanto di quelle mentali e che, cosìfacendo, vanno ad assomigliare alle solution maps pur mantenendo la fun-zionalità delle mappe mentali che, dal punto di vista cognitivo – e quindimnemonico – sono le più importanti. La mia scelta è andata a quest’ultimaopzione: in fondo al capitolo si trova infatti una mappa mista che espone icontenuti di questo manuale.

Resta da dire ancora come utilizzare queste mappe in fase di apprendi-mento strutturato: quando si affronta lo studio di una materia o di untesto nuovo le mappe possono venir utilizzate proficuamente soltanto seseguono “l’andamento” della nostra consapevolezza. Se, ad esempio, devoaffrontare un libro che tratta un argomento per me nuovo, durante laprima lettura (che dovrà essere soltanto ricognitiva) farò un primo schiz-zo della mappa. Con la seconda lettura, quella di approfondimento, inter-verrò invece sulla mappa integrandola e, là dove necessario, modificando-la per adattarla alla conoscenza del soggetto che vado via via ampliando.Durante il ripasso e comunque in ogni altra fase di studio che segua laseconda lettura approfondita andrò a lavorare sulla mia mappa cercandodi perfezionarla in parallelo all’affinarsi delle mie conoscenze sull’argo-mento studiato.

Dopo questa breve descrizione delle mappe vorrei prendermi la libertàdi esprimere alcune osservazioni critiche. Le mappe mentali sono figlie delnostro tempo. Rappresentazioni grafiche del pensiero sono sempre stateprodotte dagli uomini fin dall’antichità con criteri anche molto più effica-ci dei contemporanei; non a caso si è riportato in questo testo (figura 10)il diagramma dell’albero che si trova nell’Arbor scientiae di RaimondoLullo. Le mappe odierne si prestano indubbiamente bene a fare lezioni inaula, a presentazioni durante seminari, convention, convegni, corsi diaggiornamento ecc. –, hanno quindi un valore illustrativo, servono cioè a

esporre la materia al discente; molto meno alla comprensione e ancora dimeno alla ritenzione delle nozioni apprese. Questo è il punto: le mappementali hanno una funzione mnemonica molto minore di quella che si èpubblicizzata negli ultimi anni. Al di là di quello che dicono i suoi soste-nitori, una mappa mentale si adatta solo in parte alla “mente”, al presup-posto e mai provato “pensiero naturale”. Le mappe mentali non sono altroche “stilizzazioni” di qualcosa che ha ben altre proporzioni e forme; sonoquindi astrazioni e soffrono di tutti i difetti (dal punto di vista delle mne-motecniche) delle altre “estrapolazioni”, a meno che – ma non è questo ilcaso – le astrazioni che le sottendono vengano fatte con criteri e strumen-ti validi per la memorizzazione.

Vorrei infine porre l’attenzione su un’immagine importantissima per lastoria delle mnemotecniche: “La grammatica come immagine di memoria”presente nel trattato Congestorium artificiose memorie di J.R. Romberch(figura 12).

L’immagine ritrae una donna non troppo attraente: si tratta infattidella “vecchia” grammatica, la prima delle arti liberali “accessoriata” daisuoi classici attributi, la scala e il temperino. Si possono notare delle iscri-zioni sul suo petto – che andremo ora a spiegare – e delle immagini chesono derivate dagli alfabeti visivi precedentemente mostrati (le figure 5 e6 nel nostro manuale) e che devono venir interpretate in combinazionetra loro. Romberch «spiega che in questo modo sta fissando nella memo-ria la risposta al quesito se la grammatica sia una scienza comune o unascienza particolare; la risposta implicita il ricorso ai termini predicatio,applicatio, continentia. La parola predicatio viene memorizzata con l’uc-cello che comincia con una “p” (una pica o gazza), che la Grammaticastringe nella sua mano, e con gli oggetti ad essa associati secondo l’alfa-beto per oggetti. Applicatio è ricordata con l’aquila che poggia sul suobraccio e con gli oggetti ad essa collegati. Continentia è ricordata conl’iscrizione sul petto di Grammatica; fatta con l’alfabeto per oggetti(vedere gli oggetti che rappresentano C, O, N, T)»2. Rispetto a una nostracontemporanea mappa mentale, quindi, l’immagine di Romberch si ponesu un piano di complessità ed elaborazione concettuale sicuramentesuperiore e si presta alla memorizzazione in maniera molto più concreta.Infatti l’aver stabilito, e quindi memorizzato, un alfabeto visivo, averlo

2 Frances A. Yates, L’arte della memoria cit., p. 111.

9. MAPPE MENTALI E MAPPE MNEMONICHE 9594 RICORDO E IMMAGINAZIONE

utilizzato all’interno dell’immagine e, infine, aver integrato tutti gli ele-menti visivi in un contesto superiore e più ampio comprendente simbolo-gie universalmente note, ha sicuramente una presa mnestica superiore aqualsivoglia mappa mentale. «Per quanto priva di attrattive estetiche, laGrammatica di Romberch è importante per lo studioso di memoria artifi-ciale. Essa dimostra il punto che personificazioni quali le figure familiaridelle arti liberali, quando sono riflesse nella memoria, diventano “immagi-ni di memoria”; e che su tali figure nella memoria si possono porre iscri-zioni per memorizzare materiale relativo al soggetto della personificazione.Il principio esemplificato con la Grammatica di Romberch si potrebbeapplicare a tutte le altre personificazioni (ad esempio quelle delle virtù edei vizi) quando sono usate come immagini di memoria»3. La personifica-zione apportata dalle moderne mappe mentali è di matrice molto più “cor-rotta”, banale, che non le personificazioni dell’arte della memoria classica.Le simbologie e le immagini utilizzate nelle mappe mentali, infine, richie-dono sempre uno sforzo d’astrazione perché non aderenti, come invece sivorrebbe dare a intendere, all’immaginazione umana. Le mappe mentali,in maniera non dissimile ma molto più delle mnemotecniche contempo-ranee, vanno nella direzione della formalizzazione e della banalizzazione làdove l’arte della memoria classica pretendeva fantasia e approfondimentodelle conoscenze da apprendere.

Queste però sono soltanto opinioni di un nostalgico; comunque sia,concludendo e riassumendo, possiamo affermare che la migliore mne-motecnica è l’immaginazione. Le mnemotecniche non consentono dieludere lo studio e l’impegno nell’apprendimento, in quanto esse stesserichiedono studio e impegno per venir apprese, né potranno mai sosti-tuire la riflessione e l’attenta ripetizione di ciò che si intende ricordare.Non sono, altrimenti detto, uno stratagemma per sostituire lo studio ol’impegno sul lavoro, sono semmai uno strumento di supporto a questee altre attività. Per averne giovamento quindi sarà sufficiente anche sol-tanto abituarsi a immaginare ciò che leggiamo, ciò che sentiamo e avivere emotivamente i pensieri, così essi si depositeranno naturalmentesul fondo del lago della nostra coscienza e alla bisogna riemergerannodalle acque dell’oblio.

3 Ivi, p. 112.

Figura 12. La Grammatica – illustrazione si trova in Johann Host von Romberch, Con-gestorium artificiosae memoriae, Venezia, Melchiorre Sessa, 1533. Questa immagine è,in quanto raffigurazione, un’immagine di memoria statica, ma presenta caratteristichee complessità tali per cui potrebbe venir annoverata anche tra le imagines agentes. Aun primo sguardo sembra un moderno rebus e – effettivamente – è così perché contie-ne uno o più messaggi “nascosti” riferibili in buona parte agli alfabeti visivi citati nei ca-pitoli precedenti. La potremmo considerare anche come una imagines agentes non inquanto raffigurazione su carta ma quale nostra immagine mentale, dato che compieuna pluralità di gesti. Infine e, forse a maggior ragione, potremmo definirla un’immagi-ne statica la cui complessità, soprattutto concettuale, l’avvicina a una imagines agentes.