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n° 41 News IRD International Record Distribution • www.ird.it • facebook: www.irdnews.com

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n° 41News

IRD International Record Distribution • www.ird.it • facebook: www.irdnews.com

Ana Popovic vive la musica con anima e corpo e il suo mix di blues e soul è valorizzato dalla sua abilità alla chitarra. Tra i più amati musicisti del blues contemporaneo, con la sua voce sottile e la chitarra apprezzata anche da Bruce Springsteen, si è conquistata sei nomination ai Blues Music Awards e la nomea di pioniera del blues rock del 21° secolo. In “Like It On Top” Ana Popovic si concentra su modelli femminili emancipati e di successo, che possano rappresentare una fonte d’ispirazione, e ne analizza vari aspetti. Un tema di grande attualità, per un album che celebra chi è in grado di prendere l’iniziativa, crescere, ispirare e motivare gli altri.

Ana PopovicLike it on Top

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Tommy Castro & The Painkillers fanno un blues e soul rock che li ha portati a vincere per ben due volte il Blues Music Award (l’equivalente dei Grammy per il blues) nella categoria di intrattenitore dell’anno. Ad oggi continuano a vantare una delle agende di esibizioni live più fitte del mondo della musica. Lo spettacolo che offrono, contagioso ed esplosivo, è una delle principali ragioni per cui continuano a confermarsi una delle band più amate dal vivo. “Killin’ It – Live” è il loro quinto disco dal vivo ed è gioioso e profondamente soddisfacente, con improvvisazioni intense ed energiche. Da un blues tempestoso a un R&B ruvido, fino a un rock da roadhouse che dà la carica, l’esibizione comprende alcuni tra i brani di Tommy più amati di sempre. Disponibile sia in CD sia in LP 180 gr. vinile colorato.

Tommy Castroand the PainkillersKillin’ it Live

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SR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

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Questo disco straordinariamente variegato (disponibile in doppio CD e doppio LP) mette in luce l’intera gamma espressiva e l’inesauribile spirito del tastierista Bobby Sparks. “Schizophrenia – The Yang Project” ha ben ragione di portare questo titolo, dato che spazia dall’energia del funk al groove lento delle ballate soul, fino alle incursioni nel jazz, nella fusion e nella musica orchestrale e dal mondo. Accanto a Sparks troviamo una lunga lista di star, tra cui i bassisti Marcus Miller, Pino Palladino, MonoNeon e Hadrien Feraud, il trombettista Roy Hargrove, i cantanti Frank McComb e James “J. Rob” Robinson, Michael League e Jason “JT” Thomas degli Snarky Puppy, i chitarristi Lucky Peterson ed Eric Gales e i batteristi Mark Simmons, Brannen Temple e John “Li’l John” Roberts. Nel primo progetto da leader di Bobby Sparks si sente l’influenza di Bernie Worrell e P-Funk, George Duke, Stevie Wonder, D’Angelo, Dizzy Gillespie e altri. Dopo vent’anni Sparks corona la sua carriera con un disco di grande ispirazione.

Bobby Sparks IISchizophrenia (The Yang Project)

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Da oltre vent’anni, la creatività illimitata, il virtuosismo spontaneo e il senso vibrante dello swing di Chris Potter stupiscono critici, musicisti e fan, spingendoli a definirlo uno dei più influenti sassofonisti dei giorni nostri, nonché uno degli improvvisatori dalla più spiccata inventiva. Il suo nuovo album “Circuits” è immediato e trasmette una positività radicata in una forte sensibilità per il groove e nella capacità di offrire improvvisazioni intense. Accanto a Potter troviamo una band stellare: il ventitreenne tastierista della Blue Note James Francies, il virtuoso della batteria Eric Harland e il bassista Linely Marthe. Il loro vibrante universo sonoro fonde elettronica, melodie orecchiabili e frasi musicali dalle svolte sorprendenti: “Circuit” non mancherà di soddisfare tanto i fedeli estimatori di Potter quanto chi si accosta alla sua musica per la prima volta.

Chris PotterCircuits

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FEAT. MARCUS MILLER, ROY HARGROVE, LUCKY PETERSON

“Evans in England” contiene il materiale ritrovato di recente di una registrazione del trio di Bill Evans con il contrabbassista Eddie Gomez e il batterista Marty Morell. La sessione è stata registrata dal vivo nel dicembre del 1969 al leggendario jazz club londinese di Ronnie Scott. Il cofanetto deluxe proposto da Resonance Records contiene due CD o due LP, un elaborato booklet con rare immagini scattate dai fotografi Chuck Stewart, Jean-Pierre Leloir e Jan Persson, testi (in inglese) del noto scrittore e critico di jazz Marc Myers e del produttore Zev Feldman, e interviste (sempre in inglese) a Eddie Gomez, Marty Morell e al regista Leon Terjanian. Si tratta della quarta pubblicazione ufficiale di Resonance di materiali in precedenza inediti di Bill Evans e lo immortala in un periodo di straordinaria creatività alla guida di quello che sarebbe diventato il suo trio più longevo.

Bill EvansEvans in England

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“Back on Indiana Avenue: The Carroll DeCamp Recordings” propone brani finora inediti del leggendario chitarrista jazz Wes Montgomery. I pezzi sono stati registrati dal vivo e in studio nella sua città, Indianapolis, tra la metà e la fine degli anni ’50. Autore delle registrazioni è il noto arrangiatore e pianista Carroll DeCamp (Stan Kenton, Les Algart), all’epoca amico e collaboratore musicale di Wes Montgomery. Il cofanetto deluxe di Resonance Records contiene due CD, o a scelta due LP, e un ricco booklet con fotografie rare, testi (in inglese) scritti dallo studioso del jazz Lewis Porter e dal produttore Zev Feldman, interviste (sempre in inglese) agli iconici chitarristi George Benson e John Scofield, al chitarrista e nipote di Carroll DeCamp Royce Campbell e al sassofonista, insegnante ed editore Jamey Aebersold. Si tratta della sesta volta che Resonance pubblica materiali inediti di Montgomery e l’etichetta va di nuovo a inserire un importante tassello nella storia di questo grande personaggio del jazz, gettando luce stavolta sui suoi esordi.

Wes MontgomeryBack on Indiana Avenue:The Carrol Decamp Recordings

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“Home by Morning” è un concentrato di gioia irrefrenabile. Decimo album di Andersen, è stato registrato dal vivo a Nashville e immortala l’apprezzato sound che da tempo caratterizza il musicista del canadese, in cui un soul intriso di sudore incontra ritmi indiavolati e atmosfere blues, massicce dosi di malinconico folk e la ruvidezza dell’Americana. Al pari di leggende del calibro di Neil Young, Emmylou Harris e Jerry Lee Lewis, Andersen e la sua band hanno dato tutto quello nell’eseguire i tredici brani del disco. “Halfway Home by Morning” ci mostra un artista alle prese con quello per cui è nato: mettere a nudo la propria anima tramite una musica che gli scorre nelle vene inesorabile, e farlo con un’esultanza che non è mai stata così intensa.

Matt AndersenHalfway Home by Morning

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In “Correlations” il maestro del trombone jazz Steve Davis si esibisce con un nuovo e potente ensemble influenzato dal compianto Jackie McLean. Tra i più acclamati trombonisti della sua generazione, Steve Davis ha fatto parte di alcuni dei più pregevoli ensemble del jazz: i Jazz Messengers di Art Blakey, gli Origins di Chick Corea, il Jackie McLean Sextet, il New Jazztet di Benny Golson, la Christian McBride Big Band e il collettivo di stelle One For All. Con “Correlations”, Davis presenta ora un gruppo tutto suo: un sestetto multi generazionale che intreccia una miriade di fili in un nuovo sound che riceve impulso dalla tradizione per proiettarsi nel futuro. Ma lo spirito d’avventura è solo uno degli aspetti che legano i sei artisti: Davis, il trombettista e flicornista Joshua Bruneau, il sassofonista Wayne Escoffery, il pianista Xavier Davis, il contrabbassista Dezron Douglas e il batterista Jonathan Barber.

Steve DavisCorrelations

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“Where the Sunshine is Expensive” segna l’esordio su etichetta Resonance Records dell’acclamata trombonista e vocalist Aubrey Logan, già voce di diverse tracce del collettivo Post Modern Jukebox di Scott Bradlee. Logan è comparsa inoltre nel grande successo di jazz contemporaneo di Dave Koz “Summer Horns II: From A to Z” e il suo disco solista d’esordo “Impossible” del 2018 è entrato nella Top 10 delle classifiche jazz di iTunes e Billboard. “Where the Sunshine is Expensive” è stato registrato dal vivo di fronte a un pubblico selezionato ai leggendari EastWest Studios di Los Angeles e presenta uno splendido mix di brani pop, jazz e R&B che raccontano una storia hollywoodiana vista dalla originalissima prospettiva di Logan. Dave Koz l’ha definita una di quei rari artisti che emergono molto di rado e ne ha elogiato lo stile e la voce comunicativa, il coraggio musicale e una tecnica senza pari, grazie a cui non c’è emozione che non sappia esprimere in musica.

Aubrey LoganWhere The Sunshine is Expensive

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Il veterano della batteria jazz Steve Gadd torna a rivestire i panni di leader e produttore, in cui dimostra ormai sempre più sicurezza. Per l’occasione sceglie di circondarsi di musicisti che sono anche ottimi amici: Walt Fowler (tromba e flicorno), Jimmy Johnson (basso), Michael Landau (chitarre) e l’ultima aggiunta alla Steve Gadd Band, Kevin Hays (tastiere, voce). Mentre Fowler, Johnson e Landau sono vecchie conoscenze di Gadd fin dai tempi della band che accompagnava in tour James Taylor, Hays è stato accolto su suggerimento di Larry Goldings, ex tastierista della band. “Steve Gadd Band” segue a “Gadditude” del 2013, “70 Strong” del 2015 e “Way Back Home (Live from Rochester, NY)” del 2016, quest’ultimo nominato ai Grammy come miglior album strumentale contemporaneo. La band ha realizzato gli arrangiamenti durante le registrazioni, componendo brani ad hoc e selezionandone altri adatti al disco, in uno sforzo creativo congiunto.

Steve Gadd BandSteve Gadd Band

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“Everybody Gets the Blues” è un deciso passo avanti nella missione di vita dell’amato pianista jazz Eric Reed: ridare linfa vitale alle radici gospel del jazz. Per riuscirci Eric Reed ha assemblato un elettrizzante quartetto completato da Tim Green, Mike Gurolla e McClenty Hunter. Nella riscoperta del gospel come carburante della sua passione per il jazz, il pianista trova ispirazione e alcuni legami inaspettati nella musica di Cedar Walton, Stevie Wonder, Beatles, John Coltrane e Freddie Hubbard. Attraverso una vasta gamma di emozioni e stili, Eric Reed presenta una vivace dichiarazione di comunanza dall’energico swing. Per citare JazzTimes, Eric Reed da sempre mostra nella sua musica una profonda vena spirituale, espressa in svariati modi tanto nei suoi brani quanto negli omaggi a Coltrane, Monk e altri. “Everybody Gets the Blues” non può che esserne considerato una conferma.

Eric ReedEverybody Gets the Blues

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In occasione del RECORD STORE DAY, è uscito in doppio vinile 180gr. l’album del 2018 di Michele Gazich, scrittore di canzoni e violinista, già a fianco di songwriters come Mary Gauthier, Eric Andersen, Michelle Shocked, e Mark Olson. “Temuto Come Grido, Atteso Come Canto” è il nono disco di Michele Gazich a suo nome. Si segnala in un brano anche l’arpa internazionale di Raoul Moretti. Molto presente, infine, e questa è una novità nel paesaggio sonoro di Michele Gazich, la sezione ritmica, composta da Paolo Costola, da dieci anni anche tecnico del suono a fianco dell’artista, e da Alberto Pavesi. Molto dettagliato il libretto con traduzioni dei testi anche in inglese.

Michele GazichTemuto come Grido,Atteso come Canto

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180gr

“Histoires improvisées” è un disco che forse si può gustare al meglio ascoltandolo un po’ alla volta, assaporandone ciascun brano come se fosse un frammento a sé stante. Infatti è una sorta di raccolta di racconti, di ricordi di persone o luoghi che Martial Solal ama o ha amato. L’album è nato da un gioco. Martial Solal aveva deciso di non registrare più nulla, né di esibirsi più in pubblico, ma Jean-Marie Salhani gli ha proposto di improvvisare una ventina di brani, preferibilmente brevi, ispirandosi a un nome o a poche parole scritte su un foglietto pescato a caso tra i 52 radunati in un cappello. Solal ha accettato la sfida. Il fato, con l’aiuto del produttore e amico di Solal, ha deciso il contenuto del disco, registrato in un’unica sessione. E Solal ha suonato in modo intimo e spontaneo, proprio come se fosse solo a casa.

Martial SolalHistoires Improvisées

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Le composizioni musicali ispirate ai dipinti hanno una lunga tradizione che risale al 12° secolo e nel jazz si ricordano tra tutti la “Degas Suite” di Duke Ellington e “Romare Bearden Revealed” di Branford Marsalis. Ma in questo suo nuovo album Jeremy Pelt è forse il primo jazzista ad addentrarsi nel rapporto tra musica e scultura. La “Rodin Suite” in cinque movimenti fa riferimento non solo alle opere che il francese August Rodin ci ha lasciato, ma anche alle possibili evoluzioni della sua arte, se fosse ancora tra noi. Ai musicisti che spesso collaborano con Pelt (Victor Gould, Vicente Archer e altri), si aggiungono la chitarra di Alex Wintz, il vibrafono e la marimba di Chien Chien Lu e le esotiche percussioni di Ismel Wignall. Il sound che ottengono è delicato e ricco di cromatismi, ma anche di tutta la forza del jazz moderno. Un disco riflessivo e che fa riflettere.

Jeremy PeltJeremy Pelt The Artist

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Nell’accogliere Tom Harrell sul palco di un concerto recente del suo trio al Jazz Standard di New York, il pianista Bill Charlap ha definito il geniale trombettista in maniera concisa quanto calzante: l’incarnazione della melodia. In questo disco, pubblicato da HighNote, Harrell è affiancato da un quintetto incisivo che comprende il sassofonista Mark Turner e il chitarrista Charles Altura. Harrell e i suoi compagni mescolano composizioni complesse, ritmi seducenti, concetti armonici avanzati, vibranti assoli e somma ispirazione in un album che trascende il linguaggio del jazz. Si tratta forse del disco più creativo di Harrell ad oggi, e di certo è un lavoro sui generis per il trombettista, data l’assenza del piano che lascia in prima linea il sax tenore e la chitarra.

Tom HarrellInfinity

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I Cash Box Kings, autentici maestri del Chicago blues, tornano con un eccitante nuovo concentrato di sound della Città ventosa: una vocalità appassionata, un’armonica robusta, una chitarra pungente e sonorità contagiose. Non a caso i Cash Box Kings sono apprezzati in tutto il mondo per la capacità di creare un blues corposo e senza tempo. “Hail To The Kings!” è il loro decimo album, il secondo su etichetta Alligator, e propone undici brani originali nuovi di zecca e delle rinvigorenti rivisitazioni di “I’m The Man Down There” di Jimmy Reed e di “Sugar Daddy” di Mercy Dee Walton. Presta la sua arte per una delle tracce anche la compagnia di etichetta Shemekia Copeland. Un album ruvido e forte che rivitalizza l’autentico Chicago blues e che non potrà mancare nella collezione dei veri fan.

The Cash Box KingsHail to the Kings!

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Il ventenne chitarrista blues Christone “Kingfish” Ingram potrebbe rappresentare il futuro del blues, con un sound inedito che fonde B.B. King, Jimi Hendrix e Prince. Nel suo omonimo album d’esordio è stato prodotto dal due volte vincitore di Grammy Tom Hambridge (Buddy Guy, Susan Tedeschi, Joe Louis Walker, George Thorogood) e sfodera una chitarra cruda, ispirata e incisiva, una voce appassionata e profonda e notevoli doti di scrittura, evidenti negli otto brani di cui è coautore. Nato in Mississippi, dalla stessa terra che ha dato i natali a tanti maestri del Delta blues, Kingfish conosce bene la storia musicale di quei luoghi e guarda al futuro mantenendo i piedi ben saldi nel passato. Con passione e precisione, riesce però a creare una musica attuale, ispirata sì a Robert Johnson, ma segnata dal desiderio di collaborare, un giorno, con Kendrick Lamar e il bassista soul-funk Thundercat. Un’anima blues che cerca un sound e uno stile individuali, e che promette di avere ancora molto da dire.

Christone “Kingfish” IngramKingfish

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Le incisioni jazz in duo sono un’incredibile fucina di espressioni musicali: profondità, humour, tenerezza, introspezione ed esuberanza sono solo alcune delle sfumature che possono cambiare con incredibile mutevolezza. In questa esibizione live al Théatre Port-Royal di Montreal, in Canada, si assiste proprio a questo tipo di interazione volubile. Morgan e Cables hanno spesso suonato insieme e la loro improvvisazione è espressione di una comunicazione quasi telepatica. L’ampia sonorità del piano di Cables è il contrappunto perfetto per il sound quasi asciutto alla Bird di Morgan. Al contempo la loro spontaneità e la gioia pura di fare musica insieme riesce perfino a far risultare fresco e originale un brano non certo inedito come “All the Things You Are”.

Frank Morgan & George CablesMontreal Memories

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CAPOLAVORO!

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Da più di un decennio Anton Eger si sta affermando in Europa come uno dei batteristi più interessanti grazie al suo energico virtuosismo. Dopo aver catalizzato l’attenzione su di sé con emozionanti performance dal vivo e registrazioni con personaggi del calibro di Phronesis e Marius Neset, Eger esordisce ora con “Æ”, che promette di arricchire di un’interessante sfaccettatura la sua carriera. Questo concentrato di energia, complessità e imprevedibilità vede infatti Eger alla presa con un eclettico misto elettronica, pulsazioni hardcore contemporanee e chicche retrò che sfugge a qualsiasi definizione di genere.

Anton EgerÆ

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Jeff Ballard è annoverato tra i batteristi più creativi e avventurosi della sua generazione. La sua musica ha caratteristiche che la collocano senza ombra di dubbio nel 21° secolo: apertura, fluidità, sviluppo continuo. Un sound plasmato dal jazz ma reso vivo dalla collisione tra universi musicali: acustico ed elettrico, swing e ambient, analogico e digitale, accessibile e sperimentale. Ballard, che si è fatto un nome suonando con Ray Charles, Chick Corea, Pat Metheny e Brad Mehldau, non si fa inibire dalle convenzioni. La sua musica è sincera, originale e avventurosa, segnata da un incessante desiderio di suscitare emozioni e dall’energia per riuscirci. “Fairgrounds” gli offre la libertà di esplorare ed esprimersi con musicisti a lui affini. Il risultato è una coinvolgente esplosione di energia dal linguaggio musicale ricco e flessibile, che spazia tra jazz, rock, pop, elettronica e musica dell’Africa occidentale.

Jeff BallardFairgrounds

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“Days On Earth” è l’incarnazione dell’eclettico miscuglio di generi e influenze che ha plasmato la mentalità di Mark Lockheart: dagli sconfinati paesaggi sonori dei Polar Bear, improvvisati e lussureggianti, al funk anni ’70, fino alle melodie della kora africana (una sorta di arpa liuto dei mandinka) e allo slancio degli archi. Il disco vede Lockheart al sax tenore, Alice Leggett al sax contralto, Liam Noble al piano, John Parricelli alla chitarra, Tom Herbert al basso e Sebastian Rochford alla batteria, accompagnati da un’orchestra da trenta elementi. Per Lockheart si tratta di una sorta di sintesi e culmine della sua esperienza di vita, in cui la musica è intrinsecamente legata alla vita, all’amore e alla felicità.

Mark LockheartDays on Earth

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FEAT. CHRIS CHEEK, MARK TURNER, REID ANDERSON, KEVIN HAYS, LIONEL LOUEKE

“Modern Times” è il terzo album di Elliot Galvin. Laddove il precedente “Influencing Machine” era più complesso e impegnato, “Modern Times” è l’opposto: così immediato che ad ascoltarlo ci vuole lo stesso tempo che ci è voluto a realizzarlo. Pensato per il vinile, è stato registrato in due sessioni, una per lato, senza pause e direttamente su vinile. Dopo un periodo in cui Galvin si era dedicato all’elettronica, il disco segna il suo riavvicinamento alla musica acustica, alla sua umanità e immediatezza. “Modern Times” conferma quanto questo artista, affermatosi come pianista e improvvisatore, sappia suonare con inventiva e autentico senso dell’avventura, sfidando se stesso e ispirando chi suona con lui a superare i confini del jazz contemporaneo. È imprevedibile, ingegnoso, brillante.

Elliot GalvinModern Times

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Daniel Herskedal è un musicista e compositore di straordinaria abilità il cui intento è quello di spingere al limite le possibilità del suo strumento. “Voyage” rappresenta l’album che finora ne incarna al meglio la filosofia, fondendo una bellezza che incute quasi un timore reverenziale e un sound la cui originalità è una boccata d’aria fresca. La musica è estremamente melodica, sfumata di bagliori ritmici e di colori vivacissimi. Feat. Daniel Herskedal (tuba e bass trumpet), Bergmund Waal Skaslien (viola), Eyolf Dale (piano), Helge Andreas Norbakken (percussion) e guest in due brani Maher Mahmoud (oud).

Daniel HerskedalVoyage

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Il nuovo disco di Kenny “Blues Boss” Wayne, artista entrato nella boogie woogie hall of fame, annovera tra gli ospiti Billy Branch all’armonica, il chitarrista Duke Robillard e Russell Jackson, bassista di lunga data di BB King. Il “Blues Boss”, spesso impegnato in tour, nel 2015 è stato nominato da Living Blues Magazine miglior musicista dell’anno come tastierista e il Chicago Sun-Times ha scritto di lui: “Ai giorni nostri non esiste un pianista boogie woogie blues che picchi sui tasti con la sua stessa convinzione”.

Kenny “Blue Boss” WayneInspired by the Blues

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“Amour” è la prima collaborazione tra il noto Colin Linden (Blackie and the Rodeo Kings, serie TV “Nashville”) e Luther Dickinson (North Mississippi Allstars, Black Crowes). Raccoglie diverse canzoni d’amore che sono ormai classici dell’Americana, proposte anche con l’ausilio delle voci di Rachel Davis, Sam Palladio, Ruby Amanfu, Billy Swan e Jonathan Jackson dell’amata serie TV “Nashville”. Linden e Dickinson sono due autentici veterani della musica roots e hanno suonato e prodotto i più grandi nomi del settore, aggiudicandosi numerosi premi e attestati di stile. Colin Linden è anche produttore di “Amour”, che si può definire una vera e propria colonna sonora del romanticismo. Canzoni d’amore, desiderio e rimpianto tratte dal canzoniere americano country, blues, folk, R&B e rock ‘n roll del dopoguerra.

Colin Linden& Luther DickinsonAmour

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Inger Marie Gundersen ha esordito come vocalist jazz quando già aveva superato da un po’ i quarant’anni. Quel tempo di maturazione le ha consentito di trovare una voce unica, scura, calda, appassionata e coinvolgente, e di imparare a scegliere i brani più adatti a sé (spesso hit pop o rock assai note), che poi traduce nel suo linguaggio jazz così particolare e avvolgente. Altra abilità non da poco è quella di circondarsi sempre di musicisti in grado di non banalizzare mai il suono e dargli sempre grande profondità. “Feels Like Home” è una pausa di riflessione, un momento di relax in cui godiamo proprio delle splendide trasposizioni di canzoni famose (per esempio “Long as I Can See the Light” dei Creedence Clearwater Revival, “When All Is Said and Done” degli Abba, o “Sittin’ On The Dock of the Bay” di Otis Redding) e di qualche brano scandinavo.

Inger MarieFeels Like Home

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Pur essendo un pianista, per Pieranunzi è stato il contrabbasso il motore che l’ha portato ad addentrarsi nel linguaggio jazz. Diventato il suo strumento preferito, è stato confermato tale nel 2015, quando Pieranunzi ha conosciuto Fonnesbæk ed è rimasto colpito dalla sua tecnica e dalla sua musicalità. “Blue Waltz” è un live, registrato interamente in duo con Fonnesbæk al Gustav’s Bistro di Copenhagen nel 2017. I due avevano già suonato insieme l’anno precedente (in quell’occasione in trio con il bravo batterista Stefan Pasborg) e ogni volta Pieranunzi si è dichiarato sempre più convinto che la Danimarca sia in qualche modo la patria d’elezione per il contrabbassisti. E Fonnesbæk rende onore alla tradizione del paese.

Enrico Pieranunzi, Thomas FonnesbaekBlue Waltz (Live at Gustav’s)

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Quello di Ian Tyson è un altro mondo, quel West lontano dalla città e dalla modernità che è fatto di clima durissimo, di cavalli, di bestiame, di grandi spazi e di cielo. Un mondo in cui c’è tempo: il tempo per le storie, le leggende, i miti e le canzoni. Con “Carnero Vaquero”, tredicesimo titolo di Tyson su etichetta Stony Plain, l’81enne ci trasporta in questo mondo attraverso dieci brani cantati con una voce tornata forte e determinata dopo i problemi del 2007. I pezzi spaziano dalla tradizione, con “Doney Girl”, a nuovi brani scritti a quattro mani con Kris Demeanor, passando per cinque nuove canzoni di Tyson e una rivisitazione di “Darcy Farrow”, incisa in origine nei primi anni ’60 da Ian & Sylvia. “Wolves No Longer Sing”, infine, vede Tyson tornare a collaborare con Tom Russell, con cui ha scritto in passato “Navajo Rug”, una delle sue più grandi hit.

Ian TysonCarnero Vaquero

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CD AUDIOPHILECopertina

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James Carroll Booker III, trentacinquenne all’epoca della sua esibizione ad Amburgo, aveva una pessima reputazione. Tossicodipendente e alcolista, celebrò invece una sorta di messa solenne del blues, eseguendo sia brani suoi che parecchi classici del blues con grande devozione e con lo spirito di chi affonda le proprie radici tra il Mississippi e il lago Pontchartrain. James Booker conosceva bene i classici di Percy Mayfield, Fats Domino e Dave Bartholomew, Jimmy Witherspoon e Allen Toussaint, Doc Pomus e T-Bone Walker. E rilanciò con brani suoi, come “Junco Partner”. Ancora oggi, ci si stupisce del suo genio giocoso, di come quell’anima tormentata portò alla luce la sua brama di passione e felicità. Gli amanti del blues considerano questa esibizione la fonte di molte evoluzioni a venire nel mondo della musica, tra cui i suoi primi passi in direzione del soul e del rock. Eppure la chiarezza cristallina di questo concerto riesce ancora a lasciare deliziati e stupefatti. Disponibile sia in CD che in doppio vinile.

James BookerAt Onkel Pö’s Carnegie Hall 1979

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Louis Hayes doveva molto a Horace Silver. Era stato il suo batterista per soli tre anni, ma quel periodo l’avrebbe influenzato per sempre. Lo si percepiva, quando si esibì ad Amburgo alla guida di un quintetto che pure non suonò nulla di Silver. Il trombettista Woody Shaw, in perfetto equilibrio tra tradizione e cambiamento; il sassofonista Junior Cook, formato dalla collaborazione con Silver, di cui aveva lasciato la band da una decina di anni; il bassista Stafford James, che avrebbe poi continuato a esibirsi con Shaw, come pure il pianista Ronnie Matthew, uscito dalla fondamentale scuola dei Jazz Messengers di Art Blakey. Louis Hayes non è uno showman, ma sa benissimo quando è richiesto il suo contributo, non solo per arricchire il sound dell’ensemble ma per plasmarlo. Questa registrazione risale a un periodo di grande rilassatezza, in cui i solisti si prendevano tutto il tempo che volevano. Ecco spiegato perché l’esibizione di quella sera oggi esce in doppio CD e doppio LP.

Louis Hayes/Junior Cook 5tetAt Onkel Pö’s Carnegie Hall 1976

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All’inizio il nome dei Timeless Allstars è stato inteso in maniera letterale: la musica realizzata dall’ensemble doveva essere senza tempo. L’intenzione era che la si potesse ascoltare più e più volte nel corso degli anni, indipendentemente dallo spirito culturale prevalente in quel momento. Gli artisti che si sono uniti sotto questo nome hanno tutti dimostrato, nel corso dei decenni e in varie band, di essere maestri del jazz mainstream: il sassofonista Harold Land, il trombonista Curtis Fuller e il vibrafonista Bobby Hutcherson. Accanto a loro, una sezione ritmica che è sempre stata un po’ più di quello, con il pianista Cedar Walton, il bassista Buster Williams e il batterista Billy Higgins, tra più straordinari del jazz. E mai nome fu più azzeccato: erano tutti star, autentici maestri del loro strumento. Il loro concerto del 1982 all’Onkel Pö's Carnegie Hall è ora disponibile in CD e doppio LP.

Timeless AllstarsAt Onkel Pö’s Carnegie Hall 1982

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Louisiana Red era uno dei chitarristi più famosi del blues, noto in particolare per il suo stile inconfondibile. Non a caso il nome d’arte di Louisiana Red, che ne ha utilizzati anche altri, fa riferimento a una salsa piccante comune nello stato del Mississippi. Comune quanto lo è quella forma estremamente arcaica di blues di cui Louisiana Red è sempre stato uno dei rappresentanti più esemplari. E lo è stato anche in quella sera del giugno 1977, quando lui, un bluesman giunto in Europa dall’altra parte dell’Atlantico, è comparso da solo sul palco dell’Onkel Pö's Carnegie Hall di Amburgo, accompagnato solo dalla sua chitarra e dalla sua armonica a bocca. Ora quel leggendario concerto è di nuovo disponibile in doppio CD o doppio LP.

Louisiana RedAt Onkel Pö’s Carnegie Hall 1977

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Nel 1966, quando in Europa la tromba era associata allo stile romantico di Nini Rosso, Randy Brecker sceglieva uno stile che non escludeva per forza momenti lirici e più morbidi, ma preferiva una maggiore energia. “Rocks” è proprio un’espressione di questa predilezione: grande energia e arrangiamenti creati su misura per una big band di solisti, quale è la big band della NDR. Il disco è strutturato come un ritratto globale che raccoglie brani di diversi periodi, tanto da ricordare una retrospettiva. Al jazz rock carico di testosterone si accostano una sezione di ottoni incisiva e assoli dal sound newyorchese, ricercati ma pur sempre ruvidi. A dare ulteriore carattere e lustro sono gli ospiti: il bassista Will Lee, già membro fondatore dei Brecker Brothers, il sassofonista contralto David Sanbord, uno dei grandi del jazz fusion, la sassofonista tenore (e moglie di Randy) Ada Rovatti, tra le poche donne in un mondo molto maschile, e il batterista Wolfgang Haffner, collaboratore di lunga data di Randy.

Randy BreckerRocks

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Da casa Appaloosa presentiamo un rocker, ma anche songwriter, abbastanza conosciuto dalle nostre parti. Ha dietro di sè una solida discografia che, pur non avendo mai riscosso il successo meritato, dimostra la sua qualità di autore e performer. Questo nuovo lavoro conferma la bontà della sua scrittura e la sua bravura come interprete. Classico rock americano, con Springsteen e Mellencamp nel DNA. Negli ultimi 3 anni Michael ha girato quasi senza sosta per promuovere i suoi ultimi due album, e come per molti songwriter, di solito ci sono molte canzoni “restate li” durante questi tour o mentre si pubblica un nuovo lavoro. Il nuovo album “Orphans”, sono 12 brani che non è riuscito ad inserire negli ultimi due album e che Michael non voleva scartare, orfani appunto. “Orphans” sono piccoli scorci nella sua anima e come ha usato la musica per affrontare la vita.

Michael McDermottOrphans

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L’Appaloosa ristampa l’album di quest’artista inglese di origine Africana dal profilo artistico molto interessante. E’ già conosciuto nel nostro paese avvalendosi del richiestissimo batterista e motore della Music Train, Pablo Leoni e del primo premio come miglior chitarrista acustico emergente italiano, Alessandro Diafero. Randolph non è un novello, professionalmente è in circolazione dagli anni Ottanta con all’attivo una dozzina di dischi e tante collaborazioni ma questo è il suo primo disco definito dallo stesso artista come “Afro Blues Project”, realizzato grazie anche alle mani esperte di Pablo ai tamburi e arrangiamenti e di Alessandro (chitarre e basso). Un progetto senza dubbio ben riuscito, profondo, affascinante senza termini di paragoni, un lavoro che inizia e finisce unendo suggestive ed intense atmosfere africane e pulsioni blues. A nostro parere è da mettere tra le rivelazioni di quest’anno.

The Randolph MatthewsAfro Blues Project - Blue Queen

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Oggi fra i più acclamati pianisti della scena jazz internazionale, Robert Glasper trovò all’inizio di carriera ospitalità nella fortunatissima serie New Talent della spagnola Fresh Sound, etichetta attentissima a scovare talenti in giro per il mondo. Il risultato di quelle prime registrazioni, avvenute presso i rinomati Systems Two Recording Studios di Brooklyn nel maggio del 2002, venne pubblicato in Mood, ora ristampato in doppio vinile a 180 grammi. Affiancato dal contrabbassista Bob Hurst e dal batterista Damion Reid, più diversi ospiti a rotazione (dal vocalist Bilal al chitarrista Mike Moreno e ai sassofonisti John Ellis e Marcus Strickland), Glasper mise in mostra il proprio non comune talento, rifacendosi al passato del jazz ma nel contempo proiettandosi verso il futuro di questa musica. Si ascolti l’incendiario “L.N.K. Blues” che chiude l’album e si avrà una probante testimonianza dell’urgenza espressiva che all’epoca sospingeva di pianista texano.

Robert Glasper TrioMood

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In un doppio LP a 180 grammi la Fresh Sound ripropone, a distanza di oltre 25 anni dalla loro prima pubblicazione, le incisioni che fecero conoscere in tutto il mondo il mirabile talento di Brad Mehdau. Il grande pianista americano, all’epoca poco più che ventenne, venne catturato dal vivo al club La Cova del Drac di Barcellona nell’ottobre 1993, insieme ai fratelli Mario (contrabbasso) e Josè (batteria) Rossy, il secondo dei quali rimasto poi per molti anni al fianco di Mehldau. La track list dell’album include brani che attestano il già notevolissimo impatto comunicativo del pianista. Brani ritmicamente trascinanti che recano la firma di Charlie Parker (“Anthropology”) e di John Coltrane (“Countdown”). Ma anche tenere ballad come “I Fall In Love Too Easily” e la stessa title track. Il Mehldau che qui si ascolta è un musicista già pienamente consapevole dei propri mezzi espressivi. Insomma, nel 1993 era già nata una stella.

Mehldau & Rossy TrioWhen I Fall in Love

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Debutto discografico di Joshua Britt su Appaloosa Records. Un album in puro stile americana che prosegue il filone tracciato dagli Orphan Brigade, gruppo di culto di cui Joshua fa parte insieme a Neilson Hubbard e Ben Glover. In questo disco solista di Joshua si ritrovano le stesse dimensioni visionarie degli Orphan sia per quanto riguarda le liriche sia per il sound, magistralmente prodotto da Neilson Hubbard, in bilico tra country, blues, irish music tradizionale e innovazione. In una parola sola: AMERICANA. Questo trio di giovani musicisti si è costruito in poco tempo una credibilità straordinaria. Joshua è il più creativo e visionario del gruppo e nella vita si occupa anche di fotografia e video e ha realizzato l’ultimo video clip di John Prine. Joshua è anche il mandolino sognante e le armonie vocali che caratterizzano più di ogni altra cosa il sound degli Orphan Brigade. Ingredienti che ritroviamo in pieno in Staring over in a storm, un disco introspettivo interamente scritto in una camera di hotel a Shangai.

Joshua BrittStarting Over in a Storm

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Sei edifici in cui si viveva gomito a gomito in mezzo a un’accozzaglia di suoni, tra cui anche musica di ogni genere. Sono le case popolari di Santiago de Cuba, note alla gente del luogo come cuartería. Questi appartamenti e la loro popolazione hanno ispirato il sassofonista e compositore Román Filiú’s a scrivere la suite musicale contenuta nel suo nuovo disco “Quarteria”. Cresciuto nella provincia più orientale di Cuba, Filiú ha respirato la musica fin da piccolo. Il padre, insegnante di teoria della musica, lo ha incoraggiato a scoprire la classica e lui ha iniziato con il pianoforte, prima di passare al sassofono. Andando a trovare gli amici alla cuartería, il musicista in erba ha assorbito una vasta gamma di suoni della tradizione cubana, tra cui la musica liturgica del bembé, la conga oriental, la tumba francesa, la musica classica, il jazz e la musica popolare. Ora Filiú elabora e ripropone questa torre di Babele musicale in “Quarteria”.

Román FiliúQuarteria

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La luce splende più luminosa nell’oscurità e la vita non sempre segue i nostri piani. “Beautiful Liar” della pianista e compositrice Shamie Royston parla proprio di questo, e di come la perseveranza e la disponibilità ad imparare dagli errori possano aiutare a raggiungere i propri obiettivi. D’altra parte il percorso di Shamie Royston per affermarsi sulla scena jazz tanto da suonare con leader come Tia Fuller, Ralph Peterson, Sean Jones e Terri Lyne Carrington non è sempre stato privo di ostacoli. Al centro del disco c’è il piano trio. Il batterista Rudy Royston fornisce delle solide fondamenta ritmiche e il bassista Yasushi Nakamura offre un sostegno che non passa inosservato. In alcuni dei brani, tutti originali a parte “A Lovely Day” di Bill Withers, Shamie Royston sceglie poi di espandere la formazione a un quartetto o un quintetto. Così il sax melodico di Jaleel Shaw è la voce perfetta per le composizioni di Royston, mentre il trombettista Josh Evans regala a “Beautiful Liar” delle armonie giustapposte.

Shamie RoystonBeautiful Liar

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Nel 2011 è stata invitata con altri sette arrangiatori di tutto il mondo a prendere parte al noto programma di residenza d’artista della Metropole Orkest Big Band, guidata da Vince Mendoza. In quattro giorni i residenti avrebbero scritto degli arrangiamenti da provare poi nel resto della settimana, che sarebbe culminata in una performance della big band insieme alla vocalist Roberta Gambarini, diretti da Mendoza. La prova finale è stata entusiasmante per Hazama, che desiderava un’altra possibilità di servire come arrangiatrice l’unica orchestra filarmonica di jazz del mondo. Nel 2017, Hazama ha realizzato questo desiderio nel centenario di Thelonious Monk, di cui ha arrangiato alcuni originali e orchestrato alcuni pezzi da solista. Il risultato di questa collaborazione si può ora ascoltare in “The Monk: Live at Bimhuis”.

Miho Hazama& The Metropole Orkest Big BandThe Monk: Live at Bimhuis

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A volte il miglior modo di rinvigorire la musica è avvicinarsi ad essa da un’altra angolazione. Partendo da questa convinzione, il pianista e compositore Carlos Franzetti si è costruito un’intera carriera nel jazz, cui ha aggiunto elementi musicali provenienti dalla musica classica e dalla sua terra d’origine, l’Argentina, e in particolare dal tango. Il tutto condito da un interesse per i film (ha anche firmato alcune colonne sonore) che ha dato al suo stile un taglio cinematografico. Nel suo nuovo disco “Ricordare”, Franzetti attinge alle sue composizioni originali, classici della cinematografia e del jazz, che rimescola con l’aiuto di un nuovo trio in una sessione improvvisata. La musica che crea con il bassista David Finck e il batterista Eliot Zigmund è fresca e ispirata.

Carlos FranzettiRicordare

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Salutata dalla stampa specializzata come “una giovane artista piena di vitalità, che offre una musica dallo stile unico e dagli svariati linguaggi”. In “Dancer in Nowhere” la compositrice e bandleader Miho Hazama è alla guida per la terza volta della m_unit, una band di 13 elementi dalla creatività pressoché illimitata. La sua musica è complessa, piena di svolte inattese e momenti frenetici che sfociano nella meraviglia. La m_unit propone una serie di brani originali di grande freschezza, in cui figura una line up di stelle e ospiti del calibro del chitarrista Lionel Loueke e del batterista Nate Wood (Kneebody). L’album è stato prodotto dall’ex sassofono contralto della m_unit, Cam Collins, che si rivela valido anche in un altro ruolo, dopo che alcuni problemi di salute gli hanno impedito di continuare a suonare.

Miho HazamaDancer in Nowhere

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Da due decenni il pianista Aaron Goldberg gira il mondo diffondendo la propria musica e assorbendo conoscenza dai luoghi che visita. Cinque anni fa si è ricongiunto in Francia con una sua vecchia conoscenza. Il suo ultimo album “At The Edge of The World” documenta questa recente collaborazione con il batterista e percussionista Leon Parker, geniale innovatore e performer che qui vediamo in un nuovo trio con il contrabbassista Matt Penman. Goldberg aveva conosciuto e apprezzato Parker già nei primi anni ’90, ma le loro strade si sono ricongiunte qualche anno fa, quando Goldberg si è ritrovato senza un batterista e si è rivolto a Parker. Elettrizzati dalla loro affinità, hanno richiesto e ottenuto un finanziamento dal French-American Jazz Exchange, che ha reso possibili un tour e (in parte) due sessioni di registrazione. Gioia, un groove affiatato e contagioso e un’interazione coesa sono quanto possiamo apprezzare in “At The Edge of The World”.

Aaron GoldbergAt the Edge of the World

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Quattro musicisti dal pensiero innovatore si sono uniti per creare il Quartette Oblique, un ensemble che si avvicina alla musica da un’angolazione distorta ma affascinante. Formato dal batterista Michael Stephans, il gruppo è completato dal grande sassofonista Dave Liebman, il talentuoso pianista Marc Copland e il solido contrabbassista Drew Gress. Il loro nuovo disco omonimo li mostra in ottima forma nel corso di una performance dal vivo al Deer Head Inn di Delaware Water Gap, in Pennsylvania. Nella scelta dei musicisti, Stephans ha cercato tre colleghi non solo bravi nell’improvvisazione, ma anche disposti a seguire il proprio istinto e suonare insieme con apertura e spirito d’esplorazione. Copland e Liebman erano musicisti che stimava da decenni, e ormai dal 2004 con Liebman esisteva una collaborazione fruttuosa. A chiudere il cerchio è stato infine il contrabbasso di Gress, musicista dal tocco personale che aveva già supportato la batteria di Stephans in diverse sezioni ritmiche.

Quartette ObliqueQuartette Oblique

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Fin dall’inizio della sua fulgida carriera, il jazzista bebop Benny Green si è dimostrato un pianista e band leader di prim’ordine, tra i migliori dell’odierno panorama jazz. Da 35 anni ormai si esibisce in concerto e registra con alcuni dei giganti del genere. Eppure prima di “Then And Now”, suo ventesimo album da leader, Green non aveva mai incluso in uno dei suoi lavori né la parte vocale né il flauto. Dipingendo con una ricca palette sonora, Green si avventura con coraggio in un nuovo territorio musicale, e in “Then And Now” si fa accompagnare dall’ottima vocalist Veronica Swift e dalla flautista Anne Drummond.

Benny GreenThen and Now

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Esistono legami speciali che riescono a resistere al tempo e alla distanza. Il sassofonista Jerome Sabbagh e il chitarrista Greg Tuohey ne hanno instaurato uno all’inizio del college, nei primi anni ’90, e l’hanno portato avanti, pur con alcune interruzioni, rinvigorendolo con la nascita di un nuovo ensemble e con la registrazione di “No Filter”, un disco che rifugge la presunzione per arrivare dritto al cuore. Sabbagh e Tuohey hanno assemblato una band con Joe Martin, uno dei grandi bassisti dei nostri giorni, e il batterista appassionato e versatile Kush Abadey. I due leader volevano registrare un album di brani originali e hanno così scritto diversi pezzi, quattordici dei quali sono stati incisi su nastri a doppia traccia per deliziare in particolare il pubblico degli audiofili.

Jerome Sabbagh & Greg TuoheyNo Filter

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Semplificare e ridurre all’osso può cambiare le dinamiche anche nei rapporti di lunga data. Il sassofonista Mark Turner e il chitarrista Mikkel Ploug giravano in tour insieme da dieci anni, ma in una formazione più allargata. Poi Ploug ha deciso di registrare un album in duo, per presentare un’interazione musicale più intima: è nato così “Faroe”, proprio durante un soggiorno in albergo sulle omonime isole. Ploug voleva mantenere le dinamiche di base che aveva stabilito con Turner, ma sottolineare il movimento melodico e cordale escludendo il martellio della sezione ritmica. Turner, libero dal vincolo di volume e intensità, ha potuto godere così della calma necessaria per esprimere il suo tono asciutto e la sua creatività narrativa. E Ploug ha potuto supportare il suo sax e al tempo stesso ampliare la propria funzione musicale.

Mikkel Ploug & Mark TurnerFaroe

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È quasi superfluo ricordare il segno indelebile che il sassofonista Charlie Parker ha lasciato nel mondo della cultura, e soprattutto nel jazz. Le innumerevoli cover hanno quasi fatto perdere alla sua musica la sua essenziale vitalità. Una soluzione al problema è l’album “Freebird” del quartetto Walking Distance (Caleb Curtis al sax contralto, Kenny Pexton a sax tenore e clarinetto, Adam Coté al basso e Shawn Baltazor alla batteria), che per l’occasione inserisce in diversi brani lo splendido piano di Jason Moran. “Freebird” libera della noia stagnante delle cover il repertorio di Parker e lo rende moderno, contemporaneo, divertente e vitale. La creatività è tale che quasi si fatica a identificare la fonte d’ispirazione. Il quartetto copre un territorio musicale sconfinato con l’aplomb e l’irriverenza che lo caratterizzano fin dal debutto nel 2015. Ogni brano si basa su una o più composizioni di Charlie Parker, che decostruisce e reinventa radicalmente.

Walking DistanceFreebird - Feat Jason Moran

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I trombonisti spesso condividono un’attitudine di apertura mentale, giocosità ed estroversione, e Jennifer Wharton rientra perfettamente nella descrizione. Wharton prende molto seriamente la missione autoimposta di diffondere la sua gioia tra il pubblico e la porta avanti anche in “Bonegasm”. Nonostante la formazione classica, Wharton esplora da anni ambienti musicali diversi, soprattutto quello del jazz. Suonando in ensemble come la Secret Society di Darcy James Argue e l’Alan Ferber Big Band, ha scoperto negli anni che i suoi compositori preferiti potevano scrivere anche per i tromboni bassi, permettendo loro di spiccare. Così per “Bonegasm” ha radunato un ensemble che comprende i trombonisti John Fedchock, Nate Mayland e Alan Ferber, il pianista Michael Eckroth, il bassista Evan Gregor e il batterista Don Peretz. Ha poi chiesto a Fedchock di arrangiare una serie di brani che valorizzassero l’interazione tra i tromboni. Il risultato è di una creatività così geniale da far provare una gioia incontenibile.

Jennifer WhartonBonegasm

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Il mondo è straordinario: persone diversissime provenienti da luoghi lontanissimi possono influenzarsi profondamente in un istante, anche la prima volta che si incontrano. L’idea che si possano accogliere persone e idee nuove pur sostenendo le proprie idee liberamente è il tema scelto dal chitarrista Davy Mooney e dal batterista Ko Omura per il loro nuovo disco “Benign Strangers”. Mooney, originario di New Orleans, è un noto esponente della scena newyorchese e per Sunnyside ha già pubblicato “Perrier Street” e “Hope of Home”. Affascinato dal Giappone, è lì che ha conosciuto Ko Omura, nato a Tokyo ma cresciuto tra gli Stati Uniti e l’Australia. Omura era tornato a Tokyo e lì si era affermato come batterista. Tornato in tour in Giappone, Mooney ha collaborato con Omura e presto hanno iniziato a pensare a un disco. Così nel 2018 hanno inciso a New York “Benign Strangers”, insieme al pianista Glenn Zaleski, al sassofonista John Ellis e al bassista Matt Clohesy, vecchi amici di Mooney.

Davy Mooney & Ko OmuraBenign Strangers

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New York può essere una giungla. Con le sue orde di persone che si mescolano in un’attività all’apparenza incessante, la città sembra contenere degli ecosistemi negli ecosistemi. La vibrafonista e compositrice Yuhan Su, originaria di Taiwan, ha trovato l’ispirazione nel caos della sua patria d’adozione e nelle esperienze con le persone che vi ha incontrato. Il suo nuovo disco “City Animals” esprime tutto il suo entusiasmo per la follia della città e le avventure che ha vissuto dal suo arrivo. Sue è arrivata negli Stati Uniti nel 2008 per proseguire gli studi musicali a Boston, dove si è aperta al jazz e all’improvvisazione. Nel 2012 si è trasferita a New York, della cui folle scena jazz si è innamorata. Ha iniziato a comporre per un quintetto di tromba, chitarra, basso, vibrafono e batteria, ma con l’evolversi del suo stile compositivo ha scelto di sostituire la chitarra con il sassofonista Alex LoRe e di affiancarlo al trombettista Matt Holman, al bassista Petros Klampanis e al batterista Nathan Ellman-Bell.

Yuhan SuCity Animals

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La città di New York è il centro di molti mondi, uno dei quali è il mondo del jazz. Da sempre, i musicisti si sentono attratti dalla Grande mela e talento, spirito di competizione ed energia hanno fatto di questa città l’epicentro della crescita musicale. Non a caso quando la vocalist Judy Niemack ha seguito il consiglio del suo insegnante di improvvisazione Warne Marsh e ci è andata, non è più voluta tornare indietro. Le esperienze che Judy Niemack ha vissuto e le amicizie che ha stretto a New York hanno plasmato la sua intera carriera e la sua vita. Una delle amicizie più importanti si è rivelata essere quella con il grande pianista, compositore e arrangiatore Jim McNeely. Il nuovo disco di Niemack con McNeely, “New York Stories”, mostra quanto sia profonda la loro affinità musicale e personale attraverso una serie di brani che hanno arrangiato insieme nel corso degli anni e che ora hanno finalmente inciso insieme alla big band della radio danese.

Judy NiemackNew York Stories

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Il batterista e compositore Paul Motian era abilissimo nel creare melodie lievi e cantabili e forme fluttuanti dal ritmo ambiguo. Ex collaboratore di Motian, il pianista Russ Lossing ha scelto di omaggiare lui e il suo lavoro incidendo “Motian Music”, una raccolta di alcuni dei suoi stravaganti brani eseguiti in trio. Lossing è la persona adatta per rivisitare l’eredità di un compositore: avendo studiato musica classica (per un periodo anche sotto la guida di John Cage), ha esplorato un’ampia varietà di stili creativi, dalla classica moderna al jazz, fino alla free music. Inoltre il suo amore per l’idea che l’improvvisazione sia una riflessione (a volte addirittura migliorativa) sulla composizione lo ha portato a dedicare tutta la vita al jazz performativo. Da questa tempesta perfetta è nato “Motian Music”, in cui offre la sua personale riflessione su brani che in passato aveva eseguito con Motian stesso.

Russ LossingMotian Music

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Gli scienziati trascorrono lunghe ore a investigare le proprie passioni, addentrandosi nei complessi dettagli delle loro ricerche per perseguire nuove conoscenze. La “science fair”, ovvero la fiera scientifica, è il momento in cui mostrano le loro scoperte, rendendole accessibili a tutti e addirittura divertenti. La combustione genera luce e calore, e la reazione tra suono e movimento provoca effetti non molto diversi. Con lo stesso stupore di un bambino che realizza un vulcano con il bicarbonato di sodio, la batterista Allison Miller e la pianista Carmen Staaf hanno mescolato idee musicali coraggiose, collaboratori fantastici e passione per le sfide e le nuove scoperte. La formula ha generato un’eruzione di energia, da cui è nato il loro nuovo disco “Science Fair”.

Allison Miller & Carmen StaafScience Fair

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Prodotto da Wolff e John Newcott, “Swirl” conferma il recente apprezzamento del pianista per le luminose gioie senza pretese della vita. La sua musica deve quindi essere soprattutto bella, e alla base di questa bellezza c’è l’inventiva nella scrittura e nell’arrangiamento, ma anche l’interazione familiare e al tempo stesso avventurosa che porta il trio a esprimersi con brillante ottimismo. Wolff dimostra di avere ancora molto da dare alla musica e “Swirl” ne è un esempio: un album radioso, registrato dal vivo insieme al contrabbassista Ben Allison e al batterista Allan Mednard. A valorizzare la loro musica contribuisce anche l’ambiente della sala dei pianoforte della Yamaha di Manhattan, degna dei più esigenti audiofili.

Michael WolffSwirl

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A più di un decennio dalla sua scomparsa, il maestro dei fiati Jimmy Giuffre resta di ispirazione per molti improvvisatori. La sua lunga carriera, durata quasi sessant’anni, ha attraversato diversi stili, dalla big band swing di Woody Herman agli esperimenti di jazz da camera degli anni ’50, fino all’avanguardistico trio classico con il pianista Paul Bley e il bassista Steve Swallow. Proprio la musica di questo trio ha ispirato il pianista Lucian Ban e il clarinettista Alex Simu a unire le forze per il loro nuovo album “Free Fall”. Ban ha scoperto il Giuffre degli anni ’50 con il chitarrista Jim Hall e il bassista Ralph Peña, quando ancora era nel pieno della sua formazione musicale in Romania. Continuando poi a studiare il piano e il jazz, è stato sempre più attratto dalla singolare voce dello strumento di Paul Bley e non ci è voluto molto perché approdasse ai tre album in trio di Giuffre: “Fusion”, “Thesis” e “Free Fall”. Nasce così, semplicemente, questo disco.

Lucian Ban & Alex SimuFree Fall

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Raymond ha creato i Real Feels nel tentativo di dar vita a un ensemble piccolo e concentrato con forti dinamiche e identità da band. Insieme al chitarrista Gilad Hekselman e al batterista Colin Stranahan, Raymond ha inciso tre album, tra cui “Joy Ride” del 2018 sempre per l’etichetta Sunnyside. Come nei dischi precedenti, i Real Feels sono partiti per un tour di più di quattro mesi, che ha consentito sia all’ensemble che al suo materiale di crescere e affinarsi. L’ultimo concerto del tour, al Blue Whale di Los Angeles, è stato immortalato in “Real Feels Live Vol. 2”. In “Joy Ride”, i Real Feels hanno registrato i pezzi nella loro forma nascente, in alcuni casi dopo averli suonati solo durante le prove. Alla fine del tour i brani hanno iniziato ad assumere una nuova personalità, plasmata dal tempo e dall’esperienza, e il risultato si può ascoltare in “Real Feels Live Vol. 2”.

John Raymond & Real FeelsLive Vol. 2

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Nel 2017 Mike McGinnis ha realizzato il suo sogno di incidere e pubblicare un album con due dei suoi eroi musicali. Il disco, “Recurring Dream”, presentava il sassofonista, clarinettista e compositore accanto a due leggende del jazz: il pianista Art Lande e il bassista elettrico Steve Swallow. Sia Lande che Swallow sono noti per la loro abilità compositiva, quindi McGinnis aveva voluto inserire nell’album dei brani scritti da entrambi. I tre musicisti hanno però anche un approccio ponderato ma eclettico all’improvvisazione. McGinnis voleva immortalare tanto la loro identità compositiva formale quanto quella più libera, ma ugualmente ragionata, da improvvisatori. “Singular Awakening” è ricavato dalla stessa sessione di “Recurring Dream”, ma con i suoi otto geniali brani improvvisati sulla base di composizioni di Lande o Swallow risponde proprio a questa precisa volontà.

Mike McGinnisSingular Awakening

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Il pianista e compositore trapiantato a Chicago Stu Mindeman ha trascorso i suoi primissimi anni in Cile. Nel 2017 è tornato nel paese sudamericano e ha deciso di imbarcarsi in un progetto che ne celebrasse i musicisti e i leggendari parolieri. È nato così “Woven Threads”. Buttandosi nella scena musicale contemporanea, ha incontrato diversi musicisti a lui affini, che sfruttano come chiave espressiva il folk cileno, il jazz e altri tipi di musica latina. Questi musicisti sono diventati il cuore pulsante del progetto. La nota vocalist Francesca Ancarola spiccava per il suo interesse nei confronti del jazz e della musica latina, mentre il bassista Milton Russell e il batterista Carlos sono andati a completare la sezione ritmica. Nel disco Mindeman e musicisti di due continenti hanno creato insieme una musica appassionata che racconta del trionfo del cuore sugli elementi.

Stu MindemanWoven Threads

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Acclamata da Downbeat per la sua “notevole capacità artistica” e dal New York Time per il suo “notevole equilibrio tra fluidità e creatività irrequieta”, la flautista e compositrice trapiantata a New York Jamie Baum presenta ora con il Jamie Baum Septet+ il suo sesto CD da leader: “Bridges”. Atteso seguito di “In This Life” del 2013, “Bridges” è un altro disco di incredibile profondità, bellezza, spiritualità ed entusiasmo. Il disco rappresenta il culminare della ricerca di legami tra alcune delle tradizioni musicali delle grandi religioni del mondo. Baum ha individuato legami profondi e secolari tra alcuni generi di musica ebraica e la musica islamica/araba e indù/asiatica del Sud. Dallo studio di queste connessioni musicali sono nate le composizioni di “Bridges”, che dimostrano la capacità del jazz moderno di assorbire e trasformare tradizioni musicali molto diverse senza sacrificare l’elemento d’improvvisazione.

Jamie BaumSeptet + Bridges

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L’amore della vocalist Fleurine per la musica brasiliana è nato nel suo album d’esordio “Meant to Be!”, è cresciuto negli album successivi e ora raggiunge il suo apice in “Brazilian Dream”. Fleurine ha composto tutti brani del disco alla chitarra e si è poi trovata una splendida band di astri nascenti e di affermati musicisti brasiliani della scena newyorchese, alcuni dei quali suoi collaboratori di lunga data, come Vitor Goncalves a piano e fisarmonica, Chico Pinheiro alla chitarra elettrica, Eduardo Belo al basso, Ian Faquini alla chitarra acustica e Rogerio Boccato alle percussioni. A loro si sono aggiunti Chris Potter a flauti e sax e Brad Mehldau a Fender Rhodes e piano.

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“Our Story” è il terzo album del flautista e compositore Christian Artmann, che per l’occasione ha radunato attorno a sé un cast di vecchie conoscenze: il formidabile Laszlo Gardony al piano, uno dei suoi maestri musicali e spirituali; la reattiva sezione ritmica del bassista Johannes Weidenmueller e del batterista Jeff Hirshfield, già presenti nei primi due album di Artmann; e la special guest Elena McEntire, che con la sua voce versatile ed espressiva contribuisce notevolmente all’unicità del sound. Cresciuto in Austria e Germania tra la musica classica, Artmann ha scoperto l’affinità per il jazz e la musica etnica quando si è trasferito in Germania. Attratto dalle sonorità ariose e dalle armonie ricche, ha un senso del ritmo moderno, adatto tanto al jazz quanto al funk, all’hip-hop e alla musica brasiliana. E anche come compositore, Artmann supera i confini di genere. In “Our Story” riflette sul suo buddismo e sull’idea che siamo tutti eternamente collegati e interagiamo sulla terra.

Christian ArtmannOur Story

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Keiko Matsui è un’icona del jazz contemporaneo. Con oltre due milioni di dischi venduti solo negli Stati Uniti e concerti sold out in tutto il mondo, è una delle artiste di maggior successo del genere. Le sue eleganti melodie al piano e i suoi delicati groove jazz sono molto apprezzati e non deludono mai gli estimatori che si è conquistata grazie a più di una dozzina di album e a centinaia di splendide esibizioni dal vivo. “Echo”, il suo album più appassionato finora, la eleva a nuovi livelli e gode della presenza di un’intera orchestra d’archi e di un ensemble di fiati. Grazie a performance acustiche che trascendono i confini di genere e alla partecipazione speciale di stelle quali Marcus Miller, Kirk Whalum, Gretchen Parlatto e Kyle Eastwood, Keiko raggiunge un sound di grande ispirazione, pur mantenendo il suo classico stile accessibile.

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“Life and Times” è l’atteso seguito del successo di smooth jazz “More Serious Business”. Vi ritroviamo al culmine della forma tre tra i più amati artisti della scena odierna: Jeff Lorber, Everett Harp e Paul Jackson Jr, artisti e produttori di album che hanno venduto milioni di copie. Il vincitore di Grammy Jeff Lorber è famoso per aver lanciato la carriera di Kenny G e per le sue produzioni e collaborazioni con nomi del calibro di Dave Koz, Janet Jackson, Lalah Hathaway e Miles Davis. Non a caso è uno di produttori e performer più ricercati del mondo jazz. Già nominato al Grammy, Paul Jackson Jr, è uno dei chitarristi più apprezzati, tanto da aver partecipato tra l’altro a “Thriller” di Michael Jackson e a parecchie hit di Whitney Houston. Everett Harp, infine, ha registrato e si è esibito con giganti della musica come Aretha Franklin, Luther Vandross, Billy Joel e Patti LaBelle. Autore a sua volta di hit, è apprezzato per il suo raro talento. Insieme i tre ci offrono in “Life and Times” un approccio fresco e originale alla fusion.

Jazz Funk SoulLife and Times

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Norman Brown, superstar di R&B e jazz contemporaneo, nonché vincitore di Grammy, ha venduto oltre due milioni di copie nel corso della sua straordinaria carriera ed è praticamente sempre in testa alle classifiche delle radio di settore. Non stupisce, per un artista che è co-leader del supergruppo BWB (Norman Brown, Kirk Whalum e Rick Braun) e ha condiviso il palco con tutti i grandi del genere, da Boney James a Dave Koz e Gerald Albright. “The Highest Act Of Love” contiene qualcosa per tutti, dai fan del R&B agli amanti del jazz. Dall’ispirata collaborazione con la leggenda del R&B Deniece Williams sulla sua “Free” al duetto di chitarra in chiave blues con Paul Brown, “The Highest Act Of Love” ritrova Norman Brown in splendida forma.

Norman BrownThe Highest Act of Love

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La vanessa del cardo, in inglese “painted lady butterfly” è una creaturina straordinaria e misteriosa. I suoi colori vivacissimi e la decorazione delle ali la rendono una delle farfalle più splendide al mondo. Ma a renderla così affascinante è il suo incredibile viaggio migratorio, che copre quasi 15.000 chilometri e dura per sei generazioni. Il percorso di queste minuscole viaggiatrici è stata la fonte d’ispirazione a cui ha attinto il trombettista e compositore Michael Leonhart per scrivere e incidere con la Michael Leonhart Orchestra il suo “The Painted Lady Suite”.

Michael Leonhart OrchestraThe Painted Lady Suite

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L’israeliana Anat Fort si è trasferita a New York per studiare all’università con grandi jazzisti come Harold Mabern e Rufus Reid. Inoltre, in quel sound che fonde le sonorità blues del jazz più tradizionale agli insegnamenti moderni degli improvvisatori free jazz si sentono anche degli echi di Paul Bley. Poco dopo il suo arrivo a New York, Anat Fort ha stretto un legame artistico con il batterista Roland Schneider e il bassista Gary Wang. Il trio era affiatato e si è fatto notare, grazie anche alle sue collaborazioni con Gianluigi Trovesi, dalla ECM Records, che ne ha in seguito pubblicato due album. Ora che produce il suo primo album in 15 anni, Fort ha scelto di sottolineare la portata espressiva di questa formazione con un approccio molto più libero di quello dei lavori precedenti. “Colour” mette in luce nuove sfaccettature del trio, integrando nella musica di Anat Fort ispirazioni pop e rock e dispiegando l’intero potenziale della band in una serie di composizioni originali della pianista.

Anat FortColour

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2 LP da 180g contenente 15 lunghe tracce psichedeliche. Si tratta della riedizione del quarto e ultimo album di una delle band tedesche più innovative dell’epoca, i Petards. “Pet Arts” è l’album più sperimentale del gruppo e resta ad oggi una delle migliori produzioni rock tedesche dell’epoca. La copertina è quella originale e l’album è stato rimasterizzato con gran cura da Marlon Klein a partire da alcune copie dei nastri originali. 2lp

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Little Junior Parker è stato una star nell’universo del Chitlin’ Circuit, la rete di locali in cui agli artisti afroamericani era consentito esibirsi anche durante la segregazione razziale. Purtroppo Little Junior Parker è rimasto quasi sconosciuto in quella parte del mondo blues/rock dominata dai bianchi. Ora Bear Family propone nell’ambito della sua serie Rocks! la primissima retrospettiva su questo artista, con 31 brani rimasterizzati di recente. I brani, 31 vivaci perle rock, sono stati incisi tra il 1953 e il 1962 per le etichette Sun e Duke e non mancheranno di interessare tanto ai fan del blues quanto agli amanti del rock.

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Bear Family presenta in esclusiva su CD 25 nuovissime tracce di artisti della Starday, prodotto dal musicista e studioso Nate Gibson. Di recente Gibson ha anche scritto un libro proprio sulla Starday Records, la più prolifica etichetta indipendente di musica country. Per questo album sono state incise nel 2018 ben 24 canzoni, cantate da star come Betty Amos e Judy & Jean, Bill Clifton, Rudy ’Tutti’ Grayzell, Wade Jackson, Sleepy LaBeef, Little Roy Lewis, Jesse McReynolds (dei Jim & Jesse), Darnell Miller, Frankie Miller, Arnold Parker, Margie Singleton e June Stearns. A supportarli sono Marty Stuart e alcuni membri della sua band Fabulous Superlatives, Kenny Vaughan, Chris Scruggs e molti altri. Splendido digipack con booklet.

Nate GibsonNate Gibson & The Stars of Starday

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“That’ll Flat Git It! Vol. 30” propone in CD 35 classici del rock degli anni ’50 e dei primi anni ’60, tutti provenienti dagli sterminati archivi dell’etichetta RCA Victor. In parecchi casi si tratta di brani mai apparsi prima in CD. Tra le rarità che contiene citiamo in particolare alcuni pezzi di Ray Griff, Tam Duffill e dei Nite Rockers.

AAVVThat’ll Flat Git It! Vol. 30

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“Tropical Tricks” riunisce in vinile 12” maxi single i remix di alcuni brani della Cree Records. Cree Records festeggia il suo primo lustro con un progetto esclusivo per il quale i DJ Nomad, Keshav Singh, Al Kent e Waxist hanno realizzato dei remix e delle rivisitazioni di brani di loro scelta estratti dal catalogo dell’etichetta. Questo piacevole viaggio nel mondo della tropical dance viene pubblicato in edizione limitata di appena mille copie.

AAVVTropical Tricks

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Cd 40 brani e libretto di 24 pagine, un tribute che la Bear Family ha volute fare a dei grandi artisti. Buddy Holly, Big Bopper, Ritchie Valens, The Crickets, Dion, e molti altri ancora. Nei 40 brani troviamo anche degli splendidi tribute a questi artisti e alcune trasmissioni radio.

AAVVThe Great TragedyWinter Dance Party 1959

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Cd digipack con libretto di 40 pagine, 36 brani. Il 3 febbraio si commemorava l’anniversario della morte di Ritchie. La Bear Family presenta una splendida retrospettiva per il giovane rocker e rende omaggio a questo grande musicista includendolo nella prestigiosa serie Bear Family “Rocks”. Nei 36 brani sono compresi i suoi brani di maggior successo oltre ad una miriade di grandi gemme più 2 bonus tracks.

Ritchie ValensRocks

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Bear Family offre in vinile da 180g la rimasterizzazione in alta qualità dai nastri originali di “To Be A Lover” di George Faith. Reggae dalle sfumature soul prodotto e arrangiato da Lee Perry e inciso a Kingston, in Giamaica. I musicisti sono quanto di meglio offrisse la piazza giamaicana, tra cui Sly Dunbar, Ernest Ranglin e Boris Gardiner. Il disco comprende versioni di “Turn Back The Hands Of Time”, “Midnight Hour” e “I’ve Got The Groove”. 180 gr. LP.

Le registrazioni complete per questo esponente della musica country che ha influenzato molti altri musicisti dopo di lui. Il box è composto da 20 Cd, 361 brani, 867 minuti di musica, più un libro hard cover di 264 pagine. Tutti i successi, tracce demo e registrazioni no-sessions, biografia e discografia, foto inedite fornite dalla famiglia e molte registrazioni inedite. Sul Cd N. 8, un audiolibro con la storia della sua vita letta dal fratello David. Monumentale box 20 cd.

George FaithTo Be a Lover

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Vinile da 180g di un rarissimo LP pubblicato in origine nel 1969 da Atman, etichetta locale di Trinidad. “Afro Bloosom West” è un’innovativa mescolanza di diversi stili musicali caraibici e statunitensi, latin jazz, funk, calypso e folk. Andre Tanker, a vibrafono e voce, è affiancato da Clarence Wears alla chitarra, Clive Bradley al basso e Kester Smith a batteria, timbales e voce. Il disco, prodotto da Herman Hadeed e Andre Tanker, viene ora riproposto in un’edizione limitata di appena mille copie.

The Andre Tanker FiveAfro Blossom West

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Sesto album per una delle band rock’n’roll più popolari della scena tedesca attivi dal 1995. 18 nuovi brani, tutte composizioni originali, con libretto di 16 pagine comprensivi dei testi delle canzoni. La band fa parte dell’area metropolitana Ruhr, dove c’è ancora una vasta gamma di eventi live di classici del R’n’R e dove numerose band sono emerse da questo ambiente come i Lou Cifer.

Lefty FrizzellAn Article From Life(The Complete Recordings)

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BOX 20 CD

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Lou Cifer &The HellionsRockville Revelation

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CD o LP

Ascoltando il tuo ultimo album “Non voglio quasi niente” mi pare che vi sia, nei testi e nelle musiche, un senso di immediatezza pur trattando tematiche complesse e profonde.L'idea che pervade l’album è quella di una comunicazione molto semplice finalizzata ad arrivare a dire qualcosa di profondo e comune alle persone. Quando qualcuno ti incontra e ti dice: “grazie, quella canzone mi fa compagnia, o mi hai aiutato in quel periodo” significa che questo lavoro ha avuto un senso profondo. Non c'è aspettativa o aspirazione migliore di riuscire a far qualcosa per qualcuno! La scrittura risulta molto semplice perchè ho cercato di seguire quest’idea di semplicità e di immediatezza: sto arrivando a questo: di spogliare la parola da qualsiasi effetto speciale, per renderla densa di senso. Inoltre rispecchia la vita, che è estremamente semplice ma, allo stesso tempo, è anche estremamente complessa. In queste canzoni si trovano vari temi che vengono affrontati, e risultano in dialogo tra loro e anche in dialogo con chi le ascolta. E dal vivo funzionano molto bene: puoi cantarle, mentre ti senti in relazione con l'altro, sentire l'energia che va e che viene dal palco, con gente che fa domande attorno a queste canzoni.

Le tue canzoni: inizi con un “io” (Non voglio quasi niente), poi un “tu” (I tuoi fianchi, Un poco di te) e alla fine un “noi” (Che cosa ne faremo). Sono i fondamenti della relazione, cosa ne pensi?Penso che sia fondamentale questo “io” usato come un “noi” e questo “noi” usato come un “io”, nel senso che siamo una comunità, siamo però anche delle singole persone. Non è un “io” che ha solo il senso dell'individuale e un “noi” che non ha il senso dell'insieme: dove finisco “io” cominci “tu”, e il nostro insieme ci permette di essere più forti nell'affrontare le varie e non semplici situazioni della vita.Gli ultimi 10 anni sono stati dolorosi, e ho conosciuto i sentieri della sofferenza, che comprendevo solo marginalmente... la perdita di persone care finiscono per mettere in discussione tutta la tua vita; da ciò ho imparato la lezione del dolore, di cosa significa stare al mondo. E non c'è nessun “io” che possa allontanare il concetto del “noi”. Una società possiede una forza nel momento in cui si basa su una pluralità reale; considerare solamente l’ “io” significa che esiste un restringimento da parte della società, del senso dell’insieme, una perdita rispetto alla solidarietà, che provoca, irreparabilmente, un impoverimento umano. Siamo fatti per essere destinati ad incontrarci e per aiutarci. Il nostro meglio dobbiamo darlo sempre in un contesto d'insieme, non è sufficiente

seguire le nostre aspirazioni individuali, non ha senso se una parte di ciò che facciamo non la riversiamo verso il noi o verso qualcuno. È fondamentale lasciare buoni ricordi, e contare che puoi contare sulla solidarietà, e sul sorriso di qualcuno...

Nelle tue canzoni sono presenti spesso descrizioni naturali: come vivi questo tempo di cambiamento climatico e di dissesto ambientale? Ritengo fondamentale riappropriarsi del territorio. Prima parlavamo del senso del noi, ma ci deve essere anche il senso del nostro. Non capire il senso dell’ambiente è uno degli atti di superficialità che oggi è molto diffuso; a volte è la complessità della realtà che mette in difficoltà, ma c’è da dire che la gente è pure distratta dalla crisi economica, dai problemi familiari, in questo clima di disumanizzazione, vediamo come ci siano sempre troppe tensioni. Ma il rapporto con l’ambiente diventa fondamentale. Io ho la fortuna di vivere in un paese di montagna, dove non siamo in duecento! Posso dire di avere la fortuna di vedere il passaggio delle stagioni, di accorgermi giorno per giorno del mutamento del linguaggio della natura, posso entrare nel bosco vicino a casa e di relazionarmi con essa, sentire gli uccelli, vedere gli animali… questo vuol dire essere calato in quel mondo, che è un mondo che appartiene all’essere umano. Purtroppo vedo come, camminando, non c’è bosco che non sia stato ferito, con migliaia di alberi caduti. Questo lo vedo come un monito di quanto forte e debole sia persino la natura, di come anche lei conti su di noi. Sarebbe importante riportare il bosco nelle scuole, così come portare far conoscere gli antichi mestieri, la mentalità di un mondo antico, perchè contiene le nostre radici. Il collegamento con il passato e la memoria è importante per poter avere una relazione viva con ciò che è stato; occorre puntare molto sui giovani perchè aspettiamo da loro un passo diverso. Inoltre è un tempo che necessita un maggior senso dell’importanza e della pienezza del tempo, un tempo che deve essere più rilassato fra le pieghe della nostra vita. Di ciò ce ne accorgiamo, fortunatamente, ancora nel crescere un figlio ma, allo stesso tempo, siamo a volte così tesi, così persi, che non abbiamo più rapporto nemmeno con il sentimento dell’amore… tutto questo stile di vita e modo di essere porta ad un non sentirsi in armonia: si spererebbe un calo di tensioni sociali, che, attualmente, impedisce agli uomini di rispettarsi a vicenda, di potersi relazionare…

La simbologia delle tue canzoni è sempre molto forte: utilizzi i termini come “acqua” “terra”, “radici”, “luce”,

“oscurità”, simboli antropologici, che appartengono da sempre all’essere umano...Questi simboli, che ci appartengono, hanno la forza di riportarci indietro alle nostre origini; sono come un elastico: la vita ci porta lontano (nella zona dove vivo l’emigrazione era circa un membro per famiglia) ma, allo stesso tempo, come un elastico, abbiamo la possibilità di rientrare attraverso i simboli e i racconti che ci sono stati tramandati e che appartengono alla nostra vita e alla nostra cultura. Inoltre, i temi dell’acqua, della terra, della luce e dell’oscurità sono centrali nel nostro essere uomini: è inutile che continuiamo a caricarci di aspettative, di titoli, se perdiamo ciò che è la nostra base. Sarebbe opportuno cercare di mediare le nostre aspirazioni, i nostri egocentrismi, che è giusto che ci siano, ma senza assolutizzarli. Dobbiamo ridare maturità ai nostri sentimenti, attraverso un sano modo di star al mondo, che appartiene alla normalità, alla semplicità; ridimensioniamo il nostro essere, comprendendo che già la vita è un insuperabile regalo. A volte non riusciamo più a vedere la salute di un nostro figlio, che sta bene, e sembra che non si abbia niente nella vita… mentre nel guardarlo che cresce già potresti dire basta così...

La canzone Minoranze descrive delle minoranze sociali, ma non solo. Tu canti: “minoranze è anche un modo di essere”...Quando tu usi il termine minoranze cosa succede? Io qui intendo minoranze staccato da un’accezione politica, sociale, etnica: è gente comune, normale, che esce di casa ogni giorno e che, dentro di sè, ha un modo di sentire, un modo di coltivare i sentimenti, ha una calma interiore e magari anche una ribellione interiore: è gente che crede a dei principi che sono, in qualche modo, interni alla vita, e non appartengono a nessuno schieramento. Ho cercato di guardare alla vita da una angolazione che sia quella di un sentire personale, positivo, guardando coloro che, quotidianamente, minoritariamente, non si stancano di sentirsi bisognosi di portare qualcosa alla società. Se leggi le frasi, ogni singola strofa è una situazione del genere… c’è, nella canzone, un solo momento di ribellione, nei confronti delle persone che non sanno più ascoltare gli uomini, che fanno dei propri interessi il punto centrale, ovvero che rivelano come sia realmente la nostra società del consumo, dove tecnologia e denaro la fanno da padrone.. Lo sviluppo lo accettiamo, ma non vogliamo dimenticare chi siamo, cosa facciamo.. magari non sappiamo ancora bene dove andare, però cerchiamo di fare il nostro meglio, cercando in qualche modo di restare all’interno del nostro sentire, ogni giorno usando scalpello, martello, per mettere a posto tutte quelle imperfezioni che appartengono a noi, al nostro carattere, ma con quel sorriso proprio della gente che sa benissimo

di essere imperfetta…

L’album musicalmente come nasce e come si evolve?Le scelte musicali che ho compiuto le ho pensate prima e le ho sperimentate nel tempo. Da una parte vedevo che mi portavano fuori da quello che era il mio solito habitat musicale e una parte mia - capivo - che andava a perdersi, che era la parte più folkloristica, forse anche quella più intimistica, più cantautorale nel senso tradizionale del termine. Però, d’altro canto, sentivo che erano canzoni diverse, era una scrittura diversa, venuta fuori, probabilmente da questi ultimi anni difficili che ho vissuto, quindi la sensibilità è andata in questa direzione. Non ho cercato di guidare questo istinto, pensando che questa direzione, a questo punto della mia storia, fosse la più vera, sicuramente anche con certi limiti, però sentivo che possedeva un’onestà e una sincerità personale. L’album l’ho lasciato fluire, così come veniva, senza costruire delle cose attorno… nel momento in cui prendeva forma lo sentivo già completo, già forte. Quello che ho voluto tentare, grazie a questo amico che ho, che è Gandhi, che ha collaborato con molti amici del jazz, è che avesse un suono un po’ più urbano, una sonorità che fosse trasversale, che fosse meno caratterizzata dal mio contesto di montagna. Con i musicisti poi ho suonato in modo che, non dico che fosse buona la prima, però quasi...dovevano essere spontanei. L’insieme ha funzionato: è stato un disco lungo più per alcune scelte che abbiamo preso: avendo inciso più canzoni di quelle che sono rientrate nell’album, abbiamo dovuto fare una cernita, qualcuna l’ho sostituita perchè nell’andamento del disco non riusciva a chiudere bene il cerchio.

Claudio Zonta

Luigi MaieronINTERVISTA A

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Ascoltando il tuo ultimo album “Non voglio quasi niente” mi pare che vi sia, nei testi e nelle musiche, un senso di immediatezza pur trattando tematiche complesse e profonde.L'idea che pervade l’album è quella di una comunicazione molto semplice finalizzata ad arrivare a dire qualcosa di profondo e comune alle persone. Quando qualcuno ti incontra e ti dice: “grazie, quella canzone mi fa compagnia, o mi hai aiutato in quel periodo” significa che questo lavoro ha avuto un senso profondo. Non c'è aspettativa o aspirazione migliore di riuscire a far qualcosa per qualcuno! La scrittura risulta molto semplice perchè ho cercato di seguire quest’idea di semplicità e di immediatezza: sto arrivando a questo: di spogliare la parola da qualsiasi effetto speciale, per renderla densa di senso. Inoltre rispecchia la vita, che è estremamente semplice ma, allo stesso tempo, è anche estremamente complessa. In queste canzoni si trovano vari temi che vengono affrontati, e risultano in dialogo tra loro e anche in dialogo con chi le ascolta. E dal vivo funzionano molto bene: puoi cantarle, mentre ti senti in relazione con l'altro, sentire l'energia che va e che viene dal palco, con gente che fa domande attorno a queste canzoni.

Le tue canzoni: inizi con un “io” (Non voglio quasi niente), poi un “tu” (I tuoi fianchi, Un poco di te) e alla fine un “noi” (Che cosa ne faremo). Sono i fondamenti della relazione, cosa ne pensi?Penso che sia fondamentale questo “io” usato come un “noi” e questo “noi” usato come un “io”, nel senso che siamo una comunità, siamo però anche delle singole persone. Non è un “io” che ha solo il senso dell'individuale e un “noi” che non ha il senso dell'insieme: dove finisco “io” cominci “tu”, e il nostro insieme ci permette di essere più forti nell'affrontare le varie e non semplici situazioni della vita.Gli ultimi 10 anni sono stati dolorosi, e ho conosciuto i sentieri della sofferenza, che comprendevo solo marginalmente... la perdita di persone care finiscono per mettere in discussione tutta la tua vita; da ciò ho imparato la lezione del dolore, di cosa significa stare al mondo. E non c'è nessun “io” che possa allontanare il concetto del “noi”. Una società possiede una forza nel momento in cui si basa su una pluralità reale; considerare solamente l’ “io” significa che esiste un restringimento da parte della società, del senso dell’insieme, una perdita rispetto alla solidarietà, che provoca, irreparabilmente, un impoverimento umano. Siamo fatti per essere destinati ad incontrarci e per aiutarci. Il nostro meglio dobbiamo darlo sempre in un contesto d'insieme, non è sufficiente

seguire le nostre aspirazioni individuali, non ha senso se una parte di ciò che facciamo non la riversiamo verso il noi o verso qualcuno. È fondamentale lasciare buoni ricordi, e contare che puoi contare sulla solidarietà, e sul sorriso di qualcuno...

Nelle tue canzoni sono presenti spesso descrizioni naturali: come vivi questo tempo di cambiamento climatico e di dissesto ambientale? Ritengo fondamentale riappropriarsi del territorio. Prima parlavamo del senso del noi, ma ci deve essere anche il senso del nostro. Non capire il senso dell’ambiente è uno degli atti di superficialità che oggi è molto diffuso; a volte è la complessità della realtà che mette in difficoltà, ma c’è da dire che la gente è pure distratta dalla crisi economica, dai problemi familiari, in questo clima di disumanizzazione, vediamo come ci siano sempre troppe tensioni. Ma il rapporto con l’ambiente diventa fondamentale. Io ho la fortuna di vivere in un paese di montagna, dove non siamo in duecento! Posso dire di avere la fortuna di vedere il passaggio delle stagioni, di accorgermi giorno per giorno del mutamento del linguaggio della natura, posso entrare nel bosco vicino a casa e di relazionarmi con essa, sentire gli uccelli, vedere gli animali… questo vuol dire essere calato in quel mondo, che è un mondo che appartiene all’essere umano. Purtroppo vedo come, camminando, non c’è bosco che non sia stato ferito, con migliaia di alberi caduti. Questo lo vedo come un monito di quanto forte e debole sia persino la natura, di come anche lei conti su di noi. Sarebbe importante riportare il bosco nelle scuole, così come portare far conoscere gli antichi mestieri, la mentalità di un mondo antico, perchè contiene le nostre radici. Il collegamento con il passato e la memoria è importante per poter avere una relazione viva con ciò che è stato; occorre puntare molto sui giovani perchè aspettiamo da loro un passo diverso. Inoltre è un tempo che necessita un maggior senso dell’importanza e della pienezza del tempo, un tempo che deve essere più rilassato fra le pieghe della nostra vita. Di ciò ce ne accorgiamo, fortunatamente, ancora nel crescere un figlio ma, allo stesso tempo, siamo a volte così tesi, così persi, che non abbiamo più rapporto nemmeno con il sentimento dell’amore… tutto questo stile di vita e modo di essere porta ad un non sentirsi in armonia: si spererebbe un calo di tensioni sociali, che, attualmente, impedisce agli uomini di rispettarsi a vicenda, di potersi relazionare…

La simbologia delle tue canzoni è sempre molto forte: utilizzi i termini come “acqua” “terra”, “radici”, “luce”,

“oscurità”, simboli antropologici, che appartengono da sempre all’essere umano...Questi simboli, che ci appartengono, hanno la forza di riportarci indietro alle nostre origini; sono come un elastico: la vita ci porta lontano (nella zona dove vivo l’emigrazione era circa un membro per famiglia) ma, allo stesso tempo, come un elastico, abbiamo la possibilità di rientrare attraverso i simboli e i racconti che ci sono stati tramandati e che appartengono alla nostra vita e alla nostra cultura. Inoltre, i temi dell’acqua, della terra, della luce e dell’oscurità sono centrali nel nostro essere uomini: è inutile che continuiamo a caricarci di aspettative, di titoli, se perdiamo ciò che è la nostra base. Sarebbe opportuno cercare di mediare le nostre aspirazioni, i nostri egocentrismi, che è giusto che ci siano, ma senza assolutizzarli. Dobbiamo ridare maturità ai nostri sentimenti, attraverso un sano modo di star al mondo, che appartiene alla normalità, alla semplicità; ridimensioniamo il nostro essere, comprendendo che già la vita è un insuperabile regalo. A volte non riusciamo più a vedere la salute di un nostro figlio, che sta bene, e sembra che non si abbia niente nella vita… mentre nel guardarlo che cresce già potresti dire basta così...

La canzone Minoranze descrive delle minoranze sociali, ma non solo. Tu canti: “minoranze è anche un modo di essere”...Quando tu usi il termine minoranze cosa succede? Io qui intendo minoranze staccato da un’accezione politica, sociale, etnica: è gente comune, normale, che esce di casa ogni giorno e che, dentro di sè, ha un modo di sentire, un modo di coltivare i sentimenti, ha una calma interiore e magari anche una ribellione interiore: è gente che crede a dei principi che sono, in qualche modo, interni alla vita, e non appartengono a nessuno schieramento. Ho cercato di guardare alla vita da una angolazione che sia quella di un sentire personale, positivo, guardando coloro che, quotidianamente, minoritariamente, non si stancano di sentirsi bisognosi di portare qualcosa alla società. Se leggi le frasi, ogni singola strofa è una situazione del genere… c’è, nella canzone, un solo momento di ribellione, nei confronti delle persone che non sanno più ascoltare gli uomini, che fanno dei propri interessi il punto centrale, ovvero che rivelano come sia realmente la nostra società del consumo, dove tecnologia e denaro la fanno da padrone.. Lo sviluppo lo accettiamo, ma non vogliamo dimenticare chi siamo, cosa facciamo.. magari non sappiamo ancora bene dove andare, però cerchiamo di fare il nostro meglio, cercando in qualche modo di restare all’interno del nostro sentire, ogni giorno usando scalpello, martello, per mettere a posto tutte quelle imperfezioni che appartengono a noi, al nostro carattere, ma con quel sorriso proprio della gente che sa benissimo

di essere imperfetta…

L’album musicalmente come nasce e come si evolve?Le scelte musicali che ho compiuto le ho pensate prima e le ho sperimentate nel tempo. Da una parte vedevo che mi portavano fuori da quello che era il mio solito habitat musicale e una parte mia - capivo - che andava a perdersi, che era la parte più folkloristica, forse anche quella più intimistica, più cantautorale nel senso tradizionale del termine. Però, d’altro canto, sentivo che erano canzoni diverse, era una scrittura diversa, venuta fuori, probabilmente da questi ultimi anni difficili che ho vissuto, quindi la sensibilità è andata in questa direzione. Non ho cercato di guidare questo istinto, pensando che questa direzione, a questo punto della mia storia, fosse la più vera, sicuramente anche con certi limiti, però sentivo che possedeva un’onestà e una sincerità personale. L’album l’ho lasciato fluire, così come veniva, senza costruire delle cose attorno… nel momento in cui prendeva forma lo sentivo già completo, già forte. Quello che ho voluto tentare, grazie a questo amico che ho, che è Gandhi, che ha collaborato con molti amici del jazz, è che avesse un suono un po’ più urbano, una sonorità che fosse trasversale, che fosse meno caratterizzata dal mio contesto di montagna. Con i musicisti poi ho suonato in modo che, non dico che fosse buona la prima, però quasi...dovevano essere spontanei. L’insieme ha funzionato: è stato un disco lungo più per alcune scelte che abbiamo preso: avendo inciso più canzoni di quelle che sono rientrate nell’album, abbiamo dovuto fare una cernita, qualcuna l’ho sostituita perchè nell’andamento del disco non riusciva a chiudere bene il cerchio.

Claudio Zonta

Christian Draghi, è un cantante e chitarrista che proviene dall’Oltrepò Pavese. E’ stato voce e sei corde del trio heavy rock Doctor Cyclops, con cui ha inciso 3 dischi e girato l’Europa con diversi tour. Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 ha attraversato una forte crisi personale e, invece di andare da uno psicoterapeuta, ha iniziato a scrivere nuove canzoni. «Era chiaro che non potessero avere a che fare con quello che facevo con la mia band Dr Cyclops» spiega Draghi. «Per questo ho deciso di iniziare un progetto solista come cantautore». L’album “Black Roses & Hats” riporta l’autore alle sue origini, ai tempi in cui ha scoperto la sua passione per la musica ascoltando i Beatles, Bob Dylan, Cat Stevens, David Bowie, i Jethro Tull, un sacco di blues, folk e un bel po’ di cantautori. In questo disco Draghi dà alla luce 10 canzoni originali con un’anima vintage ispirata dagli anni 60 e 70. Ogni canzone è come un piatto composto da diversi ingredienti: Armonie beatlesiane incrociate con un sentore di Jethro Tull, reminiscenze del primo Bowie sfumate con un po’ del Dylan cantastorie. Una nuova vita, un nuovo percorso, a tinte vintage.

Christian DraghiBlack Roses & Hats

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R I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Classe 1992, è stato allievo di Mario Rusca, Dado Moroni, Kenny Barron solo per citarne alcuni, si è poi diplomato nella più importante scuola di musica internazionale, la The New School for Jazz and Contemporary Music, e poi è stato notato subito dai giganti mondiali che lo hanno voluto accanto a se in alcune collaborazioni in Usa, dove si è stabilmente trasferito dal 2012 e dove la sua carriera sta prendendo sempre più piede: da Wynton Marsalis, a Gary Bartz, da Billy Harper a Dave Douglas e molti altri ancora. Insomma l’ennesimo caso di superpianista italiano in grado di stupire il mondo. Questo suo disco d’esordio come leader lo vede supportato da una delle ritmiche più quotate al mondo: Billy Drummond e Peter Washington scegliendo un repertorio che rappresenta un po’ la miscela di esperienze sin qui maturate: la tradizione, lo swing, il linguaggio contemporaneo, la propria cifra stilistica, riprendendo brani di Thelonious Monk, canzoni popolari americane e brani propria composizione. Artista la cui serietà, dedizione ed impegno lo hanno portato ad avere un ruolo già significativo nel panorama jazz contemporaneo.

Andrea Domenici TrioPlaying Who I am

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Ligure di nascita, Bonifacio vive a Milano, dove insegna Fisica e Matematica alla American School of Milan. Il suo percorso è una sovrapposizione di attività musicale e scientifica, grazie alle quali viaggia, vive, suona e lavora in Canada, Brasile, Francia, Scozia ed Inghilterra. Le sue radici musicali affondano nella psichedelia, nel rock/prog e nel blues. ll primo album, “Back To Back”, è pubblicato come Paolo Bonifacio da Ultra Sound Records nel 2014. I live che ne seguono, le Madeyes Sessions con Marco Giannetti al flauto traverso e Timo Orlandi al basso, si distinguono per l’ampio spazio riservato all’improvvisazione e per la contaminazione fra psichedelia, blues e prog-rock dalle atmosfere dilatate. Il nuovo album, “Zero Over Zero” , primo lavoro in studio del progetto Madeyes, include varie collaborazioni, fra cui Marco Pandolfi e Riccardo Grosso alle armoniche, Stefano Bertolotti alla batteria, Andrea Paganetto alla tromba e Anna Bazueva alle voci e flauto. L’album sviluppa il materiale live, arricchendolo di nuovi dettagli e sonorità.

Bonifacio Mad EyesZero Over Zero

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Il duo composto da Guido Facchini, diplomato in pianoforte, composizione, direzione d’orchestra, musica corale e musica elettronica, e da Luca Mengozzi che all’età di 12 anni inizia a studiare la batteria con il Maestro Giovanni D’Angelo presso la scuola di Cesena e successivamente al Conservatorio di Cesena lo studio delle percussioni. Esbjorn Svensson è il loro mentore, gli americani hanno gli Standards, questo duo nel loro background hanno le canzoni degli anni ’70 (Baglioni, Venditti, Sting….) e hanno deciso di suonarle come gli americani fanno con gli Standards. Il loro lavoro si è basato sul suono e sull’intenzione… insomma, che genere fanno? Ai posteri l’ardua sentenza.

Lyric PlaceWalking on the Mood

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Nuovo album per la cantante brasiliana tra le più belle voci e particolari degli ultimi anni. Con un’esperienza di numerosi tour in tutto il mondo Giappone, Medio Oriente, Europa, Sud America, la cantante nel corso di venticinque  anni di musica, ha svolto una intensa attività divulgativa nei vari campi della cultura brasiliana. “De Onde Vens” vede la musicista brasiliana interpretare a suo modo classici del suo paese. (Ivan Lins, Carlos Lyra, Dori Caymmi, Djavan)

Ivete SouzaDe Onde Vens

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Luigi Di Nunzio rappresenta l’ennesima sorpresa che scaturisce dalla straordinaria realtà napoletana. Certamente è uno dei maggiori talenti italiani dell’ultima decade. Sassofonista dalle qualità straordinarie che non è sfuggito all’orecchio attento e sopraffino persino di Joe Lovano che ebbe a dire: “Luigi suona con la passione e la forza di un veterano. Ne sentiremo parlare in futuro.” Nel precedente disco per Abeat, aveva dato sfoggio di tecnica eccellente e perfetta padronanza del linguaggio swing; ora Di Nunzio con questo suo nuovo lavoro segna già una svolta nella sua pur recente carriera. “The Game” è infatti basato su un sound estremamente moderno con forti influenze derivate dalla musica elettronica e frutto di 4 anni di sperimentazioni, collaborazioni ed esperienze in generi musicali come l’hip hop, il rap, la musica elettronica. Ne è scaturito uno stile anche compositivo nuovo ed inedito, ed il titolo del disco, “The Game”, riassume questo gioioso percorso. Al disco, oltre al giovane sassofonista napoletano, hanno preso parte Marco Fiorenzano, synth e piano rhodes, Umberto Lepore, basso e bass synth, e Marco Castaldo, alla batteria.

Luigi Di Nunzio The Game

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Trio corrente è uno dei gruppi di maggior successo nell’ambito della musica strumentale del loro paese (Brasile) e, tanto per capire l’altissimo livello di cui stiamo parlando, sono risultati vincitori nel 2014 del Grammy Award e del Latin Grammy Award nella categoria best latin jazz album. Il premio più ambito dai musicisti di tutto il mondo. Abeat è orgogliosa di pubblicare il loro sesto Cd in 18 anni di carriera che condensa tutto il loro evoluto e modernissimo personale linguaggio dove l’idioma afroamericano si innesta nelle profonde radici della ricca tradizione musicale brasiliana. Un risultato da lasciare senza fiato, dove l’energia, la gioia, l’allegria si alternano alla struggenza ed alla nostalgia tipica di questo incredibile suggestivo popolo. Non esiste niente di simile in circolazione. Una fusione colta e sopraffina di jazz modernissimo e una grande carrellata di ritmi brasiliani.

Trio CorrenteTem Que Ser Azul

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Guido Manusardi: certamente una delle massime espressioni pianistiche europee. Maestro di swing, ispiratore per intere generazioni di musicisti non solo italiani. Nel corso degli anni lo abbiamo ascoltato al fianco di giganti come Johnny Griffin, Slide Hampton, Red Mitchell e Dexter Gordon...solo per citarne alcuni! “Il suo pianismo è la combinazione perfetta di esperienza, passione, curiosità, swing, rispetto per la tradizione e creatività, ingredienti perfetti per definire un vero grande Jazzman.” DADO MORONI. A fianco di Guido Manusardi un’altra grande colonna del Jazz italiano, Gianni Cazzola alla batteria e Roberto Piccolo al contrabbasso.

Guido Manusardi TrioSwingin

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ZR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

Francesca Ajmar è certamente una delle più affermate e riconosciute interpreti della canzone brasiliana in Italia. Ed una delle poche interpreti europee ad esibirsi in sudamerica. Ben 4 dei suoi 7 dischi come leader sono dedicati al mondo carioca. Dotata di una voce suadente e raffinata, con perfetta dizione portoghese ci regala questo nuovo disco in compagnia di un artista pietra miliare della musica brasiliana, il sassofonista Hector “Costita” Bisignani, già al fianco dei più grandi di sempre della bossa nova: Sérgio Mendes, Hermeto Pascoal, Tom Jobim, João Donato, Edu Lobo, Chico Buarque, João Gilberto, Johnny Alf, Dick Farney, Elis Regina, Milton Nascimento, Zimbo Trio, Wilson Curia. Con il sostegno di Michele Franzini (pianoforte),Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), e Vittorio Sicbaldi (batteria), jazzisti che vantano un indiscusso curriculum artistico. Un viaggio in Brasile con Tom Jobim, Johnny Alf, Carlos Lyra, Edu Lobo,solo per citarne alcuni, oltre ad alcune composizioni originali.

Francesca Ajmar QuartetEstrada Do Sol

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Dopo il notevole successo del precedente disco da leader per Abeat dove Michele Perruggini aveva già anticipato le sue doti di compositore immaginifico ed originale, tra l’altro in veste di batterista, cosa non comune soprattutto per il panorama italiano, ecco questo nuovo lavoro di Perruggini dove addirittura si libera del fardello strumentale, rinunciando persino alla veste di batterista, cosa per altro che continua a svolgere ad alti livelli, per calarsi esclusivamente in quella del compositore ed arrangiatore, regalandoci così uno dei lavori più interessanti, creativi e evocativi che Abeat abbia avuto il piacere di pubblicare nella sua ormai quasi ventennale attività. Una vera poesia in musica. Senza esitazioni e senza dubbi questo lavoro testimonia una visione universale affascinante dove il “microcosmo e l’attimo” diventano il fulcro per una parabola coinvolgente ed intrigante dall’inizio alla fine. Michele Perruggini ci ricorda in sostanza che grazie alla musica, alla poesia e soprattutto a composizioni ed arrangiamenti ben riusciti, l’animo umano si può innalzare. Coaudiovato dal meglio del panorama nazional-pugliese, un alternanza di spunti lirici, melodici e preziosi interventi solistici: certamente un disco da non perdere.

Michele Perruggini In Volo

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Dall’esordio sulla scena jazz danese nel 1981, l’elegante ed esplosivo Fredrik Lundin si è fatto conoscere per le sue incursioni tanto nella musica sperimentale quanto in quella mainstream. Con la sua voce originale e virtuosistica, ha lavorato con e in band come i Frederik Lundin Overdrive, il quintetto Five Go Adventuring Again, gli Offpiste Gurus (con la vocalist Trine-Lise Væring e il Marilyn Mazur Group. Ha pubblicato otto album da leader, contribuito ad altri 50 come sideman e ricevuto parecchi premi. Con questo nuovo disco Lundin torna al format della metà degli anni ’80: batteria, bassi e fiati. Senza la presenza di uno strumento a corde, a tratti l’espressione sembra spoglia, ma al contempo consente di creare una musica densa, ricca di cromatismi, in cui si sfrutta tutta la componente acustica. È la situazione ideale per Lundin, sia come compositore che come solista. Da questa sfida nasce un jazz avventuroso.

Fredrik Lundin5 Go Adventuring Again

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Oltre ad essere compagni di band, Oscar Peterson e Alvin Queen erano amici. Il tributo “OP” è quindi un pezzo di cuore per il batterista che ha suonato nel trio di Peterson alla fine della sua vita. Per dargli forma e sostanza Alvin Queen ha scelto due musicisti danesi giovani ma già di altissimo livello: il ventiseienne pianista Zier Romme e la trentottenne contrabbassista Ida Hvid. A unire il trio è un sodalizio eccezionale tra gioventù ed esperienza, nell’ambito del quale tutti suonano con lo stesso obiettivo: creare un jazz da camera classico che renda omaggio al maestro e al suo repertorio eseguendone brani cui danno un tono estroverso, frizzante, ricco di groove e swing, dinamico, appassionato e melodico.

Alvin Queen TrioOp (A Tribute To Oscar Peterson)

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La trentottenne compositrice, sassofonista e band leader Maria Faust non suona né compone in maniera tradizionale, né le interessa farlo. Il coraggio è il suo marchio di fabbrica: nella sua musica e nei suoi progetti con ensemble che sperimentano con strumenti e tecniche insoliti. Costantemente alla ricerca di modi per espandere il suo spettro sonoro, nel nuovo disco “Machina” impiega un inedito mix di forme musicali della tradizione e improvvisazione, jazz e paesaggi sonori. In un linguaggio musicale di sua invenzione, Maria Faust esprime i suoi originali concetti compositivi: un universo musicale da camera senza batteria, ma con fiati, due contrabbassi, un violoncello e un piano che interagiscono in un affascinante dialogo con motori di barche da pesca che attraversano la nebbia, lo scricchiolio di vecchi scafi arrugginiti, il mormorio della brezza e i richiami degli uccelli sul mare.

Maria FaustMachina

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Non è difficile diventare amici di un brasiliano e lo stesso vale per la loro musica. Il pianista Steen Rasmussen però è andato oltre: ha interiorizzato la musica brasiliana grazie a Joao Donato, Tania Maria, Djavan, Joyce, Elis Regina, Toquinho e altri, e poi si abbandonato ad essa. Ne è diventato così veicolo in album come “Lo means de cada casa”, con il chitarrista brasiliano Leo Minax, o “Presença”, fondendo saudade brasiliana e malinconia nordica. “Canta” è superbo, ricco di dettagli musicali grandi e piccoli e di splendidi ospiti. È complesso, raffinato e squisitamente malinconico, con un ritmo brasiliano pari e forse superiore a quello dei nativi. Per dare voce ai brani Rasmussen ha invito vocalist come Joyce Moreno (qui anche chitarrista), Josefine Cronholm, Leo Minax, Barbara Casini (già collaboratrice di Stefano Bollani ed Enrico Rava), Mark Linn, Marie Carmen Koppel e la promettente Caroline Franceska. Un disco sensuale, melodico, malinconico e profondo.

Steen Rasmussen QuintetoCanta

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Feat. Alvin Queen, Tomas Franck, Ben Besiakov, Anders Christensen. In molti hanno raccolto l’eredità di Jimi Hendrix e John Coltrane e in molti si sono chiesti cosa sarebbe successo se le loro strade si fossero incrociate quando erano in vita. “Out There” è un’ipotesi plausibile, un tentativo di rispondere a questa domanda del chitarrista Mikkel Nordsø, per cui Hendrix e Coltrane sono stati le prime muse ispiratrici. Per l’occasione ha scelto con cura i suoi compagni: il sassofonista tenore Tomas Franck, il tastierista Ben Besiakov, il bassista Anders “AC” Christensen e il batterista Alvin Queen. Nel disco la chitarra ben amplificata di Nordsø incontra il sound jazz di Coltrane e il risultato è strabiliante. Mikkel Nordsø è un chitarrista e compositore danese che ha partecipato a oltre 200 album e composto per diverse colonne sonore, pièce teatrali, balletti, per la radio e la TV. Come band leader ha pubblicato su etichetta Stunt più di venti album.

Mikkel Nordsø QuintetOut There

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Non sono molti i giovani musicisti che sono riusciti a gettare ponti tra i vari generi del jazz con lo stesso successo del batterista, compositore e band leader Snorre Kirk. Questo suo quarto album presenta un repertorio e una line-up da cosiddetta “working band”, con solisti dallo stile distintivo in ciascun ruolo. Per ottenere questo sound fresco e unico Snorre Kirk ha studiato a fondo la storia e gli elementi del jazz, e ha poi testato e adattato il materiale“on the road”, in maniera da personalizzarlo e adattarlo all’ensemble. “Beat” contiene otto brani di Snorre Kirk e un pezzo in cui ci si imbatte di rado: l’esotica “Zanzibar” del bassista Juan Tizol (dell’orchestra di Duke Ellington). Con i piedi saldamente puntati nella tradizione jazz e lo sguardo rivolto al futuro, Snorre Kirk presenta nuove composizioni in cui la batteria fa da punto focale ritmico per spaziare dal gospel alle sonorità latine, dalle ballate allo swing, da sogni a occhi aperti esotici a un inedito blues di grande concretezza. Una musica ricca di anima, di swing, di stile.

Snorre Kirk Beat

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Nel suo nuovo lavoro, la pluripremiata vocalist Josefine Cronholm sfodera una voce da contralto cristallina, ricca e assolutamente splendida. Cronholm ha alle spalle un percorso tracciato dal suo talento, che l’ha portata a collaborare con Django Bates, a formare gli IBIS, a lavorare con la percussionista Marilyn Mazur (nota per il sodalizio con Miles Davis), a dividere il palco con artisti del calibro di Kenny Werner, Kirk Knuffke e Jacob Fisher e a comparire in una trentina di album. “Ember” la conferma come un’ottima cantautrice in grado di comporre tanto melodie da hit, belle e semplici, quanto brani più oscuri e permeati di abbandono. Gli ascoltatori sono trasportati in un viaggio da brano a brano, da mondo a mondo, in cui a guidarli sono Cronholm e alcuni dei suoi più fedeli collaboratori: la batterista e percussionista Lisbeth Diers, la pianista Makiko Hirabayashi, il sassofonista, clarinettista e trombettista Torben Snekkestad e il bassista Thommy Andersson.

Josefine CronholmEmber

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Nel 2017 Kira Skov ha perso il marito Nicolai Munch-Hansen in maniera tragica e inattesa. Nicolai era da 13 anni il suo partner in tutto, anche nella musica, e per elaborare il lutto Kira ha iniziato a scrivere per il marito. Sono canzoni sulla vita, la morte improvvisa e lo shock che segue. Nel dare forma al dolore, Kira Skov ha trovato però anche continuità nel linguaggio musicale tenero e forte che condivideva con il marito. Con “The Echo Of You” Kira Skov dispiega un universo musicale intimo, dalla strumentazione rarefatta: chitarra elettrica e acustica, violino, violoncello, contrabbasso e percussioni. Al centro dei brani c’è il racconto, con riferimenti a una tradizione cantautorale che rimanda, tra gli altri, a Leonard Cohen, Joni Mitchell e Townes Van Zandt. In un paio di brani presta la voce anche la star americana del country alternativo Bonnie Prince Billy.

Kira SkovThe Echo of You (Songs for Nicolai)

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Claire Martin e Jim Mullen hanno inciso un tributo all’iconico chitarrista Wes Montgomery, scomparso 50 anni fa all’età di 45 anni. In “Bumpin’”, i due premiati jazzisti britannici uniscono le forze con il trio del batterista danese Kristian Leth per omaggiare il chitarrista con brani di Montgomery stesso e alcuni dei classici che ha eseguito nel corso della sua illustre carriera. La cantante Claire Martin e il chitarrista scozzese Jim Mullen collaborano da 30 anni e sono entrambi artisti di grande successo. Lei ha pubblicato ben 18 album e collaborato con Martin Taylor, Bill Charlap e Kenny Barron, oltre ad aver formato un intimo e apprezzato duo con il compositore e pianista Sir Richard Rodney Bennett, scomparso nel 2012. Lui ha vinto diversi premi ai British Music Awards, ha fatto parte dei Pete Brown & Piblokto!, degli Oblivion Express di Brian Auger, dell’Average White Band e della band jazz-funk Morrissey-Mullen e il suo stile, seppur personale, si ispira tra gli altri proprio a Montgomery.

Claire Martin & Jim MullenBumpin’ (Celebrating Wes Montgomery)

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Pochi musicisti danesi possono vantare di essere rispettati quanto il tastierista e compositore Kenneth Knudsen. Dagli inizi come pianista jazz negli anni ’60, ha elaborato un sound e una timbrica unici e assai apprezzati. Ormai non si esibisce dal vivo da anni, ma si è concentrato sulla creazione di musica nel suo studio casalingo, collaborando con musicisti scelti a una serie di uscite originalissime. Knudsen crea su strumenti digitali spazi musicali in costante mutamento, per nulla statici o artificiosi. Ma “November Tango” gode anche della presenza del chitarrista Olive Hoiness, la cui voce strumentale coraggiosa fornisce il contrasto perfetto ai suoni mutevoli e originali di Knudsen. Inoltre Oliver Hoiness è in qualche modo un suo erede, perché sperimenta le possibilità sonore della chitarra elettrica con gli strumenti odierni. Con la giusta apertura mentale, “November Tango” può trasportare con la sua creatività a scoprire paesaggi sonori mozzafiato.

Kenneth Knudsen& Oliver HoinessNovember Tango

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Il talento di John Hartford va ben oltre “Gentle on My Mind” e la partecipazione ad album fondamentali come “Sweetheart of the Rodeo” dei Byrds e “Mud Slide Slim” di James Taylor. Con il suo “Aereo Plain” del 1971 è stato l’unico artefice del genere newgrass. Con “Backroads, Rivers & Memories” Real Gone presenta in CD una raccolta di 27 brani provenienti dal John Hartford Estate. Tra di essi, 19 tracce inedite, cinque brani mai presentati in nessuna versione, 16 demo cantautorali datati tra il 1965 e il 1969, tre performance radiofoniche inedite del 1964, otto rarissimi singoli delle origini con l’Ozark Mountain Trio, versioni mai sentite prima di cavalli di battaglia come “This Eve of Parting” e “Gentle on My Mind” e una breve registrazione della prima prova del classico bluegrass “Steam Powered Aereo Plain”.

John HartfordBackroads, Rivers & Memories(The Rare & Unreleased John Hartford)

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Gordon Lightfoot ha un sound inconfondibile: né pop né rock, né country né folk, la sua è una musica ruvida, diretta e senza compromessi. Splendido interprete di brani altrui e sublime autore, è a buon diritto un’icona del Canada. Lightfoot non voleva diventare famoso, ma quando ha iniziato a lavorare con il produttore Lenny Waronker ha sfornato una serie di hit: a partire da “If You Could Read My Mind”, ha infilato 13 singoli da classifica e quattro top ten, oltre a diverse apparizioni nelle classifiche adult contemporary e country. In questo doppio CD, Real Gone ha raccolto tutti i singoli incisi da Lightfoot con Waronker (e Joe Wissert) per Reprise e Warner Bros. Si tratta dell’esordio su CD di sei singoli in mono, rimasterizzati con cura.

Gordon LightfootThe Complete Singles 1970-1980

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“I Love My lady” è un album finito nel 1981 ma mai pubblicato prima per il cantante pop Americano Johnny Mathis. E’ uscita solamente una versione limitatissima in occasione del RSD 2018 in vinile trasparente e nel cofanetto “the Voice Of Romance”. Ora Real Gone stampa per la prima volta in CD con una nuova copertina quest’album dalle sonorità blues con ritmi funky, jazz, disco e dance.

Johnny MathisI Love My Lady

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Un accorato omaggio alla musica di uno dei più grandi e sofisticati compositori jazz del secolo scorso. Giusy Consoli, al suo esordio discografico, entra in punta di piedi nel mondo di Billy Strayhorn, rispettandone l’eleganza così come i musicisti raffinati e sensibili che hanno collaborato con lei alla realizzazione del disco. Si tratta di un racconto intenso ed evocativo che sa essere contemporaneo attraverso una rielaborazione che non stravolge ma rinnova. La cantante e i musicisti ottengono sonorità diverse usando formazioni diverse per quasi ognuna delle composizioni presenti nel disco, alcune presentate in duo, altre in quartetto, altre in formazione completa. Le composizioni scelte sono tra le più significative, composizioni dove parole, melodia e armonia raggiungono un perfetto connubio ed è proprio la voce di Giusy Consoli ad avere il compito di veicolare il messaggio musicale e personale del compositore.

Giusy ConsoliSo This Is Love

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Real Gone continua il suo lungo e bizzarro viaggio tra le registrazioni dei concerti dei Grateful Dead, presentando “Road Trips Vol. 3 N. 4 (Penn State / Cornell 1980)”. Il triplo CD non è mai stato disponibile sul mercato e immortala il meglio di due spettacoli alla Recreation Hall in Pennsylvania e al Cornell’s Barton Hall nel 1980 ed è stato splendidamente registrato da Dan Healy e masterizzato dal solito Jeffrey Norman.

Grateful DeadRoad Trips Vol. 3 n. 4 (PENN STATE / CORNELL 1980)

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Questo album fa parte del progetto discografico che da diversi anni Giulio Cesare Ricci realizza presso l'antica cantina del Palazzo di Scoto di Semifonte a Certaldo Alto (FI). Per valorizzare l'affascinante acustica di questo luogo ha utilizzato il sistema di registrazione Signoricci analogico e valvolare, stereo DSD on the Pyramix Recorder using dCS A/D and D/A converters. Sulle tracce non viene effettuato alcun editing. Tutti i brani del disco si possono ascoltare esattamente come sono stati eseguiti. Il programma musicale comprende dei brani della grande traduzione jazz ed altri brani originali. Un disco in trio con piano, contrabbasso e batteria da non perdere.

Carnovale, Kramer, Conte I Remember You

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Questo album fa parte del progetto discografico che ormai da diversi anni Giulio Cesare Ricci realizza presso l’antica cantina del Palazzo di Scoto di Semifonte a Certaldo Alto (FI). Per valorizzare l’affascinante acustica di questo luogo ha utilizzato il sistema di registrazione Signoricci analogico e valvolare, stereo DSD su Pyramix Recorder usando converter dCS A/D e D/A. Sulle tracce non è stato effettuato alcun editing. Il programma musicale è molto originale, le sonorità dei due strumenti sax tenore e soprano, flauto e flutax / chitarra si sposano perfettamente con l'acustica del luogo e valorizzati a pieno dal natural sound recording realizzato con i leggendari microfoni Neumann di Giulio Cesare Ricci. Pietro Tonolo (sax tenore e soprano, flauto e flutax) e Giancarlo Bianchetti (chitarra).

Pietro Tonolo, Giancarlo BianchettiSongs We Like

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L’album contiene brani originali composti da Castelfranato e brani ispirati a pezzi celebri di Sting, Pino Daniele, John Lennon e Paul Mc Cartney. Da sottolineare la famosissima “Mediterranean” di Al Di Meola. L’incisione è stata realizzata nell’antica cantina del Palazzo di Scoto di Semifonte a Certaldo Alto (FI), dall’acustica straordinaria, e sulle tracce non è stato effettuato alcun editing. Giulio Cesare Ricci ha utilizzato i microfoni della sua collezione Neumann. Come avviene con tutti gli album fonè, anche questo album ha un doppio master: analogico per il vinile in edizione limitata (AMPEX ATR 102 30ips 2 tracks 1/2inch) e digitale ad alta risoluzione (dCS AD/DA converters) per il SACD. Un album che sicuramente diventerà un riferimento per gli amanti degli audiophile recording.

Andrea CastelfranatoAnxanum

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“Shades of Chet” è un album di riferimento assoluto per il jazz italiano. Vede protagonisti i 5 jazzisti italiani più famosi al mondo: Enrico Rava (tromba e flicorno), Paolo Fresu (tromba e flicorno), Stefano Bollani (piano), Enzo Pietropaoli (contrabbasso) e Roberto Gatto (batteria). L’album, prodotto da Via Veneto Jazz, è stato rimasterizzato da Giulio Cesare Ricci utilizzando il sistema Signoricci interamente analogico e valvolare. Il Master è stato registrato con l'Ampex ATR 102  doppia traccia 1/2 pollice 30ips. La scelta di realizzare due vinili è dovuta alla durata del programma musicale, di circa un'ora: distribuendolo su quattro lati si ottiene la qualità massima. Questo per via dei solchi più larghi e profondi, che garantiscono la dinamica originale, fondamentale per questo repertorio. Già presente nel catalogo Fonè in versione SACD, “Shades of Chet” è ora disponibile anche in doppio “vinile analogico” limited edition 496 copie.

Rava, Fresu, Bollani,Pietropaoli, Gatto Shades of Chet

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Fonè compie 35 anni e festeggia con un album dedicato al jazz. In questi anni l’etichetta ha inciso molte formazioni jazz duo/trio/quartetto e big band. La particolarità di questo album è che vi è stato selezionato un brano per ogni produzione jazz realizzata negli anni dall’etichetta. Ogni incisione ha avuto artisti diversi, luoghi di registrazione diversi ma ad accomunarle tutte vi è una constante: Giulio Cesare Ricci e il suo sistema di registrazione analogico e valvolare. All’ascolto si percepisce un suono omogeneo, naturale, dimanico e realistico in tutti i brani anche se registrati in anni diversi ed è proprio questa particolarità a rendere l’album unico. Già presente nel catalogo Fonè in versione SACD, ora è disponibile in “vinile analogico” limited edition 496 copie.

AAVVJazz Recordings (35th fonè Anniversary, since 1983)

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Steve Forbert, singer songwriter di indubbia qualità. Le sue canzoni rilette da: Bekka Bramlett e John Oates, Robert Earl Keen, Tim Bluhm, Todd Snider, Jason Crosby, Bill Lloyd, Eric Lindell, Jackie Greene, James Maddock, John Popper, Jim Lauderdale e molti altri. 21 brani che ripercorrono il suo lungo cammino.

AAVVAn American TroubadourThe Songs of Steve Forbert

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Steve Forbert ha da poco pubblicato una libro, Big City Cat - My Life in Folk-Rock. Una biografia scritta a quattro mani con Therese Boyd, dove il musicista parla della sua carriera, di come è arrivato davanti al grande pubblico. Un libro intimo e curioso, di cui si dice molto bene. E come companion della sua avventura letteraria ecco un disco nuovo di zecca, un disco in cui Forbert ripercorre la sua carriera, registra vecchi demos inediti con una full band, ci mette anche delle nuove canzoni. Ripassa insomma il suo modo di fare musica con un disco che riflette la sua forza di autore e la sua vitlità di performer.

Steve ForbertThe Magic Tree

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Capace di tutto, da intimi e vibranti sussurri a ruggenti boati, di tanto in tanto l’organo jazz può anche risultare stranamente demoralizzante: può dare la stessa sensazione di quando ci si trova bloccati in un bar con un tizio che non vuole stare zitto. Pat Bianchi è tutt’altro: rifugge da tutti i cliché e mette in luce la versatilità dello strumento con una serie di brani che spaziano da Chick Corea a Patsy Cline, fino a Monk e Billy Eckstine. Per “In the Moment”, si è circondato di amici e colleghi, tra cui Pat Martino alla chitarra, Joe Locke al vibrafono, Carmen Intorre Jr alla batteria, il compianto Kevin Mahogany alla voce e altri ancora.

Pat BianchiIn The Moment

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Osservando il variegato percorso del sassofonista contralto Jim Snidero, si notano cambiamenti sia negli strumenti che nelle formazioni: da band con l’organo a quartetti con chitarra o piano, fino ai vivaci tributi in quintetto a Miles Davis e Cannonball Adderley. Con “Waves of Calm”, questo veterano entra in una fase di riduzione all’essenziale. Come ha dichiarato lui stesso, padroneggia lo strumento a tal punto da poter suonare ciò che vuole, ma di recente si è concentrato sulla ricerca della nota giusta al momento giusto. Insomma: meno, ma perfetto. Con il trombettista Jeremy Pelt in metà dei brani, il fenomenale pianista Orrin Evans e il bassista Nat Reeves e il batterista Jonathan Barber a completare la sezione ritmica, pare proprio che Snidero abbia trovato la perfezione che cercava.

Jim SnideroWaves of Calm

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Caesar Frazier è un autentico custode dell’arte dell’organo Hammond B-3: ha ricevuto il testimone da grandi organisti come Jimmy Smith, Jacky Davis e Jack McDuff e ne ha arricchito l’eredità per diventare uno dei massimi rappresentanti della categoria. Negli anni con Lou Donaldson e nei tour con Marvin Gaye, Frazier ha sviluppato un suo stile molto soul non solo come strumentista, ma anche come compositore. “Closer To The Truth” lo vede in quartetto con uno sceltissimo gruppo di jazzisti. I brani originali di Frazier si alternano a classici del jazz come “Jive Samba” di Nat Adderley e “Blues March” di Benny Golson. Si tratta del debutto su etichetta Savant di un indiscusso maestro dello strumento, senza dubbio degno di proseguire una gloriosa tradizione.

Caesar FrazierCloser to the Truth

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“Saudagoria” è un album intimista, sorridente e malinconico. Il nuovo lavoro della cantautrice palermitana Sara Romano è un disco sapientemente acustico, fatto soltanto di incroci di corde (chitarre, viola, violino, basso e pedal steel) e di parole. Composizioni non ascrivibili ad un genere preciso ma che subiscono le fascinazioni del folk, del country e del blues, arricchite da archi zigani. Intense suggestioni sonore costruite con pochi elementi, necessari e sufficienti a creare un mondo misterioso e immaginifico. Caratteristica fondamentale del disco che lo avvicina a un suono internazionale, pur essendo fortemente radicato nel nostro Paese. A suggellare il tutto c'è la voce calda e colorata della Romano e ci sono i suoi testi, che parlano di questa Italia tradita storicamente e ideologicamente; che raccontano storie di persone che faticano a trovare una strada, di guerra e violenze, di diritti e anche di amore. Ogni canzone di questo album nasconde una malinconia di fondo che è il vero “fil rouge” del disco. Lo si intuisce sin dal titolo, “Saudagoria”, appunto, crasi tra le parole “saudade” (termine portoghese/brasiliano che indica la mancanza data da una perdita e che differisce per intensità emotiva dalla nostalgia) e “allegoria”.

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Quinto album dei Midnight Breakfast, che concretizzano in maniera autorevole la personale ricerca di un proprio stile, nel profondo rispetto della tradizione storica , ma inserito nel XXI secolo. Una delle più leggendarie, rispettate e originali band emerse dalla scena blues europea negli ultimi vent’anni, rimasta sempre indipendente e fedele alle proprie origini orobiche. Con la pubblicazione del nuovo album “Between” i Midnight Breakfast allungano ulteriormente il passo e alzano ancora l’asticella di una sfida lunga una carriera. Della tradizione classica del Chicago blues rimane forse il linguaggio, l’attitudine e una certa estetica sonora, ma è nell’equilibrio solo apparentemente minimalista tra groove e psichedelia, nel trasporto e nell’interplay tra i musicisti che risiede il segreto e la magia di questa band.

Midnight BreakfastBetween

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“Storifilìa”, il nuovo album del cantautore, attore e autore Orlando Manfredi, pubblicato da Unidad Mexicat - nuova incarnazione della Mexicat Records griffata Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo. In questo nuovo album alza il tiro della canzone d’autore richiamando ad essa la sua capacità di racconto, a partire dalla domanda: può ancora la canzone raccontare storie? E può raccontare il nostro tempo? “Storifilìa” risponde alla sfida presentandosi come un canzoniere di brani originali intorno al Presente e ai suoi temi: web e condizionamento, nuovi proletariati digitali, fine del Lavoro, surriscaldamento globale, flussi migratori etc., senza perdere la leggerezza ma assumendo a punto di partenza la deformazione narrativa del contemporaneo, il suo eterno storytelling, in cui tutti raccontano e si raccontano. C’è dunque l’amore per le piccole storie, connotate da accenti surreali, che illuminano qualcosa di noi tutti ma al, tempo stesso, la visione disincantata del narcisismo imperante e delle sue narrazioni più o meno tossiche.

Orlando ManfrediStorifilìa

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L’italo-svizzero Raoul Moretti, nato e cresciuto a Como, da qualche anno trasferitosi in Sardegna, è un arpista versatile e sperimentale con un approccio molto originale allo strumento. Tale approccio, negli anni, lo ha condotto a sviluppare un percorso artistico alla ricerca di uno stile unico e personale. Oggi è considerato tra gli arpisti più innovatori a livello mondiale con una traiettoria artistica internazionale, portando la sua arpa elettrica in differenti mondi musicali (avant-garde, pop-rock, world music, electronics, nudance, classic, free improvising) ed in altre forme di arte (danza, pittura, cinema, video-installazioni) e in molti diversi ambienti (teatri, clubs, discoteche, case, stazioni, strade, strutture ospedaliere e centri medici). “IsolaMenti” è frutto di una evoluzione personale interiore, di anni di cambiamento , di viaggio nella propria mente e di introspezione nella nostra anima. L’isola (geograficamente la Sardegna, regione in cui vivo) diventa metafora di noi stessi, non un luogo di esilio, ma un luogo di contemplazione, verso il nostro interno alla ricerca della propria essenza ed identità, e verso l’esterno alla ricerca di un possibile luogo di condivisione, non limitato da confini imposti, ma a contatto con “l’oceano di senso” in cui ogni esperienza e direzione sono possibili

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Vincitore del premio internazionale “Massimo Urbani 2018”, ha pubblicato il suo album d’esordio con l’etichetta Musicamdojazz. Genova, Atene, Napoli le diverse esperienze culturali che si intrecciano al sound del trio che è composto da Tommaso Perazzo (piano), Kimon Karoutzos (basso) e Marcello Cardillo (batteria). Melodie innovative, ritmi mai banali e arrangiamenti inediti sono la base dell’impatto musicale del trio. I musicisti interagiscono di continuo creando musica “nel momento”. Echi di leggende del jazz (Jarrett, Hancock) e di influenze moderne (E.S.T., Mehldau) danno nuovo respiro al repertorio del trio.

Tommaso Perazzo TrioWhat’s Coming Next?

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Secondo album e nuovo progetto discografico del gruppo La Cantiga de la Serena, formazione nata nel 2008. Il trio, composto da Fabrizio Piepoli (voce, santur, chitarra, shruti box, percussioni), Giorgia Santoro (flauto, flauto basso, bansuri, xiao, tin whistle, scacciapensieri, cimbali), Adolfo La Volpe (oud, cetra corsa, chitarra portoghese, bouzouki irlandese, saz, laud, armonium indiano, glockenspiel), presenterà ufficialmente il disco, nel giorno dell'uscita (sabato 13 aprile - ore 21 - ingresso 6 euro) al Teatro Comunale di Novoli, in provincia di Lecce.

La Cantiga de la SerenaLa Fortuna

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Prosegue la collaborazione tra la scrittrice, improvvisatrice e tarantina Antonella Chionna e l’etichetta pugliese Dodicilune. Dopo “Adiafora” (2013), “Halfway to Dawn (sing a song of Strayhorm)” con Andrea Musci (2015) e “Rylesonable” con Patt Battstone (2017), ecco il nuovo album con nove brani di Antonella Chionna (vocal keeping, editing, direzione musicale) è affiancata da Harvey Diamond (piano), Bronek Suchanek (contrabbasso) e Joe Hunt (batteria).

Antonella ChionnaVo©al Gate

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Prodotto dall’etichetta pugliese Dodicilune, esce “Sound Desire” del duo di fiati composto dallo statunitense Dave Liebman (sax soprano, piano, flauto) e da Romano Pratesi (clarinetto basso). Il disco propone diciassette brani originali, firmati in coppia o singolarmente dai due musicisti che avevano già collaborato nel progetto “Rubber Band” con i batteristi Adam Nussbaum e Daniel Humair e il contrabbassista Ares Tavolazzi, e “Still point” di Steve Lacy.

Dave Liebman& Romano PratesiSound Desire

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L’etichetta Dodicilune presenta questo nuovo “Playing Chess Keyboard” dove troviamo sei pianisti pugliesi di diverse generazioni, diverse visioni, alcune prossime tra loro, altre diametralmente opposte, si confrontano con dodici brani (due a testa) di compositori e musicisti del ‘900. Al piano si alternano Domenico Cartago (Between Moons di John Taylor e Infant Eyes di Wayne Shorter), Gianni Lenoci (Bag's Groove di Milt Jackson e And Now, The Queen di Carla Bley), Eugenio Macchia (If I Should Lose you di Ralph Rainger e Pinocchio di Wayne Shorter), Bruno Montrone (Caminhos Cruzados di Antonio Carlos Jobim e Freight Trane di Tommy Flanagan), Mirko Signorile (How Far You Can Fly di Luca Flores e Round Midnight di Thelonious Monk) e Danilo Tarso (Evidence di Thelonious Monk e Celeste di Ralph Towner).

Playing Chess KeyboardPlaying Chess Keyboard

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Nuovo album prodotto dall’etichetta Dodicilune per il musicista e compositore calabrese (sax baritono, clarinetto basso e flauto dolce contralto) con otto brani originali, lo ritroviamo al suo secondo album per l’etichetta pugliese. In “Renaissance” lo troviamo accompagnato da Nicola Pisani (sax soprano), Michel Godard (tuba e serpentone), Luca Garlaschelli (contrabbasso) e Francesco Montebello (batteria). “Stupefacente, la musica di questo cd, sembra essere uscita da uno scrigno segreto (britannico) dei  fatali anni ‘70. Complessità della forma compositiva, concezione unitaria e conseguente delle musiche proposte, agogica e utilizzo di tempi e metri di altre latitudini ci rimandano all’estetica del cosiddetto “rock progressive”, ma la libertà espressiva e il rischio nelle parti improvvisative ci trasportano in un universo vicino alla più autentica avanguardia afro americana”, sottolinea il sassofonista, flautista e compositore Eugenio Colombo.

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Alessandro Ducoli (voice, lyric), Boris Savoldelli (voice, vocal effect), Federico Troncatti (piano), Andrea Bellicini (guitar), Andrei Kutev (piano, synth). Gli SPECIAL GUEST sono: Mark Murphy, Ares Tavolazzi, Fabrizio Bosso, Gianluca Petrella, Alessandro Galati, Tino Tracanna, Sandro Gibellini e molti altri ancora… “De-Generation Beat” è un travagliato progetto musicale realizzato nel 2004 dai Brother K e che non ha mai visto la luce, discograficamente parlando, fino ad oggi. Un tentativo filologicamente scorretto di trasportare il mood della “scrittura jazz” di Kerouac, così fortemente vivo e americano, nella realtà della provincia dell’Italia del Nord di inizio 2000. In questo album di 14 canzoni un ipotetico Kerouac, ritrovatosi nella Brescia moderna in una notte di vorticosi eventi, si aggira alla ricerca del Beat che gli è sempre appartenuto. Disponible nelle versioni Cd e doppio vinile 180 gr. numerato.

Brother KDegeneration Beat (A Tribute To Jack Kerouac)

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Con “Lute Concertos” Edicole Grevi presenta un viaggio musicale attraverso i più grandi compositori e i loro capolavori per liuto. La fuga BWV 997 di Bach per liuto solo, il trio di Haydn, due famosi concerti di Sylvius Leopold Weiss e Antonio Vivaldi e un concerto inedito di J.S. Weiss, fratello del più noto Sylvius Leopold. La scelta dei brani è stata compiuta con l’obiettivo specifico di confermare lo status passato e presente del liuto come principe degli strumenti. In “Lute Concertos” il liuto è lo strumento principale, che si intreccia splendidamente con le altre linee musicali. In effetti un aspetto assai importante del progetto è la varietà di suoni impiegati dagli strumenti della sezione di basso continuo: violoncello, fagotto, organo e violone, che contribuiscono ad arricchire le sonorità e il timbro.

Edicole GreviLute Concertos

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Finalmente trova la distribuzione italiana quest’album uscito nel 2009 di Marco Marzola, che segna un altro passo importante nella carriera del contrabbassista e rappresenta, con un lavoro di altissimo profilo, la sua prestigiosa collaborazione con Sherman Irby, Darrell Green e Nico Menci. Il “Vol. 1” è uno di quei dischi di cui è facile immaginare il contenuto ad una prima occhiata sul retro del CD, osservando i brani e le composizione dell’organico. E, paradossalmente, si è ancora più spinti ad ascoltarlo, per capire appunto se la loro intuizione ha poi un riscontro reale nel contenuto del disco; ed effettivamente, quegli elementi scorti prima dell’ascolto sembrano in questo caso risultati sufficienti, se non altro, per delineare un quadro sommario del progetto in questione. In sostanza un disco piacevole e disimpegnato, che fa della “ricerca sonora” il proprio motto, che attraverso la sua compattezza riesce ad articolare un linguaggio fluente e godibile.

Marco MarzolaVol. 1

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Il sodalizio musicale fra Michele Di Toro e Yuri Goloubev, musicisti quasi coetanei e con solidi studi classici alle spalle, risale al 2005, quando il contrabbassista russo è entrato a far parte del trio del pianista abruzzese, gruppo tuttora attivo, completato da Marco Zanoli alla batteria. È parso quindi naturale il desiderio di Goloubev e Di Toro di affrontare una formazione ricca di suggestioni ma anche di insidie com’è quella del duo; e quando se n’è presentata l’occasione i due non se la sono lasciata sfuggire. La lunga frequentazione ed un comune modo di intendere il jazz hanno reso tutto più facile: i magnifici risultati raggiunti ne sono la tangibile testimonianza. Due giorni di studio di registrazione sono stati più che sufficienti. Musica per la musica, senza troppe mediazioni, gioia di improvvisare allo stato puro ed una naturale predisposizione alla melodia: si sono così evitate le trappole di un approccio troppo concettuale ed astratto. È questa la semplice ricetta che rende «Duonomics» un lavoro profondo, intimo ed allo stesso tempo estremamente godibile.

Michele Di Toro& Yuri Goloubev Duonomics

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“Take It Off Slowly” propone una serie di brani incisi dalla regina del blues europeo con la grande Al Cook Band. È passato parecchio tempo da quando Dana Gillespie, soprannominata la regina del blues elettrico europeo di oggi, ha presentato un nuovo disco. Ora torna con un album in cui canta dei brani che si possono definire a buon diritto erotici. Di sicuro nell’ascoltarli si prova un piacere immenso. Il disco non contiene solo brani nuovi di zecca, ma anche delle ottime cover in cui Dana Gillespie appare in splendida forma. Non si tratta di soul blues o rock blues, ma piuttosto di blues tradizionale allo stato puro.

Dana GillespieTake it off Slowly

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SR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

FEAT. SHERMAN IRBY

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Ristampa remastered dell’album del 2006 “Perdetevici anche voi, grazie a questo disco. Che potrà arrogarsi il merito, non banale, di portare nuovi fans al jazz prelevandoli tra gli amanti della canzone d'autore. E, viceversa, di far amare la canzone d'autore ai puristi del jazz. E' poco?” Feat. Alessandro Galati (piano, rhodes, keyboard), Ellade Bandini (drum), Ares Tavolazzi (bass), Fabrizio Bosso (trumpet), Mario Stivala (guitar), Alessandro Ducoli (voice), Sandro Gibellini (guitar), Tino Tracanna (sax), Paolo Filippi (bass # 5), Teo Marchese (drum # 5).

Alessandro DucoliBrumantica

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Un mappamondo di “bellicosi” amori, centinaia di immagini immaginate, suoni, suggestioni, carte nautiche e nessun salvagente. È un microcosmo di “romanticismo approssimativo”, fuori asse, questo “Divanomachia”; è una guida “pratica” per tutti coloro che, stanchi della routine quotidiana, vogliono essere introdotti alla navigazione dell’amore puro (…purificato), ma senza mai scendere dal proprio divano. Scritto da Alessandro Ducoli e Valerio Gaffurini. Arrangiato, registrato e mixato da Valerio Gaffurini (Cromo Studio) e Paolo Costola (Mac Wave). Ducoli (voce), Gaffurini (piano, hammond, wurlitzer, programming), Larry Mancini (basso), Alberto Pavesi (batteria), Titti Castrini (fisarmonica, Vol. I). Grafica di Armando Bolivar, disegni di Saul Darù e Giuseppe Solano.

Alessandro DucoliDivanomachia (Manuale pratico di navigazione intradomestica)

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2 album in 1 Cd, un omaggio alla naturale dolcezza di Antonio Ligabue. Questo nuovo album della “mai-premiata” ditta Ducoli-Stivala si compone di 14 nuove canzoni che cercano di descrivere il caleidoscopico punto di vista del grande pittore della “pianura” parmigiana. Prodotto da Alessandro Ducoli e Valerio Gaffurini. Registrato, mixato e masterizzato all’XTR Studio e al Mac Wave Studio di Brescia. 2 album remastered, 22 canzoni in 1 CD

Alessandro DucoliTrallallerotrallallà

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“I Lupita's Project? Li ho visti volare! Erano in mezzo ad aeroplani molto più attrezzati dei loro... ma erano i loro maledetti Fokker Triplano a risultare assolutamente imprendibili. Fottuti Mother Fokkers! Si muovevano alla grande, prima disordinati e poi ordinati! Un sogno! Uno spettacolo su disco e uno spettacolo dal vivo! Un’imprevedibile “squadriglia dei cieli”! Non appena la linea di volo è stata capita, loro la cambiano... per proseguire, immediatamente, con un nuovo attacco! Un vero e proprio schiaffo da risveglio! Altro che Fokker! Questi volano sul serio! Johnny Cash, Hank Williams e persino Elvis, ne sarebbero orgogliosi...” (Maximilian Dutchman. RockFILES n. 1984. Lisbona, 31 maggio 2012). I Lupita's Project: uno spettacolo al fulmicotone condito dagli episodi tratti dalle loro polverose scorribande Rock: Jokerjohnny I.II, Easylove, I Leave my place to the bitches, Sex Me e We Are Done. irriverenti e guasconi. Musica che fa il verso ad atmosfere cupe e sinistre. Ballate rock dal sapore roots.

Lupita’s ProjectWe are Done

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The Bartolino’s presentano “I Sigari Fanno Male”. Scritto da Alessandro Ducoli (testi e voce) e Mario Stivala (musica, rhodes e chitarre), suonato da Roberto Angelico (fisarmonica), Massimo Saviola (contrabbasso), Arky Buelli (batteria), Alessandro Galati (pianoforte) e Luca Rossi (organo). L’album, interamente autoprodotto, si compone di 10 nuovi brani che si aggiungono all’ormai ventennale collaborazione artistica Ducoli-Stivala. Amori “bellicosi”, scorribande notturne, romanticismo approssimativo, strade completamente sbagliate… Ecco cos’è questo nuovo album che va ad aggiungersi alla sconfinata discografia del Ducoli. Un album annunciato dalla splendida copertina del pittore Andrea Manzalini. Album del 2017.

Alessandro Ducoli & The Bartolino’sI Sigari Fanno Male

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ATTESER ISTA MPE!

ATTESER ISTA MPE!

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Sergio Sgrilli, svestite temporaneamente le vesti di “grande dello Zelig”, torna al suo primo amore: la musica. In questo album d’impatto immediato, con un suono meravigliosamente crudo (in parte acustico, in parte elettrico, ma assolutamente essenziale), prendono forma un pugno di canzoni splendidamente ironiche e guascone. Un ritorno alle sonorità che il cabarettista maremmano aveva sperimentato con gli straordinari Funk Cool in compagnia di Stefano Bollani all’inizio degli anni ’90. Prodotto da Sergio Sgrilli e Valerio Gaffurini per la Menti Pensanti.

Sergio SgrilliTo The 3Balls (Step 1)

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Edito nel 2018, è composto da 14 canzoni, si affianca alle ormai consolidate avventure donquijotesche già iniziate con “Divanomachia” (2016) e solo apparentemente deviate da “I sigari fanno Male” (2017), riuscendo a confondere ulteriormente le coordinate emotive dell’intero progetto “Ducoli”. Scritto e arrangiato dai due compari di baldoria Ducoli-Gaffurini, registrato e mixato al Cromo Studio e ai Mac Wave Studios in collaborazione con Paolo Costola, è stato suonato con Andrea Gipponi (basso), Alberto Pavesi (batteria), Vittoria De Marchi (oboe), Davide Mazzardi (pianoforte), Michele Gazich (violino), Paolo Malacarne (tromba), Titti Castrini (fisarmonica) e Dorian Rush (handpan).

Alessandro DucoliDiavoli e Contrari

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“UBBAZU trio” ha origine dalla straordinaria passione che Carlo, Aldo e Stefano hanno sin da ragazzi coltivato per quella meravigliosa entità universalmente conosciuta con il nome di swing, che può essere dunque considerato il principale e quasi unico responsabile della realizzazione di questo lavoro discografico ove tutto ciò che accade è suo naturale e conseguente frutto. Un filo conduttore che ha magicamente accompagnato i musicisti in un'atmosfera in cui le introduzioni, la durata dei brani, gli assoli e i finali si sono materializzati “al momento”, pervasi da un profumo di genuinità e di freschezza improvvisativa immediatamente percepibili all'ascolto.

Carlo Uboldi Ubazu TrioStreet Lamp Feat. Aldo Zunino e Stefano Bagnoli

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Dopo l’album “Dirty Kitchen songs” del 2017 e dopo aver esportato la sua musica in Giappone, Europa e Usa, con album pieni di suoni, pieni di strumenti e di musicisti, da vero outsider, Ernani Ray D. Natarella lo ritroviamo finalmente con un nuovo album. 11 racconti narrati dal cuore, 11 graffi che penetrano in profondità. I musicisti che lo accompagnano sono: Antonio Quartarone (tastiere), Edoardo Scroccaro (basso) e l’ormai noto batterista Stefano Bertolotti. Ottimo album rock.

Sugar Ray DogsAbsolutely Nothing

RO

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Il primo album firmato Collettivo PLK è un viaggio assurdo lungo una strada buia e tortuosa. Un viaggio di nove tappe sonore che, in forma di canzone, servono a illuminare il percorso e rendere meno ostici quei “Venti Chilometri Di Paura” che, prima o poi, tutti ci troviamo a percorrere. Partendo da questa immagine, sospesa fra «Mad» Max Rockatansky e Brancaleone da Norcia, è nata questa assurda band, originariamente pulmino reggae guidato da Gerardo Cardinale sul quale Alessandro Ducoli sarebbe dovuto intervenire solo per aggiungere voci e parole, e completato dopo l’incontro in autogrill con Valerio Gaffurini, decisivo nello spostare la direzione musicale sulla carreggiata di un electro-pop meravigliosamente anni ’80, almeno per quanto riguarda le sonorità. L’approfondita ricerca di suoni e campionature ha permesso di confezionare un album che omaggia la new wave meno cerebrale, quella che furoreggiava nei club e nelle radio, mantenendo però dinamiche moderne e lontane dalle tristi operazioni nostalgia che affliggono la scena. E su questa solida base sonora poggiano i testi dei nove brani che compongono la tracklist, in grado di mantenere nei contenuti l’orientamento cantautorale tipico di Alessandro Ducoli, arricchito da un perdurante senso di inquietudine sempre controllato da un’ironia macabra e sottile.

Alessandro Ducolie il collettivo PLK Ventichilometridipaura

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I punti forti di Beverly Kelly erano la dizione eccellente e la straordinaria precisione di tono e ritmo. Fin dalla prima nota di “Beverly Kelly Sings” si nota come fosse a proprio agio in qualsiasi registro. Ad affiancarla splendidamente era il Pat Moran Trio, che ha presentato l’esuberante e talentuoso bassista Scott LaFaro. Dolores Hawkins cantava con grande entusiasmo. Qualunque fosse il brano, riusciva sempre e comunque a stregare e coinvolgere il pubblico. In “Dolores” la sua voce vibrante esplora in un sottile intreccio vocale ogni recesso dell’amore. E il quartetto di Hank Jones la alimenta con una base equilibrata e di buon gusto, vivacizzata in alcuni pezzi da assoli di tromba e sassofono.

Beverly Kelly, Dolores HawkinsBeverly Kelly Sings + Dolores

JAZZ

VO

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Jane Harvey era una cantante la cui fiamma bruciava con un’intensità esaltata e aumentata dal controllo. In “Leave It to Jane!” mostra un gusto musicale impeccabile e canta con voce cristallina, emozione e uno stile autorevole. Ad accentuare la profondità dei brani e la voce roca, quasi ruvida. Anne Phillips era senza dubbio unica nel suo genere. Quasi pigra e sognante, ma sensuale, nascondeva una forza e un fascino irresistibili. Ricercato, tenero e ricco negli arrangiamenti, “Born To Be Blue” fa sentire come se si passeggiasse sotto un cielo di un blu fumoso.

Jane Harvey, Anne PhillipsLeave it to Jane! + Born to be Blue

JAZZ

VO

CA

L

Dopo Brad Mehldau e Robert Glasper, è ora il turno di Kurt Rosenwinkel: la spagnola Fresh Sound riedita infatti su LP 180 grammi anche l’esordio di quello che oggi è considerato uno dei maggiori esponenti della sei corde jazz. Pubblicato originariamente nel 1996, East Coast Love Affair segnò appunto il debutto internazionale del chitarrista di Phidalelfia, città che molto ha dato e molto sta ancora dando al jazz: l’album, registrato dal vivo allo Small’s Club di New York il 10 e 24 luglio 1996, proponeva Rosenwinkel in trio con altri due giovani talenti destinati a una brillante carriera, il contrabbassista Avishai Cohen e il batterista Jorge Rossy, all’epoca rispettivamente partner di Chick Corea (nel gruppo Origin) e di Brad Mehldau. Le due facciate dell’LP ripropongono ora un sound rimasto fresco, elegantemente e amabilmente in the tradition, creato sullo sfondo di temi originali o altrui. Tra questi ultimi due pagine immortali di Thelonious Monk come “Pannonica” e “Round About Midnight”. Un album da (ri)ascoltare.

Kurt Rosenwinkel TrioEast Coast Love Affair

JAZ

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Per la serie “The Best Voices Time Forgot”, Fresh Sound ripropone in un unico CD due LP di straordinarie voci femminili rimasterizzati in 24 bit. “Comfort Me With Apples” è stato il disco d’esordio di India Adams, già nota per aver doppiato nel cantato star come Joan Crawford. I brani ammiccanti sono ben cantati e supportati dall’orchestra di Ray Martin. Adams è sensuale o tenera a seconda di ciò che richiede il momento, ma sempre sexy. Sensuale è anche la voce di Easy Williams in “Easy Does It”, un disco di ballate mezzo sussurrate, sofisticate canzoni da club e vivaci classici, in cui a supportarla è un piccolo gruppo con Allan Reuss alla chitarra, Ted Nash al flauto e Frank Flynn al vibrafono.

India Adams, Easy WilliamsComfort Me With Apples + Easy Does It

JAZZ

VO

CA

L

Quando cantava, Peggy King creava un’atmosfera sofisticata e intima. Grazie ad abili arrangiatori come Henri René, Jack Marshall e Pete King, in “Lady Afternoon” le sue doti vengono inoltre fatte risaltare dalla creatività geniale dell’accompagnamento orchestrale. Pam Garner possedeva una voce pastosa, espressiva e sorprendente. L’accompagnamento creato per lei da Johnny Williams in “Sings Ballads For Broken Hearts” la assecondava a meraviglia. Nell’intreccio con gli archi si percepisce sezione ritmica di prim’ordine e nella libera improvvisazione della tromba di Jack Sheldon fioriscono il pulsare e la leggerezza del jazz.

Peggy King, Pam GarnerLazy Afternoon + Sings Ballads for Broken Hearts

JAZZ

VO

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LR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

V I N I L E180gr

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Per la serie “The Best Voices Time Forgot”, Fresh Sound ripropone in un unico CD due LP di straordinarie voci femminili rimasterizzati in 24 bit. “In Love For the Very First Time” ci presenta Wanda Stafford, che al suo debutto newyorchese del 1960 al Roundtable non passò certo inosservata. E non c’è da stupirsi: voce, stile e sensibilità musicale si traducono in performance calde e piacevoli, qui arrangiate e dirette dal talentuoso Bill Russo. Al pianoforte, Bill Evans. “Once Around the Clock” , disco del 1959, presenta invece Patricia Scot, un’artista impossibile da categorizzare. Non importa, perché tanto al primo ascolto la sua bravura porta a pensare solo alla bellezza dei brani.

Wanda Stafford/Patricia ScotIn Love for the Very First Time+ Once Around the Clock

JAZZ

VO

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Feat. Joe Pass. Registrazione dal vivo nel 1964 tenutasi al Lighthose di Hermosa Beach in California che comprendeva Bill Perkins al (tenor e baritone saxs), Frank Strazzeri (al piano), Jim Hughart (al basso), J.C. Heard (batteria) e con la partecipazione del chitarrista Joe Pass.

J.C. Heard& Bill Perkins QuintetLive at the Lighthouse 1964

JAZ

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In “Sings” il timbro roco di Dori Howard, il suo vibrato ad azione ritardata e il suo approccio swing ai brani erano esattamente quelli che ci si aspetterebbe da una qualsiasi delle grandi cantanti jazz degli anni ’50. A guidare il quintetto erano poi due strumentisti di sommo livello: Don Elliott e Eddie Costa. Janet Brace possedeva una voce dinamica, in grado di adattarsi alla situazione. Grazie a quello strumento era in grado di trasformare la fine di una frase tenera e scura in una sorta di esplosione vocale. In “Special Delivery” il suo stile morbido e intimo viene valorizzato al massimo dal quintetto di Don Elliott.

Dori Howard/Janet BraceSings + Special Delivery

JAZZ

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Il nome di Thelma Gracen forse non sarà noto neanche agli estimatori del genere, ma dopo aver ascoltato il suo omonimo disco ci si rende subito conto che era un’ottima cantante jazz. Possedeva quel ritmo e quella capacità di interiorizzare e interpretare i testi che regalano un tocco in più anche a un’ottima canzone. Prima di “Introducing Milli Vernon”, la cantante jazz era praticamente sconosciuta: per sei anni aveva cantato con il nome di Pat Cameron. Aveva una voce splendida, un ottimo senso del tempo, una buona intonazione, versatilità e un’espressività intima che la rendevano unica. Nel suo primo album la accompagnavano Dave McKenna, Jimmy Raney, Wyatt Ruther, Jo Jones e in tutti i brani a parte tre Ruby Braff. I titoli, tra cui “Moon Ray” di Artie Shaws, sono perle incise da pochi.

Thelma Gracen/Milli VernonThelma Gracen + Introducing Milli Vernon

JAZZ

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In “Debut” la voce di Marcy Lutes possedeva una fortissima vena jazz, una certa propensione per lo stile di Billie Holiday, una sensibilità che tende all’improvvisazione e un vibrato rapido che ricorda in qualche modo Mildred Bailey. In “Wednesday’s Child” la voce cristallina e l’interpretazione diretta di Patty McGovern erano sostenute dagli arrangiamenti freschi e versatili di Thomas Talbert in un programma di brani preparati con intelligenza e buon gusto fuori dal comune.

Marcy Lutes/Patty McGovernDebut + Wednesday’s Child

JAZZ

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LR I E P I L O G O N U O V E U S C I T E

2 LP in 1 Cd

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2 LP in 1 Cd

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In “Love Among the Young” Jennie Smith, appena ventenne, dimostrava già una compostezza e un’eleganza da artista esperta. La sua voce era in grado di interpretare i brani con calore ed emozione e nel disco presentava una dozzina di brani con dolcezza e spontaneità, cantando dell’amore tra i giovani con l’accompagnamento dell’orchestra di Ray Ellis. “Diana Trask” fu l’eccitante biglietto da visita con cui nel 1959 la talentuosa cantante e star della TV australiana si fece conoscere dagli Stati Uniti. Nell’ascoltarla ci si rende conto ancora oggi delle numerose doti con cui la ragazza conquistò il pubblico d’oltreoceano.

Jenne Smith, Diana TraskLove Among the Young + Diana Trask

JAZZ

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In “Tenderly” Norene Tate, splendida cantante di ballate e pianista, presentava il tipo di programma a lei più congeniale, interpretato con tenerezza e controllo esemplare. Tuttavia la sua voce aveva sfumature abbastanza creative ritmicamente e nella dinamica da consentirle di brillare anche in brani più ritmati. Ad accompagnarla un ottimo trio guidato dal pianista Isaac Royal. Quando uscì l’omonimo album Mae Barnes era una stella nascente di Broadway e nell’album presentava classici swing e blues sentimentali. Accanto a lei dei jazzisti di prim’ordine: la tromba di Buck Clayton è perfetta nel supporto ritmico, il piano di Ray Bryant è venato di blues mentre quello di Ray Tunia ha uno swing impeccabile, il bassista Aaron Bell offre una base solida e la batteria di Jo Jones regala un jazz fluido.

Norene Tate, Mae BarnesTenderly + Mae Barnes

JAZZ

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Questi due album, registrati a Parigi nel 1956, sono la definizione stessa del jazz internazionale e sono stati realizzati da gruppi rilassati, senza pretese, melodici e composti da musicisti americani ed europei. Il versatile trombonista e autore Billy Byers e il pianista Martial Solal hanno creato arrangiamenti dal morbido swing e anche se si sono occupati di un album ciascuno, nelle mani sapienti di un gruppo di professionisti il loro lavoro fluisce come un unicum, con l’aiuto dell’esperto contrabbassista Benoît Quersin. E benché le band siano state plasmate da Byers e Solal, in “Jazz on the Left Bank” non passano inosservati l’abilità del trombettista Dick Mills, il sound pieno di William Boucaya al sax baritono e il gusto del batterista Wessel Ilcken. In “Réunion à Paris” d’altro canto spiccano gli assoli alla tromba di Jimmy Deuchar, il fluire delle idee di Allen Eager al sax tenore e il ritmo di Quersin, stavolta con Kenny Clarke alla batteria. Brani originali e arrangiamenti sono ugualmente corroboranti e fuori dal comune.

Billy Byers & Martial SolalJazz on the Left Bank & Réunion à Paris

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Questo disco racconta i primi passi di Bobby Jaspar come jazzista, quando iniziò con il clarinetto e poi il sax tenore e quando formò la giovane e premiata band belga dei Bob Shots, la prima in Europa a suonare il be-bop sotto la guida di Don Byas, suo ispiratore. Un anno dopo Bobby incontrò una nuova fonte di ispirazione, Lucky Thompson. Due incontri che fecero crescere Bobby e lo portarono a elaborare quel mix stilistico che rappresentava un compromesso tra la turbolenza di Thompson, Lester Young, Eddie Davis e altri e lo stile entusiastico di Byas e Hawkins. A Parigi, nel 1950, Jaspar avrebbe adottato un sound “cool”, influenzato all’inizio da Warne Marsh e poi da Stan Getz. Un suono puro, non una brutta imitazione del sound nero. Purtroppo in alcuni punti non è stato possibile ripulire il sonoro di queste registrazioni, ma in generale la qualità è buona e questa resta comunque una testimonianza eccezionale del valore di Bobby Jaspar, ma soprattutto delle origini della miglior generazione di jazzisti del Belgio.

Bobby JasparEarly Years (From “Be-Bop” to “Cool” 1947-1951)

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Frank D’Rone (1932-2013) è stato senza dubbio il miglior esponente della seconda generazione di cantanti influenzati da Frank Sinatra. Ma non bisogna pensare che ne fosse un’imitazione: al contrario, D’Rone aveva uno stile tutto suo ed era originale anche nella scelta dei materiali. La miglior dimostrazione la si trova proprio nel suo album d’esordio “Sings”, in cui si esibisce in maniera impeccabile sia nelle ballate che nei brani veloci, che sia accompagnato da una band swing, un’orchestra di ottono o un piccolo gruppo. “After the Ball” invece è un concentrato d’energia: pulito, gioioso e arrangiato con swing da Billy May. Supportata dall’orchestra, la voce di Frank esprime tutta la sua gioia di cantare.

Frank D’RoneSings + After the Ball

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Terzo album pubblicato nel1969 dalla Legacy per il duo Bloomfield/Kooper e prodotto dallo stesso Kooper. In un brano vede anche la partecipazione dell’immortale Johnny Winter oltre ad esserci la strepitosa versione di “Season Of The Witch”.

Al Kooper & Mike BloomfieldFillmore East:The Lost Concert Tapes 12/13/1968

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Chitarrista e cantautore USA, è stato tra i Massimi esponenti del cosiddetto West Side Chicago Blues, il suo stile ha influenzato un’infinità di chitarristi degli anni sessanta e settanta e la rivista Rolling Stone lo ha inserito tra i migliori 100 chitarristi al mondo. Questo live è stato registrato al Joe’s Place di Boston nell’Aprile del 1973 e contiene una selezione dei suoi migliori brani del periodo.

Otis RushGreat American Radio Vol. 2(Live In Boston April 1973)

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Live At The Filmore East May 30, 1971. Ristampa del live inedito del 1971 per questa straordinaria cantautrice. Questo live è in presa diretta dal concerto al Filmore in solo piano tenutosi nel 1971, dove la Nyro incantò i presenti per oltre un’ora.

Laura NyroSpread Your Wings and Fly

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Per la prima volta ascoltiamo questo concerto inedito per uno dei grandi singer songwriter texani che ci ha lasciato all’età di 74 anni. Una registrazione a San Francisco alla Great American Music Hall nel 1988. 11 splendide gemme inclus “The Indian Cowboy” scritta da Joe Ely.

Guy ClarkGreat American Radio Vol. 1(Live From San Francisco,October 1988)

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Ristampa in vinile 180 gr, alta qualità sonora dell’album edito del 1960 registrato in New Jersey da questo favoloso trio che vede Roy Haynes alla batteria, Richard Wyands al piano e Eddie De Haas al basso. Ed. limitata 500 copie. LP

The Roy Haynes TrioJust Us

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Pink FairiesThe Polydor YearsBox 3 cd con ben 10 brani inediti. Gruppo psichedelico inglese formatosi nel 1969. La Floating World ci propone i primi 3 album usciti all’inizio degli anni ’70 con l’aggiunta di ben 10 bonus tracks.

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V I N I L E180gr

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