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NEFROLOGIA ANATOMIA E FISIOLOGIA INTRODUZIONE Fisiologia: il rene ha funzioni sia endocrine che esocrine. Esocrina: - rimozione delle scorie; - regolazione dei liquidi corporei e degli elettroliti e dell’equilibrio acido base. Endocrina: - sintesi di EPO; - idrossilazione finale della forma attiva della vitamina D; - produzione di sostanze quali la renina e le prostaglandine, con funzione rispettivamente vasocostrittoria e vasodilatatoria. Anatomia: i reni sono organi pari retroperitoneali, siti nelle logge renali a livello della XII vertebra toracica e delle prime 3 lombari; il rene destro è sito leggermente più in basso del sinistro per la presenza sovrastante del fegato. I reni hanno una lunghezza longitudinale di 10-12 cm e trasversale di 5-7 cm. Il peso medio di un rene è di 150g. I reni prendono rapporti superiormente con le ghiandole surrenali. L’unità funzionale è il nefrone; in ogni rene ci sono fra i 400mila e 1 milione di nefroni. Il rene è costituito da due zone: Corticale esterna: contiene le unità funzionali, i nefroni costituiti da glomeruli e tubuli; Midollare: apice delle piramidi renali (la base sta nella corticale) che confluiscono nelle vie escretrici, bacinetto renale, pelvi renale. Vascolarizzazione: arriva dall'arteria renale che si diparte direttamente dall’aorta addominale ed entra nell’ilo dell’organo. L’arteria renale si dirama nei suoi rami più piccoli: le arterie interlobari, le arciformi o arcuate e le interlobulari. Da queste si arriva quindi ai glomeruli che si compongono di una arteriola afferente e di una efferente collocate in serie; si tratta di un fenomeno unico nel nostro organismo insieme alla circolazione di un altro organo, le insule pancreatiche. La vascolarizzazione è elevata nonostante il consumo di O2 sia modesto. Il nefrone è costituito da: Glomerulo: matassa di capillari costituiti da una arteriola afferente che porta il sangue, che viene filtrato nel glomerulo con formazione della preurina; l’arteriola afferente si continua con l’arteriola efferente. Tubuli: dalla capsula di Bowmann la preurina passa a livello di tubulo contorto prossimale, ansa di Henle discendente ed ascendente (tratto sottile e tratto spesso), tubulo contorto distale e dotto collettore. La funzione dei tubuli è di modificare la preurina attraverso i fenomeni di riassorbimento e secrezione.

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NEFROLOGIA

ANATOMIA E FISIOLOGIA INTRODUZIONE Fisiologia: il rene ha funzioni sia endocrine che esocrine.

• Esocrina:

- rimozione delle scorie;

- regolazione dei liquidi corporei e degli elettroliti e dell’equilibrio acido base.

• Endocrina:

- sintesi di EPO;

- idrossilazione finale della forma attiva della vitamina D;

- produzione di sostanze quali la renina e le prostaglandine, con funzione

rispettivamente vasocostrittoria e vasodilatatoria.

Anatomia: i reni sono organi pari retroperitoneali, siti nelle logge renali a livello della XII vertebra

toracica e delle prime 3 lombari; il rene destro è sito leggermente più in basso del sinistro per la

presenza sovrastante del fegato. I reni hanno una lunghezza longitudinale di 10-12 cm e trasversale

di 5-7 cm. Il peso medio di un rene è di 150g. I reni prendono rapporti superiormente con le ghiandole

surrenali.

L’unità funzionale è il nefrone; in ogni rene ci sono fra i 400mila e 1 milione di nefroni.

Il rene è costituito da due zone:

• Corticale esterna: contiene le unità

funzionali, i nefroni costituiti da glomeruli e

tubuli;

• Midollare: apice delle piramidi renali (la

base sta nella corticale) che confluiscono

nelle vie escretrici, bacinetto renale, pelvi

renale.

Vascolarizzazione: arriva dall'arteria renale che si

diparte direttamente dall’aorta addominale ed entra

nell’ilo dell’organo. L’arteria renale si dirama nei

suoi rami più piccoli: le arterie interlobari, le

arciformi o arcuate e le interlobulari. Da queste

si arriva quindi ai glomeruli che si compongono di

una arteriola afferente e di una efferente collocate in serie; si tratta di un fenomeno unico nel nostro

organismo insieme alla circolazione di un altro organo, le insule pancreatiche. La vascolarizzazione

è elevata nonostante il consumo di O2 sia modesto.

Il nefrone è costituito da:

• Glomerulo: matassa di capillari costituiti da una arteriola afferente che porta il sangue, che

viene filtrato nel glomerulo con formazione della preurina; l’arteriola afferente si continua con

l’arteriola efferente.

• Tubuli: dalla capsula di Bowmann la preurina passa a livello di tubulo contorto prossimale,

ansa di Henle discendente ed ascendente (tratto sottile e tratto spesso), tubulo contorto

distale e dotto collettore. La funzione dei tubuli è di modificare la preurina attraverso i

fenomeni di riassorbimento e secrezione.

Glomerulo Attività principale del glomerulo è la

filtrazione. Infatti il glomerulo è un

setaccio attraverso cui il sangue

passa e viene filtrato con

conseguente formazione della

preurina. Il filtro è costituito da cellule

endoteliali, dalla membrana basale

su cui poggia l'endotelio e dalla parte

opposta del versante dai podociti

(rappresentano il foglietto viscerale

della capsula di Bowman) con

estroflessioni che poggiano sulla

membrana basale e che vengono

detti pedicelli. Tra un capillare e l'altro

abbiamo di supporto il mesangio

costituito da cellule mesangiali ad

azione macrofagica (funzione

spazzina) e sostanza connettivale di

sostegno. Nel glomerulo infine si

colloca anche l’apparato iuxta

glomerulare deputato alla produzione di renina.

La formazione della preurina avviene per gradiente pressorio: la pressione arteriosa spinge il sangue

attraverso il filtro. Il setaccio lavora tenendo conto di due fattori:

• Peso molecolare delle sostanze: proteine con un peso molecolare minore a quello

dell’albumina passano, mentre le proteine con peso molecolare maggiore no.

• Carica elettrica: alcune sostanze possono legare l'albumina o altre proteine che non passano

e di conseguenza non vengono filtrate, viceversa molecole che non legano l’albumina o altre

proteine che non passano il filtro, se piccole, passano.

Questo è importante per i farmaci, il cui dosaggio e lo stesso utilizzo sono influenzati dalla capacità

di legare tali proteine, modificandone quindi l’escrezione.

Sistema tubulare (tubulo contorno prossimale, ansa di Henle, tubulo contorno distale, dotto collettore)

Le attività tubulari sono:

• Mantenimento dell’omeostasi dell'acqua;

• Trasporto degli ioni, come sodio, potassio, calcio, bicarbonato, glucosio, fosforo, urea ecc..

Ogni distretto tubulare ha una funzione specifica e un meccanismo di trasporto differente.

La porzione prossimale del tubulo fa la maggior parte del lavoro (vedi Sindrome di Fanconi, una

tubulopatia tipica del mieloma multiplo per cui il tubulo prossimale non riesce a riassorbire più gli

elettroliti che risultano abbondantemente aumentati nelle urine. Il

tubulo ha una struttura polarizzata: si caratterizza per una parte luminale ricca di trasportatori, altre

molecole localizzate fra una cellula e l’altra, e altre ancora sul versante opposto verso i capillari

peritubulari.

L’ansa di Henle è dove agisce il farmaco più usato, furosemide, diuretico che elimina acqua e sodio.

Sul tubulo contorno distale agisce l’ormone aldosterone deputato alla regolazione delle

concentrazioni di sodio e potassio; stimola il riassorbimento di sodio in scambio con il potassio.

Funzione endocrina Il rene produce EPO, la forma attiva della vitamina D e la renina.

• Renina. Viene prodotta dalle cellule granulari dell'apparato iuxta glomerulare. Catalizza la

formazione di angiotensina da una plasmaglobulina, l’angiotensinogeno, prodotta dal fegato.

L’angiotensina è una proteina a potente azione vasocostrittrice che agisce sull’arteriola

efferente. La renina stessa ha azione vasocostrittrice e tramite la stimolazione della

produzione di aldosterone aumenta il riassorbimento di sodio e acqua e quindi la volemia:

effetto ipertensivo. I suoi recettori sono siti nelle cellule renali residenti e sui vasi periferici.

Ecco perché gli inibitori della renina sono sia farmaci cardio che nefro protettivi.

• EPO. Molecola prodotta dalle cellule interstiziali che stimola la produzione di eritrociti da

parte del midollo osseo. Pazienti con IRC infatti sviluppano anemia cronica (anemia

iporigenerativa), invece il paziente trapiantato non avrà più bisogno di avere la

somministrazione di EPO tipica dei soggetti dializzati. In pazienti che assumono EPO

bisogna sempre stare attenti, in quanto si ha un aumento del rischio di trombosi (c'è un target

preciso per non avere Hb maggiore di 11.5 g/dl). Viene prodotta industrialmente con

metodica di DNA ricombinante in tre forme: a-epoietin, b-epoietin e darbepoietin. Può

provocare la PRCA (Pure Rare Cell Aplasia).

• Colecalciferolo. Il rene è coinvolto nella idrossilazione finale della vitamina D3 a livello delle

cellule del tubulo prossimale. Nell'IRC si ha anche la perdita della funzione endocrina: oltre

all’anemia da carenza di EPO ci sarà anche una ipovitaminosi D3 con ipocalcemia,

iperfosfatemia e iperparatiroidismo secondario.

VALUTAZIONE DEL RENE Valutazione della filtrazione Per la determinazione diretta della funzione renale il parametro utilizzato è il calcolo del filtrato

glomerulare misurato tramite la clearance della creatinina oppure tramite la valutazione della

capacità di concentrare, diluire e acidificare le urine. La valutazione indiretta prevede invece la

misurazione della creatininemia e dell’azotemia. Infine si pu fare la determinazione degli elettroliti.

Filtrato glomerulare Valori di riferimento:

• Creatinina: da 0.6 a 1.2 mg/dl

• Azotemia (concentrazione di azoto non proteico nel sangue): da 20 a 40 mg/dl

• Clearance della creatinina: 125 mg/min (nei maschi è più alta)

Perché si abbia una valutazione corretta della funzionalità renale serve una sostanza che sia:

- Filtrata liberamente dal glomerulo e che questo sia l’unica via di eliminazione;

- Non tossica;

- Facilmente misurabile.

La sostanza che si avvicina di più a queste caratteristiche è l’inulina, un polisaccaride vegetale. È

perfetta perché non è legata a proteine, liberamente filtrata, non secreta, non riassorbita, è una

sostanza endogena a produzione costante; tuttavia non è facilmente misurabile. Si usa quindi, la

creatinina, il cui unico problema è che non viene prodotta a livello endogeno con costanza e viene

parzialmente secreta. La creatinina deriva dall'attività muscolare. La sintesi del suo precursore, la

creatina, avviene nel fegato, e da qui va al muscolo che lo converte in creatinina; una quota di

creatina è anche introdotta con la dieta, circa 600/800 mg/die e l’1.6% di questo viene ogni giorno

convertito in Crs. La creatinina prodotta è direttamente proporzionale alla massa muscolare (in

pazienti anziani è quindi tendenzialmente minore). Bisogna stare attenti a persone con stessa

creatininemia ma diversa massa muscolare, perché non vuol dire che abbiano lo stesso filtrato. Per

ovviare a questo inconveniente occorre andare a vedere la velocità di filtrazione glomerulare tramite

la raccolta temporizzata delle urine nelle 24h e un campione di sangue nel periodo di osservazione.

La clearance di una sostanza è la quantità di sangue depurata da quella sostanza nell’unità di

tempo. La clearance della creatinina è circa 125 ml/min.

- Se una sostanza viene filtrata senza esserne

né riassorbita né secreta la sua clearance

esprime il valore del filtrato glomerulare

(clearance dell’inulina, clearance della

creatinina endogena).

- Se una sostanza oltre ad essere filtrata viene

anche secreta dal tubulo ed è completamente

allontanata dal sangue durante il suo passaggio nel rene, la sua clearance corrisponde al

volume di plasma passato attraverso i reni in un minuto (flusso plasmatico renale,

Clearance del PAI).

Differenza fra clearance inulina e creatinina: creatinina sottostima quella dell'inulina.

UOMO DONNA

- Clearance ureica* 75±15 54 ±13 ml/min

- Clearance creatinina 105±35 95±25 ml/min

- Clearance inulina 130±20 115±15 ml/min

- Flusso plasmatico 700±245 600±100 ml/min

* E’ condizionata dall’entità della diuresi (con volume urinario > 2 ml/min la clearance ureica è circa

il 70 % di quella creatininica; con volume urinario 1-2 ml/min il riassorbimento è più pronunciato e la

clearance ureica esprime solo il 40-50% del filtrato glomerulare); ha dunque un valore

orientativamente pari a metà di quello della clearance creatininica.

I valori normali della clearance ureica sono con diuresi > 2 ml/min = 60-90 ml/min, con diuresi < 2

ml/min = 40-70 ml/min. Riflette l’entità dell’eliminazione urinaria di urea (azoturia), che è

proporzionale all’apporto proteico.

Possiamo usare anche alcune formule che ovviano l'impossibilità del paziente anziano che non

riesce a raccogliere tutte le urine delle 24h e che ci forniscono una stima della filtrazione glomerulare.

Ne esistono varie. Ora si utilizzano:

• CDK EPI per i pazienti normali;

• BIS1 per gli over 75 anni;

• Indice di Cockcroft per trovare ipotetici donatori per i trapianti.

La formula MDRD è stata superata, in quanto presenta limiti tecnici legati alla sottostima del filtrato

Altre sostanze che vengono usate per misurare la filtrazione glomerulare sono ad esempio la

cistatina. È una molecola a basso peso molecolare liberamente filtrata, riassorbita e catabolizzata

per il 99% nel tubulo prossimale, non viene secreta e in condizioni fisiologiche la sua concentrazione

nelle urine è pressoché nulla. Si riteneva fosse un marker più specifico della filtrazione glomerulare;

ora è in disuso. La cistatina viene sfruttata per lo staging della insufficienza renale cronica.

Ultima possibilità per determinare il filtrato glomerulare è la valutazione tramite metodiche radio

isotopiche. I traccianti radioattivi sono:

• Acido dietilentriacetico (EDTA) marcato con Cr51 • Acido

dietilenaminopentacetico DTPA marcato con Tc99

• Iotalamato marcato con I125

La clearance viene valutata tramite la caduta dei traccianti radioattivi in due prelievi venosi a distanza

di tempo; viene sfruttata come indicazione per ipotetici donatori per trapianto da vivente.

La filtrazione glomerulare è il risultato della differenza pressoria tra le sostanze del sangue che arriva

e le sostanze nella preurina. Il 20% della componente acquosa del sangue è filtrato nel glomerulo;

questo ha un endotelio fenestrato con permeabilità molto alta. Il rene ha una capacità di

autoregolazione basato principalmente sul sistema RAS; in condizioni come la necrosi tubulare

acuta, il feedback tubulo-glomerulare spegne la filtrazione perché il tubulo non funziona (avviene

tramite i mediatori di vasocostrizione).

RAPPORTO TRA CREATININEMIA E VELOCITÀ DI FILTRAZIONE GLOMERULARE.

Il grafico mette in evidenza che

creatininemia e VGF sono

inversamente proporzionali. Per

questa ragione quando la

creatinina plasmatica è di poco

aumentata, il filtrato è già molto

diminuito; se la creatininemia è

pari a 2 mg/dl siamo già a 40

mg/min di filtrato e abbiamo perso

metà della funzionalità dei nefroni.

Sotto i 10 mg/min di filtrato serve

la dialisi; senza la dialisi si va in

uremia.

Azoturia: escrezione dell'azoto nelle urine; è proporzionale all’apporto proteico; ci permette di avere

una stima precisa dell'apporto proteico del paziente.

Azoturia × 2.91 = apporto proteico in g/die di proteine catabolizzate.

I pazienti con ridotta funzionalità renale devono mangiare poche proteine; l’azoturia serve quindi a

valutare la compliance del paziente.

per cui si è passati al CDK EPI che bene o

male sfrutta gli stessi parametri di età, sesso,

peso, razza, con coefficienti diversi.

Queste formule danno un’idea della filtrazione

glomerulare .

Funzione tubulare Per valutare l’attività renale non basta misurare la filtrazione glomerulare ma bisogna valutare anche

l’attività dei tubuli; ci si basa sull’escrezione frazionale.

L’escrezione frazionale è la quota filtrata espressa come frazione percentuale della clearance

creatininica.

Escrezione frazionale = (clearance di una sostanza X ÷ clearance della creatinina) × 100 Si

usa per il potassio, l’acido urico e il fosforo, che sono utili per vedere quando la funzione del tubulo

varia.

Esempio: paziente con insufficienza renale acuta. Ne esistono forme da ipoperfusione renale, e se

si interviene precocemente l'insufficienza renale sarà solo funzionale, se invece non si tratta per

tempo tramite amine vasoattive e idratazione, si sviluppa una necrosi tubulare acuta. Valutiamo

quindi la frazione d’escrezione del sodio: se questa è alta vuol dire che il tubulo non riesce più a

riassorbire, quindi siamo già in necrosi tubulare e la terapia con idratazione e amine non serve a

nulla e si procede con la dialisi.

RIASSORBIMENTO, avviene grazie a tre meccanismi:

- Attivo: contro gradiente di concentrazione con dispendio energetico di ATP (nel tubulo ci

sono pompe ATP dipendenti). Per alcune sostanze non vi è limite di riassorbimento, invece

per altre vi è un limite dato dalla saturazione del meccanismo.

- Passivo: avviene secondo gradiente di concentrazione e gradiente elettrico; non c’è

dispendio energetico, e pu essere una diffusione semplice o facilitata.

- Pinocitosi: per le proteine plasmatiche e gli ormoni peptidici. I complessi megalina-cubilina

sono localizzati sulla porzione luminare del tubulo, e riassorbono amminoacidi da riutilizzare.

SECREZIONE 2 meccanismi:

- Attivo - Passivo

La quota di sostanza totale che viene escreta dal rene è data dalla somma di quella filtrata e quella

secreta.

Valutazione degli elettroliti La loro concentrazione varia entro range ristretti, ma la loro determinazione non fornisce indicazioni

di interesse funzionale, alcuni vengono usati per la litiasi.

SODIEMIA 135-145 mEq/l

POTASSIEMIA 3,8-5 mEq/l

CALCEMIA 9-10 mg%

FOSFOREMIA 2,5-4,5 mg%

CLOREMIA 96-106 mEq/l

MAGNESIEMIA 1.9-2,5 mg%

EQUILIBRIO ACIDO BASE ARTERIOSO

pH 7,35-7,54

Po2 85- 105 mmHg

PCo2 35-45 mmHg

HCo3- 23-27 mmmol/l

Valutazioni strumentali del rene Si tratta della semeiotica morfologica; questa è macroscopica o microscopica.

• Parenchima: ecografia, TAC, RMN, urografia discendente; • Vasi:

angiotac (un tempo arteriografia) ed ecografia;

• Parenchima, vasi e vie escretrici: scintigrafia.

Esami non invasivi: ecografia ed ecodoppler;

Esami invasivi: urografia discendente, TAC, RMN, arteriografia ed angioTAC, scintigrafia.

Ecografia E' la valutazione dei reni attraverso sezioni longitudinali e trasversali, utile per la valutazione di:

• Dimensioni dei reni e spessore della corticale: pazienti con insufficienza renale cronica

hanno reni piccoli e spessore ridotto della corticale.

• Ecogenicità delle strutture: l’iperecogenicità (bianco) fa pensare ad un processo

infiammatorio e ad una nefropatia acuta o cronica; in pazienti con trapianto renale è indice

di rigetto. La perdita di ecogenicità (nero) è indice invece di presenza di liquido (edema) che

impedisce di distinguere la corticale dalla midollare.

• Dilatazione delle vie escretrici: in caso di ostruzione con uropatia, spesso per ingrossamento

della prostata.

• Margini dei reni: regolari fisiologicamente, oppure irregolari che indicano un fenomeno

infiammatorio (nefrite cronica, nefroangiosclerosi).

È sempre operatore-dipendente; è negativa nella pielonefrite (soprattutto se non ascessualizzata)

ma se la clinica è molto dimostrativa di infezione renale devo usare tecniche di imaging di secondo

livello. L'immagine seguente mostra i diversi profili del rene.

Radiografia Utile per vedere i calcoli di calcio (RX addome);

talvolta per le ombre delle ossa o altre strutture

possono oscurare la presenza dei calcoli renali.

L’RX viene fatto sempre prima degli esami con

mezzo di contrasto.

TAC Viene maggiormente utilizzata per individuare

la presenza di infezioni del parenchima renale

(allll'eco un?infezione si vede poco, in rari casi

si vede qualcosa). E' utilizzata anche per

l’individuazione di masse tumorali, cisti e

pseudo cisti, ematomi e idronefrosi localizzata.

Risonanza magnetica nucleare

Al contrario della TAC non sono utilizzate radiazioni e mezzi di

contrasto ed è quindi più sicura. Essa consente lo studio del

parenchima renale ad alta risoluzione e dei rapporti delle

lesioni con le strutture circostanti.

La pielo-RMN serve invece alla valutazione delle vie escretrici

(nefrolitiasi).

Ecodoppler L'ecodoppler dei vasi renali dà un’idea della perfusione dei

reni. Serve per evidenziare stenosi dell’arteria renale, trombosi

arteriose/venose, malformazioni vascolari e per la valutazione

delle resistenze intraparenchimali (valore normale fino a 0,8).

Arteriografia E' lo studio della vascolarizzazione renale tramite l'utilizzo di

un mezzo di contrasto: mostra presenza di trombosi, anomalie

vascolari, fistole artero-venose, stenosi dell’arteria renale, neoplasie renali (valutazione dei circoli

neoformati, invasioni neoplastica della vena renale).

Scintigrafia Può essere statica o dinamica.

• Statica: un radio farmaco viene iniettato endovena e viene captato dalla corticale dei reni in

maniera abbastanza stabile. Questo esame permette di visualizzare e “quantificare” il

parenchima renale funzionante: evidenzia eventuali lacune di captazione che sono conferma

di pielonefrite, infarto renale, embolismo colesterinico (patologia in cui si formano emboli di

colesterolo da alcune placche che chiudono i capillari nel rene con formazione di microinfarti).

• Dinamica: per lo studio dei vasi, del parenchima e dell’escrezione. Si sfruttano radioisotopi

che vengono iniettati endovena e vengono captati dal rene in modo proporzionale al flusso

sanguigno renale, ed escreti in base alla funzionalità del rene: si valuta il loro passaggio

attraverso l’organo.

1) Ostruzioni: curva piatta perché il tracciante non viene eliminato. C'è la possibilità di

distinguere il tipo di ostruzione (organica da funzionale) con il test al Lasix (per

distinguere ad es. tra giuntopatia, reflusso vescico ureterale, compressioni di cisti sulle

vie escretrici).

2) Nell’insufficienza renale acuta parenchimale (necrosi tubulare acuta) si ha un

caratteristico pattern con curva “in accumulo”.

3) Anomalie vascolari (es. stenosi dell’arteria renale, diagnosi con test con ACE-inibitore).

La TRIADE NEFROLOGICA rappresenta l’insieme degli esami indispensabili per avere una

valutazione nefrologica: esame delle urine complete, creatinina ed ecografia renale.

Biopsia renale E' usata soprattutto per le glomerulopatie (diagnosi basata sull’istologia).

Si esegue con una tecnica eco guidata. Il paziente è prono in anestesia locale; si tende a prelevare

preferenzialmente il polo inferiore del rene sinistro. Abitualmente si fanno due prelievi per ridurre il

problema di avere un frustolo non diagnostico (con glomeruli insufficienti; per le lesioni diffuse

servono almeno 5 glomeruli, per le lesioni focali ne servono almeno 20). Il paziente nel post biopsia

non va mobilizzato per almeno 24h, per controllare che non si abbiano complicanze come ematuria,

emorragia, ematomi o fistole arterovenose.

Metodiche • Percutanea

• Laparoscopica

• Trans giugulare

• A cielo aperto (chirurgia).

La più sfruttata è la percutanea; viceversa la trans giugulare non viene quasi mai fatta. Punti di

repere per la via percutanea sono la XII costa, la cresta iliaca e le apofisi spinose delle vertebre

lombari.

Sul prelievo bioptico si può eseguire:

- Esame istologico con microscopio ottico;

- Esame immunoistochimico con microscopio a fluorescenza;

- Esame ultrastrutturale con microscopio elettronico; utile in quelle patologie il cui danno non

è visibile al microscopio ottico e all'immunofluorescenza.

Caratteristiche Indicazioni

- Sindrome nefrosica e nefritica

- IR rapidamente progressiva

- Coinvolgimento renale nel LES, nelle vasculiti e nelle crioglobulinemie

- Anomalie uriarie isolate

- Deficit funzionale acuto del rene trapiantato

Controindicazioni:

- Rene unico o di dimensioni molto ridotte

- Malformazioni renali

- Rene policistico

- Idropionefrosi

- Ipertensione severa

- Diatesi emorragica

Complicanze:

- Mortalità (0-0.2%)

- Necessità chirurgica (0-0.4%)

- Ematomi perirenali (0.2-2.9%)

- Fistole arterovenose (0.2%)

- Ematuria macroscopica (1.1-50%)

Indagini sierologiche Quelle maggiormente svolte sono:

• Proteinemia

• Elettroforesi delle proteine plasmatiche

• Frazionamento immunoglobulinico

• Immunoelettroforesi

• Autoanticorpi (Anti DNA, ena, ANCA, p-ANCA ecc)

• Complementemia (malattie da consumo di complemento)

• Antigeni virali, data l’associazione di alcune nefropatie ed infezioni virali: l'epatite B si associa

alla glomerulonefrite membranosa, l’epatite C alla membrano proliferativa, l'HIV infetta le

cellule del tubulo renale e il glomerulo e può dare vari quadri (IVA in particolare, simile alla

glomerulosclerosi focale segmentaria).

PRESENTAZIONE DEL PAZIENTE NEFROLOGICO - Pz asintomatico e non fa accertamenti

- Pz lamenta sintomi e presenta reperti obiettivi che fanno pensare a malattia renale

- Pz con sintomi sistemici e coinvolgimento renale

- Pz asintomatico con alterazione di dati clinici o laburistici riscontrati occasionalmente.

Segni e sintomi Sintomi soggettivi: dolore lombare da colica renale, disturbi minzionali, sintomi extra renali di

accompagnamento a livello dell’apparato gastrointestinale, respiratorio e neurologico.

Segni obiettivi:

• Alterazioni del ritmo urinario (polliachiuria, nicturia), della composizione dell'urina (lipiduria,

ematuria, proteinuria, piuria) e della quantità di urina (oliguria, poliuria e anuria).

• Alterazioni renali locali come masse e soffi (nefropatia di origine vascolare per

interessamento della renale).

• Sintomi nefrologici: edema, ematuria, ipertensione.

• Sintomi indicativi di malattia sistemica: alterazioni cutanee (tipica la porpora), oppure

artralgie/mialgie.

Molta importanza rivestono l'anamnesi patologica prossima e remota per la presenza di elementi

clinici o laboratoristici indicativi, l’anamnesi familiare per valutare una eventuale familiarità per

malattie metaboliche, nefrologiche, neoplastiche, e l’anamnesi fisiologica per conoscere lo stile di

vita, l’alimentazione e minzione e diuresi.

Il dolore è il tipico sintomo della patologia nefrologica.; può

essere renale puro, da colica reno ureterale oppure

minzionale.

Nell’immagine sono illustrati i punti di dolore evocato alla

palpazione in corso di malattia renale.

Segno semiologico per la valutazione di problematica

renale è il segno di Giordano. Il dolore al fianco è tipico

della colica renale, patologia molto dolorosa associata a

dilatazione acuta di un tratto delle vie urinarie.

Il dolore è proporzionale al grado di dilatazione della pelvi

renale o degli ureteri; una dilatazione cronica è molto meno

dolorosa e pu essere talvolta asintomatica.

Fra le alterazioni renali locali la presenza di una massa

renale è la più frequente. Si presenta per lo più sotto i 10 anni di età oppure sopra i 40.

Manovra di Guyon (palpazione) per identificare le masse renali.

Anomalie della minzione Disuria: comprende stranguria,

tenesmo, polliachiuria e minzione

imperiosa. Le cause più frequenti sono

infezioni urinarie e genitali, sostanze

come gli irritanti chimici, malattie

dell’intestino infiammatorie o la

presenza di diverticoli e neoplasie delle

grosse vie urinarie, e deficit di

estrogeni.

- Polliachiuria: aumento della frequenza delle minzioni con quantità ridotta di urina per minzione. -

Stranguria: dolore alla minzione.

Tenesmo: sensazione di dovere nuovamente urinare dopo aver fatto pipì.

Oliguria: diuresi inferiore ai 500 cc/die.

Anuria: diuresi inferiore a 50 cc/die.

Queste ultime due si riscontrano entrambe in pazienti con IR acuta o scompenso in fase terminale

da IRC.

Poliuria: diuresi maggiore a 3

litri/die. Dipende anche dallo stato

di idratazione del paziente, ed è

dovuta ad alterazioni dei

meccanismi di concentrazione delle

urine da parte del rene che portano

all’incapacità di produrre urine

concentrate. L’ipostenuria, il peso

specifico basso delle urine, è il

primo parametro che si evidenzia

prima di arrivare ad una diagnosi di

IRC. In caso di poliuria la diuresi pu

essere idrica (acquosa senza

soluti), osmotica (eccesso di soluti) e mista.

Nicturia: consiste nell’urinare durante la notte. Può avere origine renale oppure cardiaca.

- Renale: in casi di IRC con oltre il 70% della funzione renale compromessa; il rene perde la

capacità di concentrare le urine e si sviluppa un’iperdiuresi osmotica dovuta alla funzione del

rene residuo sano.

- Cardiaca: dovuta all’aumento della circolazione renale nelle ore notturne per prolungata

posizione in clinostatismo.

Enuresi: emissione involontaria di urine (in genere notturna) in assenza di dolore o tenesmo con

perfetta integrità del funzionamento vescicale durante la veglia. Diversa dall'incontinenza urinaria.

Incontinenza urinaria: involontaria emissione di urine, conseguente ad un’alterazione dell’equilibrio

tra il tono del muscolo detrusore e il tono dello sfintere uretrale esterno.

Ritenzione urinaria: urine che si accumulano nella vescica e non si riesce ad eliminarle; si ha un

residuo post- minzionale.

Sintomi nefrologici renali ed extrarenali • Edema: sintomo tipico della patologia nefrologica; consiste in un accumulo di liquido

nell'interstizio e si accompagna alla ritenzione di sodio. In genere ha sede sottocutanea,

sierosa e viscerale, e pu essere localizzato o generalizzato fino all'anasarca. Il segno tipico

è il segno della fovea.

• Ipertensione arteriosa: altro sintomo tipico dovuto ad alterazione dei meccanismi di

controllo delle resistenze periferiche e del volume plasmatico.

Esame delle urine e del sedimento urinario Valutazione:

- Colore: corretto è

quello giallo paglierino

- pH: 5.8

- Peso specifico: è il

peso di un volume e di

una soluzione in rapporto

ad un identico volume di

acqua distillata, cui si

attribuisce il valore 1000;

il valore fisiologico è

compreso tra 1002 e

1040

- Proteine

- Hb

- Sedimento urinario

Osmolalità: è la misura del numero di particelle in una soluzione, ed è indice della capacità del rene

di concentrare le urine (considerato indice migliore rispetto al peso specifico).

- Osmolalità plasmatica: 285 mOs/Kg H2O

- Osmolalità urinaria in condizioni di salute: da 40-80 sino a 900-1400 mOsm/Kg H2O

Rappresenta il principio su cui si basa la determinazione del peso specifico sulle strisce

reattive.

Anomalie urinarie isolate • Ematuria: presenza di sangue nelle urine. Può essere macro o microematuria. La

macroematuria si evidenzia a livello macroscopico con colore rosso delle urine (il

laboratorista la deve confermare per escludere che l’alterazione nel colore sia dovuta ad

iperconcentrazione, precipitazione di urati o sostanze che colorano di rosso le secrezioni).

La microematuria invece si evidenzia al sedimento urinario e all'esame chimico data la

presenza di pochi eritrociti nelle urine.

• Proteinuria: si determina con le strisce reattive. Identifica anche piccole quantità di

albumina.

Proteinuria La proteinuria può essere fisiologica o patologica.

1) La proteinuria fisiologica è di 150/200 mg in 24h, formata da una piccola quantità di

albumina e di proteine a basso peso molecolare più una quota di proteine secrete dal

tubulo renale. Nell’ultrafiltrato glomerulare passerebbero da 180 mg a 2 g die di albumina

e alcune decine di grammi di microglobuline (proteine a basso PM), ne sono state

identificate una cinquantina: citocromo C, alfa1-proteina acida, beta2microglobulina,

catene leggere, peptidi (tra i quali alcuni ormoni come PTH, insulina); tuttavia vengono

per la maggior parte riassorbite. Nel soggetto sano nelle urine si ritrovano < di 150/170

mg/die; in 150 mg/die (limite superiore di normalità) si ritrovano (valori orientativi,

approssimati): albumina 16 mg, immunoglobuline 10 mg, mucoproteine 70 mg,

mucopolisaccaridi 16 mg ed altre componenti plasmatiche in tracce (proteine, catene

leggere policlonali, enzimi, ormoni). Inoltre anche la presenza di una proteina prodotta

dalle cellule tubulari detta di Tamm Horssfall risulta fisiologica.

2) La proteinuria patologica ha 4 forme a seconda dell'origine:

1. Origine glomerulare con alterazione del glomerulo che causa infiammazione del

filtro (selettiva o non selettiva);

2. Origine tubulare per insufficiente riassorbimento delle proteine filtrate presenti nel

plasma che non vengono riassorbite;

3. Da iperafflusso in cui si evidenzia il superamento della capacità di riassorbimento

tubulare, ad es. le catene leggere delle immunoglobuline (proteine di Bence

Jones) nel mieloma multiplo e la mioglobina nella rabdomiolisi;

4. Proteinuria patologica mista in cui sono presenti varie forme associate.

Proteinuria glomerulare: è presente tanta albumina per alterazioni nella filtrazione, con

concentrazione da 200 mg a 30 g nelle 24h. Può essere selettiva e non selettiva.

• Proteinuria selettiva: presenza nelle urine di albumina, transferrina e altre proteine con peso

molecolare simile a quello dell’albumina;

• Proteinuria non selettiva: presenza di proteine con peso molecolare maggiore (ad esempio

le IgG), indice di una glomerulopatia avanzata.

Esistono degli indici, detti di Cameron e Mc Lean, che stabiliscono un cut off per distinguere la

proteinuria selettiva dalla non selettiva.

Proteinuria tubulare: è dovuta al

mancato riassorbimento delle proteine

fisiologicamente filtrate dal rene; in

genere non è superiore ai 2 g/die.

L'albumina è poca, e ci sono invece

proteine con peso molecolare tra 1500 e 40000 (beta2-microglobulina, alfa2-microglobulina,

lisozima).

Proteinuria da

iperafflusso: è dovuta al

superamento della

capacità tubulare massima

(Tm) di riassorbire proteine

liberamente filtrate in

quantità abnorme per una

loro eccessiva produzione

e/o liberazione. Esempi:

catene leggere (proteinuria

di Bence-Jones),

emoglobina, mioglobina,

lisozima (leucemia

mieloide).

La proteinuria può essere dunque classificata

in tubulare completa, incompleta,

glomerulare selettiva e non selettiva. [RBP:

retinol binding proteine].

L’urina viene fatta correre lungo pozzetti e si

vanno a identificare le proteine di origine

glomerulare o tubulare. In alcuni casi di

necrosi tubulare acuta si cercano enzimi

tubulari rilasciati in caso di ingente danno

(NAG, AAP).

Ematuria Nel sedimento urinario cerchiamo cellule, cilindri e cristalli, eritrociti: ci permette di fare una diagnosi

differenziale. Il sedimento permette la valutazione morfologica degli eritrociti:

- diagnosi di microematuria con eritrociti a forma conservata (ematuria urologica);

- se invece le emazie sono mal conservate (con frammentazione e forma diversa dal disco

biconcavo) si pensa che l’ematuria derivi dal glomerulo infiammato e che gli eritrociti si deformino

nel percorso verso le vie urinarie; l'origine è in questo caso nefrologica e serve un esame bioptico.

Cause di ematuria nefrologica ed urologica

Forme frequenti di dimorfismo: le più frequenti (numero 9, acantociti) sono estroflessioni di

membrana di eritrociti. Orientano di per sé la diagnosi verso una glomerulonefrite, senza necessità

di fare una biopsia (mentre la presenza di cellule tubulari fa sospettare una necrosi tubulare).

Cilindri Sono costituiti da materiale precipitato su materiale organico, come la proteina di Tamm Horsfall; si

formano nei lumi tubulari e nei dotti collettori. La precipitazione dei cilindri è favorita dalla presenza

di urine concentrate ed acide; a pH alcalino la matrice ialina non si forma o si dissolve.

Forme di cilindri:

- Cilindri ialini: talvolta sono fisiologici (dopo sforzo, disidratazione, esposizione a freddo

intenso), oppure si ritrovano nello scompenso cardiaco e nell'iperpiressia;

- Cilindri granulari: tipici della proteinuria;

- Cilindri cellulari: i cilindri fanno da base per alcune cellule, ad esempio leucociti aggregati

alla matrice proteica (espressione di proteinuria), leucociti ed eritrociti (espressione di

ematuria), sono dunque cilindri eritrocitari e cilindri leucocitari. Nella glomerulonefrite a

depositi di IgA o malattia di Berget, per esempio, si ritrovano cilindri eritrocitari e leucocitari,

o anche epiteliali.

- Cilindri cerei - Cilindri misti

Un’occasionale cilindruria granulosa a piccolo diametro ed a piccoli granuli è possibile in situazioni

patologiche rapidamente reversibili, ma anche nel soggetto normale; una cilindruria persistente

invece ha sempre significato patologico, specie se a grossi granuli. Cilindri cerei e cilindri a largo

diametro testimoniano un danno renale grave.

Cristalli Sono sintomi di calcolosi urinaria. I più frequenti sono quelli di ossalato, fosfato triplo e cisteina.

SINDROMI CLINICHE Le grandi sindromi renali sono 5 e ad esse si associano IR acuta e cronica.

- Sindrome nefrosica

- Sindrome nefritica acuta

- Sindrome nefritica cronica

- Rapidamente progressiva

- Anomalie urinarie isolate con proteinuria e ematuria in tracce

SINDROME NEFROSICA È la sindrome più frequente, e ha varie cause che rappresentano tutte delle concause di un'alterata

permeabilità del glomerulo (con conseguente filtrazione di proteine plasmatiche). È caratterizzata

da:

• Proteinuria imponente nelle 24h superiore ai 3,5 g/die;

• Alterazioni delle proteine plasmatiche, ipoalbulinemia e ipoproteinemia (spiegata dalla

perdita di albumina);

• Edemi declivi; • Dismetabolismo lipidico: iperlipidemia con iperlipiduria e aumento di colesterolo e

trigliceridi;

• Funzione renale può essere nella norma oppure si può avere una compromissione acuta

con aumento della creatinina e ridotto filtrato glomerulare;

• Talvolta si associano ematuria e ipertensione arteriosa.

Cause - malattie immunologiche;

- malattie ereditarie (podociti alterati per difetto genetico. La più frequente patologia ereditaria

a carico di questi è di origine tipica dei paesi scandinavi, con un'alterazione della nefrina dei

pedicelli e quindi perdita della selettività del filtro; la malattia ha un’alta mortalità perché

associata a IRC);

- cause tossiche;

- cause microcircolatorie;

- cause dismetaboliche.

Cause più comuni di sindrome nefrosica • MCD (nel bambino): è la glomerulopatia a lesioni minime (minimal change disease);

• GNM: glomerulopatia membranosa, primitiva o secondaria;

• GSFS: glomerulosclerosi focale segmentaria;

• GNMP: glomerulopatia membrano-proliferativa (o mesangio-capillare), tipi I, II e III;

• GN lupica classi WHO III, IV, V, VI;

• GNF mesangiale proliferativa a IgM o C1q;

• Glomerulonefrite fibrillari da immunotactoidi;

• Amiloidosi renale;

• Malattia da catene leggere (in mieloma multiplo)

• Nefropatia diabetica

• Sindrome di Alport, GN finnica, GSFS famigliare/ereditaria e altre forme ereditarie.

Diagnosi Si basa su criteri di laboratorio, clinici e anamnestici.

• Anamnesi: astenia marcata, malessere generale, vicinanza di un episodio febbrile simil

influenzale (vicino di qualche settimana), edemi progressivamente ingravescenti localizzati

dapprima agli arti inferiori poi al volto (in particolare nella zona periorbitale) con acquisto di

peso (di anche 10kg). Questo quadro può comparire in uno stato di benessere per

glomerulonefriti primitive, oppure inserirsi in una patologia sistemica già nota da tempo.

• Esami di laboratorio: l'esame urine sarà positivo per proteinuria oppure per cilindruria

(spesso sono cilindri granulari), presenza di lipidi, corpi ovali grassi, eritrociti, inoltre si

potranno rilevare riduzione di albuminemia e dismetabolismo lipidico (con aumento nel

sangue di colesterolo, LDL e trigliceridi e riduzione delle HDL).

Caso clinico Esempio del quadro: paziente maschio di 49 anni lamenta tre mesi prima dell’osservazione una

sindrome influenzale; la febbre ed il malessere tardano a recedere.

- In anamnesi risulta sempre in ABS a parte una modesta ipertensione arteriosa mantenuta

sotto controllo con ACE-inibitori. Lavora in un mobilificio. In passato ha eseguito accertamenti

per l’ipertensione. Nel recente episodio, dopo terapia antibiotica, lento recupero delle

condizioni generali: dopo 20 giorni dall’inizio del quadro sintomatologico riprende il lavoro. A

tre mesi di distanza persistono inappetenza ed astenia, ed ha l’impressione di "ingrassare"

perché non riesce più a chiudere la cintola dei pantaloni. Negli ultimi giorni è preoccupato

per il gonfiore alle gambe; si reca dal medico per dispnea per sforzi moderati sul lavoro e per

salire le scale di casa. Il medico lo pesa: + 18 Kg dal peso abituale.

- ECG: evidenzia una lieve ipertrofia ventricolare sinistra.

- Urine negative per glucosio e proteine; 5-6 GR x cm, alcuni frammenti di cilindro ialino.

Colesterolo= 250 mg%, Trigliceridi 195 mg%, Glicemia=125 mg, Sodiemia 141 mEq/l,

Potassiemia 4,2 mEq/l, Crs 1,4 mg%, Hb14,5, GB7000, Pts 179000.

Edema

L’edema è un anormale accumulo di liquidi nello spazio

interstiziale, che prima di diventare clinicamente evidente

può anche espandersi di diversi litri e dare segno di sé

solo attraverso un progressivo incremento ponderale.

Gli edemi si distinguono, a seconda dell'eziologia, in

renali, cardiaci, epatici, gravidici, idiopatici e secondari a

patologie locali; anche quelli-extra renali presentano

sempre una concausa renale (è il rene che ritiene i liquidi

corporei).

Fisiopatologia

L'edema nefrosico è sempre stato considerato come una conseguenza della riduzione della

pressione oncotica, causata da un danno glomerulare che fa perdere proteine; di conseguenza si

tende a perdere liquidi nell'interstizio. Alcune evidenze cliniche hanno però messo in secondo piano

questa teoria, e ora si considerano altre due teorie:

• Overflow: sindrome nefrosica a volumi plasmatici espansi;

• Underfilling: sindrome nefrosica a volumi plasmatici ridotti. Non si sa quale

sia la più corretta, probabilmente entrambe.

Underfilling

- Il momento principale è costituito dall’ipoalbuminemia, dovuta sia alla perdita con le urine che ad

un suo aumentato catabolismo: ne consegue una diminuzione della pressione oncotica con

alterazione delle forze di Starling e fuoriuscita di liquidi dal compartimento vascolare verso i tessuti

interstiziali, con conseguente edema ed ipovolemia.

- L’ipovolemia attiva una serie di meccanismi regolatori sistemici (riflessi barocettoriali, sistema

nervoso simpatico) che tendono a restaurare la pressione sistemica e la gittata cardiaca, e

dall’altro lato espleta a livello renale un’azione sodio-ritentiva (aumentata attività sistema RAS,

riduzione degli ormoni natriuretici atriali) con incremento dell’iponchia ed edemi.

Overflow

L’osservazione clinica e sperimentale ha fatto pensare che l’underfilling non sia l’unico meccanismo,

e la ritenzione idrosalina è stata presa in considerazione come primum movens della sindrome

nefrosica.

Osservazioni cliniche e sperimentali:

• Volumi plasmatici aumentati

• Attività del sistema RAS inibita anziché esaltata

• Inefficacia dell’espansione dei volumi nel condizionare ripresa diuretica e sodiuretica

Secondo questa teoria, la formazione di edemi è correlata alla ritenzione idrosalina anziché

all’iponchia (cioè all'incapacità del plasma di attirare acqua dall'interstizio): i volumi plasmatici

anziché ridotti sono infatti aumentati, e l’attività del sistema RAS è inibita anziché aumentata. Si è

dunque pensato che la patologia renale proteinurica:

- conduca ad un aumentato riassorbimento del sodio filtrato, soprattutto a livello del nefrone distale,

attraverso meccanismi non ancora del tutto noti (forse per azione di alcune sostanze simili

all’aldosterone);

- possa inoltre contribuire alla ritenzione sodica la diminuzione del filtrato correlata al danno

glomerulare: quando l’assunzione di sodio supera la capacità di eliminazione del rene si

espandono i volumi plasmatici ed extracellulari, con aumento della pressione idrostatica ed edemi.

E’ verosimile che entrambi questi meccanismi intervengano nella fisiopatologia degli edemi del

paziente nefrosico, in associazione anche alla possibile alterazione della permeabilità capillare che

favorisce la riduzione dei volumi plasmatici.

In alcune patologie può prevalere uno o l’altro di questi due momenti patogenetici, come il classico

quadro ipovolemico nella nefropatia a lesioni minime, ma più spesso coesistono nello stesso

paziente.

Terapia

Si dà albumina appena prima di somministrare furosemide ad alte dosi per far salire la pressione

oncotica che richiama liquido nell'interstizio vascolare; la furosemide serve a non perdere l’albumina.

Quadro clinico dell’edema

Consistenza molle, colorito biancastro e localizzazione nelle regioni declivi (arti inferiori, area

presacrale) o in altre sedi a scarsa resistenza tissutale (come il volto e la zona peri orbitale).

Possono manifestarsi a variabile intensità, a seconda dell’entità e della durata dei fattori

responsabili: dalla lieve imbibizione tissutale fino al quadro nefrosico conclamato, e può infine

comparire un vero e proprio anasarca (edemi diffusi e versamenti pericardico, pleurico e ascitico);

raramente può instaurarsi un quadro di edema polmonare.

Alterazioni della pressione arteriosa Il paziente nefrosico appare spesso sofferente, pallido, con episodi di ipotensione ortostatica

correlati all’ipovolemia nelle fasi iniziali.

In alcune nefropatie, quali la glomerulosclerosi focale, la glomerulonefrite membranoproliferativa o

in presenza di avanzata compromissione della funzione renale, può essere presente ipertensione

arteriosa.

Esame delle urine • Perdita proteica superiore ai 3.5g/24h. La proteinuria, che raggiunge talora livelli

particolarmente elevati (anche fino a 50 g nelle 24 h) a seconda della nefropatia

responsabile, può essere di tipo selettivo o non selettivo.

• Il sedimento urinario varia a seconda della nefropatia: cilindruria ialina spesso con inclusioni

lipidiche, cilindruria ialino-granulosa e cerea con frequente associazione di lipiduria libera,

cilindri lipidici e corpi ovali grassi. In alcune nefropatie si può associare ematuria sia

macroscopica che microscopica (glomerulosclerosi focale, GNMP, GN lupica).

Proteine plasmatiche La sindrome nefrosica è classicamente definita da una ridotta concentrazione delle proteine totali (<

di 6 g/dl) e delle albumine (< 3 g/dl). La riduzione dei livelli delle proteine plasmatiche è condizionata

da una serie di fattori: entità, durata e qualità della proteinuria (caratteristiche di selettività), peso

molecolare delle singole proteine, entità dell’ipercatabolismo, condizioni nutrizionali ed entità

dell’apporto proteico.

Ipoalbuminemia: il basso peso molecolare delle albumine ne condiziona una elevata perdita

urinaria e quindi una notevole riduzione dei livelli plasmatici. E’ uno dei reperti più tipici della

sindrome nefrosica e ne condiziona gran parte del quadro clinico (sia per quanto attiene la riduzione

della pressione oncotica e la manifestazione dell’edema, che per quel che riguarda alcune

complesse manifestazioni metaboliche come l’iperlipemia e la diatesi trombofilica).

Al quadro elettroforetico si ha:

• riduzione delle proteine totali

• riduzione delle albumine

• diminuzione lieve delle alfa 1 globuline

• aumento delle alfa 2 globuline

• aumento in minor misura delle beta globuline

• riduzione delle gammaglobuline

Alterazioni del quadro lipidico Caratterizzato da iperlipidemia e iperlipoprotidemia. La patogenesi coinvolge sia i processi di sintesi

che di metabolizzazione, e riconosce come fattore responsabile l’ipoalbuminemia: questa stimola la

sintesi epatica di albumina e la produzione di lipoproteine, in particolare di VLDL, in risposta al ridotto

potere oncotico del plasma.

Aumento

• Colesterolo totale (alterazione più precoce)

• Trigliceridi (alterazione più tardiva)

• Lipoproteine a bassissima densità

• IDL ed LDL

Riduzione

• HDL

Le statine controllano il metabolismo lipidico; tuttavia vengono usate anche per la loro azione

antinfiammatoria (in alcuni casi di glomerulonefrite danno una riduzione di proteinuria).

Funzione renale In corso di sindrome nefrosica è possibile rilevare una funzione renale normale, ridotta o anche (in

particolari casi) un aumento della filtrazione glomerulare (come talora si riscontra in fasi iniziali di

GN a lesioni minime o membranosa). La riduzione della funzione è:

- Per lo più correlata all’ipovolemia, e presenta le caratteristiche del deficit funzionale cosiddetto

‘pre-renale’ (generalmente reversibile al ripristino della volemia);

- Tuttavia è talora possibile un'IRA ‘organica’ descritta specialmente nel bambino con l’uso di

FANS, (che inibendo l’azione delle prostaglandine possono ulteriormente alterare l'equilibrio

emodinamico compromesso dall’ipovolemia).

- E’ stata inoltre dimostrata con quadro di necrosi tubulare acuta, favorita da pregressa sofferenza

ischemica, soprattutto nel paziente anziano.

- Infine, un deficit di funzione può essere presente fin nella fase iniziale della sindrome nefrosica

per la severa compromissione parenchimale correlata alla glomerulonefrite responsabile

(glomerulosclerosi focale, GN membrano proliferativa; La GSFS con un quadro proteinurico nel

pz dopo il trapianto è un fattore prognostico negativo).

Alterazioni della coagulazione Il paziente nefrosico ha tendenza alla trombofilia; le complicanze trombofiliche possono essere

favorite da:

- Immobilizzazione per lunghi periodi

- Emoconcentrazione plasmatica, aggravata dall'uso prolungato di diuretici e terapia

corticosteroidea protratta (spesso infatti le GN che danno sindrome nefrosica sono di origine

immunologica e vengono trattate con terapia di corticosteroidi OS ed EV).

Si osserva:

• Aumento dei livelli di fibrinogeno, fattore V, VII, VIII, X, XIII e di fibronectina (in seguito allo

stimolo alla sintesi epatica da riduzione della pressione oncotica);

• Diminuzione del fattore XII (da verosimile consumo intravascolare);

• Ridotti livelli plasmatici di antitrombina III (perdita urinaria);

• Riduzione della fibrinolisi per la ridotta attività del plasminogeno e del suo legame alla fibrina

e per gli elevati livelli plasmatici di inibitori della fibrinolisi (ipoalbuminemia,

iperfibrinogenemia, aumento lipoproteine);

• Aumento dell’aggregazione piastrinica (da aumentato numero delle piastrine, ridotti livelli di

albumina e di fattore modulante l’aggregazione piastrinica, aumento del fibrinogeno e del

fattore Von Willebrand).

Per impedire le alterazioni della coagulazione nel paziente nefrosico: cardioaspirina a casa, mentre

quando il paziente è allettato in ospedale la terapia prevede eparina a basso peso molecolare.

Spesso si usano anche antibiotici per il rischio di eventi infettivi.

Flow chart diagnostico Indagini da richiedere in pazienti con sindrome nefrosica.

Esami di primo livello

• Crasi ematica

• Funzione renale ed elettroliti

• Profilo completo della coagulazione

• Assetto glicolipidico in previsione di una terapia steroidea

• Esame urine con sedimento

• Proteinuria 24h

• Immunoelettroforesi, per capire di quali proteine sono presenti nelle urine

• Rx torace

• ECG

• Ecografia renale

Esami di secondo livello

• Studio immunologico: in particolare si va a valutare un eventuale consumo delle frazioni del

complemento e la presenza di anticorpi specifici, anti nucleo, crioglobuline.

• Indici di flogosi: valutare se c’è l’aumento della VES

• Frazionamento immunoglobulinico

• Valutazione del rapporto catene leggere kappa e lambda

• Caratterizzazione della proteinuria tramite elettroforesi

• Biopsia renale che permette di fare diagnosi di glomerulopatia.

Clinica Complicanze Le più frequenti complicanze della sindrome nefrosica sono:

• Insufficienza renale acuta

• Patologia vascolare e trombo embolica

• Patologia ossea (iperfosfatemia e ipocalcemia, perdita della vitDBP)

• Alterazioni della funzione del tubulo renale

• Aumentata suscettibilità alle infezioni

• Si associano danni tubulari, come disfunzioni correlate alla proteinuria stessa: il tubulo tenta

al massimo di riassorbire proteine, ma non riesce a riassorbire elettroliti, con conseguenti

potassiuria, fosfaturia ecc.

A volte le glomerulonefriti possono recidivare nel post trapianto. Questo è un indice di cause

immunologiche, ad esempio l’immunosclerosi focale segmentaria che altera i podociti ed è una

recidiva di sindrome nefrosica (indice di perdita del rene trapiantato). In questi casi serve anurizzare

e ultrafiltrare artificialmente con la dialisi, per rimuovere la proteinuria che è la causa di tutto; si fa

quando si ritiene che per i reni dei pazienti non ci sia più nulla da fare.

Terapia La terapia prevede il trattamento delle singole glomerulonefriti, ed è volta ad eliminarne le cause.

Terapia eziopatogenetica

- Glucocorticoidi;

- In caso di malattia ad elevato indice infiammatorio, immunodepressori come la

ciclofosfamide e, in seconda battuta, ciclosporina e rituximab (anticorpo anti-CD20).

Terapia sintomatica

- Albumina, furosomide e antialdosteronici per evitare l’edema;

- Terapia antibiotica, per evitare le infezioni da perdita di immunoglobuline:

- Terapia eparinica (in sede ospedaliera) per lo stato di ipercoagulazione, ed eventualmente

cardioaspirina (a casa);

- Calcio, per l’ipocalcemia;

- Statine, per i problemi di ipercolesterolemia.

SINDROME NEFRITICA Caratteristiche Quadro clinico Paziente di 37 anni si reca in PS per gonfiore agli arti inferiori e contrazione della diuresi. All’eco

risulta negativo; viene fatta diagnosi di edema agli arti e viene dimesso con terapia diuretica.

L’edema tuttavia persiste con lo sviluppo di arrossamento cutaneo, con diagnosi di orticaria diffusa

per assunzione di fragole in soggetto allergico. Dopo 50 giorni circa, il paziente ritorna in PS per

edema ingravescente, con segno della fovea positivo, proteinuria e microematuria con emazie

dismorfiche. La creatinina risulta nei limiti della norma; il paziente ha ipertensione arteriosa leggera.

Diagnosi: sindrome nefritica.

La sindrome nefritica è un’entità clinica con cause flogistiche ed interessamento dei vasi di medio e

piccolo calibro (glomerulo con le sue arteriole e capillari e i vasi renali di piccolo e medio calibro).

Ne esistono due forme:

• Acuta: ematuria di recente comparsa, proteinuria a variabile entità (ma non superiore ai 3.5

g/24h), cilindruria ematica, riduzione del filtrato reversibile, oliguria, ipertensione ed edemi.

• Cronica: ematuria persistente, proteinuria, riduzione lenta e progressiva della funzione

renale, ipertensione arteriosa, saltuariamente edemi. E’ il corrispettivo clinico di una

glomerulonefrite ad andamento cronico e lentamente evolutiva (GN a depositi di IgA).

Nella sindrome nefritica si hanno alterazioni della struttura del glomerulo, che fa passare proteine

ed eritrociti (micro oppure macroematuria); tipici della microematuria da sindrome nefritica sono gli

acantociti.

Cause Possono essere forme primitive o manifestazioni di malattie sistemiche:

• Processi immunologici frequentissimi per deposizione di immunocomplessi

• Cause ereditarie

• Cause tossiche

• Cause dismetaboliche

• Disfunzioni del microcircolo.

Differenze tra sindrome nefrosica e nefritica • Edema

➢ L’edema nefrosico è pallido e di consistenza molle, con prevalente localizzazione

secondo la gravità (edemi declivi).

➢ L’edema nefritico è dato tipicamente da overflow (per riduzione del coefficiente di

ultrafiltrazione glomerulare del sodio ed eccessivo riassorbimento tubulare dello

stesso); si parla di uno squilibrio glomerulo-tubulare. L’edema nefritico presenta una

componente capillaritica che conferisce colore ed una consistenza più tesa della cute,

ed è localizzato inizialmente al viso in sede periorbitale.

• Reperto urinario ➢ Nella sindrome nefrosica si ha una proteinuria con spesso sedimento negativo,

mentre a volte si rileva una cilindruria granulare tipica della proteinuria massiva;

➢ Nella sindrome nefritica la proteinuria è minima, mentre si ha sempre microematuria;

il sedimento viene detto telescopico perché è ricco di globuli rossi, globuli bianchi e a

volte cilindri.

Questa definizione di sindrome nefrosica e nefritica ha un confine non così netto, perché possono

esserci dei quadri misti nefritico-nefrosici o nefrosici-nefritici a seconda di quale delle due sindromi

prevalga.

SINDROME RAPIDAMENTE PROGRESSIVA E' caratterizzata da ematuria con comparsa improvvisa, associata ad eventuale cilinduria ematica e

proteinuria di entità variabile.

È simile alla sindrome nefritica, però a differenza di questa, nel giro di giorni, causa una insufficienza

renale acuta rapida con aumento della creatinina e calo del filtrato; anche con la terapia talvolta

risulta irreversibile. E’ dunque contraddistinta da: - Compromissione rapida del rene talvolta senza

possibilità di recupero; - Si riscontrano ipertensione, oliguria e talvolta edemi.

Causa tipica è la glomerulonefrite proliferativa extracapillare (reazione infiammatoria di tutto il

glomerulo), che si presenta all’anatomia patologica con forme a semilune.

ANOMALIE URINARIE ISOLATE Le anomalie urinarie isolate sono

anomalie singolarmente presenti o

associate fra di loro, che si vanno a

caratterizzare all'interno delle altre

sindromi. Sono definite dalla

presenza di:

• Ematuria

• Leucocituria

• Proteinuria (< di 3 g/24 h)

Non ci sono segni di

compromissione funzionale del

rene, ipertensione arteriosa o altre

indicazioni evidenti di nefrouropatia.

Sono tipiche della malattia di

Berget; si diagnosticano

casualmente con microematuria e

proteinuria minima.

CAUSE DELLE SINDROMI RENALI Glomerulonefriti Esistono 8 principali glomerulonefriti primitive (con causa sconosciuta, non c'è una causa sistemica

di origine associata): ce ne sono maggiormente associate a sindrome nefrosica e maggiormente a

sindrome nefritica.

Patologie interstiziali Sono le nefropatie tubulo interstiziali, caratterizzate dalle seguenti alterazioni:

• Deficit della concentrazione urinaria (quindi poliuria);

• Perdita di elettroliti (salt loosing nephritis);

• Acidosi metabolica da perdita urinaria di bicarbonati (nelle forme avanzate);

• Proteinuria, presente ma è moderata (risulta minore di 1 g/24h con proteine a basso peso

molecolare e pochissima albumina);

• Il sedimento urinario non è caratteristico: può esserci microematuria, molto più

frequentemente leucocituria;

• La progressione verso l'IRC è lenta e non c'è ipertensione (salvo in caso di sovrapposizione

di danno glomerulare).

Esempi di patologie interstiziali

- Pielonefrite acuta: febbre alta, malessere, dolore renale e disuria.

- Calcolosi renale: dolore acuto in sede renale con irradiazione in sede ureterale (a seconda

del livello del calcolo), segno del Giordano positivo, disuria e pollachiuria e, in presenza di

infezione urinaria, febbre.

Nefropatie vascolari Colpiscono i grandi e i piccoli vasi. Presentazioni cliniche:

• Ipertensione arteriosa;

• Deficit funzionale del rene;

• Vasculopatia polidistrettuale che riguarda vari organi, compreso il rene (frequentemente con

stenosi dell'arteria renale); vengono colpiti i grossi vasi, e si ha rischio di cardiopatia

ischemica.

• Cilindruria ialina e granulosa, con proteinuria scarsa e possibile associazione a

microematuria;

• Anche qui associazione con dismetabolismo (diabete tipo II, ipercolesterolemia, ridotta

tolleranza glicidi, obesità).

A colpire i piccoli vasi sono le vasculiti che causano segni sistemici quali neuropatia, miopatia,

artralgia, alterazioni polmonari (con emottisi) e renali (con alterazione funzione renale), sintomi

neurologici. Le vasculiti inoltre sono alla base delle sindromi rapidamente progressiva, con

evoluzione rapida in IRA, che può evolvere in IRC se si ha ipertensione arteriosa.

Insufficienza renale Acuta E' un deficit acuto della funzione renale che si instaura in tempi brevi su di un rene precedentemente

sano, ed in un contesto molto variabile a seconda della causa responsabile. Tipicamente è

teoricamente reversibile, ed è caratterizzata da un aumento rapido dei dati ritentivi, reni con

dimensioni normali.

Cronica E' la perdita progressiva della funzione renale correlata ad una nefropatia di natura glomerulare,

interstiziale, vascolare o malformativa con un quadro variabile a seconda della malattia

responsabile. E' caratterizzata da un aumento dei dati ritentivi e da reni con dimensioni ridotte; si

associa a perdita della funzione non solo esocrina ma anche endocrina (riduzione di EPO, renina,

vitamina D e calcio).

GLOMERULONEFRITI CARATTERISTICHE La glomerulonefrite è un processo infiammatorio a carico di varie parti del glomerulo (composto da

epitelio, lamina basale, podociti con i pedicelli e attorno il mesangio, struttura di sostegno.).

La glomerulo nefrite più frequente è quella di Berget: deposito di IgA nel mesangio, che viene

attivato a secernere fattori pro fibrotici che inducono la sua proliferazione (sia a livello delle cellule

che della matrice mesangiale). Altre forme sia ad impronta nefrosica che nefritica si associano ad

un disordine immunologico con deposizione di immunocomplessi a livello del filtro glomerulare, con

perdita della capacità di filtro (i depositi possono essere ovunque nel glomerulo).

Classificazione clinica • Nefropatie glomerulari primitive (60% dei casi);

• Nefropatie glomerulari secondarie a malattie sistemiche quali lupus, diabete, mieloma

multiplo (40% dei casi).

Si classificano poi anche in base a caratteri anatomo-patologici, caratteri clinici (secondo sindrome

di rpesentazione) oppure in base al decorso acuto o cronico; noi seguiamo la classificazione clinica.

Le glomerulonefriti rappresentano la principale indicazione alla biopsia renale: le diagnosi istologiche

sono alla base della glomerulopatie.

Glomerulo nefriti primitive 1) Glomerulonefrite a lesioni minime

2) Glomerulosclerosi focale

3) Glomerulonefrite membranosa

4) Glomerulonefrite membrano-proliferativa

5) Glomerulonefrite a depositi IgA (prevalenti)

6) Glomerulonefrite acuta post-infettiva

Le prime tre sono associate a sindrome nefrosica, la quarta sta a metà; le altre si manifestano con

sindrome nefritica, e talvolta con sindrome nefritica rapidamente progressiva.

Glomerulonefriti secondarie 1) Glomerulonefrite in corso di LES

2) Glomerulonefrite in corso di crioglobulinemia mista IgG/IgM

3) Glomerulopatia diabetica

4) Coinvolgimento renale in corso di mieloma e paraproteinemie

5) Glomerulopatia amiloidotica

Lesioni morfologiche Le lesioni morfologiche possibili nelle glomerulonefriti sono varie, e sono usate sia come indice

prognostico che diagnostico. Possiamo avere lesioni:

• Diffuse: > del 50% dei glomeruli (di entrambi i reni) al vetrino;

• Focali: coinvolgimento di pochi glomeruli (<50% dei glomeruli al vetrino), con

interessamento di tutti i loro capillari;

• Globali: lesione di tutti i capillari di un glomerulo;

• Segmentarie: sono lese solo alcune anse capillari di un glomerulo.

Le maggiori da ricordare sono quelle a carico delle cellule o della membrana basale glomerulare. Si

osserva:

- necrosi con lesioni (necrotizzanti) soprattutto al flocculo glomerulare, la parte vascolare del

glomerulo; la presenza di necrosi è un indice prognostico negativo.

- Possiamo avere lesioni proliferanti con aumento delle cellule glomerulari, che siano infiammatorie,

mesangiali, epiteliali, podociti: ad es. nella sindrome rapidamente progressiva si ha proliferazione

extracapillare di podociti e cellule infiammatorie.

- Si sviluppano infine alterazioni della membrana basale con ispessimento e alterazione della

permeabilità, oppure depositi di sostanze elettrondense.

Eziopatogenesi Ipotesi patogenetiche La maggior parte delle alterazioni sono da deposito di immunocomplessi nelle strutture epiteliali, nel

mesangio, nella lamina e nei podociti.

1) Alcuni tipi di glomerulopatie sono caratterizzate da immunocomplessi circolanti nel

sangue, che per le loro caratteristiche chimico fisiche si depositano nel filtro. Il primo

posto in cui si depositano è vicino all'endotelio (depositi subendoteliali); comunque a

seconda della grandezza e della perdita di permeabilità del glomerulo gli

immunocomplessi possono migrare sulla membrana basale (depositi intramembranosi)

o addirittura passare dall'altra parte del filtro sotto i pedicelli dei podociti (depositi sub

epiteliali).

2) Gli immunocomplessi causa di glomerulopatie non sono solo circolanti, ma può capitare

che gli anticorpi siano già preformati e raggiungono le strutture del filtro glomerulare, in

particolare i podociti. La glomerulonefrite membranosa ne è un esempio.

La glomerulopatia associata alla sindrome nefrosica a lesioni minime ha un meccanismo diverso,

non è mai stata evidenziata una deposizione di immunocomplessi. Ipotesi alternativa: attivazione

dei linfociti che producono una linfochina che agisce sui podociti, fattore permeabilizzante.

Immunocomplessi circolanti

Prima ipotesi: formazione in circolo di immunocomplessi e deposizione successiva nel glomerulo.

La malattia da siero era considerata una conferma di questa ipotesi, a causa della possibilità di

formazione di immunocomplessi e deposizione secondaria nei vasi che risultano danneggiati.; un

“contro” è rappresentato dal fatto che somministrando immunocomplessi in animali da esperimento

la glomerulo nefrite non si sviluppava.

Ciò dipende da due fattori: caratteristiche degli

immunocomplessi e la permeabilizzazione.

Le caratteristiche degli IC sono:

- Solubilità, data dalla presenza di

eccesso di antigene o di anticorpo; non

sempre gli immunocomplessi sono con

una solubilità tale da dare deposito e

patologia.

- Carica elettrica: il filtro ha delle cariche

esposte in superficie, e la presenza di

immunocomplessi carichi (positivi,

negativi o neutri) influenza la filatrazione.

Grandezza e carica degli immunocomplessi in

circolo sono alla base della presenza o assenza

di depositi.

La permeabilizzazione è data dalla presenza di

sostanze con carica positiva che interagiscono

con le cariche negative della membrana basale glomerulare: le piastrine e i leucociti liberano cariche

positive (PAF, utilizzato anche come terapia sperimentale delle glomerulo nefriti) che alterano la

permeabilità e permettono il deposito di IC.

Immunocomplessi formati in situ

Altra ipotesi: si è pensato che non tutti gli immunocomplessi si formino in circolo, alcuni infatti

reagiscono su antigeni podocitari, si possono formare nel rene, nei podociti, nella membrana basale.

Esempi:

- Un esempio è la sindrome di Goodpasture: glomerulonefrite rapidamente progressiva con

autoanticorpi che reagiscono con il collagene IV, sia nella membrana basale glomerulare che

alveolare, con una sindrome nefritica acuta associata ad alterazioni polmonari (l’emorragia

alveolare è tipica).

- Possono esserci poi antigeni che sono catturati per la carica elettrica: legame di DNA al collagene

della membrana glomerulare e anticorpi anti DNA si formano in situ; questa è la base della

glomerulonefritica lupica.

Meccanismi di danno Meccanismi di danno immunologico

Quelli descritti sono meccanismi di danno immunologico: la formazione di anticorpi verso antigeni della

membrana basale del glomerulo o il deposito di immunocomplessi circolanti causa infatti:

• Attivazione dell'immunità cellulo-mediata;

• Attivazione della via del complemento: il deposito di immunocomplessi causa infatti

l'attivazione della cascata del complemento, che porta a formazione del MAC e alla lisi

cellulare dei podociti (c'è una terapia sperimentale per inibire selettivamente il complemento).

Meccanismi non immunologici

• Perdita delle cariche di membrana, dei polianioni glomerulari

• Iperfiltrazione (ad es. alterazioni miste nella nefropatia diabetica, causa non immune da

iperflitrazione).

GLOMERULONEFRITI PRIMITIVE Glomerulonefrite a lesioni minime E' responsabile sempre di sindrome nefrosica.

Epidemiologia E' frequente in età pediatrica, e colpisce maggiormente i maschi; talvolta si presenta anche

nell’adulto, soprattutto in età avanzata.

Esiste un'associazione genetica: gli afro-americani sono più colpiti rispetto ai caucasici. Prevalenza

fra 0.2 e 1.1 casi su 100mila abitanti ogni anno.

In caso sindrome di nefrosica in età pediatrica, generalmente, non si procede con la biopsia perché

nel 90% dei casi la causa è la GN a lesioni minime.

Quadro clinico • Caratteristico di una sindrome nefrosica con un aumento della permeabilità del filtro

glomerulare alle proteine e conseguente proteinuria di tipo selettivo (per la perdita soprattutto

di proteine a basso peso molecolare);

• Sedimento urinario: cilindruria, lipiduria e corpi ovali grassi.

• Di solito non c’è ipertensione arteriosa.

Diagnosi Con una biopsia renale si possono fare diverse osservazioni:

- Microscopia ottica: le modificazioni patologiche sono modeste o assenti al microscopio ottico; il

glomerulo è assolutamente normale, assenza di necrosi e di proliferazione cellulare. Anche

l’immunoistochimica si rivela inutile.

- Per fare la diagnosi si utilizza la microscopia elettronica dove si osserva la “fusione dei pedicelli”

dei podiciti (retrazione dei piedini dei podociti che scompaiono alla microscopia). Inoltre, il

citoplasma dei podociti presenta una maggiore elettrondensità dovuta alla condensazione dei

microfilamenti intracitoplasmatici.

Terapia Il bambino risponde bene alla terapia corticosteroidea, primariamente steroidi e.v. e poi per os: nel

90% dei pazienti la patologia si risolve, e si ha restitutio ad integrum del glomerulo. La terapia è

uguale negli adulti e bambini: prednisone e prednisolone, ma in dosi variabili tra adulto e bambino:

60 mg/m2/die nel bambino, 1/mg/Kg/die nell’adulto. La terapia ha una durata minima di 6 mesi e si

protrae a lungo; spesso si cerca di scalare le dosi di cortisone. Talvolta si può avere riacutizzazione

della malattia con aumento della proteinuria per 3 giorni consecutivi. Questi pazienti sono etichettati

come cortico-sensibili o cortico-dipendenti.

In casi di cortico-resistenza, il paziente non risponde proprio alla terapia, e si utilizzano altre terapie

immunosoppressive:

- ciclofosfamide (posologia 3 mg pro Kg di peso), oppure farmaci potenti di remissione della

sindrome nefrosica quali ciclosporina o tacrolimus, che riducono con buoni risultati la

proteinuria. Questi farmaci però hanno come effetto collaterale la nefrotossicità, possono quindi

far ridurre il filtrato glomerulare: la terapia non può essere troppo prolungata.

- Ultima possibilità terapeutica: rituximab, un anticorpo anti-CD20, che in casi di resistenza agli

steroidi o impossibilità di utilizzo di questi per cardiopatie può essere una alternativa. Trials clinici

dimostrano che il rituximab ha un buon grado di protezione della funzione renale.

Glomerulosclerosi focale segmentaria La lesione tipica di questa patologia è una segmentaria

solidificazione del flocculo per il collasso delle anse capillari, con

frequente fusione tra flocculo e capsula di Bowman (sinechie).

Viene detta segmentaria perché non è interessato tutto il

glomerulo, ma solo alcune anse, inoltre non sono colpiti tutti i

glomeruli, ma soprattutto quelli della corticale profonda. Vetrino:

colore blu è indice di fibrosi.

Clinicamente, presenta degli aspetti caratteristici: ematuria

microscopica, frequente compromissione funzionale fin dall’inizio e l’ipertensione arteriosa.

Eziopatogenesi In questa malattia si formano depositi specifici di IgM e IgG e di alcune frazioni del complemento,

C3 in particolare; la forma tipica di è associata ad un quadro di sindrome nefrosica e si pensa che

sia un’aspecifica reazione del glomerulo a stimoli diversi.

Ci sono ipotesi di possibile associazione tra la GN a lesioni minime e questa patologia: è stato

osservato che pazienti adulti o adolescenti biopsiati già in età infantile e con diagnosi di

glomerulopatia a lesioni minime, dopo un’ulteriore biopsia, eseguita più avanti, risultino con una

diagnosi di glomerulosclerosi focale segmentaria. Si pensa quindi che la segmentaria sia

un’evoluzione temporale della glomerulopatia a lesioni minime. La corrente di pensiero opposta è

quella di nefrologici e urologi che seguono in particolare pazienti trapiantati: le glomerulonefriti

spesso recidivano su rene trapianto, e questa recidiva non si presenta dapprima come lesione focale

minima, ma direttamente come lesione focale. Oggi quindi queste due malattie si considerano per

lo più due entità distinte.

Meccanismi coinvolti nella patogenesi della sclerosi focale segmentaria:

Non immunologici: iperfiltrazione compensatoria, ipertensione e diabete;

Immunologici: da produzione di fattori permeabilizzanti.

Aumento della permeabilità

Modalità di valutazione di alterazione della permeabilità: si prende in esame il siero di pazienti malati

e si mettono i podociti in coltura (quelli con alterazioni del citoscheletro). Marcando l’albumina, si

osserva che questa passa da sopra a sotto per alterata permeabilità (questo test si eseguiva sul

paziente trapiantato per valutare la presenza di una eventuale recidiva).

Ipotesi patogenetiche dell'alterazione della permeabilità di membrana:

1) I fattori permeabilizzanti modificano alcune proteine su zone dei podociti che sono

fondamentali per la selettività del filtro. Conseguentemente si può avere la perdita di

nefrina, podocina, alfa-actinina e altre proteine.

2) Sono possibili anche cause genetiche: queste proteine sono modificate alla nascita e non

vengono modificate da nessun fattore permeabilizzante; si sviluppano alterazioni

citoscheletriche. L’esistenza di forme genetiche avvalora la tesi che questa patologia sia

una patologia a sé stante.

Fattore permeabilizzante: sono stati fatti vari studi per capire che fattore fosse, e conseguentemente

varie ipotesi:

• Coinvolgimenti della cardiotrofina 1 della famiglia dell’IL-6 (i podociti hanno infatti i recettori

per questa citochina);

• Data l'assenza di infiltrazione di cellule della linea B e di immunocomplessi, si suppone ci sia

una alterazione dell’immunità cellulo-mediata; inducendo infatti i linfociti Treg CD4, CD25,

FOXP3+, si sviluppa un effetto positivo con diminuzione della proteinuria (farmaci che

inducono linfociti Treg, come gli inibitori di mTOR sirolimus ed everolimus, vengono usati per

il trattamento della patologia e sono sfruttati anche come anti-rigetto).

• SuPAR: una molecola che interagisce con le integrine podicitarie e altera il messaggio tra le

integrine e il citoplasma, con conseguente riorganizzazione del citoscheletro. Si è incerti su

questo fattore perché la quantità di suPAR nel plasma dipende dalla funzione renale:

aumenta quando diminuisce la funzione glomerulare e aumenta la creatinina, e non è

diagnostico di glomerulo sclerosi focale segmentaria (per contro negli animali da

esperimento, se iniettato, induce la malattia).

Terapia Prevede i corticosteroidi, gli immunosoppressori, il rituximab e la modulazione dei Treg. Può essere

utile la plasmaferesi (in associazione al trattamento con steroidi) quando alla biopsia risultano

evidenze di recidiva su un rene trapiantato: i boli di cortisone spengono l’infiammazione e la

plasmaferesi elimina i fattori tossici dal sangue (si fanno cicli di plasmaferesi ogni 15 o 30 giorni per

cercare di inibire i meccanismi di perdita della funzione podocitaria e la sclerosi).

Glomerulonefrite membranosa Primitiva: si manifesta come sindrome nefrosica idiopatica, con depositi immuni a disposizione

tipica sub-epiteliale.

Secondaria: è una conseguenza di qualcosa d’altro:

- Infezioni: epatite B, sifilide, lebbra, filariosi, schistosomiasi.

- Malattie autoimmuni: LES (coinvolgimento glomerulare), sarcoidosi, dermatomiosite,

connettivite mista.

- Farmaci: probenecid, captopril, D penicillamina, sali d’oro.

- Tumori, leucemie, linfomi e carcinomi: valutare se c’è proteinuria da antigeni tumorali di

tumori epiteliali intestinali nella sindrome nefrosica (nei pazienti anziani che sviluppano una

sindrome nefrosica va sempre ipotizzata una GN membranosa da causa neoplastica).

Epidemiologia Rappresenta il 20/30% delle glomerulonefriti primitive, ed è la principale responsabile delle sindromi

nefrosiche idiopatiche dell'età adulta (70-80%).

L’incidenza risulta bassa nel bambino; colpisce per lo più gli adulti dopo i 30 anni e ha maggior

incidenza nel sesso maschile.

Eziopatogenesi Si ipotizza che alla base di questa patologia vi siano fattori immunogenici; ad oggi è infatti

considerata una malattia autoimmune.

• Sono state osservate alcune associazioni con alcuni aplotipi HLA, in particolare HLA-DR2

e HLA-DR3; queste molecole sono associate a deficit del recettore del segmento Fc dei

fagociti, cui farebbe seguito una ridotta clearance degli immunocomplessi.

• Gli immunocomplessi si pensa non si formino in circolo (perché nel sangue dei pazienti con

forme primarie non si ritrovano, al contrario dei pazienti affetti da forme secondarie a tumori

dove risultano presenti); primariamente si pensava ad immunocomplessi circolanti a bassa

avidità in cui l’equilibrio antigene anticorpo è spostato verso la forma dissociata, che permette

il passaggio degli immunocomplessi attraverso il filtro glomerulare (dopodichè precipitano e

si accumulano. Poiché non si osservavano in molti pazienti immunocomplessi circolanti sono

state fatte nuove ipotesi di formazione di immunocomplessi in situ: un antigene endogeno

o esogeno (forse della plasmamembrana dei podociti), localizzato nel glomerulo, interagisce

con gli anticorpi. Questo fenomeno si verifica nella nefrite sperimentale di Heymann, in cui

gli anticorpi sono diretti verso l’antigene gp330 dei podociti (possibile è dunque l'origine

autoimmune). Per molto tempo non si è identificato l’antigene; si pensava alla megalina che

in realtà sappiamo essere sui tubuli renali.

• Si ha anche un coinvolgimento del complemento, che viene attivato grazie al recettore di

PLA2 dei podociti e che aumenta la permeabilità di membrana dei podociti, per produzione

di fattori permeabilizzanti e per alterazioni nel metabolismo della membrana. I podociti

muoiono per apoptosi.

• Da pochi anni sono stati trovate delle risposte, in quanto si è visto che la forma membranosa

può essere dovuta ad una trasmissione materno fetale associata all’endopeptidasi neutra.

Diagnosi Microscopia ottica

La lesione caratteristica è l’ispessimento diffuso e uniforme delle membrane basali glomerulari in

assenza di altri segni di proliferazione cellulare.

- In fase iniziale le lesioni al microscopio ottico risultano minime, se non, addirittura, assenti;

- In fase tardiva, con l'impregnazione argentica, si osservano gli spikes, proiezioni di materiale

argentofilo sul versante esterno della membrana, corrispondono agli immunocomplessi; con il

tempo la parete capillare si ispessisce ulteriormente e all’impregnazione argentica può assumere

un aspetto tarlato o replicato.

- Possono esserci altre alterazioni quali la proliferazione mesangiale e un’infiammazione tubulo

interstiziale con infiltrazione di monociti, macrofagi e cellule T (caratteristiche associate ad una

prognosi sfavorevole).

Nelle forme secondarie di glomerulonefrite membranosa da tumore, alla sindrome nefrosica si

associa trombosi della vena renale che provoca dolore e una perdita funzionale dei reni, se la

trombosi è bilaterale. Si osservano edema e fibrosi interstiziale, conseguenze della trombosi.

Microscopia elettronica

Si possono identificare 4 stadi, che danno un’idea dell'evoluzione della malattia e di quanto aumenti

il deposito di immunocomplessi (non vanno sapute nel dettaglio).

• I Stadio: numerosi depositi elettron-densi a livello delle fessure di filtrazione sul versante

esterno della membrana basale. In corrispondenza dei depositi i pedicelli sono “fusi” e

distorti; i podociti sono rigonfi e ipertrofici. Al microscopio ottico i lumi dei capillari del

glomerulo sono leggermente dilatati e la parete può essere rigida, per il resto il glomerulo è

normale.

• II Stadio: i depositi aumentano in volume e in quantità e sono separati da materiale

similmembrana basale che costituisce gli “spikes” (visibili anche in microscopia ottica:

membrana basale con aspetto a “dente di pettine”; i glomeruli sono più allargati ed espansi

e le pareti capillari risultano diffusamente ispessite).

• III Stadio: i depositi diventano più eterogenei per forma, dimensione ed elettron-densità. Gli

“spikes” si allungano e tendono ad inglobare i depositi, unendosi tra loro sul versante esterno

della membrana basale, i pedicelli sono diffusamente distorti e fusi.

• IV Stadio: la membrana basale è ispessita in modo disomogeneo e contiene depositi residui

di densità diminuita e aree elettron-lucenti quasi trasparenti, che rappresentano depositi

riassorbiti. I pedicelli, benché deformati, non sono più fusi come negli stadi precedenti. La

remissione della proteinuria spontanea o indotta con la terapia si associa spesso all’aspetto

elettron-lucente dei depositi.

Immunofluorescenza

Aspetto caratteristico: sono presenti depositi generalizzati, diffusi e granulari di IgG, di C3 e di

componenti terminali del complemento (C5b9) lungo le membrane basali in sede sub-epiteliale (nel

I stadio, l’IF può apparire pseudo-lineare).

Più raramente, possono essere presenti depositi di C1q e C4 o di IgA e IgM; la loro presenza,

soprattutto se abbondante, deve fare sospettare una forma secondaria.

Dosaggio di auto-anticorpi

Si prende il siero del paziente e si valuta la presenza di autoanticorpi anti-PLA2R (famiglia dei

recettori leganti il mannosio, espresso da podociti, pneumociti II, linfociti splenici e neutrofili). Non

serve più effettuare la biopsia in caso di positività agli anticorpi.

Funzioni del PLA2R:

• Proliferazione cellulare;

• Migrazione cellulare;

• Rilascio di ormoni;

• Produzione mediatori lipidici;

• Produzione citochine.

Test per identificare gli anticorpi:

• Immunofluorescenza indiretta con cellule embrionali del rene esprimenti il recettore

PLA2R e come controllo cellule senza recettore: si prende il siero e si fa una diluizione con

PBS (1:10, 1:100 e 1:1000). Si incuba il tutto per 30 minuti, e successivamente viene

utilizzato un anticorpo caprino anti IgG umane coniugato con fluorescina isotiocianato che

permette di osservare di quanto è diminuita la fluorescenza nelle varie diluizioni.

• ELISA: c'è un cut off per cui se gli anticorpi sono superiori ai 400 RU/100 ml difficilmente un

soggetto risponde alla terapia; se invece gli anticorpi sono minori il paziente risponde alla

terapia più facilmente (questo test è anche prognostico). Di solito succede che dopo un

trattamento qualunque l'anti PLA2R scende ancora prima della proteinuria.

• Test sui podociti in vitro:

1. Test di citotossicità con XTT;

2. Valutazione del danno apoptotico;

3. IF e FACS per la nefrina: si osserva che la nefrina indispensabile per la selettività

glomerulare è ridotta (all'IF il rosso indica la quantità di nefrina). Si vede che la nefrina

decade se si mette il siero malato sui podociti, mentre post trattamento con rituxibam

la nefrina aumenta leggermente.

A volte nel siero può non esserci l’anticorpo anti-PLA2R, ma nonostante ciò la nefrina decade lo

stesso se le cellule vengono messa a contatto col siero del paziente. Questo fa pensare che vi sia

altro a determinare la malattia: forse proteine infiammatorie o proteine in grado di modificare il

citoscheletro (una proteina identificata è una proteina simile alla trombospondina).

Terapia - Terapia sintomatica: albumina associata a furosemide, statine, eparina a basso peso

molecolare.

- Trattamento con corticosteroidi che possono o meno associarsi a immunosoppressori a mesi

alterni (clorambucile, ciclofosfamide); in resistenza ai corticosteroidi si può usare la

ciclosporina come antiproteinurico, anche se questo farmaco è nefrotossico.

- Rituximab, anticorpo monoclonale, in soggetti che non possono più fare uso di

corticosteroidei.

- ACTH.

Glomerulonefrite mesangio-capillare (membrano-proliferativa) Si tratta di nefropatie glomerulari caratterizzate da cospicua proliferazione mesangiale e

dall'ispessimento della parete delle anse dei capillari, con aspetti di doppio contorno dovuti

all’estensione circonferenziale attorno ai lumi capillari delle cellule mesangiali.

Classificazione • GNMP di tipo I con depositi sub-endoteliali;

• GNMP di tipo II o malattia a depositi densi (non ha depositi di immunocomplessi);

• GNMP di tipo III con depositi sub-epiteliali secondo Burkholder o intramembranosi secondo

Anders e Strife (molti autori tuttavia considerano il tipo III una variante del tipo I).

Sono dunque un gruppo eterogeneo di glomerulo nefriti che hanno un aspetto anatomopatologico

comune: lo sdoppiamento della membrana basale glomerulare.

Quadro clinico Ragazzo di 16 anni con normale sviluppo psicofisico, a 12 anni si sottopone al vaccino trivalente.

Dopo 3 settimane: febbricola, ipertensione, ematuria, edemi declivi ed edema periorbitale:

manifestazione di una sindrome nefritica.

- Esami: creatinina nella norma, proteinuria (non selettiva) 3.4 g/24h (sembra un quadro a metà fra

nefritica e nefrosica), emazie non conservate e cilindruria mista, ipocomplementemia. Si dosano

i classici autoanticorpi e risultano tutti negativi.

- Effettuata una biopsia renale, si evidenziano 7 corpuscoli del Malpighi, di cui 2 con sclerosi globale

del flocculo. Nei restanti glomeruli: spazi uriniferi liberi e aumento degli assi mesangiali per

incremento della sostanza fondamentale. Membrane basali ispessite e in alcuni tratti reduplicate.

Lumi capillari scarsamenti evidenti (per allargamento del mesangio/proliferazione endocapillare o

essudazione di elementi mono-polimorfonucleati). Interstizio finemente fibroso. Tubuli di aspetto

usuale (qualche raro cilindro ematico). Vasi di aspetto usuale. PTAH e AFOG: depositi in sede

sottoendoteliale.

- IF: Positività diffusa per C3 (+++) granulare in membrana basale (depositi in sede subendoteliale

e tralci a livello assi mesangiali). Positività periferica ad aspetti lobulari per IgA (+), IgG (+), IgM

(+++), C1q (+++), C4 (++)

La diagnosi è una glomerulonefrite membrano proliferativa di tipo 1 a depositi sotto endoteliali.

Il paziente viene trattato con 3 boli cortisone + ciclofosfamide (quando sta evolvendo verso

l'insufficenza renale).

Eziopatogenesi La patologia può essere ad eziologia ignota idiopatica oppure secondaria.

Le cause della secondaria sono varie:

• Infettive: epatite C, infezioni da micoplasma, schistosomiasi, filariosi di minore importanza,

endocardite batterica, AIDS;

• Lupus eritematoso sistemico;

• Crioglobulinemia mista essenziale;

• Porpora di Schönlein-Henoch;

• Neoplasie (leucemia linfatica cronica, linfomi, tumore di Wilms, alcuni carcinomi);

• Epatopatie croniche;

• Deficit di a1-antitripsina.

Glomerulonefrite mesangio-capillare di tipo 1 Epidemiologia

L’Incidenza è alta, rappresenta il 90% delle glomerulonefriti membrano proliferative (è la forma più

frequente). In generale adesso è in netta diminuzione perché si è scoperta l’associazione con

l’epatite C; inoltre dipende dalle modificazioni igieniche e ambientali. Uguale incidenza nei maschi e

nelle femmine.

Eziopatogenesi

L’eziologia è sconosciuta nella forma idiopatica; tuttavia la presenza di depositi elettrondensi e

depositi di immunocomplessi fa pensare ad una patogenesi da immunocomplessi.

- Fondamentale per la diagnosi è il riscontro di ipocomplementemia C3 in seguito alla massiva

attivazione della via alternativa del complemento; la via diretta viene attivata, ma in minor misura.

I pazienti presentano autoanticorpi IgG contro la convertasi della via alternativa del complemento;

questo è il C3NF (C3 nefritic factor) che determina il clivaggio della C3 nativa, stabilizzando la

convertasi. Non è chiaro tuttavia il significato patogenetico del C3NF; è stato ipotizzato che il

deficit complementare possa favorire infezioni recidivanti e pertanto la formazione di

immunocomplessi, o ridurne la rimozione dal circolo, che avviene per interazione con i recettori

CR1 degli eritrociti e dei fagociti mononucleati. Vi è inoltre una potenziale perdita del potere

solubilizzante del complemento sui depositi di immunocomplessi.

- Esiste inoltre un condizionamento genetico per associazione con aplotipi HLA.

- La presenza nel siero di C3NF fa aumentare l’espressione delle molecole di adesione

sull’endotelio e queste richiamano le cellule infiammatorie che perpetuano il danno; c'è anche

un’attivazione piastrinica e l’innesco della coagulazione, con conseguente deposizione di fibrina

e ulteriore danno alle cellule glomerulari (in terapia è importante scoagulare il paziente).

L’attivazione infiammatoria e della coagulazione determina un aumento della produzione di

proteine fibrotiche quali PDGF e TGF beta che stimolano la proliferazione mesangiale, il deposito

di matrice e l’ulteriore richiamo di cellule infiammatorie.

Analisi sulla biopsia

1) Immunofluorescenza

- I depositi immuni prevalenti sono quelli della frazione C3 del complemento, di properdina e

in misura minore di fattore B; la distribuzione è irregolare e granulare, e tende a disegnare la

periferia dei lobuli e in modo vario l’asse mesangiale.

- I depositi di Ig sono presenti nella maggior parte dei casi, in genere con un’intensità inferiore

di quella riscontrata per il C3; la frequenza della positività varia a seconda delle casistiche,

essendo maggiore per le IgG (circa 70%) e decrescendo per le IgM (50-60%) e le IgA (30%).

- Le frazioni precoci del complemento C1q e C4 sono per lo più assenti (il reperto

immunoistochimico di abbondanti depositi di Ig e intensa positività per C1q e C4 deve fare

sospettare una nefropatia lupica).

2) Microscopia ottica

- L’espansione del mesangio per proliferazione cellulare e l'aumento di matrice determinano

una dislocazione periferica delle anse capillari con aumento dell’aspetto lobulato del flocculo,

che può talora essere molto marcato come nella variante “lobulare”. In alcuni casi

l’ipercellularità è sostenuta dall’accumulo di PMN e monociti che può essere anche molto

marcata come nella variante proliferativo-essudativa.

- La parete dei capillari glomerulari è diffusamente ispessita e all’impregnazione argentica

sono spesso evidenti aspetti di doppio contorno; sono state descritte anche forme a

coinvolgimento focale e segmentario.

- Con opportune colorazioni si possono osservare depositi di materiale ialino in sede

subendoteliale e mesangiale.

- In taluni casi sono presenti semilune sia focali e segmentarie che, più raramente, diffuse e

circonferenziali; le semilune rappresentano un fattore prognostico sfavorevole.

- E’ talora presente sclerosi focale o globale dei glomeruli, tubuli, interstizio e vasi non

presentano lesioni specifiche.

In generale, nelle fasi più avanzate sono presenti infiltrati interstiziali di cellule mononucleate, atrofia

tubulare e fibrosi interstiziale e, nei casi con ipertensione, lesioni arteriolari con ipertrofia e

slaminamento della lamina elastica.

3) Microscopia elettronica

- L’aspetto più rilevante è rappresentato dalla reduplicazione della membrana basale

glomerulare con interposizione di lamine citoplasmatiche di cellule mesangiali e, più

raramente, di PMN e monociti.

- I depositi elettron-densi di vario tipo sono localizzati in sede sottoendoteliale e, in minor

misura, nel mesangio.

- Talora possono essere presenti depositi elettron-densi sub-epiteliali (tipo III di Burkholder) o

intramembranosi con aspetto di disgregazione della membrana basale (tipo III di Anders e

Strife). E’ presente un aumento sia delle cellule che della matrice mesangiale.

Manifestazioni cliniche

In circa il 30-40% dei soggetti è presente un dato anamnestico di precedente infezione delle vie

aeree superiori.

L’esordio clinico è vario;

30-50%: la glomerulonefrite si manifesta con una sindrome nefrosica;

25-30%: associata macroematuria ricorrente;

20-30%: proteinuria asintomatica associata a micro o macro ematuria;

20-30%: sindrome nefritica acuta;

30-40%: è presente un’ipertensione generalmente moderata;

50%: il filtrato glomerulare è ridotto.

La prognosi è sfavorevole e la glomerulonefrite evolve verso l’insufficienza renale: a 10 anni

dall’esordio della malattia circa il 50% dei pazienti è nello stadio di uremia terminale. Tuttavia in una

piccola percentuale di casi (10-13% nel bambino e 5-7% nell’adulto) è riportata una remissione

completa.

Fattori prognostici negativi:

- Clinici: ipertensione, riduzione del filtrato glomerulare all’esordio, presenza di sindrome

nefrosica;

- Istologici: presenza di semilune, interposizione mesangiale diffusa, sclerosi glomerulare e

presenza di lesioni tubulo-interstiziali.

Esami di laboratorio

- Esame urine: macroematuria e proteinuria persistenti. Per lo più la proteinuria è di tipo non

selettivo ed ha un grado elevato (> di 3 g/die); al sedimento le emazie sono mal conservate

(segno di danno renale) e si ritrovano cilindri ialini e granulosi.

- Complemento: si osserva riduzione della frazione C3 del complemento, e si ha anche la

riduzione dell’attività del complemento sierico, detto anche CH50. C1q e C4 sono pressoché

normali (talvolta si riduce C4 ma raramente), properdina e fattore B sono anche loro normali.

- C3NF non si ritrova in tutti pazienti (solo nel 20%), e immunocomplessi circolanti si ritrovano

nel 30/60% dei pazienti

- La VES è normale;

- Spesso è presente un’anemia normocitico-normocromica, Coombs-negativa, che non si

correla con il grado di insufficienza renale;

- E’ presente un aumentato turnover piastrinico e del fibrinogeno, che insieme all’anemia

possono suggerire una componente microangiopatica.

Terapia

- Trattamento (steroideo) con indometacina, cui si aggiunge ciclofosfamide se la prognosi sembra

sfavorevole;

- Anticoagiulanti (warfarin) e antiaggreganti (diripidamolo), anche se non sempre sembrano

correlati ad un miglioramento perché il paziente con uremia grave ha di per sé una tendenza al

sanguinamento (probabilmente per una interazione tra l’acido urico e le piastrine).

Glomerulo nefrite mesangiocapillare di tipo 2 Epidemiologia

Malattia rara: è l’1% delle glomerulonefriti totali, e il 10% delle GNMP.

L'incidenza del tipo 2 è costante (non è scesa nel tempo come il tipo 1) ed è maggiore nei giovani

sotto i 20 anni.

Eziopatogenesi

È sconosciuta:

- Si è riscontrata un’associazione con le infezioni da micoplasma pneumoniae;

- Non sembra vi sia un coinvolgimento di immunocomplessi, Ig e C3; tuttavia si riscontra un

consumo di C3, per attivazione della via alternativa (non è chiaro il rapporto tra patologia e

attivazione del complemento).

La natura dei depositi densi non è nota; non contengono né immunoglobuline né complemento, non

reagiscono con anticorpi diretti contro i diversi componenti della membrana basale né con differenti

tipi di collagene. Studi biochimici hanno dimostrato l’elevato contenuto di acido sialico e presenza di

una componente osmiofila complessa ricca in acidi grassi insaturi estraibile con i solventi dei lipidi.

L’origine dei depositi è extra renale, e questo si evidenzia dal fatto che la recidiva su un rene

trapiantato è sicura; inoltre è stata osservata la presenza di depositi densi anche al di fuori della

sede renale.

Analisi sulla biopsia

1) Immunofluorescenza

- Si osserva una positività isolata per la frazione C3 del complemento, sia lungo le anse

capillari (dove assume aspetto lineare), sia nel mesangio (dove i depositi appaiono

grossolanamente granulari o a zolle).

- Depositi di C3 sono riscontrabili anche lungo la capsula di Bowman e le membrane basali

tubulari.

2) Microscopia ottica

- Le membrane basali glomerulari appaiono diffusamente ispessite, e a causa della scarsa

colorabilità dei depositi densi con acido periodico-argento-metenamina, è possibile differenziarli

dalla membrana basale normale; la colorazione dei depositi con tioflavina T permette di

evidenziarne il particolare “aspetto a festone”.

- Depositi possono essere inoltre presenti nella capsula di Bowmann e nella membrana basale dei

tubuli prossimali; occasionalmente, soprattutto in bambini, sono stati descritti casi con aspetti

necrotizzanti e proliferazione extracapillare.

3) Microscopia elettronica

- Mette in evidenza i caratteristici depositi di materiale omogeneo ed elettron-denso nello spessore

della lamina densa della membrana basale con il caratteristico aspetto a festone, dovuto a tratti

di membrana basale normale intercalati ai depositi.

- Non raro è il riscontro di depositi extramembranosi isolati tipo “humps”.

Manifestazioni cliniche

Esordio e manifestazioni cliniche sono simili a quelle della GNMP di tipo I; in una percentuale varia

di soggetti (40-70%) la comparsa della nefropatia segue un’infezione acuta delle vie respiratorie. La

nefropatia può manifestarsi con una sindrome nefrosica (40-50% dei casi), con una sindrome

nefritica acuta (30-38%) o con proteinuria non selettiva associata a macro o microematuria (21-

35%).

Varia l’incidenza di ipertensione (27-50%); nel 30-52% dei pazienti è presente un’insufficienza renale

all’esordio.

La prognosi renale è sfavorevole, e il 70% circa dei pazienti evolve verso l’insufficienza renale

terminale nel giro di 8 anni. La presenza di una sindrome nefrosica è ritenuta un indice prognostico

sfavorevole e accelera notevolmente l’evoluzione verso l’uremia.

L’incidenza di recidive della malattia nel trapianto renale è elevatissima (80-90%), ma rimane per lo

più asintomatica e non influenza in modo significativo la sopravvivenza dell’organo trapiantato.

La terapia è la solita.

Esami di laboratorio

- C3 basso, C4 nella norma;

- C3NF è positivo nel 70% dei pz;

- Filtrato glomerulare ridotto;

- Non ci sono immunocomplessi circolanti.

Nuova classificazione Tutto questo può essere rivisto in una classificazione basata sulla presenza degli immunocomplessi

e sull’attivazione del complemento:

- tutti i tre tipi di GNMP possono avere la sola attivazione del complemento;

- Mentre il tipo 2 non ha mai immnocomplessi e Ig, le altre si.

Ciò vuol dire che i tipi 1, 2 e 3 che hanno solo il complemento vengono classificate anche come

glomerulopatie C3 legate; non sono legate a immunocomplessi (come il tipo 1 e alcuni casi di tipo

3).

Possibili attivazioni del complemento sono nel tipo 1 la via classica e nel tipo 2 la via alternativa;

possono esserci deficit di fattori inibenti complemento, come il fattore H.

Nuove terapie: si è iniziato a usare anticorpi, il solito Rituximab, e uno nuovo, l’Eculizumab che ha

come bersaglio il complemento.

Glomerulonefrite post-infettiva Epidemiologia L'incidenza è elevata nel terzo mondo, mentre qui si è ridotta per la diagnosi precoce di infezione e

per l'uso alto di antibiotici. E' frequente più che altro nei bambini con infezione da streptococco, più

rara negli adulti.

Eziopatogenesi Eziologia infettiva

È stata la prima glomerulonefrite diagnosticata, ed è legata ad alcuni tipi di infezioni:

- Un tempo era definita post streptococcica perché si pensava fosse associata solo allo

streptococco beta emolitico di tipo A (in particolare il tipo 12); questa tipologia causa una sindrome

nefritica acuta.

- È stato evidenziato inoltre il legame con altri tipi di agenti infettivi: in particolare S. Aureus catalasi

positivo in alcuni casi di endocardite batterica, altri batteri (salmonella, klebsiella, treponema,

gonococco) e anche alcuni virus (quali Herpes Zoster, parotite epidemica, morbillo, epatite B,

mononucleosi).

Tali forme vengono definite post infettive, tuttavia in una bassa percentuali di pz non si identifica un

precedente infezione e in questi casi si parla di casi idiopatici a causa ignota (11-18%mmnk ).

Oggi pensiamo sempre ad un’infezione correlata a IR acuta, ma i meccanismi si pensa siano legati

al danno tubulare legato all'ipoperfusione nella fase di sepsi; tuttavia esiste anche la possibilità di

un danno glomerulare post infettivo.

Ipotesi immunopatogenetiche

1) È stata sempre definita come malattia da siero per la presenza di immunocomplessi nel

circolo: si ha dapprima un episodio febbrile con l'infezione del tratto respiratorio, e dopo

due settimane circa si sviluppa la comparsa di sintomi renali (con sindrome nefritica,

micro e macroematuria con proteinuria).

2) Tuttavia, la recente identificazione di antigeni streptococcici cationici potenzialmente

nefritogenici ha fatto prospettare l’ipotesi di una preventiva localizzazione glomerulare

dell’antigene cationico per interazione con i siti anionici della parete capillare glomerulare,

seguita da una formazione “in situ” di IC ad opera di anticorpi circolanti.

Analisi della biopsia Immunofluorescenza

Nella GN post infettiva si ritorovano depositi di immunocomplessi positivi per la frazione C3 del

complemento e per le Ig, più raramente per C1q e C4. I depositi possono assumere 3 diverse

strutture:

1. A spruzzo o cielo stellato: depositi finemente granulari, diffusi e irregolari nella parete delle

anse capillari e nel mesangio; talvolta sono anche presenti grossi depositi globulari isolati.

2. Mesangiale: depositi a disposizione assiale;

3. A ghirlanda: depositi granulari o finemente granulari concentrati alla periferia delle anse, con

deposito mesangiale minimo (aspetto lobulare del flocculo); i depositi di IgM e IgA sono rari

e per lo più localizzati al mesangio, e depositi di fibrina possono essere presenti in sede

mesangiale e nelle semilune epiteliali. Sono stati descritti anche depositi immuni vascolari

extra-glomerulari e splenici.

Microscopia ottica

- Glomeruli ingranditi per proliferazione cellulare e infiltrazione di cellule infiammatorie (linfociti,

PMN, eosinofili e monociti); le cellule dell’endotelio e del mesangio proliferano così tanto da

obliterare i lumi capillari. A volte è presente una proliferazione extracapillare delle cellule

epiteliali capsulari, con formazione di semilune.

- In sezioni colorate con opportune colorazioni (acido fosfotungstico-ematossilina, blu di

toluidina o tricromica di Masson) è possibile vedere depositi isolati sul versante subepiteliale

della membrana basale;

- Edema interstiziale diffuso con infiltrati focali di cellule mononucleate e focale degenerazione

delle cellule tubulari;

- I vasi sono normali; rarissimi sono l’arteriolite e l’arterite necrotizzante.

Microscopia elettronica

La glomerulonefrite acuta è caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti “humps”, costituiti da depositi

focali elettron-densi a cupola sul versante sub-epiteliale della membrana basale; spesso sono in

corrispondenza delle fessure di filtrazione.

Il citoplasma della cellula epiteliale adiacente agli “humps” presenta un addensamento di

miofilamenti e i pedicelli sono focalmente fusi con obliterazione delle fessure di filtrazione. Talvolta

ci sono humps atipici dalla forma irregolare.

Manifestazioni cliniche L’esordio della sintomatologia segue un periodo di latenza dall’inizio dell’infezione, che varia da una

media di 10 giorni per le infezioni delle vie respiratorie, 20 giorni per le dermatiti impetiginizzate e 2-

3 settimane dalla comparsa dell’esantema per la Scarlattina.

Sintomatologia

La manifestazione clinica è quella di una sindrome nefritica acuta caratterizzata da contrazione

della diuresi, talvolta molto marcata, e macroematuria che può anche essere di breve durata. Altri

sintomi:

- Nei casi di grave ematuria può essere presente anche disuria, l’anuria è rara, e indica una

evoluzione in glomerulonefrite rapidamente progressiva.

- Sono presenti edemi, soprattutto palpebrali, e ipertensione arteriosa (nei bambini si alza la

diastolica). La ritenzione idroelettrolitica e la conseguente ipertensione arteriosa possono

provocare congestione del circolo con dispnea, asma cardiaca ed edema polmonare, e,

soprattutto nei bambini encefalopatia ipertensiva con confusione, sonnolenza, cefalea, vomito e

talora convulsioni; data la breve durata dell’ipertensione sono assenti le complicanze retiniche.

- In una minoranza di pazienti (5-10%) può svilupparsi una insufficienza renale acuta; tuttavia in un

numero elevato di soggetti le manifestazioni sono sub-cliniche, e la glomerulonefrite è

diagnosticabile solo sulla base dell’esame urine.

Prognosi

Si ritiene che nel 90% circa dei bambini anche l’evoluzione a distanza sia favorevole.

Nell’ adulto invece è più frequente (50% circa dei soggetti) l’instaurarsi di una sindrome nefritica

cronica con progressione del danno glomerulare verso la sclerosi e l’evoluzione verso IRC; perché

ci sia guarigione senza complicanze è importante fare una terapia anti ipertensiva e idratazione.

Esami di laboratorio - Esame delle urine: evidenzia proteinuria non selettiva generalmente inferiore ai 3 g/die, e

una macro o microematuria; nel sedimento urinario sono presenti cilindri eritrocitari ed

eritrociti dismorfici, talora leucociti e cilindri ialino-granulosi.

- Il filtrato glomerulare è spesso ridotto, e può essere presente iperazotemia; l’escrezione

urinaria di sodio e di calcio sono molto ridotte durante la fase acuta.

- Il tampone faringeo o le culture di espettorato o di cute possono dimostrare la presenza di

infezione streptococcica di gruppo A; il titolo anticorpale anti-streptolisina O (ASLO),

antiialuronidasi e anti-deossiribonucleasi B è spesso aumentato. La documentazione con

prelievi seriati di un aumento del titolo è indicativa di avvenuta infezione, ma non si correla

necessariamente con lo sviluppo della glomerulonefrite.

- Monitorare le frazioni sieriche del complemento: in particolare è presente una riduzione

dell’attività emolitica (CH50) e della frazione C3 del complemento, e l’ipocomplementemia

C3 si associa generalmente alla riduzione dei livelli di properdina (P), ma non delle frazioni

complementari C1q, C2 e C4 (suggerendo un’attivazione preminente della via alterna del

complemento).

- Nella fase di acuzie sono frequentemente presenti immunocomplessi circolanti e

crioglobuline, costituite da IgG policlonali talora associate a IgM e C3;

- Aumento della VES, delle proteine della fase acuta, del Fattore VIII e dell’attività plasminica.

- Prodotti di degradazione della fibrina possono talora essere evidenziabili nelle urine.

GN proliferativa mesangiale a depositi di IgA (di Berget) La malattia di Berger è una glomerulonefrite primitiva caratterizzata istologicamente dalla presenza

di depositi mesangiali di IgA, e clinicamente da episodi ricorrenti di macroematuria alternata a

microematuria (associate o meno a proteinuria, che però non rtaggiunge mai i valori della sindrome

nefrosica); a volte nel paziente si osservano urine a lavatura di carne.

La diagnosi differenziale deve essere fatta verso forme secondarie di vasculiti, Porpora di Shonlein

Henoch, celiachia, dermatite herpetiforme, LES e altre patologie a carattere autoimmune, alcune

neoplasie e forme associate a cirrosi epatica.

Rene e fegato hanno cross-talk importanti, c’è una spiccata associazione tra cirrosi e GN a depositi

di IgA con proteinuria e microematuria.

Epidemiologia E' la GN con maggiore incidenza nella popolazione mondiale (la maggior parte dei dializzati con IRC

ha questa patologia).

L’incidenza è differente nelle diverse aree geografiche: in Europa rappresenta circa il 20-30% delle

GN primitive e in Asia il 30-40% (in Giappone la casistica è molto importante); al contrario, in America

l’incidenza è inferiore al 20%.

Può manifestarsi in un ampio range di età (10-50 anni); il rapporto maschio/femmina è di 2,5:1 (esiste

anche una casistica pediatrica ma inferiore).

Eziopatogenesi IgA circolanti

Le IgA: sono le Ig più rappresentate nel nostro organismo, presenti a livello soprattutto di mucosa

intestinale e respiratoria (e questo pone in correlazione l’insorgenza del quadro della GN a depositi

di IgA previa esposizione ad allergeni alimentari o respiratori). Le IgA sono del tipo A1 e A2 e sono

glicosilate; nella loro forma alterata invece sono deglicosilate e ciò causa alterazione nella loro

regione cerniera (questo fenomeno sembra avere ruolo nel processo di accumulo).

La patogenesi è ignota, tuttavia sono state identificate numerose alterazioni immunologiche cellulari,

umorali e a livello delle mucose:

- Si ritiene che i depositi di IgA nel mesangio derivino da IgA in circolo, e siano probabilmente

costituiti da immunocomplessi contenenti le IgA; il legame del componente secretore e la

presenza nei depositi della catena J suggeriscono che almeno parte delle IgA siano polimeriche.

Le IgA presenti nei depositi appartengono preferenzialmente alla sottoclasse A1 e possono talora

associarsi a IgG e più raramente IgM; per una localizzazione dal circolo depongono anche

l’elevata incidenza di recidiva nel rene trapiantato (50%) e, viceversa, la scomparsa dei depositi

IgA qualora un rene con glomerulonefrite di Berger sia trapiantato in un altro soggetto (P.S.: per

quanto riguarda la possibilità di recidiva della sindrome a depositi di IgA nel rene trapiantato essa

non è così frequente come nel caso della sclerosi focale segmentaria o malattia a depositi densi

ma è comunque possibile).

- L’aumentato livello sierico di IgA (50% dei pazienti) e di IgA1-polimeriche è stato posto in

relazione ad una esaltata funzione T-helper aspecifica.

- E' stata inoltre indagata la possibilità che l’aumentata produzione di IgA1-polimeriche avvenga

a livello delle mucose; in effetti, in coincidenza di infezioni delle vie respiratorie si ha un aumento

di IgA1-polimeriche e di immunocomplessi circolanti, e un’esacerbazione clinica con

macroematuria.

Studi che dimostrano una patogenesi da aumentata produzione di IgA1, con conseguente accumulo

di immunocomplessi circolanti:

1) Studi effettuati sulle tonsille in soggetti con GN a depositi di IgA hanno dimostrato un

incremento di attività T-helper, con alterazione del rapporto tra linfociti CD4/CD8 e un

aumentato numero di cellule produttrici IgA1 e IgA1-polimeriche;

2) Inoltre è stata messa in evidenza la presenza di un aumentato numero di plasmacellule

secernenti IgA1 nel midollo osseo dei pazienti con glomerulonefrite di Berger;

3) Infine, studi con vaccini virali hanno dimostrato nei pazienti un’iper-responsività selettiva

per la produzione di IgA1 e non IgA2. Gli antigeni esogeni che sono ritenuti

potenziamente coinvolti nella stimolazione della sintesi di IgA1 sono antigeni virali, e in

un certo numero di casi antigeni alimentari. Si può ipotizzare che un’alterata funzionalità

del sistema immunitario mucosale permetta il passaggio in circolo di epitopi antigenici in

grado di esaltare la produzione di IgA specifiche da parte delle plasmacellule midollari.

Meccanismi antigene-indipendenti

Sono stati evidenziati anche meccanismi antigene-indipendenti:

- E’ stato dimostrato un ridotto punto isoelettrico delle IgA1-polimeriche presenti nei depositi

glomerulari rispetto a quelle circolanti, e dunque la possibilità che le IgA1 cross-reagiscano

con il collagene di tipo IVa.

- Negli ultimi anni è stato dato notevole risalto ad alterazioni strutturali delle molecole di IgA

che potrebbero favorire l'interazione con le componenti principali della matrice mesangiale.

In particolare, le IgA sono delle glicoproteine che possiedono numerosi siti di N-glicosilazione

comuni a tutte le altre glicoproteine, ma hanno la peculiarità di possedere dei siti di O-

glicosilazione specifici nella cosiddetta "hinge region", o regione cerniera. Esistono evidenze

sperimentali per cui un’alterazione della glicosilazione di tale regione delle IgA senza

mutazioni della sequenza peptidica, a causa di una diminuzione della attività dell'enzima

beta1,3-galattosiltransferasi catalizzante l'allungamento della catena di carboidrati,

porterebbe a una maggiore facilità di interazione di tali molecole con la matrice mesangiale

e all'attivazione delle cellule mesangiali residenti; infatti la mancata

glicosilazione della IgA ne altera l’elettricità, permettendo loro di interagire con la matrice

mesangiale.

- Inoltre è stata prospettata una specificità auto-anticorpale per strutture mesangiali.

Recentemente è stata dimostrata la presenza di un fattore reumatoide IgA anti-IgG nel siero

del 52% dei pazienti con sindrome di Berget, che si correla alla presenza di IgG nei glomeruli;

i depositi autoimmuni nel mesangio innescano la cascata del complemento, favorendo il

deposito di C3 e dei componenti terminali del complemento che sono ritenuti cruciali per lo

sviluppo della flogosi glomerulare. In particolare, la presenza nei depositi del cosiddetto

“Complement Attack Complex” è stata messa in relazione alla rapida progressione del danno

glomerulare. All’immunoistochimica si evidenziano depositi di C3 e di C9 nel mesangio.

Analisi della biopsia Immunofluorescenza

Il deposito di IgA di tipo IgA1 generalizzato è diffuso in sede mesangiale e talora

subendoteliomesangiale, e rappresenta la caratteristica distintiva della glomerulonefrite di Berger;

raramente i depositi sono nel filtro ma si depositano nel mesangio che è il sostegno al filtro

glomerulare. Sono inoltre presenti:

- Nell’80-90% dei casi depositi di C3, nel 50-70% dei casi depositi di IgG e nel 30-60% dei casi di

IgM;

- Depositi di fibrina sono presenti nel 30-40% dei casi, e spesso si associano alla presenza di

semilune.

Microscopia ottica

Il tipo e la gravità del danno glomerulare presentano un ampio spettro di variabilità nei diversi casi.

1) Nei 2/3 circa dei pazienti si osservano lesioni proliferative mesangiali di vario grado

associate ad aumento della matrice, in corrispondenza della quale si possono

identificare, con opportune colorazioni, depositi (per lo più di piccole dimensioni). Il danno

glomerulare associato ai depositi si instaura nel tempo, tende a guarire e raramente esita

in IRC (a meno che l’intervento clinico non sia tardivo).

2) Seguono in ordine di frequenza, lesioni proliferative endocapillari focali e segmentarie, di

norma sovrapposte a un danno mesangiale; occasionalmente si possono riscontrare casi

con proliferazione endocapillare diffusa e, del tutto eccezionalmente, forme di tipo

membranoproliferativo.

3) La proliferazione extracapillare, sotto forma di piccole semilune cellulari, è un evento

relativamente frequente, specialmente nelle forme con proliferazione endocapillare,

mentre è raro il riscontro di semilune circonferenziali nella maggior parte dei glomeruli.

In una ristretta minoranza dei casi prevalgono le lesioni sclerotiche glomerulari che arrivano a

coinvolgere anche il 70-80% dei glomeruli; soprattutto nei casi con più grave danno proliferativo o

sclerotico si associano lesioni tubulo-interstiziali, con sclerosi e infiltrazione mononucleata e atrofia

tubulare (questo di solito capita quando si arriva tardi con la diagnosi). C'è positività dei marcatori

sia linfocitari che monocitari nelle aree di deposito.

Sulla base della gravità delle lesioni istologiche è stata proposta una classificazione in 5 gradi:

- Grado I (lesioni minime): caratterizzato da un lieve ispessimento della matrice mesangiale, senza

evidente ipercellularità mesangiale e lesioni tubulo-interstiziali.

- Grado II (lesioni minori): caratterizzato da ipercellularità mesangiale presente in meno del 50%

dei glomeruli, con rare lesioni sclerotiche e assenza di lesioni tubulo-interstiziali;

- Grado III (GN focale e segmentaria): caratterizzato da lieve o moderata ipercellularità mesangiale

diffusa con ispessimento della matrice extracellulare; è possibile osservare aree segmentarie di

collasso delle anse capillari e la formazione di semilune con presenza di infiltrato interstiziale.

- Grado IV (GN diffusa proliferativa mesangiale): caratterizzato da marcata proliferazione

mesangiale diffusa a tutti glomeruli con presenza di semilune, aree di glomerulosclerosi

segmentaria o globale con diffusi infiltrati interstiziali e atrofia tubulare;

- Grado V (GN diffusa sclerosante): caratterizzata da sclerosi glomerulare globale o segmentaria

con numerose aderenze capsulari e semilune (cellulari o fibrotiche) in più del 50% dei glomeruli.

Sono presenti inoltre gravi alterazioni tubulo interstiziali.

Microscopia elettronica

Sono presenti depositi elettron-densi in sede mesangiale e, più raramente, modesti depositi

subendoteliali, accumulo di matrice simil-membrana basale e proliferazione mesangiale di grado

variabile. L'accumulo di IgA è infatti uno stimolo alla proliferazione mesangiale: si ha attivazione

mesangiale con secrezione di fattori di crescita profibrotici che vanno ad espandere la matrice (tipico

allargamento della matrice in microscopia).

A volte ci sono quadri particolarmente difficili da trattare in cui all’aspetto tipico della malattia da IgA

si associa l’osservazione di semilune crescenti tipiche della GN rapidamente progressiva; le forme

rapidamente progressive si possono associare ad un'impronta proliferativa capillare come nel caso

delle vasculiti, o a lesioni tipiche di altre GN come in questo caso.

Quadro clinico Esordio

L’esordio della nefropatia, come anche le riacutizzazioni, sono spesso precedute o sono

concomitanti a episodi infettivi delle vie aeree.

- La manifestazione clinica può essere quella di una macroematuria ricorrente nel 30-60% dei casi

o episodica nel 14-24%, associata o meno a proteinuria;

- Nel 50-70% dei casi la malattia può esordire con una microematuria persistente associata a

proteinuria. La proteinuria, quando presente, è generalmente modesta; tuttavia nel 5-10% dei casi

può essere presente una sindrome nefrosica.

- L’ incidenza di ipertensione è del 20-30 %, se c’è IR si parla di oltre il 50% dei casi.

Prognosi

La prognosi è generalmente buona; tuttavia nel 5-10% dei casi si ha un’evoluzione verso l’IR nei

primi 5 anni e nel 20-50% dopo 20 anni. Segni prognostici negativi

La presenza di una creatininemia all’esordio maggiore di 1,4 mg/dl;

- La presenza di proteinuria maggiore di 1 g/24h;

- Ipertensione ed età avanzata;

- La presenza, a livello istologico, di sclerosi glomerulare, lesioni tubulo-interstiziali e proliferazione

extracapillare sono predittivi di evoluzione più o meno rapida verso l’insufficienza renale.

Esami di laboratorio - Non sono presenti reperti di laboratorio specifici, tuttavia le IgA plasmatiche sono aumentate in

circa il 50% dei pazienti e sono riscontrabili immunocomplessi circolanti IgA; la complementemia

è normale.

- L'esame urine rivela macro o microematuria, associate o meno a proteinuria di tipo non selettivo;

nel sedimento si possono evidenziare cilindri eritrocitari e ialino-granulosi.

- Il filtrato glomerulare all’esordio è generalmente normale e tale permane a lungo; vi sono tuttavia

alcuni casi in cui è presente un rapido deterioramento della funzione renale.

La diagnosi è sempre sospetta in un paziente con anomalie urinarie, e questo è ovvio in quanto si

tratta della GN più diffusa; per distinguerla dalla forma membranoproliferativa saggio la

complementemia (che è normale nella GN da IgA e bassa nella GNMP).

Ricorda: un paziente che si presenta con sangue nelle urine dopo un'infezione delle vie aeree (ad

es. una bronchite) si manda SEMPRE dal nefrologo (anche se sei in pneumo).

Terapia Terapia farmacologica

Nonostante i numerosi tentativi terapeutici con farmaci come steroidi, immunosoppressori

(ciclofosfamide, azatioprina), ciclosporina e anti-aggreganti piastrinici, non esiste tutt’oggi una

terapia specifica.

- E’ indicato il trattamento dell’ipertensione che rappresenta un segno prognostico negativo;

- Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che le glomerulonefriti da IgA rapidamente progressive

beneficiano, pur in presenza di lesioni istologiche moderatamente severe, di una terapia

corticosteroidea ad alte dosi, purchè sia instaurata quando il filtrato glomerulare è ancora

superiore ai 70ml/min; la presenza di una proteinuria elevata con funzione renale normale e di

lesioni istologiche lievi giustifica un trattamento steroideo. Infatti, trials clinici hanno dimostrato un

beneficio in termini di regressione della proteinuria e di miglioramento della funzionalità renale

con l'uso di metilprednisolone a boli di 1 g e.v. per tre giorni all'inizio del primo, terzo e quinto

mese di trattamento, e con prednisone per os 0.5 mg/Kg a giorni alterni per sei mesi.

- Possibile è l'associazione con ACE-inibitori per il controllo della proteinuria e il rallentamento della

progressione del danno renale, visti gli effetti benefici di tale categoria di farmaci sulla permeabilità

e sull'emodinamica glomerulare con limitazione dell'ultrafiltrazione di macromolecole e proteine.

Esistono degli schemi fissi di trattamento, il cosiddetto “ciclo di Pozzi e Locatelli":

1) Boli di steroidi da 1 g. e.v. per tre giorni a inizio mese, e a mesi alterni con 0.5 mg/Kg/ die

di prednisone per os per 6 mesi (terapia sia su rene nativo che trapiantato);

2) Boli di steroidi ed immunodepressori nelle forme rapidamente progressive (più

cicofosfamide);

3) ACE-inibitori e sartanici a scopo antiproteinurico e nefroprotettivo (nella maggior parte

dei pazienti);

4) Terapia dell’ipertensione arteriosa: antiipertensivi.

Trapianto

La possibilità di recidiva nel rene trapiantato non è da escludersi; un paziente che ha sviluppato una

GN da IgA è infatti immunologicamente predisposto, e secondo alcuni autori l’esaltata attività Th di

questi pazienti porterebbe ad una esaltata produzione anticorpale (perciò una terapia

corticosteroidea post-trapianto si renderebbe opportuna). Pertanto, mentre nel paziente ordinario la

terapia steroidea post-trapianto dura circa sei mesi, in questi casi la protraggo più a lungo per evitare

episodi di recidiva (questo ovviamente se il paziente non ha complicanze dovute ai farmaci steroidi

e/o comorbidità cardiologiche).

Ricapitolando La glomerulonefrite a depositi di IgA è caratterizzata da:

- Proliferazione mesangiale in MO

- IF depositi di IgA mesangiali

- Episodi di macroematuria ricorrente in corso di infezioni delle alte vie aeree

- Anomalie urinarie isolate

- Funzione renale normale

- Ipertensione in genere assente

- Evoluzione verso l’insufficienza renale generalmente lenta.

Glomerulonefrite rapidamente progressiva Caratteristiche E' un'entità anatomo-clinica caratterizzata da:

1) Clinica: rapida perdita della funzione renale nell’arco di poche settimane/mesi (rapida

progressione verso l’IRC).

2) Aspetto istopatologico: estesa proliferazione extracapillare (cellule epiteliali tipico

aspetto a ‘semiluna’) che coinvolge oltre il 50% dei glomeruli.

Tutte le forme di GNRP sono caratterizzate dal danno glomerulare e dalla formazione di semilune:

- La rottura della membrana basale glomerulare determina lo stravaso di proteine, in particolare di

fibrina; le cellule epiteliali parietali che rivestono la capsula di Bowman rispondono allo stimolo

determinato dalla fuoriuscita delle proteine proliferando.

- Questa proliferazione può anche essere sostenuta da WBCs infiltrate, come monociti e

macrofagi.

L’attiva proliferazione delle cellule circonda e comprime il glomerulo, dando vita a delle formazioni

‘a semiluna’, immediatamente riconoscibili all’esame ottico della biopsia renale: si vedrà una

voluminosa semiluna circonferenziale che occupa tutto lo spazio della capsula Bowman.

Associazione di semilune floride presenti in (%) e danno morfologico:

1) > 20% glomeruli: interessamento tubulo-interstiziale;

2) > 50% glomeruli: danno vascolare;

3) > 70% glomeruli: cilindri eritrocitari intratubulari.

Incidenza

Le glomerulonefriti rapidamente progressive costituiscono circa il 3-4% delle forme primitive.

- Il Tipo I rappresenta circa il 10-30%, è più frequente nei giovani adulti e il rapporto maschi/

femmine è di 1:1;

- Il Tipo II rappresenta circa il 20-30 %; i pazienti hanno età media o avanzata e non vi è

correlazione col sesso;

- Il Tipo III è il più frequente (circa il 50%) e interessa soggetti di età media avanzata

preferenzialmente di sesso maschile (rapporto maschio/femmina 3:1).

Eziopatogenesi Principali meccanismi immunopatologici alla base delle GNRP:

• Tipo I: da Ab anti-membrana basale (isolata al rene o con coinvolgimento polmonare, è la

Sindrome di Goodpasture); all'IF c'è la presenza di depositi lineari.

• Tipo II: da deposizione di IC circolanti (nefriti lupiche, sindrome di Henoch-Schönlein, GNA,

GN in corso di ascessi viscerali); all'IF c'è la presenza di depositi granulari.

• Tipo III: pauci-immune, associata ad ANCA (Ab anti-citoplasma dei neutrofili);

l'immunofluoresecenza è negativa.

Proliferazione extracapillare

La proliferazione extracapillare è stata posta in relazione a una rottura delle anse capillari con

passaggio di fattori della coagulazione e piastrine, formazione di depositi di fibrina e stimolo alla

proliferazione cellulare a opera di fattori di crescita di origine piastrinica come il PDGF. I meccanismi

immunopatogenetici del danno comportano un'alterazione con successiva rottura della membrana

basale glomerulare, con compartecipazione dell'immunità umorale e dell'immunità cellulo-mediata.

Sono stati identificati due diversi tipi di crescents:

1) Crescents con una netta prevalenza della linea monocito-macrofagica, con positività

all'analisi istologica per l'espressione di CD68 e VCAM (tipo I);

2) Crescents con prevalenza di cellule epiteliali glomerulari con positività per la colorazione

per la citocheratina (tipo II).

La disomogeneità delle linee cellulari che entrano a far parte delle semilune si nota anche nella

produzione di diversi tipi di collagene durante l'evoluzione fibrotica dei crescents, con prevalenza

del collagene di tipo IV prodotto principalmente dalle cellule glomerulari o di collagene di tipo III

prodotto dalle cellule interstiziali entrate a far parte dei crescents. Inoltre:

- In assenza di lesioni necrotiche evidenti e con una proliferazione intraglomerulare prevalente,

senza una grossa alterazione della struttura della capsula di Bowman, si ha una prevalenza di

cellule epiteliali VCAM negative;

- In presenza di una marcata reazione infiammatoria con perdita dell'integrità strutturale della

capsula di Bowman stessa, si ha una maggiore componente monocito-macrofagica nei crescents

(in particolare in corso di vasculiti, nefrite lupica e patologia da anticorpi anti-membrana basale).

Tipo 1

È una malattia autoimmune caratterizzata da anticorpi diretti contro la membrana basale

glomerulare. L’interessamento renale è primitivo, perché a differenza della glomerulonefrite

secondaria di Goodpasture, gli anticorpi non reagiscono in vivo con le membrane basali polmonari;

questo potrebbe dipendere solo dalla mancanza di un meccanismo permeabilizzante l’endotelio

presente invece nella sindrome di Goodpasture, dal momento che gli auto anticorpi diretti contro gli

epitopi della catena alfa3 del collagene di tipo IV hanno la potenzialità di reagire anche contro

lamembrane basali polmonari. È pertanto probabile che la glomerulonefrite extracapillare di Tipo I

sia una forma frusta a interessamento esclusivamente renale della forma secondaria.

La sindrome di Goodpasture è una malattia che colpisce i reni, ma anche i polmoni, in quanto la

membrana basale alveolare condivide con quella glomerulare molecole di collagene tipo IV. La

patogenesi non è ancora completamente nota, ma alla base dello sviluppo della malattia potrebbe

esserci un’infezione respiratoria da virus influenzale tipo A2, alterazione degli antigeni del collagene

alveolare, formazione di auto-Ab anti membrana basale.

Tipo II

L’eziologia di questo sottogruppo è ignota; la patogenesi è legata al deposito nei capillari glomerulari di immunocomplessi formati da anticorpi diretti contro antigeni endogeni o esogeni sconosciuti.

Tipo III

L’eziologia è sconosciuta. Tuttavia nel 70-80% dei pazienti di questo sottogruppo sono presenti anticorpi diretti contro il citoplasma dei neutrofili detti ANCA, simili a quelli descritti nelle vasculiti necrotizzanti (tipo granulomatosi di Wegener e panarterite nodosa), ma con:

- Una distribuzione generalmente perinucleare (p-ANCA) rispetto a quella citoplasmatica diffusa delle vasculiti (c-ANCA);

- Diversa specificità: anti-mieloperossidasi (anti-MPO) per i p-ANCA, anti-proteinase 3 per i

cANCA.

E’ pertanto possibile che i meccanismi patogenetici della glomerulonefrite extracapillare di tipo III

siano simili a quelli coinvolti nelle vasculiti necrotizzanti. Ci sono evidenze sperimentali in vitro della

possibile partecipazione diretta degli ANCA nelle lesioni istologiche (legame alla MPO ad alla PR3

delle cellule endoteliali, capacità di attivare i neutrofili), da cui sono nate due ipotesi patogenetiche:

1) Ipotesi che, a seguito di stimoli esogeni, i neutrofili esprimano gli antigeni in superficie

(MPO - PR3) e che, avvenuto il legame con gli ANCA, liberino sostanze citotossiche per

l’endotelio (manca tuttavia la certezza definitiva);

2) Ipotesi alternativa: nessun ruolo patogenetico degli ANCA nelle vasculiti, ma sarebbe

solo una risposta secondaria allo smascheramento di antigeni nascosti dei neutrofili nelle

sedi di lesione vascolare.

Negli ultimi anni le glomerulonefriti extracapillari di tipo III o pauci-immuni sono state classificate

come una forma di vasculite limitata al rene.

Diagnostica delle lesioni istologiche Immunoistochimica

- Tipo I: sono presenti depositi lineari diffusi di IgG, più raramente di IgA e spesso, ma non sempre, di C3. I depositi di C3 possono talora essere anche granulari. Depositi lineari di IgG con o senza C3 possono essere presenti lungo le membrane tubulari. - Tipo II: sono presenti depositi granulari di IgG e talora IgM spesso associati a C3 nella parete delle anse capillari. Depositi isolati di C3 possono essere visibili in sede mesangiale. - Tipo III: non sono presenti immunodepositi e l’immunoflorescenza è negativa.

In tutti i sottogruppi sono presenti depositi di fibrina in corrispondenza delle semilune.

Microscopia ottica

L’aspetto caratteristico in microscopia ottica è la cosiddetta proliferazione extracapillare con

formazione di semilune che coinvolge più del 50% dei glomeruli.

- In passato si riteneva che le semilune fossero costituite da cellule epiteliali parietali proliferate,

ma in tempi più recenti indagini istochimiche, immunoistochimiche e ultrastrutturali hanno

dimostrato la presenza, in alcuni casi anche in numero elevato di macrofagi e in fasi tardive di

fibroblasti; nelle semilune possono essere anche presenti linfociti T, cellule giganti e PMN.

- Spesso si riscontra un accumulo periglomerulare di cellule infiammatorie.

- Le lesioni evolvono in sclerosi e fibrosi glomerulare progressiva. Il flocculo è coartato, i lumi

capillari collassati, sono presenti aree di necrosi fibrinoide e infiltrazione di PMN.

- Nella forma di Tipo II si possono evidenziare depositi in sede mesangiale o nella parete delle

anse. Questi depositi sono assenti nella forma di Tipo III ove più frequente ed estesa è la necrosi

fibrinoide.

Microscopia elettronica

- Tipo I, II e III: si osservano lesioni delle cellule endoteliali con distacco focale dell’endotelio dalla

membrana basale e deposizione di fibrina; la fibrina è anche abbondante nel lume dei capillari

glomerulari e negli spazi intercellulari in corrispondenza delle semilune. L’indagine ultrastrutturale

può dimostrare interruzioni delle membrane basali dei capillari glomerulari, attraverso cui possono

passare monociti circolanti o della capsula con penetrazione di fibroblasti interstiziali nello spazio

di Bowman. Lesioni simili sono presenti anche negli altri tipi di glomerulonefrite rapidamente

progressiva.

- Nel Tipo II la caratteristica più importante è la presenza di depositi elettron-densi in sede

subendoteliale, mesangiale e talora sub-epiteliale. Abbondanti depositi sub-epiteliali tipo “humps”

propongono una diagnosi differenziale con una glomerulonefrite post-infettiva ad andamento

rapidamente progressivo.

- Nel Tipo III non si identificano depositi elettron-densi.

Quadro clinico Manifestazioni della GNRP

- Tipo I: l’anamnesi è spesso positiva per episodi infettivi delle vie aeree superiori o per episodi

influenzali. L’esordio può essere rapido (con improvviso instaurarsi di oligo-anuria), ma anche

subdolo con lo svilupparsi di un quadro uremico in un paziente spesso oligurico, con febbre,

mialgie e più raramente con artralgie e ipertensione generalmente moderata. La diagnosi

differenziale con la glomerulonefrite di Goodpasture va fatta sulla base dell’assenza di

sintomatologia e segni radiologici di interessamento polmonare.

- Anche nel Tipo II sono presenti segni o sintomi sistemici come febbre e malessere. La diagnosi

differenziale va fatta nei confronti di una glomerulonefrite acuta post-infettiva o di una

glomerulonefrite mesangio-capillare di tipo I o di forme secondarie come la glomerulonefrite lupica

ad andamento rapidamente progressivo.

- Nel Tipo III sono spesso presenti sintomi che ricordano una vasculite, come febbre, dolori

addominali e artralgie; la diagnosi differenziale va fatta con vasculiti sistemiche in particolare la

granulomatosi di Wegener e la panarterite microscopica.

Esami di laboratorio

L’esame delle urine mostra proteinuria talora anche marcata, ma senza sindrome nefrosica; più

raramente è presente macroematuria. L’esame del sedimento urinario mostra microematuria con emazie dismorfiche e cilindri eritrocitari.

Il filtrato glomerulare è ridotto e tende a ridursi ulteriormente in modo progressivo e rapido.

Esami ematochimici:

- Caratteristica nel Tipo I è la presenza di anticorpi anti-membrana basale glomerulare (anti-GBM)

evidenziabili con tecniche radioimmunologiche o immunoenzimatiche, diretti contro un epitopo di

25 kD della porzione globulare non collagena del collageno di tipo IV. In una piccola percentuale

di casi possono essere presenti anticorpi contro il citoplasma dei neutrofili p-ANCA; la

complementemia è normale.

- Nel Tipo II possono essere presenti immunocomplessi circolanti e crioglobuline, i livelli sierici di

C3 e talora C4 possono essere ridotti, gli anti-GBM e ANCA sono costantemente negativi. - Nel Tipo III sono presenti nel 70-80% dei casi titoli elevati di anticorpi anti p-ANCA con specificità

MPO, che pertanto assumono un importante valore diagnostico. Sono generalmente assenti

immunocomplessi, crioglobuline o anticorpi anti-GBM e la complementemia è normale.

Decorso e prognosi

Senza terapia la maggioranza dei pazienti con una glomerulonefrite rapidamente progressiva evolve

rapidamente verso l’insufficienza renale terminale. Sono fattori prognostici negativi: la presenza di

semilune generalizzata a oltre il 70% dei glomeruli, l’evoluzione fibrosa delle semilune e una diffusa

atrofia tubulare e fibrosi interstiziale.

Terapie tradizionali

- Nel Tipo I la terapia con plasmaferesi giornaliera (2-4 litri/die) associata a corticosteroidi e

immunosoppressori (ciclofosfamide e/o azatioprina) per os protratta fino alla scomparsa degli

anticorpi anti-GBM (7-15 giorni) si è dimostrata efficace purché sia instaurata molto

precocemente. Le recidive nel trapianto sono valutate tra il 10 e il 39%.

- Nel Tipo II lo schema terapeutico e variabile in rapporto alla possibile eziologia; nelle forme più

severe sono stati utilizzati boli di metilprednisolone (fino ad 1 g) seguito da terapia orale (0.5

mg/Kg) per diverse settimane con progressiva riduzione del dosaggio. Anche in questa forma

sono stati fatti tentativi di terapia con plasmaferesi associata a corticosteroidi e

immunosoppressori per os, ma i risultati sono incerti. I rischi di recidiva nel trapianto sono bassi.

- Nel Tipo III una terapia precoce e aggressiva con boli di metilprednisolone o con corticosterodi

per os associati a ciclofosfamide ha mostrato una significativa risposta nel 70-85% dei pazienti;

nelle fasi di mantenimento della remissione è spesso utilizzata l'azotioprina in sostituzione della

ciclofosfamide. Le recidive sono frequenti. Terapie nuove o alternative

- Sulla base del reperto istologico di fibrina nelle semilune sono stati fatti in passato tentativi

terapeutici con “cocktails” anticoagulanti associati a steroidi e immunosoppressori, tuttavia con

scarsi risultati. La terapia con anticoagulanti inoltre è particolarmente rischiosa nei pazienti

uremici.

- Sono stati intrapresi alcuni trials sperimentali con micofenolato mofetil e cyclosporina A.

- Sono in studio, inoltre, terapie con anticorpi monoclonali diretti contro recettori linficitari e molecole

di costimolazione e con prostaciclina per la sua capacità anti-aggeregante e anticoagulante.

GLOMERULONEFRITI SECONDARIE - GN in corso di LES

- GN in corso di crioglobulinemia mista IgG/IgM

- Glomerulopatia diabetica

- Coinvolgimento renale in corso di mieloma e paraproteinemie - Glomerulopatia amiloidotica

Glomerulonefrite in corso di LES Caratteristiche del LES Il LES è una sindrome clinica, ad eziologia ancora ignota, caratterizzata da infiammazione e

coinvolgimento multiorgano; fa parte delle malattie reumatiche autoimmuni (o connettiviti

sistemiche).

L'attribuzione del termine lupus è riferita al medico del XII secolo Rogerio Frugardi, che lo usò per

descrivere la classica eruzione cutanea a forma di farfalla riscontrata, che ricordava ai medici i

contrassegni bianchi presenti sul muso dei lupi (secondo altri, invece, le lesioni cicatriziali successive

al rash assomigliavano a quelle lasciate dai morsi o graffi dei lupi).

Epidemiologia

Colpisce prevalentemente il sesso femminile, con un picco tra 15 e 50 anni e più frequentemente

donne nere. L’incidenza annua si aggira tra 6-35 nuovi casi/100000 abitanti.

Manifestazioni cliniche

La variabilità clinica è apparentemente collegata alla diversità sierologica:

- Cutanea e/o articolare: rash 69%, fotosensibilità 44%, alopecia 19%, artrite 96%;

- Febbre con coinvolgimento di un singolo organo o apparato (rene 28%, SNC 22%, miocardio,

endocardio, sierose 47%, ematopoetico);

- Raramente, crisi acute con coinvolgimento multi-organico generalizzato.

Diagnosi

• ANA+ 95% (sens 99% e spec 49%), anti-dsDNA+ 60%, ȿ C3 42%. Inoltre, anti-Ro+ 32%,

anti-La+ 12%, anti-Sm+ 10%, FR+ 22%, anti-cardiolipina(G)+ 24%, fattore anticoagulante

lupico+ 13%, test di Coombs+ 20%.

• Per la diagnosi di LES ci si avvale dei criteri ARA (American Rheumatology Association):

sono necessari 4 o + criteri (tra fotosensibilità, rash malare, rash discoide, ulcere orali,

artrite, sierosite, disfunzione renale, disfunzione neuropsichiatrica, disordini ematologici,

ANA+).

• Altri sintomi di presentazione possono essere di natura costituzionale (febbre, malessere) o

vascolare, fenomeno di Reynaud.

• All’esame al MO dello striscio di sangue periferico si possono trovare cellule

patognomoniche, le LE cells, macrofagi che hanno inglobato un nucleo cellulare.

Coinvolgimento renale E' presente nel 30-50% dei casi all’inizio della malattia, e interviene in oltre il 70% dei pazienti, per

lo più entro 10 anni. Con la biopsia, il coinvolgimento del rene è evidente in quasi tutti i pazienti, e

anche senza anomalie urinarie la comparsa di GN peggiora la prognosi del LES.

Eziopatogenesi

Possibili meccanismi immunitari nel coinvolgimento renale:

- Deposito di immunocomplessi circolanti (dsDNA+anti-dsDNA);

- Formazione di immunocomplessi in situ tramite riconoscimento di antigeni ‘piantati’, cioè

DNA ‘piantato’ nel tessuto glomerulare;

- Deposito di autoanticorpi rivolti verso specifici costituenti cellulari: anti-dsDNA legati a

componenti cellulari/extracellulari tramite ‘ponti’ di DNA-istoni o DNA-nucleosomi, e

antidsDNA legati a componenti glomerulari tramite cross-reazione (ad es. con l’actina).

E’ stata dimostrata l’associazione tra le lesioni renali in corso di lupus e le IgG anti-dsDNA, ma non

con le IgM anti-dsDNA o con gli anti-ssDNA.

Manifestazione clinica

L’interessamento renale si manifesta con tutte le modalità di presentazione delle GN:

• Anomalie urinarie isolate (la più frequente);

• Sindrome nefrosica; • Sindrome nefritica;

• IRC già definita.

Sono rari l’IRA anurizzante o il danno tubulo-interstiziale dominante.

La proteinuria è presente praticamente nel 100% dei pazienti; seguono microematuria (80%),

anormalità tubulari (60-80%), riduzione della funzione renale (40-80%), macroematuria (50%),

ipertensione (15-50%).

Morfologia e classificazione

La WHO riconosce 6 classi di nefropatia lupica:

1) Rene normale: non si vedono lesioni al MO nei glomeruli, tuttavia si possono evidenziare

con l'immunoistochimica o con l’esame ultrastrutturale i depositi di immunocomplessi;

2) Mesangiopatia pura: si osservano lesioni mesangio-proliferative, con ipercellularità delle

cellule mesangiali e contemporaneo accrescimento della matrice mesangiale per

produzione di fattori di crescita pro fibrotici dalle cellule mesangiali;

3) GN proliferativa focale e segmentaria: con lesioni attive (spesso aree necrotiche) e lesioni

sclerosanti che interessano < 50% dei glomeruli;

4) GN proliferativa diffusa: istologicamente identica a quella sopra, ma interessa più del 50%

dei glomeruli;

5) GN membranosa lupica diffusa;

6) GN sclerosante avanzata.

Le lesioni si possono suddividere in due tipi:

- Le lesioni attive si distinguono in: glomerulari (proliferazione cellulare, distruzione delle pareti

capillari, infiltrazione di PMN, semilune, depositi subendoteliali ‘wire loops’, trombi ialini o di fibrina,

deposizione segmentaria di fibrina), vascolari (depositi ialini, arterite necrotizzante) e

degenerazione/necrosi tubulare (infiammazione interstiziale).

- Le lesioni sclerosanti in: sclerosi glomerulare (segmentaria, mesangiale, diffusa), semilune

fibrose, atrofia tubulare, fibrosi interstiziale, sclerosi vascolare.

Caso clinico 1

Paziente di sesso femminile di 24 anni, dall’età di 16 anni presenta frequenti episodi febbrili

diagnosticati come “sindromi influenzali“. Esegue una serie di indagini di laboratorio negative tranne

che per la presenza di proteinuria in tracce e microematuria e VES elevata.

Dopo lunga remissione sintomatologica, a 19 anni febbricola accompagnata da dolori articolari: VES

sempre elevata, anomalie urinarie persistenti e negatività clinica e dei rimanenti reperti di laboratorio;

trattamento con FANS con remissione dei dolori articolari.

A 23 anni episodio febbrile con dolore alle articolazioni interfalangee e petecchie:

- Esame urine con microematuria, proteinuria di 900 mg/24 h, cilindruria granulosa, funzione renale

normale.

- Dagli accertamenti di laboratorio risulta: VES 66 mm/h, modesta anemia con leucopenia, positività

di FAN ed AntiDNA, complementemia C3 e C4 normale.

- Biopsia renale: glomerulonefrite lupica classe 2b

Avvia trattamento con steroidi a dosi medie, con buona risoluzione del quadro cutaneo ed articolare

e riduzione degli indici di flogosi; quadro renale in miglioramento.

Caso clinico 2

Paziente di sesso femminile, 33 anni. Frequenti episodi febbrili accompagnati da dolori articolari

nell’adolescenza; nel dicembre 2005, comparsa di fenomeno di Raynaud, mucosite del cavo orale,

ulcerazioni a livello vaginale, decremento ponderale. Trattamento sintomatico senza accertamenti.

Nel 2006 comparsa di edemi ingravescenti agli arti inferiori.

- Dagli esami risulta proteinuria (5 g/24h) e P.T di 4.9 g/dL con albumina di 2.5 g/dL in un contesto

di malattia sistemica (Raynaud persistente, fotosensibilità e lesioni cutanee, dolori alle piccole

articolazioni): viene etichettata come una sindrome nefrosica in una malattia sistemica.

- Dagli accertamenti di laboratorio risulta: VES 80 mm/h, positività per AntiDNA,

ipocomplementemia C4;

- Biopsia: glomerulonefrite lupica di classe 5 (membranosa).

Avvia trattamento con steroidi alla dose di 1 mg/Kg peso per 4 settimane, e successivamente a

scalare; si osserva progressiva riduzione dei sintomi generali, della componente edemigena e

regressione degli indici di laboratorio.

Caso clinico 3

Paziente di 29 anni con anamnesi negativa fino alla prima gravidanza, nel corso della quale compare

ipertensione associata a proteinuria che persiste a distanza di circa un anno dalla gravidanza.

Negli ultimi mesi febbre serotina resistente agli antipiretici, astenia, dimagramento; da qualche

giorno dolore puntorio all’emicostato sinistro che si accentua con l’ispirazione. Comparsa improvvisa

di ematuria macroscopica ed edemi al viso alle mani e agli arti inferiori per cui accede al PS.

- Dagli esami risulta: leucopenia, anemia normocromica normocitica iporigenerativa, aumento della

creatininemia (3.5 mg/dL), sedimento nefritico (ematuria,cilindruria ematica) proteinuria di 3

g/24h.

- Clinicamente riscontro di ipertensione arteriosa, versamento pleurico, contrazione diuretica con

ulteriore peggioramento funzione renale.

- Ipocomplementemia C3 e C4, e aumento di AntiDNA e FANS.

- Biopsia renale: glomerulonefrite lupica di classe 4.

Trattamento con terapia corticosonica, accompagnata da ciclofosfamide e plasmaferesi.

Analisi della biopsia

1) Classe I: ottica con glomeruli normali e anche l'immunoistochimica è normale (minimo

interessamento renale).

2) Classe II: più evidente presenza di mesangiopatia e lieve ipercellularità (quadro simile

alla GN a depositi di IgA, l'unica con immunocomplessi nel mesangio).

3) Classe III: lesioni in meno del 50% dei glomeruli, con zone segmentarie di più intensa

proliferazione mesangiale con associato infiltrato (PMN e monociti).

4) Classe IV: forma di nefrite diffusa, con proliferazione mesangiale e infiltrazione di cellule

infiammatorie.

5) Classe V: quadro simile alla GN membranosa, con membrana basale ispessita nei limiti

della norma; serve l’esame immunoistochimico e la microscopia elettronica per

evidenziare il deposito di immunocomplessi.

6) Classe VI: forma sclerosante con sviluppo di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale; essa

rappresenta la fase evolutiva terminale comune a tutte le differenti classi di nefropatia

lupica con vari gradi di sclerosi glomerulare globale e segmentaria.

Andando avanti con le classi si arricchisce l’immunoistochimica, ma bastano la microscopia ottica e

la clinica per la diagnosi.

Trattamento Come fattore di protezione, evitare l'esposizione solare; a questo si associa una vera e propria

terapia steroidea, a cui talvolta si aggiunge, in casi persistenti, una terapia citotossica con gli

immunodepressori.

1) La terapia steroidea è la prima che si attua: è utile sia per i vari i quadri glomerulari

come le anomalie urinarie isolate e la ridotta funzione renale, sia per la parte più

laboratoristica (quindi per il recupero delle citopenie); aiuta anche a risolvere le vasculiti,

l’interessamento sistemico e il quadro dermatologico.

2) La terapia citotossica prevede ciclofosfamide; prosegue poi con uno steroide a basso

dosaggio associato, se non basta, ad aziatoprina. Ora si preferisce in realtà il

micofenolato mofetile, un antiproliferativo (soprattutto usato nel rigetto del trapianto:

riduce la produzione anticorpale); si pu inltre fare una terapia di deplezione dei linfociti

B con rituximab.

3) Nei pazienti con lupus si ha positività agli anticorpi antifosfolipidi, ne consegue un

aumento del rischio trombotico: terapia anticoagulante con eparina a basso peso

molecolare e warfarin (indicazione con INR >2.5).

Prognosi Cause di morte di questi pazienti trattati:

- La mortalità è elevata per cancro rispetto alla popolazione generale; il LES si associa allo sviluppo

di linfomi.

- Inoltre sono numerose le infezioni, correlate ad una aggressiva terapia immunodepressiva;

- Altri pazienti finiscono in dialisi perché non sempre c’è un recupero della funzione renale. Il

paziente lupico può essere trapiantato, ma è considerato ad alto rischio immunologico perché la

malattia di base può recidivare; si tiene sotto stretta osservazione la possibilità di recidiva ma può

verificarsi comunque che ci siano delle anomalie urinarie isolate e sintomi affini. I pazienti vanno

studiati bene dal punto di vista degli anticorpi: c'è infatti associazione di anticorpi nuovi anti-HLA

associati a riattivazione degli anticorpi del LES autoimmune (succede anche nei trapiantati di

pancreas e di cuore, polmone). Gli epitopi antigenici nella recidiva spesso sono per diversi.

- La componente vascolare contribuisce alla mortalità per un aumentato rischio cardiovascolare.

Glomerulopatia diabetica La nefropatia diabetica è una condizione caratterizzata da proteinuria persistente in un paziente

diabetico, in assenza di altre nefropatie, infezioni delle vie urinarie e in assenza di insufficienza

cardiaca.

Epidemiologia 1) E’ stata studiata maggiormente nel diabete tipo 1 autoimmune: risulta presente nel 40%

circa dei pazienti, e raramente la nefropatia si sviluppa prima di 10 anni o dopo i 30 anni

dall'insorgenza del diabete; raggiunge un picco dopo 15-20 anni.

2) Nel diabete di tipo 2 è presente nel 15% dei pazienti; il rischio di nefropatia è correlato

all’albuminuria, e pazienti che dopo anni non presentano microalbuminuria hanno minore

rischio nefrosico. Il DM di tipo 2 è, insieme alla nefroangiosclerosi, la prima causa di IRC

nella popolazione emodialitica; pazienti diabetici con IR terminali hanno elevato rischio

cardiovascolare, e per questo la mortalità tra i pazienti emodializzati è più alta tra i

diabetici (in particolare la mortalità cardiovascolare).

Eziopatogenesi Iperglicemia

Un ruolo fondamentale è svolto dall’alterato metabolismo glucidico, che non è correttamente

controllato. L'iperglicemia può avere un’azione tossica nel glomerulo:

1) Promuove l’ipertensione glomerulare, che rappresenta un fattore di progressione per la

fibrosi;

2) Attiva altre varie cascate cellulari: via dei polioli, attivazione della PKC e formazione di

prodotti AGE di glicazione (attivazione di un’anomala sintesi e degradazione di costituenti

della matrice cellulare).

Le conseguenze di ciò sono: perdita della selettività di barriera (con conseguente proteinuria),

aumento dello spessore della membrana basale ed espansione della matrice mesangiale e tubulo

interstiziale.

Meccanismi di danno

I meccanismi patogenetici di danno sono diversi:

- Azione diretta degli AGE, che determinano perdita cellulare, danno del microcircolo per

necrosi o apoptosi, ispessimento della membrana basale; l’alterazione principale è per il

danno ai podociti, che sono ridotti in numero e alterati nelle proteine (in particolare quelle

che sono localizzate nella regione presente tra due podociti adiacenti, dette slit diafram).

- Si ha la perdita di nefrina, in correlazione diretta con una proteinuria difficilmente

controllabile; possiamo infatti andare a cercare la nefrinuria e correlarla con la proteinuria.

- Il numero e la densità podocitaria si riducono precocemente e ciò comporta che alcune zone

di membrana rimangano scoperte e in contatto con la capsula; si formano quindi delle

sinechie e si ha sviluppo di glomerulosclerosi.

- Perdita di podociti nelle urine a causa della perdita di alcune integrine necessarie per il

contatto con la membrana basale (in particolare l’integrina alfa3beta1) o di altre proteine

podocitarie (come la prodocadipsina). I pazienti con diabete presentano dunque hanno

podocituria: podociti nelle urine sono riscontarti nel 53% dei pazienti diabetici con

microalbuminuria, e in oltre l’80% dei pazienti diabetici con proteinuria. Oltre all’iperglicemia

tra gli altri fattori di danno podocitario c’è lo strech dei podociti (stimolato da AG II), che

stirandosi per coprire i buchi sulla membrana basale possono perdere parte delle loro

proteine.

- Inoltre la produzione di fattori vasculotrofici (VEGF), TGFbeta e angiotensina contribuiscono

al danno; TGFbeta e glucosio aumentano l’espressione di collegane e del recettore 2 del

TGFbeta, con conseguente fibrosi, e il VEGF porta ad aumento della permeabilità capillare.

Analisi della biopsia Microscopia ottica

Nella nefropatia diabetica si possono osservare diverse lesioni glomerulari:

• Glomerulosclerosi diffusa: accumulo diffuso nel mesangio di materiale eosinofilo, PAS-

positivo. Si ha un aumento dello spessore delle pareti capillari e riduzione della pervietà dei

lumi capillari; anche la capsula di Bowman è ispessita.

• Glomerulosclerosi nodulare: accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo, a

forma rotondeggiante nelle aree mesangiali. Si ha la formazione di microaneurismi, e

coesistono lesioni diffuse e nodulari.

• Lesioni essudative o fibrin cap: accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo

fra membrana basale e l'endotelio.

• Gocce capsulari o capsular drop: accumulo di materiale eosinofilo, PAS-positivo, fra la

membrana basale e l’epitelio viscerale della capsula di Bowman. Le ultime due sono lesioni

più rare.

A livello tubulo interstiziale si osservano sintomi aspecifici di proteinuria ingente: sindrome nefrosica

con atrofia tubulare, membrane ispessite e slaminate (dei tubuli) e fibrosi interstiziale con infiltrato

(nell'interstizio).

La componente vascolare è danneggiata, con depositi ialini a arteriolosclerosi.

Immunofluorescenza

Si osserva:

- Positività diffusa per depositi di IgG lineari (causato da un aumento della permeabilità capillare

per l'alterazione strutturale delle membrane) lungo le pareti capillari, le membrane basali tubulari

e la capsula di Bowman;

- Positività per IgM e frazione C3 nelle lesioni essudative (analoghi a quelli della GSSF).

Pattern di danno renale • Classe 1: glomerulosclerosi diabetica • Classe 2: danno

vascolare cronico • Classe 3a: malattia glomerulare sovrapposta a glomerulosclerosi

diabetica • Classe 3b: malattia glomerulare non associata a glomerulosclerosi

diabetica

La classe 3 mette in difficoltà sulla diagnosi: un paziente etichettato diabetico che sviluppa poi

proteinuria e IR non si biopsiava perché si pensava subito alla nefropatia diabetica e si trattava

quella; si è visto però che iniziavano a sovrapporsi quadri di malattia glomerulare diabetica associata

a glomerulo sclerosi. Serve sapere ciò perché la terapia è diversa, quindi si fa comunque

l’accertamento bioptico anche su un paziente diabetico così da fare diagnosi e terapia per una

eventuale GN primitiva che si associa alla nefropatia diabetica (infatti nei 2/3 dei pazienti sono

presenti altre nefropatie).

Manifestazioni cliniche Classi di nefropatia diabetica

A livello clinico abbiamo cinque stadi, caratterizzati prevalentemente nel diabete tipo1 (nel 2 la

divisione non è così bene evidenziata). Si valutano la comparsa di albuminuria, l’alterazione

pressoria, la % di filtrazione e il tempo dalla diagnosi.

Albuminu

ria Pression

Percentuale di

filtrazione

Tempi del d e c o r s o (anni dalla

Iperfunziona

Assente Normale Aumentata Insorgenza

S t a d i o

clinicament Assente Normale

Valori elevati,

m a n e l l a

Nefropatia

30-300 mg/

Normale Normale e in

Nefropatia

clinicament >300 mg/24 Elevata

Normale e in

diminuzione 10-15

Insufficienz

Dal terzo stadio in poi si progredisce con l'ipertensione e l'aumento della proteinuria, fino al range

nefrosico: la GN diabetica è la GN secondaria che più causa sindrome nefrosica (possono passare

anni prima che la funzione renale venga persa).

Da notare che nella prima fase il filtrato glomerulare è alto e poi rimane costante; nello stadio 3 inizia

la proteinuria fino al range nefrosico e poi cade anche il filtrato fino ad arrivare a necessità di dialisi.

Si può fare una prevenzione primaria controllando il diabete e i fattori di rischio cardiovascolari,

controllando la glicemia e ipertensione; quando comincia la proteinuria e si riduce il filtrato si

associano i farmaci di controllo pressorio, ACE inibitori e sartanici (associati a dieta ipoproteica).

Ovviamente bisognerà trattare la complicanza anemica e del metabolismo osseo, metabolismo

calcio fosforo.

Dunque le cinque fasi cliniche della

nefropatia diabetica sono:

1) Ipertrofia-Iperfunzione: nelle

fasi iniziali della malattia diabetica,

prima dell’inizio della terapia

insulinica si hanno segni di

iperfiltrazione (aumento del VFG

fino a 40%), microalbuminuria,

aumento di volume dei reni e

ipertrofia glomerulare; queste

modificazioni scompaiono dopo la

terapia insulinica (persiste solo un

discreto aumento VFG).

2) Stadio clinicamente latente: dopo qualche anno dallo sviluppo di diabete si ha ancora

iperfiltrazione renale, con VFG comunque minore rispetto al primo stadio; non si ha ancora

albuminuria, ma solo microalbuminuria. La pressione del paziente è nella norma.

3) Nefropatia diabetica incipiente: in media dopo 5-15 anni dall’inizio del diabete si ha un

riscontro di microalbuminuria persistente, predittiva di sviluppo di nefropatia diabetica clinica in oltre

l’80% dei casi; si riscontra inoltre VFG aumentato o normale, pressione arteriosa aumentata o

normale.

Alla biopsia, si può cominciare a osservare aumento matrice mesangiale e ispessimento membrane

basali.

4) Nefropatia Clinica

• Proteinuria dosabile persistente, con frequente quadro di sindrome nefrosica;

• Riduzione progressiva della VFG (in media in quantittà di 1 ml/min al mese): il paziente

finisce in dialisi nel giro di 10 anni al massimo, perché il filtrato scende di 12 ml/min in un

anno e quindi nel giro di 9 anni avrà un filtrato sotto i 10 (valore sotto il quale si fa la dialisi).

• Ipertensione arteriosa;

• Alla biospia, si osserva glomerulosclerosi diabetica e arteriolosclerosi.

5) Insufficienza renale cronica

• Riduzione costante della VFG;

• Ipertensione arteriosa;

• Uremia terminale (3-20 anni dopo l’inizio della nefropatia clinica)

NB: la nefropatia diabetica non si accompagna a riduzione delle dimensioni dei reni.

Fattori di rischio

Per ragioni non ancora del tutto note, soltanto il 30-35% dei pazienti diabetici presenta complicanze

renali nel corso della malattia. Si conoscono alcuni fattori di rischio di sviluppo della malattia

diabetica:

- Legati al diabete: scadente controllo glicemico (per avere un efficiente controllo glicemico l'Hb

glicata deve essere sempre < 7.5), ipertensione arteriosa, diabete di lunga durata,

microalbuminuria o proteinuria.

- Genetici: sesso maschile, familiarità per ipertensione arteriosa, nefropatie e malattie

cardiovascolari, appartenenza razziale o etnica, polimorfismi genici (associazione con geni

connessi con il sistema renina-angiotensina-aldosterone e soprattutto ACE);

- Altri quali fumo, dislipidemia, parametri emostatici alterati.

Diagnosi • Albuminuria: il primo segno è spesso un aumento della escrezione urinaria di albumina;

l'esame delle urine standard è quindi il primo step diagnostico.

• Microalbuminuria: qualora l’esame urine standard risulti normale, l’eventuale presenza di

nefropatia incipiente deve essere ricercata misurando l’escrezione urinaria di albumina, non

rilevabile all’esame urine routinari (è una determinazione quantitativa con metodo

radioimmunologico, nefelometrico o immunoturbidimetrico).

• Valutazione nefrologica approfondita: le linee guida dicono di inviare il paziente dal

nefrologo (per la diagnosi di nefropatia diabetica e dunque una biopsia renale) in presenza

di: proteinuria dosabile (dopo il riscontro della quale può essere utile eseguire il rapporto

proteine/creatinina mg/mg sulle urine del mattino: se è superiore a 1 inviare dal nefrologo),

riscontro di ematuria o di aumento della creatininemia (anche in caso di assenza di

proteinuria), per micro o macroalbuminuria in assenza di retinopatia diabetica (ricerca di una

possibile nefropatia non diabetica), per macroalbuminuria non preceduta da

microalbuminuria (ricerca di una possibile nefropatia non diabetica).

• Gli esami ulteriori (dopo diagnosi di nefropatia diabetica) che si devono fare sono:

❖ In occasione della prima diagnosi di micro-macroalbuminuria, l’ecotomografia del

rene e delle vie urinarie è utile a svelare possibili anomalie potenzialmente in grado

di influenzare la progressione del danno renale (malformazioni delle vie urinarie, rene

“piccolo”, cisti renali, litiasi, idronefrosi, ecc.);

❖ Ecografia: serve una volta che la diagnosi di nefropatia diabetica è stata fatta, in

quanto aiuta a svelare possibili alterazioni che possono fare progredire il danno

renale.

❖ Valutazione degli altri fattori di rischio e del danno cardiovascolare (esame obiettivo,

ECG, ecocardiogramma, eco-doppler carotideo, iliaco-femoro-popliteo e renale).

• Ricerca di ipertensione arteriosa: l’ipertensione è frequentemente associata al danno

renale sia nel diabete tipo 1 che tipo 2; è fondamentale quindi in pazienti diabetici effettuare

misurazioni costanti della pressione. Indipendentemente dalla definizione di ipertensione

arteriosa nella popolazione generale (>140/90 mm Hg), il paziente diabetico deve essere

trattato con terapia anti-ipertensiva in presenza di valori di diastolica > di 85 mmHg o di

sistolica > di 130 mmHg.

Trattamento Terapia antiipertensiva

- Dapprima si deve effettuare un approccio non farmacologico: riduzione dell’apporto di sodio e di

grassi nella dieta, abolizione del fumo e dell’alcol, importante è l’attività fisica.

- Poi segue un approccio farmacologico: in genere si usa un ACE inibitore o un sartanico. Si danno,

meno frequentemente, anche alfa1 bloccanti (in pazienti con diabete senza danno renale ma

dislipidemici), calcio antagonisti a lento rilascio in soggetti anziani diabetici, beta bloccanti in

pazienti con precedenti eventi ischemici. Nella donna gravida dovrà essere evitato l’uso di ACE-

inibitori o antagonisti del recettore dell’angiotensina II, ma, come nelle non diabetiche, è

consigliabile l’uso di nifedipina, labetalolo o metildopa.

- Se necessario perché il paziente è refrattario alla terapia servirà una associazione di più farmaci.

Particolare importanza hanno i farmaci bloccanti del sistema RAS (ACE inibitori e soprattutto

sartanici) anche per la nefropatia diabetica in sè (ne ritarda lo sviluppo e la progressione):

1) Innanzitutto, grazie alla riduzione della pressione intraglomerulare;

2) Previene la perdita di nefrina in vitro, nei modelli sperimentali e nell’uomo (riducendo così

il danno podocitario).

Nuove terapie

- Inibitori della glicosilazione: hanno un riscontro nell’animale da esperimento, poiché interferiscono

con la produzione delle varie citochine così da mantenere l’architettura podocitaria.

- Ci sono poi farmaci che riducono lo stress ossidativo e che inibiscono i fattori di crescita.

Glomerulopatia in corso di mieloma e paraproteinemia Si tratta di gammopatie monoclonali: sono entità

caratterizzate da un'incontrollata proliferazione di un

singolo clone B che differenzia in plasmacellule e la

conseguenza sarà una produzione in eccesso di Ig e

frammenti (talvolta sono Ig strutturalmente alterate);

possono essere associate ad una patologia d’organo o

sistemica. Si ha un coinvolgimento renale dovuto

essenzialmente a deposito: si ha IR in > 50 % dei

pazienti con mieloma (nel 20% dei casi è addirittura la

modalità di presentazione clinica), e nel 3-12% dei casi

si ha la necessità di un trattamento dialitico.

Un primo inquadramento viene fatto tramite la discrasia

cellulare: il clone B prolifera eccessivamente e forma plasmacellule e in relazione a queste abbiamo

vari tipi di disordine proliferativo.

Diagnosi I meccanismi patogenetici sono legati al danno tissutale e al deposito di materiale nei tessuti; gli

organi interessati sono vari (cuore, intestino, sistema nervoso e rene).

Le caratteristiche dei depositi renali ci dicono che esistono diverse gammopatie monoclonali; tutte

presentano il deposito di materiale proteinasico, ma sotto varie forme (fibrille, precipitati granulari,

cilindri e cristalli).

Si ritrovano catene leggere o pesanti delle Ig nelle urine; per la diagnosi non basta lo stick urine che

è sensibile solo all’albumina, ma va fatta la proteinuria nelle 24h e successivamente

l’immunofissazione urinaria che conferma la presenza delle catene leggere (la dissociazione tra

proteinuria nelle 24h presente e stick negativo comporta un forte sospetto verso la presenza di

proteinuria di Bence-Jones).

La dimostrazione della presenza qualitativa di Ig si fa con la immunofissazione, mentre la valutazione

quantitativa si fa con un dosaggio delle catene leggere libere.

Quadro morfologico e clinico Alterazioni del tubulo

- Le catene leggere sono filtrate dal glomerulo e riassorbite nel tubulo prossimale: il complesso

megalina/cubulina lega le catene leggere, le porta nel tubulo, le proteine vengono scisse in

singoli aa e poi sono riassorbite a livello del versante basale delle cellule tubulari. In

condizioni di aumento di proteine il tubulo è stressato e non ce la fa a riassorbire tutto, perché

si sviluppano lesioni all’epitelio (quali accumulo lisosomale, lesioni interstiziali e atrofia

epiteliale): il tubulo funziona meno e si ritrovano nelle urine molte altre proteine a basso PM

(< dell'albumina) oltre alle proteine di Bence-Jones.

- Si formano inoltre i cilindri: le catene leggere condensano con la proteina di Tamm-Horsfall,

una mucoproteina glicosilata prodotta e secreta dalle cellule del tratto ascendente dell’ansa

di Henle che condensa con tutto ciò che trova; si formano dei tappi, i cast alla base

dell'insufficienza renale.

Alterazioni anche glomerulari

Nel glomerulo si ha la produzione di matrice mesangiale, con attivazione delle cellule mesangiali e

produzione di sostanze pro fibrotiche, collagene IV, laminina ecc. Le alterazioni glomerulari

esiteranno in quadri simili a quelli delle glomerulonefriti.

Quadri clinici

Le maggiori complicanzze renali da gammopatie monoclonali sono:

- Sindrome di Fanconi;

- Sindrome nefrosica e/o proteinuria (per amiloidosi renale AL con depositi fibrillari, oppure deposito

granulare mesangiale da catene monoclonali);

- Sviluppo di IRA con la cast nefropathy: deposito di cristalli e di cilindri;

Questi quadri si possono sovrapporre (ad es. nel 32% dei casi si ha associazione della cast

nephropaty e di depositi granulari).

Cast nephropaty

Fattori di rischio per la precipitazione di cilindri nella di cast nephropathy sono ipercalcemia,

disidratazione, pH acido, sovrainfezioni, uso di MDC (mezzo di contrasto) o farmaci nefrotossici

(aminoglicosidi, FANS, diuretici) che rendono più probabile lo sviluppo di insufficienza renale. In

particolare:

- L'ipercalcemia è correlata ad un'aumentata aggregazione delle proteine di Tamm-Horsfall;

- MDC come fattore di rischio è discusso, però si è visto che una nefropatia da MDC è frequente

nei diabetici e nei pazienti con mieloma multiplo.

Deposito mesangiale da catene monoclonali

- Corrispettivo clinico: proteinuria costante (sindrome nefrosica nel 30-50% dei casi), insufficienza

renale (in più del 90% dei casi), danno tubulo intertstiziale (25%), ematuria (30-70%).

- Le lesioni istologiche glomerulari sono estremamente variabili; possono infatti essere presenti

quadri di minima alterazione glomerulare o di modesta espansione mesangiale.

- L'immunofluorescenza conferma la positività mesangiale e parietale segmentaria della catena

leggera (in questo caso K).

Terapia Gli obiettivi della terapia sono:

1) Ridurre le catene leggere: chemioterapia ematologica.

2) Evitare ipovolemia per impedire l'insorgere di IRA: assumere molti liquidi e non eccedere

con i diuretici dell’ansa.

3) Ridurre sempre le catene leggere nel lume tubulare: infusione liquidi ipotonici e diuresi

forzata.

4) Impedire la reazione tra la proteina di Tamm-Horsfall e le catene leggere: idratazione e

alcalinizzazione delle urine con bicarbonato di sodio.

5) Evitare altri fattori che predispongono all’IR, come iperuricemia (prevenzione con

allopurinolo).

Negli ultimi anni sono state sviluppate metodiche dialitiche per le catene leggere da associare alla

chemio: filtri dialitici con pori grandi e membrane che captano per carica elettrica. Prima si faceva la

plasmaferesi con l’idea di rimuovere le catene leggere dal plasma, lo stesso risultato si ottiene con

queste nuove membrane ad alta permeabilità o assorbenti biotecnologici. NB: nella terapia delle

infezioni, evitare aminoglicosidi e FANS.

Danno renale da amiloidosi 1) Amiloidosi AL: si evidenzia con permanganato, rosso congo e tioflavina; si associa

clinicamente a mieloma.

2) Amiloidosi AA: è conseguente a malattie autoimmuni persistenti (collagenopatie e artrite

reumatoide) o malattie infettive croniche (TBC, ascessi, morbo di Pott).

Diagnosi È istologica: positività al rosso congo.

L'amiloide appare al microscopio ottico come una sostanza extracellulare amorfa, eosinofila, PAS-

negativa o debolmente positiva; la medesima deposizione di sostanza amorfa è presente anche in

maniera massiva nella parete delle arterie e delle arteriole.

L'osservazione della tipica birifrangenza verde mela in luce polarizzata dopo colorazione con Rosso

Congo alcalino è il momento principale nella ricerca dell'amiloide; birifrangenza è una caratteristica

di tutte le amiloidi, ed il Rosso Congo la amplifica. La perdita di congofilia dopo pretrattamento delle

sezioni con permanganato di potassio è un utile strumento diagnostico per il riconoscimento

dell'amiloidosi AA (permanganato sensibile).

Glomerulonefrite crioglobulinemica E' una glomerulonefrite da crioglobulinemia mista essenziale IgG-IgM:

• Presenza di crioglobuline

• Frequenti pregresse epatiti HCV

• Movimento degli enzimi epatici

• Petecchie agli arti inferiori comparse a pousseè subentranti

• Dolori articolari

• Problemi polmonari o gastrointestinali

Sta scomparendo perché è associata al virus dell’epatite C e ora sono in studio molteplici farmaci in

studio per trattare definitivamente questo virus.

Quadro morfologico - Microscopia ottica: il quadro morfologico più comune è

caratterizzato da una glomerulonefrite membrano-

proliferativa essudativa, in cui accanto ad una variabile

proliferazione mesangiale è presente un massivo

accumulo intracapillare di cellule infiammatorie

prevalentemente formate da monociti-macrofagi.

- Il pattern immunoistologico è caratterizzato da una diffusa

deposizione granulare prevalentemente parietale di IgG

ed IgM; tale quadro è probabile espressione di una

cronica deposizione delle crioglobuline circolanti IgG-

IgM.

- Alla microscopia elettronica sono evidenti grossolani depositi in sede sottoendoteliale con aspetti

di doppio contorno della parete dei capillari.

Manifestazioni cliniche La presentazione clinica renale è una sindrome nefrosica o nefritica:

- Solitamente si riscontrano edemi declivi, macroematuria e una compromissione funzionale rapida;

- In altri casi si può avere ipertensione associata ad anomalie urinarie isolate, senza

compromissione della funzione renale rapida.

La terapia nelle forme blande viene effettuata con corticosteroidi ad alte dosi ed è abbastanza

risolutiva; nelle forme più severe si associano immunodepressori, plasmaferesi, rituximab.

NEFROPATIE

TUBULOINTERSTIZIALI (NEFRITI

INTERSTIZIALI) CARATTERISTICHE GENERALI Sono patologie renali, di varia eziologia, nelle quali la lesione è prevalentemente localizzata

nell’interstizio e coinvolge glomeruli e vasi solo secondariamente.

Qualunque sia il meccanismo patogenetico di base alcuni aspetti istologici sono comuni: flogosi

dell’interstizio con la presenza di un infiltrato linfo-monocitario, accompagnato da edema nelle

forme acute, e dalla fibrosi nelle forme croniche.

Fisiologia Interstizio L'interstizio è l’insieme dello spazio peritubulare e dello spazio

periarteriolare.

Nella corticale è esiguo, perché la maggior parte dello spazio

peritubulare è occupato dai capillari; aumenta di volume dalla

corticale alla midollare (nel ratto, dal 4% al 40%).

E’ costituito da cellule interstiziali e da una sostanza

fondamentale ricca di glicosaminoglicani, in cui si trovano

immersi tipi diversi di fibrille e un materiale tipo membrana basale;

le cellule presenti si dividono in:

- Cellule interstiziali di tipo 1: fibroblasti, attivi nel deposito e

nella degradazione della matrice cellulare.

- Cellule interstiziali di tipo 2: monociti-macrofagi, con

proprietà fagocitiche e immunologiche (APC).

Funzioni dell'interstizio:

• sostegno strutturale;

• canale di trasporto di soluti nel traffico tra tubuli e vasi (e

viceversa);

• sede di produzione di citochine e ormoni.

Sistema tubulare Anatomia

I tubuli renali originano dal polo urinifero del nefrone senza

soluzione di continuità.

Sono lunghi da 25 mm (per i nefroni corticali) a 45 mm (per i

nefroni iuxtamidollari); nell’uomo se messi uno di seguito all’altro

raggiungerebbero i 60km di lunghezza.

Ogni tubulo è suddiviso in parte prossimale, ansa di Henle e parte

distale. Ciascuna parte è ulteriormente suddivisa in segmenti; anatomicamente il tubulo termina

sboccando nel dotto collettore, tuttavia in fisiologia e in patologia esiste un continuum tra tubuli e

dotti.

-Il TCP è costituito da parte retta (segmenti S1 ed S2) e parte convoluta (segmento S3);

-L'ansa di Henle anatomica è intesa solo come il segmento sottile; l'ansa di Henle funzionale

comprende anche il segmento S e quello S3.

-Il tubulo distale è composto da parte retta (divisa in S midollare ed R corticale), parte convoluta (che

contribuisce a formare la macula densa) e tubulo collettore (in continuità con il dotto collettore).

Ubicazione dei vari segmenti:

-I tubuli contorti (prossimale e distale) decorrono

con la pars convoluta nella corticale;

-i segmenti retti S ed S3 decorrono nella

midollare esterna;

-Il segmento R decorre nei raggi della midollare

(quindi nella corticale);

-L'ansa di Henle è interamente nella midollare;

-Il dotto collettore ha un segmento midollare ed

uno corticale.

Funzioni del sistema tubulare

Funzioni del tubulo:

• Riassorbimento del 99.9% del filtarato glomerulare (ovvero circa 178 litri al giorno).

• Tramite il riassorbimento vengono regolate le concentrazioni di tutti gli ioni e le micromolecole

dell’organismo, nonché il pH; alla base di tutti i meccanismi di riassorbimento ci sono le

ATPasi basocellulari tra le quali la pompa Na/K svolge il ruolo preponderante. Per svolgere

un tale ruolo il tubulo consuma dunque grandi quantità di energia: il 10% del consumo

d’ossigeno a riposo è destinato al tubulo (il rene in toto rappresenta lo 0,5% della massa

corporea).

• Produzione di di 1,25-OH vit D e di renina.

Per svolgere tutti questi ruoli, il tubulo ed il dotto collettore presentano all’incirca 30 diversi tipi

cellulari; il tubulo renale è l’unico tessuto dell’organismo con osmolalità diversa dai “classici”

290mOsm.

Tubulo prossimale

In questo segmento viene riassorbito il 65% del Na+ e dell'HCO3-, questo causa un riassorbimento equivalente dell’H2O e di tutte le principali specie ioniche nonché un riassorbimento totale di glucosio e aminoacidi. Le proteine vengono riassorbite al 100%. Principali proteine responsabili dell'assorbimento (oltre all'importanza del trasporto paracellulare):

- Pompa Na/K (++++)

- Simporti Na/glucosio e Na/aa - Pompa apicale Na/H (NHE3)

- Simporto basale Na/HCO3 (NBC1)

- Complesso Megalina/cubulina

- Enzimi dell’orletto a spazzola

Una disfunzione a questo livello (ad es. NTIC da cadmio) causerà bicarbonaturia, glicosuria,

aminoaciduria, fosfaturia e uricosuria.

Tubulo distale

A questo livello vi è un massivo riassorbimento di ioni (Na, Cl, Ca, Mg…); i diuretici più utilizzati

agiscono qui.

• Nella pars retta (segmento S, facente parte dell’ansa funzionale) è situato il cotrasporto Na/

K/Cl o NKCC (target dei diuretici dell’ansa).

• Nella pars convoluta vi è il cotrasporto Na/Cl o NCC (target dei tiazidici); in questo segmento

avviene anche il riassorbimento del Ca PTH-dipendente.

• La pars convoluta forma avvicinandosi al glomerulo la macula densa, sito del feed-back

tubulo glomerulare.

Una disfunzione prevalente a questo livello causerà perdita di Na+, ritenzione di K+ e acidosi

metabolica distale.

Ansa di Henle (tratto sottile)

• La porzione discendente è impermeabile agli ioni e permette il riassorbimento di acqua (10-

15%); a questo livello l’urea viene secreta nel tubulo.

• La porzione ascendente riassorbe soluti e diluisce la preurina contribuendo a rendere

l’interstizio iperosmolare.

• Proteine di rilievo:

o UT-A2 (urea trasporter)

o Proteine di difesa dall’osmolarità (come il trasportatore dell’inositolo e l’aldoso

reduttasi) permettono accumulo intracellulare di specie inerti, ma osmolarmente

attive.

Dotto collettore

Questo tratto è responsabile di una minima parte del riassorbimento tubulare totale, tuttavia è la

quota più finemente regolata:

• Tutti i riassorbimenti a monte del dotto collettore avvengono di “default” e non variano nel

tempo in modo considerevole (può variare il flusso ematico totale e ci possono essere piccoli

aggiustamenti tubulari).

• Il dotto collettore è il “rifinitore” dell’urina: ne adatta l’escrezione alle richieste dell’organismo.

L’urina entra nel dotto leggermente ipotonica e con pH leggermente acido, può uscirne con

osmolarità compresa tra 65 e 1200mOsm e pH tra 8 e 4,5. Il volume può variare tra 0,5 e >6

litri.

• Questo avviene grazie a un’autoregolazione dipendente dai valori ionici tubulari e interstiziali,

ma anche alla sensibilità ai due ormoni che più influiscono la composizione urinaria: ADH e

Aldosterone.

Una disfunzione prevalente a questo livello (ad es. una NTIC da FANS) causerà incapacità a

concentrare le urine.

Eziopatogenesi Fenomeni di danno Ci possono essere nefriti interstiziali di natura ereditaria o acquisita; sono patologie non rare se

consideriamo alcune nefropatie comuni come ad esempio il rene policistico che coinvolgono proprio

il tubulo. Tali lesioni strutturali determinando modificazioni dell’anatomia e inducono anche

un’alterazione della funzione tubulare; la compromissione della funzionalità dell’epitelio tubulare,

dovuta a processi necrotici o sclerotici, può esitare in alterazioni dei fenomeni di riassorbimento e

secrezione fino a quadri quali Sindrome di Fanconi o acidosi tubulare.

In queste patologie non è sempre possibile distinguere i processi patogenetici del tubulo da quelli

dell’interstizio, in quanto queste due strutture sono spesso intercomunicanti.

Vi possono essere danni di diversa natura responsabili della patologia:

• Danni diretti (ad es. di natura tossica: farmaci) che affliggono il comparto tubulo-interstiziale

(portando ad infiltrazione cellulare, atrofia tubulare e fibrosi interstiziale) sono responsabili di

numerose patologie multifattoriali.

• Insulti indiretti di natura ischemica o da proteinuria cronica possono portare in modo

indiretto a necrosi con atrofia dell’epitelio (con nefrite interstiziale acuta): patologie del

glomerulo (ove una ridotta funzionalità del sistema di filtro porta a un sovraccarico proteico

dell’urina che arriva al tubulo con conseguente danno) e dei vasi (che causano fenomeni

ischemici tubulari) possono in seconda battuta affliggere il tubulo.

• In altri casi invece causa della nefrite intestiziale è un meccanismo immunologico che porta

ad infiammazione delle strutture tubulo-interstiziali: questi quadri sono caratterizzati da

edema ed eventualmente sclerosi. Un ruolo prominente sembra essere svolto dai linfociti T:

l'infiltrazione è infatti prevalentemente monocitaria e linfocitaria (di tipo T helper), con un ruolo

patogenetico di tipo cellulo-mediato (i linfociti peritubulari sono tossici e possono causare

una tubulite).

In ogni caso l’andamento della malattia è legato all’ estensione del processo patologico e soprattutto

al grado di sclerosi o di necrosi dell’epitelio tubulare; quando la malattia si associa anche a danno

glomerulare ciò è indice di progressione verso l’insufficienza renale.

Un problema correlato a queste patologie è che raramente si manifestano con le grandi sindromi

renali quali nefritica e nefrosica, infatti spesso non vengono biopsiate per tempo e ciò porta a

diagnosi tardive.

Cause Possiamo distinguere diverse cause:

- Infettive: pielonefrite acuta e cronica, tubercolosi, virus.

- Non infettive: meccaniche, tossiche, farmacologiche, fisiche, metaboliche, immunologiche,

ischemiche, ematologiche, ereditarie, idiopatiche, dubbie.

A seconda di causa ed insorgenza, le nefriti interstiziali possono essere distinte in:

• Acute, che possono essere causate da agenti tossici quali farmaci, agenti infettivi o danno

immunologico.

• Croniche, causate da farmaci, batteri, ostruzioni urinarie o reflusso vescicale, metalli pesanti

(non infrequenti), radiazioni, sostanze chimiche, alterazioni metaboliche quali iperuricemia,

diabete, cistinosi, ipercalcemia, ipopotassiemia. Tra le altre cause: danno immunologico,

neoplasie o disordini linfoproliferativi, ischemia renale, sarcoidosi, patologie ereditarie o

idiopatiche, cause dubbie.

Le diverse cause colpiscono diverse parti del sistema tubulare:

• Contorto prossimale (diminuito riassorbimento di sodio, bicarbonato, glucosio, acido urico,

fosfati, aminoacidi, beta2 microglobulina): colpito da metalli pesanti, mieloma multiplo,

malattie immunologiche, cistinosi.

• Contorto distale (diminuita secrezione di idrogenioni e potassio e diminuito riassorbimento di

sodio): colpito in malattie immunologiche e granulomatose, amiloidosi, malattie ereditarie,

ipercalcemia, ostruzione vie urinarie, anemia falciforme.

• Midollare (ridotta capacità di concentrazione urinaria e ridotto riassorbimento di sodio):

nefropatia da analgesici, malattie granulomatose ed ereditarie, anemia falciforme, infezioni,

ipercalcemia e squilibri dell’acido urico.

• Papilla (ridotta capacità di concentrazione delle urine e ridotto riassorbimento di sodio):

colpito in nefropatia da analgesici, diabete, ostruzione delle vie urinarie, anemia falciforme,

infezioni su rene trapiantato.

Diagnosi Grazie al fatto che le differenti porzioni del tubulo svolgono funzioni peculiari, esistono dei test

funzionali che permettono di capire dove la lesione è localizzata.

Analisi di laboratorio Analisi del sedimento urinario

1) Cilindri: si osservano cilindri ialini (1), cellule tubulari (2) e cilindri commisti di cellule

tubulari (3). Tuttavia i cilindri ialini non sempre sono espressione di malattia.

2) Cellule epiteliali tubulari: il numero di cellule epiteliali tubulari per campo nel sedimento

urinario può essere utilizzato per stabilire uno score di gravità della nefrite interstiziale in

base al quale si esprime la probabilità che la patologia evolva in IR.

Analisi delle urine delle 24h

Nella raccolta urine 24 h potremo osservare proteinuria di tipo tubulare, ovvero caratterizzata da

proteine a basso PM (PM< 40 kDalton, ad es. la beta2-microglobulina: è una proteina di 11 kDa

clearata quasi completamente dal plasma dal rene con emivita di circa 2 ore in presenza di funzione

renale normale; la concentrazione sierica è circa di 2 mg/100ml, e l'escrezione è fisiologicamente

minore di 370 microg/die).

Altri esami

Con esami più approfonditi si potrebbero rilevare enzimi presenti a livello delle cellule tubulari e che

sono secreti dalle cellule tubulari stesse in risposta al danno (dosaggio dell'enzimuria tubulare):

ad es. l'enzima N-acetil-beta-D-glucosaminidasi (NAG) maggiormente espressa nel tratto S3 del

tubulo prossimale, LDH, alanina-aminopeptidasi (AAP), lisozima.

Un aspetto rilevante della ricerca in ambito nefrologico oggi giorno è proprio la ricerca di marcatori

precoci di patologia tubulo interstiziale; sarebbe interessante poter disporre di marcatori proteici

indici precoci di danno, come ad esempio si hanno in cardiologia.

Un valido marcatore è il NGAL, trattasi di un carrier del ferro che può essere rilasciato dal tubulo

contorto distale: alte concentrazioni sono associate ad alcuni tipi di nefropatia tra cui in primis la

pielonefrite.

Metodica point of care: si prendono pochi ml di urina e si analizza la presenza di marcatori proteici

di danno tubulare.

Microscopia ottica Tubuli

• Alterazioni degenerative: accumuli di materiale intracitoplasmatico, vacuolizzazioni;

• Alterazioni necrotiche irreversibili (anche se la necrosi tubulare non è sempre presente);

• Processi riparativi: basofilia citoplasmatica e mitosi;

• Atrofia tubulare con variazioni del calibro;

• Irregolarità con inspessimento e alterazioni del profilo della membrana basale tubulare.

Interstizio

• Edema

• Infiammazione

• Accumulo di materiale extracellulare

• Fibrosi.

NEFRITI INTERSTIZIALI ACUTE Pielonefrite acuta Casi clinici Caso clinico 1

Ragazza di 17 anni, con anamnesi familiare negativa; in anamnesi fisiologica fumo saltuario, cicli

mestruali regolari, ma dismenorrea (uso di antidolorifici), allergia a graminacee; in anamnesi

patologica remota: CEI, gastrite ulcerosa, dermatite atopica, episodio di polmonite a 5 anni.

- Nel novembre 2002 astenia, seguita da un episodio simil-influenzale a dicembre. Dopo 2 giorni

dolore al fianco destro nausea e vomito.

- Accesso in Pronto Soccorso (24/12): WBC 16.53 10^9/L, PTLS 166 10^9/L, Hb 11.2 g/dl, K 3.3

mEq/L, Crs 1.4 mg/dl; ETG addome: non anomalie. La paziente viene dimessa con

Levofluoxacina (250 mg/die).

- 25/12 nuovo accesso in PS per accentuazione del dolore lombare (irradiato ai quadranti

addominali superiori) e tosse produttiva: WBC 12.86 10^9/L, PTLS 133 10^9/L, Hb 9.8 g/dl, Crs

1.9 mg/dl; all'ETG addome: rene dx di spessore parenchimale aumentato con struttura

disomogenea, aumento delle dimensioni spleniche (13.3 cm).

- Ricovero in medicina generale: all’ingresso condizioni generali scadute (vomito, ipertermia,

ipotensione arteriosa 85/65, broncospasmo e dispnea con SaO2 di 71% interpretato come

probabile riacuzie dell’asma allergica);

- All’ingresso in nefrologia: paziente in condizioni generali critiche, dispnea con tosse (SaO2 71%,

pCO2 36 mmHg, pO2 46 mmHg): O2 terapia (5 L/min). Esami: all’EOC toni ritmici e tachicardici,

all’ECP ipofonesi basale, MV ridotto, crepitii diffusi alle basi, all’EOA addome disteso, meteorico,

dolorabile in loggia renale destra; agli ematochimici: Crs 2.2 mg/dl, Hb 9.2 g/ dl, PTLS 123 10^9/L,

VES 80 mm/h, PCR 200 mg/L.

- Esami di imaging: RMN addome superiore evidenzia rene dx con notevole incremento delle

dimensioni e presenza di raccolta liquida semilunare in sede sottocorticale al labbro posteriore

polo inferiore associato a numerose lacune di enhancement confluenti tra loro ed aree di necrosi

colliquativa (il rene sx è invece regolare per dimensioni e profili); all'RX torace si evidenzia

versamento pleurico basale bilaterale, stasi del piccolo circolo, piramidi basali addensate per

fenomeni congestizi-disventilativi.

- Diagnosi: Pielonefrite acuta ascessualizzata (emocolture ed urocolture ripetutamente

negative).

- Terapia: Meropenem (1g x 3) + Amikacina (600 mg), ma si osserva persistenza di febbre, vomito,

dolore addominale; aggiunge dopo 2 gg Teicoplanina (durata di questa terapia 24 giorni).

- Quadro clinico risolto: normalizzazione degli indici di flogosi, Crs da 2.2 a 0.8 mg/dl, BCrC 60

ml/min, Pto di 70 mg/24h, Sedimento indifferente; alla RMN si evidenzia riduzione della raccolta

con reazione fibrotica periferica; all'ETG riduzione della lesione ipoecogena (da 4 a 1.5 cm); con

la scintigrafia, irregolarità dei profili e ampi deficit corticali del rene dx, con contributo funzionale

del 43%.

- Antibioticoterapia: Ceftriaxone e Teicoplanina per 3 settimane; al controllo, la RMN non c'è ancora

completa risoluzione della colliquazione, dunque terapia per altre 2 settimane.

Caso clinico

Paziente di 21 anni: anamnesi familiare negativa; irregolarità del ciclo mestruale per cui assume da

due anni estroprogestinici.

- 15 giorni di febbre con sintomatologia dolorosa in sede renale destra, per cui chiama il medico

che diagnostica una colica renale e somministra antispastici e disinfettanti urinari sospesi dopo 4

giorni per la remissione sintomatologica; dopo 3 giorni di relativo benessere ricompare febbre

(41°), dolore addominale intenso in ipocondrio destro irradiato verso il basso e posteriormente.

- Al PS esegue ecotomografia addomininale che risulta negativa per cui in presenza di accentuarsi

della sintomatologia addominale controlla TAC, che evidenzia un quadro classico di "lobar

nephronia, con zone microascessualizzate sul rene di destra” e fissurazione del rene verso il

fegato.

- Avvia trattamento associato con sulbactam-acido clavulanico + antibiotico aminoglicosidico per

due settimane; prosegue con chinolonico per 3 settimane

- Rivalutazione diagnostica strumentale con risonanza magnetica del rene: risoluzione del quadro

microascessuale, persistenza di alcune strie infiammatorie con aree fibrotiche; indici di flogosi

normalizzati, esame urine negativo, urinocoltura negativa.

- Prosecuzione del trattamento per altre due settimane.

Eziopatogenesi La pielonefrite è causata principalmente da patogeni che danno infezione renale risalendo le vie

urinarie, sono dunque infezioni ascendenti; spesso infatti si può confondere con una semplice

infiammazione delle vie urinarie. Si tratta degli stessi batteri che più comunemente infettano questi

siti anatomici: E. Coli, Pseudomonas Aeruginosa ecc.

È sempre importante l'anamnesi:

- E' importante sapere se il paziente ha già avuto episodi di pielonefrite o infiammazione delle vie

urinarie: ci sono infatti fattori fisiologici ed anatomici predisponenti, come il reflusso

vescicoureterale;

- Anche l’assunzione di estroprogestinici e la gravidanza sembrano correlati ad un maggior rischio

di malattia.

- I pazienti diabetici sono più soggetti ad infezione, in quanto le loro urine più ricche di glucosio

sono molto passibili di infezioni batteriche.

Diagnosi Presentazione clinica

Si presenta spesso con febbre, brividi, malessere generale, debolezza costovertebrale, disuria,

piuria (cilindri leucocitari nelle urine), bacteriuria, (> 100 mila/ml) e dolore renale.

Indagini strumentali e di laboratorio

- Ecotomografia renale (spesso negativa): è un'indagine operatore-dipendente, se ho il dubbio che

il paziente sia affetto da pielonefrite devo condurre ulteriori indagini come TAC con mezzo di

contrasto e risonanza magnetica nucleare (spesso indicata in pazienti giovani in cui si vuol

prevenire l’esposizione a radiazioni).

- Anche gli esami colturali così come l’eco possono essere negativi, quindi non c’è la possibilità di

avere un antibiogramma; pertanto spesso nel sospetto di pielonefrite si procede con terapie

antibiotiche meno specifiche.

Anatomia patologica macroscopica:

• I reni possono apparire larghi ed

edematosi;

• Piccoli ascessi possono essere

rinvenibili al di sotto delle superfici di

taglio;

• I foci di infiammazione possono essere

ristretti o apparire come grosse aree

cuneiformi;

• L’urotelio pelvico può essere iperemico

e coperto da un essudato purulento.

In generale, a PNA è spesso focale e la

maggior parte del rene restante può essere

normale.

Anatomia patologica microscopica

- Esteso infiltrato di PMN neutrofili nei tubuli e nell’interstizio con macrofagi di accompagnamento;

- I vasi e i glomeruli sono spesso conservati;

- L’agente causale può occasionalmente essere identificabile.

Andamento clinico Prognosi

Sono buone le possibilità di risoluzione completa:

- Miglioramento del dolore dopo 2-3 giorni con remissione dell'iperpiressia dopo 3-4 giorni;

- Riduzione indici di flogosi e leucocitosi in una settimana e possibile risoluzione del reperto TAC

dopo due-tre settimane.

E' sempre necessario un trattamento antibiotico mirato protratto.

Complicanze

Complicanze della PNA possono essere la necrosi papillare con successiva malattia ostruttiva, la

pionefrosi (ritenzione di materiale purulento nel rene) e l'ascesso perinefrico, che lascia spesso una

cicatrice retraente quando viene riassorbito.

Il risultato di ripetuti ascessi (o di una malattia cronica) porta a un quadro detto ‘rene grinzo

pielonefritico’.

Terapia

La terapia è per lo più antibiotica, a seconda della sensibilità del microrganismo infettante

(fluorochinoloni, cefalosporine, aminoglicosidi, trimetoprim/sulfametossazolo).

Un grave errore terapeutico consiste nel somministrare disinfettanti urinari (batteriostatici) e

sospendere gli stessi dopo i pochi giorni necessari alla remissione dei sintomi: ciò favorisce

l’insorgere di resistenze e recidive, che sono una frequente causa di ascessualizzazione.

Nefrite interstiziale acuta immuno-allergica La nefrite interstiziale acuta immuno-allergica è caratterizzata da un coinvolgimento infiammatorio

dell’interstizio accompagnato, in alcune forme, da un quadro di IRA.

Caso clinico DEA, maschio ingegnere di 37 anni: anamnesi familiare positiva per nefropatia (nonna deceduta in

dialisi); non fumo, non potus.

- Sempre in buona salute sino al maggio 2000: comparsa di astenia, febbricola, dimagrimento;

riscontro di splenomegalia, anemia e leucocitosi con forme mieloidi immature in circolo. Diagnosi

di leucemia mieloide cronica.

- 2/11/2000: trapianto allogenico (donatore fratello) di midollo osseo. Crs 0,7 mg/dl

- 28/11/2000: introdotto FK-506. Crs 1,1 mg/dl

- 18/12-6/2: effettuati sei cicli terapeutici con cidofovir per riattivazione citomegalica. Al 13/2 Crs 3,3

mg/dl quindi sospeso cidofovir; Crs al 30/3 di 2,9mg/dl, e all’ecografia dell’addome reni di

dimensioni regolari (12,5 cm il destro, 11 cm il sinistro) con normale ecostruttura del parenchima.

- 23/4 sospende FK-506, avvia Micofenolato-mofetile. Crs 3,7 mg/dl

- Ricovero in Ematologia per sospetta artrite settica. Ecografia dell’addome: rene destro 9,5 cm,

sinistro 11 cm; parenchima iperecogeno. Crs 3 mg/dl. Pto 3g, pattern tubulare completo.

- Luglio 2001: Crs 4,7 mg/dl. Ricovero in Nefrologia: Crs 5,7 mg/dl, clearance creatininica 22 ml/

min, Proteinuiria di 1,7 g/24h. Pattern tubulare Bence-Jones assente. Sedimento: Rari GR Esami

immunologici negativi (VES 31 mm/h). Assetto epatico, quadro proteico e bilancio calciofosforo

nella norma. Ecodoppler renale: non evidenza di stenosi arteriose; resistenze intraparenchimali

ai limiti superiori a destra.

- MO su biopsia renale: 13 corpuscoli del Malpighi. Uno con sclerosi globale del flocculo; i restanti

glomeruli mostrano spazio urinifero libero, membrane basali sottili che circoscrivono lumi di

capillari pervi e assi mesangiali focalmente e segmentariamente allargati per lieve aumento della

sostanza fondamentale e della componente cellulare. L’interstizio è diffusamente e discretamente

allargato, con connettivo fibroso, comprendente tubuli atrofici e riccamente infiltrato di elementi

infiammatori parvi-rotondocellulari che in alcuni punti superano la membrana basale dei tubuli

infiltrandosi fra le cellule epiteliali.

- Terapia: Metilprednisolone 500 mg per 3 giorni; Prednisone 40 mg/die (per trattare la nefrite

interstiziale); Micofenolato mofetile 500 mg per 2 (per prevenzione per rigetto).

- Prognosi: progressivo deterioramento della funzione renale, con ingresso in emodialisi.

Stabilizzazione della situazione ematologica. In programma trapianto di rene da donatore vivente

(fratello).

Eziopatogenesi La NTIA è caratterizzata da un

coinvolgimento infiammatorio

dell’interstizio accompagnato, in

alcune forme, da un quadro di

insufficienza renale acuta.

Spesso sono coinvolti farmaci:

antibiotici (penicilline, cefalosporine,

rifampicine, sulfamidici,

cloramfenicolo), FANS, diuretici

(furosemide, tiazidici),

difenilidantoina, diazepam,

fenobarbital, allopurinolo, cimetidina

e ranitidina.

Meccanismo patogenetico

• Reazione da ipersensibità: c'è

presenza di un intenso

infiltrato cellulare (linfociti T,

monociti ed eosinofili) che

suggerisce un ruolo

dominante dell’immunità

cellulo-mediata. Questi elementi sono attratti in loco dal farmaco concentrato nello spazio

interstiziale.

• I linfociti attivati determinano direttamente le lesioni tubulo-interstiziali (liberazione di ROS e

da parte degli eosinofili rilascio di enzimi lisosomiali) e amplificano la reazione infiammatoria

interstiziale, producendo citochine e fattori di crescita.

• Sono coinvolti anche meccanismi umorali con formazione di Ab (forme da FANS con GNM o

Ab anti-membrana basale tubulare nel LES).

Presentazione e diagnosi Clinica

- Sintomi sistemici: Febbre, rash cutaneo, artralgie;

- Improvvisa ed inaspettata alterazione della funzione renale, accompagnata da dolore lombare

(per la distensione della capsula renale per l’edema interstiziale);

- All'esame urine: microematuria, leucocituria sterile (costituita in gran parte da granulociti

eosinofili) e proteinuria (di solito modesta e costituita da proteine a basso peso molecolare,

dunque proteinuria tubulare);

- IRA in genere non oligurica, ma a volte tale da richiedere l’emodialisi.

Disfunzioni tubulari: si presenta con sintomatologia tipica (acidosi tubulare prossimale, glicosuria,

aminoaciduria, uricosuria, difetto nel riassorbimento dei fosfati, difetto di acidificazione delle urine,

isostenuria, perdita di Na+, ridotta escrezione di K+).

NB: il 25% dei casi di IRA da farmaci sono ascrivibili a questo quadro (nefrite interstiziale immuno-

allergica).

Anatomia patologica macroscopica

- I reni appaiono simmetricamente allargati, con capsula tesa e grigia.

- Alle sezioni di taglio si riscontra corticale pallida e giunzione cortico-midollare indistinta, inoltre ci

saranno raggi midollari ben evidenti a causa dell’edema.

- Possono eventualmente essere presenti piccole petecchie emorragiche.

Anatomia patologica microscopica

Le alterazioni più visibili sono a

carico del tubulo e dell’interstizio,

mentre il glomerulo e il flocculo

presentano poche alterazioni.

- Il grado di alterazione tubulare è

variegato, ci possono essere delle

lesioni simil-necrotiche e

tubulite con infiltrati PMN o

linfocitari nella compagine

tubulare. La tubulite appare come

edema interstiziale, presenza di

cellule infiammatorie nella parete

del tubulo, con rottura della

membrana basale e aumento della separazione tra i tubuli.

- Il tubulo contorto prossimale può essere dilatato con perdita della demarcazione dei bordi (tecnica

PAS).

- Possono essere presenti lesioni tubulari con rottura della membrana; in questi casi la proteina di

Tamm-Horsfall normalmente contenuta nel lume del tubulo si riversa nell’interstizio e richiama

abbondanti componenti della infiammazione (eosinofili in particolare). Frequentemente si

riscontra la presenza di eosinofili organizzati in “cluster “, mentre i neutrofili sono più rari.

- Nel circa 30% dei casi si evidenziano anche formazioni granulomatose: si vedranno piccoli

granulomi non caseificanti, con interstizio allargato.

Le lesioni istologiche possono anche aiutarci nel differenziare un processo acuto o cronico: il primo

è caratterizzato da edema, il secondo è caratterizzato da deposizione di materiale fibrotico. La

natura dell’infiltrato infiammatorio non è invece un criterio di distinzione.

A sinistra: nefrite interstiziale acuta da farmaci (diffusa infiltrazione interstiziale contenente anche

eosinofili con estesi danni tubulari); a destra: granuloma in corso di NI.

La diagnosi di certezza si ottiene solo in quei casi in cui la gravità del quadro clinico induce

all’esecuzione della biopsia renale.

Prognosi

L’evoluzione di questi quadri può essere favorevole dopo sospensione del farmaco oppure, in

presenza di proteinuria persistente con associato danno glomerulare, richiede terapia

corticosteroidea con approccio sovrapponibile a quello delle nefropatie primitive.

Il residuo di sequele, o il peggioramento della situazione renale è, di solito, la conseguenza della

mancata diagnosi eziologica.

Nefrite interstiziale immuno-allergica da FANS con sindrome nefrosica Può comparire dopo giorni o addirittura mesi (da 14 gg a 18 mesi) dall’esposizione al farmaco: in

questi quadri, oltre al danno tubulo-interstiziale, può comparire una più o meno marcata riduzione

della funzione renale che spesso esita in insufficienza renale cronica.

Patogenesi

La patogenesi non è nota; sembra coinvolto un meccanismo di danno ‘funzionale’, con aumento

della permeabilità capillare e conseguente perdita urinaria di proteine, mediata dallo ‘shift’ della

cascata dell’acido arachidonico verso la via lipossigenasica:

1) L'inibizione della COX-1 porterebbe infatti ad un'aumento della produzione di leucotrieni;

2) Questo potrebbe causare una permeabilizzazione dei capillari, sia glomerulari che

peritubulari;

3) Si ha dunque evoluzione a nefrite, con perdita di proteine.

Quadro clinico

- Assenza di febbre, rash, eosinofilia, eosinofiluria;

- oliguria, diminuzione della funzione renale, ematuria microscopica, proteinuria nefrosica (quindi >

3,5 g/24h!).

NB: quando oltre a indici di patologia tubulare troviamo anche una proteinuria non tubulare dobbiamo

sempre sospettare la sovrapposizione di una compromissione glomerulare.

Istologia

Si osserva un quadro di nefrite interstiziale, con Minimal Change Desease o Glomerulonefrite

Membranoproliferativa (spesso presente).

Rigetto interstiziale acuto Il rigetto acuto si manifesta in genere entro 5-10 giorni dopo l'intervento chirurgico se il paziente non

esegue la terapia con farmaci immunosoppressori; la probabilità di occorrenza per il trapianto di

rene è intorno al 65%. Un episodio singolo non è grave se riconosciuto e trattato immediatamente;

se il fenomeno capita più volte, tende a cronicizzarsi e a provocare il fallimento del trapianto.

Ecografia - Diminuita ecogenicità della corticale (a causa dell’edema), con perdita della differenziazione

cortico-midollare; l'edema è presente anche all'interno del seno renale, obliterandone il segno

ecografico (freccia).

- Sono possibili anche aree focali di ipoecogenicità per infarto parenchimale con necrosi ed

emorragia.

Microscopia elettronica Le alterazioni istologiche sono le stesse che si osservano nel rene nativo, ma in questo caso il

processo è promosso dai linfociti T che invadono il tessuto e producendo perforina e granzima

determinano atrofia tubulare fino a necrosi. Si osserva:

- Infiltrazione dell’epitelio tubulare da parte di linfociti (marker di rigetto interstiziale acuto!) e

plasmacellule (fig. 1: marcata infiltrazione linfoplasmocitaria);

- Edema ed obliterazione dei tubuli a causa dell'infiltrato (fig. 2).

NEFRITI INTERSTIZIALI CRONICHE Caratteristiche Le nefriti interstiziali croniche possono dipendere da:

1) un danno diretto, legato all’azione lenta e persistente di tossici o alla presenza di

infezioni batteriche recidivanti;

2) un danno indiretto conseguente a patologie croniche glomerulari e vascolari.

Le principali nefropatie croniche sono:

• Nefropatia cronica da analgesici;

• Nefropatia da erbe cinesi;

• Nefropatia dei balcani;

• Nefropatia interstiziale cronica tossica;

• Pielonefrite cronica;

• Nefropatia cronica da reflusso;

• Nefropatia cronica dismetabolica;

• Nefropatia cronica in corso di malattie sistemiche;

• Nefropatie croniche eredofamiliari.

Eziopatogenesi Ci sono diverse cause di nefriti interstiziali croniche:

- Reazioni immunoallergiche a farmaci (la maggior parte);

- Cause tossiche: farmaci, cronica esposizione ad agenti tossici ambientali (litio, cadmio e altri

metalli pesanti);

- Cause infettive: reflusso vescico-ureterale, pielonefriti recidivanti; - Cause sistemiche: sarcoidosi

LES, neoplasie, ecc. - Malattie metaboliche: iperuricemia, nefrocalcinosi; - Uropatia ostruttiva.

In oltre 2/3 dei casi l'eziopatogenesi è legata all’assunzione protratta di farmaci. Tra questi, un ruolo

di primo piano è giocato dai FANS:

- ASA e i metaboliti della fenacetina si ritrovano infatti concentrati nello spazio interstiziale

midollare, dove possono provocare un danno tessutale inducendo la perossidazione lipidica.

- Inoltre, ASA, inibendo la produzione di PG vasodilatatrici, può provocare un danno ischemico

della midollare renale.

NB: nelle forme croniche, contrariamente a quanto avviene per le forme acute, il danno tubulo-

interstiziale è direttamente proporzionale alle dosi e alla durata dell’esposizione all’agente

eziologico.

Clinica delle NTIC Presentazione clinica

La caratteristica clinica delle nefriti interstiziali croniche è la prevalenza, per una lunga fase della

malattia, delle disfunzioni tubulari sui segni di disfunzione glomerulare (talvolta completamente

assenti).

Le funzioni tubulari sono diverse nei diversi tratti del nefrone e d’altra parte le lesioni delle nefriti

interstiziali croniche sono spesso focali: per questo motivo i segni di disfunzione tubulare possono

essere rappresentati, a seconda dei casi, prevalentemente da un difetto prossimale, distale o

midollare.

In genere, comunque, è raro ritrovare una disfunzione tubulare pura, mentre è estremamente più

frequente il coinvolgimento contemporaneo di più tratti del tubulo.

Diagnosi

- Quadro urinario: sono riscontrabili leucocituria (con carattere di piuria e con batteriuria nella

pielonefrite cronica), microematuria, proteinuria modesta di tipo tubulare; tra le proteine escrete

quelle attualmente dosabili ed utilizzabili quale indice di danno tubulare sono la β2microglobulina

e la proteina di Tamm-Horsfall.

- Microscopia ottica: utile per gli elementi istologici differenziali in nefriti interstiziali acute e croniche;

l'’edema interstiziale è infatti caratteristico delle forme acute, mentre a caratteristica tipica delle

forme croniche è la presenza di fibrosi interstiziale. Gli elementi cellulari infiammatori NON sono

diversi nelle forme acute e croniche.

- L’ecotomografia mostra reni di dimensioni ridotte, con calici smussati e dilatati.

- Sono presenti i segni di insufficienza renale, con ipertensione arteriosa e anemia.

Prognosi

In queste patologie si osserva un progressivo decadimento della funzione renale.

La rimozione dell’agente eziologico è l’unico presidio terapeutico noto nel tentativo di evitare la

progressione del danno renale sino all’uremia terminale.

Complicanze

Il danno tubulo-interstiziale è un fattore di rischio importante nella progressione delle malattie renali.

Problemi emergenti nelle nefropatie interstiziali:

• Attenzione ai farmaci da banco e ai prodotti “alternativi” o “integrativi", che hanno

causato un'aumentata frequenza di NI;

• Attenzione alla aumentata frequenza delle pielonefriti acute per mutazioni genetiche

degli agenti infettanti, variazioni ambientali dei soggetti colpiti, resistenza ai comuni

antibatterici utilizzati (questi pazienti spesso diventano portatori di patogeni

multiresistenti).

Nefropatia cronica da analgesici/fenacetina Negli anni ’60 e ’70 l’uso di una combinazione di analgesici era diffuso in Australia, Canada e in

parte dell’Europa soprattutto tra donne di mezza età che soffrivano di cefalea. A partire dagli anni

’80 le reazioni avverse della fenacetina cominciarono a diventare evidenti al punto che molti Paesi

la ritirarono dal commercio. In concomitanza di ciò si osservò un declino della nefropatia interstiziale

cronica che era stata correttamente correlata al farmaco. E’ interessante ricordare che fu osservata

per la prima volta in Svizzera tra gli orologiai che assumevano massicce dosi di analgesici per la

cefalea legata alla loro minuziosa e stressante attività lavorativa.

Oggi la classica nefropatia da fenacetina è scomparsa, ma l’uso smodato di acetaminofene, aspirina

e altri FANS non selettivi si associa un danno renale in soggetti con normofunzione renale. In

considerazione del loro uso diffuso è di grande rilievo per la sanità pubblica l’impatto che tali farmaci

possono avere sull’epidemiologia delle malattie renali. Gli analgesici devono quindi essere usati con

cautela e il loro uso cronico deve essere scoraggiato!

Eziopatogenesi E’ causata dall'assunzione a lungo termine di più analgesici contenenti fenacetina o il suo principale

metabolita, il paracetamolo, in associazione ad aspirina, caffeina o codeina.

La fenacetina si accumula nella midollare renale, causando tossicità diretta sulle cellule vascolari: il

suo accumulo compromette infatti l’integrità endoteliale e disregola la produzione di prostaglandine.

L’ipossia che ne deriva ha molte conseguenze:

• Ialinosi vascolare dei vasi retti con sclerosi capillare e danno diretto sulle strutture tubulo-

interstiziali con necrosi papillare;

• Interferenza emodinamica con l’asse RAS.

Sequenza degli eventi fisiopatologici:

abuso di analgesici contenenti

fenacetina > sclerosi capillare nella

midollare renale > necrosi papillare >

nefropatia tubulo interstiziale > atrofia

corticale.

Quadro clinico Presentazione sintomatologica

La nefropatia da analgesici è

caratterizzata da: riduzione della VFG,

microematuria, proteinuria,

leucocituria, tubulopatia, ipertensione

arteriosa e necrosi papillare con

successiva deposizione di Ca2

(calcificazioni).

Sono associati: anemia (per

diminuzione dell'emivita delle RBCs per tossicità), ulcera peptica, carcinoma delle cellule

transizionali, accelerata aterosclerosi e precoce invecchiamento cutaneo. L’associazione con il

carcinoma transizionale (uroteliare) dipende dal fatto che fenacetina è un derivato dell’anilina, noto

cancerogeno dell’urotelio.

Il decorso clinico della lenta e progressiva riduzione della VFG associata a ipertensione arteriosa

può essere accompagnato da:

• Coliche renali con ematuria macroscopica ed emissione di coaguli da sindrome ostruttiva per

distacco delle papille necrotiche;

• Calcificazioni nelle sedi del distacco delle papille alle indagini radiologiche.

Per quanto riguarda il decorso clinico, la nefropatia da analgesici è causa del 3% di tutte le IRC in

Europa. Gli studi suggeriscono che il deterioramento della funzione renale può proseguire per anni

dopo la sospensione del farmaco, forse anche attraverso meccanismi secondari come l’ipertensione

e la malattia reno-vascolare.

Quadro morfologico

- Fibrosi interstiziale

- Infiltrato interstiziale linfo-monocitario

- Fibrosi periglomerulare

- Ischemia glomerulare

- Atrofia corticale

- Sclerosi capillare (patognomonica per danno cronico da analgesici)

- Necrosi papillare

- Calcificazioni.

“La classica nefropatia da analgesici fu definita come una malattia renale cronica bilaterale

caratterizzata da necrosi papillare, nefrite interstiziale cronica, atrofia corticale, sclerosi capillare e a

volte pigmentazione brunastra delle papille renali e della mucosa del tratto urinario“

Nel 1973 Mihatsch e altri provarono che la sclerosi capillare era la causa principale della necrosi

papillare e rappresentava inoltre la lesione patognomonica di nefropatia da analgesici.

Quadri di necrosi papillare completa:

Tecniche di imaging

Le tecniche di Tac e ecografiche permettono di evidenziare lo

stadio delle nefropatia in base a parametri di forma e

dimensione del rene, che col procedere della patologia

appare sempre più piccolo e raggrinzito.

Oltre a ciò è possibile evidenziare la presenza di

calcificazioni nella sede della necrosi papillare (visibili come

deposizioni di calcio nel parenchima, anche solo in una

radiografia senza mezzo di contrasto; freccia nell'immagine).

Evoluzione della patologia Prognosi

Numerosi studi dimostrano che il deterioramento del parenchima renale può protrarsi anche a lungo

dopo la sospensione del farmaco, con esiti di IR anche molti anni dopo l’abuso; il progredire del

danno potrebbe associarsi però a cause secondarie, come ipertensione e malattie reno-vascolari.

Tuttavia da quanto emerge da altre ricerche sembra osservarsi un miglioramento della funzione

renale in pazienti ex-abusatori dopo sospensione.

In generale si può asserire che il rischio maggiore è correlato all’assunzione di acetaminofene,

aspirina e FANS non selettivi (mentre per quanto riguarda i COX2 inibitori solo il rofecoxib sembra

associato a danno renale).

In generale, l’abuso di FANS in pazienti con patologie croniche renali è associato a maggiore

tendenza verso l’evoluzione in IRC.

Complicanze

Fenacetina è derivata dall’anilina, noto cancerogeno dell’urotelio: dopo metabolizzazione da parte

del citocromo P450 nel fegato il metabolita cancerogeno prodotto in sede epatica rimane a lungo

contatto con l’urotelio.

Dodici anni dopo la prima descrizione della nefropatia da analgesici avveniva la prima segnalazione

di neoplasie della vie urinarie negli “analgesic abusers “ (Hultengreen 1965).

Altre nefriti interstiziali croniche con origine tossica Nefropatia da erbe cinesi Patologia recente: l'inquadramento epidemiologico è cominciato all’inizio degli anni ’90 in Belgio, ed

è associata all’assunzione di preparati di erbe cinesi a scopo dimagrante.

Caso clinico

Paziente di 45 anni, sempre in buona salute, inizia ad assumere a scopi dimagranti polvere di erbe

cinesi nel marzo del 1994. Dopo tre mesi inizia a lamentare astenia, malessere generale edemi

saltuari agli arti inferiori; viene ospedalizzata nel gennaio del 1995 nel Reparto Nefrologico della sua

città per sintomatologia dolorosa in sede renale bilaterale, edemi ingravescenti ed ipertensione.

- Hb= 8.2 g/dl, Crs= 2,5 mg% Pto= 0.5 g.24h, Sedimento urinario con rari G.B., cilindri granulari ed

ialino granulosi. Indici immunologici negativi. P.A. 170/100.

- Quadro ecotomogafico: reni a dimensioni normali, alterata differenziazione cortico-midollare e

lieve riduzione dello spessore della corticale. Viene trattata con terapia ipotensiva.

- Il mese successivo incremento ulteriore della Crs a 5,5 mg% per cui viene eseguita biopsia renale.

MO: 16 glomeruli alcuni normali altri con segni ischemici; diffusa e severa fibrosi interstiziale con

atrofia tubulare del 70%. IF negativa. Maggio 1995: avvio del trattamento dialitico regolare.

Eziopatogenesi

L’eziologia della nefropatia da erbe cinesi ancora non è chiara; tuttavia è stata avanzata l’ipotesi che

il danno sia causato da un composto nefrotossico presente in queste erbe, l’acido aristolochico, il

quale presenta affinità strutturali con la fenacetina.

Quadro clinico

Il quadro sintomatologico è grave: edemi, ipertensione, proteinuria modesta, cilindruria; può evolvere

fino all’IRC. Anche qui si è osservata inoltre una correlazione con il carcinoma di cellule transazionali.

Per la diagnosi:

- Immunologia negativa;

- All’ECO alterata differenziazione cortico-midollare.

- Microscopia ottica: i glomeruli sono normali, ma sono presenti segni di sofferenza interstiziale

periglomerulare (corticale) con fibrosi massiva e atrofia tubulare.

Nefropatia dei balcani Epidemiologia

E' una nefro-tubulopatia ad andamento cronico, endemica nei piccoli villaggi agricoli dei Balcani

situati nelle piane circostanti gli affluenti del Danubio; la distribuzione geografica non si è modificata

da quando la malattia fu descritta per la prima volta negli anni ’50.

La prevalenza nella popolazione a rischio varia dal 2-10%. Emigranti e immigranti sviluppano la

malattia se esposti sufficientemente a lungo all’agente causale nelle aree endemiche.

Eziopatogenesi

E' ancora ignota. Sono state avanzate ipotesi di cause genetiche, infettive (virus?), metaboliche

(deficienza di selenio?) e tossiche (esposizione cronica).

E’ probabile che su una predisposizione genetica si instauri un meccanismo di danno tossico per

esposizione a micotossine, in particolare all’ocratossina A prodotta da miceti del genere Aspergillus

e Penicillum (strutturalmente affine all’acido aristolochico e contaminante diffuso di numerosi

alimenti): è una sostanza cancerogena, teratogena, mutagena e immunosoppressiva, nefrotossica

in numerosi animali e probabilmente anche nell’uomo.

A confermare questa ipotesi:

- I cereali delle zone endemiche sono stati trovati positivi a questa tossina, in dosi maggiori rispetto

a prodotti di aree non endemiche;

- La tossina è stata rinvenuta nel sangue di pazienti affetti da nefropatia dei Balcani.

- Addotti ocratossina A-DNA sono stati trovati in cellule transizionali tumorali di pazienti in aree

endemiche.

Quadro clinico

Clinicamente si osserva:

- Alterazioni da danno tubulare: perdita tubulare di Na+, proteinuria tubulare;

- Raramente ipertensione, assenza di edemi, anemia; - Sedimento urinario

scarso, ma presenza di cilindruria ialina; - Pallore/xantocromia (= colorazione

gialla) di palmi e piante.

La comparsa di ematuria è spesso soggettiva di carcinoma transizionale.

Anatomia patologica:

1) Macro: reni normali o ridotti;

2) Micro: precoce atrofia tubulare e fibrosi, modesto infiltrato mononucleato, scarso

interessamento glomerulare, assottigliamento dei vasi e dilatazione dei vasi linfatici.

Si ha un'evoluzione progressiva verso l’IRC intorno alla 4°-5° decade. Osservata ancora una volta

l’associazione con un aumentato rischio di sviluppare un carcinoma di cellule transizionali.

Nefrite interstiziale cronica tossica Il litio, somministrato cronicamente, determina:

1) Una forma di diabete insipido nefrogeno a causa dell’azione tossica sui tubuli collettori;

2) In un secondo momento può indurre una fibrosi interstiziale diffusa con meccanismi non

ancora del tutto chiariti.

La somministrazione cronica di ciclosporina può provocare una nefropatia caratterizzata da una

fibrosi interstiziale focale o diffusa legata, verosimilmente:

- Da una parte, ad una cronica vasocostrizione renale;

- Dall’altra, ad un’azione diretta del farmaco a livello vascolare e tubulare dove indurrebbe la sintesi

di fattori di crescita profibrotici.

Altre sostanze ad azione tossica sul rene che inducono una nefrite cronica sono i metalli pesanti, in

particolare piombo e cadmio. E’ noto che il cadmio lega una proteina epatica, la metallotionina,

formando un complesso molto stabile con emivita biologica di 10 anni. Tale complesso, concentrato

a livello del tubulo prossimale, in caso di prolungata esposizione ambientale, provoca una nefrite

con i caratteri della disfunzione tubulare.

Pielonefrite cronica Un'altra causa di nefrite cronica è rappresentata dalle infezioni: la presenza di infezioni batteriche

ricorrenti o persistenti porta a PNC.

NB: E’ importante ricordare che la pielonefrite cronica NON è legata alla PNA. Questa infatti, in

assenza di situazioni anatomiche predisponenti, si risolve senza lasciare danni permanenti!

Epidemiologia

Tale forma è particolarmente frequente nei pazienti che presentano malformazioni anatomiche

(reflusso vescico-ureterale e ostruzione delle vie urinarie) che, determinando stasi delle urine a

livello della pelvi renale, facilitano la persistenza delle infezioni batteriche.

Quadro clinico

Anatomia patologica macroscopica:

- La perdita di parenchima renale conseguente al danno esita in una riduzione delle dimensioni dei

reni;

- La corticale risulta assottigliata e la superficie esterna presenta numerose e irregolari cicatrici

depresse;

- Può essere presente idronefrosi a causa dell’aumento della pressione luminale, con dilatazione

marcata della pelvi e dei calici.

In microscopia ottica i glomeruli appaiono ravvicinati a causa della perdita del parenchima

circostante. Sono presenti fibrosi interstiziale e periglomerulare, atrofia tubulare e infiltrato

infiammatorio misto.

La PNC si può presentare con poliuria, deplezione salina e diminuita capacità di concentrare le urine;

si ha una lenta progressione verso l’IRC.

Nefropatia cronica da reflusso Epidemiologia

E' frequente in età infantile: rappresenta la prima causa di IRC terminale nei bambini.

Eziopatogenesi • Congenita: la valvola uretero-vescicale è incompleta, malformata o assente.

• Acquisita: per la presenza di un reflusso transitorio causato da un’infezione batterica.

Compare spesso nel neonato: generalmente si risolve, ma a volte può perdurare. La noxa

patogenetica è di tipo meccanico, con possibile sovrapposizione infettiva.

Quadro clinico Spesso è misconosciuta, ed è preceduta da episodi febbrili inspiegati, disuria e pollachiuria. Il reperto

urinario è positivo per leucocituria e batteriuria.

Anatomia patologica

I reni sono rimpiccioliti, la corticale è assente e la midollare è a contatto con la capsula. L’irregolarità

della superficie del rene dovuta alla deposizione di tessuto cicatriziale fibrotico rende l’organo più

passibile ad infezioni.

La diagnosi è ecografica e scintigrafica; ci sono 5 gradi di

reflusso.

Terapia

Una volta il trattamento era sempre chirurgico. Oggi si

preferisce la terapia medica, (trattamento delle infezioni e

ginnastica vescicale ovvero svuotamento frequente) tranne

che per reflussi di grado 4 o 5.

Nefriti interstiziali dismetaboliche La nefrite interstiziale si sviluppa spesso nell’ambito di disordini metabolici come:

• Iperuricemie croniche (per deposizione di cristalli di urato a livello interstiziale)

• Iperossalurie

• Ipercalcemia cronica

Nefrite interstiziale cronica in malattie sistemiche In alcune condizioni sistemiche si è osservata la presenza di IgG contro la membrana basale

tubulare:

• Sarcoidosi (all'ottica si nota la presenza di granulomi non caseificanti)

• LES (all'immunofluorescenza, presenza di depositi di IgG nelle membrane basali tubulari,

più frequente nei pazienti con nefrite lupica attiva focale o diffusa)

• Trapianto renale (danno parenchimale)

• E’ stata descritta inoltre una nefrite da radiazione ionizzanti.

Nefriti interstiziali croniche eredo-familiari Eziopatogenesi Determinate da mutazioni del gene per l’uromodulina, proteina (detta anche di Tamm-Horsfall)

espressa sulle cellule del tratto discendente dell’ansa di Henle e del TCD. La proteina mutata

determina:

- Alterazioni del trasporto transmembrana delle cellule tubulari con accumulo di materiale nel

citoplasma cellulare e successiva degenerazione; ciò determina la formazione di cisti.

- Il danno può anche essere diretto, da accumulo di proteina modificata all'interno delle cellule

tubulari.

Quadro clinico Esistono 2 forme della malattia:

1) Malattia cistica della midollare (che presenta un numero maggiore di cisti);

2) Nefropatia iperuricemica familiare giovanile.

Manifestazioni cliniche: poliuria, iperuricemia, gotta (con episodi già in età giovanile), deficit di

concentrazione delle urine, IRC.

Morfologicamente, oltre al classico quadro di nefrite interstiziale cronica (atrofia tubulare, fibrosi

interstiziale), caratteristica della malattia è lo sviluppo di cisti a livello della midollare renale (costante

nella malattia cistica e meno frequente nell'altra forma).

La diagnosi si basa su storia familiare, presenza di episodi di gotta già in età giovanile e il riscontro

ecografico di cisti nella midollare; la conferma diagnostica si ha con l'analisi genetica.

Non esistono terapie specifiche e si è discusso se la riduzione dell'iperuricemia possa rallentare il

decorso della malattia.

MALATTIE GENETICHE TUBULARI

Insufficienza tubulare prossimale (sindrome di Fanconi) Il tubulo prossimale è il sito dove il riassorbimento è quantitativamente più importante (65-70%). Tale

riassorbimento massivo avviene grazie al flusso di Na e Cl dal tubulo all’interstizio: i vari elementi

vengono riassorbiti grazie al gradiente o tramite meccanismi di trasporto specifici, o ancora tramite

il trasporto paracellulare.

Questo complesso meccanismo può essere compromesso da deficit isolati dei singoli trasportatori,

che si riflettono in modo più o meno importante sul riassorbimento di tutte le altre molecole: ogni

difetto in questa sede avrà pertanto alterazioni specifiche, più un corredo comune detto Sindrome

di Fanconi (non necessariamente saranno presenti tutti gli aspetti della sindrome di Fanconi).

Manifestazioni cliniche • Aminoaciduria

• Fosfaturia e disordini ossei

• Acidosi tubulare prossimale

• Glicosuria normoglicemica

• Proteinuria tubulare (< 3.5 g/die)

• Poliuria con perdita di Na e Cl

• Ipercalciuria

Sindrome di Dent In questa sindrome è mutato uno scambiatore

elettrogenico H+/Cl- coinvolto nell’acidificazione dei

lisosomi; viene pertanto bloccato il processo di

riassorbimento proteico che avviene tramite l’endocitosi

megalina-dipendente.

Tra le proteine normalmente riassorbite grazie a questo

sistema c’è la vitD-Binding Protein, che permette

l’assorbimento tubulare della vitD e la sua idrossilazione.

Effetti: proteinuria tubulare, rachitismo, ipercalciuria.

Malattie genetiche del tubulo distale Sindrome di Bartter

E' causata dall'incapacità del tubulo retto distale di

riassorbire Na+ e Cl-:

-Bartter I: prenatale, è mutato il cotrasporto Na/K/Cl

(NKCC);

-Bartter II: prenatale, è mutato il canale che perde K+ e

permette il funzionamento dell’NKCC tenendo il voltaggio

del lume positivo;

-Bartter III: forma classica, è mutato il canale

basolaterale del Cl-;

-Bartter IV: mutata la bartina, proteina attivante la

subunità β del canale del Cl

La preurina, a causa di queste mutazioni, giunge alla

macula densa con eccesso di Na+ e Cl-, si attiva

massivamente il riflesso tubulo-glomerulare: aumentano

la secrezione di renina e dunque di aldosterone e le

prostaglandine, causando un massivo riassorbimento di

Na+ e Cl- nei dotti collettori con perdita di K+ e H+.

Gli effetti saranno dunque ipokaliemia, alcalosi, normo-ipotensione (per eccesso di prostaglandine

e incompleto riassorbimento di Na+).

L’ipokaliemia causa diabete insipido con poliuria.

Sindrome di Gitelman E' caratterizzata dall'incapacità del tubulo contorto

distale di riassorbire Na+ e Cl-, poiché è mutato il

cotrasporto Na/Cl sensibile ai tiazidici.

La patogenesi e il quadro clinico sono simili alla

sindrome di Bartter; tuttavia questo segmento è anche

essenziale per il riassorbimento di calcio, in quanto

l’eccesso di Na+ nel tubulo determina il riassorbimento

di calcio (si osserverà dunque ipercalcemia). La causa

dell’ipomagnesemia è ignota.

I sintomi sono spesso moderati e la diagnosi si pone in

adolescenza.

Bartter e Gitelman a confronto

In pratica è come prendere i diuretici a vita! Nella

sindrome di Bartter viene bloccato il meccanismo di

riassorbimento dipendente dall’NKCC ovvero il

bersaglio della furosemide, nella Gitelman è bloccato il

bersaglio dei tiazidici ovvero l’NCC.

I sintomi da intossicazione cronica da diuretici sono

esattamente gli stessi.

Acidosi tubulari Caratteristiche Sono un insieme di acidosi metaboliche dovute a disfunzione tubulare; a seconda della sede e del

tipo di difetto le caratteristiche possono differire considerevolmente.

Meccanismi di acidificazione urinaria

Tubulo prossimale e tubulo distale (ansa funzionale)

Il tubulo prossimale riassorbe completamente il bicarbonato filtrato; l’ulteriore riassorbimento di

bicarbonato ad opera del tubulo retto distale comporta escrezione protonica e abbassamento del pH

della preurina.

Dotto collettore: cellule intercalate A e B

I due tipi di cellule intercalate (A a sinistra, B a destra) svolgono ruoli opposti, pertanto nel dotto

collettore le urine possono essere acidificate o alcalinizzate; la regolazione del processo è data

perlopiù da processi di autoregolazione basati sul pH.

Per esempio l’H+-ATPasi è accumulata in vescicole che vengono fuse alla membrana in base alle

variazioni del Ca intracellulare indotte dal pH: il Ca induce una vescicolazione SNAP-mediata così

come avviene nelle sinapsi.

Ammonio

L’ammonio è un tampone fondamentale per l’escrezione di H+ in quanto non incrementa l’acidità

titolabile; inoltre grazie ad un ricircolo simile a quello dell’urea permette il mantenimento del

gradiente cortico-midollare. La produzione di ammonio è stimolata dall’aldosterone.

Relazione tra gli ioni: sodio, potassio e protoni

- Nel dotto collettore il riassorbimento di Na+ causa diminuzione del riassorbimento di K+ e H+ per

compensazione di carica (questo fenomeno è iperespresso nell'iperaldosteronismo e nell'uso dei

diuretici non risparmiatori del K+).

- A loro volta, K+ e H+ sono in antagonismo nel dotto collettore, in quanto le cellule intercalate li

scambiano (sempre per compensazione di carica).

Esempi di acidosi tubulari Acidosi tubulare distale (tipo 1)

È mutato lo scambiatore Cl/HCO3 delle cellule intercalate di tipo A (raramente la H+ ATPasi) e viene

dunque meno il meccanismo di riassorbimento di HCO3- del collettore. Come meccanismo di

compenso:

- viene aumentato il riassorbimento osseo (aumenta il tampone fosfato);

- inoltre il Ca è scalzato dal legame con l’albumina a causa dell’abbassamento del pH

Conseguentemente aumentano il calcio ionizzato e la calciuria; la perdita urinaria di calcio, fosfati e

altri ioni aumenta il volume urinario (poliuria) e conseguentemente viene aumentato il riassorbimento

di sodio tramite l’aldosterone. L’iperaldosteronismo cronico induce ipokaliemia. Poiché è

compromessa la secrezione di H, il pH urinario non può scendere sotto il valore di 5.5.

Acidosi tubulare prossimale (tipo 2)

Può essere secondaria alla sindrome di Fanconi, oppure essere dovuta a mutazioni del cotrasporto

basale Na/HCO3 (NBC1): il tubulo prossimale ha quindi un difetto parziale di riassorbimento del

bicarbonato.

L’HCO3 ematico cala fino al valore che permette al tubulo un riassorbimento totale, si crea un nuovo

equilibrio e tutti gli acidi prodotti in eccesso rispetto al nuovo set-point vengono escreti; le urine

pertanto possono essere normalmente acidificate dal tubulo distale ed il pH è inferiore a 5.5.

L’ipercalciuria e l’accelerato turnover osseo riconoscono gli stessi meccanismi dell’acidosi distale.

Acidosi tubulare mista (tipo 3)

E' una rarissima forma di acidosi autosomica recessiva, caratterizzata dalla mutazione dell’isoforma

“renale” (tipo IV) della anidrasi carbonica. Essendo tale enzima essenziale sia nel nefrone distale

che nel prossimale le caratteristiche sono un mix di quelle delle acidosi di tipo I e II. Deficit connessi:

ritardo mentale e osteoporosi (osteopetrosi).

Acidosi tubulare distale (tipo 4)

1) È una patologia acquisita nella maggior parte dei casi, può essere causata da qualsiasi

difetto della produzione/azione dell’aldosterone (prima causa sono i farmaci che

inibiscono RAS9).

2) Raramente è genetica: dovuta a una mutazione inattivante del canale del Na+ stimolato

dall’aldosterone (ENaC o canale sensibile all’amiloride).

Il deficit funzionale di aldosterone causa perdita di Na+ e mancata escrezione di K+ e H+, pertanto

si ha acidosi iperkaliemica. Il deficit di aldosterone causa deficit di ammonio pertanto i protoni escreti

(seppur dimuniti) vanno tutti ad aumentare l’acidità titolabile: le urine hanno pH < di 5.5.

Malattie ereditarie cistiche del rene Caratteristiche Le cisti sono presenti in molte malattie ereditarie o acquisite, che possono essere limitate al rene o

sistemiche, e possono comparire a tutte le età; il danno renale può essere variabile.

Si trasmettono con ereditarietà: AD, AR, XL.

La rapida accelerazione delle conoscenze biochimiche, molecolari e modelli animali ha permesso di

capire che le malattie cistiche sono derivanti da difetti di proteine del ciglio e del centrosoma:

mutazioni di geni codificanti per proteine espresse nel ciglio primario o nel centrosoma portano ad

alterazione dei normali meccanismi di differenziazione delle cellule epiteliali tubulari (cistogenesi).

Epidemiologia

La patologia policistica di tipo dominante si manifesta nell'età adulta mentre la forma recessiva ha

una forte prevalenza nell’infanzia (come anche la forma TSC). Altre forme sono ugualmente

distribuite nelle varie fasce di età.

ARPKD: Autosomic Recessive Policistic Desease E' un complesso di malformazioni ereditarie, con vari gradi di dilatazione del dotto collettore e ectasia

dei dotti biliari.

La prevalenza è di 1/20,000 nati vivi, più frequente nei caucasici.

Patogenesi

Fibrocistina/poliductina è una proteina localizzata nel ciglio primario e nel centrosoma della cellula

epiteliale renale; essa media la differenziazione terminale dei dotti collettori e dei dotti biliari ed è

presente in numerose isoforme, derivanti dallo splicing alternativo del gene PKHD1.

In presenza di alterazioni di questa proteina il processo patogenetico comincia nell’utero, ove la

dilatazione di tipo fusiforme dei dotti si impone sul normale sviluppo. Inoltre, lesioni a livello dei dotti

biliari portano allo sviluppo di fibrosi portale.

Manifestazioni cliniche

Gli aspetti clinici dipendono dal tipo di mutazione.

- In feti severamente affetti si osservano reni iperecogeni allargati e oligoidramnios (fenotipo Potter:

lung, facies, limbs, spine).

- Raramente l’ipofunzione renale è causa di morte neonatale; ciò che cambia la prognosi è

l’ipoplasia polmonare.

- Coloro che sopravvivono sviluppano ipertensione severa (70-80%), insufficienza renale, difetto di

concentrazione e diluizione oltre che iponatriemia, proteinuria, ematuria macro o microscopica,

ed eventualmente piuria.

Nei primi sei mesi di vita i pazienti possono avere un lieve miglioramento della GFR; in seguito però

tendono a sviluppare insufficienza renale nell’adolescenza o nell’età adulta.

In questi casi complicazioni epatiche cambiano la prognosi:

Ipertensione portale (sanguinamento gastro-intestinale, epato-splenomegalia e

ascite)

Colangite suppurativa ascendente (insufficienza epatica fulminante).

Diagnosi

• Ultrasuono fetale: reni ecogeni, oligoidramnios, ridotta urina nella vescica (ciò si osserva

dalla 16esima settimana);

• Test genetici: analisi dell’aplotipo o diretta analisi del gene PKHD1.

• Eco postnatale: reni simmetricamente allargati e diffusamente ecogeni con scarsa

demarcazione dai tessuti circostanti; midollare iperecogena con piccole cisti diffuse (sotto i

2 cm). Le cisti e la fibrosi possono alterare il margine dell’organo; possono essere inoltre

presenti ectasia pelvica (25%) e calcificazione (50%).

Prognosi

La mortalità perinatale è del 30-50%; per coloro che sopravvivono al primo mese di vita la

sopravvivenza a 5 anni è del 80-95%. Neonati con Crs > di 2.2 mg/dl procedono verso un quadro di

end stage renal desease in 5 anni.

Alcuni pazienti richiedono il trapianto di rene e fegato.

Terapia

- Terapia intensiva nel neonato;

- Monitoraggio pressorio (trattamento con ACE inibitori e diuretici dell’ansa), dello stato di

idratazione, dell’equilibrio acido base, dell’ipertensione portale.

- Importante è anche evitare infezioni e procedere a trattamenti tempestivi; la dialisi a lungo termine

è stata associata a impairment educativi e cognitivi.

- Il trapianto di fegato-rene si effettua sia da donatore vivente che da cadavere (ma tuttavia si

presentano frequentemente in questi pazienti dopo trapianto colangite ricorrente, ipertensione

portale e Sindrome di Caroli).

ADPKD: Autosomic Dominant Policistic Desease Patologia multisistemica caratterizzata da:

• Multiple cisti renali bilaterali, cisti in altri organi (es. fegato, pancreas, aracnoide, vescicole

seminali)

• Manifestazioni non cistiche (prolasso valvola mitrale, aneurismi intracranici, ernie intestinali,

anomalie vascolari quali dissecazione arterie coronarie o aorta toracica).

Associazioni: ipertensione, infezioni delle vie urinarie, nefrolitiasi, IRC.

Trasmissione autosomica dominante (con il 100% di penetranza, ma espressione variabile).

Epidemiologia

E’ la più comune patologia ereditaria renale (causa del 7-10% dei pazienti in dialisi del mondo a

causa della progressione verso l'ESRD).

Colpisce tutte le razze (meno negli Africani) e si osserva maggiore incidenza nei maschi.

Eziologia

Mutazioni del gene PKD1 sul cromosoma 16 (16p13.3) nell’85% dei casi, oppure del gene PKD2

sul cromosoma 4 (4q21) nel 15% dei casi.

ADPKD è geneticamente e fenotipicamente eterogeneo: la presentazione clinica è simile, ma vi sono

variazioni individuali e legate al tipo di mutazione (età di insorgenza, velocità di progressione,

manifestazioni extrarenali). E’ verosimile un’interazione tra fattori genetici e ambientali.

Questi due geni codificano per due glicoproteine multifunzione, essenziali per mantenere la

differenziazione fenotipica dell’epitelio tubulare; PC1 e PC2 sono espresse non solo dalle cellule

epiteliali (ma anche da cellule muscolari lisce, cardiomiociti ecc.).

• Policistina 1: lungo domain extracellulare, 11 domains transmembrana e piccola coda

citoplasmatica, di circa 500 kD. E' una proteina multifunzione, con un ruolo importante

nell’adesione cellula-cellula/matrice e nella funzione ciliare; il tratto C-terminale interagisce

fisicamente e modula la funzione della policistina 2 e attiva anche un elevato numero di vie

intracellulari (G-protein, Wnt, JAK/STAT) che regolano morfogenesi e differenziazione

cellulare.

• Policistina 2: è una proteina più piccola (110 kD), con tratti N e C-terminale

intracitoplasmatici, e 6 domains trans membrana. Agisce come canale del calcio che regola

l’omeostasi del calcio intracellulare; potrebbe agire regolando il trasporto della policistina 1

dal reticolo endoplasmatico alla membrana plasmatica.

ADPKD è ereditata secondo trasmissione autosomica dominante, tuttavia alcune evidenze

suggeriscono che a livello molecolare la trasmissione possa essere recessiva; analisi di epitelio

derivato dalle cisti hanno rilevato che in queste cellule l’allele sano va incontro a una mutazione

somatica, risultante in una omozigosi con perdita del gene PKD1 o 2. Questo secondo “hit” permette

alla singola cellula in omozigosi di proliferare. Il tempo di attivazione potrebbe essere la ragione della

variabilità del fenotipo. Sembra, infafatti, che le cellule tubulari con una sola mutazione di PKD1

siano in grado di formare il complesso PKD1 e 2 che è un sensore del flusso tubulare; quando invece

entrambi gli alleli del gene sono mutati la funzione di sensore è persa. Pertanto essa prolifera e

forma delle cisti che si allargano per aumento della secrezione di fluido.

La patologia dà segno di sé nell’età adulta (a 30/40 anni circa): il processo genetico è latente per

molti anni. Dopo le prime manifestazioni la patologia evolve più o meno rapidamente; di solito l’EGFR

è stabile per molti anni, ma quando arriva al 50% precipita poi rapidamente.

Pazienti con mutazione di policistina 2 sviluppando IRC più lentamente di quelli con mutazione di

policistina 1; è inoltre l’unico caso in cui la progressione verso ESRD si associa ad aumento delle

dimensioni dell’organo.

Patogenesi

Il ciglio è una struttura molto conservata filogeneticamente; sono meccanosensori, fotorecettori,

sensori olfattivi.

Ci sono, nel nostro organismo, quattro tipi di ciglia; tra questi,

il ciglio non mobile è quello con funzione di meccanosensore

a livello dell’epitelio tubulare renale.

- Il flusso urinario piega il ciglio causando un flusso

transitorio di Ca++ attraverso PC1-PC2 che stimola il

rilascio di Ca++ dai depositi intracellulari; quest'onda

viene propagata alle cellule adiacenti.

- Modificazioni del Ca++ regolano multiple funzioni

cellulari, incluse l’espressione genica, il ciclo cellulare, la

differenziazione e l’apoptosi.

Quando il flusso urinario è ridotto, all’interno della cellula è

trasdotto un segnale antiapoptotico e proliferativo (è un

meccanismo di difesa). Questo stesso pathway di

segnalazione sembra essere implicato nella rigenerazione

del tessuto tubulare dopo insulto tossico, ci sono quindi punti

in comune tra il processo riparativo tubulare e la

sovracrescita cistica.

Nelle ciliopatie, si ha inabilità a “sentire” stimolo esterno o a processarlo.

Il flusso urinario determina una cascata di segnalazione intracellulare con attivazione di inversina

(NPHP2) e della via Wnt-Frizzled.

Anomalie nella regolazione della cascata del segnale Wnt (glicoproteine per sviluppo embrionale e

rigenerazione tissutale) e un anomalo orientamento del fuso mitotico determinano allargamento del

tubulo e formazione delle cisti.

Ruolo del cAMP nel promuovere lo switch verso il

pattern secretorio e nel modulare la crescita e la

proliferazione cellulare:

- A livello dell’epitelio tubulare, la secrezione di

acqua nel lume cistico è diretta conseguenza

dell’entrata di cloro dalla membrana

basolaterale (attraverso il cotrasporto Na-Cl e

NKCC) e della sua uscita nel lume attraverso

canali apicali del cloro cAMP-dipendenti.

- Farmaci che riducono la disponibilità di cAMP

intracellulare come vasopressina e

somatostatina sembrano inibire la crescita delle

cisti.

Diagnosi

• Storia familiare di patologia cistica nel 60% dei pazienti.

• Cisti multiple bilaterali all’ECO, TAC, RMN.

• Diagnosi basata sul DNA: DNA sequencing.

RM mette in relazione l’aumento volumetrico delle cisti con la caduta del filtrato.

Manifestazioni cliniche del rene policistico

• Grandi cisti alla periferia del rene

portano ad ostruzione del flusso

urinario e dolore;

• Cisti a sviluppo intrarenale

portano a perdita della funzione

renale con sanguinamento e

dolore;

• Cisti di piccole dimensioni

aumentano la pressione

intraparenchimale con perdita

della funzione.

Dolore: presente in circa il 60% dei

pazienti, è il sintomo più comune.

Gradazione: varia da una vaga

pesantezza a dolore violento e

persistente; può essere frequentemente associato all’ingrandimento delle cisti, al sanguinamento

intra e pericistico e alle infezioni. Non c’è differenza tra pazienti con o senza insufficienza renale.

Per quanto riguarda la sede:

- Schiena: in più del 60% è continuo o quotidiano, e il 25% assumeva già analgesici al momento

della diagnosi (da FANS a codeina) con rischio di abuso e peggioramento/comparsa dell’IRC;

ha una distribuzione gaussiana dell’intensità.

- Addome: solo nel 27% è continuo o quotidiano, il 17.5% assumeva analgesici.

Durante il lungo percorso della malattia, l’ingrandimento delle cisti può causare un dolore sordo e

cronico: le aumentate dimensioni renali si accompagnano infatti ad ipertrofia del gruppo

lombosacrale. Un'altra fonte dolorosa è la distensione della capsula.

Spesso il dolore è la causa per cui si arriva all'approccio chirurgico:

- intervento decompressivo tradizionale: permette il controllo del dolore (e secondariamente

anche un migliore controllo pressorio);

- altre possibilità di trattamento delle cisti sono l'aspirazione o la marsupializzazione in

laparoscopia.

Ematuria

• In genere da rottura di cisti nella via escretrice

• Persiste anche per giorni

• Altre cause: infezioni, calcolosi (20% dei pazienti), tumori delle vie urinarie

• Prevalenza dell’ematuria micro + macroscopica: 64%

• Non va considerata in partenza un sintomo benigno

• Un sanguinamento intracistico massivo può portare ad ostruzione per distensione.

Macroematuria (60% dei pazienti): è dovuta a fragilità dei vasi, trauma e neoangiogenesi che portano

a sanguinamento delle cisti; si avrà macroematuria se ciò riguarda il sistema collettore o un ematoma

retroperitoneale se è una compressione sottocapsulare (emoperitoneo è comune in questi pazienti).

Evento precipitante: strenua attività fisica.

Complicanze

❖ Dolore

❖ Infezioni (infezioni e litiasi sono dovute al ristagno del liquido cistico)

❖ Sanguinamenti

❖ Ostruzione meccanica

❖ Progressione dell’insufficienza renale

❖ Ipertensione

❖ Tumori (possono instaurarsi su un substrato patologico di sovracrescita cistica)

Tumori renali

• Sempre da mettere in diagnosi differenziale;

• Opportuno controllo periodico con ecografia e citologici ordinari;

• Il carcinoma renale è abbastanza raro; frequentemente è bilaterale o multifocale;

• Come per le cisti renali acquisite sono elementi di sospetto: multilocularità, calcificazioni

puntiformi moderate, margini irregolari, ispessimento e enhancement dei setti;

• In generale la presenza di un rene policistico tende a fare sottostimare la presenza di

neoplasie: difficoltà diagnostica;

• Sia i tumori uroteliali sia quelli renali possono insorgere anche precocemente (<40 anni).

Infezioni

• Infezioni delle basse vie: irritazione vescicale (disuria, pollachiuria, stranguria);

• Infezioni alte non complicate: febbre, brividi, dolore lombare, nausea/vomito (non sempre

sono coinvolte le cisti);

• Infezioni alte complicate con infezione delle cisti: febbre elevata, dolore fianco/lombare,

urinocoltura negativa (emocolture talora positive). Diagnosi differenziale: cisti emorragica

(con TAC, RMN). Aspirazione cisti ECO/TAC guidata. Queste tendono ad ascessualizzare.

Terapia

1. Infezioni basse: breve ciclo antibiotici orali;

2. Infezioni alte non complicate (pielite, pielonefrite): antibiotici ev (ceftriaxone o piperacillina/

tazobactam), eventualmente poi aminoglicosidi per os. Terapia lunga (nella PNA anche 4-6

settimane)

3. Infezioni alte complicate (infezione delle cisti, ascessi):

o farmaci lipofilici che penetrano nelle cisti;

o bactrim, chinolonici, cloramfenicolo, aminoglicosidi;

o durata lunga di terapia (anche oltre 6 settimane);

o drenaggio percutaneo-chirurgico: ascesso perinefrico.

Calcoli

• Incidenza: circa il 20% dei pazienti

• Acido urico e/o calcio ossalato

• Diagnosi a volte non agevole per anatomia (ETG e/o Uro-Tc)

Prevenzione e trattamento come nel non-ADPKD

- Idratazione

- Correzione fattori metabolici

- Rimozione endoscopica o litotripsia (traumi)

- Più spesso frammenti residui

Patologia valvolare

• Prolasso della mitrale: valvulopatia maggiormente frequente (25%dei pazienti).

• Insufficienza mitralica, insufficienza tricuspidale e prolasso della tricuspide: < frequenza (ma

> rispetto alla popolazione generale).

• Insufficienza aortica riportata spesso in associazione alla dilatazione dell’arco aortico.

Istologicamente: degenerazione mixoide come in Marfan e Ehlers-Danlos.

Evoluzione molto variabile nelle casistiche, raramente richiedono intervento CCH. Screening

se EOC o storia familiare positiva.

Cisti epatiche

Riportate nel 50% dei pazienti circa.

Aumentano con l’età e la severità della patologia cistica, tuttavia la funzione epatica è conservata;

più comunemente si sviluppano nelle donne con cisti più grandi; sembra che un ruolo importante sia

giocato dagli ormoni (un allargamento massivo epatico con grosse cisti è stato riportato quasi

esclusivamente nelle donne).

In questo caso il trapianto di fegato è indicato, spesso prima del trapianto si rimuove il rene cistico

per fare spazio ai nuovi organi: nefrectomia di bonifica.

Aneurismi cerebrali

• Nell’uomo, sia PKD1 sia PKD2 sono fortemente espressi nelle cellule muscolari lisce della

parete vascolare arteriosa;

• Prevalenza variabile, in genere 6-13% dei pazienti con ADPKD, compresi il 54% dei casi con

funzione renale normale (e 1/3 senza ipertensione);

• Età media 39-41 anni (una decade prima rispetto alla popolazione generale, ma simile a

pazienti con storia familiare di rottura di aneurismi cerebrali);

• Correlazione con storia familiare positiva (ICA e/o SAH) e con la durata dell'ipertensione

arteriosa;

• Non correlazione in ADPKD con età, sesso, ipertensione, fumo;

• Rottura di un aneurisma è evento drammatico (45% mortalità a 30 giorni; 30% dei

sopravvissuti ha disabilità neurologiche residue, paralisi, demenza);

• Sintomi: improvviso e fortissimo mal di testa (“esplosione nel cranio”), 20-50% dei pazienti

nelle settimane precedenti presenta cefalee minori e poco estese (modesti episodi di

sanguinamento, prodromici di una completa rottura);

• Popolazione generale: localizzazione maggiore nel circolo posteriore, ADPKD:

localizzazione più frequente nel circolo anteriore (arteria cerebrale media, arteria carotide

interna).

Terapia

Dialisi

I dati indicano che pazienti con ADPKD hanno miglior prognosi in dialisi rispetto alla popolazione

con ESRD da altra causa (specialmente over 47 anni); inoltre le femmine hanno prognosi migliore.

Il mantenimento della Hb in range adeguato è più facile e il fabbisogno di eritropoietina è minore,

infatti sembra che il rene policistico mantenga una certa funzione endocrina.

Inoltre la comorbidità extrarenale è minore e i problemi emodinamici in dialisi sono meno frequenti

(poche eccezioni, ad es compressione della cava).

La dialisi peritoneale non è controindicata (gravata spesso da maggior rischio di ernia inguinale e/o

ombelicale).

Trapianto

E' il trattamento di scelta:

• Ottima sopravvivenza rene e paziente (sia da cadavere che da vivente)

• Complicanze specifiche dell’ADPKD rare

• Rischio infettivo sinora non dimostrato

• Controversa l’associazione con diverticolosi/diverticolite colon

La nefrectomia dei reni malati di solito non si fa a meno che in casi di necessità di creare spazio:

“bonifica”, ad esempio prima del trapianto rene-fegato.

❖ Obiettivo: non gravare con possibili complicanze della nefrectomia sul complesso momento

del trapianto.

❖ Può essere necessaria prima o dopo trapianto per complicanze settiche, emorragiche o

sospetta degenerazione.

❖ Per la binefrectomia la via transperitoneale è indicata in assenza di processi settici o quando

si debba attuare una nefrectomia allargata per neoplasia. Altrimenti è preferibile l’exeresi in

due tempi per via lombotomica bilaterale.

❖ Le scelte della nefrectomia o della binefrectomia devono essere dettate dalle specifiche

necessità, così come la via di accesso deve essere modulata a seconda delle circostanze.

❖ Aderenze sono talvolta tenaci. Il rene può contrarre aderenze con il duodeno e il colon

ascendente, il fegato e la colecisti; a sinistra con la coda del pancreas, la milza ed il colon

sinistro.

❖ A destra durante la dissezione cavale si possono creare soluzioni di continuo (evidenti

spesso DOPO la nefrectomia).

NB: l’economia del parenchima è una regola assoluta in considerazione della bilateralità della

lesione ed è importante, per i pazienti in dialisi, mantenere presente una diuresi che preservi la

funzionalità vescicale in vista del trapianto renale.

Terapia medica

RAS maximal inhibition

Vasopressin V2R antagonists

Somatostatin analogues (octreotide)

EGF-R tyrosine kinase inhibitors/ other GFs

mTOR inhibitors

Angiogenesis inhibitors (VEGF)

Gene therapy.

mTOR Inibitori mTOR è una serina-treonina-kinasi, considerata un effettore importante della crescita

e della proliferazione cellulare, che agisce attraverso la regolazione della sintesi proteica, a sua volta

mediata dalla fosforilazione diretta o indiretta di numerosi mediatori.

Molti dati sperimentali suggeriscono l’attivazione aberrante ed inappropriata della via dell’m-TOR

nel ADPKD.

- La metà prossimale della coda citoplasmatica della Policistina 1 interagisce con la tuberina

(componente del TSC insieme all’amartina) e con essa regola la kinasi mTOR. La funzione di

questa interazione è la down-regulation dell’attività di mTOR (attraverso la GTPasi Rheb).

- Difetti del TSC sono associati a cisti.

- La proliferazione abnorme dell’epitelio tubulare è alla base della malattia e dell’evoluzione

funzionale del rene, mTOR sembra anche associato a processi di neoangiogenesi cistica.

Farmaci utilizzati:

- Rapamicina: inibitore selettivo di mTOR ed è un potente agente antiproliferativo, inibisce sia la

formazione di cisti che la proliferazione del tubulo.

- Sirolimus: blocco della proliferazione citochinica-indotta delle cellule immunologiche e non.

Antagonisti recettoriali della vasopressina e analoghi della somatostatina Utilizzati

in quanto sono inibitori della secrezione di fluidi.

- Tolvaptan: potente e selettivo antagonista dei recettori V2 della VP (sui dotti collettori principali

e sulle cellule endoteliali); non ci sono recettori a livello epatico (non attivo sulle cisti epatiche).

Riduce i livelli di cAMP e le dimensioni dei reni, rallenta la crescita delle cisti, riduce l’indice

mitotico e l’indice di apoptosi ed inibisce l’abnorme proliferazione cellulare tubulare; un alto

introito di acqua ha un effetto protettivo sull’evoluzione della malattia in modelli murini (inibizione

della vasopressina). Inoltre l’impiego è sicuro (già utilizzato in studi pre-clinici e clinici ad es. sullo

scompenso cardiaco o sulla cirrosi epatica): risultati preliminari di studi di fase II hanno mostrato

ottima tollerabilità e un buon profilo di sicurezza.

- Octreotide: la somatostatina è un peptide di 14 aa secreto dalle isole pancreatiche (D cells),

tratto gastroenterico, sistema nervoso e tiroide. Esistono 5 recettori conosciuti (sst 1-59), Sst2 è

un recettore accoppiato ad una G protein, presente nelle cellule epiteliali tubulari e nei

colangiociti. In molti modelli animali la somatostatina inibisce la sintesi di cAMP e antagonizza

l’effetto della vasopressina inibendo l’adenilato ciclasi, inoltre inibisce la secrezione di cloro dalle

cellule tubulari. Questo farmaco riduce la secrezione di liquido nelle cisti sia a livello renale che

epatico.

Nefronoftisi Complesso NPH-MCKD

Sono entrambe due nefriti tubulo-interstiziali familiari con cisti: nefronoftisi e malattia cistica

midollare. Segni condivisi:

- Segni clinici: ipostenuria, poliuria, anemia, IRC terminale;

- Anatomia macroscopica: cisti cortico-midollari,

- istoloogia: atrofia tubulare, fibrosi e infiltrato interstiziale.

Segni distintivi:

- Modalità di trasmissione: NPH è recessiva, MCKD è dominante;

- Età della dialisi: NPH alla seconda decade, MCKD nell'età adulta;

- Coinvolgimento extrarenale: retinite pigmentosa per la NPH, iperuricemia e gotta per la MCKD.

Eziologia

- Juvenile, NPHP è associata a mutazioni del gene NPHP, eccetto NPHP 2. NPHP1 è la più

frequente.

- Mutazioni di NPHP2 e NPHP3 rispettivamente nella forma infantile ed adolescenziale.

- Mutazioni di NPHP5: sono associate a retinite pigmentosa (Senior-Loken syndrome).

- Mutazioni di NPHP6 e NPHP8 sono associate a degenerazione retinica ed aplasia del verme

cerebellare come nella sindrome di Joubert o nella sindrome di Meckel-Gruber (malformazioni

SNC, polidattilia, difetti nello sviluppo epatico, cisti renali displastiche, ipoplasia polmonare).

Trasmissione autosomica recessiva.

- Mutazioni di NPHP7 e NPHP9: rare.

Manifestazioni cliniche

I sintomi compaiono dopo il primo anno di vita, intorno ai 4-6 anni circa. Le manifestazioni renali

iniziali sono dovute a disfunzione tubulare con ridotta capacità di concentrare le urine e ritenzione

di sodio: si ha poliuria e polidipsia. Successivamente può sopraggiungere perdita di sodio con

iponatremia, ipovolemia e, se l’apporto di sodio diminuisce, aumento dei livelli di creatinina. Tutte le

forme evolvono in insufficienza renale terminale. A seconda del gene mutato si è visto che

l’evoluzione verso insufficienza renale terminale avviene ad età diverse.

- Juvenile form: circa 13 anni.

- Infantile form: da 1 anno.

- Adolescent form: dai 19 anni.

La comparsa di altri sintomi quali anemia, acidosi metabolica, anoressia, astenia sono correlati al

progredire dell’insufficienza renale.

Anatomia macroscopica: reni piccoli e cisti localizzate nella giunzione cortico-midollare.

Quadri associati

- Sindrome di Cogan: associazione

di nefroftisi, aprassia oculomotoria

congenita ed ipoplasia del verme

cerebellare. Sono state osservate

mutazioni di NPHP1 in pazienti

affetti. Rappresenta una forma più

lieve della sindrome di Joubert.

- Sindrome di Jeune: trasmissione

autosomica recessiva. Displasia

scheletrica con coinvolgimento

multiorgano. Mutazioni nel gene

che causa la malattia sono state

associate a mutazioni di NPHP.

- Sindrome di Joubert: un disordine

neurologico a trasmissione

autosomica recessiva, caratterizzato dall'ipoplasia del verme cerebellare; risulta inatassia,

polidattilia, ipotonia, ritardo nello sviluppo, disregolazione respiratoria nel neonato, movimenti

oculari abnormi. Nefroftisi o displasia cistica renale sono osservati in 1/4 dei casi.

- Sindrome di Meckel-Gruber: è causata da mutazioni nei geni NHPH6, NHPH8, e MKS; è un

disordine letale a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da malformazioni del SNC,

displasia cistica renale bilaterale, polidattilia e proliferazione dei dotti nell'area portale dl fegato. Terapia

Non c’è una terapia specifica; si correggono elettroliti e acqua in base alle necessità. Quando la

patologia evolve in insufficienza renale terminale la terapia migliore è il trapianto renale.

UMOD-related kidney disease

Proteina di Tamm-Horsfall (uromodulina) Negli anni ’50 Tamm e Horsfall descrissero una mucoproteina, isolabile dall’urina, in grado di inibire

l'emoagglutinazione virale; la proteina di Tamm Horsfall è la più abbondante proteina dell’urina in

condizioni fisiologiche.

Nel 1985 Muchmore e Decker isolarono dalle urine delle donne incinte una proteina dotata di attività

immunosoppressiva in vitro che chiamarono uromodulina. Due anni dopo si dimostrò che queste

due proteine coincidevano.

Tale proteina è codificata dal gene UMOD190. Sembra che tra le funzioni putative di questa proteina

ci siano:

- l’impermeabilità della porzione ascendente spessa dell’ansa (crea una struttura gelatinosa sulla

stessa);

- il trasporto di sali nell’ansa e nel dotto collettore;

- la difesa dell’urotelio nei confronti di infezioni batteriche anche grazie al potenziale

immunostimolatorio (stimola infatti la maturazione delle cellule dendritiche e direttamente la

produzione di anticorpi);

- l'inibizione dell’aggregazione dei cristalli di calcio e ossalato.

Nelle nefropatie UMOD-related, l’escrezione frazionale dell’acido urico e sotto al 5% nell’uomo e

sotto al 6% nella donna; la riduzione della secrezione dei cristalli di urato è un evento precoce e può

essere riscontrato anche in bambini con conservata funzione renale.

Ad oggi circa 50 mutazioni di UMOD sono state documentate.

Le nefropatie associate al gene UMOD ad oggi conosciute sono le seguenti:

- MCKD2: Medullary Cystic Kidney Disease 2 (MCKD1: protein mucin-1);

- FJHN: Familial Juvenile Hyperuricemic Nephropathy (FJHN2 REN related disease); - GCKD:

Glomerulocystic Kidney Disease.

In generale, possiamo dividere le patologie cistiche del rene in:

1) UMOD-associate: MCKD2, FJHN, GCKD con iperuricemia;

2) Malattie delle ciglia: ADPKD e ARPKD, NPH 1-7, OFD-1.

Patogenesi

Come mettiamo in relazione l’alterazione di UMOD con la patologia?

1) Sembra che la uromodulina mutata non riesca a formare la struttura gelatinosa che

copre il tratto ascendente spesso e il dotto.

2) Essa forma al contrario degli agglomerati intracellulari che oltre ad ostruire il tubulo

(forse), instaurano una risposta infiammatoria che esita in dilatazione e deformazione del

tessuto con degenerazione fibrotica, difetto di concentrazione urinaria e degenerazione

cistica con iperuricemia.

Un’analisi della escrezione urinaria con metodica western blot è stata condotta su alcune famiglie

evidenziando come l’escrezione urinaria di uromodulina fosse drammaticamente ridotta nei membri

familiari affetti da MCKD.

Clinica: poliuria, gotta giovanile, IR per degenerazione. Tipico pattern di fibrosi interstiziale.

Analisi della biopsia

- Microscopia ottica: l’uromodulina mutata si accumula nelle cellule tubulari.

- Microscopia elettronica: si osserva del materiale fibrillare anormale evidente nel reticolo

endoplasmatico.

HNF1beta-associated Cystic Kidney Diseases Patogenesi

E’ un fattore di trascrizione coinvolto nell’embriogenesi, espresso negli epiteli polarizzati di rene,

fegato, pancreas, tratto genitale (hepatocyte nuclear faactor 1).

A livello renale è espresso nel ciglio primario delle cellule epiteliali di tutti i segmenti del nefrone.

Controlla l’espressione di geni chiave per le nefropatie cistiche (cistoproteine): Pkd2 (policistina),

Pkhd1 (fibrocistina) e Umod (uromodulina).

Mutazioni puntiformi e delezioni eterozigoti del gene di HNF-1beta (TCF2) furono inizialmente

identificate nel MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) associato a insufficienza renale

progressiva.

MODY

MODY 5: sindrome genetica a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da: diabete tipo

2 con insorgenza prima dei 25 anni, cisti renali (presenti alla nascita), diabete-MODY (tipicamente

si sviluppa dopo insufficienza renale), insufficienza renale cronica di vario grado, istologia positiva

per lesioni da alterata nefrogenesi.

In ambito pediatrico c’è elevata frequenza di mutazione del gene HNF-1ß (20-30%) nel contesto di

anomalie renali (iperecogenicità, cisti multiple, ipoplasia, displasia cistica renale).

E' la seconda nefropatia a trasmissione autosomica dominante dopo ADPKD. Nell’uomo le mutazioni

di eterozigosi di HNF1β causano un complesso quadro fenotipico con manifestazioni extra-renali e

renali.

Diagnosi

Imaging

- Cisti corticali o midollari: risparmiano il profilo renale, non aumentano in numero e dimensioni,

non correlano con IRC; alcuni quadri mimano il rene policistico.

- Monorene: atrofia di rene displastico o ipoplastico controlaterale;

- Anomalie varie: morfologiche dei calici e della pelvi, idronefrosi, reflusso vescico-ureterale,

nefrolitiasi, nefrocalcinosi;

- Rene ecograficamente normale nel 10% dei pazienti (penetranza incompleta).

Istologia: fibrosi interstiziale cronica, oligomeganefronia, glomerulo cistico, cisti tubulari, tubuli

primitivi, anomalie dei dotti collettori.

Esami di laboratorio: ipomagnesemia, ipokaliemia, iperuricemia (dd con UMOD-related),

ipocalcemia, sindrome di Fanconi, acidosi tubulare distale.

Quadro clinico

Nefropatia tubulo-interstiziale cronica (sedimento urinario indifferente, proteinuria < 1 g/die, bassa

prevalenza di ipertensione). Insufficienza renale lentamente progressiva (GFR – 2,4 ml/min/anno).

IRC nel 92% dei pazienti a 35 anni.

MALATTIE VASCOLARI Sono nefroangiosclerosi, vasculiti, sindrome emolitico-uremica, malattia ischemica del rene, embolismo

colesterinico e malattie da accumulo.

NEFROANGIOSCLEROSI Il termine nefroangiosclerosi è comunemente impiegato in senso anatomopatologico per definire

lesioni della parete delle arterie renali (arciformi, interlobulari e arteriole afferenti) che portano ad

una sclerosi o ialinosi della parete stessa. La causa del danno arteriolare può essere di natura

variabile: meccanica, dismetabolica, da età avanzata.

Nefroangiosclerosi benigna Caratteristiche anatomopatologiche Si caratterizza per la presenza di:

1) Ialinosi: il termine esprime la presenza di materiale ialino, cioè acellulare, omogeneo ed

eosinofilo che si colora con il PAS, a livello della parete arteriolare (dove sostituisce lo

strato di cellule endoteliali); la microscopia elettronica evidenzia depositi elettrondensi in

posizione subendoteliale che rimpiazzano parzialmente o completamente le cellule

muscolari lisce. Per quanto la natura del materiale non sia stata perfettamente definita,

si ritiene si tratti della “insudazione” di componenti plasmatici;

2) Fibroplasia medio-intimale: si tratta di un ispessimento dell’intima e della media della

parete arteriolare che può produrre una significativa riduzione del lume arteriolare

stesso; l’ispessimento, a manicotto, è costituito da strati di collagene che rimpiazzano in

parte o completamente il normale strato di cellule endoteliali dell’intima e di cellule

muscolari lisce della media.

Aspetto dei reni:

- Aspetto macroscopico: i reni appaiono contratti, la corticale è sottile e la superficie è granulare;

- Aspetto microscopico: si osserva sclerosi completa o parziale dei glomeruli, soprattutto di quelli

sottocorticali; i glomeruli in generale mostrano lesioni di tipo ischemico (collasso del flocculo,

raggrinzimento del glomerulo, sclerosi globale). Il tessuto interstiziale adiacente mostra fibrosi e

atrofia tubulare; la tonaca intima delle arterie di medio calibro è marcatamente composta da

tessuto fibroso.

Quadro clinico Le lesioni di nefroangiosclerosi benigna si ritrovano in corso di ipertensione benigna, rene senile,

malattie metaboliche (diabete, gotta). Saranno dunque pazienti con:

- Ipertensione arteriosa lieve-moderata (sistolica di 150-170 mmHg, diastolica di 90-100

mmHg);

- Funzione renale a lungo conservata, e reperto urinario poco attivo;

- Alterazioni dismetaboliche associate (diabete tipo 2, iperuricemia, dislipidemia);

- Rene senile (IRC in anziano).

Caso clinico

Paziente di 48 anni con anamnesi familiare positiva da parte materna per ipertensione arteriosa e

diabete mellito di tipo II. Padre deceduto a 60 anni per neoplasia polmonare. Professione

commerciante, obeso. Rilievo di ipertensione arteriosa (150/100).

Si reca dal medico curante per malessere generale, batticuore e cefalea persistente.

- Il medico rileva: P.A. 170/95, F.C. 110 bpm, ritmico; A.R. respiro aspro, non rumori aggiunti; A.C.

toni concitati ritmici, soffio olosistolico; addome trattabile, non dolente, logge renali non dolenti.

Non edemi agli arti inferiori.

- ECG: ipertrofia ventricolare sinistra, sottoslivellamento ST; extrasistoli;

- Esame urine: Pto 500 mg/24h, 15-20 G.R. Numerosi cilindri ialini, alcuni frammenti ialino-

granulosi;

- Emocromo: clearance creatininica 68 mg/dl, creatinina 1.5 mg/l, sodiemia 135 mEq/l, potassiemia

3.8 mEq/l, VES 14 mm/h, PCR 0.5, glicemia 120 mg/dl, colesterolo 270 mg/dl, trigliceridi 298

mg/dl, uricemia 11 mg/dl.

- Ecotomografia: organi addominali nei limiti. Reni a dimensioni normali, non alterazioni delle vie

escretrici, vescica a pareti libere con normale svuotamento. Moderata ipertrofia prostatica.

Nefroangiosclerosi maligna Caratteristiche anatomopatologiche Si caratterizza per la presenza di:

- Necrosi fibrinoide: danno della parete vascolare che risulta frammentata con insudazione di

materiale plasmatico, in particolare di fibrinogeno, attraverso la parete stessa, ed aggregazione

di piastrine e globuli rossi frammentati.

- Edema intimale mucoide;

- Proliferazione iperplastica concentrica delle cellule mio-intimali (onion peel).

Aspetto dei reni:

- Macroscopico: caratteristica è la presenza di petecchie a causa della necrosi dei vasi (fleabitten

kidney);

- Microscopico: si osserva il restringimento dei lumi dei vasi di medio e piccolo calibro a causa

dell'accumulo di tessuto connettivo (chiaro) contenente fibroblasti; in alcuni vasi tagliati in sezione

si possono vedere fibroblasti posti in un pattern concentrico (onion skinning). Nella media delle

piccole arteriole si possono anche vedere depositi eosinofili (segno di necrosi fibrinoide), e i lumi

di alcuni vasi contengono piccoli trombi di fibrina. Nonostante la maggior parte dei glomeruli siano

sani, alcuni sono sclerotici come risultato dell'ipertensione cronica; possibili sono anche foci di

necrosi tubulare associata ad infiltrato neutrofilo, per il danno ischemico.

Quadro clinico Le lesioni di nefroangiosclerosi maligna si ritrovano in corso di ipertensione maligna, sindrome

emolitico-uremica, sclerodermia. Questi pazienti presentano:

- Ipertensione arteriosa in fase maligna (200-230 mmHg di sistolica, 120-140 mmHg di diastolica);

- Episodi subentranti di edema polmonare;

- Compromissione multiorgano (IR ingravescente, encefalopatia ipertensiva, cardiopatia

ischemica, rapida riduzione del visus);

- Reperto urinario attivo, talora con macroematuria.

VASCULITI Caratteristiche Sono quadri clinico patologici caratterizzati da un

processo infiammatorio dei vasi con necrosi

fibrinoide della parete, infiltrati perivascolari,

ischemia tissutale secondaria e frequentemente

sintomatologia pluriorganica. .

Classificazioni Classificazione di Chapel-HILL

- Vasculite del grosso vaso: arterite a cellule

giganti, arterite di Takayasu;

- Vasculite delle arterie di medio calibro:

poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki;

- Vasculite delle piccole arterie: ANCA positive

(granulomatosi di Wegener, micropoliarterite, sindrome di Churg-Strauss, GNRP di tipo 3

paucisintomatica) e ANCA negative (Schonlein-Henoch, crioglobulinemia, vasculite

leucocitoclastica, sindrome di Goodpasture).

Per quanto riguarda l'eziologia, le vasculiti si possono dividere in:

1) Primarie: infiammazione della parete del vaso come processo primitivo;

2) Secondarie: infiammazione della parete del vaso come processo secondario a malattie

sistemiche.

Fattori di rischio Fattori genetici

- Allotipo HLA (ad es. HLA_DR2 per la granulomatosi di Wegener);

- Polimorfismo e/o deficit di alfa1-antitripsina (vasculiti necrotizzanti);

- Polimorfismo dei geni che codificano per il recettore granulocitario R2a di Fc-gamma (elevata

affinità per IgG3 ANCA).

Fattori esogeni

- Esposizione ambientale (silice, idrocarburi);

- Infezioni: HBV (poliarterite nodosa), parvovirus, Chlamydia, herpes virus e virus parainfluenzali

(granulomatosi di Wegener), TBC;

- Farmaci;

- Allergeni e inquinanti: associazione con asma allergica (sindrome di Churg-Strauss), aumentata

incidenza nelle popolazioni urbane rispetto a quelle rurali, aumentata incidenza nella stagione

invernale.

Terapia - Induction therapy (fino a tre mesi dalla remissione dei sintomi, di solito per una durata di sei mesi

dalla diagnosi): ciclofosfamide + prednisolone; nelle forme severe (emorragie polmonari,

glomerulonefrite severa con cr > di 500 micromoli/l), considerare plasmaferesi o

metilprednisolone.

- Terapia dii mantenimento (per 18-24 mesi): azatioprina + prednisolone;

- Raccomandazioni generali: protettori gastrici e osteoprotettori, profilassi contro infezioni fungine

e da Pneumocistis carinii.

Vasculiti del grosso vaso Arterite a cellule giganti Detta anche arterite temporale, è la più comune tra le arteriti primitive (incidenza di 200 casi per

milione all'anno). Caratteristiche:

- Clinica: cefalea pulsante monolaterale, dolore all'emivolto, dolore mandibolare alla masticazione;

- Esami di laboratorio: indici di flogosi aumentati;

- Biopsia dell'arteria temporale: infiammazione giganto-cellulare.

Non è presente interessamento renale.

Arterite di Takayasu Comune in Asia e in Oriente, con incidenza

maggiore nelle donne. Presenta classicamente

due quadri clinici a seconda di dove colpisce:

1) Sindrome dell'arco aortico: claudicatio

alle braccia, polso asimmetrico,

angina, rigurgito valvolare aortico,

sincope, ictus, disturbi visivi;

2) Sindrome dell'aorta discendente:

ischem ia/infarto intestinale,

ipertensione nefrovascolare (fino

all'IRC).

Diagnosi

- Esami di laboratorio: aumento degli indici di flogosi;

- RMN o TC spirale: riscontro di patologie vascolari (aneurismi di entrambe le carotidi, stenosi della

succlavia destra, dilatazione dell'aorta discendente);

- Biopsia della succlavia: alterazioni aterosclerotiche dell'intima, ispessimento dell'avventizia con

infiltrazione cellulare.

Vasculiti dei vasi a medio calibro Poliarterite nodosa E' caratterizzata dall'infiammazione necrotizzante dei vasi a medio calibro, senza evidenza di

glomerulonefrite, capillarite polmonare o danni ad altri vasi (arterie, venule o capillari).

Caratteristiche

- Associazione con epatite B, comunque non è una patologia frequente;

- Il quadro clinico dipende dai vasi coinvolti (rene, milza, fegato, intestino, cute, SNC);

- Esami di laboratorio: aumento degli indici di flogosi;

- Biospia: piccoli aneurismi multipli delle arteriole renali.

Criteri ACR per la diagnosi di poliarterite nodosa (almeno 3): calo ponderale, livedo reticularis, dolore

testicolare, mialgia e astenia, mono/polineuropatia asimettrica (mononeurite multipla), ipertensione

diastolica > di 90 mmHg, insufficienza renale, epatite B, biopsia delle piccole o medie arterie con

PMN.

Vasculiti dei vasi a piccolo calibro ANCA-associate Granulomatosi di Wegener

E' caratterizzata da:

1) infiammazione granulomatosa del tratto respiratorio;

2) vasculite necrotizzante a carico dei piccoli vasi e dei vasi a medio calibro (capillari,

venule, arteriole ed arterie);

3) molto comune la presenza di glomerulonefrite necrotizzante (80% degli affetti).

Criteri ACR per la diagnosi: infiammazione nasale o del cavo orale, noduli infiltrati o cavità all'RX

torace, proteinuria e/o microematuria, granuloma alla biopsia.

Esami:

- RX o TC torace: presenza di noduli polmonari, addensamenti e cavità;

- Biopsia: addensamenti granulomatosi (granulomi polmonari con cellule giganti multinucleate,

infiammazione granulomatosa perivascolare, capillarite perialveolare).

- TC o RMN all'encefalo: distruzione ossea, materiale amorfo e presenza di masse;

- C-ANCA positività agli esami di laboratorio.

Poliarterite microscopica

Caratteristiche:

1. vasculite necrotizzante con pochi o assenti depositi di immunocomplessi a carico dei

piccoli vasi (arteriole, venule, capillari); può essere presente anche arterite

necrotizzante delle arterie di medio calibro.

2. molto comune è la presenza di glomerulonefrite necrotizzante;

3. spesso presente capillarite polmonare.

Presentazione:

- Clinica: sintomi costituzionali, alveolite emorragica, glomerulonefrite, neuropatia periferica, non

lesioni granulomatose;

- Esami di laboratorio: P-ANCA positività.

Sindrome di Churg-Strauss

Caratterizzata da:

1. Infiammazione granulomatosa e ricca di eosinofili delle vie respiratorie (associazione

con asma);

2. Vasculite necrotizzante a carico dei vasi di medio calibro;

3. Eosinofilia plasmatica (> di 1.5 x 10^9/l).

Quadro del paziente:

- Clinica: tendenza atopia (asma), vari coinvolgimenti multiorgano (renale, splancnico, coronarico,

cerebrale e polmonare), manifestazioni cutanee (porpora, orticaria, noduli sottocutanei),

glomerulonefrite rara.

- Laboratorio: eosinofilia, C-ANCA (50%) o P-ANCA (25%);

- RX o TC torace: interstiziopatia (opacità a vetro smerigliato).

Vasculite confinata al glomerulo

E' caratterizzata da:

1) presenza di GNRP pauci-immune o GN necrotizzante;

2) assenza di sintomi sistemici, tranne quelli costituzionali (febbre, malessere generale,

artro-mialgie, sudorazione notturna).

MICROANGIOPATIE TROMBOTICHE Caratteristiche Sono entità nosografiche, che associano un comune quadro anatomopatologico ad un comune

quadro ematologico.

Quadro istopatologico E' la classica microangiopatia trombotica, che consiste in lesioni a carico della parete vascolare:

- ispessimento delle pareti vascolari (sopratttutto a carico di arteriole e capillari, a causa dei depositi

di fibrina che assumono una forma ad "onion skin") con edema;

- distacco dell'endotelio dalla membrana basale;

- accumulo di materiale amorfo nello spazio subendoteliale;

- trombi di piastrine intraluminali con parziali o complete ostruzioni dei vasi.

L'immunofluorescenza rileva depositi di fibrina lungo le pareti di capillari e arterie.

Quadro ematologico Anemia emolitica microangiopatica e piastrinopenia.

Per quanto riguarda il quadro clinico, il coinvolgimento renale fino all'insufficienza è prevalente nella

HUS, mentre i sintomi neurologici associati alla trombocitopenia sono prevalenti nella TTP.

Sindrome emolitico-uremica (HUS) post infettiva E' una sindrome tipicamente del

bambino, associata a dissenteria per

infezioni di batteri che producono

Shiga toxin (ad es. Shigella

Dissenteriae) o tossine simili (STEC,

tossina di E. Coli) che sono

citopatiche per le cellule chiamate

Vero (dette infatti vero tossine).

Incidenza: picco nei bambini < di 5

anni (2.1 casi su 100 mila

bambini/anno) e minimo negli adulti >

di 50 anni (0.5 casi su 100 mila adulti

/anno).

Descrive bambini con un intenso

malessere e una sindrome caratterizzata da anemia emolitica, trombocitopenia e IRA.

aHUS (atipica) Nel 10% dei pazienti, il manifestarsi di HUS non è associata con un'infezione da batteri producenti

verotoxins: questi casi di non STEC-HUS (chiamata ora HUS atipica) può occorrere a tutte le età

ed è infatti la maggiore causa di HUS nell'adulto.

Studi sul manifestarsi di HUS atipica (ad es. di Thompson e Winterborn negli anni '80) mostrarono

che:

- Gli episodi erano sia sporadici sia presentavano incidenza

familiare;

- Spesso nei pazienti con aHUS veniva rilevata

ipocomplementemia.

- Venne dimostrato dunque come il deficit della regolazione del complemento è la causa

primaria della patologia: molti pazienti presentano deficienza di una proteina regolatrice, come

anche del fattore H del complemento.

Porpora trombotica trombocitopenica (TTP) Malattia rara, simile per molti aspetti

alla HUS. All'origine della patogenesi

ci sarebbe un danno endoteliale

sistemico per rilascio di elevate

quantità di multimeri di vWF di

dimensioni maggiori alla norma per

effetto di un deficit di una proteina

plasmatica di clivaggio: ADAMTS13.

Da quando si è scoperto il deficit di

questa proteina come causa della

TTP, sono possibili iter diagnostici per

differenziarla dalla HUS.

Lo scatenarsi della patologia può

essere:

1) Di natura idiopatica;

2) Secondaria a cause diverse (farmaci, stato gravidico, diarrea emorragica,

autoimmunità).

Trattamento

MALATTIA RENALE ISCHEMICA E' un quadro di sofferenza renale secondario alla

patologia ateromatosa dei grossi vasi renali con

ischemia conseguente; è caratterizzata da una lenta

evoluzione in IR, ed è spesso associata ad

ipertensione arteriosa.

Embolia renale colesterinica Eziopatogenesi Malattia ateroembolica: si tratta dell'embolizzazione

nel microcircolo sistemico da rottura dello strato

endoteliale di rivestimento di una placca

aterosclerotica di un vaso di calibro maggiore (aorta

e suoi rami), con immissione in circolo di cristalli aghiformi di colesterolo.

Fattori di rischio

• Sesso maschile ed età avanzata

• Ipercolesterolemia

• Ipertensione arteriosa

• Tabagismo

• Trattamento anticoagulante;

• Vasculopatia aterosclerotica polidistrettuale

L’embolia colesterinica può essere spontanea o secondaria; in questo caso, i più frequenti fattori

precipitanti sono procedure angiografiche, angioplastica percutanea, interventi di chirurgia

vascolare, TAO, fibrinolisi.

Patogenesi del danno renale

L’embolo (ateroembolismo colesterinico da rottura della superficie endooteliale di rivestimento di

una placca) si incunea a livello delle arterie di piccolo calibro (150-200 micron: arciformi, interlobulari

o arteriola afferente) del rene, determinando:

1) Fase precoce: ischemia e infarto renale; si osserva infiltrazione di PMN ed eosinofili nelle

prime 24ore, e successivamente presenza di macrofagi e cellule giganti multinucleate

nel lume del vaso (24-48h).

2) Cronicizzazione: modificazioni parenchimali (fibrosi) da ischemia cronica; si osserva

persistenza di cristalli e cellule giganti multinucleate, proliferazione endoteliale e

ispessimento dell'intima, fibrosi della parete vascolare.

Il meccanismo di danno vede come protagonisti il colesterolo (che si viene a trovare a contatto con

l'endotelio) e l'ipossia, che causeranno l'attivazione del complemento e il rilascio di citochine e la

messa in membrana di integrine da parte dell'endotelio; questo porterà a:

- chemiotassi e adesione degli eosinofili;

- aggregazione dei granulociti PMN.

Manifestazioni cliniche Presentazione del paziente

Spettro di segni e sintomi assai polimorfo, a comparsa variabile da ore a giorni dall’evento

scatenante.

- Forme lievi apparentemente asintomatiche;

- Manifestazioni cutanee: livedo reticularis, petecchie e necrosi cutanea, blue-toe

syndrome;

- Febbre, artralgie e mialgie diffuse, cefalea, deperimento organico;

- Alterazioni SNC;

- Interessamento cardiopolmonare;

- Ischemia gastrointestinale;

- IR (anche a rapida progressione);

- Embolia retinica da colesterolo.

Diagnosi

- Esami di laboratorio: eosinofilia, > VES e PCR, > C3 (e C4) e positivizzazione agli ANCA (per cui

l’ateroembolismo può mimare una vasculite).

- Esami strumentali: esame del fundus con lampada a fessura (per la ricerca di cristalli birifrangenti

nel microcircolo retinico), biospia cutanea (in zone dove è evidente la livedo reticularis) o del

muscolo gastrocnemio, biopsia renale (trova indicazione nei casi di IRA apparentemente

inesplicata o di nefropatia rapidamente evolutiva a patogenesi non chiara).

Terapia

Per almeno sei mesi, si attua una terapia di associazione con:

- Prostaciclina, dopamina, pentossifillina (per migliorare la microcircolazione);

- Statine (per stabilizzare la placca atermomasica);

- LDL-aferesi (per una rimozione intensiva di lipidi);

- Corticosteroidi (per interferire con i mediatori della flogosi).

FABRY'S DISEASE Eziopatogenesi E' un devastante e progressivo errore congenito del metabolismo che, particolarmente negli stadi

precoci, vede come meccanismo di danno disfunzione cellulare e patologia microvascolare indotti

dal deposito lisosomiale di glicosfingolipidi.

La causa è un difetto genetico che riduce o azzera l'attività di un enzima lisosomiale, la

esoglicoidrolasi alfa-galattosidasi A:

- Il difetto enzimatico esita in un progressivo accumulo di GL-3 e altri sfingolipidi all'interno dei

lisososomi, che sono organelli cellulari ubiquitari, incluse le cellule endoteliali capillari, renali

(podociti, cellule epiteliali tubulari, cellule endoteliali glomerulari, cellule del mesangio e cellule

interstiziali), neuronali e cardiache;

- Questo esita in una cascata di eventi: disfunzione e morte cellulare, compromissione del

metabolismo energetico, danno della parete dei vasi, disfunzione dei canali del potassio nelle

cellule endoteliali, stress ossidativo, ischemia tissutale, sviluppo di fibrosi cardiaca e renale

irreversibile.

Questo processo inizia già nel feto, ma a differenza delle altre patologie dei lisosomi la maggior

parte dei pazienti rimane asintomatica durante i primi anni di vita.

La trasmissione è X-linked, ma anche le femmine eterozigoti si ammalano e sviluppano (seppur più

lentamente) coinvolgimento degli organi vitali.

Quadro clinico E' una patologia con un ampio spettro di quadri clinici (dal fenotipo quasi asintomatico osservabile

nelle femmine al classico fenotipo severo del maschio), di natura progressiva:

1) I primi sintomi che interferiscono con il benessere del bambino appaiono di solito

nell'infanzia, tra i 3 e i 10 anni (di solito più tardi nelle femmine che nei maschi);

2) Con l'età, danni progressivi agli organi vitali si sviluppano in entrambi i sessi, portando

all'insufficienza degli organi interessati;

3) L'aspettativa di vita è limitata dagli accidenti cardiovascolari o cerebrovascolari e

dall'End-Stage Renal Disease che questi pazienti sviluppano.

Segni e sintomi precoci - Il danno neurale precoce colpisce

soprattutto le fibre dei piccoli nervi del

sistema somatico periferico e del sistema

autonomo, con un quadro di sintomi correlati

che di solito intervengono prima nei maschi

rispetto alle femmine.

- Il dolore è prresente nel 60-80% dei pazienti,

come episopdi di crisi (crisi di Fabry: dolore

urente che si irradia dalle estremità; sono

precipitate da febbre, stress e sforzi fisici) o

come dolore cronico (accompagnato da

parestesie).

Coinvolgimento renale Come il coinvolgimento degli altri organi, anche

l'interessamento renale è di natura progressiva

e peggiora con il tempo:

- le lesioni renali risultano da depositi di GL-3

a livello di endotelio glomerulare, mesangio,

cellule interstiziali e podociti; è stata descritta

spesso la fusione dei pedicelli dei podociti.

- accumuli di glicosfingolipidi sono visibili anche nell'epitelio di ansa di Henle e tubulo distale, e

nella parete delle arteriole renali.

Manifestazioni del danno renale:

1) Spesso il primo sintomo è la presenz di proteinuria o microalbuminuria nella seconda/

terza decade di vita, e si pensa che questo sia correlato al progredire della nefropatia di

Fabry (come accade nel diabete); con il passare del tempo, la proteinuria peggiora.

2) Si ssviluppano alterazioni del riassorbimento e della secrezione a causa del danno

tubulare;

3) Inizialmente, l'iperfiltrazione di compenso pu garantire una normale funzione renale;

comunque si osserva un graduale deterioramento della funzionalità renale e lo sviluppo

di azotemia tra la terza e la quinta decade di vita.

Lo sviluppo di proteinuria è correlato fortemente alla progressione del danno renale.

INSUFFICIENZA RENALE E' la riduzione della capacità dei reni di espletare le loro funzioni (escretoria ed endocrina), e può

essere:

1) Acuta: in ore o giorni, e può essere reversibile;

2) Cronica: in mesi o anni, ed è irreversibile.

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA) Si definisce Insufficienza Renale Acuta (IRA) una sindrome clinica caratterizzata da un improvviso

e rapido deterioramento della funzione renale; è responsabile dell’1-2% dei ricoveri in ambiente

ospedaliero e si verifica in circa il 5% di tutti i ricoveri ospedalieri (complica fino al 30% i ricoveri in

Unità Intensive).

Anche quando reversibile è la prima causa di morbilità e mortalità nei pazienti ricoverati, infatti è un

elemento prognostico sfavorevole nel decorso di molteplici processi patologici.

Tale sindrome si considera ‘acuta’ in rapporto ad alcuni criteri e caratteristiche cliniche:

• Funzione renale precedentemente normale, che cala repentinamente;

• Aumento repentino dei dati ritentivi (azotemia e creatininemia, segno di un deterioramento

clinicamente rilevante);

• Parenchima renale conservato;

• Alterazione dell’equilibrio acido-base ed elettrolitico;

• Accumulo di liquidi a livello interstiziale.

Stadiazione AKI Network E' una classificazione della gravità dell'insufficienzq, sulla base dei valori ritentivi (creatininemia

aumentata) o della bassa diuresi:

1. Incremento della creatininemia > di 0.3 mg/dL, o diuresi < di 0.5 mL/Kg/h per 6h;

2. Incremento della creatininemia > di 200-300% rispetto al valore basale, o diuresi < di 0.5

mL/Kg/h per 12h;

3. Incremento della creatininemia > di 300% rispetto al valore basale (o creatininemia in valore

assoluto > di 4 mg/dL) o diuresi < di 0.3 mL/Kg/h per 24h (o anuria).

Si noti tuttavia che il deterioramento deve essere clinicamente rilevante e persistente; l’iniezione di

mezzo di contrasto che eleva la creatininemia da 0.8 a 1 mg/dL NON è esattamente ‘rilevante’.

Classificazione Nella pratica clinica si adotta un criterio anatomofisiopatologico, in base al quale si distinguono 3

principali tipi di IRA a seconda della causa. Perché il rene funzioni bene, c'è bisogno che il sangue

arrivi con una pressione adeguata, che i nefroni siano integri e che l'urina sia allontanata:

❖ IRA pre-renale o funzionale (70%):

il danno si crea ‘a monte’ del rene, e

il meccanismo patogenetico che

conduce alla riduzione della

funzione renale deriva da

un’alterazione del circolo ematico.

❖ IRA renale propriamente detta (o

parenchimale o intrinseca, 25%): è

presente un danno diretto di

glomerulo, interstizio, tubuli o vasi.

❖ IRA post-renale o ostruttiva (5%): si

verifica un’ostruzione acuta delle vie

escretrici (o della sola via escretrice

in caso di rene unico), compromettendo l’eliminazione urinaria.

IRA pre-renale (funzionale) Eziopatogenesi Sono casi in cui una compromissione emodinamica sistemica esita in una compromissione della

funzionale renale: ipotensione e ipovolemia (talora isolate, ma nella maggior parte dei casi

combinate) determinano infatti ipoperfusione del parenchima renale; in un certo numero di casi il

danno può essere una conseguenza iatrogena da interferenza con i meccanismi che regolano

l’autoregolazione della circolazione renale.

Condizioni favorenti l’insorgenza

• Riduzione della gittata cardiaca: shock cardiogeno o settico, tamponamento cardiaco, IMA,

TEPA, scompenso cardiaco congestizio, aritmie;

• Ipovolemia:

- Emorragia, disidratazione, perdite gastroenteriche (vomito, diarrea), ustioni o traumi

estesi (per perdita di plasma);

- Sindrome nefrosica, sindrome epato-renale, shock settico, farmaci vasodilatatori;

• Interferenza con la regolazione vascolare renale (FANS, ACE-inibitori, ciclosporina e

tacrolimus);

• Riduzione della volemia efficace per formazione del ‘terzo compartimento’ come in caso di

edemi o ascite (ad es. nella sindrome epato-renale: danno epatico, ipertensione portale,

ascite dunque III compartimento, riduzione della volemia efficace).

Fisiopatologia

L’IRA pre-renale rappresenta una NORMALE

risposta adattiva del rene sano a situazioni

ambientali o patologiche potenzialmente dannose

per la conservazione di una adeguata emodinamica

sistemica, il termine di IR, in queste condizioni, può

dunque essere considerato poco idoneo, poiché in

realtà si tratta proprio di un rene che esprime al

massimo le sue competenze funzionali adattive.

Gli unici parametri clinico-laboratoristici che

evocano il concetto di IR in tale situazione sono

rappresentati dall’iperazotemia e dall’oliguria (anche < di 400 mL/24h):

- L’oliguria rappresenta il tentativo di realizzare il massimo risparmio idrico a favore dei volumi

sistemici percepiti ridotti dai sistemi recettoriali (apparato iuxtaglomerulare e macula densa),

attraverso un aumento della concentrazione delle urine.

- La riduzione del volume diuretico, il riassorbimento esasperato nel dotto collettore e

l’ipercatabolismo delle cellule tubulari spesso associato, rendono poi ragione dell’aumento dei

valori azotemici.

Autoregolazione renale: è la proprietà del rene di mantenere un flusso ematico renale (FER) e una

VFG costanti. Si esplica attraverso due meccanismi:

1.Meccanismo miogeno: consiste nella variazione della resistenza dell’arteriola afferente; si osserva

vasocostrizione se la PA aumenta, vasodilatazione se la PA diminuisce.

2.Feedback tubulo-glomerulare: la variazione del contenuto di cloro e/o sodio alla macula densa

stimola il sistema RAS, con conseguente vasocostrizione.

Diagnosi Esami di laboratorio

• La creatinina plasmatica è in genere normale; nel caso sia aumentata, si osserva una

notevole discrepanza tra i valori di azotemia e creatininemia (con ratio fra i due cataboliti che

resta generalmente > di 10:1).

• Alla misurazione degli elettroliti plasmatici è di frequente riscontro un quadro di

normo/ipopotassiemia.

• Il profilo dell’equilibrio acido-base può tendere all’alcalosi ipocloremica (in caso di vomito,

sondino nasogastrico, trattamento con diuretici), ma può essere presente acidosi lattica (per

l'ipovolemia severa con ipoperfusione periferica) o acidosi ipercloremica (in caso di severa

diarrea).

Quadro urinario

Il quadro urinario documenta l’impegno del rene nel risparmio idrosodico e nell’esasperazione della

concentrazione urinaria, sia per quanto concerne l’acqua che i soluti (importante è la diagnosi

differenziale con IRA da NTA, renale):

- Concentrazione osmolare > di 500 mOsm/L; - Na+ (sodiuria) < di10-20 mEq/L: il rene ‘trattiene’ il Na+ (diversamente da IRA

renale); - Ratio urea urinaria/plasmatica > di 8-20; - Ratio creatinina urinaria/plasmatica > di 40.

Terapia ed evoluzione Gli interventi terapeutici sono fondamentalmente diretti alla risoluzione della compromissione

emodinamica che ha condizionato la risposta adattativa del rene (terapia di sostituzione).

A seconda della noxa patogena essi sono basati su:

• Ripristino del volume circolante o della volemia efficace;

• Correzione di eventuali deficit cardiaci;

• Riequilibrazione ionica;

• Ripristino di valori pressori adeguati.

Protocolli farmacologici specifici finalizzati a migliorare la perfusione glomerulare sono impiegati

soprattutto in alcuni casi particolari:

- Ad esempio, nella sindrome epato-renale si usa terlipressina, un analogo dell'ADH, che aiuta a

ridistribuire il volume ematico nei distretti extra-splancnici);

- I diuretici devono essere impiegato SOLO dopo il ripristino di una volemia adeguata, e si

impiegano in questo caso ESCLUSIVAMENTE diuretici dell’ansa che, bloccando la pompa Na+/

K+, impediscono al tubulo di lavorare troppo (proteggendolo dal rischio di sofferenza ischemica).

Prognosi

- L’IRA pre-renale è, per definizione, potenzialmente reversibile: proprio per le sue caratteristiche

di adattamento funzionale, configura una condizione transitoria che nella maggior parte dei casi

si risolve rapidamente con il recupero dei profili funzionali renali abituali.

- In condizioni particolari tuttavia, per il prolungarsi della noxa che ha compromesso l’emodinamica

sistemica o per la severità del danno perfusionale, l’IRA pre-renale può costituire la fase di esordio

di una IRA renale propriamente detta (generalmente di tipo ‘necrosi tubulare acuta’); in questo

caso il quadro fisiopatologico, clinico e prognostico divengono completamente differenti

assumendo una dimensione di gravità variabile da caso a caso.

IRA renale (organica, parenchimale, intrinseca) Essenzialmente qualsiasi delle principali patologie nefrologiche (glomerulonefriti, nefropatie

interstiziali, sindromi vascolari) può nel suo decorso esordire o esitare in un quadro di IRA renale;

nella pratica clinica oggi queste evenienze sono molto rare e restano circoscritte a situazioni nelle

quali l’interessamento iniziale sia particolarmente aggressivo.

Eziopatogenesi Necrosi tubulare acuta

La quasi totalità dei casi di IRA renale (70%) è dovuta all’insorgenza di necrosi tubulare acuta

(NTA, anche indicata come ‘rene da shock’ o ‘tubulonecrosi tossico-ischemica’): è una forma di IRA

potenzialmente sempre reversibile, caratterizzata clinicamente da una brusca diminuzione della

funzione renale a seguito di insulti ischemici e/o tossici che, dal punto di vista anatomopatologico,

conducono ad una necrosi delle cellule tubulari.

I principali meccanismi patogenetici coinvolti nella genesi dell’NTA sono quello ischemico (da cui il

nome ‘rene da shock’) e quella tossico (da cui il nome di ‘tubulonecrosi tossico-ischemica’). In molti

casi le due noxae possono coesistere (anche perché le sostanze tossiche possono causare sia

danno diretto dei tubuli sia danno ischemico).

Da un punto di vista storico, è interessante notare che la prima documentazione in letteratura circa

la NTA risale alla seconda guerra mondiale: in particolare, la crush syndrome (sindrome da

schiacciamento) osservata nei pazienti londinesi rimasti vittime dei bombardamenti fu associata allo

sviluppo di tale patologia. Ciò era spiegato con il danno ischemico da diminuzione della volemia a

causa delle emorragie e dal danno tossico causato dalla liberazione massiva di mioglobina

muscolare che ostruiva i tubuli.

Per gli stessi motivi, ancora oggi i pazienti politraumatizzati rappresentano un’importante quota di

IRA renale; un'altra fetta è rappresentata da pazienti anziani con nefrite interstiziale

immunoallergica.

Accanto a questi fattori, oggi si riconosce un ruolo potenziale per l’instaurarsi di NTA a tutte le cause

elencate nell’eziologia dell’IRA pre-renale, nel caso lo stato di ipoperfusione non venga corretto in

tempo.

Patogenesi

1. Cause ischemiche: tutte le cause responsabili di IRA pre-renale che persistono nel tempo:

riduzione della volemia (emorragie, ustioni, disidratazione, sequestro nel terzo spazio) e

riduzione della pressione arteriosa (IMA, aritmie, shock, traumi);

2. Cause tossiche: intrinseche, sostanze endogene in eccesso (mioglobina in seguito a traumi

o in caso di tetania, emoglobina per emolisi, bilirubina per epatite o ittero ostruttivo) o

estrinseche (farmaci quali aminoglicosidi, cefalosporine, tetracicline, amfotericina B,

antineoplastici, mezzo di contrasto, veleni, metalli pesanti come mercurio, arsenico, bismuto,

eroina e amfetamine).

Cause di IRA organica

Malattie dei vasi, 10% (malattie dei vasi renali di grosso calibro):

• Arterie renali: trombosi, embolia da colesterolo, tromboembolia, dissezione aortica, vasculiti

(Takayasu);

• Vene renali: trombosi, compressione.

Malattie dei glomeruli 15% (malattie dei glomeruli e del microcircolo renale):

• Infiammatorie: glomerulonefriti acute o rapidamente progressive, vasculiti, rigetto di

trapianto, danno renale da radiazioni.

• Vasospastiche: ipertensione maligna, tossiemia gravidica, sclerodermia, ipercalcemia,

farmaci, mezzi di contrasto.

• Malattie ematologiche: sindrome emolitico-uremica o porpora trombotica trombocitopenica,

coagulazione intravascolare disseminata, sindrome da iperviscosità.

Malattie tubulari 70% (malattie caratterizzate da prevalente danno tubulare, spesso con NTA):

• Ischemia causata da ipoperfusione

• Tossine esogene

• Tossine endogene

Malattie interstiziali 5% (malattie acute del tubulo-interstizio):

• Nefrite interstiziale allergica

• Infezioni (virali, batteriche, fungine)

• Rigetto cellulare acuto da trapianto

• Infiltrazione (linfoma, leucemia, sarcoidosi)

Quadro clinico Quadro urinario

Il quadro urinario documenta la perdita di funzione renale nella capacità di concentrare le urine.

Nell’IRA renale si distingue:

1) una forma oligo-anurizzante, nella quale la contrazione della funzione renale è

persistente; nel caso di IRA da NTA l’oliguria ha le caratteristiche dell’urina diluita con

bassa osmolarità e sodiuria elevata (il rene, a causa del danno, non riesce a trattenere

Na+, diversamente dall’IRA pre-renale).

2) una forma a diuresi conservata, nella quale, pur in presenza di una severa contrazione

funzionale il volume diuretico si presenta conservato o aumentato.

Il sedimento urinario è scarso e indifferente nel caso di NTA:

- Può essere leucociturico nel caso di nefriti interstiziali immuno-allergiche (con tecniche specifiche

si può talora riscontrare eosinofiluria).

- Può presentare un sedimento telescopico (RBCs, WBCs e cilindri di diverso tipo) nel caso di

malattie parenchimali che interessano il glomerulo.

Prognosi ed evoluzione

In ambedue le forme, ma quasi di regola in quella oligo-anurizzante, la contrazione funzionale

conduce ad un quadro uremico acuto, potenzialmente letale per il paziente o comunque tale da

aggravarne il quadro clinico complessivo. In queste condizioni è indispensabile l’utilizzazione di

terapia sostituiva (dialisi) fino a quando il rene non abbia ricuperato le sue competenze funzionali.

In assenza di dialisi urgente, la morte sopraggiunge frequentemente per iperpotassiemia ed edema

polmonare acuto.

In taluni casi, i pazienti possono superare spontaneamente la fase acuta (si assisteva a ciò

soprattutto prima degli anni ’40, quando la dialisi non esisteva) e in quel caso la remissione è

completa, per rigenerazione delle cellule tubulari (ricordate che hanno questo potenziale).

Elementi importanti nel condizionare la prognosi renale: severità del danno iniziale, sua persistenza

nel tempo, presenza di concause tossiche, grado di IRC eventualmente pre-esistente ed anche, per

quanto meno ben definibile, tolleranza individuale agli insulti ischemici.

IRA post renale (ostruttiva) Questo tipo di IRA si osserva molto frequentemente in persone non ospedalizzate; l’ostruzione può

essere a livello delle vie escretrici extrarenali o intrarenali.

- Tipicamente si manifesta come comparsa di anuria improvvisa, non preceduta da fasi oliguriche

(diversamente da IRA pre-renale e renale).

- Tuttavia non necessariamente se c’è un'IRA post renale deve esserci l’oligo-anuria; può

succedere infatti che per l’aumento della pressione delle vie urinarie si abbia una disfunzione del

tubulo che non riesce più a riassorbire, permettendo la diuresi, pur essendo compromessa la

capacità di filtrazione glomerulare.

Eziologia Ostruzione delle vie escretrici extrarenali.

1. Vie urinarie superiori (bilaterale o monolaterale in caso di monorene funzionale):

- Ostruzione intrinseca: calcolo, coagulo, necrosi papillare, carcinoma a cellule transizionali,

alterazioni funzionali (reflusso), anomalie congenite (valvole);

- Ostruzione estrinseca: fibrosi retroperitoneale, aneurisma aortico, neoplasia retroperitoneale.

2. Vie urinarie inferiori

Stenosi ureterale, ipertrofia prostatica benigna e cancro alla prostata (cause più frequenti),

carcinoma a cellule transizionali della vescica, coaguli ematici, palla fungina, vescica neurogena,

anomalie congenite (valvole), catetere uretrale mal posizionato.

Ostruzione delle vie escretrici intrarenali

In questo caso si parla di IRA ostruttiva intra-tubulare, e le cause più comuni sono:

• Cristalli di acido urico, ossalato di Ca2+ (componenti del metabolismo);

• Farmaci: acyclovir, sulfonamide, metotressato, destrani, acetazolamide, nitrofurantoina,

fenazopirina, rifampicina, probenecid;

• Prodotti di patologie neoplastiche: catene leggere nel mieloma;

Quadro clinico La diagnosi precoce è l’unico mezzo per prevenire la progressione del danno al parenchima renale,

che può divenire anche irreversibile.

1) In una prima fase, infatti, l’ostruzione al deflusso urinario si comporta come il braccio

afferente di un feed-back che induce, come risposta riflessa, una vasocostrizione

glomerulare; questo vasospasmo glomerulare può essere alla base della temporanea

persistenza di anuria che si osserva anche dopo rimozione della ostruzione.

2) In caso di persistenza del vasospasmo, tuttavia, può instaurarsi un danno ischemico

responsabile di necrosi cellulare e irreversibilità del danno.

Agli esami di laboratorio, si rileva aumento di urea e della creatininemia. È necessario un intervento

terapeutico: evacuazione dell’urina tramite tubo pielostomico.

Quadro urinario

Può essere del tutto non valutabile nei casi tipici di anuria improvvisa e totale; tuttavia:

- E’ possibile osservare talora casi in cui il volume urinario riprende all’improvviso, e ciò dimostra

alternanza (in condizioni di ostruzioni parziali o che funzionano con meccanismi a valvola);

- E’ possibile, in qualche caso, che un particolare tipo di cristalluria in un campione anche molto

limitato di urina residua, possa fornire importanti elementi in senso diagnostico.

IRA: diagnostica differenziale L’accurato esame clinico del

paziente con attenzione meticolosa

a tutti i possibili elementi

anamnestici sia familiari che

personali è insostituibile.

Quadro clinico E' estremamente variabile, poiché

dipende dal contesto in cui si

inserisce: può sopraggiungere in

corso di una grave setticemia a

rischio per la vita, così come in

presenza di IPB e nessun altro

sintomo. Di per sé, l’IRA ha una sintomatologica specifica legata all’intossicazione conseguente alla

perdita della funzione depurativa dei reni, ma questa è evidente solo se il grado di insufficienza è

discretamente elevato.

Coinvolgimento multiorgano

Organi e apparati più frequentemente interessati:

- Apparato gastroenterico: anoressia e vomito

sono frequenti nei casi più gravi; sono

possibili anche emorragie del tubo digerente

(talora espressione di gastropatie erosive da

stress, temibili per il concomitante rischio

ipocoagulativo).

- Apparato cardiocircolatorio: variamente

coinvolto a seconda dell’eziologia, del grado

di sovraccarico idrico del paziente e del grado

d’ipertensione; tutti fattori che, se

insufficientemente controllati, possono

causare scompenso cardiaco acuto ed edema

polmonare. Temibili i disturbi del ritmo,

sovente correlati con i disordini elettrolitici.

- SNC: la sofferenza del sistema nervoso

centrale è frequente, precoce ed importante,

ed assume una vasta gamma di

manifestazioni che possono arrivare fino al

coma. In caso di encefalopatia ipertensiva

(vasculiti, GNA, gestosi gravidica) sono possibili manifestazioni eclamptiche.

- Apparato emopoietico: l’anemia rappresenta un tratto costante anche se variamente

modulato a seconda della patogenesi coinvolta; nella genesi dello stato anemico

intervengono fattori dipendenti dallo stato uremico (deficit di EPO, diatesi emorragica,

possibile emolisi) e da noxae aggiuntive (tossici, sanguinamenti).

E' stato visto che pazienti con ARF hanno nel plasma livelli significativamente più elevati di citochine

pro infiammatorie rispetto a pazienti sani o pazienti in end-stage renal disease in trattamento

emodialitico cronico; è stato inoltre notato un livello più elevati di IL-6 e IL-8 nei “non-survivors”

rispetto ai “survivors".

L'IRA correla con un deleterio cross-talk tra organi, favorendo alterazioni immunologi che,

infiammatorie e del metabolismo attraverso l'azione dei mediatori solubili (ha quindi un contributo

diretto nella disfunzione di polmone, cuore, cervello, fegato ecc.); si associa ad un aumento della

mortalità soprattutto se è presente disfunzione in altri organi.

I meccanismi con i quali l'IRA determina una disfunzione multi organi sono dunque complessi

pathways di natura:

1) Pro-infiammatoria: incremento di ROS, attivazione e infiltrazione leucocitaria, incremento

di citochine e chemochine; recenti studi mostrano il ruolo di linfociti T e macrofagi come

modulatori di danno renale ed extrarenale;

2) Pro-apoptotico: regolazione della morte cellulare.

Quadro ematico

Lo stadio terminale di tutti i tipi di IRA (se non trattati) è l'uremia: il nome deriva dall'accumulo nel

sangue di sostanze azotate a causa dell'incapacità dei reni ad eliminarle, e si parla di uremia quando

la VFG è <15 mL/min. I segni e sintomi più frequenti sono:

- astenia;

- dimagramento e vomito (fino alla cachessia);

- pallore (dovuto non solo all'anemia, ma anche all'accumulo di tossine);

- alito maleodorante (con odore urinoso, detto ‘fetor uremicus’).

Naturalmente sono anche essere presenti i segni delle alterazioni idro-elettolitiche tipiche dell'IR:

• Iperpotassiemia (astenia marcata e danni cardiaci);

• Ipocalcemia ed iperfosforemia (con conseguenti danni ossei e fratture patologiche);

• Ritenzione idrica (con conseguente edema periferico e nei casi più gravi edema polmonare);

• Tamponamento cardiaco (per la pericardite uremica dovuta allo stato tossico), a volte di tali

dimensioni da condurre allo shock cardiogeno.

Quanto più l’IRA è severa e prolungata, tanto più compaiono sintomi sovrapponibili qualitativamente

a quelli dell’uremia cronica, che interessano sia il versante dell’attività endocrina renale

(diminuzione di EPO e di Vit. D3) sia quello della funzione escretoria.

Quadro urinario

Il quadro urinario può essere del tutto NON valutabile nei

casi tipici di anuria improvvisa e totale. In generale, dal

punto di vista del volume urinario, si possono osservare:

• IRA con anuria;

• IRA con oliguria, se vi è una diuresi nelle 24h

<450mL;

• IRA a diuresi conservata (ed eventualmente con

poliuria).

Dal punto di vista del reperto urinario:

- Urine concentrate prodotte da un rene ben

funzionante;

- Sedimento ricco in cellule e cilindri: segno di danno parenchimale;

- Valutare entità e tipo della proteinuria;

- Cristalli (acido urico, farmaci, catene leggere).

Prognosi

- La mortalità per IRA in pazienti post-chirurgia o

politraumatizzati, in quadro di MOF, raggiunge il

50-80%: si osserva sovente in pazienti in rianimazione

(coloro che riescono a sopravvivere a questa condizione

di norma sviluppano sepsi e progrediscono verso quadri

di IRC).

- La mortalità generale per IRA pre-renale è del 7%,

invece la mortalità per IRA post-renale da causa NON

neoplastica dopo trattamento è praticamente nulla.

Tra i pazienti con IRA:

• 20-60% richiedono la dialisi

• Tra coloro che sopravvivono, la necessità di dialisi

cronica si osserva nel 25% dei casi.

Di norma, i pazienti con diuresi conservata hanno una prognosi

migliore. Infatti non sempre pazienti con IRA

necessitano della dialisi; se la diuresi è mantenuta il trattamento è farmacologico. La tabella indica

parametri di rilievo per l’indicazione di trattamento dialitico (primo tra tutti rimane la creatinina

sierica).

L'associazione sepsi+IRA è il quadro con l’outcome peggiore.

- Un tempo si credeva che l'IRA da sepsi fosse causata da ridotti flussi; in realtà durante la sepsi il

flusso di sangue al rene è aumentato, pertanto non si tratta di IRA pre-renale.

- Si è poi scoperto che l’LPS ha un’azione diretta tossica sull’epitelio tubulare: quindi il danno è

dovuto non all'ipoperfusione, bensì ad un danno diretto delle componenti batteriche (PAMPS:

molecole il grado di attivare i toll-like receptors, che hanno un ruolo cruciale nelle infezioni) sul

tubulo e dall’infiammazione tissutale con abbondante infiltrato infiammatorio in un ambiente ricco

di citochine (tra cui in particolare TNFalpha). Pertanto il danno non è di tipo ischemico ma tossico.

La sepsi determina immunoparalisi e danno d’organo; oggi sono messe a punto metodiche

extracorporee dialitiche per ridurre il contenuto di citochine nel sangue, così da proteggere sia gli

organi e da ristabilire l’equilibrio immunitario.

Diagnosi Parametri clinico laboratoristici

Nel caso di IRA non complicata sono osserva di solito:

- Azotemia: + 10-20mg/dL/24h + 100 mg/dL/24h (oggi l’azotemia non ha più gran peso

diagnostico);

- Creatininemia: + 0,5-1mg/dL/24h + 2mg/dL/24h

- Acido urico: + 1-2mg/dL/24h molto più elevato

- HCO3- plasmatici: - 1mEq/L/24h - 2mEq/L/24h

- Potassiemia: + 0,5mEq/L/24h + 1-2mEq/L/poche h

- Acqua metabolica: 0,2-0,5 Kg/24h

- IRA con ipercatabolismo >1 Kg/24h

Diagnostica strumentale

L’indagine di prima scelta è l’ECOtomografia renale:

- E' in grado di discriminare tra IRA e IRC mediante la valutazione delle dimensioni dei reni e lo

spessore della corticale.

- All’interno dell’IRA, l’ecografia può essere diagnostica nei casi di IRA post-renale, quando

evidenzia una dilatazione delle vie escretrici; occorre ricordare, tuttavia, che la mancanza di una

dilatazione evidente all’ecografia NON esclude del tutto una forma di IRA ostruttiva, poiché in casi

particolari la dilatazione può instaurarsi lentamente ed essere visibile solo più tardivamente.

- Nei casi di IRA parenchimale, l’ecografia può fornire elementi orientativi se, in presenza di flogosi

parenchimale diffusa, mostra la presenza di reni grossi ed edematosi.

Biomarkers

Si previene il danno d’organo

avvalendosi della terapia

farmacologica e dello studio dei

biomarcatori. Purtroppo in ambito

nefrologico sono pochi, dagli anni ’70

ad oggi si è sempre avuta a

disposizione solo la creatinina

sierica.

Esame del sedimento: le cellule

dell’epitelio tubulare presenti nel

sedimento sono enumerate per avere

uno SCORE di gravità del danno

tubulare e della necessità dialitica.

Ampi sforzi sono ora virati

all’identificazione di nuovi marcatori.

• Kidney Injury Molecule (KIM1):

è una molecola poco espressa

in condizioni fisiologiche, mentre è molto espressa in condizioni di danno renale. Essa viene

eliminata dal tubulo, si stacca dall’epitelio e si ritrova nell’urina, pertanto è dosabile; colora il

tubulo di marrone in corso di necrosi tubulare acuta (con un rilievo immunoistochimico).

• NGAL (lipocalina associata alla gelatinasi neutrofila): è una proteina di 25 kDA della famiglia

delle lipocaline, ovvero proteine che si legano ai siderofori (proteine a basso PM che chelano

il ferro, molto espressi dai batteri, ma anche endogene). NGAL è filtrata, ed è poi riassorbita

a livello prossimale dal sistema megalina-cubilina; un riscontro nelle urine corrisponde ad un

aumento della quota plasmatica o ad un difetto del riassorbimento. Questo si verifica in

condizioni di danno d’organo epatico e tubulare; si è osservata una buona correlazione tra

danno renale acuto e pool NGAL urinario. Oggi è possibile dosarlo con una nuova metodica

"point of care", che prevede lo studio di pochi mL di urina ed è utile e rapida.

• Marcatori del ciclo cellulare: la cellula tubulare necrotica rilascia i marcatori della fase del

ciclo cellulare a cui si è fermata; questo avviene dopo processi ischemici o tossici del tubulo.

Esempi sono la Insulin-Like Growth Factor Binding Protein e la metalloproteinasi 2.

Queste metodiche sono di utile sviluppo in quanto oggi valutiamo l’entità del danno tubulare

attraverso lo studio della creatinina; ciò di per sé è un’imprecisione, in quanto la creatinina è indice

della funzione generale del rene.

I suddetti biomarker vengono direttamente dal tubulo e si muovono più velocemente, potendo quindi

indicare in modo precoce lesioni tubulari subcliniche.

Terapia IRA iatrogena

Studi su pazienti con IRA hanno evidenziato come alcune terapie mediche possano esporre il

paziente a rischio di IRA:

• La terapia con anestetici sembra correlata ad un aumento di incidenza di IRA in pazienti

critici, soprattutto per trattamenti con propofol (utilizzato spesso per la chirurgia di valvole

cardiache);

• L'utilizzo di ventilazione invasiva in pazienti con ARDS; questo sembra dovuto ad un danno

del tessuto polmonare che porta allo sviluppo di infiammazione sistemica, con ripercussioni

a distanza sulla funzione renale. Trials clinici hanno dimostrato infatti una minore incidenza

di queste complicazioni in pazienti ventilati con metodi meno invasivi.

Trattamenti

Ciò che si fa in caso di IRA è cercare di volumizzare il paziente, dare farmaci vasoattivi ed evitare

farmaci nefrotossici (amminoglicosidi, mezzi di contrasto).

Linee guida Kdigo per volumizzazione i pazienti con IRA:

- In un paziente con ipovolemia

e ipoperfusione si utilizzano

cristalloidi; non i colloidi perché

si è visto che la probabilità di

sopravvivenza è uguale per

entrambi i trattamenti pertanto

l’albumina non salva da IRA

(piuttosto dà NTA).

- Trattamento con amido invece

profilava un peggiore outcome,

in quanto poteva essere causa

di necrosi tubulare acuta.

- Il problema della fisiologica

(NaCl 0.9%) è che quando

somministrata aumenta anche

il cloro, e questo può andare

ad alterare la Strong Ion Difference dell’organismo causando acidosi metabolica. È molto

importante che oltre a bilanciare il volume si presti attenzione all’equilibrio acido-base,

eventualmente apportando correzioni degli elettroliti.

- Esistono anche soluzioni saline tamponate NaHCO3, anche se non è ancora stato dimostrato

un miglioramento nell’outcome di questi pazienti.

- Nell’IRA pre-renale prima di somministrare diuretici si volumizza; solo quando il volume è

controllato do il diuretico per conservare la diuresi.

- In pazienti con shock vasogenico si raccomanda l’utilizzo di vasopressori oltre che di fluidi.

Oggi si preferisce la noradrenalina alla dopamina in quanto quest’ultima ha dimostrato più

alta incidenza di effetti avversi come aritmie; inoltre si utilizzano anche vasopressina e

glipressina (quest’ultima causa vasocostrizione splancnica e aumento del flusso nell’arteria

renale, dunque è utile nel trattamento delle sindromi epato-renali).

- La dopamina continua ad essere data a basse dosi in pazenti a rischio di IRA, tuttavia non

esiste evidenza di un tangibile beneficio clinico pertanto le linee guida Kdigo ne scoraggiano

l’uso.

INSUFFICIENZA RENALE CRONICA E' una sindrome clinico metabolica conseguente alla cronica e irreversibile riduzione delle strutture

renali funzionanti con riduzione della capacità dei reni di espletare le loro specifiche funzioni

(escretoria ed endocrina); a differenza dell’IRA qui il danno è sempre irreversibile.

1) Per lo più si instaura in modo lento e progressivo, e il corrispettivo anatomico è costituito

da un'evoluzione sclero-ialinotica dei glomeruli, ma anche delle altre strutture renali (con

fibrosi interstiziale ed ispessimento delle pareti vascolari).

2) In condizioni particolari, tuttavia, una noxa patogena particolarmente grave può

danneggiare acutamente il rene in modo irreversibile, cosicchè un quadro di insufficienza

renale acuta si trasforma in un danno cronico senza soluzione di continuo.

Epidemiologia L'8-12% della popolazione mondiale presenta una malattia renale, e nell’80% dei casi è sconosciuta

o sotto diagnosticata.

Un tempo, quando nacque la dialisi negli anni ’80, la maggior parte dei dializzati erano pazienti

giovani con IRC conseguente a glomerulonefrite; oggi, grazie alle migliori cure, i dializzati sono per

lo più pazienti con patologie renali legate all’età e al diabete.

Eziopatogenesi Eziologia È' una perdita progressiva della funzione renale correlata ad una nefropatia glomerulare,

interstiziale, vascolare o malformativa, con quadri variabili a seconda della malattia responsabile.

Patologie che più frequentemente portano ad IRC:

• Diabete (tipo I e tipo II) 31%

• Nefropatie vascolari 20%

• Nefropatie glomerulari 16%

• Nefropatie tubulo-interstiziali 13%

• Malattia cistica renale 6%

• Altre malattie sistemiche 4%

• Malattie renali ereditarie 1%

• Altre 9%

Fattori di rischio

• Fattori di suscettibilità: sesso maschile, età avanzata, patrimonio genetico, razza, ridotto

patrimonio nefronico congenito.

• Fattori attivanti: cause primitive della malattia renale cronica.

• Fattori di progressione: ipertensione arteriosa, proteinuria nefrosica, iperglicemia,

iperlipidemia, fumo, gravidanza, nefrotossine, presenza di glomerulosclerosi, fibrosi

tubulointerstiziale e sclerosi vascolare alla biopsia renale.

Patogenesi del danno - La progressione del danno ha origine da processi patologici diversi (dismetabolici, vascolari,

glomerulari, tubulo-interstiziali) che portano tutti ad una riduzione critica della massa nefronica. Si

osserva inoltre spesso un’iperattivazione del sistema RAS a causa della riduzione del volume

plasmatico in arrivo al tubulo (l’aumentata secrezione di renina da parte della macula densa porta

ad attivazione del sistema RAS con aumento del riassorbimento di acqua e sodio e delle pressioni

periferiche, grazie ad aldosterone e angiotensina II).

- La riduzione critica della massa nefronica, dovuta al processo patologico, porta ad un’ipertrofia

dei nefroni residui con aumento del flusso nei capillari glomerulari e della filtrazione capillare (si

può dunque avere proteinuria); a questo contribuiscono inoltre farmaci (ACE inibitori e FANS) e

fattori dietetici;

- A causa dell'’alterata permeabilità glomerulare si avrà un aumento del traffico transcapillare e

mesangiale di proteine, con conseguente attivazione tubulare di mediatori di sclerosi: si esita in

sclerosi interstiziale e mesangiale.

La proteinuria è un importante ed indipendente un fattore di rischio per il danno renale. Il quadro

istologico delle nefropatie proteinuriche che evolvono verso l’insufficienza renale presenta tratti

comuni:

• Infiltrazione da parte di macrofagi attivati;

• Proliferazione delle cellule mesangiali a causa dell'aumento del traffico mesangiale di

macromolecole;

• Transizione epitelio mesenchimale delle cellule tubulari verso fenotipi simil-fibroblastici, con

abbondante deposizione di matrice.

La proteinuria crea infatti tossicità tubulare diretta per l'aumentato traffico di proteine attraverso la

cellula del tubulo prossimale, che causa:

- L'attivazione lisosomiale e il leakage intracitoplasmatico degli enzimi (aumentata attività

lisosomiale con rilascio degli enzimi nel citoplasma ed attivazione infiammatoria)

- Saturazione, processo di endocitosi;

- Sovraccarico del reticolo-endoplasmatico.

Diagnosi L'IRC si presenta in generale con dati ritentivi elevati e reni di dimensioni ridotte.

Esami di laboratorio La clearance della creatinina misura l’entità del GFR (ed è normale tra 100 e 160 mL/min). Relazione

tra creatininemia e GFR:

- Modifiche del GFR tra 150 e 30 mL/min corrispondono solo a modeste variazioni della

creatininemia;

- Sotto a 30 mL/min di filtrato la creatininemia varia in modo esponenziale: anche piccole alterazioni

del valore sono indice di danno renale importante, difatti 2 mg/mL di creatininemia significano una

perdita dell’80% del GFR.

La riduzione del GFR è già di per

sé un indice di IRC.

I valori ematici di azotemia e

creatinina si muovono tardi poiché

i nefroni ancora funzionanti fanno

le veci del tessuto non funzionale.

Per screenare la popolazione,

dunque, si fanno delle analisi del

sedimento urinario che possono

evidenziare patologie renali a stadi

subclinici o per le quali la riduzione

del filtrato non è ancora così

importante da essere evidenziata

dal dosaggio della creatinina

sierica.

Quando il filtrato è al di sotto ai 10-

15 ml/ min si parla di uremia e il

paziente necessita di terapia sostitutiva.

Esami strumentali Ecografia renale e Tac addome superiore evidenziano reni di dimensioni ridotte e con corticale

assottigliata; si osserva anche la perdita della differenziazione cortico-midollare.

Stadiazione Ricordare che malattia renale cronica (dato istologico) non è sinonimo di IRC (dato funzionale), e

che IRC non è sinonimo di uremia.

1) IRC: danno renale da 3 o più mesi individuato con tecniche di imaging o test di laboratorio

(GFR < 60 ml/min /1,73 mq per 3 o più mesi con oppure senza evidenza di danno renale;

2) ESRD (end stage renal disease, stato di uremia terminale): GFR < di 15 ml/min/ 1,73mq,

necessita di terapia sostitutiva.

La tabella mostra la stadiazione dei pazienti con IRC; tutti i pazienti sono ad aumentanto rischio di

sviluppo di patologie cardiovascolari e in quest'ottica la prevenzione risulta fondamentale; infatti

basti pensare che le morti per IRC superano quelle per alcuni tipi di cancro, e sarebbe auspicabile

arrivare ad una diagnosi di IRC anche per pazienti ai primi stadi della malattia.

I pazienti dello stadio 4 sono in fase predialitica, e vengono seguiti presso gli ambulatori MAREA.

Evoluzione dell'IRC Progressione Principali fattori di progressione:

- Malattia di base e suoi fattori patogenetici;

- Predisposizione genetica (ad es. polimorfismi dell'enzima ACE);

- Fattori comuni a nefropatie diverse non direttamente collegati alla patogenesi della nefropatia

primitiva: iperfunzione/ipertrofia dei nefroni residui con ipertensione glomerulare, ipossia cronica,

fattori dietetici, iperparatiroidismo secondario, ipertensione arteriosa, proteinuria e dislipemia.

Evoluzione in relazione alla malattia di base ed ai suoi fattori patogenetici:

• Una sottopolazione di glomerulonefriti (GNMP, GN a depositi di IgA, GSF) ha un'evoluzione

rapida; altre (parte di quelle a IgA, GNM) hanno invece un'evoluzione lenta, talora con

stabilizzazioni.

• Gran parte delle nefriti interstiziali ha evoluzione lenta (e la riduzione della funzione renale

può stabilizzarsi o migliorare con la rimozione della causa);

• La nefroangiosclerosi ha un'evoluzione in genere lenta, con stabilizzazioni protratte; le

malattie vascolari diverse dalla classica nefroangiosclerosi possono evolvere “a gradini”.

• La nefropatia policistica evolve spesso rapidamente, una volta raggiunta l’IRC.

• Nelle nefropatie secondarie sono frequenti stabilizzazione e regressioni del danno se la

causa è curabile (LES, amiloide, diabete).

Complicanze cardiovascolari I pazienti con IRC in generale hanno un outcome peggiore rispetto alla popolazione generale;

diciamo che si potrebbe assumere che la probabilità di morte è inversamente proporzionale alla

GFR (Cit. Cantaluppi).

I pazienti diabetici con insufficienza renale terminale hanno un elevato rischio di complicanze

cardiovascolari (cardiopatia, insufficienza concentrica, ischemica cardiaca); ci è dovuto sia al

dismetabolismo lipidico proprio della patologia diabetica sia al dismetabolismo del calcio causato da

IRC.

Calcificazioni

Le calcificazioni vascolari sono associate ad un maggior rischio di patologia cardiovascolare nei

pazienti con IRC; interessano il 30-70% dei pazienti con CKD e il 15% dei pazienti pediatrici con

CKD. La Electron Beam Computed Tomography (EBCT) permette di visualizzare le lesioni

aterosclerotiche calcifiche.

Ad aumentare il rischio cardiovascolare per

le calcificazioni contribuiscono anche le

alterazioni del metabolismo minerale:

l’iperfosforemia e il deficit di 1,25(OH)2 D3,

in parte indirettamente attraverso

l’ipocalcemia, stimolano le cellule

paratiroidee a proliferare e a secernere più

PTH, attraverso meccanismi sia trascrizionali

che post-trascrizionali.

Questo processo è abbastanza

precoce e si verifica già nei primi stadi

della malattia (ricorda che già i pazienti

di stadio 1 2 e 3 hanno un rischio

cardiovascolare aumentato).

Caratteristiche delle calcificazioni

vascolari nei pazienti con IRC:

- Nei pazienti con IRC le calcificazioni

coinvolgono più frequentementa la

tonaca media, al contrario di ciò che

avviene nella popolazione generale, ove di solito è più coinvolta l’intima.

- Inoltre a volte al processo intimale di degenerazione aterosclerotica si può sovrapporre alla

deposizione di calcio nella tonaca media (pazienti diabetici con IRC).

- Le calcificazioni coinvolgono spesso le coronarie, ma anche l’arteria iliaca che è sempre da

controllare prima dell’intervento sostitutivo in quanto è lì che si fa l’anastomosi.

Patogenesi della calcificazione nella tonaca media: elevati livelli di calcio e fosfati nel sangue, oltre

che deficit degli inibitori della calcificazione quali fetuina A o Matrix gla protein, così come anche

stress endoteliale, dovuto all’ infiammazione, possono costituire uno stimolo per l’osteobalsto a

deporre matrice.

Tossine uremiche e disfunzione endoteliale

Nell'IRC è ridotta l’eliminazione dei cataboliti azotati, quindi urea (dalle proteine esogene) creatinina

(dalle proteine endogene) e acido urico (dal catabolismo delle purine) si accumulano nel sangue.

Sostanze non eliminate vengono definite tossine uremiche:

- Urea

- Derivati guanidinici: metilguanidina, dimetilguanidina, acido guanidinsuccinico, creatinina;

- Composti aromatici: acido fenolico e idrossifenolico, amine aromatiche, indoli;

- Amine alifatiche e poliamine;

- Derivati dei carboidrati: mioinositolo, sorbitolo, aldosi;

- Polipeptidi e proteine: beta2-microglobulina, lisozima, beta-glicoproteine, ribonucleasi,

proteina legante il retinolo, aminoacidi coniugati;

- Prodotti del metabolismo degli acidi nucleici: acido urico, nucleotidi piridinici, derivati della

piridina, AMPciclico;

- Paratormone.

Lo squilibrio uremico causa

disfunzione del sistema

immunitario, con abnorme

produzione di citochine che porta

alla lunga ad un quadro di

disfunzione endoteliale.

La disfunzione endoteliale

nell’aterosclerosi è un fenomeno

precoce: precede le alterazioni

strutturali e le manifestazioni

cliniche. Numerosi studi

documentano la correlazione tra

disfunzione endoteliale ed eventi

cardiovascolari; è documentata

anche una correlazione tra

disfunzione endoteliale e riduzione

del VFG.

La ridotta biodisponibilità di NO è il punto di congiunzione di tutti i maggiori fattori di rischio

cardiovascolare:

- i pazienti con IRC hanno una ridotta biodisponibilità di NO, correlata alla disfunzione

endoteliale (per ridotta sintesi, aumentata degradazione e riduzione della sensibilità delle

cellule target).

- L’azione principale della riduzione della sintesi è svolta dalla dimetil arginina asimmetrica

(ADMA), inibitore dell’enzima NO sintetasi. Questa è una vera e propria tossina uremica,

piccola molecola idrosolubile che viene escreta per via renale: livelli maggiori di ADMA si

osservano in pazienti con IRC (anche in fase iniziale), e sono correlati ad aumento dello

spessore della tonaca media di arterie come coronarie e carotidi (causa di aumento

dell'incidenza di eventi cerebro e cardiovascolari).

Alterazioni idro-elettrolitiche Il rene normalmente regola il pH del sangue, grazie alla

secrezione di idrogenioni e al riassorbimento e alla

produzione ex novo di ioni bicarbonato. Nell'IRC si

osserva una progressiva diminuzione della massa

nefronica, con conseguente diminuzione della

funzionalità renale: questo esiterà in accumulo di acidi

non volatili è ridotto assorbimento di HCO3- (quadro di

acidosi metabolica).

Uremia Che si tratti di IRC da nefropatie vascolari, nefropatie congenite, diabete, nefropatie interstiziali o

nefropatie glomerulari, la condizione terminale è comune: UREMIA.

Segni e sintomi uremici sono a livello di tutto l'organismo: sistema nervoso, apparato cutaneo,

apparato muscolo-scheletrico, apparato endocrino e metabolico, equilibrio acido base e idro

elettrolitico, emopoiesi, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare, apparato gastrointestinale.

Le conseguenze più temibili dell’uremia sono:

• Edema polmonare acuto (si tratta con diuretici solo in acuto, per ridurre la ritenzione di acqua

e di Na+);

• Versamento pericardico;

• Iperpotassiemia: (onde P assenti o piccole, onde T a punta o a tenda, allargamento del QRS,

tratto ST corto o assente, ridotta FC).

Edema e iperkaliemia sono le due cause di mortalità acuta nel paziente uremico.

Sistema cardiovascolare:

• Ipertensione arteriosa (per la ritenzione di Na+ e l'aumentato secrezione di renina);

• Scompenso cardiaco;

• Pericardite (di tipo fibrinoso-emorragico).

Ematologico:

• Anemia (a causa della ridotta secrezione di EPO);

• Alterazioni coagulative (trombocitopatia)

• Alterazioni leucocitarie

Sistema immunitario:

- Sono colpite sia l'immunità umorale che l'immunità cellulare (linfociti): il paziente uremico ha una

ridotta conta di linfociti B e plasmacellule, con un conseguente aumento del rischio di sviluppare

infezioni (infatti prima di entrare in dialisi i pazienti vengono sempre vaccinati contro HBV).

- Oltre a ciò si evidenzia una maggiore incidenza neoplastica, sempre ascrivibile alla ridotta

protezione immunitaria offerta soprattutto dalle cellule NK (le tossine uremiche infatti portano ad

alterazione dei mediatori di attivazione delle NK).

Sistema gastrointestinale:

• Gastrite uremica (da infezione di H. Pilori)

Sistema nervoso:

• Encefalopatia uremica (regredibile);

• Neuropatia periferica (per la degenerazione fibre mieliniche): esita nella “Rest-less leg

Syndrome", il paziente va a dormire, ma non riesce a tenere le gambe ferme;

• Sindrome del tunnel carpale.

Sistema scheletrico:

• Osteodistrofia uremica (per la disregolazione dell'ormone PTH);

Sistema endocrino:

Ipotiroidismo e diminuzione degli ormoni sessuali (con conseguente disfunzione

sessuale);

Disregolazione degli ormoni surrenalici.

Disordini metabolici:

Metabolismo glucidico (aumenta la secrezione sia di insulina che di glucagone);

Metabolismo proteico (diminuisce la produzione degli aminoacidi essenziali);

Metabolismo lipidico (aumentano trigliceridi e VLDL, mentre diminuiscono le HDL).

Anemia Si instaura in modo progressivo a seconda dei livelli funzionali residui del rene (quando il filtrato

glomerulare scende sotto 30 mL/min); è clinicamente ben tollerata, ma può essere responsabile di

sofferenza tissutale parenchimale generalizzata (cuore, fegato ecc.).

Si tratta di un'anemia normocitica normocromica iporigeneretiva (i reticolociti sono ridotti) indotta da

varie cause nel paziente con IRC:

- Deficit di EPO;

- Ridotta sopravvivenza eritrocitaria a causa dell'uremia (aumento della cateresi e dunque diminuita

emivita dei globuli rossi);

- Situazione infiammatoria e infezioni;

- Perdite occulte gastro-intestinali (per mucosite, gastriti, enteriti ecc.).

Le conseguenze sull’apparto cardiovascolare sono ipertrofia cardiaca con scompenso cardiaco.,

quindi l'anemia aumenta la possibilità di eventi cardiovascolari pericolosi: è un carattere peggiorativo

per la sindrome cardio-renale.

I valori di Hb associati a riduzione della mortalità sono fra 11 e 12.5/13 mg/dL; al di fuori di questo

range, si ha un aumento della mortalità a causa dell’aumento dell’ematocrito e si sviluppano di

conseguenza eventi trombotici. Non sempre però i pazienti dialitici fanno una terapia sostitutiva con

EPO.

Fattori causa e contribuenti all'anemia:

- Sindromi carenziali di ferro e B12 e folati, che concorrono all’anemia in una situazione in

cui già c'è mancanza di EPO;

- Infiammazione (stato infiammatorio generalizzato) peggiora l’anemia.

- L'anemia risulta aggravata inoltre dalla proteina epcidina, una proteina di fase acuta prodotta

dagli epatociti sotto stimolo infiammatorio (in particolare IL-6). L’epcidina ha un recettore, la

ferroportina, la quale è localizzata sugli eritrociti e altre cellule; il legame epcidina ferroportina

causa l’internalizzazione della ferroportina stessa. Quando i globuli rossi vengono a contatto

con l’epcidina si ha un’alterazione del metabolismo del ferro e si crea una situazione simil

carenza di ferro: aumenta quindi la dose di EPO da somministrare al paziente dialitico per

raggiungere il target di emoglobina (si parla di resistenza all’EPO). Regolatori molecolari

dell’epcidina sono: induttori (carico di ferro e infiammazione), inibitori (aumento dell’EPO

stessa); inoltre l’epcidina aumenta anche con la caduta del filtrato glomerulare dunque la

proteina si accumula nel paziente con l’IRC.

Patologia ossea (osteodistrofia renale) Caratteristica dell’IRC è l’alterazione del calcio e del fosforo: questi pazienti hanno ipocalcemia e

iperfosforemia, a causa dell'ipovitaminosi D e dell'iperparatiroidismo. Il fosforo rientra nei

meccanismi di danno endoteliale e delle calcificazioni vascolari: l’endotelio non funziona e la cellula

muscolare liscia si trasforma in osteoblasto.

Evoluzione del dismetabolismo minerale negli stage dell’IRC:

- negli stadi 3 e 4 cominciano ad alterarsi i valori di fosforo con accumulo di questo, e lo stesso vale

per il paratormone;

- il calcio rimane normale fino allo stadio dialitico, con filtrato sui 20 mL/min.

Il fosforo è il fattore che fa progredire l’IRC perché si ha perdita del microcircolo renale indotto dal

fosforo stesso, che se alto porta a necessità di dialisi in tempi minori: da qui deriva che negli stadi 3

e 4 è necessario uno stretto controllo dei livelli del fosforo per rallentare la progressione e ridurre la

mortalità (si attua anche una terapia chelante a livello intestinale, e si è osservato che migliora la

sopravvivenza dei pazienti in emodialisi).

Se il fosforo è il primum momens della

CKD MBD (disordini dell’osso nell’IRC),

il paratormone è un ulteriore agente

nell’alterazione ossea da IRC:

1) Da un lato è implicato nella

progressione di IRC;

2) Dall’altro valori di PTH > di 600

microg/mL sono correlati ad un outcome

peggiore per il paziente, sempre per

quanto riguarda il sistema

cardiovascolare.

Il suo aumento è dovuto a deficit di

calcitriolo, a ritenzione di fosfati e

iperfosfatemia e altri fattori non ben noti.

Alla fine si sviluppa un’iperplasia delle

paratiroidi, che può essere diffusa o nodulare.

1) L'iperplasia nodulare è tipica dell’iperparatiroidismo terziario (con ipercalcemia), cioè quando

il PTH non è più correlato ai livelli di calcio e fosfato nel plasma ma viene prodotto senza

controllo;

2) La forma diffusa prevale invece in pazienti con iperparatiroidismo secondario.

Modulatori della iperplasia

paratiroidea: sono recettori per il

calcio e la vitamina D (che

stimolano il PTH, modulatori positivi

di proliferazione (ad es. TGFbeta

ed EGFR) e modulatori negativi di

proliferazione (ad es. p21).

FGF23 è una fosfotonina che:

1) Stimola la fosfaturia,

inibendo il riassorbimento di fosfato

nei tubuli renali per interazione con

il suo recettore e la proteina klotho

(aumenta l’interazione di ligando e

recettore);

2) Inibisce inoltre la sintesi del calcitriolo (stimola la 24 alfa-idrossilasi, ma inibisce la 1 alfa

idrossilasi).

Klotho è una proteina transmembrana che interagisce direttamente con FGF-R favorendo una più

alta affinità e specificità dell’interazione di quest’ultimo con FGF23 (interazione klotho-dipendente).

FGF23 è stimolata dai picchi di fosforemia ed è prevalentemente prodotta dall’osso, ma agisce sul

rene con azione fosfaturica e di antagonismo sulla vitamina D.

FGF23 è uno dei primi dati alterati negli stadi iniziali dell’IRC: è un primum momens a causa

iperfosforemia e iperparatiroidismo. Questo crolla circa dopo 3/6 mesi dal trapianto (l'assetto

minerale osseo torna normale)

Klotho cosa fa? Lega FGF23 e il suo recettore ed è coinvolto nel processo fisiologico di

invecchiamento controllando meglio il meccanismo intra ed extracellulare del fosforo. Topi senza il

gene per la proteina klotho invecchiano prima, perché hanno troppo fosforo libero e inoltre

sviluppano precocemente IRC. Si cerca di produrre klotho ricombinante da dare al pz.

L’osso del paziente con IRC è fragile sia per azioni lesive indirette da parte del PTH sia per altre

azioni lesive, dirette da mediatori quali OPG e BMP7 (con processi sia osteoformativi che

osteodistruttivi): fine si ha deficit osseo e pz sono più propensi alle fratture. Si osserverà dunque

osteodistrofia renale, cioè patologia ossea che si sviluppa nei pazienti con insufficienza renale

cronica in trattamento conservativo e sostitutivo: deriva da alterazioni di diversi mediatori del

metabolismo osseo che, in condizioni fisiologiche, regolano l’attivazione di siti di rimodellamento nei

quali si alternano fasi di riassorbimento di trabecole già formate e di apposizione/mineralizzazione

di trabecole nuove (l’insieme dei processi è definito dal termine “turnover osseo”).

Riassunto delle cause della patologia ossea uremica:

- Riduzione progressiva del GFR con ridotta eliminazione dei fosfati;

- Attivazione dell'asse paratiroideo (iperparatiroidismo secondario);

- Ridotta produzione dei metaboliti attivi della vitamina D;

- Ridotto assorbimento di calcio intestinale;

- Ridotta apposizione di calcio a livello osseo (osteomalacia).

TERAPIE DELL'IR TRATTAMENTO DIALITICO Caratteristiche E' il trattamento sostitutivo nel paziente con IRC. Dialisi = dividere in parti:

- Le prime dialisi a inizio ‘900; allora il problema era la coagulazione del sangue perché mancavano

gli anticoagulanti.

- Il primo rene artificiale si ha nel 1940 (primo paziente sopravvissuto con trattamento dialitico nel

1945); si trattavano per solo le IR acute, specie pazienti di guerra che avevano rabdomiolisi da

trauma.

- Post anni ’60 viene introdotta come terapia per pazienti cronici, e iniziano a doversi valutare i

problemi a lungo termine (accesso vascolare permanente, scoagulazione di un circuito

extracorporeo, anemia e osteodistrofia uremica come aspetti clinici persistenti da trattare).

Il rene artificiale sostituisce solo la funzione di filtro e omeostatica, non la funzione endocrina.

Obiettivi della dialisi La dialisi si fa quando:

1) In buone condizioni cliniche, quando il GFR scende sotto i 10 mL/min;

2) Nei diabetici e nei pazienti con sintomi clinici importanti anche a livelli superiori (GFR <

di 15 mL/min).

Pazienti che avviano tardi la dialisi hanno una peggior prognosi, sia perché il rene è più danneggiato

sia perché si fatica a inserirli in lista trapianto. In Italia i pazienti in dialisi sono circa 40mila, non tutti

indicati al trapianto (l'IRC ha un’incidenza che sta aumentando).

È' un procedimento fisico con cui vengono eliminate dal sangue sostanze tossiche e acqua che si

accumulano nei pazienti con IRC; è utile dunque per:

- Eliminare le tossine e rimuovere l’acqua in eccesso;

- Riequilibrare i sistemi tamponi dell’organismo e gli elettroliti ematici.

Tossine uremiche

Le tossine da eliminare dal paziente si dividono in:

- Piccole molecole (0-500 dalton): urea, creatinina, sodio e potassio, acqua;

- Medie molecole (500-5000 dalton): contribuiscono a numerosi sintomi dell'uremia;

- Grandi molecole (5000-50 mila dalton): PTH (coinvolto nell'omeostasi ossea e nel metabolismo

del calcio e del fosfato) e beta2-microglobulina (coinvolta nella sindrome del tunnel carpale).

Equilibrio elettrolitico e dei tamponi

Si attua il ripristino dell'equilibrio base-tamponi del paziente (bicarbonati) mediante

somministrazione di basi (per via diffusiva, convettiva o entrambe.

Si ottiene ciò tramite uno scambio di soluti e acqua tra il sangue del paziente e un fluido a

composizione determinata (simile al plasma di un soggetto sano), separati da una membrana

semipermeabile.

La dialisi agisce solo sullo spazio vascolare, non agisce sui volumi cellulare e interstiziale.

Tipi di dialisi Esistono due tipi di dialisi:

1.Dialisi extracorporea o emodialisi: il sangue del paziente scorre in un circuito extracorporeo ed

attraversa un filtro, costituito da un sistema di fibre capillari, bagnati all’esterno dal liquido di dialisi;

poi il sangue depurato torna al paziente.

2.Dialisi intracorporea o peritoneale: il liquido di dialisi viene immesso nella cavità peritoneale del

paziente e la membrana che lo separa dal sangue è costituita dal peritoneo stesso.

Emodialisi È' costituita da quattro strutture principali (filtro dializzatore, circuito ematico extracorporeo, circuito

del liquido di dialisi, monitor di controllo), più l'accesso vascolare.

Accesso vascolare Fistola artero-venosa

Il flusso che passa nel dializzatore deve essere almeno di 300 mL/min:

- Questo valore non è mantenuto dal flusso venoso quindi le vene non possono essere utilizzate

come accesso;

- Le arterie potrebbero essere una soluzione, ma non si possono usare per una terapia cronica,

perché sono profonde e il prelievo arterioso ha sempre un margine di rischio.

Quindi si fa una fistola artero-venosa che viene riconosciuta

tramite il “trill” che si sente appoggiando la mano sulla fistola,

invece attraverso un fonendo si può sentire il soffio; è un

collegamento artero-venoso che funge da accesso vascolare, e

viene fatto tipicamente tra la vena cefalica e l’arteria radiale che

vengono unite mediante anastomosi.

In questo modo è mantenuta la circolazione venosa, e

contemporaneamente è garantito un flusso elevato della cefalica

che poi scarica in succlavia, e si raggiunge il flusso che serve.

Per evitare il ricircolo, ovvero la depurazione sempre dello stesso

sangue, si prende il sangue del paziente vicino alla bocca della fistola e lo si restituisce più

distalmente possibile altrimenti si depura sempre la stessa area circolatoria.

In conseguenza dell’alto flusso venoso che si ha in seguito a questo ponte anatomico la cefalica si

ingrossa e diventa molto evidente.

La fistola può esser fatta, oltre che con arteria radiale e vena cefalica:

- Con un ponte fra la vena cefalica e l’arteria omerale, quindi viene fatta vicino al gomito (quando

non è possibile fare la prima);

- Oltre ai vasi nativi si possono usare protesi vascolari, ad esempio se il paziente ha vena e

arteria lontane; la protesi più usata è il loop ad anello (questo materiale è bucabile).

Inconvenienti della fistola:

- Trombosi perché il flusso non è sufficiente, oppure per una stenosi della vena soprattutto nello

sbocco alto della succlavia; si può intervenire con un'angioplastica, oppure si può rifare altrove

la fistola se si ha trombosi (sul gomito si ha il vantaggio di avere un flusso maggiore). Per la

fistola protesica (e in minor misura in quella nativa) si può inoltre disostruire la trombosi con

urochinasi (si segue tutto con un doppler oppure si ausculta col fonendo);

- Infezione: spesso questo evento porta a chiusura della fistola.

Catetere venoso centrale

Esistono poi cateteri venosi centrali usati in condizioni di

urgenza quando manca la fistola (accessi vascolari

transitori); vengono messi o in succlavia o in giugulare o

nella femorale (la femorale è la più usata perché non

serve un RX come controllo nell’urgenza).

In questi cateteri si hanno 2 tubicini accostati, uno per

l’accesso venoso, l’altro per l’accesso arterioso: quello

venoso finisce più distalmente per impedire il ricircolo

(questo però si ha sempre il ricircolo ed è maggiore

rispetto a quello che si ha in un paziente con fistola).

Ci sono cateteri venosi anche non transitori,

ad esempio il catetere di Tesio, che ha una

parte esterna uguale al catetere transitorio; la

differenza è che si ha un tratto di cuffiette in

più a livello sottocutaneo che impediscono

l’infezione. Comunque è sempre meglio

avere la fistola piuttosto che il catetere.

Costituenti dell'emodialisi Filtro dializzatore

E' una membrana sintetica costituita da

miriadi di capillari in cui scorre il sangue; il

materiale più usato è il PS (pulisulfone),

usato per il 70% dei trattamenti emodialitici

(un tempo si usavano membrane di

cellulosa).

Caratteristiche del filtro:

Superficie: è ampia da 1 a 2 mq, ed è

importante sapere che una persona

che pesa di meno ha bisogno di un

filtro più piccolo rispetto ad un obeso.

Importante è anche il cambiamento

della sezione dei pori della

membrana; esiste un valore cut off del

nostro glomerulo e questo è costituito

dall’albumina, e lo stesso vale per la

dialisi. Si possono allargare i pori della

membrana per mantenere l’albumina ed

eliminare altre tossine.

Circuito ematico extracorporeo

È' costituito tra cavi di piccolo calibro di materiale plastico, ed è composto da:

1) Linea arteriosa: per fare uscire il sangue dal paziente;

2) Linea venosa: per far rientrare il sangue depurato.

La progressione del sangue è assicurata da una pompa; il flusso mantenuto dalla pompa è pari a

250-350 ml/min.

I gocciolatori arteriosi e venosi servono a vedere se circuito va avanti: anche se il sangue coagula

viene visto.

Bagno di dialisi

All’esterno dei capillari c’è un liquido con un solvente costituito da:

- Acqua demineralizzata prodotta per il processo di osmosi inversa (ovviamente acqua purificata);

- Soluti vari: sostanze osmotica monte attive (glucosio), sostanze tampone (acetato o bicarbonato),

sali minerali.

L’acqua scioglie sali minerali, glucosio e bicarbonato; la composizione finale è simile a quella del

plasma di un soggetto normale (in mmol/L: Na+ 138, K+ 2, calcio 1.5, glucosio 11, Mg 0.75, Cl- 105,

acetato 37, bicarbonato 31.5).

Monitor di controllo

È' un apparecchio su cui vengono inseriti il filtro dializzatore e il circuito extracorporeo. Cosa fa?

- Assicura il moto del sangue nel circuito;

- Assicura l'opportuna miscelazione dei sali minerali all’acqua di rete per fornire il liquido di dialisi;

- Controlla la temperatura del liquido di dialisi;

- Rileva le perdite ematiche dal compartimento sangue al dialisato.

Nota: dividere sempre pazienti con virus HIV da pazienti non sieropositivi.

Principi fisici La dialisi si basa su può basare su

due diversi principi fisici:

diffusione e convezione.

Diffusione

Secondo la legge di Fick.

Abbiamo un compartimento

contenente il sangue del paziente

e un compartimento costituito dal

bagno di dialisi separati da una

membrana semipermeabile,

attraverso la quale passano le

sostanze in base al gradiente di

concentrazione.

- Nel bagno di dialisi (sacco

verde) si mettono calcio e

bicarbonato che mancano al

paziente; questi sono concentrati nel liquido di dialisi maggiormente rispetto al plasma del

paziente in dialisi e quindi fanno un cammino opposto rispetto alle tossine (cioè dal bagno di dialisi

arrivano nel sangue del dializzato).

- Le tossine uremiche, invece, sono meno concentrate nel bagno di dialisi: quindi escono dal

plasma del paziente e finiscono nel dialisato (sacco giallo). Eliminiamo quindi creatinina, fosfato,

tossine uremiche e se alto anche il potassio.

La concentrazione di elettroliti nel bagno di dialisi va scelta in base alla condizione del paziente, e

la dialisi non è uguale per tutti:

1) Un paziente che ha appena iniziato la dialisi nel bagno di dialisi avrà un potassio con

concentrazione minore, circa 4 mmol/L;

2) Rispetto ad un paziente che viaggia con diversi valori di K e a cui si fa un bagno di dialisi

con concentrazione di potassio di 6 mmol/L.

Convezione

Principio alla base della emodialisi (emofiltrazione in post-diluizione).

CONVEZIONE

Processo di trasporto simultaneo di soluti e acqua

attraverso una membrana semipermeabile dovuto al

gradiente di pressione di transmembrana

TRASPORTO DI SOLUTO (in un solvente perfetto….)

Jc =Km⋅ A⋅TMP⋅[X]uf Legge di Staverman

Jc è la portata di ultrafiltrazione (mmol/min)

A è la superficie della membrana (m2)

Km è coefficiente di permeabilità idraulica della

membrana (ml/(min x mmHg x m2))

TMP pressione di transmembrana (mmHg)

[X]uf è la concentrazione del soluto X nell’ultrafiltrato

(mmol/ml)

Abbiamo sempre due compartimenti e una membrana semipermeabile; qui però manca il bagno di

dialisi e al suo posto non c’è niente. Questo processo si basa infatti su gradienti di pressione e non

di concentrazione (funziona come il nostro glomerulo):

- Un solvente spinge e fa pressione sulla membrana, esce e trascina con sé le tossine (effetto di

trascinamento del soluto), quindi non passa solo il soluto, ma anche il solvente;

- Dato che, a differenza del nostro glomerulo, in questo caso manca il tubulo, bisogna reimmettere

del rinfusato sterile nel paziente che altrimenti perde tutto con l’ultrafiltrato (asciughiamo il

paziente altrimenti).

Nell’emofiltrazione:

- Manca un sacco verde di bagno di dialisi, ma si ha una sacca viola di reinfusione per idratare il

paziente e dargli tutti gli elettroliti che servono.

- Si ha sempre la sacca gialla con le sostanze eliminate non chiamata dializzato, ma come nel rene

normale ultrafiltrato.

Nella convezione (emofiltrazione) una massa viene rimossa e va nell’ultrafiltrato.

Differenze tra i due tipi di dialisi:

- Nel processo diffusivo tossine uremiche piccole passano bene, mentre PTH, beta2 microglobulina

e altre sostanze ad alto PM non passano.

- Con la convezione invece l’effetto di trascinamento porta dietro meno tossine piccole, ma porta

dietro sostanze con PM maggiore.

È importante sottolineare però che le tossine legate alle proteine plasmatiche non possono tramite

nessuna delle due tecniche essere eliminate.

Emodiafiltrazione

È' il risultato dell'aver messo insieme le due

metodiche: c'è sia il bagno dialisi che il liquido

di re-infusione. Si associa a minor mortalità

per problemi cardiovascolari, ma non tutti i

pazienti possono farla.

Risultati e indicazioni Clearance molecolari

Il grafico illustra il concetto di clearance, che si

applica anche alla dialisi: sostanze piccole

vengono molto bene eliminate dal sistema di

diffusione, altre a maggiore PM vengono eliminate poco. Per aumentare l’efficienza della diffusione

si deve:

1) Aumentare il flusso sangue: più si spinge più arriva sangue, e più si hanno scambi

sangue-bagno di dialisi.

2) Non si può però spingere oltre un certo limite: bisognerà quindi aumentare l’area dei

capillari e il tempo di dialisi.

Clearance = Volume di urina * C(urine) / C(plasma)

La stessa formula si applica nell’emofiltrazione per valutare la clearance di una sostanza:

- Il volume di urine è la sacca viola;

- La concentrazione urinaria è la sacca gialla di ultrafiltrato.

Coefficiente di setacciamento

È il rapporto tra la concentrazione nell’ultrafiltrato

e la concentrazione plasmatica; varia da 0 a 1:

- Se la C plasmatica = C nell'ultrafiltrato il

coefficiente è 1;

- Se la C nell'ultrafiltrato è piccolissima

allora il coefficiente è 0 e la clearance va a 0.

Serve a determinare la clearance nel sistema

convettivo insieme alla sacca viola di

reinfusione.

Grafico:

1) l'emodiffusione (curva gialla) ha una clearance ottima per piccole molecole, ma se

aumenta il PM la C scende e tende a 0.

2) L’emofiltrazione (curva rossa) invece permette di eliminare sostanze con PM maggiore

rispetto a quelle dell’emodiffusione.

Alla fine della dialisi: eliminate le

tossine, corretti gli elettroliti e

ripristinato l’equilibrio acido base.

Interazione sangue circuito extra-

corporeo

È un problema perché si ha

l'attivazione da contatto: si ha

attivazione di alcune cellule, in

particolare i leucociti e le piastrine, e

l'innesco della cascata coagulativa

anche se il materiale è biocompatibile.

Sono necessari quindi anticoagulanti:

- Solitamente eparina non frazionata:

si fa un bolo iniziale e

successivamente il monitor fa

un’infusione a bolo di eparina ogni

ora.

- Alcuni pazienti non possono usare

eparina a causa di recenti

operazioni, in questi si fa eparina a basso PM con un solo bolo iniziale, o altri trattamenti

anticoagulanti (che sono usati di più in caso di IRA).

Schemi di trattamento

Si fa terapia ogni settimana 3 volte per 4h. Ci sono varianti:

- A volte si può fare un trattamento mono o bisettimanale, a seconda delle condizioni del rene del

paziente;

- Altre variazioni sono le dialisi quotidiane, più corte, ma per tutti i giorni della settimana (schema

2*6 piuttosto che 4*3); in alcuni studi l’emodialisi quotidiana si è visto avere buoni risultati.

- C’è chi fa dialisi notturna per 6/7/8 ore non tutti i giorni.

Non necessariamente l’emodialisi è associata all’ospedale, esistono centri assistenza limitata (CAL)

per pazienti che stanno bene e non necessitano sempre di assistenza medica.

Dialisi peritoneale (intracorporea) Permette una maggior compliance dato che si fa a domicilio; inizia sempre a inizio '900 e il primo

successo fu sempre negli anni '60.

Tecnica - Il catetere peritoneale principalmente usato è il catetere di Tecknoff, inserito nel muscolo retto

dell’addome, ha due cuffie (costituite da dacron) che stanno in sede sottocutanea per proteggere

da infezioni varie e per fissare il catetere. È un catetere in silicone che entra in peritoneo.

- Esiste anche catetere a collo di cigno (Swan neck), leggermente diverso, il quale consente

maggiore stabilità con scarsa tendenza alla dislocazione e alla esteriorizzazione della cuffia

esterna.

Il catetere viene inserito in anestesia locale: si perfora la fascia del muscolo retto e si posizionano le

due cuffie (una nella porzione intramurale e l’altra esterna sotto l’orifizio cutaneo).

Complicanze Precoci

Sono dovute all’intervento chirurgico:

- Scarso drenaggio di liquido per posizionamento errato, perforazione di organi intestinali,

sanguinamento intraperitoneale (che però si arresta in poco tempo, altrimenti si procede con la

revisione chirurgica);

- Scarico insufficiente del catetere per dislocazione dello stesso (la sua testa non è ben localizzata,

ma sta in luoghi di resistenza: non si hanno scambi) o per ostruzione dello stesso da coaguli e

fibrina;

- Infine il leakage ovvero una perdita di liquido peritoneale a livello peri-cateterale che può esserci

in qualunque momento del trattamento; spesso però è causato da un utilizzo precoce del catetere,

si perde liquido che si accumula a livello della cuffia profonda e si ha un maggiore rischio di

sviluppare complicanze infettive.

Tardive

- Infezioni: peritoniti batteriche (infezione del tunnel sottocutaneo); per diagnosticarle si cercano

segni clinici di peritonismo (leucocitosi, PCR, tumefazione cutanea e arrossamento essudato

che esce ecc), si osserva il liquido peritoneale se è torbido, e si fa la conta leucocitaria e la

conta batterica. In genere si tratta di infezioni da Gram- o Gram + che stanno sulla cute; si

deve sospendere la dialisi peritoneale per un po’, intanto mettere un catetere temporaneo; se

non si risolve si passa alla fistola.

- Esistono poi peritoniti chimiche non batteriche, causate da alcune sostanze che irritano il

peritoneo con manifestazione sintomatologica simil peritonite ma con assenza di leucocitosi,

neutrofila, elevazione della PCR; il liquido peritoneale non è torbido.

Indicazioni per rimuovere catetere peritoneale:

- In corso di peritonite resistente alla terapia antibiotica;

- In corso di peritoniti micotiche;

- In caso di peritoniti ricorrenti da unico germe;

- In caso di malposizionamento irreversibile del catetere;

- Dopo trapianto renale (da uno a tre mesi dall'intervento).

Evitare comunque l’impiego del catetere per rischi di complicanze infettive in corso di terapia

immunodepressiva.

Metodo di funzionamento Ci sono tipi diversi di dialisi peritoneale:

• IPD: dialisi peritoneale intermittente;

• CAPD: dialisi peritoneale ambulatoriale continua;

• CCPD: dialisi peritoneale ciclica continua;

• APD: dialisi peritoneale automatica.

La CAPD è una metodica dialitica che ha le seguenti caratteristiche:

✓ è di semplice esecuzione

✓ può essere gestita dal paziente o da un familiare al proprio domicilio

✓ dura 24h su 24h, si eseguono circa 4 scambi al giorno della durata di 30 min cadauno

✓ permette di muoversi liberamente

✓ usa la membrana peritoneale come filtro di dialisi

L’APD è quella metodica dialitica che segue lo stesso principio della CAPD, ma viene eseguita con

l’utilizzo di un monitor al proprio domicilio, di solito durante la notte.

Entrambe le metodiche utilizzano la membrana peritoneale quale “filtro” dialitico: all’interno della

cavità peritoneale viene immesso il liquido di dialisi per depurare il sangue dalle tossine e l’eccesso

di liquidi.

- Abbiamo le cellule mesoteliali della

membrana peritoneale, subito a

sinistra un interstizio e in mezzo

milioni di capillari in cui avvengono gli

scambi.

- All’interno della cavità peritoneale

vengono immessi e sottratti a cicli

circa 2 litri di una appropriata

soluzione; sono soluzioni simil bagno

di dialisi che vengono caricate

“dall’alto” (la sacca è posto in alto e il

liquido scende giù per gravità).

- Il liquido viene lasciato per qualche

ora in loco all’interno del peritoneo

(“paziente a pancia piena”) e in

questo tempo avvengono tutti gli scambi attraversi i capillari che compongono il peritoneo;

- Infine si toglie il liquido sempre tramite “caduta” e viene convogliato in una sacca di scarico.

Gli scambi possono essere fatti quando si vuole: c'è maggiore flessibilità.

NB: pazienti che entrano in urgenza in lista trapianto sono pazienti che non possono fare più nessun

tipo di dialisi, perché il peritoneo è consumato, il paziente è senza possibilità di fare accessi vascolari

ed è senza possibilità di mettere cateteri.

Dialisi in IRA Dialisi: sviluppata con l’idea di migliorare la funzione

renale ma anche di purificare il sangue. Un paziente in

acuto è emodinamicamente instabile, quindi metodiche

dialitiche tradizionali non sono indicate in questi

pazienti: si è cercato, un po' come nella dialisi

peritoneale, di allungare i tempi di trattamento:

- Ai trattamenti continui di emofiltrazione o emodialisi

si è preferita una versione con trattamento di una

durata di 24 h al giorno 7 giorni su 7 (continuous

renal replacement );

- Esistono anche degli ibridi (prolonged intermittent

renal replacement therapy): una vi di mezzo tra la

dialisi continua e dialisi tradizionale.

La dialisi continua è più lenta e per ottenere la stessa clearance della dialisi fatta in 4h è necessaria

una giornata intera; tuttavia si hanno meno fluttuazioni di acqua e sodio la tolleranza emodinamica

è migliore.

Scoagulazione Il problema della dialisi nelle 24h è che il rischio di coagulazione è aumentato (anche usando

l’eparina), e per ovviare a ci si utilizzano metodiche diverse di scoaugulazione: eparina non

frazionata e frazionata, più trattamento anticoaugulante con uso di citrato, che (sacca blu) chela il

calcio nel filtro; nel rientro venoso c’è una pompa che infiltra il calcio.

È' un tipo di anticoaugulazione loco-regionale (cioè solo della porzione extracorporea), e permette

di ridurre i rischi sia di sanguinamento sia di coaugulazione; si mette il citrato nel filtro e poi viene

infiltro il calcio in vena (anche perché i livelli di calcemia nel filtro sono troppo bassi).

L’anticoaugulazione con citrato nelle dialisi continue è la scelta migliore, e il circuito può andare

anche avanti per 72 h.

Indicazioni al RTT in IRA Sono simili a quelle per il paziente con IRC, ma in questo caso è più importante l’acidosi che è una

forte indicazione al trattamento con dialisi; altri fattori importanti sono l'alterazione degli elettroliti e

le intossicazioni.

I sta per intossicazione (ciò che

differenza le linee guida dal cronico):

può essere dovuta a mioglobina,

bilirubina, molecole che si accumulano e

arrivano al rene causando IRA.

In condizioni di sepsi e shock settico

sono prodotti mediatori antinfiammatori

(medie e grosse molecole) che possono

raggiungere il rene e danneggiarlo; si

pensa che questa sia la base fisiopatologica del danno renale acuto. In questi casi si attuano delle

tecniche di purificazione del sangue extracorporeo.

NB In pazienti con IRA da intossicazione meglio utilizzare la convezione che la diffusione. .

Tecniche di dialisi in IRA

Emofiltrazione ad alto volume: si pensava che spingendo la dose convettiva si facesse più

clearance, ma trials clinici hanno dimostrato che non è proprio così; infatti anche aumentando la

dose dialitica non c’è differenza nella sopravvivenza.

L'ottimale intensità del trattamento di RRT nei pazienti critici con AKI è controverso: il supporto renale

intensivo non sembra infatti, in questi casi, ridurre la mortalità è l'incidenza di danno agli altri organi

e migliorare la ripresa funzionale se comparato con trattamenti meno intensivi quali quello a dose

dialitica intermittente trisettimanale o quello RRT continua a 20 mL/kg/h.

Per questo la dose dialitica nell'IRA è controversa: non si ottengono particolari benefici dalle dosi

alte.

L’attenzione si è spostata sul filtro, in

cui si associa alla diffusione e alla

convezione anche l’assorbimento:

sono state create alcune membrane un

po' modificate che fanno aderire le

molecole dannose ad una membrana

artificiale (ad es: una membrana

commerciale legata alla eparina per

evitare coaugulazione).

Sono anche state trovate delle vere e

proprie metodiche di assorbimento da creare in serie con metodi convettivi o diffusivi: il sangue

prima di arrivare al circuito dialitico va in una resina assorbente (emoperfusione) dove è a contatto

con la membrana.

Il plasma filtro fa filtrare appunto il plasma che va verso un altro assorbente, in modo tale che le

sostanze dannose restino sul filtro, e successivamente il sangue depurato prende la via della dialisi

classica.

Plasma filtrazione e assorbimento: il plasma è filtrato ed è separato dalla parte corpuscolata che

va verso l’emofiltrazione e la dialisi classica. Il plasma non corpuscolato passa su una resina

assorbente e lascia le sostanze tossiche attaccate alla resina, dopodiché ritorna con la parte

corpusolcata e si continua con la dialisi classica (metodica italiana).

Emoperfusione con antibiotico: il sangue passa direttamente in un filtro contenente polimixina B

(che non si può dare e.v. poiché é un farmaco nefrotossico e neurotossico), in questo modo i batteri

gram- vengono uccisi dall’antibiotico.

È' una metodica molto utile in pazienti con shock settico; così facendo si ovvia al problema degli

effetti collaterali sistemici del farmaco. Sembra che il rischio di morta per IRA settica sia diminuito

del 60-70%.

Rene bio artificiale: un nefrologo del Michigan ha inventato una tecnica di dialisi del tutto innovativa,

la RAD (Renal Assist Device).

La dialisi essenzialmente sostituisce la funzione del glomerulo; in questa metodica invece si è

pensato di fare un tubulo, mediante un secondo filtro, molto simile al primo: un tubulo bioartificiale

che segue il glomerulo.

Si ottiene dunque un emofiltro a fibre cave, sulla cui superficie interna sono state fatte crescere a

confluenza 10) cellule tubulari porcine o umane prossimali, accoppiato all'emofiltrazione: questo per

generare un sistema quanto più affine possibile al rene umano. Il RAD in questo modo:

1) Esplica tutte le funzioni essenziali del rene (trasporto, filtrazione e assorbimento);

2) Modula le componenti plasmatiche (citochine, endotossina, fattori pro infiammatori o

vasoattivi).

Sono in corso trials clinici e sembra che la mortalità diminuisca dal 60% al 20%.Si sta cercando

anche di miniaturizzare i trattamenti dialitici (rene portatile che possa essere indossato come uno

zainetto).

TRAPIANTO DI RENE 1954 vigilia di Natale: viene effettuato il primo trapianto di rene.

Il trapianto risulta essere la migliore terapia in pazienti con IRC, soprattutto se si tratta di trapianto

da donatore vivente; tuttavia il rene trapiantato non dura a vita.

Caratteristiche generali Definizioni:

1) Innesto: è l'inserimento di una componente tissutale non vascolarizzata (cornea,

valvola biologica);

2) Impianto: è l'inserimento di una struttura vicariante o correttiva tecnologica (PM, protesi

dentaria);

3) Trapianto: Inserimento di un tessuto o di un organo vascolarizzato.

Tipi di trapianto - Autotrapianto: è il reimpianto di un organo o di un tessuto da uno stesso individuo;

- Isotrapianto: è il trapianto tra due individui identici geneticamente;

- Allotrapianto: è il trapianto tra due individui della stessa specie, ma con un differente patrimonio

genetico;

- Xenotrapianto: è il trapianto tra specie diverse (rischio di trasmissione di retrovirus dal maiale

all’uomo ed HIV dalla scimmia).

A seconda della tecnica usata possiamo inoltre distinguere:

- Prelievo: la procedura di togliere un organo dal ricevente da trapiantare al donatore;

- Espianto: la procedura chirurgica con la quale si toglie un organo precedentemente trapiantato;

- Trapianto ortotopico: quando l’organo trapiantato si mette dove c’era l’organo nativo;

- Trapianto eterotopico: quando si posiziona l’organo trapiantato in una sede diversa da quella

anatomica; il rene infatti è inserito in fossa iliaca e non in loggia renale.

Trapianto di rene I reni nativi salvo necessità di “bonifica” sono lasciati in loco dato che nella maggior parte dei casi

non danno problemi: sono fibrotici e inerti. Infatti l’intervento del trapianto è extraperitoneale.

Caratteristiche Il trapianto renale è l’unico trapianto non salvavita poichè esiste la dialisi, tuttavia migliora molto la

qualità della vita del paziente.

Può essere fatto:

1) Da donatore vivente (apparentato e non);

2) Da cadavere (paziente in morte cerebrale);

3) Ad oggi si cerca di fare il trapianto da non heart beating donors, ovvero pazienti in morte

cardiologica e non cerebrale. Ci sono dei programmi particolari a livello di pronto

soccorso che permettono di recuperare pazienti in morte cardiologica; affinchè avvenga

ciò è necessaria una cordinazione ottima tra PS, RIA e centro trapianti.

Il trapianto può essere:

- Singolo o doppio: a seconda che si ricevano uno o due reni;

- Multiorgano: ad es. trapianto di rene-pancreas (pazienti con diabete tipo 1), di rene-fegato

(pazienti con rene policistico, ossalosi), di rene-cuore (pazienti con IRC e insufficienza cardiaca).

Un trapianto di un altro organo infatti non esclude la possibilità di trapiantare il rene; anzi, spesso

pazienti che hanno fatto un trapianto non renale, a causa della terapia con inibitori delle

calcineurine (farmaci nefrotossici), possono necessitare di dialisi o di un trapianto di rene.

Non tutti per ragione di età possono subire un trapianto, spesso comunque i pazienti dialitici sono

anziani; la tabella seguente mostra la probabilità di sopravvivenza dei pazienti portatori di

trapianto renale confrontati con pazienti in dialisi di pari età.

Qualsiasi età abbia il

paziente, se c’è idoneità al

trapianto è meglio farlo:

aumenta infatti sempre la

sopravvivenza rispetto alla

dialisi.

Problemi:

- Mancanza di donatori per

problemi religiosi, culturali,

razziali, legali, morali; la

mancanza di donatori è dovuta a vari motivi quali la negazione del consenso per la donazione da

parte dei parenti quando il paziente è in RIA.

- Età avanzata dei pazienti in dialisi e dunque condizioni cliniche dei pazienti in dialisi (per lo più

anziani);

- Età avanzata dei donatori (anche se ad oggi questo fattore ha meno peso): l'introduzione della

legge sul casco nei motorini ha ridotto di molto la disponibilità di donatori giovani; di solito i

donatori sono anziani e mentre i donatori ottimali (giovani) sono rari. Inoltre, pazienti con

ipertensione o diabete fino a qualche anno fa non erano scelti come donatori (dato che queste

patologie provocano una riduzione della massa nefrosica funzionante).

Per ovviare ad alcuni di questi problemi è stato introdotto il protocollo old for old (anziano per

anziano): si prendono due reni dello stesso donatore e si trapiantano nello stesso ricevente.

Si fa in caso dei cosiddeti reni marginali o sub-ottimali (rene non ideale con una massa nefronica

funzionante ridotta); allora si trapiantano entrambi i reni così da avere una massa nefronica tale da

poter sostituire la dialisi per del tempo.

Fase immunologica (si fa alla molinette): si fanno visite di idoneità dell’ipotetico ricevente.

Confermata l’idoneità, il paziente viene chiamato per fare il trapianto e poi si fa il follow up

ambulatoriale.

Valutazione dell'idoneità

Un tempo il test di idoneità si faceva

solo quando il paziente era in dialisi.

Oggi si può fare anche un trapianto

pre entry; i pazienti ad un certo punto

fanno una serie di esami di idoneità

che vengono verificati per vedere

che dal punto di vista clinico il

paziente possa rientrare nella lista di

attesa.

Salvo eccezioni (esaurimento di

accessi vascolari per cui non si può

più fare dialisi) il trapianto non è

salvavita: si fa dunque una

valutazione pre-trapianto dei rischi e benefici che tale trattamento può apportare rispetto alla terapia

dialitica. Per esempio un paziente anziano in dialisi o un cardiopatico magari non riesce a sopportare

le conseguenze dell’intervento, e a quel punto è meglio la dialisi; questa è una eventualità rara

poiché solitamente il trapianto migliora le qualità di vita del paziente.

Individuare:

1) Popolazione idonea al trapianto;

2) Popolazione non idonea: popolazione con comorbidità tali da non potere accedere al

trapianto.

3) Popolazione a rischio: possiamo fare delle correzioni che riducano il rischio. Screening

cardiologico:

- ECG, ecocardio, visita cardiologica;

- Se risultano patologie, si eseguono esami più invasivi: scintigrafia miocardica, coronarografia.

- Rivascolarizzazione con stunt o bypass, se funzionano bene, non sono controindicazione per il

trapianto, anche se ovviamente il paziente ha un rischio più grande anestesiologico.

Ad ogni modo il paziente cardiopatico trae molto giovamento dal trapianto, in quanto non subirebbe

più le alterazioni emodinamiche dovute alla dialisi.

Bonifiche urologiche:

- Mononefrectomia: si fa per reni policistici di grandi dimensioni o sintomatici, calcolosi infetta,

reflusso vescico-uretrale di IV grado o infetto;

- Ampliamento vescicale o creazione di una neovescica.

Scelta di trapianto da cadavere

Per quanto riguarda il trapianto ad un paziente in lista attiva:

- Un paziente in RIA in morte cerebrale, possibile donatore; i parenti danno il consenso;

- Dopodiché una equipe valuta l’idoneità clinica degli organi (di solito si occupano di ci

cardiochirurghi, chirurghi toracici e urologi): si può incorrere nell'esclusione del donatore per età

(ormai non più); ovviamente se il donatore ha una nefropatia cronica non si può procedere con il

trapianto.

- L'equipe preleva e invia una provetta di sangue alla Molinette per la tipizzazione HLA; le Molinette

forniscono una lista di candidati in base agli HLA dei riceventi e quelli del donatore, dove il primo

della lista è quello che ha più allotipi HLA in comune con il donatore (sono più che altro quelli di

classe che contano di più).

- Test di cross match: si prende il siero del ricevente e lo si mette a contatto con i linfociti del

donatore. Si prelevano i linfonodi del donatore in RIA, i linfociti sono prelevati e si mettono a

contatto con i sieri dei riceventi che sono stati congelati: si osserva se ci sono anticorpi anti-HLA

del donatore preformati, e se ci sono c’è citotossicità per attivazione del complemento e il test di

cross match risulta positivo. Se il primo della lista ha anticorpi anti-HLA è escluso dalla lista e si

procede con i successivi. Motivi di positività: trasfusioni, gravidanze, precedente trapianto.

Prima del trapianto

- Dialisi per depurare;

- Esami ematochimici di controllo;

- RX torace e addome (per vedere se ci sono calcificazioni vascolari che potrebbero complicare

l’intervento, o focolai infettivi);

- ECG e visita cardiologica per verificare che non ci siano state alterazioni rispetto alla visita di

idoneità.

NB: pazienti in dialisi con peritonite, infezione della fistola, o pazienti che devono rimuovere la

colecisti, non posso effettuare l’ intervento: bisogna aspettare del tempo e reinserire il paziente in

lista.

Prelievo dell'organo dal cadavere

L’equipe fa un prelievo multiorgano del cadavere, con

alcuni accorgimenti (sull'immagine sono mostrati i

tempi massimi dell’ischemia fredda per non

danneggiare l’organo). Ischemia fredda: è il tempo

che intercorre da quando l’aorta viene clampata dal

donatore al trapianto. Più è corta l’ischemia fredda

meglio è, perché aumenta la possibilità che il rene si

riprenda prima; c'è meno rischio di incidenza di rigetto

soprattutto per reni marginal; il cutoff per l’ischemia

fredda del rene è di solito 20 ore.

Si es piantano dal cadavere due reni:

- Se un donatore non è marginale, non diabetico, iperteso e non ha problemi vascolari o età

avanzata si fanno due trapianti con i due reni (trapianto singolo);

- Se il paziente è marginale si calcola la clearance della creatinina, si guarda la morfologia ma

soprattutto si fa una biopsia renale pre-trapianto: secondo lo score di Carpinsky, più è basso lo

scopre più il rene è bello, più è alto più il rene è da scartare. Score fino a 4: il trapianto sarà

singolo; altrimenti i due reni vengono trapiantati nello stesso paziente. Il numero dei trapianti doppi

è comunque molto limitato, purtroppo però può capitare che l’istologia dia delle sorprese

inaspettate.

Intervento

- Il primo intervento è l'anastomosi arteriosa, cioè l'arteria renale del donatore sull'arteria iliaca del

ricevente; si procede poi con l'anastomosi venosa.

- Successivamente interviene l’urologo che posiziona l’uretere sulla vescica.

A volte si cerca di mettere tutti e

due i reni (nei trapianti doppi)

nella stessa fossa iliaca,

soprattutto per lasciare libera una

fossa iliaca, per un eventuale altro

trapianto; se il paziente ha un

ulteriore trapianto, si mette un

uretere attaccato all’altro.

Il rene viene rimosso in caso di

Gvhd e si esegue un espianto di

un trapianto; altrimenti, di solito,

se il rene trapiantano non

funziona più, viene comunque

lasciato sede.

Post trapianto

- Degenza in terapia sub-

intensiva o intensiva, a

seconda del rischio cardiologico aumentato;

- Gestione diuresi, peso, CVC, SNG, terapia anti-dolorifica, drenaggi chirurgici, trattamenti

emodialitici in urgenza.

Complicanze Se il paziente urina subito dopo il trapianto è segno che il rene si sta riprendendo, in ogni caso post-

trapianto si monitora la creatinina sierica; per problematiche dovute al danno ischemico prolungato

si cerca di aspettare che il danno ischemico si risolva e che quindi la diuresi si sblocchi dopo qualche

giorno.

Complicazione possibili: chirurgiche (le più vicine all’ intervento) e immunologiche e cliniche

(possono verificarsi invece anche molto tempo dopo)

Complicanze chirurgiche

Si possono presentare sia dal versante

vascolare che urologico.

- In caso di stenosi, si cerca di

aspettare qualche giorno per

intervenire; bisogna aspettare che

l’edema presente si risolva. Se la

situazione non evolve in positivo si

può inserire uno stent.

- Fistola urinosa: all’urografia si

osserva uno spandimento del

mezzo di contrasto (l'urografia

permette anche di visualizzare una

possibile stenosi ureterale); di solito

si mette sempre uno stent ureterale

post-trapianto (per circa 30 giorni),

per mantenere le vie urinarie pervie ed evitare questa complicanza.

Complicanze cliniche

Sono dovute alla terapia immunodepressiva, che causa un aumentato rischio di infezioni e tumori.

Recidiva delle nefropatia di base

Le glomerulonefriti (causa della precedente insufficienza) possono recidivare e causare IR; le più

recidivanti sono la glomerulosclerosi focale segmentaria e la GNMP di tipo II a depositi densi. In

caso di sclerosi focale si dializza e purifica il sangue dal fattore impermeabilizzante (anche dopo il

trapianto).

Alterazioni cliniche-metaboliche

Sono complicanze molto più frequenti: cardiovascolari, diabete, osteoarticolari, ipertensione,

epatopatie, gastrointestinali.

- Cortisone e inibitori delle calcineurine (soprattutto tacrolimus) possono causare diabete

posttrapianto; questo spazia dalla semplice intolleranza glucidica (il paziente è sotto stress ed in

più assume cortisone) risolvibile, fino ad alcuni casi in cui permane e il paziente rimane in terapia

insulinica.

- La mortalità cardiovascolare è minore che nel paziente non trapiantato.

Complicanze infettive

Infezioni precoci (entro il primo mese): si verificano durante l’intervento poiché il paziente di per sé

è debilitato dalla dialisi e magari dal diabete, altri fattori predisponenti sono IRC, malnutrizione e

malattie di base. Sono prevalentemente batteriche:

- in sede dell’intervento (1-10%): stafilococchi, enterococchi e gram negativi quali E.coli;

- infezioni delle vie urinarie (30%): gram negativi, pseudomonas, enterococchi;

- infezione delle vie respiratorie (30%): enterobatteri, enterococchi, pseudomonas, stafilococco

aureo, aerobi, candida.

Infezioni opportunistiche: si verificano dopo l'intervento a causa della terapia immunodepressiva (dal

secondo-sesto mese).

1) Sono prevalentemente virali: CMV (che ha un tropismo per il tubulo e pu mimare un

rigetto, per cui va tenuto d’occhio post-trapinato), esi possono riattivare anche EBV, virus

delle epatiti, poliomavirus (BK), herpes simplex, e varicella zoster. La tripletta di controllo

nel follow up è composta da EBV, CMV, BK.

2) Infezioni batteriche: legionella, riattivazione di TBC (si fa trattamento preventivo con

farmaci anti-TBC se il paziente è positivo al quantiferon o ha una storia pregressa di

TBC), nocardia, listeria e germi abituali (hemophilus e pseudomonas).

3) Infezioni funginee: aspergillo (infezioni polmonari o ascessi cerebrali), criptococco e

candida.

4) Infezioni da protozoi: toxoplasma e pneumocystis.

Dopo sei mesi dall'intervento, l'incidenza di infezioni torna uguale alla popolazione generale, a meno

che si abbiamo le seguenti condizioni: Crs elevata, virosi croniche o recidivanti, eccessiva

immunodepressione.

Spesso comunque si fa una terapia preventiva; contro CMV si dà ganciclovir e.v.

Neoplasie

Possono essere neoplasie de novo, manifestazione di tumori guariti o latenti, tumori trasmessi dal

donatore. Gli ultimi due tipi hanno incidenza rara, poiché sia il donatore che il ricevente vengono

sottoposti ad accurati controlli pre-trapianto (ad es. se c'è un tumore latenti nel ricevente, cioè se il

ricevente era affetto da una neoplasia, devono passare dieci anni prima che sia messo in lista).

Tumori di cui aumenta l’incidenza nel post-trapianto rispetto alla popolazione generale: linfomi (5%

popolazione generale, 25% post-trapianto), sarcoma di Kaposi (0,01% contro 6%), tumori del fegato,

del rene, delle labbra, sarcomi e perineali. Sono tutti tumori che sono legati a proliferazione di virus

HHV8 HCV.

Spesso togliendo, riducendo o cambiando la terapia regrediscono i tumori.

Perdita del rene trapiantato

Perdita tardiva (a più di 1 anno):

- nel 50% dei casi di reni persi al primo anno dopo il trapianto, si perde proprio il paziente per motivi

cardiovascolari, infettivi o neoplastici. Le curve di sopravvivenza oggi al primo anno mostrano

infatti che il 98% dei trapianti è funzionante.

- Altra causa: disfunzione cronica da trapianto.

Fattori che conducono a perdita cronica:

1.Il danno da ischemia segna anche a distanza (se il rene si riprende meno velocemente dopo il

trapianto è già un segnale che non durerà molto);

2.Fattori immunitari

3.Tossicità di farmaci, che possono essere nefrotossici

4.Virus.

Rigetto del rene trapiantato È la risultante di una serie di eventi immunologici che conseguono al riconoscimento, da parte del

sistema immunitario, degli antigeni di istocompatibilità presenti nell’organo trapiantato e assenti nel

ricevente. I principali antigeni espressi dalle cellule del GvhD sono:

1) antigeni ABO;

2) antigeni HLA (codificati sul braccio corto del cromosoma 6: i loci A, B e C codificano per

HLA di classe I, i loci DR, DQ e DP codificano per HLA di classe II).

Il rigetto è l’espressione del normale funzionamento del sistema immunitario del ricevente e

comporta una reazione immunitaria contro l’organo trapiantato; sono coinvolti tutti i tipi di cellule

immunitarie.

- Il 100% dei trapianti allogenici (con l’eccezione dei trapianti da gemello omozigote) va incontro a

rigetto se non è messa in atto una terapia immunosoppressiva.

- Il rigetto acuto si presenta oggi in meno del 15% dei casi entro il primo anno.

- Dei pazienti con trapianto renale a lungo termine, il 50% morirà con un trapianto funzionante e il

50% perderà il rene a causa del rigetto cronico (raramente rigetto acuto tardivo) o meglio per la

nefropatia cronica da trapianto.

Classificazione del rigetto

1.Iperacuto: avviene da pochi minuti a ore dopo l’intervento; può capitare in caso di errori nel cross

match (ma ormai è raro).

2.Acuto: avviene da pochi giorni a settimane dopo l’intervento, dovuto all’ attivazione dei linfociti T.

3.Cronico: si presenta dopo mesi o anni ed è dovuto all’attivazione di meccanismi cellulari (linfociti

T e B) e umorali (anticorpi e immunocomplessi).

Fisiopatologia

Il riconoscimento degli antigeni di istocompatibilità da parte del sistema immunitario dell’ospite dà

luogo a:

1) Reazione di rigetto cellulo-mediata: attivazione dei linfociti T citotossici, attivazione dei

monociti-macrofagi, infiltrazione cellulare del rene trapiantato.

2) Reazione di rigetto anticorpo-mediata: produzione di anticorpi da parte dei linfociti B,

aggressione delle strutture vascolari del trapianto (per questo ci sono meno armi

terapeutiche a disposizione).

I Linfociti Treg invece hanno un’azione protettiva perché garantiscono maggior possibilità di

sviluppare tolleranza.

Presentazione dell’antigene:

- La presentazione degli antigeni può avvenire direttamente dalle APC del donatore (direct

pathway), e coinvolge sia gli MHC I che II;

- Un secondo meccanismo prevede la fagocitosi degli antigeni del donatore da parte delle APC del

ricevente (indirect pathway), e coinvolge le MHC II;

- Il terzo meccanismo è basato sugli scambi di membrana tra le APC tramite contatto ed esosomi

(semidirect pathway), e coinvolge sia gli MHC I che II.

Rigetto T

I linfociti attivati arrivano a livello dei tubuli:

- Intorno ai tubuli, sarà visibile a livello istologico presenza di infiltrato infiammatorio (il principale

bersaglio dei CTL sono infatti le cellule tubulari);

- I CTL attivati mediante perforina, granzimi e FAS-ligando inducono apoptosi delle cellule tubulari,

causando IRA (la creatinemia aumenta); i vasi possono essere comunque coinvolti da fenomenti

di trombosi dovuti al danno endoteliale.

Il paziente in questi casi è biopsiato e fa un trattamento antirigetto; ciò può capitare in casi in cui la

terapia immunosoppressiva è troppo blanda.

Rigetto B

Il rigetto dovuto ai linfociti B o rigetto umorale è mediato dagli anticorpi, quelli peggiori sono i DSA

(donors specific antibodies), contro antigeni specifici del donatore, e soprattutto contro gli HLA

presenti nel rene (quando sviluppati è un segno prognostico sfavorevole sulla durata del rene

trapiantato). Gli anticorpi vengono rilasciati nel torrente circolatorio e legano quindi in maggior misura

gli antigeni endoteliali, ed essendo le IgG predominanti attivano il danno mediato dal complemento;

la struttura più coinvolta risulta pertanto il glomerulo.

Teoricamente ogni differerenza antigenica tra donatore e ricevente può condurre alla produzione di

anticorpi. Gli anticorpi più rilevanti dal punto di vista fisiopatologico sono: - gli anti-HLA;

- In alcuni casi di trapianto da vivente (perlopiù tra marito e moglie) si sono eseguiti trapianti contro

gruppo AB0, con conseguente produzione di anticorpi anti-AB0.

- Tra gli altri derivati antigenici di rilievo c’è il recettore di tipo 1 dell’angiotensina II; gli anticorpi anti-

AT1R sono associati a rigetto cortico resistente.

Il meccanismo principale di danno anticorpale è dato dall’attivazione della via diretta del

complemento sulla membrana delle cellule endoteliali dei capillari del glomerulo e dei capillari

peritubulari. Vengono pertantio attivati il MAC (C5b-9) e la chemotassi mediata da C5a e C3a., e

l’endotelio danneggiato espone il vWF le selectine e le altre molecole d’adesione: tutto ciò causa

necrosi fibrinoide.

Il rigetto anticorpo mediato non è solo acuto, ma anche cronico come in caso di glomerulopatia

cronica da trapianto, in cui sempre comunque l’innesco del danno mediato da anticorpi porta a

fibrosi; il meccanismo patogenetico è uguale a quello dell’IRC nei reni nativi. Differenze tra rigetto

acuto T e B

Diagnosi

Ci sono alcune caratteristiche cliniche che inducono il sospetto clinico di rigetto. Il peggioramento

funzionale è indubbiamente l’aspetto più indicativo:

1) Sintomi glomerulari (s. nefritica, raramente nefrosica) indirizzano verso un rigetto B;

2) Sintomi tubulari (leucocituria, febbre, deficit concentrazione urinaria) indirizzano verso il

rigetto T-mediato.

Tuttavia la diagnosi differenziale è molto ampia:

- -Rigetto B: recidiva di malattia, GN di nuova

insorgenza

- -Rigetto T: infezioni, tossicità farmacologica

La diagnosi di certezza impone l’esecuzione della biopsia renale, una pratica invasiva e non

esente da rischi.

Si procede sul materiale biopsiato con un'analisi immunoistochimica con C4d (frazione del

complemento), che è il marcatore specifico di rigetto B: gli auto anticorpi si fissano sui vasi con

positività del C4d del complemento e dopo del tempo si osserva IR e comparsa della proteinuria,

che sono in due campanelli di allarme (indicazione a fare una biopsia renale per la diagnosi). Avremo

una disfunzione dell'organismo trapiantato, che se non trattata rimanda i pazienti in dialisi. È

importante fare diagnosi di rigetto in fretta prima che ci sia un deterioramento troppo importante del

rene.

Rigetto acuto e cronico a confronto: la diagnosi differenziale è prettamente istologica (biopsia

renale), e lo sviluppo clinico può essere in entrambi i casi precoce.

1) Acuto: il rene appare gonfio ed edematoso, e mostra un rigetto cellulo-mediato (con

infiltrati presenti intorno al tubulo; il glomerulo è quasi indenne).

2) Cronico: il rene appare grinzo e sclerotico, è una nefropatia cronica da trapianto.

Terapie

Il rigetto T e B prevedono terapie diverse. in generale si attua una terapia immunodepressiva:

cerchiamo di indurre una stasi immunitaria, che non causi infezioni e neoplasia ma che non si

accenda per dare rigetto (è un equilibrio, e soprattutto in alcuni pazienti la finestra è stretta). Il passo

fondamentale per la riuscita dei trapianti è dunque riuscire a modulare il SI.

Approcci terapeutici nel rigetto T

Attivazione dei linfociti T:

1) Primo segnale: Tcell receptor + HLA;

2) Secondo segnale: CD 40-CD 40 L; CD27-CD80 (ci sono trials che usano anticorpi contro

queste molecole per indurre la tolleranza immunologica);

3) Terzo segnale: proliferazione grazie a IL-2 (la maggior parte dei farmaci agiscono su

questo segnale, come glucocorticoidi, ciclosporina e tacrolimus).

L'utilizzo dello steroide e della ciclosporina sono di fondamentale importanza; quando si scoprirono

gli inibitori delle calcineurine si pensava di aver risolto il problema del rigetto, tuttavia bisogna

considerare che la ciclosporina ha numerosi effetti collaterali tra cui la nefrotossicità (anche se ha

portato ad aumento della sopravvivenza da mesi ad anni).

Farmaci maggiormente utilizzati:

- Inibitori delle calcineurine: ciclosporina (in alcuni centri si utilizza ancora) e tacrolimus (in duplice

o monosomministrazione). Effetti avversi: diabetogeni (il tacrolimus ha tropismo per le cellule

beta) e nefrotossici (importante è il controllo della Crs).

- Azatioprina: è stata sostituita dal micofenolato e dagli inibitori di mTOR;

- Mofetil micofenolato: è spesso usato come farmaco ancillare, quindi in associazione al tacrolimus

quando quest’ultimo è troppo nefrotossico (dando un altro farmaco in associazione, si può ridurre

la dose del tacrolimus), altre volte si danno in associazione per pazienti con rischio immunologico

molto alto. E' poco tollerato a livello gastrico, quindi si associano inibitori di pompa protonica;

inoltre è anche mileotossico.

- Anticorpi monoclonali: basiliximab (anti CD25), con una somministrazione e.v. al momento del

trapianto e 4 gg dopo il trapianto; è usato anche il daclizumab.

Inibitori mTOR: sirolimus e everolimus. Hanno un’azione simile agli inibitori delle calcineurine: si

legano a FKBP12, inibendo mTOR e quindi la replicazione clonale. Non sono nefrotossici, ma non

controllano il sistema immunitario così bene come gli inibitori delle calcineurine (soprattutto per il

rigetto anticorpo mediato). Spesso inibitori delle calcineurine e inibitori di mTOR sono dati in

associazione, con l’idea di minimizzare le dosi tossiche degli inibitori delle calcineurine; inoltre

mTOR è importante non solo a livello del sistema immunitario, è un bersaglio quindi poco specifico.

Terapia ideale standard:

1) Anticorpi anti CD25, cortisone, tacrolimus e micofenolato per i primi sei mesi.

2) Poi si mantiene una duplice terapia: tacrolimus più steroide, salvo in condizioni particolari

in cui si lascia il micofenolato.

Terapia anti-rigetto B

Oggi si utilizzano anche anticorpi monoclonali diretti contro la frazione C5 del complemento,

fondamentale perché il complemento causa danni sul rene trapiantato. Questo è utile nel caso in cui

gli anticorpi si siano già fissati (la plasmaferesi in questo caso è infatti inutile).

Nuovi approcci

- Si cerca di andare a creare i linfociti Treg che inducono tolleranza producendoli in laboratorio (i

linfociti T sono presi dal ricevente, trasformati in Treg e ridati al paziente).

- Cellule staminali mesenchimali in cotrapianto insieme a trapianto di rene: le cellule mesenchimali

possono indurre i Treg così da avere meno o non avere bisogno della terapia immunodepressiva.

Strategie per aumentare i trapianti di rene e i donatori (no vendere reni, non è il caso):

- Implementazione trapianto da vivente (anche prima della dialisi)

- Trapianto da vivente con preparazione immunologica in presenza di scarsa compatibilità (ABO

incompatibile, anti-HLA)

- NHBD (non heart beating donors).

LA CALCOLOSI RENALE CARATTERISTICHE Epidemiologia e classificazione La calcolosi renale è una delle patologie più comuni:

si stima che circa il 10% della popolazione abbia

avuto nel corso della vita un episodio di calcolosi

urinaria.

- Gli uomini sono colpiti più frequentemente

rispetto alle donne (rapporto 1.5/1), inoltre la

prevalenza di nefrolitiasi tende ad aumentare

dopo i 40 anni (picco intorno alla IV-V decade di

vita);

- C'è stato un aumento progressivo dall'inizio del

'900, con diminuzione durante le guerre; è

aumentata la frequenza della calcolosi renale

mentre è diminuita quella vescicale.

- L'incidenza è maggiore nelle classi agiate (dieta iper-proteica).

Il problema di una così alta incidenza sono le complicanze della nefrolitiasi: infezioni delle vie

urinarie, idroureteronefrosi, stenosi ureterali, IRA ed IRC. In particolare, la probabilità di evoluzione

verso l'IRC vede come fattori di rischio:

- Calcolosi infette o complicanze di natura ostruttiva e infettiva;

- Nefrocalcinosi; - Calcolosi ereditarie; - Rene unico.

Classificazione chimica Dal punto di vista della composizione:

- Litiasi calcica: calcio ossalato (mono e diidrato),

calcio fosfato (apatite);

- Litiasi urica: acido urico, urato mono/disdico di

ammonio;

- Litiasi cistinica;

- Litiasi infetta fosfoammoniomagnesiaca: struvite,

carbonato apatite;

- Litiasi rare: 2-8 diidrossiadenina, farmaci;

Classificazione patogenetica 1) Pre renale: da alterazioni del metabolismo dell'organismo in toto;

2) Renale: da alterazione dei meccanismi omeostatici tubulari;

3) Post renale: da alterazioni anatomo-funzionali delle vie escretrici o da infezione da germi

ureasi-produttori.

Patogenesi Concetti patogenetici fondamentali: perché si formino calcoli renali, c'è bisogno della presenza di:

1) Sovrasaturazione urinaria;

2) Enucleazione eterologa;

3) Carenza di sostanze inibitrici della cristallizzazione (organiche e inorganiche).

Meccanismi patogenetici Il concetto basilare sulla patogenesi della nefrolitiasi è che essa consegua ad anomalie

fisicochimiche dello ambiente urinario.

- L’ambiente urinario è infatti influenzato da fattori genetici, anatomo-funzionali renali, dietetici:

questi si traducono in anomalie metaboliche.

- La funzione omeostatica del rene aumenta il rischio di formazione dei calcoli.

Fattori di rischio chimico-fisico della

formazione di calcoli:

- Concentrazione urinaria e valori di eliminazione

giornaliera dei componenti del calcolo (calcio,

fosfati, ossalati, urati, cistina);

- Volume urinario;

- Variazioni del pH urinario;

- Diminuita attività inibitoria alla formazione di

calcoli.

I calcoli si originano dunque quando cambia

l'equilibrio tra saturazione e inibizione.

Gli inibitori della litogenesi si

possono dividere in:

1.Inibitori della cristallizzazione:

Mg+, citrato, pirofosfato,

nefrocalcina, GAG;

2.Inibitori dell'aggregazione:

nefrocalcina, proteina di Tamm-

Horsfall, uropontina.

La formazione del calcolo

avviene dunque grazie a due

processi:

- In ambiente sovrasaturo

avviene la cristallizzazione:

cristalli sono compositi da

unità che si ripetono e

crescono per incorporazione

di ioni. La crescita può essere molto rapida (ore o giorni), ed è tanto più rapida quanto maggiore

è la sovrasaturazione; la crescita cristallina è fondamentale per la formazione del calcolo.

- L’aggregazione avviene per attrazione elettrostatica tra le superfici di cristalli vicini. Questo

processo può essere molto rapido e porta alla formazione di aggregati cristallini di dimensioni tali

da non essere spazzati via dal flusso urinario nel nefrone stesso.

Diagnosi patogenetica Le cause delle anomalie che costituiscono i fattori di rischio litogeno sono dunque alterazioni tubulari

renali, alterazioni dietetiche e ambientali e infine alterazioni sistemiche: queste si traducono in

anomalie metaboliche che costituiscono la causa della formazione dei calcoli. Scopo delle indagini

laboratoristiche è quello di svelare la presenza di queste anomalie, e di chiarire cause, meccanismi

e significato clinico delle stesse.

Consiste nell'identificare le alterazioni metaboliche alla base della diatesi litiasica: risalire dunque in

via diretta o indiretta alla natura del calcolo. Consiste in:

- Studio metabolico del paziente;

- Ricerca di fattori predisponenti e di familiarità; - Analisi genetica.

Fattori favorenti la nefrolitiasi calcica

L'ipercalciuria è l'aumento dell'escrezione urinaria di Ca++, e può essere idiopatica o derivare da

acidosi tubulare renale di tipo distale, fattori ormonali (iperparatiroidismo o ipervitaminosi D), fattori

dietetici (milk-alkali syndrome), immobilità protratta, sarcoidosi.

(Ecco il perché della piccola premessa sull’ipercalcemia: ricordo che il 71% dei calcoli è composto

da Ca++…)

Meccanismi più frequenti generanti ipercalciuria:

- L’acidosi tubulare di tipo distale provoca ipercalciuria per un difetto di secrezione di H+, con

conseguente difetto di acidificazione urinaria e sovrasaturazione di Ca++ fosfato; con un pH

urinario > di 6 il 70% dei pazienti sviluppa calcolosi. E’ presente inoltre ipocitruria e ipokaliemia

ipercloremica.

- L’iperparatiroidismo provoca ipercalcemia e perciò un aumento di Ca++ che passa nel filtrato

glomerulare. Anche se il riassorbimento tubulare di calcio può risultare incrementato, l’effetto

complessivo è di aumento della calciuria.

- L’ipervitaminosi D comporta un aumento del riassorbimento di calcio intestinale e dunque della

calciuria. È l'effetto più comune a verificarsi in seguito all’impiego poco controllato di preparati

polivitaminici autoprescritti.

- L’ipercalciuria per fattori dietetici non è facile a verificarsi in presenza di normali meccanismi

omeostatici (che finiscono per limitarne l’assorbimento intestinale). Il calcio dietetico può però

avere importanza in persone che sono predisposte a un’aumentata escrezione di Ca++: il

fenomeno è stato descritto infatti in soggetti che, per la terapia dell’ulcera peptica, assumono

eccessive quantità di latte (ricco di calcio) e di antiacidi (bicarbonato di sodio). Questa condizione

è chiamata in inglese ‘milk-alkalicy syndrome’.

- L’ipercalciuria nell’immobilità protratta è dovuta alla mobilizzazione del Ca++ dalle ossa in

assenza di sollecitazioni meccaniche.

- L’ipercalciuria della sarcoidosi è secondaria all’ipercalcemia da aumentata sensibilità alla

vitamina D che si ha spesso in questa malattia.

Fattori litogeni nelle calcolosi non calciche

L’aumentata escrezione di acido ossalico o di acido urico viene al secondo posto dopo l’ipercalciuria

nel favorire la formazione di calcoli renali.

1) Iperossaluria è l'aumento dell'escrezione di acido ossalico, con due possibili origini:

diatesi ossalica (su base genetica, di tipo I e II) o aumento dell'assorbimento intestinale

di acido ossalico (nelle sindromi da malassorbimento o per aumentato passaggio di

ossalato intestinale);

2) Aumento dell'escrezione di acido urico: causata da iperuricemia costituzionale con

iperuricosuria, ostruzione cronica urinaria, infezioni urinarie.

Variazioni del pH

- Una diminuzione del pH urinario insieme ad un aumento dell'acido urico favorisce la calcolosi

urica;

- Una diminuzione del pH insieme ad un aumento della cistina favorisce la calcolosi cistinica (in

questo caso, spesso un’anomalia dei trasportatori renali e intestinali degli aminoacidi dibasici è

responsabile della cistinuria).

- Il Proteus a causa di un aumento del pH è spesso responsabile di calcolosi infetta (da struvite). I

batteri del genere Proteus possiedono infatti un enzima chiamato ureasi, in grado di scindere

l'urea urinaria in CO2 ed NH3; quest'ultima viene idrolizzata a NH4, con conseguente aumento

del pH e diminuzione della solubilità degli ioni fosfato e Mg++ (costituenti dei cristalli di struvite in

grado di fornire la base per la nucleazione di grandi calcoli ostruenti le vie urinarie). È molto grave,

poiché si associa spesso a pielonefrite acuta e ad un alto rischio di perdita del rene.

Esami diagnostici

- Anamnesi: il caposaldo della sintomatologia litiasica è il dolore colico (di tipo intermittente e

accessuale), con origine dal fianco e irradiato all’inguine. Il dolore spesso si accompagna a

sensazione di urgenza minzionale, ematuria, sudorazione, nausea e vomito.

- Esami radiologici: i calcoli contenenti Ca++ (la maggioranza!) sono radio-opaci, per cui un RX

addome in bianco è spesso diagnostico. Al contrario, però, calcoli di ammoniomagnesiofosfato

sono meno radio-opachi, calcoli di cisteina sono solo debolmente radio-opachi, mentre calcoli di

acido urico sono totalmente radio- trasparenti: questo motivo la TC senza MdC è l’esame di scelta

per lo studio della nefrolitiasi. Spesso l’ECO della pelvi può aiutare nella diagnosi, rilevando la

presenza di calcoli e idronefrosi, evitando al paziente l'esposizione a radiazioni. Tuttavia non è

un esame di prima scelta poiché è poco sensibile nell’individuare calcoli di piccole dimensioni.

- Laboratoristica: l’esame del sedimento urinario rivela spesso la presenza di cristalli, identificabili

dalla morfologia, a cui possono accompagnarsi RBCs, WBCs, batteri e cilindri. L’urinocoltura può

evidenziare la presenza di un’infezione. Esami ematochimici possono far emergere un quadro di

ipercalcemia. Dalla raccolta delle urine nelle 24h si può determinare il volume urinario e la

concentrazione di Mg2+, Ca2+, fosfati, acido urico, citrato, Na+ e ossalato.

Terapia Prevenzione delle recidive I cardini della prevenzione della calcolosi sono:

1) Apporto idrico elevato e reintegrazione sollecita delle perdite idriche;

2) Controllo della dieta e dell’iperapporto alimentare delle sostanze responsabili;

3) Utilizzo di farmaci specifici in casi particolari (per ridurre i promotori e indire i meccanismi

inibitori della formazione di calcoli); 4) Trattamento delle infezioni delle vie urinarie.

La ricorrenza della calcolosi è molto alta: 26-53% entro 10 anni. La terapia deve mirare non solo

all’eliminazione della calcolosi, ma anche, quindi, alla sua prevenzione nei soggetti predisposti sia

per familiarità, sia per condizioni dismetaboliche generali, sia per alterate condizioni locali (infezioni

ricorrenti delle vie urinarie, malformazioni congenite o acquisite delle vie escretrici).

Prevenzione idropinica

La terapia idropinica consiste in un abbondante apporto quotidiano di liquidi (2-3L) al fine di

provocare una diuresi che permetta la mobilizzazione di piccoli calcoli, favorendone l’espulsione

spontanea. Impedisce, inoltre, l’ulteriore accrescimento di calcoli di maggiori dimensioni.

Costituisce la principale prevenzione per tutti i tipi di calcolosi: il solo fatto di aumentare il volume

urinario a > di 2 L/24h (vale a dire un aumento della diluizione urine) diminuisce del 55% la frequenza

di recidive a 5 anni.

Da una stima approssimativa dei fabbisogni idrici, si è calcolato che siano necessari circa 3 L di

acqua per ottenere una diuresi giornaliera di 2 L.

Regime dietetico

La terapia dietetica prevede l’eliminazione dalla dieta di alimenti contenenti quantità elevate di

sostanze litogene.

- Apporto calorico e proteico: per quanto riguarda il regime dietetico, esiste una correlazione

positiva tra incidenza di litiasi ossalico-calcica e uratica ed elevato apporto di calorie e proteine

animali. Un aumentato apporto proteico aumenta infatti l’escrezione di Ca++ e acido urico, con

aumento del rischio di sovrasaturazione urinaria; inoltre determina diminuzione dell'escrezione

citrati e del pH urinario (mediante generazione di acidi organici dal catabolismo degli aminoacidi

solforati).

- Apporto di NaCl: esiste inoltre una correlazione lineare positiva tra apporto di NaCl e calciuria;

diminuisce in più l'escrezione di citrati e aumenta saturazione dell’urato di Na+ (RDA: 2.4 g/die,

in Italia di solito si superano i 10 g!).

- Una dieta ricca di fibre è utile nel modulare l’assorbimento intestinale di Ca++ e altri cationi. Pur

con meccanismi diversi tra tutte (pectine, guar, cellulosa, crusca di grano, riso, mais e soia)

riducono l’escrezione di calcio; agiscono inoltre grazie all'intera popolamento meccanico di

complessi di calcio-ossalato.

- La somministrazione dietetica di acidi grassi poli-insaturi ω3 diminuisce l’escrezione di Ca++ e

ossalato. Un aumento del contenuto di acido arachidonico nei fosfolipidi (plasmatici o di

membrana cellulare eritrocitaria, intestinale, epatica, e. renale) è infatti presente nella nefrolitiasi

calcica idiopatica (anomalia sintetica ac.grassi ω-6); la somministrazione dietetica di acidi grassi

poliinsaturi ω-3 già dopo 30 gg riduce l'escrezione di calcio ed ossalato.

- Una dieta ricca di K+ diminuisce l’escrezione urinaria di Ca++ senza interferire con l’assorbimento

intestinale dello ione.

- L'ossalato è ubiquitario, ma alcuni alimenti ne sono particolarmente ricchi: cioccolata, nocciole,

bevande gassate, succhi di frutta, thè, cavoli, piselli, asparagi, spinaci e rabarbaro.

- La convinzione che un paziente con calcolosi urinaria debba diminuire l'apporto di derivati dal

latte è priva di fondamento: l'apporto di Ca++ deve essere mantenuto nella norma (1 g/die) anche

nei pazienti con calcolosi.

Trattamento Farmacologica

- La terapia farmacologica prevede l’uso di disinfettanti delle vie urinarie, farmaci acidificanti o

alcalinizzanti, (per esempio, acido citrico, bicarbonati, etc.), integrazione di Mg++, K+, citrato e,

talora, di diuretici (per esempio, diuretici tiazidici, che diminuiscono sensibilmente la calciuria nei

pazienti).

- Nella calcolosi urica, se presente iperuricemia, allopurinolo.

- Terapia antibiotica aggressiva in caso di litiasi ‘infetta’ (da struvite).

Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico può consistere in manovre atte a frantumare il calcolo (litotripsia per via

endoscopica), oppure nell’asportazione del calcolo dopo pielotomia o nefrotomia; infine, può

rendersi necessaria la nefrectomia, qualora il calcolo occupi interamente il bacinetto renale (‘calcolo

a stampo’) o nel caso in cui la sua presenza nelle vie escretrici abbia comportato alterazioni

irreversibili della funzionalità del rene (per esempio, presenza di idropionefrosi). La litotripsia

transcutanea è una recente tecnica che consente di frantumare i calcoli focalizzando in loro

direzione una serie di brevi e violente onde d’urto trasmesse attraverso l’acqua di una vasca nella

quale il paziente è immerso. I calcoli frantumati sono poi eliminati attraverso le vie urinarie.

In conclusione, la nefrolitiasi è patologia ad andamento molto variabile e richiede sorveglianza

prolungata per valutare l’efficacia della terapia medica di prevenzione delle recidive. La terapia

dietetica e farmacologica induce nel lungo periodo una diminuzione delle recidive fino al 60-70%. In

oltre il 40% dei casi è ottenibile una remissione completa persistente per circa un decennio.

Terapie specifiche Litiasi calcica

- Volume della diuresi > di 2 L/die;

- Dieta normocalorica e normo proteica, a normale contenuto di sale e Calcio;

- Supplementi di magnesio e potassio citrato, soprattutto se la citraturia è basa;

- Se presente ipercalciuria: trattamento farmacologico con diuretici tiazidici (25-50 mg/die) associati

ad amiloride.

Litiasi urica

- Aumento del pH urinario con bicarbonato di sodio (2-6 g/die) o citrato di K+ (2-4 g/die);

- Se presente iperuricemia, allopurinolo (150-300 mg/die); - Acetazolamide con

bicarbonaturico nella notte (?).

Litiasi cistinica

- Aumento del volume della diuresi ( > 3 litri/die);

- Bicarbonato di sodio o citrato di K (per aumentare il pH urinario fino a 7-7.5);

- 6 mercaptopropionilglicina 250-500 mg per 3 volte al giorno o penicillamina 600-1200 mg -

Chiarire la causa: iperparatiroidismo, infezioni, acidosi tubulari.

Litiasi infetta fosfoammoniomagnesiaca

Non ha cause metaboliche ma anatomiche locali, quindi bisogna agire con:

1) Rimozione completa dei calcoli presenti; 2) Terapia

antibiotica aggressiva.

SQUILIBRI ELETTROLITICI Si tratta principalmente di alterazioni a carico del sodio, del potassio e disordini acido base; frequenti

nel paziente ospedalizzato sono soprattutto i disordini del sodio.

Le disionie sono alterazioni nella concentrazione degli ioni, che è da distinguere dal contenuto totale

di un certo ione!

Ad es.: l'iposodiemia non implica necessariamente che un soggetto abbia poco sodio.

L'acqua totale corporea è circa di 600 mL per ogni Kg di peso corporeo (60% del peso corporeo):

1) 2/3 appartengono al comparto intracellulare (LIC);

2) 1/3 a quello extracellulare (LEC), diviso tra interstiziale e compartimento plasmatico.

Elettroliti plasmatici Anioni Cationi

• Cl-: 103 mEq/L • Na+: 142 mEq/L

• HCO3-: 27 mEq/L • K+: 5 mEq/L

• Protidi: 17 mEq/L • Ca++: 5 mEq/L

• Mg++: 2 mEq/lL

Tot: 154 mEq/L Tot: 154 mEq/L

DISORDINI DEL SODIO Il sodio è il principale dei cationi extracellulari, il potassio invece degli intracellulari.

All’interno della cellula l'osmolarità (cioè la concentrazione dei soluti rispetto al solvente) del sodio è

di di 10 mEq/L grazie alla sodio/potassio ATPasi. All' esterno è invece 140 mEq/L.

L'equilibrio transcellulare fornisce un fortissimo gradiente da cui dipende la tonicità della cellula.

Il rene è il principale regolatore del bilancio del sodio:

- Elimina o trattiene sodio a seconda delle necessità, mantenendo costante la sodiemia (138-142

meq/l). A livello del tubulo contorto prossimale c’è un meccanismo regolatorio importante, che

permette il riassorbimento del sodio in condizioni di ipovolemia.

- Il rene regola anche l’osmolarità plasmatica per due motivi: mantiene costante la sodiema ed è

in grado di produrre urine ipo o ipertoniche a seconda dello stato di idratazione.

La concentrazione di sodio nel sangue è la principale responsabile dell’osmolarità plasmatica.

Ω (concentrazione plasmatica) = 2 x [Na+] +BUN/2,8 + glicemia /18 = 280-295 mOsm/Kg

Stima della osmolarità del plasma = sodiemia x 2

Se il paziente però è iperazotemico (ad es. in IR) o iperglicemico (ad es. nel diabete) ovviamente

raddoppiare la sodiemia non è sufficiente ad approssimare l’osmolarità, perché sia l’urea che il

glucosio hanno un effetto osmotico.

Qual è l'osmolarità plasmatica di un paziente che ha 140 mEq/L di sodiemia, non è diabetico e non

ha insufficienza renale? Sarà poco più di 280 mosm/L, perché il contributo di azotemia e glicemia,

se il paziente non è diabetico e non è uremico, è talmente piccolo che si può approssimativamente

moltiplicare solo la sodiemia per 2.

Tutte le cellule, soprattutto quelle cerebrali, vanno incontro a sofferenza (alterazioni della tonicità)

per alterazioni della concentrazione del sodio.

Iponatremia L'iposodiemia è una concentrazione plasmatica di Na+ minore di 138 mEq/L.

Caratteristiche Sintomatologia clinica

I sintomi del paziente variano in base alla gravità dell'iposodiemia. Si possono infatti distinguere:

• Iposodiema lieve (130-137 mEq/L): astenia, anoressia, nausea;

• Iposodiema moderata (129-120 mEq/L): cefalea, sonnolenza, apatia;

• Iposodiemia grave (< 120 mEq/L): agitazione psicomotoria, convulsioni, coma, ipotermia.

Uno dei primi sintomi è l’alterazione dello stato di coscienza dato che la cellula neuronale risente

molto delle alterazioni della concentrazione del sodio; in questo caso tende a gonfiarsi, fino ad

arrivare ad edema cerebrale e sofferenza neuronale.

Questo quadro si osserva spesso nel paziente anziano in cui la funzione renale non è perfetta: ad

es. paziente anziano che fa uso di diuretici e sviluppa iponatriemia (in particolare nel periodo estivo),

soprattutto per diuretici quali furosemide e tiazidici.

Volume extracellulare

Una bassa concentrazione di sodio plasmatico è compatibile con un volume del liquido extracellulare

normale, aumentato o ridotto: pertanto non sempre corrisponde al contenuto reale di sodio corporeo.

E' importante stabilire quale sia il reale volume del liquido extracellulare al fine di instaurare una

corretta strategia terapeutica.

Ad es.: iponatremia associata ad un aumento del contenuto di sodio (nello scompenso); in questo

caso per correggere l'iponatremia è necessario eliminare acqua libera più che aumentare il sodio.

Acuta e cronica

Le iponatremie possono instaurarsi in acuto o in cronico.

- Un paziente in terapia diuretica cronica è meno sensibile all'iponatremia rispetto al malato acuto;

il paziente acuto è sempre più sintomatico.

- Anche il paziente con IRA è molto sensibile, invece il paziente con IRC magari è asintomatico per

iponatremia anche moderata…

Questo perché a livello cellulare si verificano degli adattamenti fisiologici in risposta ad una

modificata tonicità del plasma: pertanto le disionie vanno corrette gradualmente e molto lentamente.

Iponatremia con ipo-osmolarità Le cause possono essere:

• Ridotto volume extracellulare: perdite extrarenali (vomito, diarrea, ustioni, sequestro nel terzo

spazio) o perdite renali (diuretici, malattie renali).

• Aumentato volume extracellulare (aumento del sodio, ma ancora di più di acqua): cause

extrarenali (scompenso cardiaco, cirrosi iatrogena; infusione eccessiva di liquidi) o cause

renali (IRA, sindrome nefrosica).

Iponatremia ipervolemica

Sono pazienti con sintomi come edemi declivi e periorbitali o versamento pleurico.

Iponatremia da scompenso cardiaco

Gli ormoni chiave coinvolti sono ADH e aldosterone.

1) Nello scompenso cardiaco si ha una riduzione della volemia efficace, con ridotta frazione

di eiezione (deficit di pompa): pertanto il sangue in arrivo al rene si riduce, di

conseguenza questo risponde con l'attivazione del sistema RAS; l'aldosterone così

trattiene acqua e sodio e fa eliminare potassio, per cercare di ripristinare la volemia. Dato

per il deficit di pompa la pressione non aumenta perché il cuore non riesce a pompare il

surplus di liquidi trattenuti, che quindi si depositano nel distretto venoso.

2) Importante è anche l’azione dell’ADH che agisce sul tubulo collettore trattenendo acqua

libera.

3) L'ANP è secreto in risposta alla distensione dell'atrio e ha effetto natriuretico; nello

scompenso cardiaco c'è anche un'alterazione di questo meccanismo.

Se sommo quindi l'effetto combinato di questi due ormoni avrò un consistente riassorbimento di

acqua e sodio, dunque il contenuto di sodio sarà aumentato; tuttavia l’aumento di acqua è maggiore

rispetto a quello del sodio quindi c’è iponatremia. L'ADH infatti è secreto sia per contrastare

l'ipernatriemia che per l'ipovolemia; tuttavia lo stimolo ipovolemico prevale, quindi in questo caso

l’ipovolemia stimola la secrezione di ADH nonostante coesista un aumento del carico di sodio.

Quindi l’ADH continua ad essere prodotto.

Bisogna allora cercare di migliorare la funzione di pompa ed eliminare acqua libera (ad esempio con

restrizione dell'apporto idrico della dieta).

Iponatremia da cirrosi

È' un'altra causa di iponatremia con riduzione della volemia efficace. In questa situazione infatti si

ha un accumulo di liquidi nella cavità peritoneale: un fegato cirrotico si associa ad ipertensione

portale con flusso alterato, il sangue refluo dall'intestino trova un aumento delle resistenze venose

e trasuda nella cavità peritoneale causando ascite (tipica è la sindrome epatorenale dove la

condizione di cirrosi a lungo andare causa insufficienza renale). La natura dell'icona tremila è

dunque ipervolemica a perchè il volume di fluidi non si abbassa, ma c'è un sequestro nel terzo

spazio.

L'iponatriemia nell'epatopatico è un marcatore di malattia severa, ma al contempo quando si

corregge è indice di corretta terapia.

Sindrome nefrosica

In questa situazione si verifica una perdita massiva di proteine nelle urine (proteinuria superiore ai

3 g/24h):

- La conseguenza è l'ipoalbuminemia, e quindi una riduzione della pressione osmotica: il paziente

è gonfio mentre nel letto vascolare c’è ipovolemia (L’ipoalbuminemia è il primum movens).

- Il ridotto flusso renale causa iperaldosteronismo e aumentata secrezione di ADH con conseguente

riassorbimento di sodio e acqua, che tuttavia anche in questo caso si riversa nell’interstizio a

causa dell'iponchia; pertanto si avrà ipervolemia con aumento del contenuto totale di sodio (ma

ridotta concentrazione).

Diagnosi differenziale

- Nello scompenso cardiaco la sodiuria è bassa (< di 20 mEq/24h) perché il rene lo riassorbe; le

urine sono povere di sodio, e ancora di più nella cirrosi.

- Nella sindrome nefrosica invece la sodiuria è > di 20 mEq/24h, perchè il rene è malato.

Iponatremia ipovolemica

In questi casi il paziente è disidratato per la perdita extrarenale o renale di sodio; c'è dunque una

reale deplezione del contenuto totale di sodio nell'organismo.

• Cause extrarenali: perdita di sodio (vomito, diarrea e ustioni con perdita rilevante di sodio; il

paziente si depleta di sodio, e il rene non lo elimina per risparmiarlo) o sequestri di sodio

(pancreatite acuta e ileo paralitico richiamano liquidi nel colon e nel tenue: sarà

un'iponatremia che ricorda quella da cirrosi, ma in questo caso il liquido è nel lume intestinale,

e quando si risolve l’occlusione la natriemia si corregge).

• Cause renali: malattie renali, abuso di diuretici, anche uso cronico di diuretici nel paziente

cardiologico.

Iponatremia normovolemica

Il volume extracellulare è normale, sono pazienti né edematosi né disidratati:

• Polidipsia primaria;

• Farmaci (clorpropramide, clofibrato, ciclofosfamide, vincristina);

• SIADH (malattie polmonari e SNC, tumori, linfoma di Hodgkin, farmaci);

• Ipotiroidismo;

• Insufficienza cortico-surrenalica.

Polidipsia primaria: solitamente è di natura psichiatrica. Sono situazioni in cui l’eccessivo apporto di

liquidi con la dieta supera la capacità del rene di mantenere la sodiemia: il rene ad un certo punto

non riesce a diluire le urine e non riesce ad eliminare tutta l’acqua libera, pertanto la sodiemia

scende.

Causa farmacologica/oncologica/endocrina: non infrequente, e porta nel tempo a sviluppare SIADH,

ovvero sindrome da inappropriata secrezione di ADH.

- Neoplasie e farmaci possono portare a secrezione inadeguata di ADH, con conseguente aumento

del volume nel comparto vascolare per il riassorbimento di acqua libera e conseguente

iponatremia (a volte è proprio l'iponatremia che fa pervenire alla diagnosi di neoplasia polmonare).

Nel paziente normovolemico in cui escludo l’abuso di farmaci e la polidipsia serve ricordare che

le cellule neoplastiche sregolano la produzione di ADH o secernono sostanze ad azione ADH

simile.

- Anche ipotiroidismo e insufficienza corticosurrenale possono causare una SIADH: il calo di ormoni

corticosteroidei da insufficienza della ghiandola surrenale di tipo primario porta ad un aumento

dell’ormone ACTH, che ha un’azione ADH simile.

NB. Il volume è normale anche se la secrezione di ADH aumenta perché lo stimolo non è così forte

come nello scompenso o nella cirrosi.

Iponatremia con normo-osmolarità (pseudoiposodiemia) • Proteine totali aumentate: sindrome di Waldestrom, cirrosi, mieloma;

• Proteine totali normali: iperlipidemia, sindrome nefrosica, pancreatite acuta.

Ci sono iponatremie dovute a condizioni che alterano i risultati di laboratorio:

- Gammopatie monoclonali, in cui aumentano le proteine totali;

- Cirrosi, che oltre all'iponatremia vera causa una pseudoiponatriemia sempre per aumento delle

gammaglobuline;

- Dislipidemia severa, sindrome nefrosica sono da tenere presenti quando non si trova la causa di

iposodiemia.

Iponatremia con iper-osmolarità Si ha in caso di presenza nel sangue di sostanze che ne aumentano la pressione osmotica:

• Iperglicemia (> di 600 mg/dL circa); • Iperazotemia (> di

400 mg/dL circa);

• Infusione di mannitolo.

Ipernatremia Indica quadri in cui la sodiemia è > di 142 mEq/L.

• Moderata, dai 148 ai 159 mEq/L: i sintomi sono irritabilità, irrequietezza, tremori.

• Grave, al di sopra dei 160 mEq/L: i sintomi sono atassia, convulsioni, fino al coma.

Si distinguono due eziologia a seconda delle urine, che possono essere ipertoniche o ipotoniche.

NB: la concentrazione maggiore di sodio compatibile con la vita è 168 mEq/L.

Urine ipertoniche La pressione osmotica delle urine è aumentata (> di 900 mOsm/Kg) in caso di:

1) Perdita di acqua (terapia diuretica, lesioni cerebrali, cause psichiche);

2) Assunzione di Na+ (rianimazione con bicarbonato)

Le urine sono ipertoniche, dunque il rene sta concentrando le urine in modo corretto (ha buona

capacità di concentrazione): la causa sarà dunque una perdita di acqua o un carico esogeno molto

importante di sodio.

- I diuretici causano perdita di sodio e di acqua, e si associano ad iponatremia o ipernatriemia a

seconda che il diuretico causi più o meno eliminazione di sodio (ogni diuretico funziona in modo

differente).

- Le neoplasie cerebrali causano alterazioni ormonali che possono coinvolgere anche il BNP, con

conseguente perdita di acqua; il paziente è iperconcentrato e c’è ipernatriemia.

- Il bicarbonato di sodio dato troppo in fretta, come nel caso di alcuni processi di rianimazione, può

causare ipernatremia.

Urine ipotoniche In questi casi la pressione osmotica delle urine è diminuita (< di 300 mOsm/Kg)

• Diabete insipido centrale (in cui la Ω orinaria > se > l'assetamento);

• Diabete insipido nefrogeno (in cui la Ω orinaria « se assetamento, perché il rene è malato

e dunque è incapace a concentrare).

Dato che le urine sono ipotoniche, il danno è a livello presumibilmente renale (poiché il rene non

riesce a concentrare le urine); sia il diabete insipido centrale e il diabete insipido nefrogenico

causano un ridotto riassorbimento di acqua (per difetti nel sistema di ADH).

- Diabete insipido centrale: c'è un danno della neuroipofisi (parte che produce ADH). In questo

primo caso si verifica poliuria importante, che però si riduce se si asseta il paziente (la neuroipofisi

è infatti ancora in grado di secernere ADH se sotto un forte stimolo come il fatto di assetare

l’organismo: il paziente riesce a concentrare un po' le urine, il rene risponde subito a quel poco di

ADH che viene prodotto).

- Diabete insipido nefrogenico: non è dato da deficit della secrezione di ADH, ma da alterazione

della risposta tubulare all’ADH; in questo secondo caso, il paziente non riesce a concentrare

l’urina nemmeno se si assesta il paziente, perché l’assetamento produce uno stimolo alla

produzione di ADH ma il rene non risponde. In questi pazienti l’ADH è normalmente secreto ma il

problema è una nefrite del tubulo interstiziale che rende il rene non responsivo a questo ormone.

Esempio: abuso di FANS, che nel tempo causano un danno al tubulo interstiziale, che si manifesta

con tendenza alle disionie e tendenza poliurica (avviene un po’ il contrario che nelle

glomerulonefriti, in cui abbiamo IR con riduzione dell’urina prodotta).

Piccole dosi di tiazidici riducono la volemia e creano uno stimolo aggiuntivo a produrre ADH da parte

della neuroipofisi, questa terapia ha più senso nelle forme centrali di diabete insipido.

DISORDINI DEL POTASSIO Il potassio rappresenta il maggiore dei cationi intracellulari: 1)

La concentrazione intracellulare è 100 mEq/L;

2) La concentrazione extracellulare è 3.8-5.5 mEq/L.

Regolazione del potassio nell'organismo La potassiemia è mantenuta dal rene, a valori normali anche fino a livelli molto avanzati di

insufficienza renale il meccanismo di escrezione del potassio non è così raffinato come quello del

sodio, ed è influenzato in modo primario oltre che dai livelli di funzione renale anche e

prevalentemente dall’attività dell’aldosterone.

- Riassorbimento nel TPC e nell'ansa di Henle; - Riassorbimento attivo o secrezione passiva a seconda delle esigenze metaboliche nel tubulo

distale. Il meccanismo dipende dalla sintesi, grazie alla presenza dall'aldosterone, di pompe

Na+/K+ sul versante basocellulare e dalla secrezione di ioni idrogeno (e quindi dalla

situazione acido-base).

L'aldosterone è un ormone molto importante nella regolazione di sodio e potassio; agisce a diversi

livelli. Il punto di azione più tipico è a livello del tubulo distale grazie ad antiporti, che permettono il

riassorbimento di acqua e sodio e la secrezione di potassio e idrogeni. È un meccanismo che

funziona in modo strettamente correlato al carico di sodio.

- Se il carico di sodio al rene è importante, a livello distale l’aldosterone sarà più attivo e avremo

una maggiore secrezione di potassio;

- Se il paziente è invece ipovolemico, si avrà riassorbimento a livello prossimale di acqua e sodio

e dunque riduzione del carico di sodio che arriva al tubulo distale; l'aldosterone agirà meno e ci

sarà ritenzione di potassio.

Iperkaliemia Si tratta di una concentrazione plasmatica di K+ > di 5.5

mEq/L.

• Lieve moderata: 5.6-7 mEq/L, si pensa al ricovero sulla

base della situazione clinica;

• Grave: > di 7 mEq/L, richiede il ricovero urgente;

• Mortale: > di 9 mEq/L.

NB: il valore più alto di potassio più compatibile con la vita

è 8,9 mEq/L.

Attenzione a:

1. Rapidità di insorgenza

2. Associazione con altri disturbi elettrolitici (Ca; Mg; H)

3. Associazioni farmacologiche.

Sintomatologia clinica I sintomi sono causati da un'alterazione di polarizzazione delle

cellule.

• Cuore: l'ipekaliemia causa una fase di ascesa del potenziale d’azione rallentata, è un

potenziale a riposo vicino al potenziale soglia. All'ECG avremo onde T appuntite, QT

accorciato, QRS allargato (sempre di più con il peggiorare dell'iperkaliemia), PQ allungato;

queste alterazioni possono esitare in arresto sinusale, blocco atrio-ventricolare di III grado,

bradicardia, aritmie ventricolari, arresto cardiaco.

• Apparato neuromuscolare: astenia, parestesie, impaccio al movimento, gambe rigide e

pesanti, paralisi ascendente (mani, piedi, tronco).

• Apparato gastrointestinale: nausea, vomito, ileo paralitico.

In particolare, per l'effetto cardiaco conta l’associazione con altri ioni come il calcio e il magnesio: se

si ha un mix di squilibri di vari elettroliti, come può avvenire ad es. in acidosi, l’effetto cardiaco è

molto temibile. Si può avere bradiaritmia fino all’arresto cardiaco. Prima cosa da fare in un paziente

con iperpotassiemia: sento il polso!

Cause di iperkaliemia Ridotta escrezione

- Insufficienza renale (acuta, cronica, NTA): il tubulo non risponde più all’aldosterone e fa fatica

dunque ad eliminare il potassio.

- Ipovolemia effettiva: arriva poco sodio al tubulo distale, perché aumenta il riassorbimento

prossimale, di conseguenza è ridotto il riassorbimento distale e quindi la secrezione di potassio.

Somministro fisiologica per idratare il paziente, e per migliorare l’iperkaliemia riduco il

riassorbimento prossimale con i diuretici (soprattutto la furosemide che blocca riassorbimento di

Na+ e Cl- a livello dell’ansa di Henle; più Na+ arriva al tubulo distale, più K+ sarà eliminato).

- Ipocorticosurrenalismo (M. Addison, ipoaldosteronismo secondario);

- Iporeninemia: da malattie tubulo-interstiziali o farmaci (FANS, ACE-inibitori, beta bloccanti; gli

ACE inibitori agiscono direttamente sul sistema RAS, come anche i beta bloccanti in quanto ill

simpatico stimola RAS, mentre i FANS sono invece dannosi per il tubulo.

- Dieta: a fronte di un’eccessiva introduzione, il rene non sempre riesce ad eliminare tutto il K+

introdotto; è una causa rara, per esempio il paziente che segue una dieta con frutta e verdura,

ricche di potassio.

Shift del potassio dai tessuti

- Danno tissutale: rabdomiolisi, emolisi, sanguinamento interno;

- Farmaci (ad es. succinilcolina, digitale, beta boccanti);

- Acidosi metabolica, in quanto gli ioni H+ fanno uscire il K+ dalle cellule; l’acidosi va corretta piano

perché si può arrivare ad ipokaliemia.

Pseudoiperkaliemia

- Trombocitosi;

- Errore nel prelievo;

- Emolisi.

Ipokaliemia Si tratta di una concentrazione plasmatica di K+ < di 3,8 mEq/L.

• Lieve: 3.8-3 mEq/L;

• Moderata: 3-2.5 mEq/L;

• Grave: < 2.5 mEq/L (ricovero urgente).

Attenzione a:

1.Rapidità di insorgenza;

2.Associazione con altri disturbi elettrolitici (Ca++, Mg++, H+);

3.Associazioni farmacologiche.

NB: il valore più basso di potassio compatibile con la vita è 1.9 mEq/L.

Sintomatologia clinica • Apparato neuromuscolare: astenia (a livello di arti,

tronco, muscoli respiratori), esauribilità, tetania (segno

positivi di Chvosteck e di Trousseau), atrofia muscolare

(rabdomiolisi), iporeflessia tendinea (paralisi).

• Apparato gastrointestinale: paralisi della muscolatura

liscia (stipsi).

• Rene: perdita della capacità di concentrare le urine (con

poliuria, polidipsia), talora ritenzione idrosalina (con

edemi). Attenzione: insufficienza renale è la causa

principale di iperkaliemia; l'ipokaliemia è invece essa

stessa causa di insufficienza renale, specialmente

quando persiste nel tempo, ed inizia con segni di

incapacità alla concentrazione urinaria (perché questa

attività renale è quella più “expensive” dal punto di vista

energetico).

• Cuore: aumento del potenziale transmembrana, con

consecutivo aumento della differenza fra potenziale a

riposo e potenziale soglia. All'ECG osserviamo onde T

ridotte, talora difasiche, e comparsa dell'onda U; extrasistoli

atriali e ventricolari, fibrillazione atriale (molto spesso),

fibrillazione ventricolare, aumento della FC.

Cause di ipokaliemia Da ridistribuzione potassica tra intra ed extracellulare

Può essere causata da terapia insulinica, sali di bario, attività beta adrenergica, paralisi ascendente

periodica.

L'insulina fa entrare il potassio nelle cellule (insulina e glucosio sono infatti usati in associazione

nella terapia dell’iperkaliemia, oltre che per correggere l’acidosi).

Spuria

Da iperleucocitosi (> di 500.000/mm3).

Ipopotassiemia vera

1) Pressione arteriosa normale o bassa

2) Pressione arteriosa aumentata

Con ipertensione arteriosa

• Iperaldosteronismo primitivo o secondario (ad es. da ipertensione nefrovascolare);

• Sindrome di Liddle (o pseudoaldosteronismo): è una malattia genetica, a trasmissione

autosomica dominante, caratterizzata da ipertensione presente già in età precoce, spesso

durante l'infanzia, ed eccessiva perdita di potassio con le urine; dipende dal

malfunzionamento, in seguito ad una mutazione genetica, di un canale ionico presente sui

tubuli renali, e simula l'eccesso di ormoni mineralcorticoidi come l'aldosterone. E' una

situazione analoga all’abuso di liquirizia;

• Sindrome di Cushing e adenomi genitali.

Con pressione arteriosa normale o bassa

• Alcalosi metabolica ipocloremica (HCO3- > di 28 mEq/L): in presenza di alcalosi, poiché la

concentarzione di H+ intracellulare è bassa, molto K+ è presente dentro alla cellula tubulare

renale per cui avviene secrezione (processo passivo concentrazione-dipendente) con

comparsa di ipokaliemia. L'ipokaliemia, a sua volta, causa alcalosi metabolica (per

risparmiare K+ aumenta infatti la secrezione renale di H+). Ipocloremica perché c’è

deplezione di NaCl (ad es.: uso di furosemide, che inibisce il riassorbimento di sodio,

potassio e cloro).

• Acidosi metabolica ipercloremica (HCO3- < di 23 mEq/L): in presenza di acidosi (e dunque

eccesso intracellulare di H+) è facilitata la secrezione di K+, con potassiuria elevata malgrado

l'iperkaliemia plasmatica.

Cause più frequenti dei due squilibri acido-base:

- Alcalosi metabolica: sindrome di Barrter (mancata espressione del trasportatore NKCC sull’ansa

di Henle: si ha quindi aumento dell'attività dell’aldosterone, con eliminazione di più K+ e H+ e

complicazione dell’alcalosi), sindorme di Gitelman, sindrome di Pseudo-Barrter e Gitelman,

vomito, diarrea, anoressia mentale, uso di diuretici (in pazienti trattati con diuretici aumenta la

bicarbonatemia; aumenta il sodio in arrivo al tubulo distale, che riassorbe il sodio e secerne H+

causando ipokaliemia).

- Acidosi metabolica: nefropatie tubulari senza IR (acidosi tubulare prossimale, acidosi tubulare

distale, sindrome di Fanconi), farmaci (acetazolamide), ureterosigmoidostomia, malnutrizione.

NB: Un abuso di diuretici può portare ad ipertrofia dell’apparato iuxtaglomerulare.

DISORDINI DEL CALCIO Il Ca++ è uno ione prevalentemente extracellulare, ma svolge anche un importante ruolo come

messaggero intracellulare. Il principale lavoro della cellula è pompare fuori il Ca++: se non ce la fa

(di solito nei casi in cui alla cellula manca di energia per estruderlo), il calcio si accumula nella cellula

e causa morte cellulare.

Ca extracellulare/intracellulare= 10.000/1

È uno ione con attività essenziale in molte funzioni biologiche:

• Conduzione dell’impulso nei neuroni e trasmissione sinaptica;

• Stimolazione di secrezioni ormonali;

• Processo della divisione mitotica;

• Automatismo cardiaco;

• Eccitazione e contrazione delle fibre muscolari.

L’omeostasi del calcio è regolata da rene, intestino, osso, vitamina D, paratormone e calcitonina.

Paratormone E’ un ormone ipercalcemizzante e ipofofosfatemizzante.:

- Aumenta l’assorbimento di calcio a livello intestinale e renale (soprattutto a livello del tubulo

distale), aumenta inoltre il riassorbimento a livello osseo;

- Aumenta l’escrezione dei fosfati (diminuisce dunque la fosforemia).

Regolazione a feedback con la vitamina D3 attiva (calcitriolo), che aumenta la calcemia e inibisce la

secrezione di PTH.

Vitamina D È un ormone ipercalcemizzante e iperfosfatemizzante. Aumenta l’assorbimento di calcio a livello

intestinale e inibisce il PTH.

Escrezione renale di calcio - Riassorbimento tubulare prossimale e distale (il PTH aumenta il riassorbimento nel tubulo

distale;

- Escrezione media circa 200 mg/24 ore;

- Indice di escrezione calcica (Ca urinario/Cr urinaria < di 0.20).

Nell'organismo il calcio è in varie forme; la misura più fine della calcemia è quella del calcio ionizzato,

perché è quello che esplica le sue azioni.

1) Calcio totale = 8.5-10.5 mg/dL = 4.25-5.25 mEq/L = 2.12-2.62 mMol/L;

2) Calcio ionizzato o Ca++ (50% circa): 4.1-5.1 mg/dL = 2.25-2.75 mEq/L = 1.02-1.27

mMol/L;

3) Calcio complessato (40% circa);

4) Calcio chelato (10% circa).

Ipocalcemia • Moderata: < di 0,95 mMol/l

• Grave: < di 0,50 mMol/L (pericolo di vita).

Cause di ipocalcemia Spuria

Situazioni in cui la calcemia totale è ridotta, ma Ca++ è normale (quando infatti le proteine totali e

l’albumina sono ridotte, il calcio legato diminuisce): sindrome nefrosica, cirrosi, malnutrizione,

enteropatia proteinodisperdente.

Ipocalcemia vera con proteine normali

- Paratormone ridotto: ipoparatiroidismo, ipoMg, pancreatite acuta;

- Paratormone elevato: ipovitaminosi D, insufficienza renale acuta e cronica (l'ipocalcemia è

secondaria alla carenza di vitamina D; nelle fasi avanzate c’è anche iperfosforemia perché c’è

una riduzione del fosforo filtrato), acidosi tubulare distale (in cui a volte si associano ad

ipercalciuria ed ipocalcemia, provocando formazione di calcoli urinari).

Ipercalcemia Si tratta di una concentrazione di calcio > di 10.5 mg/dL.

• Lieve-moderata: 10.5-11.5 mg/dL;

• Grave: > di 13 mg/dL (ricovero urgente);

• Crisi ipercalcemica acuta: > di 15 mg/dL (emergenza medica per rischio di coma,

bradiaritmia, IRA).

Manifestazioni cliniche • Cardiologiche: visibili all'ECG (con segmenti ST e QT accorciati, onda T allargata,

bradicardia/BAV, tachiaritmie ventricolari), ipertensione arteriosa (a causa della

vasocostrizione).

• Neuromuscolari: astenia, sonnolenza, irritabilità, disturbi del comportamento e della

personalità, coma.

• Gastrointestinali: anoressia, nausea e vomito, stipsi (per atonia intestinale), ulcera (perché

il calcio aumenta la secrezione gastrica) e pancreatite (il calcio precipita nei dotti pancreatici

e li ostruisce).

• Nefrologiche: IRA (se l'ipercalcemia è a rapida insorgenza), poliuria ed IRC (se

l'ipercalcemia è a lenta insorgenza per il danno tubulare o il deficit della capacità di

concentrazione delle urine), nefrite interstiziale cronica, calcolosi calcica, nefrocalcinosi. La

calcemia infatti da una parte regola il tono vasale causando vasocostrizione dell’arteriola

afferente (che se sommata a disidratazione può causare un’IRA pre-renale; una volta nel

trapianto si davano infatti i calcio antagonisti per contrastare l’insorgenza di IR) e induce

anche costrizione dell’arteria renale; la poliuria tuttavia non è in contrasto con l’occlusione

dell’arteria renale perché è legata ad un danno tubulointerstiziale (il tubulo perde acqua

libera). In più il glomerulo è sofferente poiché riceve meno flusso, e quindi filtra di meno.

Cause di ipercalcemia Proteine totali elevate

- Mieloma;

- Talora disidratazione e malattie infiammatorie.

Proteine totali normali

• Iperparatiroidismo primitivo: se il paziente è affetto da tale patologia presenta ipercalcemia

con funzione renale conservata, è presumibile dunque un adenoma della paratiroide.

• Neoplasie, ad esempio renali o polmonari: le cellule neoplastiche producono infatti sostanze

simil al PTH, oppure sostanze osteolitiche (il PTH in questi casi sarà inibito);

• Malattie infiammatorie croniche (specie polmonari) che causano secrezione di sostanze simil

vitamina D: sarcoidosi (almeno nel 10% dei casi; a volte la sarcoidosi esordisce con IR e

ipercalcemia, co un quadro di sarcoidosi renale sottoforma di nefrite interstiziale), TBC in

fase infettiva, lebbra, candidiasi sistemica, malattie granulomatose, berrilliosi, istoplasmosi,

cocciodioimicosi, polmone del contadino.

• Disendocrinie: ipertiroidismo, acromeglia, feocromocitoma.

Cause farmacologiche di ipercalcemia

• Ipervitaminosi D o ipervitaminosi A;

• Diuretici tiazidici, che aumentano il riassorbimento di Ca nel tubulo distale bloccando un

antiporto sodio-calcio; si usano infatti nella terapia delle calcolosi (se dati in terapia cronica

bisogna monitorare la calcemia, e fare attenzione negli anziani).

• Litio, usato in disordini bipolari. Il suo accumulo può causare ipercalcemia.

• Antiacidi gastrici (milk alcaline sindrome);

• Intossicazione da teofillina (per l'interferenza beta adrenergica).

EQUILIBRIO ACIDO-BASE 1) Acido: molecola o ione contente H+, che possono essere ceduti; l'acidosi è un eccesso

di acidi.

2) Base: molecola o ione che pu accettare uno ione H+; l'alcalosi è un eccesso di basi (o

un difetto di idrogenioni).

Equilibrio acido base nell'organismo Equilibrio acido-base: problema degli ioni H+ da smaltire (che si producono nei processi energetici

giornalieri) per mantenere un giusto equilibrio.

La produzione di H+ giornaliera è di 24000 mEq volatili sotto forma di H2CO3 + 60 mEq metabolici

‘fissi’.

Come si misurano gli H+?

- L’equazione di Henderson-Hasselbalch descrive la relazione tra il pH e la concentrazione di un

acido impiegando la sua pKa (il logaritmo negativo della sua costante di dissociazione acida).

pH = pKa + log10 ([base]/[acido])

- Kassirer propone di non usare più la definizione di pH di Henderson-Hasselbalch, ma

direttamente la concentrazione di H+. Infatti l’unità di misura ‘pH’ è stata formulata per misurare

quantità piccolissime quando non esistevano i milli-, micro-, nano-, pico-, femto-, ecc.

pH = logaritmo pH = 7 = 0,0000001 mEq/L di H+.

pH arterioso normale = 7,35-7,45 (38-41 nEq/L)

pH venoso normale = 7,32-7,42 (41-44 nEq/L)

Valori normali dell’EGA:

• pO2 (a) 97-105 mmHg (v) NON si misura!

• pCO2 (a) 36-44 mmHg (v) 46 mmHg

• HCO3- (a) 22-26 mEq/L (v) 26 mEq/L

L'EGA arterioso è un esame che fornisce indicazioni sullo stato di ossigenazione del paziente

(disturbi respiratori), mentre l'EGA venoso fornisce indicazioni sullo stato acido-base del microcircolo

(disturbi metabolici).

L’HCO3- ha un ruolo fondamentale per l’equilibrio acido-base e la sua concentrazione è regolata dal

rene.

Approccio pratico 1. Controllare il pH

Se pH < 7.35, acidemia/acidosi

Se pH > 7.45, alkalemia/alcalosi

2. Controllare la pCO2 pH < 7.35 e

pCO2 < 40 acidosi metabolica pH < 7.35 e

pCO2 > 40 acidosi respiratoria pH > 7.45 e

pCO2 < 40 alcalosi respiratoria pH > 7.45

e pCO2 > 40 alcalosi metabolica

Acidosi metabolica: ȿ pH e ȿ HCO3-

Alcalosi metabolica: Ƚ pH e Ƚ HCO3

In presenza di un disordine primario dell’equilibrio acido-base, l’organismo tende a riportare il pH

alla normalità attraverso l’ “altra metà” del sistema omeostatico.

- Un disordine metabolico ha un compenso respiratorio; -

Un disordine respiratorio ha un compenso metabolico.

4. Infine valutare se l’entità del compenso è appropriata, se non lo è, è associato un secondo

disordine acido-base.

Funzione renale Difese dell’organismo contro le variazioni di pH:

esistono tre sistemi principali che regolano la

concentrazione di H+ nei fluidi corporei per prevenire

acidosi ed alcalosi.

1. Sistemi buffer plasmatici acido-base: si

combinano immediatamente con H+ per evitare

variazioni eccessive del pH;

2. Centro respiratorio: regola la rimozione di

CO2 e quindi di H2CO3;

3. Sistema renale: elimina urine acide o basiche

riportando la concentrazione di H+ ai valori

normali.

Come fa il rene a regolare i bicarbonati plasmatici? Se

sono pochi (acidosi) li rigenera nel tubulo, se sono

troppi (alcalosi) li elimina con le urine.

- In alcalosi metabolica c’è un eccesso di ioni HCO3 rispetto agli H+: il bicarbonato non viene

totalmente riassorbito, ma rimane nelle urine per essere escreto.

- In acidosi metabolica c’è un eccesso di ioni H+ rispetto al bicarbonato che verrà totalmente

riassorbito e quindi saranno gli ioni H+ a rimanere nelle urine; questi devono essere titolati

da sistemi tampone (fosfato e NH4+) ed eliminati come sali.

Giornalmente produciamo circa 80 mEq di acidi non-volatili (derivati dal metabolismo proteico), quali

acido solforico (ossidazione di aminoacidi solforati come Met e Cys) e acido fosforico (dal

metabolismo di acidi nucleici e fosfolipidi); sono non-volatili e quindi NON eliminabili attraverso la

via polmonare, e l’eliminazione è a carico renale.

Ogni giorno a livello renale sono filtrati 4320 mEq di HCO3- che NON devono essere persi con le

urine, ma recuperati: per recuperare questo bicarbonato si deve formare acido carbonico (H2CO3),

il che significa che 4320 mEq di ioni H+ devono essere secreti per riassorbire il bicarbonato. Inoltre

80 mEq aggiuntivi devono essere secreti per eliminare il carico acido derivato dal metabolismo sopra

citato.

Quindi, in totale, giornalmente abbiamo: 4320 + 80 = 4400 mEq di H+ secreti dal tubulo!

Come si comporta il rene in condizioni di scompenso?

- In condizioni di alcalosi, i reni aumentano la quantità di bicarbonato escreto; gli ioni H+ non

devono essere utilizzati per il recupero di bicarbonato e non vengono quindi secreti, il che

equivale ad aumentare gli ioni H+ nel liquido extracellulare.

- In condizioni di acidosi, i reni riassorbono tutto il bicarbonato filtrato e ne producono exnovo

cheserve a ripristinare quello perso nella titolazione degli acidi.

Quindi, i reni regolano la concentrazione di ioni H+ attraverso 3 meccanismi:

• Secrezione di ioni H+

• Riassorbimento del HCO3 filtrato

• Produzione di nuovi ioni HCO3

La secrezione di H+ e il riassorbimento di HCO3 avvengono in ogni parte del nefrone, fatta eccezione

per il tratto ascendente e discendente dell’ansa di Henle. Ricordiamo che per ogni bicarbonato

riassorbito deve essere secreto un H+. La secrezione di ioni H+ avviene con modalità differenti nelle

varie parti del nefrone.

La maggior parte del HCO3 (75%) viene assorbito nel TCP.

Meccanismi di secrezione di H+ 1) Come si vede nell’immagine, nel TCP gli ioni H+ sono secreti in scambio con il Na+.

L'HCO3- , invece, viene riassorbito successivamente alla reazione tra CO2 plasmatica e

H2O, catalizzata dall’enzima anidrasi carbonica; dalla reazione si produce lo stesso H+

che viene secreto. Questo, combinandosi con l’HCO3 presente nel lume tubulare,

produce H2CO3 che dissocia nuovamente (sempre grazie all’anidrasi carbonica) in H2O

e CO2 che viene riassorbita. Quindi, ogni volta che si forma uno ione H+ nelle cellule

dell’epitelio tubulare, si forma anche uno ione HCO3-, che viene rilasciato nel sangue. Il

risultato finale è il riassorbimento di bicarbonato dal filtrato tubulare.

2) La secrezione di ioni H+ nella parte distale del TCD e nel dotto collettore avviene

attraverso un meccanismo di trasporto attivo (che consuma ATP). La maggiore

differenza con il TCP è proprio l’esistenza di questa pompa idrogenionica che muove gli

ioni H+ dall’interno della cellula, dove si formano a partire dalla reazione di idratazione

della CO2 ad opera dell’anidrasi carbonica, al lume tubulare. In questa parte del nefrone

la pompa riesce a stabilire un gradiente idrogenionico altissimo, che porta il pH delle

urine fino a 4.5 che corrisponde al limite inferiore raggiungibile nel rene (oltre a questo

valore di pH la pompa si blocca).

In caso di acidosi, quando si presenta la necessità di eliminare un eccesso di ioni H+, solo una

piccola parte di questi pu rimanere in forma ionica nelle urine, poiché, se così non fosse, il valore

di pH scenderebbe eccessivamente (oltre la soglia sopra menzionata), danneggiando il tessuto. (Per

fare un esempio, per eliminare 80 mEq/24h di H+ derivati da acidi non-volatili, bisognerebbe

eliminare 2667 L di urina, se gli H+ rimanessero in forma ionica!!)

- Quando gli ioni H+sono in eccesso rispetto al HCO3 filtrato, essi sono bufferati da altri sistemi

tampone, essenzialmente dal HPO4-- (ione fosfato) e dall’NH3 (ammoniaca): ci succede

soprattutto a livello del TCD e del dotto collettore, poiché molto dell'HCO3- filtrato è già stato

riassorbito. In questo modo si formano nuovi ioni bicarbonato che sono riassorbiti: questa quota

costituisce il bicarbonato ex-novo. Quindi, tutte le volte che uno ione H+ è secreto nel lume

tubulare e il sistema bicarbonato è esaurito, questo si combina con un altro buffer e l’effetto netto

è l’aggiunta di nuovo bicarbonato nel sangue.

- L’NH3 necessaria a tamponare gli ioni H+ viene fornita dalla glutammina, che è trasportata

attivamente all’interno del TCP, del tratto ascendente dell’ansa di Henle, del TCD e del dotto

collettore. Il metabolismo del sistema tampone NH3/NH4+ è diverso a seconda che si parli di TCP

o DC. Nel TCP viene immesso direttamente ione ammonio nel lume tubulare in scambio con uno

ione bicarbonato è che viene riassorbito; nel DC la membrana tubulare non è permeabile allo ione

ammonio e quindi è secreta ammoniaca, che legando poi H+ forma ioni NH4+ , i quali restano

intrappolati nel lume e sono eliminati con le urine.

Casi clinici

CASO 1

Un paziente di 27 anni con diabete tipo 1 non si è somministrato la dose abituale di insulina.

Ricoverato per obnubilamento. pH art = 7,1

[HCO3-] = 6 mEq/L

pCO2 = 20 mmHg

Anion Gap = 29 mEq/L

[Na+] = 140 mEq/L

[K+] = 7 mEq/L

[glucosio] = 800 mg/dL Ketoni

plasmatici = +

Acidosi metabolica ad elevato anion gap con compenso respiratorio: KETOACIDOSI DIABETICA.

Terapia: insulina, idratazione, bicarbonato (in presenza di acidemia marcata pH < 7-7.1 ed anion

gap normale) ed eventuale supplementazione di calcio.

CASO 2

Un paziente di 58 anni affetto da BPCO sviluppa una severa diarrea causata da una colite pseudo

membranosa. pH art = 6,97 [HCO3-] = 9 mEq/L

pCO2 = 40 mmHg

[Na+] = 138 mEq/L, [K+] = 3,8 mEq/L

[Cl-] = 115 mEq/L

Anion Gap = 14 mEq/L

Acidosi metabolica ipercloremica (secondaria a diarrea) con associata acidosi respiratoria cronica

(secondaria a BPCO).

Acidosi metabolica senza compenso respiratorio.

CASO 3

Un paziente senza patologie note accede al DEA per dispnea e perde coscienza. Pa = 80/50 mmHg.

EO e Rx torace: quadro di edema polmonare acuto (EPA).

pH art = 7.02

[HCO3-] = 15 mEq/L

pCO2 = 60 mmHg

pO2 = 40 mmHg

Acidosi respiratoria acuta (secondaria a EPA) con associata acidosi lattica (secondaria a severa

ipotensione arteriosa). LDH si accumula per ipoperfusionoe tissutale con attivazione del

metabolismo anaerobio.

CASO 4

Una donna con storia di ulcera peptica riferisce di aver sviluppato vomito persistente da una

settimana.

Pao = 100/60.

EO: segni di disidratazione. pH

art = 7,53

[HCO3-] = 42 mEq/L

pCO2 = 53 mmHg

[Na+] = 140 mEq/L, [K+] = 2,2 mEq/L

[Cl-] = 86 mEq/L

[BUN ] = 80 mg/dL; [Cr] = 2 mg/dL

[Nau+]= 2 mEq/L [Ku+] = 21 mEq/L

Alcalosi metabolica (secondaria a vomito protratto) con compenso respiratorio.

Insufficienza renale acuta pre-renale, ipoperfusione renale dovuta a disidtìratazione.

Perché per trattare una acidosi do anche del calcio? Uno dei motivi è che quando tampono l'acidità

tendo a precipitare un’ipokaliemia con conseguente aumento del rischio di aritmie e fibrillazioni; il

calcio tende a stabilizzare la membrana del miocardiocita.