L'Overeducation in Italia. Le determinanti e gli effetti salariali nei dati AlmaLaurea

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Scuola democratica 2/2013 special issue: Education, occupazione e crescita 353 L’overeducation in Italia: le determinanti e gli effetti salariali nei dati AlmaLaurea 1 di Floro Ernesto Caroleo e Francesco Pastore ABSTRACT: e authors aim to study the determinants and the wage effects of overeducation and overskilling among Italian pre-reform graduates in 2005. In the available data (AlmaLau- rea data base). the former happens when the degree was not used to get the current job and the latter when competences acquired are not used in the current job. Overeducation and overskill- ing persist also 5 years after degree with shares equal to 11,4 and 8%. e fields of study more frequently associated to overeducation and overskilling are degrees in arts, but also such degrees in science as Geology and Biology. e quality of university education, the length of studies and the post-degree training highly affect the probability of overeducation/overskilling. is suggests that in the Italian case overeducation depends not only on low demand for skills, but also on a tertiary education not adequately oriented towards building skills immediately exploitable on the labour market. e non-conditional wage penalty associated to overeducation fluctuates between 20 and 25%, while the one associated to overskilling between 16 and 21%. Once controlling for the observed characteristics of the graduates, the wage penalty falls down to 12% for overedu- cation and 7% for overskilling. e Heckit estimate with correction for sample selection bias involves an increase by slightly more than 1% of the wage penalty implying that, as hypothesized in the job competition and the job assignment models, unemployed graduates are less skilled than employed ones and would therefore be more likely overeducated/overskilled if employed. KEYWORDS: Overeducation/Overskilling; AlmaLaurea; Earnings; Sample selection bias; Italy Floro Ernesto Caroleo, Università di Napoli Parthenope, [email protected]. Francesco Pastore, Seconda Università di Napoli, [email protected]. 1 Il presente saggio è una versione riveduta e ampliata di paper presentati in diverse occasioni: Conferenza AlmaLaurea, Bologna (2011), IAB di Norimberga (2011), XXVI Conferenza AIEL, Milano (2011), Universi- tà di Napoli Parthenope (2011), Università di Napoli Federico II (2011), Seconda Università di Napoli (2011), Università di Pescara (2012). Ringraziamo i partecipanti. Siamo grati, inoltre, a: Andrea Cammelli, Angelo Di Francia e Silvia Ghiselli per averci fornito i dati AlmaLaurea. Siamo grati anche a Lilia Costabile, Giuseppe Croce, Francesco Ferrante, Claudio Lucifora, Nadia Netti, Marco Pecoraro, Claudia Pigini, Giuseppe Rose, Dario Sciulli, Francesca Sgobbi, Peter Sloane e ai due referee anonimi della rivista per alcuni utili commenti. Cionondimeno, come autori siamo gli unici responsabili delle opinioni espresse e degli eventuali errori.

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L’overeducation in Italia: le determinanti e gli effetti salariali nei dati AlmaLaurea1

di Floro Ernesto Caroleo e Francesco Pastore

AbStrACt: The authors aim to study the determinants and the wage effects of overeducation and overskilling among Italian pre-reform graduates in 2005. In the available data (AlmaLau-rea data base). the former happens when the degree was not used to get the current job and the latter when competences acquired are not used in the current job. Overeducation and overskill-ing persist also 5 years after degree with shares equal to 11,4 and 8%. The fields of study more frequently associated to overeducation and overskilling are degrees in arts, but also such degrees in science as Geology and Biology. The quality of university education, the length of studies and the post-degree training highly affect the probability of overeducation/overskilling. This suggests that in the Italian case overeducation depends not only on low demand for skills, but also on a tertiary education not adequately oriented towards building skills immediately exploitable on the labour market. The non-conditional wage penalty associated to overeducation fluctuates between 20 and 25%, while the one associated to overskilling between 16 and 21%. Once controlling for the observed characteristics of the graduates, the wage penalty falls down to 12% for overedu-cation and 7% for overskilling. The Heckit estimate with correction for sample selection bias involves an increase by slightly more than 1% of the wage penalty implying that, as hypothesized in the job competition and the job assignment models, unemployed graduates are less skilled than employed ones and would therefore be more likely overeducated/overskilled if employed.

kEywordS: Overeducation/Overskilling; AlmaLaurea; Earnings; Sample selection bias; Italy

Floro Ernesto Caroleo, Università di Napoli Parthenope, [email protected] Pastore, Seconda Università di Napoli, [email protected].

1 Il presente saggio è una versione riveduta e ampliata di paper presentati in diverse occasioni: Conferenza AlmaLaurea, Bologna (2011), IAB di Norimberga (2011), XXVI Conferenza AIEL, Milano (2011), Universi-tà di Napoli Parthenope (2011), Università di Napoli Federico II (2011), Seconda Università di Napoli (2011), Università di Pescara (2012). Ringraziamo i partecipanti. Siamo grati, inoltre, a: Andrea Cammelli, Angelo Di Francia e Silvia Ghiselli per averci fornito i dati AlmaLaurea. Siamo grati anche a Lilia Costabile, Giuseppe Croce, Francesco Ferrante, Claudio Lucifora, Nadia Netti, Marco Pecoraro, Claudia Pigini, Giuseppe Rose, Dario Sciulli, Francesca Sgobbi, Peter Sloane e ai due referee anonimi della rivista per alcuni utili commenti. Cionondimeno, come autori siamo gli unici responsabili delle opinioni espresse e degli eventuali errori.

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Introduzione

Il cambiamento tecnologico, indotto dalla fine del fordismo, e la crescita dei livelli di istruzione, misurati dall’aumento della quota di diplomati e lau-reati, saranno prevedibilmente i due fattori strutturali che nei prossimi anni influenzeranno il mercato del capitale umano. Più precisamente, dal lato della domanda, lo spostamento della produzione dall’agricoltura e dalla manifattura tradizionale al settore dei servizi e a quelli basati sulla tecnologia della conoscen-za, produrrà una crescente domanda di lavoratori a medio-alta specializzazione e, quindi, più istruiti (CEDEFOP, 2010). Dal lato dell’offerta, la crescita della quota dei laureati è stata significativa fra i giovani italiani, passando dal 19% del 2000 al 35% del 2007, sebbene la percentuale dei laureati resti una delle più basse nell’area OCSE (OECD, 2012). È difficile dire se nei prossimi anni l’of-ferta di alte qualifiche sarà superiore, inferiore o uguale alla domanda. Quel che è certo, però, è che attualmente il fenomeno dell’overeducation è piuttosto dif-fuso, nonostante la bassa offerta di laureati. La sovra-istruzione si presenta non solo dove l’offerta di capitale umano è in assoluto molto alta, ma anche in quei paesi, come l’Italia, dove il sistema produttivo è caratterizzato da una bassa do-manda di capitale umano ad alta qualifica poiché è basato sulla produzione dei settori manifatturieri tradizionali (Manacorda e Petrongolo, 2000). La tesi prin-cipale di questo studio, però, è che il motivo dell’alta percentuale di laureati ove-reducated/overskilled vada ricercato non solo e non tanto nell’eccesso di laurea ti rispetto alla domanda, quanto piuttosto nella mancanza di esperienza lavorativa dei giovani e nella difficoltà del nostro sistema di transizione dalla scuola al la-voro di generare competenze che siano apprezzate dal mondo delle imprese. In questo senso, potrebbero essere alte sia l’overeducation che l’overskilling (Sloane, 2003; Robst, 2007; Nordin et al., 2010). La prima si presenta quando gli anni di istruzione completati sono in eccesso rispetto a quelli richiesti per svolgere il proprio lavoro. La seconda quando i livelli di competenze richiesti per svolgere una mansione sono inferiori a quelli effettivamente posseduti. L’overeducation causa una penalizzazione in termini di minori guadagni e opportunità occupa-zionali, ma rappresenta anche uno spreco di risorse per la società, in termini di perdita di capitale umano e produttività, e di inefficienza della spesa pubblica in istruzione (Groot, 1996; Büchel et al., 2003; McGuinness, 2006).

In questo saggio, analizziamo l’impatto dell’overeducation sui salari utilizzan-

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do l’indagine AlmaLaurea sui laureati iscritti al cosiddetto Vecchio Ordinamen-to, vale a dire quello esistente prima dell’inizio della riforma degli ordinamenti didattici prevista dal cosiddetto Processo di Bologna. Le definizioni di overe-ducation e di overskilling sono basate sulle domande contenute nel questiona-rio dell’indagine. Più distintamente, la prima si riferisce a quegli individui che dichiarano che la laurea posseduta non è richiesta per legge, né necessaria per ottenere il lavoro svolto. L’overskilling si riferisce agli occupati che dichiarano che le competenze acquisite durante gli studi non sono richieste nelle mansioni svolte. Mentre l’indicatore di overskilling utilizzato è soggettivo, quello relativo all’overeducation, benché anch’esso self-reported, può essere interpretato in modo oggettivo, nel senso che potrebbe catturare il punto di vista dell’datore di lavoro (in contrasto con quello soggettivo del lavoratore)2.

Lo schema del lavoro è il seguente: il primo paragrafo riassume la letteratura teorica ed empirica sull’argomento con particolare riguardo al caso italiano. Il secondo paragrafo descrive l’indagine AlmaLaurea e il metodo di analisi adotta-to. I differenziali salariali sono calcolati mediante stime dell’equazione dei gua-dagni effettuate con il metodo dei minimi quadrati ordinari (MQO). Viene affrontato anche il problema dell’errore derivante dalla selezione non casuale del campione, mediante la specificazione econometrica Heckit. Il lavoro termina con alcune considerazioni conclusive e la discussione di suggerimenti di politi-che per ridurre l’impatto dell’overeducation.

1. Lo stato dell’arte

1.1.  Le spiegazioni teoriche

Sloane (2003), McGuinnes (2006) e Leuven e Oosterbeek (2011) fornisco-no rassegne teoriche introduttive, ma abbastanza complete ed approfondite del-le interpretazioni concettuali dell’overeducation. Per amore di brevità, di seguito proponiamo le interpretazioni prevalenti del fenomeno, provando per ognuna a riassumerne il punto chiave, allo scopo di fornire una chiave di lettura dei risultati della nostra analisi empirica.

2 Ringraziamo uno dei referee anonimi della rivista per tale osservazione.

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Fino a qualche anno fa, l’overeducation era considerata un’eccezione alla teo ria del capitale umano: si diceva che quest’ultima non valeva nel caso dell’overeduca-tion, poiché l’istruzione porta con se una penalità quando è associata a mismatch, il quale è anche una dimostrazione dell’esistenza di disequilibri nel mercato. La letteratura più recente, riassunta, ad esempio, in Leuven e Ooster beek (2011), tende, invece, a recuperare la validità della teoria del capitale umano. L’overedu-cation non è tanto un segno di eccesso di capitale umano, ma piuttosto della sua mancanza. Come spiega il premio Nobel Gary Becker (1964), il capitale umano non è costituito solo dall’istruzione, ma anche dall’esperienza lavorativa generica e da quella specifica ad un certo posto di lavoro. L’overeducation allora può essere vista come una conseguenza della mancanza della componente del capitale umano che è più legata al lavoro, si può dire delle ‘competenze’.

Vi sono però anche interpretazioni più tradizionali. Il modello della compe-tizione per i posti di lavoro (job competition model) di Thurow (1975) assume che vi sia sempre alta disoccupazione e che, di conseguenza, ognuno competa per i pochi posti di lavoro disponibili accumulando istruzione, vista come un se-gnale della propria abilità lavorativa, che di conseguenza può risultare in eccesso rispetto a quanto effettivamente richiesto dai datori di lavoro. Invece, i salari e la produttività del lavoro dipendono solo dal posto di lavoro e non tanto dal capitale umano accumulato. Da ciò deriva anche la penalità salariale associata ad overeducation.

Il modello dell’assegnazione dei posti di lavoro (job assignment model) di Sattinger (1993) cerca di riconciliare la teoria del capitale umano con il modello della competizione per i posti di lavoro. Si riconosce, come fa il secondo mo-dello, che i posti di lavoro rappresentano una combinazione unica di capitale fisico e di elemento umano; ma si accetta anche, come fa il primo modello, che il capitale umano è una determinante importante dei salari. L’overeducation na-sce dal fatto che i salari non sono interamente collegati ai posti di lavoro o agli individui.

Il modello di ricerca di un posto di lavoro (search models) considera l’essere disoccupato una scelta volontaria nell’ambito del processo di ricerca del miglior posto di lavoro possibile. I lavoratori più istruiti e più competenti preferiscono attendere la migliore offerta di lavoro rimanendo disoccupati e costoro sono anche quelli che hanno minore probabilità di essere sovra-istruiti una volta che abbiano trovato lavoro. Invece gli overeducated sono i meno abili che, per timore

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di non trovare alcuna collocazione lavorativa, accettano la prima che trovano, anche quelle per diplomati.

Di più recente elaborazione è la teoria della mobilità lavorativa a fini di car-riera (career mobility theory), secondo la quale trovare lavoro diventa sempre più difficile e anche formare le competenze necessarie all’individuo per progredire nel proprio lavoro. L’overeducation è allora fisiologica e transitoria, la conseguen-za di una precisa strategia di ricerca del posto di lavoro da parte dei più giovani i quali accettano il primo posto di lavoro che viene offerto loro, ma poi conti-nuano a cercare lavoro per migliorare la loro posizione, sia all’interno della stessa impresa che in altre imprese, nella convinzione che la ricerca di lavoro on-the-job sia più efficace di quella off-the-job.

1.2.  La letteratura empirica

Il problema dell’oveducation è stato osservato inizialmente negli Stati Uniti (Freeman, 1976), ma negli ultimi decenni una crescente letteratura ha stimato il fenomeno anche in molti paesi europei (Büchel et al., 2003; Rubb, 2003; McGuinness, 2006; Leuven e Osterbeek, 2011), compresa l’Italia (AlmaLau-rea, 2005; Di Pietro e Urwin, 2006; Ordine e Rose, 2009; Franzini e Raitano, 2009; Ortiz, 2010). In sintesi, i problemi affrontati sono: a) le dimensioni e le determinanti dell’overeducation in un’ottica di confronto fra paesi; b) le caratte-ristiche dei sovra-istruiti; c) le penalizzazioni in termini di guadagni e di oppor-tunità lavorative; d) pregi e difetti dei diversi metodi di stima; le correzioni degli errori di misurazione; come affrontare i problemi di endogeneità e di errore dovuto a selezione non casuale del campione.

a) I confronti internazionali sono resi difficili dalla mancanza di dati confron-tabili (Chevalier, 2003). Un ostacolo importante deriva dalla mancanza di un cri-terio univoco di definizione dell’over- e dell’under-education. Le misure empiriche proposte sono molteplici e pongono non pochi problemi di precisione e coerenza (McGuinness, 2006, Leuven e Oosterbeek, 2011). Un problema sul quale la lette-ratura più recente si sta concentrando è come distinguere l’overeducation genuina da quella spuria, dovuta, in specie nelle misure self-reported, alla insoddisfazione per il lavoro svolto. Chevalier (2003), Mavromaras et al. (2010) e Pecoraro (2011) tengono conto della soddisfazione sul lavoro per distinguere l’overeducation genui-

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na da quella spuria. Purtroppo, i dati a disposizione non consentono di applicare questa definizione. Meta-analisi della letteratura empirica, condotte negli ultimi decenni, mostrano che la quota di overeducation tra i laureati si aggira intorno al 20-30% (Groot e van der Brink, 2000; McGuinness, 2006; Leuven e Oosterbeek, 2011; Croce, 2012; Quintini, 2011). Studi comparativi basati sull’indagine RE-FLEX, che raccoglie informazioni comparabili sui laureati nell’anno accademico 1999/2000 in 16 paesi europei, mostrano come l’Italia, con il 23% di overedu-cated a 3 anni dalla laurea e il 13% a distanza di 5, si collochi al terzo posto tra i paesi europei analizzati, dopo la Spagna e il Regno Unito (McGuinness e Sloane, 2010; Davia et al., 2010; Verhaest e van der Velden, 2010). Per quanto riguarda l’overskilling, fenomeno che in Europa è più frequente, l’Italia rimane nella media, con una percentuale del 21% a 3 anni e una dell’11% a 5 dalla laurea (Verhaest e van der Velden, 2010; Barone e Ortiz, 2011). Manacorda e Petrongolo (2000) rilevano come l’Europa soffra più degli Stati Uniti di discrepanze tra la domanda e l’offerta di competenze lavorative. Ciò è considerato come una prova del fatto che il cambiamento tecnologico in Europa sia stato caratterizzato da bassi tassi di in-novazione e si sia sviluppato in un contesto di bassa crescita. Il fenomeno diventa ancora più drammatico nei paesi dell’Europa meridionale, come l’Italia (Cainarca e Sgobbi, 2009), dove si sta assistendo anche ad un forte incremento dell’offerta di capitale umano. Altre ricerche si propongono di stimare l’impatto relativo dei fattori dal lato della domanda e dell’offerta sull’overeducation in diversi paesi. Gli effetti maggiori sembrano derivare da fattori di domanda e di mismatch tra il tipo di laurea domandata e offerta (Davia et al., 2010; Verhaest e van der Velden, 2010; Croce e Ghignoni, 2011).

b) Le caratteristiche individuali osservate che influiscono sull’overeducation sono abbastanza comuni nelle varie stime, ma non mancano le discrepanze. In una stima fondata sui dati ISFOL-Plus, Franzini e Raitano (2009), ad esempio, trovano che i fattori che sono associati ad una maggiore probabilità di overe-ducation includono: il vivere nelle regioni del Nord-Est e del Centro, l’essere fuoricorso, l’aver trovato lavoro attraverso i canali informali di parenti ed amici. Fra i fattori associati a meno overeducation, essi trovano: l’aver conseguito un master o un dottorato, una laurea in materia tecnica o in medicina, l’essere stati assunti per concorso. Anche Aina e Pastore (2012) trovano che l’essere fuori-corso incide in modo importante sulla probabilità di overeducation usando gli stessi dati. Il genere non sembra influenzare la probabilità di overeducation nelle

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stime di Franzini e Raitano (2009). Mentre Cutillo e Di Pietro (2006), che usa-no l’indagine ISTAT sui laureati, trovano che le donne hanno una probabilità più bassa degli uomini di overeducation. Le lauree più a rischio nella loro analisi sono: Scienze politiche, Lettere e Lingue. Invece, le lauree in Giurisprudenza, Medicina, Scienze, Matematica, Filosofia, Ingegneria, Architettura e Agraria ri-ducono la probabilità di overeducation rispetto ad Economia. Tuttavia, i dati ISFOL-Plus includono più coorti di età, rendendo difficile l’identificazione dell’impatto delle singole lauree, mentre i dati ISTAT hanno una minore nume-rosità campionaria e maggiore eterogeneità dei percorsi di laurea per consentire un confronto pienamente soddisfacente fra diversi percorsi. Inoltre, i dati Alma-laurea utilizzati in questo studio consentono di tener conto di una serie di fattori che possono incidere sulla probabilità di overeducation, come i percorsi culturali pre- e post-lauream ed il background familiare.

c) Sebbene il rendimento dell’istruzione dei laureati che risultano sovra-istruiti sia positivo e maggiore di quello dei diplomati (Brynin e Longhi, 2009; Franzini e Raitano, 2009; Wasmer et al., 2005; Cainarca e Sgobbi, 2009) i sovra-istruiti soffrono comunque di una penalizzazione salariale rispetto ai lavo-ratori che sono in possesso del giusto grado di istruzione e/o delle competenze richieste nell’occupazione svolta (Sloane, 2003). Inoltre, in genere, il gap sala-riale per l’overskilling risulta minore che nel caso dell’overeducation (Sloane et al., 1999; Dolton e Vignoles, 2000; Wasmer et al., 2005; Dolton e Silles 2008; Mc-Guinness e Sloane, 2010). La penalizzazione salariale dei sovra-istruiti, sia per qualifiche che per competenze, è minore in Italia che negli altri paesi e in alcuni casi statisticamente non significativa (Wasmer et al., 2005; Brynin e Longhi, 2009; Ordine e Rose, 2009). Usando l’indagine ISTAT sui laureati del 1998, Cutillo e Di Pietro (2006) trovano che la stima MQO multivariata della pena-lizzazione salariale si muove in un intervallo tra il 2,4% e il 5,7%. Una volta che si controlli per il problema dell’endogeneità, tuttavia, il gap sale tra il 22% e il 39% mentre, controllando sia per l’endogeneità che per l’errore di selezione del campione, la penalizzazione arriva a circa il 40%, indipendentemente dal tipo campione adottato. È interessante notare come McGuinness e Sloane (2010) trovino una penalizzazione salariale maggiore nel caso dell’overskilling (–11%) che nel caso dell’overeducation (–4%), quest’ultima essendo statisticamente non significativa. Usando i dati ISFOL-PLUS, Aina e Pastore (2012) trovano una penalizzazione salariale di circa il 20%.

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d) È stato infine notato come le semplici stime MQO possano sottostimare la penalizzazione salariale dell’overeducation, a causa di errori di misura, endo-geneità e selezione del campione. Gli errori di misura potrebbero portare a so-vrastimare la penalità salariale associata all’overeducation dal momento che gli individui meno abili sono portati, soggettivamente, piuttosto che per motivi oggettivi, a credere a torto di essere sovra-istruiti o, anche, di possedere maggiori competenze rispetto a quelle richieste. In questo caso, si coglierebbe non solo l’effetto dell’overeducation, ma anche quello di una minore abilità individuale. Si è già accennato ai metodi di alcuni autori per tentare di stimare la ‘vera’ penalità salariale sopportata dai sovra-istruiti, utilizzando la relazione tra overeducation e la soddisfazione sul lavoro (Chevalier, 2003; Mavromaras et al., 2010; Pecoraro, 2011). Il problema dell’endogeneità sorge quando si assume che l’overeducation sia correlata con caratteristiche non osservate, come per esempio, minori livelli di competenze, o una minore motivazione rispetto alla media, dei sovra-istruiti. In questo caso, una volta che si sia controllato per le caratteristiche non osserva-te, il gap salariale dovuto specificamente all’overeducation risulterebbe maggiore. Nicaise (2001) sottolinea come non considerare i disoccupati possa generare un errore nella misura dei rendimenti dell’istruzione che può avere effetti ambigui nella stima del differenziale salariale. Applicando la sua linea di ragionamento al caso della sovra-istruzione, si può giustificare una distorsione sia positiva che negativa della selezione del campione dei soli occupati. Secondo la teoria della competizione per i posti di lavoro (job competition model) o anche il modello dell’assegnazione dei posti di lavoro (job assignment model), citati sopra, chi è disoccupato è meno produttivo e perciò ha meno possibilità di trovare occu-pazione. Di conseguenza avrà anche meno probabilità di trovare un posto di lavoro senza sovra-istruzione. Ne segue che una volta che si controlli per l’errore di selezione con l’inclusione dei disoccupati, il gap salariale associato alla sovra-istruzione sarebbe più elevato. Invece, secondo i modelli di search i lavoratori di-soccupati sarebbero quelli più abili che preferiscono attendere la migliore offerta di lavoro per loro. Essi avrebbero, se occupati, una minore probabilità di sovra-istruzione, ciò che ridurrebbe la penalità salariale associata all’overeducation. Le stime empiriche che controllano per il problema di endogeneità e dell’errore di selezione del campione sembrano confermare in genere la prima ipotesi, vale a dire quella della maggiore penalizzazione salariale per i sovra-istruiti quando si considerano anche i disoccupati. Tuttavia, nel caso italiano, Cutillo e Di Pietro

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(2006) trovano tale effetto quando controllano contemporaneamente per la di-storsione sia da endogenità che da selezione del campione. Quando si controlla solo per la selezione del campione l’impatto sui salari è meno importante.

2. dati e metodologia

2.1.  L’indagine AlmaLaurea

Questo lavoro presenta per la prima volta stime empiriche sulle cause e con-seguenze dell’overeducation usando la banca dati AlmaLaurea3. Il campione esa-minato è costituito dai laureati pre-riforma che hanno ottenuto la laurea nel 2005 in uno dei 36 Atenei che facevano parte di AlmaLaurea in quell’anno. Non sono stati presi invece in considerazione i laureati che avevano completato il percorso di studi con il Nuovo Ordinamento del ‘3+2’ a causa della loro scarsa numerosità4. I laureati che fanno parte del campione sono stati intervistati nel 2006, 2008 e 2010. La nostra analisi riguarda soprattutto l’intervista effettuata a distanza di 5 anni dalla laurea che ci permette di focalizzare l’attenzione sulle determinanti ‘permanenti’ dell’overeducation, piuttosto che su quelle transitorie. I nostri dati non dovrebbero essere influenzati dalla grande depressione che ha riguardato il mercato del lavoro solo a partire dalla fine del 2011. Il campio-ne comprende 28.976 laureati intervistati al momento della laurea; fra questi, 21.605 rispondono al questionario sullo stato occupazionale 5 anni dopo la laurea e 17.387 risultano occupati.

3 AlmaLaurea è un consorzio di Atenei italiani, 62 nel 2010, comprensivo di tutte le regioni italia-ne, eccetto la Lombardia, i cui Atenei hanno scelto di stabilire un proprio Consorzio, chiamato Stella. AlmaLaurea fornisce un servizio informativo per facilitare l’interazione tra laureati e imprese mediante la raccolta dei curricula dei primi. Un ulteriore supporto viene fornito agli Atenei stessi mediante la rac-colta, effettuata con criteri omogenei, di informazioni dettagliate sulla qualità dell’istruzione conseguita. Informazioni sugli esiti occupazionali sono raccolte dopo un anno, 3 anni e 5 anni dal conseguimento della laurea. Per tali motivi il Consorzio AlmaLaurea rappresenta una preziosa fonte di informazioni per valutare la qualità dell’istruzione terziaria in una prospettiva comparativa tra diversi Atenei, Facoltà, tipi di laurea, province, ecc., ma anche per valutare la capacità dei laureati di sfruttare il percorso di studi dopo l’ingresso nel mercato del lavoro.

4 Il nostro campione è costituito da laureati del Vecchio Ordinamento che essendo laureati 4 anni dopo la riforma del ‘3+2’ contemplano una parte di laureati con un certo ritardo. Però, va notato che il ritardo alla laurea è un fenomeno molto comune in Italia (Aina et al., 2013) e quindi non considerarlo utilizzando solo gli studenti più bravi del Nuovo Ordinamento avrebbe significato introdurre una distor-sione forse maggiore. Sulle caratteristiche del campione analizzato si veda anche il paragrafo successivo.

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2.2.  Definizione delle variabili e metodologia

Il questionario riguardante la condizione lavorativa dei laureati include due domande che permettono di definire la discrepanza fra qualifiche e competen-ze. Tali misure, essendo fondate su risposte auto-valutative, sono naturalmente di tipo soggettivo e quindi sono esposte ai rilievi critici discussi nella rassegna della letteratura. La prima domanda utilizzata è la seguente: ‘Nel tuo attuale lavoro applichi le competenze acquisite durante il periodo di studi universitari?’ (domanda A16). Gli intervistati possono fornire 3 risposte alternative: ‘mol-to’, ‘poco’, ‘per niente’. Coloro che scelgono la terza risposta sono considerati overskilled. La domanda rispecchia molto da vicino quella che Dolton e Silles (2008) chiamano la definizione to do della sovra-istruzione. In altri termini, essa permette di valutare se le qualifiche acquisite durante il periodo di studi all’uni-versità sono necessarie per ‘svolgere’ la mansione lavorativa indipendentemente dal fatto se queste siano richieste per ‘ottenere’ il posto di lavoro. La seconda domanda è: ‘La laurea è necessaria per accedere al tuo lavoro?’ (Domanda A17). Sono consentite 4 risposte alternative: ‘la laurea è richiesta per legge’, ‘non è richiesta per legge ma è di fatto necessaria’, ‘non è richiesta per legge ma di fatto utile’, ‘non è richiesta per legge né utile’. Coloro che forniscono quest’ultima risposta sono considerati overeducated. Questa definizione assomiglia a quella che Dolton e Silles (2008) chiamano la definizione to get della sovra-istruzione. In altri termini, si valuta se il titolo di studi acquisito è necessario per ottenere il lavoro, indipendentemente dal fatto se esso fornisca le competenze che sono necessarie per svolgere le mansioni lavorative.

I guadagni sono definiti come il logaritmo naturale del salario netto mensile. La variabile non è continua, ma divisa in 13 classi di reddito; il logaritmo è cal-colato sul valore medio di ciascuna classe. Nelle stime usiamo il metodo MQO, anziché la regressione per intervalli, come in genere si fa in questi casi, poiché la distorsione è minima e non esistono software già costruiti per stimare la di-storsione da selezione del campione quando si usa la regressione per intervalli. Forniamo comunque una misura non condizionale della penalità salariale con stima per intervalli come punto di riferimento. Mancano informazioni sull’ora-rio di lavoro. Le informazioni sulle caratteristiche individuali e sullo stato occu-pazionale dei laureati sono il risultato della sovrapposizione di due questionari differenti. Il primo, sottoposto al momento della laurea, contiene informazioni

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sulle caratteristiche personali, il contesto familiare, e il percorso scolastico e uni-versitario. Il secondo, sottoposto a distanza di cinque anni dalla laurea, contiene informazioni sulle condizioni lavorative. Le variabili esplicative sono state rag-gruppate in: a) caratteristiche individuali al momento della laurea; b) caratte-ristiche sul percorso di scuola media superiore e sul rendimento scolastico; c) contesto familiare; d) caratteristiche del percorso universitario e sul rendimento; e) informazioni su eventuali percorsi di studio post-lauream.

3. risultati

3.1.  Le dimensioni del fenomeno

Le informazioni contenute nell’indagine AlmaLaurea confermano in gran parte il quadro che emerge dagli studi precedenti, ma, al contempo, aggiungono un livello di dettaglio e di precisione impensabili finora. Ad un anno dalla laurea l’overskilling e l’overeducation interessano rispettivamente il 16,5% e il 13,2% dei laureati occupati. Le percentuali si riducono all’11,4% e all’8,0% dopo 5 anni (Tabella 1). Quindi, il fenomeno è abbastanza consistente, anche in una prospettiva comparata, e, per buona parte, non transitorio. Ciò conferma solo in parte la teoria della mobilità lavorativa a fini di carriera.

La Figura 1 mostra la percentuale di overeducated ed overskilled per ogni gruppo di laurea. È senz’altro questa la determinante più importante. L’overedu-cation oscilla fra zero nel caso di Medicina o quasi zero nel caso di Architettura, Chimica e Farmacia, Ingegneria e Scienze, da un lato, e oltre 10% nel caso di Geologia e Biologia (10,2%), Educazione Fisica (12,2%), Lingue (13,2%), Scienze Politiche (14%) e Letteratura (17,9%).

tAb. 1. Sovra-istruiti dopo 1, 3, 5 anni dalla laurea. Laureati pre-riforma nel 2005

  1 ANNO 3 ANNI 5 ANNI

Overskilled (definizione to do) 16,47 12,49 11,44

Overeducated (definizione to get) 13,16 9,37 7,99

Numero di osservazioni 13.500 17.223 17.387

Fonte: Nostra elaborazione su dati AlmaLaurea.

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L’overskilling segue all’incirca lo stesso pattern, con una percentuale legger-mente maggiore in ciascun tipo di percorso di studio. Alcuni percorsi si carat-terizzano per una crescita più che proporzionale rispetto alla media. Questo è il caso di Agraria, Geologia e Biologia e Scienze. Le lauree che sperimentano l’overskilling più forte sono: Lingue (16,5%), Scienze Politiche (18,4%), Geo-logia e Biologia (18,7%), Scienze Motorie (20,7%) e Lettere (25%). Difficile dire se queste percentuali siano alte o basse. Per alcuni gruppi di lauree sono abbastanza alte, ma forse meno di quello che ci si sarebbe aspettati in base alle evidenze aneddotiche.

Guardando alle statistiche descrittive relative ad entrambi i gruppi degli over-skilled e degli overeducated, che omettiamo per amore di brevità5, si può notare la sostanziale omogeneità territoriale del campione, la maggior presenza femmi-nile fra chi sperimenta il mismatch in termini di istruzione nelle due forme qui

FIG. 1. Overeducated ed overskilled a 5 anni dalla laurea per tipo di laurea

Fonte: Nostra elaborazione su dati AlmaLaurea.

5 L’Appendice statistica relativa all’intero insieme di dati e risultati è disponibile on line nell’edizione web della Rivista: http://www.mulino.it/edizioni/riviste/issn/1129-731X.

30

25

20

15

10

5

0Agrario Archi-

tetturaChim.-farm.

Econ.-stat.

Ed. fisica

Geo-biol.

Giuri-dico

Inge-gneria

Inse-gna-

mento

Lette-rario

Lin-gui-stico

Medico Pol.-sociale

Psico-logico

Scien-tifico

Totale

Overeducation Overskilling

07

12

03

05

0203

07 07

12

21

10

19

05

10

02

0406

08

18

25

13

16

0001

14

18

09

13

05

11

08

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considerate, la sostanziale irrilevanza dello stato civile, l’impatto delle caratteri-stiche qualitative dell’istruzione.

3.2.  Le determinanti

Stime probit delle determinanti della probabilità di overeducation e di over-skilling suggeriscono che il genere è una determinante statisticamente significa-tiva (con un livello di significatività del 5%) dell’overskilling anche in stime che includono molte variabili di controllo, ma non dell’overeducation. In effetti, le donne hanno una maggiore probabilità non-condizionale sia di overeducation che di overskilling. Tale gap persiste quando si includono nelle stime tutte le va-riabili disponibili eccetto il tipo di laurea e scompare, invece, quando si include anche il tipo di laurea. Ciò suggerisce che la maggiore presenza femminile nelle lauree più esposte al rischio di mismatch spiega anche la loro maggior probabili-tà non condizionale di mismatch.

Le altre caratteristiche individuali, quali, in particolare, lo stato civile e i figli sembrano avere uno scarso impatto su entrambi i fenomeni. Una possibile spie-gazione può essere ritrovata nel fatto che, nei dati a disposizione, queste condi-zioni sono rilevate al momento della laurea, ovvero 5 anni prima dell’intervista relativa allo status occupazionale.

La significatività dei coefficienti riguardanti il tipo di studi secondari su-periori e il rendimento durante la scuola media superiore sembra confermare quello che una vasta letteratura in merito ha sottolineato, vale a dire che le scelte scolastiche e i risultati ottenuti nel mondo del lavoro dipendono fortemente dal contesto familiare. Infatti, gli individui che hanno difficoltà ad accedere al percorso di studi universitari sono gli stessi che hanno difficoltà ad entrare con successo in seguito nel mondo del lavoro e hanno maggiori probabilità di essere overeducated e overskilled. Il fattore principale che influenza il successo negli stu-di della scuola media superiore è il contesto sociale e culturale delle rispettive fa-miglie, dal momento che esse hanno una forte influenza nelle scelte scolastiche dei figli fin dall’infanzia (Checchi, 2003; Cappellari, 2004; Brunello e Checchi, 2007; Bratti et al., 2008; Caroleo e Pastore, 2012).

Il background familiare incide sulla probabilità di sovra-istruzione dei lau-reati in via indiretta attraverso l’influenza che le famiglie hanno nelle scelte e

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nella performance dei figli durante gli studi secondari. Non sorprende, quindi che, una volta che si controlli per le caratteristiche e il rendimento degli studi di scuola media superiore, il livello d’istruzione dei genitori non mostri più un’in-fluenza diretta statisticamente significativa sulla probabilità di overeducation e overskilling, laddove invece quando l’istruzione dei genitori entra nelle stime da sola è statisticamente significativa.

A conferma di quanto dimostrato anche per altri paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania (Leuven e Oosterbek, 2011), vi sono diversi fattori comuni, relativi al percorso universitario, che influenzano il fenomeno della sovra-istruzione. Il rendimento durante l’università, espresso dal voto di laurea, gli anni spesi per conseguire la laurea in ritardo rispetto al percorso curriculare, il tipo di facoltà, il voto finale di laurea sono fattori che influenzano lo stato di overskilling in misura maggiore di quello dell’overeducation. Questo può essere giustificato dal fatto che, com’è insito nelle definizioni adottate, è l’utilizzo o meno nel lavoro delle competenze acquisite durante gli studi che determina lo stato di overskilled mentre nel caso dell’overeducation la laurea serve solo per ottenere un lavoro indipendentemente dalle competenze acquisite durante gli studi (cosiddetto ‘effetto pergamena’ o, in inglese, sheepskin effect).

Le stime condizionali confermano l’importanza del tipo di studi universitari come determinante della sovra-istruzione evidenziata anche dal confronto non condizionale. Solo Architettura e Medicina presentano una probabilità di mis-match statisticamente non diversa, ceteris paribus, rispetto ad Ingegneria, il tipo di laurea usato come riferimento nelle stime. Tutte le altre lauree presentano un rischio di overeducation ed overskilling che risulta ceteris paribus superiore rispet-to ad Ingegneria. I coefficienti maggiori si notano per Lettere, Lingue, Scienze motorie, Scienze politiche, Psicologia, Geologia e Biologia. Un coefficiente pari a 1,3 (caso di Lettere) indica che avere quel tipo di laurea aumenta la probabilità di overeducation di 1,3 deviazioni standard rispetto ad Ingegneria. Questo dato è importante perché stempera almeno in parte quello derivante da altre indagini Al-maLaurea che registrano una probabilità di fornire occupazione tout court simile fra tutti i tipi di laurea. La nostra analisi suggerisce che l’occupazione che i laureati raggiungono è comunque di minore qualità nel caso di alcuni percorsi di laurea.

Anche la localizzazione del posto di lavoro è importante. La scelta di mi-grare, secondo la teoria tradizionale delle scelte razionali, dovrebbe ridurre il pericolo di sovra-istruzione. I laureati che cercano lavoro nelle regioni del Nord

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– sia che non si siano mai mossi di là, sia che invece siano emigrati là – hanno un rischio di mismatch significativamente inferiore rispetto a chi trova lavoro nel Centro oppure nel Mezzogiorno. Questo effetto è meno importante nel caso dell’overskilling. Muoversi verso l’estero riduce il rischio di overeducation, ma non di overskilling. Il contrario avviene per i laureati che trovano lavoro nel Mezzogiorno.

Intuitivamente è plausibile pensare che le esperienze formative post-laurea e la frequenza di corsi di formazione avanzata e di master rappresentino una sorta di assicurazione contro la probabilità di sovra-istruzione, confermando così l’importanza di rafforzare quelle istituzioni formative capaci di aumentare le competenze specifiche dei laureati che altrimenti non potrebbero acquisire né frequentando l’università né sul posto di lavoro (Caroleo e Pastore, 2007).

Le stime forniscono informazioni utili per il policy maker universitario su quale tipo di percorso sia effettivamente in grado di ridurre il rischio di mi-smatch. I tirocini per l’accesso alla professione, le scuole di specializzazione, e i master di secondo livello riducono sia il rischio di overeducation che di overskil-ling, mentre i master di primo livello riducono il rischio di overeducation, ma non di overskilling, sul quale hanno un impatto anche le borse di studio post-lauream. Altri tipi di formazione post-lauream – dottorato, altri tipi di master, stage, formazione pubblica e servizio civile volontario – sembrano non avere alcun impatto.

Nel complesso, la stima delle determinanti del mismatch fra domanda e of-ferta di istruzione sembrano, a nostro avviso, puntare ad una conferma, anziché ad una critica del modello teorico del capitale umano, in linea con le interpre-tazioni più recenti del fenomeno. In altri termini, l’overeducation/overskilling sembra associata a caratteristiche di bassa qualità del capitale umano, oltre che a caratteristiche che denotino una bassa domanda di capitale umano. Fra i fat-tori di rischio, infatti, vi è la bassa qualità dell’istruzione percepita, misurata dal ritardo, dal voto di laurea ed altri indicatori, mentre fattori di riduzione del rischio includono la formazione post-lauream con contenuto volto ad accrescere competenze specialistiche più direttamente legate al lavoro. In altri termini, il capitale umano cresce nella dimensione dell’istruzione, ma non in quella delle competenze che sono più direttamente richieste nel mondo del lavoro, inciden-do così in modo insufficiente sulla capacità dei giovani neolaureati di ottenere posti di lavoro di qualità.

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3.3.  Gli effetti salariali

Per la stima della penalizzazione salariale sperimentata dai sovra-istruiti usia-mo una versione semplificata (Verdugo e Verdugo, 1989) della classica speci-ficazione ORU (Over-, Required, and Undereducation) (Duncan e Hoffman, 1981) in cui l’equazione di Mincer dei guadagni è aumentata di una dummy per overeducation oppure per overskilling6. In altri termini, stimiamo la seguente equazione minceriana:

Lnwi = Xib + rOi + ui

dove Lnwi è il logaritmo naturale del salario netto mensile per un individuo i; Xi è un set di variabili di controllo che influenzano i salari; Oi è una dummy uguale ad uno in caso di overeducated /overskilled, ed ui rappresenta l’errore. Per evitare problemi di endogenità e favorire il confronto con le stime ottenute con il modello con correzione della distorsione dovuta a selezione del campione, si sono escluse le caratteristiche del posto di lavoro, concentrandosi solo su carat-teristiche individuali.

La Tabella 2 riporta in modo sintetico le varie misure della penalità salariale associata ad overeducation e overskilling calcolate nei diversi modelli adottati7. La stima non condizionata è stata ottenuta sia con una tradizionale specificazione con il metodo dei MQO che con la regressione per intervalli, in considerazione del modo in cui sono formulati i salari. La riduzione salariale non condizionata risulta relativamente alta sia per l’overeducation (da –21 a –25%) che per l’over-skilling (da –16 a –21%). In entrambi i casi, il metodo MQO comporta una sottostima della penalità salariale rispetto alla stima per intervalli.

Tuttavia, la misura non condizionata della penalità salariale potrebbe esse-re influenzata da caratteristiche quantitative e qualitative dei sovra-istruiti non considerate che potrebbero essere alquanto diverse dalla media dei laureati. Se correggessimo per queste distorsioni, la differenza salariale potrebbe sparire. Queste caratteristiche possono essere osservate o non osservate. Quando misu-riamo la penalizzazione salariale condizionata per le caratteristiche osservate, ov-

6 L’undereducation e l’underskilling non sono misurabili nella nostra banca dati.7 Si noti che 796 laureati che pure dichiarano di essere occupati a 5 anni dalla laurea non riportano

il salario percepito.

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vero ottenuta stimando una specificazione MQO multivariata includendo tutte le variabili disponibili nella banca dati AlmaLaurea come variabili di controllo, entrambi i coefficienti si riducono di circa la metà rispetto alla stima MQO. Più precisamente, la penalità salariale associata ad overeducation scende a circa il 12% e quella associata ad overskilling a circa il 7% del salario medio.

Come spiegare tali risultati? Evidentemente, la quantità e la qualità del ca-pitale umano posseduto dai laureati che lavorano in condizioni di overeducation o di overskilling sono inferiori alla media del totale dei laureati, ciò che spiega almeno in parte la penalità salariale da loro subita. Ciò fa sì che tale penalità nella stima multivariata sia più bassa.

3.4.  La correzione per l’errore di selezione del campione

Come detto in precedenza, le stime con il metodo dei MQO non controlla-no per le differenti caratteristiche non osservate tra gli occupati sovra-istruiti e

tAb. 2. Penalizzazione salariale dell’overeducation e dell’overskilling

  OVEREDUCATION(TO GET)

OVERSkILLING (TO DO)

Variabile dipendente: 1   2  Logaritmo naturale del salario netto mensileStime non condizionate        MQO –0,2081*** –0,1568***Regressione ad intervalli –0,2463*** –0,2088***Stime condizionate        MQO –0,122*** –0,0692***Numero delle osservazioni 16591   16951  Controllo per l’errore di selezione del campione        Modello Heckman (MV simultanea) –0,1365*** –0,0775***Modello Heckman (due stadi) –0,1367*** –0,0776***Numero delle osservazioni 21.605   21.605  

Legenda: *** p<0.001. La presente tabella riporta solo i coefficienti della variabile overeducation. In Appendice nella Tabella 5 è riportato il MQO condizionato, ottenuto con tutte le variabili di controllo disponibili. Nella Tabella 6, sempre in Appendice vi sono le stime Heckit, ottenute con tutte le variabili di controllo incluse. L’Ap-pendice è disponibile on line nell’edizione web della Rivista: http://www.mulino.it/edizioni/riviste/issn/1129-731X). Le stime a due stadi sono invece disponibili su richiesta.

Fonte: Nostra elaborazione su dati AlmaLaurea.

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i non-occupati i quali a loro volta potrebbero essere sovra-istruiti se trovassero lavoro. L’equazione salariale, infatti, è stimata solo per gli occupati e per di più solo per coloro che dichiarano il proprio salario. Ciò può provocare eteroge-neità sia fra occupati e non-occupati che fra occupati che dichiarano e che non dichiarano il proprio salario. Al fine di tener conto della possibile distorsione della stima della penalità salariale dovuta a selezione non casuale del campione, abbiamo stimato di nuovo l’equazione salariale impiegando la specificazione econometrica di Heckman (1979), meglio nota come Heckit. Intuitivamente, le solite stime ottenute con il metodo dei MQO vengono corrette per la minore/maggiore probabilità di occupazione tra i laureati non-occupati per verificare se le loro caratteristiche personali li porterebbero a essere sovra-istruiti, oppure no, se fossero occupati.

La stima è ottenuta con il metodo della massima verosimiglianza (MV). L’equazione principale è un’equazione salariale tipica, mentre l’equazione di selezione è un probit delle determinanti della probabilità di essere o meno oc-cupati (e di dichiarare il salario). Applichiamo nella stima la regola, formulata, ad esempio, da Cameron e Trivedi (2009), che le variabili contenute nell’equa-zione principale e in quella di selezione siano le stesse a meno di alcune variabili strumentali. Queste ultime sono tali se riescono a influenzare la probabilità di partecipare al mercato del lavoro, ma non i salari. Le variabili strumentali tipi-camente usate in questi casi sono lo stato civile, la maternità/paternità, anche se si può argomentare che queste variabili possono influenzare anche i salari. In realtà, nel caso di specie, queste variabili influenzano effettivamente i salari, an-che se sono risultate non statisticamente significative nella stima delle determi-nanti dell’overeducation /overskilling. Ciò non ne giustifica l’uso come strumen-ti nell’equazione di selezione. Abbiamo deciso allora di includere tali variabili sia nell’equazione di selezione che in quella principale. In assenza di strumenti credibili, abbiamo scelto piuttosto di utilizzare come strumento la forte non-linearità della funzione di MV, come suggerito da Cameron e Trivedi (2009).

La variabile arthrho, che indica il grado di correlazione fra le due equazioni, la principale e quella di selezione, è negativa e statisticamente significativa al 7% di livello di significatività; il test chi quadro conferma questo risultato, rigettan-do l’ipotesi di indipendenza delle due equazioni e suggerendo che esistono fat-tori non osservati in grado di influenzare la partecipazione e pertanto il salario di riserva e anche il salario che si riceverebbe se si fosse occupati. Lo stesso risul-

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tato è confermato dalla stima a due stadi, che suggerisce l’esistenza di selezione del campione degli occupati anche con la significatività al 5% dell’inverso del rapporto di Mills nell’equazione principale.

Ciononostante, in modo analogo a quanto trovato da Cutillo e Di Pietro (2006), i risultati mostrano che la penalità salariale associata all’overeducation e all’overskilling aumenta solo di poco più dell’1% in entrambi i casi, conferman-do, anche se di poco, la ipotesi fondata sul job competition model e sul job assi-gnement model piuttosto che sul search model. La mancanza di una conferma più evidente potrebbe essere dovuta a un’inadeguatezza degli strumenti disponibili ovvero anche alla piattezza della distribuzione dei salari d’ingresso.

4. Considerazioni conclusive e implicazioni di policy

In questo lavoro abbiamo analizzato, tramite l’utilizzo dei dati ricavati dall’indagine AlmaLaurea, le principali caratteristiche dei laureati che a cinque anni dalla laurea hanno un lavoro in cui la qualifica ottenuta o le competenze acquisite all’università non sono necessarie (overeducation) o non sono utilizzate (overskilling). La ricchezza della banca dati ci permette di esaminare il fenomeno con un dettaglio che finora era impossibile. I risultati mostrano che l’overedu-cation e l’overskilling sono fenomeni alquanto persistenti nel tempo. Come in altri paesi, il fenomeno più diffuso in Italia è l’overskilling, non l’overeducation. I fattori associati all’overeducation sono coerenti con l’immagine di una struttura sociale immobile, dove non solo il successo a scuola o all’università, ma anche l’accesso al lavoro dipendono dal contesto familiare in cui vivono i giovani. Il tipo di laurea, in particolare quelle relative le scienze sociali e umanistiche, ma anche alcune lauree scientifiche, quali Geologia e Biologia, influenza fortemente la probabilità di essere sovra-istruiti. A sua volta, però, la scelta del percorso uni-versitario è molto influenzata dalle scelte familiari, come conferma anche la let-teratura esistente (Checchi et al., 1999; Caroleo e Pastore, 2012). L’overskilling inoltre è legato particolarmente alla cattiva performance durante gli studi univer-sitari, ciò che rafforza la percezione da parte dei laureati di possedere scarsi livelli di competenze lavorative. D’altro canto, avere esperienze formative post-laurea, aver trovato lavoro dopo aver completato uno stage o progetti di formazione sul posto di lavoro, attenua il fenomeno della sovra-istruzione a dimostrazione del

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ruolo cruciale che l’esperienza lavorativa specifica ad un certo posto di lavoro assume nell’accrescere il capitale umano dei giovani.

Nel complesso, questi risultati suggeriscono una visione dell’overeducation nuova rispetto a quella prevalente che attribuisce un ruolo centrale, se non esclu-sivo alla scarsa domanda di capitale umano caratteristica dell’economia italiana, nella quale il settore manifatturiero tradizionale assume ancora un ruolo fonda-mentale. Anche le inefficienze del sistema di formazione terziario ed, in specie, la difficoltà a sviluppare le competenze lavorative dei giovani, possono contribuire in modo importante a determinare l’overeducation e l’overskilling. Questa interpreta-zione è coerente con le teorie più recenti del mismatch in termini d’istruzione, che lo vedono come la conseguenza di un basso capitale umano, poiché a fronte di un crescente livello d’istruzione, c’è ancora un’insufficiente esperienza lavorativa. Anche le implicazioni di policy sono diverse: oltre a dover imboccare una high road to development, un migliore collegamento con il mondo del lavoro può essere cruciale per formare quelle competenze lavorative che consentano ai giovani di trovare un lavoro che corrisponda al loro livello di istruzione.

La penalizzazione salariale non condizionata risulta alta rispetto a quanto trovato dalla letteratura esistente, maggiore nel caso degli overeducated (tra –21 e –25%) che degli overskilled (fra –16 e –21%). Inoltre, abbiamo affrontato il pro-blema dell’errore che potrebbe sorgere nelle stime MQO tradizionali: ovvero, il fatto che caratteristiche quantitative e qualitative dei sovra-istruiti potrebbero essere inferiori a quelle della media dei laureati. Abbiamo stimato il gap salariale correggendo per le caratteristiche osservate tramite un modello MQO multiva-riato, includendo come variabili di controllo tutte quelle ricavabili dalla banca dati AlmaLaurea. In questo caso il coefficiente di entrambe le forme di sovra-istruzione si riduce di circa la metà. Ciò suggerisce che la qualità del capitale umano posseduto dai laureati overeducated/overskilled è effettivamente inferiore alla media e queste caratteristiche spiegano già di per sé una parte importante della penalità salariale che soffrono.

Applicando la metodologia Heckit abbiamo controllato per il possibile erro-re nella selezione del campione derivante dal fatto che il gap salariale è calcolato per i soli occupati e, quindi, non si prendono in considerazione le diverse carat-teristiche che modificano la probabilità di essere sovra-istruiti dei disoccupati. La correzione Heckit suggerisce la presenza di una selezione negativa, tra gli occupati sovra-istruiti, dei laureati più qualificati. Tuttavia, una volta corretto

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l’errore di selezione, il gap salariale per gli overskilled e gli overeducated aumenta solo di poco più dell’1%. Questi risultati sono in linea con analisi simili svolte da Cutillo e Di Pietro (2006) con dati ISTAT.

I risultati presentati in questo saggio hanno importanti implicazioni di po-licy. Sebbene ci si concentri sulle determinanti della sovra-istruzione dal lato dell’offerta, tuttavia, vi sono indicatori indiretti che confermano come le ca-ratteristiche della domanda siano altrettanto importanti come, per esempio, il fatto che i laureati in molte materie scientifiche, ad eccezione di Geologia e Biologia, abbiano occupazioni con minore rischio di overeducation/overskilling e minore penalità salariale. Sono queste lauree nelle quali l’offerta è inferiore alla domanda. Invece, vanno male le lauree con minore domanda. La bassa doman-da di capitale umano richiede di essere affrontata intraprendendo politiche che favoriscano l’adozione di strategie di crescita economica caratterizzate da un più elevato progresso tecnologico e, quindi, l’avvio di attività a più alto contenuto di capitale umano. Ciò permetterebbe di far fronte all’aumento dell’offerta di laureati delle giovani generazioni.

Dal punto di vista dell’offerta, l’analisi suggerisce la necessità di interveni-re sia sulle istituzioni che regolamentano la transizione scuola-lavoro sia sulle caratteristiche individuali dei giovani. Per il primo aspetto, gli interventi da intraprendere sono molteplici. In primo luogo, occorre incrementare la qualità dell’istruzione terziaria e del capitale umano in generale. Non è sufficiente au-mentare la percentuale di laureati se hanno poi competenze poco collegate al mondo del lavoro. Un miglioramento della qualità dell’istruzione si potrebbe ottenere anche dando piena attuazione al processo di Bologna. Con ciò si in-tende dire che occorre, innanzitutto, rilanciare il percorso del ‘3+2’, con una laurea triennale generalista, orientata al lavoro, con percorsi anche di formazio-ne in azienda, e pieno riconoscimento del titolo di studio nel mondo del lavo-ro. Invece, il biennio deve essere fortemente specialistico e consentire percorsi di alto profilo, ma pur sempre con formazione in azienda, quando il corso di laurea non è strettamente rivolto alla formazione accademica. Per coloro che sono fuoricorso oppure abbandonano il percorso universitario principale, biso-gna fornire la possibilità dell’università professionalizzante, come in Germania. Spesso il ritardo e l’abbandono universitario sono una conseguenza della scarsa motivazione, dovuta al tempo troppo lungo che occorre per conseguire il titolo e alla percezione della scarsa utilità pratica dello stesso.

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In secondo luogo, occorre migliorare l’attività di orientamento nella scelta degli studi universitari in tutte le fasi del percorso universitario, sia nella fase pre-universitaria per la scelta del percorso più adatto alle capacità individuali sia nel corso degli studi attraverso esperienze lavorative in azienda sia nella fase post-lauream con stage, counseling ed altre attività che avvicinino il giovane al mondo del lavoro. Nella fase post-lauream, occorre incentivare l’utilizzo delle competenze teoriche acquisite. Uno strumento potrebbe essere l’apprendistato per l’alta formazione, previsto dal Testo Unico sull’apprendistato del 2011. In questo senso, bisogna muoversi sulla falsa riga dei sistemi d’istruzione duale tipici della tradizione germanica. Inoltre, occorre rafforzare le istituzioni forma-tive post-laurea avanzate (stage, master ecc.) capaci di aumentare le competenze specifiche dei laureati.

Infine, sarebbe opportuno attenuare il ruolo del background familiare sulle scelte scolastiche dei giovani, attraverso borse di studio e migliore orientamento nelle scelte dei percorsi di studi. Ciò permetterebbe di ridurre le ripercussioni negative sul successivo percorso universitario e sull’entrata nel mondo del lavoro di scelte maturate in ambito familiare con poca conoscenza dei possibili sbocchi occupazionali. D’altra parte, è chiaro che in una fase di espansione dei livelli di istruzione i padri non possono consigliare bene i loro figli poiché non conosco-no i mercati nei quali questi ultimi si troveranno ad operare.

Una nota finale va dedicata ai limiti della presente analisi ed ai possibili suoi futuri sviluppi. Il lavoro si fonda su una popolazione piuttosto selezionata e molto diversa da quella attuale, ossia chi si è laureato nel 2005 con il vecchio or-dinamento. Si tratta delle ultime coorti di quell’ordinamento e quindi con una percentuale alta di ultra-ritardatari. Il punto è che a causa della selezione parti-colare, il campione considerato potrebbe tendere a sovrastimare l’overeducation e l’overskilling e anche la relativa penalità salariale. Naturalmente, prendendo i laureati del nuovo ordinamento nel 2005 ci sarebbe stato un problema forse anche più serio di selezione, in questo caso in direzione opposta. Per risolvere questi problemi, sarebbe stato necessario risalire più indietro del 2005 nel tem-po per il vecchio ordinamento, con il rischio di parlare di un periodo meno in-teressante di quello attuale, oppure aspettare ed andare più avanti nel tempo per il nuovo. Future analisi potrebbero vedere se queste conclusioni valgono anche per i laureati del nuovo ordinamento.

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