L’”oratore delle Grazie” e il “Fraticello”: prime variazioni (Cicognara, Giordani, Porta)...

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RIVISTA DI LETTERATURA ITALIANA· 1988 ·VI, 3 ESTRATTO GIARDINI EDITORI E STAMPATORI IN PISA

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RIVISTA DI LETTERATURA

ITALIANA· 1988 ·VI, 3

ESTRATTO

GIARDINI EDITORI E STAMPATORI

IN PISA

CLAUDIO CIOCIOLA

L'<<ORATORE DELLE GRAZIE» E IL «FRATICELLO>>: PRIME VARIAZIONI

(CICOGNARA, GIORDANI, PORTA)*

«Oratore delle Grazie»

l. , «Or addio, mio caro Leopoldo. A voi, oratore delle Grazie, manderò fra non molto il Carme alle Grazie; se pure avrò alcuni momenti d'ilarità da potergli dare l'ultima limatura>> 1: scrivendo­gli da Milano il22luglio 1814 («Carissimo, ed oggi carissimo più che mai>>), con queste parole il Foscolo si congedava dal conte Francesco Leopoldo Cicognara (Ferrara 1767- Venezia 1834?. A lui, «gentilissimo fra' mortali>>, commendava il prossimo dedi­catario del!'lpercalisse, il viaggiatore inglese William Stewart Ro-

* Queste prime variazioni, che manifestano evidenti le tracce del «non finito», furo­no sviluppate nel corso di un soggiorno di studio, in qualità di Frances A. Yates Fellow, presso il Warburg Institute di Londra. Si diramano dal vaglio di un mazzo di carte portiane, poetiche ed epistolografiche, autografe e non, fin qui intatte (ne cito le segna­ture: Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, Carteggi -Epistolario B. Gamba, 2092 [XII-F-10]; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Autografi Ferrajoli­Raccolta Visconti, 5824-5840; Pateua- Manoscritti, 516; Pateua- Autografi e Docu­menti [in corso di ordinamento], PoRTA, Carlo [l: Lettere e Poesie] 1• PoRTA, Carlo, [2]; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Tordi, Cass. 548/ n° 107 [Porta, Carlo]; Mode­na, Biblioteca Estense, Autografoteca Campori, PORTA, Carlo; Rovigo, Biblioteca del­l'Accademia dei Concordi, Fondo manoscritti- Sezione Concordiana, Busta 350 l n° 64 [Porta, Carlo] [già 594 (KK, 6-9)]; Torino, Biblioteche Civiche e Raccolte Storiche, Autografi Nomis di Cossilla, Mazzo 34, PORTA Carlo). Per cortesi segnalazioni sono in debito con Gianfranco Contini, Carlo Dionisotti, Lida M. Gonelli, Fernando Mazzocca, Giuseppe Pavanello, Alfredo Stussi, Paola Zanoli. Ringrazio di cuore Dante !sella per l'amichevole disponibilità manifestata nel discutere punto per punto il saggio, arric­chendone in varie forme le argomentazioni: nel confermarsi·assertore convinto dell'apo­crifia del sonetto che alle variazioni ha prestato il tema. Le formule di compendio adottate per opere di più frequente citazione sono risolte in calce al testo. Le sigle dei mss. e delle edd. portiane, salvo contrario avviso, si adeguano a quelle adottate dall'I­sella in Le Poesie; i componimenti sono citati secondo la numerazione e la lezione ivi fermata (in Poesie, ed. nella quale è rispettato il medesimo ordinamento, benché la numerazione dei componimenti sia in arabi anziché in romani, i testi sono arricchiti di un commento, al quale resti tacitamente inteso, di volta in volta, il rimando).

l. U. FoSCOLO, Epistolario, V (1814-Primo Trimestre 1815), a cura di P. CARLI (Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo, XVIII), Firenze, Le Monnier 1956, p. 179 n° 1529. 2. Il viatico biografico più aggiornato nella voce di D. RoMANELLI, DBI, XXV (1981), pp. 421-8 (farraginose, ma sempre utili, le ottocentesche Memorie del MALAMANI).

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se, diretto a Venezia. <<È amico mio, e dottissimo, e amante della letteratura e delle arti italiane; e voi più ch'altr'uomo in Italia potrete alimentare in lui questo nobile amore»3•

Il perché, nel1814, il poeta delle Grazie s'indirizzasse al Pre­sidente della veneziana Accademia con apostrofe siffatta, l'edito­re dell'epistolario foscoliano non illustra4·• A tutti noto (al Fosco­lo, dunque, più che a ogni altro) era il vincolo di sodalità che avvinceva il Conte all'idolo riconosciuto e da tutti vagheggiato, nell'artistico parterre des rois euroreo: il <<divino», al quale sareb­be inviato il carme («al vago rito Vieni, o Canova, e agl'inni» )5•

N o n per nulla, nel terzo degli abbozzi di dedica alla contessa D' Albany la perifrasi della concessiva esordiate, <<Scultore artefi­ce di Numi» (<<Sebbene questo carme sia intitolato allo Scultore artefice di Numi» 6: lezione del primo abbozzo, che riesuma il v. 15- <<Tu mentre m'odi o artefice di Numi»- del frammento [Pur degli occhi rapiti] della prima redazione dell'inno 7, poi riaffiorato al v. 33 della seconda redazioné, e ancora tutelato al v. 21 del­l'ultima elaborazione dell'incipit: <<Forse (o ch'io spero) artefice 'di Numi, l Nuovo meco darai spirto alle Grazie l Che or di tua man sorgon dal marmo. [ ... ]>>)9 risulta surrogata dall'altra, sulla quale perfettamente si ricalca l'apostrofe al Cicognara, di <<scultore del­le Grazie>> (<<Sebbene questa poesia lirica sia intitolata allo scul­tore delle Grazie>> )10.

La commissione del gruppo, emanante dall'imperatrice Giu­seppina, fu diretta al Canova nel '12; il gesso, modellato nell'ago-

3. FoscoLo, Epistolario ... , V, p. 179 n° 1529. 4. A onor del vero, non lo si spiega nemmeno in U. FosCOLO, Poesie e carmi (Poesie­Dei Sepolcri - Poesie postume - Le Grazie), a cura di t F. PAGLIAI-G. FaLENA-M.

Scorri (Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo, I), Firenze, Le Monnier 1985, in cui si allega il luogo nel Prospetto cronologico, p. 1232; il pasSo è anche ricordato nella Nota introduuiva al poema in U. FOSCOLO, Opere, I, a cura di F. GAVAZZENI (La letteratura italiana. Storia e testi, 51), Milano-Napoli, Ricciardi [1974], p. 397, e nella voce dedicata al Canova da M. PAVAN, DBI, XVIIl (1975), pp. 197-219, a p. 211.

5. !m'portante, per l'Introduzione e in specie per l'apparato erudito, è il vof~metto L. CIC.OGNARA, Lettere ad Antonio Canova, a cura di G. VENTURI, Urbino, Argalìa [1973].

6. FoscoLO, Poesie ... , p. 976.

7. FoscoLo, Poesie ... , p. 684. 8. FoscoLo, Poesie ... , p. 692.

9. FoscOLO, Poesie ... , p. 1076.

10. FOSCOLO, Poesie ... , p . .978.

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sto del '13; il marmo dell'Ermitage, defunta nel maggio del '14la Beauharnais, finito nel '16u. Da Parigi, dove si era recato nell'e­state del '13 per vegliare le sorti del primo volume della sua <<grande opera>>, la Storia della scultura, il Cicognara si rivolgeva al «divino» con vena di rammarico: «lo sperava di farmi dare un bacio dall'Imperatrice se avessi potuto esser io portatore a lei d'uno schizzo della composizione delle Tre Grazie, soltanto per aver un'idea del loro atteggiamento di cui.è curiosa. Ma voi, ben­ché certamente non ne abbiate bisogno, volete anche giovarvi del beneficio della sorpresa» 12

.

2. Nell'esegesi al 'volgarizzamento' della Chioma di Berenice (stampato a Milano nel 1803), il Foscolo allegava alcuni fram­menti, che fingeva di aver un tempo tradotti dal greco, «d'un antico inno alle Grazie» 13

. Prescindendo da questa anticipatrice finzione, il primo esplicito enunciato del progetto di un inno alle Dive precede di circa sei anni quell'onorevole apostrofe al vene­ziano Presidente.

Si affaccia, tra i «semi di alcuni libri» coltivati nel suo cervel­lo, con programmatica lungimiranza, al varco dei trent'anni («ciò ch'io avea decretato di fare in questi dodici anni che mancano perch'io giunga a' 43, tempo in cui, secondo me, l'età che saliva lenta, precipita poi rapidissima» )1

\ in un celebre esordio di epi­stola, poi abbandonata, al Monti, del dicembre del1808 (accluso ad altra missiva indirizzata al medesimo destinatario il 12 di quel mese)15:

Per l'anno 1814 e 1815 io riserbava il tempo e la mente agl'Inni Italiani, scritti con la ragione morale e poetica de' Sepolcri- ed ho già prefissi gli argomenti, Alceo, o la storia della letteratura in Italia dalla rovina dell'Impero d'oriente a' dì nostri, -Alle Grazie, ove saranno idoleggiate tutte le idee metafisiche sul

11. Basti rinviare alla voce cit. del PAVAN, DBI.., XVIII, p. 211.

12. CICOGNARA, Lettere ... , pp. 57-60 n° XV, a p. 57 (lettera dell4 settembre 1813).

13. FoscoLo, Poesie ... , p. 611. 14. U. FosCOLO, Epistolario, II (Luglio 1804-Dicembre 1808), a cura di P. CARLI, (Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo, XV), Firenze, Le Monnier 1952, pp. 541-5 n° 707. a p. 542. 15. «sarà dunque - cosl opina il Carli - di qualche giorno anteriore>>:· FoscoLo, Epistolario ... ; Il, p. 541 n.; e cfr. il Prospetto cronologico in FOSCOLO, Poesie ... , p. 1197.

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bello - A Eponia Dea, su le razze, il pregio, l'uso in guerra de' cavalli -All'Oceano, sulle conquiste marittime e sul commercio- Alla Dea Sventura, sull'utilità dell'avversa Fortuna e su la celeste virtù della compassione, unica virtù disinteressata ne' petti mortali - Nell'ultimo inno, l'unico che sarà· in metro rimato, e a strofi, antistrofi, epodi alla greca, intitolato A Pindaro si tratterà della divinità della poesia lirica e delle virtù_e de' vizi de' poeti che la maneggiarono16.

<<Tutte le idee metafisiche sul bello»

3. Sono finalmente le Grazie, che non solamente ci fregiano di leggiadrìa, e di giocondità, e ci attirano la benevolenza sì dolce nei legami sociali, ma la spontaneità dei modi~ la liberalità delle azioni, e la gentilezza d'ogni costume. L'ultima delle Odi Olimpiche di Pindaro in pochi versi racchiude quanto può dirsi in onore di queste Divinità, che avranno incensi ed altare, finchè presso le nazioni civilizzate vi sarà l'onesta. e lodevole brama di commovere, e di piacere.

Con queste parole si conclude il Ragionamento quinto del trattato Del Bello11

, che il conte Cicognara aveva dato alle stampe nel­l'anno 1808, al volger del quale il Foscolo confidava al Monti la scaletta dei proponimenti poetici propri: il Ragionamento s'intito­la Della Grazia. Suonerà arrischiata la percezione, in chiusa, del­le estreme cadenze dei Sepolcri («E tu onore di pianti, Ettore, avrai l Ove fia santo e lagrimato il sangue l Per la patria versato, e finché il Sole l risplenderà su le sciagure umane>>). Indiscutibile è invece che l'apostrofe al Cicògnara del '14 alluda al Ragionamen­to dell'08. Per i divisati soggetti di poetica eloquenza che gli veniva sciorinando, nell'interrotto frammento epistolare scriveva il Foscolo al Monti: «ho raccolte materie ne' miei scartafacci ave nè un astrologo ci leggerebbe, e molti squarci ne ho già verseggia­ti, - ma tu sai ch'io sono verseggiatore incontentabile, pensatore tardissimo, e m'accosto alla poesia con la febbre e il ribrezzo con che la Sibilla Cumana accostavasi all'antro del Nume» 18

Dando l'avvio al suo Ragionamento, il Cicognara, con tratto che al Foscolo non poteva dispiacere, aveva accomunato i filosofi

16. FoscoLo, Epistolario_ ... , II, pp. 544-5. 17. DEL l BELLO l RAGIONAMENTI l DI l LEOPOLDO CICOGNARA l FIRENZE l PRESSO MOLINI, LANDI E C. 0 l MDCCCVIII., p. 149. Sul trattato v. da ultimo F. FEDI, Ideologia della misura e ideologia del sublime nei «Ragionamenti del bello» di Leopoldo Cicognara, «Rivista di letteratura italiana», VI (1988), pp. 35-70. 18. FoscOLO, Epistolario ... , Il, p. 545.

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agli artisti per il comune intento di definire la natura della grazia, rammaricandosi delÌ'indugiare degli uni e degli altri quasi nel pronao del tempio:

Basta aver gli occhi ed il cuore per esser rapito dai vezzi delle Grazie, e sentirne tutte le attrattive. Le persone di gusto e i Filosofi hanno cercato sem­pre con avidità di conoscerne la natura. Gli Artisti hanno imitato le Grazie nelle loro opere; e nell'analisi che gli uni e gli altri hanno cercato di farne ad oggetto di verificarne i principali attributi, e rilevare in che differiscano, o combinino col Bello, non pare che molto si siena inoltrati nel santuario di queste Divinità. Quel virgineo pudore che le vela toglie ad occhio mortale di penetrare nei recessi de'. loro misterj, e rende forse tanto malagevole il ragiona­re di queste, quanto è involuto da molte difficoltà il dare una chiara ragione del Bello: ma dovrassi per questo tacere? 19

In uno degli Appunti sulla ragion poetica del carme il Foscolo dichiarerà un intento polemico nei confronti di chi volle filosofeg­giare della grazia, dispensando precetti ai metafisici e agli arte­fici:

Fu chi indagò metafisicamente l'essenza d~lla grazia e le cause del delicatissi­mo predominio sul cuore dell'uomo; e volle impadronirsene, e impadronirne gli scultori e i pittori; ma le teorie astratte che la metafisica ne desunse fruttano più lode agli autori di que' scritti, che diletto a' lettori, o profitto di applicazio­ne agli alunni delle arti belle; e questo deriva credo, dall'esercitare assai trop­po le facoltà del raziocinio, mortificando ad un tempo le facoltà del sentire, e dell'immaginare; così cercando il perché si perde il come; ed oggimai agli eccellenti artefici successero gli eccellenti trattatisti di pittura e scultura20

Al giugno del 1813 è dallo Scotti ascritta <<buona parte degli Appunti»2

\ e comunque all'estate di quell'anno indurrebbe a pensare l'ubicazione delle citate riflessioni nel fascicolo labronico che le raccoglié2

• Il Foscolo soggiornava in Milano. In quel torno il Cicognara si dirigeva a Parigi, facendo tappa a Milano, per diffondere il primo volume dell'opera che gli avrebbe assicurato la gloria di eccellente trattatista: la Storia della scultura.

Eppure, non si oserebbe dir febbricitante, ma certo senza ri­brezzo, agli scartafacci che neppur astrologo avrebbe saputo in­terpretare un lustro prima il Foscolo, almeno idealmente, avrà

!9. CICOGNARA, Del bello ... , p. 129.

20. FoscoLo, Poesie ... , pp. 954-5. 21. FoscoLo, Poesie ... , nel Prospetto àonologico, p. 1215 .

. 22. FOSCOLO, Poesie ... , p. 366.

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anche allegato le riflessioni estetiche del Cicognara. Meno sor­prendente suonerà allora che nel progetto d'inno di quell'anno prefigurasse d'idoleggiarvi «tutte le idee metafisiche sul bello>>.

4. Bella è un'accesa peonia o una.rosa purpurea, graziosa una pallida e mode­sta viola, bellissimi sono i bruni capelli che ombreggiano una candida fronte, bellissime le auree anella che sciolgonsi in vago enore attorno un collo di latte; ma le grazie solcavano con lieve pettine il crine di Venere che in una tinta più temperata assomigliavasi alla corteccia di mirto o all'attico miele.

Questa la filigrana stilistico-lessicale, tutt'altro che disadorna, del cicognaresco Ragionamento Della Grazia nell'ed. pavese del 182523 . Osservar la in controluce, facendola aderire alle prove delle Grazie, sarebbe piacevole esercizio al quale, non senza rim­pianto, è ora necessario rinunciare. Basti però rileggere, nel frammento I di [Al cormi fece dono], compreso nella prima reda­zione dell'inno, i vv. 16-22:

Al simulacro della lor regina Recan gigli e colombe, e di lor mano Le chiome della fresca onda stillanti T ergendo vanno, e qual poi con aurato Pettine a ricomporle in lunghe anella Mollemente le scevra; [ ... ]24

(il <<crine» è in una prova alternativa al v. 12 e sgg.); basti intrec­ciare il v. 12 di questo frammento ai vv. 23-24 del frammento II:

Il simulacro suo, dove al suo Nume Nel giardin dell'Italia ergesi un'ara25

e sovrapporlo a questo passo del Cicognara:

La bellezza regolare e assoluta produce la sorpresa e l'ammirazione, ma la grazia sola ci attrae: la bellezza crede dinanzi a se prostrati gli adoratori, la grazia gli amanti: la venerazione consacra le are e gl'incensi al simulacro dei Numi, ma l'amore par che riserbi le sue dolcezze per la nostra specie26

23. DEL l BELLO l RAGIONAMENTI l DEL CONTE LEOPOLDO CICOGNARA l PAVIA l NELLA TIPOGRAFIA DI PIETRO BizzoNI l SuccEssoRE DI BaLZANI 11825., pp. 253-4. Il luogo non ha corrispondente nell'ed. dell'OS.

24. FoscoLo, Poesie ... , p. 626. 25. FoscoLo, Poesie ... , p. 629. 26. CICOGNARA, Del bello ... , (ed. 1825), p. 251. Il luogo non ha corrispondente nell'ed. dell'08.

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(e si aggiunga: «Una donna che ponga ogni studio per divenire un modello di penezioni, sottrae certamente una parte d'incensi dal­l'ara delle grazie, per offrirli alle Dive rivali ancor dolenti della perduta contesa e del voto dell'Ideo pastore» )27 per intendere le intime ragioni che allo scadere del 1814 (qui prescindendo dalle intricate questioni, e cronologiche anzitutto, che susciterebbe l'a­pertura di una partita doppia vera e propria) inducevano il Fosco­lo ad· apostrofare il suo <<Carissimo>> Leopoldo «oratore delle Grazie».

«lo ho cessato di far versi»

5. Al suo «grande e amato primogenito>>, maternamente conforta­to dei consueti e rassicuranti elogi («Oh fratello: tu sei più grande e più bravo di quello che non ti credi: sei fatto per le cose grandi; e ne farai ancora>>), il 16 marzo 1818 il Giordani scriveva, infor­mandolo che in Milano erano pervenute le copie del terzo, e ulti­mo, volume della «grande opera>>: la Storia della scultura («Tu hai finito una erculea ed immortale opera: e ti avanza ancora tanto di tempo e di vigore. Che farai? ne parlerem0>>)28

Nell'occasione, lo interrogava: «Quale de' Quirini è la sposa? Stampalia?». Il Cicognara doveva averlo informato dell'intenzione di consacrare uno scritto alle nozze di Caterina Querini Stampalia con il conte Girolamo Polcastro. Così si spiega l'altrimenti miste­riosa chiusa di una lettera dell'l l del mese seguente: «Ti rimando lo scritto, non guastato almen da me, che ho fatto lievissimi tocchi di parole. E parmi che vada bene così. Circa il nominare in greco una donzella da grandi occhi, è un imbroglio: perchè quella lin­gua non può dar altro che megalopi; che parmi non suoni gentile a noi: o bisognerebbe dire boopi (occhi di bue) come Omero chia­mava Giunone. Se volessi chiamarla dagli occhi neri si direbbe melanòpi. Ma poco mi piacciono»29

. Piacquero invece al Conte, il quale «Alla N. D. la Signora Contessa l Maria Querini Stampa­lia nata Lippomano l in occasione degli sponsali l della sua figlia

27. CICOGNARA, Del bello ... , (ed. 1825), p. 240. Il luogo non ha corrispondente nell"ed. dell"08.

28. GIORDANI, Epistolario, IV, pp. 181-3 n° 540, a p. 181. 29. GIORDANI, Epistolario, IV, pp. 190-3 n° 544, alle pp. 192-3.

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Catterina l col Conte l Girolamo Polcastro>> dedicò lo scritto La persuasione, ossia Melanopide e Filarete. È il terzo di un trittico nuziale, elegantemente stampato dal veneziano Picotti nel 1818, che il Cicognara (il nome del quale figura, in veste di dedicante, al principio di ogni invio) intitolava, nel suo insieme, «Al Chia­riss. Sig. Cavaliere Giovanni de Lazara»: nel frontespizio, in bas­so al titolo, un'incisione delle Grazie canoviane30• Se il secondo dei pannelli della trilogia, <<Al Signor Marchese l Domenico Laza­ra l in occasione delle sue nozze l colla N. D. Contessa l Lucia Trissino>>, s'intitola Dell'acconciatura del capo femminilé1, il pri­mo, <<A S. E. la Signora l Duchessa di Fiano Ottoboni l in occa­sione degli sponsali seguiti l tra la sua figlia primogenita e il C. e

Papafava>>, s'intitola Della grazia32• Ed è nient'altro che una rie­

laborazione del Ragionamento quinto del trattato Del bello. N o n ne fa d'altronde mistero, nella dedica, il Cicognara: <<Fui richie­sto più volte a produrre nuovamente certi miei pensieri che già pubblicai intorno alla Grazia. La generale letizia per cui Padov.a di parecchi sponsali cospicui si vede esultare, m'invita a ridurli in miglior forma, ed a voi pubblicamente offerirli, 33• Il testo, nella sostanza, è quello che confluirà nelle edizioni dei Ragiona­menti del 1825 e del 1834.

Dai tempi almeno nei quali si era guadagnato la dimestichezza del Giordani, il Conte non esitava ad usare ed abusare della feli­cità stilistica dell'amico; tanto da sottoporgli questa stessa dedi­ca, attenendone (nella già citata lettera del 16 marzo) qualche rimprovero ma anche la desiderata rassettatura: <<Sinceramente non capisco perché tu non sia contento della tua dedicatoria, la quale con un pochissimo di pazienza ti veniva benissimo compita. Ma ad un tale fratello non so contrastar niente. Ecco, per ubbidir­ti, avertela io guastata: ma per dio, volendosi allontanare dal buo­no, si fa male: e a compiere le tue idee non mi riusciva. La co­scienza mi obliga a rimandarti la tua bozza, della quale forse sarai

30. PROSE l IN OCCASIONE DI VARIE l ACCLAMATISSIME NOZZE l SEGUITE IN PADOVA l [inc.JI VENEZIA PEL PICOTTI MDCCCXVIII.: ho consultato l'esempi. della Biblioteca Universitaria di Padova.

31. PROSE ... , pp. 33-58; La persuasione alle pp. 59-68. 32. PROSE ... , pp. 5·32. 33. PROSE ... , p. 8.

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più contento, veduta questa mia bozara>>34• È istruttivo misurare quanto, della proposta del Giordani, il Cicognara conserverà (nel­la colonna di sinistra il testo a stampa nell'opuscolo).

Io ho cessato di far versi: e quello che forse ebbi di poetico mel tolsero non tanto gli anni quanto le cure in­grate, e gli studj laboriosi e severi. Nè perciò m'induco a tacere e la­sciare che per me passino senza un pubblico segno di affetto e di stima i primordj delle auguratissime nozze della vostra figliuola con uno de' più ornati e gentili cavalieri di Italia. Parteciperò anch'io all' esultazion"e comune di tutti i buoni, nè tardi sa­rà ch'io plauda a queste nozze (av­vegnachè celebrate) con tale offerta, che alla felice madre e alla felice donzella sia specchio de' loro ama­bili pregi.

Fui richiesto più volte a produrre nuovamente certi miei pensieri che già pubblicai intorno alla Grazia. La generale letizia per cui Padova di parecchi sponsali cospicui si vede esultare, m'invita a ridurli in mi­glior forma, ed a voi pubblicamente offerirli. Voi specchierete in essi quel fior prelibato di educazione di che faceste sì adorna l'avventurosa indole della figlia: ed ella si com­piacerà, considerando quanto più che la vita, è prezioso ciò ch'ella deve alle cure e agli esempj della cara madre. Il fortunato giovane al quale avete da pochi mesi confidata quest'immagine, e questa opera vo­stra vedrà volentieri dalle conside­razioni de' filosofi accrescersi eziandio pregio a quella virtù soave che i cieli serbano come sovrano premio alle virtù civili. Nè io dovrò mai giudicare intempestivi o tardi i

Io ho cessato di far versi: e quello che forse ebbi di poetico mel tolsero non tanto gli anni, quanto le cure ingrate, e gli studi laboriosi e seve­ri. Nè perciò m'induco a tacere, e lasciare che per me passino senza un publico segno di affetto e di sti­ma queste nozze auguratissime del­la vostra figliuola con uno de' più adorni e pregiati cavalieri d'Italia. Parteciperò anch'io all'esultanza co­mune di tutti i buoni: recherò an­ch'io a queste nozze un presente; che alla felice madre e alla felice donzella sarà specchio dei loro ama­bili pregi. Fui richiesto più volte a produrre nuovamente certi miei pensieri, che già publicai intorno la Grazia. Questa lieta occasione m'in­vita a ridurli in miglior forma, ed a voi publicamente offerirli. Voi specchierete in essi quel fior preli­bato di educazione, di che faceste sì adorna l'avventurosa indole della fi­glia; ed ella si compiacerà, conside­rando quanto, più che la vita, è pre­zioso ciò ch'ella deve alle cure e agli esempi della cara madre. Il for­tunato giovane, al quale confidate questa imagine e questa opera vo­stra, vedrà volentieri anche dalle considerazioni de' filosofi accre­scersi pregio a quella virtù soave che i cieli serbano come sovrano premio alle virtù civili. Nè io mi do­vrò pentire delle mie carte, se per loro si aggiunga qualche cosa al vo­stro compiacervi della figlia, e alla gratitudine della figlia e del genero verso di voi. E a voi tutti auguro

34.. GIORDANI, Epistolario, IV, pp. 181-3 n° 540, a p. 182.

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miei. scritti, se per loro si aggiunga anche adesso qualche cosa al vostro compiacervi della figlia, e alla gra­titudine della figlia e del genero verso di voi. E a voi tutti auguro perpetuo l'ossequio della fottuna colle delizie della virtù35

.

perpetuo l'ossequio della fortuna, colle delizie della virtù36.

La collaborazione stilistica del Giordani con il Cicognara durava ormai da gran tempo.

«Una gran cosa»

6. <<Ho scritto a Recanati (vedi dove!) a un Signore che tiene libreria, eccitandolo ad acquistare la tua grande opera, se già non l'ha»; così, il10 aprile 1817, il Giordani si vantava con il «Fra­tello amatissimo>> di aver propagandato, una volta di più, la Storia della scultura37

• A Recanati (vedi dove!). Per la verità, nella lettera giordaniana al «Signor Contino ama­

tissimo» del «dì di Pasqua» del '17 non è traccia di questo consi­glio38; mentre compare, stentoreo nel tono se non nell'ubicazione, in un post scriptum alla successiva, del15 aprile: «Ad una libre­ria come quella de' Conti Leopardi non dee mancare un'opera insigne, e nel suo genere classica, qual' è la Storia della scultura scritta del celebre conte Cicognara, e stampata recentemente in Venezia. Probabilmente VS. la conosce e la possiede già: se non l'avesse o non le fosse nota, ne gradirà o il ricordo o l'avviso»39. Si deve pensare ad un errore nella datazione della lettera al Cico­gnara del 10 aprile, ovvero ad una sorta di 'anticipazione' del Giordani, che dava per scritto ciò che si proponeva di scrivere? Come che sia, rispondendogli nella lettera «eterna» (<<Un tomo invece di una lettera») e celeberrima del 30 aprile, Leopardi ma­nifesterà qualche esitazione: «vorrei sapere se Ella crede che l'o­pera del Cicognara mi possa esser utile, perché io oramai non mi

35. PROSE ... , pp. 7-8. 36. GIORDANI, Epistolario, IV, pp. 181-3 n° 540, alle pp. 182-3. 37. GIORDANI, Epistolario, IV, pp. 38-9 n° 468, a p. 39. 38. LEOPARDI, Epistolario, l, pp. 68-71 n° 40. 39. LEOPARDI, Epistolario, I, pp. -73-5 n° 44, a p. 75.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 367

curo di leggere né di vedere se non quello che mi può esser utile veramente, perché il tempo è corto e la mèsse vastissima» 40.

La replica del Giordani, «il dì dell'Ascensione>>, fu pronta: «L'opera del Cicognara mi pare degnissima e necessaria ad una libreria come la sua. lo non dirò ch'ella debba leggerla ora; ma certo una tale raccolta de' monumenti perfettissimi d'arte è una gran cosa: e il non poter nulla giudicare o gustare nelle belle Arti sarebbe grande infelicità; e bellissima cosa avere per giudicarne una guida tanto intelligente come il Cicognara>>41 .

Otto anni più tardi (precisamente, il 5 aprile 1825), certo in­quisito in forma esplicita dall'ormai incuriosito Conte (un accenno - «Quel Leopardi sappi che è un ingegno veramente prodigioso: ma, quanto infelice!>>- è già in lettera dell'8 febbraio di quell'an­no)42, il Giordani gli disegnava, con lucidità e sicurezza di tratto non altro che sue (acuite, direi, dall'intima confidenza, e dalla spontanea complicità dei coetanei nel giudicare un giovane: il Giordani, nato nel1774, era di sette anni minore del Cicognara), questo ritratto, che mi sembra sotto ogni rispetto, non ultimo la data, stupendo:

Leopardi è un mirabilissimo e infelicissimo ingegno. Avrà ora circa 25 anni. Se di 14 anni avesse potuto liberarsi dal carcere di casa sua (dov'egli è tuttavia chiuso, coine un bambino infelice) l'Eurol?a parlerebbe di lui come di un uomo che in sé contenesse un Mai e un Monti. E nato e vive in Recanati, di famiglia nobile, sufficienteme~te provvista, stranissimamente bigotta. Egli vive spasi­mando, divorato da un ingegno immenso, da una tortura continua dell'animo, da una salute debolé3 .

Il vaticinio ricorda da presso l'altro, ben più notevole per la data, del 25 giugno 1819 a Pietro Brighenti: <<che volete che altro fac­cia quel povero diavolo in quell'Eremo, e in quella miserissima tirannia domestica? quell'infelice creperà: ma se per disgrazia non muore, ricordatevi quel che vi dico io, che non si parlerà più di nessun ingegno vivente in Italia: egli è d'una grandezza smisu­rata, spaventevole. N o n vi potete imaginare quanto egli è grande, e quanto sa a quest'ora: chi dice che a Recanati-non si può saper

40. LEOPARDI, Epistolario, l, pp. 79-88 n° 48, a p. 87. 41. LEOPARDI, Epistolario, 1, pp. 91-4 n° 51, a p. 93.

42. GIORDANI,- Epistolario, V, pp. 378-9 n° 760, a p. 379.

43. P. GIORDANI, Lettere, a cura di G. FERRETII (Scrittori d'Italia, 163), l, Bari, Laterza 1937, pp. 238-9 n° CXLJII, a p. 238.

368 CLAUDIO CIOCIOLA

tutto, (scusatemi) non sa quel che si dica. Imaginatevi che Monti e Mai uniti insieme, siano il dito di un piede di quel colosso: ed ora non ha 21 anni! Oh in Italia nascono ingegni incredibili: ma guai a quelli che ci nascono!»44

Ai primi di novembre del 1831 Giampietro Vieusseux, confer­mando un non sopito interesse nel Conte, scriverà da Firenze a Leopardi: <<Non so se vi ho detto che è arrivato il Conte Cicogna­ra, il quale starà qui tutto l'inverno. Egli è molto impaziente di conoscervi» 45• Cicognara morirà nel '34; di poco gli sopravviverà il Leopardi.

<<Lo stile sarà come Dio vuole»

7. II 18 marzo 1812, rivolgendosi a Giovanni Rosini, professore d'italiana eloquenza nell'Università di Pisé6

, e corresponsabile, negli anni immediatamente precedenti, della stampa della prima edizione dei Ragionamenti Del Bellé7

, il Cicognara lo informava circa gli sviluppi della <<grande opera>>:

[ ... ] è certo intanto che il lavoro è sotto un punto di vista utile e nuovo, vi è molta critica, e rilevanti osservazioni sugli errori altrui, e in complesso si rileva di molto l'onor dell'Italia. Lo stile sarà come Dio vuole; io non fò il pedante, ne mi picco d'esser purista. I saccenti vi tr<?veran dei peccatelli, ma

44. GIORDANI, Epistolario, V, pp. 20~4 n° 648, a p. 24); notevolissimo anche il rincalzo, in lettera allo stesso del6luglio: «Crediatemi (ma tenetelo in confessione) che Monti, Perticari, Mai (e se credeste che il Signor Giordani fosse qualche cosa), riuniti tutti insieme non fanno la metà dell'ingegno e del sapere di questo giovane di 21 anni. Dategli solo dieci anni di vita, e sanità, e traetelo fuori degli orrori in cui vive, e ditemi il primo coglione della terra da Adamo in quà, se nel1830 in Italia e in Europa non si dirà che pochi Italiani (nei secoli più felici) furono paragonabili a Leopardi. lo vi parrò un matto a dir queste cose; ma per dio dico quel che penso, e credo fermamente pensare il vero. Voi tenetelo in petto, come segno di amicizia. A suo tempo griderò, e lo dirò a tutti, quando potrà giovare» (GIORDANI, Epistolario, V, pp. 24-32 n° 649, a p. 26). Che il Giordani scegliesse ((come termini di paragone il Monti, il Mai e se stesso, per dire che il Leopardi valeva immensamente più di loro tre messi insieme)) è da tempo acqui­sito alla bibliografia leopardiana: cfr. S. TIMPANARO, La filologia di Giacomo Leopardi (Biblioteca di Cultura Moderna, 806), Roma-Bari, Laterza 19782, p. 25 n. 18.

45. LEOPARDI, Epistolar,io, VI, p. 111 n° 1638.

46. Si legge con profitto P. CORDIÉ, Ritratto di Giovanni Rosini, ((Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», Classe di Lettere e Filosofia, s. III, Xl (1981), pp. 523-68.

47. Qualche riferimento ai rapporti del Cìcognara con il Rosini può dedursi dal MA­LAMANI, II, p. 437, ad ind.; ma notevolissimo è il carteggio di cui alla n. seguente.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 369

se avessi un pedagogo toscano gli passerei i miei scritti per vagliarne le parole, e !asciarmi stare le cose, che mi lusingo non passassero pei buchi del vaglio. Ma qui io non voglio fare questa fatica, per esser cruscante, e non trovo chi potesse farla per me48•

Non può sfuggire l'importanza, a quell'altezza, e delle «cose>> espresse in materia di stile, e delle «parole>> («pedante», «puri­sta>>, «Cruscante>>) adottate per esprimerle dal ferrarese Cicogna­ra, già milanesizzato, e ormai dimorante in Venezia. Amico inti­mo, per giunta, del Giordani. Le <<cose>> della sua Storia, si lusin­ga l'autore, così nuove, non dovrebbero filtrare attraverso i <<bu­chi del vaglio>> dei saccenti; quanto alle <<parole>>, non avendo egli sotto mano un pedagogo toscano, saprà rinunciarvi. La que­stione dello stile, sempre e comunque, è anche in Italia questione della lingua.

Del Cicognara non può affatto dirsi che non sapesse tener la penna in mano, restando indubbio che la reggesse tavolta sghim­bescia. Che fin dal marzo del '12 egli si apprestasse a parare un colpo che evidentemente paventava, suona tanto più significativo (riconoscendovisi, amplificati, gli stessi concetti e le stesse espressioni rivolte familiarmente al Rosini) nel leggere la lettera accompagnatoria al Ministro dell'Interno conte V accari con la quale, il 4 giugno 1813, gli accompagnava cinquanta copie del primo volume della Storia: nel 1808, in qualità di Segretario di Stato, il V accari aveva firmato il decreto di nomina del Conte a Presidente dell'Accademia veneziana di Belle Arti e lo aveva tra­smesso per l'esecuzione all'allora Ministro dell'Interno di Bre­mé9.

L'accompagnatoria, a partire dal terzo capoverso, è documento rilevantissimo in specie e in genere: meritevole dunque di essere valutato nella sua interezza. Potrà aduggiare l'ansia del Conte di regolar le carte presso il sedente responsabile del dicastero degli Interni e di non essere presso di lui <<malmenato», quand'anche fosse questione, come nel caso presente, di stilé0; potrà infasti-

48. Archivio di Stato di Milano, Raccolte e Miscellanee- Galletti, III, Carteggio G. Rosini, 12 (5). 49. Cf,. n. 101. 50. Nonché di stile, si trattava ovviamente anche di quattrini, vedendo il Cicognara insidiata da chiacchiere non benevole la possibilità di rifarsi delle spese enormi affron­tate per la stampa della Storia.

370 CLAUDIO CIOCIOLA

dire ovvero intenerire quella sorta di divinabile complesso perse­cutorio che Io induceva a raccogliere ogni rumor di pettegolezzo a suo carico, e prevedere il disgusto di «Certi sinedrii di letterati, che seggono ferocemente alla facil censura dell'altrui, senza mai dar nulla di Grande del proprio». Resta, tuttavia, la sostanza: la polemica contro la gelosia puristica della dignità della lingua (on­d'essi non «sanno d'altro ormai più che delle parole che apprezza­no più delle cose>>), non disgiunta dall'orgogliosa consapevolezza di aver tentato «opera non di basso e comune pensiere», destinata non già a <<ragazzi che volessero imparar la Rettorica», ma agli adulti: artisti, letterati, biblioteche, antiquar151 .

A sua Eccellenza Il Sig. r Conte Vaccari Ministro dell'Interno Il Presidente della Rea! Accademia di belle Arti

Venezia li 4 Giugno 181[3]

Eccellenza. Ho l'onore di avvisarla che il giorno 2 Corrente ho spedite due Casse, l'una

al Senator Testi52 , e l'altra a V. E. contenenti le Copie del primo volume della mia Storia-, che potrà riscontrare in numero di 45, giacchè 36 stanno alla di lei direzione e 9- riceverà dal Senr Testi, le quali unite alle 5 che mi ha fatto la grazia di comprendere nel numero, e che ho consegnate alla Polizia formano appunto il numero delle 50 da pagarsi dal suo Ministero.

Avendo poi io fatto tirare pochissimi esemplari in Carta Velina per le Corti che mi hanno fatto l'onore di associarsi a questa impresa, mi prendo l'ardire di pregare il lodato Si gr Senator Testi a farne tenere una copia anche a V. E.

È inutile che io mi estenda in questa circostanza parlando delle conseguenze di questo lavoro in ciò che può riguardare personalmente la mia economia. Ma mi permetterò di accennarle che questa è un(']opera per gli uomini, gli artisti, i letterati, le biblioteche, gli antiquari, e non già pei ragazzi che volessero impa-

51. L'autografo (che trascrivo limitandomi a risolvere direttamente le infrequenti ab­breviazioni di p( er)), vergato su di un folio cart. filigranato piegato in due, di mm 310 x 215, con segni di piegatura •<postale», si conserva all'Archivio di Stato di Milano, Diplomatico -Autografi, Uomini Celebri, 172 (Cicognara); a c. [2Jv si legge l'indirizzo: «A Sua Eccellenza l Il Sig. r Conte Vaccari Ministro dell'Interno l Milano»; la lettera è protocollata in arrivo 1'8 giugno 1813 (n° 14 736). La frase «Che oggi tenti uno elevarsi con opera non di basso e comune pensiere» riprende la dedica a Napoleone: «ho preso anch'io l'ardire ad imprendere con tutte le mie forze un'opera di non basso pensiero» (cfr. § 32). 52. Il conte Carlo Testi (Modena 1763-1848), dall805 al 1809 Ministro degli Affari Esteri del Regno d'Italia, quindi senatore fino alla caduta dell'Impero (v. MoNTI, Epi­stolario, II, p. 27 inn. alla lett. n° 527, con bibl.); in rapporti di amicizia con il Cicognara (MALAMANI, l, p. 324, e II, p. 438, ad ind.).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 371

rar la Rettorica - Gelosi i puristi di conservare la dignità della lingua si sono dedicati al solo suo meccanico andamento, nè sanno d'altro ormai più che delle parole che apprezzano più delle cose: per conseguenza io da questi potrei essere malmenato anche presso di V. E. Oltre di che poco può certamente piacere a certi sinedrii di letterati, che seggono ferocemente alla facil censura dell'altrui, senza mai dar nulla di Grande del proprio, che oggi tenti uno ele­varsi con opera non di basso e comune pensiere. l

[c. lv] lo mi sono fisso di evitare tanto i sollecismi di lingua, come le affetta­zioni, e ho posto ogni cura nelle cose di cui è certamente ripiena quest'opera.

Una lunga opera non si può né si deve scrivere con studiata eleganza, e i Buffon, e i Titi Livii si contano come unici in questo genere in mezzo a una folla d'altri gravissimi scrittori- Che qualora quest'opera pel suo stile pareggi quelle degli antecessori, basterà all'oggetto propostomi -, quand'anche non fosse ragionevole il crederla di pari merito almeno a quella di Micali, premiata testè dal Tribuna! della lingua -

Facile è il censurare, quanto facile egualmente è fare una dissertazione, un libercolo tutto misurato e stiracchiato con quella che si chiama oggi da alcuni eleganza, e può dirsi stile contorto, e servile. Che se avrò ambizione di stile scriverò altri libretti, allorchè mi rimarrà tempo per le parole dopo aver esauri­te le cose - Il mio tempo, e la mia età diventa ora una cosa per me di prezzo infinito, e deggio spendere l'ingegno in cercare, pulire, ordinar le materie, nudrirle di buona critica, e distenderle naturalmente senza ambizione, come ricercasi in- tutte le opere istruttive - Qual libro fù mai peggio scritto di Vitru­vio? Eppure egli è ancora e sarà fino al termine dei secoli Classico nelle scuole di architettura, Se non lo sarà in quelle di rettorica. Ho ciò voluto esporre a V. E. poichè io conosco l'indole dei letterati che vivono a Milano giudicando senza l [c. 2r] dar materia del proprio ai giudizii degli altri- Che se da questo rispettabil consesso avessi dovuto attendere incoraggiamento io avrei certa­mente ancora da ·incominciar l'opera mia.

Perdoni V. E. queste mie riflessioni che io già faceva fin d'allora che mi posi a scrivere la mia Storia, anticipando sulle conseguenze tranquillissimamente, come s'andava anticipando il giudizio dell'opera mia in alcun consesso lettera­rio a me ben noto, avanti che io ne avessi scritta una parola, non che publicato un volume-

I contrasegni della Sua protezione e della sua benevolenza mi saranno accet­ti quanto il voto imparziale dell'Europa e della posterità. Possa io meritarmi gli uni e le altre, e sempre attestarle la viva mia riconoscenza, e l'altissima consi­derazione con cui mi raffermo

Di V. E.

Cicognara

«Quel giudizio della Crusca è cosa ladra»

8. Al Ministro Vaccari il Cicognara non si era peritato di scrive­re: <<qualora quest'opera pel suo stile pareggi quelle degli ante-

372 CLAUDIO CIOCIOLA

cessori, basterà all'oggetto propostomi -, quand'anche non fosse ragionevole il crederla di pari merito almeno a quella di Micali, premiata testè dal Tribuna! della lingua>>. Si fiuta la stoccata.

L'archeologo e antiquario livornese Giuseppe Micali (Livorno 1769-Firenze 1844) nel 1810 aveva dato alle stampe L'Italia avanti il Dominio dei Romani53

• Sullo scorcio dell'anno l'opera era stata insignita del premio dell'Accademia della Crusca testé risorta (più propriamente, fino al 1811, in veste di Classe della tripartita Accademia Fiorentina)54: istituito l'anno precedente da Napoleone, e per la prima volta conferito. Vincitori designati, oltre al Micali, risultarono l'oppugnatissimo Rosini, professore di italiana eloquenza (per il poemetto encomiastico Le nozze di Giove e di Lator:ta, nel quale si celebravano gli sponsali con Maria Lui­gia della maestà imperiale), e il Niccolini (per l'inedita tragedia La morte di Polissena). La scelta suscitò vivacissime reazioni, specialmente in Lombardia (l'episodio può anzi annoverarsi, e in certa misura come tale fu annoverato dagli stessi protagonisti, tra i prodromi alla vertenza che opporrà Milano a Firenze nell'immi­nente, ennesimo rinascere della questione della lingua). Da Mila­no si contestò l'impronta tuscocentrica del giudizio, si accentuò l'irrilevanza delle opere premiate, non si evitò d'insufflare che la preferenza si fosse accordata ad autori dichiaratamente filogover­nativi.

La decisione di ripartire trifariamente il p~emio (un'opera in prosa, due poetiche) si adeguava ad una delle opzioni contempla­te dal decreto regolante le modalità di conferimento (del13 gen­naio 1810)55: nonpertanto provocò il risentimento del Micali, che avrebbe ambito al premio indiviso (per opera di <<merito subli­me>>, come esigeva il dettato di un su.ccessivo decreto granduca­le)56. Ma l'Accademia Fiorentina, alla quale competeva l'estrema

53. Opera presente nella biblioteca del Cicognara: cfr. Catalogo ... , II, p. 20 n° 2604. Sul personaggio v. la Nota introduttiva e la Bibliografia premesse dal Treves ad una scelta dall'Italia, in Lo studio dell'antichità classica nell'Ottocento, a cura di P. TREVES (La letteratura italiana. Storia e testi, 72), Milano~Napoli, Ricciardi [1962], pp. 293·311. 54. S. PARODI, Quattro secoli di Crusca. 1583-1983, Firenze, presso l'Accademia 1983, pp. 123-5. 55. PARODI, Quattro secoli ... , p. 124. 56. G. FATINI, Un premio letterario e uno sfogo del Foscolo, «Nuova Antologia», CDXUI (gennaio-aprile 1948), pp. 428-33, a p. 428.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 373

sentenza, al principio del 1811 ratificò il verdetto della crusche­vale giunta giudicante57

<<Quel giudizio della Crusca è cosa ladra; il poemetto del Rosi­ni è tutto ridicolo e spropositato anche in grammatica; l'opera del Micali sull'Italia antichissima l'ho appena veduta: della tragedia del Niccolini, chi l'ha veduta ne dice bene; ed egli è bell'ingegno; ma la compagnia, com'egli scrive quasi piangendo, gli getta sul­l'alloro alcune foglie di bietola>>58: così, il 19 dicembre 1810, scriveva il Foscolo da Milano a Camillo Ugoni, evidentemente curioso del suo parere; in questi termini rincarando la dose avver­so i giudici <<balordi, ignoranti e corrotti>>: <<Cristo gli acciechi; ed io, purtroppo!, vedo con occhi apertissimi in che vile bordello le nove Muse si vanno prostituendo per cinque centesimi>> 59• Anco­ra: <<Monti e Lamberti, e Lamberti assai più, invocano l'ira de,llli uomini e degli Dei contro il premio, i premiatori, e i premiati>> 0 •

Grave scandalo aveva in specie sollevato la preferenza accor­data all'opera del Micali in danno della Storia della guerra d'indi­pendenza degli Stati Uniti d'America del Botta, apparsa in Parigi nel1809; ricompresa tra le sei opere distinte di «onorevole men­zione>> con questa significativa riserva: «soltanto è da desiderare

57. Per la ricostruzione della vicenda, oltre al FA TINI, Un premio ... , e al TREVES, Lo studio ... , pp. 293-4, v. G. RosiNI, Cenni di storia contemporanea, Pisa, Capurro 1851, pp. 22-6.

58. U. FoscOLO, Epistolario, III (1809-1811), a cura di P. CARLI (Edizione Naziona­le delle Opere di Ugo Foscolo, XVI), Firenze, Le Monnier 1953, pp. 478-80 n° 1075, alle pp. 478-9 (l'annotazione informa ulteriormente sulla vicenda, dipendendo però largamente dal FATINI, Un premio ... : cfr. in part. p. 478 n. 2). 59. FOSCOLO, Epistolario ... , III, pp. 479-80.

60. FoscoLO, Epistolario ... , III, p. 480. Significativo è questo passo di una lettera del Monti del30 gennaio 1811 a Giuseppe Tambroni, che doveva essersi interposto per ottenere l'associazione del Monti alla Crusca: «Paradisi, Vaccari, Lamberti, Zanoja e più altri, i quali si trovavano descritti senza loro consenso nel catalogo dell'Accademia, ricusano di arrolarsi sotto questa bandiera, né io posso distaccarmi dal loro partito, ora massimamente che il giudizio fiorentino intorno alle opere da premiarsi secondo l'impe­riale decreto, ha disgustato tutti gli amici delle buone lettere, e gittato, per cosl dire, il guanto ai Lombardi. lo non ho per anche veduto né il frontispizio pure dell'opera di Micali, né letto che il primo canto del poema di Rosini. Ma non ignòro le critiche che ne sono uscite, né quelle che si maturano, e la mia amicizia verso quelli che hanno prese le armi in contrario, non mi lascia la libertà di abbandonare la causa che hanno preso a difendere. E duranti queste letterarie dissensioni come poss'io contentare il tuo e mio desiderio, che sarebbe pur quello di far parte io pure della rispettabile e dotta famiglia che a sé mi chiama per bocca tua?)) (MoNTI, Epistolario, III, pp. 405-6 n° 1484, a p. 105).

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uno stile corrispondente e scevro dalle voci e dai modi di dire non propri di così fatta scrittura>> 61

A distanza di due anni, l'eco del verdetto non doveva essere sopita se il Giordani, schizzando al Cicognara, dimorante, come si è visto, in Parigi, questo bel ritratto del Botta («medico e sona­tordi flauto>>), il 3 agosto del '13 non mancava di alludere all'in­credibile vituperio dai fiorentini riservato alla Storia della guerra d'indipendenza:

Poichè gli uomini bravi vagliano poco meno d'un bel quadro e d'una bella statua,. vorrei che tu cercassi di conoscere Carlo Botta, nativo di Biella in Piemonte, che fu medico e sonator di flauto, ora membro del corpo legislativo; autore delle più belle storie che possa vantare l'Italia. Ha scritto in 4 volumi la guerra degli americani cogl'inglesi che finì nell'83. Quest'opera quasi scono­sciuta agli italiani, vituperata incredibilmente dai fiorentini, mi ha riempito di ammirazione e di consolazioné2

Non basta. Dello stesso argomento si giovava il Monti ancora nel marzo del '16 (in epoca, dunque, di assidua collaborazione con il Giordani per l'esordio della <<Biblioteca Italiana»), avanzando al Governatore Sarau sferzanti riserve circa la partecipazione della Crusca, «questo reverendo oracolo della lingua» (torna alla me­moria il «tribuna! della lingua» del Cicognara), alla riforma del Vocabolario, al cui proposito le autorità sollecitavano il parere dell'Istituto Cesareo:

L'Accademia della Crusca, questo reverendo oracolo della lingua, gode egli al presente di quell'alta riputazione che un dì gli acquistarono i Salviati, i Redi, i Lami, i Salvini? Ecco un'altra dimanda, a cui la buona creanza dell'Istituto non deve rispondere. La Sibilla di questo oracolo, dopo la recente sua restau­razione, ha ella dato prove sicure della sua perizia, del suo retto giudizio in fatto di lingua? A questa interrogazione, grazie ad Apollo, ha risposto tre anni fa la Crusca medesima, coronando come opera classica la storia del Micali toscano, di cui nessuno più parla; e rigettando, ·anzi vituperando pubblicamen­te la storia del Botta piemontese, che tutti leggono con sentimento d'ammira­zione," e che, tradotta in più lingue, per universale consenso è tenuta un capolavoro63

61. _FATINI, Un premio ... , p. 430. 62. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 36~40 n° 281, a p. 39; sull'atteggiamento dei <<fiorentinh, avverso al Botta, v. anche la lettera del 20 dicembre 1813 (GIORDANI,

Epistolario, III, pp. 80~84 n° 295, a p. 83; vi allude anche il MALAMANI, II, p. 81). 63. MoNTI, Epistolario, IV, pp. 272-81 n' 1873 (del 15 mmo 1816), p. 279.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 375

«Le mosche pungon sempre chi lavora"

9. Se la farina della lettera inoltrata dal Cicognara al Vaccari sarebbe giudicabile di buon vaglio se fosse tutta attribuibile al conte Leopoldo, tanto più è pregiata perché in gran parte trabocca dal sacco dell' «abate» Giordani: come poteva anche supporsi, tenuto conto della data e dei rapporti di quest'ultimo, in quegli anni frequentissimi e intensi, con il Cicognara64. Tutti i materiali significativi di quell'apologia dello stile gli aveva fornito il Gior­dani: Buffo n e Tito Li vi o, Micali65

, Vitruvio «scrivente così be­stiallatino,66. La lettera, da Bologna a Venezia, è dell0 giugno 181367

:

Ho per dogma che l'amicizia debba essere ansiosa e non trascurare le pm minime cose degli amici. Perciò voglio dirti esser passato quà da Milano uno di quelli che si frammischiano a' grandi (e altra volta anche tel nominerò), col

64. Per cui basti provvisoriamente rinviare (ma è tema che meriterebbe un alacre indagatore) al MALAMANI, l, p. 320, e II, pp. 430-1, ad ind., e anche a GIORDANI, Lettere ... , II, p. 320, ad ind. In realtà, la magra scelta di lettere del Giordani al Cicognara reperibile nell'ed. Ferretti dà un'idea affatto inadeguata dell'intensità e qua­lità dello scambievole commercio: è all'ed. Gussalli (GIORDANI, Epistolario) che è an­cora necessario rifarsi per attingere alle copiose fonti, né può· revocarsi in dubbio che una recensione ex nova condurrebbe ad un inCremento, forse non trascurabile, dei materiali (e sarebbe naturalmente necessario poter ascoltare anche il controcanto).

65. Nello stesso rapporto della commissione giudicante, tutta composta di Accademi-· ci (il verdetto fu considerato nell'insieme filonapoleonico) si legge questo, certo non entusiasta, apprezzamento dello stile dell'opera di Micali: <1in generale lo stile vi è puro, nobile, sostenuto, e lontano dall'affettazione» (FATINI, Un premio ... , p. 429). 66. L'accenno a Vitruvio è tutt'altro che casuale: in numerosissime lettere dell'anno precedente il Giordani si dilunga con il Cicognara su di una sua idea, allora rampollata­gli su fondamenti linguistico-stilistici, che Vitruvio,. a causa del suo pessimo latino, dovesse essere di origine greca: cfr. GIORDANI, Epistolario, Il, pp. 209-11 n° 177, a p. 211 (lettera del 20 gennaio 1812: <<Sai tu che niuno abbia mai detto che Vitruvio era greco? lo nol so: e se niuno lo ha detto lo dico io (tacendone la storia): e dico ch'egli era un greco fatto liberto d'un signor Pollione romano, di cui (secondo l'uso, notissimo) prese il nome. E greco lo accusa quel suo barbarissimo latino, pieno di storpiature greche, a chi ce le sa discernere. E quel che mi fa specie, egli artista, nel secolo d'Augusto scrive assai peggio latino che Marcellino (pur greco) soldato, ne' tempi bas­sissimi di Valentiniano, quando anche i Romani non sapevano più scrivere))); pp. 217-21 n° 180, alle pp. 2I9-20 (lettem del27 gennaio 1812); pp. 221·2 n° 181, a p. 222 (lettera del 27 gennaio 1812 «la sera»); pp. 226-32 n° 183, alle pp. 226-7, 228-30 (lettera del 30 gennaio 1812; da questa, a p. 228, la citazione nel testo); pp. 235-8 n° 185, a p. 236 (lettera a Giambattista Canova, del3 febbraio 1812); pp. 238-42 n° 186, alle pp. 240·2 (lettem del IO febbraio 1812); pp. 258-60 n° 194, alle pp. 259-60 (lettera dell'Il marzo 1812).

67. GIORDANI, Epistolario, Hl, pp. 7-10 n° 271.

376 CLAUDIO CIOCIOLA

quale avendo io fatto venire il discorso sopra te, e la grande opera che doni all'Europa; mi disse che il ministro ne avrebbe preso maggior numero di copie; ma fu alienato da alcuni malevoli che gli persuasero dover quella essere male scritta, perchè non bene scritte quelle due frazioni di essa che avevi mandate in separata stampa. A te certo non bisogna dire la pietà e la bile che mi fanno questi discorsi. Modestamente risposi: che una lunga opera non si può e non si dee elegantemente scrivere: e due sole ne trovo in tutto il mondo, nelle quali siasi sostenuto lo stile: la storia di Buffon tra' moderni, e di Livio tra gli anti­chi. N eppur si dee: perchè sazierebbe una eleganza in lunghissima lettura. = Ma se non con eleganza, almeno meglio di così bisognava scrivere. = Meglio? Ma l'opera di Micali che è premiata da tal tribunale, come esempio di bello scrivere, a me pare piuttosto meno che più bene scritta di questa. = L'addurre queste ragioni non vale. = Bene; ritorno alle ragioni di natura. Chi fa un'opera di quella mole, sarebbe un grande sciocco se volesse abbellirsi nello stile. Ei deve spendere tutto il suo tempo e il suo ingegno nel cercare, pulire, ordinare la materia; e poi distenderla naturalmente senza ambizione. La materia è quel­la che si cerca nelle opere istruttive. = Ma come volete che il Ministro dia ai ragazzi dei licei un'opera che non è scritta bene, e dove non possono imparare un bello stile; che è quello che oggidì tanto preme? = Ah ah: me ne accorgo anch'io che oggi preme assai il bello scrivere. Ma nè il ministro farà mai questa scempiaggine di convertir Cicognara in maestro di rettorica, e di far che i ragazzi imparino rettorica sulla storia di scultura: N è Cicognara ha fatto que­st'opera per i ragazzi, ma per gli artisti e per i dotti d'Europa. E però io penso che il ministro la compri non per i licei, ma per le biblioteche grandi e piccole del regno; affinchè in ogni parte sia comoda e preparata agli uomini maturi che possano intenderla e trarne profitto. Quale libro fu mai peggio scritto di Vitm­vio? Eppure egli è classico nelle scuole, non di rettorica, ma di architettura. Quando Cicognara avrà ambizione di stile, farà altri libretti: e nondimeno io vorrei sapere. quanti oggidì scrivano meglio ecc. ecc. Ho voluto che tu fossi avvertito; chè forse non ti sarà inutile aver saputo questa cosa e questi discorsi, per quando ti troverai a Milano68•

Un ampio stralcio delle lettera è riferito anche dal Malamani (il quale peraltro ignora la sùbita reazione del Conte )69. Di qualche interesse (benché al solito annacquate, e anche avvilite, dal teno­re romanzesco della narrazione) le notizie che ne circostanziano la stesura: «I ministeri della guerra e della marina del regno d'Italia si associarono ciascheduno per quattro esemplari, e il Cicognara ne offrì trecento al ministro della pubblica istruzione, che aveva sotto di sè tutte le biblioteche ed i musei dello Stato, ed era in dovere di incoraggiare uno scrittore che arrischiava in pro delle arti la propria fortuna. Ma rifiutò. Un dì, non molto dopo, il Testi

68. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 8-10. 69. MALAMANI, Il, p. 70.

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ed il duca di Lodi, amici particolari del.Cicognara, essendo a pranzo da questo ministro, fecero destramente cadere il discorso sulla Storia della scultura, e gli chiesero il motivo del suo rifiuto. = Come si fa, disse egli, a rispondere ad una domanda di trecen­to esemplari? = Prendendone un numero minore = fecero in coro gli altri due. Il ministro, che forse prima non ci aveva pensato, rimase colpito, e l'indomani si associò per dieci esemplari, e GO­

mandò ad alcune biblioteche e musei, ma pochi pochi, di provve­dersene uno. Il Giordani, che in quei dì si trovava di passaggio a Milano, venendo a sapere questa cosa, intese anche da buona fonte che il ministro ne avrebbe preso un numero maggiore, se alcuni malevoli non lo avessero distolto, persuadendolo che l'ope­ra doveva essere scritta male, perchè non bene scritte due frazioni di essa che in quel torno, a mo' di saggio, il Cicognara aveva mandato in separata stampa col titolo: Memoria intorno al codice di Teofilo e l'origine della pittura a olio, estratta dalle note della Storia della scultura» 70

La reazione immediata di Cicognara, consona ad un umore su­scettibile e verisimilmente esasperato (nonché, forse, punto sul vivo laddove era più esposto alle punture), ci è ora nota. Il 5 giugno dovette anche scriverne a Giordani, che gli replicò tre giorni dopo:

Quelle minute malignità che io ti scrissi sulla tua opera non ti deono punto punto turbare. Io volli dirtele (come amico intimo) perché non ti venissero nuove, se mai ne udissi parlare; e perchè tu possa prevenire parlando, qualora ti venga in acconcio. Molti uomini mancano di volontà e di possibilità di ragio­nare da per sè stessi e giudicare delle cose: e perciò bisogna empir loro la testa di giudizi ragionevoli, affinchè non siano preoccupati dagli altrui giudizi torti. Del resto io mi tengo più che sicurissimo che la tua opera veramente grande e bella espugnerà l'invidia, e ti farà un onore immortale. Se io m'inganno di questo giudizio (poichè certissimamente non ti adulo), ma se io m'inganno, io m'interdico dal giudicare mai più nulla in vita mia. Ma sono certissimo che in poco tempo il mondo conoscerà che opera è questa. Così fossi certo (benchè io, lo spero assai) che tanto acquistassi tu di lucro quanto di gloria 71 •

70. MALAMANI, Il, p. 69.

71. GIORDANI, Epistolario, III, p. 20M2 n° 275, alle pp. 20M l.

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«Pietro Giordani, ignoto a quei solo che non conoscono la lettera­tura d'Italia»

10. Cronologicamente assai precoci, i rapporti con il Cicognara furono inizialmente mediati dall'interesse, che appare vivissimo, del Giordani per la prima moglie del Conte, Massimiliana Cisla­go: nelle lettere di quegli anni, a lei indirizzate, il Consigliere si merita l'ossequio devoto nei congedi.

In ogni modo, trasmettendo al Segretario di Stato Vaccari, 1'8 luglio 1803, una memoria apologetica per il Vicepresidente Mel­zi, il Giordani (e ci voleva solo il Giordani per allegare quel patro­no, con quelle parole, a quella data) cita tra quanti più lo cono­scono, e possono per lui garantire, anche il cittadino Leopoldo Cicognara, del quale «<e vicende han battuto la fortuna e non offuscata la reputazione» 72

Un vero legame di amicizia e d'intellettuale consorzio principia soltanto alla morte della Cislago, e raggiunge l'acme negli anni di preparazione del primo volume della <<grande opera>>: la Storia della scultura. Sono anni nei quali la gran parte dell'epistolario del Giordani s'intesse di missive al Cicognara73

• Vero e proprio istigatore della Storia il Giordani risulta fin dal '09: non appena l'amico prende a coltivare seriamente il progetto, la frequenza, l'intensità e la qualità dei riferimenti all'opera diventano assor­benti, in talune fasi pressoché esclusivi74• Molti anni dopo, nel­l'avviarsi alla conclusione dell'opera, lo stesso Cicognara non esi­terà a riconoscere pubblicamente: «per moltissime altre difficoltà ed ostacoli, sarebbe venuto meno il nostro coraggio a questa im­presa, se non fosse stato sostenuto da quel desso, che primo fece in noi nascere il desiderio e il pensiere di gittare in carta le linee fondamentali di quest'edificio, sulle quali ci confortò a progredire costantemente. Questi fu Pietro Giordani, ignoto a quei solo che non conoscono la letteratura d'Italia, il quale moveva continua querela che la scultura propriamente detta, e più particolarmente quella che dai Pisani al Canova racchiudeva il giro di sei secoli, fosse rimasta finora senza uno storico. E come quegli che con ogni

72. GIORDANI, Epistolario, l, pp. 315-25 n° 37, a p. 318. 73. ~LAMANI, II, pp. 430-l, ad ind. 74. cf,. MALAMANI, Il, pp. 159-60.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 379

suo aureo scritto istilla santamente l'amor dell'Italia, seppe colla più persuadente insistenza farci sentire quasi una necessità di non in tralasciare l'assunto impegno, sebbene nel maggior uopo per poco fu che non si affievolisse la nostra lena: ma giova il rammentare, che ne per vicenda di tempi, nè per rallentamento d'ajuti venne trattenuto questo lavoro dal progredire fino al termi­ne cui miravamo da principio» 75

A suo tempo, di fronte all'ennesima titubanza del Conte, Gior­dani era giunto a manifestare esplicitamente la sua corresponsa­bilità morale (lettera del 9 agosto 1812): «Ma tu devi acquietarti. O credi tu che molte obiezioni ragionevoli potranno farsi alla tua opera tanto sottilmente vagliata? qualche cosa può sfuggirei: ma non credo poi che siamo ciechi affatto noi, e che ogni altro sia argo o lince. Abbi un po' di fiducia in te e in me>> 76

. Qualche tempo prima (il 6 aprile), al Cicognara preoccupato dal tono delle critiche rivolte al Cenacolo del Bossi da Carlo V erri (che Giordani supponeva «spirato» dall'Appiani) replicò: «Era naturale e pru­dente che tu facessi una considerazione sopra te. E se alcun di que' tanti a' quali è più facile criticare che operare, trovasse qual­che pelo nel tuo lavoro, sei uomo di altissimo animo, e non ti smuoverai. V ero è che quando tu ti assicuri delle teorie e de' giudizj d'autori, io sarò tanto sofistico io d'intorno al resto, che assai poco vogliamo lasciare agli occhi e agli occhiali de' 'mali­gni» 77

. E ancor prima (21 marzo), in una poscritta: «Pare che tu non confidi d'aver forze bastanti alla grande opera. Possa io mori­re, s'io conobbi mai gigante robusto come te, e se io credo che niuno altro possa altrettanto» 78

.

Del resto, il 9 gennaio 1813 gli scriveva: «Non temere per la grande opera. Nè deono turbarti i Greculi. Oh dio: le mosche pungon sempre chi lavora: abbiamo da restare per mosche?» 79

75 .. [L. CICOGNARA], Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo XIX, Per servire di continuazione alle opere di Winkelmann e di D'Agincourt, III, Venezia, Picotti 1818, p. 312. 76. GIORDANI, Epistolario, II, pp. 329-30 n° 225, a p. 329; tempo dopo, nOn manca­rono i maligni che al Giordani vollero attribuire l'opera addirittura (cfr. lo sdegnato MALAMANI, Il, p. 159).

77, GIORDANI, Epistolario, Il, pp. 275-7 n° 200, a p. 276.

78. GIORDANI, Epistolario, Il, pp. 268-70 n° 197, a p. 270. 79. GIORDANI, "Epistolario, Il, pp. 349-50 n° 237, a p. 349.

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Il. Puntualmente, qualche grana scoppiò alla diffusione del prospetto dell'opera80

• III 0 luglio I8I2 Giordani scriveva: «Sono affatto del tuo parere che il Duca abbia ripetuto i sensi altrui, e rion espresso i proprii: E vedo che furono dettati da una maligna gelosia; per cagion della quale è riuscito anche torto e debole e imperito il giudizio, benchè formato da chi deve ben conoscere la materia. Ma tu non devi niente affatto sgomentarti. Il pubblico resterà persuaso all'apparire dell'opera: e nondimeno approvo che nel discorso preliminare si porga qualche paragrafo che vada in­nanzi a queste obiezioncelle o dell'ignoranza o dell'invidia>> 8 \ e sùbito dopo, insistendo sul tasto della novità, negata dai detratto" ri, dell'opera (notevolmente raffrontata a quella del Lanzi): «fai dunque opera e nuova e non poco importante. Se nel prospetto non hai sminuzzato tutto quello che la tua opera conterrà, noi potevi nè dovevi: ma assai è indicato a chi sa, e a chi vuole inten­dere. lo veggo chiaro che sei già invidiato; e da chi forse meno dovevi o credevi temere: ma non importa. lnvidiam placare paras virtute relicta? Contemnere miser. Fatti coraggio per dio; e lascia abbaiare>> 82•

I2. A freddo però il Giordani (proprio lui!) sul punto dello stile non poteva non risultare timoroso, né all'amico rilasciare patenti di nobiltà stilistica a cuor leggero. Si veda ad es. l'esortazione, del 'IS, a non precipitare la stampa del secondo volume della Storia, con un significativo accenno anche al primo: «La materia già fatta, non era ancora abbastanza pulita e lisciata; perchè io ci volevo anche più gentilezza ed eleganza che nel primo. Sai che te! dissi>>, e ancora, quasi temendo una chiamata di correo: <<lo vidi i tuoi scritti, ma solo quanto alla materia. Sai che ci erano delle

80. Nella cart. «Cicognara)) all'Archivio di Stato di Milano, Diplomatico -Autografi, Uomini Celebri, 172 (Cicognara) (cfr. n. 51) se ne conservano due copie: una delle quali, indirizzata «A sua Eccellenza l Il Sig/ Conte Boara Ministro del Culto l Gran Dignitario dell'Ordine della Corona l Milano>,, reca manoscritta una lettera del Cico­gnara da Venezia del 7 giugno 1812.

81. GIORDANI, Epistolario, II, pp. 315-8 n° 218, a p. 316.

82. GIORDANI, Epistolario, II, pp. 315-8 n° 218, a p. 317 (sùbito dopo, a buon conto, il prudente consiglio: «Rispondi al duca; perchè non bisogna lasciar radicare l'erbe velenose>>). Il riferimento al Lanzi ritornerà in un post 5Criptum a lettera del 3 giugno 1813: «Ai seccacoglioni dello stile, risponderemo che la storia di Lanzi (di tanto minor mole) tanto lodata per lo stile (da quei che pretendono intendersene) non è meglio scritta)) (GIORDANl>, Epistolario, II, pp. 11-13 n° 273, a p. 13).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 381

ripetizioni, oscurità, ecc., cose che non andavano tacche fin eh è non fosse perfetta la materia: ma poi una mano bisognava darla allo stile. Perdona all'affetto sincero fraterno: ma io ti raccomando di non precipitare»83• E nell'imminenza dell'uscita del primo vo­lume, il 24 maggio 1813 gli aveva scritto: «Preparati imperturba­bile non solo a qualche giusta riprensione, ma anche a lodi scipi­te. Io son preparato a vederti lodare anche dove meriterai meno lode; e forse peneranno ad accorgersi dove stia il più sostanziale merito. Sappi che appresso moltissimi à in molta lode anche il tuo stile; il quale io per altro non agguaglio alle altre tue doti che trovo in te altissime. Ma a me piace che così si giudichi di te: e te l'ho voluto dire, per acquietarti sapendo che tu del tuo stile ne sei o malcontento o dubbioso troppo più del dovere» 84• Già nella citata lettera del 21 marzo 1812, nel rincuorarlo su tutto, non sapeva esimersi dal rilevare: «Lo stile è sciolto, come dev'essere (nota bene) nelle grandi opere. Pur temi le censure degli oziosi invidi. Ma io ti prometto che io ti farò tante sofisticherie io sulla tua opera, prima che si publichi, che in verità dovrà restar molto poca materia a qualunque maligno. Sta di buon animo, te ne pre­go. Lo stile ha pochi difetti, o li toglierai facilissimamentè>>85•

<<Cicognara, se dis, l'ha faa o n quadrett>>

13. <<Corre nel publico un sonetto in Meneghino su certo Sig.' Cicognara Segretario di Governo che si diletta di pitturare, e dice­si nemico de' Milanesi: è degno di memoria>>. Così, alla data del 19 ottobre 1815, nel giornale manoscritto del canonico Mantova­ni. Del Diario, risorsa primaria per la storia (e l'aneddotica) della Milano napoleonica (si svolge nell'arco compreso tra il14 maggio 1796 e il 31 gennaio 1824), inedito fino a ieri, si sono giovati gli storici del periodo da un secolo almeno: da quanto cioè, nel1889,

83. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 181-2 n° 329 (lettera dell2 febbraio 1815); un'af­fine, e anzi ancor più esplicita, tirata d'orecchi nella successiva lettera 330, sempre del febbmio 1815: pp. 182-3. 84. GI,ORDANI, Epistolario, Il, pp. 421-4 n° 269, a p. 422. 85. GIORDANI, Epistolario, II, pp. 268-70 n° 197, a p. 270; il passo è citato anche dal MALAMANI, Il, p. 67. Una difesa d'ufficio dello stile della Storia si legge nel MALA­MANI, Il, pp. 16(hl.

382 CLAUDIO CIOCIOLA

ne fu donata all'Ambrosiana copia, peraltro non fedelissima (i sei volumi sono segnati H 93-98 Sussidio), tratta in parte di suo pu­gno, e in parte fatta trarre, da Francesco Cusani; il quale mise largamente a frutto l'originale nel redigere la sua Storia di Mila­no86: Storia giudicata, tra le fonti, <<tuttora fondamentale nell'ab­bondante bibliografia sugli eventi del 1814,87

Estratti relativamente ampi del Diario, secondo il tardo apogra­fo ambrosiano, furono trascelti e raccordati in forma e con intento divulgativo88: resterebbero da chiarire l'ordine di alternanza, le pertinenze e l'anagrafe delle mani che si succedono nei volumi, coinvolgendo nella disamina le inscindibili questioni di cronolo­gia, relativa ed assoluta89•

Sennonché del Diario è ormai in corso l'ed. integrale, condotta sul sopravvissuto autografo (lacunoso peraltro del tomo 1)90

• L'In­troduzione ne scorcia i caratteri e le circostanze di composizione, ripercorrendone la fortuna, descrivendone i testimoni e riepilo­gando le scarne notizie biografiche circa l'autore91

: se la Larsi­mont Pergameni si era arresa all'impossibilità di attingere infor­mazioni attinenti l'ex carmelitano, dall'epigrafe sepolcrale92 del

86. F. CusANI, Storia di Milano dall'origine a' nostri giorni, I-VIII, Milano, Albertari 1861-1884 (l'ultimo vol. postumo). 87. C. DIONISOITI, Foscolo esule, ora in Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altfi (Collezione di testi e di studi. Linguistica e critica letteraria), Bologna, il Mulino 1988, pp. 55-77, alle pp. 66-7. 88. E. LARSIMONT PERGAMENI, Diario del canonico Mantovani, «Città di Milano», 1968, 7/8 (luglio-agoSto), anche in ed. autonoma con identica paginazione: Pubblica­zione a cura dell'Ufficio Stampa del Comune di Milano, Luglio-Agosto 1968.

89. La LARSIMONT PERGAMENI, Diario ... , pp. 108-9, all5 settembre 1810, trascrive ad es. un appunto relativo alla conversione del Manzoni, a firma del Cusani, datato 6 aprile 1873. 90. L; MANTO VANI, Diario politico ecclesiastico, a cura di P. ZANOLI, I (1796-1802)­II (1803-1805) (Rerum ltalicarum scriptores recentiores, 2-3), Roma, Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e Contemporanea 1985-1987. Dell'esistenza dell'autografo (è in possesso di privati) aveva informato E. ARBORIO MELLA, A proposito di una recente pubblicazione del «Diario» del Mantovani, «Aevum)), XLIII (1969), pp. 147-9. 91. MANTOVANI, Diario ... , I, pp. 5-58 (quanto alla ripartizione delle mani nell'apo­grafo ambrosiano, cfr. in part. p. ll). 92. Nelle Iscrizioni delle Chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, raccolta da V. FoRCELLA per cura della Società Storica Lombarda, VI, Milano, Bortolotti 1891, p. 205 n° 193, e già nella Collezione delle iscrizioni lapidarie poste nei Cimiteri di Milano dalla loro origine all'anno 1845, col nome dei Signori Architetti che delinearono i principali monumenti, compilata a cura dell'Irripiegato Municipale G. CASATI, V, MilOOo, Tamburini 1852, p. 246, l.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 383

Canonico (che morì il16luglio 1837, all'età di ottantatré anni)93

ne avrebbe potuto almeno dedurre gli estremi biografici94'.

Grazie all'affabile cortesia di Paola Zanoli ho potuto giovarmi dell'autografo del Diario95 anche per quanto di esso è ancora ine­dito, e in particolare per i riferimenti al sonetto anticicognare­sco96. Converrà però esemplare il passo anche dalla copia ambro­siana, per dar conto delle innovazioni introdottevi: «Corre intorno un sonetto in vernacolo sopra mi certo Cicognara che si diletta dipingere, e vuolsi nemico dei Milanesi: è degno di ricordo>>97•

14. In quel «certo Sig.' Cicognara Segretario di Governo che si diletta di pitturare, e dicesi nemico de' Milanesi» il distratto ca­nonico sembra non riconoscere il conte Francesco Leopoldo: l' <<O­

ratore delle Grazie>>, l'intrinseco e agiografo di Canova, il fervido 'bibliomaniaco', il celebrato autore della Storia della scultura (e, più tardi, delle Memorie spettanti alla storia della calcografia98

).

Teofildo Meliteo in Arcadia, annoverato tra i pastori sotto la cu­stodia Pizzi (1772-1790j99.

15. N el teatro tumul.tuoso di eventi che precipitarono nell'incoro­nazione napoleonica il Conte non aveva recitato nel ruolo di figu-

93. MANTOVANI, Diario ... , l, p. 8. 94. Al Forcella aveva già rinviato il Da Como: I Comizi Nazionali di Lione per la Costituzione della Rapubblica Italiana, a cura di U. DA CoMo, l, Bologna, Zanichelli 1934, pp. XXX-XXXI, con succinte notizie biografiche a p. XXXI n. l; un estratto del Diario relativo al periodo 12 novembre 1801-14 febbraio 1802 nel vol. Il, 2 (1935), pp. 744-72.

95. In copia xerografica. 96. Nel t. V (Diario politico ed ecclesiastico dal 1814 al 1817), p. 104 (la notizia relativa al 19 ottobre 1815 principia, discorrendo d'altro, a p. 103).

97. L. MANTOVANI, Diario politico-ecclesiastico di Milano, t. V (1811-1815) = cod. Ambrosiano H 97 Sussidio, p. 406. Della condo'tta seguita dal Cusani nel trascrivere informa la ZANOLI, Introduzione cit., in MANTOVANI, Diario ... , I, pp. 11-6.

98. Una ricca, ancorché selettiva, bibliografia delle opere del Conte in calce alla vocè del Romanelli per il DBI (un Catalogo degli scritti editi e inediti in appendice al MALAMANI, Il, pp. 405-16). 99. Secondo quanto risulta da Gli Arcadi dal1690 allBOO. Onomasticon, a cura di A. M. GIORGETI'I VICHI, Roma, Arcadia 1977, p. 246; nell'Introduzione del Venturi a CICOGNARA, Lettere ... , p'. XIII, si legge invece (senza riferimenti documentar!) che il Ci cagnara sarebbe stato annoverato tra i pastori arcadi nell788 con il nome di Alicante Nassio (nome pastorale del «primo amico» romano del Cicognara, l'abate Francesco Cancellieri, giusta~GIORGETII VICHI, GliArcadi ... , p. 14: del nome la variante princi­pale documentata è Alicante Nassiense).

384 CLAUDIO CIOCIOLA

rante: membro del Corpo legislativo, ministro plenipotenziario della Repubblica in Torino, deputato ai Comizi di Lione; in di­sgrazia nel '03, riabilitato nell'aprile del '04, dal giugno dell805 Consigliere di Stato del Regno d'Italia in Milano100•

Nel gennaio dell808, vedovo di Massimiliana Cislago, che ne fu prima, vivace e non aristocratica consorte, aveva deliberato il congedo dalla scena politica, fissando dimora, con il beneplacito della cesarea maestà, in Venezia, e sposandovi Lucietta Fantina­ti. Nell'aprile dell"08, preferito ad Ippolito Pindemonte, che in subordine gli era stato abbinato nella prima «dupla>> sottoposta dal Direttore Generale della Pubblica Istruzione Moscati al Mini­stro dell'Interno di Breme101

, ottenne la nomina a presidente del­la veneziana Accademia di Belle Arti 102.

Di belle arti «amantissimo e buon professore»

16. Di belle arti <<amantissimo e buon professore>> lo definiva in una commendatizia al conte Luigi Marconi del 27 gennaio 1807 il

100. Alla bibliografia implicita nei precedenti rimandi si aggiunga, per i risvolti pub­blici della carriera del Cicognara, L. ANTONIELLI, I prefetti dell'Italia napoleonica. Repubblica e Regno d'Italia (Saggi, 240 = Storia e amministrazione, 2), Bologna, il Mulino 1983, p. 554, ad ind. 101. Il predecessore, Almorò Alvise Pisani, nominato nel gennaio dell807, era de­ceduto il 12 febbraio 1808. Il Pindemonle non poté essere preso in considerazione in quanto sprovvisto del requisito, espressamente richiesto dal codice napoleonico, di far parte, in qualità di membro, di un'Accademia: come si ricava dall'incartamento (marzo­aprile 1808) relativo alla scelta ed alla nomina del successore all'Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo -Studi, p. m., 373 (2). Nella dupla sottoposta dal Ministro dell'Interno al Viceré il 1° aprile il Pindemonte fu sostituito con Francesco Selva (da altre carte nel medesimo fascicolo si viene a sapere che il Pindemonte figurava nella terna di preferenze espressa dall'Accademia stessa in data 22 febbraio, nella quale il Cicognara non era presente); il decreto di nomina del Cicognara (che nella citata cartel­la si conserva in originale e in copia autentica per estratto, firmata per il Viceré Euge­nio Napoleone dal Consigliere Segretario di Stato Luigi Vaccari, reca la data del 5 aprile. Del 6 aprile è la lettera di trasmissione della copia autentica del decreto di nomina da parte del Vaccari al Ministro dell'Interno di Breme per l'esecuzione, della quale era incaricato.

102. Incarico che conserverà fino al 1826, dal '12 assumendo altresì la presidenza del neo-istituito Ateneo Veneto (tra gli altri: E. BASSI, La R. Accademia di Belle Arti di Venezia, Firenze, Le Monnier 1941, pp. 78-93, e G. RoMANELLI, Leopo'ldo Cicogntira e la politica delle belle arti, in ~ C. ARGAN-G. ROMANELLI-G. SCARABELLO, Canova, Cicognara, Foscolo, Venezia, Arsenale 1979, pp. 35-47).

C!COGNARA, GIORDANI, PORTA 385

Monti103. E alle arti belle fin dall790 il ventitreenne Cicognara aveva sacrificato, dando alle stampe un poemetto in sciolti che del loro nome si fregiava in epigrafe104• Nell'invio dei quali si legge questa non irrilevante giustificazione degli sciolti in con­nessione a materia didattica:

Non v'ha dubbio, che la rima non sia uno dei sussidj più grandi, di cui si possa giovare per ritenere i precetti, e moderare l'aridità dell'ardue materie, che non suole andar mai disgiunta dalla profonda speculazione. Ma è vero altresì, che molti sono gli argomenti, che l'esperienza insegna convenire alla rima, e molti, che languirebbero, se non grandeggiassero col verso sciolto, scotendo il giogo di questa seducente tiranna. I miei versi sulle Arti sembranmi Didattici, e Filosofici: in tal maniera di poetare cercasi più, che il diletto, l'utile, il vero, in grazia del quale allo Scrittore si concede liberarsi da qualunque esterno impac­cio, che difficoltar potesse la perspicuità dell'espressione. Questo è il solo motivo, che mi ha fatto rinunziare allenocinio della rima105

,<fl fit de médiocres paysages, il fit meme des vers, des vers sur les heures, qui passèrent avec elles»

17. L'anno, ill790, è lo stesso degli sciolti, di ovvia ispirazione pariniana, Il Mattino, il Mezzogiorno, la Sera, e la Notte, dedicati «Alla Signora Donna Agata Valguarnera marchesa di Monteaper­to>>, che susciteranno l'irrisione macabra del Tommaseo106

• Il quale, nella celebre stroncatura post mortem, Cicognara, ou le connaisseur107

, sprezzantemente ne scriverà: <<il fit de médiocres paysages, il fit meme cles vers, cles vers sur !es heures, qui passè­rent avec elles» 108

103. «Il Consigliere di Stato cav. Cicognara, avendo perduto dopo penosa e lunghissi­ma malattia la moglie, si è portato a Roma per distrarsi da questa amara memoria in mezzo alle belle arti, di cui egli è amantissimo e buon professore>} (MONTI, Epistolario, III, p. 93 n° 1085). 104. Le belle arti del Conte LEOPOLDO CICOGNARA, [Ferrara, Eredi Rinaldi 1790].

105. CJCOGNARA, Le belle arti ... , pp. VI-VII. 106. Il Mattino, il Mezzogiorno, la Sera, e la Notte, del Conte LEOPOLDO CICOGNARA, Palermo, Nella Reale Stamperia 1790.

107. Ristampata in Bellezza e civiltà, o delle arti del bello sensibile, Studii di N. TOMMASEO, Firenze, Le Monnier 1857, pp. 328-35.

108. TOMMASEO, Bellezza ... , p. 328; l'avversione di Tommaseo nei confronti del Ci­cagnara è messa in luce da F. BERNN'BEI, Lusinghe della grazia, corrucci del sublime: Cicognara e Tommaseo, «Arte veneta}}' XXXIII (1979), pp. 111-8.

386 CLAUDIO CIOCIOLA

Pittore en amateur109, alla civetteria di figurare in proprio nel­

l'Esposizione ospitata dalle sale accademiche nel 1809, l'anno seguente al proprio insediamento presidenziale, non volle resiste­re (giusto in quel torno scriveva all'amico Rosini, a Pisa, di star­sene «col pennello alla mano» )110

• Esibì un suo oramai non rin­tracciabile paesaggio (del genere era ritenuto, o amava ritenersi, specialista): di sfondo, le guglie del Duomo di Milano; in primo piano, con altri innocui consorti condiscendenti alla maniera dif­fusa nella paesaggistica di rovine d'ispirazione 'romana', preva­lente nel primo Ottocento, lo studio di un asino111 .

109. Da una lettera di Enrica Dionigi al Monti, del31 marzo 1807, si ha notizia di due suoi ritratti, uno dei quali raffigurante il Canova: «Spesso mi p"arla di voi (e del vostro furor poetico) il coltissimo consiglier Cicognara. [ ... ].Ha fatti inoltre due ritratti assai ben sentiti, e somiglianti, per quel che dicono, l'uno di Canova; e l'altro d'un suo zio religioso, bella testa di effetto» (MONTI, Epistolario, III, pp. 130~1 n° 1128, a p. 131; la notizia dell'esecuzione dei due ritratti è ripresa anche dal MALAMANI, l, p. 305; cfr. anche una lettera del Giordani del4 marzo 1812: «Testa mi ha detto due ore fa che tu pingesti un bellissimo ritratto di Canova; e lo donasti al Vicerh, GIORDANI, Episto­lario, II, pp. 249-51 n° 191, a p. 251). L'esercizio dell'.attività pittorica è espressamen­te ricordato nel Rapporto del Moscati al Ministro dell'Interno (con la dupla del Cicogna­ra e del Pindemonte per la nomina a Presidente dell'Accademia veneziana), «accompa­gnato» il_10 marzo 1808: «Il Sig. r Leopoldo Cicognara già Consig. e di Stato, ed il Sig. r Ippolito Pindemonte riuniscono in se i numeri necessarj per una tale onorevole destina­zione. È noto come il primo fortemente appassionato per tutte le Belle Arti, e dotato di ottimo discernimento sulle med. e eserciti con lode quella della Pittura. L'altro a cui le eleganti sue Poesie hanno acquistata molta riputazione è pure conosciuto pel suo gusto in ogni altro genere di Studj Liberali» (Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo­Studi, p. m., 373 (2)). Le parole del Moscati saranno riprese nel Rapporto del di Breme a S. A. I. il Principe Eugenio Napoleone, del1 ° aprile: «<l primo è noto come fortemen­te appassionato per tutte le belle Arti, e dotato di ottimo discernimento· per le medesi­me, esercitando poi con lode quella della Pittura>) (Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo - Studi, p. m., 373 (2)). Per altre notizie sul Cicognara pittore cfr. § 34.

llO. «[ ... ] Cosa fai Cosa lavori, È un pezzo che non si veggono cose tue- Io stò col pennello alla mano, e raccolgo Carte Vecchie da Marcantonio in sù- Possibile! Non sei riescito a trovarmi nulla mai! - E li tuoi quadretti li hai ancora? [ ... ])>: lettera da Venezia dell'8 giugno 1809, all'Archivio di Stato di Milano, Raccolte e miscellanee­Galletti, III, Carteggio G. Rosini, 12 (3).

lll. G. ROMANO, Studi sul paesaggio (Piccola Biblioteca Einaudi, 349), Torino, Einaudi 1978; più specificamente, M. C. Gozzou-M. Rosei, Il volto della Lombardia da Carlo Porta a Carlo Cattaneo: paesaggi e vedute 1800-1859, Milano, GOrlich 1975, in part. alle pp. 16-25 (Situazione d'apertura l!: i rapporti con il paesaggio classico «alla romana» e i modelli scenografici del bolognese Basoli).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 387

«V eden intorna on strasc d'an sonettazz l E subet mel refillen»

18. «Si volle da molti vedere in quel quadro un'allusione di poco rispetto verso i Milanesi e se ne levò molto rumore nella città>>: parole di Policarpo Campagnani nell'annettere al corpus portiano, nell'edizione delle Poesie del1887, il «sonetto in Mene­ghino>> Cicognara, se dis, l'hafaa an quadrett: quello stesso cita­to, nel suo Diario, dal Mantovani112. Non è dato sapere, se pur non si tratti di mero errore, perché il Campagnani riferisca l' epi­sodio al 1808, anziché al 1809; certo per intempestivo adegua­mento dell'apparente incongruenza, si spostò al 1808 anche la data della notizia del Manto vani (che si è visto risalire invece al 1815) nella riedizione postuma dell'ed. Campagnani113.

Il testo, non riprodotto, era però assegnato a Giuseppe Bernar­doni (Milano 1771-1852) dall'Antologia Meneghina del Fonta­na114. Quindi ne sentenziò inappellabilmente l'apocrifia, quanto al Porta, il Salvioni115: e come apocrifo il sonetto fu accettato,

112. Poesie di Carlo Porta, rivedute sugli originali e annotate da un Milanese, con nuovo ritratto e faC-simile, Milano, Robecchi 1887 [ = Bibliografia, pp. 33-4 n° 45: l'esemplare da me. consultato, presso la Biblioteca Universitaria di Pisa (provenienza D'Ancona), presenta nel frontespizio la documentata variante «da un Milanese••, anzi­ché «da Policarpo Campagnani»], pp. 148-9 (il testo, non numerato, è il venticinquesi­mo della Parte prima: di esso non è specificata la fonte; non è del resto indicata la provenienza delle notizie di corredo né localizzato il pur citato Diario del Ma:ntovani: benché, si noti, soltanto di lì a due anni la copia del Cusani sarebbe entrata in Ambro­siana).

113. Poesie milanesi di Carlo Porta, rivedute sugli originali e annotate da P. CAMPA­GNANI, seconda edizione corretta con un nuovo ritratto e due fac-simili, Milano, Caprio­lo & Massimino s. a. [ma 1911] [= Bibl,iografia, p. 36 n° 54·], nella quale il sonetto ricompare, senza variazioni (salvo un irrilevante livellamento 'grafico), alle pp. 132-3 (n° XXIV della Parte prima).

114. F. FONTANA, Antologia Meneghina, Bellinzona, Colombi 1900, p. 227 (il cap. dedicato al Bernardoni alle pp. 226-9); la dichiarazione di paternità del sonetto si legge nelle notizie biografiche, compilate da Gaetano Crespi ((su dati fornitigli dal pronipote del poeta sig. Filippo Bernardoni» (p. 226; sul Crespi v. le brevi notizie in Florilegio, pp. 481-3). Nella posteriore ed. compendiata in due voli. (FONTANA, I, pp. 247-51) invano si ricercherebbero allusioni al testo.

115. C. SALVIONI, Lettere di Tommaso Grossi e di altri amici a Carlo Porta e del Porta a vari amici, «Giornale storico della letteratura italiana>~, XXXVII (1901), pp. 278-338, a p. 285 n. 4. Sunteggiando alcune notizie circa il Bernardoni, al quale sono da ascrivere anche altri testi che la tradizione pretende del Porta (al riguardo basti sfoglia­re le note deii'Isella alla sezione di apocrifi portiani in Le Poesie, III, pp. 972-81), scrive il Salvioni: ((L'Antologia Meneghina attribuisce al Bernardoni anche il sonetto Cicognara se dis l'ha fan on quadrett, che il Campagnani nella sua ediz. (pp. 148-9), la

388 CLAUDIO CIOCIOLA

ripetendo nella lezione il Campagnani, dall'ed. critica dell'Isel­lall6.

19. L'iniziativa della prima divulgazione a stampa del sonetto, fino a prova contraria, dovrà tuttavia essere riconosciuta a Cesare Cantù, il quale, nell'anno dell'edizione fiorentina per le cure del Barbiera delle Poesie portianell7

, dava alle stampe il primo, e scompagnato, volume di Corrispondenze diplomatiche dell'età na­poleonicall8. Toccando in esso del Conte, ne divulgava la lettera da Ferrara, data il13 ottobre 1809, all'indirizzo del Ministro dell' Interno del Regno d'Italia, conte Ludovico Giuseppe Arborio Gat­tinara marchese di Breme (il padre dell'abate Ludovico, nonché dedicatario del suo scritto Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani)ll9

: il «rosolato>> Leopoldo (qualifica del Barbie­ra), con dignitosa benché, nel tono, irresistibilmente eroicomica fermezza, in essa respingeva, e convincentemente screditava, le insinuazioni circa gli opinati risvolti dell'esposizione veneziana del quadretto120.

sola che lo accolga, assegna al Porta sulla fede di una cronaca contemporanea, e nella Trivulziana si conserva in una copia; che il Motta giudicherebbe di calligrafia del pittore Bossh> (tale copia risulla oggi, purtroppo, irreperibile: cfr. n. 116).

116. Le Poesie, III, pp. 830-1 n° CCCXL (introducendo l'accento in chi 2, 7, 12, e supplendo h in Longh Il). Nella nota relativa (p. 974) si dichiara «non rintracciabile>• la copia trivulziana di mano del Bossi (secondo il parere del Motta citato dal Salvioni: cfr. n. 115). L'attribuzione del sonetto al Bernardoni (già riconosciutogli, sulla scorta del Salvioni, da D. !SELLA, Portiana. II. Apocrifi portiani, ((Giornale storico della lette­ratura italiana», CXXX, 1953, pp. 77-83, a p. 77 n. l) è confermata nella scheda dedicata al personaggio in Lettere, pp. 240-1 (in n. alla lettera 151).

117. Poesie edite, inedite e rare di Carlo Porta, scelte e illustrate per cura di R. BARBIERA, colla biografia del poeta rifatta su carteggi inediti, Firenze, Barbèra 1884 [ = Bibliogmjìa, p. 33 n' 43]. 118. Corrispondenze di diplomatici della Repubblica e del Regno d'ltalia.1796-1814, Compilazione archivistica di C. CANTÙ, I, Milano, Agnelli 1884 (alla questione acCen­na, dicendo del Porta il sonetto, G. SILINGARDI, ((Archivio storico italiano)>, S. IV, XV, 1885, pp. 381-94, a p. 387, nel corpo di una rassegna delle Corrispondenze).

119. L. DI BREME, Polemiche, Introduzione e note di C. CALCATERRA (Collezione di classipi it~liani, XXI), Torino, UTET [1923], p. 5 e n. l. 120. Corrispondenze ... , pp. 64-8; il testo della lettera alle pp. 65-6. Invero, ciò che rende ancor più amena la vicenda, il di Breme, che aveva assunto il delicato incarico nel gennaio del 1806, da pochissimi giorni si era visto sostituire agli Interni dal conte Luigi Vaccari (per la precisione, dallO ottobre, come risulta da A. CoMANDINI, L'Italia nei Cento Anni del Secolo XIX (1801-1900) giorno per giorno illustrata, I (1801-1825), Milano, Vallardi 1900-1901, p. 382, e cfr. CarteggiMelzi, VIII, pp. 112-3 n' 125): per quanto le sue dimissioni fossero ufficialmente accolte solo il 24 ottobre (G. LocoRo-

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 389

«Della supposta allusione aveano levato rumore i Milanesi; e Carlo Porta, organo della vulgarità, lanciò questo sonetto» (ap­punto: Cicognara, se dis, l'ha faa on quadrett): così chiosava il Cantù, dando di séguito alla lettera anche il testo del sonetto (ometteva però di nominare la sua fonte) 121• Che il fazioso Cantù, tra le «moltissime altre» lettere del Cicognara giacenti, per sua dichiarazione, nell'Archivio di Stato di Milano trascegliesse ap­punto quella caparbia autoapologia a ciò inducendosi per l'inopi­nata opportunità di avventarsi sul Porta (al quale notoriamente corrispondeva di sensi men che amorosi) sembra tutto fuorché improbabile122. Certa è la sua perentorietà nell'affermare l'ascen­denza del sonetto123.

TONDO, DBJ, XIV, 1972, pp. 127-33, a p. 130; per l'attività pubblica del di Breme nel periodo napoleonico si aggiunga il rimando all'ANTONIELLI, I prefetti ... , ad ind., pp. 555-6; circa la sostituzione agli Interni, e le probabili ragioni determinanti, in part. p. 383). 121. Corrispondenze ... , pp. 66-7. 122. La brusca etichetta del Porta, «organo della vulgarità», non sorprenderà («tanta l'acrimonia di cui fu sempre velenoso col Porta»: D. !SELLA, Porta e Manzoni, Porta in Manzoni, ora in I Lombardi in rivolta. Da Carlo Maria Maggi a Carlo Emilio Ga:dda (Paperbacks, 153), Torino, Einaudi 1984, pp. 179-230, a p. 192) i lettori del breve profilo del poeta in apprendice alla vita del Grossi negli Italiani illustri, ritratti da C. CANTù, III, Milano, Brigola e C. s. a. [ma 1879}3 , pp. 47-59, ovvero quelli del luogo a lui concesso, e alla sua <<Musa, educata ne' postriboli», in Alessandro Manzoni, Remi­niscenze di C. CANTù, II, Milano, Treves 18852

, pp. 30-3. 123. Avrebbe confermato l'attribuzione (ispirandosi a sentimenti tutt'altri) il Barbie­ra, ingenuamente diluendo. meno ingenuamente travisando, l'affaire: «Era [il Porta l attaccatissimo alla sua Milano, che nessuno poteva toccargli. Non solo in un caustico sonetto inveì contro i Francesi, che la disprezzavano vantando sempre la superiorità della Francia; ma rosolò il Cicognara, ch'ebbe il cattivo gusto di esporre a Venezia un suo brutto quadro satirico, rappresentante il Duomo di Milano con un asino davanti. Il Porta, vindice della sua Milano, gli scaraventò adosso un sonetto>} (R. BARBIERA, Carlo Porta e la sua Milano, Firenze, Barbèra 1921, p. 344, con rimando, per il testo, alle Corrispondenze del Cantù; già a p. 99, discorrendo di alcune lettere indirizzate al Cico­gnara dalla prima moglie, lo diceva «morso dal Porta in un sonetto>>! le circostanze dell'episodio, con cenno all'autoapologia ·al di Breme, in calce al volume (pp. 389-90): vi si spiega come il Cicognara «SÌ difese dall'accusa d'avere dileggiati i Milanesi espo­nendo all'Accademia di Belle Arti a Venezia un quadretto rappresentante un asino davanti al Duomo; quadretto per il quale Carlo Porta gli lanciò contro un sonetto acer­bo»)'. All'attribuzione prestò fede anche G. NICODEMI, La pittura milanese dell'età neo­classica, Milano, Alfieri & Lacroix 1915, pp. 79-80 (a p. 79 n. 7 è riprodotto il testo del sonetto nella lezione Cantù; le spoglie notizie anche in G. NICODEMI, Il «Rapporto» del Cicogniua sulle Belle Arti in Italia durante il Regno ltalico, «Archivio storico lombar­do», S. V, XLVIII, 1921, pp. 211-33, alle pp. 211·2).

390 CLAUDIO CJOCIOLA

20. Che sarà bene, intanto, rileggere. Alle tre fonti fin qui elen­cate: Mantovani (= Mn), Cantù(= Cn) e Campagnani (Cm)124, dovrà intanto aggiungersi un quarto testimone, manoscritto, del sonetto: l'Ambrosiano O 226 su p., siglato P dall'Isella, nel quale il testo figura a c. 65v, in un comparto di sonetti adespot?25

• Per le varianti ai vv. 8 bell soggett l bo n s. ( bell disturbava in quanto in rima al v. 13) e 9 Se dis che lì vesin l Se dis poeu che in del mezz Mn, P e Cn si oppongono a Cm, attestando del sonetto una previa redazione; Mn e Cn a loro volta condividono la variante al v. 3 e el (ch'el Cn) cred d'ess l e 'l (e el Cm) se cred: ch'el sarà trivializzazio­ne da attribuirsi allo scorrettissimo Cn, nel quale sembrano rico­noscibili interferenze di tradizione mnemonica e livellamenti ita­lianizzanti, imputabili forse allo stesso Cantù (un l on l, 3, ll; Lungh l Longh ll); tali le varianti nient (l nagott) al v. 2 (legittimo se scandito diereticamente, nient sembra peraltro inquadrarsi nella tendenza italianizzante), omm al v. 4 (maldestro aggiusta­mento di supposta ipermetria) e tirà (l sciarnì, scernì) al v. 8,

124. Sull'opportunità che si offerse al Campagnani di consultare autografi portiani risultati in séguito non rintracciabili (in part., gli autografi di proprietà Mongeri), v. Lettere, p. 357 (in n. alla lettera 215).

125. Per maggior precisione, si tratta di un gruppo di sedici testi (quindici sonetti) trascritti dalla stessa mano (il ms., per il quale v. intanto Le Poesie, I, p. LXVII, miscellaneo con interventi e inserti attribuibili a mani diverse, attende una compiuta descrizione; in questo, come quasi in ogni altro caso, del tutto inadeguato l'Inventario Ceruti dei manoscritti della Biblioteca Ambrosiana [Fontes Ambrosiani, LX], IV, Trez­zano sul Naviglio, Etimar 1978, p. 380; il cod. deve collegarsi agli adiacenti O 225 sup. e O 227 sup.: per il primo v. la scheda in F. VARESE, Canzoni, a cura di A. STELLA, M. BAUCIA, R. MARCHI [«la razza)), l], Milano, All'insegna del Pesce d'oro 1979, p. 104), due per facciata, alle cc. 65r-68v (dei titoli, alcuni sono aggiunti in altro, più diluito, inchiostro in un secondo tempo e certo d'altra mano: così quello, «Per un Pittore~~, premesso al nostro testo). Quattordici testi sono portiani (quelli elencati dall'Isella in Le Poesie, l, p. LXVII: CXXII, Cl, LXXV, LXXIV, XCVIII, XCVII, l, VII, IX, XXXII, LXXXI, CXXXI [non CXXXII, come si legge, per errore di stampa, in Le Poesie, I, p. LXVII; ma cfr. l'app. a CXXXI], LII, XCV; ad essi si aggiungano CCCXL (non registrato dall'lsella), che si colloca tra CI e LXXV, e, a c. 68v, in posizione finale, l'altro apocrifo Sciara hoo sentuu a dì vun desti dì (preceduto dall'inte­stazione: «A una Signora che lagnassi pel dolore cagionatole da un chiodo uscito da una panca del letto, e caduto in terra sopra cui vi pose un piede))). L'inserto, che succede a un gruppo di eterogenei allegati portiani (mentre nel successivo fascicolo sono contenu­te poesie di diversi, ma non del Porta), per formato e tipo della carta (una carta bianca rigata di mm 330 x 225) e unicità della mano, rappresenta una ben individuata unità: l'intenzione attributiva dell'intero piccolo corpus sembra, benché non esplicita, inconte­stabile.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 391

errore di ripetizione (dal v. 5) comunque integrabile nel sistema di trivializzazioni glossematiche.

Problematica è la configurazione di Mn, per le numerose singu­lares (concentrate in specie nella terzina finale), delle quali non sempre riesce agevole valutare l'eventuale autonomia redazionale (si noti qui incidentalmente che Mn condivide con Cm Con [/Col] al v. 8). Quasi sicuramente erroneo, e di peso irrisorio, Con (rico­nosciuto peraltro nell'usus portiano) in luogo di Cont al v. 6; gene­ra qualche perplessità lu l'ha cercaa 7 (che introduce un paralleli­smo con lu l'ha imitaa 12: ma per la stessa ragione avrebbe potuto indurre il rigetto) in luogo di l'ha procuraa; adiafora, benché in apparenza triviale, e in definitiva ammissibile se non addirittura più congruente all'usus portiano (per quanto annulli la rima inter­na, ricca, equivoca e retrogradamente composta, con almanch 8) è men in luogo di manch al v. 4; e indiscutibilmente d'autore è la variante Chi mò (/Fin chì) al v. 12, soluzione dinamica di 'epana­lessi' della fronte, in séguito respinta non appena si sarà coagula­to poeu al v. 9. Dall'incontrovertibile 'bontà' di tale lezione s'irra­dia un alone d'incertezza intorno alla singularis del v. 13 ( Quand creden l Che quand san 13), che altrimenti suonerebbe difficil­mente difendibile, volendo riconoscere in quand creden l'inten­zione di ovviare alla cacofonia che quand, pur legittimata dall'u­sus portiano126

21. Si produrrà in definitiva il testo della prima redazione (indi­viduata dalle varianti ai vv. 8 e 9 e contrassegnata con a) secondo la lezione di P, anche linguisticamente più arcaica127 (nel suo àmbito galleggiano almeno altri due relitti redazionali: il primo, verisimilmente anteriore, segnalato dalla variante al v. 3, parteg­giata da Mn e Cn, l'altro, certamente posteriore, rappresentato dalla variante al v. 12 di Mn); e il testo della seconda redazione (B) secondo Cm. Il testo a è corredato delle varianti, anche morfo­logiche, di Mn e Cn, in due distinte fasce d'apparato (non si sono mvece riferite le varianti dell'apografo ambrosiano del Manto­vani).

126. Le concordanze ne listano tre occorrenze in apertura di verso (l 7, XLIII 203, CXV 80), alle quali si può aggiungere CLXVIII ab 7; cred d'altra parte è una ripresa d8I v. 3.

127. Si rilevino, in part., le forme sciarnì 8, tane 12, depengen 14, e le grafie paar 11, saan 13.

392 CLAUDIO CIOC!OLA

[red. a]

Per un Pittore

Cicognara, se dis, l'ha faa on quadrett: Finchì no gh'è nagott de fass stupor; L'è on spegascin, e 'l se cred on pittor, Tucc i ommen dal pu al manch g'han quai difett.

L'ha tiraa giò Milan in d'an prospett Cont ona bisabosa de color Finchì l'ha procuraa de fass onor Col sciarnì feura almanch on bell soggett.

Se dis che lì vesin el g'ha retraa On luguzzon d'an asen domà pell Longh, e suttil ch'el paar on cannoccial.

Fin chi tane brav pittor lu l'ha imitaa Che quand saan d'avè faa quai coss de bell Ghe se depengen lor al natura!.

4

8

ll

14

tit. aggiunto in altro inchiostro e in altro tempo, certo d'altra mano; 14 depengen] >pe< depengen (pe è cassato dallo scriba).

C n

tit.] om.; l onl un; 2 nagott] nient; 3 on s. l un s.; e 'l se credl ch'el cred d'ess; 4 ommen] omm; 8 sciarnì feura] tirà foeura; 11 Longh] Lungh; paar] par; on] un; cannoccial] cannocial; 13 saan] san; 14 depengen J dipingen.

M n

ti t.] Sonett; 2 nagott] nagot; 3 e 'l se cred] e el cred d'ess; 4 ommen] omen; manch] men; difett] diffett; 6 Cont] Con; 7 l'ha procuraa] lu l'ha cercaa; 8 Col] Con; sciarnl] sciernl; almanch] almanc; 9 vesin] vi~ sin; 10 luguzzon] Liguzzon; 11 suttil] sottil; paar] par; cannoccial] cano~ cial; 12 Fin chi] Chi mò; 13 Che quand saan] Quand credan; bell] bel; 14 depengen] depingen.

[red. ~]

Cicognara, se dis, l'ha faa on quadrett; Fin chì no ghè nagott de fass stupor:

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA

L'è on spegascin, e el se cred on pittor, Tucc i amen dal pu al manch gh'han quai difett.

L'ha tiraa giò Milan in d'an prospett Cont ona bisabosa de color; Fin chì l'ha procuraa de fass onor Con scernì foeura almanch on bon soggett.

Se dis poeu che in del mezz el g'ha retraa O n luguzzon d'o n asen domà peli, Longh e suttil ch'el par on canocial.

Fin chì tane brav pittor lu l'ha imitaa, Che quand san d'avè faa quaicoss de bell, Ghe se dipingen lor al natural.

2, 7, 12 chi] chi Cm; ll Longh ]long Cm

393

4

8

ll

14

TRADUZIONE [red. ~]. Cicognara, si dice, ha dipinto un quadretto; fin qui nulla di che mostrarsi stupiti: è un imbrattatele e si crede un pittore! Tutti gli uomini, chi più chi meno, hanno qualche difetto. [5] Ha schizzato Milano in un prospetto, con un guazzabuglio di colori: fin qui ha procurato di farsi onore, scegliendo almeno un bel soggetto. [9] Si dice poi che nel bel mezzo abbia ritratto un fuseragnolo d'asino tutto pelle, lungo e sottile che sembra un cannocchiale. [12] Fin qui molti valenti pittori egli ha imitato, i quali, quando sanno di aver compiuto un'opera bella, vi si ritraggono al vivo.

3 spegascin: «Scarabocchiatore- Impiastratore ... ,, (CHERUBINI, che lemmatizza la voce al figurato glossandola: «Pittor da chiocciole o da sgabelli))), da spegasc 'sgorbio' (cfr. anche il denominale spegascià 'scarabocchiare, etc.'); nel Caro spiegacciare e spiegac­ciamento 'sgorbio' (Tommaseo-Bellini), con es. registrato anche nelle Aggiunte al CHE­RUBINI; inattestato, al pari dei connessi, nel Porta; spegasg e spegascià sù sono nel Maggi: cfr. C. M. MAGGI, Il teatro milanese, a ·cura di D. !SELLA (Nuova raccolta di classici italiani annotati, 6), II, Apparati critici e glossario, Torino, Einaudi 1964, p. 393. 6 bisabosa: «Guazzabuglio. Impiastro. Dalla Bisa de' pittori teatrali detta più sopra viene forse questa nostra Bisabosa, voce che si estende a denotare come ogni lavoro d'impiastratore anzichè di pittore, così anche per estensione ogni cosa manche­vole, confusa, e in cui non siano ben congiunte e temperate unità e varietà, cardini del bello in checchessia. Quindi abbiamo Ona bisabòsa d'an quader. Un dipinto sgraziato. Ona bisabosa d'an disegn. Un disegno sciocco. [ ... ]Fors'anche la Bissabova de' Vene­ziani, ch'equivale a Turbine, Scionata, Tifone, cioè confusion di venti, diede origine alla nostra Bisabosa)) (CHERUBINI; ma per la biscia bova, che è tutt'altro, v. A. PRATI, Vicende di parole, «Studi mediolatini e volgari>,, II, 1954, pp. 199-238, alle pp. 205-7, e quindi, riassuntivamente, Io., Etimologie venete, a cura di G. FOLENA e G. PELLE­GRINI, Venezia-Roma, Istituto per la Collaborazione Culturale 1968, p. 18 s. v. boa2).

Voce inattestata nel Porta, è anch'essa autorizzata (ed è notevole che la forma valga per il plurale) del Maggi (nell'Intermezzo Baltraminna vestita alla moda, v. 62: MAGGI, Il teatro ... , I, Testi, traduzione e note, p. 854). IO O n lugu.zzon d'on asen domà pell: Dante !sella generosamente mi offre il convincente riscontro con il v. 19 dell'Accademia

394 CLAUDIO CIOCIOLA

sora i Comett del T anzi: <<Sti luguzzon, ch'hin domà pell e oss» (Collezione, IV, pp. 335-41, a p. 336; doveva trattarsi di ammicco tradizionale, se nelle sesline Sui rwmm de paricc sant che gh'ha la gent di Francesco Bellati, V 4-6, si può leggere addirittura la scherzosa attribuzione del patrocinio dei magri a sant Luguzzon: «E per i magher, ch'hin scansi i in di fianch, l Longh de vita e de coll, e sganzerlon, l La soa gran festa l'è san t Luguzzon» (Collezione, XI, p. 96; ora anche in Florilegio, p. 156); luguzzon: «Fuserà­gnolo>~ (CHERUBINI, con rimando a Lusert6n «che dicesi anche Luguzz6n e Lovartis6n. Fuseràgnolo. Lanternuto. Suoi dirsi met. d'uom grande e magro>>). Anche questa è voce non attestata nel Porta e autorizzata, al f., dal Maggi (Il falso filosofo, Intermezzo secon­do, v. 46: MAGGI, il teatro ... , I, p. 704); da 'aguzzo', con agglutinazione dell'art., come spiega l'Isella in n. ad l., rifacendosi alla Fonetica del dialetto moderno della città di Milano, Saggio linguistico di C. SALVIONI, Torino, Loescher 1884, pp. 176-7 § 195 [e cfr. p. 94 § 85]). 13 quaicoss de bell: cfr., del Bossi, i vv. [1]-4 di Te vedet, Appianin: «Te vedet, Appianin, l Sto bell gabinettin? l Vuj ch'el sia pitturaa del tò pennel: l Catta mò foeura tì quejcoss de bell~~ (in Collezione, IX, p. 106; si sottolinei anche il «Catta mòfoeurm~; il luogo anche in Florilegio, p. 222).

«Un tema che ha tutta l'apparenza di misera e ridicola cosa»

22. Stupenda è la persistente memoria dell'incidente allo scade­re del secolo: per spacciarsi di quel <<matto argomento», toccò di levar la penna anche al Malamani, probo biografo del Conte (an­che se intingeva nell'inevitabile parzialità della bandiera) e, nel­l' occasione, suo fantasioso alfiere.

In ottobre fu singolare un intrigo tentato a suo danno, e che diede origine ad un lungo e vivace carteggio col ministro dell'interno. Fra i vari quadretti di pae­saggio che egli aveva esposti nella sala dell'Accademia, uno ve n'era fra gli altri che figurava le mura diroccate di una città; nel fondo apparivano le guglie del Duomo di Milano, copiate dal vero durante la sua dimora in quella capita­le, e sul dinanzi, sopra un terrapieno erboso, vedevasi pascolare placidamente un asinello, imitato dalle opere del Londonio. Questo quadretto, strano se vuolsi, ma innocente, non doveva certo dare appiglio ad allusioni maligne, tanto più che essendo mediocre, la gente Io guardava appena e passava oltre. Eppure ci fu chi scoperse in quell'innocente asinello una personificazione dei milanesi, per il semplice motivo che di lontano, tra gli alberi, si distinguevano le guglie del Duomo, e si diede la premura di comunicare al ministro dell'inter­no l'importUnte scoperta. Il ministro ne fu indignato ed ammonì fortemente il Cicognara, il quale dipingendo il disgraziato asinello non si era manco sognato di fare una satira ai milanesi, con molti dei quali era anzi legato di affettuosa amicizia; per cui rispose al ministro di tale inchiostro, che sicuramente gli passò la voglia di ritornare su quel matto argomento. È una cosa difficile a credere, lo so, ed io stesso ne avrei dubitato se non avessi letto i dispacci ministeriali128•

128. MALAMANI, Il, pp. 23-4; è probabile che le ultime parole del Malamani alludano alla replica del Ministro, di cui più oltre.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 395

Amenissimo è, tra gli altri, l'anacronismo 'risorgimentale' (l'espo­sizione del quadretto, per giunta, ne risulta arbitrariamente tra­slata a Brera) nel quale, senza apparentemente contundersi (a giudicare dal tono imperturbato), incespicò Camillo Boito: adde­bitando la vicenda, nelle sue integrazioni alle Memorie di Hayez (del Cicognara pupillo), all'ottusa protervia della per una volta irresponsabile, in quanto per giurisdizione incompetente, polizia austriaca:

spessissimo, anche in fatto d'arte, la polizia incappava nel ridicolo, come nel caso di un quadretto esposto, anni prima, in Brera dal conte Cicognara, il quale in gioventù s'era dato a dipingere. Rappresentava un somarello pasco­lante in un prato, davanti alle mura diroccate d'una città, e in lontananza la guglia e i pinnacoli del duomo di Milano. La polizia, pure dicendo di vedere in quell'asino una personificazione dei milanesi, fantasticava in ·esso un'allego~a contro il GOverno austriaco; e se ne immischiò niente meno che il Ministro dell'Interno, e il Cicognara ebbe molti fastidi 129•

23. Per meglio intendere le circostanze dell'episodio ed entrare nel vivo di tanto piccate reazioni, converrà intanto rileggere (ov­viando alle non poche inavvertenze del primo .editore; del docu­mento rispettando altrimenti ogni particolarità grafica) la missiva apologetica del Cicognara al di Breme130:

A Sua Eccellenza il Sig. r Conte Senatore di Breme Ministro dell'Interno Il Cavalier Cicognara Presidente dell'Accademia di Belle Arti in Venezia

Ferrara li 13 8bre 1809.

Eccellenza Io debbo implorare mille scuse da V. E. se discendo ad occuparla di un

tema che ha tutta l'apparenza di misera e ridicola cosa, e che io avrei dispre-

129. C. BoiTo, L'ultimo dei piUori romantici, «Nuova Antologia>>, S. III, XXXIII (1891), maggio·giugno, pp. 60-88, 281-307, a p. 296. 130. Archivio di Stato di Milano, Diplomatico- Autografi, Uomini Celebri, 172 (Ci­cagnara), in un folto mazzo di autografi cicognareschi non numerati (il Cantù non fornì segnatura alcuna della fonte). Trattasi di un folio cart. filigranato piegato in due, segna­to da piegatura in quattro e da ripiegatura in quattro, di mm 331 x 280. Quanto al testo: le parole da me dipinto, in chiusa del secondo capoverso, sono nell'originale sottoscritte al rigo; le parole che io ... un Asino, conclusive del secondo capoverso, sono sottolineate mediante linea spazieggiata; al principio di c. [1Jv è ripreso per (con cui termina c. [l ]r). Nel trascrivere, risolvo direttamente le infrequenti occorrenze di p( er) e rendo con etc. la corrispondente nota abbreviativa, attestata in un caso.

396 CLAUDIO CIOCIOLA

giata, se non mi fosse stato da più rispettabili persone confermato essersi la V. E. {malgrado anche la gravità delle sue cure) degnata di parlame, quasi acco­gliendo per vero un supposto ingiurioso verso la mia persona.

Il Sig. r Cavalier Bossi Consigliere di Stato131 si è trasferito a Venezia appun­to nel tempo che io ho fatta una corsa a Milano sì breve, che non mi.fù dato l'iterare una mia visita a V. E., avendola trovata partita per Novara nel giorno che mi presentai alla sua anticamera per ossequiarla. Durante il soggiorno dell'indicato Sig. r Consigliere a Venezia, egli ha tenuto parola con persone superiori ad ogni eccezione, ed ha espresso non equivocamente il risentimento con cui V. E. aveva accolta l'ingiuriosa deposizione, ignorantèmente, e non sò per qual gratuita malignità esternatale, in cui si è asserito c h e i o n ella pubblica esposizione dell'Accademia di belle Arti in Venezia ho messo in mostra un[']allusione ingiuriosa alla Nazion Mi­lanese, essendo accozzata in un quadro da me dipinto la ve­duta del Duomo di Milano, ed un Asino.

È singolare che io debba occuparmi a dimostrarle l'assurdità calunniosa di questa deposizione, e quanto non sia meritato il torto che V. E. mi ha fatto accogliendola: ma giacchè le è piaciuto di declinare per un momento dall'ele­vatezza degli affari che la circondano alla miseria di questo soggetto; spero vorrà aver anche la compiacenza di ascoltarmi per l [c. l v] rettificare su tal propposito una falsa idea impropriamente nata ed accolta.

Primieramente io non credo d'aver mai dato argomento per esser creduto imbecille o stordito, come lo sarebbe chi prender se la volesse con una nazio­ne, e rispettabile sopra tutto come la Milanese, ove anche se fossevi chi avesse il mal talento di volerla satirizzare emblematicamente, non scieglierebbe una simil bassezza, e molto meno il caratteristico dell'ignoranza.

In secondo luogo per quanto io esamini me stesso, non posso riconoscere di aver mai avuti motivi d'esser malcontento dei Milanesi fra quali ho vissuto molti anni, e sempre mi sono lodato di loro, ed i pochi coi quali ho contratto legame ed intimità, meritavano di essere rappresentati col caratteristico della dottrina. Ho la gloria di annoverare fra miei padroni ed amici di Milano i Melzi, i Trivulzi, i Bossi, gli Appiani, i Longhi, i Taverna, i V erri etc. e V. E. sà tutto questo.

In terzo luogo io tengo con molto dispendio un mio figlio in educazione a Milano132

, e non lo terrei ove avessi una si triste persuasione dei Milanesi; e

131. Luigi Bossi (Milano 1758-1835), il «Boss anzian» citato tra le glorie milanesi per la Scienza d'Antighitaa nell'ultimo dei sonetti «giavanari» del Porta: LXVIII 13, v. 44 (ovvero, dei Bossi, «Il maggiore in età frà i viventi, cioè il Sig.r Cavai. Luigi», secondo l'annotazione del Porta trascritta in Le Poesie, I, p. 275), fu «canonico del Duomo, scrittore di cose ecclesiastiche, quindi, ottenuta la secolarizzazione da Pio VII, uomo politico (consigliere di Stato, prefetto degli archivi e delle biblioteche del Regno d'Italia e commissario per le finanze)» (Poesie, p. 408 in n. a 681:.'., v. 44); per più diffusa informazione, v. la voce biografica di L. SEBASTIANI, DBI, XIII (1971), pp. 323-7.

132. Francesco, figlio di primo letto e unico del Cicognara, nato il16 dicembre 1795 (su di lui v. l'Indice alfabetico in calce ai due voli. del MALAMANI: l, p. 318; II, p. 428). Fu ritratto nel1808 da Giuseppe Bossi (disegno a matita nel Gabinetto Disegni e Stam-

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 397

qualora avessi la mala indole di dispregiarli, non lo esporrei a sopportare la giusta recriminazione che gliene verrebbe. E V. E. sà tutto questo.

Finalmente V. E. può verificare agevolmente che da molt'anni è dipinto il mio quadretto, cui molt'altri fanno compagnia, e che è stato per molti anni appeso alle pareti di un mio appartamento in Milano, senza che sia stato mai censurato sì acremente da nessuno, e molto meno da me comentato così impro­priamente. l

[c. 2r] Mi fò un dovere innoltre di render noto a V. E. che mentre furono minate le mura del Castello di Milano133, io mi compiacqui di segnare sul mio portafoglio134 alcuni di quei pezzi pittoreschi frammisti di prato e ruine, e

pe del Civico Museo Correr di Venezia, riprodotto in Venezia nell'età di Canova, Vene­zia, Ala Napoleonica, Museo Correr- Ottobre/Dicembre 1978, Catalogo a cura di E. BASSI, A. DORIGATO, G. MARIACHER, G. P A V ANELLO, G. ROMANELLI, contributo di F. HASKELL, Presentazione di F. MIRACCO, Venezia, Alfieri 1978, p. 252 n° 340; nella scheda descrittiva, a p. 253, si rileva l'incongruenza dell'indicazione al piede del dise­gno, <<Francesco Cicognara in età di anni 11», con la data di nascita riferita dal Mala­mani), e, insieme al padre ed alla matrigna Lucia Fantinati, in un noto olio rivendicato a Francesco Hayez, in collezione privata (secondo la scheda, alla quale si rimanda per ulteriori notizie e per la più aggiornata sintesi bibliografica, di F. MAZZOCCA, in Hayez, a cura di M. C. Gozzou e F. MAZZOCCA, Milano, Electa 1983, pp. 23-5 n° 2, con riproduzione integrale del dipinto in b/n a p. 23 e dettaglio a colori a p. 25). Dal MALAMANI, Il, p. 49, risulta che ancora nell8ll, anno in cui passò al Collegio militare di Pavia, Francesco studiava in Milano presso i Barnabiti.

133. Il primo abbozzo del quadro, se non il dipinto stesso, risaliva dunque al1801: si allude infatti al decretato abbattimento delle fortificazioni spagnole del Castello, deli­berato da Napoleone in séguito alla vittoria di Marengo e all'abbandono della città da parte del drappello austriaco (v. G. G. BELLONI, Storia illustrata del Castello, «Città di Milano)~. 1968, l [gennaio l, p. 98, e cfr. la tav. n. n. a p. 44; cfr. anche, nel catalogo della Mostra dei Maestri di Brera (1776-1859), Palazzo della Permanente, Milano Feb­braio 1975-Aprile 1975, l Milano, 1975], le pp. 70-4, dedicate al Canonica. <<Veduta della Mina che si diede sotto il Baluardo detto Padiglia del Castello di Milano il gfio 15 marzo 1801» s'intitola un acquerello di' Domenico Aspari, riprodotto in Gozzou­Rosci, Il volto ... , p. 13 fig. 3 (e cfr. pp. 9 e 11 n. 16): è corredato di immancabili figure di cavalli in primo piano, ma la prospettiva esclude la vista della città (all'Aspari fa più volte appello, in uno scritto di suggestiva e proficua lettura in tema di vedutistica milanese, D. !SELLA, Milano capitale nelle vedute di Gasparo Galliari, ora in l Lombar­di ... , pp. 103-20).

134. Del precoce abito del Cicognara di prender appunti a matita informa questo passo di una lettera indirizzata al padre dall'Aquila illSluglio 1789: «Ma quello che più mi ha colpito si è il deposito di S. Bern~:J.rdino ornato preziosamente di bassi rilievi del gusto di Michel Angelo e poco conosciuto da questi aquilani. Fortunatamente ho fatto due segni del ritrallo di Giovannina e avevo meco del buon lapis. Ho fatto costruire un libro e disegno a rotta di collo questo prezioso monumento per recarne a Roma e averne sempre meco la memoria. Questa mattin~ per cinque ore continue ho ivi trava­gliato e mi è sembrato un minuto» (P. BAROCCHI, Una lettera giovanile di Leopoldo Cicognara, in Itinerari, l[= Contributi alla Storia dell'Arte in memoria di Maria Luisa Ferrari], Firenze, S.P. E. S. 1979, pp. 209-14, a p. 213;-la lettera è utilizzata anche dal MALAMANI, l, pp. 37-40 - il passo cit. a p. 39 - anche se colpiscono le notevoli divergenze formali: a p. 37 per giunta l'escursione è riferita al 1787).

398 CLAUDIO CIOCIOLA

come accadeva, pascolandovi Asini, Buoi, e Cavalli segnai anche qualche studio di questi ;:tnimali, e nell'orizzonte della veduta dipinsi dal vero le cime del Duomo di Milano e di altri edifizi che facevano un bellissimo effetto135•

Eccole il soggetto del mio quadro, e come è stato. composto, studiato, e finito. Ma se tutti gli Artisti che nelle ruine d'Atene, di Napoli, di Roma hanno introdotto bestiami, come buoi, Asini, Capre, Porci dovessero incontrar la censura che con questi animali siasi inteso di far la satira di questi paesi, sarebbe ben strana, malevola, e ridicola l'induzione. E Berghem, Claudio, Pussino136, e cento altri Classici Autori sarebbero a questa disgraziata mia condizione di dover giustificare l'incolpe loro penello.

In Venezia ove il quadro è stato esposto con altre mie produzioni non ha incontrato presso alcuna persona un commento così disgraziato, forse perchè la generalità degli Spettatori mi ha riguardato con imparzialità e con benevolen-

135. Un'idea della prospettiva, se non dell'ispirazione, del quadro, al presente irre­peribile (per quanto abbia potuto appurare), può ricavarsi dal noto dipinto del Migliara raffigurante L'Arco della Pace a Milano, oggi esposto nella Pinacoteca Ambrosiana e riprodotto in La Pinacoteca Ambrosiana, Catalogo a cura di A. FALCHETTI, Saggi di A. PAREDI, G. A. DELL'ACQUA, L. VITALI (Fontes Ambrosiani, XLII), [VicenzaJ, Pozza 1969, p. 240, con bibliografia. Su Giovanni Migliara (Alessandria 1785 - Milano 1837), autore tra l'altro, nel1822 e nel1823, di due acquerelli ispirati rispettivamente al Lament e alla Nomina portiani (Mostra dei Maestri di Brera ... , pp. 257-8 e 458, e D. lsELLA, Ritratto del vero di Carlo Porta, Milano, Il Saggiatore 1973, pp. 257 tav. 210 e 313 tav. 254, con le nn. relative alle pp. 364-5) v. Mostra dei Maestri di Brera ... , pp. 211-7, 257-8 e 277, con ampia bibliografia (complementi in Gozzou-Roscr, Il vol­to ... , pp. 53-71, 92-123, e in [G. SISTO-M. C. Gozzou- M. RosciJ, L'opera grafica di Giovanni Migliara in Alessandria, Alessandria, Cassa di Risparmio 1977). Il quadro del Migliara (del1814), da cOnfrontare con l'acquerello riprodotto in Mostra della grafi­ca di GiovanniMigliara, Catalogo a cura di M. C. Gozzou e M. Rosei, Torino, Palazzo Reale, Giugno-Luglio 1979, s. l. et a., D 20 (e cfr. D 19), è peraltro dominato dalla mole neoclassica dell'Arco della Pace del Cagnola (ne fu posata la prima pietra nel 1807: cfr. la voce Cagnola di P. FAVOLE, DB/, XVI, 1973, pp. 314-9, a p. 316; si aggiunga il rinvio a Mostra dei Maestri di Brera ... , pp. 74-7). 136. E cioè: Nicolaes Berchem, Claude Lorrain e Nicolas Poussin. Sul Berchem (Haarlem 1620- Amsterdam 1683), noto paesaggista ed autore di scene pastorali, v. THIEME-BECKER, III (1909), pp. 370-2 (la bibliografia posteriore è in parte reperibile attraverso Nicolaes Berchem incisore e inventore: 1620-1683. Stampe dalla Collezione Remondini, Catalogo di G. DILLON, Introduzione di F. RIGON, Nota tecnica di G. M. Zruo, Luglio-Ottobre 1981, Bassano del Grappa, Vicenzi [1981]). Per Claude Gellée detto il Lorenese (Chamagne 1600 - Roma 1682), o semplicemente Claude (da noi, dunque, Claudio: cosl ancora nelle Elegie romane di D'Annunzio) basti rinviare al recente catalogo, con ricca bibliografia, della mostra organizzata dall'Académie de France à Rome Claude Lorrain e i pittori lorenesi in Itcilia nel XVII secolo, [Roma], De Luca 1982, in part. alle pp. 275-323 (lo si aggiorni con H. D. RUSSELL, Claude Lorrain 1600-1682, Washington, National Gallery of Art 1982, e Claudio de Lorena y el ideal cl6sico de paisaje en el siglo XVII, Preparaci6n, texto y catalogo J. J. LUNA, [Madrid], Ministerio de Cultura 1984). Della ricchissima bibliografia relativa a Nicolas Poussin (Les Andelys 1594- Roma 1665) v. almeno il catalogo dell'Académie de France à Rome Nicolas Poussin. 1594-1665, Roma, Villa Medici, Novembre 1977- Gennaio 1978, Roma, Edizioni dell'Elefante 1977.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 399

za, tutti però avendomi certamente trattato con quella giustizia con cui avrei molto amato che mi avesse riguardato V. E. sprezzando questa ingiuriosissima e goffa deposizione: e non sarei così stato posto in circostanza di doverla anno­jare con questa apologia, a cui (se non fosse pel sommo rispetto che le profes­so) darei tutta la publicità che mi fosse possibile. l

[c. 2v] Concluderò con persuadermi che V. E. voglia appagarsi di queste mie dichiarazioni, e smentir la sinistra opinione portata su questo argomento, degnandosi di esprimersi meco in quei modi proprii dell'elevatezza del suo spirito, e della nobiltà con cui mi pregio io di pensare a di lei riguardo, e che la prego volermi rettribuire; mentre ho l'onore di rassegnarle la distinta mia con­siderazione.

Leopoldo Cicognara

24. Cicognara indirizzò la sua missiva onagroapologetica al di Breme il 13 ottobre del1809; il 23 di quel mese il Porta pregava la moglie. Vincenza, soggiornante a Monza, di annunciare al pa­dre Giuseppe che «in un giorno di questa, o dell'altra settimana avrà lui à pranzo il Sig.' Cavallini col ex segretario di stato, ed ora Ministro dell'Interno>>, conte Luigi Vaccari · (Modena 1766-1819)137.

Il Vaccari, proprio allora succeduto al di Breme agli Interni, certo a giorno dell'intera faccenda138

, legato al Bossi139, non do­

veva mostrarsi insensibile nei confronti della poesia vernacola se il Poeta stesso, che ancora lo ossequiava in lettera ad Ercole Ca­vallini nel gennaio 1816140, di lì a poco gli avrebbe offerto un

137. Lettere, p. 111 (lettera 67); nella nota relativa (pp. 112-3) notizie sul Vaccari, con rimandi; v. anche A. PINGAUD, Les hommes d'Ètat de laRépublique italienne 1802-1805. Notices et documents biographiques, Paris, Champion 1914, pp. 82-5 (nonché CICOGNARA, Lettere ... , p. 51 n. 5, e ANTONIELLI, I prefetti ... , ad ind., p. 564).

138. A suo tempo, per la sua posizione ufficiale di Consigliere Segretario di Stato, aveva firmato o controfirmato molti dei documenti relativi all'affaire Ceroni (v. MALA­MANI, I, p. 325, ad ind.). Ma evidentemente intensi furono, anche in anni successivi, rapporti meno ufficiali e spiacevoli tra i due, personaggi in vista che inevitabilmente frequentavano gli stessi salotti (cfr. ad es. in una lettera del Monti a G. B. Venturi del 22 novembre 1805: «il mio panegirico è stato da tutti ascoltato con molto piacere, e commentato e ampliato specialmente dai due Cicognara, da Vaccari e da Paradisi», MONTI, Epistolario, Il, pp. 463-4 n° 967).

139. In un appunto del4luglio 1810 nel diario del Viaggio a Roma fatto da Giuseppe Bossi dal giugno al settembre 1810 scrive: «Jeri ho avuto lettere dal Duca di Lodi, da Luigi, da D'Este e da Vaccari» (G. Bossi, Scritti sulle arti, a cura di R. P. CIARDI, II, Fireme, S.P.E.S. 1982, p. 735). 140. Lettere, p. 424 (lettera 272).

400 CLAUDIO CIOCIOLA

fascicolo di otto sue poesie (tra le quali annoteremo la presenza di VIII)l41.

«Une t€te aussi folle que Cicognara»

25. Pretestuosità dell'<<ingiuriosa deposizione>> e schiettezza del­l'autodifesa saltano agli occhi, inoppugnabili. E di quest'ultima il Ministro dovette dichiararsi soddisfatto. Non so se l'originale del­la risposta si sia conservato tra le carte del Cicognara: ne soprav­vive in ogni caso una minuta, nella cartella relativa al <<Presiden­te della Accademia di Belle Arti di Venezia» all'Archivio di Stato di Milano, del 17 ottobre 1809 (trascrivo la veste definitiva del testo, quale emerge dai non pochi pentimenti e cancellature del minutante, il tenore dei quali trascuro di segnalare)142:

Eguale alla mia sorpresa nel sentire da ogni classe di persone attribuitole lo strano pensiero, che fa il soggetto della pregiata sua lett. a del dì 13 cor. te mese mi è riuscito soddisfacente il contenuto di essa, mentre consentaneo alli senti­menti ed ai lumi che lo hanno sempre distinto, vi si fa un punto di smentire l'intenzione che se gli era sì falsamente imputata.

Sia persuaso S. r Presi d. e che sarà mia parti colar cura di prevalermi di que­sta sua dichiarazione all'occorrenza per dissipare ogni viappiù una sì strana ed ingiuriosa opinione e gradisca ch'i.o colga questa opportunità per esprimerle i sentimenti di quella stima che compartita da me ognora a' suoi talenti mi fo quì un pregio di professarle.

S'indovina peraltro nell'ignoto autore dell'esposto la fiducia di poter giocare con successo la carta del rumore pettegolo. Ben

141. Si tratta di un fascicolo di proprietà di Vittorio Gnecchi Ruscone, descritto dall'lsella in Le Poesie, I, p. LXIX, e siglato n (è dunque testimone prossimo alla copia Mantovani di VIII: cfr. n. 197); secondo lo studioso, «nonostante l'indicazione che figura sulla copertina del fascicolo (''Queste Poesie scritte di mano dell'Autore Carlo Porta furono presentate a S. E. il Sig. r Conte Vaccari Ministro dell'interno del Regno d'Italia dall'Autore e dalla prefata E. S. a mè donate, in Modena 1818. G. Rossi") e l'opinione del Salvionh), tutti i componimenti figuranti nel ms. sono in copia non auto­grafa. 142. Archivio di Stato di Milano, Aui di Governo-Studi, p. m., 373 (a2); la minuta naturalmente non reca firma. Un appunto marginale a penna, ad opera evidentemente di un archivista (che si potrebbe sospettare lo stesso Cantù, o suo dipendente), precisa «negli autografi»: non so decidere se si riferisca ad altra copia più perfezionata della lettera, trasferita nel fondo Autografi (che però non ho rintracciato), o non piuttosto, ciò che suona più credibile, all'autografo della lettera del Cicognara alla quale con questa si risponde, e che appunto in quel fondo oggi si conserva (cfr. n. 130).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 401

sapeva il Conte che di tutt'altro che di asinina ritrattistica doveva essere questione: sta di fatto che il 9 ottobre (quattro giorni prima della lettera apologetica) dal Ministero era stato .richiesto al Pre­fetto dell'Adriatico di proporre una dupla nell'eventualità che il Viceré volesse prevalersi della facoltà di rinnovare, per l'anno seguente, le cariche di Presidente delle Accademie di Belle Arti di Venezia e Bologna143

.

«Ce sont des conseillers d'état, des généraux italiens qui parlent de Z ama et de Scipion!"

26. Intrecciandosi a congetturabili antipatie personali144, risen­timenti politici avversi al Cicognara sopravvivevano vivaci in Milano, città nella quale durante la primavera dell803, incappa­to nell' affaire degli Sciolti di «Timone Cimbro>> (il veronese Cero­ni) 14

"5, e correndo a suo carico il rinnovato addebito di affiliazione alla setta degli Unitari Italiani, il Conte aveva subìto gli arresti in Castello. Gli strascichi della vicenda, nella quale aveva pesato la

143. Il5 dicembre il Prefetto risponderà esprimendo per Venezia una tema composta da Girolamo Martinengo, lppolito Pindemonte e Francesco Gritti (questa lettera e la minuta della richiesta nella cartella dell'Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo­Studi, p. m., 373 (2)).

144. Ancora nell818 Hayez riferisce della fredda accoglienza di due famiglie gentili M

zie milanesi alle quali si era presentato con lettere commendatizie del Cicognara (Le mie memorie, dettate da F. HAYEZ, Milano, Bernardoni 1890, pp. 54-5; sull'episodio cfr. F. MAZZOCCA, Invito a Francesco Hayez, Milano, Rusconi 1982, pp. 48-9). 145. Sui fatti s'intrattiene a lungo il Mantovani, una prima volta in data 14 febbraio 1803 («<l ministro di polizia che n'ebbe un esemplare fa i processi più diligenti per sapeme l'autore. Esso è dedicato a un consigliere di stato, che è Cicognara ferrarese vivo, e fanatico patriota}}: MANTOVANI, Diario ... , Il, p. 42), e in séguito ripetutamente alle date del18, 19, 23 marzo e 4, 9 aprile (ibid., pp. 62-3, 65, 73, 79). Su Giuseppe Giulio Ceroni (S. Giovanni Lupatoto 1774- Governolo 1813) v. la voce di S. CELLA, DBI, XXIII (1979), pp. 794-6, in part. a p. 795; della bibliografia, almeno G. MAzzo­NI, Un commilitone di V go Foscolo. Giuseppe Giulio Ceroni, «Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti}}• LI (1892-1893), pp. 321-401, che si sofferma sulla sua produzione poetica (per gli Sciolti v. in part. le pp. 347-54) e, per i documenti di polizia relativi alla vicenda, B. DELLA CROCE, Documenti sulla congiura del Ceroni, in Ad Alessandro Luzio gli Archivi di Stato italiani. Miscellanea di studi storici, l, Firenze, Le Monnier 1933, pp. 309-_20 (da ultimo v. ANTONIELLI, [prefetti ... , pp. 178-80, e FEDI, Ideologia ... , p. 43); l'affaire Ceroni può seguirsi passo passo (anche per quanto riguar­da la posizione del Cicognara) attraverso gl'indici dei Carteggi Melzi, e in part. nel vol. IV (dal punto di vista del Cicognara ne tratta naturalmente il MALAMANI, I, pp. 239-73). .

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mano stessa dell'adirato Presidente (indirizzandosi al cittadino Melzi, Vicepresidente, Napoleone aveva tuonato contro la <<fai­blesse du gouvernement>> )146, e che aveva condotto all'immediata destituzione (revocata dopo un anno di quarantena) del Cicogna­ra, sono evocati nel ricordo biografico del nipote del Conte, Ales­sandro Zanetti 147: il Bonaparte, sceso <<in Italia a coronarsi re a MilanO>> nel '05, <<incontrando a Pavia Cicognara, il quale era allora passato dal Consiglio legislativo al Consiglio di Stato, gli strinse la mano, dicendogli: Ah! Cicognara nou.s avons été brouil­lés, mais nou.s avonsfait la paix>> 148

• L'atteggiamento dell'eretico relapsu.s il Cicognara tuttavia non saprà più scrollarsi di dosso.

Eppure, agli occhi del sovrano, la sua <<tele folle>> nei due anni decorsi doveva aver recuperato il suo piano di equilibrio. Manife­stando da Saint-Cloud il 4 fiorile dell'anno XI (24 aprile 1803) approvazione per i provvedimenti della Consulta a riguardo del

146. La lettera, del20 ventoso dell'anno XI (11 marzo 1803), comincia: «Je n'ai pu voir qu'avec une vive douleur les principaux fonctionnairs de la République exalter les tétes et provoquer toutes les passions conlre la France. Tous les efforts que j'ai faits pour rendre l'Italie à l'indépendance seraient-ils infructueux? Et serait-il irrévocable­ment dans le sort de ce pays de ne jamais rien ètre? Quel est le plus grand crime que puisse commettre au aujourd'hui un citoyen contre le bonheur et la tranquillité publi­que? N'est-ce pas d'inviter ses compatriotes à payer les Français de la plus noir ingrati­tude, et montrer à ceux-ci le compte qu'ils doivent faire sur les sentiments cles citoyens de la République italienne? Ce sont cles conseillers d'état, cles généraux italiens qui parlent de Zama et de Scipion! Mais ces parallèles, qu'on à peine à saisir, se traduisent ici par l'image cles Vépres siciliennes, qui sont plus modernes. La faiblesse du gouver­nement, à Milan, passe tout ce qu'il est possible de concevoir•• (Correspondance de Napoléon rr, puhliée par ordre de l'Empereur Napoléon III, VIII, Paris, lmprimerie lmpériale 1861, pp. 294-6 n° 6622, a p. 294). In sintesi, gli stessi concetti riassumeva Marescalchi a Melzi il1° aprile: la punizione era venuta «per l'eccess·o d'ingratitudine di cui soprattutto Cicognara era annerito•• (Carteggi Melzi, IV, p. 212 n° 1055).

147. «Cicognara aveva ripetutamente dichiarato che non sarebbe mai per tornare a Milano senza un luminoso risarcimento, la reintegrazione nel suo grado, il pagamento degli arretrati ed una missione di confidenza. Melzi, col troppo apertamente favorirlo, fomentava le invidie che eransi scatenate contro di lui. Un anno intero passò prima che gli fosse resa giustizia, ma persistette, e l'ottenne•• ([A. ZANETTI], Leopoldo Cicognara. Cenni puramente biografici, Venezia, Lampato 1834, p. 28); le costanti premure di Melzi per ottenere, con l'intermediazione di Marescalchi a Parigi, il perdono presiden­ziale risultano all'evidenza dai Carteggi Melzi (si consultino gli indici, ad n. Cico­gnara).

148. [ZANETTI], Leopoldo Cicognara ... , p. 28; l'aneddoto è i-ipreso dal MALAMANI, I, p. 295, e già nel profilo biografico del Cicognara di F. ZANOTTO nella Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de' contemporanei, compila­ta da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del Professore E. DE TIPALDO, X, Venezia, Cecchini 1845, pp. 35-52, a p. 42.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 403

Conte, con non dissimulato rammarico Napoleone aveva scritto al Melzi:

L'arrété de la Consulte m'a paru convenable, et tout ce qui me revient, par les Italiens que j'ai li eu de voir ici, me persuade que vous avez bien fai t de débar­rasser les conseils de la République d'une téte aussi folle que Cicognara. Je ne laisse pas d'en etre un peu peiné, parce que c'est un cles premiers hommes que j'ai employés en ltalie. Si l'assiette de sa téte se rétablit, il peut compter que j'oublierai tout, par le meme principe que je n'oublierai jamais qu'il a été utile au système dans cles temps critiques149

Indulgendo all'autoencomio quando Napoleone (un Bonaparte «cedevole>> e incline a scorgere di proprio torto)150 non potrà più leggere né ascoltare, nel Breve cenno autobiografico del 1829 il Conte (che per oltre un decennio era stato confermato Presidente della Veneziana Accademia ormai Imperiale e Regia dall'ammi­nistrazione absburgica) scriverà:

Subii una peripezia, creduto complice dell'approvazione a certi bellissimi versi stampati sull'Italia dal capitano Cerroni151, e stetti nel castello di Milano un

149. Correspondance de Napoléon JC' ••• , VIII, pp. 369-70 n° 6711 (anche in Carteggi Melzi, IV, p. 301 n° 1109, nonché nel MALAMANI, I, pp. 269-70). La lettera del perdono è del28 germinale XII(= 18 aprile 1804), da Saint-Cloud: «Citoyen Melzi, je consens avec plaisir à ce que Cicognara retourne chez lui et soit de nouveau employé pour le service de la République. S'il a commis quelques fautes, je dois me souvenir cles services qu'il a rendus dès la naissance de la République, où il a fait preuve de courage et de dévouemenb• (Carteggi Melzi, VI, p. 128 n° 1855, e cfr. la lettera di Marescalchi a Melzi del 20 aprile 1804, p. 130 n° 1860; anche MALAMANI, l, p. 292). 150. È peraltro molto dignitosa la lettera di ringraziamento per il perdono, che il Melzi «compiega>>, con altra a Murat, scrivendo a Marescalchi ill5 maggio 1804: «Mi Veggio annunciare, Cittadino Primo Console Presidente, che vi è ripiaciuto di ridonarmi la vostra confidenza e richiamarmi al servizio della Repubblica; e nell'estendervi perciò i sentimenti della mia riconoscenza e nell'assicurarvi che non perderò occasione per convincervi della lealtà di questo mio sentimento e meritarmi nuove conferme della vostra fiducia, sono felice che un tale incontro mi abiliti ad esternarvi un senso di piena consolazione nel vedere conservata, coi preziosi vostri giorni, la prosperità nazionale a cui la bassezza de' nostri nemici aveva osato di attentare. L'Augusto Corpo a cui io appartenevo e a cui mi ridonate vi ha già data una pubblica testimonianza della sua esultanza per questo avvenimento; e il mio silenzio, riuscendomi profondamente doloro­so, non poteva essere interrotto in un momento più opportuno di quello in cui generosa­mente mi aprite il campo di esternarvi la piena mia gratitudine e l'intima persuasione che la felice esistenza della nostra Repubblica è legata a' vostri gloriosi destini con un nodo indissolubile. Mi riunisco alla mia famiglia e alla mia Patria coll'animo penetrato da questa verità e dall'alta considerazione e profondo ossequio che vi professo. Cico­gnara» (Carteggi Melzi, VI, pp. 196-8 n° 1943; la lettera di Cicognara a Bonaparte a p. 197). 151. Della «bellezza» dei versi del Ceroni (versi che possono le~~ersi anche nel MA-

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mese, poi assente .dallo stato un anno. Persistetti inflessibile; Napoleone ce­dette, vide il suo torto; mi rimise al mio luogo, ed io poco dopo, rimasto vedo­vo, con una insistenza incredibile fui il solo Italiano che ottenne a forza la dimissione dai priini onori, cariche ed emolumenti, nel convincimento che nulla poteva farsi in tale stato di cose per la vera e reale felicità dell'Italia, alla quale soltanto io mirava, e non ad altro. Increbbe questa mia risoluzione, senza esempio nè prima nè dopo. Non mi negai però alla fondazione di uno stabilimento di belle arti in Venezia, poichè non voleva io essere additato come nemico del governo, b~nchè non ne amassi li principii152

27. Sentimenti, non si sa di quanto retrospettivamente tinti, che almeno in parte rendono ragione della reattiva suscettibilità delle esasperate autorità napoleoniche.

Alle quali, oltretutto, l'eventualità di un'intenzione parodica nel soggetto asinino non doveva suonare implausibile, se alla data del 28 ottobre 1801 nel Diario dei Mantovani si legge di un altro «luguzzon»: «Questa mattina fu trovato a Porta Romana un asino ritto in piedi, semivivo, magro e spolpatissimo con tre gran pen­nacchi in testa ed un nastro a tre colori in vita, ed un cartello al collo: "Lasciate passare il primo console cisalpino". Poco dopo morì» 153•

Tanto più doveva aver irritato il di Breme l'improvvida ubica­zione di quel «iuguzzon d'on asen», proprio nell'area dell'erigen­do Arco della Pace154

. Dell'accreditabilità, alle orecchie di un pubblico sensibile al tasto del campanile155, della tesi 'satirica' vegeto e poetico documento si accampa l'apocrifo portiano.

LAMANI, I, pp. 239-43) il Cicognara doveva essere convinto; il 10 dicembre 1802, dando l'avvio alle proprie disavventure, cosl scriveva alloro autore:«! più bei versi che io m'abbia letti da sette anni a questa parte, in cui non hanno taciuto i poeti ed hanno scritto con mediocre facilità, sono quelli che mi avete mandati» (DELLA CROCE, Docu­menti ... , p. 311; non per nulla il postillatore della copia inviata a Napoleone, che il Della Croce opina di poter identificare con il Murat, commentava: <<Il faut lire toute la lettre quoi qu'el1e paroisse long~e. Rien n'est plus mechant l !l»; una copia della lettera del Ci cagnara al Ceroni è anche in Carteggi Melzi, IV, pp. 112-3; e già nel MALAMANI, l, pp. 244-5). 152. Breve cenno di Leopoldo Cicognara intorno alla propria vita, premesso alle Opere del Conte Commendatore LEOPOLDO CICOGNARA Ferrarese, I [unico uscito], Belle arti in generale, Venezia, Lampato 1834, pp. VII-XI, alle pp. VIII-IX; a p. VII n. l si legge che la memoria «fu scritta nel 1829, ad invito di uno dei più distinti letterati italiani» e pubblicata nella «Ricreazione)) di Bologna del 15 maggio 1834;

153. MANTOVANI, Diario ... , I, p. 357.

154. Cfr. n. 135; nell'auloapologia il Cicognara si cura di sottolineare l'ispirazione remota del suo paesaggio (cfr. n. 133). 155. Delle rivalità che tradizionalmente opponevano Venezia a Milano tratta, in rela-

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 405

«L'ira dei potenti presto si accende, e tardi si estingue»

28. V areato il guado dell'affare Ceroni, il Conte non poté recupe­rare una tranquilla serenità nel commercio con i potenti. Seroti­na, non trattenuta amarezza trapela nel suo rivolgersi, nel 1813, al difensore di un tempo, il già Vice-Presidente e ormai Duca di Lodi Melzi, per raccomandarglisi nell'impresa poderosa della stampa della Storia della scultura, la «grande opera»:

Dicesi amara la fronda del lauro, ma non vorrei che per la mia famiglia fosse un assenzio. S. M. ha degnato non solo di approvare che gli sia intitolata quest'opera, ma ne ha anche vista ed aggradita la lettera di dedica. POteva egli pure accompagnare queste sue approvazioni con qualche meno sterile contra­segno di bontà. Ma protezione e fortuna non sono più per me, dal momento che il mio pianeta cangiò direzione156•

Il suo pianeta aveva cangiato direzione molti anni prima, e questa tardiva e solitaria amarezza, nell'imminente catastrofe del primo Impero (a percepire l'entità delle conseguenze di quel momento epocale, basti posare gli occhi sulle lettere del '14 del certo non francofilo Giordani) e di quanti alle sue avevano sposato le pro­prie sorti, umanamente toccante, è pertanto meno significativa di altri rivelatori indizi, collegati al tempo in cui il Conte sedeva nel cuore dello Stato.

Esisteva un partito di suoi nemici milanesi? Il 28 febbraio del 1803 (nel bel mezzo, dunque, della vicenda di Timone Cimbro) Melzi scriveva a Marescalchi a Parigi: «Salimbeni, il legislatore

zione all'ambiente dell'Accademia veneziana, la BASSI, La R. Accademia ... , pp. 86-7 (alla gelosia di Venezia per la scelta di Milano a capitale del Regno accenna l'ISELLA, Milano capitale ... , in l Lombardi. .. , pp. 103-20, a p. 115). Segnalo, a titolo di curiosi­tà, in una miscellanea di Bosinade conservata alla British Library sotto la segnalura ll429.aaa.l5, l'inserto [XXXIII} (allro esemplare è nella miscellanea 11429.ccc.2), di pp. 8: DIALOGO l TRA IL MARITO VENEZIANO, l E LA MOGLIE MILANESE. l Sul merito se sia meglio vivere in Milano l o in Venezia l MILANO. l Dalla Stamperia Tamburini (risalirà ai primi decenni dell'800): consta. di otto stanze di dodici versi aspiranti alla misura ottonaria (la versificazione è pericolosamente traballante), a rima baciata, che indirettamente si rifanno ad una tradizione di contrasti cittadini di ascen­denza. almeno cinquecentesca. 156. Lellera al Duca di Lodi dell'8 gennaio 1813 (Carteggi Melzi, VIII, pp. 312-3 n° 570a, a p. 313; cfr. anche più ollre: «io non supposi poi anche che, dopo i servizi resi in tempi assai difficili, e vari ed importanti, non mi fossi potuto meritare, nel mio ritirarmi in seno degli studi, una pensione e un qualche grado di onorificenza mag­giore»).

406 CLAUDIO CIOCIOLA

che sbuffa per non esser qualche gran cosa di più, ha una giurata nimicizia con Cicognara ed un odio secreto per me. Fa credere al generale [Murat] che Cicognara è padrone delli intimi miei consi­gli, gli fa credere ch'egli è uno dei capi cospiratori contro i Fran­cesi: con ciò crede perdere due persone in un sol colpo. Voi conoscete Cicognara più di me. Voi potete giudicarlo quindi me­glio di me» 157.

Lo stesso Melzi, d'altronde, riscrivendo al Marescalchi il lO maggio, e compiegandogli un'assai nobile lettera del Conte, che doveva servirgli di mezzo «ond'essere ribenedetto» 158, ne prefi­gurava un reimpiego - anzi, una «nicchia» - ben altrimenti ta­gliata: <<Sembrami che la sua vera nicchia sarebbe non più per le funzioni del Consiglio, ma sebbene una qualche ispezione sulle arti e oggetti analoghi, che egli intende, per cui ha genio e dove potrebbe realmente esser utile>>)159. Con ciò prevenendo una si-

157. Carteggi Melzi, IV, pp. 76-80 n° 955, a p. 78; la frase suscitò questa postilla del Bonaparte, che suona (riabilitazione o meno) sentenza inappellabile: «La lettre trouvée de Cicognara prouve or qu'il n'est qu'un sot sans talent. Ce n'est pas le homme que j'avais connu» (p. 78 n. l). Postillando le riserve avanzate, nella stessa lettera, dal Melzi circa la condotta tenuta dal Murat nella circostanza, che aveva condotto all'arre­sto di Ceroni Cicognara e Teulié, Napoleone del resto scriveva: «Moi je les eut fait fusiller!!)) (p. 79 n. 2).

158. Ne stralcio un brano significatiyo (le lellera di Cicognara a Marescalchi è datata 3 maggio): «Voi conoscete le mie opinioni, la mia vita publica e privata; voi sapete se la mia carriera sortl un istante dal servizio dell'onore; voi sapete se in sette anni che ho prestati non gli ultimi servizi alla Patria è stata mai portata la voce del reclamo contro di me; voi sapete s'io ho fatti sagrifici, fatiche, se ho pagato una buona parte di tributi di amicizia per la ragione pubblica. Lo stesso Primo Console sa benissimo, e mi ha veduto egli stesso espatriato, e diviso da quanto m'appartien di più caro, e mi ha saputo in quel tempo concentrato nelle risorse delle arti e degli studi lontano e nemico degli intrighi dei malcontenti, ed egli che mi ha reso alla mia Patria e alla mia famiglia può sospettarè in me sensi d'ingratitudine? Questa è la sola cosa di che mi affliggo, poichè la sete di impieghi luminosi non mi divora, e se a questi mi ha portato colla superiore confidenza anche l'intima mia persuasione, io non mi vi sono prestato per solo pascolo di vanità o di ambizione; e la pubblica opinione avendomi giudicato (posso pur dirlo) di quella integrità che non può macchiarsi, me ne rimarrei indifferente e tranquillo per la priva­zione del mio rango, se non fosse, pel decreto che mi colpisce, gittata una ambiguità sul punto di quella riconoscenza che il mio animo non ha cessato di sentire per un momento verso il restitutore della mia Patria» (Carteggi Melzi, IV, p. 346); notevole è anche la chiusa: «Questa mia esposizione intendo di farla a voi come se al Console stesso io la facessi di persona. Non è la prima volta che sente dettati gli ingenui miei sentimenti da quella franchezza che è propria degli uomini d'onore, sebbene purtroppo è la prima volta che riguardano una apologia affettiva che mi è personale~~ (Carteggi Melzi, IV, p. 347).

159. Carteggi Melzi, IV, pp. 343-7 n° 1135, a p. 343.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 407

gnificativa raccomandazione del Marescalchi del 24 maggio, ri­voltagli quando l'affare sembrava destinato a rientrare: <<Osserva­te bene, perdonatemi, se nel posto che credete convenirgli non caccierà sossopra tutto il mondo e non ne avverranno nuovi disordini>> 160.

29. E invece, a distanza di due anni, ecco il Conte di bel nuovo sotto i riflettori, questa volta in qualità addirittura di Consigliere di Stato. Ma è sufficiente che Madame de Stael giunga a Milano «con molte lettere commendatizie, alcune delle quali scritte da persone di altissima distinzione», e tra queste una per la moglie del Conte «consegnatale semi-diplomaticamente da Bossi ex­Penitenziere»161, perché il Cicognara si precipiti (12 gennaio 1805) ad avvertire il Melzi, in quei giorni a Parigi, di essersi trovato in obbligo di accogliere sotto il suo tetto la Baronne:

non ignoro punto che l'Imperatore non le pennette di rimanere a Parigi, e per conseguenza essendo in certa maniera priva del suo favore, facilmente si può coglier partito, onde mettere in mala vista le persone che le hanno usato qual­che attenzione. So altresì che per tutto il mondo può essere innocentissimo ciò che in me potrà ritorcersi a senso equivoco, per la disposizione con cui si malignano le azioni più indifferenti. [ ... ]Il vergognoso sinedrio stabilito nella comitiva Corner- Salimbeni- Grimaldi ha fatto commenti su tutto[ ... ] e per quanto mezzo sempre immondo, non mi fa meraviglia se giungerà anche a Parigi qualche bel tratto dipinto, per cui ho creduto dovervi prevenire, cono­scendo la mia situazione162 .

Cautele forse eccessive, ma insomma non immotivate. L'll mag­gio 1805 il Monti così scriveva da Milano alla Stael, in attesa ansiosa del placet che la riammettesse in presenza dell'Imperato­re, approdato in Italia: «Il sentimento di Moscati intorno alla vo­stra venuta ve l'ho già scritto, e non mi resta che ricordarvi la sentenza d'Omero che l'ira dei potenti presto si accende, e tardi si estingue. Mad. a Cicognara (di cui avete già ricevuta la lettera) ne

160. Carteggi Melzi, IV, pp. 381-2 n° 1163, a p. 382. 161. V. anche MALAMANI , l, p. 293. 162. Carteggi Melzi, VII, pp. 243-4 n° 2410; il «vergognoso sinedrio)) richiama alla mente i «sinedrii di letterati, che seggono ferocemente alla facil censura dell'altrui, senza mai dar nulla di Grande del proprio)) nella lettera al Vaccari del 4 giugno 1813 (cfr. § 7).

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fa l'esperimento a sue spese. In voce udirete che dure parole Sua Maestà dicesse al marito nel primo suo presentarsi» 163•

30. Nel vergognoso sinedrio, Salimbeni è nostra vecchia cono­scenza; ma non può sfuggire la stoccata indiretta all'ex-pe­nitenziere Bossi164• «Monsignor Bossi>>, come lo titolerà il sem­pre benevolo ex suddiacono benedettino Giordani (Luigi Bossi è uno dei tanti ex del periodo), già incaricato d'affari a Torino, vi aveva trascorso i primi mesi del '99 <<in un clima di sospetti e delazioni, dirette in modo particolare contro alcuni membri del cosiddetto partito unitario antifrancese>> 165

Che di mezzo possa esserci andato anche il Cicognara, all'epo­ca ministro plenipotenziario presso la Rea! Corte, sembra proba­bile. È certo che al Bossi in quegli anni Massimiliana Cislago <<attribuiva in gran parte la disgrazia del marito presso il Diretto­rio di Francia>> 166• Scrivendogli nell799, gli raccomandava: <<sta in guardia contro Serbelloni, e particolarmente contro i piemonte­si>>, e per questi ultimi, secondo il Malamani, <<ella intendeva certamente gli amici del Bossi» 167

• Così, il 9 nevoso (= 29 di­cembre) 1798 il Monti scriveva a G. B. Costabili Containi a Fer­rara: <<È venuto un decreto di Francia che ordina al nostro Diret­torio di richiamare Cicognara, perché si è. permesse delle impru­denti e pazze proposizioni contro l'operato di Rivaud>> 168, e il 4 piovoso(= 23 gennaio) dell799 aggiungeva: <<Serbelloni scrive

163. MONTI, Epistolario, Il, pp. 411-2 n° 911, a p. 411. 164. Come si ricava dalla cit. voce di L. SEBASTIANI, DBI, XIII, p. 326, il Bossi era stato, nel dicembre dell804, accompagnatore della Stael a Torino, e l'aveva introdoua al Monti in Milano. Dell'intrinsechezza creatasi tra i coniugi Cicognara e la Stael ci si può fare un'idea dalle lettere a lei indirizzate dal Monti nei primi mesi del 1805. Di qualche problema insorto nei loro rapporti sembra far fede in specie una lettera del Monti del 28 aprile: «Madama Cicognara ha sofferto ne' scorsi giorni una piccola indi­sposizione, che le ha tolto il poter rispondere a posta corrente. Vi scrive quest'oggi, e mi prega di far fede dei motivi che hanno ritardata la sua risposta. Ella vorrebbe pure dar esecuzione al suo piano di viaggio a Padova e Verona, siccome erasi già proposta; ma finché l'Imperatore Napoleone farà soggiorno in Italia, suo marito come consigliere di Stato non potrà abbandonare Milano, né il potrò neppur io come membro dell'Istitu­to» (MONTI, Epistolario, Il, pp. 407-9 n° 907, alle pp. 408-9).

165. L. SEBASTIANI, nella cit. voce del DBI, XIII, p. 325.

!66. MALAMANI, l, p. 145.

167. MALAMANI, I, p. 145.

168. MONTI, Epistolario, Il, pp. 165-6 n° 659, a p. 165.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 409

che lo stesso Cicognara gli ha diretta una lettera pazza, e che il Direttorio ha acquistato delle ulteriori ragioni per ordinarne, SIC­

come ha fatto, il richiamo» 169.

31. Se dal tono della lettera onagro-politica al di Breme s'intui­sce che i suoi rapporti con il Bossi non dovevano essere dei mi­gliori, una conferma, resa tanto più significativa dal notevole iato cronologico, nella cornice di radicalmente mutate condizioni poli­tiche, la si ricava da un accenno del Giordani del 21 marzo 1817 (s'invita il Conte a partecipare all'iniziativa di un nuovo periodi­co, inteso a soppiantare la «Biblioteca Italiana»): «Uscirà a mo­menti il manifesto, il quale al publico mostrerà i nomi di tutti quelli che a questa impresa danno il nome; e fra poco vi si ve­dranno tutti i migliori d'Italia. Tutti quelli di Milano sono già d'accordo (restano solamente agli stipendi e sotto il vessillo del­l'Acerbi il tuo grande amico monsignor Bossi, e il mio grande amico Rossi Crostolio)>> 170

. Il Bossi con regolarità ragguardevole collaborava alla <<Biblioteca>>.

Ill6 novembre 1810 il Porta scriveva alla moglie Vincenza: «li latore di questa è il Zio del nostro Peppo ed è uno dei primi luminari di Milano. Se gli offrirai un lampedino da accrescere lo splendor suo non lo rifiuterà>> 171 .

«Sull'orme del Pussino, o del Lorenese»

32. Non valessero giustificazioni di carattere generale, bastante ragione dell'ispirazione dell'incriminato quadretto del Cicognara renderebbe l'invocato ombrello delle coniugate autorità di Pous­sin e Lorrain. Abbinamento tradizionale nella storiografia arti­stica172; già declinato dal Cicognara in due luoghi almeno dei

169. MoNTI, Epistolario, Il, pp. 169-70 n° 663, a p. 169. 170. GIORDANI, Lettere ... , l, pp. 89-91 n° LXVIII, a p. 90. 171. Lettere, pp. 117-8 n° 72, a p. 118 (e cfr. la n.); è questo l'unico accenno a Luigi Bossi nell'epistolario portiano; notevole è che questi sia detto «zio» di Giuseppe (nel testo è uno scherzoso gioco di parole su «lampedino» = 'bicchier di vino').

172. V. per es. il Saggio introduttivo di C. GNUDI a L'ideale classico del Seicento in Italia e la pittura di paesaggio, Catalogo, Testi critici di F. ARCANGELI, G. C. CAVALLI,

A. EMILIANI, M. KITSON, D. MAHON, A. MEZZETII, C. VoLPE, Prefazione di G. BAZIN,

410 CLAUDIO CIOCIOLA

Ragionamenti Del Bello, editi in Firenze (ma stampati in Pisa) e umiliati alla maestà di Napoleone l'anno precedente la lettera al di Breme173; ripreso ancora in un discorso accademico del '22: <<E mentre io vi parlo, o giovani, gran parte de' vostri Colleghi passeggia il suolo Romano sull'orme del Pussino, o del Lorene­se»174. Così, per il nordico viaggiatore, <<al pallido raggio che penetra furtivo le doppie imposte de' suoi gabinetti col rischiarar­si le tele vagamente dipinte da Pussino, o da Claudio, o da viventi imitator celebrati, pare che il suo conforto si rinnovelli, e scemi il vigor del suo verno, e ogni più lieta ricordanza il mantenga quasi in possedimento delle godute delizie>> 175

• •

La dedica dei Ragionamenti, s'intende, cadrà nelle edizioni

Saggio introduttivo di C. GNUDI, 8 settembre - 11 novembre 1962, Bologna, Palazzo dell'Archiginnasio, Bologna, Alfa 19622

, pp. 3-37, e ancora, per la pertinenza 'neo­classica' della iunctura, R. AssUNTO,. L'antichità come futuro. Studio sull'estetica del neoclassicismo europeo, Milano, Mursia 1973, pp. 146-7 (nonché R. ASSUNTO, Verilà e bellezza nelle estetiche e nelle poetiche dell'Italia neoclassica e primoromantica, Roma, Quasar 1984, passi m; in part., p. 374: «in questa ammirazione e riconoscimento di esemplarità al cosiddetto «paesaggio eroico)) del Poussin e del Lorenese potendosi riconoscere una congenialità di gusto tra il Cicognara (che tra i primi in Italia aveva letto le Osseroazioni sul Bello e il Sublime di Kant), e grandi teorici e scrittori del Romanticismo, quali Chateaubriand e Augusto Guglielmo Schlegel, del Lorenese e del Poussin apologeta critico nelle Lezioni berlinesi dell80l»); d'altronde ROMANO, Stu­di ... (con rimandi alle fonti in part. alle pp. 139, 151, 160). 173. Nella cit. cart. «Cicognara~~ presso l'Archivio di Stato di Milano, Diplomatico­Autografi, Uomini Celebri, 172 (Cicognara) si conserva una lettera s. d., ma protocolla­ta in arrivo il25 maggio 1808 (n° ll492), «A Sua Eccellenza Il Sig. r Ministro dell'Inter­no>~, vale a dire al di Breme stesso, con la quale il Cicognara accompagna un esemplare del suo •<Lavoro sul Bello umiliato alla Maestà del Nostro Sovrano» («[ ... ] Non ho ancora publicata quest'opera, perché recentemente spedito l'esemplare di Dedica a Parigi, e se mai in Italia ne circolasse qualcuno non è stato che per inavvedutezza degli Editori che non si sono opposti al desiderio e alla curiosità di alcuni che l'hanno richie­sta. Non ritardo di innoltrare a V. E. quest'attestato del mio ossequio come ad amatore appassionato delle belle arti, pregandola a voler onorarmi della Sua indulgenza nel caso che voglia in momenti di riposo e d'ozio (che saranno ben pochi) volgere gli occhi su quelle pagine, che spero siena agevoli a leggersi almeno per la nitidezza Tipografica. [ .. -l"). 174. Profusione ai Discorsi letti nella I. R. Accademia di Belle Arti in Venezia per la distribuzione de' premi il dì IV. agosto MDCCCXXII, [Venezia], Picotti [1822], pp. 3-15, a p. 13 (con qualche imprecisione, il passo è citato da L. CoLETII, L'arte dal Neoclassicismo al Romanticismo, in La civiltà veneziana nell'età romantica, [Firenze], Sansoni [1961], pp. 129-54, a p. 133). Il Malamani, senza specificare la sua fonte, afferma che a Modena, nel 1795, il Cicognara «andava pure disegnando e dipingendo qualche paesaggio, sullo stile semplice e naturale del Claudio>~ (MALAMANI, l, p. 85). 175. Profusione ... , p. IO.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 411

che succederanno. Merita nondimeno di esser letta176, anche per

l'esplicito riferimento ai fatti che indirettamente preludono allo sdrucciolamento asinino:

Sire. Due grandi ragioni fanno ch'io presenti umilmente a V. M. l'omaggio di questo lavoro sul Bello. L'una è perché le Arti, che appunto dal Bello prendono il nome, non sanno cessare da l'invocarla, e come a primo lor Mecenate .offrir! e ogni tributo. Esse ambiscono di veder gareggiare la magnanimità d'un gran cuore colla gloria di quel braccio possente, che sta imponendo la pace a la Terra stupefatta, per cui i posteri potranno chiamare a buon diritto l'età nostra "aureo secolo di Napoleone". L'altra ragione, per me non meno efficace, si è il desiderio vivissimo che ho di dare a V. M. con una dimostrazione d'ossequio un attestato di somma riconoscenza, giacchè l'avermi restituito a la dolce tran­quillità di quegli studj, cui furono sacri i migliori miei anni, è da me riguardato come il dono più prezioso che venir mi potesse da la Sovrana Clemenza177•

La musica non muterà nella dedica del primo volume della prima ed. della Storia della scultura ( <<aggradita>> dal sovrano, ma senza porgere <<contrasegno» del proprio compiacimento)178:

Sire. La Vostra grandezza, che quasi con religioso terrore sarà ammirata dai posteri, infonde nella presente età un ardimento e una fiducia, per cui ciascu­no quanto può desidera e procura di farsi non indegno del Vostro secolo. Di qui ho preso anch'io l'ardire ad imprendere con tutte le mie forze un'opera di non basso pensiero: la Storia della Scultura dal suo rinascere in Italia sino al Vostro Regno; e a questo concetto mi sollevai desiderando, che anche dopo me duras­se qualche pubblico e non ignobile segno che la miglior parte della mia vita fu consecrata al mio Re, e che passando dal Regale Consiglio al silenzio degli studj, non proposi a queste nuove fatiche altro fine fuorchè la gloria del Vostro secolo, e della Vostra Italia. Perciò confido che l'omaggio della mia persona e della mia opera sia benignamente accolto dalla Imperiale Clemenza179•

176. Così giudica anche C. DIONISOTII, Pietro Giordani, ora in Appunti ... , pp. 79-101, a p. 88 e n. 15, 177. CICOGNARA, Del bello ... , pp. n. n. successive al frontespizio. Che il Cicognara, «per rendere meno aspra la inchiesta della sua total dimissione, pregò di poter intitolare a Napoleone il suo libro sul Bello» si legge nel profilo biografico dello ZANOTIO, in DE TIPALDO, Biografia ... , X, p. 43. 178. La minuta, cori infime varianti, della dedica, recante l'approvazione firmata dal Viceré Eugenio Napoleone da Mosca, il 6 ottobre 1812 (cfr. MALAMANI, II, p. 70), è conservata all'Archivio di Stato di Milano; Diplomatico- Autografi, Uomini Celebri, 121 (21). 179. [L. CrcOGNARA], Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo di Napoleone, Per servire di continuazione alle opere di Winkelmann e di D'Agincourt, l, Venezia, Picotti 1813, pp. 3-4; i voli. II e III, apparsi presso il medesimo stampatore rispettivamente nel1816 e nel1818, modificheranno nel frontespizio •<secolo di Napo­leone}> con «secolo XIX}} (cfr. n. 75).

412 CLAUDIO CIOCIOLA

33. Quanto a Claudio e al Pussino, gioverà citare i luoghi dei Ragionamenti, per imbandire un assaggio della prosa non medio­cre di quella celebrata summula di estetica neoclassica, pervasa di lieviti protoromantici: ne renda fede la variotinta quercia del passo che ci accingiamo a leggere180• Che alligna nel Ragiona­mento primo, Della Natura e dell'Arte181

:

[ ... ] osserviamo, a cagion d'esempio, sul dorso d'un bel colle una quercia cresciuta felicemente, che serbi [abbia] intatti i suoi rami, e che abbia sostenu­to illesa il rigore di cento inverni. Late radici le formano solida base, tra l'argilla ed i macigni; complica superiormente ed intreccia e dispiega con biz­zarria le immense sue braccia; la variotingono gialli, verdastri o bianchi liche­ni; e sul tronco si stendono l'ellera ed il museo, a render più variata ancora e più bella la rugosa sua scorza: essa ridonda di tal vita, che la vegetazione parassita non toglie, anzi accresce il suo bello: ecco un felice contrasto ed una proporzione arcana di colori e di forme~ che presentano all'arte un modello così perletto, che [cui] nulla aggiugner vi [om.] potrebbero Claudio o Pussino182;

180. AssUNTO, Verità ... , pp. 51-62 (a p. 57 un apprezzamento delle qualità della prosa descrittiva del Conte, che a giudizio dell'autore gli meriterebbe «Un posto in una antologia di scrittori italiani di paesaggio esemplata su quella, meritamente famosa>>, del Borchardt); per un'analitica e documentata discussione dei contenuti del trattato, v. ora FEDI, Ideologia ...

181. Quanto all'ed. da prendere a riferimento nel citare, collazionati i due passi nelle quattro edd. del trallalo impresse in vita o immediatamente dopo la morte del Cicogna­ra, e cioè, oltre alla pisano-fiorentina (già ci t. alla n. 17): quella pavese (Pavia, Bizzoni 1825 [ = Collezione dei classici metafisici, XLV]), quella milanese (Milano, Silvestri 1834 [ = Biblioteca scelta di opere italiane antiche e. moderne, 330]) e la veneziana (CICOGNARA, Opere ... , I, pp. 13-221), ne concludo: che la milanese è sostanzialmente descriPta dalla pavese; mentre quest'ultima offre varianti di sostanza non irrilevanti a fronte della princeps (cfr. anche P. BAROCCHI, Testimonianze e polemiche figurative in Italia. L'Ottocento. Dal Bello ideale al Preraffaellismo, Messina-Firenze, D'Anna [1972], p. 9); che l'ed. rispettosa delle volontà ultime dell'autore è però la veneziana («Questa che ora noi presentiamo al pubblico, la quale se per ragion di tempo deve tenersi la quarta, confidiamo che facilmente si terrà la prima per ragion di correzione, offre assai numero di maggiori sviluppi d'idee e di varianti di frasi: le quali cose tutte abbiamo religiosamente tratte da una copia dell'opera postillata di mano dell'autore, e destinata alla ripubblicazione di tutti i suoi scritti che, allorquando fu colto da morte immatura, stava appunto disponendo, ed a noi stessi aveva affidato eseguire: voto al quale colla presente edizione ci affidiamo di dare conveniente compimento»: CICOGNA­HA, Opere ... , I, pp. XXIV). Si citerà dunque dall'ed. veneziana, «la più corretta» anche a giudizio del MALAMANI, II, p. 406, includendo entro parentesi quadre le va­rianti di sostanza dell'ed. dell'08, tanto prossima agli eventi che ci stanno occupando. Di altro avviso è la FEDI, Ideologia ... , p. 35 n. l, che segue l'edizione pavese, <<con ogni probabilità l'ultima approvata dall'autore».

182. CrcoGNARA, Opere ... , I, pp. 18-9; nell'ed. pisano-fiorentina il passo corrispon­dente alle pp. 4-5.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 413

l'altro passo, più notevole, nel Ragionamento settimo, Del bello Ideale, e delle cause che possono svilupparlo:

Lo stesso avviene della natura agreste; e perciò piena d'artificio e di giudizio dev'essere la scelta dell'artista nell' [per] accumulare le bellezze ideali. Salva­tore Rosa, quantunque con tratti grandiosi e senza servile imitazione, pure ha colpito spesso i quadri della natura poco curando la grazia, la eleganza e la nobiltà [con poca grazia, eleganza e nobiltà]; e le sue opere sono prive qualche volta di quella elevatezza che è riunita nel Bello Ideale. Ho veduto sino [persi­

. no] che talvolta [om.] l'aria dei suoi paesi quasi somiglia allo scabro delle sue roccie, per non essere liquida e va porosa, ma [e] brillante soltanto per taglienti [arditi] effetti di luce. I suoi terreni sono spesso aridi, senza frescura, senz'u­mido, e senza quel verde smalto che invita al riposo; il suo carattere, sebben libero ed energico, è sempre selvaggio e rude; e per quanto io l'abbia in pregio, e superi gli Olandesi ed i Fiamminghi per la scioltezza del suo stile, sarà però sempre un artista d'un grado [rango] inferiore a Claudio ed a Pussino. Il Lore­nese, all'opposto di Salvatore, convinto che non si arriva alla Bellezza pren­dendo ad imitare gli oggetti [gli oggetti ad imitare] così alla rinfusa come li presenta la natura, ha scelto i più bei momenti del giorno per le sue arie, or umide e fresche sul nascer del sole, ora calde e vaporose sull'appressar della sera: ha fuso con tal magistero le sue tinte, passando insensibilmente dall'az­zurro più forte alle tinte più luminose presso agli estremi orizzonti, che produ­ce tanta illusione, come se fosse aperto un vano nella parete, e l'aria vera si vedesse in luogo del quadro; anzi talvolta maggior luce ho veduto [veduta] colpirmi negli occhi ove pendeva uno dei suoi paesi maravigliosi, che non ne veniva altrettanta quasi dall'opposta finestra. E nobiltà aggiungendo sempre agli studii fatti sul vero d'ogni più bella forma d'alberi, di colline, di edificii, evitando ogni affettazione ed ogni deformità; e semplificando talvolta le compo­sizioni e le ridondanze della natura, tenendo ov'era più conveniente gli oggetti dell'avanti del quadro più grandiosi, col sagrificio magico d'ogni minuta parte lontana [dettaglio lontano], ha ottenuto un mirabile effetto, un prodigioso in­canto di colori, di forme, di prospettiva, per cui si è costituito [che lo costitui­sce] il primo assolutamente nella sua sfera183•

«Pezzi pittoreschi frammisti di prato e ruine»

34. «Pezzi pittoreschi di prato e ruine>>, come scriveva al di Bre­me, popolati di «macchiette di animali>> innocenti eppur temibili,

183. CICOGNARA, Opere ... , I, pp. 196-7: nell'ed. pisano-fiorentina il passo corrispon­dente alle pp. 194-6. La triade Poussin, Lorrain e Salvator Rosa si affaccia già in una Relazione del Bossi del 1803 (in Bossi, Scritti ... , l, p. 263); v. anche RoMANO, Stu­di ... , p. 139, e, per la valutazione del Rosa in antitesi, variamente sfaccettata, o comunque in collegamento al Lorenese e a Poussin, in età neoclassica e protoromanti­ca, in Italia e fuori, AssUNTO, Verità ... passim (in part. pp. 234 e 243 n. l, 256, 257 n. 12. 261. 340-1).

414 CLAUDIO CIOCIOLA

erano magistrale specialità dell' «incolpe>> pennello del Conte; il quale, per credere al caritatevole elogio dello Zanetti, «Benché tutte le sezioni dell'arte praticamente conoscesse, predilesse la pittura di paesaggio, ed in siffatto genere condusse diverse opere che non sarebbero rifiutate per proprie da artisti di chiara fama. Amò introdurre nei suoi quadri macchiette di animali, nel toccare i quali potea veramente dirsi maestro>> 181· .

. Di siffatta maestria il Cicognara si valse anche nell'unico suo pae­saggio, flagrante ricalco dello stile del Claudio185, che non si neghi alla nostra incuriosita, ancorché presto delusa 186, contemplazio­ne: un olio su tela finito nell83l per l'amico Jacopo Treves187 ,

184. [ZANETII}, Leopoldo Cicognara ... , p. 53; dichiarazioni consimili nell'Elogio fu­nebre del Conte Commendatore Leopoldo Cicognara detto dal Canonico AGOSTINO PE­RUZZI il '3 maggio 1834 (In morte del Conte Leopoldo Cicognara. Collezione di prose e poesie, Ferrara, Pomatelli 1834, pp. 15-45, a p. 27): «Aggirandosi pe' più ameni e variati luoghi campestri, contemplarne le naturali bellezze, ammirare le antiche rovine, che al cuore ed alla immaginazione, chi ben le intende, sì altamente ragionano, dise­gnare tutto ciò che di bello e di grande gli si appresentava, ritrarlo in tela, colorirlo: questi erano i suoi più dolci piaceri. E bene delle dipinte vedute soleva più volontieri rammentarsi poi e parlarne, che de' suoi versi>>; o anche nella Biografia di Leopoldo Cicognara di P. ZANNINI, nella stessa collezione In morte ... , pp. 46-54, a p. 49: «E ovunque schizzava antiche rovine, disegnava i luoghi più ameni, e ritraeva in tela tutto ciò che di bello o di grande gli si presentava alla vista; onde quella grande abilità che era in lui, particolarmente nel dipingere il paesaggio».

185. AssuNTO, Verità ... , p. 374. 186. Il giudizio sul Cicognara pittore risulta nei contemporanei inevitabilmente con­dizionato dai rapporti intrallenuti con il personaggio; generoso è lo Zanelli nella già evocata commemorazione biografica: «Non usò poi mai l'abbozzare, ma dipingeva alla prima e con pochissimO colore; con sicurezza e prontez?a, quasi se non si fosse mai dedicato ad altro esercizio che quello del pennello» ([ZANETTI], Leopoldo Cicognara ... , p. 53). Hayez lo giudicò «buon esecutore» (Le mie memorie ... , p. 43); della stroncatura del Tommaseo si è già dello (cfr. § 17). 187. Fu esposto nella Sala de' bronzi dell'Accademia di Venezia nello stesso anno: cfr. l'Elenco degli oggetti di belle arti esposti nelle sale accademiche nell'anno MDCCCXXXI, Venezia, Tipografia di Commercio 1831, p. [ 4] («Del sig. Cav. Leopoldo Co. CicOgnara. Paese di sua invenzione dipinto all'olio pel Nobile Sig. de Treves>>), È riprodotto e descritto in Michelangelo Grigoletti e il suo tempo, Pordenone Museo Civico - Pala~zo Ricchieri; 4 Aprile- 30 Settembre 1971, Catalogo della mostra a cura di G. M. PILO, Apparato filologico a cura di A. FORNASIERI, Collaborazione· alla bibliografia e alle revisioni F. PILO, Electa s .. l el a. [ma Pordenone, 1971], p. 89 n° 50, e in Venezia nell'età di Canova ... , p. 246 n° 333 (la scheda del PAVANELLO, con alcune notizie sul Cicognara ritrattista, a p. 247); alla bibliografia ivi cit. si potrà aggiungere il cenno di N. IVANOFF, Leopoldo Cicognara ed il gusto dei primitivi, <<Critica d'arte», IV (1957), pp. 32-46, a p. 39. Il dipinto è riprodotto anche in COLETTI, L'arte ... , Lav. l a fronte di p. 144 (e cfr. p. 133), in A. MEZZETTI-E. MATTALIANO, Indice ragionato delle «Vite de' pittori e scultori ferraresi» di Gerolamo Baruflaldi, Arti sii- Opere- Luoghi, l,

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA

ritratto campestre di Grottaferrata (tav. 1)188.

415

Per quanto fitti nelle Memorie del Malamani siano gli accenni all'auività pitto­rica del Conte, praticante anche del disegno, dell'affresco e della calcografia, è oggi problematico attingere ai documenti di quegli esercizì189

• Circa i suoi paesaggi, è possibile aggiungere qualche informazione: dalla Notizia delle ope­re di disegno pubblicamente esposte nella Reale Accademia di Milano nel mag­gio dell'anno 1806, dedicata a Sua Eccellenza il Signor di Breme Ministro dell'Interno, Milano, Destefanis [1806], p. 13, e redatta dal Bossi190

, si ap­prende che in quell'anno nella «Sala delle opere moderne» di Brera ne furono esposti tre: «Al di sopra delle stampe e de' disegni li tre quadri maggiori ornati di cornice rappresentano, il p1imo a sinistra una veduta del Ponte a SeiTaglio presso ai bagni di Lucca, il secondo una veduta di Molina presso Salerno, il terzo una veduta d'un boschetto presso le Cartiere del Ponte a Serraglio suddet­to. Sono opere del Sig. Leopoldo Cicognara Consigliere Legislativo e Membro dell'Accademia». Sappiamo dal Malamani che nell'autunno del1803 il Cico­gnara, esule in Toscana dopo la scarcerazione, «recatosi ai bagni di Lucca con un piccolo assortirriento portatile di attrezzi pittorici, disegnò dal vero quei siti, maravigliosi per naturali bellezze, che diedero poscia argomento a parecchi suoi quadri» 191• Al Nicodemi due paesaggi con animali «accadde di vedere esposti nella casa di vendita Battistelli a Milano (26-27 aprile 1913) e, se non belli, certo apparivano abbastanza piacevoli>> 192. Si aggiung-a che nella scheda

Ferrara, Cassa di Risparmio 1980, fig. 189 (e cfr. pp. 89-90), e in ASSUNTO, Verità ... , p. 368 fig. 20 (e cfr. p. 374).

188. L'identificazione del soggetto (L'Elenco degli oggetti di belle arti ... parla di «Paese» d'invenzione, e di Paesaggio senza specificazioni si parla in genere tutt'oggi) può leggersi una prima volta nell'Appendice di Letteratura e Varietà della ((Gazzetta privilegiata di Venezia>> del20 agosto 1831, in una nota siglata F. Z. sulle opere che abbellivano palazzo Treves (pp. [1]-[3], in part. a p. [2]: nella ((veduta di Grotta Ferra­ta» l'autore osannante scorge addirittura «la mano di Claudio che non colora, ma crea»), e quindi nel dettagliatissimo, sferzantemente impietoso, giudizio tecnico (che riduce (<ad evidenza, quasi diremo matematica, i difetti di questa pittura>>: p. 48 n. [AJ) contenuto nell'Esame critico intorno a tre pitture recentissime esposte nello scorso anno al pubblico giudizio in Venezia, Venezia, Picotti 1832, pp. 6-12, in part. a p. 6.

189. Gli sparuti rinvii bibliografici sono reperibili nella voce del THIEME-BECKER, VI (1912), p. 573, e in quelle, equivalenti e di incerta utilità, di L. SERVOLINI, Dizio­nario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, Gorlich 1955, pp. 201-2, e di A. M. COMANDUCCI, Dizionario illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei, Quarta Edizione in cinque volumi completa­mente rifatta e ampliata a cura di una Redazione diretta da L. SERVOLINI, II, Milano, Patuzzi 1971, p. 738.

190. Ora riprodotta in Bossi, Scritti ... , pp. 335-406: in part. p. 345. 191. MALAMANI, l, p. 274; e cfr. già ZANOTTO, in.DE TIPALDO, Biografia ... , X, p. 42. 192. NICODEMI, La pittura milanese ... , p. 79 e n. 6: il riferimento, che non mi è stato possibile verificare, è al Catalogo Battistelli n° 106, lotti 129-30; secondo il Nicodemi, i due dipinti erano dal catalogo assegnati a Francesco, figlio di Leopoldo, <<ma la firma

416 CLAUDIO CIOCIOLA

dedicata al Cicognara in Appendice alle Vite de' pittori e scultori ferraresi scritte dall'arciprete GIROLAMO BARUFFALDI con annotazioni, Il, Fenara, Taddei 1846,, pp. 576-8, a p. 577, si legge: «Si conoscono alcuni lodevoli paesi da lui dipinti in gioventù, ma pochi se ne incontrano, poichè la di lui modestia poco .curava le lodi, e lasciavali in dimenticanza. Due di questi stavano presso il dott. Ci~vanni Giacometti, pochi anni sono defunto» 193 .

«L'argomento è un Sannese sciOcco»

35. A tre anni dall'edizione nelle Corrispondenze del Cantù, l'a­pocrifo sonetto anticicognaresco fu accettato nell'edizione portia­na del Campagnani. Che accoglienza gli fosse accordata sulla parola autorevole del Cantù è da credersi194; altra fu però la sco­nosciuta fonte alla quale il Campagnani attinse: risultandone le­zione non soltanto considerevolmente più corretta, ma anche lie­vemente divergente sotto il profilo redazionale.

Di suo, il Campagnani aggiunse la cruciale citazione del passo, convocato in apertura, del Diario del Mantovani: benché, secon­dando un abito non estraneo a certo galateo ottocentesco, seppe pareggiare la benemerenza erudita con arbitraria filologica male­fatta. Allegando un certificato di paternità che il Mantovani in termini tanto espliciti non rilascia affatto, trascrisse (meglio, im­bastì) senz'altro: «Corre intorno uno [!] sonetto in vernacolo di Carlo Porta ... >>

195•

Non specificò d'altronde, circostanza non trascurabile, che il Canonico sottoscrive alla notizia un'integrale trascrizione del te­sto; a brevissima distanza (nella carta affrontata e nell'identica giacitura: la metà superiore del foglio) iterando per giunta l'omag-

che recavano era soltanto "Cicognara". Meno reticente l'apprezzamento in NICODEMI, Il «Rapporto» .... , p. 211 n. 2: «Le tinte erano profonde, ben intonate; effetti d'insieme erano ricercati con sicurezza».

193. Per notizie di due ritratti eseguiti dal Cicognara cfr. infine la n. 109. 194. Nel Saggio di bibliografia portiana in calce alle Poesie di Carlo Porta ... , p. 744, è indicata l'ed. del sonetto nelle Corrispondenze, mentre alle pp. 765-6 sono più diffusamente descritte, in riferimento alle medesime, le circostanze dell'episodio. Un breve stralcio della lettera al di Breme, sprovvisto di rimandi, è del resto nella n. al so n., a p. 148.

195. Qui parlandosi di «sonetto in vernacolo», e non «in Meneghino», si ha la prova che la fonte del .Campagnani corrispondesse alla copia ambrosiana del Diario, non all'autografo: cfr. § 13. ·

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 417

gio alle veneri della musa vernacola. Il protocollo delle annotazio­ni diaristiche pertinenti al novembre dell815 suona infatti: «Ec­co un altro Sonetto in lingua milanese dello stesso Autore, che sembrami assai nitido e sensato. L'argomento è un Sannese sciocco» 196; di séguito, il son. I paroll d'on Lenguagg car sur Gorell, componimento VIII nell'ordinamento Isella del corpus portiano197. Era divulgato che il Diario del Mantovani assicuras­se testimonianza indiretta in extenso di almeno un testo portiano, il son. CV (Apoll desbirolaa de la veggiaja), in quel caso inalbe­rando a tutte lettere il vessillo del suo legittimo despota198•

196. [MANTOVANI}, Diario politico ed ecclesiastico ... , V, p. 105 (cfr. n. 96); nella copia ambrosiana il passo suona: «Un'altro sonetto in dialetto milanese dello stesso autore (Carlo Porta) mi sembra assai nitido, e sensato)) (MANTOVANI, Diario politico­ecclesiastico ... , V = Ambrosiano H 97 Sussidio, p. 407).

197. [MANTOVANI], Diario politico ed ecclesiastico ... , V, p. 105 (MANTOVANI, Diario politico-ecclesiastico ... , V = Ambrosiano H 97 Sussidio, pp. 407 -8). La testimonianza del Mantovani non è censita in apparato al testo in Le Poesie, l, pp. 16-7; se ne elenche­ranno pertanto le varianti, anche morfologiche (dopo barra obliqua la lezione critica, aggiungendo di volta in volta la lista dei testimoni che condividono le varianti Mantova­ni: la sigla So, compresa nell'elenco delle edd. che attesterebbero il sonetto, non è risolta nella Tavola-indice delle sigle usate in Le Poesie, III, pp. 1033-4, mentre per converso quell'elenco non registra l'ed. Pirotta dell816, descritta in I, p. LXXXIII e siglata Pi): el3/ e el (elJ a, h, m, n, So; e'l' (e'l)] c, Fe), 6 discorl descor (discor] a, b, m, n, c, B, Ch, Gr), 8 umelissem l umilissim (umelissem] m, C h, Gr; umilissem], a, h, n, c, B), lOpajes/ paes(pajesJa, m, n, B), 12èl l'è(è] a,b, m, n, c); inoltre al v.l Sciar/ sur (Sciur] m, So); la copia Mantovani omette on al v. 5, e presenta queste altre varianti formali singulares: l, 6 paro[ l paroll, 31- 2 pon l ponn, 8 un l on; lO non l no, 12 Uscuria l Usciuria; 14 più l pu; inoltre al v. 14 cojon è scritto coj ... Lo scrutinio delle varianti denuncerebbe una relativa maggiore prossimità della copia Mantovani alla co­stellazione di mss. a, h, m, n, c: anche se in più d'un caso non si tratta se non di concordanze in varianti di forma.

198. [MANTOVANI], Diario politico ed ecclesiastico ... , VI, p. 82 (MANTOVANI, Diario politico-ecclesiastico ... , VI[= Ambrosiano H 98 Sussidio], pp. 248-9); cfr. le Note ai testi in Le Poesie, III, p. 929, e le Note in Poesie, pp. 889-90. Si ricordi, incidentalmen­te, che al Diario del Mantovani (e al Diario soltanto) è affidata la tradizione di due lettere del Monti a Giuseppe Carcano, risalenti al luglio del 1804: cfr. E. BELLORINI, Due lettere inedite del Monti, «Giornale storico della letteratura italiana», LI (1908), pp. 251-6, poi in MONTI, Epistolario, II, pp. 301-4 ni 813-4 (il testo deve ora essere collazionato con quello prodotto in MANTOVANI, Diario ... , Il, pp. 352-3, al 2 agosto 1804; a onor del vero, il Bertoldi, in nota alla lettera 813, solleva la questione dell'au­tenticità delle due lettere, risolvendola peraltro in positivo, con questi argomenti: (<Si potrà anzi si dovrà credere che la lezione delle lettere offertaci dal diarista non sia del tutto corretta; ma che egli se le sia inventate o che le abbia, in buona fede, potute accettar da altri come autentiche, senza che fossero tali, mentre il loro presunto autore viveva in Milano ed era a tutti notissimo, come notissimo era il C arcano e noti dovevan essere i rapporti tra i due, per quanto sia possibile, non mi par probabile», pp. 302-3).

418 CLAUDIO CIOC!OLA

Relazioni dirette dei Porta con il Mantovani, il quale non di­sdegna di citare excerpta vernacoli anche altrove199 , non sono documentate200

; l'affidabilità dell'attribuzione implicita del Dia­rio non appare comunque sottovalutabile a priori. Assai notevole, d'altronde, se la perizia autografica del Motta potesse ricevere conferma, dovrebbe giudicarsi l'esistenza di una copia del sonetto

199. Sarà probabilmente necessario attendere il compimento dell'ed. Zanoli per for­marsi un'idea completa delle presenze: intanto cfr. MANTOVANI, Diario .. , II, pp. 8-9 (introduzione all803: due gruppi di tre versi ciascuno, di autore non identificato: è per noi notevole però il modo di citazione, parallelo a quello adottato per il sonetto anticico­gnaresco e per l'alleo portiano citato a breve distanza; nel primo caso: «ciò che fa dire ad un poeta milanese[ ... ]>>, nel secondo: ((di cui disse lo stesso poeta milanese[ ... ]))); alla data del 9 gennaio 1816 il Mantovani scrive: «In questi giorni i nostri Poeti hanno scosso il Loro estro, e cantate Le lodi delle Loro Maestà Imperiali, che ci onorano. Tutti hanno falli gran paragoni, gran lodi, chiamata Astrea, Pallade, Bellona, e tutte Le deità del Parnasso, che in simili occasioni di solito forniscono Le idee ai Poeti. A me è piacciuto più di tutti, e per la semplicità, e pel pensiero, quello del Sig. r Conte Pertosa­ti. Eccolo»; segue il testo del son. Credi quel ch'è de Fed del mond de Là, preceduto dall'intitolazione: <<Per el beli dì dell'entrarla in Milan del Nos't Amatissem l Patron L'Augustissem lmperator Franzesch I. l Sonett» ([MANTOVANI], Diario politico ed eccle­siastico ... , V, p. 120: a una quindicina di pagine, dunque, dalla trascrizione del sonet­to anticicognaresco e del son. VIII del Porta; l'intera notizia relativa al 9 gennaio può leggersi anche, nella scorciata redazione ambrosiana, in LARSIMONT PERGAMENI, Dia­rio ... , p. 131; per il Pertusati cfr. n. 340); uno dei poeti che nella circostanza s'indusse­ro a scuoter l'estro fu il Porta stesso, che in occasione della visita milanese delle Maestà Imperiali scodellò il Brindes de Meneghin a l'Ostaria per l'Entrada in Milan de Sova S. C. Majstaa l. R. A. Franzesch Primm in compagnia de sova Miee l'lmperatriz Maria Luvisa: Le Poesie, I, pp. 177-8 n° LVIII, e cfr. III, p. 900 (la stessa visita determinò la composizione anche di LXIV. e LXXXIV: Le Poesie, I, pp. 206-9, e II, p. 329, e cfr. III, pp. 905 e 914-6; anche Bibliografia, pp. 4 7-8 ni 88-90; la prima ed. del Brindes è riprodotta in fac-simile in Ritratto, p. 217 fig. 183; ivi alle pp. 219-22 fig. 184 in fac-simile l'ed. di Amor, e Ninf d'Orona): Francesco I e la consorte Maria Luisa si trattennero in Milano dal31 dicembre 1815 a11'8 marzo 1816 (COMANDINI, L'Italia ... , pp. 856 e 880: per riferimenti relati al Porta cfr. Lettere, pp. 179, 180, 182-3); nella stessa circostanza altro scotitor d'estro fu l'avvocato Pietro Stoppani De Beroldinghen (per il quale Ritratto, p. 385, ad ind.). ·

200. Mentre la Larsimont Pergameni si limita ad annotare impressionisticamente che il mondo del Canonico <<ricorda quello descritto da Carlo Porta}> (LARSIMONT PERGAME­NI, Diario ... , p. 13), il Diario del Mantovani è già stato con profitto spulciato dall'lsella per il commento all'epistolario portiano (cfr. Lettere, p. 466, ad ind.). Si potrà aggiunge­re questo riferimento, alla data del20 novembre 1801: <<Oggi è cessata l'acqua. Senton­si gravissimi danni in molte parti. A Monza è diroccata in gran parte la casa di Don Giuseppe Porta)) (MANTOVANI, Diario ... , I, p. 362); dei danni subiti dall'abitazione che Giuseppe Porta possedeva a Monza in Contrada del Crocefisso (v. Lettere, p. 469, ad ind. [Monza, [Casa Porta]], e }SELLA, Ritratto ... , pp. 126-7 e tavv. 121-5 alle pp. 14.3-6) non sembra conservarsi allusione nei documenti portiani superstiti; delle forti piogge fa parola invece il COMANDINI, L'Italia ... , I (1801-1825), Milano, Vallardi 1900-1901, p. 28 (alla data del 20 novembre 1801).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 419

di mano di Giuseppe Bossi201• Al quale, poeta in dialetto, amico

comune del Cicognara202 (ma il Giordani insinuerà postumamen­te il dubbio sulla sua correttezza nei confronti del Contej2°3 e del Porta, in urto con il di Breme all'epoca della segreteria dell'Acca­demia milanese204

, ben s'intenderebbe che premesse una trascri­zione del sonetto che, infine bonariamente, postillava il fatto del giorno.

Bibliomaniaco («questa malattia dello spirito umano»)

36. Nel 1807 (la lettera di dedica reca la data del 20 agosto) il Cicognara aveva curato una ristampa, presso la stamperia bre­sciana del Bettoni (l'editore, nell'aprile di quell'anno, della prin­ceps dei Sepolcril05 , di un raro e non spregevole opuscoletto se­centesco: il Breve compendio della vita e morte di san Lazzaro monaco et insigne pittore, Che sotto Teofilo Imperatore Iconomaco molti tormenti patì per la Pittura, e Culto delle Sagre Immagini (Roma, Jacomo Fei 1681). Il Breve compendio si fregiava di una

201. Cfr. nn. l!S-6. 202. Nell808 ne aveva ritratto il figlio Francesco (cfr. n. 132): alla sua morte, una parte della libreria fu acquistata dal Conte (cfr. il proemio al Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità posseduti dal Conte Cicognara, l, Pisa, Presso N. Capurro co' caratteri di F. Didot 1821, p. VI). Si veda del resto il parere lusinghiero del Cicognara nel Rapporto sulle Belle Arti dell809 (NICODEMI, Il «Rapporto» ... , pp. 221-2). Molto affettuosa è una lettera indirizzata al Ci cagnara il4 aprile 1810, a stampa in [L. LIPPA­RINI], Lettere di pittori e scrittori italiani contemporanei finora inedite, Per auspicatissi­me nozze Treves-Todros, Venezia, 1844, lettera 2 (le pp. dell'opuscolo sono n. n.). Nell'amicizia dei due avrà senz'altro giocato un ruolo non trascurabile la condivisa ammirazione per il Canova, al quale il21 marzo 1807 Bossi scriveva da Milano: «Circa le opere tue, sono in grandissima curiosità di conoscere la tua danzatrice, di cui ho bensl visto un modelletto, ma non è tale e quale mi venne accennata da Cicognara}> ([F. FEDERICI], Lettere di Giuseppe Bossi ad Antonio Canova, Padova, Coi Tipi della Miner­va 1839, p. 31). E cfr. CICOGNARA, Leuere ... , p. 196, ad ind., e Bossi, Scritti ... , II, p. 967, ad ind. (si aggiunga il cenno della FEDI, Ideologia ... , pp. 38-9, nonché il solito MALAMANI, Il. p. 426, ad ind.). 203. Cfr. § 39. 204. Carica dalla quale fu indollo a dimettersi nel '07: N. G. GUASTELLA, Il piuore Bossi segretario dell'Accademia di Belle Arti in Milaoo, in Ad Alessandro Luzio ... , Il, pp. 45-64, in part. alle pp. 63-4; e cfr. la voce di S. SAMEK LUDOVICI, DBI, Xlll (1971), pp. 314-9, a p. 315. 205. FoscoLO, Poesie ... , pp. 36-40, e cfr. p. 1280, ad ind. (sul Bettoni [Portogruaro 1770-Parigi 1842] v. la voce di F. BARBERI, DBI, lX, 1967. pp. 774-9).

420 CLAUDIO CIOCIOLA

dedica al principe Livio Odescalchi, sottoscritta da un seguace del Cortona, protetto del principe e tra i maggiori interpreti del cortonismo romano: il pistoiese Lazzaro Baldi (Pistoia, verso il 1624-Roma 1703)206

. Raro l'opuscolo ristampato, rara ben presto la sua ristampa207. Se il Baldi si era indotto all'impresa, come narra nella dedica all'Odescalchi, per una sorta di doveroso omaggio al suo pittorico patrocinante, e al disegno provvidenziale che, in armonia con il misticismo dei suoi ultimi anni, riconosce­va nell'imposizione al fonte battesimale di quel nome e non altro208

, il Cicognara non fa mistero del suo intento209, accompa­

gnando la ristampa dell'opuscolo di alcune Osservazioni sulla bi­bliomania che ne giustificano, con cordiale autoironia ( « Vitiosum ubique quod nimium est» suona le senecana epigrafe, dal de

206. Voce di E. BoREA, DBI, V (1963), pp. 469-70. 207. VITA l DI S. LAZZARO l MONACO E PITTORE l PRECEDUTA l DA ALCU. NE OSSERVAZIONI l SULLA BIBLIOMANIA l BRESCIA l PER NICOLÒ BETTONI l MDCCCVII (ho consultato l'esempi. della Biblioteca Universitaria di Padova); per l'ori­ginale secentesco riprodotto cfr. il Catalogo ragionato ... , I, p. 377 n° 2192; per la sua ristampa, p. 383 n° 2235, e cfr. MALAMANI, Il, p. 405.

208. «111. mo et eccell. rno Signore. Non per accidente, come il volgo ignorante si per­suade, il tutto procede; ma bensì dalla Divina Providenza, che il tutto prevede, dispone e regge e governa. Onde creder mi conviene, che non a caso; ma per Divino volere il nome di Lazzaro nel Sagra Fonte Battesimale imposto mi fosse, e poi il genio, e l'incli­nazione alla Pittura; e perciò, giacchè di Lazzaro porto il nome, e mi esercito nel dipingere, volendo erigere un'Altare nella nostra Chiesa di S. Luca, così da Dio ispirato mi determinai di dedicarlo a S. Lazzaro Monaco Greco di nazione, e di Professione Pittore, il quale molti, e varij tormenti patl pel culto delle Sagre Immagini sotto Teofilo Imperatore Iconomaco. E perchè le virtù di questo Santo alla maggior parte degli uomi­ni erano occulte, ho fatto scrivere, e stampare la sua Vita in un piccai Libretto, e questo all'E. V. presento, a cui di certo penso che sarà gratissimo, sì per la sua rara, e singolare pietà, sl anche per essersi degnata di essere ascritta nella nostra Accademia, mostrandosi sempre affezionatissimo alle nostre professioni, e promovendole da quel Principe, che ella è. Prendo dunque da ciò confidenza di dedicarle questo Libretto, umilmente supplicandola a non mirare la picciolezza del dono, ma la vera, e sincera cordialità d'un suo minimo Servo, quale sempre mi professai, e mi professo verso l'Ecc. V., a cui per fine prego dal Cielo, e dal suddetto Santo in particolare ogni vera felicità, e contentezza. Dalla nostra Chiesa di San Luca in Santa Martina. 13. di Febbraio 1681. Di V. E. Umiliss. mo Devotiss. et Obbligatiss. Servi t. LAZZARO BALDI» (VITA ... , pp. 39-43). 209. Non per nulla la bibliografia meno recente circa il Cicognara è in massima parte adunata in C. FRATI, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, raccolto e pubblicato da A. SORBELLI (Biblioteca di bibliografia italia­na, XIII), Firenze, Olschki 1933, pp. 165-7, con gli aggiornamenti di M. PARENTI,

Aggiunte al Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani di Carlo Fra­ti, I, Firenze, Sansoni Antiquariato 1952, p. 262.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 421

Tranquillitate), le ragioni210. Così infatti esordiscono le Osserva­

zioni, forse non immeritevoli di essere integralmente riproposte, con intenzione di profilassi se non altro, all'uditorio dei 'Biblio­maniaci'211;

La Vita di S. Lazzaro Monaco e Pittore stampata in Roma nell'anno 1681 è uno di quei libercoli, che eSsendo di un'estrema rarità, da qualche tempo è divenu­to l'oggetto delle ricerche di molti raccoglitori di libri in materia di belle arti, e particolarmente per compire la serie dei Biografi di quella sfera.

Dopo d'essere finalmente arrivato a possedere questa Vita in seguito d'infi­nite ricerche, m'era venuto in capo di contraffarne l'edizione per celiare con alcuni miei amici vaghi di questo genere di rarità: ma cangiando pensiero, per la lieve importanza della cosa, ho divisato di ripubblicarlo con alcune pagine di osservazioni che precedano il testo di questa vita, onde affatto nuda non si presenti ai culti amatori delle notizie biografiche.

E siccome questo è uno di quei molti libri·che possono servire a convincere da qual strana manìa siano attaccati i raccoglitori che formano rare e dispen­diose biblioteche, così non sarà discaro forse alle sa vie e studiose persone, che io di questa malattia dello spirito umano qui faccia parola, col premettere di esserne alquanto attaccato; non. volendo che possa dirsi di me ciò che ho trova­to scritto in un dotto opuscolo sulla bibliomania, cioè che questo ridicolo facil­mente si scorge e si biasima negli altri, e come ogni altro difetto è assolutamente ignorato da quelli che ne sono attaccati. Sarà in questo caso, come di que' lucidi·e ben pasciuti oratori, che con voci di Stentore vanno predicando l'asti-

210. VITA ... , pp. l-35. 211. A titolo di curiosità lessicomaniaca, si osserverà che il francoanglismo biblioma­niaco, più d'una volta ricorrente (in· forma di sostantivato: «i Bibliomaniaci») nell'ope­retta del Cicognara, del1807, è datato al1822 da A. BENEDETTI, Le traduzioni italiane da W alter Scou e i loro anglicismi (Accademia Toscana di Scienze e Lettere «La Colom­baria••- Studi, XXXIII), Firenze, Olschki 1974, p. 96: l'autrice ne rintraccia un'occor­renza nella traduzione del Waverley ad opera di Virginio Soncini (Milano, Ferrario 1822), onde la registrazione della voce in M. CoRTELAZZO- P. ZoLLI, Dizionario etimo­logico della lingua italiana, I, Bologna, Zanichelli 1979, s. v. biblio-: prima, salvo errore, nei lessici dell'it. (il lemma in ogni caso non compare nel GDLI). La Benedetti trova attestato l'ingl. bibliomaniac a partire dal 1816, in ahro luogo sempre dello Scott (Oxford English Dictionary), .e il fr. bibliomaniaque nel Courier (Littré, ripetuto dal Robert, dove non sarebbero garantite «indicazioni precise» sulla fonte, conseguendone l'impossibilità di decidere in tema di priorità): il passo del Courier, a tutto rigore identi­ficabile anche sulla scorta del Littré, è ormai individuato nel Trésor de la languefran­çaise. Dictionnaire de la langue du XIX e et du xx e siècle ( 1789-1960), publié sous la direction de P. IMBS, IV, Paris, Éditions du Centre National de la Recherche Scientifi­que 1975, p. 456, s. v. Bibliomane, e occorre nelle Leures de France et d'Italie (in part., in lettera del30 agosto 1809): P.-L. COURIER, Oeuvres complètes, Texte établi et annoté par M. ALLEM (Bibliothèque de la Pléiade, LIX), Paris, Gallimard 1940, p. 801. Biso­gnerà comunque supporre per l'una e l'altra lingua una retrodatazione non insignifican­te: è notevole che nell'italiano del Cicognara, tutore pro tempore degli ess. più antichi della voce, come del resto nel Soncini, essa si offra in veste di sostantivato.

422 CLAUDIO CIOC!OLA

nenza, e potrò dunque dire senza difficoltà, seguite il mio consiglio piuttosto che il mio esempio212

.

Precede le Osservazioni, anteposte alla ristampa della Vita, una lettera dedicatoria, in elegante italico, «A Giuseppe Bossi pittore Elettore nel Collegio de' Dotti ed Accademico di Belle Arti»: al pittore dunque, senz'altro, ma anche al cultore appassionato e scrittore di cose d'arte e al letterato (non, probabilmente, al poeta meneghino). Soprattutto, al 'bibliomaniaco' Peppo Bossi: così sempre amichevolmente per il Porta, che alla sua immatura di­partita ne sarà esecutore testamentario. Ecco il testo del venusto invio213

:

Frutto di dolcissimi ozi campestri in seno alle sospirate delizie della più anti­ca, e· tenera amicizia è questo libretto che a te intitolo, o raro e pregiatissimo amico, e per darti cosa che a te spetti, essendo mia, e per offrirti in materia che tu conosci profondamente il modo di quella sobrietà da cui potremmo forse amendue allontanarsi involontariamente; ma più d'altra ragione poi per dire a tutti quelli che leggeranno quanto io ti appartenga per quel sentimento caro e sublime che unisce gli animi, e non ne rallenta mai il legame per qualunque incostanza della fortuna.

Sia questa lettura a te sollievo e distrazione momentanea dalla profonda ed onorevole fatica che fai sugli avanzi della più grand'opera di Leonardo, per cui potrà dirsi riprodotta più che copiata, e più desunta dalla cognizione delle altre opere del sommo autore, e dalla sua indole e divino genio dell'arte, che deriva­ta con servilità superficiale dai pochi e deboli resti che mal si travedono. Gloriamoci intanto che la munificenza del nostro Sovrano nell'onorarti di sì difficile incarico, sia diretta a repristinare, conservare o promovere ciò che illustra lo Stato, e lietissimo augurio _ne traggano le arti da tanto favorevoli auspicj. Vivi felice.

Giaciano li 20 agosto 1807.

37. Il 6 dicembre 1811 il Giordani aveva scritto a Cicognara: «Ho letto a questi dì il Cenacolo di Bossi. M'è piaciuto assai: parmi egregiamente pensato; e (per questi tempi) scritto assai be­ne. Si lodano tante coglionerie che escono ogni dì ad ammorbare: e di un ottimo libro appena si parla. M'era venuto in petto di scriverne due righe, in forma di lettera domestica a te; che si potessero anche ficcare in un giornale» 214

212. VITA .... pp. 1-3. 213. VITA ... , pp. [III]-[VI]. 214. GIORDANI, Epistolario, II, p. 201 n° 172; lo stile del Bossi merita l'apprezza­mento del Giordani anche nella successiva lettera dell'll·dicembre allo stesso (GIOR­DANI, Epistolario, II, pp. 201-3 n° 173).

C!COGNARA, GIORDANI, PORTA 423

38. <<Quante vigilie costa il desiderio d'un libro, quante lettere, quante ricerche, e quanta palpitazione tra la polvere di antiche librerie che si rimettono in circolazione! mi par di sentire questi amatori a ripeter sempre, ma questo libro è necessario, ma questo ci vuole, e a questa necessità non v'ha confine alcuno: ecco quella insaziabilità che è il preciso contrassegno della malattia dello spirito, fomentata purtroppo dall'eccessiva quantità di libri che innondan la terra>>215

• Queste parole il Cicognara aveva indirizza­to, nell'estate del '07, a Giuseppe Bossi, scherzando di una mania tanto propria quanto dell'amico, e anzi per offrirgli in materia da lui profondamente conosciuta «il modo di quella sobrietà» dalla quale avrebbero potuto «forse amendue allontanarsi involontaria­mente».

Presagio di tragica ironia. Negli ultimi mesi del '15, inesorabil­mente aggravatasi la malattia del proprietario, stava per rimettersi «in circolazione» la pregiata libreria di Peppo Bossi216

• Sulla quale, nell'imminenza della fine dell'amico di un tempo, Cico­gnara aveva messo gli occhi, interessando al negozio il Giordani, da non molto approdato stabilmente a Milano. Il 28 novembre questi lo avvertiva: «Tieni per certissima e per vicinissima la morte di Bossi; come io tengo arciragionevolissimo quel tuo pen­siero: ma fin qui non saprei dartene alcun lume, ignorandosi chi saranno gli eredi, e chi gli esecutori del testamento. Io c'invigile­rò più che se fosse una cosa mia» 217

; ill3 dicembre ritornava in tema: «Bossi è morto: i fratelli eredi vogliono vendere: di più sinora non si sa. Quanto gioveresti al tuo intento se potessi tu stesso venire» 218

.

215. Osservazioni ... , in VITA ... , p. 27. 216. Ancora ne manca un organico tentativo di ricostruzione; circa i codici greci di provenienza Saibante in essa presenti v. E. M. ]EFFREYS, Tlw GreekManuscripts ofthe Saibante Collection, in AA.VV., Studia codicologica (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, 124), Berlin, Akademie-Verlag 1977, pp. 249-62, a p. 250, e V. PECORARO, Per la storia di alcuni manoscritti greco-volgari appartenenti alla collezione Saibante di Verona, «8HELAYPILMATA = Thesauri­smata•, XV (1978), pp. 215-27, a p. 217 e n. 6. 217. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 261-4 n° 374, a p. 263. 218. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 271-2 n° 378, a p. 271.

424 CLAUDIO CIOCIOLA

«Il pessimo cuore di Bossi»

39. In una lettera dellS marzo 1820 a Pietro Brighenti il Gior­dani aveva occasione di scrivere: <<devi ricordarti che neppure le contraddizioni dei grandi fanno mai danno al credito de' loro emu­li. Giuseppe Bossi con tutte le sue continue malignità e furiose declamazioni a chi potè mai persuadere che Appiani non fosse gran pittore?,219

• Molti anni più tardi, il l 0 settembre 1832, avrebbe scritto al Cicognara, commentando un passo della sua biografia di Canova: <<Ora voglio dirti che per l'autorità gravissima del tuo nome passerà come vera una cosa che io so certissimo non essere vera. Tu dici che primario luogo nella sua intima confiden­za ebbero il Bossi e il De-Rossi; e per Bossi ne rechi in prova l'avergli fatto il busto. Ma sappi che Canova disse a me proprio che Bossi, standogli in casa a Roma lo aveva forzato a farglielo, e che di mala voglia gliel'aveva fatto. Ciò mi diss'egli spontanea­mente; e ben sai quanto era sincero. Del resto sai che Canova conosceva benissimo gli uomini, quantunque non si curasse di mostrarlo: e dovresti sapere se il pessimo cuore di Bossi poteva mai aver nulla che piacesse all'ottimo cuore di Canova. Io credo che tu non sappia quanto cattivo egli fosse, quanto superbo coi buoni e strisciante coi potenti, quanto stranamente invidioso, quanto falso. Io non ho mai detto nè a Canova nè a te quanto cattivo sia stato verso l'uno e l'altro; ma per te potrebbe dirtene qualche cosa lo Scopoli>> 220

40. È certo che il sonetto anticicognaresco debba ricondursi al­l'autunno del 1809, quando in Milano divampò la polemica e l'aneddoto, con accenti variamente risentiti in inversa proporzio-

219. GIORDANI, Epistolario, V, pp. 49-57 n° 656, a p. 51. Nella Storia della scultu­ra, dopo un elogio dell'Appiani «miglior frescante del secolo>>, nel cap. I (Stato d'Italia nell'ultima epoca di questa storia) del libro settimo, intitolato al Canova, si legge questo ritratto del Bossi: «Attenendo al sistema di non parlare dei viventi, avremmo ben volen­tieri preferito il tacere di Giuseppe Bassi, altro eCcellente artista milanese, piuttosto che tributargli una lode tanto dovutagli, .\asciando questa cura all'imparziale posterità; e ci è amarissimo il piangere la perdita di un coetaneo fra i più distinti che coltivarono questi studj, e che unì più di qualunque fra i moderni, e al pari di pochissimi fra gli antichi, le profonde teorie, e l'erndizione più squisita alle più sicure pratiche dell'arte» (Storia ...• III. p. 223). 220. GIORDANI, Epistolario, VI, pp. 182-4 n° 867, a p. 183. Per l'entusiasmo non vivo del Canova nel far dono del busto al Bossi v. anche MALAMANI, II, p. 194.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 425

ne, si direbbe, alla reale cognizione dei fatti, sarà corso di bocca in bocca. Perché il Mantovani s'inducesse a riesumare la vicenda nell'autunno del1815 (senza averne fatto parola a tempo debito) è questione alla quale non è dato rispondere direttamente: che in quel torno di tempo al Canonico siano caduti sott' occhio entrambi i sonetti, Cicognara e I paroll d'on Lenguagg, esemplati a così breve distanza e con identica impaginazione (il primo inaugura p. 104, il secondo l'affrontata p. 105 del t. V del Diario)221 sembra peraltro assai probabile. Tenendo d'occhio le date, torna alla mente l'annotazione del Porta al son. XLVIII (Carlo Porta poetta Ambrosian), da un abbozzo del quale si è ritagliato il precedente ex ergo al § 18: «Sonetto scritto nel Giugno 1815 per disinganno di coloro che mi credevano autore di alcuni sonetti in vernacolo nostro scritti in offesa de nobili, e di altre persone ragguardevo­li» 222 o

Che i due testi, tematicamente alleati nell'obiurgare il crimine di lesa meneghinità (accertata o presunta), viaggiassero con lo stesso biglietto sembra non potersi escludere: ,VIII, per giunta, non è testo qualsiasi, perché il sonetto, stampato dal Ferrario bensì nel 1812, ma assegnato al 1810 da un apografo parigino (per la precisione, quell'm che si è visto meno di altri lontano dalla copia Mantovani)223

, è segnato al v. 2 da un marchio di consanguineità con CCCXL, primaria o secondaria che Sia, m­contestabile:

CCCXL 6 VIII 2

Cont ona bisabosa de color Hin ona tavolozza de color

Si aggiunga che in VIII, sonetto di schema ABAB ABAB, CDC EDE, la rima B è in -or (oltre alla parola-rima color i due testi condividono anche la parola-rima pittor, in VIII al v. 4, in CCCXL al v. 3), la rima A in -ell come la rima D in CCCXL (con

221. Benché il primo di fatto viva all'ombra della data dell5 ottobre, precede solo tre brevi notizie, trascritte al suo piede, che completano il mese, rispettivamente in data 22, 25 e 29 ottobre. 222. È trascritta in Le Poesie, III, p. 150; nella n. al testo (Le Poesie, III, p. 897) l'lsella ritiene possibile che il Porta intendesse sconfessare la paternità di CCCXXIX (e di testi affini). Nel ms. Ambrosiano O 226 sup., a c. 53r, l'intestazione «Due Sonetti del Sig. Porta contro un Nobile di Milano che si mostrò altiero verso un Plebeo, scritti l'anno 1815)) precede la trascrizione dei sonn. XLVI e XLIV. 223. Cfr. Poesie, p. 840; e cfr. n. 197.

426 CLAUDIO CIOC!OLA

altra parola-rima condivisa, bell, in VIII 3 [«Che pon fà el quader brutt, e el ponnfà bell»] e in CCCXL 13 [«Che quand san d'avè faa quaicoss de bell>>: sogg. è pittor al v. 12], e la rima C in -à, mentre in -aa è la rima C di CCC XL [cfr. in part. VIII 9: «E sti idej, sto bon gust già el savarà» con CCCXL 9: «Se dis poeu che in del mezz el g'ha retraa»]f24

.

41. Se resta comunque difficile giustificare il riaffacciarsi, a sei anni dagli eventi, del sonetto anticicognaresco225

, meno sorpren­de la circolazione, allo scadere del 1815, di l paroll d'o n Len­guagg, edito nel 1812226 in una nota alle Poesie drammatiche rustica/i scelte da Giulio Ferrario e stampate dalla Società dei <<Classici italiani» (mutando però in Manell il nome del destinata­rio Gorell- tutelato invece nella copia del Mantovani; e il Porta si sentirà in obbligo di precisare in una nota autografa al figlio: <<Tuttochè però quei Signori abbiano creduto di protestare che questo sonetto non si riferiva ad alcuno, ed abbiano cangiato il

224. Per altre corrispondenze foniche dei vv. VIII 2, CCCXL 6 nel corpus portiano cfr. il successivo § 55. 225. Il Mantovani scrive: «Corre nel publico un sonetlo in Meneghino su certo Sig. r Cicognara Segretario di Governo[ ... ]»: di tulto, in tempi di Restaurazione ineunte, il Cicognara poteva evidentemente tacciarsi, non della qualifica di Segretario di Stato (non sarà forse per caso se la qualifica risulta omessa nella copia ambrosiana: cfr. § 13): sembra non implausibile che il Canonico si limitasse a riprendere (eventualmente tra­ducendo) l'intitolazione del sonetto nella sua fonte (cfr. ad es. il titolo del componimen­to XXIII del Porta, «In mort del Consejer de Stal Cav.c Stanislao Bavara. Terzinn»: Le Poesie, I, pp. 51-5, e cfr. III, p. 882; il Bavara morì nell'agosto dell812); per quanto si potrà obiettare che già nel '09, quando il sonetto fu composto, da un anno il Conte aveva abbandonato la carica. Non riesce invece a stupire che il Mantovani, ripetutamente interessatosi del Conte in altro contesto (cfr. n. 145), a distanza di una dozzina d'anni parli ora di <<certo Sig. r Cicognara» (alla data del l 0 gennaio 1811 aveva scritto: <<Jeri l'altro certo Sig. r Foscolo d'origine Greca, fu Professore a Pavia, e Levato per incapaci­tà, non so per qual causa strapazzò in publico Café il giovane Sig. r Cherichetti, da cui fu molto ben corrisposto. Chiamatisi amendue offesi si invitarono a duello, e perchè quello fosse più decisivo, fu tra essi stabilito, o piuttosto proposto dal Sig.,. Cherichetti, di presentar due pistole, una carica, l'altra no; ed a chi toccava la carica fosse tenuto a spararsela in bocca. Foscolo a quella proposizione rispose: "Non voglio essere carnefice di me stesso", e quindi coll'interposizione degli astanti furono amendue riconciliati. Ecco quai belli progeui propone l'odierna gioventù»: [MANTOVANI], Diario politico ed ecclesiastico ... , IV, p. 151; seguendo la copia ambrosiana, il passo è trascritto anche dalla LARSIMONT PERGAMENI, Diario ... , p. 111). L'episodio non è sfuggito a G. Ac­CHIAPPATI, Foscolo a Milano, Milano, Strenna dell'Istituto «Gaetano Pini» 1971, pp. 114-5 (che reLtifica la versione del <<fantasioso cronista»).

226. Bibliogrqfìa, pp. 46-7 n° 86.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 427

nome di Gorelli in quel di Manelli, sappia ch'io lo feci apposita­mente per rintuzzare la baldanza di questo nominato Gorelli Sie­nese [ ... ]»); nel '16 il Pirotta ristamperà il testo munito di Commentario227

Fin dall'ottobre del '15 era apparso il manifesto della Collezio­ne dei Cherubini228, ed è verisimile che, nell'attesa viva dell'e­vento, si incominciasse a discuterne, da una parte e dall'altra, o quanto meno ad affilare le armi. La vertenza «giavanaria>>, pronta a deflagrare di lì a poco, era insomma nell'aria.

«Largo largo che passa don Giavan l cont el gran valison di soeu talent»

42. Il 30 marzo 1816 Carlo Porta scriveva, <<dalla Cassa del Monte», al libraio editore Antonio Fortunato Stella229:

Preg[iatissi]mo Sig[ no Jr Antonio. Quando non si possa ottenere contro pagamento, La prego Signore, à volermi

favorire in grazioso prestito una copia del secondo fascicolo del giornale lette­rario sortito jeri dalle sue stampe. Le ne sarò gratissimo, e non le ritarderò di molto la restituzione. Sono tutto a' di lei comandi

Dalla Cassa del Monte lì 30. Marzo 1816.

Obb. mo Servid[or]e C. Porta

227. COMMENTARIO l SOPRA l UN SONETTO l SCRITTO IN DIALETTO MILA· NESE l IN DIFESA l DEL DIALETTO MEDESIMO. l MILANO 18161 PER GIOVAN­NI PIROTTA IN S. RADEGONDA. l SI VENDE ANCHE DAI PRINCIPALI LIBRA/o ho consultato del raro opuscolo l'esempi. ambrosiano S.I. H. V.26(9) (cfr. Le Poesie, I, p. LXXXIII, e Bibliografia, p. 48 n° 91; il frontespizio è riprodotto in Ritratto, p. 244 fig. 201); è firmato a p. 18 da «DOMENICO SOLDATI, Milanese»: mentre nella didascalia della fig. 201 del Ritratto, p. 244, si legge l'attribuzione del testo a «Domenico Soldati (Amanzio Cattaneo)», nell'Indice dei nomi, p. 383, evidentemente per un incrocio di schede, si legge «Callaneo Amanzio (pseud. di Domenico Soldati)»; il testo del son. a p. 6 (il nome del bersagliato è qui «Menghell» ).

228. Lettere, p. 185 in n. alla lett. 116.

229. L'autografo della lettera, inedila, si conserva a Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, Epistolario B. Gamba, 2092 (XII-F-10) (cfr. A. SORBELLI, Inventari dei mano­scritti delle biblioteche d'Italia, Opera fondata dal Prof. G. MAZZATINTI, LV (Bassano del Grappa), Firenze, Olschki 1934, p. 96). Per i dettagli archivistici rinvio alla descri­zione fornita in calce all'imminente ed. delle lettere portiane inedite o ritrovate (in appendice all'edizione ampliala, in volume, di questo saggio).

428 CLAUDIO CIOCIOLA

Due erano le nv1ste di spicco delle quali il leopardiano libraio Stella era in quegli anni editore230

: lo «Spettatore>>, che aveva avviato nel '14, e la recentissima «Biblioteca Italiana>>, Final­mente apparsa, dopo numerosi rinvii, sul principio del '16 (il 17 gennaio Giordani scriveva del giornale al conte Giovanni Mar­chetti: «Questo (se nascerà, come vogliono ch'io tenga per certo) sarà in figura di libro di otto o dieci fogli, si publicherà ogni mese, parlerà di lettere e di scienze, si nominerà Biblioteca Ita­liana, e si dorrà di non arrivar mai a somigliare l'eccellente Bi­blioteca Britannica» )231

. Era diretta dall'Acerbi e «compilata» da Monti, Breislak e Giordani.

Nel secondo fascicolo, datato febbraio 1816232, era comparsa

la recensione presto famosa233, anonima ma sùbito, e corretta­

mente, attribuita al Giordani234, del primo volumetto, testé uscito

(si trattava, per la precisione, del t. V, primo volume delle Opere del Balestrieri), della monumentale Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese ideata dal Cherubini e stampata dal tipografo Pirotta per lo Stella medesimo. Giordani era a Milano da pochi mesi, e forse non seppe prevedere (né del resto della cosa

230. M. BERENGO, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione (Paper­backs, 114), Torino, Einaudi 1980, pp. 419-20, ad ind. (in part. le pp. 54-63).

231. Il titolo di «Biblioteca Italiana» volutamente ricalcava, nelle intenzioni dell'A­cerbi, quello della prestigiosissima ((Bibliothèque Britannique~·: cfr. A. Luzro, Giusep­pe Acerbi e la «Biblioteca Italiana», «Nuova Antologia», CXLVIII (1896), pp. 577-98, a p. 583 e n. 2. 232. Il frontespizio del t. I dell'anno I della «Biblioteca Italiana», e la prima pagina della ree. alla Collezione (che vi occupa le pp. 173-9) sono riprodotti in Ritratto, p. 242 figg. 197-8. 233. Per il rilievo, probabilmente preterintenzionale, e comunque sortito di riflesso, che venne ad assumere nella disputa classico-romantica, è stata riprodotta più volle: da ultimo può ad es. leggersi in Poesie, pp. 953-8.

234. È notevole che in una leuera senza data (ma da riferirsi allo scorcio del '15, e comunque anteriore all'uscita del primo fascicolo della «Biblioteca))), l'Acerbi confidi a GiuSeppe Carpani le ragioni del coinvolgimento di un alto numero di collaboratori, e indirettamente dell'anonimato delle recensioni, in questi termini: «Ho pensato di asso­ciare un buon numero di collaboratori alla censura degli articoli per divagare e disto­gliere l'odio dei censurati che sarebbe caduto tutto sopra i tre soli compilatori. Una critica di poesia e belle lettere si sarebbe detto tosto è di Monti, una critica di geografia e viaggi si sarebbe detto è di Acerbi, e così via discorrendo. In questo modo, siccome quaranta e più persone saranno ammesse successivamente al giudizio degli articoli, così l'escluso non saprà mai sopra chi far cadere il veleno del suo offeso amor proprio)) (A. LuziO, La «Biblioteca Italiana» e il governo austriaco. (Documenti), «Rivista stori­ca del Risorgimento Italiano)), l, 1896, pp. 650-711, alle pp. 654-5 n° II, a p. 655).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 429

troppo si sarebbe curato) cb e andava a smuovere un nido di ve­spe: la reazione del circolo meneghino, largamente prevedibile, fu immediata.

Fu il Porta, che in proprio e in pubblico della reazione volle rendersi portavoce, ad assicurare l'immortalità, con la celeberri­ma corona detta appunto <<giavanaria» (in un primo tempo «La Giavaneide» )235

, vuoi alla recensione vuoi al suo carica turato au­tore, indimenticabilmente déguisé nei panni, certo stretti236

, del­l'ineffabile Abaa don Gi~van: «gran cerretano, venuto sulla piaz­za a spacciare i suoi specifici>>237

. Nella definitiva redazione, ciascuno dei dodici sonetti che seguono al proemiale (dodici, non mi sembra sia stato rilevato, come i tomi, previsti e realizzati nel breve volgere di un anno, della Collezione del Cherubini) è prece­duto a mo' d'epigrafe, e fa da irresistibile ed epigrammatico con­trocanto, ad un estratto della recensione.

43. L'epopea dell'Abaa don Giavan subì, come documentano gli apparati dell'Isella e il numero e la qualità dei testimoni, un fre­netico rovello compositivo e variantistico (a partire dal numero dei petali della corolla). Finalmente fu dall'autore intitolata: «Do­cles Sonitt all'Abaa Don Giavan sora la soa dissertazion di Poesij Meneghinn stampada sul segond numer del Giornal intitolaa Bi­bliotecca Italiana>>. Almeno in un ms., e nell'ed. luganese del '26, peraltro si legge, in luogo del semplice «Giornah, «Giornal letterari>> 238

.

235. Le Poesie, l, pp. 254.80 n° LXVIII l-13. 236. Come è stato scritto, «Nella polemica con l' Abaa Don Giavan, il Porta mise facilmente «les rieurs de son còté>>; peraltro un po' troppo precipitosamente>> (G. CON­TINI, Introduzione alla «Cognizione del dolore», ora in Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968), Torino, Einaudi 1970, pp. 601-19, a p. 614). Senza entrare, almeno in questa sede, nel groviglio bibliografico suscitato dalla questione, si citino almeno, per la posizione del Giordani, S. TrMPANARO, Il Giordani e la questione della lingua, ora in Aspetti e figure della cultura ottocentesca (Saggi di varia umanità, 23), Pisa, Nistri-Lischi 1980, pp. 147-223, e per quella della «Biblioteca>> S. DE STEFANIS CICCONE, La questione della lingua nei periodici letterari del primo '800 (Bi­blioteca di «Lettere italiane», X), Firenze, Olschki 1971, pp. 78-111, in part. alle pp. 81-2 (anche se, inspiegabilmente, senza riferimenti alla reazione portiana). 237. Secondo l'arguta, e acuta, chiosa dell'lsella in Poesie, p. 375, ad 68, v. L 238. Cfr. l'app. in Le Poesie, I, p. 254, e la riproduzione del ms. in questione (RP II 24b) in Ritratto, p. 243 fig. 199. Cfr. del resto la ree. nel «Corriere delle Dame» cit. oltre, e soprattutto l'allusione, perfettamente coincidente, in una lettera del Monti del 16 aprile 1816: «Sotto gli auspicj superiori qui si stampa un giornale letterario intitolato Biblioteca Italiana» (MONTI, Epistolario, IV, pp. 289-90 n° 1881, a p. 289).

430 CLAUDIO CIOC!OLA

È dunque irresistibile: per il millesimo della data, per l'esatta anticipazione dell'allusione al fascicolo nell'intestazione della se­rie «giavanaria», per la deliziosamente cerimoniosa dissimulazio­ne della precipitazione nel richiedere lo Stella di volergli «favori­re in grazioso prestito» copia del giornale, la tentazione di ricono­scere appunto nel fascicolo di febbraio della «Biblioteca» l'ogget­to dell'impaziente richiesta del Porta239

.

Non ostasse che il fascicolo (nel quale, oltre a quella del fron­tespizio, non si legge altra indicazione della data di stampa) risul­ta costantemente riferito dalla bibliografia al febbraio (anzi, al giorno ll del mese)24

·0

, e al febbraio risulta in conseguenza fissa­to il terminus a quo di composizione dell'epopea di don Gia­van24·1.

Ma l'apparente difficoltà cronologica può sciogliersi scorrendo il prezioso Foglio d'annunzj della <<Gazzetta di Milano» 24

·2

. Nel n° 18, del 5 marzo 1816, è annunciata l'uscita del primo volumetto della Collezione del Cherubini: <<Di questa collezione si pubblica in oggi il V. o volume, formante il l0 delle opere del Balestrieri>> (p. 38: segue il programma dell'intera serie)24

·3 • Nel Foglio d'an­nunzj n° 17, del 1° marzo, era stato riprodotto integralmente il Proemio dei compilatori della «Biblioteca Italiana», opera del

239. Mentre relativamente ampia, almeno a partire dal febbraio '16, è la documenta­zione delle relazioni intrallenute dal Porta con lo Stella (v. Lettere, p. 474, ad ind.), che tra l'altro sarà, in quanto editore della Collezione, editore dellaprinceps delle Poesie (v. D. lSELLA, Portiana. I. L' «editio princeps», «Giornale storico della letteratura italiana)>, CXXX, 1953, pp. 63-77), era fin qui nota soltanto una lettera portiana a lui diretta (dell'S gennaio 1817, pregandolo di associare «per una seconda copia» l'avvocato Mar­tinelli alla Collezione: Lettere, p. 227 n° 140).

24.0. Ad es. }SELLA, Portiana. l ... , p. 74 n. a 8, e quindi Ritratto, p. 229.

241. Da ultimo v. Poesie, p. 864 n. a 68.

242. Sul quale v. i rilievi di S. DE STEFANIS CICCONE, nel Saggio introduuivo pre­messo a S. DE STEFANIS CtCCONE-1. BoNOMI-A. MASINI, La stampa periodica milanese della prima metà dell'Ottocento. Testi e concordanze, Analisi e realizzazione delle pro­cedure elettroniche a cura di R. BrNDI, E. PICCHI (Orientamenti linguistici, 19*), 1, p. XLVII.

243. Nel Foglio d'annunzio n° 25, del 27 marzo, si leggerà: «Dai torchj di Giovanni Pirotta in S. Radegonda è uscito il 2°. volume delle opere di Balestrieri scriue in dialetto milanese)) (p. [53]); nella sezione di Bibliografia italiana, del secondo fascicolo (<<febbraio))) della <<Biblioteca Italiana)), p. 284, il primo vol. della Collezione è annun­ciato tra i «Libri stampati nel Regno Lombardo-Veneto in febbrajo 1816)) (né poteva farsi altrimenti, comparendo il vol. recensito nello stesso fascicolo della <<Biblioteca»).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 431

Giordani (pp. 35-6), al quale faceva séguito un Avviso dell'Editore datato «Milano, il dì 29 febbrajo 1816», che si conclude con le parole: <<Il primo fascicolo comparirà alla luce nel prossimo mese, ma porterà la data di gennajo. Nel dicembre però del presente anno saranno pubblicati tutti dodici» (p. 36). Sono parole che ricordano quelle del Giordani ad Angelo Pezzana in lettera dell6 febbraio: «Fra quelli che non credevano alla natività del giornale potresti numerare anche me. Finalmente nascerà; anzi dovreb­b'esser nato: ma illibrajo dice che non vuole !asciargli veder la luce se non col principio di marzo>>244

.

Ancora il l 0 marzo lo stesso Giordani, scrivendo all' «angelo» e abate Giambattista Canova, germano del «divino», per ottenerne <<nota esatta di tutte le opere, che il divino ha fatto in questi ultimi sedici anni», gli annunciava: «Ora mi bisogna gravarti d'altro peso. Sappi che nel giornale Biblioteca Italiana (il cui primo nu­mero uscirà or ora) voglio e anche devo fare un prospetto dello stato delle Lettere e delle Arti d'Italia» 245

• L'uscita del «primo fascicolo del nuovo giornale intitolato Biblioteca Italiana» è .an­nunciata nel Foglio d'annunzi n° 19, del 7 marzo, p. [39]; nel Foglio d'annunzi n° 28, del2 aprile, si legge infine: «A. F. Stella librajo di Milano ha pubblicato il secondo fasicolo della Bibliote­ca Italiana» (p. [59])246

.

Il 26 marzo il Giordani aveva scritto a Leonardo Marconi: «Del giornale che si chiama Biblioteca Italiana è uscito nel principio del mese il primo volume: e dentro marzo dee uscire il secondo, e presto poi il terzo» 247

; il l 0 aprile all' «angelo» Giambattista Ca­nova: «Se puoi fare qualche associato alla nostra Biblioteca Italia­na, mi farai piacere. Avesti il primo numero? Il terzo è sotto torchi: nel secondo troverai due parole sopra il divino»24

·8

.

244. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 289-90 n° 388, a p. 290. 245. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 291-3 n° 389, a p. 292. 246. Esiste un Foglio d'annunzj del 29 e uno del 30 marzo (ni 26-27). 247. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 300-2 n° 395, a p. 300. 248. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 302-5 n° 396, a p. 304. Ad abundantiam, si veda lo stralcio di lettera del 19 marzo del Leoni all'Acerbi, con la quale lo si prega, «Ciò accadendo in tempo)'• di includere un ar.ticolo nel secondo n~ro del giornale (in MONTI, Epistolario, IV, p. 284 in n. alla lettera n° 1876). Non o rificato mese per mese il 'recupero' guadagnato nello scarto tra la data di testata e a data effettiva di pubblicazione; è comunque certo, ad es., che il 28 agosto 1816 doveva ancora apparire

432 CLAUDIO CIOCIOLA

44. Nel ms. Ambrosiano O 226 sup., a c. 57r249, su di un foglio

scritto da mano che ricorda quella del Porta, si legge il son. Con­zess per vera, preceduto dalla rivelatrice intestazione: «Al Sig.,. Gorelli in ·proposito del leggerissimo l confronto fra il dialetto Milanese e la Valuta di rame. l (V. a; s. do N. 0 del gior. 1e Bib.ca Ital. a 1816»; «Gorelli» è successivamente sostituito (sembrereb­be dalla stessa mano) sopra il rigo con «Giordani»250

• Il sonetto al Gorelli senese, o Manellì, o infine, e meglio, Menghello, è il pretesto, come si è detto, del Commentario sopra un sonetto scritto in dialetto milanese in difesa del dialetto medesimo.

Si tratta di un testo di assoluto rilievo, e proprio nel quadro della questione <<giavanaria»: in tale funzione andrà altrove af­frontato. Basti però leggerne questa pagina, e risulterà chiaro che la rispolveratura del testo portiano in difesa del milanese è prete­sto ad una difesa esplicita dell'impresa del Cherubini: la Collezio­ne che allora, per conto dell'editore Stella, si veniva imprimendo dai torchi dello stampatore del Commentario (nonché, peraltro, della <<Biblioteca Italiana»): il Pirotta. Né sfugga il notevole, esplicito collegamento di quell'impresa all'altra, di poco prece­dente, del Vocabolario dello stesso Cherubini, apparso in prima edizione nel '14251

:

Tanto difatti avviene a giudizio di chi ci conosce, e per pruova si rileva ne' nostri versi letterati e saggi e, se vi piace ancora, viene confermato dall'invida garrulità e follia di chi tutto osa chiamare inezia, sciocchezza, goffaggine e comico' scipito lavoro quanto ho di sopra enunziato essersi fatto dai nostri gran­di ingegni a nostro vantaggio. Più luminosa per questo abuso di ragione negli avversarj apparisce la gloria nostra di poter segnare ne' nostri cedri i nomi dei Maggi, dei Balestrieri, dei Tanzi, dei Parini, ai quali succedono Nipoti, non degeneri della virtù, e dell'onore nell'età nostra, che nel vario genere di com­posizione ci vanno il Dialetto utilmente e decorosamente deliziando, per la qual cosa tanto cara e preziosa si rende la edizione dell'Opere loro, che ora si va facendo, al nostro popolo, quanto giusta è la riconoscenza del medesimo ai

il fascicolo VIII (contenente la ree. di Giordani alla Storia della scultura del Cicognara), e il 25-26 seltembre il IX (cfr. Luzm, La «Biblioteca ... , pp. 662-3 n° VII e 663 n° VIII).

249. Del ms., lo stesso composito contenente una testimonianza del son. anticicogna­resco, si è trattato nella n. 125. 250. Cfr. anche l'app. in Le Poesie, I, p. 258. 251. Il frontespizio del t. I è riprodotto in Ritratto, p. 262 fig. 216.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 433

suoi grandi, benefici maestri, capaci per sè di oscurare la usurpata gloria di molti censori anche con opere vergate in volgare favella. E qui si potrebbero accennare e i nostri Pindari, Anacreonti, Orazi, Catulli, Marziali, Redi, Berni, ec. ec., ma inutil cosa sarebbe, giacchè la mentovata edizione di dodici volumi in parte gli appaleserà ad ognuno, quando però non si trascuri la tanta lodata edizione del Vocabolario nostro Municipale, che procura il vantaggio alla Mi­lanese Letteratura di esser conosciuta per essere almeno rettamente giudica-ta252_ ·

45. Che il Commentario sia replica immediata e diretta alla re­censione del Giordani è confermato da numerose e puntuali ripre­se interne, che saranno altrove elencate253

; qui basti confrontarne questo passo:

In ogni tempo allora il Fiorentino, il Mantovano, il Ferrarese, il Bergamasco verrà a Milano, viceversa il Milanese si recherà alle varie città loro con eguale successo del Bavaro in Sassonia, e l'uniformità di cuore, di bontà, di virtù farà obliare il diverso Dialetto, e tutti si faran conoscere degli abitatori di questa Penisola beata, che solo ha bisogno di maggior serenità di cielo letterario per essere restituita all'antica sua completa felicità254

con il seguente della recensione del Giordani:

Laonde il Piemontese e il Napolitano quando vengano a Milano o a Venezia dicono comunemente di venire in Italia; e se un Modonese va a Bologna o un Bergamasco a Brescia p.er esercitarvi qualche industria, o procurarsi qualche ufficio, egli vi è malvolontieri veduto, come forestiere, e nella moderna Italia forestiere, come nell'antichissima Roma, vuol dire inimico. Non accade già così al Prussiano in Baviera, né al Bavaro in Sassonia; tutti si reputano Tede­schi, né il Tedesco è straniero in alcuna parte della Germania.

46. Sul testo del Commentario bisognerà ritornare. Due sono co­munque i problemi sollevati dall'opuscolo: quello della sua data­zione, e quello della paternità. Entrambi strettamente connessi alla questione di un'eventuale partecipazione (di quanto diretta, sarebbe ulteriore problema) del Porta al suo concepimento.

L'opuscolo è firmato da «DOMENICO SOLDATI, Milanese»;

252. COMMENTARIO ... , pp. 10-ll. 253. Che anche l'Isella interpreti il Commentario come reazione alla ree. del Giorda­ni si ricava implicitamente da Ritratto, p. 230. 254. COMMENTARIO ... , pp. 15-6. Il successivo luogo della ree. del Giordani in Poe-sie, p. 957. .

434 CLAUDIO CIOCIOLA

nella Pseudonimia (Milano 1836) del cremonese Vincenzo Lan­cetti il testo non figura, mentre dal Dizionario del Melzi si ricava che l'opera è da attribuirsi ad Amanzio Cattaneo, «già Oblato e Professore di filosofia nel Seminario di Milano>> 255• Del Cattaneo è a stampa un'Ode per la fausta venuta in Lombardia delle maestà imperiali e reali nel 1825256. Da incartamenti censori risulta che nel febbraio-marzo del '16 il Cattaneo, che all'epoca esercitava le funzioni di Censore provvisorio257, intendeva associarsi allo stuo­lo di felicitazioni al sovrano visitante intitolandogli un'Orazione pel faustissimo giorno natalizio di S. M. l. R. Francesco J258, che non sappiamo se ottenne l'onore della stampa259• Per varie ragio­ni più notevole è un suo Discorso sull'apparecchio allo studio della

255. G. MELZI, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all'Italia, III, Milano, Pirola 1859, p. 76. Derivando evidenle­mente dal Melzi, l'attribuzione è ribadita in E. WELLER, Neue Nachtraege zum lndex Pseudonymorum und zu denfalschen undfingirten Druckorten, Leipzig, Oehme 1862, p. 39 (in E. WELLER, Index Pseudonymorum. Woerterbuch der Pst;udonymen oder Ver­zeichniss aller Autoren, die sichfalscher Namen bedienten, Glauchau-Leipzig, Th. Mo­riLz' Verlag 18673).

256. PER LA FAUSTA VENUTA IN LOMBARDIA l DELLE LORO MAESTÀ IM­PERIALI E REALI l FRANCESCO PRIMO l E l CAROLINA AUGUSTA l E DELLE LORO ALTEZZE IMPERIALI E REALI l IL SERENISSIMO ARCIDUCA l CARLO FRANCESCO l E FEDERICA SOFIA l ODE l MILANO. l PER NICOLÒ BETTONI l M.DCCC.XXV; ho consultato l'esempi. ambrosiano S.I.H.V.9(22).

257. Pratiche d'ufficio dell'anno 1818 relative al «Censore in ritiro Abate Amanzio Cattaneo>> si conservano all'Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo- Studi, p. m., 88 (b4). 258. Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo- Studi, p. m., 229 (42a).

259. Sempre all'Archivio di Stato di Milano, Diplomatico- Autogr:afi, Uomini Cele­bri, 120 (18), si conserva il manoscritto della dedica sottoposta ad approvazione: «Sacra Maestà. Oso umiliare ai piedi della Maestà Vostra il tenue mio tributo della più viva gioja per la Solennità del vostro giorno natalizio, sacro pe' Lombardi in ispeciale manie­ra, che Vi ammirano Fondatore del nuovo Regno, e Vi amano come vero Padre della Patria. Con esso Loro invocando io pure dal Cielo fervorosamente per la felicità di Vostra Maestà e de' popoli la più lieta conservazione della vostra vita tanto preziosa, imploro dalla sovrana vostra clemenza il benigno aggradimento de' miei sforzi, de' miei voti, e dei profondi imutahili sentimenti di sudditanza, fedeltà, devozione, colla quale ho l'alto onore di essere Della Sacra Maestà Vostra Umilissimo, Divotissimo, Fedelissi­mo Suddito P. Amanzio Cattaneo R. I. Censore. Milano 12. Febhrajo 1816>>. È prosa risalente dunque a un paio di mesi prima che il Cattaneo imbracciasse la penna contro il Giordani.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 435

storia universale del1807260, con dedica al Méjan26

\ l'autore si sottoscrive: «Di V. E. l Umil. 0 Div. 0 Obbl. 0 Serv. e l Amanzio Cattaneo Oblato>>. Sarebbe almeno da chiarirsi un eventuale rap­porto di parentela con Gaetano Cattaneo, l'amico del Porta che concluderà la lista dei cultori della scienza d'antighitaa nell'ulti­mo son. giavanario. L'll dicembre 1815 Gaetano Cattaneo aveva pronunciato il discorso funebre in memoria del Bossi, e il 29 il Porta gli inviava il suo son. in morte del pittore.

4 7. Deve inoltre rilevarsi una circostanza biblioteconomica note­volissima: uno dei tre esemplari ambrosiani del Commentario at­tribuito all' oblato Cattaneo reca, manoscritto nel marg. in t. del frontespizio, un ex libris di tutto rilievo: «B. e Amb. e D. d' Angeli Mai Don0>>262 . Appartenne dunque ad uno degli idoli del Giorda­ni. Per giunta, l'esemplare esibisce tre correzioni a penna, evi­dentemente addebitabili all'autore: eventualmente sollecitato dal Mai, gli avrà questi fatto omaggio dell'apologetico e antigiorda­niano opuscolo?

48. Circa la datazione del quale non poco si ottiene battendo la strada della censura. In un elenco manoscritto di Manoscritti di cui si è permessa la stampa ed Opere delle quali ne' fu autorizzata la ristampa nel Regno Lombardo nel mese d'Aprile 1816 all' Ar­chivio di Stato di Milano, munito dell'indicazione di «impr(ima­tur)>> figura infatti il nostro «Commentario sopra un Sonetto in dialetto Milanese in difesa del dialetto medesimo. Stamperia Pi­rotta» 263.

260. DISCORSO l SULL'APPARECCHIO ALLO STUDIO l DELLA l STORIA UNI­VERSALE. l Magi-stra vitae, Lux veritati-s. l Cic. l MILANO l Dalla Tipografia di Giusti, Ferrario e C. 0 j Contrada di S. Margarita, N. 0 1118. j MDCCCVII; ho consultato l'esempi. ambrosiano S.I. H. V .26(7): la miscellanea è cioè la stessa contenente il Com­mentario corretto a penna (cfr. n. 262).

261. Il testo della dedica («A Sua Eccellenza j il Signor Méjan j Segretario degli ordini di S. A. I. j il Principe j Eugenio Napoleone j Vice-Rè d'Italia j Membro della Legion d'onore j Cavaliere dell'Ordine j della Corona di Ferro••, in capitali) si legge alle pp. [III]-[VI].

262. Si tratta dell'esempi. segnato S. l. H. V .26(9) (cfr. n. 227). Gl'inserti della mi­scellanea recanti l'esplicita indicazione manoscritta della provenienza per dono del Mai sono i ni 8-14: non, dunque, il n° 7, che è il Discorso del Callaneo (cfr. n. 260).

263. Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo- Studi, p. m., 76 (alS)'. La notizia è confermata dal bollettino ufficiale a stampa della censura: VerzeichnijJ der im Militiir-

436 CLAUDIO CIOCIOLA

La risposta fu dunque bruciante: sùbito nell'aprile. Un'ulterio­re limatura al terminus ante è possibile seguendo altra via, quella delle segnalazioni dell'opuscolo: me ne è nota una, anonima nel «Corriere delle Dame>> del 20 aprile 1816264

.

La prima risposta all'abaa Giavan fu insomma messa insieme e data alle stampe in una quindicina di giorni. La recensione nel <<Corriere delle Dame>>, che, oltre al «graziosissimo sonetto>> por­tiano, riferisce, «A dare un saggio dello stile del sig. Soldati>>, un ampio squarcio del Commentario, e precisamente il passo relativo ai «forestieri>> (da «Che poi nel volgere degli anni ... >> a« ... prelo­dato nostro Poeta apologista>>), serve a confermare definitivamen­te, anche se per la via indiretta dell'insinuazione, la vulgata natu­ra responsi va del Commentario: «La forza del sig. Soldati in que­sto commentato Sonetto ribatte un detrattore del suo dialetto. Chi sarà egli mai? ... Io l'ignoro; se non che mi vien supposto che in un recente giornale letterario siavi un articolo alquanto insultante al dialetto olonico non solo, ma a tutti gli altri delle diverse città d'Italia>>.

Né sorprende che l'esordio della recensione sottolinei l'abilità retorico-stilistica toscana messa in luce dall'autore del Commen­tario nel chiosare un testo milanese del Porta:

Chiunque legge quest'opuscoletto s'avvedrà facilmente che il suo autore, sig. Domenico Soldati, è uno di quei bravi milanesi, che pur molti ve n'ha, che attinsero valorosi alle pure sorgenti dell'Arno i tesori della toscana favella; e che apprezzano assai quelli del natale loro dialetto d'Olona. Lo difende infatti egli con logica precisione e con bella dicitura. Prende come a perno del suo discorso il seguente graziosissimo sonetto del sig. Carlo Porta, originale e gran­de nelle poesie patrie, e non comune cultore delle muse toscane265

.

Il concerto delle forze di Butiropoli faceva risuonare pronto il suo accordo.

}ahre 1816 bey der k. k. Biicher-Censur im Lombardisch-Venetianischen Kiinigreiche zugelassenen Handschriften, neuen Auflagen, Kupferstiche und Musikalien. Censur in Miland.Aprill1816, p. 82 (fa parte del VerzeichnifJ der imMiliUir-]ahre 1816 beyder k. k. Central-Biicher-Censur in Wien zugelassenen in- und ausliindischen Werke, ]ournale, Handschriften, Landkarten, Zeichnungen, Musikalien u. s. w., Wien 1816: una copia del quale all'Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo -Studi, p. m., 76 (b6); nel testo a stampa il titolo contempla «scritto», ignorato dal ms).

264. Può leggersi, con l'omissione del son. portiano, anche in DE STEFANIS CICCONE­BONOMI-MASINI, La stampa ... , I, p. 150.

265. DE STEFANIS CICCONE-BONOMI-MASINI, La stampa ... , I, p. 150.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 437

«Butiropoli»

49. Scrivendo al Cicognara, Giordani a più riprese accenna a Milano definendola «ButiropoJi, 266

; in un caso, a onor del vero, anche <<merdopoli>> (lettera del1 ° giugno 1813)267

• Se si pensasse ad una specie di senhal individuante un'amicizia, si sarebbe nel torto: in una lettera al Cicognara di Giovanni Rosini del22 marzo [1812]268 si legge, in riferimento alla partecipazione al premio della Crusca: «A ciò fare poi mi induceva il poter gettare sul muso questo nostro lavoro ai Giganti di Butiropoli»269

. Seppure di sen­hal si trattasse, doveva dunque godere di relativamente ampia diffusione270

.

266. Per es., nella lettera del l 0 giugno 1813, di cui più oltre (GIORDANI, Epistolario, III, pp. 7-10 n° 271, a p. 8), o in quella immediatamente successiva del 3 giugno (GIORDANI, Epistolario, III, pp. 11-3 n° 273, a p. 13: «Scrivimi, ti prego, sul tuo viaggio, perch'io vorrei pure che in Butiropoli ci potessim vedere un poco~·); e ancora, mutato regime, il 31 gennaio 1815 (GIORDANI, Epistolario, III, pp. 175-6 n° 326, a p. 176: «Ragani capo battaglione e Partenopeo appena giunto fu preso e sotto custodia mandato a Butiropoli>» ). A titolo di curiosità, si osservi che la fanna, costante nel Giordani, provvista di scempia nel primo componente riflette un usus ottocentesco cor­rente (con la scempia sono pressoché costanti le attestazioni antiche di butiro, che godette di vita dialettale autonoma): si veda anzi la discussione etimologica del Gherar­dini in polemica con la geminata nel relativo lemma della Crusca (Lessigraj(a italiana, o sia maniera di scrivere le parole italiane, proposta da G. GHERARDINI e messa a confronto con quella insegnata dal Vocabolario della Crusca, Milano, Bianchi 1843, p. 235 s. v. Butìro).

267. «Sul tuo viaggio bisognerà che tu mi scriva chiaro, e dirmi se potrem vederci in butiropoli o merdopoli che sia, e quando e dove ti potrei cercare colà» (GIORDANI, Epistolario, III, pp. 7-10 n° 271, a p. 8: è la lettera cit. più oltre).

268. La lettera, non datata, contiene numerosi riferimenti al premio conferito dalla Crusca nell811 e cosl esordisce: «ricevo la tua oggi domenica 22 marzo>>. 1122 marzo cadeva appunto di domenica nel 1812; se dovesse pensarsi ad una più tempestiva datazione della lettera al marzo dell'Il, si dovrebbe supporre un'erronea lettura della data (22 anziché 24) da parte dell'editore.

269. [C. DE STEFANI], Lettere due di Giovanni Rosini a Leopoldo Cicognara, Alla gentil signorina Annetta Brenna ed al preclaro giovane Prof. Ing. Lorenzo Allievi nel fausto giorno di loro matrimonio, Pisa, Nistri 1885, p. 8; è lettera notevole anche perché informa di dissapori intervenuti tra il Rosini e il Foscolo, che il Cicognara è pregato di appianare.

270. Si può restare in dubbio sul valore esatto da riconoscere alla designazione, certo non dotata di connotazione positiva: ritengo comunque che la metafora debba collegarsi a tipi proverbiali settentrionali quali (<Nodà in del butter. Stare in panciolle» o anche «Avè el cuu in del butter. fig. Nuotar nel lardo. Stare sul grasso» (entrambi registrati dal CHERUBINI, s. v. Buttér; cfr. anche i come sempre fioritissimi equivalenti toscani di «Nodà 'n dol bOtér, Iga 'l ciil in dol bOtér- Aver latte di gallina, Stare in sul grasso o a panciolle, Stare in barba di gatta, Essere nell'abbondanza» fomiti nel Vocabolario dei

438 CLAUDIO CIOCIOLA

Il tema dell'invidia, che nuocerebbe alla «grande opera» in Italia e non altrove, è ricorrente nelle lettere di Giordani: per esempio, in questi termini al Cicognara egli scriveva il 3 giugno 1813: <<Io son persuaso che fuori di questa pozzanghera, in ogni cielo non ingombrato da nebbia d'invidia, t'ha da procurare am­mirazione ed onore immortale», proseguendo: <<Forse in Italia ti sarà fatta piena giustizia un po' più tardi che altrove; ma in Ger­mania credo che sarai subito adorato: E io tengo che anche in Francia sarai lodato assai. Penserei che tu facessi scrivere due righe da Canova a Quatremère de Quincy, perch' egli è uomo che dove si riscalda vuole che gli altri pensino come lui: e s'egli ne parlerà, ti farà leggere; il che basta per farti stimare. Conviene che tu con Ginguenè, con Sismondi, con Botta, con Visconti facci qualche passo: questi bastano a riempime Parigi» 271

• Scrivendo­gli a Parigi il 18 agosto 1813, nell'esortarlo ad agire per essere creato Membro dell'Institut, gli assicura: <<questa sarà fortissima batteria contro l'invidia merdopolitana ed aprirà la breccia ad entrare in quell'areopago, nel quale ti ho detto che ti voglio» 272

50. Il clima di Butiropoli non doveva essere il più confacente per il Giordani; e di questo ben presto egli dovette avvedersi. Certo, l'aver toccato, per incominciare, proprio il tasto del dialetto non era stata mossa delle più felici. Tra i suoi torti, ad ogni buon conto, lodare Cicognara (si noti che nel primo fascicolo della <<Bi­blioteca Italiana», che reca sul frontespizio la data del << Gen­naio», il Conte occupa un luogo non secondario: alle pp. 30-7 è recensita la sua memoria per la restituzione Dei quattro cavalli riposti sul pronao della basilica di S. Marco in Venezia, impressa dalla tipografia di Alvisopoli 1'11 dicembre del '15 con dedica a Francesco I Imperatore d'Austria e Re de' Lombardo-Veneti273

;

alle pp. 38-4-0 le Fabbriche più cospicue di Venezia, sempre da Alvisopoli, sempre nel '15, sempre con dedica all'Imperatore:

dialetti bergamaschi antichi e moderni, compilato da A. TIRABOSCHI, Bergamo, Bolis 18732

, s. v. BOtér, Botér).

271. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 11-3 n° 273, alle pp. 11, 12. 272. GIORDANI, Epistolario, III, pp. 50-2 n° 284, a p. 50.

273. DEI l QUA TIRO CAVALLI l RIPOSTI SUL PRONAO l DELLA BASILICA DI S. MARCO NARRAZIONE STORICA l [marca tip.JI VENEZIA l DALLA TIPOGRA­FIA DI ALVISOPOLI l ADDI XI DICEMBRE M.DCCC.XV., pp. [5]-[8].

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 439

entrambe le recensioni sono anonime, ma la prima almeno è sicu­ramente del Giordani)274.

Butiropoli (o come altrimenti dovesse appellarsi) prendeva le sue vendette. Così illS giugno del '16, mentre Porta doveva esse­re nel pieno fervore compositivo della sua epica «Giavaneide», l' <<abate» scriveva al Conte: «Non crederesti che crudele e ostina­ta guerra mi si fa addosso; e per dio chi può indovinarne le cagio­ni? Non curo le satire che mi si stampano continuamente contro, colle più villane ingiurie personali; e sai che mi si rimprovera? D'essere un adulatore (poichè non mi si può rimproverare d'esse­re maledico). E ho il gran torto di lodare Canova, Mai, Cicogna­m. Chi dunque dovrei lodare? Un altro torto gravissimo, perchè nel contraddire le opinioni altrui uso modi civili e rispettosi. E per queste cagioni mi si scagliono addosso le più sanguinose inso­lenze. Ma tutto questo mi farebbe ridere, se avessi pane. E che io non l'abbia mai il cerca attivissimamente non so quale arrabbiata cabala, che me vivente più che da romito, va infamando per tutte le case de' signori, e dovunque possa valere la opinione, scredi­tandomi con ogni genere di calunnie, e quanto all'ingegno, e quanto al morale. Vedi per quale fatalità in una città così grande vivendo occulto, anzi sepolto, io non abbia da poter viver quie­to»275_

«Per giustificare lo scrittore da ogni viziosa personalità>>

51. Non per nulla il censore abate Palamede Carpani, nel comu­nicare al Cherubini l'admittiturper l'ed. portiana, gli comuniche­rà che tagli inesorabili hanno colpito proprio la serie «giavana­ria>>: «Caro Amico[.] Ho spedito il volume XII. ed ho ammessi quattro Sonetti contro !'Ab. Giavan con una intestazione generale, necessaria per far meglio gustare i versi, e per giustificare lo scrittore da ogni viziosa personalità. Gli altri Sonetti non sono assolutamente ammissibili>>276

. I quattro sonn. ammessi sono

274. Cfr. MALAMANI, Il, pp. 108-9.

275. GIORDANI, Epist~lario, III, pp. 339-42 n° 413, alle pp. 340-1. 276. IsELLA, Portiana.l ... , p. 74; l'autografo è riprodotto in Ritratto, p. 263 fig. 217.

440 CLAUDIO CIOCIOLA

LXVIII 4, 6, 7, 12, e l'intestazione che li precede suona: <<Ad un Giornalista anonimo, e supposto forastiero in Milano» 277.

Nella Nota delle opere esaminate nel decorso del suddetto mese dall' «<mperiale Regio Ufficio di Censura di Milano>>, fascicolo del gennaio 1817, si legge l' «Admittitur, omissis deletis>> per i tt. I e XII della Collezione278

; in particolare, le opere ottennero l' «admittitur>> condizionato nella settimana dal 29 dicembre 1816 al4 gennaio 1817, come risulta dall'Elenco settimanale voluto dal § 16 delle Istruzioni annesse al Piano generale di Censura dei libri o manoscritti ammessi279

.

Monti («la frasca dell'osteria») e il «Fraticello>> («l'Atlante>>)

52. Dionisotti ha sottilmente osservato che il Giordani frate non era, bensì monaco. Ma il distinguo, acuto e tempestivo, nonché ai moderni e più corrivi studiosi, sfuggiva agli stessi suoi contempo­ranei, per i quali, se giacobina insofferenza doveva dimostrarsi nei confronti di un ex, non poteva che rivolgersi ad un ex frate.

Il titolo di abate, che non gli competeva affatto canonicamente, il Giordani se lo era guadagnato ad honorem, come molti suoi coetanei, e non è dunque da considerarsi giunta irriverente del Porta. Si confronti ad esempio questo passo famoso, e altrimenti notevole, estratto da una lettera montiana del l 0 settembre del '15, indirizzata da Pesaro all'Acerbi a proposito delle «circolari>> nunzie della «Biblioteca>> (da spedire, tra l'altro, a Bologna): «lvi pure è il celebre ab. Pietro Giordani, valentissimo scrittore, a cui è necessario mandarla, tuttoché il carattere morale di questo ex­frate sia tristo>>280

• Il Giordani, grazie alle insistenze di Monti, sostituirà il Mengotti, in un primo tempo designato e ritiratosi in ragione della tarda età, nella compilazione del giornale.

Già prima che la «Biblioteca>> si avviasse, il Monti, scrivendo al genero Giulio Perticari il 20 gennaio del '16, presto disamora­tosi all'impresa, ne prendeva le distanze, e spiegava di aver scari-

277. !SELLA, Portiana.l ... , p. 74 n. a 8. 278. Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo- Studi, p. m., 76 (dia). 279. Archivio di Stato di Milano, Atti di Governo- Studi, p. m., 76 (dia). 280. MONTI, Epistolario, IV, pp. 242-3 n° 1836, a p. 242.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 441

cato gli oneri maggiori sulle spalle del bisognoso fraticello: <<sappi primieramente che né al Costa né al Giusti si sono mandati gl'in­viti promessi perché l'impresa del noto Giornale ha sofferta un'e­clissi, la quale non è del tutto ancor dileguata. Lungo sarebbe il dirtene le cagioni: ma siati assai il sapere che l'intoppo è tutto politico, tutto un contrasto d'autorità: senza che siane in colpa veruno dei capi compilatori, i quali sempre son presti. Allorché piacerà al Governo dame la mossa (e il momento, se il Direttore mi dice il vero, non è lontano) ognuno farà il suo dovere. Ciò dico rispetto agli altri: ché in quanto a me è cessata la voglia di mesco­larmene, avendo io ben altro di che occuparmi. Mi sta nel cuore la Feroniade, e a questa voglio dare tutto il pensiero. Accioché poi la mia ritirata non faccia verun difetto, e non mi tiri addosso i romori allorché farò palese la mia intenzione, ho guidato la cosa in maniera che il Fraticello entri nelle mie veci. Egli ha bisogno di pane, ed è atto, sopra ogni altro, a questo mestiere. S'egli ha scritto alla madre de' Gracchi che gli tocca il far l'officio di lavan­daia, non ha mentito. È tanta la sartagine degli scritti piovuti d'ogni parte al povero Acerbi, che molti han bisogno del Purgato­rio; e non avendo io per niuna guisa voluto mettermi in questa briga, l'Acerbi per mio stesso consiglio è stato costretto a versame i più bisognosi nel caldaio del Fraticello, onde il ranno gli frutti fin d'ora qualche zecchino. Ecco in poco la storia di questo affar letterario» 281

Il24 marzo, e cioè dopo l'uscita del primo fascicolo, scongiura­va il genero: <<Non farmi rallegramenti intorno a questo giornale, perché mi tocchi un tasto che duole. Io sperava, come ti scrissi, uscirmi di questo imbroglio e di starmene tutto nelle cure che più mi stringono. Ma chi sta sopra ha voluto diversamente, e così sono la frasca dell'osteria,282• Latineggiando, a Ferdinando Ma­rescalchi il 21 aprile ribadiva in un post scriptum: <<D'una cosa desidero che voi e gli amici siano consapevoli, ed è che nel noto Giornale il mio nome (sic Dii voluere) non è che signum ad taber­nam»2B3.

281. MONTI, Epistolario, IV, pp. 260-l n° 1860, a p. 260. 282. MoNTI, Epistolario, IV, pp. 282-4 n° 1875, a p. 283. 283. MoNTI, Epistolario, IV, pp. __ 291-2 n° 1883, a p. 292.

442 CLAUDIO CIOCIOLA

All'Acerbi doveva rivolgersi, s'intende, in altri termini; ma la sostanza, il 7 aprile, non mutava: «Salutate Giordani e tenetelo caro, ché in lui solo avete l'Atlante>>284·. Con parole molto prossi­me a quelle usate con l'Acerbi, si rivolgeva il 3 maggio all'amico palermitano p. Michelangelo Monti: «Ho fatto a Breislak i vostri saluti, e gli brillava la faccia nell'ascoltarli. Egli ve li raddoppia e unitamente ai colleghi Giordani ed Acerbi vi prega di non lasciar delusa la speranza che su le vostre parole ho fatto !or concepire di qualche bel frutto della vostra penna per onorare il loro Giornale. Dico loro, e non nostro, perché, quantunque in fronte al proemio si legga il mio nome, io non ve l'ho posto che per obbedire, né finora v'è altro del mio che l'interpretazione d'un mal inteso passo di Dante nel 2° fascicolo. Il corso della mia vita inchina verso la sera, e il poco che mi resta da vivere mi mette conto ad impiegarlo nel dar compimento ad un poema che mi dà qualche speranza di lasciar vivo il mio nome dopo il sepolcro>> 285~

«Ma che bravi Veneziani»

53. Un riattizzarsi della rivalità con i Veneziani, che in occasio­ne della visita di Francesco I (celebrata con componimenti d'oc­casione, tra gli altri, dal Porta e dal Pertusati, questi citato dal Mantovani)286 sollecitavano l'Imperatore a concedere a Venezia un'amministrazione autonoma, determinò proprio nei primi mesi del nuovo anno le quartine portiane <<Ai Veneziani che del 1816 implorarono S. M. L R. per non essere dipendenti da Milano>>: Ma che bravi Veneziani (<<Ghe l'han ditt ciar e destes l Propi a lù, all'Imperator l che no voeuren Milan es l In l'Italia soa de !or>>: vv. 5-8; <<Andee là car Pantaloni, l Dio ve faga sodisfaa, l Che per

284. MoNTI, Epistolario, IV, pp. 287-9 n° 1880, a p. 288. Precedono le parole: «Il corso della mia vita inchina a gran passi verso la sera, e temo fortemente che non mi avanzi tempo abbastanza per condurre a riva l'opere mie. Tutti, che veramente mi amino, diranno ch'io fo bene a porre in queste le prime mie cure. Voi forse sarete d'altro avviso e mal soffrirete che i secondi pensieri siena pel giornale. Decideremo fra pochi giorni a viva voce questa grave questione. E se rimarrà provato che l'amor del giornale debba andar innanzi al mio proprio, io getterò nel fuoco il Prometeo e la Feroniade e tutti gli scritti sulla riforma del Vocabolario per darmi tutto alla Biblioteca Italiana».

285. MONTI, Epistolario, IV, pp. 294-5 n° 1887, a p. 295. 286. Cf<. n, 199.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 443

n un pover mincioni l Stemm mej sol che mal cobbiaa»: vv. 17-20)287.

Ad ogni buon conto, lo stesso Cicognara ai primi di gennaio del 1816 si accinge a muovere alla volta di Milano, per «umiliare>> alla nuova, imperiale e regia, maestà copia del secondo volume della sua Storia. Il 14 scriveva da Venezia al Canova, già richie­sto di un biglietto d'introduzione al sovrano: «Parto domani [ ... ]>> 288; ma il viaggio non diede i frutti sperati, se il19 aprile il Conte, dai potenti spesso deluso, così si apriva al «divino>>:

Sua Maestà è partita di qui. Nessun effetto della vostra premura per me a lui esternata, nessun risultamento della mia devozione confermatagli coll'accom­pagnarlo per tutto, e fargli da cicerone con tanto suo apparente gradimento per tutte le cose dell'arte. Gli ho scelto anche quattordici bellissimi quadri che si è portati a Vienna per aumento della sua Galleria, e che non gli costano che un atto della volontà sovrana. Gli ho donate tutte le mie opere, ma nulla finora valse a determinare in mio favore che neppur si pagasse quello che mi compete per mantenimento degli alunni in Roma. Non parliamo poi d'incoraggiamenti o munificenze289

.

«Amoroso maestro! Oh mio Parini»

54. Troppo inadeguate le notizie biografiche che illustrano il Bernardoni, sorprendentemente stimato immeritevole di un loculo nel DBJ290: eppure, se non le relazioni frequenti e cospicue che, anche per ragioni d'ufficio, intrattenne, nel corso di una lunga esistenza, con molti ragguardevoli personaggi - primi fra tutti il maestro Parini, delle opere del quale curò l'edizione del '1829

\ e

287. Le Poesie, II, pp. 560-l n° CXLV, e cfr. III, p. 945. Per il tema della rivalità Milano/Venezia cfr. anche n. 155.

288. CICOGNARA, Lettere ... , p. 138, e cfr. pp. 135 e 139. Il testo della lettera indiriz­zata dal Canova alla «Sacra Maestà», del l? gennaio, si legge in MALAMANI, II, p. 117.

289. CICOGNARA, Lettere ... , p. 159, e cfr. pp. 147 n. 6, 157-8 e n. 3, 159 n. 3.

290. V. però il FONTANA, Antologia ... , pp. 226-7, e soprattutto la succosa scheda dell'lsella in Lettere, pp. 240-1 (in n. alla leltera 151; del resto ad ind., p. 459); ora anche Florilegio, p. 213; del tutto superflua, invece, la consultazione della voce di G. CASATI, Dizionario degli scrittori d'Italia (dalle origini fino ai viventi), l, Milano, Ghir­landa s. a., p. 127; di magra soddisfazione la lettura delle notizie in n. alla lettera n° 705 di MoNTI, Epistolario, Il, p. 211. Dal FoNTANA, Antologia ... , p. 227, e quindi dall'Isella in Lettere, p. 240, si ricava che nel1802 passò, con la qualifica di Segretario di Divisione, al Ministero degli Interni.

291. Notevole è l'epistola in sciolti all'abate Giuseppe Barbieri (Bassano 1774- Pa-

444 CLAUDIO CIOCIOLA

il Monti292 - della Milano napoleonica e della Restaurazione293

,

almeno la sua attività di lessicografo, specializzato nella cernita di barbarismi e neologismi della lingua burocratica (nel suo famo­so Elenco, che nell'Ottocento godette di non effimera fortuna)294

·,

dova 1852), il poeta e celebre oratore sacro che eni succeduto al Cesarotti (v. G. GAMBARIN, DBI, VI, 1964, pp. 230-1), per l'edizione lemonnieriana del '46 (•4 ... ] ecco, dall'Arno l lnsperato volume a me venuto l A' miei verd'anni mi ritorna. Oh grande! l Oh del suolo natlo, d'Italia vanto! l Amoroso maestro! Oh mio Parini>»): Per la edizione fatta in Firenze di Versi e prose di Giuseppe Parini con un discorso di Giuseppe Giusti intorno alla vita e alle opere di lui Epistola di Giuseppe Bernardoni al Professore Abbate Giuseppe Barbieri socio dell'I. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, e risposta di esso, Milano, Bernardoni 1847.

292. Per quanto è del Monti, divertente è l'interrogazione che il Bernardoni rivolge ai lettori delle Eroidi dopo aver citato un lusinghiero parere del poeta («quel Monti che rise sl spesso con tanto brio alle spalle del Traduttore dell'Epistole>>) circa lo stile di quel volgarizzamento (con il quale egli aveva anche gareggiato, volgendo in terzine brani del testo latino): «Sicchè, a sommare pregi e difetti, non vi par forse che la traslazione dell'Epistole Ovidiane possa, come dicono i Francesi di certe loro versioni dal greco o dal latino, aspirare per lo meno al titolo di Bella infedele?» (nella già cit. lettera a Ferdinando Marescalchi del 21 aprile 1816 il Monti scriverà: «Se il Direttore della Biblioteca Italiana avesse ascoltato le mie parole, l'articolo di Rossi su la tradu­zione di Q. Calabro non avrebbe mai veduta la luce. Nulladimeno si consoli la Bandetti­ni. La censura di cui è stata gravala nulla toglie al merito del suo lavoro. La stessa accusa fu data alla traduzione dell'Eneide d'Annibal Caro, e questa volta pure si è ripetuta e confermata quell'antica sentenza che una bella infedele ne dà più gusto che una brutta fedele>>: MONTI, Epistolario, IV, pp. 291-2 n° 1883; ma Amarilli non se ne dava per intesa: cfr. la risposta del Marescalchi, del28 di quel mese: in MONTI, Episto­lario, IV, p. 294 n° 1886). Per un esame dei rapporti intrattenuti dal Bernardoni con il Monti si può partire da MoNTI, Epistolario, VI, p. 479, ad ind.; v. anche i cenni nella dedica dell'edizione del volgarizzamento delle Eroidi (ci t. in n. 295), pp. XV e XXV n. 23. 293. Un primo, e rilevante, nucleo di documenti è rappresentato dalle settantuno cartelle di lettere a lui indirizzate che si conservano alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, Autografi, B. l. (cfr. I carteggi delle Biblioteche lombarde. Censimento de­scrittivo, l (Milano e provincia), a cura di V. SALVADORI, Milano, Editrice Bibliografica 1986, p. 102); le assai notevoli lettere indirizzategli dal Gherardini sono note a M. CoRTI, Il problema della lingua nel romanticismo italiano, in Metodi e fantasmi (Critica e filologia, 4), Milano, Feltrinelli 1969, pp. 161-91, alle pp. 177 e n. 31, 189; sue lettere d'interesse prevalentemente biografico sono conservate all'Archivio di Stato di Milano, Diplomatico - Autografi, Uomini Celebri, 113 (6). Documenti a stampa di rilievo sono le Lettere di Vincenzo Monti, Teresa Bandettini e Cesare Arici, che si pubbli­cano per le nozze dell'ingegner signor Alessandro Negroni con la signora Carolina Simo­netta, Milano, Bernardoni 1838, e le Lettere di Teresa Bandettini a Giuseppe Bemardo­ni, per cura di F. SALVERAGLIO, Milano, 1885. 294. L'Elenco di alcune parole oggidì frequentemente in uso; le quali non sono ne' vocabolarj italiani, Milano, Bernardoni 1812 (P. ZoLLI, I dizionari di neologismi e barbarismi del XIX secolo. Note linguistiche e bibliografiche, ora in Saggi sulla lingua italiana dell'Ottocento, Pisa, Pacini [1974], pp. 7-66, a p. 40 n° 13) determinò la

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di critico del testo dantesco e di editore di antichi monumenti di lingua del <<beato Trecento, come il buon padre Cesari soleva chiamare il secolo XIV>>295

, dovrebbero rappresentare patenti di nobiltà bastevoli a garantirgli le cure di un monografista.

Quanto all'Elenco, notevole è una lettera del Monti del 9 no­vembre 1812, nella quale si ha notizia di un postillato autografo del poeta: «Ti rendo grazie del bel dono che mi hai fatto del tuo Elenco ecc. Nella savia e modesta prefazione al medesimo, tu di mandi consigli ed aiuti onde migliorare l'opera tua; ed io, mosso dalla verace amicizia che mi ti lega, ho posto in margine al tuo libro alquante mie osservazioni, e te lo rimando onde tu vegga se ne puoi trarre profitto. In voce poi ti farò più chiaro il mio parere. Piacerebbemi che questO Elenco di solecismi, bestialmente intro-

pronta replica del Gherardini (ZOLLI, I dizionari ... , pp. 49-50 n° 56; dell'anno seguente sono a slampa alcune Correzioni ed aggiunte ... , controdeduzioni in parte palinodiche dello stesso Bemardoni: ZOLLI, l dizionari ... , p. 41 n° 15). Fu notevole il tempestivo e acuto richiamo all'Elenco della CoRTI, Il problema ... , pp. 182-3, amplificato da DE STEFANIS CICCONE, La questione ... , pp. 27-34, e sollecitamente ascoltato da P. ZoLLI, Il Bollettino delle leggi della Repubblica Italiana e l'Elenco del Bernardoni. Contributo ad uno studio del linguaggio burocratico nell'età napoleonica, ora in Saggi ... , pp. 67-139; riferimenti all'operetta del Bernardoni in tutta la raccolta di Saggi dello Zolli; si aggiungano i frequenti richiami all'Elenco di L. SERIANNI, Norma dei puristi e lingua d'uso nell'Ottocento nella testimonianza del lessicografo romano Tommaso Azzocchi (Quaderni degli •<Studi di lessicografia italiana», l), Firenze, Accademia della Crusca 1981, p. 271, ad ind. Nella premessa all'Elenco, divulgando l'immagine di un Vaccari puristicamente ansioso della 'sicurezza' linguistica e lessicale, il Bernardoni cosl esor­disce: «Da poi che S. E. il signor conte Vaccari assunse le cure del Ministero dell'Inter­no, non solamente attese a far sl, che gli affari di sua competenza fossero trattati con maturità di consiglio e con sollecitudine; ma volle pure che nell'esporli si tralasciassero que' tanti barbarismi, dei quali le scritture d'oggidì ridondano per modo, che sono onnai inintelligibili, non che a' forestieri, agli stessi Italiani. Per quanto le mie forze il comportavano, io teritai di secondario col raccogliere quanti termini mi accorrevano, i quali, comechè non si trovino in alcun vocabolario, leggonsi pure soventemente ne' rapporti e nelle lettere di non pochi segretarj; tra i quali, il confesso, io non era ultimo ad usarne alcuni, senza che in me sorgesse il menomo sospetto intorno alla qualità di essi» (p. III). Otto lettere molto amichevoli indirizzate al Bernardoni dal Vaccari negli anni 1814-1818 si conservano nel carteggio Bernardoni: Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Autografi, B. I. 64.

295. Del '42l'ed. del volgarizzamento delle Eroidi, preceduta da un'assai interessante lettera di dedica «Al prestantissimo Cavaliere signor Gaetano de' conti Melzi»: Epistole eroiche di Ovidio Nasone volgarizzate nel buon secolo della lingua, secondo la edizione di Sisto Riessinger del secolo XV riscontrata ed illustrata con gli esempi dell'Epistole medesime allegati dalla Crusca, con più codici italiani a penna, con la edizione di Firenze del MDCCCXIX e coi due errata corrige del Cav. Vincenzo Monti sopra quella edizione, Milano, Bernardoni 1842 (il luogo virgolettato nel testo a p. VII).

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dotti nelle nostre segreterie, fosse per comune vantaggio amplia­to, e che dopo il registro delle parole scomunicate seguisse quello delle frasi, ancora più animalesche,296.

Troppo esigui d'altronde nel numero, e sorretti da mal certa filologia, i testi suoi in dialetto accessibili, perché ragionevole suoni il proposito di sottoporre a vaglio l'attribuzione del sonetto anticicognaresco accreditata (sulla scorta di una tradizione fami­liare) dal Fontana, vidimata dal Salvioni e suggellata dall'Isel­la297. Certo è che nell'anno di composizione del sonetto il Bernar­doni, intrinseco del Porta almeno a partire dal 1817298, era im­piegato agli Interni299, e al Ministero avrà avuto agio di vedere la lettera del Cicognara al di Breme, o quanto meno di aver sentore della storiella; più che probabile che già fosse in relazione con Luigi Bossi, «uomo di quella tanta erudizione che tutti sanno>>, e che abbiamo sospettato primo istigato re dell' a.ffaire onagro­cicognaresca: il quale, a ogni buon conto, dopo il '18 gli favorirà copia di un manoscritto volgare delle Eroidi di sua proprietà300•

È pur vero che un sonetto di lui nell'Antologia Meneghina, intitolato «Alla sura Contessa *** per on gran bel! rose d'uga pitturaa de lee>> (incomincia Quand me cuntaven su che on pitto­ron)301 contiene due versi che fanno rizzar le orecchie: «l'uga, che l'ha faa lee su sto quadrett, l quij maravèj no me fan pù stupì!>> (vv. 10-ll), ricordando da presso il distico incipitario del nostro apocrifo: «Cicognara, se dis, l'hafaa on quadrett; l Fin chì no ghè nagott de fass stupon>; e si può aggiungere, come cuco-

296. MONTI, Epistolario, IV, pp. 95~6 n° 1675. 297. Cfr. n. 114. 298. Cfr. Lettere, pp. 207 n. alla lettera n° 124 (del21 agosto 1816), e 459, ad ind. Ma già nel marzo 1801 era stata rappresentata al Teatro Patriottico la sua traduzione di un dramma del Boully, alla quale il Porta aveva partecipato come interprete: Florilegio, p. 213. 299. Cfr. n. 290. 300. «Benchè l'edizione Riessinger [acquistata nel1818] si stesse infruttuosa in mia mano, se non in quanto la consultava il Cavalier Monti per metterne a prova la lezione con quella di Firenze; non per questo tra la ricordanza delle difficoltà ch'io aveva durate per farla mia, e, il dirò pure, la speranza, che mi sorrideva, di potere, quando che fosse, donare di proposito i miei pensieri all'Epistole, io non ristava di corredarla di nobili accompagnatore. Ed in ciò m'ebbi la sorte favorevole; chè dal Conte Luigi Bossi, uomo di quella tanta erudizione che tutti sanno, potei ottenere la copia di un suo codice a penna dell'Epistole di Ovidio~~ (Epistole eroiche ... , pp. VIII-IX).

301. FONTANA, Antologia.,., p. 228.

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stanza aggravante, che la rima E del so n. del Bemardoni (di sche­ma ABBA ABBA, CDC EDE) è in -or, come la rima B del son. anticicognaresco (di schema ABBA ABBA, CDE CDE); e ancora, che la rima B del son. del Bernardoni è in -ella, mentre in -el è la rima D dell'altro testo.

Ma si ·deve anche riconoscere che le corrispondenze si arresta­no qui (se non si vuoi tener conto della più tenue consonanza del v. 11: <<Longh e suttil ch'el par on canociah, con il v. 12 del son. del Bernardoni: <<Chè, l'è lì che la par sui sò vidon>), né altro di veramente significativo accade di registrare nei componimenti ri­prodotti nella prima ed. del Fontana: quattro sonetti, uno dei qua­li caudato302

, e tre componimenti in verso libero, due dei quali di maggior prestanza; ma si superano 'a stento, computando tutti i versi, le duecento unità303

Si aggiunga che il son. Quand me cuntaven non è datato, ma degli altri sei testi l'uno, indirizzato alla medesima e innominata <<sura Contessa» pittrice, risale al1850, e tre al1851: al penulti­mo aimo di vita del Bernardoni (nato a Milano nel177l), e distan­ti più di un quarantennio dall' affaire Cicognara: veramente troppo perché se ne possa concludere, in un senso o nell'altro, alcunché. Converrà attendere: e nell'attesa armarsi di pazienza. Aggiungen­do ad ogni buon conto un altro rilevante riscontro, e questo crono­logicamente assai meno peregrino, nei Versi milanesi per la laurea di Giovanni Angelo Martinelli, del 1794: <<Studia a tutt studià, e in quest imitta, l Car Martinell, tane ommen de talent» (XXV, vv. 3-4), che sembrano anticipare il v. 12 dell'apocrifo: <<Fin chì tane brav pittor lu l'ha imitaa,304•

302. Gli schemi sono i seguenti: [l }[2] ABBA ABBA, CDC EDE; [3] ABAB ABAB, CDC DCD; [4] ABBA ABBA, CDE DCE (FoNTANA, Antologia ... , pp. 228-9). Si può aggiungere che lo schema di un son. in lingua dedicalo ad «Amarilli, Etrusca)) (la celebre improvvisatrice Teresa Bandettini, con la quale il Bernardoni ebbe un'affaire) è ABAB ABAB, CDC DCD (lo si legge in calce ad una lettera al Monti del 22 febbraio 1803: MoNTI, Epistolario, Il, pp. 273-4 n° 782). 303. FONTANA, Antologia ... , pp. 227-9 (ancora più avara è la seconda ed.: FoNTA­NA, l, pp. 247-51; un son. è ora ripreso in Florilegio, pp. 214-7). 304. PER LA LAUREA l IN FILOSOFIA, E MEDICINA l DEL SIG. l GIO. ANGE­LO MARTINELLI l MILANESE l VERSI MILANESI l DI GIUSEPPE BERNARDONI l DEDICATI l ALLA ILLUSTRISSIMA SIGNORA MARCHESA l DONNA COSTANZA MALASPINA l NATA l MARCHESA MOSSI DI MORANO l PAVIA MDCCXCIV. l Dalla Stamperia Cominiana. l Con permissione., p. 13 (il testo consta di 25 sestine, e incominciaSent, Martinell, no gh'è pù esamm che tegna; ho consultato l'esempi. ambra-

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55. Per quanto è del Porta, invece, scapricciarsi di una verifica del fumus di Authorship è, mano alle concordanzé05, tutt'altro che arduo. A quali conclusioni indurrebbe un'expertise condotta con gli strumenti collaudati nel laboratorio peri tale della filologia degli antichi testi? È curiosità, mi sembra, legittima.

Per esercizio, scrutiniamo dunque la compatibilità del sonetto con il sistema implicito nel corpus portiano delle accettate. E si muova dalle congruenze più vistose:

2 Fin chì no ghè nagott de fass stupor Lp 9, 46 Quand la ghe dis ... Ch'è de stupiss nagotta

XLIII 129 Ma fin chì ghè'ìwgott de stravagant

(per. quest'ultimo verso il commento dell'Isella306 individua una reminiscenza dal Balestrieri, Gerusalemme liberata, XIV, 59, 2: «No 'l ghe troeuvanagott de stravagant», rincalzata da X 9: «Def­fatt no ghoo trovaa nient de redh ); per ghè nagott de LXV 430 (<<Sott a on Marchionn gh'è staa nagott de noeuv>>, raffrontabile, ancora sulle tracce del commento !sella, a XXXIV 39: <<Oh intui­tù de quest ghè njent de noeuv»; gh'è nient de noeuv, lo si sottoli­nei, è modo idiomatico equivalente a 'non c'è da sorprender­si')307, CXXXII lO (<<Ghe n'han che ghè nagotta de digh sù»); cfr. del resto CVIII 173 (<<Ma quest l'è anmò nagott; el traditor» ), in cui notevole, oltre alla coincidenza nel ritmo e nella paratassi avversativa, è l'identità di rima e della qualità vocalica in due delle sedi comprese tra nagott e la rima.

4 Tucc i omen dal pu. al manch g'han quai difett CII 15-16 Se sa che dal pu al men la servitù ·

Già l'è tutta canaja bozarona.

(dal pu al manch non trova esatto corrispettivo nel corpus; ma cfr. LXV 257: <<L'eva inscì pù nè manch in quel! moment», CCIV b, 4: <<Ma el sarà on asen nient de pù nè manch», CCXLI 6: <<Segond

siano). Dalla notizia biografica del Bernardoni in Florilegio, p. 213, si apprende che da Milano «Nell791 si trasferl a Pavia dove presso la facoltà di giurisprudenza consegul il diploma in scienze econo~iche)).

305. Concordanze delle poesie milanesi di Carlo Porta, Testo- Concordanze- Rima­rio - Omografi,- a cura di S. CIPRIANI, Milano-Napoli, Ricci ardi 1970. 306. Poesie, p. 207. 307. Con l'Isella, Poesie, p. 120 in n.

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se podarà pù o manch avenn>>, Lp 11, 12: <mient de pù, nient de manch della muraja>> (troppo pedantesco, in quest'operazione af­flitta da congenita pedanteria, sarebbe il convocare anche CLXXI 3: <dmpunemanch Sur Marchesin boifett>> ); quaj in terz'ultima se­de + bisillabo rimante in -ett è soluzione controfirmata dal Porta: LXXXII 88 ( <<[ ... ] o n quqj mocchett>> ), XC 99 («[ ... ] on quaj pac­chett>>), CL VII 32 (<<S'el gh'avess an quaj sospett>>).

6 Cont ona bisabosa de color VIII 2 Hin ona tavolozza de color

questa, e altre parentele di carattere strutturale con VIII, sono state anticipate nel § 40; per le innegabili coincidenze fonico­ritmiche, è d'altrqnde interessante rilevare l'affinità dei due versi almeno con L 82: <<Cont ona vas scarpada de bordoeu>> (secondo verso di ottava, con rima A in -ott) e LXXVI 8: <<Cont ona bonna salva de coppon>>.

10-11 On luguzzon d'an asèi domà pell, Longh e suttil ch'el par on canocial

LXX 19-20 Fraa Condutt l'è on magrozzer, on carcamm D'an pret longh longh ch'el par on campanin

anche l'abbozzo CVIII1 7-9: <<Quel Pret longh longh, pelos come on demoni l [ ... JI Ch'el par on mago l'è don Macedoni>> (e ancora in LXX 21: <<Cont on dianzen d'an pommon d'adamm>>. Si aggiun­gano, di rincalzo, LXX 13: <<Oh ben come l'è inscì nagott de maa>> e LXX 16: <<Me savaran poeù dì s'el ghe sommeja>> ); del resto anche XXXIV 20: <<Quel! gioven magher, longh come on salamm>> (cfr. anche CVIII 85: <<Magher magher, longh, longh, color di lòff>>; il commento !sella a XXXIV 20 rimanda a II 1-2: <<[ ... ]quel! candiron l Ch'el pareva an salamm mal insaccaa>>); il tipo già in Lp 3, 1-2: <<O n dì ona Dama cont on nas tant faa, l che 'l pareva la cupola del Domm>> (e i vi al v. 4: <<accompagnada d'an smorfiett d'an omm>>). La giuntura longh e suttil (di referente in quell'occorrenza non sinodale) in XCV 10: <<L'altra al longh, e suttil, e in del descor>> (v. anche LXV 227-8: <<Inscì suttil, e fin l Ch'el diseva [ ... ]>>. Per on asen domà pell XLIV 6: <<El me presen­ta an Asen mezz [tutt] a, B, P] spellaa». Dei numerosi ch'el par, basti addUrre LXV 456 (<<E via el va sbroffand ch'el par che tra­na>>), LXXX 15 (<<Con quel fà inscl grazios ch'elparch'el diga>>), CLXVIIIa 46, primared. in app. (<<Soeulia Soeulia ch'el parche

450 CLAUDIO CIOCIOLA

la scarliga» ), CC XIII 5-6 («Con fioretton de teti l Ch'el parfin che ghe salten sott ai man>>. Per il tipo on ... d'on, oltre al già citato, nella fin troppo abbondante messe si trascelga XXXIV 319: «Ona Dianzer d'ona bosinada>>, XLVIII1 b, ·5-6: «Veden intorna on strasc d'on sonettazz>>, LVI 19: «Che han traa insemma on besasc d'on falliment>>, LXV 905: <<L'eva costù on demoni d'on cilan>>, LXXXIX 62: <<D'on besasc d'on begliett, che hoo portaa à cà>>, LXXXIX 155: <<E on poetta d'on Prét certo Don Disma>>, XC 29: <<Minga domà à on gallupp [strascion] a, m, b] de on cappellan>>, 257: <<O n baccilla [bicciollan] O, Gr] d'on pret, on goff, on ciall», e in part. LXIII 2, 179-80: <<On Tesor d'on levaa tant galiott l Ch'el passa[ ... ]>>, LXXXIX 157-9: <<Finalment on rangogn d'on Pretascion l [ ... JI Ch'el ciammen [ ... ]>>, CLXXXI 9: <<M'è pars de vess on fiOr d'on negoziant».

Per quanto riguarda i sintagmi in punta di verso:

l Cicognara, se dis, l'ha faa on quadrett XXXIV 158 L'è proppi robba de fàjà on quadrett

LXII 13 De moeud che se dovèss fa fà el quadrett

in entrambe le attestazioni portiane si abbia cura di sottolineare però che quadrett compare nell'accezione, condivisa anche in al­tra poesia coeva, di 'ex-voto'. Per l'hafaa sono variamente signi­ficativi: XXVI [anni 1812-1813]3: «L'hafaa come se dis in d'ona straa>> e XXVII 56: «El Pader Generall'hafaa an decrett>> (tanto più notevole perché in sestina su rime A = -or, B = -ett, che in una prima redazione, attestata dal ms. a, si succedevano in ordi­ne inverso: «<ntant el Genera! l'ha faa on Decrett l Che de sto voi no s'en dovess descorr l [ ... ]>>; per il testo l'Isella avanza una datazione al 1813-1814).

7 Fin chì l'ha procuraa de fass onor XIV 2 Che 'l moment - de fa.s onor

CXV2 7 quater E da destoeul d'on facc de fa.s onor CCXLVIII 5 L'è all'Ospedaa che l'hà dafa.s' onori

(dell'ultimo verso ci t., estratto da un abbozzo verisimilmente di san., del quale si conservano i vv.1-6, rimati ABAB AB su rime -or, -ett [al v. 6 « ... coi bej conzett>>], esiste un altro tentativo, CCXL VIII 5bis: «Che! saravv v ora in fin de fass' onor>>; per le date, XIV è il Brindes del18l0). Cfr. altresì LXV 171 («Nè hoo possuufamm onor>>), LXVIII 13, 92 («E che à Londra, e a Paris

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ne fan l'onor>>), LXXXVI 176 («De don Lissander, che n'hafaa inscì ono n>), CVIII 11 ( dn manera che possa famm ono n>), CCLVII 5 («Sarevv ben mi capazz dèfagh onor»), CCLXXIX 149 («Ajutt, e premmi a quij che nefà onor>>), e anche LXXXVIII 74 ( <<Perfina i rè per acquistass onor>> ); del resto XXXVII [forse della fine del1812]81: <<L'hà ris'ciaa Don Pasqua! defass dà el rugh». V a rilevato che il sintagma e fass onor figura in rima al v. 8 del Concorso de' Meneghini del Maggi308, in passo già citato dal Bale­strieri e quindi dal Porta medesimo nell'invio di Lp309•

13 Che quand san d' avè faa quaicoss de bell XXVII 143 lnfin se l'ha goduu quaj coss de bell

CLXXII lb 6 Quand sii adree per fà quaj cossi

cfr. anche LXXXIII 53: <<Defà on quaj coss de ben de mett inà», LXXXVI 58: « Quajcossa de quel! bell ch'el sarà staa», LXXXVII 72: <<Che già no mancarà guai coss de god», CCXLIX 4: <<[ ... ] quaj coss dè bon», CCLXXIX 133: <<S'ha defà on quaj bordell, via ch'el se faga», Lp 17, 15-16: <<La purisna defà l quaj coss de bon, l'hafaa gratà in la sacca», e del resto Lp 10, 16: <<ve sentii maa? v'han faa quaj coss? disii» (e anche CLXXX 16: <<Quajcoss de stupendon», nonché CCLXXIX [del1806, in collaborazione con Giuseppe Bossi]: <<Che te vee à reussì quaj coss de drizz» ).

Si aggiunga qualche minutaglia. Sintagma portiano è anche sciarnìfoeura in posizione di seconda-quinta (a proposito del sin­tagma in rima, ma con diverso valore, si confronti CCLXXIX 70: <<Ma con l'operà drizz de bon soggitt» ):

8 Col sciarnì foeura almanch on bon soggett XXI 7 Per sciarnì foeura el si t de fà insedì

XCIX 13 A' sciarnì foeura on contrattemp pù bon CXXVII lO De scernì foeura el bon, perchè sto gust

Lp l, 30 de scemìfoeura tutt quell ch'el vorreva

(di qualche rilievo le date: per XXI il 1811-1812, per XCIX il maggio 1810; precocissimo il Lava piatt). Cfr. anche XIV 175 (<<L'ha sciarnidafoeura lu» ), LXXI 116 ( <<Domà occasion de scer­nighfoeura el m è»), C LXII 38 (<<De sciarnissfoeura la rappresen­tanza») (sciarnì è anche in XXXIV 216 [tre testimoni scernì], ben

308. MAGGI, Il teatro ... , I, p. 777.

309. Lava piatt, p. 4 n. 6, e Poesie, p. 789 n. 8.

452 CLAUDIO CIOCIOLA

sciarnida [in una prima redazione strasciarnida] in LVIII 125, sciarnim in LXV 270 [un testimone scernimm], sciarnii in CLVI 3, scernj [agg.] in CXLVII 3, 8, scema in CCLXXIX 106, scer­nend in CCLXXIX 158)310•

14 Ghe se dipingen lor al natural LXIV 27 Col depengen al vi v cuntee, e miséri

[qui soggetto è l'Alfieri, ma sùbito al v. 29, e in rima, la <<magìa di pittor>>; al y. 54: <<Che coll'avè retraa>>; cfr. CLXXX 1-2: <<Chi voeur ciappà on'ideja l Ma proppi al natural>> ?11.

Per l'incidentale se dis l, con ripresa al v. 9 Se dis poeu, ci si potrà rifare non soltanto al già citato XXVI 3 (<<L'hafaa come se dis in d'ona straa>>), ma anche a LXXXVII 117: <<Madamm Miner­va, el dis, la gha reson>>; di qualche interesse anche CII [riferito al 1812] 7-8: <<L'è nanca on'ora, el dis, che luce costor l M'han pregaa in di secrètt» (le rime 9-10 sono in -ett, -or). Per Se dis all'inizio di verso (e di terzina), vedi XCI 7 (<<Se dis che hin [ ... ]>>), e Lp 10, 21 (<<poeù el dis: [ ... ]»;e anche Lp 15, 5 (<<El resta;poeù el ghe dis: [ ... ]>> ), ma in pari. CXVII l, 49: <<M'han poeù ditt che à sta vitta marcadetta>> (primo verso di ottava), da confrontare a sua volta con CCI 10: «E la m'ha poeù anca ditt che l'è di agn>>. Per il v. 5 (<<L'ha tiraa giò Milan in d'o n prospett») si possono proporre, per varie consonanze, LXV 66: <<H oo tiraa già à campann va là che vègn>>, ed eventualmente LXXI 143: <<A tirraj già di banch, e del pajee>>.

M oifologia del sonetto portiano

56. Non vi è dubbio: la capienza dell'ingabbiatura, se operassi­mo su di un reperto due-trecentesco, si giudicherebbe quanto meno a misura del polveroso mattonato anticicognaresco. Eppure, le perplessità sollevate dalla fiacchezza stilisti ca del sonetto ( dif-

310. Per quanto riguarda l'alternanza delle forme sciarnì l scernì, presente anche nelle nostre due redazioni, si noti che in XXI 7 tre testimoni leggono scerni, in LXXI 116 uno sciarnì, e un altro sciarnigh, in XCIX 13 due sc(i)ernì.

311. Si aggiunga, per l'idea dei vv. 9 sgg., il confronto con Lp 11, 9-10 (soggetto è O n pittor): «e Il el gh'ha faa on gigant tutt scrusciaa giò, l ch'el cagava de gust su on praa fiorii». -

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ficilmente tollerabile, ad es., lu l'ha imitaa 12) sembrano trovare alimento nel non trascurabile contingente di hapax che il testo, affermatane l'ascendenza portiana, si troverebbe a comportaré12:

per quanto, almeno in parte, tecnicismi convogliati dal soggetto. Quattro su quattordici sono del resto le parole mai attestate in

rima: stupor 2, prospett 5, canocialll, imitaa 12313 • E proprio in tema di metrica, ecco emergere, francamente inaspettata, la pro­va che l'attribuzionista di antichi testi stimerebbe definitiva, e in negativo: lo schema del sonetto (ABBA ABBA, CDE CDE, con A = -ett, B = -or, C = -aa, D = -ell, E = -al), uno degli schemi canonici del sonetto italiano dal Petrarca in giù, è nel Porta inat­testato.

Poiché di una morfologia del sonetto portiano non si dispone, e una tassonomia siffatta consente di elaborare parametri di giudi­zio efficaci anche in sondaggi, come direbbero i semiologi, diasi­stematici, se ne affronterà preliminarmente l'imbastitura.

N el corpus dei duecentosei componimenti non frammentari e d'indiscussa attribuzione (e cioè: i centocinquantacinque testi nella più recente ed. delle Poesie31

\ più i tredici componimenti non prosastici del prosimetrico Lava piatt e la sestina ultimamen­te.rinvenuta da Stussi)315 i sonetti si accaparrano più di metà dei testi: sono, precisamente, centosedici316

• Ventuno sono caudati (di essi, undici monocaudati, secondo lo schema ordinario di cau­da x YY, con x = d ovvero e, a seconda che la sirma si sviluppi su

312. Sono stati rilevati nel commento.

313. Per quanto riguarda la successione delle rime, oltre a quanto già sparsamente notato, si può 'ricordare: che nel son. C (schema I) le rime AB sono in -ett, -or (2fan onor; inoltre D in -à, e il v. 8 suona: «Comor, che paren faa da on tornidor)> ); il son. XII (schema III), con.diffett in rima al v. 8 (A= -eu), ha la rima E in -ell (l2pell); in LVIII a respett 221 seguono tre versi in -or, con al v. 224 «{ ... ]coi vin de colOr)), 314. Ricordando che 68, 103, 104 e 147 sono corone, rispettivamente di tredici, otto, sei e quattro sonetti (in questa 'morfologia', per maggior scioltezza nella citazione, si farà in genere riferimento alla numerazione in arabi seguita in Poesie, e non a quella in romani 'in Le Poesie).

315. A. STUSSI, Versi inediti di Carlo Porta, ora in Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani (Studi linguistici e semiologici, 16), Bologna, il Mulino 1982, pp. 219-22. 316. Si noti che 11 e 97 sono, eccezionalmente rispetto alla consuetudine accertabile nel Porta, sonetti minori, in specie ottonarì; e che 69, monorimo continuo a fini parodici (con rima, anche interna, in -in), non sarà computato nelle successive valutazioni stati­stiche.

454 CLAUDIO CIOCIOLA

due o tre rime): 21, 28, 683 , 6810, 93, 99, 105, 121, 154, 158, Lp 17; quattro a 'coda doppia' (xYY, yZZ): 39, 68, 124, 148; mentre i restanti sono pluricaudati, o meglio si dicano 'sonettes­se': 30, 684

, 6812, 71, 72, 162317

. Operata pertanto la sottrazione del son. 69, l'incidenza percentuale dei caudati sull'insieme dei sonetti è. in definitiva del 18,3%: da sempre, si sa, e a partire almeno dal Quattrocento (la variante metrica in quanto tale dispo­ne ovviamente di attestazioni anteriori), il sonetto caudato è alli­gnato nella tradizione metrica italiana in appannaggio della poe­sia giocosa e burlesca (e le sonettesse in specie della poesia ber­nesca).

Considerando la compagine delle quartine, si constata una de­cisa dominanza (settantasei testi contro trentanove, con un rap­porto pressoché di due a uno) dello schema alternato ABAB su quello incrociato ABBA (preminente dal Petrarca in poi); per i testi a schema alternato l'incidenza percentuale dei caudati si discosta impercettibilmente verso il basso dalla media generale (dodici testi su settantasei, pari al 15,8%), per quelli a schema incrociato con scarto di poco più significativo verso l'alto (nove testi su trentanove, pari al 23,1 %).

Ma l'elemento di maggior interesse è innegabilmente rappre­sentato dalla distribuzione delle rime nelle terzine, che si riparti­scano senza eccezioni nello schema alternato su due rime CDC DCD (vale a dire, uno degli schemi canonici delle terzine nel sonetto italiano), e una varietà, non ammessa in antico (ma in séguito diffusa), di schema incrociato su tre rime CDC EDE (a ben guardare, variazione su tre rime dello schema incrociato CDC CDC). Netta è la prevalenza nel corpus portiano di quest'ultimo ( ottantacinque testi contro trenta, con un rapporto approssimato in questo caso di circa tre a uno). Per lo schema più diffuso, la proporzione dei caudati rispetto all'insieme dei rispettivi sotto­gruppi non si discosta significativamente dalla proporzione gene­rale (quattordici testi su ottantacinque, pari al 16,5%); se ne al-·

317. Una caratteristica (o anomalia) specifica manifestano i sonn. 1036, 1038 e 1045,

ritornellati di un verso (che nel primo caso rima debitamente con l'ultimo delle terzine, mentre negli altri due, a lerzine su due rime alternate, è di rima C). L'uso deviante si spiega in quanto i tre testi appartengono alle due serie «heroldinghiniane», in caricatu~ ra, appunto, dell'imperizia versificatoria: convenzionalmente verranno considerati d'ora in poi alla stregua di non caudati.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 455

lontana vistosamente nel caso dello schema alternato (sette testi su ventitré, pari al 30,4%).

Elencando in sinossi le applicazioni delle quattro varianti com­binatorie possibili (otto considerando come categoria discrimi­nante la presenza l assenza di cauda), e cioè:

I = ABAB ABAB, CDC EDE II = ABAB ABAB, CDC DCD

III ABBA ABBA, CDC EDE IV = ABBA ABBA, CDC DCD

si ottiene questa tabella:

non caudati I 2, 8, lO, ll, 13, 15, 16, 22, 26,

29, 31, 36, 44, 45, 46, 51, 52, 55, 66, 67, 681, 682 , 685, 688 ,

74, 75, 77, 79, 92, 94, 95, 96, 97, 98, 100, 101, 103\ 1036

,

1041, 1043 , 1044 , 122, 123, 126, 132, 140, 152, 159

II 9, 42, 689 , 78, 81, 1031, 1032 ,

1033 , 1035 , 1037, 1042 , 1045 ,

129, 146, 149, 153

III l, 7, 12, 18, 19, 25, 32, 47, 48, 59, 686, 6811, 85, 1046, 109, 120, 125, 127, 142, 1471,

1472 , 1473, 155

IV 17, 49, 687, 1038 , 133, 147\ 164

caudati 28, 684 , 6810, 71, 93, 99, 105, 148, 162

72, 154, Lp 17

21, 30, 68, 683 , 121

39, 6812, 124, 158

Nell'àmbito di ciascuna famiglia, l'incidenza percentuale dei cau­dati (nell'ordine: 15,8%, 15,8%, 17,8%, 36,4%) ancora una vol­ta non si discosta significativamente dalla proporzione generale, quando si eccettui il tipo IV (che però, risultando numericamente il meno nutrito, si rifiuta a valutazioni di stretta norma probabili­stica). Il che autorizza a considerare impertinente (eccependo semmai il tipo IV) il. tratto 'presenza l assenza di cauda', e a valutare insomma unitariamente la diffusione percentuale dei quattro tipi, che risulterà:

I III=

48 + 9 23 + 5

= 49,6% = 24,3%

456 CLAUDIO CIOCIOLA

II = 16 + 3 IV = 7 + 4

= 16,5% = 9,6%

L'inequivoca e non smentita bipolarità dell'opzione portiana nello schema delle terzine presta nuova voce (questa volta ben imposta­ta e vibrante) alla tesi dell'apocrifia.

57. L'intelaiatura del sonetto è architettata sul commento, di ostentata nai'veté (lo regge un andamento bonariamente gnomico­paremiologico: a concentrare la dose di veleno che secerne l' acu­tezza epigrammatica in cauda), di tre azioni perfettive (vv. l, 4, 9) che al soggetto Cicognara, quadrisillabicamente appollaiato in apertura, attribuisce la vox communis (se dis l, Se dis poeu 9). L'esposizione del tema si condensa nelle battute dei vv.l-2; nelle quali figurano anche i due accordi che armonizzano la sintassi retorica del pezzo: espressione perfetti va, in terza persona, dell'a­zione del soggetto, con participio di prima classe (l'ha faa l), contrappuntata da un"avversativa' introdotta da .fin chi in princi­pio di verso. L'orditura ricorrerà altre due volte (L'ha tiraa giò 5 l Fin chì ... 7; el g'ha retraa 9 l Fin chì ... 12), con divaricazione reciproca progressiva dei due agenti (di zero, uno e due versi) dalla prima alla terza occorrenza. N el secondo e nel terzo caso l'isomorfismo è sottolineato dalla replica, nei confini dello stesso verso, del primo caratterizzante morfo-stilistico in congiunzione al secondo (l'ha procuraa 7, l'ha imitaa 12): l'assenza di tale ripresa nel primo caso è risarcita dalla correlazione che tra il v. 7 e il v. 2 istituisce, nonché la coincidenza ritmica, l'omonimia delle clausole (defass stupor, defass onor), secondo una procedu­ra di iterazione anaforica inserita nel casellario formulare della forma sonetto, con funzione di equilibratore dell'intelaiatura, an­cora in esperienze primo-novecentesche318.

Il progressivo divaricarsi dei due tratti ne determina la disloca­zione in sedi metricamente significative: riel secondo caso, nelle sedi dispari della seconda quartina, con entrambi gli elementi marcanti in apertura di verso; nel terzo caso, nei primi versi delle due terzine, con sottolineatura del primo tratto rilevata dalla posi­zione in rima (mentre la posizione iniziale è occupata dall'indica-

318. C. MARAZZINI, Revisione ed eversione metrica. Appunti sul sonetto nel Novecento, «Metrica••, II (!981), pp. 189-205, in part. alle pp. 193-5.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 457

tore della vox communis [se dis ], segnale a un tempo della di esi e connettore della sirma alla fronte) 319

• Non sorprende che sede della replica del primo tratto in abbinamento al secondo sia, nel­l'ultima occorrenza, la rima: acme dell'azione del soggetto, che innesca la finale puntura (centro di gravità del minuscolo ordi­gno). La coatta omoioteleutia dei primi versi delle terzine, impo­nendo una scelta al di fuori delle due opzioni rimiche esclusive del Porta, sembra ragione interna sufficiente a giustificare lo schema adottato dall'autore del componimento320•

M orfologia del sonetto me neghino

58. Qual era la diffusione dello schema di terzine CDE CDE, così ovvio nella tradizione lirica italiana32

\ nella cultura metrica meneghina tra Sette e Ottocento? La complessiva inappetenza metrica portiana, quanto al sonetto, diagnosticata nella preceden­te 'morfologia' (due soltanto le opzioni ammesse nelle terzine); l'idiosincrasia per lo schema replicato; le due maggiori 'anomalie' riscontrate (prevalenza dello schema alternato ABAB ABAB nelle quartine e dello schema incrociato su tre rime CDC EDE nelle

319. La rima interna, ricca ed equivoca, di al manch 4 : almanch 8 assicura il collegamento tra i piedi della fronte. Per la variante di P, Mn, C n al v. 2, Lp 5, 8 («vun che creda d'ess sol el correspost»); per la variante di P, Mn, Cn al v. 9, li vesin è altestato (in rima) in CL VII 38, mentre per in del mezz si può rinviare a XXXIX 19 («Che in del beli mezz del frecc, e di nevad>>), LXII 26 («Vorrarev in del bèll mèzz dè Milan>>), LXIII 146 (<<Riven in del beli mezz>>), LXV 437 («Me sont pientaa in del mezz» ), LXXXVII 6 ( <<Ùn beli trono in del mezz de d'iamant» ); per la variante di Mn al v. 14, XC 91 (<<Chi mò, [ ... ]).

320. Un'impalcatura morfo-retorica per certi aspetti omologa sorregge (anche se ani­mata da ben altra verve) il son. portiano LXXIX,' Quand Vedessev on pubbleghfunzionari (Le Poesie, II, pp. 315-6; per una possibile datazione del sonetto al1812 v. Poesie, p. 871): dell'elaboratissima struttura del quale si noti soltanto come le due quartine e la prima terzina siano inaugurate da Quand, introducente la protasi di un periodo ipotetico al quale sempre consegue nell'apodosi, in apertura di verso, disii (vv. 2, 8, 11); l'ultima terzina è introdotta daMa quand poeù, e disii (al v. 14) occupa le sedi quinta-sesta. Già il Momigliano, citato dall'Jsella nel suo commento, notò che il testo ne risulta, «nella simmetria del pensiero e del procedimento sintattico, un congegno sottilissimo di satira crescente» (L'opera di Carlo Porta, Studio critico compiuto sui versi editi ed inediti da A. MOMIGLIANO, Città di Castello, Lapi 1909, p. 265).

321. V. ad es. F. FLAMINI, Notizia storica dei Versi e Metri italiani dal Medioevo ai tempi nostri, Livorno, Giusti 1918, p. 60.

458 CLAUDIO CIOCIOLA

terzine), trovano riscontro, o conforto almeno, nello standard del­la tradizione dialettale previa e circostante, ovvero si configurano sotto specie di opzioni firmate? 322

Una risposta seriamente fondata dovrebbe poter far leva sullo scrutinio di corpora filologicamente, se non inattaccabili, quanto meno ben muniti: ogni statistica, in assenza di patrimoni certifi­cati per affidabilità di attribuzioni e completezza, assume la gela­tinosa consistenza dell'aleatorio, si risolve in specioso e inane giocattolo matematico. Tanto più se la natura del corpus inibisca discriminazioni diacroniche pertinenti: soprattutto in un dominio, quello metrico, nel quale l'ingannevole asepsi del formalismo po­stula più che mai il sorvegliato controllo delle ragioni della storia.

Forse non del tutto antistorica (e dunque metodicamente meno inappagante) è però la curiosità di conoscere quale si offrisse, nell'arco della sua evoluzione: dai primordl, rappresentati dal Va­rese e dal Lomazzo, al più autorevole dei viventi, il Porta medesi­mo, la morfologia del sonetto in meneghino a un contemporaneo del Porta. Setacciare cioè quella Collezione delle migliori opere

322. Risponde a curiosità legittima verificare intanto, quanto al Porta, i sonetti inclu­si nelle sezioni delle Poesie italiane (ni CCLXXX-CCCXXVII in Le Poesie, III, pp. 733-804), e, sottoponendole a stima congiunta, delle Poesie dubbie (n; CCCXXVIII­CCCXXXII: Le Poesie, III, pp. 805-11) e delle Poesie apocrife (n; CCCXXXIII-CCCLJJ: Le Poesie, III, pp. 813-47; nella sezione di Abbozzi e frammenti, n; CLXVI-CCLXXVIII [Le Poesie, III, pp. 591-721] gli unici due testi [CLXXII e CCVI] che raggiungano la struttura definitiva, quartine più terzine, del sonetto appartengono entrambi al tipo I: il primo dei due è caudato). Dei sei sonetti nella sezione delle Poesie italiane (CCLXXXII, CCLXXXIII, CCXCV l, CCXCV 2, CCXCVII, CCCX), comp,.ndendo la lettera al Rossari in forma di sonetto (CCLXXXIII: corrisponde a Lettere 192), cinque testi (nessuno dei quali caudato) appartengono al tipo I; CCXCVII apparterrebbe al tipo IV se non fosse per l'anomalia della seconda quartina, rimante, a differenza della prima, secondo lo schema ABAB. I sonetti tra le dubbie sono quattro (CCCXXVIII­CCCXXX, CCCXXXII), quelli tra le apocrife (eccependo CCCXL) quattordici (CCCXXXIJI, CCCXXXVIII l-2, CCCXXXIX, CCCXLI-CCCXLIII, CCCXLV­CCCXLVIII, CCCL-CCCLII). I risultati notevoli del vaglio sono i seguenti: sostanzial­mente confermato è l'ordine d'incidenza dei caudati sul totale (due, bicaudati, su di­ciotto, pari all'll,lo/o); si ribadisce soprattutto la limitazione delle opzioni rimiche ai quattro tipi già verificati nel corpus di certa attribuzione (risultando anche per tal via confermata l'eccezionalità di CCCXL), mentre resta radicalmente sovvertita la gradua­toria delle preferenze:

11=8+1 I = 5

lll=l+l IV= 2

= 50,0% 27,8% ll,l% 11,1%

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scritte in dialetto milanese che il Cherubini veniva stampando, presso il Pirotta, tra il 1816 e il1817: Collezione che nell'opera del Porta appunto (suo strenuo difensore nella polemica <<giavana­ria») riceve l'impronta di degno e consapevole suggello.

Vediamo. Dal vaglio si escludano preliminarmente i tomi II, V e VII della Collezione, in quanto non contenenti sonetti; per il resto, in tutto ci si affida al testo fermato nella Collezione, con l'unica eccezione di due autori 'antichi', il Varese e il Maggi, ottimamente riediti in tempi recenti.

Nel t. I della Collezione rappresentano il sonetto Gian Paolo Lomazzo (1538-1600), con un solo testo nell'anomalo schema (re­sterà, nell'intero spoglio, un unicum) ABBA ABBA, CDC DEE323, e Fabio Varese (c. 1570-1630), con sette sonetti324: per quest'ultimo, si è detto, possiamo rivolgerei ad un'affidabile ed. moderna325, nella quale sono compresi nell'insieme trentuno te­sti, tutti sonetti326

• Su trentuno, ben ventisette sono i sonetti cau­dati (diciannove monocaudati, otto pluricaudati); l'unico schema ammesso nelle quartine è quello incrociato ABBA ABBA, l'unico ammesso nelle terzine è quello su due rime CDC DCD327, con l'eccezione di due testi (15.1-2), monocaudati, nei quali compare lo schema replicato CDE CDE328•

323. Collezione, I, p. 7. 324. Collezione, I, pp. 105-11.

325. V ARESE, Canzoni ... 326. La numerazione originale dei pezzi, in romani, specific·a, se del caso, con un numero d'ordine in arabi la successione dei testi a proposta e risposta o affini: es. 1.1; per omogeneità di citazione con gli altri testi uniformeremo cosl: l. l., etc. 327. L'uniformità del Varese è sottolineata anche dall'estensore degli appunti metrici in VARESE, Canzoni ... , p. 145: «[ ... J la fronte, storicamente il membro meno soggetto a mutazione, è nella sua forma scontata, e la sirma è pure quella più usata per esempio dal Berni, ma qui da considerare anche in quanto copia della sestina narrativa o sirven­tese» (non mi sembra di poter condividere quest'ultima affermazione).

328. È interessante che si senta in dovere di «giustificare))« !"anomalia' il già citato estensore della nota metrica dell'ed.: «In due sole occasioni questa consuetudine risulta elusa, nei sonetti XV.l e XV.2 ove nelle terzine ricorre lo schema CDE CDE (che è il più presente in Petrarca). Due occorrenze che ben possono essere intese come una sola, trattandosi di una coppia di sonetti corresponsivi. Appunto da questo carattere si può derivare una probabile giustificazione. E il primo un sonetto che il Varese dice inviato­gli da Urbano Monte e il secondo la risposta, svolta in discorso diretto, dell'autore stesso. Unico caso tra i testi raccolti, il destinatario è un letterato e nei sonetti si tratta di una polemica letteraria; avrà quindi il poeta tentato un ·adeguamento maggiore della forma anche attraverso un «preziosismo}> metrico?}> (VARESE, Canzoni ... , p. 145).

460 CLAUDIO CIOCIOLA

N el t. III della Collezione sono inclusi sei sonetti del secentista Maggi (1630-1699?29

; ma anche per questo autore possiamo fare riferimento ad una moderna ed. critica330

• Sette i sonetti in essa reperibili, due dei quali pluricaudati. Quanto alle quartine, regi­striamo la prima apparizione, in un caso soltanto, dello schema alternato, mentre nelle terzine è confermata l'univocità dello schema su due rime CDC DCD.

Con il t. IV abbordiamo il Settecento, rappresentato, quanto al sonetto, da Girolamo Birago (1691-1773?31, Stefano Simonetta (fine s. XVII-1754)332 e Carlo Antonio T anzi (1710-1762)333

. No­ta caratterizzante dei dieci sonetti del Birago (uno dei quali mono­caudato), tutti nello stesso schema, è la decisa opzione, nelle quartine, per lo schema alternato; nelle terzine, sempre lo sche­ma su due rime CDC DCD. Dei cinque sonetti del Simonetta (nessuno dei quali caudato), i primi due sono giocati sulle due parole rima nulla e Moriggia: non se ne potrà dunque tener conto; degli altri tre, sono due quelli che nelle quartine presentano lo schema alternato; nelle terzine è ancora una volta costante lo schema su due rime CDC DCD. Nei ventuno sonetti del Tanzi (cinque monocaudati, due pluricaudati) la tastiera si allunga fi­nalmente di qualche ottava (tenendo per giunta in conto la relati­va esiguità dei testi). Nelle quartine, in dodici testi si ha losche­ma alternato, in nove quello incrociato; nelle terzine prevale lo schema su due rime CDC DCD (dodici occorrenze), ma anche possiamo registrare una prima significativa affermazione dello schema incrociato su tre rime CDC EDE (sette occorrenze), un'at­testazione dello schema replicato CDE CDE, e un'attestazione dello schema, fin qui mai incontrato, CDE CED.

N el t. VI è compreso l'ingente corpus di sonetti di Domenico

329. Collezione, Ili, pp. 269-72. 330. C. M. MAGGI, Le rime milanesi, a cura di D. !SELLA (Biblioteca di cultura lom­barda), Pistoia, Niccolai 1985 (aggiorna l'ed. precedente, in <<Studi secenteschi», VI, 1965, pp. 67-264); anche in questo caso, per ragioni di uniformità, traslittereremo in arabi la numerazione originale in romani dei componimenti.

331. Collezione, IV, pp. 201-6 (su di lui FONTANA, I, 142~65, e anche Florilegio, pp. 35-7; ma soprattutto la voce di R. NEGRI, DEI, X, 1968, pp. 593-4). 332. Collezione, IV, pp. 243-5.

333. Collezione, IV, pp. 368-80 (cfr. FONTANA, l, pp. 172-83, e Florilegio, pp. 79-103).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 461

Balestrieri (1714-1780)334• Il loro numero, centoventi (quindici

monocaudati, quarantaquattro pluricaudati; sono sonetti minori, e precisamente ottonarl, 18 e 52), è finalmente tale da consentire valutazioni statistiche meno precarie. Nelle quartine, la riparti­zione tra schema alternato (settanta occorrenze) e schema incro­ciato (cinquanta) vede affermarsi la prevalenza dell'alternato, prediletto dal Porta; nelle terzine, lo schema su due ·rime CDC DCD (ottantanove occorrenze) resta assolutamente dominante, ma si ha una conferma del successo di quello su tre rime CDC EDE (ventuno presenze), fin qui accreditato dal solo Tanzi; debbono aggiungersi cinque occorrenze dello schema replicato CDE CDE, e cinque di uno schema speculare CDE EDC, che vedremo per­manere peculiarità del Balestrieri .

. Nel t. VIII (terzo delle Opere del Balestrieri) figura un unico· son., nelle Traduzioni d'Anacreonte, di schema ABAB ABAB, CDC DCD335

Nel t. IX sono presenti sonetti di Francesco Girolamo Corio (inizio-fine s. XVIII)336

, di Luigi Marliani («fiorì verso il 1760)337

, del Parini (1729-1799)338 e dodici adespoti (da uno zibaldone del1752)339

• Nei sedici del Corio (due monocaudati, tre pluricaudati) lo schema alternato nelle quartine prevale netta­mente (tredici occorrenze contro tre), mentre nelle terzine si regi­stra una fortissima resistenza dello schema su due rime CDC DCD (quindici occorrenze), con un'unica apparizione dell'altro su tre rime CDC EDE. Dei tre sonetti del Marliani, uno presenta nelle quartine lo schema alternato, due quello incrociato; nelle terzine è costante lo schema su tre rime CDC EDE. Il Parini, con i quat­tro suoi sonetti, si comporta equamente ed emblematicamente, a fronte della tipologia portiana: con un'unità rappresenta rispetti­vamente i tipi I e II, con due il tipo IV (dunque: nelle quartine

334. Collezione, VI, pp. 185-305 (cfr. FoNTANA, I, pp. 186-204, ~Florilegio, pp. 107-29). 335. Collezione, VIII, p. 139. 336. Collezione, IX, pp. 50-8 (cfr. FONTANA, I, pp. 165-72, e anche Florilegio, pp. 41-5). 337. Collezione, IX, pp. 85-6. 338. Collezione, IX, pp. 89-90 (cfr. FoNTANA, I, pp. 206-8, e anche Florilegio, pp. 133-7). 339. Collezione, IX, pp. 115-24.

462 CLAUDIO CIOC!OLA

due volte il tipo alternato, due volte il tipo incrociato; nelle terzi­ne, in ciò confermando le predilezioni settecentesche, tre volte il tipo su due rime CDC DCD, una volta quello su tre rime CDC EDE). Per quanto riguarda i dodici anonimi (due monocaudati, due pluricaudati), nelle quartine prevale lo schema incrociato (nove volte contro tre), mentre nelle terzine al solito domina lo schema su due rime CDC DCD (otto volte) su quello a tre CDC EDE (quattro volte).

Il t. X contiene settanta sonetti (nessuno dei quali caudato) di Francesco Pertusati (1741-1823?40

. Nelle quartine si registra un sostanziale equilibrio tra schema alternato (trentasette presenze) e schema incrociato (trentatré presenze); dato rilevante è la conqui­stata supremazia nelle terzine dello schema su tre rime: CDC EDE (sessanta volte) contro quello su due rime CDC DCD (otto volte); si devono aggiungere un'occorrenza dello schema replicato CDE CDE e un'occorrenza dello schema.CDE CED, già incontra­to, una sola volta, nel Tanzi.

Il t. XI contiene dodici sonetti di Carlo Alfonso Pellizzoni (1734-1818)341 : del secondo non si terrà conto in quanto giocato, secondo un artificio già incontrato nel Simonetta, sull'alternanza di due parole rima, Galle cavall. Nei restanti undici sonetti (due monocaudati, due pluricaudati), nelle quartine prevale lo schema alternato (sette volte contro quattro); nelle terzine si contempla soltanto lo schema su due rime CDC DCD. Nello schema ABBA ABBA, CDC DCD è infine il sonetto premesso al Primo canto dell'Orlando furioso recato in dialetto milanese da Francesco Bel­lati (prima del1749-1819)342 •

59. Riassumiamo in una tavola quanto fin qui esposto. I sonetti di ciascun autore saranno numerati progressivamente in arabi (senza tener conto di eventuali raggruppamenti di testi nella Col­lezione, nella quale manca ogni numerazione continua dei compo-

340. Collezione, X, pp. 183-217 (cfr. FONTANA, I, p. 246, e anche Florilegio, pp. 141-3).

341. Collezione, XI, pp. 49-55 (cfr. FONTANA, I, pp. 208-16, e anche Florilegio, pp. 147-9).

342. Collezione, XI, p. 200 (cfr. FoNTANA, I, pp. 216-21, e anche Florilegio, pp. 153-71; nonché Lettere, pp. 8-9 in n. alla lettera 3, e in part. la voce di G. F. TORCEL­LAN, DB!, VII, 1965, pp. 616-7).

CJCOGNARA, GIORDANI, PORTA 463

nimenti); il numero d'ordine dei sonetti monocaudati è contrasse­gnato da asterisco semplice, di quelli pluricaudati da asterisco doppio. La numerazione degli schemi riprende quella già propo­sta per il Porta, così integrandola (non è rappresentato l'unicum del Lomazzo):

Fabio V arese

I = ABAB ABAB, CDC EDE II = ABAB ABAB, CDC DCD

III = ABBA ABBA, CDC EDE IV = ABBA ABBA, CDC DCD V = ABAB ABAB, CDE CDE

VI = ABBA ABBA, CDE CDE VII ABAB ABAB, CDE EDC

VIII = ABBA ABBA, CDE EDC IX = ABAB ABAB, CDE CED X = ABBA ABBA, CDE CED

IV Ll**, 1.2**, 2.1, 2.2., 3*, 4*, 5*, 6*, 7*, 8*, 9*, lO*, ll*, 12**, 13.1*, 13.2*, 14.1*, 14.2*' 14.3*' 16**' 17*, 18**' 19.1 **' 19.2**' 20*' 22*' 23*' 24*

VI 15.1 *, 15.2*

Carlo Maria Maggi II 26

Girolamo Birago

Stefano Simonetta

Carlo Antonio Tanzi

Domenico Balestrieri

IV 8, ll, 17**, 18, 23, 25**

II l, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, lO*

II 3, 5 IV 4

I 3, ll, 15*, 17*, 18* II 4, 5, 8, 9, 12, 13, 19*

III 16*, 21 ** IV l, 2, 7, 14, 20** VI 6 X lO

I 6, ll, 23, 42, 51, 64, 84*, 86**, 108**, 109**, ll7**

II l, 3, 5, 7, 9, lO, 14, 17, 18, 20, 22, 24, 25, 26,27,31,34,35,36,38,40,44,45,48,49, 52, 57, 59, 63*' 65*' 66**' 70**' 71 *' 72**' 77*, 78**, 81**, 83**, 85**, 89**, 91*, 92**, 93*, 94*, 95**, 96**, 99**, 101**,

464 CLAUDIO CIOCIOLA

103**, 107**, IlO**, 111 **, 113**, 114**, 116*, 119**, 121343

Ili 8, 16,39,43,62,67**, 75*, 76**,80*,88** IV 12, 15, 19, 21, 28, 29, 32, 33, 37, 50, 53, 54,

55**, 56, 58*, 60*, 61*, 68**, 73*, 74**, 79**' 82**' 87**' 90**' 97**' 98**' 100**' 102**, 104**, 105**, 106**, 112, 118**

v 30 VI 2, 4, 69*, 120* *

VII 41, 115** VIli 13, 46, 47

Girolamo Corio II "l*, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, lO, l l, 12, 13, 14** III 16** IV 9*, 15**

Luigi Marliani I l Ili 2, 3

Giuseppe Parini I 2 II l

IV 3, 4

Anonimi I 12** II 6, ll

Ili 4*, 9, lO IV l, 2, 3*, 5, 7, 8**

Francesco Pertusati l), 2, 8, lO, 11, 12, 15, 16, 20, 21, 30, 32, 33, 35,39,40,41,45,46,47,48,49,52, 56, 57, 58, 59, 62, 63, 65, 68, 70

II 3, 7, 31, 69 Ili 5, 6, 13, 14, 17, 18, 19, 23, 24, 25, 26, 27,

28,34,36,37,38,42,43,50,51,53,54,55, 60, 61, 64, 66

IV 4, 9, 22, 29 VIII44 IX 67

Carlo Alfonso Pellizzoni II 4, 5, 6, 9**, lO**, 11*, 12* IV l, 3, 7, 8

Francesco Bellati IV l

343. È il san. che si legge nel t. VIII della Collezione (cfr. n. 335).

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 465

In rapporto all'intero corpus di trecentodieci sonetti, le percentua­li sono dunque le seguenti:

I = 51 = 16,45% II = 103 = 33,22%

III = 46 14,83% IV 93 = 30,00% v = l = 0,32%

VI 8 2,58% VII = 2 = 0,64%

VIII = 3 = 0,96% IX = l = 0,32% x = l = 0,32%

60. È sufficiente scorrere la tabella per verificare l'esistenza di una 'curva' a parabola, in funzione del tempo, che segna il pro­gressivo affermarsi dello schema alternato nelle quartine e una sempre maggiore fortuna di quello su tre rime CDC EDE nelle terzine. In termini assoluti, lieve è la prevalenza dello schema alternato nelle quartine (centocinquantotto occorrenze contro cen­tocinquantadue) e accentuata la predilezione nelle terzine per lo schema su due rime CDC DCD di contro a quello su tre rime CDC EDE (centonovantasei occorrenze contro novantasette).

Il dato più rilevante è comunque rappresentato dalla netta con­ferma (anche se con diverse percentuali relative di gradimento) della limitazione delle possibilità fondamentali di scelta ai quat­tro tipi portiani (di fatto, non tenendo conto delle quartine, due). Senza computare l'unicum del Lomazzo (CDC DEE), gli schemi di terzine diversi dai due prevalenti (e unici nel Porta) interessando sedici sonetti su trecentodieci. Due di essi, uno del Tanzi e uno del Pertusati, sono su rime CDE CED (le quartine nel T anzi sono incrociate, nel Pertusati alternate). Cinque sono di schema spe­culare, o cancrizzante, CDE EDC, e sono privativa (dunque; sem­brerebbe, senza ·storia nella poesia meneghina) del Balestrieri. Nove infine sono nello schema replicato CDE CDE, che è anche del sonetto anticicognaresco: di questi, solo uno, del Balestrieri, offre nelle quartine lo schema alternato; gli altri otto (quattro però sono provvisti di coda) coincidono esattamente con lo schema del­l'apocrifo: i due nel corpus del Varese (su trentuno testi comples­sivi), uno del T anzi (su ventuno), quattro del Balestrieri (su cento­venti), uno del Pertusati (su settanta). Non più di ectoplasmi in un

466 CLAUDIO CIOCIOLA

castello dalle fondamenta ben costruite: incarnando, per giunta, uno degli schemi prediletti dal Petrarca.

L'eccezionalità metrica dell'apocrifo nel quadro della morfolo­gia del sonetto portiano tale si conferma, in definitiva, nella cor­nice di una, sia pur provvisoria e lacunosissima, morfologia del

h. 344 sonetto meneg mo . Pater semper incertus: ma il test genetico, per l'analista almee

no, è risultato istruttivo.

344. Meno significativo (per l'apparenza di sostanziale inaffidabilità e per il carattere desultorio dei prelievi, spesso per giunta frammentari) e meno pertinente (includendo non pochi testi posteriori all'apocrifo e al Porta stesso) lo spoglio dell'Antologia Mene­ghina del Fontana. Ad ogni buon conto, esperito il sondaggio (sulla seconda ed.), ecco i risultati relativi ai sonetti costruiti su schemi rimici diversi da quelli canonici nel Porta: un son. di Giovanni Ambrogio Biffi (fine s. XVI-metà s. XVII) è nello schema ABBA ABBA, CDE DEC (FONTANA, l, p. 52, e cfr. ora Florilegio, 19-23, in part. p. 22); il secondo dei sonn. di Siro Carati (1794-1848), perallro in pavese, è nello schema ABBA ABBA, CDE CDE (FONTANA, I, p. 281), come pure il secondo dei sonn. di Giuseppe Elena (inizio s. XIX-ca. 1880) (FONTANA, I, p. 304); i tre sonn. di Temistocle Castelli (1847-1913) sono nello schema ABAB ABAB, CDC DEE (FONTANA, Il, pp. 253-4); il primo dei sonn. di Giuseppe Castelli (1861-?) è nello schema ABBA ABBA, CDD CDD (FONTANA, II, p. 318); l'unico son. di Adolfo Wittgens (1860-?) è nello schema ABBA ABBA, CDE DCE (FONTANA, Il, pp. 319-20); un son. di Vittorio Ceretti (1869-?) è nello schema ABAB ABAB, CDC DEE (FoNTANA, Il, p. 352); il primo son. (se pur così può definirsi) di Maria Pietrasanta (1889-?) è nello schema AABB CCDD, EFG EFG, il secondo nello schema ABAB CDCD, EFG EFG (FoNTANA, Il, pp. 384-5). Come si vede, si tratta di innovazioni talora stravaganti, e comunque spor8diche, ·nelle quali avrà pesato in misura non trascurabile la maggiore mobilità metrica di secondo Ottocen­to: due, ad ogni buon conto, sono le occorrenze dello schema replicato CDE CDE nelle terzine. Si respira ormai un'aria (non di rado ammorbata) che è tutt'altra da quella di primo Ottocento, e della cultura, anche metrica, da quell'epoca espressa.

CICOGNARA, GIORDANI, PORTA 467

TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

Bibliografia = Bibliografia delle edizioni portiane, a cura di L. ORLANDO CEe­co, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense [1975].

Carteggi Melzi = I carteggi di Francesco Melzi d'Eril Duca di Lodi, I-IX, Milano, Museo del Risorgimento e Raccolte Storiche del Comune di Milano 1958-1966.

CHERUBINI= Vocabolario milanese-italiano, di F. CHERUBINI, I-V, Milano, Dall'Imp. Regia Stamperia (il vol. V «Dalla Società Tipografica de' Classici Italiani») 1839-1856.

Collezione = Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese, I-XII, Milano, Pirotta 1816-1817 (l= Poesie di G. P. LOMAZZO e FABIO VARESE, Prose di G. CAPIS e G. A. BIFFI; II = Opere di CARLO MARIA MAGGI, l (Commedie); III = Opere di CARLO MARIA MAGGI, II (Commedie - Poesie varie); IV =Poesie di GIROLAMO BIRAGO, PIETRO CESARE LARGHI, STEFA­

NO SIMONETTA, CARL'ANTONIO TANZI; V = Opere di DOMENICO BALE­STRIERI, I (Il figliuol prodigo- Novelle- Sestine- Quartine); VI = Opere di DOMENICO BALESTRIERI, II (Ottave- Sonetti); VII = Opere di DOMENI­co BALESTRIERI, III (La Gerusalemme liberata); VIII = Opere di DOMENI­co BALESTRIERI, IV (Prose - Intermezzi -Traduzioni d' Anacreonte- Poe­sie varie- Brandana); IX =Poesie di F. GIROLAMO CORIO, G. GIULINI, C. ANDREA 0TIOLINA, L. MARLIANI, GIUSEPPE PARINI, GIUSEPPE Bossi, e di anonimi, I conti d'Agliate, Commedia in prosa; X = Poesie di ALESSANDRO GARIONI, FRANCESCO PERTUSATI, GIUSEPPE BERTANI; Xl = Poesie di TOMMASO GROSSI, CARL'ALFONSO PELLIZZONE, FRANCESCO BELLA TI, GIU­SEPPE ZANOJA; XII = Poesie di CARLO PoRTA).

DBI =Dizionario biografico degli Italiani, I-... , Roma, Istituto della Enci­clopedia Italiana 1960-...

Florilegio = Florilegio di poesie milanesi dal seicento a oggi, a cura di G. BÈZZOLA, [Milano], Viennepierre 1986.

FoNTANA = F. FONTANA, Antologia meneghina, I-II, Milario, Libreria Editri­ce Milanese 19152 (rist. anast.: [Milano], Libreria Meravigli [1981]).

GIORDANI, Epistolario = Epistolario di PIETRO GIORDANI, edito per A. Gus­SALLI compilatore della vita che lo precede (Opere di Pietro Giordani, I­VII), l-VII, Milano, Borroni e Scotti 1854-1855.

Lava piatt {anche Lp) = C. PORTA, El Lava piatt del Meneghin ch'è mort, a cura di D. ISELLA, Milano-Napoli, Ricciardi 1960 (il testo si legge anche in Poesie, pp. 785-834).

LEOPARDI, Epistolario = Epistolario di GIACOMO LEOPARDI, Nuova edizione ampliata con lettere dei corrispondenti e con note illustrative a cura di F. MORONCINI, I-VI, VII {Appendice con lettere e note aggiunte a cura di G. FERRE'ITI e indice analitico generale di A. DURO), Firenze, Le Monnier 1934-1941.

Le Poesie = CARLO PORTA, Le Poesie, Edizione critica a cura di D. !SELLA,

468 CLAUDIO CIOCIOLA

l-III (Biblioteca di studi superiori, XXX-XXXII), Firenze, La Nuova Italia 1955-1956.

Lettere = Le lettere di Carlo Porta e degli amici della Cameretta, a cura di D. ISELLA (Documenti di filologia, Il), Milano-Napoli, Ricciardi 1967.

MALAMANI = V. MALAMANI, Memorie del conte Leopoldo Cicognara, tratte dai documenti originali, I-II, Venezia, Merlo 1888.

MoNTI, Epistolario =Epistolario di VINCENZO MoNTI, raccolto ordinato e an­notato da A. BERTOLDI, l-VI, Firenze, Le Monnier [1928-1931].

Poesie = CARLO PoRTA, Poesie, a cura di D. IsELLA (I Meridiani), Milano, Mondadori 19762

Ritratto = D. lSELLA, Ritratto dal vero di Carlo Porta, Milano, Il Saggiatore 1973.

THIEME-BECKER = Allgemeines Lexikon der bildenden Kiinstler von der Antike bis zur Gegenwart, begrlindet von U. THIEME und F. BECKim, I-XXXVII, Leipzig, Engelmann (dal 19ll Seemann) 1907-1950.

INDICE

CLAUDIO CIOCIOLA, L' «Oratore delle Grazie» e il «Fraticello»: prime variazioni (Cicognara, Giordani, Porta) 357

ALDO PECORARO, Un fulmine sulla Cognizione dd dolore 469

TESTI E DOCUMENTI

FRANCA PETRUCCI NARDELLI, Per una storia de/libro manoscritto volgare. I codici dell'Amorosa Visione SOl

GIANNI FRANCIONI, Ancora su 'Folk/ore' vs. 'Folclore': ltna controversa datazione nei Quaderni di Gramsci 517

DISCUSSIONI

EvA 0RDOGH, Lingua e letteratura italiana in Ungheria 527

RECENSIONI

S. SEIDEL MENCHI, Erasmo in Italia, 1520-1580 (L. n'ASCIA) 541 U. FoscoLO, Poesie e carmi (F. GAVAZZENI) 555