Lo Alluvione. Un racconto tra paura, penitenza collettiva e perdono, in G. FOSCARI, E. ESPOSITO, S....

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Indice

Introduzione

Frane ed alluuioni nel Salernitano e a Caua de, Tirreni ...di S Porfido, E,. Esposito, S. Mazzola, C. Violante, G. Sanroro,

E. Spiga

Caua ne/ Settecento: dspetti della uita po/itica ed economica...........di S. Sciarrotta

Lo Alluvion e. (Jn racconto trd paurd, penitenza, co/lettiua e perdonodiuino

di G. Foscari

schede analitiche delle rocalita colpite dall'ailuuione del nouembre1773...........

di E. Esposito, S. Porfido, G. Sanroro, C. Volante

,, )3

(Jn a rifes s i o ne s u I /e fo nti s to ri c h e........ .

di F, Alaia

Documenti

,59

u79

llye_s? gnloglco dell'area di Caua de'Tirreni... ), 89di F. Molisso, M. Sacchi, C. Violante, S. Mazzola

contesto meteo-climatico e pruuiometrico deil'euento alluuiona/edell'l l-lZ nouembre 1773 ........., , 157

di G. Thanfaglia, E. Esposito, S. porfido, C. Violante, S. Mazzola

Gli ffitti indotti dall'alluuione sur contesto urbano e territoriale... , 167di E. Esposito, S. Porfido, S. Mazzola, C. Violante, G. Sanroro,E. Spiga

P"g. 7

,9

u 183,, 797

5

Fonti archiuistiche " 293

Bibliografa ' 295

Inclice d.egli autori.. ' 303

Ind.ice dei luoghi.... ' 305

Autori d.ei sagi...... ) 311

Innoduzione

Questo libro nasce dal felice connubio di studiosi con esperienze diverse,capaci di trovare una mediazione tra la sensibilità storica e il tecnicismoilluminato dei geologi. Oggetto di studio è un evento rimosso dalla storiae dalle coscienze, ma che suona, una volta ricostruito e riportato alla luce,come un nuovo autentico monito per quanti hanno la responsabilità politicae civile nella conduzione di una città. Più in generale è un ammonimentoper ricordarci che I'Italia intera è continuamente esposta ai rischi del dissestoidrogeologico.

Lintuizione è stata quella di correlare ricerche parallele condotte e pro-mosse dal Centro Studi Storia ed Ecologia del Tèrritorio e il lavoro di geologidel CNR-IAMC di Napoli.

Il Centro Studi, responsabile dell'intero progerto, svolge da anni un'arri-vità mirata alla ricostruzione di una banca-dati dei casi di dissesto geologicoe idrico (frane e alluvioni) relativo alla provincia di Salerno nel corso del XIXsecolo, questo volume costituisce Ia naturale prosecuzione di un progetto cheha già trovato riscontro in unulteriore recenre pubblicazionel. Lobiettivodi fondo è proprio quello di "rimuovere la rimozione" ossia impedire che

scenda il silenzio sui casi passati di dissesto, dimenticati in maniera piii omeno involontaria, rispetto ai quali occorrerebbero, come anche l'Europaammonisce, una grande attenzione ed una maggiore sensibilità. Non c'è

silenzio della storia più assordante di questo, quando cioè intere zone sonodistrutte, quando Ie forze della natura e I'incuria dell'uomo porrano lutti e

scempi vari, quando addirittura scompare un intero casale come nel caso inesame. Lasciare che quei silenzi restino tali sarebbe responsabilità altrettantograve per chi svolge funzioni di stimolo culturale a beneficio della società.

La ricostruzione è stata inserita nel pieno del quadro socio-economico

I G. Foscenr-S. Scrennorre, Il dissestonella Valle dell'Irno (1800-1860), Salerno,

idrogeologico nella Costiera Amalftana e

Edisud. 2011.

della città de la Caua nel corso del Settecento, affinché sia sempre chiaro

che l'evento che si riporta in luce sia appieno riposizionato dentro il suo

stesso tempo, contestualizzandolo. Una lezione imprescindibile per chi fa

della storia la propria disciplina di vita.

Accanto al compito più propriamenre storico, mediante I'uso delle

sresse fonti, c'è stato il febbrile lavorio di valenti geologi (giir, a loro volta,

ampiamente impegnati nello studio di queste temadche) che hanno fornito

tutte le notizie tecniche necessarie perché di tale evento accaduto circa250

anni fa si potesse ottenere una ricostruzione dettagliata con meticolose

localizzazioni geografiche sulla base dei toponimi e con una descrizione

dei danni riportati.Il tutto Jarricchito da ulteriori informazioni relative ai maggiori episodi

di calamità naturali e da informazioni inerenti al contesto meteo-climatico e

pluviometrico dell'evento alluvionale dell'11-12 novembre lTT3.I|prodottohn"i., oggetro della nostra analisi, frutto anche di un piacevole sodalizio

umano, risponde, dunque, ad un esigenza di dialogo multidisciplinare

in un'ottica dichiaratamente sistemica, come richiesto dalla natura stessa

dell'evento e dalla metodologia tipica della scienza ecologica.

Tuttavia il dialogo rra marerie che hanno percezioni, linguaggi e codici

interpretativi differenti, non è mai semplice ed è stato affidato ad una me-

diazione culturale in cui non sono mancati momenti di contaminazione,

pur nelf identitir delle due discipiine-cardine, ossia la stofia e la geologia.

Il 1773 è I'annus horribilis di una media quanto produttiva città del

Mezzogiorno, il racconro con cui sono state ricostruite le fasi critiche dell'al-

luvione è stato affidato ad un'accurata ricostruzione archivistica ed a fonti

coeve piìi o meno dirette dalle quali si può evincere la portata del nubifragio,

causa scarenante dell'alluvione-frana, che alcuni uomini del tempo, con un

linguaggio oramai per noi desueto, definirono lo allwuione. Di qui il titolo

d"to "Ílibto .h. sin dalle prime battute ha inteso rispettare il gergo più

o meno diffuso alla fine del XWII secolo e provare anche a ricostruire le

percezioni, le paure e le ingenue forme di richiesta della misericordia divina.

prof. Giuseppe Foscart

Fisciano, otnbre 2013

Lo alluvione.

(Jn raccont\ trd paura, penitenza collettiua e perdono diuino

GruselpB Foscent

Il racconto di questa terribile calamità, che ha avuto come suo eplcentro

catastrofico Cava, - ma con un raggio d'azione ben più ampio in quanto

ha interessato altri centri del Principato citeriore -, si snoda per varie fasi

che non si possono certo considt'"tt "t'o-ale o del tutto nuove nella

storia delle comunità cittadine, soPrattutto in etìL moderna' quando esse

venivano toccare da ar,rrenimenti così drammatici. Tali fasi riproducono gli

stati d,animo di una popolazione provata da un accidente rmpreYedibile e

devastante e vanno d"ilo ,gorn.n,o p., l'evento in sé alla penitenza collettiva

dettata dalla devozior. ,.li"gior", dai'impotenzaallaconsapevolezzadeifatti'

alla reazione e ai tentativi delle istituzioni locali e nazionali di portare un

consistenre risroro a quanti erano stati colpiti direttamente dall'alluvione'

Levento ha un oriiine narurale ed è determinato dalle forti e persistenti

piogge che a Cava h"ri.to ",r.,,o

la punta massima tra le due e mezzadi notte

à.1liorr.di 11 novembre e l'alba dello stesso giorno' Ma non si possono certo

traslurare le responsabilità degli uomini, che sarebbero state comprese piìr

avanti negli anni, quando d" l,rel versante di Cava sarebbero arrivati altri

segnali di".rt ..orirtema da tempo diventato precario- ed insicuro'"D,"lrr"

parte, il diboscamento in atto in piir parti del Mezzogiorno, spesso

del tutto irragionevole e senza i necessari controlli, - anche in virtìr di una

normativa foi.rt"l. non ancora ben codificatal -, una scarsa capacità di saper

contenere e convogliare le acque provenienti dalla montagna, valloni poco

curati e intasati dall'occlusion. do,rrr," a materiale vario trasportato e dagli

alberi, I'abbondante accumulo di ceneri e lapilli provenienti dalle eruzioni

del Vesuvio per le aree poste nelle sue vicinanze' con una intrinseca franosità

del terreno porto in declivio, la messa a coltura dei terreni scoscesi' sono

t s"1" ,"1 18 26, grazieall'opera delf infaticabile carlo Alan de Rivera sarebbe stata pro-

-rtg"oi"'r..r..r" l.g"g. for..t"là che avrebbe posto dei vincoli molto ferrei al diboscamento

.d "1"1"

-"rr" " .oltii" delle terre poste in pendio'

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(ìrusp-ppr- Foscnni

fattori che hanno inciso in molti dissesti geologi ed idrici soprattutto nelle

aree a nord del Salernitano.Seguiamo, dunque, le fasi della disgrazia, disposte sulla base della se-

quenza temporale:

I fase: il tempo tragico della catastrofe, che si combina con l'impotenzadi coloro che la subiscono ed è caratterizzato dalla paura colletti-va per I'evento in sé e dal timore di una sua possibile reiterazione;

II fase: la spasmodica e irrinunciabile ricerca del perdono divino, atti-vando i più abituali rituali di celebrazione religiosa e di preghiera;

III fase: la piena e matura consapevolezza del disastro, la penosa conta

dei morti, la rassegnazione per i danni umani e materiali subitie le comunicazioni ufficiali;

IVfase: la ricerca della normalízzazíone.

La ricostruzione della catastrofe è affidata a numerose fonti coeve: docu-

menti notarili stilati nei giorni immediatamente successivi e memoriali redat-

ti alcuni anni dopo. Lattendibilità" di queste informazioni è data dalla credibi-

lità in sé dei testimoni oculari dell'alluvione e anche dalla comparazione con

altre notizie, sicché il quadro ci appare sviscerato con sufficiente chiarezza.

La percezione che se ne ricava, a distanza di circa due secoli e mezzo,

è che non fu compresa subito la portata devastante dell'evento, se non da

quelli che lo patirono in prima persona e riuscirono a salvarsi, subendo luttiin famiglia o distruzioni patrimoniali. Pertanto, solo con il passare delle ore

e con le notizie che iniziarono a trapelare per tutta la città, ci si rese contodawero di ciò che era accaduto.

I fase: il tempo tragico della catastrofe

A metà dell'anno 1773 poco o niente facevapresagire lo sconquasso che

qualche mese dopo si sarebbe registrato. Anzi, agiudicare dalle attente anno-

tazioni riportate dal notaio Giovanni Manniello, - che rogava a Cava e che

con una certa meticolosità" aveva registrato a mo' di diario sulle prime pagine

del protocollo notarile gli eventi susseguitisi in città -, il raccolto di grano

in giugno era stato dal'vero abbondante e si era diffuso un comprensibile

compiacimento tra la popolazione2. Il grano era owiamente imprescindibile

2 Ancnryio Dr Srero Dr SerBnNo (da ora ASSA), Protocolli Notarili, N. V, notaioGiovanni Manniello, b. 1407 a. 1773, Cava, annotazione dei notaio riportata nelle primepagine non numerate del Protocollo.

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Lo alluvione. LIn ft1ccont/ trd ?aurd, Penitenza coJlettiua e perdono diuìna

per l'alimentazione e la paura della non certo lontana carestia del 1764

(in fondo non erano passari ancora dieci anni) aleggiava come uno spettro

terribile, anche per ragioni di ordine pubblico, per il malcelato pericolo di

tumulti e ribellioni3.Aila più che sufficiente disponibilità di grano e, dunque, di farina,

corrispondeva analoga copiosità delle altre vettovaglie. Insomma, si poteva

stare ;bbastanza tranquilli. Non c'era da pensare di poter patire la fame.

certo, 20 carlini, owero, 2 ducati al tomolo (all'incirca 40 Kg) erano un

prezzo alquanto eccessivo per il grano, come gli B carlini e mezzo necessari

p.t p"g".. un tomolo e mezzo di granodinir, ossia di granone, come veniva

"bi*"l-.n,e chiamato. Ma l'onda lunga psicologica della carestia non si

era ancora arrestata e quando c'era penuria di grano o anche solo il timore

che esso scarseggiasse , i prezzi aumentavano, come da legge economica o'

forse, più .or.r.a"-.ntà, come da astuzia dei commercianti, le cui sottili

speculazioni erano alquanto note in città.

I mesi a seguire erano stati piuttosto capricciosi, soprattutto sul piano

meteorologico.vanno considerati, infatti, con parricolare attenzione tre fattori:

Il primo, I'esrate era stara alquanto fredda, tanto che nel mese di agosto,

,..orào quanto annotava il notaio Manniello <si sentiva tal freddo, che

pareva essere il mese di dicembre con continue piogge fredde'a'^

Il secondo, verso la fine dello stesso agosro il tempo si era finalmente

messo al bello e ciò era durato per i successivi due mesi, con caldo eccessivo

e senza pioggia5.

Sfuggiva atta conoscenza dei contemporanei il fatto che I'alternanza dí

-rrt"-àti delle condizioni atmosferiche non dipendesse da strani capricci

-=-, Snni,o aaie tradizionali cuccagne a Carnevale per esorcizzare il pericolodelle sedizioni

popolari, si veda D. ScaEocr-ro, Il gàco della cuccagna. Spreco e ruyullifes,riuldllla carestia del'17i4

a Napoti, Cava de' Tirreni, Àvagliano, 200 1 . Piìr in generale. si veda E. .LB

Rov Leou-

*tz,Tr*pirliTrrtrl,tempotlicarestia.Storiadelclimadall'annomille,Torino,Einaudi, 1982.

4 AS'SA, Protoc\lli Notaril1, N. v., notaio Giovanni Manniell0, b. 1407 a.7773' cit.5 La differenza tra rempo metereologico e clima è dawero fondamentale. Qui non par-

liamo di tempo metereologico, ossia della risultante di molti fattori (umidità, temperatura,

pressione, pricipitazioni, ienti, nuvolosità, ecc...) riferita ad un area deflnita in un tempo

breve o brevissimo o in un determinato inter-vallo di tempo; ma parliamo piuttosto di clima'

con riferimento alf insieme delle condizioni atmosferiche sopra indicate che caratterizzano

una determinata afea o regione geografica, otrenure da rilevazioni omogenee dei dati per

lunghi periodi di tempo, "'í-.no",rà,'"nni. Infatti, occorre considerare che tra il XVI e il

iif ,.i"f. I'Europa iu , r^tt rit" ta dalla 'piccola era glaciale' con._inve rni. rigidissimi che

,i,,r.r.grrir"r-ro "d

ir-r,r.rr-ri miti, ed.rtati.àn piogge intens.e ed alluvionaÌi' con evidenti

fluttuazìoni climatiche che incidevano sulla compattezza dei terre'i.

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Grusspps Foscenr

del tempo o dal solito castigo divino, come frequentemente si era abituatia pensare, ma era il frutto di quella piccola era glaciale che dal XV stava

caÍatterizzando I'intera Europa (e che sarebbe durata fino al XIX secolo),

creando condizioni di profonda instabilità. Senza alcun dubbio, si trattavadi due condizioni atipiche, che, componendosi tra loro, avevano minato lastabilità e la compattezza dei terreni un po' ovunque.

Ma c'era un terzo fattore in agguato: l'ulteriore instabilità meteorologica.Il30 ottobre erano iniziati i temporali, abbondanti, che erano proseguiti

per tre giorni fino al 1o novembre. Larsura e I'aridità dei terreni, la siccitànei campi erano ora improwisamente e tumultuosamente scompaginate da

queste copiose e vigorose piogge.

Nel giorno della commemorazione dei defunti pochissimi riuscironoad andare a Messa per il tempo dal'vero inclemente, ma la pioggia era stata

anelata e benedetta da molti, in particolar modo dai viticoltori, i quali, ap-

pena il tempo si rimise al bello, come a\.venne per alcuni giorni di seguito, si

dedicarono, come sempre, a quell'occasione irripetibile di coesione familiaree di festa che era la vendemmia.

Essa risultò generosa, come annotava Manniello, tanto che uil vino perla grande abbondanza non si è saputo dove riponerlo avendo avanzato cia-scheduna massaria il doppio degli altri anni che è stato necessario a molti diriponerlo nelle tine, e sobbottoni, la vendemia durò sino alla fine di ottobre,e parte di Novembrer6. Insomma, la pioggia precipitata nel momento adattoaveva ben agevolato la produzione e, a ragione, tutti pensavano che anche

un buon vino avrebbe potuto accompagnare la tavola delle famiglie.La mattina del 9 novembre ricominciò a piovere a dirotto, tanto che non

si poté uscire di casa. Si stava reiterando, cioè, laterza nefasta condizione:

dopo i sessanta giorni di siccità, la pioggia di fine ottobre-inizio novembre ed

una brevissima tregua di bel tempo, iniziò a riversarsi acqua senza soluzionedi continuità. E per due giorni di seguito.

Il giovedì seguente, 11 novembre, giorno di S. Martino, i rovesci cessa-

rono per pochi momenti; la tregua prima del disastro, perché unel giornopoi seguitorno dirottissimamente le acque sino alle tre ore di notterT.

Ore di pioggia battente e incessante, poi, alle 2 e mezza della notte, unrumore cupo e sordo: una frana dalla potente carica distruttiva si staccò da

uno dei versanti del Monte Finestra, nella parte in cui esso giganteggia suivillaggi di Passiano e S. Arcangelo, e si riversò con tufta la sua furia veemente

6ASSA,

"- rocolli Notarili, N. V., notaio Giovanni Manniello, b. 1407a. 1773, cit.

7 lbirJem.

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Lo alluvionc. Un tacconto trd ?/1uft7, peniteTtza co/lettìua e perdono liuino

su un piccolo casale posizionato tra i due agglomerari più grandi: Casalonga,(tanto che - annotava il notaio - spiantarono moltissime partite di boschi,e selve delle Montagne sopra il Casale di Passiano, che s'unirono al Vallonedetto del Vargarallo, e non bastandoli il letto di detto Vallone, che era pro-fondissimo, e largo superavano le acque che seco conducevano smisuratepietre, ceppe, alberi grossissimi, ed arene superorno, ed arrivarono sopra le

Massarie, devastandole d'alberi, e riempiendole di pietre e brecciara, in talmodo che parte le univa al Vallone, ed altre le ridusse inabili a coldura, e

giungendo nel ponte della Regia Strada detto dell'Epitaffio, non potendodetto ponte ricevere il torrente e smisuratissimi sassi alberi, ceppe, ed altroche seco l'acqua conduceva, superorno, ed avanzarono per sopra detto Pontediroccandone le sue murars.

Dalla relazione emerge che la portara violenta di acqua e terra aveva

trasportato con sé anche pietre ed alberi di notevole dimensione ed aveva

come sbriciolato i boschi adiacenti; la gigantesca massa si era riversata nelvallone del Gargarallo (Vargarallo nel documento), andando ben oltre lasua portata e la sua tracimazione con acqua, fango e detriti aveva sommersole masserie lì presenti; da lì era conrinuaro il suo percorso di devastazionesino ad arrivare al ponte dell'Epitaffio, demolito in più punri.

Non è solo la morte di innumerevoli persone, colte nel sonno, ma è

la fine di un casale, viene cancellato un toponimo e, con esso, per un po'di tempo, una storia di insediamento che sarebbe rimasta viva solo nellamemoria delle generazioni più avanti negli anni.

La narrazione a posteriori è affidata alle parole dello storico ed eruditocavese Andrea Carraturo, testimone oculare e sopralvissuto alla tragedia, ilquale, poco piìr di dieci anni dopo, nel 1784, così avrebbe ricordato I'evento,ancora vivido nella sua mente:

nTra i uari alluuioni piìi o meno funesri di cui si ha memoria e t/i cui si uede

ancora qualche uestigio, è assai rimarcheuole l'ultimo della sera d.el giouedì 11 dinouembre clell'anno 1773, allorché sulle ore due e mezza di notte, Jia larghissime

piogge, perdé forse per uwt della accennare cagioni r1ualche nube il suo equilibrio,e si sciolse in un uasto ed improuuiso uolume di acque alle falde del monte Finestra,

al di sopra del uilkggio detto Casalonga, che spiantò boschi, selue ed annose pianre,

e dirigendo il suo corso contro il detto ui/lagio atterrò quante case ebbe a fronte,arrenò campi e poderi, si spaziò sulle pianure di S. Vito e si antlò a perdere uerso

Nocera. Da circa 160 persone perirono in tal disastro, ef.no in Nocera stetst ne

giunsero dei cadaueri. Il danno fu aalutato per moltissimi migliaia di scurli. La

I lbidem

bJ

CrusEppr Foscanr

mirt casd prtternll, cl,re adesso ha L'onore di accogliere il lodato cau. Filangieri' ed è

situata in un'ltmen/t c/impagnLt chiamata i/ Gaudio Piccolo, trouassi allorrt nella

stessd linea della direzione della gran piena, ma fortunatamente fu I'unica che

campò t/al generale deuastamento. Patì nond.imeno de'grauissimi danni nelle sue

adiacenze, e caddero motte fabbriche esteriori nell'atto che il gran facasso ten€utl

turti sbalorditi, qudnti erduamo dl di dentro, inconsapeuoli della cagione che in

quel buio ttgiua cln tanta uiolenza al di fuori,e.

La testimonianzadelCarraturo rende ragione della gravità del fenomeno

e ci conferma come la zonainteressata fosse caratte tizzatada poderi e campi

coltivati. Egli ci porta a conoscenza di uno soltanto dei versanti dell'allu-

vione, che, invece, aveva toccato in modo altrettanto roYinoso anche il lato

a sud, verso Molina, Vietri e Salerno.

D'altra parte, lo stesso fronte meteorologico si rivela molto ampio, avendo

implicato Maiori, san severino, coperchia, dunque, la valle dell'Irno, la

Costiera Amalfitana (o buona parte di essa), la valle di Cava sino al Capo-

luogo, Salerno, passando per Molina e Vietri.La colata di fango aveva colpito indisdntamente modeste abitazioni e case

appartenenti a famiglie facoltose, devastato piccoli appezzamenti e qualche

.r*r" proprietà, ma è indubitabile che si rivelò un'occasione di ulteriore

dramma soprattutto per il ceto popolare e contadino che occupava, in gran

parte, l'area del casale dí casalonga, spazzato via dal gigantesco ammasso

di terra e acqua.

Il sobborgo, come larga parte del territorio cittadino, era caratteîizzato'

infatti, da un" diffusa rete di piccoli contadini-proprietari, ricca di terre

coltivate di modesta estensione e con un abbondante pfesenza del bosco. Lì,

a Casalonga,anche se in relazione alle più limitate esigenze di insediamento

antropico che si registravano nel corso del Settecento, le famiglie presenti

erano comunque numerose, per lo più costituite da analfabeti, braccia dedite

al faticoso l",roro nella terra, coloni resi insicuri dalle incertezze dell'attivrtà'

agricola.

Gli effetti del disastro non possono certo prescindere da questa precaria

trama sociale né da qualche incauto intervento dell'uomo, che, soprattutto

più a monte, aveya probabilmente operaro più di un dissennato taglio. Ilàibor."-.rrto resta una delle concause dell'evento, anche se occorre in-

trecciare più fattori che avevano compromesso la tenuta del territorio per

accertare le reali cause del fenomeno.

e cfr. A. c.q.nnrruno, Lo '\tato attuale" de/la città (1784), a cura di S. Mrr-.cNo, cava de

Tirreni, Avagliano, 1986, pp. 45-46 in nora.

64

Lo alluvione. LIn racconto ttr.t ?aara, penitenza co/lettiurt e perrlono tliuino

La straordinaria testimo nianzadel noraio Giovanni Manniello, uno d.eisupersdti cha ha lasciato traccia scritta del drammatico momento vissuto,resta la più fedele ricostruzione dell'evento eva apprezzata nella sua jnterczza:(erano deme acque in abbondanza che la sua

^ltiu^arrivò sino alli colli dellequercie della mia Massaria, siccome s'osservò dall'impressione del loto cheivi rimase, ed inoltrandosi verso la casa tutto ciò che si ritrovava d,alberili spiantava con averne anche spiantate e portate via re mura der cortile, edaprendo con gran empito le porte delle caie entrò in esse una gran quantitàdi loto pietre ceppe, e brecciara, sorro delle quali mi ritrovai"sommerso, esuffogato, per essere calato casualmente nelli bassi di detta casa, e nel mentregià era morro e fuor d'indendimento srando sotto grossi ceppi, e roto più dipalmi 4 vz, pawe di vedermi da forzasuperiore, . d"" pi.tor" -ano sollevatoincominciando asvilupparmi da rotto l. c.ppe loro, .d

"rrr. ord.egne di casa

cadutemi sopra mi rampicai sopra il m.rrà n.l mezzo della casa, e srandosbalordito sopra di quello ,.nr",p.r"nza di sopravivere facendo continuiatti di contrizione invocando la mia Alvocata, e Gran protretrice Mariadell'olmo, e le Anime Sante del purgatorio non sapendo per dove sarvarmimentre in un punto viddi due lampi che mi ferno rr.d.r.là porta deila casa,ed alcuni tavoloni, che andavano nuotando per d.entro di queila, sopra dequali-appoggiando li piedi andai dentro la grada, . gi,r.rà neila cameranon fui conosciuto per uomo ma mosrro diloto qui. imm.diatamentes'intromise sino alle carni, ma per la dio grazia sano, e libero d.a ogni male,onde per quanro potei mi risrorai, cambiandomi tutte le vesti che con granstento mi levai da dosso.

La Massaria non solo da capo a piedi inondata d'arene, pietre brecciara,e ceppe' ma ben anche ne staccò circa moggia quatrro, e fanoli vallone,siccome s'osserva dagl'Alberi rimasti intorno h q".tt".

talascio per ora il nostro lacrimevole ."ro, . passo a descrivere tuttotremante il stupendo, sanguinoso, e dolente alluvione del casale detto dicasa Longa, quale ne fìr da quello roralmenre spiantato senza lasciarvenesegno, o vestigia di detto casale, che appena si poteva conoscere dove erastata la sua situazione le case, .h. .r"no .irconvicine furono tutte empite diloto, con gran srenro non perirono gl'abbitatori di quelle, et oltrepassandola lava portando smisurati alberi di quercie assieme colle ."r. ,pi"rr,",., .quantità di cadaveri la maggior parre ne rimasero nelle piane di s. vi,onella cupa di Priato, ed altri luoghi convicini, ed altri r. frro.ro trovati allecammarelle, siccome furono benissimo conosciuti, che fattosi il computodi detti cadaveri ritrovati ascesero al numero di [mancal] .

Lestenzione della lava fu dalla massaria delri magnifici Francesco e

65

Grusr'r'Pl Fosc'ru

Fratelli de Iulis sino al palazzo nuovo, la Regia strada. non.si conosceva

dove era stata per d.,," t"t"'ione' tutte le d'elte massarie si riempirono di

mobili, pezze dif".,ro'lt""i'ed ordegne di case' ma per quello si sentì dire

che le genti Ia stessa notte andav""o pigli"t-tdo le dette robbe' non ostante

tal orribile Flaggello, delle Case di Caraturo molto ne staccò di fabrica ma

vi rimase la parte pr;i;; ;,er graziadi Maria Santissima dell'olmo in

quella stava dipinta. , , r-,.,^^^ -:^i^-^ ti .,Tutte Ie massarie per dove passò detta lava furono ripiene di varie sorte

di arene, cioè rapilloi";';"i^;;:'pietre dove tre due' e quattro palmi di

detta robba, che vi otJo"t'o pi') anni per ridurle al pristino stato' tutti si

empirono di legni ,';;i, t chiancarollt di Case da sotto detto Casale sino

alla terra di Mascolo'

La casa di Arlto"io Avagliano ne fu buttata da detta lava assieme colle

persone che vi .,""t Jt"t?o' e ritrovandosi inferma la moglie di Pietro

Avagliano .hi"-","'i''-tìt"ì"i""gfi"no figlia d'Alessio che giacendo in letto

facendo atti di contrizione assieme con un altra sua parente' -e

quattro figli'

sopraleCameredidettaCasa,volendoprendereilcrocefissodacapoilmurodel letto si vidde po""'ui" e smorzare ii lt'me' e sbalordita si ritrovò assieme

con detta ,,," p",.'o nella detta massaria delli Signori Julis all,ignuda, ma

con una figliola d.''tt'o la Conola' che per g'^"il.di Maria Santissima del

carmine fu salvata d" prr*I. Milione .À. "rid",r,

la stessa notte ritrovando

la moglie, che stimava avernela anche portata la lava che asserì essere stata

liberata per l'intercessione di Maria Santissima del Carmine della quale

;;;;;;; ldorro il suo abbetino' quale trovò senza essere stato in menoma

;;;;;;;;"to lo che da tutti non poteva capirsi.come uscire della Camera

dove stava r"nr" pt'ì'J, i., gfi dissi che l"Vt'gi''" l'aveva presa per li cappelli

e condotta sana' e salva in detto luogo'

La parte del Castello fu anche daÀeggiata' che calatain giìr la lava ruinò

molte massarie, ed anche pericular potevanopiìr.persone del Casale di Priato'

ma per speciale p'ott'io"t del Glorioso S' Ncola nessuno periculo' siccome

la notte furono "td;;i;; i"ti"

"ttt"''i lumi' che calavano' ed oscendevano

dallapartediPriatello,chepoilicongetturòesserstatoilSantoprotettore'.h. fórr. andato dilatando le acqueor''

Il racconto, sull'ond'a di una legittima commozione' conserva rntatta

la capacitàL di ,ipo't""i "i *o-t"ii drammatici della tragedia' Il notaio

si ritrova q""r, ttt"ì-t";;;;;ttt".dal fango' dalle p.ietre' dai ceppi di

alberi sradicati, quasi un metro e venti centimletri di melma e fanghiglia' e

66

ilnssa. lrr, colli Notarili,N' v', notaio Giovanni Manniello' b' l4o7 a' 1773' ctt

Lo arlluvione. fJn rdcconto tra Paurd, penitenzd co//ettiua e perdono diuino

viene salvato da una mano amica, provando subito a trovare una sicura via

di fuga. lIfl.agel/0, seguendo lo svolgimento del resoconto, aveva toccato,

come detto, Casalonga, era proseguito verso la piana di S. Vito ed era arrivato

sino al casale di Pregiato, posto sulla direzione della frana ma non certo a

corta distanza. Di lì, verso Nocera, il tratto non è affatto breve, ma la gittata

del fango, la massa, la velocit2L acquistata nel lungo percorso in discesa dal

Monte Finestra, avevano creato le condizioni per trascinare tutto con sé,

fino alla vicina cittadina dell'agro, già piìi volte e in piìr punti devastata dalle

esondazioni del torrente Cavaiola.

II fase: la ricerca del perdoruo diuino.

Erano oramai trascorsi pochissimi giorni dall'alluvione. La situazione era

nelle mani del clero che non aveva perso certo l'occasione per tenere viva

nella gente la paura per il Dio castigatore e vendicativo che aveva scatenato

leforze della natura al solo fine di infliggere una dura punizione agli uominiper le loro colpe e malefatte. Lo spavento, lo smarrimento e la devozione

facevano il resto.

Il clero esortava a pregare e a chiedere la misericordia divina e si affrettò

ad organizzare una solenne processione.

La pioggia non aveva ancora cessato di tenere desta la gente' Il boato

della frana rovinosa €ra ancora vivo e si sapeva che tanti erano morti, sepolti

dal fango e trasportati lontano. La confusione regnava sovrana. Anche Pre-

giato, S. Lucia, il corso del torrente Bonea nella parte a valle che procede

verso Vietri, erano segnati dal luttuoso tragitto del fango e delle acqu€' ma

le notizie che arrivavano erano ancora piuttosto discontinue ed incerte. Si

parlava, sgomenti, dei cadaveri ritrovati a Nocera, versante nord della frana,

a varie miglia dal disastro.

La processione doveva servire a ricomporre il quadro sociale, a cementare

la comunità, a dare speranza a tutti che il peggio fosse passato e che occorresse

solo placare l'ira del Signore, espiando i peccati. Si rimarcava a dovere ilvalore terapeutico di quella funzione religiosa pubblica. Erano passati poco

più di cento anni dalla peste del 1656 cheproprio una processione, almeno

nell'immaginario collettivo e nell'interessata comunicazione mediatica del

clero, aveva bloccato il morbo a Cava. Ciò aweniva in una società intrisa

di ingenua credulità e di una altrettanto possente devozione, in cui alla

trasmissione orale della paura e dei rituali del perdono si sommava un alto

tasso di ignoranza dovuto all'analfabetismo, e in cui, la genuina semplicità

contadina era l'abituale veste delle relazioni umane, soprattutto nel delicato

67

Gtusr.r,rr Fosceru

ed impari rapporto con i poreri forti (patriziato, istituzioni, parroci, ricchi

mercanti ecc..).

Ma questo fondamentale momento di catarsi comunitaria non si prefi-

g.rr" .oÀ. un atto di resa o di impotenza. Esso scandiva il senso della par-

Iecipazione popolare, era il segnale indiscutibile di una venerazione sentita

come propria, profonda e, altresì, condivisa. Non possiamo trascurare certo

.h. l" Chi.r" i"ppr.r.nrasse un'imporranre ed autorevole rete connettiva

della comunità rneridionale e, dunque, cavese. Lo era sempre stata. Il suo

magistero era affidato a parroci che sapevano toccare le corde giuste del po-

poló, .o' efficacia e persuasione, usando anche prediche ammonitrici circa

i. ,.rponr"bilità da attribuire ai comportamenti e ai peccati degli uomini,

ch. l-ron lasciavano insensibili, non potevano lasciare insensibili.

Ma il timore di un Dio giustamente cdttigrltorr (così come appariva agli

uomini e alle donne del tempo o come veniva loro presentato) compare

finanche in un atto ufficiale del Parlamento cittadino, dal quale emerge in

tutta eviden za chela calamitir e le miserie nnelle quali per giusta jra di Dio

siam cadutirll dipendessero dagli indegni comportamenti degli uomini.

Istituzione politica e clero, assieme, rafforzavano l'idea di una gigantesca

colpa colleitiva, aprendo una stagione di espiazioni-che sarebbe andata

dalia confesrion. "ll" preghiera, alla comunione, alle forme di beneficenza

ed ai lasciti in punto Ji r"or,. a favore della parrocchia, della chiesa o della

confraternita alle quali si apparteneva.

E così, inevitabilmen,., .-.rg.r,a I'altra faccia dell'operato della chiesa,

quella che puntava proprio sulla paura del Dio castigatore per rendere il

proprio magirt.ro ., ,opr",,,r,,o, il controllo sociale più praticabili' pun-

,"rrào -olto sulla credulità. popolare. Si trattava, inoltre, di tenere sempre

vivo quell'armamenrario ritu"l. per plasmare continuamente gli individui,

sul piano pedagogico e su quello spirituale'

òia .i ,ping".,-di .onr.g,.r.tr", "

,agio,,"" in breve su quale fosse la fun-

zione della r.$ion. nella societàr settecentescar2, che passava dalla cura delle

anime, alla capacità di alleviare le sofferenze nella vita terrena' da un dovere

prettamente umanitario e cristiano, a strumento di disciplina collettiva' e

.h.,r.d.,r" nel sacerdote la figura adatta ad ammonire la folla ed educarla alla

paura in Dio. E non dobbiaÀo cefto dimenticare che proprio il XVTII secolo

"bbi".ortitrrito un primo significativo momento di riflessione sui possibili

- tt a*.* Sroruco cor,ruNars or ceva (da oraACC), Classe II, sez. II, n' 13 (1772'

1796), delibera del 29 novembrc 1773, cc. 9r'-i0r'12 Cfr. M. Rosl', Settecento religioso. Politica della ragione e religione deL cuore, Venezia,

Marsilio, 1999.

6B

Lo alluvione. LJn racconîo tra ?dura, Pmitenza collettiua e Perdono diùno

eccessi della devozione, che doveva tuttavia tener conto della sensibilità reli-

giosa popolare, affettiva e sentimentale, erede della pietà barocca, che reagiva

ai processi di laicizzazione della società. Dunque, la società settecentesca

era caratterizzata dall'intreccio tra la piùr generale funzione civilizzatrice e

socializzatrice della religione, la devozionalità affettiva e collettiva, con i suoi

simboli, le sue rappresentazioni sceniche (di cui, ad esempio, la processione

era strumento nodale), ma anche le esuberanze della venerazione.

Accanto al clero, proprio le confraternite, con tutto il bagaglio di rituali,gesti e genufessioni per rendere ancora più liberatoria e partecipata la pre-

ghiera collettiva ed acuire la solennità di quei momenti. Esse abbondavano

ed erano un altra anima pulsante della cittadina, cui era stato affidato da

tempo il compito di radicare il seme della solidarietà, di rinsaldare lo spirito

della fraternità cristiana e, per questo, funzionavano quasi da ammortizza'

tori sociali, per il loro impegno a favore anche dei marginali, contenendo

il rischio delle possibili ribellioni sociali. Ma avevano anche obiettivi pir)

articolati e, direi, subdoli: accrescere la suggestione collettiva con i loro

rituali mistici e formali e accentuare implicitamente il controllo dei ceti

piìr potenti e ricchi, che nelle confraternite avevano un ruolo di spicco, sul

resto della popolazione.Larciconfraternita del SS. Nome di Dio e di S. Maria Incoronata dell'Ol-

mo aveva una storia documentata che risaliva alla metàr del Quattrocento.Tha i suoi compiti precipui c'erano la diffusione della devozione contro I'uso

della bestemmia dilagante, opere di pietà di varia natura, la costruzione diun ospedale, la necessità di assicurare benefici ai confratelli in caso di morte,

e I'importante custodia dell'immagine di Santa Maria dell'Olmol3. Tocca-

va, ora, proprio a questa Congregazione I'onere di organizzare e sostenere

la processione, portando in giro per la città la sacra immagine della Beata

Vergine Incoronata, la protettric e speciale di Cava.

D'altra parte, la processione era stata richiesta espressamente dal Vesco-

vo e caldeggiata anche dal Capitolo e da numerosi cittadini; si era dunque

diffusa I'idea di una doverosa penitenza collettiva e la processione rappre-

sentava il momento emblematico del raccoglimento e della preghiera, di

riflessione sulla caducità della vita e sulla necessità di essere in sintonia con

i dettami del cristianesimo, ma era anche una testimo nianzadella religiosità

popolare al seguito di un immagine devozionale, con il suo tradizionale ed

apprezzato rituale.

r3 Cfr. A. INpnaNzi, Le Confaternite della Diocesi di Caua e i loro luoghi, Cava de'Tirreni,Di Mauro editore, 1999, pp. 227-238.

69

GrusEPpP- Fosclnr

I governatori della Congregaziottl D' Carlo Abbenante' D' Giuseppe

Galise, D. Giuseppe Stt"di'do e D' Gennaro de Marinis ebbero I'onere di

*"rf"r."r. l" S"à," Immagine della À4adonna dalla chiesa dell'Incoronata

Maria dell,olmo alla chilsa cattedrale, attraversando in sosranza buona

p"t,. a.i ..nrro urbano della cittàr' uper ivi porgerli umili suppliche per

la desiderata ,.r.niti, .t ft' tt'i'"tt li gravi i"t,,ti tht a questo pubblico

;;;; ;""sati dalle .ottitt" pretipito" e gravi pi"glt"^^lcona della

Madonna, attorno "ll" q""lt 'i

t'" '"dit"t" """ credenza popolare ed un

racconto misterioso e im}aginifico che ne celebravano le virtù e le qualità

taumaturgict . . .","r.in., l"..bb. stata affidata alla custodia del Capitolo

della Chiesa C",,"a,"it, per d'ieci-quindici giorni' a.decorrere dal 14 no-

vembre. Tlascorsi i quali, l'immagine sacra larebbe dovuta ritornare nella

chiesa di san Francesco d.i Paola, dove essa era custodita'

Lobiettivo,.o-.,p..ificamentedelineatonell,attonotarileredattoperuffrcializzareil,.-po,l"to passaggio di consegne dell'icona'1:t1' tt" quello

d,i <sodisfare alla vehemerrà pi""J.,rorione di turta questa Città>'5 per un

tempo ritenuto ragionevole e necessario'

Sentiamo ,".",;, ; ;roposito' il meticoloso racconto del notaio

Manniello: ul-a mattina ben per tempo tutta la Città fe ricorso alla nostra

Protrettrice e Miracolos" Vt'gi"t Coron"t" dell'Olmo' la quale fu esposta

con apparato' . .o,.tio 'op'i I'Alt're MaggrorS della sua Chesa di San

Francesco di paola, .or, .orr.orro di tutta h Òittl, con incessanti lagrime, e

preghiereditutti,edattidiringraziamentodinonaversubbissatol'intieracittà, siccome dovea essere,.i".."d.r. per li miei gran peccati, si tenne

cosìespostaindettaChiesaladettaBeatissimaVerginesinoallaDomenicamattina, che poi verso l'ora tardi' coll'intervento Ji tt"tt le processioni di

questa Città, Clero, pJt Conventuali' -e

Reverendissimo Capitolo della

catredale, la detta Beatissima vergine dell'olmo fìr sollendemente portata

alla detta Chiesa Catredale ed il giorno si aprì la. Santa Missione O: f*:l

Ji ln.r," nostra Città, con incessanti preci' e penitenze continue con vlsrte

di tntt. le dette Processioni, con atti di mortificazioni'

La detta S""o'ftlittio* d"'a per lo spazio di giorni quattordici in

detta Catred"l., .t-" it' sino al Sabtato la st'a' la mattina Domenica an-

che verso l',ora tardi fìr sollendemente portata la detta Beatissima vergine

dell,OlmoalsuoluogoconinterventoancofadelledetteprocessioniClero,

- '' ASSAJ- tocolli Notarili, notaio Nicola Maria Adinolfi' b' 2222 a' 1773' Cava' 14

novembre 1773,c'344v't5 Ibidem.

70

Lo alluvione. (Jn racconto tra Pdur/1, Penitenzd col.lettiua e perdono tliuino

e Padri di questa Città, con averla anche portata processionalmente sino

alPalazzo nuovo>r16.

Il minuzioso racconto del salvataggio del notaio ci permette di ribadire

taluni aspetti già sin qui emersi ed altri nuovi dar,vero rilevanti: 1) almeno

nei pressi della sua abitazione la portata del fango aveva superato abbon-

dantemente il metro e 20 cm, ma in altri punti della sua masseria aveva

raggiunto urialtezza anche più rilevante, come testimoniato dal fatto che

la melma aveva coperto le querce almeno fino al punto in cui iniziavano

i rami e le loro biforcazioni dal tronco principale; 2) nel fango che aveva

spazzato via le case e gli alberi si notavano anche sabbia, breccia, ceppi dialberi, lapillo e pozzolana. che avevano reso tutta la massa, che proveniva

dall'alto ad una certa velocità, scorrevole e ponderosa nel medesimo tempo;

3) si registrarono fenomeni di sciacallaggio nelle ore successive al disastro,

con persone che si aggiravano per prelevare vestiti, utensili di casa e mobilitrasportabili.

Scene che tristemente si ripetevano in eventi del genere, gettando piìi diun'ombra sulle intrinseche qualità della società locale, sulla robustezza della

solidarietà di cui la Chiesa era interprete ed emblema, ma anche il segno diun'evidente disgregazione sociale che trovava nelle incertezze economiche,

chepenalizzavano soprattutto i pit) disagiati, Ia sua principale ragion d'essere.

III fase: La cottsapeuolezza dell'euento e dei danni. Le comunicazioni ufficiali

Napoli non fu tenuta all'oscuro della vicenda. Nei giorni successivi alla

tragedia si susseguirono infatti le comunicazioni ufficiali alla Camera della

Sommaria e al Sovrano, per informarli della gravità dell'evento e per otte-

nere misure appropriate. Il re, appena informato della sciagura' predispose

che si fornisse qualunque"prouuidenza" ai sudditi di Cava e che egli fosse

ragguagliato sia sui rimedi proposti dall'organo di governo cittadino sia sul

più generale andamento della situazione.

Le relazioni, che sintetizzano tutti i vari momenti della ragedia, appaiono

piuttosto dettagliate e meticolose. Il timore che le autorità potessero riscon-

trafe una qualche responsabilità o omissione rendeva tutti attenti a seguire ilfilo logico di un ragguaglio minuzioso. Inoltre, si volevano toccare le corde

del paternalismo monarchico.La Regia lJdienza di Salerno, con la sua figura più importante, il Preside,

unitamente all'Uditore che apparteneva alla medesima struttura, al Com-

t(' Iui, notaio Giovanni Manniello, N. V., b. 1407 a. 1773, cit

71

Grusspps Foscanr

missario di Campagna, che aveva specifiche competenze di tutela dell'ordinepubblico ed al Governatore di Cava, già dal 12 novembre avevano iniziato

una tambureggiante comunicazione con la Capitale, proseguita nei giornia seguire.

Il 12 novembre pervennero due lettere, a breve intervallo di tempo tra

loro, una scritta dal Commissario di campagna, I'altra dal Governatore diCava, e destinate al Re. In esse si ponevano in evidenza la violenza dell'allu-

vione, la rovina di case poderi e beni, I'interruzione dei traffici commerciali

ed il possibile rischio che nei giorni successivi si potesse registrare un indebita

appropriazione dei beni dei defund a danno dei legittimi eredi.

Si era organizzata repentinamente una riunione straordinaria presso ilpalazzo del Preside a Salerno nella quale si era stabilito che f indomani sa-

rebbero partiti per Cava un Caporuota con numerosi soldati per assicurare

i beni dei sudditi colpiti dalla sciagura, per dare sepoltura ai morti, per

constatare i danni prodotti e per provare a rendere agibile la strada princi-pale, il Regio Caminol7, che risultava, invero, allagataed inagibile in moltipunti dalla píazza di Nocera fino a Vietri, con la conseguente inondazione

delle campagne. Il controllo era stato esteso, poi, a tutte le strade interne

di Cava e dei molti quartieri situati alle falde delle circostanti montagne.

Il Commissario di Campagna, Biagio Sanseverino, nel rapporto del 15

novembre, ribadiva tale situazione, rassicurando sulla rovina certa della

zona interessata, anche perché osserudtA in modo diretto dal Commissario.

Ciò ci fa naturalmente pensare che in piìr di un'occasione si fosse esagerato

nel racconto di un alluvione, per sollecitare interventi e risorse; invece le

circostanze ricorrenti a Cava non creavano dubbio alcuno ed erano state

toccati molti casali della città, e, nel fondo della valle, il Vescovado, la Regia

Corte, il palazzo del Reggimento, luogo dell'amministrazione comunale, ilmercato, Ia negoziazione, le strade. Inoltre, il Commissario, argutamente,

poneva l'attenzione sul fatto che si dovesse riattare in maniera celere I'area

toccata dalla frana, perché, considerate le falde ripide, c'era il rischio con-

creto di nuovi danni, che avrebbero condizionato pesantemente la vita della

popolazione, già toccata dalla sciagura.

La Camera della Sommaria di Napoli si riuniva il22 novembre per

esaminare le relazioni pervenute e per esprimere il proprio parere. Innanzi-

tutto, essa esprimeva Lln plauso all'Udienza Provinciale di Salerno per aver

subito inviato il Caporuota e i soldati per il controllo del territorio e per

r7 Ancrrrvro oI Srero or Neporr (da ora ASNA), Sommaria, Consuhationum, vol. 322,

22 novembre \773, ff.204v-209v.

72

Lo alluvione. Un rrtcconto trd ?aur/l, pen;tenza co/lzttiud e perdono liuino

portare la necessaria assistenza alla popolazione colpita dall'alluvione, inoltreriteneva necessario che questo lavoro continuasse, ma coglieva l'occasioneper ribadire le responsabilità e le comperenze degli organi oramai investitidella vicenda. Toccava, in effetti, al Preside ed alla Regia Udienza di Salernocoordinare gli interventi e decidere il da farsi, senza che il Commissario diCampagna o altre figure si intromettessero indebitamente nelle decisioni. LaCamera della Sommaria, inoltre, era del parere che si dovesse inviare aCavaI'ingegnere regio Felice Bottiglieri con il compito di un esatta valutazionedei danni subiti dalle strade ed iniziare anche ad awiare le prime r.attazioni.

Il 17 dicembre la Camera della Sommaria di Napoli, si riuniva ancora peraffiontare l'emergenza a Caval8. Intanto appariva chiaro a tutti che il frontedella calamità fosse alquanto vasto, perch é aveva riguardato le Università diCava, Nocera Soprana, Tiamonti, Scala, Salerno e i suoi casali, e qualche ca-

sale di San Severino, con moltissimi morti e causando danni ingentissimi. Per

questo motivo, il Percettore delle tasse di Salerno aveva deciso di non infieriresu queste zone sollecitando il pagamento delle imposizioni dovute. La Som-maria ribadiva che non si dovevano inviare i Commissari, temutissimi dallapopolazioni e dalle amministrazioni locali, in quanto incuranti delle difficoltàeconomiche della gente e fortemente oppressivi. La prepotenza di queste be-cere figure era molto risaputa e già nel corso del XVII secolo si erano infittitele lamentele di sudditi, sindaci, parroci, per mitigarne il ruolo e la funzionere.

Essi erano I'anello spietato del sistema impositivo, già poco amato dallepopolazioni, ed in aggiunta, in quanto privati a cui era affidata la funzionedi far pagare i morosi, badavano solo ai propri interessi, incuranti dellesciagure o delle difficoltà economiche insorte e non esitavano ad appro-priarsi di tutto ciò che potesse ayere un valore di mercato, pur di saziare lapropria ingordigia. Erano voci non infondate quelle relative alla voracitàdei Commissari, che si spostavano per bande, stazionavano per giorni nelleUniversità a spese delle comunità locali, provocando ulteriori danni finan-ziari, sottraevano danaro dalle casse comunali o addirittura capi di bestiame,

ovini, caprini e quant'altro.La Sommaria, che ben conosceva la situazione, provava giustamente a

frenare i possibili abusi.

Due settimane prima, anche i governanti di Cava si erano attivati, pro-ponendo tre tipi di interventi:

tB lui, vol. 324, 17 dicembre I773, ff . 3r-3v.1e Cfr. G. Foscaru, Stato, politicafscale e contribuenti nel Regno di Napoli (1610-1648),

Soveria Mannelli, Rubettino, 2006.

73

GrussplE Fosclru

' in primo luogo, una misura di carattere fiscale, ossia, I'abolizione della

tassa catastale, ula quale - si legge nel documento - se per I'addietro è stata

sempre un p€so insostituibile per la scarsezza e poco frutto de territorij di

questa città e per altri molti riflessi oggi è divenuto del tutto impossibile,

ed importabile per la mancanza de' corpi o distrutti o estremafitente

danneggiatir2o;. in secondo luogo, dare la possibilità di tagliare quei boschi e selve rima-sti

in piedi, per utllizzate il legname per la ricostruzione delle case, delle

fabbriche e per riedificare i territori devastati;. infine, ed è il terzo punto proposto, di oftenere un ristoro dalla pubblica

Amministrazione con una somma corrispondente al bisogno ed ai danni

subiti. Nella fattispecie, i governanti locali, retti dal sindaco SimoneTajani,

si richiamavano ad un analogo prolvedimento che era stato già accordato

a Cetara, casale di Cava, nell'alluvione che l'aveva colpito nel 1762.

Se il primo ed il terzo punto avevano una loro plausibilità, perché cercava-

no di evitare che al danno fisico e materiale si aggiungessero anche le abituali

tasse che non avrebbero potuto essere corrisposte a seguito dell'indubitabiledifficoltà. determinata dall'alluvione, e cercavano, altresì, di ottenere dallo

Stato un finanziamento che rimettesse in piedi l'economia dell'area colpita,

il secondo rimedio ci appare piìr frutto di un arguzia dei possidenti che una

reale misura d'intervento.A dire il vero, già provare ad abolire la tassa catastale era I'ennesima prova

di forza dei benestanti di Cava, che, si può dire, non avevano accettato da

secoli il significato di una tassa patrimoniale, sia per I'oggettiva limitazione

del territorio cavese che non assicurava una copiosa tassazione, sia, - e questo

evidentemente contava anche di piùr -, perché i maggiorenti della città preferi-

vano esentare le loro terre da una patrimoniale e spingere la tassazione verso la

gabelle sui beni di consumo, sicuramente più redditizie, ma che essi riuscivano

a non corrispondere in quanto produttori delle principali derrate agricole.

Ad ogni buon conto, che molte terre fossero state oramai danneggiate era

palese, per cui un azione contro la tassazione su terreni divenuti improduttiviaveva, come detto, una sua ragionevolezza.

La misura sui boschi, invece, ci appare del tutto impropria. Con il pretesto

dell'urgente ricostruzione e della necessità di reperire sul posto la materia

prima (il legname), si completava lo sfascio del territorio, rendendo ancora

più esposta e soggetta ad ulteriori devastazioni lazona appena sconquassata'

privandola dei residui alberi soprar,vissuti.

74

']o ACC, Classe II, sez. II, n' 13 (1772-1796), delibera de1 29 novembre 1773, cc.9t-10t.

l-o :rlluvione. Un raccottto trd ?dut/1, peniteilzd tolbttiua e perdono dirìno

Nelle settimane e nei mesi a seguire, proseguì in modo incessante lastima dei danni. A santa Lucia, popoloso casale di cava, si erano riuniti ibenestanti del posto per valutare con atenzione le condizioni del mulino,che era stato in gran parre sepolto dall'arena ed appariva del tutto inser-vibile. occorreva rimuovere fango e sabbia, così come rendere agibile ilcuraturo dove si biancheggiavano le tele21. Le persone più facoltose avevanodato mandato ai deputati del casale di far eseguire i lavori e di prendereil danaro necessario anche in prestiro, potendo conrare sulla disponibilitàdei più abbienti.

oltre ai guasti che ayevano subito le abitazioni sepolte nella zona cloudell'alluvione, olrre al blocco dei trasporti e, di conseguenza, dell'economia,si erano avuti anche altri problemi: impossibilità di dare in fitto masserieinvase da fango, detriti e sabbia, e quesro anche in posti non vicini all'epi-centro dello alluuione, inconvenienti nel reperire danaro per gli interventidi ripristino del territorio, scompuri chiesti dagli appaltatori del mulinodi santa Lucia, insomma, un elenco di conseguenze che aggravavano lepossibilità di ripresa dell'economia cittadina22.

Ma nelle vicinanze non è che le cose fossero andate per il meglio.A Vietri, il più grande casale di Cava, un gruppo di faenzari che da

decenni aveva imparato quel mestiere e lavorava nei pressi della marina,attestava nel gennaio del r774 che due dei tre piccoli mulini necessari per<macinare colori di faienza, erano srari distrutti, gli archi del ponte vicinoad alcuni magazzini di deposito erano srari invasi da grossi alberi trasportatidall'alluvione, gli strumenti di lavoro ed il legname trascinati via23.

A San Severino, e precisamente nel casale della Piazza, alcuni giornidopo I'alluvione, vari testimoni artestano che tutte le strade risultavanoampiamente distrurre, al punto di impedire completamente il traffico dellemerci e soprattutto del grano al passo dell'ospizio, dove si esigevano lecorrispondenti gabelle, da parte del Principe di Avellino. Erano oramaidieci giorni che non si vedevano passare carretre, né animali carichi dibeni alimentari, creando evidenti problemi di approwigionamento allapopolazione2a.

un gruppo di negozianti di grano e farina artesta altresì che quasi tutti imulini macinanti ad acqua dello Stato di Sanseverino erano stati inondati,

':r ASSA, Protocolli Notdrili, N. V., notaio Gofilo Salzano, b. 1351 a. 1774, Cava,26febbraio 1774.

22 Iui, Cava,24 maggio 1774.23 lui, notaio Nicola Maria Adinolfi, b.2222 a. 1774, Cava, 1 7 gennaio 1774.)a Iui, notaio Biagio Iacuzio, b. 6121 a. 1773, Sar.r Severino, 10 dicembre 1773, cc.2l\rlv.

75

GruseppP Foscanr

per cui essi non avevano poruto rrtlizzarli per macinare per oltre un mese'

e ribadendo che a questa già palese difficoltà si era accompagnata la grave

devastazione di tutie l. sir"de, sicché neanche alla dogana del Grano di

sanseverino quanro nei principali passi della medesima università si era

potuto praticare il commercio del grano'5.

A Maiori, sempre a seguito dell'alluvione, si registrano guasti notevo-

lissimi a tutte le cartiere dell'Università, in particolar modo quella tenuta

in fitto dal reverendo don Angelo Crisconio e da suo nipote Nicola, una

cartiera di 13 pile, come si evince dal documenro, situata nel luogo di Santa

Maria delle irazie26. Risultava completamente divelta la porta principale

della fabbrica, si erano introdotti smiswrati sassi all'tnterno, per un'altezza

di g palmi (2 metri e mezzo circa), menrre il fango e la sabbia avevano

,r"rpàr,",o con sé la materia prima per ottenere la pregiata carta, che viene

detàgliatamente specificara. Inoltre, risultavano completamente crollati tre

^ glrrin ,con la conseguenre perdita di tutta la merce. Il rischio paventato

è .È. pe, un lungo periodo di tempo non si potesse lavorare con gravissime

conseguenze, e con gravi difficoltà nel corrispondere la catapania, ossia la

corrispondente tassa2-.

il capomastro fabbricatore Francesco catino, - del quale è stata recen-

temenr; ricostruita la notevole ed apprezzara attività nel Capoluogo, lui

che proveniva da cava ma viveva oramai a salerno da tempo2s-, attesta che

nelllprile del1774 aveva ricevuto 55 ducati in acconto dall'arcivescovo

di SaÈrno, a saldo dei 105 ducati convenuti fra Catino e l'arcivesco per /a

spurgo, ossia lo svuoramenro di due territori appartenenti alla Mensa Arci-

,r.r..-orril. di salerno e situati nella città di Nocera, completamente interrati

da arena e breccia2e.

E danni ingenti si riscontrano anche a coperchia, dove ancora la Men-

sa Arcivescoviie di Salerno possedeva diversi mulini ad acqua' con alcuni

territori adiacenti adibiti "

or.o, del tutto distrutti dalla furia delle acque3O'

Anche a Salerno risulta distrutto una parte dell'acquedotto' a causa della

piena del torrente calcedonia, e per questo il già citato mastro fabbricatore

-.t

1r1,noti-EttoreAlfano,b.6095 a. l773,SanSeverino,21 dicembre 1773,cc.296r1v.)6 hti, notaio Giacomo Cito, b. 3187 a. 1773,Maiori, minuta del 24 novembre1773'

cafte non numefate.11 Ibidem.2s cfr. S. ScraRnorre,,4 rtigiani. La rete d.e i mestieri e I'organizzazione del lauoro a salerno

(1734-1764), Salerno, Edisud, 2011, passim.' ,, ASSA, protocolli Notdriii, notaió Carlo Barone, b.5376 a. 1774, Salerno, 16 aprile

l/ /4, cc. olr-oJV.30 1al, Salerno, 30 aprile 1774' cc.70v-90v'

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Lo alluvione. [Jn racconîo tftt ?dur/1' ?enitenza col/ettiua e perdono dìuino

Francesco Catino viene chiamato per la riattazione necessaria' con una spesa

di poco superiore ai 500 ducati31.

IVfase: la ricerca della normalizzazione

La normalizzazione risulta lenta, e non poteva che essere così. Ripri-

srinare lo stato dei territori, delle masserie, delle colture, dei mulini, delle

cartiere, delle fabbriche distrutte o gravemente colpite richiede energie e

vigore fisico, risorse materiali e spirito di ricostruzione. C'è un problema di

capitali disponibili, e solo i più abbienti possono disporre delle necessarie

somme per alwiare con una cerra rapidità le riattazioni o una vera e propria

ricostruzione. La normalizzazione per i piccoli proprietari, per i coloni, i

contadini, necessita di un tempo largamente prolungato, stenti ulteriori e

spesso la necessità, soprattutto a Cava, nelle zone piir colpite, di lasciare

addirittura la terra per cercare altrove fortuna.

La normalizt rion passa anche per qualche furba azione di qualche

scaltro attore, che utihzzail proprio sagace spirito imprenditoriale e sfrutta

il bisogno assoluto di chi non ha pir) come vivere ed è disperato' o anche di

chi non intende vivere là" dove sono periti i familiari più cari, per allungare

le mani sui terreni ancora lordati ed oramai improduttivi'Don Mattia Armenante di cava, - un canonico! - è il protagonista di

rapide quanro dubbie operazioni notarili. È stupefacente come a meno

di venti giorni dalla tragedia riesca ad essere iperattivo e a portare davanti

al notaio Nicodemo Piasapia, Aniello e Baldassarre cuomo, zio e nipote.

Baldassarre ha un'età tra i 14 ed i 17 anni, nell'alluvione ha perso il padre

Gabriele (fratello di Aniello), la madre, i fratelli e le sorelle, e si è salvato,

con lo zio, solo perché al momento della tragedia non si tfovavano nella casa

che era stata spizzata via dalla furia delle acque e dal fango. Occorrerebbero

500 ducati pei ricostruire la casa, una cifra enorme, impossibile per Aniello,

neanche a pensarci per il niPote.

Entra in azionedon Mattia, che partecipa ad un'asta pubblica, e si aggiu-

dica la terra e quanto rimasto per 55 ducati. Un decimo di ciò che risultava

necessario per la ricostruzione della casa32.

Solo pochi giorni e don MattiaArmenante si attiva nuovamente. Questa

,rolt" ,ono Pasquale ed Emanuela siani, zio e nipotina di età. tra i 14 ed r

17. Emanueh e figlia di Aniello. Possiede con lo zio un pezzo dt terra ora

Jr lui, cc.90v-94r.3. 1zi, notaio Nicodemo Pisapi a,b.2347 a.. 1773, Cava, 30 novembre 1773, cc.159r-180v

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GrusnPPr' Fosc'\nr

divenuto sterile, senza più alcuna pianta' né alberi fruttiferi' tutti distrutti'

un rerreno oramai ,i.op.rto di ceppe e pietre, dove prima campeggiavano

due case rerrane, ,orr;:;;ì; i'ri"?,1'r".i'lle acque e dal flango' Non avendo

danarobastevoleperricostruireeripiantart"lbt'i'essideliberanodivenderea don Mattia Armenante per la somma di 9 ducati33!

E appena due giorni dopo' il 4 dicembre' don Mattia si mostra ancora

una volta prodigo (riJ ;;i";;" con i fratelli Antonio e Pasquale Senatore

la vendita del terreno oramai sterile per 25 ducati3a'

Il 7 dicembr. ,...""" l"rluale pailadino del casale di S. Michele Arcan-

gelo, propri.,"rio p'il" itú"["uiotte di una casa terrana a travi' con un

Focolare ed un piccolo forno' e due camere situate al piano superiore' con

un terreno' dapprima vitato e fruttato ora divenuto sterile e improduttivo'

completament. ,itoft'to di ceppi' arena e pietre' Don Mattia acquista il

tutto per 82 ducatir'' rratrava di un mucchio di pietre

C"ìitl cristiana, si dirà' perché oramai si

abbandonat. . qt'A*"o "tl"bbt dovuto intervenire' Se non lo avesse fatto

don Mattia "t.,i "t"ttUtro

probabilmente agito allo stesso modo' Fa specie

pensare e verificare che sia stato un canonico'"e si può anche pensare - perché

no? _ che don Mattia abbia racimolato tutto il Janaro possibile per aiutare

persone oramai senza sPeranza'

Caritir cristiana, si diràr'

Forse, però, " q"t*o si riferiva il Preside della Regia Udienza quando

aveva deciso di i"";;i-r"ia",ip.. impedire speculazioni ed appropriazioni

di qualunque sorta'

)i lui, Cava' 2 dicembreta Iui, Cava,4 dicembre3t lui, Ca'ta.,7 dicembre

1773, cc.202rlv'1773, cc.202v-206v'1773, cc.207v-212v'

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