La vera storia dell'oro invisibile in Toscana meridionale (e Lazio)

37
Giuseppe Pipino Museo Storico dell’Oro Italiano [email protected] LA VERA STORIA DELL’ORO INVISIBILE IN TOSCANA MERIDIONALE (E LAZIO) Il mio interesse per l’oro della Toscana meridionale era nato a seguito della corrispondenza con il collega Giancarlo Facca, che operava in California e che aveva pubblicato, sulla rivista “Le Scienze” del maggio 1982, un articolo su "L'oro invisibile": questo, dopo essere stato scoperto a Carlin, in Nevada, nel 1960-61, costituiva ormai l’oggetto di coltivazioni minerarie negli USA e in Nuova Zelanda. Il metallo era contenuto, nel quarzo, in particelle sub- microscopiche che, comunque, potevano raggiungere contenuti intorno ai 10 grammi per tonnellata (gr/T) di roccia, o parti per milione (ppm), e la coltivazione poteva risultare economica grazie alla scarsa profondità, alla discreta estensione della mineralizzazione e al possibile recupero totale, del metallo, col procedimento di cianurazione. Lo stesso Facca, nel chiudere l’articolo, consigliava di porre attenzione alla Toscana meridionale, dove le condizioni geologiche e la circolazione di fluidi termali sembravano favorevoli: con lettera del 6 luglio 1982, dopo aver riconosciute giuste alcune mie osservazioni critiche all’articolo, mi scriveva: “…vedo che lei è molto competente…e non esito ad accettare la sua versione...è possibile scoprire miniere di tipo Carlin in Italia? Su questo punto vorrei sentire il suo parere, se lei trova il tempo di continuare questa cordiale corrispondenza tra colleghi”. In Toscana, oggetto di tre consecutivi programmi statali di ricerca di base, l’oro non veniva affatto considerato, perché ritenuto inconsistente dagli ambienti accademici di riferimento. Io sapevo, per esperienza, che tutti i filoni a solfuri, anche quelli toscani, ne contengono tracce e che, grazie all’arricchimento superficiale, potevano aver dato luogo a diffusione fluviale. Lo stesso poteva essere avvenuto pure per i depositi a oro epitermale o “invisibile”: proprio nella località tipo, a Carlin, la presenza di oro ben visibile era stata osservata sulla superfice dei “filoni”, e solo dopo aver asportato la parte superficiale, ricca, si era scoperto che il “quarzo” sottostante ne conteneva ancora. Le mie prospezioni in fiumi e torrenti della Toscana meridionale, iniziate nell’estate del 1983, misero subito in luce una insospettata diffusione di oro alluvionale e furono fin troppo enfatizzate dalla stampa regionale (La Nazione, 19 febbraio 1984): la cosa non suscitò, però, alcun interesse negli organismi istituzionalmente preposti allo studio e alla valorizzazione delle risorse, da me espressamente informati (CNR, Direzione Generale delle Miniere, RiMin). A quel tempo la ricerca mineraria nelle aree cosiddette “indiziate” era interdetta ai privati e consentita soltanto alle società del gruppo ENI, che avevano ereditato le miniere pubbliche dopo lo scandalo EGAM (già AMMI) e, grazie a vari provvedimenti legislativi, ultima la Legge 1982 n. 752, ricevevano un’enorme, e spropositata, quantità di denaro pubblico per gestirle. La “Ricerca di Base”, in particolare, era affidata in esclusiva alla RiMin, una

Transcript of La vera storia dell'oro invisibile in Toscana meridionale (e Lazio)

Giuseppe PipinoMuseo Storico dell’Oro Italiano

[email protected]

LA VERA STORIA DELL’ORO INVISIBILE INTOSCANA MERIDIONALE (E LAZIO)

Il mio interesse per l’oro della Toscana meridionale era nato a seguitodella corrispondenza con il collega Giancarlo Facca, che operava in Californiae che aveva pubblicato, sulla rivista “Le Scienze” del maggio 1982, un articolosu "L'oro invisibile": questo, dopo essere stato scoperto a Carlin, in Nevada,nel 1960-61, costituiva ormai l’oggetto di coltivazioni minerarie negli USA ein Nuova Zelanda. Il metallo era contenuto, nel quarzo, in particelle sub-microscopiche che, comunque, potevano raggiungere contenuti intorno ai 10grammi per tonnellata (gr/T) di roccia, o parti per milione (ppm), e lacoltivazione poteva risultare economica grazie alla scarsa profondità, alladiscreta estensione della mineralizzazione e al possibile recupero totale, delmetallo, col procedimento di cianurazione.

Lo stesso Facca, nel chiudere l’articolo, consigliava di porre attenzionealla Toscana meridionale, dove le condizioni geologiche e la circolazione difluidi termali sembravano favorevoli: con lettera del 6 luglio 1982, dopo averriconosciute giuste alcune mie osservazioni critiche all’articolo, mi scriveva:“…vedo che lei è molto competente…e non esito ad accettare la sua versione...è possibile scoprire miniere ditipo Carlin in Italia? Su questo punto vorrei sentire il suo parere, se lei trova il tempo di continuare questacordiale corrispondenza tra colleghi”.

In Toscana, oggetto di tre consecutivi programmi statali di ricerca dibase, l’oro non veniva affatto considerato, perché ritenuto inconsistente dagliambienti accademici di riferimento. Io sapevo, per esperienza, che tutti ifiloni a solfuri, anche quelli toscani, ne contengono tracce e che, grazieall’arricchimento superficiale, potevano aver dato luogo a diffusione fluviale.Lo stesso poteva essere avvenuto pure per i depositi a oro epitermale o“invisibile”: proprio nella località tipo, a Carlin, la presenza di oro benvisibile era stata osservata sulla superfice dei “filoni”, e solo dopo averasportato la parte superficiale, ricca, si era scoperto che il “quarzo”sottostante ne conteneva ancora.

Le mie prospezioni in fiumi e torrenti della Toscana meridionale,iniziate nell’estate del 1983, misero subito in luce una insospettatadiffusione di oro alluvionale e furono fin troppo enfatizzate dalla stamparegionale (La Nazione, 19 febbraio 1984): la cosa non suscitò, però,alcun interesse negli organismi istituzionalmente preposti allo studio e allavalorizzazione delle risorse, da me espressamente informati (CNR, DirezioneGenerale delle Miniere, RiMin).

A quel tempo la ricerca mineraria nelle aree cosiddette “indiziate” erainterdetta ai privati e consentita soltanto alle società del gruppo ENI, cheavevano ereditato le miniere pubbliche dopo lo scandalo EGAM (già AMMI) e,grazie a vari provvedimenti legislativi, ultima la Legge 1982 n. 752,ricevevano un’enorme, e spropositata, quantità di denaro pubblico per gestirle.La “Ricerca di Base”, in particolare, era affidata in esclusiva alla RiMin, una

piccola azienda del Gruppo, facente capo prima alla SAMIM, poi all’AGIPMiniere: nello specifico, gli indirizzi venivano “determinati e gestiti da alcuni ambientiaccademici o singoli cattedratici dalla preparazione scientifica discutibile ma certamente privi di esperienzapratica” che, comunque, con le loro pubblicazioni, servivano a vantare la bontàdelle ricerche della RiMin (PIPINO 1989, 1992). I consulenti universitari,alla fin fine, non facevano altro che affidare a ignari studenti specifichericerche sotto forma di Tesi di Laurea: gli elementi raccolti venivanoelaborati nei centri accademici, sulla base di teorie preconcette, e passatealle società parastatali, che le utilizzavano per giustificare la semprecrescente domanda di fondi statali.

Una volta individuati i maggiori arricchimenti torrentizi, non eradifficile risalire alle mineralizzazioni primarie, ma restavano le difficoltàanalitiche per i campioni in roccia, dato che al tempo non esistevano, inItalia, laboratori in grado di eseguire corrette analisi quantitative. Graziealla collaborazione della mia ditta (Teknogeo Snc) con compagnie minerariecanadesi, potevo comunque far analizzare alcuni campioni in laboratorispecializzati esteri, dove le analisi venivano condotte di routine, e a costicontenuti, con il metodo “fire assay” (coppellazione): nel 1984 le analisi furonoeseguite dalla Cominco Exploration, tramite la succursale italiana e incollaborazione con l’amministratore Raymond Scharrer, che per decenni avevaoperato come prospettore minerario dell’importante compagnia; negli anni 1985-86 dalla Cal Denver Resources e in collaborazione con il prospettore italo-canadese Luca Riccio, poi amministratore della filiale italiana, costituitaproprio per esplorare i depositi di oro epitermale individuati dalle nostrericerche.

Ubicazione delle principali manifestazioni a oro epitermale in Toscana meridionale correlabili con

depositi ad antimonite (da PIPINO 1988). Vanno aggiunte le manifestazioni di Montioni (Follonica e Suvereto), del

Cavone

(Massa Marittima), di Torniella (Roccastrada) e di Tolfa-Allumiere (in Lazio), dove sono associate adepositi

di allume e caolino.

LA SCOPERTA DELL’ORO INVISIBILE E GLI IMBROGLI DELLE SOCIETÁ PARASTATALI E DEI CATTEDRATICI FIORENTININonostante la decennale esperienza estera e il suggerimento

di Facca, da noi la possibile presenza di oro epitermale diffusonelle rocce non veniva considerata, dagli ambienti accademici, enon poteva esserlo: tutti i giacimenti metalliferi dovevano,infatti, essere di origine ”sin-sedimentaria” e non si dava, o nonsi poteva dare importanza ai fenomeni idrotermali, messi al bandodalle teorie dominanti. Ne avevo fatto le spese io stesso,scontrandomi con il relatore della mia Tesi di Laureaall’Università di Milano, il prof. Pietro Zuffardi, massimoesponente della “scuola”. Per la Toscana, le ultradecennaliricerche eseguite dalle società parastatali, con la consulenza ele direttive di specifici “professori”, avevano portato allaformulazione di “…nuove ipotesi genetiche di tipo sedimentario s.l.-metamorfico”,le quali “…rappresentano dei potenziali strumenti prospettici per la individuazione dinuove mineralizzazioni” (TANELLI 1983, ma pubblicato nel 1985); eancora: “…per i giacimenti toscani…alle classiche ipotesi pirometasomatiche si sonoaffiancati modelli genetici più complessi di tipo sedimentario-metamorfico” e “…lenuove conoscenze minerogenetiche e metallogeniche possono trovare le loro ricadute…per l’individuazione di nuove mineralizzazioni nascoste” (TANELLI e LATTANZI1986, ma compilato fra il 1987 e il 1988 e stampato ai primi del1989). Da notare che Tanelli era intanto passato all’Universitàdi Napoli, ma continuerà a interessarsi e scrivere dellemineralizzazioni toscane, e a fare da consulente alla RiMin.

Nessun accenno all’oro, nelle due pubblicazioni.L’ultima, che nel titolo rivendica un ambizioso “State of the Art” su“metallogenesi ed esplorazione mineraria in Toscana”, usciva anni dopol’individuazione di mineralizzazioni a oro epitermale, da partemia, e dopo la formale richiesta di permessi di ricerca in Toscanameridionale e in Lazio, evidenziata con enorme clamore, fra giugnoe agosto del 1986, dai giornali regionali e nazionali (Il Tirreno 26giugno e 1 luglio; La Nazione 29 giugno e 13 luglio; Il Messaggero 25 giugno e 5 agosto;Gazzetta del Sud 25 giugno; La Stampa 3 luglio; Il Giornale 6 luglio; Paese Sera 25agosto; ecc. ecc.) e ancora vivacemente raccontata da alcunirotocalchi (Cronaca Vera 13 agosto; Alba 5 settembre; Il Monello 10 ottobre).

Evidentemente la “notizia” non era stata presa sul serio: maggioreconsiderazione fu invece data, oltre un anno dopo, allacontroversia e alle polemiche derivate dalla successiva scorrettaintromissione delle società parastatali, anche queste evidenziatecon clamore da stampa regionale e nazionale (La Nazione 3 sett. e 6 nov.1987; L’Unità 4 febbraio 1988; Paese Sera 6 febbraio 1988; ecc.), tanto daspingere Tanelli a scrivere, su una rivista divulgativa di settore(Energia e Materie Prime, sett.-ott. 1988) un generico e fumosoarticolo che ricalcava quanto già scritto anni prima da Facca eche, nonostante il richiamo nel titolo (“ricerche per oroepitermale in Italia”), non forniva il benché minimo elementospecifico e riconosceva di non disporre di alcun dato concreto.

Le prime analisi per determinare la presenza di orodisseminato erano state eseguite nel 1984 dalla Cominco su cinquecampioni di roccia silicizzata mineralizzata ad antimonite, da meraccolti in alcuni giacimenti toscani, e su campioni di rocceanaloghe, con scarsa presenza di solfuri, raccolte nelle vecchieminiere di allume del Cavone presso l’Accesa, di Montioni pressoFollonica e di Tolfa-Allumiere in Lazio. Il risultato maggiore furiscontrato in un campione, con scarsa antimonite, raccolto nellediscariche dalla vecchia miniera di Capalbio (0,294 ppm): per ilresto, furono evidenziate interessanti “anomalie”, da 20 a 100 ppb(parti per miliardo), in pressoché tutti i campioni esaminati(PIPINO 1984). I risultati, sebbene interessanti, non erano moltoincoraggianti dal punto di vista economico e, tenuto conto delledifficoltà ad operare in Toscana, perennemente bloccata dallaricorrenti Ricerche di Base, la Cominco Italia non ritenne diimpegnarsi nella zona: lo farà più tardi, accontentandosi dellearee lasciate libere da altri (COMINCO 1986-1990).

Sembra che, a metà degli anni ’80, altre compagnie straniereavessero preso in considerazione la possibile presenza dimanifestazioni aurifere epitermali in Toscana meridionale e Lazio:in particolare, la compagnia sud-africana Anglo American avrebbeincaricato il noto esperto internazionale R.H. Sillitoe di fare unsopralluogo, e questi avrebbe “…raccolto alcuni campioni di roccia e suggeritoalcune aree da esplorare” (SILLITOE 1988-89), ma non se ne era fattonulla. Di certo, la cosa cominciò a interessare anche la ComincoS. A. che, a seguito di segnalazioni della filiale italiana, ametà del 1986 incaricò E.A. Lantos di effettuare un sopralluogo: irisultati del sopralluogo e le analisi dei campioni raccoltifurono analizzati l’anno successivo, da R.J. Herrington, checonsigliò di chiedere permessi di ricerca nelle aree libere. Aiprimi del 1988 se ne interessarono due geologi australiani

indipendenti, S. Tischler e G. Keyte, i quali, su richiesta dellaCominco Italia, furono da me guidati in sopralluoghi ai giacimentiauriferi del Gorzente, nell’Ovadese: questi sono i primi ad essereindicati, dai due, in una segnalazione del 15 aprile 1988 al“Mining Journal”, tra i possibili depositi ad oro epitermale inItalia (?) e con l’ingannevole ubicazione a Voltaggio, dovuta algenerico nome dato, dalla Cominco, al file della zona.

Intanto, ai primi del 1985 era iniziata la collaborazione fraTeknogeo e Cal Denver per l’esplorazione dei giacimenti auriferida me evidenziati nel complesso ofiolitico del “Gruppo di Voltri”(PIPINO 1976, 1980) e, nell’estate di quell’anno, eseguimmo unacampionatura sistematica nei giacimenti antimoniferi toscani e inquelli alluminiferi (e caolinitici) di Montioni e del Cavone,presso Massa Marittima e di Tolfa-Allumiere in Lazio: i campioni,80 in totale, furono analizzati dai Min-En Laboratories diVancouver, fra il 15 e il 26 novembre 1985. Le analisiconfermarono la diffusa presenza di oro nelle rocce silicizzatederivate dall’alterazione epitermale di litotipi carbonaticiinteressati da mineralizzazioni ad antimonite e ad allume (ecaolino): la roccia interessata era soprattutto il CalcareCavernoso, ma anche il Calcare Retico, l’arenaria tipo Macigno e,per quanto riguarda Tolfa-Allumiera, l’ “Alberese”. I maggioricontenuti in oro furono riscontrati in campioni poveri diantimonite, ma con presenza di altri solfuri in forma diffusa,raccolti nelle discariche di vecchie miniere: fino a 1,5 ppm inquelle delle miniere di antimonio di Capita, fino a 0,6 in quelledelle Cetine, fino a 0,35 nella zona di Allumiere; all’oro siaccompagnavano sempre elevate e significative tracce di bario e ditallio, oltre a diffusione di argento, arsenico, antimonio emercurio.

Una seconda campagna, più mirata, fu eseguita ai primidell’anno successivo nelle zone maggiormente indiziate e icampioni raccolti, analizzati dagli stessi laboratori il 2 e il 3aprile 1986, rivelarono contenuti in oro fino a 5,7 ppm nella zonadelle Cetine, fino a 5,1 ppm nella zona di Capita, fino a 1,2 aTolfa-Allumiere. Costituita la “Cal Denver Italia” (il 25 marzo1986, a Torino), il 10 aprile furono presentate domande dipermessi di ricerca, per antimonio, ferro e oro, “Capita 1”,“Capita 2”, “Capita 3” e “Le Cetine” al Distretto di Grosseto, il25 maggio per mercurio, argento, oro e associati “La Trinità” alDistretto di Roma: tutte le domande erano corredate da relazionigeologiche e minerarie da me compilate, nelle quali viene per la

prima volta segnalata e descritta, a livello ufficiale, lapresenza di oro disseminato di origine epitermale, in Italia.

La necessaria pubblicazione delle domande nei comuniinteressati provocò il clamore giornalistico e, di conseguenza, lacontrarietà delle società parastatali, “spiazzate” dalla novitàproprio nell’area in cui, da decenni, svolgevano le maggioriattività. Le domande della Cal Denver, nonostante avesseroricevuto parere favorevole dagli uffici competenti di zona, furonobloccate, a Roma, e poi respinte per decisione del ConsiglioSuperiore delle Miniere, mentre venivano autorizzate un’ennesimaRicerca di Base della RiMin in Toscana, denominata “OroInvisibile”, e l’esecuzione, in deroga, di Ricerche Operative daparte dell’Agip Miniere, la quale si era affrettata a presentaredomande di ricerca che coprivano abbondantemente le aree giàrichieste, da noi, più di un anno prima. Per la cronaca, laRicerca di Base “Oro Invisibile nella Toscana Meridionale” fumessa in piedi nei primi mesi del 1987 e iniziò l’8 giugno, leprime domande dell’Agip Miniere furono presentate il 10 luglio,mentre, nonostante i solleciti, venivano tenute sospese le domandedella Cal Denver. E va ancora precisato che del Consiglio delleMiniere facevano parte professori politicizzati e faccendiericonsulenti delle società parastatali e, talora, componenti deiconsigli di amministrazione: ne facevano parte anche il presidentedella RiMin, Mario Mittempergher, formalmente designato dall’ENEA,e Felice Ippolito che, dopo aver in parte scontato una pena perpeculato e altri reati commessi quando era segretario generale delCNEN, era stato graziato, era tornato a far parte di “quelli checontano” ed era, tra l’altro, presidente della Commissione Ricercadi Base.

Il 17 agosto 1987 presentai, “…a nome e per conto della Cal Denver,nonché a nome proprio”, formali opposizioni alle domande dell’AgipMiniere, nelle quali rivendicavo le nostre priorità. Le domandedella Cal furono rigettate il 16 maggio 1988, dal Ministrodell’Industria, con la motivazione che ricadevano nell’area dellaRicerca di Base “Oro Invisibile” (ripeto, confezionata un annodopo le domande), e, come dichiarata diretta di conseguenzadell’atto precedente (?), il 13 giugno 1988 furono respinte anchele mie opposizioni. Il 23 luglio la Cal Denver presentò ricorsoal TAR, per mezzo dell’avv. Paolo Storelli di Roma (PIPINO eRICCIO, 1985-1988; PIPINO 1988, 1992).

Nel contempo, anche la Cominco decideva di chiedere qualchepermesso di ricerca, incaricandomi di selezionare alcune delle

aree lasciate libere da Cal Denver e Agip Miniere: nel novembre1987 presentammo quattro domande, per antimonio, oro, rame eassociati, nei comuni di Roccastrada e Civitella Paganico, Massa eMonterotondo Marittimo, Grosseto e Campagnatico (COMINCO 1986-1990).

Richiesta di aiuto da parte dell’AGIP Miniere, al dottor Pipino, per l’individuazione delle

manifestazioni aurifere epitermali della Toscana meridionale

La controversia con l’Agip Miniere, diffusamente riportatadalla stampa, dal settembre 1987 al febbraio 1988, fu risolta conuna transazione, in Canada, fra la società italiana e la “CarsonGold Corp.”, subentrata alla Cal Denver, nonché con una “generosa”commessa alla Teknogeo: questa prevedeva la compilazione, da partemia, di un inventario generale delle segnalazioni di oro in Italiaad iniziare dalla Sardegna, per la quale avevo già fornitoindicazioni nelle fasi preliminari, oltre a sopralluoghi diverifica in campagna, quanto richiesti e, ovviamente, debitamentericompensati.

La prima richiesta, del gennaio 1989, riguardò proprio laToscana meridionale, “…per un supplemento di informazioni e per un brevesopralluogo su alcune delle Vostre segnalazioni”. Mi ci recai nel mesesuccessivo ed ebbi contatti con tecnici della SIM (SocietàItaliana Miniere), affiliata dell’Agip Miniere, e con quelli della“Minital”, costituita dall’ Anglo-American per operare in joint

venture con le società parastatali. Nel luglio dell’anno precedentela zona era stata visitata da Sillitoe, ingaggiato ancoradall’Anglo American (SILLITOE 1988-89), ma le sue osservazioni nonerano servite a molto, anche perché condizionate dalle presunte“scoperte” della RiMin: la mia visita servì a delimitare le zonadi maggior interesse che, contrariamente ai risultati dellaricerca di base, erano ancora quelle delimitate dalle domandedella Cal Denver. La Ricerca di Base, pressoché terminata, avevaprevisto il riesame, per oro, di parte dei campioni di sedimentitorrentizi raccolti nelle ricerche precedenti e già analizzati peraltri elementi, seguito da raccolta e analisi di alcuni campionidi roccia. In due dei campioni torrentizi, raccolti uno neipressi di Frassine (di Monterotondo), l’altro nei pressi diCiciano (di Montieri), furono trovati rilevanti contenuti d’oro,anche in discreti e ben visibili granuli, e gli “stupidini” dellaRiMin e dell’Università di Firenze avevano rivolto tutte le loroattenzioni alle due località, convinti che vi si dovessero trovareimportanti giacimenti a “oro invisibile”; le successive analisi inalcuni campioni di roccia raccolti nelle vicinanze, eseguite neilaboratori universitari, avevano poi riscontrarono elevati tenoriin oro (da 5 a 10 ppm): l’argomento fu trattato in una specificapubblicazione (TANELLI e SCARSELLA 1990) e continuò per anni adessere oggetto di Tesi di Laurea presso l’Ateneo Fiorentino,convinto della presenza dell’Eldorado invisibile nelle duelocalità.

Queste erano da me state investigate anni prima, con Comincoe con Cal Denver, e non erano state ritenute interessanti, sia pergli scarsi contenuti in oro nei calcari silicizzati (max 300 ppb),sia, e soprattutto, per la scarsa estensione e intensità deifenomeni di silicizzazione: gli alti contenuti rilevati dalleanalisi accademiche, con un procedimento avanzato in assorbimentoatomico, furono smentiti da successive riprove. Quanto alla“ricchezza” di oro alluvionale, questa è ovviamente dovuta allapresenza, in loco, di filoni a solfuri misti, limitati ma moltoricchi, che, non a caso, in entrambi i casi erano stati oggetto dicoltivazione in epoca medievale, per rame e argento (Torrette eCugnano nella zona di Frassine, Montieri e Miranduolo in quella diCiciano).

Le aree più interessanti, collegate a mineralizzazioniantimonifere, restavano quelle già da me individuate e richiestedalla Cal Denver con i permessi Le Cetine e Capita 1, 2 e 3, nelle qualii successivi sondaggi dell’AGIP Miniere diedero i maggioririsultati (AGIP Miniere 1987-1990). L’area più interessante

collegata, invece, a manifestazioni di allume (e caolino), eraquella di Montioni, vicinissima alla sede RiMin (Follonica), maera stata trascurata: qui la silicizzazione era stata moltointensa e aveva dato luogo a due colline di roccia silicea, suidue versanti del Fosso dell’Acqua Nera, entrambe interessate da vecchieestrazioni di caolino e da estese cave di “quarzite”, ancora inatto. Le analisi della Cal Denver, confermate dall’Agip Miniere,avevano evidenziato contenuti fino a un grammo d’oro pertonnellata nella collina meridionale (Poggio Speranzona), che peròera stata quasi completamente smantellata: la zona, inoltre, sitrovava nell’area vincolata “Foresta Demaniale di Follonica” (oggiParco Interprovinciale di Montioni).

Intano le ricerche eseguite dalla società Cominco Italia,in attesa dei permessi, portarono alla rinuncia di quelliricadenti nei comuni di Monterotondo e Massa Marittima(Montebamboli e Ramerino): i rimanenti permessi “Poggio Perello”(Roccastrada e Civitella Paganico) e “Batignano” (Grosseto eCampagnatico), saranno accordati nel 1991, dopo la presentazionedi una mia seconda relazione, con la quale dimostravo che i datigeochimici ricavabili dalla Ricerca di Base, ai quali secondol’amministrazione mineraria avremmo dovuto rifarci, non servivanoa nulla. Nel frattempo, però, la Cominco aveva deciso di lasciarel’Italia.

* * * * *

Nell’aprile del 1988 veniva pubblicato il mio lavoro sulle“manifestazioni aurifere epitermali in Toscana meridionale”, ilquale rappresenta, in assoluto, la prima pubblicazionescientifica sull’oro epitermale in Italia, e contiene la primadescrizione delle mineralizzazioni della Toscana meridionale, laloro prima caratterizzazione giacimentologica e le prime ipotesimetallogeniche (PIPINO 1988a). A questa pubblicazione fecesubito seguito una dettagliata segnalazione, in una diffusanewsletter universitaria inglese, di depositi analoghi da meevidenziati in Sardegna e in altre parti d’Italia (PIPINO 1988b),ripresa più estesamente, l’anno successivo, sulla più diffusarivista italiana di questioni minerarie (PIPINO 1989). Lenumerose pubblicazioni successive, di cattedratici toscani e nonsolo, non hanno portato alcun sostanziale contributo innovativoalla caratterizzazione giacimentologica delle mineralizzazioni, enessuna aggiunta all’elenco delle località indiziate: esseappaiono, in gran parte, basate sulle mie prime informazioni, condivagazioni sul tema più o meno elucubratorie, ma, comunque, con

un brusco cambiamento di rotta rispetto alle ipotesi sostenute inprecedenza, sulla genesi dei giacimenti toscani. Nella mia primapubblicazione avevo sostenuto l’origine epitermale dellamineralizzazioni aurifere, avevo formulato ipotesi genetichesull’origine dei fluidi mineralizzanti e, in definitiva,rivalutato i fenomeni idrotermali in genere; nella successiva(PIPINO 1989), riferendomi alle dominanti teorie preconcette,degli ambienti accademici, avevo poi espressamente invitato a “…considerare la possibile migrazione di convogli a bassa termalità…senza ostinarsi adifendere a tutti i costi modelli metallogenici di moda”: di conseguenza,nell’introduzione del volume “Oro, Miniere, Storia” (2003),rivendico “…l’apporto dato alla cosiddetta evoluzione del pensiero giacimentologiconostrano” e sottolineo che, nelle pubblicazioni successive allemie, “…inutilmente si cercherebbe un riconoscimento al mio lavoro”. Debboritenere che, cialtroneria accademica a parte, ciò sia dovuto al“disagio per la figuraccia” dei cattedratici toscani, da tempocoinvolti nelle ricerche regionali, e alle accuse, implicite edesplicite, di scarse competenze e di connivenza con le societàparastatali, contenute nelle mie pubblicazioni.

Le accuse, d’altra parte, trovarono riscontro anche inepisodi successivi, come vedremo.

Nella citata pubblicazione TANELLI e SCARSELLA (1990) vieneappena segnalata la mia precedente (PIPINO 1988), per affermareche, oltre alla Ricerca di Base eseguita dalla RiMin, la qualeaveva portato “…all’individuazione di una decina di aree caratterizzate dallapresenza di mineralizzazioni ad oro disseminato”, le manifestazioni aurifereerano state “…oggetto altresì di altre ricerche espletate indipendentemente dalprogramma di ricerca di base”. Ci si guarda bene da specificare chequeste erano state eseguite anni prima, che la Ricerca di Base erastata improvvisata soltanto dopo la presentazione delle domande,di altri, per ottenere permessi di ricerca, e che le aree“individuate” dalla RiMin erano le stesse già abbondantementeinvestigate in precedenza e specificamente segnalate nella miapubblicazione. Ho già evidenziato questo disonesto modo di fare,definendolo “…un ennesimo imbroglio di quelli della RiMin”, nell’introduzionedel Catalogo della Biblioteca del Museo Storico dell’Oro Italiano(2009), ricordando che le informazioni sull’oro epitermalecontenute in un “loro” articolo riferito al 1988, in occasione diun convegno a Castel Ivano, nel Trentino, andavano in realtàriferite al 1990, data volontariamente omessa, ma verificabile dariferimenti bibliografici contenuti in alcuni articoli degli“Atti”, non a caso pubblicati a Roma: nel convegno l’argomento non

fu toccato e, d’altra parte, alcuni dei dati, poi riportati,furono acquisiti, dalla RiMin, soltanto a metà del 1989.

Anche dal punto di vista scientifico, la pubblicazione sopracitata si guarda bene dal riconoscermi qualche priorità, mentreafferma di “…sintetizzare le caratteristiche geomineralogiche e i metallotecni empiricidelle mineralizzazioni aurifere toscane come acquisite con il programma di ricerca dibase” (?). In realtà, come abbiamo visto, la caratterizzazionegiacimentologica e le prime ipotesi metallogeniche sui giacimentisono già contenute, come detto, nei miei precedenti lavori (PIPINO1988, 1989), ma questi vengono volutamente ignorati anche nellesuccessive pubblicazioni “scientifiche” dei cattedraticifiorentini (pur usufruendo dei dati innovativi contenuti), mentrecon artifici, poco scientifici, tendono ad attribuire presuntepriorità a se stessi o ad altri a loro “vicini”: questo non soloper le motivazioni “morali” a cui si è accennato, ma,evidentemente, per accaparrarsi, disonestamente, contributipubblici e privati. Di contributi economici elargiti da MURST(Ministero Università Ricerca Scientifica e Tecnologica) e CNR(Consiglio Nazionale delle Ricerche) poté usufruire il nutritogruppo di “ricercatori” fiorentini, capeggiati dal “napoletano”Tanelli, per partecipare all’importante convegno “Brazil Gold ‘91”e presentare due relazioni: nella prima, a firma Tanelli,Lattanzi, Ruggieri, Corsini, si attribuisce a TANELLI (1988) ilnuovo interesse per l’oro della Toscana e a TANELLI e SCARSELLA(1990) il primo riconoscimento di “…mineralizzazioni a oro epitermaleinvisibile” (?); nella seconda, a firma Bencini e Verrucchi, sigiunge, addirittura, ad affermare che TANELLI (1983) e TANELLI eLATTANZI (1986) erano stati tra i primi a “…puntualizzare la presenza dimineralizzazioni aurifere epitermali” in Toscana meridionale (?).

Il 9 marzo 1992, dopo aver consultato il bel volume degliatti, inviatomi da un collega canadese, e aver verificato che gliautori suddetti distribuivano generosamente estratti dei loroarticoli, scrissi a Tanelli e, per conoscenza, a Ministero, CNR ealtri interessati, evidenziando i “…veri e propri falsi” commessi,chiedendomi “…se avessi a che fare con uomini di scienza o con imbroglioni” eauspicando che “…debbano essere i ricercatori seri e onesti ad usufruire dei soldi deicontribuenti”. Ad ogni modo, ormai le false attribuzioni erano statepropagate e a queste si rifaranno le successive pubblicazioni, inbuona o mala fede. Mi è difficile pensare alla prima ipotesi nelcaso della “panoramica generale” sui depositi epitermali inItalia, pubblicata nel 1999 da Lattanzi in una importante rivistainternazionale, nella quale l’Autore, che pure era ben al correntedelle cose, attribuisce (falsamente) a TANELLI et al 1991 (quindi

anche a se stesso) “l’identificazione” di mineralizzazioni ad oro“disseminated “invisible” in Toscana meridionale, e ad altri autori ilriconoscimento di quelle della Sardegna; diverso è il caso diautori successivi che, a seguito di mie proteste, ammettono diessere stati tratti in inganno dalle suddette pubblicazioni e, inun caso, convengono che “…si sa l’onestà intellettuale è merce rara in particolarmodo (ahimé) in ambito accademico” (com. pers. Fuliganti 2015).

* * * * *Le prime ricerche in Sardegna, iniziate dalla SIM assieme

all’Anglo American, sulla scorta delle mie prime informazioni,erano state da loro abbandonate per il brusco allontanamento dellasocietà anglo-sudafricana dall’Italia, motivato dall’andamento deilavori in Toscana. Durante il sopralluogo effettuato in questaregione, su richiesta di AGIP Miniere, avevo raccolto leperplessità dei colleghi stranieri sul modo di fare le ricerche,“all’italiana”, della società parastatale, sugli affidamenti“clientelari” per l’esecuzione dei sondaggi e delle analisi,nonché sulla bontà di queste, obbligatoriamente affidate a ungruppo (Mining Italiana) amministrato da personaggi vicini aivertici ENI. Uno dei primi sondaggi, eseguito a Poggio Pietricci diManciano, aveva messo in vista, secondo i dati propagandatidall’AGIP Miniere, uno strato spesso 22 metri e mezzo concontenuto medio, in oro, di 12,54 gr/T e picchi fino a 78,18, unavera, ricca, miniera: peccato che le verifiche fatte eseguiredalla società sudafricana avessero poi ridimensionato, di molto, icontenuti reali. Stessa cosa per altre zone, come Frassine, per lequali le analisi inglesi smentirono gli alti tenori (fino a 43gr/T) segnalati dalla RiMin.

Il 19 giugno 1992, nel corso di una “tavola rotonda” alPolitecnico di Torino, denunciai quello che a me sembrava “ilgrande imbroglio della ricerca mineraria e dell’oro invisibile inItalia”, a cui seguirono repliche e tentativi di smentita da partedi alcuni dei “responsabili”, da me chiamati direttamente incausa: “il meccanismo di sovvenzionamento, una volta innescato, sembra comunquenon dover più cessare, trovando sempre nuove forme più o meno palesi e giustificative e,come sempre quando si tratta di uso e abuso di denaro pubblico, può contare sunumerosi paladini interessati: funzionari compiacenti, professori faccendieri ma ancheimprenditori privati, speranzosi e contenti di arraffare qualche briciola caduta dalle faucidel leone a sei zampe” (PIPINO 1992).

Pochi mesi dopo, con lo scandalo Tangentopoli e l’iniziodell’inchiesta giudiziaria “Mani Pulite”, venne fuori quelloche io non potevo sapere, ma che doveva essere ben noto agli

“addetti”, altrimenti non si capisce perché la Direzione Generaledelle Miniere (ing. S. Santini) aveva più volte respinto le mieformali richieste di accesso alla documentazione, formulate inbase della Legge 1990 n. 241 sulla trasparenza degli attiamministrativi. Lo scandalo evidenziò, tra l’altro, che lagirandola di miliardi di denaro pubblico che passava nelle manidelle società parastatali serviva, in buona parte, asovvenzionare, in modo occulto, partiti e uomini politici. FrancoReviglio, ministro delle Finanze, confessò che nel corso della suapresidenza dell’ENI (1983-89) era “normale” versare enormitangenti ai partiti politici, in particolare, per quel che glicompeteva, al partito socialista di Craxi, e che per questovenivano falsificati i bilanci e costituiti fondi all’estero(Corriere della Sera 31 marzo 1993). Reviglio, a parte ledimissioni e accuse minori per reati più recenti, se la cavò persubentrate amnistia e prescrizione. Il suo successore, GabrieleCagliari, confessò di aver ereditato e continuato l’andazzo:arrestato il 9 marzo 1993 si suicidò in carcere il 20 giugno. Ilvice-presidente Alberto Grotti, già presidente della SAMIM, fuarrestato più volte, confessò di aver come referente ArnaldoForlani e di aver spesso portato, personalmente, denaro incontante proveniente da operazioni illecite alla segreteria dellaDemocrazia Cristiana (Corriere della Sera, 14 agosto 1993). Idue dirigenti avevano avuto un ruolo fondamentale anchenell’acquisto, da parte di ENI, del 40% delle azioni del polochimico ENIMONT detenute dalla famiglia Ferruzzi (Montedison),costato all’Ente, e quindi allo Stato, 2.800 miliardi di lire; perottenere questo prezzo, enormemente sovrastimato, la Ferruzziaveva dovuto versare, a partiti politici e funzionari, la “madre ditutte le tangenti”, 142 miliardi di lire, dei quali 4,3 a Cagliari e 4a Grotti. Raul Gardini, patron della Montedison, si suicidò primadi essere arrestato, il 23 giugno 1993. La vedova di Cagliarirestituì, allo Stato, 6 miliardi di lire, di quelli accumulati dalmarito, mentre le indagini “Mani Pulite” portavano ad altriarresti e allo smantellamento dell’intero gruppo dirigentedell’ENI (La Repubblica 15 marzo 1995).

Era andata meglio, 20 anni prima, quando la Montedison avevarifilato tutte le attività minero-metallurgiche della Montecatiniall’EGAM e nessuno era andato ad indagare su modalità e costi.

A seguito del nuovo scandalo, l’Eni fu commissariata e, tral’altro, venne accelerata la dismissione delle attività minerariee metallurgiche. La RiMin fu liquidata, l’Agip Miniere, conSAMIM, SIM e altre società, confluì nell’ENIRISORSE, nuova società

costituita con l’obiettivo di gestire un drastico programma dichiusura, liquidazione e ristrutturazione di quelle attività. Lanuova holding fu ricapitalizzata, con una dotazione di 1.819miliardi di lire per il periodo 1992-96, ma nel gennaio 1996 laCommissione Europea aprì una procedura per illegittimo aiuto diStato. La decisione, del 16 aprile 1997, fu che l’aiuto eracompatibile, con le leggi comunitarie, a condizione di continuarela privatizzazione delle singole compagnie e di liquidareENIRISORSE entro il 31 dicembre 1998, con i proventi delleprivatizzazioni: ogni sei mesi il governo italiano avrebbe poidovuto informare la Comunità sull’andamento delle privatizzazionie della liquidazione.

Un cenno a parte merita la Mining Italiana, che troveremoancora. Attraverso questa società era passato gran parte delflusso di denaro pubblico ottenuto dalla società parastatali perle ricerche minerarie, “giustificato” da esecuzione edelaborazione computerizzata delle analisi chimiche. Negli anni‘80 risulta essere posseduta al 50% da ENI, al 50% da privati, epresieduta dal prof. Massimo Guarascio: nel 2000 l’ENI risultaproprietaria all’88,2 % e il prof. Guarascio della rimanentequota, poi, a partire da quell’anno, lo stesso professore diventaproprietario assoluto e opera come vicepresidente esecutivo dellasocietà, la quale continua ad usufruire di contributi statali perfantomatiche ricerche all’estero: per queste, come vedremo, saràpoi indagato dalla Procura di Roma, assieme agli altriamministratori.

In Italia, cessate le sovvenzioni pubbliche e smantellate lesocietà minerarie parastatali, l’interesse degli ambientiaccademici si affievolì e non restò, a molti degli antichipaladini, che convertirsi alla tutela ambientale, per cercare diaccedere ai fondi relativi.

AVVENTO E ATTIVITÁ DELLE PICCOLE SOCIETÁ ESTERE (e quasi)Liberate dalla monopolizzazione delle società para-pubbliche e

scevre dall’interesse di grosse compagnie minerarieinternazionali, le possibilità minerarie della Toscana meridionalecominciarono a interessare piccole società estere, o costituiteall’estero, sull’esempio di quanto accadeva in Sardegna (e insvariate parti del Mondo).

Per la migliore comprensione degli eventi successivi, occorredire due parole sul fenomeno generale.

Nei paesi dove l’industria mineraria assume un grande rilievo,in particolare in Canada e in Australia, accanto alle grandi,ricche, compagnie minerarie, proliferano una miriade di piccolesocietà (junior companies) che possono prosperare, in patria eall’estero, grazie alle facilitazioni statali e di mercato. Lericerche fatte all’estero sono infatti detassate e, anzi, perqueste si riesce ad ottenere contributi, oltre che dallo Stato,dalle grosse compagnie che a loro volta detassano le spese e, incaso di successo, acquistano i diritti di sfruttamento; d’altraparte, il mercato finanziario è strutturato in modo che anchepiccolissime realtà, con scarso capitale iniziale, possono esserequotate in borsa e finanziare le ricerche con frequenti emissionedi titoli azionari, in genere del valore di pochi decimi didollaro, ma numerosissime (penny stock). Per questo, oltre allepoche piccole società con reale vocazione mineraria, capeggiate dageologi e prospettori minerari di esperienza, ne proliferano moltealtre, possedute e gestite da brokers esperti, tutt’al più, indiscipline economiche, e la cosa è ritenuta del tutto normale elegittima: per le ricerche operative, queste società si servono diesperti locali o internazionali, assunti a consulenza, che cercanodi pagare, almeno in parte, e che, comunque, premiano con titolidella società. Va sé che, in questo caso, l’attività principale èquella promozionale e finanziaria e, spesso, si riduce a eclatantie ben pubblicizzate transazioni fra società diverse, con scambi dipacchetti azionari valutati milioni di dollari che, pur essendo,in definitiva, scambi di pezzi di carta contro altri pezzi dicarta, riescono ad attrarre i piccoli investitori. Va da sé chesoltanto una parte degli enormi capitali racimolati vieneutilizzata per le ricerche, in gran parte serve a mantenere gliapparati proprietari, sotto forma di stipendi, spese ed emolumentivari, a tutto danno degli ingenui investitori. La vecchia Europaci era già passata, tra Otto e Novecento, e si era posto rimediointroducendo limitazioni e controlli per la quotazione in Borsa e,soprattutto, per l’emissione di azioni dirette al pubblico,cautele assunte anche dalle borse degli Stati Uniti.

Alla Borsa canadese di Vancouver (British Columbia),considerata “la bisca più grande del Mondo”, è nota la regola del2-6-2: su dieci società quotate, due falliranno subito, 6tireranno a campare per qualche anno, solo due avranno un qualchesuccesso; pure i dirigenti si danno da fare per avere sempre nuoveiscrizioni, dato che vivono con i proventi delle quote e ditributi vari delle società iscritte (Corriere della Sera, 8 aprile1997). Le società traggono vantaggio nel vantare l’appartenenzaalla TSX Venture Exchange, e poco importa se poi, in fondo ai

comunicati finanziari, scrivono, in piccolo, che la TSX non havisionati i contenuti e non ne è responsabile.

L’attività operativa reale delle piccole società, per quantolimitata, viene comunque esercitata in trasparenza e divulgataattraverso news periodiche che, a parte qualche eccezioneeclatante e “normali” esagerazioni, rispecchiano la realtà e cidanno notizie attendibili sull’andamento delle ricerche. Veri epropri imbrogli sono comunque ricorrenti, specie alla Borsa diVancouver e soprattutto riguardo a presunte miniere d’oroall’estero: nel 1993 c’era stato l’imbroglio della Vengold Inc suuna presunta miniera in Venezuela; agli inizi del 1997 scoppiò ilcaso della Bre-X, supportata dalla Barrik Gold corp., che avevapropagandato la scoperta del giacimento d’oro più grande del mondoa Busang, nel Borneo indonesiano: in questo caso, però, sembrache l’imbroglio sia nato da un geologo locale che avrebbeingannato la stessa società e che morì in strane circostanze,cadendo da un elicottero (suicida o suicidato? si chiederanno igiornali).

Se non altro, i casi erano serviti a scemare la fiducia degliinvestitori nelle miniere d’oro (un po’ come era successo da noinegli anni ‘20, a seguito dell’ “imbroglio di Giaveno” inPiemonte).

Agli inizi degli anni ’90 una piccola compagnia australiana,la Gemcor, aveva contribuito a mettere in evidenza la potenzialitàeconomica del giacimento aurifero di Furtei, in Sardegna, e nel1993, assieme ad altra società australiana, la General GoldResources, costituì “Gold Mines of Sardinia” (GMS), supportatadalla Barrik; in Italia fu costituita la “Sardinia Gold MiningSpA” (SGM), della quale la società regionale Progemisa detenevaprima il 30, poi il 10% (GOLD MINES OF SARDINIA 1993-2004). Le condizioni, in Australia, furono quindi favorevoli per lacostituzione, il 12 luglio 1996 a Perth, della “Etruscan GoldExploration” che, come da Statuto, aveva lo scopo di promuovere laricerca di giacimenti auriferi in Italia (e come finalitàeffettiva quella di portare a sé una parte dei numerosi piccoliinvestitori, per lo più di origine italiana, che supportavano lericerche della GMS). Il fondatore era Marcello de Angelis, ilquale dal 1981 al 1989 era stato responsabile delle partecipazioniminerarie (joint venture) dell’Agip Australia e che poteva contare,probabilmente, sulla collaborazione di altri ex dirigenti,sicuramente sui risultati delle ricerche effettuate dall’AgipMiniere in Toscana meridionale. Infatti, la Etruscan cominciò adoperare in società, al 50%, con la MINING Italiana, ormai

completamente privatizzata, e presso di questa, a Roma, pose lasua sede operativa: l’area di interesse era la stessa investigataanni prima dall’Agip Miniere, della quale venivano riportati irisultati, nelle domande di permesso e nei comunicati emessi peril pubblico, enfatizzando gli altri tenori in oro risultanti dalleprime analisi (della Mining) e sottacendo, ovviamente, che questierano stati smentiti dalle successive. Tuttavia, nei rapporti alDistretto Minerario che, evidentemente, qualcosa sapeva, vengonoespressi dubbi e si dichiara di non voler tener conto dei duevalori più alti segnalati dalla RiMin nella zona di Frassine (43 e9,6 ppm).

Fra il 1996 e il 1997 la Etruscan chiese cinque permessi diricerca per oro, argento, piombo, zinco rame ed antimonio:“Poggio Le Casacce” (Comune di Capalbio), “Poggio Sandro” e “C. Aiace”(Monterotondo Mar.), “Poggio Fogari” (Chiusdino), “Poggio Pelato”(Chiusdino e Casole d’Elsa). Nell’aprile del 1997, dopo averericevuto i primi tre (con sorprendente sollecitudine), Etruscan eMining strinsero un accordo di joint venture con la canadese“Nebex Resources Ltd”, secondo il quale questa si impegnava aspendere un milione di dollari canadesi in tre anni, nei cinquepermessi, in cambio del 70% del loro valore. La cosa fupropagandata su tutti i giornali del settore e furono distribuitirapporti e programmi di ricerca, nei quali, sempre, venivanoenfatizzati i presunti ottimi risultati ottenuti da AGIP Miniere eRiMin (ETRUSCAN, MINING, NEBEX 1997).

La Nebex era una piccola società quotata alle borse di Albertae di Toronto ed eseguiva ricerche per oro a Yellowknife in USA eper metalli di base (con tracce d’oro) in Albania. Però non sela passava bene, e le eclatanti notizie sull’accordo italiano nonconvinsero gli investitori (probabilmente scottati o messi inguardia dal recente imbroglio BRE-X). L’emissione di azioni alpubblico (private placement) ebbe scarso seguito e nel corso del 1998la società risulta già delisted (cancellata dal listino dellesocietà quotate).

Rimaste sole, Etruscan e Mining si diedero da fare,indipendentemente e solidariamente, per ottenere le sovvenzioniancora previste dalla Legge 1982 n. 752. La Mining era ovviamentefavorita, grazie agli stretti rapporti con l’amministrazionemineraria che, tra l’altro, le consentivano di ottenere contributiper altre ricerche in Italia e, soprattutto, per presunte ricercheall’estero. Con scrittura privata del 27 luglio 2001, essa (M.Guarascio) rilevava tutti i diritti della Etruscan (M. De Angelis)per 300 milioni di lire dichiarati, si intestava i permessi

residui e rinnovati Casa Aiace, Poggio Fogari e Poggio Pelato, eavanzava formale richiesta di un contributo di tre miliardi per unprogramma di ricerche da eseguire negli anni 2002-2003. Ma lecose stavano cambiando, grazie al passaggio di competenzeminerarie dallo Stato alle Regioni: non potendo più contare suicontributi statali, i permessi furono lasciati scadere e, arichiesta della Regione Toscana, il 7 gennaio 2002 la Miningrispondeva di non aver effettuato “…lavori di ricerca diretta sui permessi” e,quindi, di non dover provvedere a lavori di ripristino (ETRUSCAN eMINING 1996-2002).

Esauriti anche fondi statali per l’estero, e dopo un fugaceinteressamento alle acque minerali, la Mining Italiana andò versoil fallimento, con le modalità truffaldine emerse nel corso delloscandalo del Tribunale fallimentare di Roma (2013): i retroscenafurono raccontati dal giudice “pentito”, Chiara Schettini (IlTempo 18 settembre 2013; L’Espresso 23 gennaio 2014). Nel 2007 ilgiudice fu contattata dal ministro Franco Frattini che le chiesedi dare consigli a un suo amico, l’architetto M. Bonifati, ilquale doveva far fallire, “dolcemente”, una società che gestivaminiere di oro e diamanti in Africa: come da accordi, l’architettosi recò a casa sua e venne consigliato di fare un concordato.Dopo alcuni giorni, lo stesso giudice fu “sorteggiata” comegiudice delegato del fallimento della Mining Italiana, “…organizzatoa tavolino con creditori fittizi e prestazioni gonfiate”, in modo da distrarre 800mila Euro che ancora aveva in cassa: la società fu dichiaratafallita, nel maggio 2007, ma è ancora pendente la sualiquidazione. Nel corso dell’inchiesta venne fuori che la societàaveva usufruito di quasi 50 milioni di Euro di contributi pubblici”…per la ricerca e l’estrazione di oro in diverse miniere all’estero (Africa, Canada, Cuba)”,delle quali erano state “occultate o disperse” le scritture contabili.Nel settembre 2013 i tre amministratori della Società, Guarascio,Bonifati e Irti furono rinviati a giudizio per truffa aggravata ebancarotta, assieme al direttore Ventura, ma sul processo incombela prescrizione.

* * * * *Liquidata l’australiana Etruscan, agli inizi del 1993 fu

costituita a Londra, per interessamento dello stesso Marcello DeAngelis, la nuova società “The Italian Gold Fields Ltd” e a nomedi questa, con sede operativa presso la residenza di De Angelis, aCastellabate (SA), nel corso dello stesso anno furono chiesti,alla Regione Toscana, tre permessi di ricerca per oro antimonio eassociati: “Frassine” (Monterotondo), “Poggio Pietricci” (Manciano) e“Poggio Fogari” (Chiusdino). I permessi furono ottenuti il 24 agosto

del 2004 e, nell’aprile del 2005, dopo qualche mese di trattative,ceduti alla società canadese “Adroit Resources Inc.”.

Al tempo, questa società aveva interessi in ricerche minerarienell’Ontario e risulta aver emesso poco più di 12 milioni e 600mila azioni, del valore stimato in 30 cent. Aveva alle spalle unaserie di cambiamenti di nome e di sede sociale: nel 1987 sichiamava “Breaumont Resources Ltd” ed era iscritta alla Borsa diAlberta; nel 1988 ottenne di operare, come società extra-provinciale, alla Borsa di Vancouver; nel 1993 si trasformò in“Lumby Resources Corp”, con sede a Vancouver; nel 1996 cambiònome in “Rock Resources Inc.”; nel 2004 divenne Adroit. Neicomunicati di presentazione, il proprietario e presidente, GraemeRowland, afferma di avere una lunga esperienza di gestione eamministrazione nei campi alberghiero, marittimo, produzione divideo e tecnologie metallurgiche, e pure gli altri amministratorisi presentano come esperti in questioni commerciali e finanziarie.

In Toscana, la direzione tecnica fu affidata al consulenteinternazionale Guy Franceschi, coadiuvato dal geologo localeGiacomo Bisemi, e, dopo aver chiesto il trasferimento dei permessiacquistati, nel maggio 2005 furono avanzate domande per ottenernealtri: “Macchia dei Birelli” (Monterotondo Mar.), “Podere Le Cetine”(Chiusdino), “I Monti” (Montieri e Chiusdino), “Poggio Bruscoline”(Massa Marittima), “Banditella” (Manciano), “Pietratonda” (CivitellaPaganico), “Ponte San Pietro” (Isola di Casto). L’acquisizione, e larichiesta dei nuovi permessi, furono, ovviamente, moltopropagandate in Canada, con la diffusione dei soliti ottimisticidati provenienti dalle ricerche dell’Agip Miniere e della RiMin econ enfatizzazione dei presunti alti contenuti d’oro. Furonosubito emessi pacchetti di azioni, alla Borsa di Vancouver, ealtri ne seguiranno nei mesi (e negli anni) successivi. Sulterreno, furono raccolti pochi campioni, a Ponte San Pietro, aBanditella e a Poggio Pietricci, e le analisi confermarono,nell’ottobre 2005, la discreta presenza dell’oro nella primalocalità, dell’antimonio nelle altre: i dati furono propagandaticome “incoraggianti”, enfatizzando gli sporadici alti contenuti d’oro(fino a 2,1 ppm) di Ponte San Pietro e i picchi dell’antimonionelle altre (fino al 4,5%). Per inciso, la mineralizzazione diPonte San Pietro, in Lazio, non ha nulla a che vedere con glialtri giacimenti (a oro epitermale), trattandosi di un limitatofilone a solfuri misti, peraltro già praticamente esaurito davecchi lavori della Montecatini (PIPINO 2014), e infatti verràsubito abbandonato.

A dicembre, il numero delle azioni emesse era salito a15.007.526. A gennaio 2006 la società riesce a farsi quotare allaBremen Stock Exchange di Francoforte-Berlino, mentre il numerodelle azioni emesse è salito a 18.651.071. A febbraio ottiene iltrasferimento, a suo nome, dei tre permessi acquistatidall’Italian Gold Fields. A maggio ospita in Canada funzionaridel Distretto Minerario di Grosseto, per mostrar loro i lavori nelsuo permesso e, soprattutto, l’intensa attività mineraria delPaese: ovviamente la cosa viene molto pubblicizzata, in Canada(in Italia non se ne parla). A giugno annuncia di aver chiestoaltri due permessi di ricerca (Incrociata e Le Carpinelle), contigui aPietratonda. A settembre ottiene il rilascio dei sei permessirichiesti, per i quali aveva annunciato, più volte, un estesoprogramma di ricerche: il numero delle azioni emesse è intantosalito a 25.543.821. A novembre annuncia di aver chiesto un altropermesso (Faggio Scritto) contiguo a Poggio Pietricci: le azioniemesse sono salite a 26.243.821.

Intanto vengono eseguiti 4 carotaggi a Poggio Pietricci, inprossimità di quelli eseguiti da Agip Miniere, per i quali eranostati propagandati i presunti alti contenuti d’oro. Le analisidelle carote, eseguite in Francia, evidenziano poche anomalie inoro, con media inferiore allo 0,5 ppm e con soli due picchi dipoco superiori a 1 ppm, pure i risultati sono presentati comemolto positivi, in quanto hanno confermato la presenza di anomalied’oro e, soprattutto, di discreti contenuti d’ antimonio (fino apoco più dell’uno per cento). Da questo momento l’antimoniodiviene il principale target delle ricerche e cominciano a esserepropagandati i grossi giacimenti locali, individuati in passatodalle società parastatali italiane e solo in parte coltivati.

A marzo del 2007 la società annuncia di aver presentatoquattro nuove domande per ottenere i permessi “Monticchio” “I Solaioli”,“Tafone Sud” e “Montauto”, che coprono le aree delle vecchie miniere,divenute disponibili dopo la scadenza delle concessioni: le azioniemesse sono salite a 28.279.535, e si annuncia la prossimaemissione di altre. A maggio le azioni emesse sono salite a30.684.815. Nel contempo viene annunciato che, risolte leprecedenti difficoltà logistiche e contrattuali, iniziano icarotaggi nel permesso Poggio Fogari, e che è stato assunto, inqualità di Project Manager, Franco Maranzana, esperto geologo, giàconsulente di molte compagnie: secondo lo stesso comunicato, “…nel1984 dr. Franco Maranzana e dr. Richard Sillitoe, furono i primi a sviluppare l’idea che inItalia centrale potessero esserci depositi economici di oro invisibile. Nel 1985 esploraronol’area e promossero la joint venture fra Agip e Anglo-American”.

La circostanza, riferita poi, con qualche differenza, dallostesso Maranzana nella rivista “Quarry and Construction” delfebbraio 2009, è però smentita da Sillitoe, secondo il quale inquel periodo fece un primo sopralluogo in Toscana per espressoincarico dell’Anglo-American, e non nomina Maranzana (SILLITOE1988-1989). Ma non è questo la sola “imprecisione” del dottorMaranzana, peraltro noto per le doti di comunicatore, perché fauna certa confusione a proposito delle altre società operanti inquel tempo in Toscana, di una delle quali mi attribuisce laproprietà (?). Di queste parleremo nel prossimo capitolo.

Nonostante le ottimistiche news e la nuova assunzione, le cosenon vanno bene per la società: alla prima verifica di mercato, il5 settembre 2007, il valore delle azioni crolla da 0,31 a 0,14cent. Continuano comunque i “private placement” di nuove azioni: nesono state già emesse 30.724.815 e servono, se non altro, agarantire, al presidente, lo stipendio annuo di 240.000 dollaripiù altri emolumenti, e paghe minori per gli altri direttori.

A ottobre vengono propagandati i risultati dell’indaginegeochimica dei suoli nel permesso ”I Monti”: si riportano, ancora,gli alti contenuti d’oro riscontrati, in precedenza, dalle societàparastatali (fino a 6,7 gr/T), ma dei 225 campioni analizzatisoltanto uno raggiunge i 2 gr/T, per il resto viene riferito, comemolto positivo, il riconoscimento di una vasta area con anomaliesuperiori a 100 ppb (parti per miliardo). A novembre vengonorinunciati i permessi “Frassine”, “Poggio Bruscoline”, “PoggioPietratonda”, “Macchia dei Birelli” e “Poggio Le Cetine”, per iquali non sono necessarie opere di ripristino, perché i lavori diricerca sono consistiti soltanto nella raccolta di campionisuperficiali.

A marzo 2011 viene annunciata l’acquisizione completa dellasussidiaria italiana “Risorse dei Minerali Naturali Srl”, condirettore e amministratore Davide Franceschelli che, grazie allesue precedenti esperienze “…è in contatto con tutti i livelli politici della Provinciadi Grosseto”. Viene anche assunta, come segretaria, una ragazzapolacca che studia lingue all’Università di Siena. Nei mesisuccessivi vengono programmati nuovi carotaggi per valutare leriserve di antimonio, viene installato, nell’ufficio di Grosseto,un’apparecchiatura XRF per eseguire in proprio le analisi, evengono chiesti, a nome della RMN, tre nuovi permessi “Valle Lupara”,coincidente con parte della vecchia miniera di Montauto in comunedi Manciano, “Catabbio” e “Selvena” coincidenti con le vecchieminiere di mercurio e antimonio nel territorio di Scansano.

A dicembre cominciano le procedure di Valutazione di ImpattoAmbientale (VIA) per i carotaggi da eseguire nel permesso “PoggioMonticchio”, e poi, nei permessi “Faggio Scritto” e “Poggio Pietricci”;intanto vengono raccolti e analizzati 477 campioni di suoli erocce, che, secondo i comunicati, confermano “…la presenza diconsiderevoli risorse di antimonio nel distretto, e più in particolare nei permessi dellaCompagnia”. A seguito dei risultati, la succursale italiana (RMN)assume l’esperta sarda Irene Oppo e comincia a valutare, con leamministrazioni locali, il possibile recupero dell’antimonio dallediscariche delle vecchie miniere.

Nei mesi successivi vengono propagandati la conclusione dellostudio di impatto ambientale e i programmi di carotaggio,insistendo sulle scarse riserve mondiali dell’antimonio e sulleenormi potenzialità dei giacimenti toscani. Ma intanto comincianoa farsi sentire gli ambientalisti locali, contrari alle ricerche.L’inquinamento del fiume Merse da parte delle acque ferruginoseprovenienti dalla miniera abbandonata di Campiano, l’inquinamentodella falda acquifera di Scarlino a opera dei residui dellalavorazione della pirite, e molte altre emergenze locali, stanno,infatti, trasformando la Toscana meridionale da terra di minatoria terra di attivi ambientalisti. La Società cerca di farvi frontepubblicando, sul suo sito, un video promozionale nel quale riportauna intervista con presidente della Provincia di Grosseto,Leonardo Marras, le cui affermazioni vengono “…inserite in modo tale dafar apparire un legame e un supporto dell’amministrazione provinciale all’aziendacanadese”, cosa che provoca la reazione e la formale diffida arimuovere il video (IL TIRRENO, 5 nov. 2012).

Le proteste degli ambientalisti, oltre che sui giornalilocali, vengono riportate sull’importante “The Telegraph” del 19novembre 2012. A seguito delle loro osservazioni, ribadite ancheda amministratori locali, l’11 dicembre la “Riunione IstruttoriaInterdisciplinare” esprime “…parere negativo di compatibilità ambientale”,del quale la Regione deve tener conto, e, nella stessa giornata,l’Adroit ritira formalmente la domanda di avvio del procedimentodi Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), presentata il 21agosto. Nel contempo, però, chiede il rinnovo dei permessi diricerca e, a febbraio del 2013, annuncia con risalto che “…tutti ipermessi di esplorazione italiani sono stati rinnovati” (sottacendo, ovviamente,la questione VIA).

Il permesso più promettente, “Faggio Scritto”, è peròfortemente osteggiato dai proprietari del complesso ”AgricolaScarcera” che ricorrono al TAR contro il dispositivo regionale,opponendo, tra l’altro, che esso è stato chiesto e ottenuto dopo

la scadenza del primo rilascio: il TAR respinge il ricorso, maquesto viene poi accolto dal Consiglio di Stato, con sentenza del29 aprile 2014.

Nelle news della Adroit, che si susseguono fino a gennaio del2014, oltre ai ricorrenti annunzi di “private placement”, vengonopropagandate numerose attività in varie parti del mondo, nontralasciando di accennare sempre alle grandi prospettive deigiacimenti antimoniferi toscani. In seguito le news non vengonopiù pubblicate e non si trova traccia, in Internet, di attivitàdella Società. Le azioni emesse, salite ormai a ben 170 milioni,continuano a essere quotate alle borse di Vancouver e diFrancoforte, con valore dichiarato decrescente da 0,02 a 0,01centesimi e assenza di qualsiasi contrattazione (ADROIT 2009-2014).

* * * * *Il mio ennesimo coinvolgimento diretto, in Toscana

meridionale, fu sollecitato, agli inizi del 2006, dal collegacanadese David Dupre che aveva lavorato in Liguria orientale perconto della Cominco Italia. A seguito delle informazioni da luifornite, una piccola compagnia di Vancouver, la Bayswater VentureCorp., lo aveva incaricato di costituire una succursale in Italiaper chiedere alcuni permessi di ricerca in Toscana, per la qualcosa chiedeva la mia collaborazione. Accettai, dopo aververificato che la compagnia, presieduta e diretta da un espertoprospettore minerario, George M. Leary, aveva reali interessiminerari in Canada (per uranio), in Irlanda (minerali di base) ein Nigeria (uranio e oro). Il 5 maggio 2006 costituimmo a Milano,presso un importate studio di commercialisti e avvocatiinternazionali, la Tuscany Minerals Srl, proprietario unico laBeyswater, Dupre presidente del consiglio di amministrazione, ioconsigliere: a dimostrazione della serietà delle intenzioni, avevochiesto e ottenuto che il capitale sociale, interamente versato,fosse di 50.000 Euro, invece dei soliti 20.

Tra luglio e agosto 2006 avanzammo domanda per ottenere ipermessi di ricerca per oro e minerali associati “Torniella” (Comunedi Roccastrada), “Montorsaio” (Campagnatico) e “Montioni” (Follonicae Suvereto), permessi che furono tutti concessi per due anni, il 3dicembre 2007, nonostante l’opposizione di Provincia e Comune per“Torniella”. Fra tassa fissa e prima annualità dovemmo pagare,alla Regione, circa 45.000 Euro, somma compensata da ulterioriapporti di capitale da parte della Bayswater.

Il permesso Torniella era stata espressamente voluto da Dupre,il quale era convinto delle sue potenzialità aurifere, grazie alla

diffusa alterazione della locale roccia trachitica in caolino ealle anomalie riscontrate nei primi 10 campioni torrentizi, da luiraccolti. In più, i vistosi scavi della miniera di caolino,peraltro molto contestata dagli ambientalisti locali, serviva adimostrare ai canadesi che era possibile aprire miniere in Italia.Io non ero convinto, perché nella zona non sono presenti estesifenomeni di silicizzazione e l’allume, che poteva dare qualcheindizio, era limitata a sporadiche piccole lenti all’interno dellemasse di caolino. Le anomalie riscontrate in pressoché tutti icampioni, inoltre, non superavano le poche parti per miliardo, adeccezione di uno che superava 9 parti per milione (9,126 gr/T):avvertii inutilmente, anche per iscritto, che poteva trattarsi dipossibile contaminazione da oro manufatto, dato che nella zona diraccolta abbondano antichi insediamenti urbani.

I risultati delle analisi furono molto più interessanti, eindicativi, nel permesso Montioni, dove accanto alle cave dicaolino, c’era stata la vecchia miniera di allume e, tutt’intorno,colline completamente silicizzate e utilizzate per recenti cave di“quarzite”. Tutti i campioni da me raccolti mostrarono discreteanomalie in oro, superiori a 100 parti per miliardo, unoraggiungeva 1,020 ppm. Al tempo, però, erano in atto grandilavori di bonifica della cava più estesa (Poggio Speranzona) ecominciava a entrare in funzione il Parco Interprovinciale, percui sarebbe stato impossibile poter eseguire lavori di ricerca piùpervasivi (trincee, pozzetti, carotaggi).

Su richiesta della casa madre, nell’agosto del 2007 furonochiesti altri permessi: “Monte Alto” e “Roccastrada” nel comuneomonimo, per oro e minerali associati, “Poggio dei Leccioni”(Civitella Paganico) per oro, rame, piombo e minerali associati. Itre permessi furono accordati il 14 gennaio 2008. I primi due,voluti sempre da Dupre, completavano l’area trachitica intorno aTorniella, nella quale fu prevista una diffusa campionatura disuoli e di sedimenti torrentizi, da analizzare per oro; l’altro fuda me scelto perché in una piccola area coesistono un ’anticaminiera di antimonio (Casale di Pari), una vecchia ricerca dipiombo argentifero (Sant’Antonio) e una più recente ricerca dirame (Monte Acuto), cosa che mi dava la possibilità di studiare irapporti tra le mineralizzazione filoniane, a solfuri, e ifenomeni epitermali di silicizzazione con apporto di antimonite edi oro.

Lo stesso criterio mi aveva portato a delimitare il permessoMontorsaio, nel quale avevo compreso la vecchia miniera di rame eargento di Batignano e la parte più meridionale, e libera, della

vasta area silicizzata e mineralizzata ad antimonite diPietratonda (occupata dall’Adroit).

Le osservazioni e le analisi dei campioni raccolti nei nostripermessi e in zone circostanti, finirono per convincermi chedifficilmente si sarebbe potuto trovare, in Toscana meridionale,una vera miniera di oro epitermale, almeno non in posizionemoderatamente superficiale: le manifestazioni accessibili sonomolte, ma tutte appaiono essere il risultato di fenomeni a “bassasulfurazione”, originati da fluidi geotermici a bassa termalità,poco acidi e poveri di solfuri complessi, portatori d’oro;mancano, o sono poco sviluppati, livelli di silice vacuolare (vuggysilica) e di geyserite (sinter), di prodotti argillitici d’alterazionee di tipici solfuri complessi che caratterizzano i giacimenti ad“alta sulfurazione” (o ad alterazione acido-solfatica). Inparticolare, sembra mancare del tutto, nelle manifestazionitoscane, l’ enargite, il solfuro di rame e arsenico che caratterizzai depositi ad alta sulfurazione ed è abbondante, per esempio,nella miniera di Furtei in Sardegna.

Pertanto, focalizzai la mia attenzione su altri tipi dipossibili mineralizzazioni utili. Particolarmente interessantirisultarono le manifestazioni superficiali ferrose di Montorsaio:i campioni analizzati, di breccia limonitica cementata da calcite,risultarono essere costituiti dal 35-40% di ferro, discretepercentuali di zinco, elevati tenori di arsenico, bario, stronzio,piombo, antimonio, rame, e tracce consistenti di altri metalli.Potevano essere la spia di una mineralizzazione sepolta a solfurimassivi, come quelle dei dintorni di Massa Marittima, trovateproprio a seguito della coltivazione dei giacimenti ferriferisuperficiali e, come quelle, denunciate (a Batignano) anchedall’affioramento di filoni a solfuri di piombo e di rame oggettodi antiche coltivazioni. Progettai, pertanto, l’esecuzione diaccurati rilievi geofisici, compreso un rilievo magneticoaerotrasportato.

Altra zona di interesse risultò quella del Carpignone, pressoil Lago dell’Accesa, confinante con l’antica miniera d’allume delCavone: analisi preliminari avevano mostrato, ancora una volta, lascarsissima presenza di oro epitermale nella silice e nelmateriale alluminoso raccolti nella zona dello scavo antico;tracce più consistenti (qualche centinaio di ppb) furono rilevatein affioramenti di calcare silicizzato nell’alta valle delCarpignone, confinante col filone a solfuri misti oggetto divecchie coltivazioni, e soprattutto in alcuni campioni di solfurimassivi raccolti in discarica (poco più di mezzo grammo per

tonnellata). Secondo le relazioni dei vecchi lavori, il filone,potente fino a 10 metri, era stato coltivato soltanto in parte evi restavano riserve per qualche milione di tonnellate, ma erastato trascurato a vantaggio della pirite circostante, necessariaper alimentare Scarlino: nel corso dei lavori era statariconosciuta la presenza, in profondità, di una zona disilicizzazione potente circa 30 metri, con tracce di pirite, edera stata escavata solo nelle parti più ricche. Dato che, dopoaver notevolmente ridotto l’area della concessione, la societàparastatale concessionaria (Syndial Spa del gruppo ENI) l’avevapoi formalmente rinunciata, provammo a vedere se era possibileottenerla noi (mia lettera del 06/09/2007), ma ci trovammo difronte a un muro: i lavori di ripristino erano pressochéterminati, ma, nonostante l’accertata presenza di notevoli riservenel sottosuolo, si voleva portare a termine la pratica di rinunciaper esaurimento del giacimento, in modo da poter alienare le“pertinenze”, in particolare i fabbricati della “Pesta”, avantaggio del concessionario uscente; inoltre, erano in corso diultimazione, nell’area della concessione, fabbricati residenziali(con splendida vista sul Lago dell’Accesa) di incerta legittimità.Dopo vari, inutili, abboccamenti, il 24 giugno 2010 presentai, anome della Tuscany Minerals, domanda di permesso di ricerca peroro e minerali associati “Serrabottini-Carpignone” (Massa Marittima)che copriva le aree rinunciate in precedenza e formalmente libere.

Intanto, in Canada, cambiava la proprietà della societàitaliana. Il 29 aprile 2009 la Bayswater, che si era specializzatain minerali radioattivi e aveva cambiato nome in Bayswater UraniunCorp., cedette la Tuscany Minerals ad una piccola società dibrokers, la Coltstar Ventures Inc., per 250.000 dollari canadesisubito e 200.000 entro un anno, più un milione di azionidell’acquirente, valutate a 10 cent. Questa, per finanziarsi,annunciava l’emissione di 2.800.000 nuove azioni, per l’ammontaredi 700.000 C$. Presidente della Coltstar era l’italo canadeseBruno Gasbarro, di origini toscane; secondo Dupre, egli erafortemente intenzionato a spendere molti soldi nel suo paese diorigine, nel quale aveva ancora una casa e sarebbe presto venuto,in visita. Intanto, però, decideva di ridurre i permessi,lasciando decadere “Montioni”, “Roccastrada”, “Montorsaio” e“Poggio dei Leccioni” (per i quali presentai, il 10 dicembre2009, formale rinuncia), di rinnovare i permessi “Torniella” e“Monte Alto”, di portare avanti le trattative per “Carpignone” e,soprattutto, di spostare il maggior interesse verso i salipotassici siciliani, perché, era ormai risaputo che gliinvestitori avevano poca fiducia nelle miniere d’oro, mentre

l’interesse per i fertilizzanti agricoli andava sempre crescendo.Ci incontrammo, in Sicilia, con Garry Stock, uno dei direttoridella Coltstar che aveva partecipazioni in società chepromuovevano lo sviluppo agricolo nei paesi del terzo mondo,visitammo le miniere abbandonate e chiedemmo poi alcuni permessi,al Distretto Minerario di Caltanissetta.

Nel mentre, si verificavano cambiamenti nell’assettosocietario della Coltstar: Bruno Gasbarro, fu sostituito, nellacarica di presidente e capo esecutivo da Adrian Rolke, purrestando nel “Bord of Directors”; il 22 marzo 2010 la caricamaggiore fu assunta da Damien Reynolds e meno di un mese dopo, il15 aprile 2010, Gasbarro lasciò la compagnia.

Sul nuovo presidente occorre dire due parole. Al tempo, DamienReynolds faceva parte del direttivo di molte compagnie e nepresiedeva altre. Era stato direttore esecutivo della BuffaloGold, ultima proprietaria della Gold Mines of Sardinia SpA, nelperiodo in cui venivano annunciati piani di rilancio per losfruttamento di presunti grossi giacimenti auriferi e cupriferievidenziati in profondità; l’8 dicembre 2008 ne aveva poi assuntola presidenza e, contemporaneamente, aveva annunciato laliquidazione (fallimentare) della sussidiaria italiana, lasciandoin eredità i gravi problemi di inquinamento della miniera diFurtei, non ancora risolti, e portando poi al fallimento anche lasocietà madre canadese (BUFFALO 2007-2009). Pure, era consideratoil “guru della finanza mineraria” e poteva vantare, nel suo curriculum, diaver raccolto 400 milioni di dollari per finanziare le attivitàdelle compagnie di cui faceva parte: il “Canadian BusinessMagazine” lo aveva soprannominato “Kid Rock”. Il curriculum, adifferenza di quello degli altri dirigenti, della Coltstar cosìcome di altre compagnie, non cita alcun titolo accademico oscolastico. Sempre elegantissimo, di bella presenza e di facilefavella, aveva una moglie bellissima, una ragazza di originerussa, di 20 anni più giovane, cosa che non guastava nei contatticon possibili finanziatori: ricordo che questa fu la prima cosache Dupre mi disse; lo stesso Dupre era tanto affascinato, da lui,da convincere sua figlia a chiamare il primo nipotino col nome del“principale”, Damien. Sarà grazie alla bella moglie che avremopoi le ultime notizie del “guru”, come vedremo.

Quando lo incontrai a Milano nel dicembre del 2010, dopo averavuto con lui contrasti epistolari, ebbi subito la certezza diaver a che fare con un classico “venditore di fumo”; tuttaviasembra che godesse della massima considerazione dei pur esperticommercialisti internazionali dello studio che ospitava la

Tuscany, i quali non poterono certo garantirgli quello chedesiderava, la quotazione alla borsa di Milano, ma lo aiutarono acostituire un “Consiglio Consultivo” composto da quattropersonalità note in vari campi, con lo scopo di trasformare laTuscany in una pubblica compagnia indipendente: la cosa fu,ovviamente, molto reclamizzata nei successivi comunicati, con glialtisonanti nomi e qualifiche dei consiglieri.

E di comunicati molto ottimistici, contenenti non poche“forzature”, ne furono emessi molti, dopo la sua assunzione apresidente della Coltstar, assieme agli annunci di “privateplacement” per milioni di azioni. Nonostante i mie avvertimenti,continuarono ad essere propagandati i dati fasulli delle societàparastatali italiane e, come dato certo e significativo, l’incertoalto valore riscontrato a Torniella; il permesso “Serrabottini-Carpignone” fu dato come acquisito, sebbene avessimo appenapresentato la domanda per ottenerlo, con enfasi sulla riccamineralizzazione a solfuri misti e sull’oro contenuto. In unconvegno minerario fu presentata un’elegante pubblicazionepromozionale col titolo, sgrammaticato, di “Ephitermal GoldDeposits Colline Metallifero, Italy”, nel quale furono ancheinserite alcune mie foto, senza avermene chiesto il permesso.Cominciarono anche ad essere propagandate le ricerche di Salipotassici in Sicilia, sebbene le pratiche per l’ottenimento deipermessi languivano.

Intanto, nonostante il discreto numero di emissioni azionariee di sottoscrizioni, si faceva fatica ad avere, in Italia, i soldiper le spese correnti e per pagare gli alti canoni regionali deipermessi; le ricerche languivano e non si aveva la possibilità dispedire gli ulteriori campioni raccolti nei permessi Torniella eMonte Alto, per le analisi. Io fui invitato, più volte, asottoscrivere azioni “privilegiate” della Coltstar, come eracostume per tutti i direttori e consulenti della compagnia, maovviamente rifiutai, e rifiutai pure di inviare una letterapersonale di garanzia al Distretto Minerario di Caltanissetta, persollecitare il rilascio dei permessi, che mi fu chiestaripetutamente e pressantemente.

Nell’incontro a Milano, a metà dicembre 2010, alle ennesimerichieste, rassegnai le dimissioni, impegnandomi soltanto acompletare, nel mese successivo, l’iter programmato perl’ottenimento del permesso “Serrabottini-Carpignone”, il quale fupoi regolarmente rilasciato. Nel contempo, anche David Duprerassegnava le dimissioni da Presidente della Tuscany, pur restando

nel board dei direttori della Coltstar ancora per un anno, pertutelare i suoi investimenti.

Intanto cominciavano a emergere le irregolarità della Coltstare del suo presidente: nell’agosto del 2011 furono costretti asmentire pubblicamente e formalmente precedenti dichiarazionisull’avvenuta sottoscrizione, da parte di direttori e consulentidella compagnia, di 2 milioni azioni “privilegiate”, a C$ 0,75.Nel gennaio del 2012 Reynolds lasciò la Coltstar e fu subitodenunciato, dal restante consiglio di amministrazione allacommissione di vigilanza della borsa di Vancouver, per turbativadi mercato: gli veniva contestato di aver, in due occasioni, nelmarzo del 2010, venduto ingenti pacchetti azionari della Coltstar,intestati alla madre, approfittando di momentanei bassi prezzi dichiusura delle azioni (0,15 e 0,22 C$), facendo così scendereulteriormente il valore: se si considera la data della suaassunzione alla presidenza della compagnia (22 marzo 2010), siintuisce anche la ragione dei movimenti. La notizia delprocedimento iniziato dalla Commissione è riportata con rilievoanche da prestigiosi giornali locali (The Vancouver Sun, 10 marzo2012), ma nel gennaio del 2013 la Commissione decise che non vierano prove sufficienti della sua malafede.

Nel contempo la Coltstar si trasformava in “Metallis ResourcesInc.” e, dal rapporto del 30 settembre 2013, apprendiamo che,considerato gli scarsi risultati e la difficoltà di reperirefondi, aveva deciso di abbandonare tutte le attività in Italia.La Tuscany fu ceduta ad una società di brocheraggio con stranotitolo in italiano storpiato, la “Quattro Stella Sempre FamilyHoldings”, e continua, formalmente, a occuparsi di ricercheminerarie in Italia: Amministratore Unico della società è DamienReynolds, a cui, con atto del 26 giugno 2014, sono stati affidatitutti i poteri.

Notizie del personaggio si ricavano da giornali e blog deiprimi mesi del 2013, che parlano della moglie, la quale avrebbepresentato istanza di divorzio nello stesso giorno in cui ilmarito sarebbe stato inquisito per bancarotta. L’interesse per lenotizie è dovuta al fatto che Gioulia Reynolds era diventatafamosa: essa aveva spesso dichiarato di non voler essereconsiderata una “moglie trofeo”; si era impegnata in societàfilantropiche e aveva prodotto una linea di piatti con la suaimmagine; a metà del 2012 era entrata a far parte del cast nelserial televisivo “The Real Houswives of Vancouver”, uno dei piùseguiti in Canada. Sulla bancarotta del marito non vi sonotestimonianze sicure, anzi è possibile una certa confusione con la

sentenza della Commissione di Vigilanza della Borsa di Vancouver,emessa in quei giorni: ad ogni modo, la sua credibilità, giàcompromessa con il fallimento della Buffalo Gold, era uscitafortemente menomata dal procedimento. Della Quattro Stelle SempreFamily Holdings non si trova altra notizia, in Internet, se non ilricevimento di due mila dollari dalla Thunderstruck Resources, inqualità di “finder” (procacciatore di finanziatori) per l’emissionedi due milioni di azioni.

* * * * *Intanto in Toscana riprende la telenovela dell’oro

invisibile. Questa volta è la piccola compagnia inglese “MedgolgResources Ltd” a chiedere, nella seconda metà del 2011, permessidi ricerca per “ argento, piombo, zinco, rame antimonio e minerali associati,quali platino e oro” nelle zone di Frassine, Pietratonda e Le Cetine.

La società, costituita in Inghilterra nell’aprile del 2011come “Medgold UK”, controllata dalla “Hot Roks Investments Plc”,aveva interessi in varie parti del mondo, in particolare in Spagnae Portogallo. L’11 dicembre del 2012, con un complicato giro dipacchetti azionari, fu ceduta alla canadese “Emerik ResourcesCorp”, a sua volta parte della “Legendary Investments Plc”, cambiònome in “Medgold Resources Ltd” e, pur restando inglese, fuammessa alla Borsa di Vancouver: secondo i comunicati (canadesi),la nuova compagnia era arrivata con lo scopo di costruire laprossima generazione delle miniere d’oro europee.

In Italia si serviva del geologo Giacomo Biserni, già statoprimo consulente “indigeno” dell’Adroit. Nelle domande deipermessi e nei comunicati alla stampa (Corriere della Sera, 2 dic.2011) si ritornò a propagandare gli alti contenuti d’oro a suotempo annunciati dalle società parastatali, nonostante che leverifiche successive avessero dimostrato la loro scarsaattendibilità. Infatti, le analisi eseguite alla fine del 2011dalla nuova compagnia su 12 campioni raccolti nella zona Frassine-Grasceta diedero una media di 0,41 gr/T, con solo picco di 1,02gr/T: tuttavia, nei comunicati del gennaio 2013 si continua ancoraa vantare i risultati come molto positivi, anche sulla base dellaconsulenza affidata a R. Sillitoe (che pure aveva potutoconstatare la reale portata dei giacimenti, quando era consulentedella Anglo American). Ovviamente vengono annunciate, aVancouver, emissioni azionarie per centinaia di migliaia didollari canadesi, per finanziare le ricerche.

A Pietratonda, soltanto una parte dei 273 campioni raccoltidiede qualche risultato per oro, con media intorno a 0,125 gr/T esoli tre picchi, rispettivamente di 1,07, 1,21 e 2,43 gr/T. Era

comunque stata verificata la costante e discreta presenzadell’antimonio (bella scoperta) e in base a questa, nell’aprile2013 furono programmati carotaggi alla ricerca di mineralizzazioniprofonde di pirite-antimonite. Oltre a servirsi di consulentiindipendenti classificati “persone qualificate” dai regolamenticanadesi, la compagnia strinse anche accordi con l’Universitàinglese di Leicester (prof. G. R. T. Jenkin) cheorganizzò corsi e tesi di Laurea per lo studio metallogenico deidepositi auriferi della Toscana meridionale: Amelia Lees eSthephanie Boffey-Rawlin vantano di aversi speso qualche settimanaper i loro “master project”, in collaborazione con la Medgold.

Le presunte potenzialità aurifere della Toscana meridionalevengono propagandate , dalla Medgold, anche in un accattivantelibretto pubblicato in occasione dell’Esposizione di Lisbona, il21 marzo 2013, nel quale viene rappresentato un pezzo di quarzocon presunto contenuto d’oro di 43 gr/T: il pezzo è ovviamentefasullo, così come il tenore dichiarato, ricavato dai dati RiMinsconfessati da altre società appartenenti allo stesso gruppo(ENI), come abbiamo visto. Tuttavia, nel Bilancio consolidato deiprimi tre mesi del 2014, mentre comunica gli sforzi che va facendoin Spagna e in Portogallo, la Medgold avverte che aveva lasciatodecadere i permessi di ricerca in Italia, in base ai risultati deilavori di esplorazione, ultimati nel 2013 (MEDGOLD 2011-2014).

Pagina del libretto promozionale della Medgold pubblicato in occasione dellaEsposizione di Lisbona 21 marzo 2013, con campione di quarzo fasullo con fasullo

contenuto d’oro (ricavato da RiMin)

BIBLIOGRAFIA CITATAADROIT RESOURCES Inc. News e documenti 2009-2014. Indici retroattivi delle News 2014-2009. Raccolta conservata nella Biblioteca del Museo Storico dell’OroItaliano.AGIP MINIERE SPA. Documentazione sulla ricerca di oro epitermale in Toscana meridionale(1987-1990). Raccolta di documenti e relazioni, conservata nella Bibliotecadel Museo Storico dell’Oro Italiano.BUFFALO GOLD Ltd. Sardinian Gold Properties. 2007-2009. Copia di News Releases,da Internet. Raccolta conservata nella Biblioteca del Museo Storicodell’Oro Italiano.COMINCO ITALIA SPA. Tuscany epithermal gold program. Relazioni preliminari edocumentazione. 1986-1990. Raccolta di documenti e relazioni, conservatanella Biblioteca del Museo Storico dell’Oro Italiano.ETRUSCAN GOLD EXPLORATION Pty Ltd., MINING ITALIANA S.p.A., NEBEXResources LTD. Southern Tuscany Project. Report on the activities for the period May-

November 1997. Raccolta conservata nella Biblioteca del Museo Storicodell’Oro Italiano.ETRUSCAN GOLD EXPLORATION Pty Ltd., MINING ITALIANA S.p.A Progetto SouthernTuscany. Permessi di ricerca Poggio Sandro, Poggio Le Casacce, C. Aiace, Poggio Pietricci, PoggioFogari, Poggio Pelato. Relazioni geominerarie, programma lavori, risultati ottenuti (1996-1999)Richieste di contributo per ricerca mineraria operativa (2000-2002). Raccolta di documentie relazioni, conservata nella Biblioteca del Museo Storico dell’OroItaliano.GOLD MINES OF SARDINIA Ltd. News 1993-2004. Raccolta conservata nellaBiblioteca del Museo Storico dell’Oro Italiano.ITALIAN (THE) GOLD FIELD LTD, ADROIT RESOURCES INC. Ricerche per oroepitermale in Toscana meridionale (2003-2008). Documenti, relazioni, news daInternet.MEDGOLD Resources Corp. Copie di pubblicazioni, news societarie e articoli giornalistici.2011-2014. Raccolta conservata nell’Archivio del Museo Storico dell’oroItaliano.PIPINO G. Le manifestazioni aurifere del Gruppo di Voltri con particolare riguardo ai giacimentidella Val Gorzente. “L’Industria Mineraria”, XXVII, 1976. Poi in Oro, Miniere,Storia. Miscellanea di giacimentologia e storia mineraria Italiana. Museo Storico dell’OroItaliano, Ovada 2003, e in Liguria Mineraria. Miscellanea di giacimentologia,mineralogia e storia estrattiva, Museo Storico dell’Oro Italiano, Ovada 2005.PIPINO G. Gold in Ligurian ophiolites (Italy). “Prooc. Intern. Ophiol. Symposium,Cyprus 1979”, Cipro 1980. Poi in “Liguria Mineraria” 2005, cit. PIPINO G. Disseminated gold in Latium and South Tuscany (Central Italy): first results.Rapporto interno TEKNOGEO Snc., Milano 1984.PIPINO G. Manifestazioni aurifere epitermali in Toscana Meridionale. “Boll. Ass. Min.Subalp.”, XXV, 1988 n. 1. Poi in “Oro, Miniere, Storia”, 2003, citato.PIPINO G. The first evidence of ephitermal gold in Italy: “Newsletter Intern. Liays.Group Gold Miner.” n 7, ottobre 1988.PIPINO G. Inventario delle segnalazioni e degli indizi di oro in Italia. Eseguito perconto AGIP Miniere, 1988. PIPINO G. Oro invisibile. Indizi e ricerca in Italia. “L’Industria Mineraria”, 1989 n.1. Poi in “Oro, Miniere, Storia”, 2003, citato.PIPINO G. Il grande imbroglio dell’oro invisibile e della ricerca mineraria in Italia. Relazione edibattito. “Boll. Ass. Min. Subalp.” XXIX, 1992 n. 4.

PIPINO G. Oro, Miniere, Storia. Miscellanea di giacimentologia e storia mineraria Italiana.Museo Storico dell’Oro Italiano, Ovada 2003. PIPINO G. Oro fra Toscane e Lazio: implicazioni giacimentologiche, archeologiche e storico-minerarie. In corso di pubblicazione.PIPINO G., RICCIO L. Documentazione sulle ricerche per oro epitermale in Toscanameridionale e Lazio (e sugli abusi subiti dalla CAL DENVER da parte dell’AmministrazioneMineraria e dell’AGIP MINIERE). 1985-1988. Raccolta di documenti, conservata nellaBiblioteca del Museo Storico dell’Oro in Italia.

SILLITOE R.H. Comments on the gold exploration programmes in Tuscany and Latium, Italy.Reports prepared for Anglo American Corp., 1988-1989. Raccolta di relazioniinedite, conservata nella Biblioteca del Museo Storico dell’OroItaliano.TANELLI G. Mineralizzazioni metallifere e minerogenesi della Toscana. “Mem. Soc. Geol.It.” 25 (1983), pubbl. 1985.TANELLI G., LATTANZI P. Metallogeny and mineral exploration in Tuscany: state of theart. “Mem. Soc. Geol. It.”, 31 (1986), publ. 1989.TANELLI G., SCARSELLA A. Tipologia e modellizzazione genetica delle mineralizzazioniaurifere epitermali della Toscana meridionale. “L’Industria Mineraria”, 1990 n. 2.

Parte della storia, con interviste ai protagonisti, è riportata nelvolumetto “L’oro della Maremma. Viaggio fra storia, mistero e leggenda” di F. BOSCHI,Ed. Del Buccia, Massarossa (LU) 2009. La documentazione sulle ricerche, compresi gli atti amministrativioriginali, i rapporti con l’AGIP Miniere e le corrispondenze con Facca,DiLabio, Tanelli e altri, è conservata nell’Archivio del Museo Storicodell’Oro Italiano, con quella di altre parti d’Italia e di alcune zoneestere. Dell’Archivio è stato recentemente pubblicato un dettagliatocatalogo (2014).