La tutela cautelare nell'arbitrato

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1 Al mio maestro, Brunetto

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Al mio maestro, Brunetto

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INDICE SOMMARIO

PREMESSA .................................................. 7 INTRODUZIONE .............................................. 11

CAPITOLO PRIMO

L’ARBITRATO NELLA DISCIPLINA ITALIANA: LA COMPETENZA ESCLUSIVA DEL GIUDICE STATALE

1 La tutela cautelare nell’arbitrato: concetti e

problematiche nella classificazione tradizionale

1.1 Definizione e ragioni per una classificazione .... 15

1.2 Arbitrato amministrato e arbitrato ad hoc ........ 19

1.3 Arbitrato nazionale ed arbitrato estero .......... 20

1.4 L’arbitrato internazionale come species

dell’arbitrato domestico: problemi

interpretativi alla luce della riforma del

2006 e del diritto internazionale privato ........ 23

1.5 Arbitrato rituale ed irrituale ................... 28

2 La competenza esclusiva del giudice statale

2.1 L’art. 818: ratio e portata del divieto ......... 34

2.2 Estensione ed effetti del divieto (segue) ....... 41

2.3 Il procedimento cautelare di fronte al

giudice ordinario per controversie

compromesse in arbitri: competenza e

accoglimento, inefficacia, revoca e modifica

del provvedimento ............................... 46

4

2.4 L’istruzione preventiva prima e dopo la

sentenza della Corte Costituzionale 28

gennaio 2010 n. 26 .............................. 51

CAPITOLO SECONDO

LA COMPETENZA CAUTELARE DEGLI ARBITRI NELLA DISCIPLINA

ITALIANA

1 Il limitato potere cautelare degli arbitri nel

sistema italiano

1.1 Il potere cautelare degli arbitri nel rito

societario ...................................... 57

1.2 Le eccezioni implicite: critica ................... 63

1.3 Limiti ed estendibilità dei poteri cautelari

degli arbitri ..................................... 69

2 Analisi delle ragioni del divieto e delle

soluzioni offerte

2.1 La chiave di lettura offerta dall’art 111 e

dai trattati europei ............................ 71

2.2 Orientamenti sull’applicabilità delle

astreints alla tutela cautelare e

all’arbitrato (rituale): chiave di lettura di

un’evoluzione normativa? ........................ 74

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CAPITOLO TERZO

LA TUTELA CAUTELARE NELL’ARBITRATO INTERNAZIONALE

1 La competenza concorrente degli arbitrati in

materia cautelare

1.1 Ragioni e utilità dello studio della tutela

cautelare nell’arbitrato internazionale ......... 81

1.2 La convenzione di New York e la convenzione di

Ginevra ......................................... 83

1.3 La legge modello UNICTRAL ....................... 86

1.4 Maggiori regolamenti arbitrali .................. 90

1.5 Breve rassegna di modelli adottati nelle

legislazioni nazionali .......................... 97

1.6 Rapporti tra giurisdizioni ordinarie e

giurisdizioni arbitrali per nell’emissione di

provvedimenti cautelari: affermazione del

modello a competenza concorrente ............... 103

2 Le misure adottabili

2.1 Tipologie di misure cautelari arbitrali; le

anti-suit injunctions .......................... 109

2.2 Le misure ex parte ............................. 115

2.3 Le misure pre-arbitrali ........................ 121

CONCLUSIONI .............................................. 125

BIBLIOGRAFIA ............................................. 131

RINGRAZIAMENTI ............................................ 145

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7

PREMESSA

Quando abbiamo concordato il titolo di questo lavoro con il

Professor Biavati, che ringrazio per la professionalità e

comprensione avuta in questi mesi, la prima cosa che ho

fatto è stato cercare su internet di cosa trattasse –non me

ne vogliano per il metodo coloro che della ricerca ne hanno

fatto una professione. È stato frustrante vedere pochi e

ripetitivi risultati che principalmente rinviavano

all’articolo 818. E consultando la norma nel codice la

reazione è stata non meno sconfortante: «Gli arbitri non

possono concedere sequestri, né altri provvedimenti

cautelari, salva diversa disposizione di legge».

Come si può strutturare una tesi su una norma che vieta?

Cosa riuscirò a scrivere su una cosa “che non si può fare”?

Questi erano gli interrogativi che mi riempivano la testa

quando ho iniziato ricercare documenti sull’argomento.

Gli esiti di due mesi di ricerca per “entrare nella

materia” non erano poi così scoraggianti: decine di

articoli dottrinali che, sebbene in maniera non sistematica

ed organica, componevano un quadro, un mosaico direi,

rappresentativo del complesso intreccio delle norme che

regolano i due istituti, la tutela cautelare e l’arbitrato.

E così l’obiettivo è diventato di tentare di dare una

visione di insieme ad una materia poco organica e trattata

con frammentarietà.

A dar forza alle mie opinioni inoltre non v’era (quasi)

alcun dato della giurisprudenza, come se l’argomento fosse

un caso di scuola. Dopo un mese dall’inizio della fase di

redazione mi sembrava di aver sotto mano un argomento

teorico, di monopolio e interesse dei soli studiosi; e

ritenevo superfluo il lavoro di uno studente che

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confrontandosi con gli scritti e le teorie dei migliori

giusprocessualisti civili si limitasse a tracciare le

linee guida della materia. Impiegavo ore per tirare le fila

e comporre discussioni che sembravano non aver alcun

risvolto pragmatico. Sempre crescenti però erano i rinvii

che incontravo nella letteratura al fenomeno internazionale

e comparativo. Così, timoroso della mole del lavoro che mi

aspettava, ho iniziato ad indirizzare la ricerca

nell’ambito internazionale e comparatistico. I risultati

sono stati sorprendenti. Infatti “si è aperto un mondo”, il

mondo dell’arbitrato internazionale; costituito da una

miriade di istituzioni, ognuna governata da regole proprie,

che emettono ogni anno migliaia di decisioni in materia

cautelare. Così mi è sembrato meno stravagante e non un

mero esercizio teoretico quello che la nostra dottrina, con

sforzo, ha tentato a più riprese di fare, cercando di

espandere all’indicibile i limiti del divieto e andandone a

ricercare le più profonde radici storiche e ontologiche. Mi

sono sembrate, così, meno di bandiera e più concrete quelle

battaglie sull’interpretazione (quasi maniacale) delle

norme o su complesse argomentazioni meramente ipotetiche.

Perché molte costruzioni, per quanto belle e solide, sono

grattacieli costruiti su fondamenta di carta -e mi pare che

ciò, da profano lo si veda con più chiarezza. Raffinati

esperimenti teorici che possono crollare al confronto con

un drammatico, poiché inesistente, riscontro pratico. Ma

non sono vani.

Come accenno in un passaggio dell’elaborato, le inversioni

di rotta giurisprudenziali e dei legislatori nascono sempre

dal basso: ora da un’argomentazione particolarmente

convincente di un avvocato che passa il vaglio del Supremo

Collegio, ora da una critica fondata che emerge da un

confronto fra gli studiosi, e così via. In questo caso la

9

critica non solo è unanimemente gridata dalla migliore

dottrina italiana, ma corroborata da una pratica

internazionale che non lascia spazio a dubbi sulla

possibile configurabilità e legittimità.

Il problema, com’era già stato notato 1 , non è solo

giuridico. Il problema è anche economico, poiché una norma

del genere contribuisce ad escludere l’Italia dal traffico

degli scambi internazionali. I litiganti, già restii a

scegliere il nostro Paese come luogo dei loro affari, e

quindi delle loro potenziali controversie, non possono così

nemmeno contare su un’efficiente giustizia alternativa,

intrappolati come sono gli arbitri nelle strette maglie

cucite dalla legge.

Ed il problema, se si vuole, è anche politico, poiché

dimostra come il legislatore -che pure si è recentemente

confrontato con il tema dell’arbitrato- non ha saputo

recepire tutte le indicazioni che provenivano dalla prosa

giuridica. Né ha saputo fare una cosa ancor più semplice:

confrontare la propria legge con quella di tutti gli Stati

dell’UE. Si è arroccato in una posizione eremitica che

potrà essere abbandonata solo alla luce di una revisione

della maniera di effettuare certe scelte legislative.

Agli albori della formazione di un nuovo governo, che

colloca un politico al vertice del Ministero della

Giustizia, sembra riemergere con attualità il tema della

politica legislativa e della maggiore o minore inclusione

dei tecnici nella redazione delle leggi. So che in momenti

storico-politici come questo sembra blasfemo anche solo

pronunciarne il nome, ma qui si cerca solo di valutare il

ruolo di chi studia e si confronta quotidianamente con

1 BIAVATI, Spunti critici sui poteri cautelari degli arbitri, in Riv. Arb., 2013, p. 335 parla del nostro ordinamento come di «un’isola antica, che contribuisce a rendere il nostro paese luogo non particolarmente attrattivo per i litigators internazionali».

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queste tematiche; pur riconoscendo che la giustizia è una

materia omogenea che non può e non deve essere appannaggio

dei soli operatori giuridici, sembra opportuno domandarsi

se ed in che misura la politica può influire su scelte

prettamente di settore. E così si può accogliere con favore

la nomina di un politico come vertice della giustizia

italiana cosicché la politica -mai così distante dai

cittadini- si riprenda oneri e onori di certe scelte. Ma

perché vi siano anche gli onori, la politica ministeriale

non potrà che essere inclusiva nei confronti dei migliori

(e mistificati) tecnici che più umanamente sono studiosi e

pratici del diritto che dignitosamente nell’ombra

suppliscono ai vuoti della macchina giustizia.

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INTRODUZIONE

Il problema della tutela cautelare nell’arbitrato può

sembrare agli occhi di molti un problema tecnico, isolato e

tutto sommato di limitata importanza.

Il codice di procedura civile vi dedica una secca norma che

vieta agli arbitri di emettere provvedimenti cautelari. Per

sopperire a questa grave mancanza il legislatore ha

approntato così una normativa parallela, inserita nel

contesto del procedimento cautelare uniforme, che consente

alle parti di un arbitrato di chiedere la medesima tutela

al giudice statale.

Nel primo capitolo di questo lavoro, muovendo dalle

definizione e classificazioni fondamentali nell’arbitrato

applicate al tema della tutela cautelare, si tenta di

sistematizzare le norme che completano il quadro della

giurisdizione cautelare esclusiva dei giudici statali

nell’ambito dell’arbitrato. La sintetica disposizione

dell’articolo 818 in realtà cela grossi problemi di

raccordo con la disciplina cautelare uniforme. La vacatio

iurisdictionis creata dal articolo 818 non è infatti

colmata da una disciplina uniforme che regoli procedimento

cautelare in caso di compromesso, clausola compromissoria o

pendenza del giudizio arbitrale. Le norme sono contenute in

varie disposizioni sparse negli articoli 669-bis/669-

quaterdecies che si è cercato di ricostruire in un mosaico

uniforme. Nel secondo capitolo si è cercato di comporre in

maniera organica l’insieme delle residuali eccezioni

-implicite ed esplicite- all’interdizione contenuta

nell’articolo 818. La seconda norma della parte infatti fa

salve eventuali diverse disposizioni di legge ed è stata

inserita dal legislatore del 2006 con l’intento di

12

coordinare quell’unica eccezione presente nella legge e

costituita dalla sospensione delle delibere assembleari. Ma

la clausola di salvezza, non limitandosi a richiamare

esplicitamente l’art. 35 del D. Lgs 5/2003, di fatto lascia

spazio ad un’ermeneutica aperta su eventuali altre deroghe

rinvenibili nel codice. Ed è così che si possono scovare

alcune limitate ipotesi che seppure non scalzano di un

passo il divieto, lo rendono un po’ meno perentorio e

soprattutto rilevano la poca idoneità dello stesso ad

essere costituivo di un insuperabile valore assoluto. È

sempre in questo contesto che si colloca il copioso

contributo dottrinale che a più riprese ha evidenziato

l’assenza di ragioni strutturali ed ontologiche del

divieto. Questo aspetto unito ad un’attenta comparazione

con il sistema internazionale, consentono di affermare che

tale divieto non trova più ragion d’essere nella

spiegazione classica, costituita dalla mancanza dei poteri

di imperium degli arbitri.

Proprio il dato comparativo e lo studio delle principali

legislazioni statali e dei maggiori regolamenti arbitrali,

affrontati nel terzo capitolo, mostrano la pochezza

argomentativa su cui si fonda il nostro articolo 818.

Allo stesso tempo dimostrano come invece la tutela

cautelare arbitrale sia una realtà concreta e che ricorre

sovente. Non è un mero esercizio teorico svolto dai

commentatori, ma una solida pratica consolidata da

migliaia di applicazioni.

Lo studio di questo complesso fenomeno è potenzialmente

sterminato; qui l’analisi delle condizioni, della

procedura, dei vari tipi di misure e del rapporto con le

corti statali si interfacciano e combinano con una

molteplicità di fonti di produzione (Convenzioni, leggi

nazionali e regolamenti arbitrali) andando a creare una

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struttura complessa ed eterogenea che sfugge ad una

catalogazione sistematica.

Per questo e per ragioni di brevità espositiva si è scelto

di esaminare solo certi aspetti principali della

disciplina, come le fonti, ed alcune selezionate misure per

le peculiarità che presentano.

A parte la suddivisione tematica e il doppio binario

argomentativo (disciplina interna ed internazionale), si è

provato ad esaminare la materia sotto la lente

d’ingrandimento del rapporto fra giurisdizione statale e

arbitrale in materia cautelare; come si può intuire, tanti

più poteri vengono affidati agli arbitri tanto meno bisogno

ci sarà di rivolgersi ai giudici togati. Nessuna

legislazione, tuttavia, arriva al punto di escludere in

toto la competenza dei giudici cui è sempre affidata, in

linea di massima, l’esecuzione forzata delle misure.

Quest’ultima considerazione può spingerci oltre a

speculazioni di carattere più generale: il legislatore

nell’affrontare il problema della tutela cautelare

nell’arbitrato ha chiuso la porta ad una soluzione più

vicina alla volontà manifestata dalle parti e più lontana

dall’obiettivo prioritario di alleggerire la macchina della

giustizia civile. Con un’incursione paternalistica il

legislatore ha riaffermato la superiorità della potestas

iudicandi statale a nocumento della libertà

contrattualistica delle parti. In questo senso mi sembra

che l’oggetto di questo scritto sia una buona proiezione di

un indirizzo di politica del diritto intrapreso dal nostro

legislatore. Farsi delle grandi domande per rispondere a

piccole questioni e viceversa è il metodo e l’obiettivo che

mi sono prefissato per dare più ampio respiro ad una

questione che altrimenti potrebbe essere relegata

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all’interesse di pochi studiosi certamente più preparati di

me.

Gli interrogativi che stanno a priori dell’argomento sono

due: può il tema della tutela cautelare nell’arbitrato

essere la cartina di tornasole del mal funzionamento della

giustizia civile in Italia? E quindi, le soluzioni

auspicate, potrebbero significare un mutato approccio del

legislatore capace di risolvere i problemi più generali

legati alla lentezza del processo civile?

Alla luce di queste domande mi accingo ad affrontare la

questione nella speranza di sollevare più dubbi che fornire

risposte.

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CAPITOLO PRIMO

L’ARBITRATO NELLA DISCIPLINA ITALIANA: LA COMPETENZA ESCLUSIVA DEL GIUDICE STATALE

SOMMARIO: 1. La tutela cautelare nell’arbitrato: concetti e problematiche nella

classificazione tradizionale. – 1.1 Definizione e ragioni per una classificazione. - 1.2

Arbitrato amministrato e arbitrato ad hoc. - 1.3 Arbitrato nazionale ed arbitrato

estero. - 1.4 L’arbitrato internazionale come species dell’arbitrato domestico: problemi

interpretativi alla luce della riforma del 2006 e del diritto internazionale privato. -

1.5 Arbitrato rituale ed irrituale. – 2 La competenza esclusiva del giudice statale. -

2.1 L’art. 818: ratio e portata del divieto. - 2.2 Estensione ed effetti del divieto

(segue).- 2.3 L’istruzione preventiva prima e dopo la sentenza della Corte

Costituzionale 28 gennaio 2010 n. 26. - 2.4 Il procedimento cautelare di fronte al

giudice ordinario per controversie compromesse in arbitri: competenza e accoglimento,

inefficacia, revoca e modifica del provvedimento.

1. La tutela cautelare nell’arbitrato: concetti e

problematiche nella classificazione tradizionale.

1.1 Definizione e ragioni per una classificazione

L’arbitrato, nella sua più ampia dimensione non giuridica

viene dipinto come un «luogo di relazioni fra giudicati e

giudicanti», un ambiente permeato da un alto grado di

omogeneità fra gli “attori sulla scena arbitrale”2; è uno

spazio sociale nel quale non c’è posto per il monopolio

statale del diritto costretto a cedere il passo alla

autonomia delle parti3 . Restringendo il campo di indagine

2 LA CHINA, L’arbitrato il sistema e l’esperienza, Milano, 2011, Prefazione 3 PUNZI, Arbitrato, II) Arbitrato rituale e irrituale, in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, 1999

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alle sole scienze giuridiche il fenomeno è viene inquadrato

dalla dottrina classica nella categoria dei mezzi

alternativi di risoluzione delle controversie4 (Alternative

Disputes Resolution), nella quale occupa una posizione di

rilievo 5 sia per la crescente diffusione 6 che per

l’evoluzione subita dalla normativa per mano del

legislatore e per il mutare degli usi commerciali.

La collocazione all’interno delle ADR non è pero pacifica;

se è vero che la legislazione Europea 7 e nazionale di

“tutto ciò che non è processo ordinario” ha avuto un forte

slancio nell’ultimo ventennio, all’interno di questa spinta

riformatrice, ben poco spazio è stato lasciato

all’arbitrato. Ciò non significa che la disciplina

dell’arbitrato non si sia evoluta in questo periodo,

tutt’altro. Significa solo che ha trovato collocazione

nell’ambito di interventi novellatori diversi rispetto a

quelli che si occupavano di strumenti alternativi di

risoluzione delle controversie (su tutti, la mediazione).

L’indirizzo dell’UE nella politica sulle ADR sembra va

4 COMOGLIO-FERRI-TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bologna, 2011, p.119 5PUNZI, Relazioni fra l’arbitrato e le altre forme non giurisdizionali di soluzione delle liti, in Riv. Arb., 2003, p. 385 ss. 6 GIARDINA, Arbitrato, Diritto. Internaz. Privato e Proc., in Enc. Giur., Vol. II, Roma, 1999, p. 1. 7 il primo intervento della Commissione Europea risale al 1993 per il quale si rimanda a CAPPONI, Il Libro Verde sull’accesso dei consumatori alla giustizia, in Documenti Giustizia, 1994, p. 362 ss.; nel successivo intervento della Commissione vd. Libro Verde sui modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale del 19 aprile 2002, COM (2002) 196 def., dal quale è stato espressamente escluso l’arbitrato poiché «modo di risoluzione delle controversie assimilabile più ai procedimenti giurisdizionali che ai modi alternativi, in quanto il lodo arbitrale mira a sostituirsi alla decisione giudiziaria». Dalla direttiva che ne è seguita (CE n. 2008/52) veniva chiesto agli Stati membri di introdurre in maniera uniforme mediazione e conciliazione nei rispettivi ordinamenti nel quadro della armonizzazione delle A.D.R.. La stessa, ancora una volta, chiariva che «La presente […] non dovrebbe applicarsi alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale». Per ultimo si segnala che l’art. 81, comma 2°, TFUE alla lettera g. parla in generale di «sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie».

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senso di un’esclusione dell’arbitrato e ciò trova

fondamento nella affermazione del piano giurisdizionale in

cui esso si muove 8 . Questo, infatti, condivide con la

giurisdizione statale lo scopo e le forme 9 : le parti

chiedono tutela ad una persona terza e imparziale per la

soluzione di una lite, attraverso un provvedimento

decisorio. Al contrario sembrerebbe fuorviante e datata la

visione dell’arbitrato come terreno dove regna il fair play

e la ricerca di una soluzione condivisa fra le parti 10 .

Piuttosto si nota come l’arbitrato sempre più spesso prenda

in prestito gli strumenti tipici del procedimento ordinario

e che le differenze con il giudizio statale si riducano

sempre più a differenze meramente nominalistiche. Questo

dovrebbe bastare di per sé ad escludere l’appartenenza del

giudizio arbitrale alla categoria delle ADR almeno per come

essa è stata interpretata dall’UE e di conseguenza dagli

Stati membri.

Carattere peculiare dell’istituto è l’alterità 11 del

giudizio arbitrale alla giurisdizione statale, o in una

concezione più radicale, il rifiuto della giurisdizione

statale 12 . Tale autonomia dell’istituto è oggi confermata

8 vedi la ricostruzione della legislazione europea di RASIA, Tutela giudiziale europea e arbitrato, Bologna, 2010, pp. 21-25; DANOVI, Le ADR (Alternative Disputes Resolution) e le iniziative dell’Unione Europea, in Giur. It., 1997, p. 326 ss. 9 RASIA, Op. Ult. Cit., p. 35 parla di analogia nel «processo logico di formazione della decisione nell’arbitro e nel giudice» «al di là di ogni presa di posizione sull’equiparazione effettuale tra lodo e sentenza»; inoltre ricorda la sempre valida definizione di CARNELUTTI, Sistema del diritto processuale civile, Padova, 1936, p. 54 di «arbitrato come ‹‹equivalente giurisdizionale››, volto a perseguire un interesse alla composizione dei conflitti al quale lo stato ‹‹riconosce, sotto certe condizioni, idoneità a raggiungere lo stesso scopo a cui tende la giurisdizione›› ». 10 CORAPI, Arbitrato e tutela cautelare, in Riv. Dir. Comm. e Dir. Gen. Obbl., 2008, p. 479. 11 LA CHINA, Op. Ult. Cit. p. 22, ma in tal senso anche MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2010, p. 357. 12 PUNZI, Arbitrato, Arbitrato rituale e irrituale, in Enc. Giur., Vol. II, Roma, 1999, p. 3.

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dall’equiparazione, da un lato, dell’atto introduttivo del

giudizio arbitrale alla domanda del rito ordinario avvenuto

con la L. 5 gennaio 1994 n. 25 e, dall’altro lato, del lodo

alla sentenza il cui deposito –dopo la riforma del 2006- è

divenuto persino superfluo ai fini dell’efficacia del

provvedimento stesso, rimanendo quest’ultimo necessario

solo per acquisire efficacia esecutiva e rendere idonea la

iscrizione e trascrizione dell’ipoteca. Proprio l’alterità

del giudizio arbitrale a quello statale costituisce il

punto di partenza di questo studio ed è tenendo a mente

questo aspetto che si deve leggere, da una parte, la scelta

del legislatore italiano di negare la tutela cautelare alle

controversie compromesse in arbitri, e dall’altra parte, la

critica praticamente unanime mossa dagli studiosi. Insomma,

in una disciplina che si scontra con un divieto così

perentorio e difficile da superare con la sola

interpretazione, l’unica lettura che sembra possibile è

offerta dalla ricostruzione dell’istituto in chiave

teleologica andando alla ricerca delle ragioni -magari

anche non prettamente giuridiche- che hanno spinto i vari

legislatori verso una scelta così impopolare, almeno fra

gli osservatori.

In un così vasto ed eterogeneo settore giuridico è quanto

mai utile ricorrere ad una classificazione dei vari tipi di

arbitrato sia per ragioni sistematiche che per concentrare

l’analisi in quegli ambiti che più ci interessano ai fini

di questa ricerca. La classificazione che segue non ha

pertanto pretese di esaustività, ma solo di introdurre

l’istituto dell’arbitrato e sottolineare alcuni di quegli

aspetti che sono più rilevanti nella intersezione con

l’istituto della tutela cautelare.

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1.2 Arbitrato ad hoc ed arbitrato amministrato

In primo luogo è opportuno effettuare una distinzione sulla

base della struttura dell’organo giudicante in arbitrato ad

hoc (o tradizionale) ed arbitrato istituzionale (o

amministrato). Si ha il primo laddove, volta per volta,

viene costituito un collegio arbitrale o un singolo arbitro

al fine di risolvere quella specifica controversia

compromessa. Si ha il secondo, invece, quando il

procedimento viene celebrato sotto l’egida di una stabile e

specifica istituzione a ciò preposta. Quest’ultima è

costituita normalmente da una camera arbitrale, dalle

Camere di commercio nazionali ed internazionali ovvero

dagli organi preposti da associazioni di categoria od

ordini professionali13. Questa possibilità è prevista anche

dallo stesso codice di procedura, che all’articolo 832 fa

espresso riferimento a «le istituzioni di carattere

associativo» (comma 4°) e a «l’istituzione arbitrale». La

stessa rubrica («Dell’arbitrato secondo regolamenti

precostituiti») lascia intendere che tipicamente tali

istituzioni si dotano di regolamenti propri, sebbene sia

già stata evidenziata la non necessaria coincidenza fra

arbitrato amministrato vero e proprio e quello meramente

regolamentato 14 . Non si può infatti escludere che un

compromesso di un arbitrato ad hoc rinvii ad un regolamento

13 «Osserva E.F. RICCI, Note sull’arbitrato amministrato, in Riv. dir. proc., 2002, p.1 che le istituzioni arbitrali hanno una triplice origine: associazioni di categoria, create al fine di consentire la soluzione di controversie fra i membri; associazioni indipendenti come l’A.i.a., che hanno come fine la diffusione dell’arbitrato e infine le istituzioni arbitrali come le Camere di commercio.» in PUNZI, Brevi note in tema di arbitrato amministrato, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2009, p. 1329 nota 12. 14 LA CHINA, Op. Ult. Cit., p. 3; PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2012, p. 274 ss.; CORSINI, L’arbitrato secondo regolamenti precostituiti, in Riv. Arb., 2007, p. 295 ss.

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precostituito da un’istituzione, senza ad essa rivolgersi,

sebbene tale ipotesi comporti non lievi problemi di

raccordo con la eventuale disciplina prevista dal

regolamento che introduca elementi collegati

all’istituzione fisica15.

Uno di questi elementi ci introduce ad un tema peculiare

della ricerca che si approfondirà più avanti e che è

caratteristica propria solo dell’arbitrato istituzionale;

mi riferisco alle misure cautelari ante causam della cui

emissione può essere investito un comitato permanente, il

c.d. Emergency arbitrator, costituito presso l’istituzione

arbitrale. Di questo tipo di organo si sono dotate già da

tempo, le maggiori camere arbitrali internazionali ed

italiane e l’istituto sembra essere un valido argomento per

criticare la competenza esclusiva in materia cautelare dei

giudici italiani e per sollecitarne una pronta riforma (vd.

infra).

1.3 Arbitrato nazionale ed arbitrato estero

Sulla base dell’ordinamento cui l’arbitrato è collegato si

potrà distinguere inoltre fra arbitrato nazionale (o

domestico), estero (o straniero) ed internazionale.

I primi due tipi riguardano due facce della stessa

medaglia, dovendosi ritenere un arbitrato nazionale

piuttosto che estero quando il punto di vista

dell’osservatore coincide con l’ordinamento cui l’arbitrato

è collegato. Ad esempio per un osservatore italiano, sarà

15 ciò è confermato anche dall’esistenza del regolamento UNICITRAL per il quale si rimanda a BIAVATI, Arbitrato internazionale, in AA. VV.., Arbitrati speciali, a cura di CARPI, Bologna, 2008, p. 409 ss.

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nazionale l’arbitrato regolato dal c.p.c. ed estero quello

disciplinato da codici di rito spagnolo o tedesco e

viceversa. I singoli criteri di collegamento possono essere

di tipo geografico, come il luogo di pronuncia del lodo

ovvero di tipo giuridico, come la fissazione di una sede

legale dell’arbitrato ovvero ancora di tipo volontaristico

e rimesso, cioè, ad una manifestazione in tal senso della

volontà delle parti. 16 Nel sistema italiano, alla luce

della riforma del titolo VIII del libro IV del codice di

procedura civile del 2006, è l’elemento volontaristico ad

ancorare il giudizio privato all’ordinamento, rimanendo il

previo criterio territoriale -al più- un mero indice della

manifestanda volontà delle parti. Il legislatore, per

colmare un eventuale vuoto nel compromesso, ha previsto

all’art. 816 un meccanismo in base al quale è sempre

possibile individuare un luogo quale sede dell’arbitrato17.

Sebbene la differenza fra i due modelli sia solo un

problema di prospettiva, la qualificazione di un arbitrato

come straniero o domestico non è priva di conseguenze

nell’applicazione del procedimento relativo all’emissione

di provvedimenti cautelari. Infatti, come si vedrà più

ampiamente, l’art. 669-quinquies risolve il problema della

competenza in materia cautelare per lite compromessa in

arbitri assegnandola al giudice che sarebbe stato

virtualmente competente a conoscere del merito. Certa

dottrina18 ritiene tuttavia che la norma non è applicabile

16 PICOZZA, Il lodo italiano e i lodi esteri a seguito della riforma del 2006, in studi in onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, p. 566 17 BOVE, La nuova disciplina dell’arbitrato, in BOVE-CECCHELLA, Il nuovo processo civile, Milano, 2006, p. 73. 18 OLIVIERI, I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile (legge 26 novembre 1990, n.353), in Riv. dir. proc., 1990, p. 697; CONSOLO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, p. 611; in giurisprudenza si veda per l’applicazione dell’art. 669-ter comma 3°, Trib. Venezia 6 luglio 1998, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1999, p. 92 ss. e Trib. Palmi 9 luglio 1998, in Giur. it., 1999, p. 121 ss. con nota di GENNARI.

22

per l’arbitrato estero argomentando che il giudice italiano

non sarebbe (virtualmente) competente per il merito e

propone di applicare il disposto degli artt. 669-ter, comma

3° e 669-quater, comma 5° c.p.c., che prevedono

l’attribuzione della competenza al giudice -competente per

materia o valore- del luogo in cui la misura dovrebbe

essere eseguita in Italia, sia per le misure ante causam

che per quelle in corso di causa. Tali rilievi sono veri

solo nei frequenti casi in cui per la controversia

compromessa in arbitrato estero non sussista la

giurisdizione del giudice italiano19, ma la considerazione

non sembra meritare l’estensione ad interpretazione di

portata generale 20 . Pertanto si ritiene che, laddove

sussista la competenza del giudice italiano per la causa di

merito, si farà riferimento all’art. 669-quinquies, quale

specificazione per le liti compromesse in arbitri, del

criterio generale ex 669-ter; al contrario, se (ma solo in

tal caso), non sarà competente per la causa di merito il

giudice italiano, allora si applicherà il procedimento che

risulta dal combinato disposto degli artt. 669-ter, comma

3°, e 669-quater, comma 5°, di cui supra. Infine laddove il

lodo estero sia già stato pronunciato e sia al vaglio del

giudizio di exequatur dei giudici italiani, è nello stesso

giudizio di delibazione che si deve individuare il

“giudizio di merito” ex 669-quater, rendendo così lo stesso

organo giudicante incaricato anche di risolvere le

eventuali questioni cautelari21.

19 LUISO, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p. 255. 20 così PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, Padova, 2012 p. 219. 21 così App. Milano 2 Dicembre 1993, in Giur. it., 1994, I, p. 259 ss.

23

1.4 L’arbitrato internazionale come species dell’arbitrato

nazionale: problemi interpretativi alla luce della riforma

del 2006 e del diritto internazionale privato

Si può parlare in generale di arbitrato internazionale 22

per quell’arbitrato «che presenti elementi di

internazionalità, ovvero di estraneità rispetto ad un

determinato ordinamento nazionale». Non è possibile

individuare una definizione univoca per tutti gli

ordinamenti, poiché, mentre alcuni (come Francia e

Svizzera) hanno adottato una normativa ad hoc per

l’arbitrato internazionale, altri (Germania, Regno Unito e

Pasi Bassi), la hanno accorpata a quella dell’arbitrato

interno. I criteri di collegamento fra arbitrato domestico

ed arbitrato internazionale possono essere ricondotti al

modello oggettivo quando si fondano sulla natura della

controversia o sul luogo di esecuzione delle prestazioni

contrattuali, ovvero al modello soggettivo quando fanno

riferimento all’origine delle parti23.

L’Italia con la riforma del 1994 aveva adottato una

soluzione intermedia prevedendo un’autonoma disciplina, ma

stabilendo che fosse comunque applicabile quella dettata

per l’arbitrato interno laddove non esplicitamente

derogata. Tutta la normativa era ispirata alla Convenzione

europea sull’arbitrato commerciale internazionale

sottoscritta a Ginevra il 21 aprile 1961 ed era contenuta

negli artt. 833-838 c.p.c.. L’arbitrato internazionale era

anzitutto, è bene precisarlo, un arbitrato rituale italiano

22 spesso chiamato anche “transnazionale”; per tutti vedi BIAVATI, Arbitrato internazionale, in Arbitrati speciali, a cura di CARPI, Bologna, 2008, p. 394, che lo definisce come «controversie che producono effetti in più ordinamenti». 23 CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato internazionale, Padova, 2006, p. 17 ss.

24

fra soggetti privati 24 , in virtù della fissazione di una

sede legale nel territorio dello stato, come disposto dal

art. 816 prima dell’intervento del 2006, e pertanto lo si

doveva ritenere in rapporto di species a genus con

l’arbitrato nazionale25.

Il previgente art. 832 indicava i c.d. «indici di

internazionalità» 26 da individuare, al di là delle più o

meno estensive letture esegetiche, nel fatto che, al

momento della sottoscrizione del compromesso, almeno una

delle due parti avesse la residenza o la propria sede

effettiva all’estero (profilo soggettivo) ovvero che, ivi,

dovesse eseguirsi una parte rilevante delle prestazioni

nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferiva

(profilo oggettivo). Fra le norme applicabili al solo

arbitrato internazionale ve n’era una, contenuta nel

disposto dell’art. 834, che consentiva alle parti di

«stabilire tra loro le norme che gli arbitri debbono

applicare». Laddove queste avessero scelto di rinviare ad

una normativa o regolamento che consentiva all’arbitro di

emettere provvedimenti cautelari, era lecito domandarsi

quale esito questi ultimi avrebbero avuto. Ebbene, quando

la legge del luogo cui le parti avevano rinviato prevedeva

il monopolio dei poteri cautelari in mano al giudice

statale, ogni accordo contrario delle parti sarebbe stato

da ritenere inefficace per quelle misure che necessitavano

-per essere fruttuose- dell’intervento coattivo del

24 Per distinguerlo dall’arbitrato di diritto internazionale pubblico, così PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2012, p. 304 nota 44. 25 BIAVATI, in Arbitrato: commento al titolo 8. del libro 4. del Codice di procedura civile, artt. 806-840, Bologna, 2001, a cura di CARPI, sub art. 832, p. 741; FAZZALARI, La riforma dell’arbitrato, in Riv. Arb., 1994, p. 17. 26 LA CHINA, Op. Ult. Cit., p. 284.

25

giudice27. Si osservava che la posizione che avrebbe potuto

assumere una corte straniera dinnanzi ad una richiesta di

intervento in materia cautelare, sarebbe dipesa dalla

singola lex loci e che, in ogni caso, questa avrebbe potuto

ritenere di non essere obbligata a prestare assistenza,

rendendo così il provvedimento dell’arbitro privo di

efficacia 28 . Altri facevano notare come tuttavia, anche

l’eventuale rinvio a regolamenti o normative più permissive

fossero mere «tigri di carta» stante l’impossibilità

dell’arbitro italiano di arbitrato internazionale di dare

esecuzione coattiva dei provvedimenti, facendo salvo solo

il residuo potere di persuasione nei confronti del giudice

cautelare 29 . Quanto al contenuto delle singole misure

cautelari si riteneva che alla stregua dell’art. 834 si

dovesse far riferimento, per quanto poi compatibili in

termini di applicabilità nell’ordinamento italiano, alla

lex causae.

Come accennato, il sistema appena esposto è stato tout

court abrogato dal D. Lgs. 40/2006 e con esso è scomparso

dal codice di rito anche lo stesso nomen di “arbitrato

internazionale”, rimanendo in vigore solo il novellato art.

832, di contenuto totalmente differente (di cui supra). La

scomparsa di una norma, tuttavia, non cancella la realtà

delle situazioni di fatto cui era dedicata: tutt’ora è

possibile conservare l’aggettivo di “internazionale” per

quell’arbitrato italiano che ha ad oggetto controversie di

commercio fra operatori di stati diversi. E ad esso si

dovrà oggi applicare, oltre alle norme in materia di

27 BONSIGNORI, L’arbitrato internazionale fra convenzione di Ginevra e codice di rito, in Riv. Arb., 1995, p. 379 ss. 28 BERNARDINI, Arbitrato internazionale e misure cautelari, in Riv. Arb., 1993, p. 20 ss. 29 BROGGINI, I provvedimenti cautelari nell’arbitrato internazionale: analogie e differenze delle soluzioni italiana e svizzera, in, Riv. Arb., 1991, p. 496.; LAUDISA, Arbitrato internazionale e tutela cautelare, in Riv. Arb., 2005, p. 457.

26

arbitrato interno in quanto non espressamente derogate 30 ,

anche quella che fu fonte ispiratrice della disciplina

codicistica, ossia la convenzione di Ginevra del 1961. In

particolare potrà rivivere la norma circa la scelta della

legge sostanziale applicabile, attraverso i generali

principi di diritto internazionale privato. E così, oggi,

gli arbitri internazionali sedenti in Italia dovranno

scegliere -in maniera meno discrezionale rispetto al

criterio formulato dal vecchio art. 834- la normativa

applicabile attraverso le «norme di conflitto del foro

(Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle

obbligazioni contrattuali, ovviamente, compresa), senza

esercitare alcuno speciale potere discrezionale»31.

Riassumendo, l’arbitrato internazionale italiano, a seguito

dell’abrogazione operata dalla riforma del 2006, è

disciplinato dalle stesse norme codicistiche dettate per

l’arbitrato domestico, incluso l’art. 818 c.p.c. 32 ; a

queste va aggiunto il diritto convenzionale e tutti quei

principi internazional-privatistici che nel loro complesso

consentono tra l’altro, di far rivivere la norma formulata

dal previgente art. 834 sulla legge sostanziale applicabile

all’arbitrato internazionale 33 . Così delimitato il piano

normativo su cui si poggia l’istituto, si dovrebbe guardare

al caso in cui le parti scegliessero una legge sostanziale

(o un regolamento) di riferimento che consentisse loro di

chiedere provvedimenti cautelari all’arbitro. Questi si

troverebbe a dover risolvere un conflitto tra diverse 30 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., che segue specificando che «a seguito della riunificazione della disciplina dell’arbitrato, realizzata col D. Lgs. n. 40/2006, l’applicazione indistinta dell’art 818 a qualsiasi tipo di arbitrato va a fortiori ribadita» p. 253. 31 BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, in Riv. Arb., 2005, p. 683. 32 GHIRGA, La nuova disciplina dell’arbitrato, in I libri de Le nuove leggi civili commentate, a cura di MENICHINI, Padova, 2010, sub art. 818, p. 310 ss. 33 BRIGUGLIO, Op. Ult. Cit., p. 683.

27

fonti: la volontà delle parti, il regolamento o la legge

diversa richiamata, e i principi generali ricavati dalla

prassi e dagli usi -per quanto applicabili all’arbitrato in

questione. Tale conflitto potrebbe riguardare persino

«fonti di uno stesso livello, allorquando la concessione ed

esecuzione della misura cautelare interessi fatalmente più

ordinamenti». Si dovrà procedere in tal caso al

coordinamento della lex loci (quella della sede

dell’arbitrato e, quindi, quella italiana nel caso in

oggetto), con la lex causae (ossia quella scelta nella

convenzione arbitrale), ma anche con la lex fori, vale a

dire quella che «governa il potere del giudice competente

per l’esecuzione» della stessa (che non sempre coincide con

la prima)34. Seppure in tale contesto sono rilevanti varie

norme potenzialmente in contrasto fra di loro, la prassi

internazionale ci suggerisce che, a dover essere applicata,

è proprio la legge della sede dell’arbitrato 35 ; e anche

laddove il coordinamento fra leggi non dovesse essere

lineare, difficilmente un tribunale pronuncerà

provvedimenti in contrasto con la lex loci 36 . Ciò pare

ancora più vero con riferimento alla legge italiana, stanti

le ragioni che stanno alla base del divieto ex art. 818

(vd. sub § 2.1). 34 HENKE, Le misure cautelari nell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. dir. proc., 2012, p. 1216. 35 BORN, International Commercial Arbitration, II, New York, 2009, p. 1961 ss. spec. 1962 «In many cases, the law applicable to the arbitral tribunal’s power to grant provisional measures will be the procedural law of the arbitration, tipically the arbitration legislation of the arbitral seat.» e nota 106 «In rare cases, the parties will agree that a foreign law, other than that of the place of the arbitration will govern the arbitration». 36 così PETROCHILOS, Procedural law in international arbitration, New York, 2004, p. 209: «arbitrators invariably rule that if the law of the seat prohibit them to order interim protections (…) they have no such jurisdiction»; BORN, Op. Ult. Cit., p. 1963 «Where the law of the arbitral seat forbids arbitrators from ordering provisional measures, they will ordinarily not do so.(…)The law governing the arbitration proceedings (almost always that of the arbitral seat) is the most natural legal system governing the powers of an arbitral tribunal…».

28

Si veda come l’intenzione di portare l’arbitrato

internazionale su un substrato normativo diverso da quello

dell’arbitrato domestico, appigliandosi anche a labili

interpretazioni fondate sulla prassi internazionale, trovi

comunque un limite inequivocabile nel divieto imposto dal

codice di rito. Pertanto è vano quel tentativo che,

partendo dalla distinzione fra arbitrato nazionale ed

internazionale, tracciata sulla parziale ed eventuale

scelta delle parti circa il diritto sostanziale

applicabile, cerchi di scardinare un sistema imperniato su

una disposizione che pare inderogabile. E anche ammettendo

che sia possibile una soluzione contraria, l’emissione del

provvedimento cautelare nell’arbitrato internazionale

italiano non sarebbe, a ben vedere, così differente da

quella nell’arbitro domestico, non potendosi comunque

escludere la competenza concorrente del giudice statale37:

le misure così emesse se non adempiute spontaneamente, non

potrebbero contare su un’assistenza nella fase esecutiva

del giudice statale; in caso di inadempimento potrebbero al

massimo far sorgere un’obbligazione risarcitoria38.

1.5 Arbitrato rituale ed irrituale

Fra le classificazioni in materia di arbitrato la vera

summa divisio è costituita dalla dicotomia arbitrato

rituale (o di rito civile) e arbitrato irrituale (o

libero). È bene precisare che non essendo questa la sede

per sviluppare adeguatamente l’argomento ci si limiterà

37 TOMMASEO, Lex fori e tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. Arb, 1999, p. 26 ss. 38 MARENGO in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, in La nuova disciplina dell’arbitrato, Milano, 1994, sub art. 818, p. 136 ss.

29

alle sole osservazioni che riguardano la tutela cautelare

nei due tipi di arbitrato.

È improrogabile a questo punto accennare allo schema

essenziale della tutela cautelare nell’arbitrato italiano;

mi appello da subito alla captatio benevolentiae del

lettore per la sommarietà e approssimazione dell’analisi

che segue, precisando che il tema verrà sviluppato nel

corso dello scritto. Orbene, l’art. 818 c.p.c. sancisce che

gli arbitri non possono concedere sequestri né

provvedimenti cautelari, facendo salve eventuali eccezioni

stabilite dalla legge. Stante il divieto, la competenza

cautelare è incentrata sulla giurisdizione statale e

disciplinata -per quanto compatibile- dal c.d. procedimento

cautelare uniforme di cui agli artt. 669-bis/669-

quaterdecies, così come modificato dalla l. n. 80/2005 39 .

Quest’ultima ha esteso all’arbitrato libero il potere di

concedere provvedimenti cautelari da parte del giudice

virtualmente competente a conoscere del merito; ciò appare

oggi un dato cristallino, scolpito chiaramente dalla legge,

ma ha rappresentato in passato uno degli aspetti più

fecondi e dibattuti sia in dottrina che in giurisprudenza.

Era maggioritaria40 la tesi che negava l’ammissibilità del

39 GHIRGA, Le nuove norme sui procedimenti cautelari, in Riv. dir. proc., 2005, p.781 e ss. 40 in giurisprudenza: Cass. 25 Novembre 1995, n. 12225, in Contratti, 1997, p. 45 ss., nota di NODARI, arbitrato irrituale e tutela cautelare; Trib. Torino 14 Aprile 1997, in Giur. it., 1997, p. 556, nota di CHIARLONI, Davvero incompatibili tutela cautelare e clausola compromissoria per arbitrato libero?; Trib. Torino 4 dicembre 1995, in Riv. Arb., 1995, p. 705 ss., noti di SASSANI, Intorno alla compatibilità tra tutela cautelare e arbitrato irrituale; Trib. Napoli 7 agosto 1997, in Giur. it., 1997, p. 2070 ss. con nota di CORSINI; Trib. Vercelli 29 luglio 1998, in Riv. Arb., 1999, p. 81 ss., con nota di AULETTA, Contro il divieto di assistenza giurisdizionale (cautelare) per i compromittenti in arbitrato libero; ma vedi contra: Trib. Catania 16 ottobre 2001,in Società, 2002, p. 63 ss., con nota di COLLIA, Arbitrato e tutela cautelare; Trib. Roma 24 luglio 1997, in Foro it., 1998, p. 3669 ss., con nota di GRASSO, Ancora su arbitrato irrituale e tutela cautelare. In dottrina: CONSOLO in CONSOLO-LUISO-SASSANI, Op. Ult. Cit., p. 614; CANALE, Tutela cautelare e arbitrato irrituale, in Riv. Trim. dir.

30

ricorso all’autorità giudiziaria, in presenza di un patto

compromissorio per arbitrato irrituale, argomentando che

l’opzione per quest’ultimo, implicando la rinuncia alla

tutela giurisdizionale, comportava la automatica esclusione

di ogni competenza del giudice ordinario fino alla

decisione degli arbitri.

Prima della riforma del 1994 gran parte della

giurisprudenza riteneva che la domanda di protezione

cautelare in presenza di patto per arbitrato libero fosse

improponibile41, ma vi erano anche voci contrarie42. Anche

la dottrina prevalente si era conformata al parere dei

giudici, sull’argomento che la convenzione per arbitrato

irrituale costituisse rinuncia alla giurisdizione ordinaria

cautelare 43 , ma anche qui non mancavano opinioni

contrarie 44 , fondate sulla ricostruzione in chiave

negoziale dell’istituto. Tuttavia l’argomento più

convincente sembrava offerto da coloro i quali

sottolineavano come la scelta in direzione di una tutela

alternativa alla giurisdizione classica, non fosse propria

del solo arbitrato libero, ma «rappresentasse connotato

comune di ogni manifestazione del fenomeno arbitrale» 45 .

Infatti, prima del perfezionamento della formazione del Proc. Civ., 1197, p. 941 ss.; LAUDISA, Arbitrato rituale e libero: ragioni del distinguere, in Riv Arb., 1998, p. 223 ss.; CORSINI, Considerazioni sui rapporti tra arbitrato libero e tutela cautelare, in Riv. Dir. Proc., 2000, p.1163 e ss. 41 Cass. 17 giugno 1993 n. 6757, in Riv. Arb., 1995, p. 62 ss., con nota di VIGORITI, L’autonomia della clausola compromissoria per arbitrato irrituale; Cass. 30 ottobre 1991 n.11650, in Foro it., 1992, p. 1465 ss. 42 si veda lucida disamina di CANALE, Op. Ult. Cit., p. 941 nota 1. 43 SATTA, Note sull’arbitrato libero, in Rass. Arb., 1974, p. 169; VECCHIONE, L’arbitrato nel sistema del processo civile, Milano, 1971, p. 173. 44 CONSOLO-LUISO-SASSANI, La riforma del processo civile. Commentario, Milano, 1991, p. 460, che nell’edizione del 1991 spiegava come l’azione di cognizione non fosse del tutto esclusa nel caso di arbitrato irrituale, ma solo posticipata al momento in cui l’assetto del rapporto fosse definito dalla pronuncia degli stessi arbitri irrituali. 45 PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, Padova, 2012, p. 213

31

lodo, difetta un giudice competente per il merito, a causa

dell’interdizione dello stesso, intrinseca al patto

compromissorio; proprio per questa ragione il 669-quinquies

attribuisce la funzione cautelare al giudice «che sarebbe

stato» competente a conoscere del merito. Quanto detto era

ed è vero tanto per l’arbitrato rituale quanto per quello

irrituale e sarebbe stato privo di fondamento applicare la

norma solo al primo. Inoltre, dalla disciplina introdotta

nel 1990, alcuni autori trassero due nuovi argomenti per

dimostrare il difetto di giurisdizione cautelare del

giudice ordinario. In primis con essa venne introdotto un

termine (artt. 669- octies e 669-novies) non superiore a 30

giorni –elevato poi a 60 dalla novella del 2005- per

instaurare il «giudizio di merito» in caso di domanda

cautelare ante causam; da tale locuzione si faceva

discendere l’impossibilità di applicare la norma in caso di

arbitrato irrituale che proprio un tale giudizio sembrava

escludere. Tuttavia il nodo era superato obiettando che,

dalla progressiva assimilazione dei due istituti, si

potesse discendere alla qualificazione dell’arbitrato

irrituale come “giudizio”, sebbene solamente sui generis46.

L’altra e più forte ragione veniva rinvenuta nell’art. 669-

novies, comma 4°, ove si prevedeva (e si prevede tutt’ora)

che il provvedimento cautelare perdesse efficacia, se la

parte che l’aveva richiesto «non presenta(sse) domanda di

esecutorietà in Italia… del lodo arbitrale» entro il

termine «eventualmente» previsto dalla legge, il quale

appunto era determinato -dall’allora non novellato art.

825- nella misura di un anno. Da ciò si faceva discendere

il corollario che, essendo il solo lodo proveniente da

arbitrato rituale destinato a conseguire il visto di

46 SASSANI, Intorno alla compatibilità tra tutela cautelare e arbitrato irrituale, in Riv. Arb, 1995, p. 709 ss.

32

esecutorietà, non potevano essere prospettati provvedimenti

cautelari relativi ad arbitrati liberi 47 . Del resto la

soppressione del termine de quo, riferito al deposito, ha

reso inapplicabile la disposizione che faceva invece

riferimento alla generica presentazione della domanda di

esecutorietà del lodo48.

La vexata quaestio è stata definitivamente superata dal

legislatore del 2005 che, anche allo scopo49 di eliminare i

dubbi sorti in dottrina e giurisprudenza, ha aggiunto

all’articolo 669-quinquies l’inciso «anche non rituali».

L’intervento si colloca nel solco di una progressiva

unificazione dei due tipi di arbitrato auspicata da

dottrina e giurisprudenza maggioritaria, e dallo stesso

legislatore che, sebbene nel quadro del solo arbitrato

societario, prevedeva con l’art. 35, comma 5° del D. Lgs.

5/2003 che «La devoluzione in arbitrato, anche non rituale,

di una controversia non preclude il ricorso alla tutela

cautelare a norma dell’art 669-quinquies del codice di

procedura civile». La disposizione in questione, oltre a

comportare l’unica (attuale) eccezione 50 esplicita al

divieto di cui all’art. 818, ha avuto il pregio di

introdurre con chiarezza un principio (quello

dell’indifferenza fra i due tipi di arbitrato ai fini 47 ATTARDI, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, p. 236; CONSOLO-LUISO-SASSANI, Op. Ult. Cit., p 459. 48PUNZI in BERNARDINI-DE NOVA- NOBILI-PUNZI, La riforma dell’arbitrato. Legge 5 gennaio 1994, n. 25, Milano, 1994, p.69. 49 si legge nella relazione che accompagna la legge di conversione 80/2005: «La commissione ritiene indispensabile, anche e soprattutto a seguito delle controversie sorte, in dottrina e in giurisprudenza, a proposito dell’arbitrato irrituale - e soprattutto a proposito di quale parte della normativa del codice sia applicabile anche all’arbitrato irrituale- l’introduzione di una norma di chiusura , che preveda l’applicazione delle norme sull’arbitrato a tutte le ipotesi di patto compromissorio, ove non sussista una volontà espressa delle parti in senso contrario. In ogni caso, la volontà delle parti non può escludere il principio del rispetto del contraddittorio, la sindacabilità in via di azione o di eccezione della decisione per vizi del procedimento, e la possibilità di fruire della tutela cautelare» 50 Sulla quale si tornerà ampiamente nel CAP I § 2.1.

33

dell’irrinunciabilità della tutela cautelare) che si

riverbera ben oltre l’ambito dell’arbitrato societario.

E l’indirizzo del legislatore, sia del 2003 che del 2005,

seguiva a sua volta l’impronta della Corte Costituzionale

che -già nel 2002- aveva dichiarato manifestamente

inammissibile la questione di legittimità costituzionale

degli artt. 669-quinquies e 669-octies, per presunta

violazione degli artt. 3 e 24 Cost. 51 . Il giudice delle

leggi52, premettendo che le norme-parametro si limitavano a

costituire il raccordo fra il procedimento cautelare di

fronte al giudice statale e la decisione arbitrale di

merito, asseriva che l’interdizione lamentata dal giudice

remittente, non configurasse dubbi di legittimità

costituzionale, ma attenesse alla mera interpretazione del

sistema, di competenza esclusiva dello stesso. La

pronuncia, sebbene formalmente processuale, nascondeva

tuttavia un contenuto parzialmente decisorio; la Corte,

infatti, non si era fermata a dichiarare il rigetto per

ragioni tecniche, ma aveva argomentato nel senso di una

potenziale incostituzionalità dell’interpretazione del

giudice a quo, «avvertendo che il tunnel che sembrava

infinito sta(va) per concludersi»53.

Alle stesse conclusioni era giunto anche Barbuto che «senza

disturbare la Corte Costituzionale» aveva proposto

un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata

dell’art. 24 Cost. equiparativa della clausola di arbitrato

51 questione sollevata dal tribunale di Torino, sez. distaccata di Chivasso, con ordinanza di remissione del 21 maggio n. 733 in Riv. Arb., 2002, p. 85 ss., nota di AULETTA, Le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni non costituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali: la disapplicazione del principio in materia di arbitrato e tutela cautelare. 52 Corte Cost. 5 luglio 2002, n. 320, in Riv. Arb., 2002, p. 503, nota di SASSANI, La garanzia dell’accesso alla tutela cautelare nell’arbitrato irrituale. 53 SASSANI, Op. Ult. Cit., p. 508.

34

rituale ed irrituale «in ciò favoriti dalla legge 5 gennaio

1994 che sembra(va) avere neutralizzato gran parte delle

differenze prima esistenti fra i due istituti»54.

2. La competenza esclusiva del giudice statale

2.1 L’art. 818: ratio e portata del divieto

Come sopra accennato, l’art 818 rubricato «Provvedimenti

cautelari» stabilisce nel suo primo comma che «gli arbitri

non possono concedere sequestri né altri provvedimenti

cautelari, salva diversa disposizione di legge»; le ragioni

addotte a fondamento del divieto sono tradizionalmente tre.

Mi sembra doveroso iniziare dalla “tesi classica” 55 che

riconduce il divieto alla mancanza di poteri coercitivi

dell’arbitro; paradigmatico in questo senso è Calamandrei

il quale già nel 1936 sosteneva che «forse proprio per aver

intuito che le misure cautelari attengono più che alla

tutela dei diritti soggettivi, alla polizia del processo,

la giurisprudenza si è dimostrata restia ad ammettere che

agli arbitri possa esser conferito […] il potere di

conceder sequestri»56. La ragione del divieto verrebbe qui

ricondotta alla mancanza di imperium, di quei poteri

coercitivi riservati all’organo pubblico, o meglio, al

tutore dell’ordine pubblico (e, per la stessa ragione,

54 BARBUTO, Arbitrato irrituale e tutela cautelare, relazione svolta nel convegno “L’obiettivo sulla riforma processuale”, Torino, 2001. 55 sostenuta da CARNACINI, Arbitrato rituale, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, 1958, p 881 ss., in spec. 894; ma vd. anche VERDE, Diritto dell’arbitrato rituale, Torino, 2000 , p.358. 56 CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, p. 145.

35

sottratti a chi difetta di tale auctoritas, ovverosia

l’arbitro).

Un secondo orientamento, muovendo dalla negazione di

singoli strumenti di tutela sommaria 57 alla giurisdizione

arbitrale, ha esteso 58 la portata del divieto alla

generalità della tutela cautelare. In base ad esso, data la

asserita tipicità delle pronunce arbitrali, la ragione del

divieto sarebbe da imputare alla natura generalmente

sommaria della cognizione relativa all’assunzione di misure

cautelari. Rimarrebbero così escluse dalla giurisdizione

arbitrale tutte le tutele non fondate su un accertamento

pieno, a prescindere dal loro carattere cautelare.

Infine si deve dar conto di una terza minoritaria posizione

che rinviene il fondamento della norma nella «volontà di

tenere fermo il principio di totale estraneità alla materia

cautelare da parte di organi che non offrono quelle

garanzie di indipendenza ritenute indispensabili per la

pronuncia di provvedimenti destinati ad incidere

immediatamente […] sulla realtà sostanziale». Ad

integrazione di questo assunto starebbe il carattere

marcatamente pubblicistico delle disposizioni sulla tutela

cautelare, le cui conseguenze in ordine alle modalità di

esercizio della stessa, comporterebbero un incremento dei

poteri d’ufficio del giudice cautelare, sia nella fase

procedimentale che in quella attuativa59.

57 così in giurisprudenza: Cass. 16 gennaio 1991 n. 387, in Rep. Giust. Civ., 1991, voce Convalida di licenza e di sfratto (procedimento per), n. 2; Cass. 2 ottobre 1992 n. 10839, in Rep. Giust. Civ., 1992, voce Compromesso e arbitrato, n. 42; Cass. 29 Gennaio 1993 n. 1142, in Riv. Arb., 1994, p. 83 ss. nota di BRUNELLI, Provvedimento di ingiunzione e arbitrato,: alcune questioni vecchie e nuove. 58 AULETTA, Cognizione sommaria e giudizio arbitrale, in VERDE, Diritto dell’arbitrato, Torino, 2005, p. 362 ss.; CECCHELLA, Il processo cautelare, Torino, 1997, p. 37 ss.; 59 ARIETA, Note in tema di rapporti tra arbitrato rituale ed irrituale e tutela cautelare, in Riv. Dìr. Proc., 1993, p. 750.

36

Già prima della riforma del ’94, parte rilevante della

dottrina 60 non aveva mancato di rilevare la debolezza

dell’argomento fondato sulla mancanza di imperium. È

pacifico che la scelta effettuata dal legislatore sia

frutto di un’opzione di politica legislativa che ben si

presta a critiche de iure condendo. Che la questione sia

frutto di una libera scelta del legislatore -e non

derivante da un’incompatibilità intrinseca all’arbitrato- è

dimostrato sia dalle soluzioni adottate nelle altre

legislazioni che da quella in uso in ambito internazionale.

Infatti, dopo l’allineamento operato in Spagna61, l’Italia

rimane l’unico esempio in Europa e uno dei rari casi nel

mondo 62 , in cui sopravvive un divieto del genere. La

stragrande maggioranza degli Stati ha, infatti,

riconosciuto da tempo prerogative cautelari agli arbitri, e

la perseveranza del legislatore italiano, che ignora sia le

critiche interne, sia lo schema ovunque prediletto, è

figlia del vecchio clima di sfiducia che da sempre

caratterizza l’istituto.

60 CONSOLO in CONSOLO-LUISO-SASSANI, Op. Ult. Cit., p. 458 ss.; CARPI, I procedimenti cautelari e l’esecuzione nel disegno di legge per la riforma urgente del c.p.c.: la competenza e il procedimento, in Riv. Trim. Dir. Proc., 1990, p. 1259; Luiso, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p. 253. 61 Art. 23, Ley de arbitraje 23 diciembre 2003 n. 60, come riformata dalla Ley 20 mayo 2011 n. 11: « Salvo acuerdo en contrario de las partes, los árbitros podrán, a instancia de cualquiera de ellas, adoptar las medidas cautelares que estimen necesarias respecto del objeto del litigio. Los árbitros podrán exigir caución suficiente al solicitante.» (Salvo accordo contrario delle parti, gli arbitri potranno, su istanza di ciascuna di esse, adottare le misure cautelari che ritengano necessarie rispetto all’oggetto della controversia. Gli arbitri potranno fissare una cauzione sufficiente all’istante) in Riv. Arb., 2004, p. 197 ss.; CUCARELLA GALIANA, La potestad de los arbitros para decretar medidas cautelares, in Anuario de justicia alternativa – Especial ley 60/2003 de 23 de deciembre, de arbitraje, 2004, p. 85 ss. 62 insieme ad Argentina, Thailandia, Cina e Québec, fra gli ordinamenti più rilevanti così in nota HENKE, Le misure cautelari nell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. dir. proc., 2012, p. 1207, nota 3

37

Dall’analisi delle convenzioni internazionali, della legge

modello UNCITRAL e dei principali regolamenti arbitrali 63

si giunge alla medesima conclusione: le soluzioni offerte

sono variegate sul quomodo, ma non negano mai a priori il

potere cautelare agli arbitri.

Ma oltre ai profili comparatistico ed internazionale, è dai

commentatori italiani che arrivano le valutazioni più

critiche. Secondo un valido ragionamento «l’imperium […]

riguarda solo l’esecuzione coattiva delle misure cautelari,

che si rende necessaria ogniqualvolta il soggetto

destinatario non adempia spontaneamente; non riguarda,

invece, la pronuncia in sé del provvedimento che è né più

né meno esercizio della iurisdictio di quanto lo sia la

pronuncia di un lodo di merito, sebbene nel primo caso essa

si caratterizzi per il carattere strumentale e

provvisorio» 64 . Ma se si guarda bene, sono proprio la

strumentalità e provvisorietà tipiche del provvedimento in

questione, che dovrebbero garantire perlomeno lo stesso

trattamento assicurato ad una pronuncia ben più efficace

nella sfera sostanziale del soggetto inciso 65 , com’è il

provvedimento definitivo di merito idoneo al giudicato.

La circostanza che l’arbitro non sia in grado di far

eseguire le misure da lui emanate non basta a giustificare

l’asserita carenza di potere per emetterle 66 . E se

l’obiettivo del divieto fosse davvero esautorare il potere

cautelare dell’arbitro (nella sua componente coercitiva),

63 per i quali si rimanda al CAP III § 1.2, 1.3 e 1.4. 64 HENKE, Op. Ult. Cit., p. 1208. 65 così LUISO, Op. Ult. Cit., p. 253, ma contra G.F. RICCI, in Arbitrato: titolo 8. Libro 4. Codice di procedura civile, artt. 806-840, a cura di CARPI, sub art. 818 , p. 482 e LA CHINA, Op. Ult. Cit., p. 164, secondo cui «Vi sono, insomma, diversi e crescenti livelli di autorità e costruzione, ed all’arbitro è negato il secondo e più intenso: l’attitudine dei suoi atti non soltanto ad obbligare ma ad ottenere direttamente concreta attuazione del comando». 66 LAUDISA, Arbitrato internazionale e tutela cautelare, in Riv. Arb., 2005, p. 456.

38

il corollario da ricavare sarebbe un divieto generico di

emettere decisioni che ordinino alle parti un qualsivoglia

comportamento positivo o negativo. L’interpretazione, se

così ricostruita avrebbe conseguenze deleterie: «la fine

dell’arbitrato»67.

In conclusione, se lo Stato riconosce ad arbitri italiani

ed esteri di emettere lodi suscettibili di essere efficaci

(a seguito di exequatur), non si vede perché si dovrebbe

negare l’emissione di provvedimenti interinali il cui

contenuto è destinato a caducare a seguito dell’emissione

dei primi.

Dunque, si può dare per assimilata 68 l‘interpretazione

della potestà cautelare come attività stricto sensu

decisoria e non meramente amministrativa del procedimento

(quella che in apertura si era definita «di polizia del

processo»).

Non differenti sono le risposte che giungono dall’esame

dell’argomento fondato sulla natura sommaria della

cognizione cautelare. Se è vero, come dimostrato in

giurisprudenza, che certi strumenti (decreti ingiuntivi,

ordinanze di convalida di sfratto e ordinanze anticipatorie

ex artt. 186-bis, 186-ter e 186-quater 69 ) sono sottratti

dal novero di quelli a disposizione dell’arbitro, non è

necessariamente vera l’estensione del divieto ad ogni forma

di cognizione sommaria. La ricostruzione, insomma, sembra

essere fondata sull’id quod plerumque accidit, ma non degna

di riguardare «qualunque forma di tutela sommaria ed

interinale». Infatti non c’è nessuna norma positiva che

vieti espressamente il ricorso a queste forme di tutela ed

67 sviluppa così l’argomento HENKE, Op. Ult. Cit., p. 1208 68 TOMMASEO, I provvedimenti d’urgenza. Struttura e limiti della tutela anticipatoria, Padova, 1983, p. 84 ss. 69 Sulle quali si veda in particolare CAVALLINI, Condanne speciali e arbitrato irrituale, in Riv. Arb., 1996, p. 681 ss..

39

anzi esistono in tal senso pronunce arbitrali provvisorie

idonee sia al giudicato che a costituire titolo esecutivo e

che al tempo stesso presentano i caratteri della tutela

sommaria e interinale70.

In questo senso è stato invocato da più parti

l’introduzione di un sistema di exequatur identico a quello

predisposto per l’esecuzione del lodo e che funga da

raccordo fra poteri arbitrali e giurisdizione statale. A

questa ipotesi è stata mossa una isolata critica secondo la

quale l’exequatur anzidetto «dovrebbe conferire al

provvedimento, in epoca successiva alla sua emissione, non

già la semplice efficacia esecutiva, bensì la capacità di

attuazione anche coattiva dello stesso, che costituisce

elemento intrinseco e genetico d’identificazione della

misura cautelare». E ciò sulla scorta della considerazione

che i provvedimenti cautelari, a differenza degli altri

provvedimenti sommari, non costituiscono titoli esecutivi

giudiziali 71 . La critica sembra tuttavia priva di

giustificazione. Non si vede come l’ingerenza del giudice

della delibazione possa avere questo effetto; è proprio

questo procedimento di verifica che dovrebbe garantire alla

misura cautelare l’idoneità a dispiegare effetti –anche

coattivamente- nella realtà sostanziale, di cui sarebbe

priva al momento della sua emissione da parte dell’arbitro.

In particolare non sembra condivisibile l’affermazione

secondo cui è impossibile distinguere ed autonomizzare fra

fase esecutiva e cognitiva ed anzi, sembra proprio

l’exequatur il miglior strumento di raccordo fra le due.

70 qui il riferimento è ai lodi parziali immediatamente impugnabili e a quelli c.d. interlocutori. Sul punto e per la ricostruzione delle varie posizioni vd. IZZO, Arbitrato e tutela cautelare, in RUBINO SAMMARTANO, Arbitrato, ADR, conciliazione, Bologna, 2009, p. 534 ss. 71 ARIETA, Op. Ult. Cit., p. 751

40

L’altra criticità espressa 72 nei confronti della procedura

di delibazione, verte sulla poca idoneità dell’istituto a

rendere fruttuoso il contenuto della misura cautelare; il

rischio di vedere vanificate le pretese dell’istante, una

volta trasferita la competenza al giudice togato, sono vere

e concrete, ma non sono caratteristica esclusiva

dell’istituto de quo. Sarebbe lapalissiano sottolineare

come il problema, infatti, è analogo a tutte le misure

cautelari diverse da quelle inaudita altera parte; e le

considerazioni effettuate a quel proposito sembrano qui

riproponibili: un approccio teleologico fondato sul rischio

di veder frustrate le proprie pretese cautelari non

giustifica una chiusura aprioristica ad ogni competenza

arbitrale.

In ogni caso, se sono comprensibili -anche se non del tutto

condivisibili- i timori verso un’apertura alla potestà

cautelare esclusiva dell’arbitro, altrettanto non si può

dire di fronte ad un cieco ostruzionismo verso un’apertura

al modello dell’exequatur cautelare. Infatti, riservare il

monopolio del sindacato cautelare ai giudici togati non

comporta alcun vantaggio, dato il controllo statale cui

sarebbe comunque sottoposta la decisione arbitrale. Se non

altro, nella soluzione a competenza concorrente, è

garantita l’efficacia di tutti quei provvedimenti cautelari

in cui il soggetto inciso non attui comportamenti contrari

alla buonafede allo scopo di sottrarsi all’efficacia della

cautela.

In merito alle perplessità sull’inidoneità strutturale

dell’arbitro al giudizio cautelare, è già stato rilevato73

come il legislatore abbia apprestato numerosi e sofisticati

strumenti a garanzia dell’imparzialità e indipendenza del

72 sempre ARIETA, Op. Ult. Cit., pp. 751-752, nota 29. 73 HENKE, Op. Ult. Cit., p. 1208

41

primo, e solo collocando la critica in un momento

precedente all’introduzione di detti strumenti se ne può,

al limite, comprendere la ragione. Ciò nondimeno sarebbe

interessante investigare sulle ragioni della perdurante

sfiducia negli arbitri e nell’istituto in generale, da

parte di certi osservatori.

In ultima analisi, affermare che il divieto ex art. 818 sia

«un dato di fatto duro a morire»74 è corretto, ma solo da

un punto di vista storico. La norma è, sì, sopravvissuta a

numerose riforme della materia, nonostante il parere

contrario della dottrina degli ultimi 25 anni, ma ciò non

non basta per eliminare la considerazione che la soluzione

è adottata è pur sempre frutto di una scelta di politica

legislativa, ed in quanto tale, superata75.

2.2 Estensione ed effetti del divieto (segue)

Costatata l’esistenza del divieto e rimandando al capitolo

successivo l’esame delle eccezioni esistenti nelle norme

positive o ricavabili per via ermeneutica, non rimane che

valutare l’estensione dello stesso egli effetti di

un’eventuale violazione.

Innanzitutto è opportuno giustificare l’inserzione del

divieto specifico di disporre sequestri da parte

dell’arbitro nell’apertura della norma («gli arbitri non

possono concedere sequestri»). Il testo vigente è quanto

rimane dopo la novella legislativa del 1990. Questa aveva

74 G.F. RICCI, Op. Ult. Cit., p. 481 75 CARPI, I procedimenti cautelari e l’esecuzione nel disegno di legge per la riforma urgente del c.p.c.: la competenza e il procedimento, in Riv. Trim. Dir. Proc., 1990, p. 1259; POZZI, Arbitrato e tutela cautelare: profili comparatistici, in Riv. Arb., 2005, p. 25

42

privato la norma del secondo comma che stabiliva la

ripartizione delle competenze fra giudice statale e

arbitro: il primo aveva il potere di autorizzare il

sequestro, o di convalidarlo se pronunciato dal secondo.

Ma, eliminata a seguito della l. 26 novembre 1990 n. 353,

la fase di convalida del sequestro, la disposizione in

esame era divenuta pleonastica, e perciò anch’essa

abrogata. Così contestualizzato, è possibile spiegare la

permanenza dello specifico richiamo, che ad oggi, invero,

non assume alcun valore particolare. Si può quindi

sostenere che il divieto è applicabile a tutti i

provvedimenti cautelari nominati o atipici76. Ciò era stato

affermato già prima della riforma, in virtù di

un’interpretazione estensiva della norma, anche se

l’operazione comportava alcuni problemi di raccordo con la

norma che individuava il giudice competente ad emanare

l’autorizzazione al sequestro77.

Tuttavia nell’esplicito e permanente riferimento ai soli

sequestri, è stata ravvisata una limitazione del divieto

solo ai provvedimenti cautelari di natura conservativa non

strumentale, rimanendo così esclusi quelli di natura

satisfattiva, come la provvisionale disposta con lodo

parziale suscettibile di esecuzione coattiva a seguito di

omologazione78.

Quanto agli effetti del divieto si è già accennato alla

difficoltà di raccordare le disposizioni legislative con

quelle presenti nel patto arbitrale nell’ambito di un

arbitrato internazionale con sede in Italia. Non si è

76 POZZI, Arbitrato e tutela cautelare: profili comparatistici, in Riv. Arb., 2005, p. 21 parla di «qualsiasi provvedimento extravagante contenuto nel codice civile o in altre leggi speciali»; Per il caso specifico dell’istruzione preventiva vedi sub CAP. I § 2.4. 77 CECCHELLA, L’arbitrato, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale civile, diretto da PROTO PISANI, Torino, 1991, p. 148. 78 CARPI, nella relazione al seminario «Le misure d’urgenza e l’arbitrato» in Riv. Arb., 1991, p. 477.

43

detto, però, delle conseguenze di un eventuale patto

contrario delle parti; secondo una parte della dottrina79,

quest’ultimo sarebbe inefficace, con la conseguenza che i

giudici togati rimarrebbero comunque competenti in materia

cautelare e che le parti sarebbero prive di “dar mandato”

ad essi per ottenere attuazione coattiva dei provvedimenti

non self-executing. A questo indirizzo se ne affianca un

altro in base al quale alla violazione del divieto

conseguirebbe la sanzione di nullità 80 o, in alcuni casi,

l’inesistenza.

Per dirimere la questione è opportuno scomodare le nozioni

generali di norma imperativa. La regola generale è posta

dall’art. 1418, comma 1°: «il contratto è nullo quando è 79 LAUDISA, Op. Ult. Cit., p. 456; BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, in La nuova disciplina dell’arbitrato, Milano, 1994, sub art. 818, p. 136 ss.;; BERNARDINI, Arbitrato internazionale e misure cautelari, in Riv. Arb., 1993, p. 20 «Se la legge del luogo dell’arbitrato prevede che tali poteri sono riservati in via esclusiva al giudice statale, ogni accordo contrario concluso tra le parti, sia direttamente che attraverso richiamo a regolamenti di arbitrato, sarà inefficace quanto a quelle misure che, se non spontaneamente osservate, devono essere eseguite con l’assistenza del giudice statale; BROGGINI, I provvedimenti cautelari nell’arbitrato internazionale: analogie e differenze delle soluzioni italiana e svizzera, in Riv. Arb., 1991, p.495 «nemmeno è ipotizzabile una rinuncia alla giurisdizione ordinaria a favore degli arbitri». 80 AULETTA, Op. Ult. Cit., p. 498 che precisa «almeno per quelle misure che se non spontaneamente ottemperate, avrebbero bisogno dell’assistenza della forza pubblica»; G.F. RICCI, Op. Ult. Cit., p. 485 secondo cui la tesi in base alla quale il patto non sarebbe nullo «seppur originale, sembra però contrastare con l’opinione prevalente che impone come limite al procedimento arbitrale il rispetto di inderogabili divieti di legge, fra i quali va ascritto in primis il divieto delle pronunzie cautelari che si impone anche alle parti e la cui violazione non può non incidere sul patto compromissorio, determinandone la nullità»; CASSANO, Il procedimento arbitrale, in Il diritto privato nella giurisprudenza – Transazione, arbitrato e risoluzione alternativa delle controversie, a cura di CENDON, Milano, 2006, p 318 che precisa che il divieto ex art 818 «non impedisce che le parti possano conferire tale potere nel patto compromissorio, né agli arbitri stessi di adottare la richiesta misura. Tale previsione, tuttavia, non priva il giudice ordinario del relativo potere, per cui la parte potrà sempre rivolgersi ad esso nonostante la contraria volontà manifestata nella convenzione arbitrale, né le parti potranno ottenere dallo Stato concreta assistenza per la concreta attuazione della misura cautelare concessa dagli arbitri»; TOMMASEO, Lex fori e tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. Arb, 1999, p. 24.

44

contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga

diversamente». La clausola di salvezza si riferisce in

particolare alle ipotesi in cui è prevista l’annullabilità

e alle altre ipotesi in cui la legge vi ricollega altre

sanzioni diverse dalla nullità, come l’invalidità 81 o

l’assoggettamento a sanzioni amministrative. Per

distinguere le norme imperative di cui alla prima parte del

comma 1° -cui è ricollegata la nullità- da quelle

rinvenibili attraverso la clausola di salvezza della

seconda parte della stessa norma –cui invece è

ricollegabile (anche) l’inefficacia- si deve guardare al

grado di imperatività del divieto. Affinché sia

riconducibile al primo dei due tipi di norma imperativa

«deve trattarsi di un divieto assoluto, siccome posto a

tutela di un interesse generale. In particolare:

a) comando o divieto assoluto è quello che non solo

non ammette una diversa volontà delle parti, ma neppure –

siccome posto a tutela di un interesse generale- una

eccezione o esonero previsti dalla stessa legge82;

b) comando o divieto posto a tutela dell’interesse

generale è quello formulato dalla legge o da fonti a questa

equiparate, non da fonti normative di grado inferiore»83.

81 Cass., 12 ottobre 1982 n. 5270, in Mass. Foro. It., 1982 «la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l’art 1418 c.c., con l’inciso «salvo che la legge disponga diversamente» impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia del pari consentito la validità, predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma». 82 su tutte si veda Cass., 4 dicembre 1982, n. 6601, in Giust. Civ., 1983, p. 1178 «ai fini di cui all’art 1418 c.c., le norme contenenti un divieto, anche se sanzionato penalmente possono essere considerate imperative, in difetto di un’espressa sanzione civilistica di invalidità, soltanto se dirette alla tutela di un interesse pubblico generale, la quale (salvi i casi in cui sia resa manifesta dalla lettera della norma) è ravvisabile se il divieto ha carattere assoluto, senza possibilità di esenzione dalla sua osservanza per alcuni dei destinatari della norma; 83 GALGANO, Il contratto, Padova, 2011, p. 287 ss. spec. 290.

45

Orbene, date queste premesse, mi sembra preferibile la tesi

che vi ricollega la più lieve sanzione dell’efficacia;

infatti se è vero che non v’è spazio per una statuizione

diversa delle parti (e in questo senso, sì, il divieto

potrebbe dirsi assoluto), altrettanto non può dirsi per la

«eccezione o esonero previsti dalla stessa legge». Non si

può trascurare in questa valutazione l’espressa clausola di

salvezza dell’articolo 818 parte seconda; e questo, a mio

avviso, consente anche di giungere alla speculazione che

l’asserita esigenza di riserva del giudice statale in

materia cautelare, non rivesta il carattere di «interesse

generale». L’apertura esplicita della legge a future ed

eventuali disposizioni in senso contrario, oltre a fungere

da raccordo per la già prevista ipotesi di sospensione

delle delibere assembleari, costituisce indice proprio del

mancato interesse del legislatore a riservare il sindacato

cautelare ai giudici togati. Ancora: il fatto che lo stesso

legislatore del 2005 non si sia fermato a prevedere una

deroga esplicita al provvedimento di cui all’art 35 D. Lgs.

5/2003, ma abbia aperto a potenzialmente illimitate

eccezioni future dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno,

l’indifferenza con cui questi si è approcciato al problema

nei tempi più recenti.

Infine si deve accennare dell’ammissibilità in una

convenzione arbitrale di un pactum de non petendo limitato

alla tutela cautelare, ossia della rinuncia alla tutela

cautelare del giudice ordinario. La risposta affermativa

deriverebbe, mutatis mutandis, dal fondamento

dell’arbitrato libero che è costituito proprio dall’accordo

delle parti sulla rinuncia alla tutela giurisdizionale. Si

argomenta che, se è ammesso un pactum de non exequendo 84,

84 Considerato indizio della natura irrituale di un arbitrato così AA. VV., Codice di procedura civile commentato. Art 633-840, diretto da

46

tanto più dovrebbe esser lecita una rinuncia pattizia alla

giurisdizione cautelare statuale 85 . Tuttavia questa

spiegazione sembra trovar fondamento solo nell’ordinamento

italiano che conosce la peculiarità dell’arbitrato

irrituale, mentre non ha ragion d’esistere negli

ordinamenti in cui è ammessa la tutela cautelare arbitrale.

2.3 Il procedimento cautelare di fronte al giudice

ordinario per controversie compromesse in arbitri:

competenza e accoglimento, inefficacia, revoca e modifica

del provvedimento.

Data l’interdizione agli arbitri dalla concessione di

misure cautelari, in caso di compromesso o clausola

compromissoria, la parte interessata ad ottenere un

provvedimento cautelare a tutela del proprio diritto, dovrà

rivolgersi al giudice dello Stato. Questi dovrà trattare la

questione come un normale procedimento cautelare e

applicare le stesse norme; data la peculiarità della

circostanza sono comunque necessarie delle precisazioni,

anche a rischio di ripetere quegli accenni fatti in sede di

distinzione dei vari tipi di arbitrato.

Dopo l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 818, la

materia trova oggi disciplina negli artt. 669-quinquies,

669-octies, 669-novies e 669-decies c.p.c.; la prima norma

CONSOLO, Assago, 2010, sub art. 818, p. 1911; TOMMASEO, Arbitrato libero e forme processuali, in Riv. Arb., 1991, p.743. 85 TOMMASEO, Lex fori e tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. Arb., 1991, p. 23 e nota 45 in cui la rinuncia viene definita come specie di rinuncia all’azione. In giurisprudenza Cass., S.U. 27 aprile 1993 n. 4914, in Foro. It., 1994, c. 1534 ss., nota di VIDRI; Cass., 17 novembre 1984 n.5838, in Giur. It., 1987, c. 593 ss., nota di MARIANI, sulla eccezione di clausola compromissoria per arbitrato irrituale.

47

dispone che la domanda, in caso di controversia oggetto di

clausola compromissoria o compromessa in arbitri (anche non

rituali come visto nel § 1.5), «si propone al giudice che

sarebbe stato competente a conoscere del merito». La

ricerca del giudice concretamente competente dovrà avvenire

secondo gli ordinari criteri dettati nella seconda e terza

sezione del primo libro del codice; al contrario, si

dovranno applicare i criteri ex art. 413, in caso di

arbitrato nel rito lavoro di cui all’ art. 412-ter 86. Dal

combinato disposto con l’art. 669-ter si evince, poi, che

la domanda si propone al tribunale anche laddove competente

per il merito fosse il giudice di pace.

L’articolo 669-octies, comma 5°, stabilisce che, se è stato

concesso un provvedimento cautelare ante causam –ossia

prima della promozione del procedimento- e competente per

il merito è un arbitro, il soggetto che ha ottenuto il

provvedimento deve presentare l’atto introduttivo entro il

termine fissato dal giudice cautelare (comma 1°) o, in

difetto, non oltre sessanta giorni (comma 2°). La c.d.

domanda arbitrale deve contenere, sempre a norma del comma

5°, «l’intenzione di promuovere il procedimento arbitrale»,

la proposizione della domanda e la nomina dell’arbitro,

laddove ciò spetti alla stessa parte. La disposizione in

questione ha assunto notevole importanza nel dibattito 87

riguardante il momento dell’inizio del procedimento

arbitrale e, sotto diverso profilo, quello del tipo di atto

da considerare quale «atto introduttivo»88.

86 su cui si vedano le considerazioni di G. SANDULLI, Prospettive di riforma, quale futuro per l’arbitrato?, in Lavoro e Prev. Oggi, 2008, p. 925. 87 per la ricostruzione del quale vedi la brillante analisi di PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2012, p. 634; CECCHELLA, L’arbitrato, Torino, 1991, p. 140 ss. 88 G. F. RICCI. in Arbitrato: titolo 8. Libro 4. Codice di procedura civile, artt. 806-840, a cura di CARPI, sub art. 818 p. 486.

48

Il successivo art. 669-novies ricollega alla mancata

proposizione di detta domanda la sanzione dell’inefficacia.

Tuttavia la regola appena ricordata, secondo il disposto

dell’art 669-octies, comma 6°, non si applica «ai

provvedimenti d’urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e

agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli

effetti della sentenza di merito». La norma ha inserito nel

rito ordinario le novità che già l’art. 23 del D. Lgs.

5/2003 aveva introdotto nel rito societario. Le misure

escluse dalla comminatoria di inefficacia sono quelle che,

per ovviare al c.d. rischio di tardività e con scopo

deflattivo del contenzioso 89 , tentano di anticipare gli

effetti del probabile e futuro contenuto del provvedimento

dichiarativo di accoglimento della domanda 90 . A questi si

dovranno aggiungere anche quei provvedimenti conservativi

rinvenibili indirettamente nella nozione di cautelare

atipico91.

Un problema generico che la norma solleva, problema

generico e non peculiare al caso di instaurando giudizio

arbitrale, è quello sulla «incertezza della verifica

attitudinale di detti provvedimenti (quelli indicati

nell’art 669-octies comma 6°, ndr) ad essere idonei ad

89 BORGHESI, Tutela cautelare e strumentalità attenuata: profili sistematici e ricadute pratiche, in Atti del convengo della Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile, Ravenna 18 maggio 2006. 90 la c.d. strumentalità attenuata ha suscitato dubbi in dottrina per la sua legittimità costituzionale (presunta violazione degli artt. 3 e 111) per i quali si rimanda a GRAZIOSI, La cognizione sommaria del giudice civile nella prospettiva delle garanzie costituzionali, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2009, p. 137 ss. in versione integrale e completo di un più esauriente apparato di note, ID, in Studi in onore di Vittorio Colesanti, I, Napoli, 2009, p. 635 ss.; CIPRIANI, il procedimento cautelare tra efficienza e garanzie, in Il Giusto Proc. Civ., 2006, p. 26. 91 QUERZOLA, La tutela anticipatoria fra procedimento cautelare e giudizio di merito, Bologna, 2006, p. 19; BIAVATI, Prime impressioni sulla riforma del processo cautelarei, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2006, p. 565; MARINELLI, Note in tema cautelare nel nuovo rito societario, in Corr. Giur., 2004, p. 1249;

49

anticipare gli effetti della sentenza di merito. A ben

vedere, neppure 92 tutti quelli resi a norma dell’art 700

c.p.c. possono dirsi pienamente anticipatori e, pertanto,

suscettibili di stabilità» 93 . Considerate tali incertezze

interpretative, le parti, nel dubbio, saranno sempre

indotte a dar vita al giudizio di merito onde evitare il

pericolo di rendere inefficace il provvedimento. E ciò

rischia di vanificare, almeno in parte, la componente

deflattiva insita nella norma.

Altre cause di inefficacia del provvedimento previste

dall’art. 669-novies sono l’estinzione del giudizio di

merito (comma 1°), l’omesso versamento della cauzione di

cui all’art. 669-undecies e la «pronuncia di un lodo che

dichiari l’inesistenza del diritto a cautela del quale la

misura cautelare è stata concessa» 94 (ipotesi entrambe

previste dal comma 3°).

Il comma 4° n. 1 prevede, inoltre, che l’eventuale misura

cautelare concessa prima della devoluzione del merito ad

arbitrato italiano o estero perda efficacia se il

beneficiario non presenti nei termini domanda di

esecutorietà del lodo arbitrale. In proposito è opportuno

segnalare che, dopo la eliminazione di tale termine ad

opera della riforma del 1994, la disposizione non è più

applicabile e, secondo alcuni, il provvedimento così emesso

avrebbe una speciale efficacia ultrattiva 95 . Diverso è il

caso del sequestro conservativo che, ai sensi dell’art.

156-bis disp. att. c.p.c., non può essere convertito in

pignoramento se al lodo non viene conferita l’efficacia

92 la questione è controversa; vedi contra, G.F. RICCI, Op. Ult. Cit., p. 486. 93 SANDULLI, Tutela cautelare ed arbitrato, in Lav. e Previd. Oggi, 2008, p. 1597. 94 SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile. Appendice di aggiornamento alla tredicesima edizione, Padova, 2007, p.170. 95 G.F. RICCI, Op. Ult. Cit., p. 487.

50

esecutiva nel termine di 60 giorni, decorrente da quando la

domanda è divenuta proponibile (ossia dalla data della

comunicazione alle parti del lodo96).

Il n. 2 dello stesso comma prevede il caso in cui il lodo

dichiari inesistente il diritto oggetto di cautela e,

«coerentemente con i principi informatori del sistema» 97 ,

l’inefficacia è conseguenza diretta della sola pronuncia

del lodo, a prescindere dalla decorrenza dei termini per

impugnare.

Competente a dichiarare l’inefficacia o a rispristinare lo

status ante è lo stesso giudice che ha emesso il

provvedimento cautelare. Fin qui nulla quaestio, ma sorgono

dei problemi interpretativi nell’ipotesi in cui sia stato

proposto reclamo contro il provvedimento ed il reclamo sia

stato rigettato. Ci si chiedeva in dottrina se il giudizio

di reclamo avesse efficacia sostitutiva rispetto a quello

di emissione del provvedimento e, quindi, quale dei due

giudici fosse competente per la revoca e la modifica. Ma

sembra appurata98 la soluzione affermativa.

Infine si deve dar conto dell’art 669-duodecies che

disciplina l’attuazione del procedimento cautelare; dopo

aver conferito tale funzione al giudice che ha emesso il

provvedimento, dandogli potere di emettere le opportune

ordinanze per risolvere eventuali difficoltà, il codice

stabilisce che «ogni altra questione va proposta nel

96 sic LA CHINA, L’arbitrato il sistema e l’esperienza, Milano, 2011, p.116-117. 97 PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, Padova, 2012, p. 210 che probabilmente si riferisce all’art. 669-novies, comma 3°,che infatti non richiede il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara inesistente il diritto cautelato. 98 LUISO, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p. 263; in giurisprudenza: Trib Bassano del Grappa 19 marzo 1999 con nota adesiva di BIANCHI, Competenza per la modifica o revoca del provvedimento cautelare emanato dal giudice collegiale in caso di giudizio di merito devoluto ad arbitri, in Riv. Dir. Proc., 2000, p. 263 ss.

51

giudizio di merito». In forza di tale disposizione, nel

caso di specie è d’obbligo rinvenire il giudice del merito

nell’arbitro mentre desta perplessità 99 il riferimento ad

«ogni altra questione».

Sebbene l’argomento sia controverso si ritiene che la

locuzione si riferisca principalmente «alle questioni che

nel processo esecutivo danno luogo alle opposizioni» sia

all’esecuzione che agli atti esecutivi100.

2.4 L’istruzione preventiva prima e dopo la sentenza della

Corte Costituzionale 28 gennaio 2010 n. 26

Trattando delle misure cautelari che il giudice togato può

emettere in luogo dell’arbitro, si è detto che il primo

debba applicare le norme del procedimento cautelare

uniforme, a nulla rilevando che la questione di merito sarà

trattata in sede di giurisdizione privata. Tuttavia in caso

di istruzione preventiva, la ”normale applicazione” del

rito cautelare non è sempre stata scontata.

L’articolo 669-quaterdecies nel disciplinare l’ambito di

applicazione del procedimento cautelare uniforme esclude

l’applicazione dello stesso alle disposizioni

sull’istruzione preventiva (artt. 692-699), eccezion fatta

per l’art. 669-septies 101 . Con tale norma di chiusura il

99 cfr. con BIAVATI, Spunti critici sui poteri cautelari degli arbitri, in Riv. Arb., 2013, p. 336 che rinviene nella disposizione in questione un’eccezione indiretta al divieto di cui all’art 818 (su cui vd. più diffusamente Cap II § 1.2. 100 Per un’analisi approfondita vd LUISO, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p. 263; PROTO PISANI, La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale, in Foro It., 1991, 515 ss. 101 Per la verità a seguito della sent. Corte Cost. 16 maggio 2008 n. 144 è applicabile all’istruzione preventiva anche l’art 669-terdecies.

52

legislatore ha inteso determinare l’applicabilità del

procedimento cautelare a tutte le misure cautelari previste

dal codice di rito, dal codice civile e dalle leggi

speciali per quanto compatibili. Infatti, il giudizio di

compatibilità va effettuato comparando la disciplina

generale introdotta dalla l. 26 novembre 1990, n. 353 con

le peculiarità proprie delle singole misure cautelari

previste dal codice civile e da leggi speciali. A

dimostrazione di questo, è la stessa norma in analisi che

indica come ai procedimenti di istruzione preventiva si

applichi solamente l'art. 669-septies, attesa la diversità

del diritto posto a tutela dei due procedimenti:

processuale in quelli di istruzione preventiva, sostanziale

in tutti gli altri procedimenti cautelari102.

I provvedimenti degli articoli 692 ss. «puntano a

salvaguardare la fruttuosità del diritto processuale alla

prova e non incidono sulla realtà sostanziale». E dunque la

carenza del vincolo fra tutela cautelare istruttoria e

giudizio di merito è stata –a torto- ritenuta dal

legislatore non meritevole della tutela offerta

dall’incisivo rito cautelare uniforme103.

Al contrario non è mai stata dubitata l’indole cautelare

degli stessi 104 . L’orientamento è stato confermato a più

riprese anche dalla Consulta, che una volta 105 evidenziava

Ciò nonostante il legislatore del 2009 non ha aggiornato la redazione dell’articolo in questione all’interpretazione della Corte. 102 TOMMASEO, Variazioni sulla clausola di compatibilità (note in margine all’art. 669-quaterdecies c.p.c.), in Riv. Dir. Proc., 1993, p.697. 103 LICCI, Istruzione preventiva, arbitrato e art 669-quaterdecies : una convivenza possibile?, in Riv. Dir. Proc., 2010, p. 725. 104 BALENA, Istruzione. Istruzione. Procedimento di istruzione preventiva., in Enc. Giur., Vol. XVII, Roma, 1990, p. 5; CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 181; contra CALVOSA, Alcune questioni in tema d’istruzione preventiva, in Riv. Dir. Proc., 1951, p. 203 ss. 105 Corte Cost. 16 maggio 2008 n. 144 che individua la ragione giustificatrice comune alle due tutele, nel tentativo di evitare che

53

l’identicità di ratio con le misure cautelari stricto

sensu, mentre altre 106 ne rimarcava le comuni coperture

costituzionali. E dei provvedimenti cautelari “standard”

condivide anche le due caratteristiche principali, ossia

strumentalità -seppur solamente attenuata- e provvisorietà.

Quest’ultima in particolare è dimostrata dal fatto che, una

volta introdotto il giudizio di merito, gli effetti del

provvedimento cautelare sono destinati a cadere; e sempre

in quella sede sono fatte salve le questioni di

ammissibilità e rilevanza sollevabili nel giudizio, così

come la richiesta di rinnovazione 107 . Ma è stata l’altra

caratteristica principale a sollevare i maggiori problemi

di coordinamento; infatti è sull’asserita 108 lieve

strumentalità dei provvedimenti cautelari istruttori che si

giustificava la carenza di collegamento con la disciplina

cautelare uniforme e, quindi, la sua impossibile

applicazione.

Tuttavia, dopo l’introduzione nel codice di rito della già

ricordata 109 “strumentalità attenuata” per i provvedimenti

cautelari anticipatori non aveva più ragion d’esistere la

limitazione di cui all’art. 669-quaterdecies110.

la durata del processo incida negativamente sulla parte che beneficia del provvedimento. 106 Corte Cost. 22 Ottobre 1990 n. 471 e Corte Cost. 19 luglio 1996 n. 257 nella quale viene chiarito che l’esercizio dell’onere probatorio è da garantire con la stesso vigore –alla stregua del diritto alla prova ex art. 24 Cost.- tanto preventivamente che nella sede, per così dire “naturale”, della tutela cautelare. 107 BALENA, L’istruzione preventiva, in BALENA-BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006,p. 367 ss; PROTO PISANI, Procedimenti Cautelari, in Enc. Giur., Vol. XXIV, Roma, 1990, p. 36. 108 SALVANESCHI, I provvedimenti di istruzione preventiva, in Riv. Dir. Proc., 1998, p. 801. 109 vd supra Cap I, § 2.3. 110 Ciò mi pare confermare la tendenza del legislatore ad attuare riforme frettolose e “zoppe” in cui difficilmente riesce a dare omogeneità al sistema, nell’ambito dello stesso intervento novellatore.

54

È su queste basi che si inserisce la pronuncia della Corte

costituzionale del 2010111. La vicenda nasce dalla richiesta

di espletamento di un accertamento tecnico preventivo ante

causam, rigettato dal Presidente del Tribunale di la Spezia

su eccezione del patto compromissorio della controparte.

Nell’ordinanza di rigetto si adduceva che all’accoglimento

dell’istanza ostava l’art. 669-quaterdecies. In sede di

reclamo il Tribunale sollevava la questione di legittimità

di fronte alla Corte dell’art. 669-quaterdecies, nella

parte in cui, escludendo l’applicazione dell’art 669-

quinquies ai provvedimenti di cui all’art 696, impediva la

proposizione della domanda di accertamento tecnico

preventivo in caso di stipulazione di clausola

compromissoria, compromesso o pendenza di giudizio

arbitrale. Il giudice a quo nell’ordinanza di rimessione,

sottolineava un vuoto di tutela «non essendo possibile

ovviare al pregiudizio irreparabile dato dall’alterazione

dello stato dei luoghi e, in generale, di tutto quello che

può essere oggetto di accertamento tecnico preventivo».

Nell’ordinanza veniva sottolineato anche che il dubbio di

costituzionalità -per presunto contrasto con gli artt. 3 e

24 - non fosse risolvibile nemmeno mediante interpretazione

analogica o costituzionalmente orientata112.

La Consulta, investita della questione, confermava i dubbi

del remittente con un’eloquente sentenza additiva di

accoglimento che, tuttavia, non è riuscita a chiudere del

tutto la questione. Infatti la Corte, argomentando nel

senso di un’illegittima del 669-quaterdecies nella parte in

111 Corte Cost. 28 gennaio 2010 n. 26. 112 BONATO, L’arbitrato l’accertamento tecnico preventivo e la Corte costituzionale, in Giur. It., 2010, p. 1648 e in senso critico sull’ordinanza di remissione del Tribunale di La Spezia del 31 ottobre 2008, DELLE DONNE, Ancora sui rapporti tra arbitrato (anche irrituale) e accertamento tecnico preventivo: è davvero illegittimo l’art 669 quaterdecies nella parte in cui non prevede l’applicabilità a tali cautele dell’art. 669 quinquies? in www.judicium.it

55

cui impedisce ai compromittenti di applicare l’art. 669-

quinquies, fa espresso riferimento al solo caso

dell’A.T.P.. In dottrina ci si è domandati113 da subito se

il dictum fosse da interpretare in senso restrittivo,

escludendo così la proponibilità al giudice di una domanda

di ispezione o testimonianza, ma la risposta affermativa

sembra scongiurata poiché ritenuta irragionevole114.

Altro aspetto controverso è stato rinvenuto dalle

argomentazioni della Corte che, prima di «desumere

l’illegittimità dell’art 669-quinquies», ha «compiuto un

ragionamento più ampio, esaminando […] la compatibilità tra

l’accertamento tecnico preventivo e l’intera normativa

generale sui provvedimenti cautelari»115. In questa rassegna

comparativa non vi è accenno al tema della competenza e ciò

ha indotto qualcuno a ritenere che «in caso di stipulazione

di una controversia d’arbitrato, […] (quest’ultima, ndr)

spetti ad un giudice diverso da quello individuato dagli

artt. 693 e 696»116. Ma sembra privo di fondamento pensare

che dalla mancata correlazione di un singolo aspetto si

debba ricavare una “disciplina negativa” della competenza.

Piuttosto appare più ragionevole pensare che nel mancato

riferimento ad ogni singolo aspetto la Corte «abbia aperto

all’interprete la strada per applicare, a fronte di altre

deficienze della disciplina procedimentale dell’istruzione

113 TISCINI, La Corte costituzionale interviene sui rapporti tra istruzione preventiva e arbitrato, continua l’estensione del rito cautelare uniforme alla tutela preventiva della prova, in Riv. Arb., 2010, p. 73 ss. 114 BESSO, Istruzione preventiva e cautelare uniforme: una relazione tuttora, irrisolta, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2011, p.492; DELLE DONNE, La Consulta, l’istruzione preventiva e la forza espansiva del rito cautelare tra esigenze di compatibilità costituzionale e discrezionalità del legislatore, in Giur. It, 2010, p. 2117. 115 BESSO, Op. Ult. Cit., p.492. 116 BONATO, Op. Ult. Cit., p. 1651.

56

preventiva, disposizioni diverse e ulteriori rispetto agli

artt. 669-quinquies, 669-septies e 669-terdecies»117.

Inoltre è stato fatto notare come alla conclusione cui è

giunta la Corte si poteva comunque arrivare anche prima

della sentenza in commento, mediante un’interpretazione

«adeguatrice» e «costituzionalizzante» 118 ; e per altri

versi, prima della sentenza della Consulta, anche la

giurisprudenza aveva interpretato in via analogica l’art

669-quinquies per consentire l’espletamento

dell’accertamento tecnico preventivo anche in presenza di

patto arbitrale119.

117 BESSO, Op. Ult. Cit., p.492. 118 BONATO, Op. Ult. Cit., p. 1650. 119 Trib. Catania 22 Gennaio 1995, in Giur. It.,1995, p.820, nota di PULEO.

57

CAPITOLO SECONDO

LA COMPETENZA CAUTELARE DEGLI ARBITRI: LA DISCILINA

ITALIANA

SOMMARIO: 1 Il limitato potere cautelare degli arbitri nel sistema italiano. – 1.1 Il

potere cautelare degli arbitri nel rito societario. - 1.2 Le eccezioni implicite:

critica. – 1.3 Limiti ed estendibilità dei poteri cautelari degli arbitro. – 1.4

Esecutorietà delle misure cautelari emesse da arbitri. - 2. Analisi delle ragioni del

divieto e delle soluzioni offerte. - 2.1 La chiave di lettura offerta dall’art 111 e dai

trattati europei. - 2.2 Orientamenti sull’applicabilità delle astreints alla tutela

cautelare e all’arbitrato (rituale): chiave di lettura di un’evoluzione normativa?

1 Il limitato potere cautelare degli arbitri nel sistema

italiano

1.1 Il potere cautelare degli arbitri nel rito societario

Abbiamo finora analizzato i poteri cautelari del giudice

statuale nell’ambito di una controversia compromessa;

questi come visto, costituiscono la reazione e soluzione

che l’ordinamento appresta al divieto categorico dell’art.

818. Si è altresì accennato alle recenti aperture del

legislatore verso un modesto potere cautelare dell’arbitro.

Questo consiste di un numero circoscritto di strumenti di

cui solo uno è cristallizzato in una disposizione positiva,

mentre gli altri sono ricavabili attraverso interpretazioni

più o meno riconosciute in dottrina.

Anzitutto l’ipotesi manifesta è stata introdotta dal

decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 5 che ha istituito

l’arbitrato societario nel nostro ordinamento. La

58

disciplina “particolare” si applica, a norma dell’art. 34,

comma 1°, dello stesso decreto, a tutte quelle «ipotesi in

cui l’atto costitutivo di una società contenga una clausola

compromissoria. Restano pertanto fuori dalla disciplina

speciale tutti gli arbitrati che abbiano ad oggetto

controversie societarie, ma che non trovano fondamento in

una clausola compromissoria statutari»120 ; sono ad esempio

escluse le ipotesi che derivano da clausole compromissorie

contenute in patti parasociali, o più semplicemente da

compromesso 121 . Sono parimenti escluse dall’applicazione

dell’arbitrato societario tutte le società «che fanno

ricorso al mercato del capital di rischio a norma

dell’articolo 2325-bis del codice civile».

Da un punto di vista oggettivo lo stesso articolo pone

ulteriori confini. Da una parte si afferma la

compromettibilità in arbitri di «controversie che abbiano

ad oggetto diritti disponibili» (comma 1°); dall’altra,

invece, si esclude che possano essere oggetto di clausola

compromissoria «le controversie nelle quali la legge

preveda l’intervento obbligatorio del pubblico ministero»

(comma 5°).In dottrina122 esaminando i profili conflittuali

delle due disposizioni si è rilevato come i due criteri

sopra esposti sono da cumulare l’uno con l’altro.

Il successivo articolo 35 contiene due ipotesi

differenziate. La prima si cela dietro all’inciso «anche

non rituale» che al momento dell’emanazione della legge ha

rappresentato una vera e propria svolta. Infatti il

legislatore del 2003 sembrava aver recepito il messaggio

120 LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. Dir. Proc., 2003, p. 705 e 706. 121 La ragione è del tutto ovvia: non ha ragion d’essere un deferimento ad arbitri per una controversia già nata, in uno statuto o in un atto costitutivo che si collocano nel momento genetico della una società. così BRIGUGLIO, Conciliazione e arbitrato nelle controversie societarie, in www.judicium.it. 122 LUISO, Op. Ult. Cit., p. 710.

59

(anch’esso mascherato dietro argomentazioni non necessarie

a supporto di un’ordinanza di rigetto) della Corte

Costituzionale 123 dell’anno precedente. Questo aveva messo

in discussione i capisaldi della vexata quaestio sulla

possibilità di ottenere tutela cautelare presso un giudice

togato anche in caso di clausola compromissoria per

arbitrato irrituale. Come abbiamo già osservato, però,

avremmo dovuto aspettare la novella del 2005 per una

disposizione incontrovertibile in tal senso.

Ma l’aspetto più rivoluzionario, e che tutt’ora rappresenta

un elemento di novità nell’ordinamento, è rappresentato

dalla disposizione che consente agli arbitri investiti

della questione di sospendere l‘efficacia delle delibere

assembleari (ai sensi dell’art. 2378 c.c.). Già

all’indomani della riforma legislativa in dottrina si

segnalava come, nonostante il contenuto innovativo della

norma, questa non bastasse, da sola, a superare in toto il

divieto di cui all’articolo 818. Se «il problema del

potere cautelare agli arbitri concerne non la pronuncia, ma

l’esecuzione del provvedimento» allora va da sé che la

misura in questione «ha vita facile» in quanto ordinanza

self-executing. E anche fra le misure ad esecuzione

spontanea risulta di attuazione particolarmente semplice,

dato che «non suppone un’incisione coattiva sulla

materialità delle cose, ma semplicemente paralizza

l’efficacia di una delibera, che si trova temporaneamente

privata dei propri effetti»124 .

Un profilo particolare su cui ha avuto occasione di

pronunciarsi la recente giurisprudenza 125 riguarda la

123 Corte cost. (ord.) 5 luglio 2002 n. 320 per la quale si rimanda a quanto detto nel Cap. I § 1.5. 124 BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, in Riv. Arb., 2003, p. 44. 125 Trib. Napoli, sez. VII, 6 febbraio 2012.

60

sospensione delle delibere ai sensi dell’articolo 2378

c.c. prima della costituzione del collegio arbitrale.

Infatti se da un lato risulta il carattere inderogabile

dell’articolo 35 del D. Lgs. 5/2003 («se la clausola

compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di

controversie aventi ad oggetto la validità di delibere

assembleari agli arbitri compete sempre il potere di

disporre […] la sospensione dell’efficacia della delibera),

dall’altro si deve dar conto della disciplina sostanziale

della misura cautelare in questione; la lettera dell’art.

2378 è chiara nell’indicare che «la misura in parola potrà

essere concessa soltanto in pendenza di arbitrato» 126 (ciò

viene desunto dall’espressione «con ricorso depositato

contestualmente al deposito […] della citazione» in

apertura del comma 3°). Da quest’ultima affermazione il

giudice partenopeo fa discendere che, anche in caso di

arbitrato, così come chiarito dalla riforma del 2005, la

sospensione della delibera «non può che essere disposta a

processo pendente e non già ante causam».

Per risolvere la diatriba è imprescindibile scomodare la

delicata questione del momento di inizio del procedimento

cautelare che, come già analizzato 127, dovrebbe coincidere

con la notificazione dell’atto con cui si dichiara di voler

promuovere il giudizio arbitrale. Tuttavia nel caso

dell’arbitrato societario è necessario specificare che la

legge prevede la possibilità di nomina dell’arbitro da

parte di un terzo, ciò che è accaduto nella fattispecie in

questione; orbene, in questo caso, il giudizio si può dire

pendente quando la parte abbia proposto l’istanza per

nominare l’arbitro al terzo incaricato. Dunque, è da questo

126 IZZO, Sulla sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari prima della costituzione del collegio arbitrale, in Le Società, 2012, p.570, 127 Vd Cap I § 2.3.

61

momento che la competenza si deve ritenere “traslata” in

capo agli arbitri, indipendentemente dalla tempestività

della nomina da parte del terzo o dalla costituzione del

collegio.

Il giudice designato dal Presidente del Tribunale per

confermare o revocare il decreto di sospensione da esso

emanato, pur riconoscendo «l’esigenza di contemperare le

prerogative di due distinte autorità (giudiziaria ed

arbitrale) senza che l’una possa condizionare, in modo

rilevante, anche l’altra» opta per «la natura concorrente

della potestà cautelare de qua, almeno nella fase anteriore

alla costituzione dell’organo arbitrale».

La pronuncia è solo l’ultima di una serie di decisioni

ascrivibili a 2 orientamenti interpretativi. Il problema

evidentemente scaturisce nello spazio temporale che

intercorre dalla notifica dell’istanza al terzo incaricato

di nominare il collegio e la concreta capacità di emettere

misure cautelari di quest’ultimo: da un lato vi è chi

sostiene che128 il dato letterale dell’articolo 35 non sia

superabile attraverso il procedimento di impugnazione delle

delibere di cui all’art. 2378 c.c., comma 3°; a conferma di

ciò starebbe la scelta operata dal legislatore del 2003 di

non consentire l’impugnabilità dell’ordinanza, onde evitare

ipotetici conflitti tra arbitro e giudice togato in sede

di revisione. La giurisprudenza che condivide questa

opinione, ritiene così ammissibile nelle more della

128 per la giurisprudenza considerata dal giudice partenopeo vedi Trib. Milano 4 ottobre 2005, in Giur. Comm., 2006, 1128, nota di CERRATO; Trib. Catania 14 ottobre 2005, in Giur. It., 2005, p. 1475, nota di CATALANO, che ha ritenuto inoltre inammissibile anche il ricorso ex 700 c.p.c.. Ma vedi anche Trib. Novara (ord.) 12 aprile 2005 in Tot Capita…? un anno e più di applicazione del rito societario fra incertezze e ricerca di uniformità in www.anfverona.it e Trib. Milano, 3 giugno 2010, in Corr. Giur., 2011, 1137 ss., nota di SALVANESCHI.

62

costituzione del collegio, il ricorso alla tutela d’urgenza

atipica (art. 700 c.p.c.).

Dall’altro lato 129 , invece, si ritiene che l’impugnazione

disciplinata dal codice civile sia utilizzabile finché non

si costituisce un collegio. Ed ad avviso del giudice

napoletano l’opzione per questa seconda teoria

rappresenterebbe anche la lettura più vicina al dettato

costituzionale.

Infine si deve segnalare l’opinione che legge nella

disposizione inserita dal legislatore una clausola di

riparto di competenze fra il giudice ordinario e il

costituendo collegio arbitrale130. E le conclusioni ricavate

non sono diverse da quelle fatte proprie nella decisione

analizzata: nell’attesa della costituzione del collegio si

dovrebbe ricorrere alle impugnazioni previste dall’art.

2378.

Ad avviso di chi scrive le ultime due tesi, muovendo da una

difficoltà fattuale (colmare il vuoto di tempo -talvolta

considerevole- in cui non si può ricorrere al collegio), si

scontrano inevitabilmente con il chiaro dato normativo

sancito dall’articolo 35. Inoltre la dimensione del

problema può essere ridimensionata quando le parti abbiano

previsto di ricorrere ad un costituendo arbitrato

amministrato che, come sempre più spesso accade, preveda

una figura corrispondente all’emergency arbitrator.

129 Trib. Milano 14 agosto 2010, in Corr. Mer., 2010, p. 1155; Trib. Milano(ordd.) 17 marzo 2009, in Riv. Arb., 2009, p. 311 ss. nota di VILLA e 20 settembre 2007, in Giur. It., 2008, p. 371 nota di SPIOTTA; Trib. Agrigento 4 novembre 2004, in Giur. Comm., 2007, p. 222, nota di CAMELLINI; in dottrina si veda RUFFINI, Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2004, p. 516 ss.; MOTTO, Esperienze del nuovo arbitrato societario, in Riv. Arb., 2006, p. 563; BOVE, L’arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. Civ., 2007, p. 491. 130 VILLA, Una poltrona per due: la sospensione delle delibere assembleari tra giudice privato e giudice statuale, in Riv. Arb., 2009, p. 315.

63

In ogni caso, certo è che il legislatore del 2003 non ha

brillato per lungimiranza; nell’introdurre una norma con

una così ampia portata innovatrice non si è nemmeno

preoccupato di risolvere quelle antinomie che, è

innegabile, emergono da una prima, superficiale lettura dei

due articoli.

1.2 Le eccezioni implicite: critica

Quella appena analizzata è l’unica eccezione prevista

positivamente nell’ordinamento italiano al divieto di

disporre misure cautelari che grava sugli arbitri. Tuttavia

un recente studio al fine di esplorare l’elasticità dei

limiti tradizionali posti dal divieto, ha dimostrato che si

possono ricavare alcune ulteriori eccezioni in via

interpretativa.

In primo luogo si riporta quella indirettamente ricavabile

dall’art. 669-duodecies. Si era già accennato alla norma in

materia di attuazione dei procedimenti cautelari emessi dal

giudice e a quei fini si era ritenuto senza dubbio

competente l’arbitro, quale giudice del merito. Ma è la

locuzione «ogni altra questione» a far sorgere dubbi:

essendo questa riferita all’attuazione e alle modalità

d’esecuzione dei provvedimenti cautelari è da approvare la

lettura che «assegna agli arbitri la cognizione delle

questioni sul quomodo dell’esecuzione»131.

131 così BIAVATI, Spunti critici sui poteri cautelari degli arbitri, in Riv. Arb., 2013, p. 336 che, in nota 25, fa riferimento a LUISO, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p.264;in particolare vengono divise le questioni che danno luogo ad opposizione in tre categorie: a)quelle che formano l’oggetto delle opposizioni agli atti esecutivi per le quali «sembra che in ogni caso non vi sia alcun ostacolo a

64

Si fa notare come, seppure modesta, l’interpretazione in

questione ha il pregio di «aprire una breccia» rispetto

alla severa preclusione legislativa.

Inoltre, da una lettura a contrario dell’articolo 832 si

può ricavare un’eccezione implicita al divieto. Come si è

accennato sopra, l’articolo 832, così come novellato dal D.

Lgs. 40/2006 e, per questa ragione, «coevo alla modifica

permissiva apportata all’art. 818 (l’aggiunta della

clausola di salvezza, ndr)», tratta del rinvio a

regolamenti arbitrali con particolare, ancorché non

esclusivo, riferimento all’arbitrato amministrato. Dopo

aver disciplinato la soluzione fra disposizioni in

conflitto fra la convenzione arbitrale e il regolamento cui

le parti hanno rinviato, nel comma 6° viene trattato il

caso dell’efficacia della convenzione in caso di rifiuto

dell’istituzione arbitrale di amministrare lo stesso. In

questo caso la legge postula che si applichino in via

ritenere che esse rientrino fra quelle devolute al giudizio arbitrale». b)quelle che formano l’oggetto di opposizioni all’esecuzione e per le quali occorre distinguere ulteriormente a seconda che l’attuazione del provvedimento possa essere negata per ragioni processuali o sostanziali; l’A. fa notare come solo le seconde possano essere oggetto di sindacato dell’arbitro poiché le prime coincidono con il profilo relativo all’inefficacia che è devoluto «dall’art. 669-novies, al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare della cui efficacia si discute, e non al giudice del merito». c)quelle che devono essere proposte nel giudizio di merito. E fra queste, si noti bene, vi rientrerebbero anche quelle opposizioni che, in via interpretativa, potrebbero essere potenzialmente classificate come opposizioni agli atti (di cui alla lettera a) ). Ma mentre per queste ultime «sembra che in ogni caso- e cioè qualunque soluzione si voglia accogliere circa il modo con cui sono trattate nel procedimento di attuazione» debbano essere devolute al giudizio arbitrale, le altre (quelle “pacificamente da ritenere di merito”) non possono essere mai devolute alla decisione arbitrale. E ciò «per l’ovvia costatazione che non può essere imposta una decisione, la quale si fonda essenzialmente sul consenso di tutti gli interessati». Quanto detto è vero in primis poiché il terzo non è stato parte del patto compromissorio e dovrebbe esserlo a fortiori in quanto il patto non ha ad oggetto rapporti sostanziali fra le parti ed il terzo. Non è sufficiente una « «adesione» del terzo all’accordo arbitrale » e questi potrà solo «proporre le sue domande attraverso una autonoma e separata domanda di fronte al giudice indicato negli artt. 17 e 27».

65

sussidiaria le norme dei capi da I a V del titolo VIII,

libro IV del c.p.c., e fra queste, ovviamente anche l’art.

818. Ora date queste premesse, è stato proposto di dare una

lettura della disposizione nel senso che, laddove

l’istituzione decida di amministrare l’arbitrato si possa,

al contrario, derogare a tutti i capi precedenti e quindi

implicitamente anche al divieto di disporre misure

cautelari. Sembra fondato il rilievo che la capacità di una

fonte non legislativa –come lo sono i regolamenti- di

incidere sulle regole comuni possa poggiare su un mero

rinvio operato dalla legge, e che ciò sia sufficiente a

costituire eccezione della stessa 132 . È pero d’uopo

sottolineare come l’interpretazione offerta dell’ultimo

comma ha senso in tanto in quanto ci si muova nell’ambito

dell’arbitrato amministrato “sotto l’egida di

un’istituzione” e non anche quello ad hoc in cui le parti

abbiano semplicemente rinviato ad un regolamento

precostituito133.

In primo luogo 134 è stato fatto notare che la clausola di

salvezza fa riferimento a disposizioni di legge e che

l’espressione normalmente indica un’affermazione esplicita,

com’è ad esempio quella dichiarata nell’articolo 35 del D.

Lgs. 5/2003. Ma in proposito è stato eccepito come la legge

stabilisca precetti sia in maniera diretta che «mediante

rinvio ad altre fonti sublegislative»; e così l’art. 832

sebbene abbia il palese scopo di disciplinare l’arbitrato

amministrato (che già trovava peraltro la sua copertura 132 BIAVATI, Op. Ult. Cit., pp. 336-338 133 per la differenza fra i due tipi LA CHINA, L’arbitrato il sistema e l’esperienza, Milano, 2011, p. 3; CORSINI, L’arbitrato secondo regolamenti precostituiti, in Riv. Arb., 2007, p. 295 ss. 134 le critiche come riportato in BIAVATI, Op. Ult. Cit., nota 30 sono state formulate « nel dibattito che ha seguito la mia (di Biavati, ndr) relazione nel convegno del 3 dicembre 2012 («L’ausilio giudiziario all’arbitrato tra sostegno, controllo e interferenza»), fra gli altri, da Piero Bernardini, Antonio Briguglio e Giorgio De Nova».

66

positiva nell’art. 816-bis) è stato formulato con

espressioni che vanno ben aldilà della rubrica e pertanto,

nei limiti della ragionevolezza, ben si presta a reggere

una semplice lettura a contrario della norma, che non

necessita nemmeno di ragionamenti per assurdo.

Inoltre è stato osservato come con un’interpretazione in

questi termini verrebbe introdotta una «non giustificata

differenza fra l’arbitrato amministrato e l’arbitrato ad

hoc». Ma a ciò si può ben obiettare che non solo la scelta

rientra fra quelle opzioni di cui dispone liberamente il

legislatore, ma anche che la preferenza accolta da questi

risponde ad un più generale interesse deflattivo del

contenzioso cui aspirava tutta la riforma del 2006. E se

questa era l’intenzione del legislatore che ha riformato

l’art 832, a fortiori dovrebbero essere accolte

interpretazioni sistematiche che si collocano nella stessa

direzione teleologica.

Un’ulteriore appunto muove dalla lettera del comma 5° dello

stesso articolo che convalida ipotesi ulteriori di

sostituzione e ricusazione degli arbitri eventualmente

previste da regolamenti arbitrali “in aggiunta” a quelli

previsti dalla legge. Dalla formulazione si dovrebbe

ricavare una regola generale per cui i regolamenti

arbitrali non potrebbero «in alcun modo derogare al divieto

dell’articolo 818, perché essi possono soltanto integrare

le regole del codice per l’arbitrato rituale». E se è

vero, come è vero, che il codice indica che i regolamenti

arbitrali possano solo incrementare le ragioni per cui

ricusare o sostituire un arbitrato, non è necessariamente

vera la più generica proposizione secondo cui «il codice

non è derogabile tramite il rinvio a regolamenti

arbitrali».

67

Infine si sottolineava come consentendo la derogabilità del

codice a mezzo di uno strumento come un regolamento

arbitrale si potesse correre il rischio di incorrere in

gravi violazioni di principi essenziali . Oltre al puntuale

rilievo di come il rischio sia solo teorico, poiché i

regolamenti predisposti sono di regola provvisti di un

ampia gamma di garanzie del tutto identiche a quelle

predisposte per un processo ordinario, ve ne sono altri più

gravi di carattere teorico. Infatti si sottolinea come «le

garanzie essenziali dell’arbitrato sono le stesse che la

Costituzione prevede per la giustizia dello Stato» e che

mai un lodo potrebbe essere omologato se ne fosse privo.

Sul punto mi preme aggiungere che alla stregua della

normativa contrattualistica la violazione di diritti e

principi generali può costituire di per sé una violazione

di norma imperativa, fonte di nullità e rilevabile dal

giudice d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Il

fatto che i paciscenti decidano di rinviare ad un

regolamento contrattuale stabilito da terzi, non vale a

privare lo stesso contratto dell’elemento della volontà che

in questo caso è solo coincidente con quella preformulata

in un regolamento procedurale esterno; e così lo stesso

contratto sarà soggetto alle regole generali e su tutte,

quella di non essere in contrasto con norme imperative. Non

si vede quindi perché debba essere in questo caso sollevata

una critica di carattere generale, anzi generalissimo, in

questa specifica sede. Sta nella più essenziale logica

giuridica costatare che un accordo fra le parti non debba

derogare le norme imperative, così come sta nella logica

della sistemazione delle fonti del diritto il rispetto

dell’ordine gerarchico delle stesse.

L’interpretazione in questione rappresenta sicuramente un

terreno fertile per oltrepassare quelle resistenze

68

postulate dal dato normativo e corroborate

dall’atteggiamento diffidente di dottrina e giurisprudenza.

Meglio: costituisce dichiaratamente un espediente per

aggirare un ostacolo normativo altrimenti insuperabile

nonché un tentativo di osservare la tenuta dei limiti

classici del divieto. Date queste premesse le critiche

mosse a questa lettura, se da una parte possono essere

ritenute legittime sul piano logico-ermeneutico, dall’altra

contribuiscono a riaffermare il primato della legge anche

in un settore dove la volontà delle parti costituisce il

perno della disciplina e la matrice genetica dell’istituto.

Con ciò non si vuole dare un giudizio negativo

all’interprete che si è cimentato in esperimenti logici di

opposizione rispetto a quello appena proposto, solo perché

la tesi qui sostenuta offre, “allargando le maglie del

divieto”, migliori risultati. Ciò sarebbe oltretutto

intellettualmente disonesto, se non contrario all’onere di

ogni commentatore. Si vuole solamente sottolineare che

tutte le riforme legislative, i revirement delle corti o

più in generale qualsiasi cambiamento dell’opinione più

diffusa partono sempre da interpretazioni che d’acchito

possono sembrare estreme o fuorvianti, salvo poi rivelarsi,

quando l’idea è diventata condivisa ai più, lo standard

normale, il nuovo canone interpretativo. Orbene stupisce

che di fronte ad un palese tentativo di rendere più

elastico il dato normativo, proprio gli stessi autori che

ne chiedono a gran voce la riforma da un ventennio, si

prestino a critiche de iure condito.

69

1.3 Limiti ed estendibilità dei poteri cautelari degli

arbitri

Individuate le eccezioni esplicite e implicite al divieto

non è comunque superfluo effettuare delle considerazioni di

carattere generale sui requisiti e l’estensione che possono

o potrebbero avere i provvedimenti cautelari emessi da un

arbitro senza entrare in conflitto con la normativa di

divieto.

Anzitutto si è visto come possano trovare spazio solo quei

provvedimenti che non richiedono esecuzione, poiché è

proprio la mancanza di potere coercitivo a privare

l’arbitro del potere cautelare. E quindi vi saranno

certamente ricomprese le «misure che che autorizzano la

sospensione unilaterale della prestazione contrattuale e

misure di natura meramente dichiarativa». Diverso è invece

il discorso per quelle misure che si concretino in obblighi

di dare, fare o non fare 135 . Infatti quando la misura

richieda queste forme di attuazione sarà ulteriormente

opportuno distinguere fra le ipotesi in cui l’esecuzione

sia interamente demandata alla parte interessata, senza

necessità alcuna di attuazione coercitiva e quelle, al

contrario, in cui l’arbitro dovrebbe arrogarsi poteri

coercitivi per dare attuazione alla misura 136 . Per altri

invece il criterio distintivo è fra le misure in cui il

beneficiario può provvedere spontaneamente e quelle in cui

è comunque necessaria una condotta attiva o omissiva del

soggetto inciso. Si sottolinea infatti che anche se

potenzialmente l’arbitro potrebbe provvedervi, sarebbe

135 CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato internazionale, Padova, 2006, p. 276. 136 RUBINO- SAMMARTANO, Il diritto dell’arbitrato: disciplina comune e regimi speciali, Assago, 2010, p. 794.

70

necessaria «l’assistenza del giudice statale per la loro

esecuzione»137.

Un accordo fra le parti finalizzato a conferire poteri

cautelari agi arbitrati, seppur legittimo e dotato di

efficacia fra i contraenti non potrebbe comunque

beneficiare dell’imposizione forzosa dello Stato.

Valorizzando l’aspetto negoziale dell’accordo si potrebbe

giungere all’emissione di provvedimenti «a struttura, ma

non ad efficacia cautelare». Questi avrebbero il potere di

vincolare la parte intimata ad adempiere il contenuto della

misura, ma non il giudice a darvi esecuzione138. Una misura

con tali caratteristiche, a ben vedere, anche se lasciata

alla spontanea ottemperanza delle parti potrebbe sempre

contare sull’incentivo strutturale dato dalla moral suasion

che l’arbitro potrebbe esercitare sul magistrato togato

affinché conceda un provvedimento analogo139. E un discorso

equivalente potrebbe essere fatto sulla capacità persuasiva

che può avere -in senso negativo- la mancata attuazione di

provvedimenti cautelari, al momento della decisione di

merito. Sebbene si nota, ciò dovrebbe costituire solo un

fattore «meramente psicologico» che involontariamente

influenza la decisione finale dell’arbitro, il quale non

potrebbe compromettere l’esito del giudizio dando alla

mancata esecuzione un’arbitraria funzione sanzionatoria140.

Tuttavia un accordo delle parti potrebbe al più

configurarsi come avente natura contrattuale e, se non

rispettato, soggetto alle medesime forme di tutela offerte

dall’ordinamento : il risarcimento del danno. La soluzione

137 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 277. 138 TOMMASEO, Lex fori e tutela cautelare nell’arbitrato commerciale internazionale ,in Riv. Arb., 1991, p. 29. 139 AULETTA, Cognizione sommaria e giudizio arbitrale, in VERDE, Diritto dell’arbitrato, Torino, 2005, p. 498 ss. 140 POZZI, Arbitrato e tutela cautelare: profili comparatistici, in Riv. Arb., 2005, p. 33.

71

non è però pienamente soddisfacente141 poiché si rileva che,

se le parti hanno optato per una giurisdizione alternativa

a quella statale, è proprio il rimedio ordinario che

avrebbero voluto evitare. Tanto più quando il danno deriva

dal mancato rispetto di una misura provvisoria e

strumentale, che con tutta probabilità sarebbe destinata a

caducare in tempi molto più brevi delle more del giudizio

fondato sull’art. 1218 c.c..

2. Analisi delle ragioni del divieto e delle soluzioni

offerte

2.1 La chiave di lettura offerta dall’art 111 e dai

trattati europei

Dal quadro che emerge non sembrerebbero esistere vie di

fuga concrete o efficaci espedienti per aggirare il dato

normativo; o meglio, alcune ampie interpretazioni possono

spostare il problema più avanti estendendo ad ipotesi non

scontate (poiché non sintetizzate in norme dirette) lo

status di “diversa disposizione di legge” che consente di

superare il divieto imposto dallo stesso art. 818.

Ciò detto l’interprete che voglia avventurarsi nella

impervia strada del superamento di tale divieto non può

essere esonerato da una lettura costituzionalmente

orientata della norma. Lo studio cui si accennava sopra

prende le mosse dalle indicazioni offerte a tal proposito

dall’articolo 111 della Costituzione, ed in particolare dal

2° comma che postula il principio della ragionevole durata. 141 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 279.

72

In primo luogo si deve prendere atto che il principio non

si estrinseca solo e soltanto come «minore estensione

temporale dei processi, ma anche e soprattutto [come]

ragionevole distribuzione delle scarse risorse della

giurisdizione pubblica»142. In questo senso i giudici hanno

un dovere di allocare correttamente le risorse economiche a

disposizione e di distribuirle in maniera proporzionale

rispetto all’entità della causa143. E a nulla deve valere in

tal proposito la -seppur veritiera- considerazione che tali

risorse sono insufficienti rispetto a quelle necessarie per

una gestione dignitosa dell’ordinamento giudiziario. In

questo contesto si ipotizza una lettura della norma

costituzionale come recante la facoltà di ripartire ad 142 BIAVATI, Op. Ult. Cit., p. 344-345 e Osservazioni sulla ragionevole durata del processo di cognizione, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2012, p. 475 ss.; LIAKOPOULOS , Equo processo nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nel diritto comunitari, Padova, 2007, p. 105 ss.; CITTARELLO, La durata ragionevole del processo: criteri di valutazione della “ragionevolezza” elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ed ordinamento italiano, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2003, p. 161 ss.; FABRI, Idee europee, chimera italiana: la giustizia di qualità, relazione al Convegno “Europa a Giudizio. Per un processo civile giusto moderno e europeo”. Asiago 16-17 Settembre 2011; contra, nel senso che l’art. 111 non sia in grado di incidere sulla lentezza poiché il problema dipende dal rapporto tra le norme processuali e le risorse destinate al processo, ANDRONIO, in BIFULCO-CELOTTO-OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, sub Art. 111, Torino, 2006, pag. 2115 e ss. 143 Si veda come termine di paragone il processo inglese che sebbene improntato ad un adversarial system rappresenta un esempio di gestione virtuosa delle risorse. Paradigmatico in tal senso è l’articolo 1.1 (rubricato «l’obiettivo prioritario») delle Procedure Rules: «1. These Rules are a new procedural code with the overriding objective of enabling the court to deal with cases justly. 2. Dealing with a case justly includes, so far as is practicable:

a) ensuring that the parties are on an equal footing; b) saving expense; c) dealing with the case in ways which are proportionate:

i) to the amount of money involved; ii) to the importance of the case; iii) to the complexity of the issues; and iv) to the financial position of each party;

d) ensuring that it is dealt with expeditiously and fairly; ande) allotting to it an appropriate share of the court's resources, while taking into account the need to allot resources to other cases»

su cui vedi PASSANANTI, Processo civile inglese, in Enc. Dir., Annali, vol. III, Milano, 2010, p. 971.

73

organi esterni incombenze non strutturalmente di monopolio

del giudice statale. Si chiede, in pratica, di spostare -o

per lo meno di dare alle parti la possibilità di spostare-

fuori dalla cognizione del giudice togato questioni per le

quali non è imprescindibile la sua parola. Le misure

cautelari rappresentano così un buon esempio di mansioni

delegabili ad un arbitro nel rispetto -da questo punto di

vista- delle priorità di decongestionamento dei tribunali e

ottimale impiego delle risorse umane ed economiche imposte

dalla Costituzione. In questa chiave interpretativa la

lettura sopra esposta dell’art. 832 sarebbe così fornita di

quel “backing” che la rende meno forzata e più

convincente144.

Un altro spunto interpretativo può essere fornito dall’art.

81 del TFUE in tema di cooperazione giudiziaria in materia

civile. Questo nel 2° paragrafo alle lettere e) e g)

promuove rispettivamente l’accesso effettivo alla giustizia

e lo sviluppo alternativo dei metodi per la risoluzione

delle controversie. Ora se è pur vero che dal lettera delle

disposizioni in questione non discende direttamente alcuna

norma potenzialmente in contrasto con quelle previste dal

codice di rito italiano, le prime sono sintomatiche

dell’indirizzo che il legislatore europeo chiede di

seguire.

Per altri versi ancora più significativo è il disposto

della lettera f) del medesimo paragrafo che sempre al fine

di migliorare la cooperazione giudiziaria indica la

sostanziale rimozione degli «ostacoli al corretto

144 Allo stesso modo, «seppure qui più fortemente manipolatrice», la rilettura del 111 Cost. in chiave costituiva del modello di case management, potrebbe dar adito ad un’interpretazione dell’art. 825 c.p.c.; si ipotizza un’equiparazione fra il provvedimento cautelare emesso da un arbitro ai sensi dell’articolo 832, come estensivamente interpretato (vd. Cap. II, § 1.2), ad un lodo ; sic BIAVATI, Op. Ult. Cit., pp. 341 e 345; LUISO, Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, p. 253.

74

svolgimento dei procedimenti civili, se necessario

promuovendo la compatibilità delle norme di procedura

civile applicabili negli Stati membri». Se è vero che la

formula «procedimenti civili» potrebbe stare ad indicare

solo quelli presso le corti statali, non serve un grande

sforzo ermeneutico per farvi rientrare anche la procedura

arbitrale; anzi a tal fine è sufficiente un’interpretazione

sistematica che guarda alla norma immediatamente

successiva. Si potrebbe ben sostenere, infatti che

l’isolato caso italiano costituisca un elemento di

“rottura” della compatibilità delle norme di procedura

degli Stati membri. E in un certo senso l’elemento ostativo

al corretto svolgimento può essere rinvenuto nell’indiretto

aggravio che la norma porta alle nostre già intasate

cancellerie, anche se mi rendo conto che l’incidenza è

talmente bassa da poter essere ritenuta trascurabile. Del

resto per non ritenere artificiose queste letture serve un

approccio aperto alla volontà di modificare un dato

legislativo ben radicato e altrimenti difficilmente

manipolabile.

Al contrario sarà vano qualsiasi tentativo di rileggere

l’articolo 818 in chiave costituzionale se ci si pone con

un atteggiamento riluttante al cambiamento e ad

un’interpretazione adeguatrice.

2.2 Orientamenti sull’applicabilità delle astreints alla

tutela cautelare e all’arbitrato (rituale): chiave di

lettura di un’evoluzione normativa?

Sempre con riferimento all’esatta individuazione dei

ristretti limiti di competenza e di autonomia degli arbitri

75

nell’ordinamento italiano, è interessante affrontare un

ulteriore aspetto, apparentemente poco rilevante, ma al

contrario, molto indicativo per comprendere la difficoltà

della giustizia arbitrale a trovare terreno fertile nel

nostro paese, nonostante alcuni orientamenti

giurisprudenziali e dottrinari in controtendenza.

L’istituto cui mi riferisco è quello previsto e

disciplinato dall’art. 614-bis c.p.c..

L’astreinte, così come battezzato dalla dottrina, mutando

il termine dall’ordinamento francese, non è altro che la

previsione di una “penale” a carico della parte soccombente

che si dovesse rendere inadempiente all’esecuzione di un

provvedimento di condanna di obblighi di fare infungibili o

di obblighi di non fare. Ai sensi della norma citata, il

giudice, unitamente ad un provvedimento di condanna ad

obblighi di fare infungibili o di non fare, può prevedere,

su richiesta di parte, una somma di denaro dovuta

dall’obbligato per ogni <<violazione o inosservanza

successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del

provvedimento>>.

La dottrina, subito dopo l’introduzione della norma nel

nostro ordinamento 145 , si è molto impegnata a riempire di

contenuti una disposizione per alcuni aspetti lacunosa.

È tuttora aperto il dibattito, per esempio, intorno

all’applicabilità dell’istituto alla tutela cautelare e/o

d’urgenza, ovviamente a carattere anticipatorio.

145 La norma è stata introdotta dall’art. 49 L. 18 giugno 2009, n. 69, con decorrenza e relativa disciplina transitoria indicate sub art. 7.

76

Alcune pronunce di merito, infatti, hanno affermato

l’applicabilità delle astreints ai provvedimenti cautelari

e d’urgenza, ritenendola quasi ovvia, data

l’interpretazione letterale dell’art. 614 bis c.p.c. 146.

Di contro, parte della dottrina sostiene l’inapplicabilità

dell’istituto in genere ai provvedimenti scaturenti da

tutela a carattere sommario, affermando che <<la causa

dell’esclusione va ricercata nel fatto che ess[e] non

rientrano nel novero delle pronunce di condanna, sono

suscettibili di mera attuazione e si sottraggono

all’applicazione della disciplina dell’esecuzione

forzata>>147.

In senso contrario, altri autori hanno sposato

l’orientamento giurisprudenziale di cui poco sopra,

ritenendo l’applicabilità dell’astreinte alla tutela

cautelare abbastanza scontata148.

Tale digressione nel campo della tutela cautelare ordinaria

e non arbitrale, potrebbe apparentemente risultare fuori

tema. Al contrario, è interessante notare che la stessa

dottrina che sostiene l’applicabilità dell’istituto

richiamato alla tutela cautelare e d’urgenza, ne sostiene

anche l’applicabilità alla giurisdizione arbitrale. Allo

stesso modo, gli autori che affermano l’atreinte come non

applicabile alla tutela a carattere sommario ritengono lo

146 In tal senso Trib. Bari 10 Maggio 2001, n. 356, in www.giuriprudenzabarese.it e anche Trib. Cagliari, 19 ottobre 2009, in Foro It., 2011, p. 287. 147 TEDIOLI, Osservazioni Critiche All’art. 614 Bis Cod. Proc. Civ., in La Nuova Giur. Civ., 2013, p. 67. 148 BOVE, La misura coercitiva di cui all’art. 614 bis c.p.c., in Riv. Trim Dir. Proc., 201°, p. 781 ss.

77

strumento coercitivo assolutamente al di fuori dei poteri

dell’arbitro.

In tal senso, dalla stessa dottrina già citata è stato

sostenuto che non può escludersi <<la possibilità che un

lodo arbitrale (rituale) sia rafforzato con la concessione

della misura coercitiva, posto che esso deve poter dare la

stessa tutela che altrimenti darebbe la sentenza

statale>>149.

Rispetto ai commenti dottrinari che reputano lo strumento

della coercizione indiretta (art. 614-bis c.p.c.)

estendibile ai poteri dell’arbitro, è interessante notare

che anche in questo ambito è, tuttavia, necessario

effettuare dei distinguo.

Alcuni autori, infatti, ritengono che la norma citata sia

applicabile all’arbitrato anche in mancanza di un‘espressa

previsione nell’accordo arbitrale e che il potere di

emettere provvedimenti coercitivi indiretti all’interno di

un lodo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 614-bis

c.p.c., debba affermarsi in maniera aprioristica150.

Altri, invece, sostengono che la possibilità che un lodo

arbitrale contenga provvedimenti di questo tipo si

configuri solo nell’eventualità in cui le parti, all’atto

della predisposizione dell’accordo arbitrale, <<esercitando

la legittima facoltà di stabilire le regole del giudizio

privato, prevedano espressamente il richiamo alle norme del

processo civile (ove compatibili) oppure, più

149 BOVE; Op. Ult. Cit., p.785; 150 CHIZZINI, in AA.VV., La riforma della giustizia civile. Commento alle disposizioni della legge sul processo civile n. 69/2009, Torino, 2009, sub art. 614-bis, p. 148.

78

semplicemente, prevedano l’operatività dell’art. 614 bis

c.p.c.>>151.

Ritengo che la questione di cui al presente paragrafo, per

quanto marginale, sia molto più rilevante di quello che

possa apparire. Affermare l’inapplicabilità dell’art. 614-

bis c.p.c. al potere degli arbitri, infatti, non può che

essere interpretato come una definitiva individuazione

della giustizia arbitrale come una giustizia di secondo

ordine, rispetto a quella ordinaria.

I provvedimenti di cui all’art. 614 bis c.p.c., infatti,

sono accessori rispetto ai provvedimenti di condanna e

costituiscono il tentativo del legislatore di favorire

l’esecuzione di sentenze che, in mancanza di una

appropriata esecuzione in forma specifica, rischiano di

restare provvedimenti inutili o comunque non soddisfacenti

per la parte vittoriosa.

Ove si dovesse riconoscere l’impossibilità per l’arbitro di

adottare pari provvedimenti, non si farebbe che conclamare

la minore efficacia ed efficienza di un lodo rispetto ad

una sentenza, con evidente effetto disincentivante nei

conforti del ricorso alla giustizia arbitrale rispetto a

quella ordinaria.

Da ultimo, sempre con riferimento all’istituto della

coercizione indiretta, risulta impietosa anche l’analisi

dal punto di vista comparatistico, ove si consideri che

nell’ordinamento belga ed in quello olandese, espresse

norme di Legge prevedono l’utilizzabilità per l’arbitro

dell’istituto dell’astreinte, mentre in quello francese ed

151 LUDOVICI, http://goo.gl/ot3dcx .

79

in quello elvetico è principio giurisprudenziale e

dottrinario ormai più che consolidato152.

Per ciò che riguarda il nostro ordinamento, non resta che

rimanere ad osservare come si evolveranno i vari

orientamenti e come quelli in tema di tutela cautelare e

d’urgenza, sicuramente più prolifici in termini

giurisprudenziali, influenzeranno anche quelli in tema di

arbitrato, con l’auspicio che una conclusiva affermazione

dell’applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. all’arbitrato

rituale, coincida con una definitiva consacrazione della

giustizia arbitrale come metodo di risoluzione delle

controversie effettivo, paritetico ed alternativo, rispetto

alla giustizia statale.

152 POZZI, Op. Ult. Cit., p. 33 spec. nt. 30.

80

81

CAPITOLO TERZO

LA TUTELA CAUTELARE NELL’ARBITRATO INTERNAZIONALE

SOMMARIO: 1 La competenza concorrente degli arbitrati in materia cautelare. – 1.1 Ragioni

e utilità dello studio della tutela cautelare nell’arbitrato internazionale. – 1.2 La

convenzione di New York e la convenzione di Ginevra. - 1.3 La legge modello UNICTRAL. –

1.4 Maggiori regolamenti arbitrali. – 1.5 Breve rassegna di modelli adottati nelle

legislazioni nazionali . – 1.6 Rapporti tra giurisdizioni ordinarie e giurisdizioni

arbitrali per nell’emissione di provvedimenti cautelari: affermazione del modello

concorrente. 2 Le misure adottabili. - 2.1 Le tipologie di misure cautelari arbitrali;

le anti-suit injunctions. - 2.2 Le misure ex parte. – 2.3 Le misure pre-arbitrali.

1 La competenza concorrente degli arbitrati in materia

cautelare

1.1 Ragioni e utilità dello studio della tutela cautelare

nell’arbitrato internazionale

L’analisi dei sistemi vigenti nel panorama internazionale è

un terreno molto più prolifico di quella limitata

all’ordinamento italiano; non solo come è ovvio per

l’estensione dell’esame ad un numero potenzialmente

illimitato di ordinamenti o trattati e strumenti di diritto

internazionale privato. Ma anche e soprattutto perché, come

anticipato, la tutela cautelare nell’arbitrato

internazionale è consentita praticamente ovunque anche se

con modalità e contenuti vari e molto differenti.

Così mentre la letteratura italiana elucubra su come

aggirare il dato normativo e quindi sull’an della materia,

in ambito internazionale la ricerca è sfaccettata solo

82

quomodo dando (quasi) per scontato che questo possa aver

luogo.

Data l’eterogeneità delle fonti (trattati e convenzioni,

leggi modello, leggi nazionali, regolamenti arbitrali) che

lo regolano, l’arbitrato internazionale si svolge con

modalità differenti a seconda di dove esso ha sede e delle

regole che vengono applicate. Pur essendo molteplici e

differenziate, le fonti dell’arbitrato internazionale

presentano uno spesso tratto comune che ci consente di

analizzarle come fenomeno uniforme. Il grado di

armonizzazione delle fonti internazionali dell’arbitrato

infatti è molto evoluto e ciò soprattutto grazie ad «una

forte convergenza fra le soluzioni concrete adottate»153.

Ai fini di questo studio, se da una parte si definisce

l’arbitrato internazionale in senso lato come «un fenomeno

di controversie fra soggetti con sede o interessi in

diversi ordinamenti» 154 dall’altra si deve constatare come

esso non possa prescindere totalmente dalle legislazioni

dei singoli stati dove poi la specifica misura dovrà essere

eseguita. E al contrario delle fonti convenzionali e dei

regolamenti, le singole leggi offrono soluzioni molto

variegate.

Tuttavia non è questa la sede 155 per studiare

approfonditamente tutte le soluzioni adottate nelle

legislazioni statali. Ci si limiterà quindi ad individuare

153 BIAVATI, Argomenti di diritto processuale civile, Bologna, 2011, p. 649. 154 BIAVATI, Arbitrato internazionale, in Arbitrati speciali, a cura di CARPI, Bologna, 2008. 155 per una rassegna esaustiva delle legislazioni nazionali in materia di misure cautelari e arbitrato vedi CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato internazionale, Padova, 2006 e, in dottrina internazionale, COLLINS, Provisional and protective measures in international litigation, Dordrecht, 1992; YEŞILıRMAK, Provisional Measures in International Commercial Arbitration, The Hague-London-New York, 2005; BOSCH, Provisional remedies in International Commercial Arbitration: a practioner handbook, Berlin-New York, 1994.

83

il diritto comune dell’arbitrato internazionale, ora

cristallizzato da un trattato o dalla legge modello

UNCITRAL, ora fatto proprio da una maggioranza rilevante di

regolamenti arbitrali. Solo dopo si completerà lo studio,

con una breve rassegna delle principali opzioni adottate

dai legislatori al fine di evidenziare il trend

sovrannazionale

In ultima analisi ci sembra questo il sistema migliore per

osservare dall’esterno quale sia il tratto saliente della

materia ponendosi come obiettivo ultimo il confronto fra

questo e l’ordinamento italiano.

1.2 La convenzione di New York e la convenzione di Ginevra

Fra le fonti internazionali di natura convenzionale in

materia di arbitrato riveste una posizione di primaria

importanza la convenzione di New York del 1958 156 ,

ratificata in Italia con la l. 19 gennaio 1962 n. 62.

Questa tratta principalmente dell’esecuzione e del

riconoscimento di lodi stranieri, ma non fa alcun cenno

alla materia cautelare. Tuttavia dopo aver precisato il

concetto157 di «convenzione scritta» (art II, par. 3), viene

156 GIOVANNUCCI ORLANDI, Convenzione di New York per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere (1958), in Le convenzioni di diritto del commercio internazionale, a cura di FERRARI, Milano, 2001, p. 443; BERNARDINI, Sentenza arbitrale e Convenzione di New York, in Riv. Dir. Proc., 2006, p. 89 ss.; GARDELLA, Stato della sede, stato dell'esecuzione del lodo e autonomia privata nell'arbitrato commerciale internazionale: un'analisi critica  , in Rivista delle Società, 2012, pag. 970 ss; CARBONE, Il riconoscimento degli effetti dei lodi arbitrali nella Convenzione di New York del 1958: risultati e prospettive, in Riv. Dir. Int. Priv. Proc., 2011, p. 879, 157 «Per «convenzione scritta» s’intende una clausola compromissoria inserita in un contratto, o un compromesso, firmati dalle parti oppure contenuti in uno scambio di lettere o di telegrammi» art. II par 2.

84

sancito che, il Tribunale cui venga sottoposta una

controversia su di essa, debba rinviare la questione al

sindacato degli arbitri, sempre che non la ritenga «caduca,

non operante o non suscettiva d’essere applicata» 158 . In

questa sede è lecito domandarsi se l’«agreement in writing»

possa essere configurato o meno come suscettibile di

includere il mandato conferito all’arbitro per disporre

misure cautelari. E la risposta non è univoca 159 potendo

l’accordo compromissorio «essere redatto in termini tali da

ricomprendere, o viceversa escludere, la materia cautelare

dalla ‹‹legal relationship›› »160, 161.

Discorso diverso vale per la convenzione sull’arbitrato

commerciale internazionale adottata a Ginevra il 21 aprile

1961162. Questa, a differenza della prima, dedica un intero

paragrafo al problema, affermando che «una domanda di

misure provvisorie o cautelari indirizzata ad una autorità

giudiziaria non deve essere considerata come incompatibile 158 «The court of a Contracting State, when seized of an action in a matter in respect of which the parties have made an agreement within the meaning of this article, shall, at the request of one of the parties, refer the parties to arbitration, unless it finds that the said agreement is null and void, inoperative or incapable of being performed» art II, par 3; la traduzione non ufficiale è tratta da www.newyorkconvention.org. 159 A favore di una prevalenza della giurisdizione (non solo in ambito cautelare) statale su quella arbitrale vd REISMAN, Tribunals and Courts: An Interpretation of the Architecture of International Commercial Arbitration; contra RADICATI DI BROZOLO, The Control System of Arbitral Awards: A Pro-Arbitration Critique of Michael Reisman's “Architecture of International Commercial Arbitration”, entrambi in Arbitration — The Next Fifty Years — ICCA Congress Series No. 16 (Geneva 2011) a cura di VAN DEN BERG, Alphen aan den Rijn, 2012, rispettivamente pp. 17 ss e 74 ss.. 160 CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato internazionale, Padova, 2006, p. 158 161 per la dottrina internazionale BORN, International Arbitration: cases and materials, Alphen aan den Rijn, 2011, p. 814 nt. 5 riassume lucidamente l’interpretazione della giurisprudenza americana sia nel senso di proibire le corti nazionali dall’ordinare «prejudgment attachment»; vd più diffusamente anche pp. 854-855. 162 su cui si veda GIOVANNUCCI ORLANDI, Convenzione europea sull’arbitrato commerciale internazionale(1961), in Le convenzioni di diritto del commercio internazionale, a cura di FERRARI, Milano, 2001, p. 481 ss. e BONSIGNORI, L’arbitrato internazionale fra Convenzione di Ginevra e codice di rito, in Riv. Arb., 1995, p. 379 ss.

85

con la convenzione di arbitrato, né come una proposizione

in merito, della causa, al tribunale giudiziario>> 163 . La

disposizione in questione sancisce la compatibilità fra

tutela cautelare e convenzione arbitrale164; il paragrafo 4

tratta in particolare della situazione in cui le proprietà

o i beni di una qualsiasi delle parti nei confronti della

quale la domanda cautelare è inoltrata, si trovino in un

paese diverso rispetto a quello in cui ha sede

l’arbitrato165. La ratio che soggiace all’art. VI.4 non è da

intendere nel senso che la richiesta dell’istante per

ottenere assistenza dal tribunale statale valga come

rinuncia alla giurisdizione arbitrale 166 . Con le parole

«judicial authority» si devono, inoltre, ricomprendere non

solo i Tribunali che svolgono la funzione di cognizione, ma

anche quelli dell’esecuzione cui la legge ricolleghi la

competenza di emettere o far eseguire misure cautelari.

Niente quindi, nella lettera dell’art VI.4, impedisce ai

tribunali arbitrali di emettere provvedimenti cautelari.

Inserendo la norma nel più ampio quadro della riforma,

finalizzata a statuire i rapporti fra giurisdizione

ordinaria e arbitrale, si può notare come questa

costituisca un «riconoscimento positivo

163 art. VI.4 Convenzione di Ginevra « A request for interim measures or measures of conservation addressed to a judicial 49 authority shall not be deemed incompatible with the arbitration agreement, or regarded as a submission of the substance of the case to the court»; traduzione non ufficiale nel testo della legge di ratifica 10 maggio 1970 n. 418 www.giustizia.it; per un commento vd in dottrina internazionale HASCHER, Commentary on the European Convention 1961, in Yearbook Commercial Arbitration, vol. XXXVI , 2011, pp.504-562 164 in questo senso Pretore Verona 19 Aprile 1985, Pama Industrie S.p.A. c. Shultz Steel Company e Banca Nazionale del Lavoro, in Yearbook, XII, Alphen aan den Rijn ,1987, pp. 494-496. 165vd Tribunal Supremo, 21 January 1989, Ferre Marítima Española SA c. T. Baglantzis e altri, in Yearbook, XXI, Alphen aan den Rijn, 1996, pp. 673-675. 166 Tribunal Supremo, 8 October 2002, Scandlines, AB, e altri. c. Ferrys del Mediterraneo, S.L., in Yearbook, XXXII, Alphen aan den Rijn, 2007, pp. 555-566;

86

dell’interpretazione suggerita dalla dottrina già

nell’ambito della Convenzione di New York»167. Anche se non

v’è alcuna certezza in merito alla possibilità per gli

arbitri di disporre misure cautelari, sembra che sia la

prassi arbitrale168 che quella delle corti169 vada nel senso

di una competenza perlomeno concorrente.

Sulla base dei soli trattati per ora analizzati non si può

ricavare una regola comune e valida in ogni occasione, ma

si dovrà, al contrario, guardare e decidere il singolo caso

in base alla scelta del singolo strumento cautelare e

soprattutto della legge di procedura del luogo dove ha sede

l’arbitrato.

1.3 La legge modello UNCITRAL

La legge modello UNCITRAL sull’arbitrato commerciale

internazionale, già nella previa stesura del 1985 prevedeva

una regolamentazione sulle misure cautelari. Come

suggerisce il nome, la legge ha come primo obiettivo quello

di fungere da modello per le legislazioni nazionali e

quindi di ravvicinare le distanze e uniformare la

disciplina dell’arbitrato il più possibile. Nella sua

versione originale la normativa aveva riscosso un discreto

successo entrando senza grosse modifiche in svariati

ordinamenti; esemplari sono i casi della legislazione

tedesca e spagnola che rispettivamente nel 1997 e nel 2003 167 BORIO, L’arbitrato commerciale internazionale. Genesi e svolgimento dell’arbitrato in Italia. l’arbitrato fra imprese di stati diversi. La decisione degli arbitri, la sua circolazione in Italia e all’estero e la sua impugnazione. Le istituzioni permanenti, Milano, 2003, p. 50. 168 ICC, case n. 4415, in JDI, 1984, p. 592, nota di JARVIN 169 vd. per la Spagna, Audencia provincial di Cadiz, 12 Giugno 1992, Bahia Industrial, S.A. c. Eintacar-Eimar, S.A., in Y. Comm. Arb., 1993, p. 616 ss.

87

hanno adottato due normative sull’arbitro chiaramente

ispirate a quella dell’UNCITRAL170.

La riforma del 2006 sembra aver dato grande importanza al

tema delle misure cautelari: al vecchio articolo 17,

infatti, è stato sostituito l’intero capo IV A a sua volta

suddiviso in 5 sezioni per un totale di 11 articoli. La

complessa disciplina consta di una parte generale in cui

viene data la definizione di interim measures in base alle

quali gli arbitri ordinino alle parti di:

a) mantenere o rispristinare lo status quo in attesa

della soluzione della controversia;

b) compiere o astenersi dal compiere azioni che

rischiano di provocare attuale o imminente danno o

pregiudizio allo stesso processo arbitrale;

c) garantire somme a mezzo delle quali il futuro

vincitore si possa soddisfare; o

d) assicurare fonti di prova che potrebbero essere

rilevanti o determinanti per la soluzione della

controversia.171

Si ritiene tuttavia che «l’elencazione sia più

esemplificativa che tassativa» dato che ogni ipotesi è

sufficientemente ampia da poter ricomprendere al suo 170 Alla legge si sono ispirate oltre 50 normative fra cui quelle di: Australia, Belgio, Bermuda, Bulgaria, Canada, Cipro, Danimarca, Giappone, Grecia, India, Messico, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Russia, Scozia, Singapore e alcuni Stati degli U.S.A.; per la lista completa vd. www.goo.gl/9Onz8C. 171 Art 17(2) UNCITRAL Model Law: «An interim measure is any temporary measure, whether in the form of an award or in another form, by which, at any time prior to the issuance of the award by which the dispute is finally decided, the arbitral tribunal orders a party to: (a) Maintain or restore the status quo pending determination of the dispute; (b) Take action that would prevent, or refrain from taking action that is likely to cause, current or imminent harm or prejudice to the arbitral process itself; (c) Provide a means of preserving assets out of which a subsequent award may be satisfied; or (d) Preserve evidence that may be relevant and material to the resolution of the dispute.»

88

interno numerose misure differenti 172 . E in questo senso,

del resto, disponeva anche la norma prima della novella

ricomprendendo fra gli strumenti a disposizione degli

arbitri «such interim measures of protection as the

tribunal consider necessary in respect of the subject-

matter of the dispute».

Il successivo art. 17A specifica poi che per le misure ex

17(2) a, b, e c è necessario verificare l’esistenza delle

due classiche condizioni del fumus boni iuris (17°(1) a) e

periculum in mora (17A(1) b), mentre per quelle relative

alle prove i due requisiti verranno richiesti solo «to the

extent the arbitral tribunal consider appropriate».

A corredo delle misure così inquadrate la legge prevede

degli strumenti finalizzati a rendere efficace le stesse.

Tra questi vi sono i preliminary orders (17B e 17C), una

prescrizione concessa inaudita altera parte «not to

frustrate the purpose of the interim measure requested»173 e

l’obbligo di disclosure (17F); quest’ultimo non assume la

tipica valenza della dichiarazione di indipendenza

dell’arbitro174. Qui, piuttosto, l’obbligo di dichiarazione

di ogni «material change in the circumstances on the basis

of which the measure was requested or granted» è rivolto

alle parti ed ha finalità attuative.

Infine la legge prevede all’articolo 17E le provision for

security. Tra queste ha fatto discutere la costituenda

prassi di applicare la security for costs, ossia una

172 BIAVATI, Op. Ult. Cit., p. 446-447 173 Sul quale si veda l’evoluzione dei lavori del working group COPPO, Provvedimenti cautelari e arbitrato internazionale: le misure cautelari ex parte nei lavori di revisione dell’art 17 della legge modello UNCITRAL, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2007, p. 931 ss; per la trattazione delle misure ex parte si rimanda al CAP III § 3.1. 174 questa normalmente consiste nel dovere dell’arbitro di rendere noti tutti i rapporti che potrebbero compromettere la sua imparzialità.

89

cauzione per le spese legali, voce di non poco rilievo nei

procedimenti arbitrali175.

Oltre a questi strumenti la legge prevede due articoli per

il riconoscimento «as binding» e l’esecuzione -da parte

delle corti statali competenti- delle misure emesse dagli

arbitri. E la disciplina, come è evidente, funge da

raccordo fra le due giurisdizione andando a costituire un

sistema di potestà concorrente. In particolare viene

stabilito dall’art 17H che la misura deve essere

riconosciuta o eseguita indipendentemente dal paese in cui

è stata emessa, che le parti debbono comunicare ogni evento

modificativo o estintivo della misura e che la corte può

riservarsi di ordinare una security. Nell’art 17I sono

invece elencate tassativamente le cause che consentono ad

una corte rifiutare il riconoscimento e l’esecuzione di una

misura. La volontà di creare collaborazione fra le corti

statali e i tribunali arbitrali è confermata dal secondo

paragrafo in cui si afferma che è esclusa ogni revisione

del merito della decisione.

Infine nella stessa direzione va l’articolo che chiude il

capo e che disciplina le misure cautelari che può disporre

una corte in costanza di arbitrato. Per espressa previsione

dell’art. 1, par. 2, della stessa legge, anche a

quest’ultima ipotesi si applica la regola per cui i

tribunali dei paesi in cui è in vigore la Model Law «shall

have the same power of issuing an interim measure».

175 Il Black’s Law Dictionary la definisce « A security which a defendant in an action may require of a plaintiff who does not reside within the jurisdiction of the court, for the payment of such costs as may be awarded to the defendant», www.goo.gl/aFymts; nella dottrina internazionale vd RUBINS, In God we trust: all other pay cash: security for costs in international commercial arbitration, in American Review Int. Arb., 2000, 307 ss; GU, Security for Costs in International Commercial Arbitration, in Journal Of Int. Arb., 2005, p. 167 ss che definisce lo strumento «one of the most neglected and misunderstood forms of interim relief».

90

1.4 I maggiori regolamenti arbitrali

Per diffusione e importanza storica sembra doveroso

trattare per primo il regolamento della International

Commercial Chamber, di seguito ICC.

La Commission of Arbitration della ICC dopo due anni di

lavori è riuscita ad approvare il nuovo regolamento, che è

entrato in vigore il 1° Gennaio 2012176. Uno degli aspetti

più importanti della modifica riguarda l’introduzione

dell’arbitro d’urgenza (art. 29) per il quale si rimanda

alla trattazione nel § 3.2; qui ci si limiterà invece al

contenuto dell’articolo 28 177 sulle misure cautelari in

generale. Questo in realtà costituisce l’esatta

trascrizione del vecchio art. 23 che, quando introdotto nel

1998, risultò particolarmente innovativo rispetto al

precedente impianto normativo (1988). Infatti, la norma

rendeva esplicito il potere degli arbitri di emettere

provvedimenti cautelari, antecedentemente ricavabile solo

in via interpretativa178.

176 Per le modifiche introdotte al regolamento vd MAZZA, Il nuovo Regolamento di Arbitrato della ICC, in Riv. Arb, 2013, p. 43 ss; 177 Art 28: 1) Salvo diverso accordo tra le parti, non appena ricevuto il fascicolo, il tribunale arbitrale può, su istanza di parte, adottare ogni misura provvisoria o cautelare che ritenga opportuna. Il tribunale arbitrale può subordinare l’adozione di tali misure alla prestazione di un’idonea garanzia ad opera della parte istante. Tali misure sono adottate con ordinanza motivata, oppure con lodo, come il tribunale arbitrale ritiene opportuno. 2) Prima della trasmissione del fascicolo al tribunale arbitrale, e in circostanze appropriate anche successivamente, le parti possono chiedere all’autorità giudiziaria misure provvisorie e cautelari. La richiesta di tali misure a un’autorità giudiziaria o l’istanza d’esecuzione delle misure disposte dal tribunale arbitrale non è considerata violazione o rinuncia alla convenzione arbitrale e non pregiudica i poteri del tribunale arbitrale al riguardo. Tali richieste e i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria devono essere notificati senza indugio al Segretariato. Quest’ultimo ne informa il tribunale arbitrale. 178 Per la verità una previa esplicitazione della potestà cautelare degli arbitri era avvenuta già nel 1990 con le Rules for a Pre-

91

Il nuovo articolo è strutturato in due paragrafi: uno sulle

misure arbitrali, l’altro su quelle giudiziali. La norma

nel suo complesso dispone che entrambi gli organi siano

dotati del potere di emettere provvedimenti cautelari;

quello degli arbitri, in particolare, può essere escluso

dal «diverso accordo delle parti» o subordinato ad

«un’idonea garanzia». La stessa limitazione, pur non

essendo presente anche nel paragrafo successivo, sembra

poter essere ricavata in via interpretativa179. A proposito

si segnala che la giurisprudenza, anche di segno

differente 180 , richiede che «la rinuncia alla facoltà di

adire i giudici sia formulata in modo espresso e non

equivoco, o quanto meno risulti dal riferimento ad un

regolamento arbitrale»181.

Il combinato disposto dei due paragrafi va quindi a

delineare un sistema a competenza concorrente che comprende

non solo le domande cautelari stricto sensu, ma anche le

relative istanze d’esecuzione. La competenza concorrente si

articola in maniera differente a seconda che la misura

cautelare sia richiesta ante causam182 o in corso di causa.

Infatti il secondo paragrafo esordisce facendo riferimento

Arbitral referee procedure, soggette tuttavia al meccanismo dell’ opt-in, limitate alle sole misure ante causam e utilizzate in occasioni sporadiche. Sul punto vedi MAZZA, Op. Ult. Cit., p. 46. Questione trattata anche nel Cap. I, § 2.3. 179 DERAINS-SCHWARTZ, A guide to the ICC rules of arbitration, The Hague, 2005, p. 302. 180 Ammette la possibilità, ad esempio, la Corte di Cassazione francese, 18 novembre 1986, in Société Atlantic Triton c. République populaire de Guinée et Société guinéenne de pêche (Soguipêche) mentre si è opposta quella americana ormai da tempo: Anaconda v. American Sugar Refining Co., 322 U.S. 42 (1944). 181 CARLEVARIS, in BRIGUGLIO-SALVANESCHI, Regolamento di arbitrato della camera di Commercio Internazionale. Commentario, sub art 23: misure cautelari e provvisorie, Milano, 2005, p. 412. 182 Il riferimento indistinto ai provvedimenti ante causam è frutto del mancato adeguamento dell’articolo 28 all’inserimento della figura dell’Emergency arbitrator (nuovo art 29), avvenuto ad opera della riforma del 2012. Come si è già accennato, infatti, l’articolo 28 è la trascrizione esatta del articolo 23 del regolamento emanato nel 1998, in cui non era presente la norma sulle misure prearbitrali.

92

al momento anteriore alla costituzione del tribunale

arbitrale e «in circostanze appropriate anche

successivamente»; in queste due occasioni le parti possono

rivolgersi alternativamente anche alle corti statali. Ma la

formulazione della norma sembra esprimere chiaramente, per

le misure arbitrali richieste dopo la costituzione degli

arbitri, una preferenza verso la competenza del tribunale

arbitrale e, solo in via subordinata, verso quella dei

giudici togati183.

Quanto agli aspetti procedurali, la norma che indica la

necessaria istanza di parte («le parti possono chiedere

all’autorità giudiziaria») come condizione per l’emissione

dela misura, esclude -ovviamentemente- la possibilità di

provvedimenti d’ufficio 184 . Altra condizione di

procedibilità è costituita dalla possibilità per gli

arbitri di chiedere un’idonea prestazione di garanzia, con

finalità di evitare domande «obviously abusive»185.

La disciplina ICC non tipizza alcuna misura in particolare,

lasciando ampio spazio alla discrezionalità dei giudici186,

ai quali «è concesso un margine di autonomia nel forgiare

la cautela nel caso concreto». Fra le misure che meritano

particolare attenzione v’è la già ricordata cautio

iudicatum solvi 187 la cui natura cautelare discende dal

183 MUSTILL, Conservatory and provisional measures, in MUSTILL-BOYD, The law and practice of commercial arbitration in England, London-Edinburgh, 1989, p. 118. 184 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 421. 185 ICC n. 12542/EC (ord.), in ASA Bulettin, 2005, p. 685 ss. 186 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 432 distingue le misure a disposizione degli arbitri ICC in quelle «tendenti ad evitare l’aggravarsi o l’estendersi di una controversia, misure tendenti a garantire la futura esecuzione della decisione sul merito, e misure relative alla produzione o conservazione delle prove». 187 COLANDREA, La cautio iudicatum solvi alla luce di una recente ordinanza della camera di Commercio Internazionale, in Riv. Dir. Int. Priv. e Proc., 2007, p. 329 ss. L’A. conclude per l’esistenza di norme processuali a carattere transnazionale che consentono l’applicazione della cautio a prescindere dai requisiti contemplati nelle varie discipline nazionali e ne rinviene il fondamento nella lex mercatoria;

93

potere dell’arbitro di decidere sulle spese dell’arbitrato

ai sensi dell’art 37.

Il regolamento della London Court of International

Arbitration (LCIA) 188 prevede già dal 1985 delle norme

relative alle misure cautelari. Le Rules si distinguono in

particolare per la disciplina puntuale dei singoli

provvedimenti che possono emettere gli arbitri (par. 1)189,

FOUCHARD-GAILLARD-GOLDMAN, International commercial arbitration, The Hague-Boston-London, 1999, p. 688,che sottolinea come nel caso «where a party appears to have deliberately organized its insolvency while commencing what may prove to be lenghty and expensive arbitral proceedings against its co-contractor […] the arbitrators may consider necessary […] to order the insolvent party –or both parties- to deposit the sums required to cover the reimbursement of the other party’s arbitration costs, in the event that at the end of the proceedings an award of costs is made». Gli Aa. riportano a sostegno dell’ammissibilità, le decisioni (nt 158) ICC n. 6632 (Bruxelles 27 gennaio, 1993), non pubblicato e ICC n. 3896 (Franatome S.A. c Atomic Energy Organization of Iran (AEOI),110 J.D.I. 914(1983) nota di JARVIN). Per il rifiuto della security for costs nella casistica della Corte Internazionale vd. ICC n. 7047 in ICC Bullettin, 1997, n. 1, p. 61. 188 per il regolamento completo consulta www.goo.gl/HVQtlp; per un’analisi delle modifiche con efficacia a partire dal 1° gennaio 1998 vd. WINSTANLEY, The New Rules of The London Court of International Arbitration (LCIA), 8 Am. Rev. Int. Arb. 59, (1997); per un’analisi comparativa dei regolamenti delle più importanti istituzioni vd. MARCHAC, Interim measures in international commercial arbitration under the ICC, AAA, LCIA and UNCITRAL rules, in Am. Rev. Int. Arb., 1999, vol. 10, p. 123. 189 Art. 25 par. 1: The Arbitral Tribunal shall have the power, unless otherwise agreed by the parties in writing, on the application of any party: (a) to order any respondent party to a claim or counterclaim to provide security for all or part of the amount in dispute, by way of deposit or bank guarantee or in any other manner and upon such terms as the Arbitral Tribunal considers appropriate. Such terms may include the provision by the claiming or counterclaiming party of a cross-indemnity, itself secured in such manner as the Arbitral Tribunal considers appropriate, for any costs or losses incurred by such respondent in providing security. The amount of any costs and losses payable under such cross-indemnity may be determined by the Arbitral Tribunal in one or more awards; (b) to order the preservation, storage, sale or other disposal of any property or thing under the control of any party and relating to the subject matter of the arbitration; and (c) to order on a provisional basis, subject to final determination in an award, any relief which the Arbitral Tribunal would have power to grant in an award, including a provisional order for the payment of money or the disposition of property as between any parties.

94

tra cui figura anche la security for costs (par. 2)190. Un

terzo ed ultimo paragrafo191 prevede la regola generale in

base alla quale la competenza cautelare arbitrale non deve

pregiudicare il diritto alla cautela presso i giudici

statali, mai prima della formazione del tribunale arbitrale

e, solo in casi eccezionali, successivamente. Il

collegamento con le «appropriate circumstances» del nuovo

regolamento della ICC è lampante: si ritiene infatti che la

formulazione della camera inglese sia più restrittiva

facendo così apparire il giudice statale in una posizione

residuale di mera assistenza rispetto al tribunale

arbitrale 192 , ma si avverte che la questione è meramente

interpretativa.

190 Art. 25 par. 2: The Arbitral Tribunal shall have the power, upon the application of a party, to order any claiming or counterclaiming party to provide security for the legal or other costs of any other party by way of deposit or bank guarantee or in any other manner and upon such terms as the Arbitral Tribunal considers appropriate. Such terms may include the provision by that other party of a cross-indemnity, itself secured in such manner as the Arbitral Tribunal considers appropriate, for any costs and losses incurred by such claimant or counterclaimant in providing security. The amount of any costs and losses payable under such cross-indemnity may be determined by the Arbitral Tribunal in one or more awards. In the event that a claiming or counterclaiming party does not comply with any order to provide security , the Arbitral Tribunal may stay that party's claims or counterclaims or dismiss them in an award. 191 Art. 25 par. 3: The power of the Arbitral Tribunal under Article 25.1 shall not prejudice howsoever any party's right to apply to any state court or other judicial authority for interim or conservatory measures before the formation of the Arbitral Tribunal and, in exceptional cases, thereafter. Any application and any order for such measures after the formation of the Arbitral Tribunal shall be promptly communicated by the applicant to the Arbitral Tribunal and all other parties. However, by agreeing to arbitration under these Rules, the parties shall be taken to have agreed not to apply to any state court or other judicial authority for any order for security for its legal or other costs available from the Arbitral Tribunal under Article 25.2. 192 DONOVAN, Powers of the arbitrators to issue procedural orders including interim measures of protection, and the obligation of parties to abide by such orders, in ICC Bull., 1999, n. 1, p. 69 : «a greater justification will be required for an application to the courts after constitution of the tribunal».

95

Inoltre si deve dar conto del regolamento arbitrale

UNCITRAL così come revisionato nel 2010 dopo 8 sessioni del

Working Group II193. L’articolo 26194 introduce una lunga e

dettagliata disciplina che ha innovato molto rispetto a

quella del 1976. Ma a ben vedere ricalca a grandi linee

193 PETROLICHIS, Introductory Note to the 2010 UNCITRAL arbitration rules, in Int. Legal Materials, 2010, p. 1640 194 Art. 26 Reg. UNCITRAL: 1. The arbitral tribunal may, at the request of a party, grant interim measures. 2. An interim measure is any temporary measure by which, at any time prior to the issuance of the award by which the dispute is finally decided, the arbitral tribunal orders a party, for example and without limitation, to: (a) Maintain or restore the status quo pending determination of the dispute; (b) Take action that would prevent, or refrain from taking action that is likely to cause, (i) current or imminent harm or (ii) prejudice to the arbitral process itself; (c) Provide a means of preserving assets out of which a subsequent award may be satisfied; or (d) Preserve evidence that may be relevant and material to the resolution of the dispute. 3. The party requesting an interim measure under paragraphs 2 (a) to (c) shall satisfy the arbitral tribunal that: (a) Harm not adequately reparable by an award of damages is likely to result if the measure is not ordered, and such 18 harm substantially outweighs the harm that is likely to result to the party against whom the measure is directed if the measure is granted; and (b) There is a reasonable possibility that the requesting party will succeed on the merits of the claim. The determination on this possibility shall not affect the discretion of the arbitral tribunal in making any subsequent determination. 4. With regard to a request for an interim measure under paragraph 2 (d), the requirements in paragraphs 3 (a) and (b) shall apply only to the extent the arbitral tribunal considers appropriate. 5. The arbitral tribunal may modify, suspend or terminate an interim measure it has granted, upon application of any party or, in exceptional circumstances and upon prior notice to the parties, on the arbitral tribunal’s own initiative. 6. The arbitral tribunal may require the party requesting an interim measure to provide appropriate security in connection with the measure. 7. The arbitral tribunal may require any party promptly to disclose any material change in the circumstances on the basis of which the interim measure was requested or granted. 8. The party requesting an interim measure may be liable for any costs and damages caused by the measure to any party if the arbitral tribunal later determines that, in the circumstances then prevailing, the measure should not have been granted. The arbitral tribunal may award such costs and damages at any point during the proceedings. 9. A request for interim measures addressed by any party to a judicial authority shall not be deemed incompatible with the agreement to arbitrate, or as a waiver of that agreement.

96

quella dettata dalla stessa UNCITRAL per la Model Law e

quindi valgono le argomentazioni svolte sopra. A quelle si

aggiunga solo la considerazione della reiterata mancanza di

una specifica norma sulle security for costs, anche se,

come si è visto, si discute in giurisprudenza di una

applicazione in via interpretativa, e dell’inopportuna

soppressione delle interim award che «lascia aperto il

problema di quale forma rivestire ora la misura cautelare

al fine di garantire che alla stessa possa essere data

esecuzione in un determinato ordinamento in caso di mancata

spontanea adesione dell'altra parte»195 . Dal confronto tra

le due normative risultano mancare all’appello solo gli

articoli 17E(2) e 17F(2) del legge modello oltre a tutta la

disciplina sul riconoscimento ed esecuzione delle misure

cautelari da parte dei tribunali e quella sulle misure

direttamente emanate da questi ultimi (art 17H, 17I e

17J); tuttavia, è inutile costatarlo, l’omissione dipende

dal fatto che in un regolamento arbitrale non potrebbe mai

trovar spazio una disciplina dei rapporti con la

giurisdizione delle corti. Questa, al contrario, ha ragion

d’essere e anzi rappresenta la sede ideale se regolamentata

in una fonte che ha l’aspettativa di fungere da modello per

altre legislazioni nazionali, come la Model Law.

Infine mi sembra doveroso accennare che anche i regolamenti

arbitrali italiani, nonostante il divieto imposto dalla

legge, tendano a riconoscere la potestà cautelare agli

arbitri. Al fine di evitare disposizioni in contrasto con

la legge , però, questi sono sempre costretti ad inserire

una clausola di salvezza196 che serva da coordinamento con

il dettato della legge.

195 BERNARDINI, La revisione del regolamento di arbitrato dell'UNCITRAL, in Riv. Comm. Int., 2010, p. 683 ss. 196 si veda ad esempio l’art. 19 del regolamento A.I.A.: «il tribunale arbitrale può […] adottare provvedimenti d’urgenza su materie che

97

1.5 Breve rassegna di modelli adottati nelle legislazioni

nazionali

Le legislazioni nazionali sull’arbitrato hanno un impatto

significativo sulla disponibilità del rimedio cautelare di

un arbitrato internazionale. Un arbitro raramente potrà

garantire tutela cautelare a meno che la legge applicabile

all’arbitrato, tipicamente quella del luogo dove siede

l’arbitro, non consenta di far ciò. Parimenti, una misura

cautelare emessa da un arbitro difficilmente potrà essere

eseguita da una corte nazionale se la legge non consente

tali misure. Nel passato la tendenza dei legislatori era di

negare il potere cautelare agli arbitri a prescindere dalla

ben consolidata autorità di un arbitro internazionale di

ordinare dette misure 197 . Pian piano il trend è cambiato

verso una legislazione che consenta agli arbitri

l’emissione di misure cautelari, con limitazioni più o meno

estese che variano da giurisdizione a giurisdizione.

Dall’esame delle legislazioni nazionali oggi si possono

distinguere le soluzioni adottate in tre modelli: quelle

che disciplinano direttamente il riparto di competenze fra

giudice togato e arbitro, quelle che non fanno accenno

rientrano nella disponibilità delle parti e in ogni altra materia in cui ciò sia consentito dalla disciplina legislativa e regolamentare applicabile». Il regolamento merita attenzione anche per la costituzione di un comitato permanente per la trattazione di misure prearbitrali (comma 3°) e per facoltà concessa agli arbitri di « una cauzione alla parte istante e determinare una penale per il caso di inottemperanza ». Dello stesso tenore è anche l’art 22 comma 2° del regolamento della Camera Arbitrale di Milano su cui in generale vd. COLESANTI, Volontà delle parti e regolamenti arbitrali (con particolare riferimento a quello della Camera Arbitrale di Milano), in Riv. Dir. Proc., 2011, p. 245 ss. 197 È ad esempio il caso del concordato cantonale della Svizzera del 1969 che riservava il potere di emettere provvedimenti cautelari ai Tribunali interni (art 26, co. 1°) sebbene fosse concesso agli arbitri il potere raccomandare misure cautelari e alle parti di sottoporvisi spontaneamente(co. 2°).

98

espresso198 -lasciando così ampio spazio discrezionale alle

parti circa la ripartizione della potestà cautelare- ed

infine gli Stati, come l’Italia, in cui la potestà

appartiene esclusivamente ai giudici togati. Al contrario

non si riscontrano leggi nazionali che diano agli arbitri

il potere esclusivo di emettere e far eseguire misure

cautelari.

Appartiene al primo modello la LDIP Svizzera del 1987 che

che ha reso inefficace il vecchio Concordato intercantonale

per l’arbitrato internazionale 199 . Così l’art 183 dispone

oggi che «salvo diversa pattuizione delle parti, il

Tribunale arbitrale può, ad istanza di parte, ordinare

provvedimenti cautelari o conservativi». Se poi la parte

incisa si rifiuta di eseguire spontaneamente la misura, gli

arbitri potranno chiedere la collaborazione del giudice

competente il quale «applica il suo proprio diritto». La

disposizione appena esaminata, se da una parte consente di

stabilire quali poteri spettano al giudice e quali

all’arbitro, non entra sufficientemente nel merito da poter

stabilire che genere di controllo debba effettuare il primo

in caso di richiesta di intervento. In dottrina già da

tempo si sottolineava come non si potesse «identificare con

certezza la funzione effettiva del giudice dell’esecuzione,

che spazia da un controllo di conformità della misura

ordinata dall’arbitro con l’ordinamento statuale (‹‹applica

198 sottolinea BORN, International Commercial Arbitration: Law and practice, Alphen aan den Rijn, 2012, p. 204-205 il caso degli Stati Uniti dove «the FAA is silent on arbitrors’ powers to order provisional measures. Although some early U.S. decisions held that arbitrators lacked authority to issue provisional relief (absent contrary agreement). U.S. courts generally hold that the parties’ agreement that the arbitrators have the power to grant interim measures will be implied, absent contrary indication». 199 infatti per l’art. 176 della stessa legge: «Le disposizioni del presente capitolo si applicano ai tribunali arbitrali con sede in Svizzera, sempreché al momento della stipulazione del patto di arbitrato, almeno una parte non fosse domiciliata né dimorasse abitualmente in Svizzera».

99

il proprio diritto››), a quella della ripetizione formale

dell’ordinanza, allo scopo di rivestirla della qualifica di

esecutività» sino a «quella più intensa di un vero riesame

e verifica della presenza delle condizioni effettive poste

alla base della misura (di solito sintetizzabili con il

periculum in mora e il fumus boni iuris)»200.

La Spagna, dotatasi di un impianto normativo che consente

agli arbitri di assumere misure cautelari sin dal 2003, ha

recentemente riformato la Ley de arbitraje.

Con la legge 60/2003 (c.d. La) si è concesso loro di

emettere provvedimenti cautelari (art. 23) definendo che

gli stessi possano essere sollecitati ad un tribunale anche

prima dell'avvio del procedimento arbitrale (art 11.3). La

legge (art 23.1) stabilisce che su accordo delle parti e su

istanza di una di esse è consentito agli arbitri di

emettere i provvedimenti cautelari che ritengano più

opportuni; sulle misure che emettono hanno la facoltà di

esigere un adeguata cauzione (art 23.2) dallo stesso

soggetto istante. Se non esclusa –direttamente o per rinvio

ad un regolamento esterno- la potestà cautelare si intende

tacitamente accettata. La disposizione appena illustrata

«concede agli arbitri la potestà dichiarativa rispetto alle

misure cautelari, pur continuando a sottrarre la potestà

esecutiva sulle stesse» 201 . Detta esecuzione spetterà al

tribunale del luogo dove deve essere eseguito il lodo o, in

difetto, quello del luogo dove le misure avranno efficacia

(art. 8.3). La riforma, come accennato, ha inoltre

stabilito che anteriormente alla costituzione del collegio

o nelle more della stessa, le parti possano chiedere tutela

200 BROGGINI, I provvedimenti cautelari nell’arbitrato internazionale: analogie e differenze delle soluzioni italiana e svizzera, in Riv. Arb., 1991, p.501-502 201 GONZALO QUIROGA, La nuova legge spagnola sull’arbitrato, in Riv. Trim. Dir. Proc Civ., 2005, p. 889 ss, spec. 900.

100

pre-cautelare al giudice ordinario risolvendo una disputa

sull’interpretazione del vecchio articolo 722 della Ley de

enjuiciamiento civil- il codice di procedura civile

spagnolo. Inoltre l’azione combinata delle leggi 5/2011 e

11/2011, partendo dall’assunto che i risultati ottenuti

dalla previa legge fossero abbondanti («la formulación

unitaria del arbitraje, el reconocimiento del arbitraje

internacional, el aumento de la disponibilidad arbitral,

sus reglas sobre notificaciones, comunicaciones y plazos,

el apoyo judicial al arbitraje o su antiformalismo»202), ha

ritenuto che alcuni aspetti «fossero migliorabili» al fine

di «dotar de mayor seguridad y confianza jurídica esta

institución, para acrecentar la celebración de

procedimientos arbitrales, sobre todo desde el plano

internacional». In questa ottica il legislatore ha

riformato l’articolo 722 confermando che alle parti è

consentito chiedere misure cautelari ante causam 203 senza

che ciò comporti una tacita rinuncia al patto d’arbitrato,

come in passato era stato dubitato204. In ultima analisi e

come nitidamente riassunto nel preambolo V della La le

potestà giudiziali e arbitrali in materia cautelare «son

alternativas y concurrentes, sin perjuicio del juego del

principio de buena fe procesal».

In Inghilterra l’Arbitration Act del 1996 ha ingrandito lo

spettro dei poteri cautelari degli arbitri già in parte

desumibili da i testi precedenti. Oggi le misure trovano

collocazione nelle sezioni 38 e 39 della legge che

202 Preambolo della Ley 20 mayo 11/2011 in www.goo.gl/YFrCQ 203 FACH GÒMEZ, El Arbitraje en España: principales novedades aportadas por la Ley 11/2011, in Riv. Arb., 2012, p. 285 ss spec. 285. 204 MAGROSERVET, La adopción de medidas cautelares en el procedimiento arbitral en la nueva Ley 60/2003, de 23 de diciembre, de arbitraje, en relación con la Ley 1/2000, de 7 de enero, de enjuiciamiento civil, in Diario La Ley, 2004, p. 5.

101

disciplinano rispettivamente i poteri generali esercitabili

dagli arbitri e il potere di emettere «provisional awards».

Quanto ai primi la norma si pone a completamento

dell’articolo 34 rubricato «Procedural and evidencial

matter»; il comma di apertura reca una disposizione aperta

in base alla quale le parti sono libere di concordare quali

poteri concedere al tribunale arbitrale205. Tali poteri non

sono da ascrivere alla sola categoria delle misure

cautelari, ma in generale a poteri di conduzione del

processo che precedentemente appartenevano alla competenza

esclusiva dei tribunali 206 . Nei commi successivi 207 sono

previsti 4 specifici poteri che, al contrario, si presumono

esistenti salvo diverso accordo delle parti: security for

costs, misure sulla proprietà, esami delle parti e dei

testimoni e misure atte a preservare fonti probatorie.

205 Arbitration Act sez. 38.1: «the parties are free to agree on the powers exercisable by the arbitral tribunal for the purposes of and in relation to the proceedings» 206 MERKIN, Arbitration Act 1996, London-Singapore, 2005, p. 102. 207 Arbitration Act Sez. 38.2 e ss: (2)Unless otherwise agreed by the parties the tribunal has the following powers. (3)The tribunal may order a claimant to provide security for the costs of the arbitration. This power shall not be exercised on the ground that the claimant is— (a)an individual ordinarily resident outside the United Kingdom, or (b)a corporation or association incorporated or formed under the law of a country outside the United Kingdom, or whose central management and control is exercised outside the United Kingdom. (4)The tribunal may give directions in relation to any property which is the subject of the proceedings or as to which any question arises in the proceedings, and which is owned by or is in the possession of a party to the proceedings— (a)for the inspection, photographing, preservation, custody or detention of the property by the tribunal, an expert or a party, or (b)ordering that samples be taken from, or any observation be made of or experiment conducted upon, the property. (5)The tribunal may direct that a party or witness shall be examined on oath or affirmation, and may for that purpose administer any necessary oath or take any necessary affirmation. (6)The tribunal may give directions to a party for the preservation for the purposes of the proceedings of any evidence in his custody or control.

102

La sezione 39 208 tratta invece delle misure anticipatorie

della decisione di merito ed è costruita –salvo alcuni

riferimenti esemplificativi- sulla scorta dei provvedimenti

finali che il tribunale arbitrale ha il potere di assumere.

Tuttavia, in maniera apparentemente contraddittoria, le

misure di cui alla sezione 39 possono essere emesse solo se

le parti hanno espressamente conferito il potere al

tribunale arbitrale. Infatti se la sezione 38 ritiene

superfluo un espresso accordo delle parti per consentire

l’emissione di security for costs –di indubbia matrice

cautelare- altrettanto non basta per l’emissione di

provisional awards per i quali è richiesta un’espressa

pattuizione delle parti. Tuttavia in dottrina si fa notare

come «in realtà la diversità di trattamento si giustifica

perché il legislatore ha voluto, innovando notevolmente

rispetto al passato, sottrarre del tutto alle corti statali

la questione della cauzione per il pagamento delle spese

relative al procedimento arbitrale, dotando il solo arbitro

di un efficace metodo con cui sanzionare il relativo

inadempimento. Per gli altri provvedimenti cautelari,

contraddistinti da un contenuto più vago ha invece

preferito mantenere il consueto livello di garanzia che

208 Arbitration Act Sez. 39: (1)The parties are free to agree that the tribunal shall have power to order on a provisional basis any relief which it would have power to grant in a final award. (2)This includes, for instance, making— (a)a provisional order for the payment of money or the disposition of property as between the parties, or (b)an order to make an interim payment on account of the costs of the arbitration. (3)Any such order shall be subject to the tribunal’s final adjudication; and the tribunal’s final award, on the merits or as to costs, shall take account of any such order. (4)Unless the parties agree to confer such power on the tribunal, the tribunal has no such power. This does not affect its powers under section 47 .

103

deve tributarsi alle ragioni del claimant»209. Ed è proprio

il rapporto con le corti statali l’aspetto più innovativo

dell’Arbitration Act; infatti, la sezione 44.3 prevede che

i giudici togati possano intervenire su istanza di parte

«if the case is one of urgency» per emettere misure

conservative delle prove o relative alla proprietà. Se, al

contrario, difetta il requisito d’urgenza, l’intervento

delle corti è subordinato al permesso del tribunale

arbitrale o, in mancanza, all’accordo delle parti. La

disposizione è particolarmente incisiva e merita una

profonda riflessione sulla netta separazione del ruolo

delle corti ispirata da un clima di reciproca fiducia e dal

principio di non interferenza. Nella medesima direzione va

anche il comma 6 della stessa sezione mediante il quale i

giudici delle corti possono autorizzare il tribunale

arbitrale a caducare gli effetti del provvedimento

cautelare ante causam emesso dai primi.

Questo e gli altri poteri descritti hanno un forte impatto

sul procedimento ed impressionano se confrontati con il

dato normativo italiano

1.6 Rapporti tra giurisdizioni ordinarie e giurisdizioni

arbitrali nell’emissione di provvedimenti cautelari:

affermazione del modello a competenza concorrente

Il ricorso al giudice ordinario per ottenere tutela

cautelare in una controversia compromessa in arbitri

solleva due problemi; da una parte la richiesta al

tribunale potrebbe teoricamente costituire violazione

209 ZUFFI, L’arbitrato nel diritto inglese, Torino, 2008, pp. 97-98 nota 20.

104

dell’accordo arbitrale e dall’altra, il solo atto di

rivolgersi all’organo statale potrebbe comportare di per sé

rinuncia alla giurisdizione arbitrale per il merito210. Del

resto, il c.d. effetto negativo della convenzione arbitrale

era avvallato anche da norme convenzionali come il

protocollo di Ginevra per il regolamento pacifico delle

controversie internazionali del 1923211 (art. 4 par. 1) e la

convenzione di New York (art. II par. 3) 212, 213.

Il problema è da collocare nel più ampio rapporto che

intercorre fra arbitro e giudice; e proprio nel solco

dell’evoluzione di questo rapporto, anche in tema di

provvedimenti cautelari si è passati da un clima quasi

conflittuale fra i due giudici ad uno di collaborazione.

Forse ciò anche in virtù della ripensata ubicazione

dell’arbitrato fuori dal campo delle ADR propriamente dette

e dentro un terreno permeato da ostilità e ontologicamente

conflittuale, com’è quello dell’arbitrato. Di più. Il

modello a competenza concorrente che si va affermando

(meglio: che si è affermato) nelle legislazioni nazionali e

210Solleva il dubbio, da ultimo, anche BORN, International Arbitration: law and practice, Alphen aan den Rijn, 2012, p. 208-209. 211Art. 4 par 1 Protocollo di Ginevra (1923): «The tribunals of the Contracting Parties, on being seized of a dispute regarding a contract made between persons to whom Article 1 applies and including an arbitration agreement whether referring to present or future differences which is valid in virtue of the said article and capable of being carried into effect, carried into effect, shall refer the parties on the application of either of them to the decision of the arbitrators» 212 Art. II par 3 Convenzione di New York: «The court of a Contracting State, when seized of an action in a matter in respect of which the parties have made an agreement within the meaning of this article, shall, at the request of one of the parties, refer the parties to arbitration, unless it finds that the said agreement is null and void, inoperative or incapable of being performed». 213 FOUCHARD-GAILLARD-GOLDMAN, Op. Ult. Cit., p. 402 ss; in giurisprudenza per un rigetto della competenza della corte di uno Stato parte della Convenzione di New York, a favore di quella –esclusiva- del collegio arbitrale vd. McCreary Tire & Rubber c. CEAT S.p.a., ma anche Coopers c. Ateliers de la Motobécane; contra vd. carolina power & Light Company c. URANEX.

105

nei trattati sarebbe per alcuni la cartina di tornasole

dello spirito di cooperazione che caratterizza le due

giurisdizioni affinché l’arbitrato si consolidi come

efficace alternativa alla giustizia civile214.

Si sono già analizzati i vantaggi 215 , gli svantaggi, le

fonti e quindi le ragioni complessive a favore di una

214 REDFERN-HUNTER, Law and practice of international commercial arbitration, London, 1991, p. 337. 215 Nella dottrina internazionale YEŞILıRMAK, Provisional Measures in International Commercial Arbitration, The Hague, 2005, p. 49 ss. ne individua nove differenti: «

1) Perhaps the most important reason is the utmost respect to the sanctity of contract, which is evidenced and should be enforced as it exists in the agreement to arbitrate.…

2) Respecting the risk allocation agreed between the contracting parties at the time the contract was entered into also supports arbitral jurisdiction.…

3) If resolution of a final remedy in regard of a dispute is entrusted to arbitrators, the same trust should logically be shown to arbitral domain in deteremining a provisional remedy concerning the same dispute.

4) Arbitrators are generally in a better position than judicial authorities to identify whether a request for a provisional remedy is used as a dilatory tactic or as an offensive/abusive weapon or instead if there is a genuine need. This is beacuse […] the arbitrators follo the case ‹‹from start to finish››. […] Further, in many cases, the reference to a court is a tactical decision to gain advantage over the adversary. For instance, a party may apply to its own national court, which may be more receptive to an interim measure request. Thereby, the grant of the request may have an impact on the arbitral tribunal’s decision, on the responding party, or on both.…

5) It is arguable that an arbitrators’ expertise, in regard of a given case, makes them a more suitable forum to deal with the case. Thus, a request for interim protection of rights may occur in a timelier manner when risolved by the arbitrators.

6) Arbitration generally, has a less disruptive effect on the parties’ overall commercial relationship.…

7) It is highly likely that, in proceedings for a provisional measure before arbitrators, parties’ arguments, subject matters of arbitration (e.g. trade secrets), and, in some cases, the mere existence of arbitration may remain confidential.…

8) The type and form of arbitral measures are generally flexible and crafted to the specific case; consequently, arbitrators, unlike judicial authorities, may issue the most suitable type and form of the decision by taking into consideration various aspects of a case.

9) Finally, arbitral provisional measures, are less costly than judicial measure.[…]Another important reason is that arbitrators, generally, have the freedom, by taking into consideration circustamces of each case […] to make decision on seceral issue that affect costs.… In many occasion, if

106

potestas cautelare –più o meno estesa- degli arbitri;

rimangono solo da commentare la ragioni per una

sistematizzazione ed internazionalizzazione216 del modello a

competenza concorrente.

Anche se il “luogo” naturale per l’emissione dei

provvedimenti cautelari sarebbe il tribunale arbitrale, in

certi casi l’esercizio del relativo potere è inefficace o

impossibile; ciò a causa di certi limiti e carenze

principalmente relazionati alla natura e al funzionamento

dell’arbitrato 217 , specialmente internazionale. Da qui la

scelta operata nelle fonti convenzionali e poi sostenuta

dalla dottrina maggioritaria di ritenere il modello a

competenza concorrente il più efficace fra quelli

teoricamente ipotizzabili.

La maggior parte degli ordinamenti e dei regolamenti che

adottano lo schema a potestà cautelare ripartita applicano

il «freedom of choice approach» che consiste nel dar

libera scelta alle parti -sia prima che dopo la

designazione del collegio- circa il foro da adire. Ma si

avverte che tale approccio è suscettibile di essere

utilizzato abusivamente, come «arma processuale». La

libertà di scelta nuoce in particolare alla giurisdizione

arbitrale, in quanto essa può esser sempre limitata e

ridimensionata dall’accordo delle parti, pertanto

l’equilibrio fra l’autonomia delle parti ed il

arbitrators determine for instance, that a requested measure is udesd as a tactical weapon they simply deny it…».

216 Sebbene si sia già fatto tanto, infatti, nessun trattato diffuso è arrivato ad ipotizzare una precisa disciplina in grado di specificare i poteri e ripartire i compiti dei due giudici; solo una norma specifica e tassativa consentirebbe la deroga delle singole discipline statuali e la uniformazione del sistema. 217 Alcuni di tali problemi sono stati superati in via interpretativa auspicando la creazione di una corte arbitrale internazionale su cui SCHWEBEL, The creation and Operation of an International Court of Arbitral Awards, in HUNTER-MARRIOTT-VEEDER, The Internationalisation of International Arbitration, London-Dordrecht-Boston, 1995, p. 115 ss.

107

coinvolgimento della corte deve essere sempre fatto

operando un bilanciamento in favore della prima;

l’intervento del tribunale dovrebbe essere accettato

laddove «the exercise of arbitral power to grant

provisional measure [would be], in general, ineffective or

such power [wouldn’t be] available at all».

Secondo un altro approccio, adottato da un numero ridotto

di legislatori nazionali218, il rapporto di concorrenza fra

le giurisdizioni deve essere puntualmente regolato. In

quelle discipline, così, la competenza dei giudici togati

va da un rapporto di complementarietà alla giurisdizione

arbitrale sino a quello di sussidiarietà. In questo modo si

vuole regolare la fattispecie in maniera da ridurre le

situazioni di incertezza e consentire un accesso limitato

ai tribunali statali. E così viene riconosciuto come

complementare il ruolo delle corti fino a quando non

avviene una determinazione delle parti circa la

costituzione e composizione del tribunale arbitrale. Mentre

si colloca in un rapporto orientato alla sussidiarietà dopo

la designazione del tribunale arbitrale. L’accesso ai

giudici ordinari rimane parimenti secondario quando sia

stato pattuito fra le parti la possibilità di ricorrere ad

un emergency arbitrator. 219

Secondo alcuni regolamenti, poi, il ricorso ai tribunali

ordinari per ottenere tutela cautelare è subordinato

all’esistenza di determinate circostanze. Il regolamento

ICC220, ad esempio, dopo aver distinto fra misure cautelari

pre e post arbitrali, subordina l’emissione delle seconde

ad opera di giudici togati al verificarsi di «circostanze

appropriate». La norma sembra indicare che il ricorso alle

218 come per esempio in Lussemburgo, Malesia, Carolina del Nord e Belgio. 219 YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 86-89. 220 per il quale si rimanda al Cap. III § 1.5.

108

autorità giudiziarie è concesso in un maggior numero di

casi rispetto alle precedenti «exceptional circumstances».

Tuttavia l’approccio delle ICC rules alla doppia

giurisdizione è lievemente mutato rispetto alla precedente

stesura. Infatti la riforma intervenuta nel 2012 inserendo

nell’art. 29 la disciplina dell’Emergency arbitrator ha

dedicato l’intero 7° comma221 al rapporto fra giudici togati

e arbitri d’urgenza durante la procedura. La norma precisa

che l’assoggettamento alle disposizioni sulle misure pre-

arbitrali non impedisce alle parti di presentare

all’autorità giudiziaria competente la medesima istanza,

prima della richiesta all’organo arbitrale permanente; in

«appropriate circumstances» le parti possono presentar

domanda anche a seguito della richiesta all’emergency

arbitrator. La scelta terminologica, come si può notare, è

la stessa di quella adottata per le misure cautelari in

corso di causa e pertanto sembrano valide -mutatis

mutandis- le considerazioni elaborate in quella sede: il

potere dei giudici permane nei casi in cui «l’urgenza o la

natura della misura [rendono] inefficace qualsiasi

alternativa alla tutela statale, o quando il tribunale

arbitrale, benché costituito, [è] posto nell’impossibilità

temporanea di agire, per esempio, perché uno dei suoi

membri sia sospeso temporaneamente dall’esercizio delle

funzioni» 222. Inoltre sono da considerare come appropriate

221 Art 29 comma 7°: « The Emergency Arbitrator Provisions are not intended to prevent any party from seeking urgent interim or conservatory measures from a competent judicial authority at any time prior to making an application for such measures, and in appropriate circumstances even thereafter, pursuant to the Rules. Any application for such measures from a competent judicial authority shall not be deemed to be an infringement or a waiver of the arbitration agreement. Any such application and any measures taken by the judicial authority must be notified without delay to the Secretariat.» 222 Argomentazioni svolte da CARLEVARIS, in BRIGUGLIO-SALVANESCHI, Regolamento di arbitrato della camera di Commercio Internazionale. Commentario, sub art 23: misure cautelari e provvisorie, Milano, 2005,

109

tutte le circostanze che dilatano la tempistica della

procedura d’urgenza come la ricusazione di un arbitro223 o

l’imprescindibile necessità di eseguire una misura

all’estero; a quest’ultimo proposito si deve ritenere che

se il giudice dell’esecuzione della misura prearbitrale

sarà di stato differente rispetto a quello dello sede

dell’arbitrato sia più celere chiedere la misura

direttamente all’autorità giudiziaria competente piuttosto

che essere costretti successivamente ad avviare una più

lenta procedura

2. Le misure adottabili

2.1 Tipologie di misure cautelari arbitrali; le anti-suit

injunctions

Prima di entrare nel merito delle principali misure

cautelari adottate nella prassi internazionale dai

tribunali arbitrali è opportuno effettuare una ricognizione

sulle differenti categorie e sul fondamento della

distinzione.

Innanzitutto i tipi di misure arbitrali variano in ogni

giurisdizione nazionale e sotto il diritto internazionale

sia pubblico che privato. In ciascuna delle suddette

p. 440 in relazione alle vecchie «circostanze eccezionali» previste dal regolamento ICC per le misure in corso di causa e a fortiori da ritenere valide per le «appropriate circumstances» ante causam, di ampiezza minore. Non sembrano parimenti adattabili le considerazioni sulla dilatazione dei tempi causate dall’inadempimento dell’obbligo di provvedere alla copertura dell’apposito fondo spese, in mancanza della quale, a norma dell’art. 29 comma 1° e art. 1 comma 3° della quinta appendice, il procedimento non può essere cominciato. 223 era giunta alle stesse conclusioni anche la giurisprudenza francese nell’analogo caso di un référé-provision; vd. Cass. 20 marzo 1989 n. 86-17204, in Rev. Arb., 1989, p. 494.

110

giurisdizioni sarebbe possibile tracciare una distinzione

funzionale tra i diversi tipi di misure. Sebbene talvolta

esse assumano nomi differenti a seconda degli ordinamenti

(o addirittura all’interno dello stesso stato, a seconda

che si trovino in un regolamento arbitrale o in una legge,

convenzione ecc.), le misure in sostanza ricorrono

periodicamente. Tuttavia, anche a causa della difficoltà di

tradurre da lingua a lingua parole che identificano un

fenomeno preciso (magari rappresentativo di una prassi

tipica di un area geografica), e a causa della grande

varietà di misure rinvenibili nella pratica commerciale

internazionale, non sempre è possibile catalogare una data

misura dentro una categoria tipica delimitata da un nome.

Inoltre è frequente riscontrare nei regolamenti arbitrali

la definizione di certe misure accompagnate

dall’elencazione (come accade nel regolamento LCIA) di

altre apparentemente tipizzate; a volte queste seconde

fungono da mere esemplificazioni della definizione, mentre

altre volte sono specificazioni di casi particolari che i

redattori hanno positivizzato. Non sempre è agile capire a

quale dei due casi ci si trovi di fronte e

l’interpretazione di regolamenti arbitrali non può nemmeno

contare sulla quella forza e ridondanza propria dei

precedenti giurisprudenziali delle corti statali.

Ciò premesso si possono distinguere funzionalmente le

misure arbitrali in tre grandi categorie: misure destinate

a cristallizzare lo status quo o a ripristinare lo status

quo ante (preservation orders), misure relative alla

condotta dell’arbitrato e alle relazioni fra le

parti(regulation orders), e infine misure che intimano di

111

tenere o di astenersi dal tenere, una certa condotta

(injunctions o performance order)224.

A parte questa indicativa divisione ed a causa dell’ampia

libertà degli arbitri di creare nuove forme di misure

cautelari che sfuggono ad un intento classificatorio è

fallimentare un approccio sistematico alla materia, oltre

che poco opportuno in una ristretta sede investigativa come

la presente. Pertanto l’analisi si limiterà soltanto ad

alcune selezionate misure, scelte più che altro per le loro

peculiarità, relazionate ora all’oggetto della cautela, ora

ai soggetti coinvolti nel procedimento cautelare, ora al

momento dell’emissione del provvedimento.

La fumosità della classificazione appare quanto mai

evidente con la prima misura trattata: le anti-suit

injunctions. Queste sono definite come «strumenti […]

attraverso i quali il giudice ordina alla parte cui sono

rivolti di non compiere determinate attività in un altro

processo, spesso in corso o da celebrarsi in un altro

stato» 225 . Proprio per la sua attitudine ad essere sia

preventiva, che in corso di causa, la misura potrebbe ben

collocarsi rispettivamente nell’ambito delle injunction (di

cui portano il nome) o declinarsi come ordine finalizzato a

ristabilire la situazione preesistente226.

A prescindere dalla classificazione tali misure consistono

in un obbligo di non facere e sono state spesso usate nella

tradizione common law a sostegno dell’efficacia

dell’arbitrato. Infatti spesso i giudici impongono con

esse alla parte di non compiere attività probatoria in

224 BERGER, International economic arbitration, in Studies in transnational economic law, a cura di HORN-BAUXBAUM, Deventer, 1993, p. 339 ss. 225 ATTERITANO, Anti-suit injunctions in ambito arbitrale: provvedimenti illeciti o semplicemente odiosi?, in Riv. Arb., 2010, p. 442 226 in questa dimensione sembra collocarla anche CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 412-413.

112

altro processo o, in maniera ancor più incisiva, di non

chiedere l’exequatur di una sentenza straniera. In tal modo

sono i giudici continentali a vedere la propria autonomia

ridotta ed a subirne le conseguenze, non potendo essi -per

ragioni legate alla tradizione giuridica- disporre di

questi stessi strumenti.

Le stesse misure possono avere anche segno negativo e

consistere nel divieto imposto da un giudice di adire un

arbitro o chiedere l’esecuzione di un lodo al fine di

boicottare l’arbitrato (cc.dd. anti-arbitration

injunctions). Ma il fenomeno che qui più ci interessa 227

sono i medesimi provvedimenti assunti durante un arbitrato.

In questo caso, come è ovvio, l’ingiunzione prenderà la

forma di ordine di intraprendere o di astenersi dal

cominciare un giudizio di merito di fronte al giudice

ordinario; ed è evidente che tale ordine troverà fondamento

nella stessa convenzione arbitrale. Fra le attività di cui

si ordina l’astensione, ben possono rientrare anche

attività esse stesse di natura cautelare sollecitate al

giudice ordinario; se è vero che «the provisional nature of

interim orders enables the arbitrators to rewiev decisions

taken by the courts», laddove gli arbitri considerassero la

misura della corte «unwarrented», nulla impedirà loro «to

[order] the works to cease» 228 . Per queste ragioni

«arbitrators are therefore in a position to order the

parties to abandon the implementation of a protective

227 Per effetti delle anti-suit injunction nel diritto interno degli stati vedi LUPOI, Conflitti transnazionali di giurisdizione, Milano, 2002, 861 ss e anche antisuit injunctions e arbitrato, in Riv. Arb., 2006, p. 441 ss; GAJA, Convenzione di New York sull’arbitrato e anti-suit injunction, in Riv. Dir. Int., 2009, p. 503 ss.; D’ALESSANDRO, La Corte di Giustizia dichiara le anti-suit injunction a tutela dell’arbitrato inglese incompatibili con il sistema del Reg. 44/2001 (nota a sentenza), in Riv. Arb., 2009, p. 67 ss.; per la dottrina internazionale GAILLARD, Anti-suit injunctions in International Arbitration, Parigi, 2005, 228 FOUCHARD-GAILLARD-GOLDMAN, Op. Ult. Cit., p. 723.

113

measure previosuly obtained from a court»229. E per essere

ammessi oltre agli ordinari requisiti di ogni provvedimento

cautelare, qui si dovranno rinvenire ulteriori elementi,

quali la violazione di norme legislative o convenzionali da

parte del giudice togato che ha emesso o che è in procinto

di emettere provvedimenti cautelari.

Inoltre si ritiene che gli arbitri a differenza dei giudici

ordinari «do not represent the interest of a State» e

pertanto «may decide on the jurisdiction of a judge without

breaching state sovereignty» 230 . Gli stessi non saranno

nemmeno soggetti al rispetto delle regole di international

comity (Reg. 44/2001231 e della Convenzione di Lugano) ma si

ritiene debbano rispettare dei principi di base232.

229 Osservazioni svolte sempre da FOUCHARD-GAILLARD-GOLDMAN, Op. Ult. Cit., p. 723 a commento di Amco Asia c. Indonesia di cui si riporta il testo che segue: «an international Tribunal is not bound to follow the result of a national court. one of the reasons for instituing an internarional procedure is precisely that parties –rightly or wrongly- feel often more confident with a legal institution which is not entirely related to one of the parties. If a national judgement was binding on an international Tribunal such a procedure could be rendered meaningless. Acoordingly, no matter how the legal position of a party is described in a national judgement, an International Arbitration Tribunal enjoys the right to evaluate and examine this position without accepting res judicata effect of a national Court. In this evaluation, therefore, the judgements of a national court can be accepted as one of the many factors which have to be considered by the arbitral tribunal». Per il lodo vd. ICSID Case No. ARB/81/1, Amco Asia c. Republic of Indonesia, 1026-1027 (1985). 230 LEVY, Anti-suit injunction Issued by arbitrators, in GAILLARD, Op. Ult. Cit., p. 117; contra KARRER, Interim Measures Issued by Arbitral Tribunals and the Courts: Less Theory, Please, in ICCA Congress Series No. 10 (New Dehli 2000), a cura di VAN DEN BERG, Alphen aan den Rijn, 2001, p. 93 ss. specc. 97, 106. 231 qui il riferimento è al caso 27 Aprile 2004 n. C-159-02, Turner c. Grovi, con il quale la Corte di giustizia ha ritenuto le anti-suit injunction in contrasto con la Convenzione di Bruxelles-I. 232 LEVY, Anti-suit injunction Issued by arbitrators, in GAILLARD, Op. Ult. Cit., p. 117-119: « 1) Each court or arbitral tribunal has the power to decide on its own jurisdiction:

The Arbitral Tribunal would, however, have had serious reservations about ruling on the lack of jurisdiction of a state Court and issuing a decision, which could purport to deny a party access to justice before such a state Court. It is a fundamental principle that each Court and Arbitral Tribunal has jurisdiction

114

Date queste premesse, si ritiene che gli arbitri pur

potendo adottare dette misure ne dovranno fare un uso

ragionevole e comunque soggetto a limitazioni. In

to rule on its own jurisdiction or, in other words, has Kompetenz-Kompetenz.

2) Admittedly, in upholding their jurisdiction, arbitrators implicitly declare that any other court or arbitral tribunal is prevented from ruling on the same subject matter. In due course, domestic courts, at least those of the seat of the arbitration, will have the last word in this respect. Arbitrators must satisfy themselves with this ruling and may not order performance in kind of the arbitration agreement. The Algiers Accords of January 19, 1981 set up an international arbitral tribunal responsible for deciding disputes between Iran and the United States. In E-System Inc. v. Iran this tribunal made the above distinction and also requested:

[t]he Government of Iran to move for a stay of the proceedings before the Public Court of Tehran until the proceedings in this case before the Tribunal have been completed.

In this case, the Claimant sought to have Iran enjoined from prosecuting before its own courts an action that it could have initiated before the arbitral tribunal as a counterclaim. The arbitral tribunal noted that it would have jurisdiction over a counterclaim, which would exclude the jurisdiction of any other tribunal, but that its jurisdiction was not exclusive. Hence, the arbitral tribunal refused to order Iran to withdraw its action before the Iranian courts but ordered Iran to request a stay of the latter in order to ensure that its jurisdiction and authority was fully effective. The Tribunal noted:

This Tribunal has an inherent power to issue such orders as may be necessary to conserve the respective rights of the Parties and to ensure that this Tribunal’s jurisdiction and authority are made fully effective.

3) A fortiori, unless a matter has been referred to it, an arbitral tribunal may not order a party to withdraw a court action, which would be tantamount to depriving a party of its substantive rights:

In the opinion of the Arbitral Tribunal, … [Claimant’s] request for Injunctive Relief is inconsistent with this fundamental feature of provisional and conservatory measures. [Claimant] is not seeking an order requiring [Respondent] to request a stay of the [Court] action pending the final award in the arbitration. Rather, Claimant is requesting the Arbitral Tribunal to grant an order requiring (Respondent] to withdraw the [Court] Action with prejudice.

[…]It is debatable whether an arbitration agreement gives rise to a strict obligation (i.e., a duty) which, if violated, may result in an award of damages. Jurisdiction is something that is declared, not something that can be ordered. Declaring jurisdiction enables the arbitrator to rule on the merits of the dispute before him but does not comprise the power to exclude the jurisdiction of others. » In ultima analisi si ritiene che gli arbitri possono solo stabilire la loro propria giurisdizione ciò che di fatto può scoraggiare le parti dall’adire la corte domestica o altro tribunale arbitrale. Ciononostante gli arbitri non possono imporre le parti dall’astenersi, né possono decidere sulla giurisdizione di una corte e tantomeno sulla cogenza della causa dinanzi al tribunale.

115

particolare si ritiene che le anti-suit saranno appropriate

solo quando appariranno necessarie per proteggere il

procedimento arbitrale, ovverosia quando una parte stia

fraudolentemente tentando di scalzare la competenza del

tribunale arbitrale. E pertanto si dovrà la massima cautela

nell’emanazione del provvedimento in questione considerando

che gli effetti delle anti-suit possono essere ben più

nocivi degli stessi problemi che cercano di risolvere.

Infine non è forse superfluo sottolineare che l’adozione di

queste misure richiede a priori la potestà degli arbitri di

concedere la tutela cautelare e pertanto non potranno

essere emesse in tutti quegli ordinamenti, come l’Italia,

dove ciò non è permesso.

2.2 Le misure ex parte

Un ulteriore distinzione che suole ricorrere nella

letteratura riguarda i soggetti coinvolti nella decisione

cautelare. E da questo angolo prospettico si rileva come le

misure possono essere emesse sia a seguito di

contraddittorio che inaudita altera parte (ex parte measure

nel lessico giuridico internazionale). Nell’ipotesi

ordinaria il collegio convoca le parti per ascoltarle in

contraddittorio sulla richiesta di tutela cautelare

avanzata da una di esse. Tuttavia non sempre ciò è

possibile e non è infrequente, specialmente nell’arbitrato

internazionale, la pratica di svolgere il contraddittorio

in conferenza telefonica o videoconferenza, attraverso

l’ausilio di strumenti elettronici. Infatti accade spesso

che le parti risiedano in Stati differenti e che l’attesa

del tempo necessario per la convocatoria potrebbe

116

pregiudicare il diritto di cui si chiede tutela. Tuttavia

nonostante questi strumenti possano facilitare una più

rapida emissione di misure, rimangono casi in cui è proprio

la natura della misura richiesta che ostacola la sua

emissione in contraddittorio fra le parti; sono i casi in

cui la misura necessità “dell’effetto sorpresa” per essere

efficace, o la circostanza è di tale urgenza da non poter

attendere nemmeno la più rapida convocazione delle parti.

Numerosi ordinamenti prevedono l’adozione delle misure

inaudita altera parte, ma ormai è pacifica la constatazione

che in questi casi il contraddittorio non è estromesso (ciò

che sarebbe incostituzionale nella maggioranza degli

ordinamenti europei, nonché contrario al disposto dell’art.

6 CEDU), ma semplicemente differito al momento e nella sede

della (eventuale) revoca, modifica o conferma della misura

cautelare.

Un problema tipico delle ex parte measures in ambito

cautelare si ha quando detti provvedimenti sono richiesti

prima della costituzione del tribunale (ex parte pre

arbitral emergency measures of protection); se infatti

questi ultimi sono in linea di principio ammissibili, certa

dottrina ritiene che il tempo di costituzione del collegio

finalizzato all’emissione di dette misure sia di per sé

scoraggiante alla promozione della domanda233.

A sostegno della poca opportunità (sia chiaro, anche se

legittima) di chiedere tali misure ad un tribunale

arbitrale v’è la costatazione le stesse richiedono

esecutibilità per se, e che questa trova la sua sede ideale

233 CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 343 «non è ovviamente concepibile la costituzione del tribunale arbitrale senza che una parte ne sia informata» e YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 221 : «such measures would normally be available from an arbitral tribunal once such tribunal is formed long after the time of a dispute’s appearance». Tuttavia entrambi gli autori sembrano così escludere l’ammissibilità di una tale richiesta rivolta ai sempre più numerosi comitati permanenti.

117

nelle corti statali. Anche per questa ragione si sostiene

che «it is noteworthy that the request for and the grant

of ex parte measures occasionally occur in arbitration

practice». E a sostegno dell’affermazione viene riportato

un sondaggio svolto dalla AAA che mostra come solo una

misura cautelare su cinquanta avanzata a detta camera

consista nella richiesta di provvedimento inaudita altera

parte234.

Pertanto sebbene teoricamente possibili e legittime le

misure ex parte, e solo nelle seppur modeste applicazioni

pratiche, si devono confrontare con due grandi obiezioni:

il diritto di essere ascoltati in contraddittorio (the

right to be heard) ed il principio dell’imparzialità.

Quanto alla prima tornano alla mente le lezioni classiche

di diritto processuale 235 sulla legittimità della carenza

prima facie del contraddittorio fra le parti. In quella

sede si suole dire che questo non è estromesso, ma

semplicemente compresso, differito; e che il diritto si

riespande se ed in quanto la parte destinataria del

provvedimento ne faccia domanda in sede di modifica o

revoca della misura. Al contrario, la parte incisa e a

conoscenza del provvedimento, che si asterrà dal dare

impulso al procedimento cautelare verrà irreversibilmente

(fino alla decisione finale, si intende) colpito dalla

tutela. Mentre varia da ordinamento ad ordinamento 236 la

procedura e il dovere/potere di dare impulso al giudizio di

revoca o conferma resta ovunque pregiudicato il diritto

della parte incisa dal provvedimento che, destinataria di

234 sempre YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 221 riporta i dati tratti da NAIMARK-KEER, Analysis of UNCITRAL Questionnaires on Interim Relief, in Mealey's Int. Arb. Rep., 2001, p. 23 ss. 235 PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo civile, Napoli, 1991, p. 341. 236 per una rassegna delle modalità di istaurazione o integrazione del contraddittorio vd. CARLEVARIS, Op. Ult. Cit., p. 344-346.per il momento

118

regolare notifica, decida di non partecipare al giudizio o

di partecipare e rinunciare alle difese, consentendo in

questi casi l’emissione del provvedimento senza

integrazione del contraddittorio. Queste tuttavia non sono

unanimemente ritenute applicabili anche all’arbitrato.

Infatti c’è chi sostiene che tali regole sono incompatibili

con il giusto processo arbitrale inteso come pieno ed

eguale accesso all’organo giudicante in ogni fase ed

eventualità del procedimento. Le osservazioni non sembrano

prive di fondamento in tutti i casi in cui non sia

regolamentata una disciplina, cadenzata da termini

perentori, che garantisca alla parte incisa il diritto di

eccepire gli argomenti addotti da controparte. E ben

possono trovare fondamento quelle critiche basate

sull’articolo 6 CEDU 237 (sebbene non direttamente

applicabile). Ma laddove ipoteticamente venisse programmato

un sistema di integrazione del contraddittorio differito,

analogo a quello predisposto dai vari legislatori

nazionali, non si vede perché non se ne dovrebbe

riconoscere l’ammissibilità. E le considerazioni sulla

«doubtful … practical attraction»238 delle misure ex parte

non servono a smentire la potenziale legittimità delle

stesse. In tal senso può essere indice di un’apertura e di

un possibile futuro sviluppo l’inserimento nella Model Law

UNCITRAL dei già commentati articoli 17B e 17C.

Il principio di imparzialità nell’ambito dell’arbitrato

internazionale consiste, anche, nel divieto di prendere

contatti privatamente con qualsiasi delle parti; in questa

coniugazione particolare si manifesta come divieto di

intrattenere rapporti con il soggetto istante la domanda ex

237 VAN HOUTTE, Ten reasons against a proposal for Ex Parte Interim Measures of Protection in Arbitration, in Arb. Int., 2004, p. 89 238 BORN, International Commercial Arbitration: Law and practice, Alphen aan den Rijn, p. 210.

119

parte. L’analogia con il medesimo principio nell’ambito di

un processo di fronte ad una corte non regge; infatti si

ritiene che mentre «a judge is a servant of the state and

has responsabilities flowing from public policy which go

beyond those of an arbitrator, [the] duties [of the latter]

may be terminated by the parties»239. Qui il riferimento va

al fenomeno dell’arbitro “non-neutrale”, conosciuto

soprattutto negli arbitrati ad hoc come arbitro vicino ad

una delle parti: nella prassi questo arriva a non firmare

il lodo contrario alla parte che ufficiosamente

“rappresenta”. Alla luce di ciò si capisce la diversa

conformazione del principio di imparzialità che, allo scopo

di preservare il dialogo tribunale-parte in un ambiente

pubblico e permeato dal contraddittorio, costituisce il

presidio per scacciar via quei legittimi dubbi

sull’indipendenza degli arbitri. Nel caso delle misure ex

parte, tuttavia, è imprescindibile tale contatto privato

con il tribunale e pertanto si ammette che il divieto debba

essere valutato caso per caso e che la protezione cautelare

dei diritti possa costituirne una ragionevole eccezione.

Inoltre al fine di salvaguardare l’apparenza di

imprazialità, ogni comunicazione relativa alla misura da

emettere inaudita altera parte dovrà essere registrata e

comunicata alla controparte incisa, prima dell’istaurazione

del contraddittorio in sede di revoca o conferma del

provvedimento240.

Dal punto di vista qualitativo la misura ex parte, sebbene

non formalmente di contenuto e ampiezza analoghi ad una

inter partes, dovrà avere qualche requisito in più.

Innanzitutto l’istante avrà l’onere di provare che il

239 REDFERN-HUNTER, Law and practice of international commercial arbitration, London, 2004, p. 199. 240 YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 225.

120

collegio abbia giurisdizione sul caso; e tale prova dovrà

essere ancor più convincente nel caso in cui si rivolga ad

un comitato d’emergenza. Ciò non tanto perché gravato di

qualche onere ulteriore o particolare, ma per l’ovvia

necessità di vincere la diffidenza di un collegio cui si

chiede una misura prima dell’inizio del procedimento e

all’insaputa della parte destinataria. Particolarmente

convincenti dovranno essere le motivazioni che spingono a

chiedere il provvedimento inaudita altera parte e

particolarmente evidenti le condizioni dell’azione

cautelare.

L’assenza di una delle parti alla formazione della

decisione cautelare comporta, inoltre, il più oneroso

dovere di buonafede di allegare tutti i fatti, le

circostanze ed i documenti a fondamento dei quali si

chiede la misura e la cui violazione può essere, da sola,

fonte del risarcimento contrattuale241.

L’emissione della misura ex parte può essere accompagnata

da una security a titolo di garanzia dell’eventuale e

futuro danno che potrebbe esser cagionato dall’applicazione

delle misura; la costituzione della security può costituire

anche condizione sospensiva242, 243.

Infine, come si è già accennato, il tema delle misure ex

parte, per quanto interessante e fonte di proficui

dibattiti dottrinali, ha avuto tuttavia uno scarso rilievo

pratico. Ciò in particolare è dovuto all’impossibilità

dell’arbitro di far eseguire la misura emessa senza

241 per l’applicazione nell’arbitrato WIPO vd HORNING, Interim Measures of Protection; Security for Claims and Costs; and Commentary on the WIPO Emergency Relief Rules (in Toto): Article 46, in Am. Rev. Int. Arb., 1998, p. 173. 242 BERGER, International Economic Arbitration, Deventer-Boston, 1993, p. 337. 243 per altre «safeguarding measures» a tutela del soggetto inciso dalla misura CASTELLO, Arbitrators Should have the power to Grant Interim Relief Ex Parte, in Disp. Res. Journ., 2003, p. 9 ss.

121

notificarla alla parte destinataria con conseguenze

evidentemente nocive per l’esito della procedura. Per porre

rimedio al problema si è da tempo consolidata la prassi che

consiste nell’ordine interinale dell’arbitro di conservare

lo status quo nelle more della procedura cautelare. La

parte sarà così destinataria di una raccomandazione che, se

trascurata, può certo influire negativamente sull’opinione

dell’arbitro cautelare circa la buonafede della parte

disobbediente.

2.3 Le misure pre-arbitrali

Nel primo paragrafo di questa sezione si sono analizzate le

anti-suit injunctions per le particolari finalità che

perseguono, mentre nel secondo quelle ex parte come

peculiari rispetto ai soggetti coinvolti nel processo

decisionale. Se si guarda invece dal punto di vista del

momento in cui vengono pronunciate, meritano un focus le

c.d. Emergency arbitral provisional measures244 (che vengono

definite con terminologia diversa in ogni istituzione

arbitrale). Queste nascono per sottrarre il monopolio sulle

misure dei giudici ordinari prima della costituzione del

tribunale arbitrale, alla luce della evocata competenza

cautelare propria degli arbitri. Anche in questo caso il

fondamento della competenza cautelare prearbitrale è da

rinvenire nell’intenzione delle parti di veder la loro lite

risolta «by a neutral/party-determined authorithy». Inoltre

chiedere alle parti di rivolgersi ad una corte significa

chieder loro di scegliere il foro che hanno deliberatamente

244 Sulle quali ci si era soffermati parenteticamente commentando la novella apporta alle ICC Rules nel Cap. III, § 1.4

122

evitato, con tutte le probabilità che questo non coincida

con quello del luogo dove risiede la parte destinataria

della misura, ciò che viene definito «an open invitation

for abuse»245.

Prima che si consolidasse la prassi arbitrale dei comitati

permanenti si rinvenivano in dottrina cenni circa la

possibilità di creare «[a] one or three members standing

panel» cui si poteva dar mandato, in ogni momento

antecedente o –con tutti gli inconvenienti del caso-

simultaneo a quello della domanda, di risolvere il futuro o

contemporaneo conflitto246. Si noti come tale situazione, un

po’ rudimentale, presentasse come grande svantaggio quello

di tenere in piedi un collegio con tutti i costi che ne

derivavano. Per questa ragione e per il crescente successo

che hanno acquisito gli arbitrati istituzionali si è andato

affermando il modello dei comitati permanenti.

Nel vasto panorama dei regolamenti arbitrali il tema delle

misure arbitrali è affrontato con due approcci che si

rispecchiano in due tecniche legislative contrapposte. Da

una parte si hanno quei regolamenti che includono la

normativa sulla procedura d’urgenza all’interno del testo o

in un’appendice comunque considerata parte integrante della

convenzione d’arbitrato. Pertanto le parti, a meno che non

vogliano esplicitamente rinunciare all’efficacia di tali

245 YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., pp. 115 e 116: «Experience demonstrates that this forum would generally be the home court of the requesting party or another forum, but would certainly not be the home court of the non-moving party». L’a. precisa inoltre (nota 9) che «the reasons for preference of such mechanism over litigation are generally similar to the reasons in support of arbitral jurisdiction to grant provisional measures». 246 Sempre al fine di riaffermare l’arbitrato come strumento “totale” e svincolato rispetto alle corti, si sono diffuse nel tempo forme accelerate di svolgimento della procedura arbitrale (c.d. expedited arbitration) che consentono anche una più rapida formazione del collegio. Vd. ad. es. art. 9 LCIA o le Expedited Arbitration Rules della WIPO; per un commento MORTON, Can a World Exist Where Expedited Arbitration Become a Default Procedure?, in Arb. Int., 2010, p. 103 ss.

123

norme (attraverso un meccanismo di opt-out), le

accetteranno implicitamente sottoscrivendo il regolamento

interno. Dall’altra parte si hanno invece due regolamenti

autonomi: per includere nel convenzione d’arbitrato anche

la procedura di référé pre-arbitral, si dovrà quindi

esplicitamente richiamarla nel patto sottoscritto

(meccanismo opt-in) 247 , 248 . Anche se nella pratica le due

cose quasi sempre coincidono, in realtà la differenza di

documenti fra il regolamento arbitrale e le regole per le

misure pre-arbitrali è cosa diversa rispetto al meccanismo

di adesione alle regole (opt-in e opt-out). Il fallimento

del modello opt-out si è mostrato in particolare nella

scarsissima applicazione delle ICC Arbitral Referee

Procedure del 1990; così, la riforma del 2012 ha integrato

nel corpo del testo (art. 29) la procedura d’emergenza, più

ampiamente disciplinata nell’allegato V: in tal modo si

sono convertite le modalità di adesione alla procedura opt-

in.

I requisiti necessari che determinano la necessità di

emettere provvedimenti di urgenza rimangono dentro la sfera

discrezionale dell’arbitro; e la misura di tale discrezione

si è dimostrata nella pratica variabile a seconda dei casi,

247 un esempio del primo si ha nel regolamento ICC, come da ultimo riformato, nel regolamento AIA (già dal 1994) e nelle ICDR International Arbitration Rules. Al contrario le Rules for a Pre-Arbitral referee procedure della ICC (in vigore dal 1990 fino all’introduzione del nuovo regolamento), le SIAC Arbitration Rules e le SCC Arbitration Rules rappresentano due modelli del meccanismo di opt-in. 248 Da notare che nel 2005 YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 116 parlava di due differenti opzioni con cui le istituzioni arbitrali potevano gestire le procedure d’urgenza: «they can expressly provide for a mechanism in their arbitration agreement to obtain an emergency provisional measure, or the parties can use one of the few institutional arbitration rules which provide for such mechanism». Oggi la tendenza sembra invertita e gli organismi permanenti non sono «pochi» -come si veniva commentato solo 8 anni fa- mentre stanno scomparendo le situazioni in cui il presidente dell’istituzione arbitrale assume ad interim le funzioni cautelari fino alla costituzione del collegio arbitrale.

124

delle circostanze, della nazionalità delle parti e della

natura della controversia. Ciononostante alcune linee guida

possono essere comunque tracciate. In primo luogo,

similmente a quanto accade per le misure cautelari

“ordinarie”, sono necessarie le tipiche condizioni

dell’azione cautelare (fumus e periculum) 249 ; in secondo

luogo ed in aggiunta sono imprescindibili il carattere

dell’urgenza o dell’emergenza: un immediato danno o

un’irreparabile perdita che si verificherebbero laddove la

misura non venisse garantita.

Le misure d’urgenza sono quindi uno strumento effettivo e

rapido strumento

In conclusione si può ritenere che data la menzionata

discrezione conferita agli arbitri questa procedura è

divenuta nel tempo un sempre più agile ed efficace

strumento per contrastare situazioni d’urgenza; a questo si

aggiunga il peso che può derivare dalla possibilità di

azionare certi rimedi250 contro «recalcitrant parties».

L’esistenza di tali procedure aiuta quindi a garantire la

l’efficacia dell’arbitrato nel conferire concretezza alla

tutela provvisoria e strumentale dei diritti nella fase

pre-costitutiva del tribunale. Di ciò ne sono prova il

numero crescente di regolamenti che ne fanno menzione e il

sempre maggior spazio che questi vi dedicano.

249 DONOVAN, The scope of enforceability of Provisional Measures in International Commercial Arbitration: A Survey of jurisdictions, the Work of UNCITRAL and Proposals for Moving Forward, in ICCA Congress Series No. 11 (London 2002), a cura di VAN DEN BERG, Alphen aan den Rijn, 2003, p. 82 ss individua altri 5 requisiti a complemento: 1)prima facie estabilishment of jurisdiction 2)prima facie estabilishment of case 3)urgency 4)imminent danger, serious or substantial prejudice if the measure requested is not granted 5)proportionality 250 YEŞILıRMAK, Op. Ult. Cit., p. 157.

125

CONCLUSIONI

Il titolo apparentemente specifico del presente lavoro

potrebbe spaventare un lettore all’oscuro di una regola

precisa del codice di procedura civile. E tale lettore

potrebbe ritenersi soddisfatto nel leggere la lettera

dell’articolo 818 che a chiare lettere indica il divieto

per gli arbitri di disporre qualsiasi provvedimento

cautelare. E farebbe poca fatica per scoprire che le

diverse disposizioni di legge, previste a mo’ di eccezione

aperta, che prevede lo stesso articolo si sostanziano in

una sola eccezione circoscritta alla materia societaria, e

quindi, di portata settoriale. Nulla lascerebbe intuire che

in realtà quel titolo “La tutela cautelare nell’arbitrato”

è sin troppo generico per descrivere un fenomeno che trova

la sua migliore incarnazione in una prassi internazionale

consolidata da tutti i migliori regolamenti arbitrali.

Lo stesso argomento sarebbe probabilmente più asettico per

uno studioso di diritto di un altro paese che, leggendo il

proprio codice di rito, scoprirebbe una normativa che

redistribuisce il potere cautelare fra arbitro e giudice.

Il suo lavoro si sostanzierebbe nella puntuale descrizione

del fenomeno, come regolato da quel codice di procedura, e

nelle microscopiche differenze riscontrabili nei

regolamenti arbitrali e nelle altre leggi di altri stati.

Tali differenze riguarderebbero solo il quantum e il

quomodo dei poteri cautelari degli arbitri.

Ma presumibilmente esaurirebbe gli argomenti controversi

sulla sua legge nazionale in poche pagine e si potrebbe

concentrare sull’aspetto più concreto del problema: la

tutela cautelare nell’arbitrato internazionale.

126

Quest’aspetto purtroppo passa in secondo piano per un

collega italiano, che difficilmente riuscirà a concentrarsi

sulla prassi internazionale non potendo trovare

applicazione dentro i confini dello stato. E questa è la

ragione della mancanza, nel titolo della tesi,

dell’aggettivo italiano o internazionale. Perché studiare i

due fenomeni nello stesso lavoro chiederebbe uno spazio che

va oltre quello qui consentito 251 . Ciò non significa

ignorare il fenomeno dal punto di vista internazionale, ma

valutarne gli aspetti salienti in chiave comparativa

rispetto alla normativa interna. È proprio da tale

confronto che emergono con la massima evidenza le

differenze ed il gap che ci separa dall’arbitrato

internazionale.

Data queste premesse è doveroso riassumere in brevi righe

il problema latente che si cela dietro la disposizione

dell’articolo 818. Per far ciò è indispensabile partire

dalla ratio dell’istituto; nel secondo capitolo si

ricostruisce, anche attraverso il pensiero dei maestri

classici del diritto processuale civile, l’origine storica

della norma. Fino a due decenni fa la ratio del divieto

veniva individuata dalla dottrina maggioritaria, se non

unanime, nella mancanza del potere di imperium degli

arbitri per emetter misure cautelari. L’affermazione però

si è dovuta presto confrontare con l’argomento che se agli

arbitri si conferisce il potere di emettere un lodo idoneo

a dispiegare definitivamente i suoi effetti nella realtà

materiale, allora si dovrebbe conceder loro anche il potere

di emettere un provvedimento provvisorio destinato a

caducare con la decisione finale. A questo dato

251 Si segnala in materia la più volte citata monografia di CARLEVARIS, La tutela cautelare nell’arbitrato internazionale, Padova, 2006. L’opera è l’unica che descrive in materia esaustiva la normativa interna ed internazionale;

127

insuperabile, non ha però avuto seguito nessun adeguamento

della legge. Infatti il legislatore si è confrontato a più

riprese con la materia dell’arbitrato, ma non ha mai

provveduto a cambiare la parte principale della norma.

Nel 2006, al tempo dell’ultima riforma, il legislatore non

poteva non conoscere l’opinione fortemente maggioritaria

che si levava dalla dottrina. Ciononostante, pur mettendo

mano alla disposizione, è stato sordo alle richieste

avanzate dagli studiosi e si è limitato ad inserire una

clausola aperta a diverse disposizioni di legge (oltre che

risolvere, così, l’antinomia creata con l’ipotesi prevista

nel D. Lgs 5/2003). Ed oltre che sordo è stato anche cieco:

pur conoscendo la soluzione dominante in tutti i principali

ordinamenti e regolamenti, ha deliberatamente scelto di non

abrogare la norma. Per usare un linguaggio caro ai

penalisti si potrebbe dire che l’atteggiamento del

legislatore in quella occasione è oscillato fra la colpa

cosciente ed il dolo eventuale. Sicuramente erano già state

rappresentate le possibili conseguenze extraprocessuali

derivanti dal conservare inalterato il divieto. Non è dato

sapere, però, se la scelta è stata adeguatamente soppesata,

o se è stata frutto di una mera anche se certi indizi

«testimoniano [del]la natura particolarmente persistente

dei convincimenti alla base del divieto».

Tale perseveranza del legislatore oltre che dare adito a

critiche de iure condendo presta il fianco a valutazioni

che hanno a che fare con la volontà dell’individuo.

La scelta di sottrarre la tutela cautelare ad un soggetto

terzo ed imparziale, ma non designato da un organo statale

contiene un giudizio etico. Contiene, di preciso, una

valutazione negativa sulla capacità dell’arbitro di

prendere una decisione con maggior contenuto discrezionale.

La misura cautelare richiede, infatti, una più ampia

128

capacità di discernere “cosa è giusto”, proprio per il suo

carattere sommario; e ciò prescinde dal fatto che si

autorizzi lo stesso arbitro ad emettere un lodo capace di

dispiegare effetti maggiori e perpetui, poiché

paradossalmente, tale potere deriva anche dalle garanzie

offerte dalla procedura ordinaria. In questa maniera

l’ingerenza compiuta lo riveste di una connotazione

caratteristica di Stato Etico252, promotore del bene comune

al di là dell’individuo. Sembra così esasperarsi il

concetto aristotelico di Stato come “un tutto superiore

alla somma delle sue parti”. Ma tale dottrina olistica

sembra essere superata nelle democrazie occidentali già da

tempo ed è quanto di più distante ci possa essere dalla

logica dell’arbitrato. Piuttosto sembrano più vicine e

coerenti alla materia dell’arbitrato le affermazioni di

libertà liberale dove lo Stato deve governare il meno

possibile e limitarsi ad assicurare la garanzia dei diritti

individuali253.

In particolare chi si rivolge ad un collegio arbitrale

chiede che la risoluzione della propria controversia

avvenga in tempi ragionevoli. E questo configura un diritto

a portata individuale oltreché collettiva.

In fondo se si guarda bene la tutela cautelare e

l’arbitrato vanno nella stessa direzione. Il primo trova la

sua ragione d’esistere nella maggior velocità di

risoluzione delle controversie; la seconda costituisce la

soluzione patologica al problema della lentezza dei

processi. Ma entrambi non esisterebbero o avrebbero

252 HEGEL, Lineamenti della filosofia del diritto, Bari, 1979, p. 238: lo definisce «sostanza etica consapevole di sé, la riunione del principio della famiglia e della società civile». Ma vedi anche la definizione dello stato hegeliano (qui conrapposto alla Costituzione) di BOBBIO, Studi hegeliani. Diritto, società civile, stato., Torino, 1981, p. 72. 253 BOBBIO, Teoria generale della politica, Torino, 1999, p. 231.

129

un’importanza del tutto marginale se la giustizia fosse

efficiente, veloce.

Alla luce di ciò mi sembra di poter rispondere

affermativamente all’interrogativo posto al termine

dell’introduzione: l’oggetto di questa tesi può costituire

una rappresentazione del malfunzionamento della giustizia

civile e la soluzione a questo problema potrebbe essere un

tassello per migliorarne l’efficacia. Niente di più.

Inoltre in chiave finalistica una scelta del genere sarebbe

l’indice di un mutato costume di fare le leggi: mettere al

centro l’individuo e di lato -a sostegno- lo Stato, e non

viceversa.

130

131

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RINGRAZIAMENTI

A Te per i baci,

A Me per il coraggio,

Ai Miei per l’ordine,

Ai Ragazzi per il disordine.