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Università degli Studi di Padova
Master in Comunicazione delle Scienze
a.a. 2013-2014
La tavolozza dell’artista
tra passato e presente.
Il ruolo della chimica nella produzione dei pigmenti.
Studentessa
dott.ssa Concetta Lapomarda
Relatrice
prof.ssa Silvia Gross
Università degli Studi di Padova
Master in Comunicazione delle Scienze
a.a. 2013-2014
La tavolozza dell’artista
tra passato e presente.
Il ruolo della chimica nella produzione dei pigmenti.
Studentessa
dott.ssa Concetta Lapomarda
Relatrice
prof.ssa Silvia Gross
Il mio lavoro di Tesi ha l’obiettivo di mostrare come la scienza e l’arte si intreccino per migliorare le
caratteristiche dei pigmenti. In particolare, un importante apporto è stato dato dalla chimica degli ultimi
secoli: a partire dal cambio di rotta del 1700, che ha portato alla diffusione dei pigmenti artificiali, fino
all’utilizzo dei composti organici dal 1900.
La scienza va “toccata con mano” ed osservata dal vivo, per questo il mio lavoro consiste nella
progettazione del laboratorio didattico “La tavolozza dell’artista tra passato e presente” che esporrò alla
manifestazione Non è magia, è Chimica 2015. Attraverso un percorso storico sull’origine dei pigmenti, da
quelli antichi a quelli moderni, sono messi in luce i problemi iniziali legati alla ricerca delle materie prime o
alla tossicità di alcuni metalli. Grazie al progresso della chimica, superate queste difficoltà, oggi sono a
disposizione dell’artista infinite combinazioni cromatiche. Per evidenziare lo stretto rapporto che c’è tra la
chimica e “il colore” e le illimitate possibilità coloristiche oggi a disposizione, sono riprodotte particolari
reazioni che cambiano colore. Nel corso della fase interattiva il pubblico è invitato a preparare la sua
tavolozza, a partire dai pigmenti in polvere e da tre leganti diversi per mostrare come la chimica abbia
influito anche sulle tecniche pittoriche. Come elemento aggiuntivo, ho strutturato il mio lavoro di Tesi come
libretto delle istruzioni: potrà essere usato da insegnanti o appassionati della materia per preparare ed
allestire il laboratorio in ogni sua parte.
Il colore è un argomento multidisciplinare, e ciò si traduce nella possibilità di realizzare altri laboratori legati
a quello presentato. Infatti, gli spunti di approfondimento sono molteplici e vanno dalla fisica all’arte, fino
alla biologia.
Abstract
Introduzione 9
La scienza nei colori 11
Sintesi additiva 12
Sintesi sottrattiva 12
I pigmenti nella storia 15
Paleolitico 17
Dalla Cultura egizia alla Cultura greca e latina 19
Medioevo 21
Rinascimento 23
Dal 1700 al 1800 24
1900 25
Progettazione del laboratorio didattico Le tavolozza dell’artista tra passato e presente 27
Allestimento del tavolo da esposizione e presentazione dei contenuti 27
A spasso con i pigmenti nella storia 28
I pigmenti e le tecnologie presentate 29
Reazioni proposte durante la presentazione del tavolo da esposizione 31
Variazione di colore a seguito della reazione oscillante di Belousov-
Zhabhotinsky catalizzata da Cerio (IV) 31
Variazione di colore per agitazione 33
Variazione di colore a seconda della temperatura 35
Variazione di colore a seconda dello stato di ossidazione, il “semaforo chimico” 36
Variazione del colore a seconda del pH 37
Allestimento delle postazioni 39
Presentazione del materiale illustrativo 42
Conclusioni 45
Glossario 47
Bibliografia e sitografia 49
Indice
“La tavolozza dell’artista tra passato e presente. Il ruolo della chimica nella produzione dei pigmenti” è un
laboratorio didattico nato dalla mia formazione in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione
dei Beni Culturali e dalle mie esperienze come animatrice scientifica. Rispetto ai miei lavori passati1, grazie
alle competenze apprese durante il Master in Comunicazione delle Scienze, ho avuto un nuovo approccio
nell’ideazione e nella progettazione del laboratorio. Una diversa e più approfondita cura dei testi, la ricerca
del linguaggio appropriato a seconda del pubblico e del supporto utilizzato, un maggior numero di
strumenti per presentare i contenuti, sono elementi preziosi per comunicare la scienza.
Con questo progetto abbiamo l’obiettivo di mostrare come la scienza e l’arte si intreccino per migliorare le
caratteristiche dei pigmenti. Un importante apporto è stato quello della chimica degli ultimi secoli: a partire
da un cambio di rotta del 1700, che ha portato alla diffusione dei pigmenti artificiali, fino all’utilizzo dei
composti organici dal 1900.
Il laboratorio didattico è strutturato in due fasi: alla presentazione della storia dei pigmenti, da quelli antichi
a quelli moderni, con una serie di reazioni che cambiano colore per evidenziare lo stretto rapporto tra la
chimica e il “colore”, segue un’esperienza diretta per il pubblico, che sarà invitato a preparare la sua
tavolozza utilizzando pigmento in polvere e tre leganti diversi. Allestirò praticamente il laboratorio in
occasione di Non è magia, è Chimica 2015, una manifestazione annuale organizzata dal Dipartimento di
Scienze Chimiche dell’Università degli Studi di Padova2. Durante l’iniziativa, concepita per avvicinare i
visitatori al mondo del colore, il pubblico di riferimento è costituito da alunni delle scuole elementari.
Per presentare al meglio il laboratorio didattico ho preparato, utilizzando gli strumenti appresi durante il
Master, un poster e una brochure informativa.
Ho strutturato il lavoro di tesi anche come manuale delle istruzioni: potrà essere usato da insegnanti o
appassionati della materia. Infatti ho inserito, oltre ai contenuti teorici, tutte le informazioni utili ad allestire
il laboratorio e a preparare le postazioni didattiche. Le reazioni proposte, inoltre, hanno gradi di difficoltà
diversi in modo che l’operatore possa scegliere quali preparare in base alle proprie competenze e alla
possibilità di reperire i reagenti.
Punto di forza de “La tavolozza dell’artista tra passato e presente” è la sua duplice applicazione: mi
permetterà di comunicare la chimica sia in maniera diretta, realizzando il laboratorio, sia indiretta,
fornendo ad altri gli strumenti utili ad allestirlo.
1 Tra cui il laboratorio didattico progettato e realizzato presso il Museo di Scienze dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro in occasione di Gli strumenti storico-scientifici ad uso mineralogico del Museo di Scienze della Terra, Tesi di laurea triennale in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, 2008-2009. 2 Il laboratorio tematico sarà inserito in un percorso didattico finalizzato ad evidenziare le applicazioni della chimica alla vita quotidiana.
Introduzione
Non esiste il colore, solo materiali colorati.
Jean Dubuffet, pittore francese3
3 Cito da P. Ball, Colore. Una biografia. Tra arte, storia e chimica, la bellezza e i misteri del mondo del colore. , BUR, Milano 2001, p. 31. 4 Halliday, David; Resnick, Robert; Walker, Jearl, Fondamenti di fisica. Meccanica, termologia, elettrologia, magnetismo, ottica, Ambrosiana, Milano 1994, pp. 963 – 966. 5 ivi, pp. 960 – 963. 6 AA.VV. Anatomia umana e istologia, Minerva medica, Torino 2010, pp. 470 – 471.
La scienza nei colori
Il colore è un elemento sempre presente nel corso della nostra vita: basta guardarci intorno per averne
conferma.
È possibile apprezzare i diversi colori grazie alla luce e ai coni, cellule specializzate della nostra retina e, per
poter comprendere al meglio il complesso meccanismo della percezione visiva, è bene conoscere da vicino
questi due elementi.
La radiazione luminosa, secondo la teoria formulata da Maxwell4 è formata da onde elettromagnetiche,
costituite da una componente elettrica e da una magnetica (Figura 1), che si propagano nel vuoto con la
stessa velocità (ossia la “velocità della luce”, uguale per tutte le radiazioni elettromagnetiche e non solo per
quelle luminose).
A seconda della lunghezza d’onda, è possibile rappresentare con uno schema lo spettro elettromagnetico e
notare come, dai raggi gamma fino alle onde radio, l’intervallo di radiazione visibile sia solo di circa 300
nanometri [indicativamente da 400 nm (rosso) a 700 nm (violetto)]5: è in questo intervallo che vengono
visualizzate tutte le sfumature di colore che percepiamo intorno a noi (Figura 2).
La retina, membrana fotosensibile posizionata nella parte interna dell’occhio, è formata da diversi tipi di
cellule tra cui i fotorecettori, ossia bastoncelli e coni. I primi sono più sensibili alla luce crepuscolare, i coni
sono responsabili della discriminazione dei colori.6
Figura 1. (a sinistra) Rappresentazione della radiazione luminosa con la componente elettrica e la componente magnetica. Inoltre è rappresentata anche la lunghezza d'onda, ossia la distanza tra due creste o due ventri.
Figura 2. (a destra) Schema dello spettro elettromagnetico che mette in evidenza l’intervallo del visibile. Fonte immagine: Climate Science Investigation - Nasa.
Direzione di propagazione
Lunghezza d’onda
A seconda della situazione, la visione può avvenire seguendo una sintesi additiva o una sintesi sottrattiva.
Sintesi additiva7
La sintesi additiva si verifica solo se osserviamo sorgenti di luce. Quando guardiamo la televisione o lo
schermo del computer, gli occhi applicano la sintesi additiva che prevede la mescolanza di radiazioni
luminose. Ciò avviene perché gli stimoli del colore penetrano nell’occhio simultaneamente o in rapida
successione e raggiungono direttamente la retina incidendo sulla stessa area; questo meccanismo di visione
non implica nessun fenomeno fisico e l’occhio percepisce il colore come risultato di più stimoli.
In questo caso (Figura 3):
i tre colori primari sono rosso, verde e blu (Red, Green, Blue del sistema
RGB), che coincidono con le tre lunghezze d’onda principali individuate
dai coni;
la sovrapposizione di due colori dà un colore secondario (giallo da rosso
e verde, ciano da verde e blu, magenta da blu e rosso);
la somma di tutti i colori dà il bianco;
l’assenza di tutti i colori dà il nero.
Nei monitor o nei celebri dipinti del movimento puntinista (Figura 4) si verifica il fenomeno di mescolanza
additiva in media spaziale, dove ogni singolo colore è formato dalla somma di altri che sono disposti vicini
ma non sovrapposti: sarà il nostro occhio a fonderli e a restituirci il colore risultante.
Nei primi tentativi di cinematografia a colori o nel disco di Newton, il colore risultante è dato dalla
mescolanza additiva in media temporale, dove i
diversi stimoli colpiscono l’occhio in rapida
successione (con un intervallo minore di 0,1
secondi8) e si addizionano.
Sintesi sottrattiva9
Il nostro occhio non riceve solo radiazioni luminose
da parte di sorgenti, ma anche dai corpi illuminati.
Infatti, nell’osservazione di un quadro o di un
documento, è usata la sintesi sottrattiva secondo
cui la luce interagisce con un corpo prima di
raggiungere i nostri occhi. I pigmenti o l’inchiostro
assorbono determinate e specifiche frequenze della
Figura 4. Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l'Île de la Grande Jatte, 1884-1886, Art Institute, Chicago.
12 La scienza nei colori
Figura 3. I colori della sintesi additiva.
7 Sergio Sammarone, Il colore, scheda di approfondimento di Tecniche di rappresentazione – Terza ed. di Moduli di disegno (2010). DOI: 6237. 8 Tempo di persistenza dell’immagine sulla retina, ossia il tempo che intercorre tra la visione di un’immagine e la scomparsa del suo ricordo sulla retina. Giuseppe Ruffo, L’occhio, scheda di approfondimento di Fisica: lezioni e problemi. Meccanica, Termodinamica, Campo elettrico e magnetico – Seconda ed. di Lezioni di fisica (2010). DOI: 6321. 9 Sergio Sammarone, op. cit.
luce e ne riflettono altre.
In questo caso (Figura 5):
i tre colori primari sono ciano, magenta e giallo (Cyan, Magenta, Yellow
del sistema CMY), che corrispondono ai colori secondari della sintesi
additiva;
la sovrapposizione di due colori dà un colore secondario (blu da ciano e
magenta, rosso da magenta e giallo, verde da giallo e ciano);
la somma di tutti i colori dà il nero;
l’assenza di tutti i colori dà il bianco.
Quando la luce bianca costituita dai diversi colori raggiunge un corpo, questo assorbe tutti i colori tranne
quello che osserviamo, che viene riflesso verso i nostri occhi. Infatti, la buccia del pomodoro di Figura 6.a,
assorbe tutta la radiazione tranne quella rossa che restituisce sotto forma di raggi riflessi, mentre se
consideriamo il limone di Figura 6.b, la sua buccia assorbe solo la radiazione blu riflettendo quella rossa
e verde che si combinano a dare il giallo. In sostanza, osserviamo un colore complementare a
quello assorbito.
Figura 5. I colori della sintesi sottrattiva.
Figura 6.a. (a sinistra) Radiazione assorbita e riflessa dalla buccia del pomodoro.
Figura 6.b. (a destra) Radiazione assorbita e riflessa dalla buccia del limone.
La scienza nei colori 13
I pittori erano da tempo abituati a lavorare con sostanze pericolose,
poiché il capriccio della natura ha donato ad alcune di esse i colori più intensi.
Philip Ball, chimico inglese10
10 P. Ball, op. cit., p. 160. 11 A. Zecchina, Alchimie nell’arte, Zanichelli, Bologna 2012, pp. 29 – 37. 12 P. Ball, op. cit., pp.127 – 130.
Il colore ha da sempre un ruolo importante nella storia dell’uomo, anche grazie alle sue diverse applicazioni
sotto forma di pigmento.
Le prime testimonianze relative all’uso dei pigmenti risalgono a circa 200 mila anni fa: nelle caverne Twin
Rivers, in Zambia, sono stati rinvenuti mucchietti di pigmenti che, si pensa, possano essere stati utilizzati
per colorare il corpo durante riti funebri o di fertilità11.
Bisogna tuttavia aspettare un po’ per vedere i primi risultati dell’ingegno dell’uomo. Infatti, è solo con la
civiltà egizia che, oltre a nuovi pigmenti naturali, si assiste alla diffusione del primo pigmento artificiale: il
“blu egizio”, ottenuto dalla cottura di tre componenti diversi che risale al 3100 a.C..
Dal Medioevo, anche grazie ai commerci con l’Oriente, la tavolozza dell’artista si arricchisce di nuovi colori
e nuove tonalità. Degni di nota, soprattutto per comprendere il successivo e importante ruolo della chimica,
sono il blu oltremare, la biacca, il litargirio, il verde smeraldo e il cinabro. Bellezza, costo contenuto o facilità
di preparazione, erano caratteristiche connesse tuttavia ad innumerevoli controindicazioni.
Il blu oltremare era ricavato dal lapislazzuli (Figura 7), una pietra
semipreziosa usata per lo più a scopo ornamentale costituita da
lazurite (azzurra), carbonato di calcio (bianco) e pirite (oro). Il processo
di estrazione della lazurite avveniva mediante un complesso e lungo
procedimento descritto da Cennino Cennini ne Il libro dell’arte (XIV-XV
secolo d.C.). Per quello che riguarda la sua provenienza, Filarete,
architetto fiorentino, nel 1494 scrisse «Il blu più bello è ricavato da
una pietra e proviene da terre al di là dei mari, ed è per ciò detto
“oltremare”». Infatti, il lapislazzuli era estratto nell’attuale
Afghanistan, dove è stata individuata la presenza di questo blu in
dipinti murali risalenti al VI-VII secolo d.C..
Da questi due fattori, ossia l’elaborato procedimento di estrazione del pigmento dalla roccia e la
provenienza da territori lontani, deriva il suo elevato costo, in alcuni casi maggiore dell’oro12, giustificato
solamente dallo splendore del risultato ottenuto.
La biacca, carbonato basico di piombo, era il bianco più diffuso nel Medioevo perché poco costoso. Quando
però, dall’essere usato nel settore delle Belle Arti, venne diffuso anche come componente delle vernici, ci si
rese conto degli effetti negativi che produceva e dei danni subiti dai lavoratori a causa del piombo, suo
Figura 7. Lapislazzuli afghano. Foto di Parent Géry
I pigmenti nella storia
costituente velenoso. Esso è responsabile del saturnismo, una malattia che presenta dei sintomi molto
simili alla bronchite che si riconosce dalla presenza di un orletto gengivale di colore nero. Il metallo, inoltre,
si accumula a livello del sistema nervoso centrale provocando disturbi mentali e compete con il calcio a
livello osseo determinando osteoporosi.
Gli stessi problemi causava il litargirio, ossido di piombo di colore giallo, usato dal XV al XIX secolo d. C..
Il verde smeraldo, realizzato nel 1814 dal produttore di vernici Wilhelm Sattler e dal farmacista Friedrich
Russ13, divenne presto un elemento insostituibile sia tra i pittori sia per le decorazioni di interni. La sua
originale tonalità di verde e il suo economico processo di produzione fecero passare in secondo piano il suo
tossico contenuto di arsenico. Fu il Times, nel 1860, a descrivere i pericoli legati al suo utilizzo. La leggenda
vuole che Napoleone sia morto
a causa dei vapori di arsenico
emanati dal verde smeraldo
delle pareti umide della sua
dimora sull’isola di
Sant’Elena14.
Il cinabro, solfuro di mercurio
color rosso intenso, risulta
altamente tossico per la
presenza del mercurio. Questo
metallo, infatti, causa danni al
sistema gastrointestinale,
respiratorio, nervoso, renale ed
epatico provocando una serie
di disturbi tra cui tremore,
perdita di denti, danni al
sistema epatico.
Come si può chiaramente
intuire, è stato necessario ingegnarsi per avere a disposizione pigmenti più economici, rispetto al blu
oltremare, e non dannosi per la salute dei produttori, degli artisti e dei fruitori. Nel corso della storia,
diversi sono stati i pigmenti alternativi proposti grazie allo sviluppo del settore chimico.
Famoso sostituto di numerosi pigmenti blu naturali è il Blu di Prussia. Realizzato accidentalmente nel 1704,
esso è un ferrocianuro ferrico in cui le specie Ferro (II) e Ferro (III) coesistono; le formule chimiche più
comunemente accettate sono KFeIII[FeII(CN)6] e Fe4III[FeII(CN)6]3
15. Nei primi trent’anni del 1800 si ha una
notevole produzione di pigmenti sintetici a base di cobalto, cromo, cadmio e si diffondono su vasta scala il
blu oltremare e il blu cobalto artificiali. Nel 1935 viene creato un gruppo di pigmenti completamente nuovo
13 ivi, pp. 164 – 165. 14 ibidem. 15 G. M. Negrin, Il blu di Prussia dei Gabinetti cinesi di Villa della Regina (TO); caratterizzazione e sintesi chimica di simulazione, Tesi triennale 2004-2005 – Università degli Studi di Padova, pp. 9 – 23.
Figura 8. Nella bottega del pittore erano preparati anche i pigmenti necessari. Philips Galle, A Painter's Workshop, c. 1595, Rijksmuseum, Amsterdam.
16 I pigmenti nella storia
che introduce le molecole organiche in sostituzione delle strutture metalliche: i composti organometallici di
cui il Blu Ftalocianina (CuC32H16N8) è il progenitore.
Il primo pigmento usato per sostituire la biacca è stato, nel 1782, il bianco di zinco (ZnO): non era tossico e
non scuriva dopo l’applicazione. Quest’ossido era conosciuto già al tempo dei Greci come sottoprodotto
bianco e lanuginoso della lavorazione dell’ottone e, proprio per il suo aspetto, era noto nel periodo
medioevale come lana philosophica. I vantaggi legati al suo utilizzo sono stati accompagnati da una serie di
svantaggi come il costo elevato, circa quattro volte quello della biacca16, e i lunghi tempi di asciugatura
nella tecnica ad olio. Nel corso di un secolo, grazie a nuove tecnologie chimiche di produzione e messa in
opera, questi problemi furono superati; infatti ritroviamo questo nuovo pigmento nelle opere di Van Gogh
e Cézanne. Successivamente fu affiancato dal bianco di titanio, una miscela di ossido di titanio (TiO2),
solfato di calcio (CaSO4) e solfato di bario (BaSO4) caratterizzata da una maggiore stabilità a luce e umidità.
Oggi si ricorre ai composti organici per realizzare i diversi colori come le ftalocianine metalliche (in cui
l’elemento metallico è il rame) per i blu e i verdi o i composti azoici, che contengono un gruppo diazo
(-N=N-), per i rossi e i gialli. Inoltre, nel 1953 vengono ideate le emulsioni acriliche, un tipo di pittura facile
da usare e diluibile in acqua. Esse sono costituite da piccole gocce del polimero cariche di pigmento e
disperse in acqua; via via che lo strato di vernice si asciuga, l’acqua evapora e l’acrilico diventa una pellicola
robusta ma flessibile. Una volta asciutta, la vernice risulta anche impermeabile all’acqua. I vantaggi di
questa nuova pittura sono molteplici: può dare effetti simili all’olio o all’acquerello e asciuga in breve
tempo. A tal proposito, David Hockney scrisse: “Quando usavo i colori a olio dovevo sempre lavorare
almeno a tre o quattro quadri contemporaneamente, perché allora potevo continuare a dipingere ogni
giorno… bisognava aspettare che asciugassero. Ora invece è possibile lavorare tutto il tempo a un’opera
sola”17.
Di seguito sono riportati alcuni pigmenti usati nel corso della storia con l’indicazione, oltre che del nome,
della composizione e della tecnica di utilizzo, anche del metodo di preparazione dell’epoca storica di
riferimento.
Paleolitico
Nome Glaucofane, dal greco γλαυκός φαίνεσθαι (glauco phainestai, “apparire celeste”) in
allusione al suo colore
Nome antico: Abriacanite
Composizione Silicato complesso di sodio, magnesio e alluminio con formula chimica
[Na2][Mg3Al2](Si8O22)(OH)2.
Preparazione Macinazione del minerale stesso.
Tecnica d’uso Tempera
16 P. Ball, op. cit., pp. 127 – 130. 17 Cito da P. Ball, op. cit., p. 332.
I pigmenti nella storia 17
Nome Ocra gialla, dal greco okhròs (“giallo”)
Nomi antichi: Ocria, Ocrum, Ogra, Ochra
Sinonimi: Terra Gialla, Ocra Romana, Ocra Dorata, Sile Marmoroso, Sile Attico, Ocra Spagnola, Ocra Avana,
Ocra di Oxford, Ocra Gialla di Verona, Sil
Composizione Limonite [FeO(OH)·nH2O], terra naturale, è costituita da lepidocrite (γ-FeO·OH) e goethite
(α-FeO·OH) e contiene spesso impurezze di SiO2, Fe2O3.
Preparazione Macinazione, lavaggio e asciugatura della terra.
Tecnica d’uso Affresco e tempera
Nome Terra rossa o ematite dal greco αιμα (“sangue”); infatti, secondo il filosofo greco Teofrasto
(371-287 a.C.), sarebbe sangue solidificato18
Nomi antichi: Brunus, Bularminium
Sinonimi: Oligisto micaceo, Colcotar, Terra di Pozzuoli, Rosso inglese, Sinopia, Rubrica, Terra rossa di
Verona, Rosso Ercolano, Rosso pompeiano, Terra rossa di Venezia
Composizione Puro ossido di ferro anidro con formula chimica Fe2O3.
Curiosità La Terra rossa è chiamata anche Sinopia (da Sinope, il luogo di origine sul Mar Nero), ed è
Cosa sono i pigmenti?
I pigmenti sono polveri colorate insolubili nei mezzi con cui vengono miscelate. Essi
possono avere natura organica o inorganica e possono essere naturali o sintetici a
seconda della loro origine.
I pigmenti naturali sono stati utilizzati fin dall’antichità ed erano costituiti da terre,
piante e sangue animale dispersi in mezzi come saliva o grassi animali. Essi, perdendo il
proprio significato originario, ne acquisivano uno del tutto nuovo, decorando il corpo o
le caverne.
I pigmenti sintetici o artificiali si diffondono a partire dalla seconda metà del Settecento
grazie all’avvento dell’industria chimica e mettono a disposizione dell’artista la
possibilità di sperimentare illimitate combinazioni.
I pigmenti si dividono in due classi: inorganici e organici. I primi hanno origine minerale
e possiedono una struttura cristallina ben definita; i secondi sono composti
essenzialmente da carbonio e idrogeno e costituiscono la quasi totalità delle lacche
(come l’Alizarina, che si ottiene dalle radici della robbia, o l’Indaco, ricavato dalle foglie
dell’Indigofera tinctoria).
18 Mindat - database di mineralogia, http://www.mindat.org/min-1856.html (consultato il 2 dicembre 2014).
18 I pigmenti nella storia
descritta anche dallo scrittore latino Plinio il Vecchio (23 – 79 d.C.) differenziandone le due tipologie: minus
rubra (meno rossa) e inter has media (con una tonalità di rosso intermedia).
Preparazione Macinazione, lavaggio e asciugatura della polvere ferrosa del minerale corrispondente.
Tecnica d’uso Affresco, tempera e olio
Nome Bianco di calce
Nome antico: Biancozzo
Sinonimi: Bianco di Firenze, Calce spenta, Gesso di Firenze
Composizione Idrossido di calcio con formula chimica Ca(OH)2 che, a seguito della reazione con l’anidride
carbonica, diventa CaCO3.
Preparazione Cottura del calcare a 900 °C, successiva idratazione, diluizione in acqua e infine
setacciatura.19
Tecnica d’uso Affresco e tempera
Nome Nero di carbone
Sinonimi: Nero di quercia, Nero di susino
Composizione Carbonio e impurità.
Preparazione Macinazione del carbone di quercia o di rovere.
Tecnica d’uso Affresco
dalla Cultura egizia alla Cultura greca e latina
Nome Blu egiziano
Nomi antichi: Lomentum, Cyanos sceuatos
Sinonimi: Fritta d’Alessandria, Blu pompeiano, Blu Ercolano, Fritta blu, Blu sinterizzato
Composizione Doppio silicato di rame e calcio con formula chimica CaO·CuO·4SiO2.
Curiosità Può essere facilmente confuso con l’azzurrite a causa della sua tonalità azzurra tendente al
verde. È stato il pigmento più studiato dell’antichità: già Vitruvio ne descrive la preparazione nel I secolo
d.C..
Preparazione Fusione di sabbia (silice con formula chimica SiO2), una sorgente di rame [come la malachite
con formula chimica Cu2(CO3)(OH)2 o anche rame puro], carbonato di calcio (CaCO3) e carbonato di sodio
(Na2CO3) che agisce da fondente per abbassare la temperatura di fusione della miscela. La temperatura di
fusione raggiunta non doveva superare i 1000 °C, altrimenti il prodotto rischiava di decomporsi, ed era
mantenuta a 800 °C per 10-100 ore.
Tecnica d’uso Affresco
19 G. Montagna, I Pigmenti, prontuario per l’arte e il restauro, Nardini, Firenze 1993, scheda 27.
I pigmenti nella storia 19
Nome Litargirio
Nomi antichi: Spuma argenti
Sinonimi: Giallo ossido di piombo, Giallo di piombo
Composizione Monossido di piombo con formula chimica PbO.
Tossicità Provoca il saturnismo (dal latino saturnus, simbolo alchimistico del piombo), una malattia
causata dal piombo e dai suoi composti, riconoscibile dalla formazione di un orletto gengivale nero dovuto
al metallo. Esso, inoltre, si accumula a livello del sistema nervoso centrale, danneggiandolo, e compete con
il calcio a livello osseo determinando l’osteoporosi.
Curiosità Se riscaldato a 400 °C si trasforma in minio, pigmento di colore rosso. Con riferimento alla sua
tossicità, è plausibile possa essere responsabile dei disturbi caratteriali di alcuni pittori tra cui Van Gogh e
Caravaggio o della morte di Goya, che inumidiva i pennelli con la bocca.
Preparazione Riscaldamento del piombo fuso in presenza di aria.20
Tecnica d’uso Tempera e olio
Nome Cinabro di miniera
Nomi antichi: Senauro, Cinabrum, Vermilium, Cinaprio
Sinonimi: Cinabro di mercurio, Vermiglione, Cinnabarite, Cinabro della Cina, Cinabro d’Olanda, Vermiculum,
Cinnabarium
Composizione Solfuro di mercurio con formula chimica HgS.
Tossicità A causa della presenza del mercurio, è un pigmento tossico per inalazione. I danni causati sono
a livello del sistema gastrointestinale, nervoso, respiratorio, renale ed epatico e si manifesta con diversi
sintomi tra cui tremore, disturbi motori e sensoriali e perdita dei denti.
Preparazione Se naturale, il cinabro è ottenuto dalla macinazione del minerale corrispondente che, al
tempo dell’antica Roma, proveniva dalle miniere di Almaden in Spagna sudoccidentale. Se artificiale,
invece, si ottiene da una miscela di cinque parti di mercurio e una parte di zolfo in una soluzione
concentrata di idrossido di potassio (KOH). Questa va riscaldata in un recipiente a collo stretto e, per
condensazione, il solfuro di mercurio si accumula sulla cima del recipiente che viene rotto per prelevarlo. Il
pigmento ottenuto è di colore nero, ma da una macinazione prolungata vira al rosso.
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Bianco di piombo
Nomi antichi: Cerussa, Cerussite
Sinonimi: Bianco di Kremser, Biacca, Bianco di Genova, Bianco di Londra, Bianco inglese, Bianco di Venezia,
Bianco di Kremniz, Bianco olandese, Bianco di Amburgo, Bianco di Nottinghen, Bianco d’argento
Composizione Carbonato basico di piombo con formula chimica 2PbCO3·Pb(OH)2.
Tossicità Come il litargirio, a causa della comune presenza di piombo.
20 ivi, scheda 80.
20 I pigmenti nella storia
Preparazione Se naturale, il bianco di piombo si trova in natura come idrocerussite. Se artificiale, l ’antico
processo di sintesi prevede di porre, in un locale chiuso per tre mesi, delle strisce di piombo in recipienti di
terracotta in presenza di aceto e sterco animale. L’azione combinata di acido acetico, ossigeno e anidride
carbonica (dovuta alla fermentazione dello sterco), forma il carbonato basico di piombo sulla superficie
delle strisce. In dettaglio, le reazioni che si sviluppano sono le seguenti:
Pb + CH3COOH → Pb(CH3COO)2
Pb(CH3COO)2 + CO2 + O2 → 2PbCO3·Pb(OH)2.
Le incrostazioni di bianco di piombo vengono poi raccolte, lavate ed essiccate.21
Tecnica d’uso Tempera e olio
Nome Nero fumo
Nome antico: Altramento
Sinonimi: Fuliggine, Fumo di ragne, Nero di bugia, Nero di candela, Nero di catrame
Composizione Carbonio amorfo.
Preparazione Combustione incompleta di sostanze organiche molto ricche in carbonio.
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Medioevo
Nome Blu oltremare naturale, il cui nome deriva dalla provenienza stessa del pigmento: Siria,
Palestina, Egitto, luoghi oltremare
Nomi antichi: Lazzulite, Oltra marino, Lazur, Sappheiros
Sinonimi: Lapislazzuli naturale, Bleu de Garance, Cynus schythico, Azzurro oltremarino, Azzurro di Baghdad
Composizione Allumosilicato di sodio polisolfuro con formula chimica 3Na2O·Al2O3·6SiO2·2NaS.
Curiosità Il costo del pigmento superava, talvolta, quello dell’oro a causa della difficoltà di reperimento e
di produzione.
Preparazione Si ottiene dal lapislazzuli, una roccia composta da due minerali del gruppo della sodalite
che conferiscono la colorazione azzurra: la lazurite [Na3Ca(Al3Si3O12)S] per il 25-40% e la hauynite
[Na4Ca2Al6Si6O22S2(SO4)Cl0,5]; sono spesso presenti calcite (CaCO3), di colore bianco, e pirite (FeS2) che dà le
tipiche venature dorate. Il processo di estrazione del pigmento è piuttosto complesso e prevede la
macinazione, il lavaggio della roccia e l’estrazione delle sole componenti azzurre. Successivamente si passa
ad un’ulteriore purificazione e successiva polverizzazione.
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Giallo Marte
Nomi antichi: Crocus Martis
21 P. Ball, op. cit., pp. 70 – 72.
I pigmenti nella storia 21
Sinonimi: Giallo ossido
Composizione Ossido idrato di ferro e alluminio con formula chimica Fe2O3·nH2O+Al2O3.
Preparazione Precipitazione di un sale solubile di ferro e di un sale di allume con una sostanza alcalina,
successivo lavaggio e, infine, accurata asciugatura.22
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Minio, il cui nome deriva probabilmente dal fiume Minus nel nordovest della Spagna
dove era estratto
Nomi antichi: Cerussa usta, Siricum, Stoppium, Stoium
Sinonimi: Rosso di Saturno, Rosso piombo, Secondarium minium, Rosso di Parigi, Sandraco, Sandyx,
Sarendy, Usta, Minio comune
Composizione Ossido misto di piombo con formula chimica Pb3O4 (2PbO·PbO2).
Tossicità Come il litargirio e la biacca, a causa della comune presenza di piombo.
Curiosità Era un pigmento particolarmente usato nelle miniature, infatti le parole “miniatura” e
“miniatore” derivano da qui.
Preparazione Il minio si poteva ottenere in due modi diversi: dalla calcinazione di carbonati di piombo
(come cerussite o idrocerussite) secondo la seguente reazione PbCO3 → Pb3O4 + CO2 e dall’arrostimento del
piombo metallico. In questo secondo caso, era necessario mescolare il materiale fuso in una fornace aperta
ad una temperatura di 300-500 °C, per ottenere il massicot (monossido di piombo [PbO], usato come
pigmento giallo) e il minio.
Tecnica d’uso Olio
Nome Bianco San Giovanni
Sinonimi: Bianco di Cennini, Bianco secondo Armenini
Composizione Carbonato di calcio con formula chimica CaCO3, che deriva dalla reazione tra Ca(OH)2 e CO2.
Curiosità Cennino Cennini sottolinea di non confonderlo con il semplice bianco di calce.
Preparazione Calce spenta ridotta in polvere e immersa in acqua per otto giorni, mescolando e
cambiandola ogni giorno. Successivamente formare dei piccoli panetti da asciugare al sole e macinarli.
Maggiore sarà il tempo di asciugatura, più bianco sarà il colore del pigmento ottenuto.23
Tecnica d’uso Affresco e tempera
Nome Grafite, dal greco γράφω (grafo), “io scrivo”
Nome antico: Pria negra
Sinonimi: Lapis, Piombaggine, Nero di piombo
Composizione Carbonio in forma cristallina, silice, ossido di ferro, calce, magnesio.
22 G. Montagna, op. cit., scheda 68. 23 Cennino Cennini, Il libro dell’arte a cura di Fabio Frezzato, Neri Pozza, Vicenza 2004, pp. 103 – 107.
22 I pigmenti nella storia
Curiosità La grafite è nota anche come “mica dei pittori” per il suo aspetto lamellare e per la caratteristica
di lasciare tracce su carta.
Preparazione Macinazione, purificazione e lavaggio dell’omonimo minerale.
Tecnica d’uso Disegno
Rinascimento
Nome Blu di smalto
Sinonimi: Smaltino, Vetro di cobalto, Azzurro di vetro, Blu imperiale, Blu Eschelle, Blu di Sassonia
Composizione Vetro potassico contenente potassio [SiO2 (65%), K2O (15%), Al2O3 (5%), CoO
(10%)]24.
Preparazione Fondere una miscela contenente quarzo, ossido di cobalto, carbonato di potassio con sali di
alluminio.
Tecnica d’uso Tempera, olio e affresco
Nome Giallo di Napoli
Nomi antichi: Giallorino, Giallolino
Sinonimi: Giallo minerale, Giallo di Antimonio, Giallo di Meremé, Giallo di Pinard c/s, Giallo di Thenard
Composizione Antimoniato basico di piombo con formula chimica Pb3(SbO4)2.
Preparazione Si ottiene a seguito dell’ossidazione di antimonio fuso in corrente d’aria, aggiungendo 12
parti di antimonio, 8 di minio e 4 di ossido di zinco.25
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Realgar, nome che deriva dall’arabo rahj al ghar, “polvere di miniera”
Nomi antichi: Risalgallo, Risigallo, Risigale
Sinonimi: Realgar di Orpimento, Rahjal-Gar, Sandaraca
Composizione Arsenico bisolfuro con formula chimica As4S4.
Tossicità A causa della presenza dell’arsenico, è un pigmento particolarmente tossico.
Preparazione È estratto dall’omonimo minerale.
Tecnica d’uso Tempera
Nome Biacca (vedi Medioevo)
Nome Nero carbone (vedi Paleolitico) o Nero fumo (vedi dalla Cultura egizia alla Cultura
greca e latina)
24 G. Montagna, op. cit., scheda 16. 25 ivi, scheda 69.
I pigmenti nella storia 23
26 G. M. Negrin, op. cit., p. 20. 27 Si rimanda al glossario per approfondire la ricetta. 28 G. M. Negrin, op. cit., pp. 22 – 23. 29 G. Montagna, op. cit., scheda 65. 30 ivi, scheda 123.
Dal 1700 al 1800
Nome Blu di Prussia
Sinonimi: Blu di Berlino, Blu di Amburgo, Blu minerale, Blu all’olio, Blu Diesbach, Blu Williamson,
Blu d’Anversa, Blu di Sassonia, Blu all’acqua, Blu cinese, Blu nuovo
Composizione Ferrocianuro ferrico in cui le specie Ferro (II) e Ferro (III) coesistono; le formule chimiche
più comunemente accettate sono KFeIII[FeII(CN)6] e Fe4III[FeII(CN)6]3.26
Preparazione La preparazione, seguendo la ricetta del 1724, è piuttosto lunga e complessa,27 mentre la
ricetta moderna prevede la preparazione di due soluzioni diverse: nella prima è necessario sciogliere 2 g di
ferro cloruro (FeIIICl3) in 100 mL di acqua deionizzata, nella seconda sciogliere 1 g di ferrocianuro di potassio
(K4[Fe(CN)6]) in 200 mL di acqua deionizzata. Una volta pronte, le due soluzioni devono essere unite e
lasciate riposare. Il pigmento accumulatosi sul fondo va filtrato e asciugato.28
Tecnica d’uso Tempera e olio
Nome Giallo di cadmio
Sinonimi: Giallo Brillante, Giallo aurora
Composizione Solfuro di cadmio e ossido di zinco con formula chimica CdS + ZnO.
Preparazione Se naturale, deriva dalla macinazione della greenokite, un solfuro di cadmio. Se artificiale,
si prepara a seguito della precipitazione di una soluzione di un sale di cadmio con idrogeno solforato.29
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Rosso di cadmio
Composizione Solfuro di cadmio con formula chimica CdS.
Preparazione Partendo dal nitrato di cadmio, con l’ausilio della soda Solvay, si determina la precipitazione
del carbonato che si scalda con fiori di zolfo; oppure facendo reagire il solfato di cadmio con solfuro
sodico.30
Tecnica d’uso Tempera e olio
Nome Bianco di zinco
Sinonimi: Fiori di zinco, Bianco di neve, Lana chimica, Bianco assoluto, Lana filosofica, Bianco di
china
Composizione Ossido di zinco con formula chimica ZnO.
Curiosità Questo composto era già conosciuto nel Medioevo e utilizzato dagli alchimisti con il nome di
24 I pigmenti nella storia
lana filosofica, ma mai utilizzato come pigmento. Nell’uso in pittura, cristallizza nel tempo, diviene vitreo e,
di conseguenza, tende a screpolarsi facilmente. Per questo motivo, solitamente, è bene mescolarlo con altri
pigmenti per attenuare l'inconveniente.
Preparazione In passato, era ottenuto come sottoprodotto della lavorazione dell’ottone. Industrialmente
può essere realizzato mediante due processi diversi: il metodo europeo, che prevede il riscaldamento dello
zinco metallico fino a 1000 °C facendo reagire i vapori con l’ossigeno dell’aria per determinarne
l’ossidazione; il metodo americano, invece, consiste nella torrefazione dei minerali di zinco.
Tecnica d’uso Tempera, affresco e olio
Nome Nero carbone (vedi Paleolitico) e Nero fumo (vedi dalla Cultura egizia alla Cultura
greca e latina)
1900
Nome Blu primario – Cyan, il cui nome deriva dall'inglese cyan, dal latino cyanus e questo dal
greco ky´anos “azzurro”
Composizione Colore a base di ftalocianina beta, un composto organico con formula chimica C32O18N8.
Nome Giallo primario
Composizione Colore a base di Giallo Hansa 10 G e Giallo Hansa G.
Nome Rosso primario – Magenta
Composizione Colore a base di quinacridone, una molecola organica con formula chimica
C20H12N2O2.
Curiosità Il colore magenta è stato realizzato nel 1859 da François-Emmanuel Verguin ossidando l'anilina
grezza con cloruro stannico. Questo color porpora ha avuto larga diffusione dopo la battaglia di Magenta
(1859), con riferimento al colore dei pantaloni degli zuavi francesi.
Nome Bianco di titanio
Composizione Colore a base di biossido di titanio (TiO2), solfato di calcio (CaSO4) e solfato di
bario (BaSO4).
Preparazione In passato era prodotto estraendo il titanio dall’ilmenite, un ossido di titanio e ferro, e dalla
successiva neutralizzazione e calcinazione.
Nome Nero di Marte
Composizione A base di ossido di ferro sintetico con formula chimica Fe2O3.
Preparazione Calcinazione del giallo di Marte, un ossido idrato di ferro e alluminio (Fe2O3·nH2O+Al2O3).
I pigmenti nella storia 25
Fascia di età del pubblico coinvolto Bambini dai 6 agli 11 anni.
Tempi Circa 50 minuti.
Obiettivo Far comprendere agli alunni come la pittura abbia una solida base chimica ed evidenziare
come, a partire dal 1900 e grazie all’industria chimica, l’arte sia diventata accessibile ad un maggior numero
di pittori e fruitori.
Organizzazione Il laboratorio didattico prevede un tavolo da esposizione e tre postazioni diverse attrezzate
ognuna per cinque bambini, prevedendo un gruppo di 15 bambini (Figura 9).
Allestimento del tavolo da esposizione e presentazione dei contenuti
Sul tavolo da esposizione sono presentati alcuni pigmenti, usati dal Paleolitico ai nostri giorni, per mostrare
come i materiali utilizzati siano cambiati nel corso del tempo e come la chimica abbia contribuito ad
ottenere colori più brillanti, stabili e facili da preparare. Durante la presentazione è opportuno adattare i
contenuti alla risposta del pubblico, dando priorità agli esempi pratici e più semplici.
Figura 9. In alto, il tavolo da esposizione. In basso, le tre postazioni allestite per svolgere le attività. Esse sono realizzate con due tavoli trapezoidali (o circolari), per rendere più agevole il lavoro di cinque alunni e consentire all’operatore o all’insegnante di supervisionare l’attività (sfruttando il lato “vuoto”).
31 Cito da P. Ball, op. cit., p. 31.
La chimica è l’arte di… produrre numerose sostanze artificiali
più adatte di qualsiasi sostanza naturale alle necessità di varie arti.31
William Cullen, chimico scozzese, c. 1766
Progettazione del laboratorio didattico
La tavolozza dell’artista tra passato e presente
32 A. Zecchina, op. cit., pp. 29 - 40.
Gli intervalli storici individuati sono tre:
1) dal Paleolitico al 500,
2) dal Medioevo al Rinascimento,
3) dalla metà del 1700 ai nostri giorni.
A spasso con i pigmenti nella storia
dal Paleolitico al 500
Due delle prime e più note testimonianze dell’uso
dei pigmenti sulle pareti delle caverne risalgono a
circa 15 mila anni prima di Cristo e sono
rappresentate dalle grotte di Lascaux, nel sud
della Francia, e da quelle di Altamira, nel nord
della Spagna (Figura 10). In entrambi i casi sono
raffigurati animali colorati con pigmenti
facilmente reperibili in natura: carbone, per il
nero, e ossidi di ferro [ematite (Fe2O3) e i suoi
prodotti di idratazione], per le tonalità che vanno
dal rosso al giallo.
Nel Neolitico (10 mila - 5 mila a.C.), a questi
pigmenti principali si aggiunge il bianco
[carbonato di calcio (CaCO3)] preparato dal riscaldamento e dall’essiccazione delle ossa degli animali.32
Con la civiltà Egizia (4 mila - 100 a.C.), fanno il loro ingresso nuovi pigmenti sia naturali sia artificiali. I primi
erano ottenuti dalla macinazione di minerali di rame come la malachite (verde) e l’azzurrite (blu), di solfuri
di arsenico come l’orpimento (giallo oro) e il realgar (arancio) o del lapislazzuli, roccia da cui si ottiene la
lazurite di colore blu intenso. Tra i primi pigmenti artificiali ritroviamo il blu egizio, ottenuto fondendo
sabbia, malachite, carbonato di calcio e natron, che divenne il simbolo dell’arte egizia. Notevole è anche
l’uso dei pigmenti nell’arte cosmetica: dalla polvere di galena (PbS) per tingere di nero le palpebre, all’ocra
rossa per le labbra.
I latini, successivamente, contribuiscono ad arricchire la tavolozza con minio e rosso pompeiano (entrambi
di colore rosso), stannato di piombo e giallorino (entrambi di colore giallo).
dal Medioevo al Rinascimento
Nel periodo medioevale, grazie agli esperimenti alchemici, sono prodotti nuovi pigmenti che
risultano più brillanti e duraturi di quelli precedenti; tra questi ritroviamo il vermiglione (rosso) ottenuto dal
cinabro (HgS). Inoltre, vengono riscoperte le tecniche per sintetizzare l’orpimento e il giallo piombo-stagno
di tipo II, già conosciute in passato, e valorizzati il blu oltremare e il giallorino.
Figura 10. Dipinto delle grotte di Altamira, nel nord della Spagna, realizzato con terre e nero carbone. Fonte immagine: Museo de Altamira y D. Rodríguez
28 Progettazione del laboratorio didattico
La tavolozza dei pittori rinascimentali è
costituita principalmente da biacca, giallo di
Napoli, orpimento, blu oltremare,
vermiglione, verdigris, ocre rosse e gialle e
nero carbone. Novità dell’epoca è lo
smaltino, preparato da una polvere di vetro
blu, in precedenza colorato con composti di
cobalto (Figura 11).
Nel 1600, a seguito dei numerosi scambi
commerciali nel Mediterraneo, sono
disponibili nuovi pigmenti come il giallo
indiano (giallo), la gommagutta (arancio), la
terra di Kassel (bruno).
dalla metà del 1700 ai nostri giorni
Dalla metà del 1700, la tavolozza pittorica si
rinnova e si arricchisce: nuovi colori e nuovi
modi per realizzarli fanno presto intuire i
grandi cambiamenti che avverranno di lì a
poco nel mondo dell’arte. Infatti, grazie alle nuove tecnologie e alle nuove ricerche sviluppate, la maggior
parte dei pigmenti naturali viene sostituita da quelli sintetici. Ad esempio la biacca, pigmento tossico a
causa della presenza di piombo, viene sostituita dal bianco di zinco e poi dal biossido di titanio; il blu
oltremare sintetico subentra al blu lapislazzuli, pigmento più costoso dell’oro perché proveniente da
territori all’epoca lontani da raggiungere e difficile da preparare; e così via.
Grande innovazione è, nel 1840, l’introduzione dei tubetti di stagno con i colori pronti per essere usati; fino
a questo momento ogni artista doveva provvedere da sé a prepararli.
A partire dal 1900 si dà il via al commercio dei pigmenti sintetici e l’arte diventa accessibile a tutti. In questo
periodo, aumenta il numero di artisti che possono comprare i tubetti di colore e aumentano gli acquirenti
delle produzioni artistiche di ogni genere. L’arte conosce il suo periodo di massima diffusione. Alcune classi
di pigmenti sintetici più diffusi sono le ftalocianine (per i verdi), i quinacridoni (per i rossi) e gli azopigmenti
(per le tonalità che vanno dal giallo al rosso).
Via via che la chimica si sviluppa ed acquista identità, il suo contributo all’arte diviene progressivamente più
rilevante. Diventano sempre più ampie le possibilità di creare nuovi colori in modo più semplice, economico
e, soprattutto, senza rischi per la salute.
I pigmenti e le tecnologie presentate
Ogni macroperiodo individuato è caratterizzato da analoghe tecniche utilizzate e mostra i pigmenti o le
tecnologie utili per prepararli. In particolare per
dal Paleolitico al 500: sono esposti, ridotti in povere, alcuni tra i pigmenti più diffusi tra cui le terre, il
nero carbone e il blu egiziano. In questo periodo, infatti, i pigmenti erano ricavati da risorse
Figura 11. Tiziano Vecellio, Bacco e Arianna, 1520-1523. Londra, National Gallery. Tra i pigmenti usati oltremare, malachite, biacca, verdigris, ocra, vermiglione come indicato in A. Zecchina, op. cit., p. 117.
verdigris
vermiglione
biacca
ocra
blu oltremare
Progettazione del laboratorio didattico 29
naturali, come rocce e piante, che erano semplicemente macinate, lavate ed, eventualmente,
essiccate.
Tutte le terre, tranne quelle nere, contengono minerali a base di ferro che conferiscono una vasta
gamma di colorazioni:
le terre gialle sono a base di limonite [FeO(OH)·nH2O],
le terre rosse sono costituite da ematite (Fe2O3),
le terre d’ombra presentano ossidi di manganese [derivati da pirolusite (MnO2), hausmanite
(Mn3O4)] e ferro dispersi su una base argillosa,
le terre verdi sono a base di silicati idrati di ferro, magnesio e alcali.
Il nero carbone si otteneva dal carbone da legna.
Il blu egiziano (Figura 12), invece, può
essere considerato come il primo
pigmento artificiale della storia.
Conosciuto anche con il nome di fritta
egizia, era ricavato fondendo vetro
(silice), carbonato di calcio, carbonato
di sodio (natron) e un minerale di
colore verde (spesso malachite).
dal Medioevo al Rinascimento: sono
mostrate (a solo scopo espositivo)
alcune installazioni usate per ottenere
alcuni dei pigmenti artificiali come la
biacca o il verderame. Questo è il
periodo storico in cui si svilupparono
l’alchimia e la capacità di ottenere
nuovi materiali.
La biacca, carbonato basico di piombo di colore bianco, era ottenuta seguendo un procedimento
ben preciso.
[…] si ponevano striscioline di piombo in vasi di terracotta con uno scomparto separato
per l’aceto; questi venivano poi impilati in un deposito sigillato, assieme a concime
animale. I vapori dell’aceto trasformano il piombo in acetato, mentre l’anidride
carbonica proveniente dalla fermentazione del letame si combina con l’acqua generando
acido carbonico; ciò favorisce la trasformazione di acetato di piombo a carbonato basico
di piombo.
“Colore. Una biografia”, Philip Ball
Questo pigmento bianco, in alcune occasioni, era prodotto nell’arco di un mese perché il piombo
ha la tendenza a reagire molto lentamente.33
Il verderame, acetato basico di rame di colore verde-azzurro, si preparava in un modo simile alla
biacca: si lasciavano corrodere delle lamine di rame con dell’aceto (preferibilmente caldo o solo
Figura 12. Rappresentazione della dea Nut. Le parti in azzurro sono realizzate con il blu egiziano. Fonte immagine: http://www.ancientegyptonline.co.uk/nut.html Autore: J Hill 2010
30 Progettazione del laboratorio didattico
33 P. Ball, op. cit., pp. 70 - 72. 34 Silbey, Robert J.; Alberty, Robert A.; Bawendi, Moungi G., Physical Chemstry, John Wiley & Sons 2005, pp. 752 – 753.
vapori).
dalla metà del 1700 ai nostri giorni: sono presentati tubetti di colore corredati di cartellini con
l’indicazione delle formule chimiche corrispondenti. Comincia il periodo che vede lo sviluppo di
nuove tecnologie grazie alle quali si sperimentano metodi spesso più semplici ed economici di
ottenere “il colore”. Questo concetto è veicolato al pubblico di visitatori ricorrendo a reazioni
chimiche che determinano il cambiamento del colore delle soluzioni a seconda della temperatura o
dello stato di ossidazione dei reagenti. La spiegazione scientifica sarà utile solo e soltanto
all’operatore, perché al pubblico saranno fatte notare esclusivamente le innumerevoli possibilità
cromatiche messe a disposizione dalla chimica.
Reazioni proposte durante la presentazione del tavolo da esposizione
1) Variazione di colore a seguito della reazione oscillante di Belousov-
Zhabhotinsky catalizzata da Cerio (IV)
Le reazione oscillante presentata fu scoperta e studiata da Boris Belousov, chimico russo, intorno al 1950,
che non riuscì a divulgare i risultati perché tutti i suoi lavori furono rifiutati; successivamente Anatol
Zhabhotinsky, biofisico russo, li riprese e riuscì a pubblicarli. Oggi queste reazioni sono note come reazioni
di Belousov-Zhabhotinsky.
Durante l’esperienza sperimentale sono mescolate due soluzioni, una incolore e una giallo pallido, con
formazione di una soluzione color ambra che, dopo poco, diviene incolore. Dopo una serie di aggiunte
successive (prima si aggiunge una soluzione arancione e poi una verde), il colore della soluzione passa
gradualmente da verde a blu, per poi diventare viola e, infine, rossa. Il ciclo si ripete spontaneamente per
diverse volte.34
Materiali e reagenti
Tre beute da 500 mL
Un becher da 2 L (il più alto possibile)
Agitatore magnetico con ancoretta da 5 cm
Potassio (o sodio) bromato (KBrO3 o NaBrO3)
Acqua distillata
Potassio (o sodio) bromuro (KBr o NaBr)
Acido malonico [CH2(COOH)2]
Cerio (IV) ammonio nitrato [Ce (NH4)2(NO3)6]
500 mL di acido solforico 2,7 M (H2SO4) [Per preparare 1 L di soluzione introdurre con attenzione
150 mL di H2SO4 concentrato (18 M) in 500 mL di H2O diluendo, sempre con acqua, a 1 L]
30 mL di una soluzione al 0,50% in peso di ferroina [Per preparare 100 mL di soluzione, sciogliere
0,23 g di solfato ferroso eptaidrato (FeSO4·7H2O) in 100 mL di acqua distillata e, nella soluzione così
Progettazione del laboratorio didattico 31
ottenuta, sciogliere 0,46 g di 1,10 – fenantrolina (C12H8N2)]
Note: tracce di ioni cloruro possono interferire con il meccanismo della reazione inibendo l’oscillazione;
tutta la vetreria deve essere pulita e l’1,10 – fenentrolina deve essere utilizzata nella forma libera e non
come sale idrocloruro, altrimenti sarebbe necessario modificare il peso di sostanza da utilizzare.
Procedura sperimentale
Preparazione di tre soluzioni
Soluzione A: In una beuta sciogliere 1,9 g di potassio bromato in 500 mL di acqua distillata (la soluzione
ottenuta è 0,23 M).
Soluzione B: In una beuta sciogliere 1,6 g di acido malonico e 3,5 g di potassio bromuro in 500 mL di acqua
distillata (la soluzione ottenuta ha concentrazione 0,31 M rispetto all’acido malonico e 0,059 M rispetto al
bromuro).
Soluzione C: In una beuta sciogliere 5,3 g di cerio di ammonio nitrato in 500 mL di acido solforico 2,7 M [la
soluzione di Ce (NH4)2(NO3)6 è 0,019 M].
Svolgimento
Versare le soluzioni A e B nel becher da 2 L e porlo su un agitatore magnetico, con ancoretta, azionandolo
e regolando l’agitazione in modo che si formi un vortice all’interno della soluzione. Successivamente la
soluzione assume colore ambra, a causa della formazione di bromo allo stato elementare e poi torna
incolore. A questo punto aggiungere la soluzione C e 30 mL della soluzione di ferroina.
[La concentrazione molare di questa soluzione per i diversi componenti è la seguente: BrO3- 0,077 M;
CH2(COOH)2 0,10 M; CeIV 0,0063 M; H2SO4 0,90 M e ferroina 0,17 mM]
Il colore iniziale della soluzione sarà verde, per poi passare gradualmente al blu, al viola, al bordeaux e al
rosso carminio. Dopo alcuni minuti, il colore ritornerà improvvisamente verde e ricomincerà il ciclo.
Spiegazione scientifica
Durante una reazione oscillante le quantità di reagenti diminuiscono a favore dei prodotti, che aumentano
ma, a differenza delle classiche reazioni chimiche, si osserva una variazione periodica nel tempo delle
concentrazioni degli intermedi e del catalizzatore (cerio) fino a che non si raggiunge l’equilibrio. Esempi di
reazioni oscillanti in biochimica sono la glicolisi e la respirazione cellulare. L’evidenza sperimentale di
questo tipo di reazione si ha quando gli intermedi di reazione o i catalizzatori presentano colori diversi a
seconda dello stato di ossidazione in cui vengono a trovarsi.
Le reazioni oscillanti di Belousov-Zhabhotinsky sono le più studiate e le più comprese finora. Nella reazione
considerata, che avviene usando il cerio come catalizzatore, si verifica l’ossidazione dell’acido malonico da
parte degli ioni bromato in ambiente di acido solforico diluito. Gli ioni bromato sono ridotti a ioni bromuro
mentre l’acido malonico è ossidato a diossido di carbonio e acqua. La reazione complessiva è la seguente:
+5 -1
3CH2(COOH)2 + 4BrO3- → 4Br- + 9CO2 + 6H2O (1.1)
A guidare la reazione è la differenza di energia libera fra prodotti e reagenti.
32 Progettazione del laboratorio didattico
Il meccanismo della reazione, piuttosto complesso, implica due diversi percorsi.
Percorso 1
Il percorso 1 può essere rappresentato dalla seguente ossidoriduzione:
+5 0
BrO3- + 5Br- + 6H+ → 3Br2 + 3H20 (1.2)
che prevede la riduzione degli ioni bromato da parte degli ioni bromuro quando sono mescolate la
soluzione A con la soluzione B e, come già anticipato prima, la colorazione ambra è dovuta alla comparsa
del bromo allo stato elementare (Br2).
Quando il bromo risultante reagisce con l’acido malonico (reazione 1.3), la colorazione scompare.
Br2 + CH2(COOH)2 → BrCH(COOH)2 + Br- + H+ (1.3)
Le reazioni 1.2 e 1.3 determinano una diminuzione della concentrazione degli ioni bromuro e, dopo che il
percorso 1 ha prodotto i necessari intermedi, la sua velocità diventa trascurabile e subentra il percorso 2.
Percorso 2
La reazione totale del percorso 2 è descritta in seguito:
2BrO3- + 12H+ + 10Ce3+ → Br2 + 6H2O + 10Ce4+ (1.4)
che porta alla successiva formazione di ioni bromuro.
Cerio (IV) e acido bromomalonico reagiscono liberando ulteriori ioni bromuro (Br-):
BrCH(COOH)2 + 4Ce4+ + 2H2O → Br- + 4Ce3+ + HCO2H + 2CO2 + 5H+ (1.4)
Da qui, riprende piede il percorso 1.
L’alternanza di questi due percorsi è la causa delle oscillazioni osservate. Infatti, mentre sta avvenendo il
percorso 1, gli ioni cerio sono presenti nella forma ridotta (CeIII) mentre, durante il percorso 2, sono ossidati
(CeIV). Grazie all’indicatore ferroina, è possibile apprezzare le oscillazioni: quando aumenta la
concentrazione di CeIV, il CeIV ossida il FeII della ferroina a FeIII che dona colorazione blu alla soluzione;
quando aumenta la concentrazione di CeIII, il FeIII è ridotto a FeII e il colore della soluzione diventa rosso. I
colori osservati, tuttavia, sono più complessi di una semplice oscillazione rosso – blu perché allo stesso
tempo avviene anche un cambiamento di colore dovuto agli ioni cerio: CeIII è incolore mentre CeIV è giallo.35
2) Variazione di colore per agitazione
Durante la dimostrazione, la soluzione passa da incolore a blu dopo una vigorosa agitazione a causa dello
svolgimento di due ossidoriduzioni.
Materiali e reagenti
Un pallone di vetro con tappo a smeriglio (o una bottiglia) da 1 L
Due becher da 250 mL
35 Procedura sperimentale da Shakhashiri, Bassam Z. Chemical Demonstrations: A Handbook for Teachers of Chemistry, The University of Wisconsin Press, USA 1985.
Progettazione del laboratorio didattico 33
Un contagocce
Idrossido di sodio (NaOH)
Destrosio (D-glucosio)
Soluzione di blu di metilene all’1% in peso in etanolo
Acqua distillata
Note: l’idrossido di sodio è reperibile nei negozi di ferramenta, mentre il destrosio e il blu di metilene nelle
farmacie.
Procedura sperimentale
Preparazione di due soluzioni
Soluzione A: sciogliere in un becher 8 g di destrosio in 50 mL di acqua distillata.
Soluzione B: sciogliere in un becher 4 g di NaOH in 200 mL di acqua distillata.
Svolgimento
Al momento della dimostrazione versare nel pallone la soluzione A e, in seguito, la soluzione B;
aggiungere 3-5 gocce di blu di metilene; chiudere il pallone e agitare vigorosamente: la soluzione assume
una colorazione blu intensa. Se si lascia riposare la soluzione ottenuta, questa dopo pochi minuti ritornerà
trasparente ed è possibile ripetere nuovamente l’esperimento.
Spiegazione scientifica
Durante la sperimentazione si svolgono due reazioni di ossidoriduzione che determinano la variazione di
colore.
Nel pallone, infatti, ci sono l’idrossido di sodio, che rende l’ambiente di reazione basico, il destrosio, l’acqua
e il blu di metilene, un indicatore che ha colori diversi quando si trova in forma ossidata e ridotta. Il glucosio
(destrosio), in ambiente basico, si ossida a gluconato di sodio e riduce il blu di metilene ad una forma
incolore. Mescolando vigorosamente la soluzione, l’ossigeno dell’aria presente all’interno ossida il blu di
metilene alla sua forma blu.36
N H3C
CH3
N
S
Cl
N CH3
CH3
H+, 2 e-
N H3C
CH3
N
S N CH3
CH3
H
Figura 13. Reazione di equilibrio tra la forma ossidata del blu di metilene (a sinistra) e la forma ridotta (a destra).
36 Procedura sperimentale da Immaginario Scientifico di Trieste Scienza come gioco, chimica in casa, pp. 6 – 7.
34 Progettazione del laboratorio didattico
3) Variazione di colore a seconda della temperatura
La sperimentazione mette in evidenza come la temperatura possa influire sulla colorazione di una
soluzione.
Materiali e reagenti
Un becher da 50 mL e uno da 250 ml
Provette
Portaprovette per bagnomaria e bagno di ghiaccio
Contagocce
Cannello di Bunsen
Una soluzione di ioni cobaltosi 0,4 M, ottenuta sciogliendo in acqua cloruro cobaltoso esaidrato
(CoCl2·6H2O)
Una soluzione acquosa di nitrato di argento (AgNO3) 0,1 M
Una soluzione acquosa di nitrato piomboso [Pb(NO3)2] 0,1 M
Una soluzione acquosa concentrata di acido cloridrico (HCl) al 37% in massa
Ghiaccio
Note: se non è possibile usare il cannello di Bunsen, si può sostituire con una piastra riscaldante, ma la
variazione di colore avverrà più lentamente. Inoltre, l’acqua utilizzata per preparare le diverse soluzioni
deve necessariamente essere deionizzata o distillata, altrimenti gli ioni cloruro potrebbero interferire.
Procedura sperimentale
Esperienza 1
In un becher introdurre 20 mL di soluzione acquosa di ioni cobaltosi, che presenta colore rosa dovuto allo
ione complesso Co(H2O)62+, e aggiungere gradualmente la soluzione concentrata di acido cloridrico che fa
virare la colorazione al blu, passando per il violetto.
Esperienza 2
Successivamente introdurre alcuni mL della soluzione ottenuta in una provetta e aggiungere qualche goccia
della soluzione di AgNO3 ed osservare: si forma un precipitato bianco, localmente il colore passa da blu a
rosa e, via via che la quantità di AgNO3 aumenta, la soluzione si tinge completamente di rosa.
Esperienza 3
Introdurre, in una seconda provetta, alcuni mL della soluzione blu ed aggiungere acqua ed agitare
delicatamente: la soluzione diventa rosa.
Esperienza 4
Dopo aver fatto ciò, passare ad un nuovo fenomeno. Introdurre la soluzione blu in due nuove provette
diverse e porle una in un bagno si acqua calda e l’altra in un bagno di ghiaccio: per la prima il colore non
cambia, la seconda, invece, diventa rosa.
Spiegazione scientifica
La reazione generale è la seguente:
Co(H2O)62+
(aq) + 4 Cl-(aq) (rosa) CoCl42-
(aq) + 6H2O (blu) (3.1)
Progettazione del laboratorio didattico 35
37 Procedura sperimentale da AA.VV. Chimica in laboratorio: fondamenti ed esercitazioni. Editoriale Grasso e Cotton- Wilkinson, Zanichelli, Bologna 1991.
Durante l’esperienza 1, ai fini del laboratorio presentato, si sfrutta il fenomeno della variazione del colore al
crescere della concentrazione di un reagente (in questo caso uno dei prodotti della reazione) man mano
che l’equilibrio si sposta verso destra. Dalla soluzione rosa di ioni Co(H2O)62+, si passa a quella blu
aggiungendo gradualmente acido cloridrico.
L’esperienza 2 prevede l’introduzione di qualche goccia di nitrato di argento alla soluzione blu ottenuta che
determina:
il viraggio del colore dal blu al rosa iniziale, perché la concentrazione degli ioni cloruro diminuisce e
l’equilibrio si sposta verso sinistra,
la formazione di un precipitato di colore bianco: il cloruro d’argento solido a seguito della
dissociazione del nitrato.
AgNO3(aq) → Ag+ + NO3- (3.2)
Ag+ + Cl- → AgCl(s)↓ (3.3)
Nell’esperienza 3 si aggiunge acqua alla soluzione blu determinando la ricomparsa del colore rosa: sono
favoriti i reagenti anche in questo caso.
Infine, nell’esperienza 4, si mette in evidenza come il colore della soluzione, dovuto sempre alla variazione
dell’equilibrio della reazione, cambi a seconda della temperatura. Infatti, a seguito del riscaldamento della
soluzione blu, non si notano cambiamenti mentre, dopo il raffreddamento, si assiste al ripristino della
colorazione rosa iniziale.37
4) Variazione di colore a seconda dello stato di ossidazione, il “semaforo
chimico”
Nel corso della dimostrazione, la soluzione subisce una variazione di colore (da rosso a verde) a seguito
dell’ossidazione e successiva riduzione dei componenti della miscela.
Materiali e reagenti
Un becher da 200 mL
Un becher da 500 mL
Due becher da 3 L
Una pirofila in vetro pirex per bagnomaria
Tre vetrini di orologio
Tre spatole
Due bacchette di vetro
Idrossido di sodio (NaOH)
Glucosio (C6H12O6)
Carminio d’indaco
Acqua distillata
36 Progettazione del laboratorio didattico
38 Procedura sperimentale da Immaginario Scientifico di Trieste op. cit., pp. 13 – 14.
Termometro
Piastra elettrica
Note: il glucosio può essere acquistato in farmacia mentre il carminio d’indaco presso ditte specializzate
nella produzione o distribuzione di sostanze chimiche.
Procedura sperimentale
Preparazione di due soluzioni
Soluzione A: sciogliere 3 g di NaOH in 100 mL di acqua.
Soluzione B: sciogliere 7 g di glucosio in 350 mL di acqua.
Svolgimento
Nella pirofila in pirex scaldare la soluzione B a bagnomaria fino a 35 °C e aggiungere 0,02 g di carminio
d’indaco: la soluzione diventa blu. Mescolare la soluzione B alla soluzione A: la soluzione assume colore
verde. Successivamente il colore diventerà spontaneamente viola, rosso, arancione, giallo oro. Versando la
soluzione ottenuta da un’altezza di circa 40 cm in un becher da 3 L vuoto, si ottiene nuovamente la
colorazione verde.
Spiegazione scientifica
Durante la sperimentazione si svolgono una serie di reazioni di ossido-riduzione: ogni volta che il carminio
d’indaco acquista o perde un elettrone modifica la sua colorazione.38
5) Variazione del colore a seconda del pH
Una sperimentazione semplice da realizzare, ma comunque di grande effetto scenico, è la variazione di
colore del succo del cavolo rosso a seconda del pH della soluzione.
Le foglie del cavolo rosso sono ricche di antocianine, responsabili del loro colore rosso-porpora.
Quando queste sostanze organiche sono disciolte in acqua, il colore della soluzione dipende fortemente dal
pH.
Materiali e reagenti
Un becher da 250 mL
Una serie di becher da 50 a 100 mL
Contagocce
Carta da filtro
Bacchette di vetro
Una bottiglia di vetro da 250 mL con tappo
Piastra riscaldante
Foglie di cavolo rosso
Progettazione del laboratorio didattico 37
Acqua deionizzata
Soluzioni 0,1 M di acidi e basi
Soluzioni tampone a diversi valori di pH
Sostanze ad uso domestico come acido muriatico, ammoniaca, aceto, succo di limone, acqua
minerale
Procedura sperimentale
Preparazione dell’indicatore del pH
Dopo aver sminuzzato le foglie del cavolo rosso, trasferirle nel becher, ricoprirle con acqua e portare ad
ebollizione per circa 20 minuti. Una volta pronto, lasciar raffreddare e filtrare la soluzione ottenuta
trasferendola in una bottiglia di vetro, chiuderla con il tappo e conservarla in frigorifero fino al momento
dell’utilizzo.
Svolgimento
Durante la sperimentazione, numerare i becher e versarvi circa 20 mL delle diverse
soluzioni da analizzare (se solidi, scioglierli in 20 mL di acqua). Con il contagocce
aggiungere ad ogni soluzione qualche goccia di succo di cavolo rosso e mescolare con la
bacchetta di vetro: il risultato sarà un viraggio di colore che potrà essere confrontato con
la scala cromatica di pH (Figura 14).
Spiegazione scientifica
Le antocianine sono costituite tutte dalla medesima struttura centrale (Figura
15) a cui possono legarsi residui di zuccheri o di acidi carbossilici. Il colore
delle antocianine sciolte in acqua dipende dall’acidità della soluzione.
Osservando la Figura 16, la molecola rappresentata al centro è l’antocianina
in presenza di una soluzione neutra, quale è l’acqua. Se la soluzione diventa
acida, l’antocianina acquista uno ione H+ e cambia colore, mentre se da
neutra passa a basica ne perde uno e si verifica un secondo viraggio.39
Figura 14. Scala cromatica di pH.
39Procedura sperimentale da Rubino; Venzaghi; Cozzi, LAB 56 Un indicatore acido/base "fai da te2”: il succo di cavolo rosso (scheda di laboratorio del corso online Le basi della chimica analitica), Zanichelli, Bologna 2012.
Figura 15. Struttura centrale comune alle antocianine.
H
OH
HO O H
H O
H
H
OH OH
H
H
OH
O O H
H OH
H
H
OH
O
H
H H
H
OH
O O H
H OH
H
H
OH
O
H
H
H
OH
O O H
H OH
H
H
OH
O
H + base
-H+
+ acido +H+
+ base
-H+
+ acido +H+
Figura 16. Comportamento dell’antocianina in ambiente neutro (al centro), acido (a sinistra) e basico (a destra).
38 Progettazione del laboratorio didattico
Allestimento delle postazioni
Nelle singole postazioni sono allestiti dei piccoli laboratori attrezzati con:
i pigmenti sintetici dei tre colori primari (rosso magenta, giallo, blu ciano), del bianco e del nero;
tre diversi leganti scelti per disperdere la polvere dei pigmenti (tuorlo d’uovo, olio di lino, pasta
acrilica);
tre supporti a seconda del legante utilizzato (tavoletta di legno, tela, carta).
Sono proposti, dunque, pigmenti, leganti e supporti diversi per mettere in evidenza come, nel tempo, ci
siano stati dei cambiamenti e come questi abbiano influito sulla qualità delle produzioni artistiche: anche in
questo caso la chimica ha dato il suo contributo.
I tre leganti scelti che rappresentano altrettante tecniche artistiche sono: il tuorlo d’uovo, utilizzato
principalmente nella pittura su tavola, l’olio di lino, strettamente correlato all’uso della tela, e la pasta
acrilica, usata a partire dal Novecento, che permette di ottenere una pellicola pittorica stabile, durevole e
che asciuga più velocemente.
Nei diversi gruppi di lavoro cambiano le combinazioni tra i pigmenti, i leganti e i supporti. I bambini hanno
la possibilità di ricavare il colore a partire dal pigmento in polvere, così da comprendere come ora sia molto
più comodo e facile avere a disposizione i pigmenti già pronti all’uso. Ognuno di loro potrà preparare un
solo pigmento, ma potranno scambiarli durante la sperimentazione. Usando i diversi leganti e supporti,
potranno confrontarsi sulle differenze delle tecniche utilizzate e dei risultati prodotti.
Prima fase: preparazione dei pigmenti e del supporto
Tempera all’uovo
La tempera all’uovo raggiunse il suo periodo di massima diffusione nel Rinascimento, dopodiché lasciò
progressivamente il posto alla pittura ad olio, che meglio si adattava al nuovo supporto pittorico utilizzato:
la tela.
Preparazione della pasta colorata
Per miscelare nel modo migliore il tuorlo d’uovo con il pigmento in polvere è necessario (Figura 17):
A. aprire l’uovo su un pezzo di carta assorbente al fine di conservare solo il tuorlo;
B. rompere, usando uno spillo, il sacco vitellino;
C. mescolare il contenuto del sacco vitellino con un po’ d’acqua;
D. aggiungere, se necessario, acqua distillata e, per disperdere meglio il pigmento, alcool denaturato
continuando a mescolare;
F. aggiungere alla pasta ottenuta (Figura 17.E) una uguale quantità di tuorlo d’uovo.40
Prima di passare all’utilizzo della pasta finale, lasciarne asciugare un sottile strato su una superficie e, se
dopo aver raschiato con la lama di un rasoio si ottengono dei riccioli, si può procedere. In particolare, è
utilizzato solo il tuorlo perché l’albume, privo di lipidi, renderebbe l’impasto finale cristallino e più
40 Procedura sperimentale da Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html (consultazione del 20 novembre 2014).
Progettazione del laboratorio didattico 39
difficile da lavorare, producendo una pellicola pittorica facile a screpolarsi.
Preparazione del supporto scelto: il legno
Per ottenere un buon risultato con la tecnica all’uovo, è bene utilizzare una piccola tavola di legno che va
opportunamente preparata utilizzando una miscela ottenuta aggiungendo ½ bicchiere di colla vinilica a 1 kg
di gesso e unendo la quantità d’acqua utile ad ottenere una viscosità cremosa. Questa va stesa
accuratamente, senza lasciare solchi, in due strati: dopo aver lasciato asciugare il primo, ruotare il supporto
di 90° e stenderne un secondo. Successivamente, levigare la superficie e il bordo con carta vetrata per
renderla uniforme.
Pittura ad olio
La tecnica della pittura ad olio continua ad essere diffusa tuttora per l’ottima qualità della resa cromatica. Si
ottengono infatti colori brillanti e lucenti che, con il processo di polimerizzazione del legante a seguito
dell’asciugatura, formano una pellicola pittorica durevole.
Preparazione della pasta colorata
Il procedimento che è opportuno seguire per miscelare la polvere dei pigmenti con l’olio di lino o di noci (i
due olii più diffusi in passato) può essere riassunto nelle seguenti fasi (Figura 18):
A. aggiungere poco olio al centro di una piccola quantità di polvere;
B. mescolare in modo da uniformare l’impasto;
C. se necessario, aggiungere ulteriore olio facendo attenzione ad usarne poco alla volta;
D. amalgamando la pasta, la colorazione del pigmento diventerà via via più scura e la pasta più densa
(Figura 18.E);
F. la pittura ad olio è pronta per l’applicazione.41
Preparazione del supporto scelto: la tela
La pasta ottenuta dalla polvere del pigmento e dall’olio può essere usata su diversi supporti: dalla tela (di
lino o di cotone) al legno, a patto che siano preparati per accogliere la pittura e per isolare la pellicola
Figura 17. Procedura per la preparazione della tempera all’uovo. Fonte immagine: Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html
41 Procedura sperimentale da Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html (consultazione del 20 novembre 2014).
40 Progettazione del laboratorio didattico
pittorica dal supporto, in modo che non assorba colore in eccesso.
In commercio sono disponibili piccole tele già pronte all’uso, ma di seguito è riportata la procedura da
seguire.
Dopo aver intelaiato la tela, è necessario stendere uno strato di colla vinilica carteggiando, una volta
asciutto, con una carta a grana fine. Successivamente applicare uno strato di cementite o di colore acrilico
bianco, levigarlo una volta asciutto e ripetere l’operazione una seconda volta.
Vernice acrilica
I colori acrilici sono costituiti da pigmenti e dai polimeri acrilici. Una delle loro caratteristiche più
affascinanti, per pittori e fruitori, è rappresentata dalla versatilità di utilizzo: oltre che dar luogo ad una
pellicola pittorica brillante e duratura, se diluiti fino a raggiungere una viscosità acquosa sono simili agli
acquerelli, viceversa riproducono l’effetto della pittura ad olio.
Preparazione della pasta colorata
Per la preparazione della vernice acrilica sono necessari polvere di pigmento, emulsione acrilica e acqua,
che viene utilizzata come veicolo di emulsione. Nello specifico, l’emulsione acrilica più diffusa al nostro
scopo è il Primal AC 33, l’ethyl prop-2-enoate; methyl 2-methylprop-2-enoate (C10H16O4)42. Le fasi da
seguire per la preparazione della pasta acrilica sono indicate di seguito (Figura 19):
A. aggiungere alla polvere del pigmento scelto una piccola quantità d’acqua;
B. omogenizzare la pasta con una spatola;
C. aggiungere l’emulsione acrilica;
D. miscelare la pasta ottenuta fino a raggiungere una consistenza simile a quella mostrata nella Figura
19.E;
F. applicare la vernice ottenuta sul supporto desiderato.43
Preparazione del supporto scelto: la carta
I colori acrilici possono essere applicati su carta senza particolari accorgimenti.
Figura 18. Procedura per la preparazione della pittura ad olio. Fonte immagine: Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html
42 http://www.chemindustry.com/apps/chemicals (consultazione del 27 novembre 2014). 43 Procedura sperimentale da Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html (consultazione del 20 novembre 2014).
Progettazione del laboratorio didattico 41
Seconda fase: applicazione dei pigmenti sul supporto
Dopo aver preparato i pigmenti, i bambini possono utilizzarli sui diversi supporti messi a disposizione di
ogni singolo gruppo. Tavola, tela e carta sono già pronti all’uso e riportano, sulla superficie, il disegno
semplificato di un’opera d’arte famosa da colorare. Così facendo, i tempi di svolgimento del laboratorio si
accorciano ed il risultato prodotto sarà anche suggestivo. Il personale falso d’autore potrà essere portato a
casa dai piccoli “artisti per un giorno”.
Terza fase: confronto
Al termine della sperimentazione si confrontano i diversi risultati ottenuti valutando le caratteristiche e le
differenze delle tre tecniche pittoriche. L’attenzione è focalizzata sull’uso della vernice acrilica, e sulle
grandi innovazioni apportate dalla chimica all’arte.
Presentazione del materiale illustrativo
Nella presentazione del laboratorio didattico, un elemento importante è il materiale illustrativo messo a
disposizione del pubblico. In particolare ho progettato un poster e una brochure che illustrano l’attività e i
concetti esposti. Visti il contesto e il pubblico di riferimento, il materiale cartaceo ha il vantaggio di fornire
informazioni dettagliate in modo diretto, e di aiutare, anche i più piccoli, ad individuare i concetti
fondamentali conservandone più facilmente il ricordo in memoria.
Per identificare il laboratorio, la palette di colore e il font sono comuni ai diversi formati del materiale
prodotto.
Colori La palette di colore scelta (Figura 20) contiene tre gradazioni di blu e due di arancio. Il blu è un
colore piuttosto formale che richiama i concetti di fiducia e responsabilità, quindi rassicura chi lo osserva e
ben si presta a presentare contenuti scientifici in un ambiente universitario. L’arancio, colore energico,
funge da richiamo.44 Nella scelta dei colori ho prestato attenzione all’accessibilità del poster, evitando
accostamenti di colore difficili (come il rosso/verde non visibile ai daltonici45 o tonalità con poco contrasto,
che rendono difficile la visione in condizioni di scarsa luminosità) e poco gradevoli.
Font Ho preferito un font privo di grazie che risulti più facilmente leggibile e, considerando che il
laboratorio sarà presentato in un ambiente a capienza limitata, ho usato una grandezza media.
Figura 19. Procedura per la preparazione della vernice acrilica Fonte immagine: Pigments through the Ages http://www.webexhibits.org/pigments/intro/tempera.html
44 C. Rigutto, Uso del colore, 20 aprile 2010 http://it.scribd.com/doc/30233522/Significato-Del-Colore (consultazione del 30 novembre 2014). 45 Ho applicato il tool per la verifica degli abbinamenti al seguente indirizzo http://gmazzocato.altervista.org/it/colorwheel/wheel.php (consultazione del 30 novembre 2014).
42 Progettazione del laboratorio didattico
Poster
Il poster presenta i pigmenti nel corso della storia e fornisce un utile schema riassuntivo per il pubblico, che
potrà seguire più facilmente i contenuti della prima parte del laboratorio didattico.
Dimensione 70x100 cm.
Font Per il titolo del laboratorio ho usato “Ahroni” 40 pt, per il titolo del poster “Ahroni” 72 pt, per il testo
“Verdana” 26 pt.46 Inoltre, ho inserito il titolo del laboratorio in una casella circolare in modo tale che possa
rappresentare un elemento comune ad altri eventuali poster successivi e al materiale informativo
aggiuntivo.
Contenuti “A spasso nella storia con i pigmenti” raccoglie le informazioni relative ai tre macroperiodi
individuati (dal Paleolitico al 500, dal Medioevo al Rinascimento, dalla metà del 1700 ai nostri giorni) ed è
strutturato in tre parti (Figura 21): a destra ho inserito tre produzioni artistiche, al centro del testo
descrittivo e a sinistra un pigmento esempio per ciascun colore primario (la cui tonalità è quella della
casella laterale).
Brochure
Le brochure (Figura 22), distribuite in occasione di Non è magia, è Chimica, ci daranno la possibilità di
presentare il laboratorio didattico in vista del suo futuro utilizzo in contesti diversi rispetto alla
manifestazione.
Dimensione 21x29,7 cm con due pieghe.
Figura 20. Palette di colore scelta.
RGB (50, 105, 137)
HEX #326989
RGB (129, 187, 215)
HEX #81BBD7
RGB (42, 70, 92)
HEX #2A465C
RGB (243, 172, 45)
HEX #F3AC2D
RGB (244, 104, 28)
HEX #F4681C
46 Per approfondire il tema della dimensione dei font, consultare La grandezza dei font in poster scientifici e presentazioni, sul sito internet Tutto slide http://www.tuttoslide.com/2012/01/la-grandezza-dei-font-in-poster.html (consultazione del 30 novembre 2014).
Progettazione del laboratorio didattico 43
Contenuti Nella brochure è presentato il progetto nella sua completezza, le indicazioni base sul laboratorio
didattico e le sue due fasi.
Font Per i titoli ho usato “Ahroni” 20 e 24 pt, per il testo “Corbel” 14 e 16 pt.
Figura 21. (a sinistra) Panoramica del poster progettato. Figura 22. (a destra) Panoramica della brochure progettata.
44 Progettazione del laboratorio didattico
Progettare e poter presentare un laboratorio didattico per Non è magia, è Chimica, manifestazione che
coinvolge un intero dipartimento dell’Università degli Studi di Padova, è davvero una grande soddisfazione.
Questo lavoro di Tesi ha una duplice applicazione: da un lato avrò la possibilità di comunicare la chimica
realizzando un laboratorio, dall’altro potrò fornire gli strumenti utili ad allestirlo.
Abbiamo pensato di comunicare la scienza con un laboratorio didattico perché il pubblico potesse “toccare
con mano” la chimica e vederne l’uso quotidiano. La scelta del tema, inoltre, non è stata casuale: con i
colori abbiamo da sempre una certa familiarità ed è più semplice introdurre un argomento scientifico del
tutto nuovo.
Così, dall’iniziale percorso storico sui pigmenti abbiamo messo in evidenza i vantaggi apportati dal
progresso della chimica che ha permesso di sostituire i pigmenti tossici con altri innocui, quelli costosi con
altri più economici o quelli instabili con altri più stabili e durevoli. In questa fase, il pubblico potrà osservare
i materiali presentati e non “perdersi nel tempo” grazie al poster progettato. Per evidenziare le illimitate
possibilità coloristiche oggi offerte dalla chimica, saranno riprodotte particolari reazioni che cambiano
colore.
In una seconda fase, si passa all’esperienza diretta. Ogni gruppo di visitatori sarà invitato a preparare la
propria tavolozza a partire dai pigmenti in polvere e da tre leganti diversi per evidenziare come la chimica
abbia dato, anche in questo caso, il suo importante contributo. In questa occasione ognuno si sentirà parte
attiva e potrà sperimentare il lavoro del garzone di bottega del passato.
La Tesi, inoltre, potrà essere riproposta anche in altri contesti. Dal momento che abbiamo inserito tutte le
indicazioni necessarie a livello sia di contenuti sia di materiali, si pone come un manuale di istruzioni utile a
chi voglia allestire il laboratorio progettato.
Il colore è un argomento multidisciplinare, e ciò si traduce nella possibilità di realizzare altri laboratori legati
a quello presentato. Infatti sono molteplici gli spunti di approfondimento e vanno dalla fisica all’arte, fino
alla biologia.
Ora non resta che andare in un negozio di belle arti, comprare i tubetti che preferiamo e dipingere. Perché
a tutto il resto ci ha già pensato la chimica.
Conclusioni
Catalizzatore
Sostanza che facilita ed accelera lo svolgimento di una reazione chimica. Esso non ha parte attiva nella
reazione, ma permette di raggiungere l’energia necessaria (energia di attivazione) utile alla formazione
degli intermedi e, successivamente, dei prodotti.
Polimerizzazione
Processo che prevede la formazione di un composto organico più complesso (polimero) a partire da
molecole più semplici. Durante l’essiccazione dell’olio di lino, ad esempio, si verifica il processo di
polimerizzazione, catalizzato dalla luce, che porta alla formazione di una pellicola pittorica asciutta e
durevole.
Reazioni di ossido-riduzione
Sono reazioni chimiche in cui si assiste alla modifica del numero di ossidazione, e quindi del numero di
elettroni posseduti da un elemento. Allo stesso tempo si svolge sia la riduzione di un composto sia
l’ossidazione di un altro, mediate dallo scambio di elettroni. Nelle reazioni di ossido-riduzione intervengono
sostanze o elementi rispettivamente ossidanti e riducenti, cioè capaci di accettare o di cedere elettroni alla
sostanza che si desidera rispettivamente ossidare e ridurre.
Ad esempio, la reazione Fe3+ + Cu+ → Fe2+ + Cu2+ può essere scomposta in due semireazioni Fe3+ → Fe2+ con
la perdita di un elettrone (il ferro si riduce) e Cu+ → Cu2+ con l’acquisto di un elettrone (il rame si ossida).
Reazione oscillante
La reazione complessiva può essere scritta come di seguito:
2H+ + 2BrO3- + 3CH2(CO2H)2 → 2BrCH(CO2H)2 + 2CO2 + 4H2O (6.1)
Ad “oscillare”, quindi a cambiare in concentrazione nel tempo, sono il Br-, il Ce3+ e il Ce4+ che non sono né i
reagenti né i prodotti, ma gli intermedi della reazione: ciò determina una variazione del colore della
soluzione.
Quando la reazione oscillante (6.1) è catalizzata da Ce3+, la concentrazione degli intermedi di reazione Br- e
[Ce4+]/[Ce3+] oscilla (Figura 23) e la reazione si svolge i 18 stadi elementari coinvolgendo 21 specie chimiche
diverse.47
Glossario
Figura 23. Rappresentazione grafica della variazione della concentrazione degli intermedi della reazione durante la reazione oscillante.
Viraggio
Variazione di colore di un indicatore durante una reazione.
Legante
Ai fini del presente lavoro, consideriamo il legante dal punto di vista della storia dell’arte. Esso è una
sostanza (come uovo o olio di lino) che permette al pigmento di aderire al substrato scelto.
Ricetta del 1724 del blu di Prussia48
Prima parte
Mescolare 11,34 g di tartrato acido di potassio (KHC4H4O6) con 11,34 g di nitrato di potassio (KNO3) e
detonarli (mescolare con carbone) → si ottiene carbonato di potassio (K2CO3).
Aggiungere al K2CO3, 11,34 g di sangue secco in polvere → cuocere tutto con sopra un coperchio → inizia a
bruciare e tenerlo sul fuoco fino a che non smette → aumentare il fuoco fino a che non emana un’ulteriore
fiamma → rimuovere dal crogiolo e macinare su un mortaio.
Bollire 0,11364 L di H2O → versarvi dentro la polvere precedentemente ottenuta → far bollire per 90
minuti→ filtrare il decotto → ripetere la procedura di lavaggio (compresa la bollitura) fino a purificare
dall’odore → filtrare e tenere l’acqua madre.
Seconda parte
Calcinare 2,835 g di solfato di ferro (II) idrato (FeSO4·7H2O) e dissolverlo in 1,7 dL di acqua.
Trattare con 0,11364 L di acqua bollente 22,68 g di allume di potassio idrato [KAl(SO)2]·12H2O fino alla sua
totale dissoluzione → aggiungerlo al FeSO4·7H2O → unire tutto all’acqua madre ottenuta in precedenza →
avviene effervescenza → appare un colore verde (verde-azzurro) → versare alternativamente da un
recipiente all’altro fino a che non smette l’effervescenza → lasciare a riposo → filtrare.
Mettere la sostanza rimasta sul filtro su un nuovo recipiente → aggiungervi 8,505 g o 5,67 g di spiritus salis
communis [acido cloridrico (HCl)] → appare subito il colore blu → mescolare bene e lasciare a riposo tutta la
notte per farlo depositare bene.
Il giorno dopo aggiungere una gran quantità di acqua → mescolare → decantare → ripetere l’operazione
fino a far andar via l’odore → filtrare → asciugare ad alta temperatura.
47Silbey, Robert J.; Alberty, Robert A.; Bawendi, Moungi G., Physical Chemstry, John Wiley & Sons, 2005, pp. 752 – 753. 48 G.M. Negrin, Il blu di Prussia dei gabinetti cinesi di Villa della Regina (TO); caratterizzazione e sintesi chimica di simulazione, Tesi di laurea triennale 2004-2005 – Università degli Studi di Padova, pp. 20 - 23.
48 Progettazione del laboratorio didattico
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