La dimensione intertestuale de "Los enamoramientos" di Javier Marìas

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1 Abbreviazioni bibliografiche CTB: Corazón tan blanco 1 CFM: Cuando fui mortal DTS: Donde todo ha sucedido HS: El hombre sentimental LE: Los enamoramientos LYF: Literatura y fantasma MBP: Mañana en la batalla piensa en mí MIR: Miramientos MED: Mientras ellas duermen MDT: El monarca del tiempo MI: Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables NET: Negra espalda del tiempo TLA: Todas las almas TRM1: Tu rostro mañana. 1. Fiebre y lanza TRM2: Tu rostro mañana. 2. Baile y sueño TRM3: Tu rostro mañana. 3. Veneno y sombra y adíos VE: Vidas escritas 1 Per gli estremi di pubblicazione di questa e delle altre opere, si veda la bibliografia.

Transcript of La dimensione intertestuale de "Los enamoramientos" di Javier Marìas

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Abbreviazioni bibliografiche

CTB: Corazón tan blanco1

CFM: Cuando fui mortal

DTS: Donde todo ha sucedido

HS: El hombre sentimental

LE: Los enamoramientos

LYF: Literatura y fantasma

MBP: Mañana en la batalla piensa en mí

MIR: Miramientos

MED: Mientras ellas duermen

MDT: El monarca del tiempo

MI: Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables

NET: Negra espalda del tiempo

TLA: Todas las almas

TRM1: Tu rostro mañana. 1. Fiebre y lanza

TRM2: Tu rostro mañana. 2. Baile y sueño

TRM3: Tu rostro mañana. 3. Veneno y sombra y adíos

VE: Vidas escritas

1 Per gli estremi di pubblicazione di questa e delle altre opere, si veda la bibliografia.

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1. Introduzione a Los enamoramientos

Nel 2007, conclusa l’impegnativa trilogia di Tu rostro mañana, Marías

aveva dichiarato che non avrebbe scritto altri romanzi e che si sarebbe

dedicato solo, forse, al genere del racconto: «No veo ninguna historia

en perspectiva, y en estos momentos no puedo ni imaginar la creación

de un mundo distinto al de esta novela»2.

Invece, nell’aprile del 2011 è uscito Los enamoramientos, a coronare

con puntualità perfetta i suoi quarant’anni di attività3. In Spagna il

romanzo ha riscosso un grande successo di pubblico, vendendo oltre

100.000 copie nei primi soli sei mesi4, ed è stato apprezzato anche

dalla critica: si è infatti aggiudicato il Premio Nacional de Narrativa

2012 (che l’autore ha però rifiutato) 5 ed è stato nominato libro

dell’anno da Babelia6 . A ottobre del 2011 era già stato tradotto in

2 Dichiarazione dell’autore riportata in Anónimo, Javier Marías: España es un país difícil, ingrato, del que no se puede fiar uno, «El País», 24/9/2007, http://cultu-ra.elpais.com/cultura/2007/09/24/actualidad/1190584802_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013). 3 Risale, infatti, al 1971 Los dominios del lobo. A essere più precisi, però, Marías iniziò a scrivere ancora prima. Nel 1965, infatti, scrisse il racconto La vida y la muerte de Marcelino Iturriaga che fu pubblicato su El Noticiero Universal (Barcelona, 1968) e successivamente incluso nella versione ampliata di Mientras ellas duermen (Alfaguara, 2000) e nel volume Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables (Alfaguara, 2012); inoltre, prima de Los dominios del lobo l’autore scrisse un altro romanzo, intitolato La víspera, rimasto inedito anche per sua volontà. 4 Cfr. Carles Geli, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, «El País», 20/10/2011, http://cultura.elpais.com/cultura/2011/10/20/actualidad/1319061-615_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Nel 2012, sempre solo in Spagna, ha venduto altre 32.000 copie. Cfr. Inés Martín Rodrigo, La crisis rompe el suelo bajo unos pocos best seller, «ABC», 26/12/2012, http://www.abc.es/cul-tura/libros/20121226/abci-crisis-best-seller-libros-201212241245.html (ultima consultazione: 20/6/2013). 5 Cfr. Anomino, Javier Marías rechaza el Nacional de Narrativa por ‘Los enamoramientos’, «El País», 25/10/2012, http://cultura.elpais.com/cultura/2012/04/21/actualidad-/1334998646_622912.html (ultima consultazione: 20/6/2013). 6 Cfr. Winston Manrique Sabogal, Mejor libro del año: Los enamoramientos de Marías, «El País», 22/12/2011, http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011

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diciotto lingue7.

Marías si è dunque confermato in grado di soddisfare diversi tipi

di lettori, «desde los fácilmente contentadizos hasta los más

exigentes»8, benché lui stesso abbia più volte espresso dei dubbi su

questo romanzo, che non era neanche sicuro di voler pubblicare:

No estaba nada convencido de ese libro. Nunca estoy seguro. […] Mi grado de duda con la última novela publicada, Los enamoramientos, fue mayor, hasta el punto de que le dije a mi agente: «Llama a Pilar [su editora], avísale, dile que no la va a tener como le anuncié, y que a lo mejor no la va a tener en absoluto, porque me la voy a mirar otra vez».9

Con esta obra tuve una enorme inseguridad […]. Tenía la sensación de que era un libro menor a Tu rostro mañana, o fallido. El primer sorprendido de su aceptación soy yo.10

L’opera è in continuità con la sua produzione previa e ha molti

elementi in comune con i romanzi da lui scritti a partire da El hombre

sentimental (1986), ma anche con quelli ancora precedenti. Tuttavia,

rappresenta un passo indietro, almeno rispetto a quell’evoluzione che

viene descritta da Isabel Cuñado11 come una traiettoria che in modo

lento ma costante ha portato l’autore a includere nei suoi scritti la

realtà spagnola. Partendo infatti da due romanzi come Los dominios del

/12/los-enamoramientos-de-marias-mejor-libro-de-2011.html (ultima consulta-zione: 20/6/2013). 7 Cfr. Geli, Javier Marías ficha por la prestigiosa editorial Penguin, cit. 8 Fernando Valls, El hombre de la flor de lis. De una primera lectura de Los enamoramientos, in Javier Marías. La conciencia dilatada, «Ínsula. Revista de letras y ciencias humanas», n. 785-786, mayo-junio 2012, p. 35. 9 Dichiarazione dell’autore riportata in Laura Revuelta, Entrevista a Javier Marías, «ABC cultural», 15/6/2013, http://javiermariasblog.wordpress.com/2013 /06/16/entrevista-a-javier-marias-2/ (ultima consultazione: 20/6/2013). 10 Dichiarazione dell’autore riportata in Virginia Bautista, Javier Marías. “La verdad es siempre maraña”, «Excelsior», 2/6/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com /2011/06/02/ (ultima consultazione: 20/6/2013). 11 Isabel Cuñado, El espectro de la herencia: la narrativa de Javier Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2004, pp. 17 e sgg. Cfr. anche David K. Herzerberg, A Companion to Javier Marías, Tamesis Books, Rochester (New York), 2011, p. 14.

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lobo e Travesía del horizonte, che riprendevano ambienti e motivi del

cinema nordamericano e della letteratura inglese, Marías è arrivato a

scrivere Tu rostro mañana, nel quale il tema della memoria della guerra

civile spagnola ricopre un ruolo centrale. Ne Los enamoramientos, invece,

Madrid torna a essere puro sfondo e la storia narrata di fatto «podría

transcurrir en cualquier lugar» 12 . Tuttavia, alcuni potranno essere

d’accordo nel proporre anche per questo romanzo una lettura politica,

molto simile a quella che è stata suggerita da Álvaro Fernández per

Corazón tan blanco, e che evidenzia un forte, seppur implicito, legame

con la storia nazionale:

Corazón tan blanco no habla directamente del pacto de silencio sobre los crímenes franquistas que se consolidó en la transición de la dictadura a la democracia, pero sí lo representa: la trama pone en escena la necesidad de establecer acuerdos entre partes para sostener un presente sumido en el olvido y expone largamente los peligros que se conjuran cuando esos acuerdos no están articulados y el pasado puede resurgir.13

Ne Los enamoramientos, Marías sembra abbandonare l’elemento

autobiografico che aveva cominciato a introdurre in maniera più

manifesta a partire da Todas las almas. In realtà, però, attraverso una

lettura più attenta possiamo scoprire anche qui dei riferimenti, più o

meno nascosti, alla sua persona e, anzi, si potrà vedere che il romanzo

si caratterizza per una forte dimensione autoreferenziale: l’autore

12 Come è stato scritto a proposito di Corazón tan blanco in Andony Arroyo, Madrid en las novelas de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 34, http://www.ucm.es /info/especulo/numero34/jmmarias.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Si deve comunque anche notare che Los enamoramientos è una delle poche opere dell’autore in cui l’azione si svolge interamente in Spagna e in cui mancano «episodios ingleses», come ricorda anche Fernando Valls (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 34). 13 Álvaro Fernández, Contar para olvidar. La política del olvido en Corazón tan blanco, «Nueva Revista de Filología Hispanica», julio-diciembre, n. 002, año/vol. LI, p. 529.

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infatti apre ai suoi amici (tra cui Francisco Rico, Mercedes López-

Ballesteros e Arturo Pérez-Reverte)14 dei sentieri privilegiati all’interno

della narrazione attraverso una serie di allusioni.

Anche tra i lettori comuni si crea comunque una «gerarchia di

conversazioni»15. In questo caso il terreno condiviso dall’autore e il

suo pubblico non è ovviamente biografico ma culturale: Marías sparge

infatti nel romanzo citazioni tratte dalla letteratura, dal cinema e da

varie altre fonti che regaleranno, a chi sappia riconoscerle, un senso di

soddisfazione e un affaccio privilegiato sul laboratorio dello scrittore.

14 Il dialogo segreto con Arturo Pérez-Reverte si fonda sull’uso della parola acercanza (LE, p. 227) e fa riferimento a una loro personale “missione estetica”. Infatti, come Marías racconta intervistato da Elide Pittarello (cfr. Javier Marías, Voglio essere lento. Conversazione con Elide Pittarello, Passigli, Firenze, 2010, pp. 124-125) lui e l’amico fanno parte di una commissione della Real Academia Española che si occupa di rivedere il vocabolario e principalmente di alleggerire la versione in vendita eliminando le parole di cui manca un uso documentato posteriore al 1500. Durante una seduta emerse la necessità di sopprimere la parola acercanza, la cui ultima attestazione risaliva al 1494. I due la trovarono però particolarmente bella e furono concordi nell’opporsi alla sua scomparsa, protestando fino a che il membro anziano della commissione, Gregorio Salvador, finì per cedere e acconsentì di non espungerla, a patto che essi si impegnassero a farla tornare nella lingua viva, utilizzandola nei loro scritti. Marías, prima che ne Los enamoramientos, la usò nell’articolo Guerra y crimen, pubblicato su El País il primo febbraio 2009, mentre Pérez-Reverte le diede una nuova attestazione nel suo romanzo El asedio (Alfaguara, 2010). Questa loro battaglia ha offerto alla giornalista Enrica Caretta lo spunto per lanciare anche in Italia un appello per la difesa delle parole desuete ma belle e, in particolare, di quei sessanta termini che Luca Serianni e Maurizio Trifone avevano deciso di espungere dall’edizione del 2009 del Devoto-Oli. La giornalista ha chiesto a vari personaggi famosi (tra cui scrittori, registi, scienziati, filosofi) di sceglierne una e prenderla sotto la loro tutela. Sono nate così delle «piccole autobiografie» (Cristiana de Santis, Il passadondolo e altre parole da rimettere in gioco, «La Ricerca» 19/1/2013, http://www.laricerca.loescher.it /index.php/attualita/lingua-italiana/-363-il-passadondolo-e-altre-parole-da-rimettere-in-gioco, ultima consultazione: 30/9/2013), racconti orali trascritti e raccolti nel volume: Enrica Caretta, Il passadondolo, Add editore, Torino, 2012. Per informazioni sui modi in cui vengono omaggiati Francisco Rico e Mercedes López-Ballesteros vedi infra, § 4 e § 6. 15 Sara Polverini, Tu rostro mañana di Javier Marías: la violenza dello sguardo. Tesi di laurea inedita, consultabile presso la biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Relatore: María A. Roca Mussons, correlatore: Ana Tobío Sala. Anno accademico: 2007/2008, p. 148.

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A essere premiati saranno spesso i suoi lettori più fedeli, poiché molti

di questi riferimenti intertestuali si riallacciano alla sua produzione

narrativa precedente, oppure ai suoi articoli, rinforzando l’idea di

quello che è stato chiamato “universo mariense”16.

Tra le principali novità di questo romanzo è senz’altro da

segnalare il fatto che il narratore sia una donna, María Dolz, scelta che

ha come unico precedente nella produzione dell’autore il racconto

Menos escrúpulos17. Al di là del sesso, tuttavia, questa voce narrante non

si discosta molto dalle precedenti, come ha avuto modo di sottolineare

anche lo stesso Marías:

Poco a poco la voz se fue acoplando […] y se fue asemejando un poco a las voces anteriores de mis novelas, hasta el punto de que yo creo que al final también esta narradora María Dolz exprima de estos otros narradores […] Es una mujer pero no es muy distinta de los hombres de mis anteriores novelas.18

Non è difficile, in effetti, individuare all’interno della prosa de Los

enamoramientos alcune delle caratteristiche di quelle «voces anteriores»,

come ad esempio le «colte architetture settecentesche»19 della sintassi,

le frequenti accumulazioni, il particolare uso della punteggiatura, il

sistema di echi e risonanze20 e la tendenza alla digressione. Inoltre,

16 Cfr. ad esempio, la quarta di copertina di Cuñado, El espectro de la herencia, cit. 17 Il racconto apparve per la prima volta nel 1994 (AA. VV., La condición humana. Diez relatos y un poema, FNAC, Madrid), successivamente fu incluso nella raccolta Cuando fui mortal e in Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables. In quel caso, Marías aveva dichiarato che l’uso della voce femminile era un esperimento e che non se la sarebbe sentita di scrivere molte pagine in quel modo (cfr. Marías, Voglio essere lento, cit., p. 31). 18 Intervista video del 22/12/2011 disponibile su: http://blogs.elpais.com/papeles-perdidos/2011/12/los-enamoramientos-de-marias-mejor-libro-de-2011.html (ultima consultazione: 20/6/2013). La trascrizione è mia. 19 Gabriele Morelli e Danilo Manera, Letteratura spagnola del Novecento, Mondadori, Milano, 2007, p. 252. 20 È l’autore stesso a usare questa espressione in un’intervista per indicare quelle frasi che ricorrono più volte all’interno dei suoi romanzi, in forma identica o

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anche lei, come gli altri narratori è «una persona pensativa y reflexiva,

con una gran actitud para meditar sobre los asuntos y una gran

capacitad lógica»21.

Oltre al linguaggio, María Dolz condivide con alcuni dei

precedenti narratori anche il ruolo svolto all’interno delle vicende che

racconta: un ruolo passivo e di mera osservazione degli avvenimenti,

di fatto assai simile a quello del lettore di fronte al testo. Anche per lei

si potrà sicuramente parlare di figura voyeurista, come si è fatto ad

esempio per Juan di Corazón tan blanco e per Víctor di Mañana en la

batalla piensa en mí 22. Non a caso, la prima cosa che María ci racconta

di sé è il fatto di avere come passatempo quotidiano quello di

osservare, «no a hurtillas pero con discreción»23 , due coniugi felici

(Miguel Dervene e Luisa Alday) che fanno sempre colazione nel suo

stesso bar e che tra sé e sé lei chiama “la pareja perfecta”.

lievemente modificata: «In my novels there is what I call a system of echoes or resonances. A sentence reappears, sometimes with a variation. I try not to make it just a repetition but an illumination of the previous occasion in which it appeared.» (Sarah Fay, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190, interview with Javier Marías, «The Paris Review», www.theparisreview.org/interviews/5680/the-art-of-fiction-no-190-javier-marias, ultima consultazione: 20/6/2013). 21 Andrea Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea. Tesi di laurea inedita. Università Ca’ Foscari di Venezia, Relatore: Elide Pittarello, correlatore: Enric Bou Maqueda. Anno accademico 2011/2012, http://dspace.unive.it/bi-tstream/handle/10579/2291/815491-1165377.pdf?sequence=2 (ultima consulta-zione 19/9/2013), p. 120. 22 Cfr. ad esempio Alfonso de Toro, El arte de escribir. La infinita soledad del narrador o el mundo desde adentro: ver, escuchar y cavilar in Alfonso de Toro e Dieter Ingenschay (bajo la dirección de), La novela actual española. Autores y tendencias, Edition Reichenberge, Kassel, 1995; Encarnación García de León, Javier Marías: mirón, testigo, descriptor y relator de historias, Actas del XIV Congreso de la Asociación Internacional de Hispanistas, New York, 16-21 de Julio de 2001, pp. 221-229. Parla in questi termini di María, ad esempio, Óscar López in un’intervista all’autore (Página 2, puntata del 27/4/2011, http://www.rtve.es/television /20110427/enamoramie-ntos-javier-marias-pagina-2/427906.shtml, ultima con-sultazione 6/9/2013). 23 LE, p. 13.

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Questi sposi – la cui felicità coniugale rappresenta un unicum

nell’opera dell’autore24 – insieme al loro amico Díaz-Varela, saranno i

veri protagonisti del romanzo, se con protagonista si vuole intendere il

principale agente dell’azione narrata.

Il romanzo si apre in medias res con la morte di Deverne – il che

ci ricorda i tragici incipit di Corazón tan blanco e Mañana en la batalla

piensa en mí 25 – una morte violenta ma “imbecille”26: l’uomo infatti è

stato ucciso per errore da un mendicante che l’aveva scambiato per un

altro. Come si avrà modo di dimostrare, per descrivere questa morte

l’autore si è ispirato a un fatto di cronaca avvenuto nel 2004,

incorporando così la realtà nella finzione e confondendo i confini

dell’una e dell’altra.

Le condoglianze offrono a María l’occasione di parlare con la

vedova, annullando per la prima volta quella distanza da cui l’aveva a

24 Benché questa coppia sia assai diversa da quelle che appaiono in Corazón tan blanco e Tu rostro mañana, la riflessione che emerge da Los enamoramientos circa l’istituzione del matrimonio non si discosta da quella presentata nei precedenti romanzi. In particolare, María nutre sulla convivenza perplessità identiche a quelle che provano Juan e Jacobo nei confronti della vita di coppia (queste perplessità sono condivise anche dall’autore. Cfr. Elide Pittarello, Entrevista con Javier Marías, Debolsillo, Barcelona, 2006, p. 38). Infatti, ciò che più stupisce la narratrice della relazione tra Deverne e Luisa è la loro gioia di stare insieme nonostante la ripetitività della loro vita: «hablaban sin parar y se divertían y estimulaban, como si acabaran de encontrarse o incluso de conocerse, y no como si hubieran salido juntos de casa, y hubieran dejado a los niños en el colegio, y se hubieran arreglado al mismo tiempo ―acaso en el mismo cuarto de baño―, y se hubieran despertado en la misma cama, y lo primero que cada uno hubiera visto hubiera sido la descontada figura del cónyuge, y así un día tras otro desde hacía bastantes años» (LE, p. 15). 25 Come è stato notato (cfr. Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp. 120-121), tuttavia, si rileva un’importante differenza tra l’incipit di questo ultimo romanzo e quello delle opere precedenti, incluse quelle citate. Infatti, ne Los enamoramientos la narrazione non comincia con una delle solite digressioni, il lettore viene invece immediatamente introdotto nel pieno della vicenda. 26 «lo último de lo que se debió de dar cuenta fue de que lo acuchillaban por confusión y sin causa, es decir, imbécilemente» (LE, p. 11). Ricordiamo che in Mañana en la batalla è presente una lunga lista di possibilità di modi ridicoli in cui si può morire (vedi MBM, p. 15).

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lungo ammirata. A casa Deverne, conosce anche Díaz-Varela, con il

quale inizia una relazione che lei vorrebbe essere amorosa, ma che per

lui rappresenta solo un passatempo poiché è in realtà profondamente

innamorato di Luisa.

Un giorno María, nel torpore che segue il coito, sente l’amante

discutere con un altro uomo, un certo Ruibérriz de Torres, in una

stanza a fianco; ben presto risulta chiaro che stanno parlando

dell’omicidio di Deverne, nel quale sono implicati e che non appare

più affatto casuale: probabilmente, pensa la narratrice, è stato

architettato da Díaz-Varela per poter avere Luisa. Questo episodio

offre all’autore lo spunto per una serie di riflessioni su un tema a lui

caro, quello del peso e del pericolo della conoscenza, nonché della sua

irresistibile tentazione27.

Dopo molte indecisioni, María decide di entrare nella stanza

dove si trovano i due, fingendo però di non aver udito niente.

Seguono giorni di silenzi, Díaz-Varela non la chiama e lei, nonostante

la nostalgia, si accorge di provare quasi sollievo. Infine però lui la

invita a casa sua, con una certa urgenza. Ha capito, infatti, che è al

corrente dell’avvenuto e vuole darle delle spiegazioni: architettare

l’omicidio di Deverne sarebbe stato per lui un tragico atto di

generosità nei confronti dell’amico, poiché questi gli aveva confessato

27 «Basta saber que no se quiere que escuchemos para hacer todo lo posible por enterarnos, sin caer en la cuenta de que a veces se nos ocultan las cosas por nuestro bien, para no decepcionarnos o para no involucrarnos, para que la vida no nos parezca tan mala como suele ser.» (LE, p. 195), «[…] estuve a punto de retirarme de la puerta para no oír más y así poder convencerme luego de que había oído mal o de que en realidad no había oído nada. Pero siempre sigue uno escuchando, una vez que ha empezado, las palabras caen o salen flotando y no hay quien las pare» (ivi, p. 200), «La tentación de oír no se resiste, aunque nos demos cuenta de que no nos conviene» (ivi, p. 203). Per un’analisi di quest’episodio del romanzo, si veda: Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp. 122 e segg.

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che stava morendo a causa di una malattia che a breve avrebbe iniziato

a devastargli il volto e a provocargli insopportabili sofferenze. Lui

stesso lo avrebbe implorato di ucciderlo, perché non aveva il coraggio

di farlo da solo. María però non sa se credere alla versione di Díaz-

Varela. La loro relazione si interrompe, ma lei non reagisce in alcun

modo: non parla con Luisa, non lo denuncia alla polizia.

Due anni dopo, in un ristorante, vede Luisa e Díaz-Varela seduti

ad un tavolo e scopre che si sono nel frattempo sposati. Il romanzo si

chiude come si è aperto, «el círculo parece cerrarse»28: la narratrice

osserva una coppia, che questa volta però difficilmente potrà apparirle

perfetta, giacché «todas la páginas de la novela […] no han tenido otro

objetivo más que poner en duda la perfección de ese rencuentro»29.

Il finale è quindi aperto e lascia il lettore pieno di incertezze:

Díaz-Varela è carnefice o amico fidato? E Deverne è vittima o

coraggioso artefice del proprio destino? I lettori di Corazón tan blanco

arriveranno forse anche a chiedersi se persino Luisa abbia avuto un

ruolo nell’omicidio, come lo ebbe Teresa in quello della prima moglie

di Ranz, sussurrando le parole «Nuestra única posibilidad es que en día

se muriera ella»30.

Tutti gli eventi che costruiscono l’impalcatura fattuale del

romanzo vengono raccontati alla narratrice da altri personaggi;

nessuna informazione è quindi di prima mano e può sempre essere

messa in dubbio. Persino i giornali sono discordanti circa i dettagli

della morte di Deverne31 e nell’opera non mancano riflessioni esplicite

sul fatto che conoscere la verità sia un’impresa impossibile: «La verdad

28 Jorge Volpi, Los enamoramientos: un diálogo plátonico de Javier Marías, «Claves de razón práctica», n. 214, 2011, p. 73. 29 Ibidem. 30 CTB, pp. 369-370. 31 «Las versiones de la prensa diferían en algunos detalles» (LE, p. 46).

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no es nunca nítida, sino que siempre es maraña» 32 . A questa

relativizzazione del concetto di verità, corrisponde anche

l’impossibilità di esprimere un giudizio etico fermo su qualsiasi

personaggio: come per Corazón tan blanco, possiamo affermare che «la

historia carece de moraleja, excepto la de la máxima incertidumbre de

la existencia»33.

Infatti, sebbene dopo la pubblicazione l’autore abbia dato una

lettura morale del romanzo, descrivendolo quasi come una denuncia

contro l’impunità 34 e confermando in qualche modo la validità

dell’interpretazione in chiave politica a cui si è accennato, a noi sembra

che nell’opera si rifugga da qualsiasi giudizio manicheo, andando

piuttosto ad analizzare quali possono essere le condizioni che portano

gli uomini a divenire assassini o omertosi. Marías stesso, d’altra parte,

32 Ivi, p. 380. L’inconoscibilità della verità (e la messa in crisi del suo stesso concetto) è un tema centrale della poetica di Marías. A partire dal suo secondo romanzo Travesía del horizonte, infatti, l’autore «turned the question of doubt and indecision into part of the narrative method and the story itself» (Javier Marías, Eight Questions for Javier Marías. Voyage Along the Horizon, Believer Books, San Francisco, 2006, p. 181). Come scrive Elide Pittarello, egli «reduce la razón a la voluntad de tener razón y rebaja la verdad a un conjunto de ficciones –en el sentido etimológico de moldeados, inventos, imágenes, figuras–» (Elide Pittarello, Contar con el miedo, in AA. VV., Javier Marías. La conciencia dilatada, cit., p. 12). Riflessioni esplicite su questo tema attraversano tutta la sua opera (cfr. ad esempio MDT, p. 80: «[…] la verdad sólo es posible como presente y […] una vez que ha dejado de serlo para convertirse en pasado, deja asimismo de ser verdad para verse sustituida por la del nuevo presente, por la del momento siguiente»; CTB, pp. 294-295:«La verdad nunca resplandece, como dice la fórmula, porque la única verdad es la que no se conoce ni se transmite, la que no se traduce a palabras ni a imágenes, la encubierta y no averiguada»; TRM 1, p. 243: «La verdad, la verdad. La verdad es lo que sucede, la verdad es cuando pasa como quiéren que se la diga ahora. Antes de suceder no se conoce […]. Y ni siquiera después, tantas veces. Y a veces ni siquiera pasa. No sucede, la verdad.»). 33 Elide Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido»: Javier Marías y Corazón tan blanco, in CTB, p. 69. 34 Vedi ad esempio il discorso per la consegna del Premio Nonino (Javier Marías, Innamoramento e impunità, in Antonio Motta (a cura di), Javier Marías. Quarant’anni di libri, «Il Giannone», n. 17, gennaio-giugno 2011). Vedi infra, n. 122.

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ha in più occasioni sottolineato il suo diverso atteggiamento quando

parla in qualità di scrittore e quando come cittadino:

Non mi sembra per niente concepibile o per niente interessante […] un tipo di romanzo in cui si emetta un giudizio, questo non ha niente a che vedere con la letteratura. I giudizi morali, per esempio. Io li emetto spesso nei miei articoli di giornale, come cittadino. Ma quando scrivo romanzi non sono un cittadino.35

L’autore sembra infatti sfruttare le proprie opere per mettere in

discussione quelle che sono le nostre più radicate certezze etiche,

arrivando ad esempio a farci dubitare che l’amore sia necessariamente

un sentimento positivo. Come lui stesso ha dichiarato, ne Los

enamoramientos si mostra infatti «que en el estado de enamoramiento

hay gente noble que se comporta con gran vileza. Por estar con esa

persona que nos provoca debilidad somos capaces de cometer actos

atroces»36.

È così che si spiega anche il titolo dell’opera, il quale, seppur ben

commerciabile e in grado di «captar la atención de los lectores más

perezosos» 37 , avrà sicuramente creato delle perplessità nell’autore,

come aveva fatto anche quello di Corazón tan blanco38. Proprio come in

35 Marías, Voglio essere lento, cit., p. 36. 36 Dichiarazione dell’autore rilasciata durante un’intervista alla fiera del libro di Siviglia e riportata in Charo Ramos, Javier Marías antes la impunidad, «Diario de Sevilla», 24/5/2011, http://www.diariodesevilla.es/article/ocio/983649/javier/marias/ante/la/impunidad.html (ultima consultazione: 20/6/2013). Vedi anche quest’altra dichiarazione dell’autore: «amare non ha nessun merito, amare non è bello di per sé. Si usa spesso come palliativo e come attenuante. Amare, di per sé, non è né bello né brutto, può essere stupendo, e può essere un orrore» (Marías, Voglio essere lento, cit., p. 39). 37 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Elide Pittarello definisce il titolo “halagador” (Elide Pittarello, Prólogo, in Javier Marías, Los enamoramientos, Mondadori, Barcelona, 2013, p. 10). 38 La parola “corazón” non lo convinceva del tutto. Cfr. Óscar López, Javier Marías. El hombre de moda, «Qué leer», n. 14, septiembre 1997, pp. 34-38,

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quel caso, conclusa la lettura, il titolo perde il suo aspetto melenso,

subendo una trasformazione che inaspettatamente lo tinge di toni

nefasti.

Nelle molte digressioni che occupano gran parte delle pagine del

romanzo si esplorano anche altri temi, senza mai offrire risposte, ma

solo suggerendo domande: i morti hanno diritti sulle nostre vite?

Come ci si deve comportare se si è al corrente di un terribile segreto?

Dovremmo marchiare i colpevoli con la “flor de lis”, il marchio

dell’infamia? È lecito «perturbar el universo»39? Per il ruolo centrale

che queste riflessioni ricoprono all’interno dell’opera, Francisco Rico

l’ha descritta un ensayo-ficción40.

A fare queste digressioni non è solo María, la quale, per il suo

ruolo di spettatrice, tende spesso a cedere la parola ad altri personaggi.

Nella seconda e nella terza parte del romanzo, infatti, molte pagine

sono occupate dai suoi dialoghi con Díaz-Varela che sono spesso

piuttosto dei monologhi di quest’ultimo; nella prima, è invece Luisa a

fare a volte le veci della narratrice. È però il caso di notare che è

sempre la stessa voce che parla attraverso tutti questi personaggi:

http://www.javiermarias.es/PAGINASDEENTREVISTAS/QueLeerSeptiembre97.html (ultima consultazione: 20/6/2013) e l’articolo Shakespeare indeciso, in LYF. 39 LE, p. 397. 40 Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011, http://elpais.com/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html (ultima consultazione: 20/6/2013). L’autore ha però rifiutato questa definizione: «No estaría muy de acuerdo con que mis novelas sean eso, incluyo muchas digresiones, pero procuro no olvidar que escribo eso, novelas. Y una novela es una representación con personajes y conversaciones. Lo que sí tienen mis novelas es lo que yo he llamado en ocasiones “pensamiento literario”.» (dichiarazione dell’autore riportata in Angélica Gallón Salazar, El enamoramiento es un azar, no un destino, «El espectador», 1/7/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com /2011/06/02/, ultima consultazione 6/9/2013). Quest’affermazione ci pare da mettere in relazione con un passo del romanzo in cui María dice «Díaz-Varela había dejado alguna frase inacabada o medio en el aire, había titubeado, había estado tentado de hacer digresiones de sus digresiones, se había frenado; no quería discursear, pese a su tendencia, sino contarme algo» (LE, p. 309).

15

questi sono infatti Javier Marías, o meglio: «nunca Javier Marías, sí su

figura, su imagen, su voz literaria»41. Tutti loro, come nota Fernando

Valls, sono «un vehículo para la exposición de las ideas del autor y el

desarrollo de sus conjetura, de su pensar literariamente»42.

«La intenciones literarias de Javier Marías son siempre

explícitas» 43 e anche ne Los enamoramientos tra i molti excursus non

mancano considerazioni metaletterarie che ci permettono di

individuare nell’atto stesso della narrazione «el fin último» del

romanzo, la sua «misma esencia»44.

L’autore ci offre, infatti, un’analisi dello stile elocutorio di Díaz-

Varela – ossia del proprio – concentrandosi principalmente sulla sua

tendenza alla digressione 45 , sull’uso delle fonti 46 e sulle difficoltà

41 Pozuelo Yvancos e José María, Figuraciones del yo en la narrativa. Javier Marías y E. Vila-Matas, Universidad de Valladolid-Cátedra Miguel Delibes, Valladolid, 2010, p. 81. 42 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 33. 43 Elide Pittarello, Negra espalda del tiempo: instrucciones de uso in Martin Steenmeijer (bajo la dirección de), El pensamiento literario de Javier Marías, Rodopi, New York, 2001, p. 125. 44 Sandra Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno 2002, p. 40. Cfr. anche Antonio Sobejano-Morán, Aspectos metafictivos en la narrativa da Javier Marías, in Steenmeijer, El pensamiento literario de Javier Marías, cit., pp. 59-65. 45 Solo per fare due esempi: «Dentro de todo, procuraba ir al grano, y tuve la sensación de que, si aun así se espaciaba, no era contra su voluntad y porque no pudiera evitarlo, sino que buscaba algo con ello, quizá envolverme y acostumbrarme más a los hechos» (LE, p. 310), «Tenía una fuerte tendencia a disertar y a discursear y a la digresión, como se la he visto a no pocos escritores de los que pasan por la editorial[…] mientras peroraba no podía apartar los ojos de él y me deleitaban su voz grave y como hacia dentro y su sintaxis de encadenamientos a menudo arbitrarios, el conjunto parecía provenir a veces no de un ser humano sino de un instrumento musical que no transmite significados, quizá de un piano tocado con agilidad» (ivi, p. 165). 46Ancora, solo a titolo di esempio: «[Díaz-Varela] Desde luego tenía labia y a mí me encantaba escucharlo, me hablara de lo que me hablara y aunque me relatase una historia vieja de Balzac que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada, seguramente sí interpretada o tal vez tergiversada» (LE, p. 159). In questo altro caso parla lo stesso Díaz-Varela: «Lo que pasó es lo de menos. Es una novela, y lo que ocurre en ellas da lo mismo y se olvida, una vez terminadas. Lo interesante son las posibilidades e ideas que nos inoculan y traen a través de sus casos

16

espressive date dall’impossibilità di ricordare e raccontare47. Ripropone

inoltre, anche all’interno de Los enamoramientos, le sue consuete

riflessioni sul rapporto tra realtà e finzione48. In particolare, in questo

romanzo l’autore insiste, in maniera sia implicita che esplicita,

sull’impossibilità di conoscere la realtà attraverso i suoi racconti, non

solo perché essi sono viziati dalla soggettività di chi li sta facendo, ma

anche – e soprattutto – perché le parole sono un mezzo insufficiente

per riprodurla. Così, quando il presente smette di essere tale e si

trasforma in ricordo, entra a far parte della biblioteca delle narrazioni,

confondendosi con le tracce che hanno lasciato in noi i libri che

abbiamo letto e i film che abbiamo visto.

Quest’assimilazione di realtà e finzione giustifica anche il fatto

che i personaggi de Los enamoramientos ricorrano a opere letterarie per

decifrare il mondo che li circonda, offrendo allo scrittore la possibilità

di dare sfogo alla sua vena bibliofila e di proporre degli inviti alla

lettura. Il romanzo, infatti, è caratterizzato da una struttura a scatole

imaginarios, se nos quedan con mayor nitidez que los sucesos reales y los tenemos más en cuenta» (ivi, p. 166). 47 «[Díaz-Varela] También había empezado a mezclar tiempos verbales, presente de indicativo, pretérito indefinido e imperfecto, como le ocurre a veces a quien revive una mala experiencia o se está recontando un proceso del que sólo cree haber salido y no es cierto» (LE, p. 327). 48 «Todo se convierte en relato y acaba flotando en la misma esfera, y apenas se diferencia entonces lo acontecido de lo inventado. Todo termina por ser narrativo y por tanto por sonar igual, ficticio aunque sea verdad» (LE, p. 331), «[…] se depende siempre de quien nos cuenta algo, éste decide por dónde empieza y cuándo para, qué revela y qué insinúa y qué calla, cuándo dice verdad y cuándo mentira o si combina las dos y no permite reconocerlas, o si engaña con la primera como se me había ocurrido que quizá estaba él haciendo; no, no es tan difícil, basta con exponerla de manera que no se crea, o que cueste tanto creerla como para acabar desechándola. Las verdades inverosímiles se prestan a eso y la vida está llena de ellas, mucho más que la peor novela, ninguna se atrevería a dar cabida en su seno a todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún discurren. Resulta bochornoso que la realidad no imponga límites» (ivi, p. 309).

17

cinesi per cui all’interno dello stesso vengono incastonate e

commentate anche altre opere.

A dimostrare la centralità dell’atto della narrazione non sono solo

le riflessioni metaletterarie o la descrizione di circostanze che

evidenziano i pericoli di ascoltare o fare una narrazione, ma anche

tutta un’altra serie di espedienti frequentemente sfruttati dall’autore

per questo scopo. Uno di questi è la struttura stessa dell’opera, che,

come si è notato, ha una natura digressiva ed è retta da quello che

Francisco Rico definisce un «narrador centrípeto»49. Una struttura di

questo tipo individua non nei fatti ma nella stessa voce narrante «el

argumento último dell’opera»50: il fatto che si racconti, il modo in cui

lo si fa, diventa così più importante di quello che si sta raccontando.

Come in altre opere dell’autore, anche in questo caso poi sono

indicativi i mestieri dei personaggi, collegati al linguaggio e al mondo

dei libri (ricordiamo tra i narratori precedenti professori di letteratura,

scrittori fantasma, interpreti): María lavora per una casa editrice e ha a

che fare con vari scrittori, Luisa è insegnante di letteratura inglese,

Francisco Rico, che compare come personaggio secondario, è un

filologo; non sappiamo quale sia il lavoro di Díaz-Varela, ma la

narratrice sembra suggerire che potrebbe anche lui occuparsi di lingua

o letteratura: «tenía labia y vocabulario, su pronunciación en inglés era

buena sin afectación, lo que decía no era hueco e iba trabajado, me

pregunté a que se dedicaría»51.

Come notato da Francisco Rico, infine, il linguaggio usato

dall’autore rappresenta, attraverso una serie di titubanze, il fatto che

49 Francisco Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, Real Academia Española, Madrid, 2008, p. 48. 50 Ibidem. 51 LE, p. 137.

18

«la realidad se le resiste»52, esso è cioè specchio dell’impossibilità di

raccontare. Adempiono a tale scopo, ad esempio, l’incertezza

cervantina sul nome di Miguel (Deverne o Desvern) 53, le indecisioni e

le correzioni 54 , le enumerazioni con varianti 55 , l’aggettivazione

multipla56.

Ai meccanismi individuati dallo studioso, aggiungeremmo anche

il frequente uso di espressioni come «por así decir», «quiero decir»,

«cómo decir».

Manca, invece, ne Los enamoramientos una più esplicita

autocoscienza della narrazione, che troviamo in altre opere dell’autore

come El hombre sentimental, Todas las almas o Negra espalda del tiempo: la

narratrice non spiega, infatti, le ragioni che l’hanno spinta a raccontare

52 Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 49. 53 Alexis Grohmann, analizzando l’incertezza del narratore circa il modo in cui si debba scrivere il nome di uno dei personaggi di Travesía del horizonte (Holden Branshaw o Hordern Bragshawe), nota come questa «buscada indeterminación» (Alexis Grohmann, Literatura y trastorno o la alegoría de la narración en Javier Marías, «Iberoamericana», vol. 8, n. 30, 2008, p. 67) tenda a ricorrere anche nelle opere successive dell’autore (si pensi in particolare a Tu rostro mañana, ma anche a El siglo) e individua anche due importanti predecessori: oltre al già ricordato Cervantes (Quijote, Quijada, Quijana, Quesada, Quijano, Quijótiz) anche Benet, nella cui opera la “polinomia” è un elemento ricorrente (ad esempio, in Volverás a Región per riferirsi ad uno stesso personaggio l’autore usa i nomi di Rumbal, Rombal, Rubal, Robal e Rumbás). 54 «[…] en orden, o si se prefiere en armonía» (LE, p. 12), «[…] compartía con ellos el desayuno, quiero decir a distancia» (ibidem), «Se convirtieron casi en una obligación. No, la palabra no es adecuada para lo que nos proporciona placer y sosiego. Quizá en una superstición, aunque tampoco» (ibidem), «sentarse o más bien dejarse caer» (ivi, p. 56). 55 «el mundo está lleno de imprudencia, peligros, amenazas y mala suerte» (LE, p. 50), «no parecía haber publicado ninguna necrológica de Deverne in ningún sitio, ninguna rememoración o evocación escrita por un amigo o compañero o colega, ninguna semblanza» (ivi, p. 51) 56 «su mirada era viva, sosegada y alegre» (LE, p. 19), «las cuchilladas habían sido tan furiosas, tan sañudas y seguidas –y por lo visto tan certeras–» (ivi, p. 47), «la manera de morir, infame y absurda, o cómo decir, teñida además de miseria» (ivi, p. 53).

19

la sua storia, né il momento in cui lo fa57 e a chi si rivolge. Possiamo

tuttavia ipotizzare che la narrazione rappresenti una sorta di diario

scritto con la funzione di «fijar y extrañar el hecho»58 e attraverso cui si

produce una «desrealización de lo narrado»59: quasi un atto psicomagico60,

metaforicamente rappresentato all’interno del romanzo dalla decisione

di María di dare alle stampe un’edizione de Le Colonel Chabert, opera di

cui tanto le aveva parlato Díaz-Varela, per liberarsi del suo legame con

lui:

[…] conjuré el peligro asumiéndolo, haciéndole frente en seguida. […] A los pocos meses estaba en las librerías y yo me deshice así de su sombra […] Me acordé de ella cuanto hacía falta, mientras la editábamos, y luego ya pude olvidarla.61

Come speriamo sia emerso da questa introduzione, Los enamoramientos

offre numerosi spunti di riflessione; abbiamo scelto di dedicare questo

lavoro a uno degli aspetti che ci sembrano più rilevanti, ossia alla sua

dimensione intertestuale. Prima di addentrarci nell’analisi, ci pare

tuttavia necessario fissare dei più precisi confini del campo di indagine

e stabilire una metodologia di ricerca: a questo mira il capitolo

seguente.

57 Secondo Fernando Valls la narrazione non sarebbe stata fatta in un unico momento, ma via via nel corso del tempo, man mano che gli eventi avevano luogo. Questo giustificherebbe anche la ridotta dimensione della quarta e ultima parte del romanzo, corrispondente ai due anni di vita di María senza Díaz-Varela: «ha pasado el tiempo, los recuerdos se atenuan y solo queda por hacer el balance final» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32). 58 Fernández, Contar para olvidar, cit., p. 568. 59 Ibidem. 60 Un atto psicomagico è un gesto apparentemente privo di senso, ma in realtà carico di un forte impatto emotivo, che è in grado di aiutare chi lo compie a superare una difficoltà o una paura, percependo la realtà da un punto di vista nuovo. Cfr. Alejandro Jodorowsky, Psicomagia, Siruela, Madrid, 2007. 61 LE, pp. 387-388.

20

21

2. Il concetto di intertestualità

2.1 Quale intertestualità?

Benché il termine intertestualità sia oggi usato comunemente dalla

critica letteraria (e non solo) 1 , il suo impiego risulta comunque

problematico e richiede dei chiarimenti. Infatti, durante la sua storia

ormai quarantennale, esso è stato variamente definito e trattato da

«prospettive assai diverse e anche divergenti»2 che, stratificatesi, hanno

generato una «pericolosa polisemia»3. Non intendiamo qui ripercorrere

1 Come scrive Andrea Bernardelli, «la nozione di intertestualità si è trovata coinvolta suo malgrado nei più diversi settori disciplinari e di ricerca, dall’antropologia alla sociologia delle comunicazioni» (Bernardelli, Intertestualità, La Nuova Italia, Milano, 2000, p. 2). 2 Elisabetta Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico, in id. e Simone Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore. Percorsi intertestuali nella narrativa spagnola contemporanea (Laforet, Puértolas, Marías, Méndez, Neuman), Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012 (ebook. Dei testi in formato elettronico non indichiamo il numero di pagina). A partire dagli anni ’60, infatti, quando il termine intertestualità fu coniato dalla studiosa post-strutturalista Julia Kristeva sulla base di idee tratte dagli studi di Saussure sulla teoria dei paragrammi e da quelli di Michail Bachtin sul dialogismo, esso è stato utilizzato per indicare diversi concetti, e, ancora oggi, «malgrado le messe a punto e lo sforzo di chiarificazione» il suo utilizzo «rimane vago» (Marika Piva, Memorie di seconda mano. La citazione nei Mémoires d’outre-tombe di Chateaubriand, Morlacchi Editore, Perugia, 2008, p. 7). Gli studi sull’intertestualità sono accomunati dal tentativo di concepire «la produzione e la recezione dell’opera letteraria come fondate sull’intreccio di diversi testi, codici e discorsi» (Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 1), ma i risultati possono diversificarsi significativamente in base a quale elemento funzionale del processo di comunicazione letteraria (cfr. Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1985, pp. 5-6) i diversi studiosi hanno scelto come punto focale e che può essere rappresentato dall’autore, dal testo, dal lettore, dai codici culturali o dal contesto di riferimento (cfr. Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 12). Per un’ampia discussione sull’argomento con bibliografia vedi: Michael John Worton and Judith Still, Intertextuality. Theories and Practice, Manchester-New York, 1990; Graham Allen, Intertextuality, Routledge, London, 2000; Bernardelli, Intertestualità, cit.; Marina Polacco, L’intertestualità, Laterza, Bari, 1998. Per un focus sul dibattito in Spagna, vedi Sarmati, Introduzione: intertestualità, crocevia metodologico, cit. 3 Cesare Segre, Intertestuale/interdiscorsivo. Appunti per una fenomenologia delle fonti, in Costanzo Di Girolamo e Ivana Paccagnella (a cura di), La parola ritrovata. Fonti e analisi letteraria, Sellerio, Palermo, 1982, p. 15.

22

la complessa evoluzione del suo significato, ma semplicemente chiarire

in quale senso noi lo intenderemo e anche perché si sia scelto di

usarlo, scartando, a suo favore, precedenti categorie di analisi che

potevano tutto sommato risultare ancora valide, come quella

dell’influenza letteraria o della critica delle fonti.

La definizione che ci è parsa più semplice e comoda da usare, e

che quindi abbiamo scelto come linea guida benché ampliata con

contributi di altri studiosi, è quella presentata da Gérard Genette nel

suo saggio Palinsesti. Genette descrive l’intertestualità (da lui però

chiamata transtestualità) come tutto ciò che mette un testo «in relazione,

manifesta o segreta, con altri testi» 4 . Il suo studio rappresenta un

«imprescindibile punto di riferimento» 5 poiché offre una

classificazione molto utile al fine dell’organizzazione del lavoro critico

e ha il merito di aver dato concretezza a un concetto che, seppur

affascinante, rischiava di essere «inoperativo»6. Infatti, a differenza del

dialogismo di Michail Bacthin – da cui deriva tutta la teoria

dell’intertestualità e che sottolinea il rapporto delle opere (descritte

come «una complessa struttura di voci»7) con la realtà, la storia, la

società – l’analisi di Genette si focalizza esclusivamente sulle più

facilmente dimostrabili e analizzabili «relazioni storicamente attive tra

testi»8.

In questa limitazione del campo d’indagine sta la praticità della

definizione (e anche Cesare Segre ha sottolineato la necessità di porre

4 Gérard Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Einaudi, Torino, 1997, p. 4. 5 Polacco, L’intertestualità, cit., p. 28. 6 Marika Piva definisce inoperativo il concetto di dialogismo di Bacthin (Piva, Memorie di seconda mano, cit., p. 9). 7 Antoine Compagnon, Il demone della teoria. Letteratura e senso comune, Einaudi, Torino, 2000, p. 117. 8 Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 20-21.

23

un simile discrimine)9; tuttavia è pur vero che essa riduce lo scarto tra

il concetto di intertestualità e quello di fonte10, rischiando di rendere il

testo nuovamente «prigioniero della sua sostanziale letterarietà» 11 .

Come ha scritto Antoine Compagnon, che pure è un suo discepolo,

con Genette, infatti, «ci si è rifugiati sull’Olimpo, dove la complessità

delle relazioni intertestuali è servita per sopprimere l’interesse per il

mondo che il dialogismo conteneva in sé»12.

La differenza tra il concetto di influenza letteraria e quello di

intertestualità, anche intesa in questo senso più ristretto, è stata

sottolineata da vari studiosi. Ad esempio, Segre ha riconosciuto al

nuovo termine la capacità di far uscire il fenomeno dall’ambito

erudito13, mentre Marina Polacco ha evidenziato la distanza tra le due

definizioni sfruttando l’opposizione delle categorie di passivo e attivo:

Il concetto stesso di studio delle fonti, per quanto indubbiamente affine, è molto diverso da quello di intertestualità. La fonte implica un’idea di derivazione passiva: punta sul dato oggettivo, sulla quantità materiale che passa da un testo all’altro – sia essa rappresentata da uno stilema, da una rima, da un intreccio, da un tema; l’intertestualità pone in primo piano il processo di trasformazione, non tanto la consistenza effettiva del materiale trasportato.14

Tale processo di trasformazione interessa, per altro, non solo il lavoro

di produzione dell’opera ma anche quello della sua recezione. Il

lettore, infatti, svolge un ruolo centrale nel meccanismo intertestuale,

tanto che è stato definito da Roland Barthes come «le lieu où la

9 Vedi Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86. Nel riassetto proposto da Segre, l’intertestualità va a designare i rapporti che un testo intrattiene con altri testi dati, mentre l’interdiscorsività descrive il rimpiego di materiali di tipo eterogeneo che non sono riconducibili a opere specifiche. 10 Vedi Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 2-3. 11 Compagnon, Il demone della teoria, cit., p. 117. 12 Ivi, pp. 119-120. 13 Cfr. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, cit., pp. 85-86. 14 Polacco, L’intertestualità, cit., p. 27.

24

multiplicité du texte se rassemble» 15 . Anche in questo senso,

l’opposizione attivo/passivo risulta fruttuosa per notare come, a

differenza dello studio delle fonti, l’intertestualità si associa a una

concezione dell’opera come nuovamente “scrivibile” (nel senso di

“testo scrivibile” di Barthes): richiede, cioè, al destinatario una

partecipazione attiva che non si ferma all’identificazione dei

riferimenti, ma che, attraverso essi, può produrre un nuovo personale

testo16. Si viene così a creare una gerarchia di lettori: da un lato, quelli

che Umberto Eco chiama lettori semantici, ossia coloro che scorrono il

testo godendo semplicemente della trama, dall’altro, i lettori critici, che

vanno invece a caccia dei sovrasensi testuali (il cosiddetto double coding)

e delle catene intertestuali. Oltre alla diversa attitudine di fronte al

testo, questa gerarchia si verrà a stabilire anche sulla base di differenti

competenze intertestuali, cioè dal differente bagaglio di letture17.

Alla luce di queste considerazioni, per il nostro studio ci sembra

più opportuno parlare di intertestualità piuttosto che di studio delle

fonti, poiché non ci proponiamo semplicemente di indicare i

riferimenti ad altri testi presenti ne Los enamoramientos, ma vorremmo

andare più a fondo, mostrando, da un lato, come essi possano

generare nuovi significati o diversi piaceri di lettura e, dall’altro, come

siano lo specchio di una particolare concezione della letteratura.

Noteremo, infatti, che Los enamoramientos non è solo un’opera

15 Roland Barthes, La mort de l’Auteur in Le bruissement de la langue, Seuil, Paris, 1984, p. 67. Come scrive Paolo Ferrantini, infatti, l’intertestualità è un sistema ternario che si basa su l’ipotesto, l’ipertesto e, appunto, il lettore, inteso non come figura storica e sociale, ma come soggetto individuale della lettura (cfr. Paolo Ferrantini, Dinamiche dell’intertestualità, «Intersezioni», n. 5, 1985, p. 140). 16 Cfr. Roland Barthes, S/Z, Einaudi, Torino, 1973, p. 10; cfr. anche Andrea Bernardelli, La rete intertestuale. Percorsi tra testi, discorsi e immagini, Morlacchi Editore, Perugia, 2010, p. 17. 17 Cfr. Umberto Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979; cfr. anche Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 33-35.

25

caratterizzata da una forte relazione con altri testi, ma anche un’opera

che riflette su tali relazioni, sia a livello implicito che esplicito. Si tratta

di un libro sui libri, che nasce proprio in risposta ad alcune domande

che stanno alla base degli studi sull’intertestualità, indagando sia il

processo creativo (in che modo i testi che ho letto in passato

influenzano il mio modo di produrre nuovi testi?), che quello recettivo

(in che modo i testi che ho letto in passato influenzano il mio modo di

leggere nuovi testi?).

Inoltre, la categoria dell’intertestualità risulta essere più

appropriata per il tipo di riferimenti presenti nel romanzo, che non si

limitano alla citazione o alla ripresa di alcuni topoi. Troviamo al suo

interno, infatti, riscritture e commenti, ossia forme che sono state

oggetto degli studi sull’intertestualità, piuttosto che di quelli

sull’influenza letteraria18.

2.2 La classificazione di Genette

Come si accennava, Genette ha coniato un nuovo termine per indicare

il fenomeno che abbiamo descritto: transtestualità. Sebbene la sua

definizione, così come la classificazione che la accompagna, sia stata

18 A tal proposito dobbiamo però anche segnalare che molti degli studi sull’intertestualità hanno analizzato opere di stampo postmodernista (cfr. Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 32) e hanno sottolineato la dimensione ironica con la quale gli autori si relazionano con le opere a cui fanno riferimento: tipiche forme di letteratura intertestuale, oltre a quelle della riscrittura e del commento già menzionate, sono infatti il pastiche e la parodia. Vedremo che questo tipo di relazione non è quella che Marías intrattiene con gli autori citati ne Los enamoramientos, sebbene in passato anch’egli abbia scritto testi di questo tipo, in particolare pensiamo a Los dominios del lobo. Per un approfondimento sulla dimensione ironica dell’intertestualità postmoderna, vedi ad esempio Linda Hutcheon, Intertextuality, in Erik Barnouw (edited by), International Encyclopedia of Communication, 2, New York-London, Oxford University Press, 1989, pp. 349-351; id., A Theory of Parody, New York and London, Routledge, 1985.

26

favorevolmente accolta dalla critica, l’espressione «non si è mai

affermata in maniera diffusa»19. Per questo motivo, preferiamo non

adottare la sua innovazione terminologica: questo ci dà infatti modo di

sfruttare in maniera più agile i contributi di altri studiosi che, pur

riferendosi allo stesso concetto descritto da Genette, hanno

continuato a parlare di intertestualità.

All’interno di Palinsesti, Genette elenca cinque tipi di relazioni

testuali:

1) Intertestualità. È la forma più puntuale di relazione tra testi e

designa la «presenza effettiva di un testo in un altro»20 a livello

retorico e discorsivo, come nel caso della citazione e

dell’allusione. (Il critico aggrava dunque la polisemia del

termine, attribuendogli un nuovo significato più ristretto.

Quando utilizzeremo l’espressione in questa accezione

specifica, lo indicheremo).

2) Relazione con il paratesto. Il paratesto è tutto ciò che è in

stretto rapporto con il testo all’interno del volume stesso

(ossia titolo, sottotitolo, prefazione, postfazione, avvertenze,

immagini, note ecc.; Genette chiama l’insieme di questi

elementi peritesto) e con altri materiali di commento al testo che

si trovano però al di fuori del libro, inteso come oggetto

19 Giovanni Guagnelini e Valentina Re, Visioni di altre visioni: intertestualità e cinema, Gedit Edizioni, Bologna, 2007, p. 7. Facendo una ricerca su Google, otteniamo appena 901 risultati per il termine transtetualità (9.900 per transtextuality), contro i 35.600 di intertestualità (919.000 per intertextuality). Ovviamente ricordiamo che tra questi ultimi ce ne saranno alcuni che andranno intesi in un’accezione distinta da quella proposta da Genette, tuttavia i numeri ci sembrano indicativi. Possiamo inoltre osservare un’evidente resistenza al termine nella trattatazione che Bernardelli fa delle teorie di Genette. In due suoi differenti testi, infatti, possiamo leggere: «la teoria intertestuale (o transtestuale) di Genette» (cfr. Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 23; id., La rete intertestuale, cit., p. 31). 20 Genette, Palinsesti, cit., p. 4.

27

materiale (comunicazioni dell’autore relative all’opera,

interviste, recensioni ecc.; l’insieme di questi elementi è detto

epitesto).

3) Metatestualità. Raccoglie tutti i casi in cui un testo diventa

oggetto di commento o interpretazione di un altro (che prende

il nome di metatesto).

4) Ipertestualità. È la relazione che lega un testo (detto ipotesto) a

quello da cui esso è derivato (ipertesto). Queste relazioni

possono essere di trasformazione o di imitazione.

5) Architestualità. Ogni tipo di relazione che il testo intrattiene con

le diverse tipologie di generi letterari. Poiché il sistema dei

generi letterari è soggetto a trasformazioni, la classificazione

formale degli scritti varia nel tempo: le relazioni architestuali

sono dunque correlate allo studio della mutevole collocazione

delle opere nei diversi contesti storici e culturali.

Nel suo saggio, dopo aver presentato questo schema, Genette si

concentra però solo sull’ipertestualità (dedicherà però alle relazioni

con il paratesto un altro volume nel 1987: Soglie). Anche per questo

motivo, risulterà necessario fare riferimento ad altri lavori critici,

soprattutto per quanto riguarda i fenomeni della citazione e

dell’allusione.

Risulterà presto chiaro che il romanzo di Marías, per la sua

peculiarità, si presta difficilmente ad essere ingabbiato in simili

schematismi, di stampo formalista21; cercheremo quindi di utilizzare

questa griglia, che comunque rappresenta un’utile demarcazione, in

maniera abbastanza libera. Tralasceremo, inoltre, lo studio

21 Per l’ammissione di Genette del suo debito nei confronti del formalismo russo, cfr. Gérdard Genette, Figure III, Einaudi, Torino, 1976, pp. 153-154.

28

dell’architestualità (pericoloso per la sua vaghezza) e quello delle

relazioni con il paratesto (si faranno degli accenni solo a quelle

particolarmente significative).

Amplieremo, invece, il campo di indagine ricercando le relazioni

che Los enamoramientos intrattiene anche con arti diverse dalla

letteratura, come il cinema e le arti figurative, poiché:

i fenomeni letterari non possono essere valutati correttamente in un completo isolamento rispetto al più ampio contesto delle forme di comunicazione in cui si trovano inseriti. Le arti –la letteratura, la pittura, la scultura, il teatro, il cinema e quant’altro– sono tutte più o meno in correlazione reciproca. […] Le diverse forme di espressione e di comunicazione artistica «dialogano» tra di loro cercando delle corrispondenze e delle risposte.22

Tale osmosi, che Bernardelli chiama intermedialità letteraria, è

particolarmente viva nell’opera di Marías. Sebbene essa emerga più

chiaramente in altri romanzi dell’autore che non in quello che

prendiamo in analisi, anche in questo sono presenti alcuni esempi

interessanti che meritano di essere commentati.

22 Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 140, descrivendo le teorie di Roman Jakobson.

29

3. Libri nel libro

3.1 Forme e funzioni

Il meccanismo intertestuale più evidente de Los enamoramientos è quello

che riguarda la riproduzione al suo interno di due opere letterarie, Le

Colonel Chabert di Honoré de Balzac e Les Trois Mousquetaires di

Alexandre Dumas, scelte perché anch’esse trattano di presenze

fantasmali, sostituzioni, crimini, condanne e impunità. I suddetti testi

sono una delle principali fonti d’ispirazione del romanzo, che per

questo può essere considerato una novità nella produzione di Marías:

si tratta, infatti, del suo primo libro in cui l’influenza della cultura

anglofona cede il predominio a quella francese.

Gli scritti di Balzac e Dumas vengono raccontati e commentati

dai personaggi di Marías, e svolgono per loro una funzione di guida

esistenziale: Díaz-Varela e María, infatti, stabiliscono dei parallelismi

fra le vicende lette e le loro proprie vite, riuscendo così a decifrarle, a

intuire i loro destini e a prendere delle decisioni difficili. Un

procedimento simile era già stato sfruttato dall’autore, ad esempio in

Veneno y sombra y adíos, dove il narratore applica il «principio di

identificazione» 84 nell’osservare alcuni quadri del Parmigianino,

attraverso i quali riesce ad immaginare i rapporti sentimentali che

legano Luisa a Custardoy. Riportiamo le parole di Antonio Candeloro

che descrivono chiaramente questo aspetto dell’opera di Marías:

Il personaggio (letterario) applica alla propria esperienza “vissuta” il principio aristotelico del riconoscimento (o anagnorisis): Jacques Deza

84 Antonio Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías: fenomeni di intertestualità acronica, in Sarmanti e Trecca (a cura di), La biblioteca dello scrittore, cit. Elide Pittarello parlerebbe invece di “interpretación analógica de lo real” (vedi Pittarello, Contar con el miedo, cit., p. 12).

30

riconosce (e quindi interpreta e codifica) determinate verità grazie a fonti letterarie (o artistiche) che fungono da “corollari” o “supporti” visivi o linguistici alla sua esperienza. La letteratura o la pittura o l’arte in generale aiutano il protagonista a decodificare e ri-conoscere esperienze vitali.85

Karen Berg nota che una simile interpretazione “pratica” delle arti, e

in particolare della letteratura, è proposta da Marías non solo nelle sue

opere di narrativa ma anche nei suoi articoli, come ad esempio in

Frívolamente86 dove mette in relazione i pericoli scatenati dai separatisti

baschi con quelli provocati dalla sete di vendetta di Shylock,

protagonista di The Merchant of Venice. Come sostiene la studiosa,

«Marías is apt to make analogies between literature and life in order to

show how literature can inform life and provide readers with a

didactic tool to confront their own personal dilemmas»87.

In Lector in fabula, Eco osserva che la competenza intertestuale

che il lettore sviluppa nel corso del tempo gli permette di riconoscere

delle sceneggiature ricorrenti e di fare quindi delle previsioni sullo

svolgimento del testo che sta leggendo88: questa capacità può essere

però applicata anche alla vita, ed è così che la letteratura può

trasformarsi in un «equipment for living»89.

Descrivendo all’interno del suo romanzo personaggi che leggono

altri libri, l’autore crea una mise en abyme paragonabile a quella del teatro

nel teatro: noi lettori vediamo rappresentati nella finzione dei simboli

85 Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit. 86 Javier Marías, Frívolamente, in id. Seré amado cuando falte, Alfaguara, Madrid, 1999. 87 Karen Berg, Javier Marias’s postmodern praxis: Humor and interplay between reality and fiction in his novels and essays, VDM, Saarbrücken, 2008, p. 163. 88 Cfr. Eco, Lector in fabula, cit., pp. 83-84. 89 Kenneth Burke, Literature as Equipment for Living, in Walter Sutton and Richard Foster, Modern criticism. Theory and practice, Odyssey Press, New York, pp. 242-247.

31

di noi stessi e possiamo guardarci come in uno specchio90. L’opera

diventa anche una finestra dalla quale osservare il laboratorio dello

scrittore giacché, attraverso le raffigurazioni che ne offrono i

personaggi, possiamo immaginarlo citare i suoi autori di riferimento

(prendendo in mano i testi originali e traducendoli all’impronta,

oppure ricordandoli a memoria).

Tuttavia, ne Los enamoramientos questo meccanismo non vuole

essere spia dell’autocoscienza della narrazione, né sembra

rappresentare un gioco metaletterario di stampo postmodernista 91

pensato per indagare «i processi e le convenzioni della letteratura e

della scrittura» 92 . Esso offre, sì, la possibilità di parlare di libri

attraverso i libri, ma non fa particolare leva sull’identità tra mezzo e

oggetto della riflessione. In proposito l’autore ha dichiarato:

Yo no creo que estas cosas se puedan considerar lo que los críticos llaman hoy en dia metaliteratura. Yo creo que se habla de estas cosas de la manera perfectamente natural en que la gente también habla a veces de un libro, de una película […] como se habla naturalmente sin mayores pretenciones de pedantería o metaliteratura.93

Per sfruttare le definizioni di Genette possiamo però ricorrere al più

neutro termine metatestualità, che indica, ricordiamo, il commento o

l’interpretazione di un testo da parte di un altro testo, come accade ad

esempio nel caso della saggistica. Il rapporto che si viene a creare tra le

fonti e il romanzo può essere letto alla luce dell’interpretazione della

90 Si tratta dello stesso meccanismo per cui Arledge di Travesía del horizonte «assumes the role of a proxy reader within the text for the real reader outside the text» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011, pp. 66-67). 91 Cfr. Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit. 92 Vocabolario Treccani online (www.treccani.it), alla voce metaletteratura. 93 Dichiarazione rilasciata dall’autore Javier Marías il 28 aprile 2011 presso l’Istituto Cervantes di Madrid. L’intervista è disponibile al seguente indirizzo di rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima con-sultazione: 22/7/2013). La trascrizione è mia.

32

critica letteraria proposta da Joseph Hillis Miller 94 , cioè come una

relazione ambigua esemplificata attraverso la metafora dell’ospite e del

parassita: Los enamoramientos invade le fonti e le contamina con nuovi

significati, ma, attraverso la nuova lettura che ne offre, permette a

quelle stesse fonti di riprodursi, spingendo anche il lettore a

recuperarle in maniera autonoma.

Il romanzo, in effetti, rappresenta un invito alla lettura,

soprattutto per quanto concerne Le Colonel Chabert, come Todas las

almas lo era stato per l’opera di John Gawsworth. Si conferma così

quanto Isle Logie scriveva nel 2001, a proposito della natura derivativa

dei testi dell’autore:

Es innegable que Marías considera al escritor un “inter-pres”, en el sentido etimológico de “el que habla en el medio”, que pone textos a la disposición de sus lectores, replanteando así el principio de autoría, ya que en nuestra época, ser autor de un escrito consiste […] más en descubrirlo y adueñarse de él que en inventarlo. 95

Ne Los enamoramientos questa funzione della letteratura diventa

paradigmatica e più che mai centrale.

Riraccontando Le Colonel Chabert e Les Trois Mousquetaires, Marías

si serve di molte citazioni, a volte debitamente virgolettate, altre

incorporate liberamente nel testo. Secondo Genette, nell’ambito delle

relazioni metatestuali, la citazione è interpretabile come «un semplice

dispositivo accessorio»96, perché la specificità di questo rapporto tra

testi consiste nel prendere in considerazione esclusivamente il

significato generale della fonte. Nel caso de Los enamoramientos,

tuttavia, una lettura di questo tipo risulta riduttiva. 94 Vedi Joseph Hillis Miller, The Critic as Host, in id. Deconstruction and Criticism, Routledge and Kegan Paul, London and Henley, 1979. 95 Ilse Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, in Steenmeijer, El pensamiento literario de Javier Marías, cit., p. 68. 96 Bernardelli, Intertestualità, cit., p. 22.

33

Possiamo osservare che queste citazioni sono ascrivibili a due

distinte categorie. In primo luogo, ce ne sono alcune che danno l’avvio

al suo pensamiento literario 97 , o che sono veicolo di messaggi utili

all’argomentazione delle sue teorie. Questi riferimenti, come altri tratti

da opere con le quali il romanzo non intrattiene relazioni metatestuali

(in primis il Macbeth), entrano a far parte di un sistema di riprese che

crea motivi ricorrenti, fa riecheggiare scene precedentemente descritte

e dà ritmo e coesione alla narrazione98.

In secondo luogo, c’è una lunghissima serie di citazioni di cui

l’autore si serve invece per ripercorrere le trame delle due opere. Esse

riproducono passi spesso superflui degli originali, cosicché il riassunto

delle fonti finisce per assomigliare piuttosto a una loro traduzione.

Marías, anziché rielaborare i due testi riassumendoli o riadattandoli,

sostanzialmente li riporta tali e quali, riducendo al minimo la distanza

che si frappone tra l’originale e il lettore. In questo modo, «il testo

citato scavalca il testo che lo cita, lo cancella, sia pure per un istante, lo

fagocita e si propone direttamente allo spettatore»99.

97 Cfr. Antonio Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”: citas y alusiones en Tu rostro mañana de Javier Marías, in Alexis Grohmann y Martin Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede haber nada: Tu rostro mañana de Javier Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2009, p. 303. 98 Cfr. vi, p. 304. 99 Sandro Bernardi, La citazione nel cinema, in Adele Dei e Rita Guerricchio (a cura di), Il libro invisibile, Bulzoni, Roma, 2008, p. 166. Bernardi commenta in questo modo il meccanismo sfruttato da Jean-Luc Godard in Vivre sa vie (1962), quando il regista ripropone allo spettatore alcune scene tratte da La passion de Jeanne d’Arc di Carl Theodor Dreyer (1928) che la protagonista Nana sta vedendo al cinema. Come nota il critico, la particolarità di questa citazione sta nel fatto che i fotogrammi tratti dal film muto sono presentati attraverso una soggettiva a 180° gradi, cioè infrangendo una delle regole del cinema classico secondo cui il raccordo tra due inquadrature deve avere un’angolatura di circa 120°; come se non bastasse, gli spezzoni sono inseriti nel montaggio nel loro formato originario, facendo sì che lo schermo, da rettangolare, diventi quadrato.

34

Tuttavia, rimane sempre un «differenziale ideologico» 100 tra

l’originale e la sua copia101, il cui scarto è aumentato, in questo caso,

dall’ostacolo linguistico, come evidenzia il frequente accostamento

della versione francese dei passi. La traduzione nell’opera di Marías è,

infatti, indice del «poder falsificador de la palabra»102 e dei suoi limiti

espressivi103.

100 Ferrantini, Dinamiche dell’intertestualità, cit., p. 138 (descrivendo le teorie di Mino Bergamo, che aveva per primo utilizzato quest’espressione). Cfr. anche Paolo Pucci, Decostruzione e intertestualità, «Nuova Corrente», 93-94 (gennaio-dicembre), anno XXXI, 1984, pp. 291 e segg. 101 Si pensi al Quijote di Pierre Menard. 102 Jesús Isaías Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, in Nobel Augusto Perdu Honeyman e Javier Villoria Prieto (bajo la dirección de), La traducción: puente interdisciplinar, Universidad de Almería, Almería, 2001, p. 121. 103 La traduzione come inganno o come impossibilità è un tema ricorrente nell’opera di Marías che, ricordiamo, è un affermato traduttore dall’inglese. Esso è stato sviluppato soprattutto in Corazón tan blanco, ma emerge anche in altre opere. Per fare solo qualche esempio, ricordiamo le riflessioni sull’intraducibilità di alcuni termini (come i verbi to eavesdrop e to haunt) o giochi di parole (“The Wizard of Ice”) che compaiono in Todas las almas, Mañana en la batalla piensa en mí e in Tu rostro mañana. Per quanto riguarda il potere falsificatorio della parola, è significativo l’episodio di Corazón tan blanco in cui si descrive l’attività di traduzione e interpretariato negli organismi internazionali. Esso rappresenta «an emblem of the official leveling out of meaning in postmodern society: language only refers to more languages and never to “reality” nor the “truth”» (Karen-Margrethe Simonsen, Corazón tan blanco: A Post-Postmodern Novel by Javier Marías, «Revista Hispánica Moderna», Año 52, n. 1, junio 1999, p. 196). Lo stesso Juan, interprete inaffidabile, è metafora dell’inganno della traduzione. Un suo antecedente era presente anche in Todas las almas: ci riferiamo a Alec Dewar, il quale «disfrutaba o disfruta tanto como interrogador vicario o interpuesto que más de una vez se le han sospechado licencias, es decir, se le ha visto extender tan inverosímilmente en la traducción de las preguntas al ruso que se ha llegado a tener la impresión de que se apartaba de ellas o añadía otras de su propia cosecha» (TLA, p. 198). Marías ha dedicato a riflessioni sulla natura della traduzione anche alcuni articoli, raccolti in Literatura y fantasma nella sezione Asuntos translaticios. Per un approfondimento sulla traduzione nell’opera di Marías, vedi: Rita De Maesneer, Sobre la traducción en Corazón tan blanco de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003, https://pendientedemigraci-on.ucm.es/info/especulo/numero14/jmarias.html (ultima consultazione 27/10/ 2013); Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, cit.; Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, cit.; Gareth J. Wood, Marías’s debt to translation: Sterne, Browne, Nabokov, Oxford University Press, Oxford, 2012.

35

3.2 Le Colonel Chabert di Honoré de Balzac

Le Colonel Chabert è una «novelita» 104 di Balzac facente parte della

Comédie humaine che racconta le vicende del personaggio omonimo, il

quale, dato per morto nella battaglia napoleonica di Eylau del 1807,

cerca di reintegrarsi nel mondo dei vivi e, in particolare, di

riappropriarsi dei suoi beni usurpati dalla moglie, nonché di

riconquistare l’amore di lei. Quest’opera viene riprodotta quasi nella

sua interezza all’interno de Los enamoramientos attraverso il commento

che ne fa Díaz-Varela, che, come si accennava, non ne traccia uno

schizzo approssimativo, ma la ripercorre con ricchezza di dettagli e

citazioni, anche in francese.

L’inclusione di questo testo all’interno del romanzo può essere

interpretata come una mise en abyme. L’opera di Balzac, infatti,

rappresenta una miniatura di quella che la contiene poiché tratta,

anch’essa, di una sostituzione (quella di una vedova che si innamora di

un altro uomo dopo la scomparsa del marito)105 e di una presenza

fantasmale (quella del marito morto, che ostacola la nuova coppia).

Queste analogie consentono di considerare le vicende de Le Colonel

Chabert come una sorta di doppio di quelle de Los enamoramientos, per

cui i personaggi di Balzac diventano le ombre di quelli di Marías, delle

repliche che ci permettono di osservarli da un altro punto di vista.

Sono gli stessi Díaz-Varela e María a utilizzare Le Colonel Chabert come

104 LE, p. 178. 105 Per dirla con le parole dell’autore, pronunciate in occasione di un’intervista per Repubblica, le due opere condividono «l’idea che si possa fare a meno di qualcuno che ci appare indispensabile, e amare oltre, andare oltre». Concita De Gregorio, Javier Marías e la legge del desiderio. “La distanza è la chiave di una buona relazione”, «La Repubblica», 10/12/2012, http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delle-idee/edizione2012/2012/12/10/news/javier_marias_e_la_legge_del_desiderio_la_distanza_la_chiave_di_una_buona_relazione-48455639/ (ultima consultazione 20/6/2013).

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chiave di lettura della loro propria realtà, in particolare analizzando le

figure del colonnello e della moglie.

Il primo parallelismo che troviamo è quello stabilito da Díaz-

Varela, che mette in relazione la moglie di Chabert e Luisa:

He leído un libro bastante famoso que no sabía que lo fuera […] Es una novela corta de Balzac que me da la razón respecto a Luisa, respecto a lo que le ocurrirá de aquí a un tiempo.106

La letteratura gli serve a decifrare la realtà in cui lui stesso vive e a

prevederne, con successo, gli esiti («La ficción tiene la facultad de

enseñarnos lo que no conocemos»107, dice il personaggio a un certo

punto del romanzo). La storia del colonnello napoleonico gli insegna

che le vedove dimenticano i mariti morti e che presto li sostituiscono.

Come la sposa di Chabert, così Luisa:

Y cuando Luisa esté casada de nuevo, y eso será a lo sumo de aquí a un par de años, el hecho y el dato, con ser idénticos, habrán cambiado y ya no pensará de sí misma: ‘Me he quedado viuda’ o ‘Soy viuda’, porque ya no lo será en absoluto, sino ‘Perdí a mi primer marido y cada vez más se me aleja. Hace demasiado que no lo veo y en cambio este otro hombre está aquí a mi lado y además está siempre. También a él lo llamo marido, eso es extraño. Pero ha ocupado su lugar en mi cama y al yuxtaponerse lo difumina y lo borra. Un poco más cada día, un poco más cada noche’.108

Esattamente due anni dopo, quando María incontra di nuovo Luisa e

vede che il pronostico si è avverato, quella frase di Díaz-Varela

riecheggia nella sua mente e viene riproposta al lettore nella sua

interezza109.

È interessante notare che in questo caso non è solo l’opera di

Balzac che arricchisce quella di Marías, ma anche il contrario. Nel 106 LE, p. 155. 107 Ivi, p. 169. 108 Ivi, p. 146. 109 Cfr. ivi, p. 391.

37

racconto originale, la vedova di Chabert emerge in tutta la sua

negatività: è una donna spietata e profittatrice, nei confronti della

quale il lettore non può provare alcuna empatia. Attraverso il pensiero

di Díaz-Varela, tuttavia, tendiamo a sovrapporla a Luisa e possiamo

quindi osservarla in una fase della sua vita che non è descritta da

Balzac, ossia nei giorni del lutto per la morte del marito:

La novela no cuenta la pena de esa viuda, si es que la hubo como la hay en Luisa; no habla de su dolor ni de su luto, al personaje no se lo muestra en esa época, cuando recibiera la fatal noticia, sino unos diez años más tarde, en 1817, creo, pero es de suponer que siguió todo el obligado trayecto en estos casos (estupor, desolación, tristeza y languidecimiento, apatía, sobresalto y temor al comprobar que pasa el tiempo, y recuperación entonces) […].110

In questo modo il personaggio assume una maggiore profondità. Non

si tratta più di una sposa egoista, ma di una vittima di un evento che

non doveva verificarsi.

Non è altrettanto semplice capire invece a quale personaggio si

debba associare quello del colonnello e ci si renderà conto che, in

effetti, in questo caso non si tratta di un legame univoco. In un primo

momento si tenderà a identificarlo con Deverne, sia per la semplice

equivalenza contessa : colonnello = Luisa : Deverne, sia per il fatto che il

ricordo della moglie rende Deverne un’immagine fantasmale (proprio

come Chabert) che, agli occhi di Díaz-Varela, invade ingiustamente un

territorio che ormai non gli spetta più. Anche María proporrà una

lettura di questo tipo:

Cuando Díaz-Varela me había hablado del Coronel Chabert, había identificado a éste con Desvern: el muerto que debe seguir muerto puesto que su muerte constó en los anales y pasó a ser un hecho histórico y se relató y detalló, y cuya nueva e incomprensible vida es un incómodo postizo, una intrusión en la de los demás; el que viene a

110 Ivi, pp. 157-158.

38

perturbar el universo que no sabe ni puede rectificar y que por tanto

continuó sin él.111

Le due figure sono accostate dalla narratrice anche per il fatto che

nessuno ha indagato seriamente sul loro stato fisico. María, infatti,

sospetta che il medico che aveva fatto l’autopsia su Deverne non si

fosse preso la briga di verificare se nel suo corpo, già prima delle

pugnalate, albergasse un male incurabile; allo stesso modo, due secoli

prima, «dos cirujanos negligentes»112 non si erano curati di tastare il

polso di Chabert, travolto dall’esercito, benché ne avessero ricevuto

l’ordine da Napoleone in persona.

Tuttavia, all’accostamento Chabert–Deverne María oppone una

lettura differente, che porta ad associare il colonnello piuttosto a Díaz-

Varela. Infatti, sebbene l’uno fosse una «víctima de la guerra, de la

negligencia, de la burocracia y de la incomprensión»113, mentre l’altro

«había perturbado gravemente el universo con su crueldad, su egoísmo

tal vez estéril y su descomunal frivolidad»114, sono entrambi uomini in

attesa che una donna si (r)innamori di loro. Anche Díaz-Varela ha

dunque un aspetto spettrale:

Los dos [Díaz-Varela y Chabert] eran como espectros haciendo visajes y señas e incluso algún aspaviento inocente, aguardando a ser vistos y reconocidos y quizá llamados, deseosos de oír al fin estas palabras: ‘Sí, está bien, te reconozco, eres tú’, aunque en el caso de Chabert supusieran sólo concederle la carta de existencia que se le estaba negando y en el de Díaz-Varela significaran bastante más: ‘Quiero estar a tu lado, acércate y quédate aquí, ocupa el lugar vacío, ven hasta mí y abrázame’.115

111 Ivi, pp. 246-247. 112 Ivi, p. 359. 113 Ivi, p. 247. 114 Ibidem. 115 Ibidem.

39

Una volta stabilita questa analogia inaspettata, María cerca di

immaginare i pensieri dell’uno e dell’altro, che di conseguenza si

assomigliano («los dos debían de pensar algo parecido, algo que les

daba fuerza y los sostenía en su espera y les impedía rendirse»)116. Il

parallelismo è sottolineato attraverso la corrispondenza formale e

linguistica dei due soliloqui. Entrambi sono chiaramente divisi in due

parti. Nella prima, che è caratterizzata dall’anafora «No puede ser»117

(la quale ricorre due volte nel soliloquio di Chabert e quattro in quello

di Díaz-Varela), si ripercorrono le improbabili peripezie che li hanno

visti protagonisti; nella seconda, si immagina un destino infelice

(Chabert non accolto dalla moglie, Díaz-Varela smascherato da Luisa)

che viene però scartato come possibilità perché non appare essere il

logico punto di arrivo di un percorso tanto tortuoso. Anche in questa

seconda parte si assiste alla ripresa di un’uguale anafora: «Qué sentido

tendría»118.

Al di là delle evidenti somiglianze, dai due testi emerge però

anche la sostanziale differenza tra i due personaggi: Chabert è infatti

ritratto come una figura passiva, una vittima, Díaz-Varela invece come

un agente, un colpevole, come si evince chiaramente dai due incipit:

[Chabert] No puede ser que haya pasado por lo que he pasado, que me hayan matado un sablazo en el cráneo y los cascos al galope de infinitos caballos […].119 [Díaz-Varela] No puede ser que yo haya hecho lo que he hecho120 o más bien he fraguado y he puesto en marcha, que haya cavilado durante mucho tiempo […].121

116 Ivi, p. 248. 117 Ivi, p. 248 e p. 249. 118 Ivi, p. 249 (due volte) e p. 251 (due volte). 119 Ivi, p. 248. 120 Questa espressione ricorda la figura etimologica shakespeariana “I have done the deed” (Macbeth, scena II, atto II), più volte citata in Corazón tan blanco sia nella forma inglese (CTB, pp. 174, 175, 310, 313, 365) che in traduzione spagnola «he

40

Un ulteriore elemento che lega Los enamoramientos a Le Colonel Chabert

sono le somiglianze nel finale. Entrambe le opere, infatti, si

concludono con una riflessione sul tema dell’impunità122. Le Colonel

hecho el hecho» (CTB, pp. 174, 310, 365). L’espressione compare anche in Veneno y sombra y adíos (TRM3, p. 104). 121 LE, p. 249. 122 Come si accennava in § 1, al momento di promuovere Los enamoramientos, ancor prima della pubblicazione, l’autore aveva indicato l’impunità come uno dei temi centrali dell’opera. Si leggano, ad esempio, questi estratti dal discorso tenuto a gennaio 2011 in occasione della consegna del premio Nonino a Ronchi di Percoto (poi pubblicati sotto forma di articolo su El País. Javier Marías, La plaga de la impunidad, «El País», 27/2/2011, http://elpais.com/diario/2011/02/27/eps /1298791619_850215.html. (ultima consultazione: 20/6/2013): «credo che il carattere più scuro di questo romanzo […] abbia a che fare con un’altra questione, l’impunità che sempre impera nel mondo» (Marías, Innamoramento e impunità, cit., p. 21); «La sensazione che l’impunità dòmini è inevitabile nelle nostre società e ciò le conduce, in maniera graduale ma indefettibile, ad avere sempre maggiore tolleranza nei confronti di essa» (ivi, p. 22). Si veda poi quest’altra dichiarazione rilasciata durante un’intervista per un giornale italiano: «Penso che la mia letteratura non sia mai sordida, ma i miei romanzi sono desolati, molto pessimisti, e quello che ho appena terminato lo è più di tutti. Questi sono tempi bui, che non invitano a essere ottimisti. […] Siamo in un tempo di impunità; si penserebbe che l’applicazione della giustizia dovrebbe essere sempre progressiva, invece si ha la sensazione che non ci si possa aspettare che l’impunità» (Mario Turello, Marías: circondati dal buio è il tempo delle impunità, «Messaggero veneto», 30/1/2011, http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2011/01/30/news/marias-circondati-dal-buio-e-il-tempo-delle-impuni-ta-1.47709 (ultima consultazione: 20/7/2013). Queste considerazioni di Marías (e probabilmente ancor di più, in quanto peritesto, la quarta di copertina delle edizioni spagnole che recita: «[…] Los enamoramientos es también un libro sobre la impunidad […]») sono state accolte come una delle principali chiavi di lettura del romanzo, come risulta evidente dai titoli di alcune recensioni: Javier Marías explora el amor y la impunidad en Los enamoramientos Del amor a la impunidad, Enamoramientos, la impunidad. In realtà, le riflessioni intorno a questo tema non occupano che uno spazio marginale all’interno dell’opera e risultano, a nostro avviso, secondarie rispetto ad altre questioni, come la colpa e il peso della conoscenza, tra l’altro più tipiche della poetica dell’autore. Inoltre, dal romanzo non emerge una condanna altrettanto chiara dell’atteggiamento omertoso della narratrice. A questo proposito Marías, interpellato da una lettrice che, memore del comportamento del padre di Deza nei confronti dell’amico traditore in Tu rostro mañana, gli chiese se nel libro si spiegassero le ragioni per cui non si possa accettare l’impunità, dichiarò: «No, en el libro no se explica nada de eso, porque las novelas, a diferencia de los artículos, no juzgan o no deben juzgar, no dan lecciones de moral ni de nada. Sólo plantean cuestiones, para las que a menudo no hay respuesta clara» (Entrevistas digitales. Los internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011, http://www.elpais.com/edi-gitales/entrevista.html?id=7920, ultima consultazione: 24/7/2013).

41

Chabert si chiude con il monologo dell’avvocato Derville123, il quale si

era fatto carico della sorte del colonnello, sperando di riuscire ad

aiutarlo. L’uomo di legge descrive un mondo pieno di crimini

raccapriccianti che si ripetono identici ancora e ancora, senza che la

giustizia possa smascherarli od opporvisi («Je ne puis vous dire tout ce

que j’ai vu, car j’ai vu des crimes contre lesquels la justice est

impuissante») 124 . Egli non ha alcuna fiducia in un possibile

cambiamento; la sua soluzione personale sarà quella di allontanarsi

dalla corruzione per fuggire in campagna, luogo che rappresenta un

idillio di incorrotta innocenza.

Una scelta simile, di rinuncia e inattivismo, è quella adottata da

María, che decide di tacere e non denunciare la probabile colpevolezza

di Díaz-Varela. La narratrice si autogiustifica, da un lato,

riconoscendosi una debolezza arrecata dallo strascico

dell’innamoramento e, dall’altro, affermando ― con una sfiducia verso

la giustizia che ricorda quella dell’avvocato ― che: «[…] algunos

hechos civiles, si es que no la mayoría, se quedan sin registrar,

ignorados, como es la norma»125. Derville è tra l’altro ricordato anche

esplicitamente:

Ya he dicho que la justicia y la injusticia me traían sin cuidado. Por qué habían de ser asunto mío cuando si en algo tenía razón Díaz-Varela, lo mismo que el abogado Derville, en su mundo de ficción y en su tiempo que no pasa y está quieto, era en esto que me había dicho: ‘El número de crímenes impunes supera con creces el de los castigados […].’126

123 Vedi infra, n. 158, per la sua trascrizione completa. 124 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333. 125 LE, p. 401. 126 Ivi, pp. 397-398.

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Nel finale, c’è anche un altro riferimento che rinforza il legame con

l’opera di Balzac e crea un elemento di circolarità all’interno del

romanzo. Si tratta di una citazione del monologo in cui il colonnello

Chabert racconta le sue disavventure dopo la battaglia (il passo era già

stato precedentemente introdotto da Díaz-Varela)127:

No quiero ser como esas voces escritas que a menudo parecen suspiros ahogados, gemidos lanzados por un mundo de cadáveres en medio del cual todos yacemos, en cuanto nos descuidamos.128

Si può osservare che in questo caso l’uso della citazione è alquanto

libero. L’autore si è completamente appropriato dell’immagine, che ha

estrapolato dal suo contesto originario e riproposto associandola a

nuovi significati. Si tratta dello stesso fenomeno descritto da Antonio

Iriarte, in riferimento a Tu rostro mañana, per cui una citazione, una

volta introdotta, può essere ripetuta più volte fino a diventare «una

fraseología que ya es enteramente propia de Marías […] y que está […]

enraizada en una frase o situación en origen ajenas»129.

Oltre ad offrirci un altro punto di vista sulle vicende che stiamo

leggendo e a mostrarci in che modo la letteratura può servirci nelle

nostre vite, l’inclusione della novelita all’interno del romanzo può

spiegarsi come un invito alla lettura: Marías vuole promuovere tra i

suoi lettori quella del testo di Balzac, che egli ha a sua volta riscoperto

grazie al consiglio di Francisco Rico130. Ripercorrendone la trama, egli

127 Ivi, p. 156. 128 Ivi, pp. 400-401. 129 Iriarte, “Cito a menudo para mis adentro”, cit., p. 304. 130 Nel romanzo si insinua questa possibilità («No sé» dice María «si es que lo veía todo a la misma luz o si se buscaba textos literarios e históricos que apoyaran sus argumentos y acudieran en un ayuda (quizá lo orientaba Rico, hombre de saber inmenso, aunque por lo que yo sé es tarea vana intentar sacar a este desdeñoso erudito del Renacimiento y la Edad Media, ya que nada de lo habido y sucedido después de 1650 le merece por lo visto respeto, incluida su propia existencia)»,

43

cerca di incuriosirci, di farci appassionare alle vicende del colonnello,

salvo poi frustrarci con ampie omissioni, cosicché saremo spinti a

seguire l’esempio di María e a procurarcene una copia:

Me llevé la novelita de Balzac […] porque él la había leído y me había hablado de ella, y cómo no interesarme por lo que le había interesado a él si estaba en la fase del enamoramiento en que éste es una revelación. También por curiosidad: quería averiguar qué le había ocurrido al Coronel, aunque ya suponía que no habría terminado bien, que no habría reconquistado a su mujer ni recuperado su fortuna ni su dignidad, que acaso habría añorado su condición de cadáver.131

È bene infatti sottolineare che la trama de Le Colonel Chabert viene sì

riassunta all’interno de Los enamoramientos, ma con molte lacune. Dopo

aver raccontato accuratamente la prima parte e aver quindi descritto il

problema che dà avvio all’intreccio (ossia il fatto che il colonnello

Chabert sia dato per morto, quando in realtà non lo è), Díaz-Varela

comincia a divagare. Quando María cerca di fargli riprendere il filo

della narrazione chiedendogli «Ya, pero ¿qué pasó con el Coronel?

[…] ¿Lo aceptó el mundo de los vivos al que pretendía regresar? ¿Lo

aceptó su mujer? ¿Logró volver a existir?»132, le risponde:

Lo que pasó es lo de menos. Es una novela, y lo que ocurre en ellas da lo mismo y se olvida, una vez terminadas. Lo interesante son las posibilidades e ideas que nos inoculan y traen a través de sus casos imaginarios, se nos quedan con mayor nitidez que los sucesos reales y los tenemos más en cuenta. […] Lo que aquí importa es que la reaparición de ese Chabert es una desdicha absoluta.133

LE, pp. 154-155), che viene confermata dallo stesso Rico in un suo articolo (cfr. Francisco Rico, La cultura del texto, «Babelia», 11/6/2011, http://elpais.com-/diario/2011/06/11/babelia/1307751135_850215.html, (ultima consultazione 20/6/2013). 131 LE, pp. 178-179. 132 Ivi, pp. 165-166. 133 Ivi, p. 166.

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Questa riflessione è particolarmente importante: attraverso il

personaggio di Díaz-Varela, Marías ci spiega quale uso fa delle fonti e

quali sono le ragioni che lo spingono a utilizzarle. Oltre a questo,

confessa quale sia la traccia che spera di lasciare nel lettore anche con

la propria narrativa.

Díaz-Varela non soddisfa quindi la curiosità di María e,

attraverso un’ampia ellissi, passa a descrivere la scena in cui il

colonnello incontra la contessa. Poi María lo incalza ancora: «¿Y así lo

hizo? ¿Abandonó el campo y se dio por vencido? ¿Se volvió a su fosa,

se retiró?» 134 e lui di nuovo ribatte «Ya lo leerás» 135 . Sebbene

successivamente citi il monologo che chiude l’opera, non chiarirà cosa

sia successo al colonnello, pur lasciando intuire che per lui non ci sia

un lieto fine (e in effetti Chabert resterà emarginato dalla società e l’ex-

moglie riuscirà a mantenere integri la sua nuova famiglia e il suo

patrimonio).

Un altro espediente che Marías usa per promuovere questo testo

è quello di fornire informazioni curiose sulla sua genesi e diffusione,

come il fatto che ne siano state tratte tre versioni cinematografiche136 o

che, sebbene fosse stata scritta nel 1832, la conversazione che lo

conclude è ambientata nel 1840, ossia, relativamente parlando, nel

futuro, «como si [Balzac] supiera a ciencia cierta que nada iba a

cambiar, no ya en los siguientes ocho años sino jamás»137.

134 Ivi, p. 168. 135 Ibidem. 136 Cfr. ivi, p. 175. In realtà, ne sono state girate cinque: del 1911 la prima versione francese di André Calmettes e Henri Pouctal, del 1920 la versione italiana di Carmine Gallone, del 1932 la versione tedesca di Gustav Ucicky, del 1943 la seconda versione francese di René le Hénaff e del 1994 la terza versione francese di Yves Angelo. 137 Ivi, p. 173.

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L’autore decide di seguire il testo fedelmente, riproducendo

attraverso citazioni puntuali anche dettagli marginali, invece di

riassumerlo e riportarlo in una forma più snella. Si confrontino ad

esempio le due versioni di uno stesso passo, il quale, detto per inciso,

non ha nessuna funzione dal punto di vista dell’avanzamento della

trama (con il corsivo si intendono sottolineare le corrispondenze

testuali, che non si limitano a quelle segnalate da Marías con le

virgolette):

[Marías] Hay un momento de la novela en el que, al quitarse el sombrero en presencia de un abogado, se le levanta también la peluca que lleva, y se le ve una monstruosa cicatriz transversal que le coge desde el occipucio hasta el ojo derecho, imagínate —y se señaló la trayectoria en la cabeza, pasándose lentamente el índice—, formando ‘un enorme costurón prominente’, en palabras de Balzac, quien añade que el primer pensamiento que semejante herida sugería era ‘¡Por ahí se ha escapado la inteligencia!’.138 [Balzac] Le vieillard se découvrit promptement et se leva pour saluer le jeune homme; le cuir qui garnissait l’intérieur de son chapeau étant sans doute fort gras, sa perruque y resta collée sans qu’il s’en aperçût, et laissa voir à nu son crâne horriblement mutilé par une cicatrice transversale qui prenait à l’occiput et venait mourir à l’œil droit, en formant partout une grosse couture saillante. […] La première pensée que suggérait l’aspect de cette blessure était celle-ci: ―Par là s’est enfuie l’intelligence! 139

Ed ecco un altro esempio simile dove, dopo un acceleramento per

mezzo del quale si riassumono alcune pagine del testo originale in una

serie di rapide coordinate che occupano poche righe, il ritmo poi

rallenta di nuovo riportando la fonte e la sua riproduzione a coincidere

quasi perfettamente:

[Marías] El Coronel, de manera inverosímil pero muy convincente tal como se la relata a un abogado parisiense, Derville, al que quiere encargar su caso, recupera el conocimiento antes de ser sepultado,

138 Ivi, p. 155, corsivo mio. 139 Honoré de Balzac, Le Colonel Chabert, in id., La Comédie humaine, Seuil, Paris, 1965, vol 2, p. 314, corsivo mio.

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cree estar muerto, se da cuenta de que está vivo, y con muchas dificultades y suerte logra salir de esa pirámide de fantasmas después de haber pertenecido a ellos quién sabe durante cuántas horas y de haber oído, o creído oír, como dice —y aquí Díaz-Varela abrió el librito y buscó una cita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso lo había cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando—, ‘gemidos lanzados por el mundo de cadáveres en medio del cual yo yacía’; y añade que aún ‘hay noches en que creo oír esos suspiros ahogados’.140 [Balzac] J’entendis, ou crus entendre, je ne veux rien affirmer, des gémissements poussés par le monde de cadavres au milieu duquel je gisais. Quoique la mémoire de ces moments soit bien ténébreuse, quoique mes souvenirs soient bien confus, malgré les impressions de souffrances encore plus profondes que je devais éprouver et qui ont brouillé mes idées, il y a des nuits où je crois encore entendre ces soupirs étouffés!141

Si osservi infine questo frammento nel quale Marías aggiunge

addirittura dei dettagli non presenti nella versione di Balzac per

descrivere lo stato d’animo e il tono di voce del colonnello:

[Marías] Cuando al comienzo de la novela se presenta en el bufete del abogado, uno de los pasantes o mandaderos le pregunta el nombre. Él responde: ‘Chabert’, y el individuo le dice: ‘¿El Coronel muerto en Eylau?’. Y el espectro, lejos de protestar, de rebelarse y enfurecerse y contradecirle en el acto, se limita a asentir y a confirmárselo mansamente: ‘El mismo, señor’.142 [Balzac] ―Monsieur, lui dit Boucard, voulez-vous avoir la complaisance de nous donner votre nom, afin que le patron sache si… ―Chabert. ―Est-ce le colonel mort à Eylau? Demanda Huré qui n’ayant encore rien dit était jaloux d’ajouter une raillerie à toutes les autres. ―Lui-même, monsieur, répondit le bonhomme.143

Riteniamo di poter individuare due ragioni alla base di una simile

gestione della fonte. In primo luogo, come si diceva nell’introduzione

di questo capitolo, Marías sembra voler concedere una nuova vita al

140 LE, p. 156, corsivo mio. 141 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 315, corsivo mio. 142 LE, p. 168, corsivo mio. 143 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 312, corsivo mio.

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testo, rendendolo il più autonomo possibile dal contenitore che gli

offre e riducendo lo schermo che frappone fra l’originale e i lettori. In

secondo luogo, traducendo alcuni passi dell’opera vuole respingere la

cattiva versione di Joaquín García Bravo, risalente al 1903, attraverso

cui il romanzo breve di Balzac è stato diffuso in Spagna («Te presto el

libro si quieres» dice Díaz-Varela a María «¿o no lees francés? La

traducción que hay por ahí es mala»)144. Osserviamo come due degli

esempi di traduzione che abbiamo già ricordato perfezionino la

versione spagnola precedente, proponendo una forma più fedele

all’originale francese:

[Balzac] «gémissements poussés par le monde de cadavres au milieu duquel je gisais»145 [Marías] «gemidos lanzados por el mundo de cadáveres en medio del cual yo yacía»146 [García Bravo] «gemidos lanzados por el montón de cadáveres en medio del cual yacía»147 [Balzac] «une grosse couture saillante»148 [Marías] «un enorme costurón prominente»149 [García Bravo] «un profundo surco»150

E infine un terzo, che non avevamo ancora menzionato, nel quale si

nota come l’autore corregga la banalizzazione di García Bravo:

[Balzac] «Le sentiment de mes droits me tue»151 [Marías] «El sentimiento de mis derechos me mata»152

144 Ivi, p. 166. 145 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 315. 146 LE, p. 156. 147 Honoré de Balzac, El coronel Chabert, in id., La comedia humana, traducción de Joaquín García Bravo, Biblioteca Luis Tasso, Barcelona, 1903. Il testo è disponibile anche al seguente indirizzo di rete, dal quale si cita: http://www.funambulista.net/wp-content/uploads/2011/06/El-coronel-Chabert.pdf. 148 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 314. 149 LE, p. 155. 150 Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit. 151 Id., Le Colonel Chabert, cit., p. 316.

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[García Bravo] «El convencimiento de mis derechos me mata»153

Marías sembra dunque essere motivato dalla «cultura del texto» 154 .

Oltre a proporre esempi di traduzione come quelli che abbiamo

appena visto, inserisce delle riflessioni che problematizzano il

processo traduttivo. Come fa anche con il Macbeth155, non cerca di

sciogliere l’ambiguità della fonte, ma semmai di riprodurla attraverso

una pluralità di soluzioni, ricordando infine anche la versione

originale. Si osservi ad esempio il frammento seguente:

‘¿Los muertos hacen mal en volver?’, o acaso (también podría entenderse así): ‘¿Se equivocan los muertos al regresar?’. Lo que dice en francés es esto: ‘Les morts ont donc bien tort de revenir?’156

Ancor più significativa è la sua versione del monologo di Derville, che

il personaggio di Díaz-Varela improvvisa «traduciendo sobre la

marcha sin duda» 157 e che riportiamo in nota, accompagnata dalla

versione originale158 (in questo caso, data la lunghezza del passo, è

152 LE, pp. 168-169. 153 Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit. 154 Cfr. Rico, La cultura del texto, cit. 155 Cfr. infra, § 4.2. 156 LE, p. 167, corsivo dell’autore. Questa citazione di Balzac ricorre altre volte nel romanzo (cfr., LE, pp. 274, 347, 362) contribuendo a creare coesione nell’opera. 157 LE, p. 172. 158 «Le dice a su antiguo empleado Godeschal, que ahora se va a estrenar como abogado: ‘¿Sabe usted, querido amigo, que en nuestra sociedad existen tres hombres, el Sacerdote, el Médico y el Hombre de justicia, que no pueden estimar el mundo? Tienen vestimentas negras, quizá porque llevan el duelo de todas las virtudes, de todas las ilusiones. El más desgraciado de los tres es el abogado’. Cuando la gente acude al sacerdote, le explica, lo hace con remordimiento, con arrepentimiento, con creencias que la engrandecen y le confieren interés, y que en cierto modo consuelan el alma del mediador. ‘Pero nosotros los abogados’ —y aquí Díaz-Varela me leyó en español de la última página de la novela, traduciendo sobre la marcha sin duda, no es que se hubiera preparado una versión—, ‘nosotros vemos repetirse los mismos sentimientos malvados, nada los corrige, nuestros bufetes son cloacas que no se pueden limpiar. ¡De cuántas cosas no me he enterado al desempeñar mi cargo! ¡He visto morir a un padre en un granero, sin blanca, abandonado por dos hijas a las que había donado cuarenta mil libras de

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ancora più evidente il processo di scomparsa del testo citante a favore

di quello citato). In particolare, è interessante la parte che dice: «He

visto a mujeres darle al niño de un primer lecho gotas que debían

traerle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor»159. Quando

María legge autonomamente lo scritto di Balzac, si accorge che Díaz-

Varela pronunciando quella frase era incorso in un errore di

traduzione, forse involontario o forse deliberato «para cargarse aún

más de razón»160. Infatti, nell’originale francese si legge: «J’ai vu des

renta! He visto arder testamentos; he visto a madres despojar a sus hijos, a maridos robar a sus mujeres, a mujeres matar a sus maridos valiéndose del amor que les inspiraban para volverlos locos o imbéciles, a fin de vivir en paz con un amante. He visto a mujeres darle al niño de un primer lecho gotas que debían traerle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor. No puedo decirle todo lo que he visto, porque he visto crímenes contra los que la justicia es impotente. En fin, todos los horrores que los novelistas creen inventar se quedan siempre por debajo de la verdad. Va usted a conocer todas estas cosas tan bonitas, a usted se las dejo; yo me voy a vivir al campo con mi mujer, París me produce horror.’» (LE, pp. 171-172). Cfr. con l’originale francese: «Savez-vous, mon cher, reprit Derville après une pause, qu’il existe dans notre société trois hommes, le Prêtre, le Médecin et l’Homme de justice, qui ne peuvent pas estimer le monde? Ils ont des robes noires, peut-être parce qu’ils portent le deuil de toutes les vertus, de toutes les illusions. Le plus malheureux des trois est l’avoué. Quand l’homme vient trouver le prêtre, il arrive poussé par le repentir, par le remords, par des croyances qui le rendent intéressant, qui le grandissent, et consolent l’âme du médiateur dont la tâche ne va pas sans une sorte de jouissance: il purifie, il répare, et réconcilie. Mais nous autres, avoués, nous voyons se répéter les mêmes sentiments mauvais, rien ne les corrige, nos Études sont des égouts qu’on ne peut pas curer. Combien de choses n’ai-je pas apprises en exerçant ma charge! J’ai vu mourir un père dans un grenier, sans sou ni maille, abandonné par deux filles auxquelles il avait donné quarante mille livres de rente! J’ai vu brûler des testaments; j’ai vu des mères dépouillant leurs enfants, des maris volant leurs femmes, des femmes tuant leurs maris en se servant de l’amour qu’elles leur inspiraient pour les rendre fous ou imbéciles afin de vivre en paix avec un amant. J’ai vu des femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des goûts qui devaient amener sa mort, afin d’enrichir l’enfant de l’amour. Je ne puis vous dire tout ce que j’ai vu, car j’ai vu des crimes contre lesquels la justice est impuissante. Enfin, toutes les horreurs que les romanciers croient inventer sont toujours au-dessous de la vérité. Vous allez connaître ces jolies choses-là, vous; moi, je vais vivre à la campagne avec ma femme, Paris me fait horreur» (Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333). 159 LE, p. 172. 160 Ivi, p. 180.

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femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des goûts qui devaient

amener sa mort»161, non «des gouttes».

Questo episodio rappresenta un’importante riflessione

metaletteraria sull’uso della fonte in Marías: l’autore, come il suo

personaggio, manipola i testi che sceglie di citare, attribuendo loro

significati che non avevano in origine. Ciò può avvenire sia in maniera

smaccata come in questo caso, cioè con una modifica linguistica

facilmente verificabile, che in modo più sottile, quando il testo è

riportato fedelmente ma in un contesto che ne altera il significato.

Emblematico, in questo senso, è il caso delle citazioni shakespeariane

che l’autore sceglie come titoli per i suoi romanzi o racconti: esse,

presentate isolate dal loro contesto, si mostrano in tutta la loro

misteriosa ambiguità, prestandosi ad essere interpretate in sensi lontani

da quello che avevano nella fonte.

In Corazón tan blanco, in particolare, possiamo osservare una

deformazione della fonte molto simile a quella operata da Díaz-Varela.

La canzone cubana citata nel romanzo, infatti, presenta – oltre ad

alcune variazioni “innoque” e frequenti nelle canzoni (l’omissione di

un verso, qualche sostituzione sinonimica) – una «transformación

difícilmente explicable»: la parola negra è sostituita con suegra con

l’unico scopo di rendere il riferimento intertestuale più calzante alla

storia narrata162.

Ne Los enamoramientos, Marías ci avverte anche in altre occasioni

che sta reinterpretando e utilizzando le fonti a suo piacimento:

161 Balzac, Le Colonel Chabert, cit., p. 333. La frase è riportata anche da Marías, cfr. LE, p. 181. 162 Cfr. Gómez López, El fenómeno de la traducción (inglés-español) como falsificación del lenguaje en Corazón tan blanco, cit., pp. 125-126.

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Desde luego tenía labia y a mí me encantaba escucharlo, me hablara de lo que me hablara y aunque me relatase una historia vieja de Balzac que yo podría leer por mi cuenta, no por él inventada, seguramente sí interpretada o tal vez tergiversada.163

Il passo di Balzac che stiamo analizzando, tuttavia, a detta di Francisco

Rico, non è una semplice rilettura; si tratterebbe piuttosto di una

proposta di correzione testuale. Sostituire la parola goûts con gouttes

renderebbe infatti più semplice interpretare questa frase e immaginare

la trama della «novela posible» 164 che essa riassume: queste gocce

potrebbero essere considerate gocce di veleno, mentre non è chiaro

con che tipi di vizi le madri potrebbero contagiare i propri figli per

spingerli verso la morte.

A questo punto è necessario parlare dell’edizione Redonda de Le

Colonel Chabert. Nel 2011 la casa editrice di Marías ha pubblicato

questo testo in una nuova veste spagnola, opera della traduttrice

Mercedes López-Ballesteros (che è, tra l’altro, dedicataria de Los

enamoramientos) 165 . In questa edizione sono presenti anche altri tre

racconti di Balzac: El verdugo166 , L’élixir de longue vie e Le chef-d’œuvre

inconnu. Si ricorderà che all’interno de Los enamoramientos María è

promotrice di un identico volume:

163 LE, p. 159. Cfr. con MBM, p. 176: «las historias no pertenecen sólo al que asiste a ellas o al que las inventa, una vez contadas ya son de cualquiera, se repiten de boca en boca y se tergiversan y tuercen»; NET, p. 17: «por el mero hecho de contar [lo sucedido] ya lo está deformando y tergiversando» (le distorsioni interessano ogni narrazione). 164 Rico, La cultura del texto, cit. 165 Come scrive Genette «La dedica di un’opera pubblica implica sempre dimostrazione, ostentazione, esibizione: essa mostra una relazione, intellettuale o privata, reale o simbolica, e questa esibizione è sempre al servizio dell’opera, come argomento di valorizzazione o tema di discussione» (Gérard Genette, Soglie. I dintorni del testo, Einaudi, Torino, 1989, p. 132). In questo caso specifico, essa sembra fungere da legame intertestuale che collega ulteriormente Los enamoramientos all’edizione Redonda de Le Colonel Chabert. 166 In spagnolo nell’originale.

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[…] convencí a Eugeni de que preparásemos a toda prisa una edición de El Coronel Chabert, con traducción nueva y muy buena (la más reciente era en efecto malísima), y le añadimos tres cuentos más de Balzac para conseguir un volumen con lomo, ya que esa obra es bastante breve, lo que en francés llaman nouvelle. A los pocos meses estaba en las librerías y yo me deshice así de su sombra, sacándola a la luz en mi lengua en las mejores condiciones.167

Vediamo dunque che lo sforzo di diffusione di questo testo da parte

di Marías scavalca i limiti del romanzo e ha una realizzazione ancora

più concreta168. Tuttavia, è il caso di problematizzare questo tentativo

di promozione ricordando un articolo dove l’autore esprime il suo

sconforto nel constatare che molte persone avevano cominciato a

leggere Faulkner dopo la pubblicazione di Si yo amaneciera otra vez169:

Y hace unos años, cuando con motivo del centenario de Faulkner yo improvisé un volumen de homenaje a ese novelista genial, pude comprobar como alguna gente se ponía a leerlo porque lo recomendaba yo, es decir, un mindundi en comparación con él. Lejos de alegrarme, confieso que me deprimí. Y es que mucho me temo que nunca como ahora los muertos mejores dependen del capricho o del favor de los vivos inferiores a ellos. O quizá sea de su gratitud.170

Da parte sua, facendosi meno scrupoli, la casa editrice Alfaguara ha

approfittato della dimensione intertestuale de Los enamoramientos per

fare marketing: nella fattispecie, a novembre del 2011, allegò alla terza

167 LE, pp. 387-388. 168 Durante un incontro che ebbe luogo il 28 aprile 2011 presso l’Istituto Cervantes di Madrid per promuovere Los enamoramientos, Marías a proposito di questa traduzione dichiarò: «se me ocurrió que, tal vez, algunos lectores, pocos probablemente, de esta novela sentieran algo de curiosidad por leer la novelita de Balzac de la cual hablan los personajes en un momento dado y, como la traducción preexistente a la que he sacado yo ahora era francamente mala, desde mi punto de vista, […] me pareció buena idea [reeditarla]» (il video dell’intervista è disponibile all’indirizzo di rete: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/, ultima consultazione: 20/7/2013. La trascrizione è mia). 169 Si tratta di un volume curato da Marías per celebrare il centenario della nascita di Faulkner. Include la traduzione di dodici poesie facenti parte di A Green Bough e un commento. Javier Marías, Si yo amanecería otra vez. William Faulkner: un entusiasmo, Alfaguara, Madrid, 1997. 170 Javier Marías, Genios a merced de mindundis, in DTS, p. 252.

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edizione del romanzo una copia de Le Colonel Chabert (edizione

Alfaguara, non Redonda, ma sempre nella traduzione di Mercedes

López-Ballesteros). La fascetta sulla copertina recitava queste parole,

abbastanza ambigue (ma, d’altronde, «da dimenticare una volta fatto il

loro effetto»171): «De regalo, El coronel Chabert, personaje clave de Los

enamoramientos»172.

Riprendendo le fila del nostro discorso, sembra interessante

andare a osservare se nella sua edizione Marías trovi spazio per

accogliere quella che Rico definisce «una conjectura, del tipo que se

consigna en un aparato crítico» 173 , ma, in effetti, non è così. La

traduzione di Mercedes López-Ballesteros segue la tradizione del testo

e all’ipotesi dell’emendamento non si fa accenno neanche in nota

(d’altra parte, non si tratta di un’edizione critica). Tuttavia, c’è un

legame che unisce Los enamoramientos alla nuova edizione de Le Colonel

Chabert. Quando María si accorge dell’errore di traduzione di Díaz-

Varela, commenta:

Pero no era eso lo que decía el original, en la novela no se leía ‘J’avi vu des femmes donnant à l’enfant d’un premier lit des gouttes qui devaient amener sa mort’ sino ‘des goûts’, que no significa ‘gotas’ sino ‘gustos’, aunque aquí no cupiera traducirlo así, porque sería como mínimo ambiguo e induciría a confusión. [...] me atreví a pensar que el equivalente más adecuado a lo que escribió Balzac sería algo semejante a esto: ‘He visto a mujeres inculcarle a los hijos de un primer lecho aficiones’ (o quizá ‘inclinaciones’) ‘que debían acarrearle la muerte, a fin de enriquecer al hijo del amor’.174

171 Così parla della funzione delle fascette promozionali Genette in Genette, Soglie, cit., p. 29. 172 Vedi http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/11/23/el-coronel-chabert-de-regalo-con-los-enamoramientos/ (ultima consultazione: 20/7/2013). Un’altra edizione ancora della traduzione della López-Ballesteros è stata pubblicata da Debolsillo nel 2013 (http://javiermariasblog.wordpress.com/2013/05/24/reino-de-redonda-en-debolsllo-el-coronel-chabert/, ultima consultazione: 20/7/2013). 173 Cfr. Rico, La cultura del texto, cit. 174 LE, p. 181, corsivo dell’autore.

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Vediamo che la López-Ballesteros accoglie questo suggerimento nella

sua versione: «He visto a mujeres inculcar al hijo de un primer lecho

aficiones que le ocasionarían la muerte, para enriquecer al hijo de un

amor»175, correggendo la traduzione di García Bravo, dove si leggeva:

«He visto madres que daban todos los gustos al hijo habido en el

primer matrimonio, para acarrearle la muerte y poder enriquecer al

hijo del amor»176.

La traduzione della López-Ballesteros emenda anche un altro

sostanzioso errore della precedente, ripristinando il finale originale.

Nella versione di García Bravo, infatti, l’opera si conclude con il

monologo di Derville, ma a questo seguirebbe un’ultima battuta:

«―J’en ai déjà bien vu Desroches, répondit Godeschal» 177 . Non

sappiamo perché questa parte sia stata espunta da García Bravo, ma lo

stesso Marías, attraverso le parole di Díaz-Varela, ci offre una

possibile giustificazione estetica:

―Así termina el relato ―dijo―. Bueno, casi: Balzac le hace responder a ese Godeschal una frase que no viene a cuento y que está a punto de anular la fuerza de esta visión que te acabo de leer; en fin, es un defecto menor.178

Vorremmo infine commentare la presenza fisica del libro all’interno

del romanzo. Ne Los enamoramientos si fa riferimento a due edizioni de

Le Colonel Chabert: quella che può essere riconosciuta come l’edizione

Redonda e un’edizione francese, prestata da Díaz-Varela a María.

Della copertina di quest’ultimo volume si offre una descrizione che ci

175 Honoré de Balzac, El coronel Chabert, in El coronel Chabert seguido de El verdugo, El elixir de larga vida y la obra maestra desconocida, traducción de Mercedes Lopéz-Ballesteros, Reino de Redonda, Barcelona, 2011, p. 105. 176 Balzac, El coronel Chabert, traducción de Joaquín García Bravo, cit. (corsivo mio). 177 Id., Le Colonel Chabert, cit., p. 333. 178 LE, p. 173.

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permette di identificarla con l’edizione della casa editrice J’Ai Lu del

2004:

[Díaz-Varela] Volvió a fijar la vista en la cubierta, cuya ilustración era un cuadro con la cara de un húsar, o eso me pareció, con nariz aguileña, mirada perdida, largo bigote curvo y morrión, posiblemente de Géricault […].179

L’immagine rappresenta in effetti un quadro del pittore romantico

Théodore Géricault (1781-1824): è il ritratto del luogotenente

Dieudonné, conservato presso il Museo Bonnat (Bayonne, Francia) e

dipinto probabilmente nel 1812 come schizzo preparatorio per il più

famoso Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia Imperiale alla carica180.

Quando Díaz-Varela cita l’opera, lo fa consultando tale volume181

e riproducendo all’interno della narrazione uno dei possibili

meccanismi attraverso i quali citano anche gli autori: possiamo

immaginare lo stesso Marías, seduto di fronte alla sua macchina da

scrivere, che guarda la sua edizione de Le Colonel Chabert, la quale avrà

presumibilmente un’immagine di Géricault in copertina.

179 Ivi, p. 175. 180 Vedi fig. 1. È curioso notare che Jean Rouaud, autore francese coetaneo di Marías, cita in uno dei suoi libri il romanzo breve di Balzac, commentando l’immagine di copertina, anche in questo caso di Géricault: «Bien à l’abri, bien au chaud, vous lisez “Le Colonel Chabert”. Vu la couverture illustrée d’un cavalier de Géricault, il s’agit sans doute d’une version abrégée pour la jeunesse, mais, quand vous douterez d’avoir été un lecteur précoce, vous vous rappellerez qu’une raison plus impérieuse que l’ennui vous fit interrompre, le lendemain de Noël de vos onze ans, la lecture d’un roman de Balzac» (Jean Rouaud, Des hommes illustres, Editions de Minuit, Parigi, 1993, p. 109). Si tratta in questo caso del quadro più famoso, il quale è stato più volte usato come copertina per il romanzo, ad esempio dalla casa editrice Seine nel 1993. 181 «abrió el librito y buscó una vita, las debía de tener señaladas y tal vez por eso lo había cogido, para ofrecerme alguna de vez en cuando» (LE, p. 156), «buscó otra cita en el pequeño volumen, aunque esta era tan corta que por fuerza se la tenía que saber de memoria» (ivi, p. 167), «rebuscó entre las páginas hasta dar con la cita» (ivi, p. 169), «me leyó en español de la última página de la novela» (ivi, p. 172). A volte cita anche a memoria: «citó esta vez de memoria y se paró, quizá porque no recordaba más, quizá porque no tenía objeto seguir» (ivi, p. 175).

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3.3 Les Trois Mousquetaires di Alexandre Dumas

Il meccanismo di presentazione di quest’opera all’interno de Los

enamoramientos è simile a quello adottato per Le Colonel Chabert: uno dei

personaggi (in questo caso María) ne ripercorre parte della trama in

maniera dettagliata, anche attraverso l’uso di citazioni testuali riportate

in traduzione o in lingua originale. Anche in questo caso, dunque, il

testo citante tende a scomparire a favore del testo citato.

Come si può facilmente immaginare considerandone la mole, di

questo romanzo non viene riproposto che un episodio, quello che

narra le vicende di Athos e Milady raccontate nei capitoli La femme

d’Athos (XXVII), Scène conjugale (XLV), Le jugement (LXV) e L’exécution

(LXVI). La fonte è utilizzata in maniera complessa e ambivalente,

come si avrà modo di mostrare, e offrirà spunti per riflessioni sui temi

della punizione e della colpa, ma anche sulle presenze fantasmali.

Il primo riferimento a questo testo compare nella terza parte del

romanzo, ossia in una fase già avanzata, quando María si trova a

temporeggiare cercando il coraggio di presentarsi a casa di Díaz-Varela

dove questi l’ha invitata perché desidera parlarle («Tengo que

consultarte algo urgente»)182; María, a ragione, teme che si tratti della

conversazione con Ruibérriz che aveva origliato e si interroga su quale

dovrebbe essere la sua condotta.

‘¿Por qué me presto? ¿Por qué no me niego, por qué no huyo de él y me escondo, o mejor, por qué no lo denuncio sin más? ¿Por qué me avengo a tratarlo aun sabiendo lo que sé, a escucharlo si se quiere explicar, seguramente a acostarme con él si me lo propone con un mero gesto […]?’183

182 LE, p. 260. 183 Ivi, p. 266.

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È a questo punto che si ricorda de Les Trois Mousquetaires e di Athos

che le offre un modello di integrità e coerenza, rappresentando la

forza della giustizia che riesce a piegare quella dell’innamoramento. In

particolare, ciò che le torna in mente è una citazione in francese, che

suo padre amava recitare di tanto in tanto «sin venir mucho a

cuento»184, poiché ne apprezzava «el ritmo, la sonoridad y la concisión

de las frases»185. Marías non fa riproporre alla sua narratrice la frase

fuori contesto, ma, venendo incontro al lettore, descrive l’intero

episodio da cui è tratta. Lo fa con ricchezza di dettagli e citazioni,

anche in lingua originale (ma sempre accompagnate da una

traduzione).

Trascriviamo il brano, inserendo in nota la versione francese,

dove si sono evidenziate in corsivo le frasi riportate testualmente:

confrontandole con le parti virgolettate de Los enamoramientos ci

rendiamo conto immediatamente che, nell’ultima parte del riassunto

della scena, Marías cita così tanto che la sua versione tende a diventare

una traduzione dell’originale; lo sforzo di sintesi è ridotto al minimo e

i due testi finiscono sostanzialmente per coincidere:

Athos está hablando de sí mismo en tercera persona, es decir, está contándole a d’Artagnan su historia como si se la atribuyera a un antiguo amigo aristócrata, el cual se habría casado, a sus veinticinco años, con una inocente y embriagadora chiquilla de dieciséis, ‘bella como los amores’, o ‘como los amoríos’, o ‘como los enamoramientos’, eso dice Athos, que en aquel entonces no era él, el mosquetero, sino el Conde de la Fère. Durante una cacería, su jovencísima y angelical mujer, con la que ha contraído matrimonio sin saber mucho de ella, sin averiguar su procedencia e imaginándola sin pasado, sufre un accidente, cae del caballo y se desmaya. Al acercarse a socorrerla, Athos observa que el vestido la está oprimiendo, casi ahogando; saca su puñal y se lo rasga para que respire, dejándole el hombro al descubierto. Y es entonces cuando ve que lleva en él, grabada a fuego, una infame flor de lis, la marca con la que los

184 Ibidem. 185 Ibidem.

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verdugos señalaban para siempre a las prostitutas y a las ladronas o a las criminales en general, no lo sé. ‘El ángel era un demonio’, sentencia Athos. ‘La pobre muchacha había robado’, añade un poco contradictoriamente. D’Artagnan le pregunta qué hizo el Conde, a lo que su amigo responde con sucinta frialdad (y esta era la cita que repetía mi padre y de la que yo me acordé): ‘Le Comte était un grand seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva de déchirer les habits de la Comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un arbre’. O lo que es lo mismo: ‘El Conde era un gran señor, tenía sobre sus tierras derecho de justicia baja y alta: acabó de desgarrar las ropas de la Condesa, le ató las manos a la espalda y la colgó de un árbol’. […] D’Artagnan se horroriza y exclama: ‘¡Cielos! ¡Athos! ¡Un asesinato!’. A lo que Athos responde misteriosa o más bien enigmáticamente: ‘Sí, un asesinato, no más’, y a continuación pide más vino y jamón, dando así por concluido el relato. 186

186 LE, pp. 266-269, corsivo dell’autore. Questo il passo corrispondente dell’originale: «―Qu’il soit fait donc comme vous le désirez. Un de mes amis, un de mes amis, entendez-vous bien! pas moi, dit Athos en s’interrompant avec un sourire sombre; un des comtes de ma province, c’est-à-dire du Berry, noble comme un Dandolo ou un Montmorency, devint amoureux à vingt-cinq ans d’une jeune fille de seize, belle comme les amours. À travers la naïveté de son âge perçait un esprit ardent, un esprit non pas de femme, mais de poète; elle ne plaisait pas, elle énivrait; elle vivait dans un petit bourg, près de son frère qui était curé. Tous deux étaient arrivés dans le pays: ils venaient on ne savait d’où; mais en la voyant si belle et en voyant son frère si pieux, on ne songeait pas à leur demander d’où ils venaient. Du reste, on les disait de bonne extraction. Mon ami, qui était le seigneur du pays, aurait pu la séduire ou la prendre de force, à son gré, il était le maître; qui serait venu à l’aide de deux étrangers, de deux inconnus? Malheureusement il était honnête homme, il l’épousa. Le sot, le niais, l’imbécile! ―Mais pourquoi cela, puisqu’il l’aimait? demanda d’Artagnan. ―Attendez donc, dit Athos. Il l’emmena dans son château, et en fit la première dame de sa province; et il faut lui rendre justice, elle tenait parfaitement son rang. ―Eh bien? demanda d’Artagnan. ―Eh bien, un jour qu’elle était à la chasse avec son mari, continua Athos à voix basse et en parlant fort vite, elle tomba de cheval et s’évanouit; le comte s’élança à son secours, et comme elle étouffait dans ses habits, il les fendit avec son poignard et lui découvrit l’épaule. Devinez ce qu’elle avait sur l’épaule, d’Artagnan? dit Athos avec un grand éclat de rire. ―Puis-je le savoir? demanda d’Artagnan. ―Une fleur de lis, dit Athos. Elle était marquée! Et Athos vida d’un seul trait le verre qu’il tenait à la main. ―Horreur! s’écria d’Artagnan, que me dites-vous là? ―La vérité. Mon cher, l’ange était un démon. La pauvre fille avait volé. ―Et que fit le comte? ―Le comte était un grand seigneur, il avait sur ses terres droit de justice basse et haute: il acheva de déchirer les habits de la comtesse, il lui lia les mains derrière le dos et la pendit à un arbre. ―Ciel! Athos! un meurtre! s’écria d’Artagnan.

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Notiamo inoltre che, come aveva già fatto anche per tradurre alcune

frasi del Macbeth187 e de Le Colonel Chabert, Marías propone una serie di

varianti per rendere in spagnolo l’espressione ‘belle comme les

amours’ che diventa ‘bella como los amores’, o ‘como los amoríos’, o

‘como los enamoramientos’. La frase è meno enigmatica di quelle di

Shakespeare e Balzac e non sembra giustificare tutta questa incertezza.

Le oscillazioni in questo caso non sono dovute all’oscurità dell’autore

citato, ma alla polisemia del termine amour e alla non perfetta

coincidenza dei significati ad esso connessi, neanche con i suoi

corrispettivi nelle lingue romanze. In particolare, sotto amour ricade

anche lo spagnolo enamoramiento, per mancanza di un più perfetto

corrispondente. In un altro punto del romanzo Díaz-Varela riflette su

queste differenze:

Para mí es el único modo de reconocer ese término que todo el mundo emplea con desenvoltura pero que no debería ser tan fácil puesto que no lo conocen muchas lenguas, sólo el italiano además de la nuestra, que yo sepa, claro está que yo sé pocas... Tal vez el alemán, la verdad es que lo ignoro: el enamoramiento. El sustantivo, el concepto; el adjetivo, el estado, eso sí es más conocido, por lo menos el francés lo tiene y el inglés no, pero se esfuerza y se acerca...188

Curiosamente, in un’intervista per Repubblica, Marías ha dichiarato che

il titolo del romanzo è tratto dall’opera di Dumas, scritta in una lingua

che non conosce quel termine189. Da notare è anche il fatto che in

―Oui, un meurtre, pas davantage, dit Athos pâle comme la mort. Mais on me laisse manquer de vin, ce me semble» (Alexandre Dumas, Les Trois Mousquetaires,

Gallimard, Saint-Amand (Cher), 1962, pp. 337-338). 187 Cfr. infra, § 4.2. 188 LE, pp. 307-308. 189 «L’idea che si possa fare a meno di qualcuno che ci appare indispensabile, e amare oltre, andare oltre. Prendo in prestito un romanzo di Balzac, per dirlo. Ma anche I tre moschettieri, il titolo viene da lì», Javier Marías intervistato da Concita de Gregorio, Javier Marías e la legge del desiderio, cit.

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francese il titolo sia stato tradotto Comme les amours, probabilmente per

venire incontro a questa volontà dell’autore190.

Per quanto riguarda invece la frase amata dal padre di María,

essa, come nota César Pérez Gracia, suscita un’eco della ballata Lord

Randall191. Questa canzone popolare scozzese, si ricorderà, dà il titolo a

un racconto di Marías (La canción de Lord Rendall) pubblicato per la

prima volta sotto lo pseudonimo di James Ryan Denham nella

raccolta Cuentos únicos e, in seguito, all’interno di Mientras ellas

duermen192. In entrambi i volumi, esso è accompagnato da una falsa

biografia dello pseudo-autore inglese nella quale si spiega anche il

titolo dell’opera:

Aunque el presente relato (una mise en abyme de vértigo) se explica perfectamente por sí solo, puede ser útil saber que la canción inglesa Lord Rendall es el diálogo entre el joven Lord Rendall y su madre después de que aquél haya sido envenenado por su novia. A la última pregunta de la madre, ‘¿Qué le dejarás a tu amor, Rendall, hijo mío?’, éste responde: ‘Una soga para ahorcarla, madre, una soga para ahorcarla’.193

Le vicende hanno effettivamente dei legami con quella di Athos e

Milady, ma il riferimento intertestuale alla ballata risulta maggiormente

significativo se considerato come un ponte che collega il racconto a

Los enamoramientos (attraverso un doppio passaggio: Les Trois

Mousquetaires e la canzone) e, quindi, anche a Le Colonel Chabert. La

canción de Lord Rendall, infatti, è un’opera che ha molti aspetti in

190 L’autore aveva scelto anche il titolo della versione francese di Todas las almas (Roman d’Oxford) (cfr. Javier Marías, Quién escribe, in LYF). 191 Cfr. César Pérez Gracia, Las fullerías del amor, «Heraldo», 7/4/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/page/2/ (ultima consultazione: 25/7/2013). 192 Recentemente il racconto è stato pubblicato anche in AA. VV, Antología universal del relato fantástico, Edición y prólogo de Jacobo Siruela, Atalanta, Vilaür, 2013. 193 MED, p. 110.

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comune con il romanzo breve di Balzac194, poiché tratta di un uomo,

Tom Booth, che torna dalla moglie dopo la guerra e si rende conto di

essere stato sostituito da un individuo con le sue stesse sembianze:

un’altra storia, dunque, di presenze fantasmali e sostituzioni.

Tuttavia, la frase su cui María insiste di più non è quella che le fa

riaffiorare il ricordo della lettura di Les Trois Mousquetaires, ma è la

risposta che Athos dà a d’Artagnan (‘Sí, un asesinato, no más’), che

ripete poco più avanti, citando questa volta la versione originale

francese. La narratrice immagina anche altre possibili risposte che

avrebbero potuto essere date da Athos, in qualche modo ampliando i

confini della fonte, attraverso un meccanismo in parte affine a quello

che genera anche le citazioni shakespeariane contraffatte195. Se in quel

caso, però, l’autore aveva rielaborato, fino a farla diventare il suo

contrario, una singola frase (“He should have died hereafter” che diventa

“He should have died yesterday”), questa volta plasma un’intera situazione:

Lo misterioso o incluso enigmático es ese ‘no más’, en francés ‘pas davantage’. Athos no rebate el indignado grito de d’Artagnan, no se justifica ni lo corrige diciéndole: ‘No, fue tan sólo una ejecución’, o ‘Se trató de un acto de justicia’, ni siquiera intenta hacer más comprensible su precipitado, despiadado, presumiblemente solitario ahorcamiento de la mujer que amaba, seguramente él y ella nada más en medio de un bosque, una improvisación sin testigos, sin consejo ni ayuda ni nadie a quien apelar: ‘Estaba ciego de ira y no se supo contener; necesitaba tomar venganza; se arrepintió toda la vida’, tampoco le contesta nada de semejante índole.196

Le risposte immaginate sono meno taglienti e volte a mitigare l’atto

compiuto, ma in realtà la narratrice ammira la severità del

194 Non riteniamo comunque che sia lecito considerare Le Colonel Chabert una fonte d’ispirazione per il racconto poiché, da Los enamoramientos e dal suo paratesto, sembra evincersi che per l’autore questa lettura sia stata una scoperta recente. 195 Vedi infra, § 4.2. 196 LE, p. 269.

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moschettiere e vorrebbe riuscire a comportarsi con altrettanta durezza

nei confronti di Díaz-Varela:

‘¿Por qué no puedo ser yo como Athos o como el Conde de la Fère, que fue primero y dejó de ser? […] ¿Por qué no puedo ver las cosas con la misma nitidez y actuar en consecuencia, ir a la policía o a Luisa y contarles lo que sé, suficiente para que rebusquen e indaguen y vayan a por Ruibérriz de Torres, eso al menos para empezar? ¿Por qué no soy capaz de atarle las manos a la espalda al hombre que amo y colgarlo de un árbol sin más […]?’197

Athos incarna dunque quello che María vorrebbe riuscire ad essere,

ma, allo stesso tempo, la sua figura viene associata anche a Díaz-

Varela, in modo abbastanza contraddittorio. La sua risposta ‘Sí, un

asesinato, no más’ riecheggia alcune volte nella mente della narratrice

mentre ascolta la confessione di Díaz-Varela198, segnando le tappe di

un percorso che dallo sdegno passa alla rassegnazione e che ci sembra

essere ben riassunto in questo passo:

‘Estamos hablando de lo que estamos hablando, un asesinato, es insólito; y yo le presto atención en vez de colgarlo de un árbol’. Y en seguida acudía a mi pensamiento la contestación de Athos a d’Artagnan cuando éste había exclamado lo mismo: ‘Sí, un asesinato, no más’. Y cada vez lo pensaba menos.199

La frase viene dunque a indicare la normalità e la quotidianità del

male200 . Il personaggio di Athos, di conseguenza, come quello del

colonnello Chabert, rappresenta l’alter ego non di uno ma di due

personaggi de Los enamoramientos (ciò che María vorrebbe essere e ciò

che Díaz-Varela è). Allo stesso modo, la figura di Milady corrisponde

sia a Díaz-Varela (è colpevole) che a Deverne (è vittima).

197 Ivi, pp. 268-269. 198 Vedi ivi, p. 310 e p. 350. 199 Ivi, p. 310. 200 Cfr., Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 130.

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La risposta del moschettiere costituisce inoltre un’altra

raffigurazione dell’impossibilità e dell’inutilità di opporsi ai mali del

mondo, che era stata già descritta anche attraverso le parole

dell’avvocato Derville. Le due fonti vengono esplicitamente accostate

dall’autore, come emerge dal frammento seguente:

Admite que fue un asesinato, sí, pero ‘no más’, sólo eso y no otra cosa más execrable, como si el asesinato no fuera lo peor concebible o fuese algo tan común y corriente que ante ello no cupieran el escándalo ni la sorpresa, en el fondo lo mismo que opinaba el abogado Derville que tomó a su cargo el caso del muerto vivo que debió seguir muerto, el viejo Coronel Chabert, y que, como todos los de su oficio, veía ‘repetirse los mismos sentimientos malvados’ sin que nada los corrigiera, sus bufetes convertidos en ‘cloacas que no se pueden limpiar’.201

Marías fa dialogare le fonti non solo mettendole in relazione come si è

appena visto, ma anche usando frasi tratte da un testo per riassumerne

un altro, come in questo caso dove cita il Macbeth (“morir más

adelante”)202 parlando de Les Trois Mousquetaires:

[Athos] sin darle a la Condesa oportunidad de explicarse ni de defenderse, de negar ni de persuadir, de implorar clemencia ni de volverlo a embrujar, ni siquiera de poder ‘morir más adelante’, como quizá se merece hasta la criatura más ruin de la tierra, ‘le ató las manos a la espalda y la colgó de un árbol’, sin vacilar.203

Un altro collegamento tra fonti diverse è stabilito anche più avanti per

riprendere la narrazione delle vicende di Athos e Milady,

ricominciando dal capitolo XLV. In questo caso la narratrice accosta

l’opera di Balzac a quella di Dumas individuando un elemento

condiviso nelle trame (il ritorno di una persona creduta morta),

201 LE, p. 269. 202 Vedi infra § 4.2. 203 Ivi, p. 268.

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presentato però in due maniere assai distinte, anche in risposta alle

differenti esigenze di pubblico.

Me vino a la memoria otra cita de Los tres mosqueteros, que no recitaba mi padre pero yo me sabía en español, lo que impresiona en la infancia perdura como una flor de lis grabada en nuestra imaginación: aquella mujer marcada y colgada de un árbol […] no había muerto, lo mismo que el Coronel Chabert. Pero así como Balzac explicaba con todo detalle el milagro de su supervivencia y cómo se había arrancado de la pirámide de fantasmas a la que se lo había arrojado tras la batalla, Dumas, quizá más apremiado por los plazos de entrega y por la continua demanda de acción, desde luego más desahogado o despreocupado como narrador, no se había molestado en contar —o al menos eso yo no lo recordaba— cómo diablos se había librado la joven de morir, tras el apasionado ahorcamiento dictado por la cólera y el honor herido disfrazados de derecho de justicia alta y baja correspondiente a un gran señor. (Tampoco explicaba cómo un marido podía no haber visto nunca en el lecho la trágica flor de lis.)204

In questo frammento è da notare in particolare come l’immagine del

giglio diventa una metafora che può essere riproposta in altri contesti,

pur conservando «traccia delle intenzioni che è servit[a] per la prima

volta a esprimere»205.

Dopo aver riassunto rapidamente le misfatte di Milady,

accelerando il ritmo dell’originale francese, la narratrice ricomincia a

ripercorrere l’opera più dettagliatamente, facendo anche numerose

citazioni. L’incertezza indicata dall’espressione «algo así» è del tutto

simulata (tutte le citazioni sono tradotte fedelmente):

Valiéndose de su gran belleza, de su astucia y de su falta de escrúpulos —es de suponer que también de su rencor—, se había hecho poderosa, contando con el favor del mismísimo Cardenal Richelieu, y había acumulado crímenes sin remordimiento alguno. A lo largo de la

204 Ivi, pp. 271-272. 205 Cesare Segre, descrivendo le teorie sul dialogismo di Batchtin, in Cesare Segre, Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984, p. 104. L’immagine del giglio ricorrerà ancora nel romanzo fuori dal contesto de Les Trois Mousquetaires: cfr. LE, p. 282 e p. 400 (due volte).

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novela de Dumas comete unos cuantos más, convirtiéndose posiblemente en el personaje femenino más malvado, venenoso e inmisericorde de la historia de la literatura, imitado luego hasta la saciedad. En un capítulo irónicamente titulado ‘Escena conyugal’, se produce el encuentro entre Athos y ella, que tarda unos segundos en reconocer con un estremecimiento a su antiguo marido y verdugo, a quien también daba por muerto, como él a su amadísima esposa con bastante más razón. ‘Os cruzasteis ya en mi camino’, le dice Athos, algo así, ‘creía haberos fulminado, Madame; pero, o bien me equivocaba o el infierno os ha resucitado’. Y añade, respondiendo a su propia duda: ‘Sí, el infierno os ha hecho rica, el infierno os ha dado otro nombre, el infierno casi os ha reconstruido otro rostro; pero no os ha borrado las manchas del alma ni la mancilla de vuestro cuerpo’. Y poco después viene la cita de la que me acordé, en mi camino hacia Díaz-Varela por última o penúltima vez: ‘Me creíais muerto, ¿no es así?, como os creía yo muerta a vos. Nuestra posición es en verdad extraña; el uno y el otro hemos vivido hasta ahora tan sólo porque nos creíamos muertos, y porque un recuerdo molesta menos que una criatura, aunque a veces un recuerdo sea algo devorador’.206

Questo capitolo de Les Trois Mousquetaires, come si accennava, descrive

una situazione simile a quella in cui si viene a trovare la moglie del

colonnello Chabert. Il paragone tra i due testi è anche nuovamente

esplicitato dalla narratrice:

206 LE, pp. 271-273. Questo il passo corrispondente tratto dal romanzo: «―Vous êtes donc un démon envoyé sur la terre? dit Athos. Votre puissance est grande, je le sais mais vous savez aussi qu’avec l’aide de Dieu les hommes ont souvent vaincu les démons les plus terribles. Vous vous êtes déjà trouvée sur mon chemin, je croyais vous avoir terrassée, madame, mais, ou je me trompai, ou l’enfer vous a ressuscitée. Milady, à ces paroles qui lui rappelaient des souvenirs effroyables, baissa la tête avec un gémissement sourd. ―Oui, l’enfer vous a ressuscitée, reprit Athos, l’enfer vous a faite riche, l’enfer vous a donné un autre nom, l’enfer vous a presque refait même un autre visage mais il n’a effacé ni les souillures de votre âme, ni la flétrissure de votre corps. Milady se leva comme mue par un ressort, et ses yeux lancèrent des éclairs. Athos resta assis. ―Vous me croyiez mort, n’est-ce pas, comme je vous croyais morte? et ce nom d’Athos avait caché le comte de La Fère, comme le nom de Milady Clarick avait caché Anne de Breuil! N’était-ce pas ainsi que vous vous appeliez quand votre honoré frère nous a mariés? Notre position est vraiment étrange, poursuivit Athos en riant, nous n’avons vécu jusqu’à présent l’un et l’autre que parce que nous nous croyions morts, et qu’un souvenir gêne moins qu’une créature, quoique ce soit chose dévorante parfois qu’un souvenir!» (Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., pp. 497-498).

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Es otra razón más para que los muertos no regresen, al menos aquellos cuya condición nos provoca alivio y nos permite avanzar, si se quiere como espectros, tras enterrar nuestro antiguo yo: a Athos como a Milady, al Conde de la Fère como a Anne de Breuil, se lo permitieron durante años sus creencias respectivas de que el otro era sólo un muerto y ya no hacía temblar ni una hoja, incapaz de respirar; también la suya a Madame Ferraud, que rehízo sin estorbos su vida porque para ella su marido, el viejo Coronel Chabert, sin duda era solamente un recuerdo, y ni siquiera devorador.207

Si noti anche la citazione della frase «Les morts ont donc bien tort de

revenir», tratta da Le Colonel Chabert, che apre il passo (questa volta

inserita senza virgolette: Marías l’ha ormai fatta propria) e l’eco

dell’espressione di Balzac “recuerdo devorador”.

L’ultima parte della storia di Milady ― corrispondente ai capitoli

LXV e LXVI dell’originale ― viene ricordata dalla narratrice in quanto

emblema di un’età dell’oro ormai perduta in cui c’era ancora un

«simulacro de justicia»208. Nel passo, infatti, si descrive l’esecuzione

capitale della donna, richiesta con severa fermezza da tutti i

moschettieri e compiuta dallo stesso uomo che tanti anni addietro

l’aveva segnata con il marchio.

Questa volta la versione originale è seguita in maniera meno

pedissequa e leggermente più sbrigativa. Le citazioni, infatti, seppur

fedeli nel senso, non sempre corrispondono esattamente nella forma

alla fonte. Ad esempio, nel brano seguente possiamo osservare come

Marías concentri in un’unica battuta le condanne che nell’originale

ogni moschettiere pronunciava singolarmente:

[Dumas] D’Artagnan s’avança. — Devant Dieu et devant les hommes, dit-il, j’accuse cette femme d’avoir empoisonné Constance Bonacieux, morte hier soir. Il se retourna vers Porthos et vers Aramis.

207 LE, p. 274. 208 Ivi, p. 276.

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— Nous attestons, dirent d’un seul mouvement les deux mousquetaires. D’Artagnan continua: — Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme d’avoir voulu m’empoisonner moi-même, dans du vin qu’elle m’avait envoyé de Villeroy, avec une fausse lettre, comme si le vin venait de mes amis; Dieu m’a sauvé; mais un homme est mort à ma place, qui s’appelait Brisemont. — Nous attestons, dirent de la même voix Porthos et Aramis. — Devant Dieu et devant les hommes, j’accuse cette femme de m’avoir poussé au meurtre du baron de Wardes; et, comme personne n’est là pour attester la vérité de cette accusation, je l’atteste, moi. J’ai dit. Et d’Artagnan passa de l’autre côté de la chambre avec Porthos et Aramis. — À vous, Milord, dit Athos. Le baron s’approcha à son tour. — Devant Dieu et devant les hommes, dit-il, j’accuse cette femme d’avoir fait assassiner le duc de Buckingham.209 [Marías] Cada uno de ellos enunció su acusación, empezando todos con una fórmula inimaginable hoy en día: “Ante Dios y ante los hombres, yo acuso a esta mujer de haber envenenado, de haber asesinado, de haber hecho asesinar, de haberme empujado a asesinar, de haber llevado a la muerte mediante una extraña enfermedad, de haber cometido sacrilegio, de haber robado, de haber corrompido, de haber incitado al crimen...”.210

Ed ecco un altro esempio analogo:

[Dumas] —Monsieur d’Artagnan, dit Athos, quelle est la peine que vous réclamez contre cette femme? — La peine de mort! répondit d’Artagnan. — Milord de Winter, continua Athos, quelle est la peine que vous réclamez contre cette femme? — La peine de mort! reprit lord de Winter. — Messieurs Porthos et Aramis, reprit Athos, vous qui êtes ses juges, quelle est la peine que vous portez contre cette femme? — La peine de mort! répondirent d’une voix sourde les deux mousquetaires. Milady poussa un hurlement affreux, et fit quelques pas vers ses juges en se traînant sur ses genoux.211 [Marías] A lo que fueron respondiendo uno tras otro: “La pena de muerte, la pena de muerte, la pena de muerte, la pena de muerte”.212

209 Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., p. 693. 210 Ibidem. 211 Ivi, cit., p. 697.

68

Ci sono comunque anche qui casi in cui l’originale è seguito con

perfetta accuratezza, come quello che riportiamo di seguito e di cui

sicuramente l’autore avrà apprezzato (e cercato di riprodurre) la

sonorità e il ritmo, simili a quelli schietti e solenni della frase amata dal

padre di María(s):

[Dumas] Anne de Breuil, comtesse de La Fère, milady de Winter, dit-il, vos crimes ont lassé les hommes sur la terre et Dieu dans le ciel. Si vous savez quelque prière, dites-la, car vous êtes condamnée et vous allez mourir.213 [Marías] Anne de Breuil, Condesa de la Fère, Milady De Winter, vuestros crímenes han agotado a los hombres sobre la tierra y a Dios en el cielo. Si sabéis alguna oración, decidla, porque estáis condenada y vais a morir.214

Riassumendo questo passo della storia di Milady, Marías inserisce una

serie di echi (“bella como los amores”, “recuerdo devorador”) tratti

dall’opera di Dumas e che però in quella non si ripetono:

el verdugo ató de pies y manos a la mujer aún “bella como los

amores”, la cogió en brazos y la condujo a una barca, con la que cruzó

el río cercano hasta la otra orilla. […] El verdugo de Lille alzó su

espada y la bajó, y así puso fin a la criatura para convertirla

definitivamente en recuerdo, poco importa si devorador o no.215

Se, per altri versi, il riassunto che egli fa della fonte è talmente vicino

all’originale che da scrittore tende a trasformarsi in traduttore,

assorbendo quindi lo stile di un altro, in questo caso, invece, è lo stile

di Dumas che viene contaminato dal suo (questo è un altro modo in

cui si manifesta l’influenza reciproca tra testo citante e testo citato).

212 LE, p. 277. 213 Dumas, Les Trois Mousquetaires, cit., p. 697. 214 LE, p. 277. 215 Ivi, p. 277.

69

Come nel caso de Le Colonel Chabert, gli echi ritornano anche al di

fuori dello spazio dedicato espressamente alla riproduzione della fonte

o al suo commento, entrando a far parte del vocabolario personale dei

personaggi, come possiamo osservare nei frammenti seguenti:

Quizá era eso lo llamativo, que estuviera hablándome así de un crimen grave, de un asesinato cometido indirectamente o fraguado por él, algo de lo que no se habla con naturalidad o al menos no se solía, en un pasado aún no remoto, casi reciente: cuando se descubría o se reconocía una cosa semejante, no venían explicaciones ni disertaciones ni conversaciones sosegadas ni análisis, sino horror y cólera, escándalo, gritos y acusaciones vehementes, o bien se cogía una soga y se colgaba al asesino confeso de un árbol, y éste a su vez intentaba huir y mataba de nuevo si hacía falta.216

‘Qué superfluo regresar al pasado, qué pereza la idea de volver a ver a Javier. Qué pereza me da incluso acordarme de él. Fuera de mi mente aquel tiempo, lo inexplicable, un mal sueño. No resulta tan difícil, puesto que ya no soy la que fui. La única pega es que, aunque ya no lo sea, en muchos momentos no consigo olvidarme de eso que fui, y entonces, simplemente, mi nombre me es desagradable y quisiera no ser yo. En todo caso un recuerdo molesta menos que una criatura, aunque a veces un recuerdo sea algo devorador. Pero este ya no lo es, ya no lo es’.217

Particolarmente significativo è uno dei passi nel quale ritorna

l’immagine del giglio, collocato nel finale dell’opera:

‘Sí, yo no quiero ser su maldita flor de lis en el hombro, la que delata y señala e impide que desaparezca hasta el más antiguo delito; que la materia pasada sea muda y que las cosas se diluyan o escondan, que se callen y no cuenten ni traigan otras desgracias. […] No está de más que algunos hechos civiles, si es que no la mayoría, se queden sin registrar, ignorados, como es la norma. El empeño de los hombres suele ser el contrario, sin embargo, aunque tantas veces fracasen: grabar a fuego esa flor de lis que perpetúe y acuse y condene, y acaso desencadene más crímenes.’218

216 Ivi, p. 286, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 310 e a p. 354 (in quest’ultimo caso associata alla figura del colonnello Chabert). 217 Ivi, p. 357, corsivo mio. L’immagine torna anche a p. 366. 218 Ivi, pp. 400-401.

70

Se da una parte María aspira alla “giustizia”, ossia al fatto che i

colpevoli paghino per le loro colpe, dall’altra, i gigli con cui vengono

marchiati le appaiono inutili e crudeli, a volte persino totalmente

controproducenti. Questa incertezza e difficoltà nell’esprimere giudizi

morali univoci si riflette chiaramente nell’interpretazione de Les Trois

Mousquetaires che risulta essere, come abbiamo notato, altrettanto

ambivalente e contraddittoria.

3.4 Altre opere

Nel romanzo compaiono anche riferimenti generici ad altre opere. In

questo caso, però, i personaggi non offrono letture filosofiche e

autoreferenziali dei testi; giudicano invece la loro accuratezza filologica

o la possibilità di commercializzarli. Ne Los enamoramientos, così,

l’autore prende in analisi i libri da diversi punti di vista e descrive

differenti modi di relazionarsi con essi.

Nella scena in cui Díaz-Varela e Francisco Rico arrivano a casa di

Luisa, lo studioso si mette a curiosare tra i libri che ci sono nella

stanza finché tira fuori con la punta delle dita, «como si le diera

grima»219, un’edizione del Quijote e commenta:

Pero qué porquería de edición es esta […] Cómo se puede tener esta edición, existiendo la mía. Es pura necedad intuitiva, no hay método ni ciencia en ella, y ni siquiera es ocurrente, copia mucho. Y encima en casa de una profesora universitaria, para mayor inri, si mal no he

entendido. Así anda la Universidad madrileña. 220

L’edizione da lui curata è quella che è stata pubblicata per la prima

volta nel 1998 dalla casa editrice Crítica e a cui sono seguite numerose

219 LE, p. 126. 220 Ibidem.

71

ristampe. Per individuare con certezza l’edizione, definita una

«porquería», è invece necessario tenere in considerazione anche un

altro passo del romanzo, quando il personaggio di Rico, aprendo il

volume del Quijote a caso, esclama: «Aquí ya hay un error de bulto. […]

Se lo restregaré en un artículo»221. Grazie a questo dettaglio aggiuntivo

possiamo affermare che ci si riferisce senz’altro all’edizione di

Florencio Sevilla, con introduzione di Antonio Rey, pubblicata da

Alianza nel 1996: quel lavoro, infatti, venne duramente attaccato da

Rico in un articolo al vetriolo pubblicato su Babelia222. Due anni più

tardi, nel novembre del 1998, lo studioso ricordava ancora quella

disputa con un certo accaloramento, come emerge da un’intervista

recentemente ripubblicata dalla Revista de estudios cervantinos:

Ediciones del Quijote no existe ninguna. […] Perdónenme pero no. No existe ni una edición del Quijote que valga la pena. Sólo la que sacamos ahora. Es verdad. […] De pugnas con los cervantistas nada, nada, yo los descalifico totalmente, sin miedo, claro. Yo escribí alguna vez una visión muy dura, en El País, de la edición del Quijote que han hecho los chicos de Madrid, Sevilla y Rey, en Alianza, y es que estos señores ignoran absolutamente todo cuanto se ha aprendido en crítica textual en los últimos cincuenta años. Yo lo siento, pero es la verdad, es objetivo. No descalifico a nadie, ni acepto eso de que “mi polémica”, no, yo polémicas con nadie. Si yo voy a la comisaría de policía y digo: “acabo de ver cómo este individuo ha asesinado a esta ancianita”, no polemizo con el asesino. Lo que pasa es esto: lo he visto y puedo jurar que es verdad. Entonces no polemicé con nadie cuando critiqué: dije, no, ya no se puede editar el Quijote como lo editaba Rodríguez Marín, ni siquiera como lo editaba Riquer. Hoy sabemos muchas cosas que no sabían ellos.223

221 Ivi, p. 127. 222 Francisco Rico, ‘Por Hepila famosa’, o cómo no editar el Quijote, «Babelia», n. 261, 26/10/1996. 223 Artemisa Helguera y Carlos Ulises Mata, Charla con el maestro Francisco Rico (noviembre de 1998), «Revista de estudios cervantinos», n. 14, octubre-noviembre 2010, http://www.estudioscervantinos.org/entrevistas/Francisco%20Rico.pdf (ultima consultazione 5/9/2013).

72

Leggendo questo estratto ci rendiamo conto che il Francisco Rico

descritto ne Los enamoramientos, per quanto possa apparire romanzesco,

rappresenta molto fedelmente la figura a cui si ispira: è lo stesso

accademico ad avere costruito il suo personaggio224.

L’altro libro di cui si parla all’interno del romanzo è la biografia

Im Keller di Jan Philipp Reemtsma (Hamburger Edition HIS,

Hamburg, 1997), ricordata da María per un’associazione mentale

attivata dal tipo di sigarette che fuma Díaz-Varela:

[Díaz-Varela] fumaba unos alemanes muy ligeros fabricados por la casa Reemtsma, cuyo propietario fue secuestrado y hubo de pagar el mayor rescate de la historia de su país, una cantidad monstruosa, luego escribió un libro sobre su experiencia al que eché un vistazo en la editorial en su versión inglesa, consideramos publicarlo en España, pero al final Eugeni lo juzgó deprimente y no quiso.225

La versione inglese cui si riferisce può essere sia quella newyorkese

(Alfred A. Knopf) che quella londinese (Secker & Warburg), entrambe

del 1999 e intitolate In the Cellar; un’edizione spagnola, in effetti, non è

stata ancora pubblicata.

224 Approfondiremo l’analisi della sua figura in § 6.4. 225 LE, p. 304.

73

4. Un mosaico di citazioni226

4.1 Forme e funzioni

Questa sezione è dedicata all’analisi della dimensione intertestuale, nel

senso specifico di Genette, de Los enamoramientos, ossia alla ricerca e al

commento della presenza effettiva al suo interno di altri testi.

L’intertestualità può realizzarsi per mezzo di diversi meccanismi,

descritti brevemente da Genette stesso in Palinsesti e successivamente

riorganizzati, sulla base dei suoi studi, da Annick Bouillaguet nel

seguente schema227:

Esplicito Non esplicito

Letterale Citazione Plagio

Non letterale Riferimento228 Allusione

Marías si serve di tutte queste forme di rimando, tuttavia questa

classificazione non risulta particolarmente adatta ad analizzare la sua

opera a causa delle sottili modifiche con cui manipola le fonti,

rendendo non sempre facile stabilire il limite tra letterale e non

letterale. Oltre a questo, il termine plagio ci appare immotivatamente

connotato in modo negativo e quello di riferimento troppo comune per

essere efficacemente utilizzato in senso tecnico. Preferiremo quindi

226 Julia Kristeva ha definito i testi “mosaici di citazioni”, rendendo famosa quest’espressione. La stessa metafora era stata tuttavia usata molto tempo prima da Leon Battista Alberti nei Profugiorum ad erumna libri, proprio per descrivere il processo imitativo compiuto dai letterati. 227 Annick Bouguillaet, Une typologie de l’emprunt, «Poétique», 80, nov. 1989, p. 495. 228 Con riferimento traduciamo il termine «référence», inventato dalla Bouguillaet per colmare una lacuna della classificazione di Genette.

74

sfruttare soltanto l’opposizione tra riferimenti espliciti (che

indicheremo con il termine citazione) e impliciti (che chiameremo

allusioni), sentendoci giustificati anche dal fatto che questi vocaboli,

pur essendo stati ampiamente discussi, continuano a essere utilizzati in

modo non univoco229.

In questo lavoro elencheremo molte più citazioni che allusioni e

si potrebbe evincere che è tendenza generale dell’autore riportare le

parole d’altri segnalandole per mezzo di particolari codici tipografici

(corsivo e/o virgolette) o per mezzo di espressioni quali «se lee en…»,

«como dice…» e simili. Si tratta probabilmente di una deduzione

corretta, ed è la stessa conclusione cui è arrivato Antonio Iriarte

analizzando i riferimenti intertestuali presenti in Tu rostro mañana: «el

autor, como es lógico, no siempre indica explícitamente cuáles son las

fuentes, aunque sea de justicia señalar que casi siempre indica que está

citando, y el texto suele aparecer debidamente entrecomillado» 230 .

Tuttavia, è doveroso segnalare che presumibilmente ci sono sfuggiti

dei riferimenti nascosti, e che quindi lo scarto tra i due meccanismi è

da considerarsi meno marcato di quanto potrebbe apparire.

È da notare inoltre che, sebbene la critica indichi come forma più

propria di citazione quella virgolettata, in letteratura è in effetti assai

raro rintracciare esempi di questo tipo. Le virgolette rappresentano

piuttosto «un marcatore caratteristico del discorso scritto di carattere

saggistico, in cui è proprio l’esigenza di correttezza scientifica a

richiedere una marcatura precisa, nel proprio discorso, del discorso

altrui»231. Il fatto che ne Los enamoramientos se ne faccia un così largo

229 Per una bibliografia relativa ai due concetti, si veda Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 155-156. 230 Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 308. 231 Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18.

75

uso è una delle ragioni per cui si può definire questo romanzo un

ensayo-ficción 232 , ma è anche spia dell’inevitabilità di esprimersi per

citazioni: tutti i testi che abbiamo letto, infatti, si stratificano nella

nostra mente e diventano parte di noi.

Come sottolinea Antoine Compagnon nel suo fondamentale

saggio La Seconde Main (ancora non tradotto in italiano), il termine

citazione deriva dal verbo latino citare, che signfica “mettere in moto”,

“far passare dal riposo all’azione”. La prima funzione della citazione è

dunque quella di riattivare un testo, per mezzo di un cortocircuito tra

lettura e scrittura che le porta a coincidere (questo fatto è esplicitato

ne Los enamoramientos nel momento in cui l’autore descrive i personaggi

intenti a leggere dei libri e riporta le frasi che stanno leggendo: le loro

letture diventano la sua scrittura). Lo studioso Stefan Morawski

individua cinque altre più specifiche funzioni della citazione che

risultano utili per la nostra analisi233:

1) Invocazione di autorità, quando la citazione viene usata a

sostegno delle opinioni dell’autore o del personaggio.

2) Funzione erudita, quando i brani citati servono a presentare le

idee dell’autore che li ha scritti.

3) Funzione amplificatoria o di stimolo, quando la riproduzione di

una porzione di testo altrui serve all’autore come punto di

partenza per una propria riflessione.

4) Funzione ornamentale, quando la citazione funge da riempitivo

del discorso (questa modalità citatoria è di solito poco attenta a

rispettare il significato originario della fonte).

232 Vedi supra, n. 40. 233 Stefan Morawski, The Basic Functions of Quotation. In Sing, Language, Culture, Mouton, Le Haye-Paris, 1970. Noi facciamo riferimento al riassunto delle sue teorie presente in Bernardelli, Intertestualità, cit., pp. 32-36.

76

5) Funzione critico-parodica, quando la citazione viene collocata

in un contesto che ne ribalta gli intenti originari.

Secondo questa classificazione, molte delle citazioni usate da Marías

per presentare le trame de Le Colonel Chabert e de Les Trois Mousquetaires

possono essere considerate erudite, sebbene questa modalità citatoria

sia più tipica dei testi teorici che non di quelli narrativi. Gli esempi che

analizzeremo in questo capitolo svolgono invece le funzioni 1, 3 e 4;

in particolare, è significativa quella di stimolo, che dà avvio al

pensamiento literario dello scrittore.

Possiamo, tuttavia, individuare anche altre importanti finalità, che

dipendono dal peculiare stile di Marías. Nei suoi romanzi, infatti, «la

cita pasa a menudo a conformar una nueva categoria de ‘eco’»234: essa

entra, cioè, a far parte di quel sistema di risonanze che costituisce uno

dei principali tratti distintivi della sua opera. Quando si manifesta in

questa forma, la citazione può svolgere tutte quelle funzioni proprie

delle ripetizioni, che sono state così elencate e descritte da Alexis

Grohmann:

[repetitions] produce echoing effects, foreshadow events, lay stress on the materiality of language, emphasize and develop meaning, create motifs and themes producing rhythmic patterns whilst foregrounding the temporal movement of narrative, link scenes and ideas, unify the narrative as a whole, and, on a more general level, form nodal points, points of intersection to which other parts of the text lead and from which the connections to others can be traced. In addition, repetitions draw attention to something other than themselves, inviting a reading in term of their interrelationship with the narrative structure as a whole, ultimately also attesting a compulsion to repeat which, in turn, foregrounds the uncanny nature of the narration.235

234 Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 304. 235 Alexis Grohmann, Coming into one’s Own: The Novelistic Development of Javier Marías, Rodopi, Amsterdam-New York, 2002, p. 187. Cfr. anche Sebastiaan Faber, Un pensamiento que hace rimas. El afán universalizador en las novelas de Javier Marías, «Revista Hispánica Moderna», n. 56, 2003, p. 200.

77

Ne Los enamoramientos un esempio di citazione-eco è la frase di

Shakespeare «She should have died hereafter». Anche le allusioni

possono ripetersi più volte, come nel caso dell’espressione «perturbar

el universo», tratta da Eliot. È importante segnalare che le ripetizioni

possono creare collegamenti non solo tra scene ma anche tra romanzi;

in particolare, si noterà che Los enamoramientos è fortemente connesso a

livello linguistico a Corazón tan blanco. Questi legami retorici tendono a

sottolineare parallelismi e vicinanze tematiche, ampliando i confini del

testo con il portato di opere precedenti e gratificando i lettori che

sapranno coglierli.

I lettori che sono in grado di stabilire questi collegamenti e di

riconoscere l’origine delle allusioni nascoste sono quelli che Eco

chiama “lettori modello”, ossia coloro che fruiscono del testo in modo

da cogliere pienamente il suo contenuto potenziale: essi sono infatti

«capac[i] di cooperare all’attualizzazione testuale come egli, l’autore,

pensava, e di muoversi interpretativamente così come egli si è mosso

generativamente»236. Il romanzo è ovviamente fruibile in modi diversi,

ma chi condivide le competenze dello scrittore ed è in grado di

mettere in atto i “movimenti cooperativi” da lui richiesti occupa il

vertice di un’ideale gerarchia dei lettori, poiché «without the

knowledge of an informed reader the reachness of meanings in the

novel can only be diminished»237.

In Corazón tan blanco Marías aveva riflettuto sul differente modo

in cui varie persone possono recepire uno stesso testo, a seconda della

loro capacità o meno di cogliere i riferimenti interstestuali che esso

236 Eco, Lector in fabula, cit., p. 55. 237 David K. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 53 (parlando di come il romanzo Los dominios del lobo richieda ai lettori una specifica cultura cinematografica).

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contiene. Infatti, quando, durante la loro luna di miele, il narratore e

Luisa si trovano ad ascoltare le voci della coppia nella stanza accanto,

Juan è in grado di riconoscere la canzone cantata dalla donna e ricorda

l’inquietante storia ad essa collegata, ma non così la moglie:

Aquel canturreo que había cantado Miriam en la habitación de al lado no tenía ningun significado para Luisa, y en eso, en nuestro conocimiento o entendimiento de lo que estaba ocurriendo y se estaba diciendo a través del balcón y del muro, había ahora una diferencia segura al menos.238

Osserveremo che le fonti da cui l’autore prende spunto per la stesura

de Los enamoramientos sono assai varie: si possono infatti rintracciare

spezzoni tratti da scrittori di diverse epoche e lingue (oltre a Dumas e

Balzac, Shakespeare, Cervantes, Keats, Rilke e Eliot), nonché testi non

letterari, come il Vangelo, un vocabolario e vari articoli di cronaca239.

Nonostante questa mescolanza di fonti, il citazionismo di Marías non

può considerarsi un «neutro gioco postmoderno» 240 . Questa

dimensione enciclopedica, come scrive Antonio Candeloro, è da

238 CTB, p. 148. 239 Questi ultimi verranno trattati in § 5. 240 Giulio Ferrori, I confini della critica, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 74. Cfr. anche con quanto scritto da Herzberger circa il citazionismo di Tu rostro mañana: «Marías has never embraced fully the technical, stylistic, or philosophical foundations of overtly experimental fiction or postmodern writing. In Rostro, he again shows such reticence […]. Rostro will not be confused, for example, with the innovative and sometimes bizarre avant-garde writing of the early twentieth century in Europe and America, or with the most recent hypertextual multimedia production of blogger novelists and cyber writers. However, as Spanish writer Félix de Azúa has smartly pointed out, the novel fuses “elementos democráticos con la hipertécnica de una escritura para profesionales” (Félix de Azúa, Lanzas, espadas, rostros y nada, in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede haber nada, cit., p. 51). In other words, not unlike in postmodern fiction, which often consists of a mélange of texts speaking to one another, Marías pays homage in Rostro to elements of popular culture in film and literature, much like he has done since is earliest referencing of Hollywood and the adventure novel in Los dominios del lobo and Travesía del horizonte» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 180).

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ricondursi piuttosto al fatto che Marías (come Eliot) 241 concepisce

«l’intera storia della letteratura universale come una sorta di Biblioteca

di Babele di borgesiana memoria, in cui “tutti i libri di tutte le epoche”

sono disposti in un ordine simultaneo e vivono un’esistenza simultanea»242:

questi testi rappresentano un materiale che può essere riscritto e

rivitalizzato «alla luce delle preoccupazioni, delle speranze

dell’orizzonte di attesa del lettore e dello scrittore contemporanei»243.

Se per gli autori postmoderni il riciclaggio di materiale narrativo del

passato è segno evidente dell’angosciosa consapevolezza che l’artista

non può dire se non ciò che già è stato detto, per Marías è invece

ancora vivo un credo modernista secondo cui per l’autore è ancora

possibile confrontarsi con la tradizione, instaurando con essa un

rapporto di creatività originale244.

Per la stesura di questo capitolo avevamo a disposizione due

modelli, rappresentati dai contributi di Iriarte e Candeloro sulla

dimensione intertestuale di Tu rostro mañana. Pur trattando di uno

stesso argomento, i due lavori sono completamente diversi: quello di

Iriarte è, infatti, un ricco ed esauriente elenco delle fonti, mentre

quello di Candeloro è un’analisi delle citazioni più significative, volta a

individuare in che modo esse entrino a far parte del romanzo e

vengano rivitalizzate dall’autore. Abbiamo deciso di ibridare i due

modelli. Da un alto, infatti, abbiamo scelto di riprodurre, per la sua

chiarezza, la struttura a elenco di Iriarte: una simile organizzazione

241 Alla base dello studio di Candeloro ci sono le teorie esposte da Eliot nel saggio Tradition and the individual talent. 242 Candeloro, Tu rostro mañana di Javier Marías, cit. (corsivo dell’autore). 243 Ibidem. 244 Cfr. Vita Fortunati, Intertestualità e citazione fra Modernismo e Postmodernismo. Il pastiche di Antonia Byatt fra letteratura e pittura, in Led on line (Electronic Archive of Academic and Literary Texts): http://www.ledonline.it/leitmotiv/Allegati /leitmotiv020208.pdf, p. 88 (ultima consultazione 20/6/2013).

80

dello studio potrà risultare particolarmente utile, ad esempio, a chi

voglia andare a ricercare gli echi di una certa frase all’interno dell’opera

di Marías; dall’altro lato, abbiamo sviluppato l’elenco in forma di

commento, seguendo il modello di Candeloro e l’invito di Marina

Polacco, secondo cui:

Il riconoscimento puro e semplice dei fenomeni intertestuali, qualora rimanga fine a se stesso, ci dice poco o nulla: non siamo molto lontani dal catalogo delle fonti. Non basta individuarne la presenza, bisogna interrogarsi sulla sua ragione e funzione: solo così acquisiamo una chiave privilegiata per entrare nei meccanismi costitutivi dell’opera stessa.245

Abbiamo sviluppato particolarmente l’analisi di quelle citazioni che

erano comparse anche in altre opere dell’autore e che, tramite queste,

possono modificare l’interpretazione de Los enamoramientos, come nel

caso dei riferimenti all’opera di Shakespeare o a quella di Eliot. Questi

riferimenti, frutto di una doppia rifrazione (Marías che cita sé stesso

che cita un altro), sono particolarmente interessanti per chi si interessi

di intertestualità, infatti:

Quoting a quotation or raising a quotation to the second power is device that in itself foregrounds intertextuality and substantiates the poststructural view, according to which each text refers to pretexts and those in turn refer to others and so on ad infinitum.246

Per quanto riguarda il criterio di elencazione dei riferimenti, si è deciso

si seguire l’ordine di apparizione; quelli tratti da Shakespeare ed Eliot

sono stati però inseriti all’inizio poiché, ricorrendo più volte nel

romanzo, risultavano di difficile collocazione. Segnaliamo, inoltre, che

in § 6 emergeranno diversi altri esempi di autocitazioni.

245 Polacco, L’intertestualità, cit., pp. 90-91. 246 Manfred Pfister, How Postmodern is Intertextuality?, in Heinrich F. Plett, Intertextuality, de Guyter, Berlin-New York, 1991, p. 217.

81

4.2 Macbeth di William Shakespeare

Com’è noto, l’influenza di Shakespeare sull’opera di Marías è enorme

e dichiarata dall’autore stesso. Anche se Los enamoramientos non potrà

probabilmente essere considerata un altro “romanzo shakespeariano”

(così David K. Herzberger definisce Corazón tan blanco e Mañana en la

batalla piensa en mí) 247 , al suo interno non mancano citazioni tratte

dall’opera del drammaturgo inglese, né riferimenti tematici più

nascosti. Alcune delle citazioni e allusioni presenti erano già state usate

dall’autore in Corazón tan blanco: per queste sarà dunque possibile

parlare di fonte multipla o di multiplo legame intertestuale. Esse,

infatti, riporteranno alla memoria del lettore fedele di Marías, oltre al

Macbeth, anche quest’altro romanzo, con cui Los enamoramientos

condivide tutte le tematiche principali. Una delle funzioni dei

riferimenti a Shakespeare è, in effetti, proprio quella di «relacionar las

novelas de Marías unas con otras, estableciendo no sólo una red de

autoreferencias o autocitas, sino un verdadero diálogo entre ellas»248.

La prima citazione da Shakespeare che troviamo nel romanzo è

tratta dall’introduzione al celebre soliloquio pronunciato da Macbeth

nel momento in cui viene a sapere della morte della moglie, «soliloquio

extraordinario que tanta gente se ha aprendido de memoria en el

mundo y que empieza: ‘Mañana, y mañana, y mañana…’»249 (Macbeth,

atto V, scena V)250. La frase è riportata in inglese, ma a seguire il

247 Vedi Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., 2011. 248 Cora Requena Hidalgo, El narrador en las novelas de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es/info/especulo/nu-mero24/jmarias.html (ultima consultazione: 19/8/2013). 249 LE, p. 217. 250 «She should have died hereafter: / There would have been a time for such a word. / To-morrow, and to-morrow, and to-morrow, / Creeps in this petty pace from day to day, / To the last syllable of recorded time; /And all our yesterdays have lighted fools / The way to dusty death. Out, out, brief candle! / Life’s but a

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personaggio di Díaz-Varela propone varie traduzioni in spagnolo,

partendo da soluzioni più letterali e spingendosi poi a parafrasi che

dovrebbero renderne il significato meno ambiguo:

La reacción que tenemos todos ante la muerte de alguien cercano es parecida a la que tuvo Macbeth ante el anuncio de la de su mujer, la Reina. ‘She should have died hereafter’, responde de manera algo enigmática: ‘Debería haber muerto a partir de ahora’, es lo que dice, o ‘de ahora en adelante’. También podría entenderse con menos ambigüedad y más llaneza, esto es, ‘más adelante’ a secas, o ‘Debería haber esperado un poco más, haber aguantado’; en todo caso lo que dice es ‘no en este instante, no en el elegido’.251

La stessa accumulazione di varianti la ritroviamo più avanti nel

romanzo, quando María commenta la frase pronunciata da Macbeth

nell’introduzione al soliloquio:

‘There would have been a time for such a word’, ‘Habría habido un tiempo para semejante palabra’, esto es, ‘para tal información’ o ‘semejante frase’, la que acaba de oír de labios de su ayudante Seyton, portador del alivio o la desgracia: ‘La Reina, mi Señor, ha muerto’. Como tantas veces en Shakespeare, los anotadores no se ponen de acuerdo sobre la ambigüedad y el misterio de tan famosas líneas. ¿Qué quiere eso decir? ¿’Habría habido tiempo más apropiado’? ¿’Mejor ocasión para ese hecho, porque esta no me conviene’? ¿Tal vez ‘un tiempo más oportuno y pacífico, durante el que se le podrían haber rendido honores, en el que yo podría haberme detenido y haber llorado debidamente la pérdida de quien compartió tanto conmigo, la ambición y el crimen, la esperanza y el poder y el miedo’?252

walking shadow, a poor player / That struts and frets his hour upon the stage /And then is heard no more: it is a tale / Told by an idiot, full of sound and fury/ Signifying nothing» (William Shakespeare, Macbeth, Versione di Cino Chiarini con testo a fronte, Sansoni, Firenze, 1965, p. 166). 251 LE, pp. 136-137, corsivo dell’autore. Secondo la maggioranza dei critici, hereafter dovrebbe significare “dopo la battaglia” (cfr. Blanche Coles, Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 279). 252 LE, p. 217, corsivo dell’autore. Vedi anche ivi, p. 60: «Con el tiempo corriendo en su contra y dentro de un plazo, además, a sabiendas de que precisamente en este caso, más que nunca, ‘there would have been a time for such a word’, como había añadido Macbeth tras enterarse de la intempestiva muerte de su mujer. De que sin duda ‘habría habido un tiempo, otro tiempo, para semejante palabra’, esto es, ‘para tal frase’ o ‘noticia’ o ‘información’».

83

L’autore aveva già riflettuto in Corazón tan blanco sulla difficoltà di

decifrare Shakespeare e sulla molteplicità di interpretazioni e

traduzioni possibili253. Aveva dedicato a questo tema anche l’articolo

Shakespeare indeciso, del quale riteniamo utile riportare uno stralcio:

Quien haya escuchado o leído los monólogos de Hamlet, Macbeth u Otelo comprende o cree comprender lo que en ellos se dice, hasta el punto de ser luego capaz de rememorarlos y aun de citar algún que otro verso particularmente famoso o inolvidable. Pero si ese mismo lector o espectador se detiene en ellos y, por ejemplo, intenta traducirlos, decirlos de nuevo en otra lengua (su lengua), se encontrará no ya con los múltiples problemas de índole translaticia que en sí encierran, sino con la perplejidad de no «entenderlos» cabalmente, de no saber exactamente qué es lo que están diciendo, de ver siempre más de una posibilidad para cada frase.254

Possiamo osservare che il modo in cui Marías e i suoi narratori (Díaz-

Varela e María) si avvicinano a Shakespeare è identico: segnato da una

difficoltà, dal dubbio, dall’impossibilità di decifrare certe espressioni

ambigue. «She should have died hereafter» è, in particolare, uno di

quei versi di Shakespeare che sono stati più variamente e

contraddittoriamente interpretati dai commentatori, tanto che,

secondo alcuni, dimostrerebbe l’affetto che Macbeth ancora prova per

la moglie o, secondo altri, sarebbe invece specchio di apatia e di

disinteresse255.

253 Cfr. Rita De Maeseneer, Sobre la traducción en Corazón tan blanco de Javier Marías, «Espéculo. Revista de estudios literarios» (publicación digital de la Universidad Complutense de Madrid), n. 24, 2003, http://pendientedemigracion.ucm.es /info/especulo/numero14/jmarias.html (ultima consultazione 27/10/2013). 254 Marías, Shakespeare indeciso, cit. 255 Per un’analisi delle interpretazioni di questo brano, v. ad esempio Simone A. Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott, Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 295, Blanche Coles, Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, pp. 269-270 e Agostino Lombardo, Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di Cultura, Vicenza, 1969, pp. 275-276. Dall’osservazione di alcune traduzioni spagnole e italiane del passo emergono differenti letture: «Un día u otro había de morir» (edizione dell’Instituto Shakespeare a cura di Manuel Ángel Conejero, Alianza Editorial,

84

L’unico modo in cui a Marías sembra lecito tentare di superare

questa incomprensione è quello di accettare al contempo una rosa di

possibilità, ossia in qualche modo di arrendervisi. È, d’altronde,

proprio questa ambiguità che Marías trova affascinante in

Shakespeare, ciò che lo ispira:

I have heard some writers say, When I read Kafka or Flaubert or Dostoevsky, I think, why should I write? He is so good. For me, writers like Kafka are so closed they don’t allow you to follow them, whereas someone like Shakespeare leaves many paths unexplored, many things just announced, strong images unexplained—these invite you not to follow him but to be inspired. He inspires me.256

La citazione, infatti, viene fatta propria dall’autore 257 : non essendo

rigida come una sentenza di Kafka, si presta ad essere esplorata,

modificata, inserita in differenti contesti e a offrire lo spunto per

nuove riflessioni 258 . Il verso sarà in effetti citato molte altre volte

all’interno del romanzo e alcune di queste verrà presentato in una

forma alterata. In particolare, ci sembra interessante analizzare una di

Madrid, 1980), «¡Ojalá hubiera sido más tarde!» (Edaf, Madrid, 1981, traduzione di Marcelino Menéndez y Pelayo e José Arnaldo Márquez), «Più in là avrebbe dovuto morire» (Einaudi, Torino, 1967, traduzione di Cesare Vico Lodovico), «Sarebbe dovuta morire lo stesso, più tardi» (Sansoni, Firenze, 1964, traduzione di Cino Chiarini). 256 Sarah Fay, Javier Marias, The Art of Fiction No. 190, cit. 257 Come scrive Antonio Iriarte: «Está claro que una vez adoptada la imagen literaria ajena, Marías la hace suya del todo» (Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 306). 258 Vila-Matas, nel suo Hijos sin hijos, ha riportato una citazione segretamente contraffatta di un memorabile passo dei diari di Kafka: «Hoy Alemania ha declarado la guerra a Rusia. Por la tarde fui a nadar». Qualche anno più tardi l’autore, intervistato da Juan Villor, si è preso gioco dei critici che erano caduti nel suo inganno, ritenendo la citazione autentica. In effetti, però, è difficile biasimarli, visto che l’unica differenza era che nell’originale la seconda parte della frase era «Nachmittag Schwimmschule» («Nel pomeriggio, scuola di nuoto»). Kafka non sembra dunque essere più malleabile di così. Cfr., Edoardo Pisani, Enrique Vila-Matas in Colombia. Inedito in Italia, «Satisfiction», http://www.satisfiction.me/enrique-vila-matas-in-colombia-inedito-in-italia/ (ultima consultazione: 20/6/2013).

85

queste citazioni “contraffatte” per mostrare come l’autore faccia

discutere i suoi personaggi attraverso l’uso libero del testo

shakespeariano.

Díaz-Varela si serve del passo di Shakespeare per dimostrare

come Luisa si sbagli credendo che la morte del marito sia prematura: è

un errore che tutti facciamo, perché desideriamo che niente cambi e

vorremmo sempre restare ancorati al presente259. Ma non possiamo

decidere il nostro destino; se potessimo «todo continuaría

indefinidamente, contaminándose y ensuciándose, sin que ningún vivo

pasara jamás a ser muerto»260. María, che di solito si lascia ipnotizzare

dalle parole di Díaz-Varela, non è del tutto d’accordo. Infatti, secondo

lei, il destino è nelle nostre mani quando queste sono mani suicide,

oppure assassine. Osserviamo in che modo la narratrice contraddice

Díaz-Varela alterando la sua prova, ossia la citazione dal Macbeth:

Sean de quienes sean, no es verdad que esas [manos] no quieran que ningún vivo pase jamás a ser muerto, sino que justamente eso es lo que desean y además no pueden esperar a que el azar las beneficie ni a que el tiempo haga su trabajo; se encargan ellas de convertirlos. Esas no quieren que todo siga ininterrumpidamente, al revés, necesitan suprimir a alguien y romper varias costumbres. Esas nunca dirían de su victima “She should have died hereafter”, sino “He should have died yesterday”, “Debería haber muerto ayer”, o hace siglos, hace mucho

259 La riflessione ne ricorda una di Corazón tan blanco: «Si nadie fuera nunca obligado a nada el mundo se detendría, todo permanecería flotando en una vacilación global y continua, indefinidamente» (CTB, p. 169). 260 LE, p. 137. Più avanti, ascoltando Díaz-Varela spiegare le ragioni che l’hanno spinto a far uccidere l’amico Deverne, María invalida la frase di Macbeth con un’altra argomentazione: «‘He aquí un caso entonces’, pensé, ‘en el que no convendría decir “He should have died hereafter”, porque ese “más adelante” significaría mucho peor, con más padecimiento y humillación, con menor entereza y más horror para sus allegados, no siempre es deseable, por tanto, que todo dure un poco más, un año, unos meses, unas semanas, unas cuantas horas, no siempre nos parece temprano para que se les ponga fin a las cosas o a las personas, ni es cierto que jamás veamos el momento oportuno, puede haber uno en el que nosotros mismos digamos: “Ya. Ya está bien. Es suficiente y más vale. Lo que venga a partir de ahora será peor, un rebajamiento, una denigración, una mancha”» ivi, pp. 340-341.

86

más tiempo; ojalá no hubiera nacido ni dejado huella alguna en el mundo, así no habríamos tenido que matarlo […].’261

È interessante anche notare come le parole di Macbeth servano a

rappresentare il dolore di Luisa, mentre le parole dello Shakespeare

contraffatto da María possono rappresentare i pensieri di Díaz-Varela,

benché la narratrice e il lettore a questo punto della storia non ne

siano ancora consapevoli. D’altronde, rappresentano anche i pensieri

della stessa María, che a volte si scopre a desiderare la morte di Luisa.

Rivediamo il passo in cui la narratrice riflette sul suo essere la seconda

scelta per l’amato e nel quale ritroviamo un’eco della citazione

shakespeariana, nella sua forma alterata:

A veces supone —aunque sólo a veces— que bastaría con que cayese quien ocupa el primero, eso lo han intuido todos los hermanos menores de los reyes y los príncipes y aun los parientes menos cercanos y los apartados y remotos bastardos, que saben que de ese modo se pasa también de ser el décimo al noveno, del sexto al quinto y del cuarto al tercero, y en algún momento todos ellos se habrán formulado en silencio su inexpresable deseo: “He should have died yesterday”, o “Debería haber muerto ayer, o hace siglos”; o el que a continuación se enciende en las cabezas de los más atrevidos: “Todavía está a tiempo de morir mañana, que será el ayer de pasado mañana, si para entonces yo sigo vivo”.262

Il passo di Shakespeare ricorre in tutto il romanzo come un leitmotiv.

Esso è ricordato più volte dalla narratrice anche per descrivere la

difficoltà di accettare la fine della sua relazione con Díaz-Varela. A un

certo punto diventa talmente familiare che all’autore basta citare la

sola parola hereafter o una delle sue traduzioni in spagnolo perché

l’intera frase sia automaticamente rievocata dal lettore:

[…] nuestra relación no era sólo pasajera, era reducida, estaba circunscrita a aquellos encuentros ocasionales en su casa, en una

261 Ivi, p. 140. 262 Ivi, p. 152.

87

habitación o dos, qué se me daba a mí todo el resto, sus idas y venidas, su pasado, sus amistades, sus planes, sus cortejos y su vida entera, yo no había estado en ella ni tampoco iba a estar ‘hereafter’, a partir de ahora ni más adelante, nuestros días tenían su número y nunca estuvo lejos.263 ‘Ya está, ya se ha ido, ya me ha echado, se acabó’, eso pensaba. ‘Todo ha durado tan poco que me solaparé con otras y su memoria me confundirá. Seré indistinguible, seré un antes, una página en blanco, lo contrario de “a partir de ahora”, y perteneceré a lo que ya no cuenta […]’.264 Sí, es verdad que uno sabe, sabe la verdad en el fondo, cómo no, cómo va a ignorarla. Sabe que uno ha puesto en marcha un mecanismo y que además podría pararlo, nada es inevitable hasta que ha sucedido e y el ‘más adelante’ con que todos contamos deja de existir para alguien.265

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, una delle funzioni

dell’intertestualità ne Los enamoramientos è quella di creare dei

parallelismi con altre opere che permettano di decifrare la realtà

narrata, osservandola da un punto di vista privilegiato e arricchendola

di una serie di significati. Nel caso del Macbeth, le connessioni sono

molte. Alcune sono descritte più o meno esplicitamente nel romanzo,

mentre altre devono essere ricostruite indipendentemente dal lettore;

rispetto al caso de Le Colonel Chabert e de Les Trois Mousquetaires, il

lavoro lasciatogli è sicuramente maggiore.

Andiamo ad analizzare alcune di queste connessioni,

cominciando da un caso ambiguo e, per così dire, polisemico. María si

trova a casa di Díaz-Varela, che sa essere coinvolto nell’omicidio di

Deverne. Tuttavia non ha paura, perché sa che lui non le farebbe mai

del male con le sue proprie mani:

263 Ivi, p. 237. 264 Ivi, p. 254. 265 Ivi, pp. 323-324.

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[…] había comprendido que él nunca me haría nada, no con sus manos y sin mediación. Con las de otro y sin estar él presente, sin enterarse de cuándo sucedía sino más tarde, cuando ya fuera un hecho y no hubiera remedio y le cupiera la posibilidad de decirse como quien oye algo de nuevas: ‘Habría habido un tiempo para semejante palabra, debería haber muerto más adelante’, eso podía ser.266

La frase di Macbeth che Díaz-Varela aveva citato per descrivere i

sentimenti di Luisa è adesso usata da María per descrivere quelli di

Díaz-Varela. Attribuita a Luisa, tuttavia, questa citazione serviva

soltanto per rappresentare il rammarico per la morte del marito

considerata prematura: il legame con il testo shakespeariano risultava

alquanto generico. Questa volta, invece, associata all’idea

dell’istigazione all’omicidio, la citazione spinge il lettore a stabilire un

collegamento più profondo con la fonte. Da un lato, María immagina

Díaz-Varela pronunciare le parole di Macbeth e suggerisce al lettore di

confrontare le due figure: Macbeth uccide l’amato re Duncan per

usurpargli il trono, così Díaz-Varela uccide l’amico per usurpargli la

moglie; dall’altro, invita a fare un altro tipo di parallelismo e avvicina

Díaz-Varela piuttosto a Lady Macbeth: come lei, infatti, Díaz-Varela

non è stato capace di commettere un omicidio con le proprie mani,

ma solo di convincere altri a commetterlo al suo posto.

La figura di Lady Macbeth tuttavia, rappresenta anche un altergo

di María, sebbene per riconoscere la forza di questo parallelismo sia

richiesta la lettura di Corazón tan blanco. Vediamo come.

Nel romanzo, oltre alle citazioni, possiamo rintracciare

un’allusione al Macbeth: «Lamentablemente [los muertos] ya están fijos

como pinturas»267. Questa frase parafrasa e scioglie in una similitudine

266 Ivi, p. 281. 267 Ivi, p. 157.

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la metafora usata da Lady Macbeth per tranquillizzare, (o schernire?)268

il marito, che ha paura di tornare nella stanza dove giace il re defunto:

«The sleeping and the dead are but as pictures» (Macbeth, atto II, scena

II)269.

Ne Los enamoramientos questo verso è presentato in un contesto

completamente differente da quello originario: l’immagine viene infatti

utilizzata da Díaz-Varela per spiegare come sia necessario a un certo

punto dimenticarsi delle persone care che sono morte, le quali

(«lamentablemente», avverbio che ovviamente manca nel testo fonte)

non possono più avere alcun ruolo nella nostra vita. È anche

interessante notare che, quando Díaz-Varela cita il verso, sta

raccontando a María la trama de Le Colonel Chabert: in questo modo

esso fa da ponte tra i due testi270.

268 La critica non è concorde sull’interpretazione del passo. Blanche Coles descrive così la scena: «she [Lady Macbeth] taunts him [Macbeth] by arguing that the sleeping and the dead are but as pictures» (Blanche Coles, Shakespeare studies. Macbeth, Richard R. Smith, New York, 1938, p. 90, corsivo mio), ritenendo che Lady Macbeth stia dando del vigliacco al marito, prendendosi gioco della sua paura. Altri critici sostengono invece che con queste parole Lady Macbeth cerchi di calmarlo e confortarlo, scacciando le sue paure (cfr. ad esempio Simone A. Blackmore, A great soul in conflict. A critical study of Shakespeare’s master-work, Scott, Foresman and Company, Chicago-New York, 1915, p. 142 e Agostino Lombardo, Lettura del Macbeth, Nuova Biblioteca di cultura, Neri Pozza, Vicenza, 1969, p. 110). Lo stesso Marías commenta il passo in Corazón tan blanco, avvicinandosi a questa seconda interpretazione, ma non accogliendola del tutto: «Por eso [Lady Macbeth] quiere restarle importancia, quizá no tanto para apaciguar al aterrado Macbeth […] cuanto para minimizar y ahuyentar su proprio conocimiento, el de ella misma» (CTB, p. 174). 269 «Infirm of purpose! / Give me the daggers. The sleeping and the dead / Are

but as pictures; it is the eye of childhood / That fears a painted devil. If he do bleed, / I’ll gild the faces of the grooms withal, / For it must seem their guilt.» (Shakespeare, Macbeth, cit., p. 52). 270 Un’altra citazione da Shakespeare farà da ponte anche tra Los enamoramientos e Les Trois Mousquetaires, quando Díaz-Varela, raccontando un episodio di questo romanzo, dice «[…] sin darle a la Condesa oportunidad de explicarse ni de defenderse, de negar ni de persuadir, de implorar clemencia ni de volverlo a embrujar, ni siquiera de ‘morir más adelante’» (LE, p. 268).

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Anche questa frase riecheggia all’interno del romanzo, la

ritroviamo infatti più avanti: «Lamentablemente o por suerte, los

muertos están fijos como pinturas, no se mueven, no añaden nada, no

dicen nada ni jamás responden»271. Questa volta il verso è citato da

María quando si avvicina al tavolo di Luisa e Díaz-Varela

recentemente sposati e si accorge di non voler svelare il segreto della

morte di Deverne. Si rende conto, infatti, che è già avvenuta una

sostituzione, che, se anche Díaz-Varela avesse ucciso l’amico, adesso

si sta prendendo cura della vedova e, a questo punto, oltre che

«lamentablemente» è anche «por suerte» che i morti siano immobili

come dipinti e che non tornino, come ha appreso attraverso la lettura

dell’opera di Balzac.

Come nota Fernando Valls, questa frase può considerarsi anche

come uno di quegli elementi che creano un legame tra Los

enamoramientos e le precedenti opere dell’autore272. Si tratta, infatti, di

un’allusione ripresa non solo dal Macbeth ma anche da Corazón tan

blanco, romanzo in cui questa metafora shakespeariana era già stata

ampiamente sfruttata273. È inoltre interessante notare che in Corazón

tan blanco la fonte era esplicitata; in questo modo l’autore permette ai

suoi lettori più fedeli di risalire alla tragedia anche qualora non la

ricordino o non la conoscano direttamente:

‘Los dormidos, y los muertos, no son sino como pinturas’, dijo nuestro Shakespeare, y yo a veces pienso que las personas son sólo eso, como pinturas, dormidos presentes y futuros muertos.274

271 LE, p. 399. 272 Cfr. Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 34. 273 Cfr. però anche TRM1, p. 265 «[…] escrutando los rostros hasta no verlos ya más como rostros vivos y en movimiento, observándolos como a pinturas, o como dormidos o muertos […]» (corsivo mio). 274 CTB, p. 169. Questa è la prima volta che la citazione compare nel romanzo; poi seguiranno numerosi echi. Sonno e morte erano già stati associati anche ne El

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Si vengono così a creare due differenti schiere di lettori: da un lato

quelli che sanno riconoscere l’allusione ― o perché conoscono bene il

Macbeth direttamente, o perché lo conoscono attraverso Corazón tan

blanco ―, dall’altro quelli che non la coglieranno. Ai lettori che

sapranno riconoscerla si schiuderanno altri significati, proprio come

succede al narratore di Corazón tan blanco, nel momento in cui riesce a

identificare nelle parole della diplomatica inglese la voce riflessa di

Shakespeare:

Ahora que sé que esa cita venía de Macbeth no puedo evitar darme cuenta (o quizá es recordar) de que también está a nuestra espalda quien nos instiga, también ese nos susurra al oído sin que lo veamos acaso, la lengua es su arma y es su instrumento.275

Per i lettori fedeli di Marías, i riferimenti si aprono a catena. Non solo,

infatti, questi vedranno l’eco del Macbeth, ma rivedranno anche la

particolare interpretazione della tragedia che emerge da Corazón tan

blanco e che, evidentemente, può rappresentare una chiave di lettura

anche per Los enamoramientos:

Escuchar es lo más peligroso, es saber, es estar enterado y estar al tanto, los oídos carecen de párpados que puedan cerrarse instintivamente a lo pronunciado, no pueden guardarse de lo que se presiente que va a escucharse, siempre es demasiado tarde. No es sólo que Lady Macbeth induzca a Macbeth, es que sobre todo está al tanto de que se ha asesinado […] Ella oye la confesión de ese acto o hecho o hazaña, y lo que la hace verdadera cómplice no es haberlo instigado, ni siquiera haber preparado el escenario antes ni haber colaborado luego, haber visitado el cadáver reciente y el lugar del crimen para señalar a los siervos como culpables, sino saber de ese acto y de su cumplimento.276

hombre sentimental, dove il sonno viene descritto come «una suspención de las necesidades vitales, la analogía más próxima de la muerte» (HS, p. 67); è tuttavia difficile affermare che già in questo caso ci fosse un’influenza shakespeariana. 275 CTB, p. 173. 276 Ivi, p. 174.

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Attraverso una lettura di questo tipo, risulta chiaro che Lady Macbeth

non è soltanto il doppio di Díaz-Varela, ma è anche il doppio di

María.

La narratrice, per altro, aveva già suggerito un parallelismo tra sé

stessa e Lady Macbeth, giustificato dal fatto che entrambe si trovano

ad essere senza un futuro: Lady Macbeth perché muore, lei perché la

sua storia con Díaz-Varela deve concludersi:

Sí, es todo cuestión de desesperante tiempo, pero el nuestro se ha interrumpido, para nosotros se ha acabado ese que consolida y prolonga y a la vez pudre y arruina y vuelve las tornas, y no se nota en ningún caso. No me alcanzará a mí ese día, para mí no hay ‘más adelante’ o ‘a partir de ahora’, como no lo hubo para Lady Macbeth, estoy a salvo de esa prórroga benefactora o dañina, esa es mi desgracia y mi suerte.277

Tuttavia, attraverso la memoria di Corazón tan blanco vediamo che il

legame tra María e Lady Macbeth è ben più profondo. Le due donne

sono infatti accomunate dalla colpevolezza: non importa affatto che

María non abbia avuto alcun ruolo concreto nell’omicidio di Deverne

o che Lady Macbeth non abbia conficcato il pugnale nel petto di

Duncan: ciò che realmente conta è che entrambe sono a conoscenza

del delitto, e questa consapevolezza le rende complici degli assassini278.

A differenza di Juan, che nel Macbeth «encuentra la configuración

de lo siniestro que pugna por salir desde el fondo magmático de sus

277 Ivi, p. 316. 278 Anche Jorge Volpi definisce María «complice» di Díaz-Varela, pur senza ricorrere al riferimento shakespeariano (cfr. Volpi, Los enamoramientos: un diálogo plátonico de Javier Marías, cit., p. 73). Attraverso la lettura, anche noi lettori diveniamo colpevoli perché siamo al corrente dei fatti: «Nosotros somos cómplices. Lo evidente y lo enredado nos llegan gracias a ese caudal escrito, a ese torrente de revelaciones seguramente inexactas» (Justo Serna, Javier Marías: Los enamoramientos, «Ojos de papel», 2/5/2011, http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025, (ultima consultazione: 30/7/2013).

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pensamientos»279, in María questo tipo di autocoscienza tende a non

rivelarsi, eppure viene comunque suggerita al lettore attraverso i

martellanti riferimenti alla fonte, la quale rappresenta una sorta di

verità superiore.

Vengono in questo modo a generarsi una moltitudine di analogie

tra le tre opere letterarie: il lettore non rivedrà in María solo il riflesso

di Lady Macbeth, ma anche quello di Juan e di sua moglie Luisa e così

in Díaz-Varela non vedrà solo quello di Macbeth (e di Lady Macbeth),

ma anche quello di Ranz.

Sia Corazón tan blanco che Los enamoramientos nel finale si

distaccano dal modello shakespeariano, offrendo una riflessione sul

cambiamento della morale e dei costumi. Infatti, se Lady Macbeth si

suicida divorata dai sensi di colpa280 e Macbeth viene punito con la

morte, nessuno dei personaggi di Marías andrà incontro a una fine

tragica che ne estirpi le colpe.

4.3 The Love Song of J. Alfred Prufrock di T. S. Eliot

«¿Quién soy yo para perturbar el universo?»281 si chiede María quando

reincontra Luisa e avrebbe l’occasione di svelarle il segreto di Díaz-

Varela. Questa frase rappresenta un’allusione, per così dire, di fonte

multipla. Senz’altro, infatti, è tratta da Eliot (Do I dare disturb the

universe?)282, ma è anche un’autocitazione da Tu rostro mañana. Inoltre,

279 Pittarello, «No he querido saber, pero he sabido», cit., p. 39. 280 Questa è l’interpretazione più diffusa. Nella tragedia non sono espresse del tutto chiaramente le cause del decesso. 281 LE, p. 397. 282 The Love Song of J. Alfred Prufrock, componimento scritto tra il 1910 e il 1911 e pubblicato per la prima volta nel 1917 all’interno della raccolta Prufrock and Other Observations.

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come ricordato anche da Elide Pittarello283, il passo di Tu rostro mañana

che cita Eliot è a sua volta citato nel discorso (poi divenuto articolo)

Mi cubo de la basura, o “so how should I presume?”, scritto dall’autore per

introdurre il Grand séminaire de Neuchâtel dedicato allo studio della

sua opera.

Prima di vedere in che modo le differenti fonti arricchiscano la

lettura de Los enamoramientos, vorremmo elencare gli echi di questo

verso all’interno del romanzo: l’attestazione «¿Quién soy yo para

perturbar el universo?», infatti, è l’espressione più evidente

dell’influenza del poeta modernista (in entrambi i casi la frase è una

domanda), ma viene preceduta da altre tre allusioni più generiche.

La prima volta il passo di Eliot viene usato da Díaz-Varela per

descrivere la situazione del colonnello Chabert:

No hay mayor desgracia, para el que regresa, que descrubrir que está de sobra, que su presencia es indeseada, que perturba el universo, que constituye un estorbo para sus seres queridos y que éstos no saben qué hacer con él.284

La seconda e la terza volta è invece citato da María, che riflette sulle

parole dell’amante (il collegamento con il monologo di Díaz-Varela è

rinforzato proprio dal ricorrere delle stesse espressioni linguistiche, tra

cui anche quella che stiamo analizzando). Come abbiamo già

evidenziato in § 3.2, María interpreta le parole dell’amato prima

283 Cfr. Elide Pittarello, Sobre las fotos in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede haber nada, cit., p. 101. 284 LE, p. 169, corsivo mio. Cfr., anche un passo che precede di poco l’allusione a Eliot e che in qualche modo la introduce con un vago richiamo lessicale (perturbaciones che rimanda a pertubar e mundo che rimanda a universo): «Es decir, hay que entender, habría querido no causarle más problemas ni perturbaciones, no entrometerse en un mundo que había dejado de ser el suyo, no ser más su pesadilla ni su fantasma ni su tormento, suprimirse y desaparecer» (ivi, p. 167, corsivo mio).

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stabilendo un’analogia fra il colonnello e Deverne (1) e, in seguito, tra

il colonnello e Díaz-Varela stesso (2):

(1) […] el muerto que debe seguir muerto puesto que su muerte constó en los anales y pasó a ser un hecho histórico y se relató y detalló, y cuya nueva e incomprensible vida es un incómodo postizo, una intrusión en la de los demás; el que viene a perturbar el universo que no sabe ni puede rectificar y que por tanto continuó sin él.285 (2) Éste [Chabert] había sufrido amarguras y penalidades sin cuento y aquél [Díaz-Varela] las había infligido, éste había sido víctima de la guerra, de la negligencia, de la burocracia y de la incomprensión, y aquél se había constituido en verdugo y había perturbado gravemente el universo con su crueldad, su egoísmo tal vez estéril y su descomunal frivolidad.286

Riutilizzando poi quest’espressione a proposito di sé stessa («¿Quién

soy yo para perturbar el universo?»), le simmetrie si moltiplicano e si

vengono a creare dei legami tra la narratrice e questi altri personaggi: a

tutti loro, infatti, è data la possibilità di scombinare un ordine e, più in

particolare, l’armonia di una relazione di coppia. Chabert e María

decideranno di rispettarla, restando nell’ombra; non così Díaz-Varela,

che ironicamente era stato il primo a evidenziare il pericolo e

l’egoismo degli atti che disgregano l’ordine. Così continua María

sottolineando questa differenza:

‘Aunque otros lo hagan [perturbar el universo], como este hombre que está aquí delante, finge no conocerme pese a que yo bien lo he querido y nunca le he hecho ningun daño. Pero que otros lo descompongan y lo zarandeen, y lo violenten de la peor manera, no me obliga a mí a seguir su ejemplo, ni siquiera con el pretexto de que yo, al revés que ellos, enderezaría un hecho torcido y castigaría a un posible culpable y haría un acto de justicia.’287

285 Ivi, pp. 246-247, corsivo mio. 286 Ivi, pp. 247-248, corsivo mio. 287 Ivi, p. 397.

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Possiamo a questo punto notare una consonanza tra il pensiero di

María e quello del narratore di Tu rostro mañana, evidenziata dall’uso

della stessa citazione:

[…] y un poco más tarde viene la pregunta que nadie se hace antes de obrar ni antes de hablar: ‘Do I dare disturb the universe?’, porque todo el mundo se atreve a ello, a turbar el universo y a molestarlo, con sus rápidas y pequeñas lenguas y con sus mezquinos pasos, ‘So how should I presume?’.288

Come nel caso di una delle allusioni a Shakespeare, anche qui è

un’altra opera dell’autore che ci aiuta a identificare la fonte. Tuttavia,

sebbene in Tu rostro mañana il verso sia riportato nella sua forma

originale, non è comunque esplicitato il nome del poeta, cosa che

invece avviene, conformemente alle regole di questo genere di testi,

nell’articolo Mi cubo de la basura, o “so how should I presume?”:

Hace tan sólo un par de días, en una página del segundo volumen de Tu rostro mañana, que ahora escribo con la vacilaciones de siempre, hice recordar al narrador, Jacques o Jaime o Jacobo Deza, un par de versos de T. S. Eliot […].289

Dopo aver riportato per intero il passo di Tu rostro mañana, prosegue:

En el proceso de escribir, más de una vez me ha asaltado una duda, o quizá un remordimiento anticipado: “Si yo tengo la mala suerte”, he pensado, “de que se me occurra esta idea o de ver lo que he visto, ideas o visiones más bien desoladoras según mi criterio, ¿qué derecho tengo a metérselas en la cabeza a nadie, o a hacer que las comparta el incauto lector que compre este libro?”. No es turbar el universo, desde luego; pero basta turbarle el ánimo a una sola persona para sentir cierta responsabilidad por ello […].290

288 TRM2, p. 124. La citazione compare anche in TRM3, pp. 391, 549. Vedi anche Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., pp. 125 e segg. 289 Javier Marías, Mi cubo de la basura, o “So how should I presume?”, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías. Grand séminaire de Neuchâtel. Coloquio internacional Javier Marías. 10-12 de noviembre de 2003, Arco/Libros, Madrid, 2005, p. 13. 290 Ibidem.

97

Ecco che dunque arriviamo a poter stabilire una nuova e interessante

analogia, quella tra Díaz-Varela e lo stesso Marías, simili in quanto

entrambi turbatori dell’ordine e simili anche nella loro incoerenza. Si

notava, infatti, che Díaz-Varela ha sovvertito l’ordine nonostante

avesse parlato a lungo a María del pericolo di farlo; allo stesso modo,

paradossalmente, Marías continuamente nei suoi romanzi esprime

«aprensiones sobre el contar y el hablar y el decir»291 e, d’altra parte,

vive esattamente di questo: di raccontare e di parlare e di dire.

4.4 Viaje al Parnaso di Miguel de Cervantes

La critica solo recentemente ha iniziato a interessarsi all’influenza di

Cervantes sull’opera di Marías292. Essa è particolarmente evidente in

Tu rostro mañana, ma è possibile individuarla anche nei romanzi

precedenti. Secondo Idoya Puig, ha condizionato principalmente due

aspetti dell’opera dello scrittore: «firstly, the representation of reality

and the role of verisimilitude in the process of writing and, secondly,

the form of the novel and the use of digression»293.

Ne Los enamoramientos l’eredità di Cervantes si manifesta a vari

livelli. Oltre ai due aspetti generali sottolineati dalla Puig e alla già

citata incertezza sul nome di Miguel Desvern, essa, come nota Ángel

291 Ibidem. 292 Questi i contributi più specifici: Idoya Puig, Cervantes’s presence in Javier Marías’s Mañana en la batalla piensa en mí, «Cuaderno internacional de estudios humanísticos y literatura», n. 16, otoño 2011; Alexis Grohmann, “Con las espaldas altas y desnudas”: Cervantes, Time and Freedom of the Novel in Javier Marías’s Tu rostro mañana, in Idoya Puig (edited by), Tradition an Modernity: Cervantes’s presence in Spanish Contemporary Literature, Peter Lang, Oxford, 2009, pp. 157-169; ai quali possono aggiungersi anche: Irene Zoe Alameda, La voz narrativa como argumento constante, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 73-89; María Aranda, Narración y sombra: función del “Siglo de Oro” en Tu rostro mañana / 1 Fiebre y lanza, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 189-195. 293 Puig, Cervantes’s presence, cit., p. 134.

98

Basanta, «es manifiesta en la autocrítica de la novela a través de la voz

y la visión de la narradora, quien, a veces, se convierte en receptora

crítica» 294 . Inoltre, lo studioso indica come una delle fonti di

ispirazione del romanzo El curioso impertinente, sulla base delle analogie

che legano i due triangoli amorosi: quello tra Lotario, Anselmo e

Camilla e quello tra Díaz-Varela, Deverne e Luisa295.

A livello più esplicito, quest’influenza si realizza in una citazione

tratta da El viaje al Parnaso e ai già ricordati accenni a due edizioni del

Quijote296.

Il passo citato è il verso «Tú mismo te has forjado tu ventura»297,

tratto dalla risposta data da Apollo a Cervantes-personaggio per

spiegargli perché a lui tocchi restare in piedi, mentre gli altri poeti

294 Ángel Basanta, Los enamoramientos, «El Cultural», 8/4/2011, http://www.elcultu-ral.es/version_papel/LETRAS/28975/Los_enamoramientos (ultima consulta-zione 6/9/2013). 295 Il critico probabilmente fonda l’analogia sulla richiesta che María, prima di scoprire le macchinazioni alla base dell’omicidio, immagina che Deverne abbia fatto a Díaz-Varela: ‘‘Si alguna vez me ocurriese una desgracia y ya no estuviera […] cuento contigo para que te ocupes de Luisa y los niños. […] No te pido que te cases con ella ni nada por el estilo, evidentemente. […] Pero, por favor, mantente cerca de ella si yo alguna vez falto. No te retraigas por mi ausencia sino todo lo contrario: hazle compañía, dale apoyo y conversación y consuelo, ve a verla un rato a diario y llámala cuanto puedas sin necesidad de pretextos, como algo natural y que pertenece a su día. Sé una especie de marido sin serlo, una prolongación de mí. No creo que Luisa saliera adelante sin una referencia cotidiana, sin alguien a quien hacer partícipe de sus pensamientos y a quien contarle su jornada, sin un sucedáneo de lo que tiene ahora conmigo, al menos en algún aspecto. A ti te conoce desde hace tiempo, contigo no tendría que vencer sus resistencias como con cualquier desconocido. Hasta podrías contarle tus aventuras y entretenerla con ellas, permitirle vivir vicariamente lo que le parecería imposible volver a vivir nunca por su cuenta […].’ (LE, pp. 113, 117, 118). Richiesta a cui Díaz-Varela avrebbe così risposto, sempre secondo quanto immagina María: «Pero ¿tú te das cuenta de a lo que me arrojarías? ¿Te das cuenta de lo difícil que es convertirse en un falso marido sin pasar a serlo real a la larga? En una situación como la que has descrito, es muy fácil que la viuda y el soltero pronto se crean más de lo que son, y con derechos» (ivi, p. 119). 296 Vedi supra, § 3.4. 297 Miguel de Cervantes, Viaje al Parnaso, IV, v. 79. V. anche id., Quijote, II, 66, 1168 «cada uno es artefice de su fortuna».

99

prendono posto su scranni assegnati in base al loro merito. Il passo è

ricordato dalla narratrice mentre ascolta Luisa parlare del gorrilla

colpevole dell’uccisione di Deverne:

– […] Un disparate. Mató a Miguel como podía haber matado a Pablo o a cualquier vecino de la zona al que hubiera enfilado. Supongo que también él necesitaba enemigos, alguien a quien echar la culpa de su desgracia. Lo que hace todo el mundo, por otra parte, las clases bajas como las medias y las altas y los desclasados: nadie acepta ya que las cosas pasan a veces sin que haya un culpable, o que existe la mala suerte, o que las personas se tuercen y se echan a perder y se buscan ellas solas la desdicha o la ruina. –‘Tú mismo te has forjado tu ventura’, pensé recordando, citando a Cervantes, cuyas palabras, en efecto, no se tienen ya en cuenta–.298

Sin da questo riferimento (si tratta della prima citazione del romanzo)

emerge chiaramente la funzione didattica della letteratura 299 , una

scuola di vita i cui insegnamenti tuttavia gli uomini tendono a

dimenticare.

È interessante notare anche la giustapposizione dei verbi recordar

e citar. È tipica di Marías l’accumulazione di termini simili per arrivare

a un significato più esatto, ma in questa occasione essa appare

particolarmente pregnante e ci sembra offrire una riflessione sull’atto

stesso di citare. Si pensi infatti alle parole di Compagnon che

definiscono la lettura come:

un’operazione iniziale di saccheggio e appropriazione di un oggetto, predisponendolo al ricordo e all’imitazione, ossia alla citazione. (Ripetizione, memoria, imitazione: una costellazione semantica all’interno della quale andrà a circoscriversi lo spazio della citazione).300

298 LE, pp. 80-81. 299 Secondo la classificazione di Morawski, la funzione di questa citazione è quella di invocare un’autorità. 300 Il passo di Antoine Compagnon è tratto da La Seconde main ou le travail de la citation (1979); noi citiamo da: Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit. (p. 93).

100

Anche in Mañana en la batalla piensa en mí l’autore spingeva il lettore a

riflettere sul meccanismo della citazione attraverso l’accostamento di

due verbi: «“Mañana en la batalla piensa en mí” pensé; o más bien me

acordé de ello»301.

Marías aveva già ricordato questa frase di Cervantes (con lo

stesso intento morale) nell’articolo Nuestra ventura, dove spiegava le

ragioni per cui valga la pena di leggere il Quijote. L’articolo si

concludeva con una serie di domande retoriche che dimostravano

l’attualità del romanzo di Cervantes:

Pues ¿quién, en todo tiempo y lugar, no ha querido ser otro del que es? ¿Y quién no ha temido lograrlo y querer después volver a ser el que fue y dejó de ser? ¿Quién no teme hoy, en suma, las palabras del propio Cervantes? Dijo: «Tú mismo te has forjado tu ventura».302

La stessa citazione compariva anche nel ritratto di Isak Dinesen (§ Isak

Dinesen en la viejez) facente parte di Vidas escritas. È probabile che

l’autore abbia ereditato la passione per questa frase dal padre303.

4.5 Tesoro de la lengua castellana o española

La citazione successiva è assai curiosa. Si tratta di un’inusuale citazione

da un vocabolario che, tuttavia, è alquanto “narrativo”. Il suo autore,

Sebastián de Covarrubias (1539-1613), infatti, introduce

costantemente la prima persona per manifestare opinioni personali,

fare divagazioni, raccontare storie o aneddoti.

301 MBP, p. 37. 302 Javier Marías, Nuestra ventura, LYF. 303 Dell’amore di Julían Marías per questa frase si parla in Antonio Astorga, Julián Marías: «La guerra civil fue consecuencia de una ingente frivolidad», «ABC», 17/12/2012, http://www.abc.es/20120429/cultura-libros/abci-julian-marias-guerra-civil-20120 4271954.html (ultima consultazione: 7/8/2013). La frase è citata dal filosofo nell’articolo Cervantes como clave española.

101

La citazione è riportata da Luisa durante la conversazione con

María ed è accompagnata da indicazioni generali sull’opera da cui è

tratta:

Pero sí [podría odiar] a los inductores, tendría la posibilidad de sospechar de unos y otros, de cualquier competidor o resentido o damnificado, todo empresario hace víctimas sin querer o queriendo; y hasta de los colegas amigos, como leí el otro día una vez más, en el Covarrubias. —Luisa vio mi cara de conocimiento sólo vago—. ¿No

lo conoces? El Tesoro de la lengua castellana o española, fue el primer diccionario, de 1611, lo escribió Sebastián de Covarrubias. —Se levantó y trajo un voluminoso libro verde que tenía a mano y buscó entre sus páginas—. Tuve que consultar la palabra ‘envidia’ para cotejar con la definición inglesa, y mira cómo termina la suya. —Y me leyó en voz alta—. ‘Lo peor es que este veneno suele engendrarse en los pechos de los que nos son más amigos, y nosotros los tenemos por tales fiándonos de ellos; y son más perjudiciales que los enemigos declarados.’ Y ese saber venía ya de más antiguo, porque mira lo que añade: ‘Esta materia es lugar común, y tratada de muchos; no es mi intento traspalar lo que otros han juntado. Quédese aquí’.—304

Essa serve all’autore, come la frase “Un asesinato, no más” tratta da

Les Trois Mousquetaires, per descrivere la normalità e la quotidianità del

male.

Anche qui possiamo vedere che il libro ha una funzione didattica

e, più nello specifico, dà un avvertimento305: guardati dagli amici306.

Sebbene Luisa ricordi la frase per descrivere una possibilità in realtà

non realizzata, avanzando nella lettura del romanzo ci renderemo

conto che Covarrubias aveva effettivamente ragione.

A conferma di questo, il riferimento a questa frase ritorna anche

esplicitamente nel finale del romanzo, quando María ricorda le parole

304 LE, pp. 83-84. 305 Anche in altre opere di Marías si parla di questo particolare potere dei libri: vedi MBP, p. 70: «basta con que no leamos un libro para que no sepamos la principal advertencia» e il racconto Lo que dijo el mayordomo in MED, p. 163: «los libros que no leemos están llenos de advertencias» (corsivo dell’autore). 306 Questo consiglio risveglia nel lettore fedele di Marías il ricordo del tradimento a danno del padre di Deza descritto in Tu rostro mañana.

102

di Luisa, che vengono riproposte identiche secondo un procedimento

caro all’autore307. Ricordando nuovamente il passo, si sottolinea il fatto

che l’avvertimento è rimasto ingiustamente inascoltato, avendo Luisa

sposato quell’amico da cui avrebbe dovuto guardarsi.

Da notare sono anche il rapido accenno all’attività di traduzione

e alla presenza fisica del libro. In questo caso, come già con Le Colonel

Chabert, Marías riproduce all’interno del romanzo una raffigurazione di

sé stesso che cita un’opera consultandola.

4.6 Il Vangelo secondo Luca

È interessante il meccanismo con il quale viene introdotta la

successiva citazione, inserita all’interno della descrizione che María fa

di Díaz-Varela:

Le miraba los labios mientras peroraba, se los miraba con fijeza y me temo que con descaro, me dejaba mecer por sus palabras y no podía apartar los ojos del lugar de donde salían, como si todo él fuera boca besable, de ella procede la abundancia, de ella surge casi todo, lo que nos persuade y lo que nos seduce, lo que nos tuerce y lo que nos encanta, lo que nos succiona y lo que nos convence. ‘De la superabundancia del corazón habla la boca’, se lee en la Biblia en algún sitio308.

L’aforisma è tratto dal Vangelo (Luca, 6:45):

El hombre bueno, del buen tesoro de su corazón saca lo bueno; y el hombre malo, del mal tesoro de su corazón saca lo malo; porque de la abundancia del corazón habla la boca.309

307 LE, p. 396: «‘Pero sí a los inductores’, había añadido, y me había leído parte de la definición de Covarrubias de ‘envidia’, fechada en 1611, lamentándose de que ni siquiera a eso pudiera achacarse la muerte de su marido: ‘Lo peor es que este veneno suele engendrarse en los pechos de los que nos son más amigos, y nosotros los tenemos por tales fiándonos de ellos; y son más perjudiciales que los enemigos declarados’». 308 Ivi, pp. 137-138. 309 Vedi anche Matteo (12:34).

103

Il passo, come spesso accade nel caso delle citazioni ornamentali,

viene liberamente utilizzato dall’autore; c’è, in effetti, una discreta

differenza tra i due testi: nel Vangelo si pone l’accento sulla

consonanza tra la natura dell’uomo e le sue parole, mentre ne Los

enamoramientos si parla piuttosto del potere del linguaggio e della fonte

non si sfrutta tanto il concetto, quanto l’immagine suggestiva.

Il brano è introdotto attraverso un meccanismo inverso rispetto

a quello con cui vengono sciolti gli enigmi shakespeariani: in questo

caso non si parte dalla fonte originale per arrivare all’interpretazione,

ma avviene il contrario. Possiamo infatti osservare come la citazione

sia anticipata da un sorta di perifrasi piuttosto libera che corrisponde

alla lettura che ne fa María(s). Siccome la narratrice utilizza il termine

abundacia siamo certi che avesse in mente il passo di Luca sin

dall’inizio, in maniera più o meno cosciente, ma il fatto che la fonte

venga esplicitata solo alla fine ne impedisce una lettura neutra e priva

dalle connotazioni attribuitele dalla narratrice. Inoltre, la frase è

presentata quasi senza contesto, così da poter essere più liberamente

usata con un significato diverso da quello originale.

Come nel caso dell’espressione shakespeariana «The sleeping and

the dead are but as pictures», anche questo brano rappresenta un

doppio legame interestuale, rievocando, oltre alla fonte originale, altre

opere dell’autore. Infatti, esso riecheggia una formula introdotta in

Todas las almas e poi usata tre volte in Corazón tan blanco: «la boca está

siempre llena y es la abundancia». Nei precedenti romanzi, la fonte

biblica (non esplicitata) era usata in maniera ancora più libera e quasi

sempre presentata in contesti erotici, particolarmente audaci nel caso

104

di Todas las almas310. Possiamo osservare che, in corrispondenza di una

delle tre occorrenze di Corazón tan blanco, si rileva un’ulteriore analogia

a livello lessicale con Los enamoramientos, poiché compare anche qui il

verbo persuadir311:

Salí sin despedirme de Custardoy (o lo hice con un gesto de la mano a distancia) ni de las treintañeras que se convertirían en sus desconocidas y espantadas íntimas al cabo de un rato de cerveza y chicle y ginebra y tónica y hielo, y humo de cigarrillos, y cacahuetes, y risas, y rayas, y la lengua al oído, y también de palabras que yo no escucharía, el incomprensible susurro que nos persuade. La boca está siempre llena y es la abundancia.312

Quest’eco contribuisce dunque a rinforzare il legame con il romanzo

shakesperiano.

310 «Que tenga la polla en la boca de Muriel es incomprensible […]. Mucho más incomprensible que ir a tenerla, como la tendré muy pronto, metida en su sexo, pues en su sexo –es de esperar– no habrá habido nada durante las últimas horas, mientras que en su boca ha habido chicle y ginebra y tónica y hielo, y humo de cigarrillos, y cacahuetes, y mi lengua, y risa, y también palabras que yo no he escuchado. (La boca está siempre llena y es la abundancia.)» (TLA, pp. 164-165) «[…] hablar un poco sin prestar atención y con impaciencia, simular que se adquieren méritos en una conversación, una anécdota, observar la boca, servir el vino, ser educado, encender cigarrillos, reír, la risa es a veces el preludio del beso y la expresión del deseo, su transmisión, sin que se sepa por qué, la risa desaparece luego durante el beso y el cumplimiento, casi nunca hay risa mientras la gente se abraza despierta sobre la almohada y las bocas ya no se observan (la boca está llena y es la abundancia), se tiende a la seriedad por risueños que sean los prolegómenos y las interrupciones, la demora, la espera, la prolongación y las pausas, un respiro, la risa se corta, a veces también las voces, se callan las voces articuladas, o hablan con vocativos o interjectivamente, no hay nada que traducir» (CTB, p. 307). Nell’unico caso in cui non compare in contesti erotici, l’immagine è comunque associata a un vizio, in questo caso a quello del fumo e del cibo: «Ya no debía de temer al fuego, porque el camarero le trajo la caja de puros, cogió sin dudarlo uno (conocía las marcas), no lo olisqueó (era un hombre educado, tampoco llevaba sortijas), se lo llevó a la boca –la boca mojada que está llena y es la abundancia– y permitió que le acercaran demasiado a la cara una llama inmensa con la que se lo prendieron» (ivi, p. 346). 311 È ancor più ovvio l’eco di Todas las almas, vedi nota precedente. 312 CTB, p. 238. Attraverso il termine persuadir si stabiliscono altre connessioni tra i due romanzi; si confronti ad esempio questo passo de Los enamoramientos con quello appena citato: «Le habían proporcionado un móvil seguramente para hacerle ellos llamadas, no para que llamara él […], para persuadirlo al oído, como quien susurra […]» (LE, p. 210), corsivo mio.

105

4.7 La Belle Dame Sans Merci di John Keats

Un’altra citazione ornamentale, in questo caso da Keats e riportata in

lingua originale, è utilizzata per descrivere in che modo il ricordo di

Díaz-Varela va affievolendosi nella mente della narratrice:

Esa fue la última vez que vi a solas a Díaz-Varela, como me imaginaba, y pasó bastante tiempo hasta que volví a encontrarme con él, en compañía y por casualidad. Pero durante casi todo ese tiempo rondó mis días y mis noches, al principio con intensidad, luego se demoró pálidamente, ‘palely loitering’, como dice un medio verso de Keats.313

Il medio verso è tratto dalla ballata La Belle Dame Sans Merci314 del 1819,

dove si racconta la storia di un cavaliere che incontra una giovane

misteriosa della quale si innamora, ma da cui viene immediatamente

abbandonato. La trama può ricordare quella de La canción de Lord

Rendall, anche per il fatto che entrambe le donne servono del cibo agli

amanti e che lo scenario dei due amori è sempre un bosco.

Dopo l’incontro, il cavaliere di Keats è assalito da incubi che

possono dirci qualcosa circa la concezione dell’innamoramento in

Marías:

I saw pale kings and princes too, Pale warriors, death-pale were they all; They cried – ‘La Belle Dame sans Merci Hath thee in thrall!’315

313 LE, pp. 353. 314 Il titolo è in francese perché tratto da un poemetto del XV secolo di Alain Chartier. 315 John Keats, Complete poems, edited by Jack Stillinger, Harvard University press, Cambridge (MA), 1978, p. 271. Traduzione tratta da http://www.keats-shelley-house.org (ultima consultazione 6/11/2013): «Cerei re vidi, e principi e guerrieri / Tutti eran pallidi di morte/ “La belle dame sans merci” mi dicevano / “Ha ormai in pugno la tua sorte”».

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L’emistichio citato dalla narratrice è tratto dal secondo verso della

ballata e descrive il cavaliere dopo il risveglio, incapace di reagire:

Oh what can ail thee, knight at arms, Alone and palely loitering? The sedge has wither’d from the lake, And no birds sing.316

Sebbene sia naturale mettere in relazione la figura del cavaliere con

María e quella della dama con Díaz-Varela, possiamo vedere che la

frase del testo originale si riferisce al cavaliere che non riesce a

dimenticare la donna, mentre Marías la associa all’oggetto del ricordo,

ossia a Díaz-Varela, che tarda a scomparire.

4.8 Die erste Elegie di Rainer Maria Rilke

Come è emerso dai riferimenti sinora analizzati, generalmente Marías

indica la provenienza della fonte che cita. Non è il caso del riferimento

seguente, che tuttavia non consideriamo allusione in quanto ne viene

segnalata l’alienità:

Tiene ahora a alguien enfrente y los dos podrán ocultarse mutuamente su destino, como hacen los enamorados según un verso que mal recuerdo, algo así dice ese verso antiguo que leí en mi adolescencia.317

Il verso antiguo, citato con funzione ornamentale, è tratto dalla prima

elegia duinese di Rilke:

O und die Nacht, die Nacht, wenn der Wind voller Weltraum uns am Angesicht zehrt -, wem bliebe sie nicht, die ersehnte,

316 Ivi, p. 270. Traduzione tratta da http://www.keats-shelley-house.org (ultima consultazione 6/11/2013): «Perché soffri, oh cavaliere in armi / E pallido indugi e solo? / Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago / E nessun uccello cantando prende il volo». 317 LE, p. 396.

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sanft enttäuschende, welche dem einzelnen Herzen mühsam bevorsteht. Ist sie den Liebenden leichter? Ach, sie verdecken sich nur mit einander ihr Los.318

Come ha dimostrato Antonio Iriarte 319 , Marías conosce le elegie

duinesi attraverso la traduzione di Jaime Ferreiro Alemparte.

Consultando quella versione possiamo vedere che il riferimento è

letterale e che l’incertezza («algo así») è ancora una volta simulata,

come nel caso delle citazioni tratte da Les Trois Mousquetaires320:

¡Oh!, y la noche, la noche, cuando el viento lleno de espacio cósmico nos consume las mejillas… ¿A quién no le será dada ella, la anhelada, la apacible desilusionadora, que, penosa, se cierne sobre el corazón solitario? ¿Será más ligera a los amantes? ¡Ay!, ellos no hacen más que ocultarse mutuamente su destino.321

D’altronde, che l’autore conosca perfettamente l’opera del poeta

boemo e, in particolare, le elegie duinesi è dimostrato, oltre che dalla

loro ricorrente presenza in Tu rostro mañana322, dal capitolo di Vidas

escritas a lui dedicato (§ Rainer Maria Rilke a la espera). Come nelle altre

biografie di quella raccolta, Marías si concentra più su aneddoti curiosi

318 Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, Traduzione e introduzione di Piero Marelli, edizione con testo a fronte, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2007, p. 52 (il testo originale delle Duineser Elegien a fronte segue l’edizione contenuta nella Sämtliche Werke pubblicata da Insel Verlag, Frankfurt am Main, nel 1955). Dalla traduzione italiana di Marella risulta impossibile riconoscere la citazione: «Ah la notte, la notte, mentre il vento con tutti / i suoi luoghi ci divora la faccia: e la desiderata / resterebbe con noi, in dolce inganno pensando / su ogni cuore. Sarà allora per gli amanti più facile? / Ah sì, negandosi osservando il destino!» (ivi, p. 53); si veda però la versione di Franco Rella: « Oh e la notte, la notte quando il vento colmo del sogno del mondo / ci consuma il volto, chi non resta la desiderata dolcemente disillusa, /che sul cuore estenuato faticosamente incombe? È forse più lieve agli amanti?/Ah, essi nascondono l’uno all’altro il fato» (Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, Introduzione, traduzione e commento di Franco Rella, edizione con testo a fronte, BUR, Milano, 1994, p. 54). 319 Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., p. 312. 320 Cfr. supra, p. 64. 321 Rainer Maria Rilke, Antología poética, estudio versión y notas de Jaime Ferreiro Alemparte, Espasa-Calpe, Madrid, 1968, p. 113. 322 Cfr. Iriarte, “Cito a menudo para mis adentros”, cit., pp. 311, 313, 314, 317, 322, 324, 328, 335, 355, 356, 358, 363.

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della sua vita che non sulla sua produzione letteraria; tuttavia,

menziona due volte proprio le elegie duinesi 323 . In quella sede,

definisce Rilke «el más grande poeta del siglo»324.

Non possiamo sapere perché Marías abbia deciso in questo caso

di non indicare la paternità del riferimento intertestuale. Il risultato, in

ogni caso, è quello di aprire al lettore con cui condivide lo stesso

universo di letture “adolescenziali” un percorso privilegiato all’interno

del romanzo, regalandogli il «piacere dell’agnizione»325.

A chi sappia riconoscere la fonte, il riferimento apparirà

particolarmente calzante poiché il passo del romanzo in cui è inserito

condivide con l’elegia anche il tema generale. Nel romanzo, infatti, la

citazione viene inserita dopo che María ha ricordato il passo del

Covarrubias che negava la possibilità della purezza nei rapporti di

amicizia, troppo spesso corrotti dall’invidia; il passaggio successivo è

quello di arrivare, attraverso la citazione di Rilke, a dubitare anche dei

nostri amanti (di nuovo, è la letteratura a metterci in guardia). Allo

stesso modo, nell’elegia, il sospetto nei confronti dell’amato è l’ultimo

stadio di un percorso di disillusione. Ecco infatti i versi che precedono

quello citato da Marías, che esprimono una più generica

preoccupazione e un senso di solitudine:

Ach, wen vermögen wir denn zu brauchen? Engel nicht, Menschen nicht, und die findigen Tiere merken es schon, dass wir nicht sehr verlässlich zu Haus sind in der gedeuteten Welt.326

323 VE, p. 84 e p. 85. 324 Ivi, p. 86. 325 Cfr. Polacco, L’intertestualità, cit., p. 90. 326 Rilke, Elegie duinesi, cit., p. 52. «Ma di chi possiamo / fidarci? Degli angeli no e degli uomini nemmeno / e anche gli astuti animali sanno sicuramente che / questo mondo decifrato non è la nostra / tranquilla dimora […]» (ivi, p. 53).

109

5. La realtà come motore della finzione

Tra i materiali rielaborati per la stesura de Los enamoramientos non ci

sono solo opere letterarie, ma anche alcuni articoli di giornale a cui

l’autore si è ispirato per la descrizione della morte di Deverne.

Dedichiamo il presente capitolo all’analisi di questi riferimenti, che

nella griglia di Genette possono essere catalogati sia come ipertestuali

(la trama viene rielaborata) che come intertestuali (alcune parti

vengono citate testualmente).

Per la loro natura, tali richiami invitano a fare alcune riflessioni a

proposito dell’osmosi tra realtà e finzione, con cui Marías aveva già

giocato precedentemente: «Creo no haber confundido nunca la ficción

con la realidad, aunque sí las he mezclado en más de una ocasión

como todo el mundo»327, scriveva in Negra espalda del tiempo. Se però in

Todas las almas, Tu rostro mañana e nella “falsa novela” l’autore

sottolineava attraverso diversi espedienti di stare trattando eventi reali

come se fossero fittizi, ne Los enamoramientos i due mondi sono

perfettamente amalgamati e solo i lettori che stabiliscono il legame

intertestuale con gli articoli sono in grado di svelare questa dimensione

del romanzo, che rimarrà ai più sconosciuta.

La maggiore segretezza mira, forse, a evitare problemi legali,

poiché è probabile che diversi lettori si sentirebbero offesi scoprendo

che l’autore ha utilizzato per i suoi scopi letterari un evento brutale

realmente accaduto, che non gli appartiene in nessun modo (non è

stata “presa in prestito”328 parte della sua vita o di quella dei suoi cari)

327 NET, p. 17. 328 L’autore ha dichiarato di aver preso in prestito la vita del padre per la stesura di Tu rostro mañana. Cfr. Paolo Lepri, Javier Marías: «ho preso in prestito la vita di mio padre», «Corriere della sera», 10/5/2010, http://archiviostorico.corriere.it/2010/

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e che è ancora troppo recente perché le persone interessate lo abbiano

dimenticato329. Anche se uno scrittore di finzione non deve «pedir

permiso para introducir ahí, en su ficción, a cualquier persona o

episodio real que conozca»330, come Marías ha scritto in Negra espalda

del tiempo, da un punto di vista giuridico (e di marketing) le cose vanno

diversamente; d’altra parte è innegabile che l’autore abbia ragione

quando afferma che se lo scrittore decide di farlo «nada ni nadie se lo

podrá impedir»331, e infatti così è stato.

L’evento reale che è entrato a far parte del romanzo è la morte di

Luis Marsans (figlio del fondatore dell’impresa Viajes Marsans),

avvenuta nel 2004 e, a suo tempo, ampiamente documentata dai

quotidiani spagnoli 332 . Marías ne ricalca i dettagli con irriverente

esattezza: come Deverne, Marsans fu ucciso durante le prime ore del

pomeriggio, nel distretto di Chamartín, con un pugnale dalla lama di

sette centimetri, proprio il giorno del suo compleanno; in tutti e due i

casi, l’omicida era un parcheggiatore abusivo, scagliatosi contro la

vittima pensando che gli avesse rapito le figlie per introdurle nella rete

della prostituzione.

A oggi – ottobre 2013 – la critica non ha ancora indicato questo

maggio/17/Javier_Marias_preso_prestito_vita_co_9_100517046.shtml (ultima consultazione 16/10/2013). 329 Cfr. infra, n. 333. 330 NET, p. 65. 331 Ibidem. 332 Come testimonia la Prof.ssa Ana Tobío Sala – che ha conosciuto Marías negli anni della giovinezza (è ricordata fugacemente anche in Negra espada del tiempo) – tuttavia, molto probabilmente, l’autore non è venuto a sapere di questa morte solo dai giornali: Luis Marsans era infatti il fratello dell’ex-compagna di Elias Querejeta, Maria Marsans, e la coppia faceva parte del gruppo di amicizie dello scrittore nel periodo della movida. L’evento quindi lo avrebbe toccato da vicino, nonostante i rapporti tra lui e Querejeta si fossero incrinati a causa dell’adattamento cinematografico di Todas las almas del 1996, finanziato da quest’ultimo (cfr. infra, § 7.1).

111

fatto di cronaca come matrice del romanzo333, benché l’autore abbia

esplicitamente dichiarato almeno in un’occasione il suo debito nei

confronti della realtà:

Le prime trenta pagine del romanzo, più o meno, coincidono con un fatto reale. Una grande amica mia anni fa mi ha raccontato come ha scoperto che una coppia che lei guardava durante la prima colazione – in una caffetteria, nello stesso modo che si descrive nel romanzo – ha scoperto come il marito è stato ammazzato in un modo molto simile. Dunque la vera finzione, l’assoluta finzione del romanzo, comincerebbe più o meno nel momento nel quale la narratrice, María, si avvicina alla vedova e parla con lei. Questo non è mai successo.334

Gli indizi più utili per il riconoscimento, tuttavia, si trovano proprio

all’interno nel romanzo e sono di natura, appunto, squisitamente

intertestuale: il riepilogo – quasi una rassegna stampa335 – che María fa

confrontando il modo in cui le varie testate avevano descritto

l’omicidio Deverne si basa, infatti, su articoli che sono stati realmente

pubblicati e che sono ancora disponibili in rete336. Si osservino ad

esempio i seguenti frammenti nei quali si segnalano, in nota, i

riferimenti alle specifiche fonti:

333 Lo ha fatto però un utente anonimo tra i commenti di un blog, cfr. http://juandelaciervabiblioteca.blogspot.it/2011/04/los-enamoramientos-de-javier-marias.html (ultima consultazione: 12/10/2013). L’utente ha così commentato il fatto che il romanzo descrivesse un evento reale: «no creo que sea ni de buen gusto para la familia de éste, si es que ha tenido conocimiento. Éste hecho me ha desagradado bastante»; un altro ha invece scritto: «Plagio y mal gusto al escribir mentiras copiando la realidad» (ibidem). 334 Intervista radiofonica di Mario De Santis a Javier Marías (http://www.youtube.com/watch?v=Z-76eF5HYZI). La trascrizione è mia. Ipotizziamo che l’amica di cui parla sia Mercedes López-Ballesteros perché, come scrive l’autore in un articolo in cui parla di lei, «lleva […] seis años en la misma empresa, desayunando a diario en una cafetería cercana a su sede» (Javier Marías, Hacia la ley del más grosero, in Harán de mí un criminal, Alfaguara, Madrid, 2003, p. 236). Il dettaglio, di per sé trascurabile, risulta più significativo se si considera che la traduttrice è variamente omaggiata all’interno del romanzo. 335 Cfr. con il passo di Mañana en la batalla piensa en mí in cui il narratore consulta la pagina dei necrologi sul giornale per cercare informazioni sulla morte di Marta. 336 Per agevolare la consultazione li riproduciamo in appendice.

112

[el gorrilla 337 ] lo había apuñalado repetidamente, tirándole las cuchilladas al tórax y a un costado338, según un periódico, a la espalda y el abdomen339, según otro, y a la espalda, el tórax y el hemitórax340, según un tercero. También divergían en el número de navajazos recibidos por el empresario: nueve341, diez342, dieciséis343, y el que daba esta última cifra —quizá el más fiable, porque el redactor citaba ‘revelaciones de la autopsia’— añadía que ‘todas las puñaladas afectaron a órganos vitales’ y que ‘cinco de ellas eran mortales, según dedujo el forense’344.345 Según otros, le gritó una sarta de frases ininteligibles de las que sólo captaron dos: ‘¡Me quieres dejar sin herencia!’346 y ‘¡Me estás quitando el pan de mis hijos!’347.348 ‘Tras debatirse unas cinco horas entre la vida y la muerte, sin recobrar en ningún instante el conocimiento, la víctima falleció a primeras horas de la noche349, sin que los médicos pudieran hacer nada por salvarla’.350

Possiamo notare che l’autore arriva a fare delle citazioni virgolettate

dagli articoli, dimostrando come «a veces simplemente la manera en

que uno presenta las mismas palabras y el mismo texto lo convierte en

337 L’autore riutilizza questa parola prendendola dai giornali (cfr. LE, p. 46, 47, 48, 50, ecc.). Glauco Felici ha mantenuto il termine nella traduzione italiana, scrivendolo il corsivo e aggiungendo, alla prima attestazione, una nota esplicativa: «Gorilla, diminutivo di gorra “berretto”» (Javier Marías, Gli innamoramenti, Einaudi, Torino, 2012, traduzione di Glauco Felici, p. 29). 338 Cfr. Appendice, p. 175. 339 Ivi, p. 171. Si tratta dell’unico articolo on-line nel quale abbiamo trovato accenni alle ferite all’addome, ma non si fa riferimento a ferite alla schiena. 340 Ivi, p. 174. 341 Ivi, p. 171. 342 Ivi, p. 174 343 Ivi, p. 178. 344 Ibidem. 345 LE, p. 47. 346 Cfr. Appendice, p. 171. 347 Ibidem. 348 LE, pp. 46-47. 349 Cfr., Appendice, p. 171. 350 LE, p. 393. Questa frase non è tratta dal passo di quella che abbiamo chiamato “rassegna stampa”. María ricorda questa frase letta nei giornali nel finale del libro e essa la fa dubitare delle parole di Díaz-Varela: non le sembra infatti possibile che i medici abbiano esaminato il corpo per cinque ore senza essersi resi conto della sua malattia.

113

ficción o no ficción o en aparente ficción o en aparente no ficción»351.

Questa rassegna stampa rappresenta il momento in cui l’autore

più si avvicina a rivelare di aver introdotto un evento reale all’interno

del suo romanzo; c’è, tuttavia, una differenza considerevole tra la

riproduzione degli articoli attraverso la voce di María e quella fatta a

livello grafico in Negra espalda del tiempo 352 . Nel caso de Los

enamoramientos, fare riferimento ai giornali può essere interpretato dai

lettori come un semplice meccanismo, tutto interno alla finzione,

volto a creare verosimiglianza: gli articoli, insomma, sembrano

inventati dall’autore; in Negra espalda del tiempo, invece, la riproduzione

smaschera la natura della fonte, confondendo in maniera più esplicita

il confine fra realtà e fantasia.

In un’intervista, Marías ha dichiarato che il suo desiderio quando

scrive è che il lettore non distingua «the different origins of the

material but reads everything as what it is – as part of a novel»353.

Questo proposito è perfettamente realizzato ne Los enamoramientos,

mentre nelle sue opere precedenti rappresentava una vera sfida per il

lettore, a cui si richiedeva di considerare come inventato qualcosa che

gli veniva al contempo dimostrato essere vero. Los enamoramientos si

presenta dunque come un’opera più semplice e meno innovativa da

questo punto di vista, sebbene apra percorsi di lettura più complessi a

chi risalga alla notizia dell’omicidio Marsans. Potenzialmente, essa dà

materiale sufficiente per mettere in moto una reazione ancor più

351 Dichiarazione dell’autore raccolta in Michael Pfeiffer, El destino de la literatura. Entrevistas con: Rafael Argullon, Bernardo Atxaga, Félix de Azúa, Luis Alberto de Cuenca, Javier Marías, Eduardo Mendoza, Quim Monzó, Antonio Muñoz Molina, Soledad Puértolas, José Ángel Valente, El acantilado, Barcelona, 1999, pp. 104-105. 352 Ricordiamo, infatti, che nella “falsa novela”, quando viene commentato un articolo, come ad esempio quello sui due librai di Oxford, l’autore ne include una copia originale. 353 Cfr. Sarah Fay, Javier Marías, The Art of Fiction No. 190, cit.

114

potente di quella generata da Todas las almas e potrebbe essere seguita,

a sua volta, da un metaromanzo di commento.

Trovandosi davanti agli articoli che narrano la stessa storia del

libro, si stenta a credere che ciò che appariva così romanzesco possa

essere invece realtà: un uomo è stato veramente ucciso nel mezzo della

strada in pieno giorno, esattamente il giorno del suo compleanno.

Marías riesce così a dimostrare che la verità è – paradossalmente –

inverosimile, come scriveva nell’articolo Los malditos detalles:

Una de las tareas más difíciles de la ficción es lograr la verosimilitud. Lo verosímil es lo que tiene apariencia de verdad, no la verdad misma. Es más, a menudo la verdad resulta inverosímil si la sacamos de su territorio y la insertamos tal cual en una obra de ficción […]. Ese es uno de los motivos por los que tanta veces la adhesión excesiva a la realidad da en el arte unos resultados totalmente increíbles.354

E riafferma anche nel romanzo, attraverso la voce di María:

[…] la vida está llena de ellas [de verdades inverosímiles], mucho más que la peor novela, ninguna se atrevería a dar cabida en su seno a todos los azares y coincidencias posibles, infinitos en una sola existencia, no digamos en la suma de las habidas y de las que aún discurren.355

Se nel Libro de Manuel (1973) di Julio Cortázar l’inserimento di

materiale giornalistico aveva lo scopo di risvegliare il lettore

dall’illusione finzionale in cui era immerso, secondo un effetto di

straniamento paragonabile a quello presente nel teatro di Bertolt

Brecht356, ne Los enamoramientos questo scollamento colpisce piuttosto

354 Javier Marías, Los malditos detalles, in id., Mano de sombra, Alfaguara, Madrid, 1997, p. 275, corsivo dell’autore. 355 LE, p. 309. 356 Cfr. Emanuele Pirani, Esercizi di semiotica fantomatica: postmodernismo, testo estetico, discorso cognitivo in Fantomas contra los vampiros multinacionales, Tesi di laurea inedita in Semiotica del testo, Università degli Studi di Bologna, Relatore: Prof.

115

le narrazioni stesse dei giornali, che finiscono per essere concepite, a

loro volta, come false:

Todo se convierte en relato y acaba flotando en la misma esfera, y apenas se diferencia entonces lo acontecido de lo inventado. Todo termina por ser narrativo y por tanto por sonar igual, ficticio aunque sea verdad.357

Il frammento va messo in relazione con un altro simile, tratto da

Corazón tan blanco, dove si parla esplicitamente anche degli articoli di

stampa:

Contar deforma, contar los hechos deforma los hechos y los tergiversa y casi los niega, todo lo que se cuenta pasa a ser irreal y aproximativo aunque sea verídico, […] en cuanto [las cosas] se relatan o se manifiestan o muestran, aunque sea en lo que más real parece, en la televisión o en el periódico, en lo que se llama la realidad o la vida o la vida real incluso, pasan a formar parte de la analogía y el símbolo, y ya no son hechos […]358

A rafforzare l’atteggiamento dubitativo che il lettore assume di fronte

ai giornali contribuisce il fatto che essi riportano versioni discordanti,

mettendo in crisi il concetto di verità oggettiva.

In questo senso, Los enamoramientos può essere avvicinato a quella

che Linda Hutcheon chiama metafinzione storiografica (Historical

Metafiction), ovvero a un genere che mescola la finzione romanzesca e

il referente reale. Le opere di questo tipo si differenziano dai romanzi

storici perché trattano i fatti reali e quelli inventati in modo tale da

rendere non pertinente la loro distinzione ontologica. Esse riflettono

Maria Pia Pozzato, Correlatore: Dr.ssa Daniela Panosetti, Anno Accademico: 2004/2005, p. 75; Linda Hutcheon, A Politics of Postmodernism, London and New York, Routledge, 1989. Lo straniamento è una pratica che intende sottolineare l’artificio della messa in scena, spingendo il pubblico ad assumere un atteggiamento critico nei confronti dello spettacolo che sta guardando. 357 LE, p. 331. 358 CTB, p. 294.

116

sulla natura testuale della nostra conoscenza del mondo e della storia,

una conoscenza mediata e non oggettiva: «The past really did exist,

but we can only know it today through its textual traces»359.

Tuttavia, a differenza dei romanzi analizzati dalla critica canadese

– tutti di stampo chiaramente postmodernista – e di altre opere

dell’autore, ne Los enamoramientos la fusione di materiali di realtà e

fantasia non è esplicitata attraverso un’autocoscienza della narrazione.

Sebbene, come si è visto, non manchino considerazioni a proposito

del fatto che passato che esiste solo in qualità di racconto, la

complessità attraverso cui in questo romanzo finzione e realtà

vengono equiparate rimane in parte ignorata, se il lettore non riesce a

risalire alla fonte primaria rappresentata dagli articoli.

Stabilire il legame intertestuale cambia la lettura dell’opera anche

in un altro senso, consentendoci di osservare il laboratorio dello

scrittore da una prospettiva privilegiata e di apprendere qualcosa a

proposito della genesi del romanzo. L’aneddoto letto sui quotidiani

mette in moto la fantasia e il pensiero dell’autore. Come già ricordato,

all’interno del romanzo Díaz-Varela spiega come ciò che importa delle

opere di finzione non è la trama, ma son le riflessioni che ci spingono

a fare, le idee che ci suggeriscono i loro casi immaginari, che

ricordiamo con maggior nitidezza rispetto a quelli reali. Ebbene,

scoprendo la fonte da cui Marías ha sviluppato Los enamoramientos,

possiamo immaginarlo leggere gli articoli sulla romanzesca morte

dell’impresario proprio come se si trattasse di racconti, traendo da essi

lo spunto per una riflessione che occupa le oltre 400 pagine dell’opera

e che, a partire da un evento particolare, arriva a toccare vari grandi

359 Hutcheon, A Politics of Postmodernism, cit., p. 78.

117

temi universali come la morte, il tradimento, la colpa, il pericolo della

conoscenza.

118

119

6. Personaggi migranti

6.1 Forme e funzioni

Anche i personaggi possono fungere da legami intertestuali, qualora

«acquistino vita propria rispetto alle opere che li contengono, e

riescano a sopravvivere e a reincarnarsi nelle opere successive»360. Ciò

avviene frequentemente all’interno della produzione di Marías, dove

«personajes de artículos periodísticos, relatos y novelas se perfilan en

unas narraciones para desarrollarse o perfeccionarse en otras» 361 ,

rinforzando così l’unità del suo universo letterario. Come nota Sandra

Navarro, si tratta in questo caso di un’intertestualità «interna»362, cioè

limitata alle relazioni tra gli scritti dell’autore. I suoi personaggi

migranti, infatti, non provengono mai da opere di altri scrittori;

tuttavia, in alcuni casi essi sono la raffigurazione letteraria di persone

reali e sono quindi comunque frutto di intersezioni fra mondi diversi.

Anche attraverso i personaggi, dunque, Marías confonde i confini tra

360 Polacco, L’intertestualità, cit., p. 42. 361 Sandra Navarro Gil, Los relatos de Javier Marías, http://www.liceus.com/cgi-bin/ac/pu/Sandra%20_Navarro_JavierMarias.asp (ultima consultazione: 20/8/2013). Solo per fare alcuni esempi di personaggi intertestuali in opere dell’autore diverse da quella che prendiamo in analisi, ricordiamo che il León de Nápoles è presente sia ne El siglo che ne El hombre sentimental (inoltre, come nota Hezberger, «he may also be the unnamed character in María’s hybrid text El monarca del tiempo, where we can infer – though not affirm – that he appears in the segment entitled Portento, Maldición», Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., n. 6, p. 74); Custardoy compare in Corazón tan blanco, Tu rostro mañana e nel racconto Figuras inacabadas. Per un’analisi dei vari Custardoy nell’opera di Marías, si veda: Rebeca Martín, La lección de Alan Marriott. Sobre los nexos nefastos y las parejas espantosas en Tu rostro mañana, in Grohmann y Steenmeijer (bajo la dirección de), Allí donde uno diría que no puede haber nada, cit., pp. 269-282. Per ovvie ragioni, poi, diversi personaggi di Todas las almas tornano in Negra espalda del tiempo e nella trilogia. Per fare invece un esempio di osmosi tra gli articoli e la narrativa, ricordiamo la figura del maggiordomo che, presentata per la prima volta nell’articolo La venganza y el mayordomo (Pasiones pasadas, Anagrama, Barcellona, 1991), veniva poi recuperata nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED). 362 Ibidem.

120

realtà e finzione.

Il riconoscimento di queste figure provoca nel lettore la

sensazione di appartenere a un circolo di destinatari speciali e

selezionati, più vicini all’autore e in grado di comprendere il suo

linguaggio autoreferenziale. Tali agnizioni possono però talvolta

andare al di là del puro piacere ludico ed “erudito” e servire a mettere

in relazione testi diversi, generando nuovi significati.

Nella produzione di Marías la dimensione intertestuale dei

personaggi può basarsi su elementi diversi ed essere più o meno

specifica. In alcuni casi possiamo riconoscere un identico personaggio

spostarsi attraverso differenti testi, in altri di esso si manterranno solo

alcuni dettagli come il linguaggio, il nome o certi tratti dell’aspetto

fisico.

Ne Los enamoramientos veri e propri personaggi intertestuali sono

Francisco Rico e Ruibérriz de Torres, due figure ricorrenti nell’opera

dell’autore. Questi, nelle loro peregrinazioni, non oltrepassano solo il

confine tra testi, ma anche quello tra realtà e finzione. Un altro

personaggio migrante (più difficilmente riconoscibile) è il medico che,

secondo quanto dice Díaz-Varela, avrebbe diagnosticato a Deverne il

suo male. Si tratta del Dottor Vidal, che ritroviamo in due articoli

pubblicati su El País.

Diverso il caso di Luisa, Díaz-Varela e María che, pur non

essendo già noti ai lettori di Marías, stabiliscono comunque delle

connessioni con altri testi, riecheggiando alcuni tratti specifici di

personaggi che vi compaiono.

Per quanto riguarda Luisa, come osserva Maricarmen R.

Margenot, è il nome che contribuisce a creare «un alto grado de

121

intertextualidad»363: si chiamano così, infatti, le mogli dei narratori dei

romanzi Corazón tan blanco e di Todas las almas (e quindi anche di Tu

rostro mañana) e dei racconti Mientras ellas duermen, Domingo de carne e

Cuando fui mortal; Luisa è anche la sorella di Marta Téllez in Mañana en

la batalla piensa en mí. Interrogato sul perché di quest’uso ricorrente,

l’autore ha dichiarato:

No hay más razón que esta: me siento cómodo, en las novelas, con pocos nombres de pila. Unos me parecen demasiado vulgares (como no llamarle nada al personaje), otros demasiado literarios o alambicados. Luisa es uno de los que me van bien, por eso lo utilizo en casi todas mis novelas. También Marta, por ejemplo. En mi vida personal no ha habido ninguna Luisa ni ninguna Marta de importancia para mí. No hay más, de verdad.364

Anche il cognome di Luisa era già comparso nell’opera di Marías: si

chiamava Gómez Alday il commissario del racconto Sangre de lanza365.

Come si avrà modo di evidenziare, nel caso di Díaz-Varela,

invece, è attraverso alcuni tratti fisici che si stabiliscono delle analogie

con alcuni altri testi, nonché con la realtà, poiché queste fattezze sono

quelle dello stesso Marías366.

Sandra Navarro, infine, ritiene una figura intertestuale che crea

coesione nell’opera di Marías anche «ese incansable narrador que una y

otra vez nos atrapa con su cadenciosa voz» e che «aparece

363 Maricarmen R. Margenota, El narrador ante el personaje femenino en algunas obras de Javier Marías, «Crítica Hispánica», n. XXIV, 2003, p. 99. 364 Entrevistas digitales. Los internautas preguntan a Javier Marías, 11/4/2011, http://www.elpais.com/edigitales/entrevista.html?id=7920 (ultima consultazione 6/9/2013). 365 Pubblicato per la prima volta a puntate su El País (dal 27 agosto al 1 settembre del 1995), poi inserito nelle raccolte Cuando fui mortal e Mala índole. 366 Lo dichiara anche lo stesso autore nell’intervista tenuta presso l’Istituto Cervantes di Madrid il 28 aprile del 2011. Per il discorso completo vedi http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima consultazione: 22/7/2013).

122

indistintamente en los relatos y en las novelas del autor»367. Abbiamo

già sottolineato nell’introduzione come in effetti, nonostante il sesso

femminile, la voce narrante de Los enamoramientos sia assimilabile a

quella delle opere precedenti, sia per lo stile linguistico che per la

riflessività.

6.2 Javier Díaz-Varela

Come si accennava, Marías ha ceduto alla figura di Díaz-Varela le sue

sembianze fisiche, come emerge chiaramente dal confronto tra la

descrizione del personaggio e quelle che l’autore fa di sé

nell’Autorretrato farsante di Miramientos e in Negra espalda del tiempo. Tra

questi testi si rilevano infatti importanti analogie e vere e proprie

autocitazioni (in corsivo evidenziamo gli elementi ricorrenti)368:

[Los enamoramientos] Era varonil, calmado y bien parecido, aquel Javier Díaz-Varela. Aunque afeitado con esmero, se le adivinaba la barba, una sombra levemente azulada, sobre todo a la altura del mentón enérgico, como de héroe de tebeo (según el angulo y como le diera la luz, se le veía o no partido). […] La facciones eran delicadas, con ojos rasgados de expresión miope o soñadora, pestañas bastante largas y una boca carnosa y firme muy bien dibujada, tanto que sus labios parecían los de una mujer traplantados a una cara de hombre [..]. Daban ganas de besárselos, o de tocárselos, de bordear con el dedo sus líneas tan bien trazadas, como si se las hubiera hecho un pincel fino, y luego de palpar con la yema lo rojo, a la vez prieto y mullido.369

[Miramientos] El joven de la primera foto tiene veintitrés años […]. Con la mirada perdida en el infinito y las pestañas bien visibles y vueltas, la boca de mujer que contrasta con la sombra de cerrada barba (quizá una barba azulada) […]el conjunto presenta un aire tan subrayadamente romántico que no puede sino ser falso […]

367 Navarro Gil, Los relatos de Javier Marías, cit. 368 Lo nota anche Elide Pittarello, cfr. l’intervento tenuto presso l’Istituto Cervantes di Madrid il 16/7/2013 (http://cervantestv.es/2013/07/16/una-celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/, ultima consultazione: 14/10/2013). 369 LE, p. 111. I riferimenti alla bocca e alla miopia costellano l’intero libro e costituiscono una delle vistose risonanze del romanzo.

123

En la segunda […] intenta resultar muy duro, y a ello lo ayuda un poco el mentón más decidido que enérgico y fantasmalmente partido, pero esos labios femeninos siguen restando veracidad a la representación elegida. […] Ha perdido pelo y la frente es ahora un rasgo, antes era una transición solamente. Se percibe bien el estrabismo del ojo izquierdo, claramente más pequeño que el derecho, en el cual, en cambio, se adivina mejor la miopía innegable. […] Aquí sí resulta duro, pero es obvio que de nuevo está fingiendo. O aún es más: está jugando. A ser Lee Marvin o Jack Palance o ni siquiera: Ciu Gulager. Lo ayuda un poco la cerrada, azulada barba […].370

[Negra espalda del tiempo] […] y quizá se conserve aislado en otra persona alguno de nuestros rasgos que habremos transmitido involuntariamente, […] los ojos orientalizados o como pinceladas los labios ―“boca de pico, boca de pico”―; o el mentón casi partido, las manos anchas y en la izquierda un cigarrillo, yo no dejaré ningún rasgo a nadie.371

È da segnalare, inoltre, che Díaz-Varela – così come Marías –

condivide il tratto della bocca anche con Ranz di Corazón tan blanco,

che l’ha «carnosa y demasiado delineada, como si hubiera sido añadida

en el último instante y perteneciera a otra persona, […] una boca de

mujer en un rostro de hombre»372. L’identicità di questo tratto fisico ci

sembra rinforzare il legame tra i due personaggi, che sono entrambi

assassini per permettere una sostituzione amorosa373.

Come interpretare invece la somiglianza fisica tra l’autore e Díaz-

Varela? Nell’articolo Lo que no sucede y sucede, Marías sostiene che la

biografia di una persona non è determinata solo dai fatti che hanno

avuto realmente luogo, ma anche da tutti i suoi desideri incompiuti, da

ciò che ha scartato, non scelto o che semplicemente non ha ottenuto,

da ciò che ha perso, ossia da tutte quelle possibilità che non hanno

potuto realizzarsi; secondo l’autore «es precisamente la ficción la que

370 Javier Marías, Autorretrato farsante, in MIR, pp. 117-125. 371 NET, p. 21. 372 CTB, p. 182. 373 Vedi infra, § 4.2.

124

cuenta eso»374. L’uguaglianza dei tratti fisici sembra allora suggerire che

Díaz-Varela sia un alter ego dello scrittore, attraverso cui

rappresentare «quien [él] pud[o] ser pero no fu[e]»375. Il fatto che si

tratti di una figura così ombrosa non deve lasciare perplessi: Marías,

infatti, ama attribuire alcune delle sue caratteristiche ai personaggi più

negativi per fare ironia su sé stesso.

Anche il narratore di Todas las almas era servito all’autore per

esplorare la sua biografia rimasta in potenza. Nell’articolo Quién escribe,

commentava così le analogie che lo legano a lui:

Las semejanzas de este personaje conmigo mismo en lo referente a su situación (digamos a lo comprobable) eran tan grandes que me pareció ridículo «camuflarlo». Non hice ninguna descripción física de él ni le di nombre (es decir, decidí mantener una ambigüedad que se habría quebrado irremediablemente si en un momento dado el Narrador hubiera dicho de sí mismo que era pelirrojo y medía un metro noventa, o, por el contrario, que era castaño y medía uno setenta; si hubiera dicho que se llamaba Juan o Pedro o, por el contrario, que se llamaba Javier)376.

Possiamo osservare che la sovrapposizione che si viene a generare tra

l’autore e Díaz-Varela è speculare a quella descritta: i due hanno le

stesse fattezze e lo stesso nome di battesimo377, ma a proposito della

374 Javier Marías, Lo que no sucede y sucede, in LYF. 375 Id., Quién escribe, in LYF. 376 Ibidem. 377 Come nota Valls, con i nomi di Javier e María «casi podría componerse el del autor» (Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32). Su questa coincidenza onomastica che «no puede ser casual» (ibidem) riflette più diffusamente Jorge Volpi, secondo il quale ne Los enamoramientos Marías, cedendo la sua voce a una narratrice donna, cerca di ristabilire la natura ermafrodita degli esseri umani che si sarebbe persa per una punizione divina (come sostenuto da Platone), salvo poi dover «constatar que la ansiada reconciliación entre sus dos mitades ―entre Javier y María― es, en efecto, inalcanzable» (Volpi, Los enamoramientos: un diálogo platónico de Javier Marías, cit., p. 72). Nella sua opera, Marías ama giocare con il proprio nome. Oltre che in Negra espalda del tiempo, anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED) il narratore si chiama Javier Marías. Il racconto Gualta (MED) ha per protagonisti due

125

loro “situazione” si mantiene una certa vaghezza e probabilmente non

è casuale il fatto che Díaz-Varela sia l’unico, nel libro, di cui non

conosciamo il mestiere 378 . Certo, nessun lettore sarà facilmente

disposto a ritenere Marías il mandante di un assassinio379, ma è pur

vero che, se anche lo fosse, non lo sapremmo, come nessuno lo sa

della figura da lui creata.

Ne Los enamoramientos l’identificazione tra autore e personaggio è

complicata dal fatto che non hanno lo stesso cognome. Questa

differenza, come nota lo stesso Marías, ha una portata maggiore

rispetto al «sencillísimo subterfugio»380 di Todas las almas che voleva il

narratore sposato e con un figlio, quando l’autore è invece scapolo:

Pues hay, a mi judicio, una diferencia sustancial entre el recurso empleado en la página 107 (el Narrador casado y con un hijo) y el recurso desdeñado desde el principio (el Narrador pelirrojo y altísimo o el Narrador llamado Juan), y la diferencia estriba en que, así como yo, el autor, nunca podría ser un individuo pelirrojo y de un metro

personaggi identici che si chiamano Javier e Xavier (questo è il nome con cui l’autore veniva chiamato dalla madre e anche quello che ha scelto in qualità di regnante dell’isola di Redonda). Javier è infine il falso nome con cui il narratore di Mañana en la batalla piensa en mí si presenta alla prostituta che gli sembra la sua ex-moglie. 378 Intervistato da Michela Murgia per il Circolo dei lettori (Torino) il 3 dicembre 2012, Marías ha dichiarato che c’era un preciso motivo per cui non aveva voluto specificare il lavoro svolto da Díaz-Varela, dicendo che lo avrebbe spiegato più avanti se la scrittrice glielo avesse chiesto, il che però non è avvenuto. Per il discorso completo vedi: http://www.youtube.com/watch?v=wmtT KJ488RE&list=P-L1X2j-_j8IF0ZsiUIMiycbhc78RwKANCa (ultima consulta-zione: 21/8/2013). 379 Vedi però quanto scrive César Pérez Gracia a proposito della raccolta Mala índole «Llega uno a preguntarse si la biografía del autor madrileño es fiable, o si por el contrario, en lugar de dar clases en Oxford o Boston, ha estado a la sombra en algún presidio de campanillas. No sé, un doctorado en delincuencia comparada por Alcatraz o Sing Sing. El estrangulador de Chamberí. Su familiaridad con ese mundo, su simpatía o cercanía, su forma de codearse con personajes siniestros, nos deja atrapados a la página como meros comparsas. Es casi imposible asimilar ese mundo sin haberlo vivido. ¿Basta el cine o la imaginación literaria para lograrlo?» (César Pérez Gracia, De Oxford a Alcatraz. Cuentos de Marías, «Heraldo», 18 ottobre 2012). 380 Marías, Quién escribe, cit.

126

noventa, ni llamarme Juan (puesto que me llamo Javier), yo, el autor, sí podría haberme casado y haber tenido un hijo a mi regreso de la ciudad de Oxford.381

Attraverso l’imperfetta omonimia Marías quindi rinuncia, da un punto

di vista strettamente logico, all’ambiguità su cui si fondano Negra

espalda del tiempo e Todas las almas e, con essa, a tutta una

rappresentazione particolarmente complessa della relazione tra realtà e

letteratura. Tuttavia, le analogie che abbiamo indicato (e a cui si

possono aggiungere la residenza a Madrid, l’amicizia con Francisco

Rico, la tendenza alla digressione, l’amore per la letteratura e in

particolare per i classici, la conoscenza della lingua francese)

continuano a suggerire che l’autore sta proiettando «un’altra immagine

di sé nell’opera, sdoppiandosi» 382 per esplorare, attraverso la

letteratura, le vite che ha scartato. Secondo lo stesso Marías,

d’altronde, è proprio questa l’unica ragione per cui abbia senso

scrivere romanzi, come dichiara nell’articolo Siete razones para no escribir

novelas y una sola para escribirlas:

Escribirlas [las novelas] permite al novelista vivir buena parte de su tiempo instalado en la ficción, seguramente el único lugar soportable, o el que lo es más. Esto quiere decir que le permite vivir en el reino de lo que pudo ser y nunca fue, por eso mismo en el territorio de lo que aún es posible, de lo que siempre estará por cumplirse, de lo que no está aun descartado por haber ya sucedido ni porque se sepa que nunca sucederá.383

381 Ibidem. 382 Massimo Fusillo, L’altro e se stesso. Teoria e storia del doppio, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1998, p. 18. 383 Javier Marías, Siete razones para no escribir novelas y una sola para escribirlas, in LYF. Nel discorso di ingresso alla Real Accademia l’autore individua un’altra ragione per scrivere romanzi, così riassunta da Francisco Rico: «JM ha empezado su discurso con una confesión de humildad y lo ha acabado con una manifestación de arrogancia. El razonamiento, dejado en los huesos, viene a ser éste: contar la realidad es empresa imposible, porque toda realidad es infinitamente compleja, multiforme, y el lenguaje no llega a abarcarla por entero; precisamente por esa

127

6.3 Ruibérriz de Torres

Nell’articolo Ser y no ser quien se es, Marías ci racconta che Ruibérriz è

uno dei cognomi della sua famiglia e che da questi cognomi egli ha

liberamente attinto, specialmente per attribuirli a personaggi «más bien

sinvergüenzas o amenazantes»384. Come ha dichiarato in un’intervista a

Elide Pittarello, alla base di questa omonimia:

c’è una specie di ammiccamento, non rispetto al lettore, che non deve per forza sapere quali sono i miei cognomi secondari, ma rispetto a me stesso, vale a dire: «Io sono anche questo, sono anche questi individui senza scrupoli». Lo posso essere in modo effimero o lo posso essere in modo immaginario.385

Possiamo dunque scorgere anche in questo personaggio un riflesso

dell’autore, il più autoironico386.

Ruibérriz è uno dei nomi più ricorrenti nella sua opera. Prima

che ne Los enamoramientos, personaggi secondari così chiamati

comparivano, infatti, già in Mañana en la batalla piensa en mí e nel

racconto Sangre de lanza387 ; inoltre, il lungo racconto Mala índole ne

aveva uno come protagonista e narratore.

Analizziamo queste figure, per capire se ad accomunarle sia solo

il nome (come nel caso delle molte Luisa) o se si possa invece parlare

imposibilidad, sólo el autor de ficciones puede contar las cosas por entero, porque incluso cuando asume elementos reales las cosas no tienen más dimensión que el lenguaje y es el tránsito a la ficción lo que les da una realidad inalterable y permanente» (Rico, Contestación a Sobre la dificultad de contar, cit., p. 47). 384 Javier Marías, Ser y no ser quien se es, 2005, http://www.javiermarias.es/-2005/08/javier-maras-ser-y-no-ser-quien-se-es.html (ultima consultazione: 20/6/2013). L’altro cognome della famiglia dell’autore ceduto a personaggi negativi è Custardoy. 385 Marías, Voglio essere lento, cit., p. 33. 386 L’autore si prende in giro anche nel capitolo dedicato agli scrittori: «todavía hay algún pirado que sigue utilizando esta última [la máquina] y al que después hay que escanearle los textos, cuando los entrega» (LE, p. 32). Cfr. Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 33. 387 Il racconto fu pubblicato per la prima volta a puntate su El País nel 1995 e poi incluso nella raccolta Cuando fui mortal.

128

di uno stesso personaggio migrante. Cominciamo confrontando la

descrizione del Ruibérriz de Los enamoramientos con quella presente in

Mañana en la batalla piensa en mí (evidenziamo in corsivo gli elementi

ricorrenti):

[Los enamoramientos] Había cumplido ya los cinquenta, sin embargo todo en él aspiraba al juvenilismo: el agradable pelo echado hacia atrás y con ondulaciones sobre la sienes, un poco abultado y largo pero ortodoxo, con mechones o bloques de canas que no le daban respetabilidad porque semejaban artificiales, como de mercurio; el tórax atlético aunque ya levemente abombado, como les sucede a quienes evitan a toda costa engordar en el abdomen y han cultivado los pectorales; la sonrisa abierta que dejaba ver una dentadura relampagueante, el labio superior se le doblaba hacia arriba, mostrando su parte interior más húmeda y acentuando con ello la salacidad del conjunto. Tenía una nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, parecía más romano que madrileño y me recordaba a aquel actor, Vittorio Gassman, no en su vejez de aire más noble sino cuando interpretaba a truhanes. Sí, saltaba a la vista que era jobial, y un farsante. Cruzó los brazos de modo que cada mano cayó sobre el bíceps del otro lado ―los tensó al instante, un acto reflejo―, como si se los acariciara o midiera, como si quisiera hacerlos resaltar pese a tenerlos ahora cubiertos por el abrigo, un gesto estéril. Podía imaginármelo en niki, perfectamente, y aun con botas altas, una barata imitación de jugador de polo frustrado al que jamás se consintió subirse a un caballo388. [Mañana en la batalla piensa en mí] […] un sujeto demasiado bien vestido y coqueto, demasiado oloroso y apuesto y demasiado atlético, de sonrisa demasiado cordial y continua y dientes demasiados blancos y rectangulares y sanos, con un agradable pelo echado atrás y con ondulaciones sobre las sienes, un poco abultado pero ortodoxo, con algunas canas que no le dan respectabilidad porque parecen pintadas o de mercurio (un pelo de músico), amable y dicharero en exceso, de actitud nada modesta y descomunal optimismo, alguien jovial y que no quiere sino gustar o no sabe hacer otra cosa que procurarlo, lleno de proyectos y sugerencias, con demasiadas ideas no solicitadas, demasiado activo, algo aturdidor y que inevitablemente da la impresión de buscar algo más de lo que está proponiendo, un enredador en suma. Tiene largas pestañas vueltas, la nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, y el labio superior se le doblaba hacia arriba al sonreír y reír (y ríe y sonríe mucho), dejando ver su parte interior más humeda y confiriendo a su rostro una salacidad innegable que parece involuntaria (no es extraño que cautive a bastantes tipos de mujeres). Siempre está muy erguido para subrayar su estómago demasiado plano y sus pectorales tan pronunciados, cuando está de pie suele cruzar los brazos de manera que cada mano cae sobre el bíceps del otro lado, parece que se los estés

388 LE, pp. 215-216.

129

acariciando o midiendo. Es uno de esos individuos a los que, vayan como vayan vestidos uno ve siempre en niki y con botas altas, y creo que con esto ya he dicho bastante.389

Possiamo osservare che le analogie sono numerosissime e troviamo

anche precise riprese testuali – ad esempio tornano perfettamente

identiche la descrizione del naso e dei capelli –, tanto che Fernando

Valls non ha dubbi sul fatto che il Ruibérriz de Los enamoramientos sia

un «personaje que procede de Mañana en la batalla piensa en mí»390. Al di

là delle somiglianze fisiche e dei riferimenti linguistici, più in generale i

due personaggi possono essere associati per una somiglianza di ruoli

all’interno della storia. Infatti entrambi svolgono la funzione

dell’aiutante e vengono sfruttati per le loro conoscenze di persone e

ambienti: il Ruibérriz de Los enamoramientos permetterà a Díaz-Varela di

compiere l’omicidio di Miguel Deverne, mentre quello di Mañana en la

batalla piensa en mí sarà il ponte che consente al narratore di entrare in

contatto con la famiglia di Marta Téllez. Tutti e due, infine, lavorano

come scrittori ombra.

Per quanto riguarda il confronto con il Ruibérriz di Sangre de

lanza, date le dimensioni assai ridotte di questo testo, si hanno meno

elementi da paragonare e le somiglianze risultano più generiche,

seppure non manchino. Innanzitutto, troviamo di nuovo un’affinità di

ruoli: anche in questo caso, infatti, la sua funzione è quella

dell’aiutante. Oltre a questo, i due personaggi sono accomunati dalla

passione per le donne, accompagnata da atteggiamenti simili in loro

presenza. Vediamo ad esempio come si comporta il Ruibérriz del

racconto:

389 MBM, pp. 112-113. 390 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32.

130

Ruibérriz de Torres se alisó el pelo con coquetería. Le bastaba saber que había una mujer notable en las inmediaciones para segregar virilidad y ponerse presumido. Aunque él no la viera ni ella a él; todo un poco animalesco, se le hinchó el niki.391

Di un altro spessore, invece, sono le analogie con il narratore del

racconto Mala índole. Prima di analizzare il loro legame e, soprattutto,

in che modo il giudizio del lettore sul Ruibérriz del romanzo possa

cambiare conoscendo quello del racconto, non sarà superfluo

ripercorrere brevemente la trama di Mala índole, essendo questa

un’opera minore.

Il testo è uscito per la prima volta a puntate su El País nel 1996

(dal 19 al 24 agosto); nel 1998 la casa editrice Plaza y Janés ne ha

stampato un volume in edizione limitata e nel 2012 è stato pubblicato

nuovamente all’interno di una raccolta di racconti dell’autore, intitolata

proprio Mala índole. La vicenda è ambientata in Messico, intorno al set

di un film avente come protagonista Elvis Presley. Il narratore è

appunto un certo Ruibérriz de Torres, spagnolo, ventidue anni,

assunto dalla troupe come insegnante di dizione per l’attore (questi

dovrà infatti cantare alcuni pezzi in lingua spagnola). Elvis è pieno di

energie e quando finiscono le riprese organizza sempre delle piccole

spedizioni a Città del Messico con alcuni dei componenti della troupe,

tra cui lo stesso narratore. Durante una di queste uscite serali Elvis e

gli altri si trovano a discutere animatamente con i proprietari di un

locale. Ruibérriz, l’unico a conoscere sia l’inglese che lo spagnolo, è

chiamato a svolgere il ruolo di interprete tra i contendenti. Il passo è

estremamente interessante e può ricordare l’episodio di Corazón tan

blanco in cui Juan e Luisa si conoscono. In Mala índole, tuttavia,

l’interprete svolge la sua funzione in maniera impeccabile: non gioca, a

391 CFM, p. 186.

131

differenza di Juan, con i suoi interlocutori, deviando la conversazione

verso direzioni da lui prescelte. Per sottolineare la fedeltà della

traduzione, l’autore sceglie di trascrivere due volte la stessa identica

frase, sempre in spagnolo, anche quando essa dovrebbe comparire in

inglese, come si può osservare negli esempi seguenti:

Hizo un ovillo con el pañuelo y se lo tiró al gordo de las malas pulgas diciéndole en inglés: “¿Está loco o qué? Ha podido matarlo”. Flotó la seda en su viaje. —¿Qué ha dicho ese? —me preguntó Romero enseguida, ya se había dado cuenta de que yo era el único de la partida que hablaba la lengua. —Que si está loco, ha podido matarlo —contesté automáticamente. —No es para tanto —añadí de mi cosecha392.

—Le vas a decir esto palabra por palabra al bigotes, Roy, no te dejes ni una sílaba. Dile esto: Usted es un matón y un cerdo, y la única maricona gorda es su amiguita del pañuelo. —Así dijo en inglés, con la boca torcida que se le ponía a menudo y que hacía desconfiar de él a las madres de sus fans más jóvenes. […] Y yo se lo dije a Ricardo César, le dije en español (pero con titubeos): ―Usted es un matón y un cerdo, y la única maricona gorda es su amiguita del pañuelo. —En español sí dije “maricona gorda” tal cual, y nada más soltarlas me di cuenta de que era la primera vez que esas palabras concretas se pronunciaban allí realmente, aunque no eran mucho más ofensivas que “bailona” o “nena vieja”.393

Le parole nell’universo di Marías hanno un peso e fungere da

interprete non può non avere conseguenze. Cosicché, quando Elvis e

gli altri decidono finalmente di abbandonare il locale, i proprietari li

lasciano andar via, ma trattengono Ruibérriz. Le sue parole sono state

le uniche che hanno compreso, non possono verificare l’esattezza

della traduzione e quindi è con lui che si adirano. Ma, nel retro di un

locale, egli riesce a scampare alla sua esecuzione uccidendo il suo

assalitore e fuggendo nello spazio e nel tempo, perseguitato da un

terrore che non si placherà negli anni.

392 MI, pp. 78-79. 393 Ivi, pp. 86-88.

132

Il Ruibérriz di Mala índole è diverso dagli altri. Si tratta di una

figura più raffinata, priva di quei tratti volgari che caratterizzano i suoi

omonimi. La sua voce è la voce dei narratori di Marías, lontanissima

dall’eloquio rozzo del personaggio de Los enamoramientos e in questo

caso l’omonimia non sembra suggerire né giustificare alcuna

sovrapposizione. Il dubbio che essa non sia casuale, tuttavia, può

insinuarsi quando, en passant, il personaggio ricorda a Díaz-Varela che

è ricercato in Messico per un fatto successo tanti anni prima, quando

era solo un ragazzo. Nelle ultime pagine del romanzo, poi, María lo

incontra di nuovo e gli chiede di raccontarle cosa gli fosse successo in

quel Paese, tanti anni prima. Questi le rivela di aver ucciso un uomo,

ma di averlo fatto per legittima difesa. Tutto era avvenuto per colpa di

Elvis Presley, per il quale stava lavorando.

A questo punto, l’agnizione è inevitabile per il lettore di Mala

índole (anche l’età coincide: i due avevano entrambi ventidue anni

quando vissero la medesima avventura). Chi legge crederà a Ruibérriz,

saprà che dice il “vero” (accettando come verità quella dell’universo

letterario di Marías), e la sovrapposizione che finalmente si compie

muterà in positivo la sua percezione del personaggio: l’empatia che

aveva provato nei confronti del narratore del racconto dovrà, infatti,

necessariamente trasferirsi anche sul personaggio de Los

enamoramientos. Tuttavia, le differenze tra i due continuano a creare

delle stonature insanabili, generando nel lettore un certo

disorientamento. Lo sconcerto viene aumentato dal fatto che per la

prima volta questi sentirà venire meno l’aderenza tra sé e la voce della

narratrice, che sinora l’aveva guidato394: non potrà dubitare con lei di

394 Per questo rapporto di identità tra personaggio e lettore, cfr. Fusillo, L’altro e se stesso, cit., p. 18.

133

Ruibérriz e, con lei, deriderlo o compatirlo. Così infatti la narratrice

commenta la sua confessione:

―¿Quieres decir de Elvis Presley en persona? ―Sí, trabajé con él durante unos diez días, durante el rodaje de una película en México. Ahora sí que solté una carcajada abierta, pese a lo sombrío de todo el contexto. ―Ya ―dije aún riéndome―. ¿Y también sabes en qué isla vive, come sostienen sus devotos? ¿Y con quién está por fin escondido, con Marilyn Monroe o con Michael Jackson?395

C’è però anche un altro gruppo di lettori, quelli che non conoscono

Mala índole, per i quali non si produrrà, verosimilmente, alcuno

scollamento tra le impressioni della narratrice e le proprie. Come a

María, anche a loro sembrerà che Ruibérriz stia mentendo e questa sua

bugia contribuirà a rinforzare la commiserazione mista a rimprovero

che provano nei suoi confronti.

Oltre a produrre una diversa lettura dell’opera, questo

riferimento intertestuale rappresentava un premio per i lettori più

fedeli dello scrittore: quando uscì Los enamoramientos, Mala índole era

conosciuto solo dai lettori di nicchia, non solo perché il genere del

racconto è meno popolare rispetto a quello del romanzo, ma anche

perché l’edizione del 1998 era introvabile da tempo. Tuttavia, la

promozione che ha accompagnato la riedizione dell’opera nel 2012 ha

smascherato questo legame segreto, riducendo il piacere che poteva

essere ricavato dalla sua scoperta. Con l’obiettivo di incrementare le

vendite della raccolta, infatti, l’autore e la casa editrice hanno

esplicitato in più occasioni la provenienza letteraria del personaggio di

395 LE, pp. 383-384.

134

Ruibérriz396. Dunque, anche in questo caso, come per il volume di

racconti di Balzac, possiamo riscontrare un risvolto economico

dell’intertestualità e vedere come essa possa essere sfruttata per

contagiare con il successo dello scrittore anche opere meno

commercializzabili397.

6.4 Francisco Rico

Ne Los enamoramientos Francisco Rico è un amico di Díaz-Varela, che

lo porta a casa di Luisa mentre vi si trova anche María, «para no

dejarlo tirado a la calle»398.

Il professore viene tratteggiato come un uomo “desdeñoso”,

disinteressato al mondo che lo circonda e così poco pragmatico da

risultare decisamente impacciato. Durante la sua breve apparizione fa

una gaffe dopo l’altra: lascia cadere la sigaretta a terra399, pronuncia una

396 Ad esempio, nella Nota previa all’edizione, Marías dichiara che a Mala índole si fa «leve referencia» ne Los enamoramientos (Javier Marías, Nota previa a esta edición, in MI, p. 9) e nella quarta di copertina il racconto viene descritto come un romanzo breve «sobre las divertidas y espeluznantes andanzas de un viejo conocido, Ruibérriz de Torres, durante el rodaje en México de una película con Elvis Presley». L’autore parla del legame tra i due testi anche in un’intervista rilasciata a Cadena SER il 10 ottobre 2012 per la promozione della raccolta (per il discorso completo vedi: http://www.cadenaser.com/cultura/video/literatura-_escritor-_entrevista- _javier _marias-cuentos-javier-marias/csrcsrpor/20121010csrcsrcul _1/Ves, ultima con-sultazione 21/8/2013). 397 Vedi anche: Cecilia Dreymüller, Las leyes del mercado. Acerca del fenómeno literario y editorial de Javier Marías, in José Manuel López de Abiada, Hans-Jörg Neuschäfer y Augusta López Bernasocchi, Entre el ocio y el negocio: industria editorial en la España de los 90, Verbum, Madrid, 2001, pp. 83-92. L’articolo, in cui si descrivono le relazioni intertestuali che intercorrono tra Todas las almas e Negra espalda del tiempo come un puro espediente commerciale (l’autrice parla di «autoplagio»), è tuttavia a nostro parere poco scientifico e caratterizzato da un’eccessiva vena polemica. 398 LE, p. 101. 399 Ne Los enamoramientos e in Tu rostro mañana osserviamo Rico fumare una sigaretta con identica noncuranza: TRM3, p. 239: «Estaba indolentemente sentado en una butaca, […] en la mano un cigarrillo cuya ceniza dejaba caer al suelo dándole golpecitos tenues con la uña del pulgar al filtro. Era obvio que si alguien no le ponía un cenicero justo debajo, él no iba a molestarse en buscarlo», LE, pp.

135

parolaccia davanti al figlioletto di Luisa e inizia a parlare di coltellate

risvegliando involontariamente nella vedova brutti ricordi.

Il famoso cattedratico non è l’unico personaggio reale presente

nei romanzi di Marías: a lui vanno aggiunti, per fare degli esempi, lo

scrittore John Gawsworth (di cui si parla in Todas las almas, in Negra

espalda del tiempo e nel racconto Un epigrama de lealtad400), il professor

Peter Russell (chiamato Peter Wheeler in Tu rostro mañana) e Margaret

Thatcher (si ritiene infatti che sia lei il funzionario inglese di Corazón

tan blanco). La presenza di queste figure «en compañía de personajes y

en una situación enteramente ficticios» 401 rappresenta un chiaro

esempio di osmosi tra il mondo della realtà e quello della fantasia.

L’autore, tuttavia, ha avuto cura di sottolineare che «el hecho

accidental de que alguien lleve en una novela el mismo nombre que

lleva en la vida no priva de ser ficticio al de la novela, esto es, al que es

contado o representado»402. Questo concetto, ne Los enamoramientos, è

evidenziato dal fatto che Francisco Rico è il protagonista di quello che

Jorge Volpi definisce uno degli episodi più romanzeschi dell’opera403 e

che appare come un personaggio di finzione anche a María; questo è

104-105: «Sacó un cigarrillo y lo encendió, como si hacerlo sin consultar fuera hoy tan normal como cuarenta años atrás. Luisa le alcanzó en seguida un cenicero […] El Profesor hizo un gesto condescendiente con la mano en la que sostenía el cigarrillo, y al hacerlo se le cayó. Lo miró en el suelo con desagrado y curiosidad, como si fuera una cucaracha andante que no era de su responsabilidad, y esperara que alguien la recogiera o la matara de un pisotón y la apartara de un puntapié. Al no inclinarse nadie, echó mano de su cajetilla y sacó otro pitillo. No parecía importarle que el caído pudiera quemar la madera, debía de ser de esos hombres para los que nada es grave y que suponen siempre que otros lo pondrán todo en su sitio y arreglarán los desperfectos». 400 Il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1989 su Revista de Occidente (numeri 98-99), successivamente fu incluso nella raccolta Mientras ellas duermen. 401 Javier Marías, Sobre la dificultad de contar, Real Academia Española, Madrid, 2008, p. 35. 402 Id., El profesor contado, in LYF. 403 Volpi, Los enamoramientos: un diálogo platónico, cit., p. 72.

136

infatti ciò che pensa la narratrice osservando il professore parlare con

Díaz-Varela a casa di Luisa:

Tenerlos delante era como asistir a una función teatral, como si dos actores hubieran entrado en escena y hablando e hicieran caso omiso del público de la sala, como por otra parte sería su deber.404

Il personaggio crea un ponte, oltre che tra il mondo della finzione e

quello della realtà, anche tra le diverse opere di Marías: si tratta infatti,

come si accennava, di una figura ricorrente. Prima che ne Los

enamoramientos era stato oggetto di “camei letterari”405 in altri tre dei

suoi romanzi: Todas las almas, Corazón tan blanco e Veneno y sombra y adíos

(nei primi due veniva nascosto sotto gli pseudonimi di del Diestro e

Villalobos) 406 ; inoltre, appariva nel falso romanzo Negra espalda del

tiempo e nell’articolo El profesor contado407.

Il legame intertestuale stabilito dalla sua figura è rinforzato dal

ripetersi di alcuni elementi che lo accompagnano e che contribuiscono

a riportare alla memoria letture precedenti. In primo luogo, notiamo

una somiglianza strutturale: in tutti i romanzi in cui compare, Rico è

presente in un solo capitolo e svolge un ruolo accessorio

(«anecdótico», secondo le parole dello stesso autore)408 ; soltanto in

Corazón tan blanco produce un avanzamento della trama svelando a

Juan e a Luisa alcuni dettagli del decesso delle prime mogli di Ranz. La

sua principale funzione è comunque sempre quella di offrire il

404 Ivi, p. 105. 405 Sfruttiamo il termine cinematografico usato da Marías in NET (p. 61) e poi ripreso da Fernando Valls in questo contesto (cfr. Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 33). 406 È lo stesso autore a confermarci che si tratta di lui in Negra espalda del tiempo. 407 L’articolo uscì per la prima volta su El País il 12 giugno 1998, poi è stato raccolto in Literatura y fantasma. 408 Così lo descrive in NET, p. 60.

137

pretesto per inserire degli intermezzi comici all’interno della

narrazione 409 . La sua figura, infatti, è sempre ritratta in maniera

irriverente e la caratterizzazione del personaggio si basa sul contrasto

tra due aspetti: la seriosità accademica e la goffaggine. Nel caso di

Todas las almas, ad esempio, dopo essere stato presentato come «el

mayor y más joven experto mundial en Cervantes según él mismo»410,

lo osserviamo intento a scambiarsi effusioni con una ragazza

“ingombrante” 411 ; in Corazón tan blanco, invece, questa ambivalenza

emerge chiaramente sin dalla sua prima ossimorica descrizione: «el

profesor Villalobos […] es sobre todo conocido (para un público muy

letrado) por sus estudios sobre pintura y arquitectura españolas del

XVIII, amén de por su infantilismo»412.

Anche nella sua rappresentazione fisica ci sono elementi reiterati.

Per cominciare, le sue fattezze sono sempre note ai narratori, ancor

prima di incontrarlo, per averlo visto in foto o in televisione 413 .

Ritornano poi la bocca umida414, la calvizie portata con nonchalance415 e

409 Come nota Elide Pittarello, episodi comici non mancano neanche nei romanzi più cupi dell’autore e tutta la sua opera è percorsa da “fulgoraciones burlescas” (cfr. Pittarello, Contar con el miedo, cit., p. 14). Ne Los enamoramientos contribuisce ad arricchire questa dimensione anche il capitolo che parla degli scrittori (per un approfondimento, vedi Pittarello, Prólogo, cit., p. 11). 410 TLA, p. 158. 411 «gruesa» (ivi, p. 165), «ingombrante» è la traduzione di Glauco Felici (Javier Marías, Tutte le anime, Einaudi, Torino, 1999, p. 130). 412 CTB, pp. 334-335. 413 «Yo lo conocía de fotografías» (TLA, p. 158), «la cara de éste la conocía bien de la televisión y los diarios» (TRM3, p. 237), «La cara del Profesor Rico la conocía bien, ha salido numerosas veces en la televisión y en la prensa» (LE, p. 101). 414 «Después de cada bocado o trago se pasaba la servilleta por la boca mojada, que seguía mojada después de secarsela» (CTB, p. 338), «boca grande, bien trazada y como esponjosa» (TRM3, p. 238), «boca muelle» (LE, p. 101). 415 «una muy bien llevada calva» (TLA, p. 158), «un hombre calvo que curiosa y audazmente no se comportava como calvo» (TRM3, p. 237), «su calva limpia y muy bien llevada» (LE, p. 101).

138

l’abbigliamento raffinato416.

In particolare, circa quest’ultimo, è interessante notare che, in

Negra espalda del tiempo, l’autore/narratore ci informa che Rico non era

rimasto molto soddisfatto della sua apparizione in Todas las almas,

salvo «haberse visto complacido por algún detalle indumentario y dos

o tres adjetivos»417: Marías ha dunque insistito su questo punto per

lusingare l’amico, anche se in maniera beffarda. Analogamente, torna

ne Los enamoramientos ad attribuirgli «una melancolía de fondo» 418 ,

tratto che il professore aveva dimostrato di apprezzare e desiderare

per le sue rappresentazioni. Secondo quando si racconta ancora in

Negra espalda del tiempo, infatti, quando Rico si informava sul

personaggio che avrebbe potuto impersonarlo in Corazón tan blanco,

avrebbe detto «No está mal, no me desagrada. Me ha gustado lo del

enaltecimiento. ¿Es melancólico el personaje?» 419 . Attraverso Negra

espalda del tiempo – che intrattiene con gli altri romanzi dell’autore una

relazione metatestuale – si amplifica, dunque, la dimensione

canzonatoria delle apparizioni di Rico.

In generale, si può affermare che la figura di Rico (così come

quella di Ruibérriz) genera nel lettore di Marías un piacere analogo a

416 In Todas las almas indossa una camicia di Ferré, in Corazón tan blanco un doppiopetto di Gigli, in Tu rostro mañana un completo di Zelda o Cordeliani e una camicia di Cuprì o Sensatini, ne Los enamoramientos si parla della sua «elegancia negligente –algo inglesa, algo italiana–» (LE, p. 101) e ci si sofferma a lungo sulla descrizione dei suoi abiti: «el Profesor Rico vestía una bonita chaqueta de color verde nazi y llevava la corbata algo aflojada con despreocupación, una corbata más intensa y luminosa –verde sandía, quizá– sobre una camisa marfil. Iba bien intonado sin que pareciera haber mediado estudio en la acertada combinación, pese al pañuelo verde trébol que asomaba del bolsillo de la pechera, quizá ese era un verde de más» (ivi, p. 104). 417 NET, p. 61. 418 LE, p. 101. 419 NET, p. 62. Di seguito, il narratore si affrettava a specificare che «El profesor Rico no es muy melancólico que digamos, quizá por eso le interesaba parecerlo en la ficción» (ibidem).

139

quello che l’amante dei gialli prova di fronte al continuo ripresentarsi

dei topoi del genere: entrambi vengono pervasi da «un senso di pace e

di rilassamento, legato alla familiarità e alla rassicurazione data da

situazioni già conosciute e amate in precedenza»420.

6.5 Il Dottor Vidal

Come si accennava, il Dottor Vidal può essere considerato un

personaggio intertestuale perché, oltre che ne Los enamoramientos,

compare in due articoli di Marías. Nel primo, Disfrazados de mayores,

pubblicato il 4 gennaio 2009, l’autore descrive una riunione con i suoi

ex-compagni del Colegio Estudio; nel secondo, Ladrones de Heathrow,

pubblicato il 7 aprile 2013 e cioè dopo l’uscita del romanzo, racconta

di come sia stato derubato di alcuni oggetti comuni dagli agenti della

sicurezza dell’aeroporto di Londra.

Dalla lettura di questi testi scopriamo che il Dottor Vidal è l’alter

ego letterario di una persona reale e, nella fattispecie, di un amico

d’infanzia dell’autore, oggi suo cardiologo. Questo fatto è stato

confermato durante la presentazione de Los enamoramientos tenuta

presso l’Istituto Cervantes di Madrid 421 . In quella sede, Marías

raccontò anche che il medico – seduto in prima fila – lo aveva aiutato

a descrivere la malattia di Deverne.

Prima di questa dichiarazione e dell’uscita del secondo articolo

risultava abbastanza difficile stabilire il legame intertestuale necessario

per capire che il Dottor Vidal è una persone reale: probabilmente ben

pochi lettori erano consapevoli della sua apparizione in Disfrazados de

420 Bernardelli, La rete intertestuale, cit., p. 35. 421 Per il discorso completo tenuto il 28 aprile del 2011 vedi: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima con-sultazione: 22/7/2013).

140

mayores. Tuttavia, così come aveva fatto per l’articolo di cronaca sulla

morte di Marsans, nel romanzo l’autore fornisce numerosi indizi per

permettere al lettore di compiere autonomamente il riconoscimento.

Infatti, quando la narratrice insiste con Díaz-Varela perché le dica il

nome completo del medico, questi non solo glielo fornisce (si chiama

José Manuel Vidal Secanell e «con el segundo apellido no había

pérdida»422), ma le suggerisce anche il modo di rintracciarlo: «no tienes

más que consultar la lista del Colegio de Médicos o como se llame,

seguro que estará en Internet» 423 . Ulteriori informazioni vengono

fornite successivamente quando María scopre che il dottore lavora

presso la Unidad Médica Angloamericana, situata in Calle Conde de

Aranda, nel quartiere di Salamanca.

Con tutti questi dati, il lettore dotato di sufficiente spirito

investigativo (la narratrice dichiara di non averne abbastanza)424 può

iniziare a indagare sull’omicidio Deverne e controllare la versione di

Díaz-Varela, varcando a sua volta il confine tra realtà e finzione.

Sospetterà, comunque, con María, che il medico sia un «viejo

compañero suyo y no de Desvern» 425 e che continuerà quindi a

coprirgli le spalle.

422 LE, p. 355. 423 Ivi, p. 343. 424 Cfr. ivi, p. 355. 425 Ibidem.

141

7. Intersezioni tra letteratura e arti visive 7.1 Il ruolo del cinema nell’opera di Marías

L’influenza del cinema sull’opera di Marías è evidente e lo stesso

autore ha in più occasioni riconosciuto i suoi debiti nei confronti di

quest’arte; tuttavia sono ben pochi i contribuiti critici che sono stati

dedicati a indagare questo aspetto del suo lavoro. Non è nostra

intenzione colmare qui tale lacuna: con questo paragrafo introduttivo

vorremmo solo offrire alcuni esempi dai quali speriamo si evinca, da

un lato, la longevità di questa relazione e, dall’altro, la pluralità di modi

in cui essa si è realizzata.

La settima arte ha influenzato l’opera di Marías sin dai suoi

esordi; anzi, Los dominios del lobo è senz’altro la sua opera più

“cinematografica”. Esso è stato definito da Herzberger «a novel made

of movies»426: si tratta, infatti, di un pastiche costruito, come dichiarato

dall’autore427 , attingendo a piene mani da pellicole americane degli

anni quaranta e cinquanta e che può essere considerato una loro

novellizzazione 428 . Il debito è chiaramente svelato nel finale del

romanzo, quando, attraverso un meccanismo di metafinzione 429 ,

scopriamo che le storie che abbiamo letto avevano luogo su uno

schermo cinematografico. Sebbene la schematizzazione di Genette

non sia stata pensata per catalogare i rapporti intermediali, ci sembra

426 Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 48. 427 Cfr. il prologo all’edizione del 1987. 428 Il termine novellizzazione indica la trasposizione di un film in un racconto letterario. Vedi Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 54 e Raffaele De Berti, La novellizzazione in Italia. Cartoline, romanzo, rotocalco, radio, televisione, «Bianco e Nero», 1 (fascicolo 548), gennaio-aprile 2004. 429 Los dominios del lobo è stato definito appunto «a metafictional novel» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 50).

142

di poter definire “ipertestuale” la relazione che lega Los dominios del lobo

ai film che l’hanno ispirato.

Sempre cercando di applicare le categorie del critico francese a

un campo per il quale non erano state inizialmente ideate,

catalogheremmo sotto la voce “intertestualità” le parti di Corazón tan

blanco e Mañana en la batalla piensa en mí 430 in cui l’autore descrive

alcune scene di film che i personaggi stanno guardando in televisione.

Il meccanismo ricorda da vicino quello che la critica cinematografica

indica con l’espressione citazione-riporto 431 : una citazione-riporto è

proprio la presenza di un film in un altro che si realizza per mezzo di

uno schermo secondario che compare all’interno dell’inquadratura.

Questa tecnica a sua volta è «facilmente assimilabile alla virgolettatura

nel verbale»432.

Non sempre però i riferimenti a scene tratte da film sono indicati

da marcatori così chiari. Infatti, come ha detto l’autore:

es raro que no haya en ellas [mis novelas] alguna escena o pasaje que, calladamente, no sea deudor de algo contemplado en la oscuridad de una sala y retenido en la memoria para siempre jamás.433

Ci sono poi racconti, come Mala índole e Menos escrúpolos, che hanno

inizio su dei set e che ci mostrano il mondo del cinema, invece che

430 Per l’analisi dei riferimenti cinematografici in questo secondo romanzo vedi Elizabeth Scarlett, Victors, Villains, and Ghosts: Filmic Intertextuality in Javier Marías’s Mañana en la batalla piensa en mí, «Revista canadiense de estudios hispánicos», vol. 28, n. 2, invierno 2004, pp. 391-410; Vincenzo Magitti, § La novellizzazione postmoderna. Puig, Coover, Marías, Bram e Viel in id., Lo schermo tra le righe. Cinema e letteratura del Novecento, Liguori Editore, Napoli, 2007; Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., pp. 166 e 175. 431 Vedi Alberto Negri, Lucidi disincantati. Forme e strategie nel cinema postmoderno, Bulzoni, Roma, 1996. 432 Guagnelini e Re, Visioni di altre visioni, cit., p. 18. 433 Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS p. 30. Vedi Polverini, La violenza dello sguardo, cit., pp. 146-147, dove si elencano alcuni ascendenti cinematografici di Tu rostro mañana.

143

dall’usuale prospettiva dello spettatore in sala, da dietro le quinte. A

differenza di quello che si potrebbe pensare, l’autore non fa particolare

leva su questo mutato punto di vista per fare riflessioni di tipo

metanarrativo e parlare della genesi delle opere d’arte. Tuttavia, anche

se solo implicitamente, lo scenario del set suggerisce al lettore di

pensare all’artificiale come reale (quello che oggi vedo su uno schermo

è stato in passato vivo e tridimensionale) e al reale come artificiale (gli

attori sono persone vere ma stanno fingendo).

L’influenza della settima arte sulla sua opera si manifesta anche

attraverso frequenti accenni ad attori, meccanismo ricordato da

Antonio Costa come uno dei modi in cui il cinema può comparire

nella letteratura434. Come ha affermato lo stesso Marías, «Jerry Lewis y

Sean Connery, George Sanders y Jack Palance han aparecido a veces

en [sus] novelas para ayudar a describir a un personaje (las menos) o

como mera sugerencia de un error o una amenaza»435.

Inoltre l’importanza di quest’arte si rileva a livello di tecniche e

stile. Lo stesso autore ha infatti dichiarato: «Los nacidos en los años

cuarenta y cincuenta […] narrativamente hablando debíamos tanto a la

literatura como al cine, aunque nos valiéramos de las palabras en

nuestra tarea» 436 . Un esempio di meccanismo cinematografico

riprodotto da Marías in letteratura è quello del cameo.

Lo scrittore ha anche dedicato a riflessioni sul cinema molti

articoli, descrivendo il lavoro dei suoi attori e registi preferiti, le trame

dei film che ha amato e la sua relazione con la settima arte. Questi

articoli sono raccolti nel volume Donde todo ha sucedido. Al salir del cine.

434 Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine: quando la letteratura cita il cinema, in Massimo Fusillo e Marina Polacco, La letteratura e le altre arti, «Contemporanea. Rivista di studi sulla letteratura e sulla comunicazione», 3, 2005, p. 59. 435 Marías, Todos los días llegan, cit., p. 31. 436 Ibidem.

144

Infine, visto che stiamo parlando di intermedialità, non ci sembra

fuori luogo accennare anche alle transcodificazioni di direzione

opposta, ossia alle versioni cinematografiche di opere dell’autore.

Sinora soltanto Todas las almas è stato portato sullo schermo, nel

1996, da Gracia Querejeta con il titolo El último viaje de Robert Rylands.

La pellicola non piacque a Marías che, oltre a esprimere la sua

indignazione su El País con l’articolo El novelista va al cine437, querelò la

regista e il produttore, vincendo la causa, e pretese che ogni

riferimento alla sua persona e al suo romanzo venissero eliminati dai

titoli.

In seguito rifiutò di cedere i diritti per la realizzazione di film

ispirati a Mañana en la batalla piensa en mí o Corazón tan blanco, anche

perché, a suo avviso, «no se prestan mucho porque son novelas en las

que la voz narrativa es tan importante como la historia, como el

argumento»438. Nel 2011 ha però firmato un contratto con una casa di

produzione di Hollywood che realizzerà un adattamento di Tu rostro

437 Uscito il 6 novembre 1996 e poi raccolto nel volume Donde todo ha sucedido. A questo articolo risposero pubblicando il 10 novembre dello stesso anno un articolo sempre su El País sia Gracia Querejeta (A Marías) che il padre Elías, produttore del film (Algunas precisasiones sobre El último viaje de Robert Rylands). Marías scrisse un’ulteriore risposta, El novelista se sale del cine, uscita la domenica successiva (17 novembre) e poi anch’essa inclusa nella succitata raccolta. L’autore parla di questo fatto anche in Negra espalda del tiempo. Per altre informazioni su questo film, vedi: Dona Kercher, Javier Marías’s novel, Todas las almas, and Gracia Querejeta’s El último viaje de Robert Rylands, «Cine-Lit», n. 3, 1997, pp. 100-112. 438 Dichiarazione dell’autore riportata in Isabel Lafont, Dal libro al cine, un viaje peliagudo, «El País», 29/1/2009, http://javiermariasblog.wordpress.com/2009/01/ (ultima consultazione: 11/9/2013). In un altro articolo, Marías ha invece dichiarato di aver rifiutato tutte le proposte di adattamenti cinematografici di Mañana en la batalla piensa en mí per non scatenare l’ira di un certo Ruibérriz de Torres che lo aveva contattato quando uscì il romanzo, lamentandosi del fatto che un personaggio negativo fosse suo omonimo. L’uomo convenne che «lo escrito escrito estaba» (Marías, Ser y no ser quien se es, cit.), ma che auspicava che il suo nome non venisse usato in modo così sconveniente anche in un film perché «eso ya era más grave» (ibidem).

145

mañana439 e nel 2012 ha annunciato che il regista cinese Wayne Wang

porterà al cinema il racconto Mientras ellas duermen440.

7.2 Riferimenti cinematografici ne Los enamoramientos

Anche ne Los enamoramientos i riferimenti al cinema si realizzano in una

varietà di modi. Buona parte di essi, tuttavia, nasce per facilitare nel

lettore la visualizzazione delle immagini descritte dall’autore, e, in

particolare, le fattezze dei personaggi, ossia per rispondere a una delle

principali funzioni della citazione cinematografica nella letteratura, che

è appunto quella di «riprodurre nella scrittura la passione del vedere

[…], sollecitare il ricordo, l’incanto e l’emozione della visione

filmica». 441 Come si potrà osservare dall’elenco dei riferimenti che

stiliamo di seguito, nel romanzo di Marías a essere richiamati con

questo scopo sono attori più o meno famosi, scene di uno specifico

film ed elementi caratteristici di un certo genere cinematografico.

Díaz-Varela che si rimbocca le maniche nel suo salotto,

spiegando a María cosa lo aveva spinto ad architettare l’assassinio di

Deverne, è paragonato a due attori messicani, Ricardo Montalbán

(1920-2009) e Gilbert Roland (1905-1994):

Ahora sí se subió más las mangas efectivamente, con sendos gestos enérgicos como si se aprestara a combatir o a hacerme una demostración física, se las subió hasta por encima de los bíceps como un galán tropical de los años cincuenta, Ricardo Montalbán, Gilbert

439 Cfr. Ana Mendoza, Tu rostro mañana, de Javier Marías, será llevada al cine por Hollywood, «EFE», 6/4/2011, http://javiermariasblog.wordpress.com/2011/04/06 /tu-rostro-manana-de-javier-marias-sera-llevada-al-cine-por-hollywood/ (ultima consultazione: 13/11/2013). 440 Cfr. Susana Gaviña, Waine Wang llevará al cine Mientras ellas duermen, de Javier Marías, «ABC», 10/10/2012, http://www.abc.es/20121010/cultura-libros/abci-wayne-wang-llevara-cine-201210091743.html (ultima consultazione 13/11/2013). 441 Antonio Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 61.

146

Roland, uno de aquellos hombres simpáticos ya olvidados por casi todo el mundo.442

L’analogia è abbastanza bizzarra perché alla minacciosità di Díaz-

Varela la narratrice associa l’immagine di figure innocue e gradevoli,

forse per esorcizzare la paura.

Ruibérriz, invece, le ricorda Vittorio Gassman da giovane, come

nota due volte. Nel primo caso questa somiglianza suggerisce una

natura farabutta:

Tenía una nariz recta y picuda con el hueso muy marcado, parecía más romano que madrileño y me recordaba a aquel actor, Vittorio Gassman, no en su viejez de aire más noble sino cuando interpretaba a truhanes.443

Nel secondo vira sulla simpatia:

Ruibérriz interrumpió lentamente una de sus sonrisas; o mejor dicho su sonrisa, la verdad es que en ningún instante la abandonaba, a buen seguro también consideraba un activo su relampagueante dentadura a lo Gassman, el parecido con el actor era notable y contribuía a hacerlo simpático.444

Il suo impermeabile di pelle nera è invece paragonato a «los que lucen

los miembros de las SS o quizá de la Gestapo en las películas de

nazi»445.

Infine, la fossetta sul mento di Deverne rievoca nella narratrice –

che spia la pareja perfecta fare colazione al bar – la scena di un film in

cui un’attrice chiedeva a Robert Mitchum o a Cary Grant o a Kirk

Douglas («no recuerdo»)446 come facesse per radersi in quel punto,

442 LE, p. 318. 443 Ivi, p. 215. 444 Ivi, pp. 374-375. 445 Ivi, p. 215. L’impermeabile di pelle nera come simbolo stereotipato del male era stato usato dall’autore anche nel racconto Lo que dijo el mayordomo (MED). 446 LE, p. 20.

147

mentre glielo toccava con l’indice447. Sebbene il riferimento sia dato in

maniera abbastanza incerta (forse per mettere alla prova il lettore e la

sua cinefilia), è possibile individuare la fonte nella pellicola Charade

(1963), diretta da Stanley Donen, in cui compaiono Audrey Hepburn

e, appunto, Cary Grant. Questo film è tra l’altro ricordato dall’autore

come uno dei suoi preferiti nell’articolo Campanadas y viento y fantasma y

muerto448.

Quest’ultimo esempio risulta particolarmente significativo perché

mette in relazione il voyeurismo di María con quello degli spettatori al

cinema: la narratrice, infatti, guarda la coppia proprio come noi

potremmo guardare le figure che si muovono su uno schermo, ossia

con interesse ma senza la possibilità di interagirvi, né di essere a nostra

volta visti («Ellos no me necesitaban, ni probablemente a nadie, yo era

casi invisible, borrada por su contento»449). L’analogia viene sviluppata

poche pagine più avanti, quando la narratrice paragona la coppia ai

protagonisti di un film (o di un libro):

les deseaba todo el bien del mundo, como a los personajes de una novela o de una película por los que uno toma partido desde el principio, a sabiendas de que algo malo va a ocurrirles, de que algo va a torcérseles en algún momento, o no habría novela o película.450

Si crea così un meccanismo paradossale e tautologico per cui i

personaggi di un’opera di finzione sono paragonati ai personaggi di 447 Vedi fig. 2. 448 Javier Marías, Campanadas y viento y fantasma y muerto, in DTS, p. 64. 449 LE, p. 23. 450 Ivi, p. 22. Il frammento è interessante anche perché offre un’altra riflessione sulle interferenze da sceneggiature intertestuali (vedi supra, p. 30). Nel finale del romanzo, quando María incontra Diaz-Varela e Luisa in un ristorante, troviamo invece una similitudine tra il voyeurismo della narratrice e quello degli spettatori a teatro: «Estaba cenando con un grupo de gente en el restaurante chino del Hotel Palace cuando los vi, a una distancia de tres o cuatro mesas, digamos. Tenía buena visión de los dos, que se me ofrecían de perfil, como si yo estuviera en un patio de butacas y ellos en un escenario, sólo que a la misma altura» (ivi, p. 390).

148

un’opera di finzione.

I riferimenti sin qui analizzati servono sì per arricchire la

dimensione “visiva” del romanzo, ma sono anche frutto di inevitabili

associazioni mentali, ossia di un processo che non ha niente a che fare

con la letteratura ma che è invece proprio della nostra esperienza

quotidiana. Infatti, come l’autore ha affermato nell’articolo La que tan

bien había amado:

algunas imágenes, sean de cine, la fotografía o la vida ―aquello a lo que asistimos―, permanecen en nuestra retina y son una parte importante de nuestros procesos asociativos, con frequencia involuntarios.451

451 Javier Marías, La que tan bien había amado, in DTS, p. 256. I processi associativi sono un tema importante della poetica di Marías. In Todas las almas il personaggio di Alan Mariott, analizzando elementi dell’opera dello scrittore gallese Arthur Manchen (1863-1947), arriva a teorizzare il concetto di pareja espantosa che si basa proprio su processi associativi capaci di generare immagini perturbanti: «Los horrores de Manchen son muy sutiles. Dependen en buena medida de la asociación de ideas. De la conjunción de ideas. De la capacitad para unirlas. Usted puede no asociar nunca dos ideas de modo que le muestren su horror, el horror de cada una de ellas, y así no conocerlo en toda su vida. Pero también puede vivir instalado en él si tiene la mala suerte de asociar continuamente las ideas justas.» (TLA, p. 114). Marías ha trattato questo tema anche nell’articolo Cabezas llenas (LYF), dove parla della relazione tra scrittura e follia. Il testo si conclude con un’analisi delle «sensaciones de locura» (corsivo dell’autore) sperimentate da lui stesso e provocategli proprio dalle associazioni di cui sopra, le quali gli danno un senso di vertigine e ansia dal momento che ad esse si accompagna una rappresentazione del mondo come «un todo sin resquicios ni escapatorias». Al di là delle riflessioni esplicite, nella sua opera affiorano continui esempi di associazioni involontarie che stanno alla base, ad esempio, del presentimiento de desastre di Corazón tan blanco. Inoltre, come è stato scritto, «Los procedimientos asociativos de los narradores de Javier Marías encadenan elementos que parecen distintos y aislados entre ellos en una estructura perfecta donde cada razonamiento lleva al siguente de una manera intelegible» (Rusca, Cómo cuenta el mal la novela española contemporánea, cit., p. 41; vedi anche Sandra Navarro Gil, La narrativa de Javier Marías, «Revista Fábula», 11, invierno 2002, p. 39). Ne Los enamoramientos troviamo anche un’attestazione del termine asociación proprio con questo significato; la utilizza Luisa per spiegare come si sente dopo la morte del marito: «No sé, es como si tuviera otra cabeza, se me ocurren continuamente cosas que antes nunca habría pensado […] como si fuera otra persona desde entonces, u otro tipo de persona, con una configuración mental desconocida y ajena, alguien dado a hacer asociaciones y a sobresaltarse con ellas» (LE, p. 68, corsivo mio). Si veda anche quest’altro passo (parla sempre Luisa): «Ya

149

Cinema, fotografia, vita (e letteratura) entrano allora a far parte di un

unico bagaglio di esperienze che si confonde con facilità, come si

evince chiaramente dal passo di Corazón tan blanco in cui il Professor

Villalobos cerca di ricordare la storia della moglie cubana di Ranz:

no estoy seguro ni de haberlo oído, pero tengo la idea de que fue un incendio. Claro que es una idea muy imprecisa que tal vez viene de alguna película que pude ver por entonces, cuando era chico y más oí hablar de tu padre y su doble viudez.452

L’incertezza di questi confini, soprattutto quando la realtà è intesa

come racconto della realtà, è discussa anche esplicitamente ne Los

enamoramientos, ad esempio nei due frammenti seguenti:

Cuanto a uno se le cuenta se le queda incorporado y pasa a formar parte de su conciencia, incluso si no lo cree o le consta que jamás ha sucedido y que solamente es invención, como las novelas y las películas.453 Lo que alguien nos cuenta siempre se parece a ellas [a las novelas y a las películas], porque no lo conocemos de primera mano ni tenemos la certeza de que se haya dado, por mucho que nos aseguren que la historia es verídica, no inventada por nadie sino que aconteció. En todo caso forma parte del vagaroso universo de las narraciones, con sus puntos ciegos y contradicciones y sombras y fallos, circundadas y envueltas todas en la penumbra o en la oscuridad, sin que importe lo exhaustivas y diáfanas que pretendan ser, pues nada de eso está a su alcance, la diafanidad ni la exhaustividad.454

te digo, se me ha alterado el cerebro, y es como si no me reconociera; o a lo mejor, también se me ocurre, como si no me hubiera conocido durante toda mi vida anterior, y tampoco Miguel me hubiera conocido entonces: en realidad no habría podido y habría estado fuera de su alcance, ¿no es extraño?, y si la verdad fuera esta que asocia cosas continuamente, cosas que hace unos meses me habrían parecido dispares e inasociables?» (ivi, p. 71, corsivo mio). 452 CTB, p. 345. 453 LE, p. 354. 454 Ivi, p. 361.

150

Come scrive Isle Logie, «hasta nuestros recuerdos van mediatizados

por relatos e imágenes apócrifas y poseen un fuerte carácter

intertextual»455.

L’autore fa riferimento al cinema anche in quanto

“istituzione” 456 , facendolo comparire all’interno del romanzo

attraverso i mestieri dei personaggi. Come si notava in § 1, la maggior

parte di essi è occupata in settori afferenti alla scrittura, ma Miguel

Deverne era proprietario di una casa di distribuzione e di varie sale

cinematografiche. Inoltre, a un certo punto Ruibérriz accenna alla sua

remota esperienza lavorativa su un set messicano, descritta in Mala

índole.

Non siamo stati in grado di individuare allusioni nascoste a

sequenze di film, ma il giornalista argentino Horacio Otheguy Riveira

definisce – senza però sviluppare meglio questo pensiero – la scena in

cui María ascolta la conversazione tra Ruibérriz e Díaz-Varela

«excelente cine» 457 , probabilmente riferendosi all’ambientazione noir

del passo458.

Infine, si deve segnalare che tutti i riferimenti al Macbeth

potrebbero essere considerati citazioni cinematografiche, o almeno

citazioni con doppio riferimento intertestuale. La conoscenza della

455 Logie, La traducción, emblema de la obra de Javier Marías, in Steenmeijer, El pensamiento literario de Javier Marías, cit., p. 74. 456 Cfr. Costa, Nel corpo della parola, l’immagine, cit., p. 66. Quando la letteratura cita il cinema, secondo il critico, può riferirsi: a) al cinema in quanto istituzione; b) al cinema in quanto dispositivo; c) al cinema come linguaggio, tecnica; d) a un film o a una categoria di film. 457 Horacio Otheguy Riveira, Sublime María Dolz en Los enamoramientos de Javier Marías, «Suite 101», 13/11/2012, http://suite101.net/article/personajes-de-novela-maria-dolz-de-los-enamoramientos-a84119#axzz2PPvtzz5h (ultima con-sultazione: 20/6/2013). 458 Di ispirazione noir sono anche certi aspetti della trama di Mañana en la batalla piensa en mí (cfr. Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 166).

151

tragedia da parte dell’autore passa, infatti, anche attraverso il film di

Orson Welles del 1948, come ha dichiarato lui stesso:

[…] la frase de Shakespeare «Mis manos son de tu color; pero me avergüenzo de llevar un corazón tan blanco», que es citada y analizada y dá título a mi novela Corazón tan blanco, proviene en primera instancia no de una relectura de Macbeth, sino de la visión del Macbeth de Welles una noche en que, en vez de salir, me quedé en casa viendo la televisión.459

7.3 Fotografie e dipinti nell’opera di Marías

Durante un intervento tenuto presso l’Istituto Cervantes nel luglio del

2013460, Elide Pittarello ha sottolineato la centralità dello sguardo nella

produzione di Marías; è la vista, infatti, che attiva i pensieri dei

narratori, il loro modo per indagare e conoscere la verità. Tale aspetto,

nell’ambito specifico di questa ricerca, ci interessa allorché risulta

pertinente con l’intertestualità, come avviene nel caso in cui a essere

osservati siano quadri o fotografie non inventati ad hoc per la

narrazione, ma che abbiano un referente reale fuori dal testo461.

Come in §7.1, prima di concentrarci sul caso specifico de Los

enamoramientos, vorremmo, senza alcuna pretesa di esaustività, fare una

breve introduzione per inquadrare tale aspetto dell’intermedialità

letteraria nell’intera produzione dell’autore. La panoramica sarà ancor

più rapida perché in questo caso è possibile rimandare il lettore a studi

459 Javier Marías, Todos los días llegan, in DTS, pp. 30-31. 460 Per il discorso completo vedi: http://cervantestv.es/2013/07/16/una-celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013). 461 La descrizione scritta di opere d’arte realmente esistenti o esistite viene chiamata ékphrasis mimetica, quella di opere inventate invece ékphrasis nozionale (cfr. Michele Cometa, Letteratura e arti figurative: un catalogo, «Contemporanea. Rivista di studi sulla letteratura e sulla comunicazione», n. 3, 2005, p. 20).

152

abbastanza completi sull’argomento462.

Innanzi tutto è bene ricordare che descrizioni di scatti e dipinti

sono presenti in numerosi scritti di Marías, ma che in alcuni esse

svolgono un ruolo particolarmente importante, come in Todas las

almas, Negra espalda del tiempo e Tu rostro mañana, o addirittura centrale,

come nel caso di Miramientos.

I riferimenti alle immagini si possono distinguere in due grandi

classi: da un lato, quelli che sono accompagnati da una riproduzione

della fonte all’interno del volume e, dall’altro, quelli che ne sono privi.

I primi danno vita a ciò che Stephen Miller ha definito Graphic-Lexical

Dialogue 463 , ossia alla collaborazione di parole e immagini nella

costruzione del senso, attraverso la reciproca influenza («las palabras

iluminan la imagen que a su vez ilumina las palabras»)464.

Il primo effetto dell’inclusione della fonte grafica all’interno del

testo consiste nel far collassare le convenzioni della rappresentazione

letteraria, «invadida por una emanación no metafórica del referente»465.

L’immagine è un documento del reale che, posto all’interno di un

contesto fittizio, spinge a interrogarsi circa i limiti della finzione.

Come ha scritto Herzberger a proposito della “falsa novela”: «while

the graphic materials thus seem to stabilize the lexical and referential

foundation of Negra espalda del tiempo […] they also serve the more

complex and ironic function of confounding this foundation»466.

La presenza di materiale grafico, inoltre, consente a chi legge di

sviluppare una propria lettura personale, rendendo l’opera più che mai

462 In particolare: Elide Pittarello, Sobre las fotos, in Grohmann y Steenmeijer, Allí donde uno diría que no puede haber nada, cit., pp. 95-113; Stephen Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, «Romance Quarterly», vol. 51, Spring 2004. 463 Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit. 464 Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112. 465 Ivi, p. 104. 466 Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 128.

153

aperta 467 . Come scrive Miller, infatti, «depending on the extent to

which the reader reacts personally to the Marías word-picture

dialogue, the reader’s dialogue with the images and with Marías may

be as important as Marías’s»468. In questo senso, la scelta di riprodurre

la fonte ha una funzione assimilabile a quella che ha spinto l’autore a

riscrivere all’interno de Los enamoramientos ampi frammenti delle opere

di Balzac e Dumas: anche qui il testo citato scavalca quello che lo sta

citando per proporsi direttamente al lettore ed essere fruito

(apparentemente) senza mediazioni.

Ciò che accomuna tutte le descrizioni, sia quelle corredate dalla

fonte sia quelle che ne sono prive, è il fatto che non nascono da

letture filologiche469: quadri e fotografie, infatti, seppur osservati da

uno sguardo estremamente analitico, sono sempre oggetto di un

commento personale ed emotivo, che cerca di rimettere in moto

l’immagine, sfuggendo, come scrive l’autore nel prologo di Miramientos,

a «todo intento de objectividad, o su simulacro»470. Questo è evidente,

ad esempio, nella già citata descrizione dei quadri del Parmigianino in

Veneno y sombra y adíos, in quella rabbiosa del Rembrandt osservato

attraverso gli occhi dal guardiano del Prado in Corazón tan blanco o

ancora nei commenti ai ritratti di Gawsworth in Todas las almas e dello

zio Alfonso in Fiebre y lanza. In particolare, quando i personaggi si

dedicano ad analizzare la raffigurazione di un volto, possiamo

riconoscere nel loro sguardo quello di uno “scrutatore di anime” che,

in questo caso, attraverso l’immagine cerca di rimettersi in contatto

con una persona defunta e, spesso, non conosciuta.

467 Cfr. Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 112. 468 Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit., p. 99. 469 Cfr. la dichiarazione di Elide Pittarello: http://cervantestv.es/2013/07/16/una -celebracion-de-la-lectura-de-javier-marias/(ultima consultazione: 14/10/2013). 470 Javíer Marías, Prólogo, in MIR, p. 14.

154

7.4 Immagini paratestuali

Los enamoramientos non è un libro corredato da immagini; a livello

paratestuale, però, nel volume sono presenti due fotografie che

entrano in relazione con il testo e che possono influenzarne la lettura.

La prima è l’immagine di copertina, interessante perché è stata

scelta dall’autore 471 (che l’aveva già proposta a una casa editrice

britannica per l’edizione inglese di Cuando fui mortal 472). Si tratta di uno

scatto in bianco e nero di Elliott Erwitt, intitolato California Kiss

(1955) 473 , che ritrae un’auto parcheggiata di fronte al mare; nello

specchietto retrovisore, che occupa il primo piano, si vede il riflesso di

una donna che sorride, «tras ser besada o a punto de serlo por un

hombre que apenas vemos»474. Questa incertezza temporale (il bacio

che sta per essere dato o che si è già concluso) ricorda quella

dell’illustrazione che ha ispirato El hombre sentimental e che mostra un

uomo e una donna in un paesaggio rurale, separati da uno steccato:

«Están hablando, quizá encontrándose, quizá despidiéndose»475.

Come ricorda Fernando Valls, il paratesto permette di «entrar en

materia y empezar a generar sentido» 476 . In questo caso, però, ci

sembra che l’immagine di copertina abbia, proprio come il titolo del

romanzo, la funzione di ingannare il lettore sprovveduto («o quizá

inocente»)477 facendogli credere di avere a che fare con una tenera

storia sentimentale. La foto, infatti, rientra in canoni estetici 471 Lo ha dichiarato lui stesso il 28 aprile del 2011 nel corso di un’intervista presso l’Istituto Cervantes di Madrid. Per il discorso completo vedi: http://cervantestv.es/2011/04/28/conversacion-con-javier-marias/ (ultima con-sultazione: 22/7/2013). 472 Javier Marías, When I was mortal, Harvill, London, 1999. 473 Vedi fig. 3. 474 Ibidem. 475 Javier Marías, Lo que no se ha cumplido in LYF. 476 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. 477 Pittarello, Prólogo, cit., p. 10.

155

tipicamente pop 478 ed è una raffigurazione «del optimismo y la

felicidad»479.

Una volta iniziata la lettura, sarà inevitabile far coincidere

«metafóricamente» 480 i protagonisti dello scatto con Luisa e

Deverne 481 . Il particolare della fotografia dal quale viene

maggiormente attratto lo sguardo dello spettatore è il sorriso della

donna, che può essere ricollegato dal lettore a una riflessione della

narratrice a proposito della coppia perfetta:

hay personas, que nos hacen reír aunque no se lo propongan, lo logran sobre todo porque nos dan contento con su presencia y así nos basta para soltar la risa con muy poco, sólo con verlas y estar en su compañía y oírlas, aunque no estén diciendo nada del otro mundo o incluso empalmen tonterías y guasas deliberadamente, que sin embargo nos caen todas en gracia. El uno para el otro parecían ser de esas personas […].482

A legare la coppia della foto a quella del romanzo c’è anche la stessa

spontaneità. Valls, infatti, ci informa che, benché Erwitt conoscesse le

persone ritratte, «la instantánea no está preparada»483. Nei due non

possiamo quindi cogliere alcun «gesto edulcorado ni impostado, ni tan

siquiera estudiado, como los de algunas parejas que llevan años

conviviendo y tienen a gala exhibir lo enamoradas que siguen» 484 ,

come a María non risultava possibile osservando Luisa e Deverne.

478 La stessa immagine era già stata usata per la copertina del disco di platino The first of a million kisses (1988) della band inglese Fairground Attraction. 479 Justo Cerna, Reseña de Los enamoramientos, «Ojos de papel», 2/5/2011, http://www.ojosdepapel.com/Index.aspx?article=4025. 480 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. 481 Non altrettanto automatica era invece l’identificazione con una delle coppie descritte nella raccolta Cuando fui mortal. 482 LE, pp. 16-17. 483 Valls, El hombre de la flor de lis, cit., p. 32. Valls non cita la fonte da cui ha tratto questa informazione. 484 LE, p. 17.

156

L’altra immagine paratestuale è una fotografia dell’autore,

riprodotta nella seconda di copertina485. Come nota Miller, in quasi

tutti i libri di Marías sono presenti suoi ritratti molto curati, sul retro o

nei risvolti. Essi riflettono il suo interesse per le illustrazioni, «with

special thematic relevance to the scrutiny of visages»486.

Ne Los enamoramientos questa foto ha però un significato

particolare. Il volto di Marías è ovviamente molto noto in Spagna, ma

la sua riproduzione all’interno del volume consente anche a chi non lo

abbia mai visto («el lector desconocido y anónimo»)487 di riconoscere

nelle sue fattezze, prestando la dovuta attenzione, quelle di Díaz-

Varela. Questo scatto ha, pertanto, una funzione paragonabile a quella

della nota biografica che accompagnava l’edizione di Todas las almas, in

cui si parlava dell’esperienza di insegnamento dell’autore presso

l’Università di Oxford, suggerendo di interpretare il libro come un

roman à clef.

7.5 Una fotografia (quasi) invisibile

Abbiamo visto che Los enamoramientos nasce dalla rielaborazione di

alcuni articoli di cronaca. Nel romanzo si parla anche di una fotografia

che accompagna uno di essi e ritrae Luis Marsans per strada, esangue,

circondato dai soccorritori.

Recuerdo haber caído, en aquellos días sobre un titular del periódico que hablaba de la muerte a navajazos de un empresario madrileño, y haber pasado rápidamente de página, sin leer el texto completo, precisamente por la ilustración de la noticia: la foto de un hombre tirado en el suelo en mitad de la calle, en la calzada, sin chaqueta ni corbata ni camisa, o con ella abierta y los faldones fuera, mientras los

485 Vedi fig. 4. 486 Miller, Graphic-lexical Dialogue in Marías and Rivas, cit., p. 99. 487 Marías, Quién escribe, cit. Così Marías definisce il lettore di Todas las almas che non conosce le sue vicende biografiche.

157

del Samur intentaban reanimarlo, salvarlo, con un charco de sangre a su alrededor y esa camisa blanca empapada y manchada, o eso me figuré al vislumbrarlo.488

L’immagine è descritta tanto dettagliatamente da consentire di

riconoscere la fonte originale che l’autore sta traducendo in linguaggio

verbale: si tratta di un’istantanea uscita su El País, che è ancora

possibile rintracciare su internet 489 in una riproduzione «de mala

calidad y muy pequeña»490.

Probabilmente, essa non è stata inserita all’interno del volume

non solo per le stesse ragioni ricordate in § 5 in riferimento alla

riproduzione degli articoli, ma anche per opporsi a questo genere di

raffigurazioni impietose, da cui emerge chiaramente che, come scrive

Sartre, «i morti sono preda dei vivi» 491 . Attraverso la voce della

narratrice, l’autore si scaglia contro una simile spettacolarizzazione

della morte che non tiene in minima considerazione la dignità del

defunto:

Por el ángulo adoptado no se le veía bien la cara y en todo caso no me detuve a mirársela, detesto esa manía actual de la prensa de no ahorrarle al lector o al espectador las imágenes más brutales —o será que las piden éstos, seres trastornados en su conjunto; pero nadie pide nunca más que lo que ya conoce y se le ha dado—, como si la descripción con palabras no bastara y sin el más mínimo miramiento hacia el individuo brutalizado, que ya no puede defenderse ni preservarse de las miradas a las que no se habría sometido jamás con su conciencia alerta, como no se habría expuesto ante desconocidos ni conocidos en albornoz o en pijama, juzgándose impresentable. Y como fotografiar a un hombre muerto o agonizante, más aún si es por violencia, me parece un abuso y la máxima falta de respeto hacia quien acaba de convertirse en una víctima o en un cadáver —si aún puede vérselo es como si no hubiera muerto del todo o no fuera pasado enteramente, y entonces hay que dejarlo que se muera de veras y se salga del tiempo sin testigos inoportunos ni público—, no estoy

488 LE, p. 27-28. 489 Vedi fig. 5. 490 LE, p. 52. 491 Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano, 1965, p. 653.

158

dispuesta a participar de esa costumbre que se nos impone, no me da la gana de mirar lo que se nos insta a mirar o casi se nos obliga […].492

Lo stesso principio etico aveva dettato la scelta dell’autore di non

includere in Tu rostro mañana la «burocrática foto» 493 dello zio

Emilio/Alfonso senza vita; inoltre questa tematica era stata affrontata

nell’articolo Los que ya no podrán verse. In quella sede, Marías aveva

criticato varie emittenti televisive per aver trasmesso, a gennaio del

2000, le immagini della morte del commissario di polizia Jesus García,

avvenuta mentre questi stava testimoniando in tribunale sul caso Lasa-

Zalaba494 e che quindi era stata filmata in diretta da varie telecamere:

Las he visto en varias cadenas, la primera vez en el Telediario de TVE de las tres de la tarde, cuyos locutores advirtieron que eran «muy duras». Algunas, al parecer, las dieron integralmente; otras las abreviaron o «suavizaron»; hubo la que «veló» el rostro del comisario en el momento de su muerte. Todas con más o menos hipócritas remilgos y dengues. También he leído artículos y declaraciones sobre el «conflicto ético» planteado, en periódicos que no tuvieron el menor reparo en reproducir en primera plana la foto del muerto en su muerte (El País, dígase en su honor, no la sacó, ni en portada ni en el interior). […] Esos imbéciles hipócritas estaban mucho más preocupados por la «sensibilidad» de sus clientes y la «dureza» de su mercancía que por el muerto mismo. […] Un muerto está indefenso; un muerto no controla su aspecto, su último gesto, su expresión, su rictus, su putrefacción más tarde. Es el ser más indefenso, y nadie tiene derecho a mirarlo así, desprevenido. No se trata sólo de ahorrarles la impresión o la desagradable visión a los vivos, sino sobre todo de proteger al que muere de los curiosos o espantados ojos de esos vivos.495

492 Ivi, pp. 27-29. 493 TRM1, p. 83. 494 José Antonio Lasa y José Ignacio Zabala erano due ragazzi facenti parte del commando Groki dell’ETA che nel 1983 furono sequestrati, torturati e uccisi dal GAL (Grupos Antiterroristas de Liberación) in Francia, dove avevano richiesto asilo politico. Per maggiori informazioni: vedi Wikipedia alla voce “Caso Lasa y Zalaba”. Per la morte di Jesus García, vedi: José Yoldi, Un infarto fulmina mientras declara al policía que identificó los cadáveres de los dos etarras, 15/1/2000, http://elpais.com/diario/2000/01/15/espana/947890803_850215.html (ultima consultazione: 6/11/2013). 495 Javier Marías, Los que ya no podrán verse, in DTS, pp. 203-204.

159

La posizione di Marías nei confronti di tale questione morale è

comunque assai ambigua. Stupisce, infatti, che alla sua netta presa di

posizione non corrisponda anche una censura della parola: perché se

non è lecito mostrare una foto del cadavere dovrebbe esserlo

descrivere quella foto in ogni dettaglio? Sebbene Marías nelle sue

opere e nei suoi articoli abbia spesso sottolineato l’incapacità della

parola di raffigurare la realtà 496 , ne Los enamoramientos sembra

considerare l’infrazione che anche la scrittura rappresenta quando

scrive: «como si la descripción con palabras no bastara».

L’ambiguità è espressa anche dal sentimento contraddittorio di

attrazione/repulsione provato da María di fronte alla foto, che è molto

simile a quello che proverà ascoltando la conversazione tra Díaz-

Varela e Ruibérriz de Torres. Questi sono infatti i pensieri che la

assalgono quando si trova davanti l’immagine una seconda volta,

cercando su internet informazioni sulla morte di Deverne:

No la miré apenas, no quise hacerlo, y ya había tirado el periódico en el que la había vislumbrado en su día, más grande, sin percatarme de quién era ni querer tampoco detenerme en ella. De haber sabido entonces que no era un completo desconocido, sino una persona que veía a diario con complacencia y una especie de agradecimiento, la tentación de fijarme habría sido demasiado fuerte para resistirme, pero luego habría apartado la vista con más indignación y espanto de los que ya sentí sin reconocerlo.497

Lo stesso sentimento colpisce anche i lettori più curiosi, che andranno

a caccia del riferimento intertestuale, provando desiderio di guardare e,

al contempo, senso di colpa e repulsione per ciò che hanno voluto

vedere. Un’altra contraddizione è rappresentata dal fatto che l’autore,

fornendo tutte le informazioni necessarie per rintracciare l’immagine

496 Cfr. ad esempio Marías, Sobre la dificultad de contar, cit. 497 LE, p. 52.

160

originaria, si oppone all’oblio che pure auspica, poiché indirizza

nuovamente gli sguardi su una foto dimenticata.

Chi risale alla fonte si trova a fruire de Los enamoramientos come di

un’opera assai diversa rispetto a chi non correda autonomamente il

testo di alcuna immagine. Come scrive Elide Pittarello, le fotografie

ancorano la narrazione alla verità esterna, perché sono state in diretto

contatto con essa 498 . Il ritratto di Deverne/Marsans assassinato

complica il rapporto fra finzione e realtà ancor più di quanto non

faccia l’articolo di cronaca che lo accompagna: esso, infatti, resta pur

sempre una narrazione e, in quanto tale, una rielaborazione

imperfetta 499 . Come abbiamo detto in § 7.3, inoltre, stabilendo la

relazione intertestuale si recupera la dimensione dialogica che

intercorre tra parola e immagine e i lettori si trovano nella condizione

di sommare alle impressioni di Marías le proprie.

La descrizione di questa fotografia, come quelle di Gawsworth e

dello zio Alfonso, offre all’autore lo spunto per riflettere sul modo in

cui la vista di un cadavere cambia il nostro ricordo del volto della

persona in vita. In particolare, è anche in questo caso valido quanto

scrive Elide Pittarello a proposito dell’analisi della fotografia dello zio

Alfonso presente in Tu rostro mañana: possiamo dire, infatti, che la

descrizione di Deverne vivo che troviamo all’inizio del romanzo

deriva da quella di Deverne morto; essa è il «futuro anterior de la

498 Ivi, p. 56. 499 Cfr. però con quanto scrive Herzberger: «to a large degree Marías envisiones photography as an art of imitation as well as imagination in much the same way as he views literature. In each case, Marías does not perceive the image as a reflection or replica of the real, nor does it stand disconnected from the world outside it. Instead, he envisiones it as an object in reality, and imagines how it says something about the figure in reality that it at once represents and shapes.» (Herzberger, A Companion to Javier Marías, cit., p. 217).

161

foto» 500 , come viene evidenziato da una serie di elementi che

ricorrono, seppur cambiati di segno (la presenza/assenza della cravatta

e della giacca, la camicia in ordine/disordine)501.

Nel suo romanzo L’immortalità, Milan Kundera502 scrive:

L’uomo desidera essere immortale, e l’obiettivo un giorno ci mostra una bocca contratta in una smorfia triste, l’unica cosa che ricordiamo di lui, quel che ci resta di lui come parabola della sua intera vita.503

Analogamente, la vista del cadavere di Deverne trasfigura i ricordi di

María in cui lui compare in vita. Questa proiezione retrospettiva

spinge persino a definire un «pobre hombre» (come fa Beatriz, una

collega della casa editrice) colui che un tempo era stato un uomo felice

e di successo. Così la narratrice commenta questo fatto:

A nadie se le habría ocurrido llamarle eso en vida […]. Y ahora en cambio quedaba como tal para siempre, sin posible vuelta de hoja: pobre Miguel Deverne sin suerte. Pobre hombre504.

Tale meccanismo incontrollabile fa pensare all’idea analizzata

dall’autore nel saggio Fragmento y enigma y espantoso azar («lo último es lo

verdadero»505), e condiziona anche i ricordi della moglie Luisa:

Hay gente que me dice: ‘Quédate con los buenos recuerdos y no con el último, piensa en lo mucho que os habéis querido, piensa en tantos momentos fantásticos que otros ni siquiera han conocido’. Es gente

500 Pittarello, Sobre las fotos, cit., p. 104. 501 Come dice la narratrice, a Deverne «le habría horrorizado […] verse o saberse así expuesto, sin chaqueta ni corbata ni tan siquiera camisa o con ésta abierta» (LE, p. 52). 502 Ricordiamo che lo scrittore è duca di Amarcord del regno di Redonda e vincitore del X premio del regno. Il suo romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere compare in Corazón tan blanco (Berta decide di tenerlo in mano durante la ripresa del suo video di presentazione). 503 Milan Kundera, L’immortalità, Adelphi, Milano, 1993, p. 64. 504 LE, pp. 53-54. 505 Javier Marías, Fragmento y enigma y espantoso azar, in MDT, p. 73.

162

bienintencionada, que no alcanza a entender que todos los recuerdos están teñido ahora por este final triste y sangriento. Cada vez que me acuerdo de algo bueno, al instante se me aparece la imagen última, la de su muerte gratuita y cruel, tan fácilmente evitable, tan tonta. Sí, es lo que llevo peor: tan sin culpable y tan tonta. Y el recuerdo se enturbia y se hace malo. En realidad ya no me queda ninguno bueno. Todos me resultan ilusos. Todos se han contaminado.506

7.6 Guida al museo delle scienze

Oltre che quadri e fotografie, nelle opere di Marías si descrivono

anche edifici, come ad esempio il Museo del Prado in Corazón tan

blanco o la cattedrale dell’Almudena in Tu rostro mañana.

Ne Los enamoramientos, l’autore ambienta il secondo incontro tra

María e Díaz-Varela nel Museo Nacional de Ciencias Naturales di

Madrid, cogliendo l’occasione per parlare di questo luogo che

probabilmente frequenta spesso, come la sua narratrice. La descrizione

del museo si può suddividere in due parti ben distinte. La prima è

alquanto didascalica e sembra tratta da una «guía de la ciudad

demasiado puntillosa y exhaustiva»507; fornisce dettagli architettonici e

informazioni legate alla sua storia:

[el Museo Nacional de Ciencias Naturales] está justo al lado o más bien forma conjunto con la Escuela Técnica Superior de Ingenieros Industriales con su brillante cúpula de cristal y zinc, de unos veintisiete metros de altura y unos veinte de diámetro, erigida hacia 1881, cuando ese conjunto no era Escuela ni Museo, sino el flamante Palacio Nacional de las Artes y las Industrias que albergó una importante Exposición en aquel año, la zona se conocía antiguamente como los Altos del Hipódromo, por sus varios promontorios y su cercanía a unos caballos cuyas hazañas son fantasmales por partida doble o definitivamente, pues ya no debe de quedar nadie vivo que asistiera a ellas o las recuerde.508

506 LE, p. 84. 507 Ivi, p. 132. 508 Ivi, p. 131.

163

La seconda è invece più soggettiva e legata all’esperienza personale

della narratrice:

El Museo de Ciencias es pobre, sobre todo si se compara con los que se encuentran en Inglaterra, pero me acercaba a él a veces con mis sobrinos pequeños para que vieran los animales estáticos tras sus vitrinas y se familiarizaran con ellos, y de ahí me quedó cierta afición a visitarlo por mi cuenta de tarde en tarde, entremezclada —de hecho invisible para ellos— con los grupos de alumnos de colegios y de institutos acompañados de una profesora exasperada o paciente y con despistados turistas sobrados de tiempo que se enteran de su existencia por alguna guía de la ciudad demasiado puntillosa y exhaustiva: aparte de las numerosísimas guardianas, casi todas sudamericanas hoy en día, esos suelen ser los únicos seres vivos de ese lugar algo irreal y superfluo y feérico, como todos los Museos de Ciencias.509

La posizione del museo (vicina al luogo dove era avvenuto l’omicidio

di Deverne) e la sua stessa natura (un «Museo semivacío» 510 , un

contenitore di cadaveri), rendono la scena sottilmente inquietante,

instillando nel lettore cattivi presentimenti. Il momento dell’incontro

fa infatti pensare a una scena di un film di suspense:

Estaba mirando la maqueta de las inmensas fauces abiertas de un cocodrilo —siempre pensaba que yo cabría en ellas, y en la suerte de no vivir en un sitio en el que hubiera esos reptiles— cuando me llamaron por mi nombre y me volví un poco alarmada, por lo inesperado: cuando uno está en ese Museo semivacío, tiene la casi absoluta y reconfortante certeza de que en esos instantes nadie puede conocer su paradero.511

A incrementare la tensione c’è il fatto che Díaz-Varela si mostra sin da

subito misterioso: dichiara di essere anche lui un assiduo frequentatore

del luogo, ma quando María dice di voler scendere un momento a

vedere le «absurdas figuras de Adán y Eva»512, lui non reagisce, non

509 Ivi, pp. 131-132. 510 Ivi, p. 132. 511 Ibidem. 512 Ivi, p. 133.

164

dice «‘Ah, ya’ ni nada por el estilo, como habría dicho cualquiera que

visitara con frecuencia ese Museo»513.

La narratrice passa poi a descrivere l’installazione Garden of

Eden514 di Rosamund Purcell, artista americana vivente, ereditando la

vena critica tipica del Marías articolista:

en el sótano hay una vitrina vertical de no muy gran tamaño, hecha por una americana o una inglesa, una tal Rosamund Algo, que representa el Jardín del Edén de manera estrafalaria. Todos los animales que rodean a la primigenia pareja están supuestamente vivos y en movimiento o alerta, monos, liebres, pavos, grullas, tejones, quizá un tucán y hasta la serpiente, que asoma con expresión demasiado humana entre las muy verdes hojas del manzano. Adán y Eva, en cambio, los dos de pie y separados, son sólo sendos esqueletos, y lo único que permite distinguirlos al ojo profano es que uno de ellos sostiene en la mano derecha una manzana. Seguramente leí alguna vez el cartel correspondiente, pero no recuerdo que diera explicación satisfactoria alguna. Si se trataba de mostrar los huesos de una mujer y de un hombre y de señalar sus diferencias, no se entiende qué necesidad había de convertirlos en nuestros primeros padres, como se los llamaba con la fe antigua, y colocarlos en ese escenario; si se trataba de representar el Paraíso con su más bien pobre fauna, lo que no se entiende son los esqueletos, mientras todos los demás animales conservan su carne y su pelo o plumaje. Es una de las más incongruentes instalaciones del Museo de Ciencias Naturales, y a nadie que lo visite le puede pasar inadvertida, no por bonita, sino por sin sentido.515

Il tono ricorda quello della già citata descrizione dell’Almudena516, con

la quale del resto questo frammento stabilisce un riferimento

intertestuale; possiamo infatti osservare che anche in quest’altro testo

l’artista oggetto dell’invettiva è appellato come “Algo”:

513 Ibidem. 514 Vedi figg. 6 e 7. 515 LE, p. 133-134. 516 Pablo Núñez Díaz ha sottolineato come questa descrizione sia caratterizzata dal tono ironico e incisivo tipico che Marías adotta nei suoi articoli, cfr. Pablo Núñez Díaz, Las colaboraciones de Javier Marías en la prensa. Opinión y creación, UNED, Madrid, 2011, p. 138.

165

El adefesio era la Almudena o museo de los horrores ecuménicos, la espantosa catedral moderna, más o menos del Opus Dei, totus tuus pero con una frente abombada, casi frankensteiniana, y los brazos abiertos y alzados como si fuera a arrancarse a bailar como una jota; y eso, con ser horrible, quizá sea lo menos feo, hay allí, entre otras infamias, unas vidrieras infames de un inimaginabie artista llamado Kiki (Kiko Algo), nada decente se puede esperar de tal nombre.517

The Garden of Eden fa parte di un’esposizione permanente del museo,

collocata nel Real Gabinete de Historia Natural. Nella descrizione

dell’opera pubblicata sulla guida didattica al museo (che probabilmente

riproduce il commento apposto anche nella sala d’esposizione), così la

Purcell spiega la presenza dei due scheletri:

Adán y Eva están representados por esqueletos come referencia histórica a los teatros anatómicos de los siglos XVI y XVII en los Paises Bajos, en donde los esqueletos estaban dispuestos en las salas de disección como figuras alegóricas para expresar la brevedad de toda existencia humana. Aquí estan situados en el centro de la sala como símbolo de la posición transitoria pero todavía central que los seres humanos reclaman para sí.518

Sebbene l’installazione collabori a creare un’atmosfera di morte e

tensione, non ci sembra che essa suggerisca un messaggio da mettere

in relazione con quello del romanzo; riteniamo che l’autore abbia

voluto includere un breve excursus (presentato come tale anche in

senso letterale: María vuole compiere questa deviazione prima di

uscire all’aperto con Díaz-Varela) solo per dare sfogo al suo astio nei

confronti dell’opera dell’artista americana.

517 TRM3, p. 313. 518 Pilar Lopez-García Gallo e María Dolores Ramirez Mittlebrunn, Guía didáctica, Museo Nacional de Ciencias Naturales de Madrid, 2004, pp. 43-44.

166

167

Conclusioni

Alla luce dell’analisi condotta, ci sembra di poter affermare che la

dimensione intertestuale de Los enamoramientos sia il riflesso inevitabile

di un meccanismo mentale in virtù del quale le opere d’arte di cui

abbiamo fruito (siano esse libri, fotografie, quadri o film), così come le

vicende che ci sono state raccontate o che abbiamo letto sul giornale,

entrano a far parte del nostro bagaglio di ricordi e influenzano i nostri

pensieri. Esse possono riaffiorare, in maniera più o meno cosciente,

risvegliate dalle esperienze che viviamo, influenzando il nostro modo

di percepire la realtà (come avviene, ad esempio, quando María ripensa

alla scena di Charade mentre guarda la coppia perfetta), di spiegarla (si

pensi all’uso che Díaz-Varela fa de Le Colonel Chabert) o di descriverla

(la narratrice si esprime spesso per citazioni).

In questo senso, l’intertestualità trascende il campo della

letteratura: è la mente di tutti noi a essere intertestuale, giacché lavora

attraverso processi associativi, in un continuo dialogo con tutti i

materiali che raccogliamo nel corso della nostra vita, attingendo da un

calderone in cui confluiscono indistintamente elementi di realtà e

finzione.

La scrittura è un’attività che non può certo scardinarsi da questo

meccanismo e che deriverà necessariamente dalla “digestione” (per

riutilizzare una metafora cara ai latini) di quei materiali, veri o fittizi,

con cui siamo entrati in contatto. Questo è particolarmente evidente

ne Los enamoramientos, soprattutto quando ci rendiamo conto che

dietro all’invenzione della storia c’è un’impalcatura costituita in gran

parte da fatti appresi da alcuni articoli di giornale.

Con questo romanzo, Marías sembra voler istruire i suoi lettori a

un uso proficuo e consapevole delle associazioni tra realtà e narrazioni

168

finzionali che si producono nella nostra mente. La biblioteca

universale, infatti, ci permette di opporci alla disgregazione del mondo

postmoderno, facendoci percepire la realtà come un insieme chiuso di

possibilità e il tempo come circolare519: tutto ciò cui assistiamo è già

accaduto ed è già stato descritto e, come scriveva l’autore in Corazón

tan blanco: «Quizá sea esto lo que nos lleva a leer novelas y crónicas y a

ver películas, la búsqueda de la analogía, del símbolo, la búsqueda del

reconocimiento, no del conocimiento»520.

La capacità di attuare collegamenti ci consente di avere un grande

controllo sulle nostre vite (come è dimostrato in modo esemplare dalla

lettura che Díaz-Varela fa dell’opera di Balzac) e di «establecer algún

sentido del orden en un universo que se presenta caótico»521 : essa

rappresenta, dunque, un modo per realizzare quello che Sebastian

Faaber ha chiamato “afán universalizador” dell’opera di Marías.

Come abbiamo osservato, nel romanzo i riferimenti intertestuali

hanno varie finalità, alcune anche giocose, come nel caso dei

personaggi migranti; tuttavia, riteniamo che questa particolare filosofia

della letteratura sia uno degli elementi che rendono l’intertestualità de

Los enamoramientos così significativa, e che ci consentono di definirlo un

vero e proprio libro sui libri.

Proprio per il ruolo centrale che le relazioni intertestuali

ricoprono nell’opera e per loro natura spesso esplicita, il romanzo può

essere anche considerato come un compendio della produzione dello

scrittore, in cui egli esibisce le sue tecniche di rielaborazione e

consente ai lettori di accedere al suo laboratorio creativo.

519 Per un approfondimento sull’idea di tempo circolare in Marías, vedi: Amélie Florenchie, Marías in clave borgeana, in AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías, cit., pp. 155-168; Cuñado, El espectro de la herencia, cit. 520 CTB, p. 294. 521 Faaber, Un pensamientos que hace rimas, cit., p. 199.

169

Appendice

Riportiamo di seguito gli articoli che Marías ha utilizzato per la stesura

del romanzo, al fine di facilitarne la consultazione e per dar loro un

supporto più stabile rispetto a quello del web.

Non siamo intervenuti sui testi in nessun modo, neanche al fine

di correggere i refusi presenti (in particolare balzano all’occhio le

oscillazioni Viajes/Viaje Marsans e gorrilla/gorilla). Anche la

formattazione è quella originale (grassetto, divisione in paragrafi,

maiuscole…); nostre sono solo le sottolineature che mirano a facilitare

l’individuazione delle parti citate dall’autore.

170

171

Un “gorrilla” acaba con la vida de un hombre que asestó nueve cuchilladas

M. J. Álvarez, 3 /7/2004, ABC

MADRID. Fue visto y no visto. Ocurrió en plena calle, en el distrito de Chamartín, en la calle de Pedro de Valdivia. Faltaban quince minutos para las cuatro de la tarde, cuando un indigente muy conocido en el barrio, dado que se gana la vida ejerciendo de «gorilla» ayudando a estacionar los vehículos a cambio de la voluntad de conductor, entabló una disputa con otro hombre. Las palabras fueron subiendo de tono y el mendigo, de súbito, se abalanzó contra la persona con la que reñía y la cosió a puñaladas, fuera de sí, mientras le reclamaba dinero. A consecuencia del ataque la víctima se desplomó, herida de muerte. Quienes transitaban por el lugar, a la altura del número 6 de la citada calle, avisaron al 092, quien alertó a los servicios de urgencias. El vigilante jurado de una empresa cercana, que presenció la agresión, logró retener al indigente. «¡No te muevas de aquí hasta que venga la Policía!». No tardó en aparecer. Una navaja de 7 centímetros de hoja. La primera en llegar fue la Municipal, cuyos agentes le conminaron para que entregase el arma blanca ―una navaja tipo mariposa de siete centímetros de hoja―, que arrojó al suelo, y tras esposarle, le trasladaron a la Comisaría del distrito, según indicaron fuente de la Jefatura Superior.

Entretando, hasta el lugar de la agresión se desplazó una UVI-móvil del Sammur-Protección Civil, cuyos facultativos le evacuaron hasta el Hospital de La Princesa, trasestabilizarle. Ingresó en parada cardiorrespiratoria y su estado era crítico, explicaron desde Emergencias Madrid. Presentaba, al menos, nueve puñaladas en el costado y el abdomen, lo que denota el ensañamiento de, agresor con su víctima. Tras debatirse unas cinco horas entre la vida y la muerte falleció a primeras horas de la noche. Se trata de Luis Marsans Astoreca, de 52 años, mientras que el autor del homicidio es Francisco José C.F., de 36.

De las investigaciones para esclarecer el móvil del brutal crimen se ha hecho cargo el Grupo X de Homicidios. El motivo de la disputa se desconoce, si bien testigos presenciales del suceso, afirmaron que era económico. Escucharon como el «gorilla» decía a la víctima: «¡Me quieres dejar sin herencia!» y «¡Me estás quitando el pan de mis hijos!». No obstante, el detenido al cierre de esta edición no había declarado aún, por lo que la Policía no ha podido confirmar este extremo, ni

172

tampoco si eran familia política, como decían en la zona. Los residentes describían al indigente como un hombre alto, con una barba muy poblada, y de trato amable y correcto. Se ignora también si sufre algún trastorno mental.

Tratto da: http://www.abc.es/hemeroteca/historico-03-07-2004/abc/Madrid/ un-gorrilla-acaba-con-la-vida-de-un-hombre-al-que-asesto-nueve-cuchilladas_ 962235 5119144.html (ultima consultazione: 22/10/2013).

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Muere apuñalado un hijo del fundador de Viaje Marsans

A. A., 3/7/2004, La voz de Galicia

Luis Marsans Astoreca, de 52 años e hijo del fundador de Viajes Marsans, fue asesinado el viernes en una calle de Madrid al ser cosido a navajazos por un indigente, que supuestamente sufre un desequilibrio mental y que actuaba como aparcacoches espontáneo a cambio de la voluntad de los conductores en el aparcamiento de la facultad de Ingeniería de Industriales, que está situada junto al Paseo de la Castellana.

Los hechos ocurrieron sobre las 15.45 horas en la calle de Pedro Valdivia, del distrito de Chamartín, cuando el agresor asestó una decena de puñaladas al empresario en el costado y el tórax, mientras le acusaba de haber metido a sus hijas en un red de prostitución.

Un vigilante de seguridad presenció los hechos por lo que retuvo al agresor, Francisco José López Fernández, de 36 años, hasta la llegada de varios agentes de la policía municipal, que un vecino se encargó de llamar al presenciar los hechos.

Según la Jefatura Superior de Policía de Madrid, el presunto homicida pasó a disposición judicial, pero se ha negado a declarar. Agentes del grupo de homicidios de laBrigada Provincial de Policía Judicialse han hecho cargo de caso.

Antecedentes. El detenido, que vivía en un coche en la calle donde se produjo el apuñalamiento, ya había agredido hace poco más de un mes al chófer de la víctima sin mediar palabra, aunque entonces no se denunciaron los hechos.

Además, el pasado día 1, la víspera del apuñalamiento, el indigente increpó al fallecido, creyendo al parecer que se trataba de su chófer, indicaron las mismas fuentes.

Cuando Luis Marsans se dirigía a recoger su coche aparcado en la calle Pedro Valdivia se le acercó el «gorrilla» y de improviso le atacó con una navaja tipo mariposa de siete centímetros de hoja.

Heridas mortales. El empresario intentó defenderse y huir, al mismo tiempo que pedía auxilio, pero el indigente siguió apuñalándole con saña por la espalda hasta que el vigilante de seguridad se acercó corriendo y logró retener a López Fernández, mientras la víctima permanecía en el suelo en medio de un gran charco de sangre.

Los miembros de una UVI móvil del Samur que acudió al lugar realizó las primera curas a la víctima, pero ante su gravedad le trasladaron de urgencia al hospital de la Princesa donde ingresó

174

inmediatamente en el quirófano. Luis Marsans sufrió diez heridas incisas en espalda, tórax y hemitórax. Algunas de las lesiones le habían afectado a órganos vitales y los médicos no pudieron hacer nada para salvar su vida.

Luis Marsans murió sobre la mesa del quirófano alrededor de las ocho de la tarde.

Tratto da: http://www.lavozdegalicia.es/hemeroteca/2004/07/03/2826342.shtml (ultima consultazione: 22/10/2013).

175

El hijo del fundador de Viajes Marsans muere tras ser

cosido a navajazos por un mendigo

Javier Barroso, 3/7/2004, El País

Luis Marsans Astoreca, un empresario de 52 años, murió sobre las

ocho de la tarde de ayer en el hospital de la Princesa, después de ser

cosido a navajazos por Francisco José López Fernández, de 37 años,

un hombre que actuaba como aparcacoches espontáneo en la calle de

Pedro de Valdivia (distrito de Chamartín). Este gorrilla, que

supuestamente sufre algún desequilibrio mental, le asestó una decena

de puñaladas en el costado y el tórax, mientras que le recriminaba que

hubiera metido a sus hijas en una red de prostitución moldava. Un

vigilante de seguridad que estaba cerca se percató de lo que ocurría,

por lo que retuvo al presunto agresor hasta que llegó la Policía

Municipal.

Los hechos sucedieron sobre las 15.45 frente al número 6 de la

calle de Pedro Valdivia, una vía cercana al paseo de la Castellana. El

empresario Marsans se dirigía a coger un coche de su propiedad,

un Volkswagen Polo azul, que estaba aparcado en la calle. Mientras

estaba andando, se le acercó el indigente, vestido con camiseta oscura

y un pantalón marrón. Sacó una navaja tipo mariposa, de unos siete

centímetros de hoja y comenzó a apuñalar a Marsans en el tórax y el

costado, mientras le preguntaba por qué había metido a sus hijas en

una red de prostitución moldava.

Marsans intentó defenderse y huir, pero su agresor se cebó con él

y también le acuchilló por la espalda. La víctima cayó al suelo en

medio de un gran charco de sangre y pidiendo auxilio. Mientras, un

vigilante de seguridad se percató de todo lo que estaba ocurriendo

alertado por los gritos que hubo durante la agresión. Acudió corriendo

al lugar y logró retener a López, mientras avisó a la policía. Los

primeros en llegar fueron los agentes de un coche patrulla de la Policía

Municipal, que esposaron al asesino, que aún llevaba el arma homicida

en la mano. Lo trasladaron a la comisaría del distrito de Chamartín.

Después, al producirse el fallecimiento de Marsans, se hicieron cargo

del caso los investigadores del Grupo X de Homicidios.

176

Parada cardiorrespiratoria. Mientras, una UVI móvil del Samur-

Protección Civil y el jefe de guardia acudieron al lugar e intentaron

hacer las primeras curas a Marsans. Les fue harto difícil debido a las

numerosas heridas que había recibido. Además, cuando estaba siendo

entubado y estabilizado por los facultativos, entró en parada

cardiorrespiratoria. Los médicos lograron reanimarle tras varios

minutos de muchos nervios. Fue trasladado con preaviso hospitalario

al hospital de la Princesa, según un portavoz de Emergencias Madrid.

Ingresó en estado crítico.

Nada más llegar al centro hospitalario entró en quirófano para

ser operado quirúrgicamente. La gravedad de las lesiones hizo que

falleciera en la mesa de operaciones sobre las ocho de la tarde, según

fuentes sanitarias. Algunas de las puñaladas le habían afectado a

órganos vitales. Hoy le será practicada la autopsia en el Instituto

Anatómico Forense.

Los investigadores del caso creyeron inicialmente que había

alguna relación entre el asesino y su víctima, pero pronto descubrieron

que no. Según comentaron vecinos de la calle de Pedro de Valdivia,

López llevaba casi un año trabajando como gorrilla. Se dedicaba a

ofrecer los aparcamientos a los conductores, que después le daban

alguna propina. Llegaba sobre la doce del mediodía. Dejaba sus dos

mochilas azules bajo un árbol y empezaba a trabajar. Su negocio se le

acabó el pasado 1 de junio, cuando el Ayuntamiento de Madrid puso

en marcha en esa zona el Servicio de Estacionamiento Regulado (SER,

los llamados parquímetros), por lo que su función dejaba de tener

sentido, informan Manuel Cuéllar y Eva San Martín. Hace un mes

le volvieron a ver por la zona. "Nunca había mostrado una actitud

violenta. Lleva barba y tenía pinta de indigente, pero no iba sucio",

señaló José Luis Fernández, el portero del número 6 de la calle de

Pedro de Valdivia.

Pero hubo una excepción en esa actitud pacífica. Hace

aproximadamente un mes tuvo una reacción extraña con el chófer del

asesinado. Cuando éste se disponía a entrar en el garaje de Marsans, en

el paseo de la Castellana y muy cerca de donde ocurrió el homicidio,

López aprovechó que llevaba la ventanilla bajada y le propinó un

puñetazo en la cara que le hizo sangrar. No paró de decirle al chófer

177

que por qué habían secuestrado a su hija. Luego se quedó inmóvil

hasta que llegó la policía, que lo detuvo.

Discusión previa. El portero, José Luis Fernández, recordó ayer

que el empresario y su asesino ya mantuvieron el jueves por la mañana

una pequeña discusión. Entonces, Marsans ya le dijo que se estaba

confundiendo de personas y que ni su chófer ni él eran las personas

que estaba buscando. Pero López continuó hablando solo por la calle.

El fallecido era hijo de Enrique Marsans y Elena Astoreca. El

primero fundó Viajes Marsans, empresa que vendió en 1964 al

Instituto Nacional de Industria (INI) a través de la empresa

Autotransporte Turístico Español, SA (ATESA).

Luis Marsans era un prolífico empresario. Su nombre consta en

una decena de sociedades, en su mayoría dedicadas al mercado

inmobiliario. También tenía otras de venta al por menor de periódicos

y papel, a la distribución de cementos, cales y yesos o bien financieras

inmobiliarias. Estaba casado y tenía dos hijas, según comentaron

allegados al fallecido.

La familia Marsans fue una de las más acaudaladas de Barcelona.

Cristina, una de las hermanas del fallecido, es la vicepresidenta tercera

de la Real Federación Española de Golf. Estuvo casada con Alfredo

Goyeneche, ex presidente del Comité Olímpico Español (COE), que

murió en accidente de tráfico el 16 de marzo de 2002 en el desfiladero

de Pancorbo (Burgos). Otra hermana, María, está casada con uno de

los dueños de la constructora Entrecanales.

Tratto da: http://elpais.com/diario/2004/07/03/madrid/1088853871_850

215.html (ultima consultazione: 22/10/2013).

178

El empresario Luis Marsans recibió 16 navajazos,

cinco de ellos mortales

Javier Barroso, 3/7/2004, El País

La autopsia del cadáver del empresario e hijo del fundador de Viajes

Marsans, Luis Marsans Astoreca, de 52 años, ha revelado que la

víctima recibió 16 navajazos de su asesino. Todas las puñaladas

afectaron a órganos vitales. Además, cinco de ellas eran, según dedujo

el forense, mortales. Precisamente el día en que fue asesinado era el

cumpleaños de Marsans. El autor de los hechos, Francisco José López

Fernández, se negó a declarar.

El asesinato se produjo sobre las 15.45 del pasado viernes, frente

al número 6 de la calle de Pedro de Valdivia, en el distrito de

Chamartín. El empresario, dedicado en especial a negocios

inmobiliarios, se dirigía a coger un coche Volkswagen Polo azul de su

propiedad que tenía aparcado en la calle. De repente se acercó a él

Francisco José López y comenzó a recriminarle que por qué había

metido a sus hijas en una red de prostitución extranjera.

El indigente, que era considerado como un perturbado por

algunos vecinos de la zona, sacó una navaja tipo mariposa y comenzó

a apuñalar al empresario. Éste intentó zafarse de su atacante, pero le

resultó inútil. El individuo no dejó de apuñalarle hasta que cayó al

suelo desfallecido. Un vigilante de seguridad se percató de lo que

ocurría y logró retenerle hasta la llegada de la Policía Municipal.

Marsans murió a las ocho de la tarde en el hospital de la Princesa.

El autor de los navajazos es un individuo muy conocido por la

zona del homicidio. Según algunos vecinos es una persona muy

tranquila que nunca se metía en problemas. Se dedicaba a buscar

aparcamientos para los coches y así sacarse algún dinero. Llegaba

sobre las doce de la mañana y dejaba sus dos mochilas azules bajo un

árbol. Después empezaba a trabajar. Sin embargo, muchos residentes

de la zona señalaron ayer que ya estaban hartos de sus arranques

violentos y de sus trastornos mentales. Muchas veces habían intentado

echarle del coche abandonado en el que vivía en la misma calle de

Pedro de Valdivia. Hasta la fecha les había resultado imposible, según

reconocieron. López carece de antecedentes policiales.

179

Uno de esos altercados lo sufrió el conductor de Marsans hace

un mes. López se dirigió a él y, aprovechando que llevaba la ventanilla

bajada, le asestó un puñetazo en la cara. El agresor permaneció en el

lugar hasta que llegó la policía y lo detuvo. Además, el día anterior al

homicidio del empresario mantuvo una discusión con éste en plena

calle. Marsans no paró de decirle que se confundía de persona y que él

no tenía nada que ver con lo que le estaba diciendo, según señaló el

portero de una finca cercana.

Tratto da: http://elpais.com/diario/2004/07/04/madrid/1088940270_850

215.html (ultima consultazione 22/10/2013).

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Fig. 1

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Fig

. 2

183

Fig

. 3

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Fig. 4

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Fig

. 5

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Fig

. 6

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Fig. 7

Fig. 8

188

189

Didascalie Fig. 1 Copertina dell’edizione de Le Colonel Chabert della casa editrice

J’Ai Lu (2004). L’immagine di copertina è un dettaglio del ritratto del

luogotenente Dieudonné (1812) del pittore Théodore Géricault.

Fig. 2 Cary Grant e Audrey Hepburn in Charade di Stanley Donen

(1963). Immagine tratta da www.wikipedia.org, alla voce Sciarada (film).

Fig. 3 California Kiss (Elliott Erwitt, 1955). Immagine di copertina

delle edizioni Alfaguara sin’ora stampate de Los enamoramientos.

Fig. 4 Il ritratto dell’autore nella seconda di copertina de Los

enamoramientos (Alfaguara, 2011).

Fig. 5 Foto di Luis Marsans che ha accompagnato gli articoli sulla sua

morte. Tratta dall’archivio di El País: http://elpais.com/diario

/2004/07/03/madrid/1088853854_740215.html (ultima consulta-

zione: 22/10/2013).

Fig. 6 Esterno del Museo Nacional de Ciencias Naturales di Madrid.

Immagine tratta da http://www.mncn.csic.es.

Fig. 7 Rosamund Purcell, Garden of Eden (Museo Nacional de Ciencias

Naturales di Madrid). Immagine tratta da Pilar Lopez-García Gallo y

María Dolores Ramirez Mittlebrunn, Guía didáctica, Museo Nacional de

Ciencias Naturales de Madrid, 2004, p. 44.

Fig. 8 Pianta del Real Gabinete del Museo Nacional de Ciencias

Naturales di Madrid, tratta da: Lopez-García Gallo y Ramirez

Mittlebrunn, Guía didáctica, cit., p. 36.

190

191

Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare la Professoressa Sara Polverini e la

Professoressa Ana Tobío Sala per avermi dato fiducia, essere state così

pazienti e disponibili nei miei confronti e per avermi indirizzata nei

momenti di smarrimento.

Il mio riconoscimento va anche al Professor Andrea Bernardelli

dell’Università degli Studi di Perugia per gli utili consigli bibliografici

sul tema dell’intertestualità, per avermi chiarito molti dubbi e offerto

spunti di riflessione interessanti. Sono grata alla Professoressa Helen

Freear-Papio e al Professor Timothy Austin, entrambi del College of

the Holy Cross (Worcester, MA), che hanno condiviso con me le loro

riflessioni sull’opera di Marías, l’una, e di Shakespeare, l’altro. Utili

segnalazioni mi sono arrivate dal Dottor Vidal, cardiologo e amico di

Marías, oltre che personaggio secondario de Los enamoramientos e da

Rosamund Purcell, autrice di un’installazione descritta nel libro. Il

risultato di questo lavoro sarebbe stato senz’altro molto meno

approfondito se non avessi potuto godere dell’eccellente servizio di

prestito interbibliotecario del College of the Holy Cross e di quello

della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze.

Desidero infine ringraziare Marcella per avermi tanto gentilmente

aiutata a correggere le bozze, i miei genitori per avermi dato la

possibilità di completare questo percorso di studi nonostante le molte

deviazioni, e Simone per essermi stato vicino in tutte queste deviazioni

e avermi poi riportata a casa.

192

193

Bibliografia

OPERE DI NARRATIVA DI JAVIER MARÍAS1

Los dominios del lobo, Edhasa, Barcelona, 1971.

Travesía del horizonte, La Gaya Ciencia, Barcelona, 1972.

El monarca del tiempo, Reino de Redonda, Barcelona, 2003 [Alfaguara,

Madrid, 1978].

El siglo, Seix Barral, Barcelona, 1983.

El hombre sentimental, Debolsillo, Barcelona, 2006 [Anagrama,

Barcelona, 1986].

Todas las almas, Alfaguara, Madrid, 2000 [Anagrama, Madrid, 1989].

Tutte le anime, Einaudi, Torino, 1999 (traduzione di Glauco Felici).

Corazón tan blanco, Crítica, Barcelona, 2010 [Anagrama, Barcelona,

1992].

Mañana en la batalla piensa en mí, Anagrama, Barcelona, 1994.

Cuando fui mortal, Alfaguara, Madrid, 1996.

Mala índole, Plaza & Janés editores, Barcelona, 1998.

Negra espalda del tiempo, Debolsillo, 2006 [Alfaguara, Madrid, 1998].

Tu rostro mañana: 1. Fiebre y lanza, Alfaguara, Madrid, 2002.

2. Baile y sueño, Alfaguara, Madrid, 2004.

3. Veneno, sombra y adiós, Alfaguara, Madrid, 2007.

Los enamoramientos, Alfaguara, Madrid, 2011.

1 Si segnala solo la prima edizione, a meno che non ne sia stata usata un’altra per questa tesi. In tal caso, si segnala comunque anche la prima edizione tra parentesi quadre.

194

Gli innamoramenti, Einaudi, Torino, 2012 (traduzione di Glauco Felici).

Ven a buscarme, Alfaguara, Madrid, 2011.

Mala índole. Cuentos aceptados y aceptables, Alfaguara, Madrid, 2012.

La canción de Lord Rendall, in AA. VV, Antología universal del relato

fantástico, Edición y prólogo de Jacobo Siruela, Atalanta, Vilaür,

2013.

ALTRE OPERE CITATE DI JAVIER MARÍAS (ARTICOLI, INTERVISTE,

SAGGI E ALTRI MATERIALI)

Vidas escritas, Siruela, Madrid, 1992.

El hombre que parecía no querer nada, Espasa, Madrid, 1996.

Mano de sombra, Alfaguara, Madrid, 1997.

Miramientos, Alfaguara, Madrid, 1997.

Harán de mí un criminal, Alfaguara, Madrid, 2003.

Donde todo ha sucedido. Al salir del cine, Galaxia Gutemberg, Círculos de

los Lectores, Barcelona, 2005.

Ser y no ser quien se es, 30/8/2005, http://www.javiermarias.es

/2005/08/javier-maras-ser-y-no-ser-quien-se-es.html (ultima

consultazione: 20/6/2013).

Sobre la dificultad de contar. Discurso leído el día 27 de abril de 2008 en su

recepción pública por el Excmo. Sr. D. Javier Marías y contestación del

Excmo. Sr. D. Francisco Rico, Real Academia Española, Madrid,

2008.

La plaga de la impunidad, «El País», 27/2/2011, http://elpais.com/

diario/2011/02/27/eps/1298791619_850215.html (ultima con-

sultazione: 20/6/2013).

Literatura y fantasma, edición ampliada, Alfaguara, Madrid, 2011

(ebook).

195

MONOGRAFIE SULL’OPERA DI JAVIER MARÍAS

AA. VV., Cuadernos de narrativa: Javier Marías. Grand séminaire de

Neuchâtel. Coloquio internacional Javier Marías. 10-12 de noviembre de

2003, Arco/Libros, Madrid, 2005.

AA. VV., Javier Marías. La conciencia dilatada, «Ínsula. Revista de letras y

ciencias humanas», n. 785-786, mayo-junio 2012.

BERG, KAREN, Javier Marias’s postmodern praxis: Humor and interplay

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2008.

CANDELORO, ANTONIO, Como la nieve resbaladiza. Javier Marías narratore

del tempo, Aracne editrice, Roma, 2012.

CAROFIGLIO, SANDRA, “Mañana en la batalla piensa en mí, Cuando fui

mortal, y caiga herrumbrosa tu lanza”. Shakespeare come elemento

unificatore di tre romanzi di Javier Marías. Tesi di laurea inedita.

Università degli Studi di Trieste, facoltà di Lettere e Filosofia.

Relatore: Prof. Mario Faraone, correlatore: Giovanni Ferracuti.

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2006.

POLVERINI, SARA, Tu rostro mañana di Javier Marías: la violenza dello

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della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di

Firenze. Relatore: María A. Roca Mussons, correlatore: Ana Sala

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POZUELO YVANCOS, JOSÉ MARÍA, Figuraciones del yo en la narrativa. Javier

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Elide Pittarello, correlatore: Enric Bou Maqueda. Anno

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197

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fiar uno, 24/9/2007, «El País», http://cultura.elpais.com

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(ultima consultazione: 20/6/2013).

ANÓNIMO, Del amor a la impunidad, «Semana», 24/9/2011,

http://www.semana.com/cultura/articulo/del-amor-impunidad

/246875-3 (ultima consultazione 6/9/2013).

ANÓNIMO, Javier Marías explora el amor y la impunidad en Los

enamoramientos, «Diario de Mallorca», 7/4/2011,

http://www.diariodemallorca.es/sociedad-cultura/2011/04/07

/javier-marias-explora-amor-impunidad-enamoramientos/

659527.html (ultima consultazione: 6/9/2013).

ANÓNIMO, Javier Marías rechaza el Nacional de Narrativa por Los

enamoramientos, «El País», 25/10/2012, http://cultura.elpais.com

/cultura/2012/04/21/actualidad/1334998646_622912.html

(ultima consultazione: 20/6/2013).

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Revista de estudios literarios» (publicación digital de la

Universidad Complutense de Madrid), n. 34, 2006,

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