INTERAZIONE TRA GLI ACQUIFERI A1 E A2 NELLA ZONA DI SETTEPOLESINI (BONDENO) TRAMITE SIMULAZIONE...

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1 INTERAZIONE TRA GLI ACQUIFERI A1 E A2 NELLA ZONA DI SETTEPOLESINI (BONDENO) TRAMITE SIMULAZIONE NUMERICA DI FLUSSO E TRASPORTO Broggio L., Colombani N., Gargini A., Mastrocicco M. Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli studi di Ferrara ________________________________________________________________________________ RIASSUNTO Il lavoro qui presentato ha come obiettivo lo studio idrogeologico del primo acquifero confinato A1 in un’area comprendente alcune porzioni delle province di Ferrara, Mantova e Bondeno. La ricerca è stata possibile grazie al reperimento di dati provenienti dalle stratigrafie dei pozzi profondi esistenti e da studi precedenti effettuati dalla Regione Emilia Romagna, dalla Provincia di Ferrara, dal Comune di Bondeno e dalla ditta esercente la cava di Settepolesini presso Bondeno (FE). Dai dati e dalle misure raccolte si è cercato di ricavare e proporre un modello idrogeologico concettuale del sottosuolo che è poi sfociato in un modello numerico del flusso idrico sotterraneo (MODFLOW 2000). Inizialmente il grado di calibrazione di tale simulazione risultava scarso per cui sono state avanzate diverse ipotesi per cercare di migliorare il modello concettuale di riferimento. Una di queste ipotesi consisteva nel supporre la presenza di uno spartiacque piezometrico subparallelo al fiume Po dovuto alla coalescenza tra gli acquiferi A1 ed A2. Per testare tale ipotesi è stato quindi definito un piano di campionamento e di analisi che ha previsto il prelievo di campioni d’acqua presenti in 6 piezometri ubicati nell’area d’indagine. Sulla base dei dati idrogeochimici ottenuti è stato realizzato un modello numerico di trasporto non reattivo in regime stazionario, tramite il software MT3D-MS, che ha permesso di confermare la risalita di acque salate verso l’acquifero A1. 1. INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO: IL SISTEMA PO - ACQUIFERO DI SETTEPOLESINI L’idrostruttura di studio prende il nome dal lago di cava di Settepolesini, situato presso la località omonima nel comune di Bondeno, nella porzione Nord-occidentale della provincia di Ferrara, 4 km a Sud del fiume Po e 20 km ad Ovest della città di Ferrara. Il lago occupa una cava in sabbia molto estesa, di circa 40 ettari di estensione e con una profondità media al centro di 20 m; la cava è attiva dal 1984 ed è divenuta il più importante polo estrattivo di sabbie insediato sul territorio della Provincia di Ferrara, con una produzione annua di 250.000 m 3 di sabbia. L’area è localizzata in una zona di bassa pianura, all’interno del bacino scolante del Canale di Burana - Po di Volano, di fatto non un bacino naturale ma un bacino irriguo alimentato per derivazione dal Po. Per gli aspetti geologici si rimanda al capitolo curato dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna nella monografia “Risorse idriche sotterranee della Provincia di Ferrara”, AA.VV. 2006. Dal punto di vista idrogeologico l’area di studio è per lo più interessata dall’acquifero confinato A1 compreso nel sistema acquifero del Po, a sua volta inserito nel sistema acquifero padano. Relativamente all’unità del Po ed ai vari acquiferi confinanti è importante ricordare che essi appartengono al grande Bacino Padano, interpretabile come fossa inclusa nella geosinclinale alpina, subsidente per il sollevamento delle catene montuose circostanti e soggetta a continui avanzamenti e arretramenti della linea di costa. Lo spessore dei depositi siltoso-argillosi di origine marina del Pliocene e del Pleistocene inferiore non è costante: esso è quasi nullo in corrispondenza del margine alpino, aumenta procedendo verso Sud e verso Est raggiungendo gli oltre 6000 m in corrispondenza del settore orientale della zona pedeappenninica (Fig 1. PROVINCIA DI MANTOVA, 1996). Nel Pleistocene medio-superiore si ebbe l’emersione generalizzata dell’area padana, con la formazione di una morfologia continentale e del reticolo idrografico. Durante i vari intervalli interglaciali e soprattutto nel corso dell’ultima fase postglaciale (post würmiana), si avviò il rapido riempimento dell’area da parte di depositi fluvioglaciali e fluviali all’esterno delle cerchie moreniche, e da parte di depositi fluviali provenienti dal settore appenninico. Occorre precisare che il passaggio tra sedimentazione marina e continentale non è avvenuto in maniera progressiva ed omogenea, ma è stato il risultato dell’alternanza degli eventi tettonici di forte e rapido sollevamento e di stasi con conseguente subsidenza differenziata, complicati dagli effetti indotti dalle glaciazioni. E’ quindi evidente che l’idrostruttura locale è il risultato, sostanzialmente, della dinamica geomorfologica recente, di natura prevalentemente alluvionale, che ha controllato totalmente l’evoluzione geologica dell’area dal Pleistocene Superiore fino ad oggi. In particolare il fattore chiave è rappresentato dall’evoluzione del sistema alluvionale padano, identificabile con la progradazione dell’apparato deltizio del Po durante l’Olocene caratterizzato da canali distributori a basso gradiente, sinuosi e con media capacità di trasporto, al di sopra della paleo-superficie morfologica rappresentata dai terreni fluvioglaciali würmiani (Pleistocene Superiore), depositi prevalentemente sabbiosi sedimentati in un ambiente di media pianura “fredda” percorsa da fiumi di tipo “braided” con notevole capacità di trasporto. L’effetto geomorfologico finale è la comparsa di un intreccio irregolare di canali (paleo-alvei), sovente

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INTERAZIONE TRA GLI ACQUIFERI A1 E A2 NELLA ZONA DI SETTEPOLESINI (BONDENO) TRAMITE SIMULAZIONE NUMERICA DI FLUSSO E TRASPORTO

Broggio L., Colombani N., Gargini A., Mastrocicco M.

Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli studi di Ferrara ________________________________________________________________________________ RIASSUNTO Il lavoro qui presentato ha come obiettivo lo studio idrogeologico del primo acquifero confinato A1 in un’area comprendente alcune porzioni delle province di Ferrara, Mantova e Bondeno. La ricerca è stata possibile grazie al reperimento di dati provenienti dalle stratigrafie dei pozzi profondi esistenti e da studi precedenti effettuati dalla Regione Emilia Romagna, dalla Provincia di Ferrara, dal Comune di Bondeno e dalla ditta esercente la cava di Settepolesini presso Bondeno (FE). Dai dati e dalle misure raccolte si è cercato di ricavare e proporre un modello idrogeologico concettuale del sottosuolo che è poi sfociato in un modello numerico del flusso idrico sotterraneo (MODFLOW 2000). Inizialmente il grado di calibrazione di tale simulazione risultava scarso per cui sono state avanzate diverse ipotesi per cercare di migliorare il modello concettuale di riferimento. Una di queste ipotesi consisteva nel supporre la presenza di uno spartiacque piezometrico subparallelo al fiume Po dovuto alla coalescenza tra gli acquiferi A1 ed A2. Per testare tale ipotesi è stato quindi definito un piano di campionamento e di analisi che ha previsto il prelievo di campioni d’acqua presenti in 6 piezometri ubicati nell’area d’indagine. Sulla base dei dati idrogeochimici ottenuti è stato realizzato un modello numerico di trasporto non reattivo in regime stazionario, tramite il software MT3D-MS, che ha permesso di confermare la risalita di acque salate verso l’acquifero A1.

1. INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO: IL SISTEMA PO −−−− ACQUIFERO DI SETTEPOLESINI L’idrostruttura di studio prende il nome dal lago di cava di Settepolesini, situato presso la località omonima nel comune di Bondeno, nella porzione Nord-occidentale della provincia di Ferrara, 4 km a Sud del fiume Po e 20 km ad Ovest della città di Ferrara. Il lago occupa una cava in sabbia molto estesa, di circa 40 ettari di estensione e con una profondità media al centro di 20 m; la cava è attiva dal 1984 ed è divenuta il più importante polo estrattivo di sabbie insediato sul territorio della Provincia di Ferrara, con una produzione annua di 250.000 m3 di sabbia. L’area è localizzata in una zona di bassa pianura, all’interno del bacino scolante del Canale di Burana −−−− Po di Volano, di fatto non un bacino naturale ma un bacino irriguo alimentato per derivazione dal Po. Per gli aspetti geologici si rimanda al capitolo curato dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna nella monografia “Risorse idriche sotterranee della Provincia di Ferrara”, AA.VV. 2006. Dal punto di vista idrogeologico l’area di studio è per lo più interessata dall’acquifero confinato A1 compreso nel sistema acquifero del Po, a sua volta inserito nel sistema acquifero padano. Relativamente all’unità del Po ed ai vari acquiferi confinanti è importante ricordare che essi appartengono al grande Bacino Padano, interpretabile come fossa inclusa nella geosinclinale alpina, subsidente per il sollevamento delle catene montuose circostanti e soggetta a continui avanzamenti e arretramenti della linea di costa. Lo spessore dei depositi siltoso-argillosi di origine marina del Pliocene e del Pleistocene inferiore non è costante: esso è quasi nullo in corrispondenza del margine alpino, aumenta procedendo verso Sud e verso Est raggiungendo gli oltre 6000 m in corrispondenza del settore orientale della zona pedeappenninica (Fig 1. PROVINCIA DI MANTOVA, 1996). Nel Pleistocene medio-superiore si ebbe l’emersione generalizzata dell’area padana, con la formazione di una morfologia continentale e del reticolo idrografico. Durante i vari intervalli interglaciali e soprattutto nel corso dell’ultima fase postglaciale (post würmiana), si avviò il rapido riempimento dell’area da parte di depositi fluvioglaciali e fluviali all’esterno delle cerchie moreniche, e da parte di depositi fluviali provenienti dal settore appenninico. Occorre precisare che il passaggio tra sedimentazione marina e continentale non è avvenuto in maniera progressiva ed omogenea, ma è stato il risultato dell’alternanza degli eventi tettonici di forte e rapido sollevamento e di stasi con conseguente subsidenza differenziata, complicati dagli effetti indotti dalle glaciazioni. E’ quindi evidente che l’idrostruttura locale è il risultato, sostanzialmente, della dinamica geomorfologica recente, di natura prevalentemente alluvionale, che ha controllato totalmente l’evoluzione geologica dell’area dal Pleistocene Superiore fino ad oggi. In particolare il fattore chiave è rappresentato dall’evoluzione del sistema alluvionale padano, identificabile con la progradazione dell’apparato deltizio del Po durante l’Olocene caratterizzato da canali distributori a basso gradiente, sinuosi e con media capacità di trasporto, al di sopra della paleo-superficie morfologica rappresentata dai terreni fluvioglaciali würmiani (Pleistocene Superiore), depositi prevalentemente sabbiosi sedimentati in un ambiente di media pianura “fredda” percorsa da fiumi di tipo “braided” con notevole capacità di trasporto. L’effetto geomorfologico finale è la comparsa di un intreccio irregolare di canali (paleo-alvei), sovente

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dossivi, e zone di intercanale depresse (catini interfluviali), al di sopra di un litosoma sabbioso Pleistocenico di estensione regionale con locali condizioni di amalgamazione fra sabbie di paleo-alveo e sabbie pleistoceniche. In particolare il sito di Settepolesini è condizionato dall’evoluzione del ramo meridionale del delta Padano (Po di Spina in epoca etrusca, Padòa o Eridano in epoca Romana) che, nell’area di Stellata-Bondeno, forma in primo luogo il corso sinuoso del Poazzo a seguito della rotta di Sermide (epoca Etrusca) e successivamente rettifica ulteriormente il suo corso tagliando il corso del precedente Poazzo e dando luogo al cosiddetto Po di Ferrara (epoca Romana). Tale ramo del Po rimase il principale di tutto il sistema Padano almeno fino alla cosiddetta “Rotta di Ficarolo” del XII secolo d.C., a seguito della quale il ramo del Po attuale divenne il ramo principale. Dopo questo evento il Po di Ferrara iniziò la sua decadenza fino a divenire, nel XIV secolo, meno importante del nuovo corso settentrionale fino ad essere escluso del tutto dalla rete attiva nel XVII secolo (Bartolomei et al., 1974; Bondesan et al., 1995; Ferri & Giovannini, 1998). Attualmente è occupato dal corso inferiore del Panaro nel suo tratto iniziale (Stellata-Bondeno). Tramite analisi del microrilievo e restituzione del DEM si evidenzia il carattere spiccatamente “dossivo” del Po di Ferrara laddove invece il Poazzo, che si origina dal Po attuale in località “Rotta delle Vezzane”, appare meno sviluppato sia in rilievo altimetrico sia in estensione del precedente oltre che dotato di una maggiore sinuosità.

Fig. 1 Tipologie deposizionali nella struttura profonda del territorio In virtù di tale evoluzione geologica del territorio l’idrostruttura locale è composta da 2 complessi acquiferi di natura sabbiosa: il “complesso dei paleo-alvei” (acquifero A0), sede di una falda prevalentemente libera o localmente semi-confinata laddove vi siano livelli fini di riempimento di canale al tetto, ed il “complesso delle sabbie würmiane” (acquifero A1), sede di una falda in pressione. Quest’ultimo è un litosoma a geometria tabulare, costituito da sabbie a grana media, di spessore attorno ai 20-25 m e che si estende dal Po con tendenza all’approfondimento verso Sud; il complesso dei paleo-alvei è più frammentato ed eterogeneo, essendo costituito da litosomi sabbiosi nastriformi e sinuosi, con sabbie da fini a medie e con uno spessore nell’intervallo 5-13 m, sub-affiorante o localizzato sotto pochi metri (massimo 2) di sedimenti limo-argillosi. Dove non sono presenti paleo-alvei limi ed argille sovrastano le sabbie würmiane con spessori anche superiori a 10 m. I due complessi sono in genere separati da circa 6-10 m di limi argillosi ed argille limose con frequenti intercalazioni torbose (Bondesan et al., 1974); talvolta, e ciò accade spesso nei pressi del Po, si ha amalgamazione fra i 2 litosomi con la formazione di un unico complesso acquifero libero di spessore fino a 40 m. In particolare, l’acquifero A1 in corrispondenza della provincia di Bondeno tende a coalescere con l’acquifero confinato di origine continentale A2, caratterizzato da acque salse. Tale fenomeno giustifica l’elevato valore di conducibilità elettrica specifica (5000-6000 µS/cm) misurato nei piezometri ubicati in questa zona. In corrispondenza del lago di cava di Settepolesini, l’acquifero confinato A1 si amalgama con l’acquifero freatico A0, provocando una diluizione delle acque e quindi un continuo cambiamento del loro chimismo. 2. MODELLO IDROGEOLOGICO CONCETTUALE DELL’AREA DI S TUDIO L’area di studio è situata al margine nord-occidentale della provincia di Ferrara (Grossi, 2003), subito a Sud dell’alveo del fiume Po, in una zona della bassa Pianura Padana situata a quote comprese fra 13 e 5 m s.l.m. La dinamica geomorfologica recente, di natura prevalentemente alluvionale, ha controllato totalmente l’evoluzione geologica dell’area dal Pleistocene superiore fino ad oggi (Antolini et al., 1999); in particolare il fattore chiave è rappresentato dalla progradazione del sistema alluvionale padano, identificabile con la progradazione dell’apparato deltizio del Po

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durante l’Olocene. L’eredità attuale di tale configurazione è rappresentata da paleoalvei, litosomi sabbiosi nastriformi racchiusi entro depositi a grana fine corrispondenti a catini interfluviali (Amorosi et al., 1999). Nell’area in esame si ritrovano 3 differenti complessi acquiferi di natura sabbiosa, ambedue in connessione idraulica con il Po: - l’acquifero freatico dei paleoalvei olocenici costituito da litosomi sabbiosi nastriformi e sinuosi, con sabbie fini e

medie, identificabili come alvei olocenici del sistema del paleo-Po; tali paleoalvei hanno uno spessore variabile pari a 5-10 m, sono localizzati pochi metri sotto il piano campagna, essendo ricoperti da sedimenti fini, e sono separati dall’acquifero in pressione sottostante da circa 10 m di limi argillosi (Bondesan et al., 1974). Talvolta, nei pressi del Po, si ha amalgamazione tra i due litosomi con la formazione di un unico complesso acquifero libero di spessore fino a 40 m (Gargini & Messina, 2003b);

- il primo acquifero in pressione delle sabbie würmiane (Pleistocene sup.), chiamato A1 (ENI-AGIP, 1998). Stratigraficamente alla base del primo, ha geometria tabulare ed è costituito da sabbie a grana media di spessore attorno ai 20-25 m; si estende dal Po con tendenza all’approfondimento verso sud;

- il secondo acquifero in pressione A2 (Pleistocene inf.) caratterizzato litologicamente da sabbie argillose e argille sabbiose con spessore variabile da 100 a 150 m (ENI-AGIP, 1998).

I limiti del primo acquifero confinato A1 della pianura ferrarese presso la zona di studio sono rappresentati: verso Sud da argille pressoché impermeabili che delimitano il sistema (Provincia di Ferrara, 1990), dal Po a Nord, mentre ad Est ed Ovest non vi è un limite idrogeologico netto. La direzione di flusso è prevalentemente Est-Ovest poiché il campo pozzi di Pontelagoscuro (zona Nord del comune di Ferrara, circa 12 km ad Est di Settepolesini) provoca una profonda depressione piezometrica che richiama acque dalle porzioni occidentali oltre che dal Po. Gli afflussi meteorici sono particolarmente efficaci presso il paleoalveo del Poazzo, da cui possono percolare fino all’A1; inoltre in questa zona si risente dell’influenza dell’evapotraspirazione e dei corpi d’acqua superficiali, quali il Cavo Napoleonico ed il Panaro, che alimentano o drenano le varie falde secondo i periodi (Risorse idriche sotterranee della Provincia di Ferrara, AA.VV. 2006). 3. MODELLO NUMERICO DI FLUSSO Basandosi sul modello concettuale sin qui descritto è stato implementato un modello numerico di flusso tramite MODFLOW-2000 (Harbaugh et al., 2000) che verrà brevemente descritto di seguito e che è stato oggetto di una recente pubblicazione a cui rimandiamo per una descrizione più accurata (Risorse idriche sotterranee della Provincia di Ferrara, 2006). Il dominio ha un’estensione di 576 Km2, di cui 380 Km2 attivi, è stato suddiviso in 180 colonne e 80 righe con celle quadrate di 200 m di lato. La discretizzazione verticale consiste in 3 layer di spessore variabile:

- il primo riproduce le argille e limi affioranti ed i paleocanali sede delle falde libere. - il secondo è costituito da argille e dal paleoalveo del Poazzo che connette la falda libera con A1. - il terzo rappresenta A1

Fig. 2: Dominio della simulazione numerica di flusso. Si notino i diversi blocchi utilizzati, nella porzione Nord-occidentale del dominio, per differenziare gli scenari di simulazione: l’area in grigio chiaro corrisponde ad una zona prevalentemente argillosa (Scenario B); la zona delimitata dalla linea nera con pallini neri, corrisponde ad una zona prevalentemente sabbioso-ghiaiosa (Scenario C); la zona evidenziata dalla linea grigio scuro con quadretti grigi corrisponde al CONSTANT HEAD BOUNDARY che simula la risalita di acque dall’acquifero A2 all’acquifero A1 (Scenario D). La linea grigio chiaro a quadretti grigi parallela al confine settentrionale del dominio rappresenta il fiume Po; con i quadratini neri sono evidenziati i pozzi in emungimento. Le proprietà fisiche dell’acquifero sono state dedotte da fonti bibliografiche e da prove in situ (Gargini & Messina, 2003a). L’assegnazione dei valori di conducibilità idraulica (da 10-8 a 10-4 m/s) è stata fatta sulla base di 29 prove di

Scenario B

Scenario C

Scenario D

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portata all’equilibrio e col metodo di Theis, 12 slug test, 12 bail test e 3 analisi granulometriche (Formula di Hazen in Fetter, 1994). Gli stress imposti al dominio di flusso sono rappresentati da potenziali imposti simulati utilizzando il modulo CONSTANT HEAD. I pozzi sono stati riprodotti con il modulo WELL conoscendone ubicazione e portata, infine le precipitazioni efficaci sono state simulate dal modulo RECHARGE con valori medi di 22 mm/anno. Per la modellazione del flusso si è scelta una condizione stazionaria riconducibile alle campagne piezometriche effettuate nel Giugno 2003 e nel Gennaio 2004 (Grossi, 2003; Provincia di Ferrara, 2006) in base alle quali è stato calibrato il modello numerico tramite i codici numerici PEST e MODFLOW2000 (Hill, 1998). Inizialmente, ai fini della simulazione sin qui descritta, il grado di calibrazione risultava davvero scarso. In particolare il maggior scarto tra piezometria calcolata ed osservata era circoscritto all’area Nord occidentale del dominio dove, le linee equipotenziali calcolate si attestavano perpendicolarmente al corso del fiume Po mentre quelle misurate nel corso di diverse campagne piezometriche generavano uno spartiacque piezometrico parallelo al corso del fiume Po (Fig. 4). Sono state quindi avanzate diverse ipotesi per cercare di spiegare tale discrepanza (Fig. 2): l’esistenza di lenti a diversa granulometria, la coalescenza tra l’acquifero A1 ed A2 e la presenza di un importante paleoalveo. Quest’ultima ipotesi è stata immediatamente rigettata in quanto dall’analisi delle stratigrafie (Pellegatti, 1990), delle foto aeree e delle ricostruzioni storiche non risulta alcuna testimonianza di strutture geomorfologiche di tali dimensioni (Bondesan et al., 1997). Per testare la veridicità delle ipotesi formulate sono stati attivati altrettanti scenari numerici di flusso (Tab. 1).

Ipotesi Proprietà Varianza Errore medio assoluto

Scenario A Nessun blocco k = 2*10-4 m/s 0.623 m2 1.098 m

Scenario B Argilla k = 1*10-8 m/s 0.558 m2 0.765 m

Scenario C Sabbie e ghiaie k = 1*10-2 m/s 0.275 m2 0.485 m Scenario D CHB Da 7 a 9 m s.l.m. 0.125 m2 0.172 m

Tab. 1: Scenari numerici di flusso e loro attendibilità

Fig. 3: Grafici di calibrazione per i 4 scenari considerati: A) nessun blocco B) argille C) sabbie e ghiaie D) coalescenza tra A1 ed A2 simulata tramite un CONSTANT HEAD BOUNDARY

lA) B)

C) D)

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Come si può vedere dalla Fig. 3 gli scenari C e D sono quelli che meglio approssimano la situazione reale. Il primo tra questi è comunque stato scartato perché, ad una attenta verifica dei dati stratigrafici in nostro possesso, non risultavano lenti di sedimenti grossolani di spessore ed estensione tali (Amministrazione provinciale di Mantova, 1989) da poter giustificare l’assegnazione di un così elevato valore di conducibilità idraulica ad una zona tanto estesa come quella individuata in Fig. 2. Il più plausibile è quindi lo scenario D che simula la coalescenza tra A1 ed A2. Tale condizione risulta valida anche da un punto di vista idrodinamico dal momento che, essendo il carico idraulico dell’acquifero A2 tipicamente più elevato di quella dell’acquifero A1 (Paviani, 2001) è possibile una risalita di acque profonde verso l’alto. A questo punto, per fugare qualsiasi dubbio sull’oggettività della nostra ipotesi, si è deciso di implementare un modello di trasporto non reattivo che simulasse tale risalita basandosi sul fatto che le acque dell’A2 hanno una conducibilità elettrica specifica decisamente maggiore rispetto a quelle dell’A1 (Bartolomei et al., 1975). 4. ACQUISIZIONE DATI PER L’IMPLEMENTAZIONE DEL MODE LLO DI TRASPORTO 4.1 Misure di campagna ed analisi di laboratorio Per verificare l’ipotesi della coalescenza tra gli acquiferi A1 e A2 è stato necessario raccogliere ulteriori dati in modo da giustificare gli alti valori di conducibilità elettrica specifica misurati nell’area di studio (5000-6000 µS/cm; Paviani 2001; ARPA Emilia-Romagna, 2002). Pertanto, in data 12 aprile 2006, è stato effettuato il prelievo di 24 campioni d’acqua da 6 piezometri realizzati tra il 2001 ed il 2003 perforando l’acquifero A1 (Fig. 4).

PIEZOMETRO

QUOTA P.C (m s.l.m)

CAMPIONI PRELEVATI

PROFONDITÀ DA BOCCAPOZZO (m)

CONDUCIBILITÀ ELETTRICA MEDIA (µS/cm)

TDS MEDIO (ppm)

P1 8.20 3 -2 -24 -26 1093 544.6 P3 7.50 3 -20 -23 -26 490.6 264.3 P4 7.60 3 -10 -12 -14 656.6 331.6 P5 7.50 5 -18.5 -23.5 -28.5 -33.5 1221.7 610.5 P6 8.00 4 -14 -19 -24 -29 2684.5 1337.2 P7 9.00 7 -9 -14 -19 -24 -29 -34 -39 1127.6 566.7

Fig. 4: Ubicazione dei piezometri oggetto del campionamento e distribuzione del carico idraulico nelle sabbie würmiane (acquifero A1) in condizione di morbida del fiume Po; la piezometria rappresentata in figura è derivata da una campagna di misura condotta durante l’estate 2001. Nella tabella che segue vengono riportati: quote topografiche dei punti di misura, profondità dei campioni d’acqua prelevati, livello piezometrico ed analisi effettuate mediante sonda multiparametrica.

▲P7 ▲P6

▲P5 ▲P4

▲P1

▲P3

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Sulla base delle loro stratigrafie è stato scelto il numero e la profondità di prelievo dei campioni d’acqua. È stato utilizzato il campionatore per liquidi CPA-PB (si tratta di un campionatore a pressione della SEGEA-BOVIAR con pompa manuale che può raggiungere i 6-7 bar) con cui si è scelto di campionare dall’alto verso il fondo del piezometro con passo di prelievo minimo pari a 3 metri. Per la conservazione dei campioni sono state utilizzate bottiglie di vetro della capacità di 100-250 mL. La procedura di analisi ha previsto innanzitutto le determinazione in situ di alcuni parametri chimico-fisici: il carico idraulico, la temperatura, i solidi totali disciolti (TDS) e la conducibilità elettrica specifica compensata automaticamente alla temperatura misurata in situ (Fig. 4). Successivamente sono state determinate alcune specie ioniche (Tab. 2) presenti in soluzione nelle acque campionate applicando la tecnica della cromatografia ionica con strumentazione Dionex ICS-1000 (Sarzanini et al., 2001). Anche se in alcuni casi, al fine di ottenere valori in scala, è stato necessario diluire il campione e ripetere l’analisi, i risultati di seguito riportati possono considerarsi attendibili in quanto il grado di calibrazione raggiunto è del 99,8 %.

Analita Limite di rilevabilità (ppb) Radice quadrata della deviazione standard (%)

Fluoride 0.8 1.2 Chlorite 3 2.8 Bromate 4 3.2 Chloride 1 1.4 Nitrite 3 2.5 Bromide 4 1.3 Chlorate 10 5 Nitrate 3 2.3 Phosphate 10 3.2 Sulfate 3 1.8

Tab. 2: Lista delle specie analizzate al Dionex ICS-1000 con relativi limiti di rilevabilità ed errore analitico dello strumento Dall’analisi dei dati idrogeochimici è possibile osservare che:

- il piezometro P1 è caratterizzato da: bassa concentrazione in bromuri e fluoruri (0,15-0,2 mg/L), alta concentrazione in cloruri (70 mg/L), nitrati e solfati (155-159 mg/L) che aumenta con la profondità.

- il piezometro P3 è caratterizzato da: bassa concentrazione in fluoruri, nitriti, nitrati e fosfati (0-0,7 mg/L) e concentrazione in cloruri e solfati molto bassa (rispettivamente 20 e 35 mg/L).

- il piezometro P4 è caratterizzato da: bassa concentrazione in fluoruri, nitriti, nitrati e bromuri (0-1,2 mg/L) e valori poco elevati di cloruri e solfati (rispettivamente 35 e 25 mg/ L).

- il piezometro P5 è caratterizzato da: bassa concentrazione in fluoruri, nitriti, nitrati e bromuri (0,2-5 mg/L), alta concentrazione in cloruri e solfati (rispettivamente 190 e 100 mg/ L).

- il piezometro P6 è caratterizzato da: bassa concentrazione in fluoruri, bromuri e fosfati (0-2,5 mg/ L), alta concentrazione in cloruri e solfati (rispettivamente 950 e 100 mg/ L) che aumenta con la profondità.

- il piezometro P7 è caratterizzato da: bassa concentrazione in fluoruri, nitriti, nitrati, bromuri e fosfati (0-10 mg/L), alta concentrazione in cloruri e solfati (rispettivamente 115 e 100 mg/ L).

Di seguito sono riportati gli andamenti di concentrazione in funzione della profondità dei Cloruri e dei Bromuri che sono le sole specie con cui è stato calibrato il modello numerico di trasporto non reattivo che verrà descritto in seguito.

-21

-11

-1

P1 P3 P4 P5 P6 P7

Fig. 5:Andamenti di concentrazione di cloruri e bromuri rispetto alla profondità nei piezometri utilizzati per la calibrazione del modello di trasporto non reattivo. Si noti che la scala delle concentrazioni in x è logaritmica.

CLORURI

-31

-26

-21

-16

-11

-6

-1

10 100 1000

Concentrazione (ppm)

Pro

fon

dità

(m

da

p.c

.)

BROMURI

-31

-26

-21

-16

-11

-6

-1

0,001 0,01 0,1 1 10

Concentrazione (ppm)

Pro

fon

dità

(m

da

p.c

.)

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4.2 Discussione dei risultati Mentre i piezometri P2 e P4 hanno bassi valori di conducibilità (compresi tra 400 e 600 µS/cm) i piezometri P5, P6, P7 e P1 presentano valori di EC compresi tra 1000 e 1300 µS/cm. Incrociando questi dati alle stratigrafie è possibile ipotizzare che:

- le acque situate in prossimità del lago di cava di Settepolesini sono poco mineralizzate, in quanto risentono della ricarica prodotta dalle precipitazioni e da paleoalvei e canali che in questa zona sono in connessione idraulica diretta con l’acquifero A1.

- nella zona del sermidese (porzione Nord-occidentale dell’area in esame) l’alto valore di conducibilità elettrica specifica misurato può essere imputato alla risalita di acque salate verso l’alto cosa che potrebbe essere spiegata dalla coalescenza degli acquiferi confinati A1 e A2

- l’alto valore di conducibilità riscontrato nel piezometro P1, situato anch’esso vicino al lago di cava di Settepolesini, non sembra riconducibile alla propagazione delle acque salse risalenti da A2 e potrebbe essere imputato a fatti locali connessi alle modalità di uso del piezometro (impiegato anche come pozzo per uso agricolo).

Quanto qui esposto è confermato dai dati di concentrazione relativi a cloruri, bromuri e solfati (le 3 specie anioniche più significative per la finalità del presente lavoro). In base ai loro andamenti è infatti possibile suddividere l’area oggetto di studio in due zone: la prima situata in corrispondenza del lago di cava di Settepolesini in cui le concentrazioni in cloruri e solfati sono basse, in quanto i piezometri risentono della ricarica prodotta dalla precipitazioni, e dai sistemi di alimentazione rappresentati dal Cavo Napoleonico e dal paleoalveo del Poazzo; l’altra in prossimità dell’abitato di Pilastri di Bondeno dove sono state riscontrate elevate concentrazioni di cloruri, bromuri e solfati. Questa ultima zona quindi è prossima alla sorgente delle acque salate che, risalendo verso l’alto, tendono a propagarsi verso Est. Alla suddetta zonazione fa eccezione il piezometro P1 che presenta un’elevata concentrazione in cloruri, solfati e soprattutto nitrati, dovuta non alla propagazione di acque salse, bensì alla percolazione di prodotti chimici fertilizzanti utilizzati nelle pratiche agricole (fenomeno di contaminazione puntuale). Tale fenomeno di contaminazione potrebbe anche essere originato da uno sversamento accidentale entro il pozzo di prodotti chimici impiegati in agricoltura. Dal momento che l’interpretazione delle prove di campagna e delle analisi in laboratorio porta ad una soluzione univoca, si ritiene che tali dati siano sufficientemente robusti per poter essere utilizzati nella calibrazione del modello di trasporto non reattivo che dovrà rappresentare la risalita di acque salate dall’acquifero confinato A2 verso l’acquifero A1. 5. SIMULAZIONE NUMERICA 5.1 Modello di trasporto non reattivo Il modello di trasporto non reattivo è stato implementato mediante l’utilizzo del software MT3D-MS, un codice per la simulazione di advezione, dispersione e semplici reazioni chimiche che usa un approccio misto euleriano-langragiano (Zheng;. 1999). Il modello di trasporto è stato innestato sul modello di flusso descritto in precedenza per cui sono valide la geometria del dominio, le proprietà e le condizioni al contorno per esso descritte. Per meglio simulare la propagazione delle acque salmastre si è però deciso di suddividere il layer 3, che rappresenta l’acquifero A1, in 9 strati. La griglia è stata raffittita al fine di poter sfruttare la maggiore risoluzione del modello di trasporto. Ne consegue che le celle più grandi presenti nel dominio hanno dimensioni 200x200x2.9 m, quelle più piccole hanno dimensioni pari a 200x200x1.5 m. È poi stato assegnato ad ogni cella del dominio un valore di concentrazione iniziale di cloruro pari a 36 mg/L e bromuro pari a 0 mg/L, come derivato dai dati idrogeochimici relativi ai 24 campioni d’acqua prelevati nei 6 piezometri ubicati nell’area d’indagine (Gargini & Messina, 2003a). L’area sorgente è invece costituita da celle a concentrazione costante pari a 1000 mg/L di cloruro e 2.5 mg/L di bromuro, ubicate nel layer 3 in corrispondenza dello spartiacque piezometrico di Pilastri disposto parallelamente al fiume Po. Altre condizioni al contorno sono: al limite Sud-occidentale del dominio alle quali è stato assegnato un valore di concentrazione pari a 150 mg/L di cloruro e 0.5 mg/L di bromuro; il fiume Po e le precipitazioni efficaci che sono state simulate con concentrazioni costante di cloruro pari a 20 mg/L e bromuro pari a 0 mg/L (Fig. 6). Infine si è utilizzato un valore di dispersività longitudinale pari a 10 m, valore ricavato tramite calibrazione; come schema di soluzione per l’advezione è stato utilizzato HMOC (Hybrid Method of Characteristics) con algoritmo di tracciamento delle particelle ibrido euleriano di 1° ordine e Runge-Kutta di 4° ordine che si è dimostrato il più versatile ed il più adatto nella risoluzione di problemi in campi di flusso non uniformi (Prommer H. 2004). 5.2 Discussione dei risultati Le acque provenienti dall’area sorgente raggiungono per l’80% il fiume Po e per il restante 20% vengono richiamate dai pozzi privati e da quelli dell’acquedotto di Bondeno e Ferrara (Fig 6).

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Esse inoltre non raggiungono il lago di cava di Settepolesini a causa dei bassi gradienti idraulici (0.3-0.5‰ con velocità di flusso dell’ordine del cm/giorno) dovuti al fatto che qui l’acquifero freatico A0 si amalgama con l’acquifero confinato A1, provocando una perturbazione della piezometria e quindi una deviazione della direzione media di flusso delle acque sotterranee (da NNW-SSE a NW-SE). In corrispondenza del fiume Po la concentrazione dei cloruri nelle acque è molto bassa a causa della diluizione con il corpo d’acqua superficiale; mentre in generale si hanno gradienti di concentrazione orizzontali elevati dovuti alla prevalenza dei processi advettivi. Le acque salmastre provenienti dalla sorgente si propagano fino alla località di Burana (P5), mentre le acque salse provenienti dalle valli modenesi, poste sul limite Sud-occidentale del dominio, arrivano sino al cimitero di Pilastri di Bondeno (P7). La zona restante dell’acquifero A1 è caratterizzata da valori omogenei di concentrazione, in particolare i valori più bassi si riscontrano in corrispondenza del paleo alveo del Poazzo, per effetto della diluizione prodotta dalla ricarica ad opera delle acque meteoriche (P3 e P4). La propagazione delle acque ricche in bromuri nell’acquifero ricalca quella dei cloruri ma con concentrazioni di due ordini di grandezza inferiori.

Fig. 6: Estensione del plume di acque salse. L’area sorgente e le valli salse modenesi sono rappresentate dalle linee a quadretti in corrispondenza del constant head boundary; le concentrazioni maggiori di cloruri e bromuri sono rappresentate in bianco, quelle via via minori con tonalità di grigio progressivamente più scure. La differenza fra le concentrazioni in entrata (aree sorgenti) ed in uscita dal dominio (confluenza al Po) è attorno all’ 0.1% per cui il bilancio di massa si può ritenere soddisfacente dal momento che è consuetudine considerare le simulazioni tramite HMOC accettabili con un errore medio non superiore al 5% (Zheng, 2002). Dal confronto tra i dati di concentrazione calcolati dal modello e quelli osservati nei singoli piezometri su vari livelli, si evince che la simulazione di trasporto ha un buon grado di accuratezza nel riprodurre i gradienti verticali; fa eccezione solamente il piezometro P5 in cui il gradiente di concentrazione simulato è molto meno elevato di quello osservato probabilmente a causa della presenza di lenti meno permeabili di estensione locale, non riproducibili con un modello numerico regionale. In definitiva, i valori di varianza per la calibrazione rispetto ai cloruri ed ai bromuri sono rispettivamente pari a 16.2 ppm2 ed a 8.4 e 9 ppm2 (Fig. 7).

Fig. 7: Rette di calibrazione del modello di flusso e trasporto non reattivo. Differenza tra concentrazioni calcolate ed osservate per i cloruri (a sinistra) e per i bromuri (a destra).

10

100

1000

10 100 1000

Concentrazioni osservate (ppm)

Co

nce

ntra

zio

ni c

alc

ola

te (

ppm

)

0,0001

0,001

0,01

0,1

1

10

0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10

Concentrazioni osservate (ppm)

Co

ncen

tra

zio

ni c

alc

ola

te (

ppm

) ▲P6

▲P5

i▲P4 ▲P1

▲P3

CLORURI BROMURI

9

6. CONCLUSIONI Dai risultati del modello di trasporto non reattivo si è visto che si hanno concentrazioni elevate in cloruri e bromuri solamente in corrispondenza delle località di Pilastri e Burana mentre, procedendo verso il lago di cava di Settepolesini, i tenori in cloro e bromo tendono a diminuire in modo rilevante tanto che il sito di Settepolesini potrebbe costituire un centro di sfruttamento idropotabile a supporto dei pozzi degli acquedotti di Ferrara e Bondeno. Il sopradescritto aumento delle concentrazioni in cloruri e bromuri nella parte NW del dominio è dovuto ad una risalita di acque salate da A2 verso A1 e quindi giustifica la presenza di uno spartiacque piezometrico subparallelo al corso del fiume Po. Si conferma pertanto l’ipotesi sulla coalescenza degli acquiferi A1 ed A2 formulata durante l’implementazione della simulazione di flusso. Tale conferma, acquisita mediante un set di dati indipendenti (concentrazioni chimiche rispetto a proprietà idrodinamiche dell’acquifero), ha permesso di migliorare la comprensione della geometria dei corpi presenti nel sistema e delle loro interazioni e quindi di aggiornare il modello concettuale dell’area di studio. L’origine primaria di tale salinizzazione è da ricercare, secondo fonti bibliografiche (IRSA, 1976) in due possibili fenomeni: - la presenza di acque connate intrappolate durante le fasi di espansione dei delta del paleo-Po (Bartolomei et al.,

1975; Provincia di Ferrara, 1990); - la risalita di acque mineralizzate lungo dislocazioni del substrato profondo in corrispondenza della porzione

occidentale dell’alto strutturale della Dorsale Mirandolese; tale mineralizzazione sarebbe imputabile alla circolazione attraverso formazioni appenniniche, ad esempio evaporiti messiniane (Pieri et al, 1981).

Si ricorda comunque che non era oggetto di questo lavoro discutere sull’origine dell’arricchimento in sali delle acque provenienti dall’A2. Infatti, per condurre un tale studio di matrice geochimica si dovrebbe implementare un modello numerico di trasporto reattivo, per formulare il quale è indispensabile un numero di dati di concentrazione assai maggiore rispetto a quello da noi qui utilizzato; è necessaria inoltre una maglia di campionamento più fitta ed una distribuzione temporale delle campagne di misura molto più frequente rispetto a quella a nostra disposizione. Campagne di misura più dettagliate sono comunque in programma per il futuro non solo per migliorare la comprensione dei processi agenti nell’area di studio ma anche per aumentare il grado di calibrazione del modello numerico di trasporto non reattivo. RINGRAZIAMENTI Si ringrazia il Prof. Torquato Nanni per aver messo a disposizione l’attrezzatura del L.A.R.A. (Laboratorio A Rete regionale per le Acque). Si ringraziano inoltre la Dr.ssa Chiara Grossi ed il Dr.Andrea Messina per aver fornito i dati di campagna impiegati nel presente lavoro. BIBLIOGRAFIA

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