Il volgarizzamento toscano della 'Chirurgia' di Ruggero Frugardo nel codice 2163 della Biblioteca...

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Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano, XVII, 2012 Ilaria Zamuner Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel codice 2163 della Biblioteca Riccardiana * 0. PREMESSA Si fornisce qui l’edizione del volgarizzamento della Chirurgia di Ruggero Fru- gardo da Parma (o da Salerno) presente nel ms. 2163 della Biblioteca Riccardiana di Firenze 1 . Il testo è inedito, a parte qualche stralcio presente in due studi di recente pubblicazione 2 . Come nell’articolo di Elena Artale e Miriam Panichella, in questa sede si pubbli- cherà unicamente l’edizione critica del testo introdotta da una breve descrizione del manoscritto 3 ; si rinvia ad altra sede per maggiori approfondimenti, ferma restando * Rivolgo un particolare ringraziamento a Elena Artale, Pär Larson e Alessandro Pancheri per i preziosi suggerimenti e a Roberto Benedetti per aver rivisto e migliorato la descrizione del codice. 1 Segue dunque l’edizione del volgarizzamento toscano contenuto nel ms. Firenze, BNC, Conventi Soppressi B. 3. 1536 a cura di Elena Artale (cfr. Elena Artale – Miriam Panichella, Un volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo, in «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», XV, 2010, pp. 227-98, l’ed. si trova alle pp. 234-98, qui citata con la sigla AP). 2 Si tratta di Ilaria Zamuner, Un nuovo testimone della Chirurgia di Ruggero Frugardo in lin- gua occitanica (Siviglia, Biblioteca Colombina, 5-5-20), in Translatar i transferir. La trans- missió dels textos i el saber (1200-1500), Primer col·loqui internacional del Grup Narpan «Cultura i literatura a la baixa edat mitjana» (UAB, UB, UdG), Barcelona 22-24 novembre 2007, a cura d’Anna Alberni, Lola Badia i Lluís Cabré, Santa Coloma de Queralt, Obrador Edèndum-Publicacions URV, 2010, pp. 191-240 (in partic. alle pp. 206, 208 e 211) e Ead., In- torno ai volgarizzamenti italiani della Chirurgia di Ruggero Frugardo da Parma (o da Saler- no), con una nota su un manoscritto di recente scoperta, in Anna Alberni, Lola Badia, Lluís Cifuentes i Alexander Fidora (eds.), El saber i les llengües vernacles a l’època de Llull i Eixi- menis. Estudis ICREA sobre vernacularització = Knowledge and Vernacular Languages in the Age of Llull and Eiximenis. ICREA Studies on Vernacularization, Barcelona, Publicacions de l’Abadia de Montserrat, 2012, pp. 123-44 (in partic. pp. 131-35). A questi studi si rinvia anche per maggiori approfondimenti su Ruggero, la sua opera e i volgarizzamenti in ambito romanzo; ai rilievi già fatti va aggiunta una nuova acquisizione: si tratta del breve frammento in volgare toscano della Chirurgia presente nelle glosse marginali della traduzione dell’Al- mansore databile intorno al primo quarto del XIV sec. (cfr. Rosa Piro, L’Almansore. Volga- rizzamento fiorentino del XIV secolo. Edizione critica, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluz- zo, 2011, in partic. pp. 999-1000). 3 Questa ricerca ha preso il via dalla tesi di laurea (vecchio ordinamento) di Patrizia Basso, svolta sotto la guida di chi scrive e intitolata Il volgarizzamento italiano della Chirurgia di Ruggero Frugardo secondo il ms. Firenze, B. Riccardiana, 2163 (Università di Chieti-Pesca- ra, anno acc. 2010-2011), nella quale è stata affrontata l’edizione interpretativa della traduzio- ne in questione. Comunque, per la presente pubblicazione, il testo è stato completamente rivi- sto sul ms. e le scelte testuali operate sono interamente dovute alla sottoscritta.

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Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano, XVII, 2012

Ilaria Zamuner Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo

nel codice 2163 della Biblioteca Riccardiana * 0. PREMESSA Si fornisce qui l’edizione del volgarizzamento della Chirurgia di Ruggero Fru-gardo da Parma (o da Salerno) presente nel ms. 2163 della Biblioteca Riccardiana di Firenze 1. Il testo è inedito, a parte qualche stralcio presente in due studi di recente pubblicazione 2. Come nell’articolo di Elena Artale e Miriam Panichella, in questa sede si pubbli-cherà unicamente l’edizione critica del testo introdotta da una breve descrizione del manoscritto 3; si rinvia ad altra sede per maggiori approfondimenti, ferma restando                                                             * Rivolgo un particolare ringraziamento a Elena Artale, Pär Larson e Alessandro Pancheri per i preziosi suggerimenti e a Roberto Benedetti per aver rivisto e migliorato la descrizione del codice. 1 Segue dunque l’edizione del volgarizzamento toscano contenuto nel ms. Firenze, BNC, Conventi Soppressi B. 3. 1536 a cura di Elena Artale (cfr. Elena Artale – Miriam Panichella, Un volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo, in «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», XV, 2010, pp. 227-98, l’ed. si trova alle pp. 234-98, qui citata con la sigla AP). 2 Si tratta di Ilaria Zamuner, Un nuovo testimone della Chirurgia di Ruggero Frugardo in lin-gua occitanica (Siviglia, Biblioteca Colombina, 5-5-20), in Translatar i transferir. La trans-missió dels textos i el saber (1200-1500), Primer col·loqui internacional del Grup Narpan «Cultura i literatura a la baixa edat mitjana» (UAB, UB, UdG), Barcelona 22-24 novembre 2007, a cura d’Anna Alberni, Lola Badia i Lluís Cabré, Santa Coloma de Queralt, Obrador Edèndum-Publicacions URV, 2010, pp. 191-240 (in partic. alle pp. 206, 208 e 211) e Ead., In-torno ai volgarizzamenti italiani della Chirurgia di Ruggero Frugardo da Parma (o da Saler-no), con una nota su un manoscritto di recente scoperta, in Anna Alberni, Lola Badia, Lluís Cifuentes i Alexander Fidora (eds.), El saber i les llengües vernacles a l’època de Llull i Eixi-menis. Estudis ICREA sobre vernacularització = Knowledge and Vernacular Languages in the Age of Llull and Eiximenis. ICREA Studies on Vernacularization, Barcelona, Publicacions de l’Abadia de Montserrat, 2012, pp. 123-44 (in partic. pp. 131-35). A questi studi si rinvia anche per maggiori approfondimenti su Ruggero, la sua opera e i volgarizzamenti in ambito romanzo; ai rilievi già fatti va aggiunta una nuova acquisizione: si tratta del breve frammento in volgare toscano della Chirurgia presente nelle glosse marginali della traduzione dell’Al-mansore databile intorno al primo quarto del XIV sec. (cfr. Rosa Piro, L’Almansore. Volga-rizzamento fiorentino del XIV secolo. Edizione critica, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluz-zo, 2011, in partic. pp. 999-1000). 3 Questa ricerca ha preso il via dalla tesi di laurea (vecchio ordinamento) di Patrizia Basso, svolta sotto la guida di chi scrive e intitolata Il volgarizzamento italiano della Chirurgia di Ruggero Frugardo secondo il ms. Firenze, B. Riccardiana, 2163 (Università di Chieti-Pesca-ra, anno acc. 2010-2011), nella quale è stata affrontata l’edizione interpretativa della traduzio-ne in questione. Comunque, per la presente pubblicazione, il testo è stato completamente rivi-sto sul ms. e le scelte testuali operate sono interamente dovute alla sottoscritta.

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la localizzazione del copista in area fiorentina e la datazione del volgarizzamento intorno al primo quarto (o, con maggior prudenza, all’interno della prima metà) del XIV sec. Il testo è stato interamente confrontato con il trattato latino nell’edizione curata da Karl Sudhoff (d’ora innanzi S) 4 e con quello toscano nell’edizione Artale-Pani-chella (AP) 5; solo per alcuni punti particolarmente critici, ovvero in presenza di lacune o di passaggi testuali assenti nella tradizione latina e toscana, sono stati uti-lizzati anche il testo critico del volgarizzamento anglonormanno pubblicato da Tony Hunt e l’edizione della traduzione francese a cura di Helen Valls 6. 1. IL CODICE 7 Il ms. Riccardiano 2163 (antica segnatura R.IV.n.14) è un cartaceo di mm 312 x 205 8 che si compone oggi di 48 carte, precedute da un foglio di guardia e seguite da due (I, 48, II’). Il codice risale alla prima metà del XIV sec. I fascicoli sono quattro: i primi tre comprendono 12 cc. (1r-12v; 13r-24v; 25r-36v), con i richiami al fasc. successivo (rispettivamente «Accipe», «Tolli Radice di-gillio» e «quella medesima») incorniciati in rosso; anche il quarto fasc. è composto di 12 cc. (37r-48v), tuttavia in origine ne doveva comprendere 14 e la caduta delle due carte esterne finali ne ha determinato la consistenza attuale. Si osserva la presenza di una filigrana, ovvero una foglia trilobata simile a Bri-quet 6219 (Firenze 1315, Bologna 1321, Pistoia 1330, Pisa 1331, Lucca 1332, Firen-

                                                            4 Karl Sudhoff, Die Chirurgie des Roger Frugardi von Salerno, in Beiträge zur Geschichte der Chirurgie im Mittelalter. Graphische und textliche Untersuchungen in mittelalterlichen Handschriften, Leipzig, Barth, 1918 (Studien zur Geschichte der Medizin, 11-12), pp. 148-236. L’edizione di Sudhoff è basata sul ms. lat. 376, depositato (presumibilmente) nella Baye-rische Staatsbibliothek di Monaco (Sudhoff segnala la città ma non la biblioteca) e siglato M; il testo è inoltre collazionato in apparato con il ms. Firenze, BNC, Conventi Soppressi («Cod. Magliabecchiano del Convento di San Marco» per Sudhoff) J. 10. 16 (Fl) e con la giuntina Ars chirurgica ecc., Venetiis, Apud Juntas, 1546 (J). Dunque, oltre al testo, si è tenuto conto anche delle varianti segnalate nelle note a piè di pagina. 5 Il testo toscano è stato confrontato con quello rivisto da Elena Artale per il corpus OVI. 6 Tony Hunt, Anglo-Norman Medicine, vol. 1 (Roger Frugard’s Chirurgia; The Practica Bre-vis of Platearius), Cambridge, D. S. Brewer, 1994, e Helen Elisabeth Valls, Studies on Roger Frugardi’s Chirurgia, PhD Thesis, University of Toronto, Centre of Medieval Studies, 1996. 7 Per la descrizione del ms. si è tenuto conto del volume Norme per i collaboratori dei mano-scritti datati d’Italia. Seconda edizione rivista ed ampliata, a cura di Teresa De Robertis, Ni-coletta Giovè Marchioli, Rosanna Miriello, Marco Palma, Stefano Zamponi, Padova, Cleup, 2007. 8 Si forniscono le misure anche dello specchio di scrittura: 6 / 15 [226] 65 × 20 / 6 [114] 65, rr. 33 / ll. 32 (c. 21r).

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ze 1340), 6220 (Torcello 1318, Siena 1318-20, Bologna 1319-20, Venezia 1320) e 6221 (Bologna 1330-32, Lucca 1331-33) 9. La rigatura è a colore con fori di guida conservati, le iniziali a pennello e i segni di paragrafo in rosso; le maiuscole nel testo sono ritoccate in rosso. Compaiono sul recto di ciascun foglio una cartulazione moderna a stampa nell’angolo superiore a destra e un titolo corrente (il numero di ciascun libro della Chirurgia in cifre ro-mane) sul margine superiore al centro. La legatura in pergamena rigida risale al XIX sec. Il codice trasmette unicamente il volgarizzamento della Chirurgia (cc. 1v-48v), seguito senza soluzione di continuità da una ricetta (c. 48v); i due testi sono vergati da un solo copista (mano 1). Due elementi spingono a credere che il codice dovesse essere originariamente miscellaneo: il volgarizzamento comincia, eccezionalmente, sul verso della prima carta 10 e la ricetta finale appare interrotta; si può dunque sup-porre la presenza all’inizio di un altro testo (o di altri testi) e alla fine il seguito al-meno di un ricettario più consistente 11. 2. CRITERI D’EDIZIONE Data l’unicità del testimone, l’edizione s’ispira a criteri conservativi, affidando alle note il compito di riportare le lezioni originarie in caso di interventi sul testo. Si mantiene dunque la grafia del codice, ma si separano i gruppi grafici; si normalizza l’utilizzo delle maiuscole e delle minuscole; si distingue tra u e v; la j è trascritta i, tranne che per i numerali (preceduti e seguiti dal puntino come nel codice); s’inseri-sce l’interpunzione secondo criteri moderni. E, inoltre,

                                                            9 Charles-Moïse Briquet, Les Filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600, 4 voll., Amsterdam, The Paper Publication Society, 1968. Una filigrana simile è presente anche nel ms. Acquisti e Doni 800 della Biblioteca Me-dicea Laurenziana di Firenze, datato 1335 e contenente un volgarizzamento toscano del Ré-gime du corps di Aldobrandino da Siena, oltre a ricette e rimedi varî: cfr. Elisa Treccani, Sani-tà del Corpo. Un volgarizzamento del Régime du corps di Aldobrandino da Siena in un testi-mone laurenziano: saggio di edizione, in Recipe... Pratiche mediche, cosmetiche e culinarie attraverso i testi (secoli XIV-XVI), a cura di Elisa Treccani e Michelangelo Zaccarello, Vero-na, Cierre Grafica, 2012, pp. 155-212. 10 Una mano, di poco posteriore rispetto alla prima e presente anche all’interno del testo, ver-ga una sorta di glossario botanico: [...] tasso barbasso sì è biadone | consolida minore sì è mo-rella | pane porcino sì è maloterre | ecc., e un’altra mano, più moderna, verga una porzione di testo di difficile lettura. 11 L’ipotesi di un ricettario conclusivo si basa sul fatto che sia il volgarizzamento italo-roman-zo della Chirurgia, contenuto nel ms. di New Haven, Yale University, Cushing-Whitney Me-dical Historical Library, 52, sia il volgarizzamento occitanico in prosa, contenuto nei codici Basel, Universitätsbibliothek, D.II.11, e Siviglia, Biblioteca Colombina, 5-5-20, sono seguiti da ricettari nella tradizione manoscritta. Anche il volgarizzamento toscano presente nel ms. Conventi Soppressi B. 3. 1536 della BNCF è seguito da un’ampia raccolta di ricette (cc. 92v-100r) della medesima mano che ha vergato la Chirurgia (cfr. AP 232).

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• si indica fra barrette verticali la cartulazione del ms. (es. |1v|) e con la barretta semplice | gli a capo;

• gli accenti gravi e acuti sono inseriti secondo l’uso moderno. La negazione nè ‘né’ è tra-scritta con accento grave stando alla probabile pronuncia toscana nel Trecento 12; non si è inserito l’accento nel caso di univerbazione (ad es. arricchilo a c. 1v);

• lo scioglimento delle abbreviazioni paleografiche avviene tra parentesi tonde. La ‘nota ti-roniana’ simile a 7 è sciolta secondo l’uso del copista principale, ovvero (et) se seguita da vocale, (e) se da consonante; il segno simile a 1/1 per l’unità di misura è sciolto (oncia) se sing., (oncie) se pl. (si ha oncia per esteso nelle cc. 8r, 11r, ecc., e oncie nelle cc. 13v, 14r, ecc.); il segno l’ per l’unità di misura è reso con (libra) (per esteso a c. 42v); il segno .∫. per la misura è sciolto con (semis) (per esteso nella c. 11r); il digramma di misura, costi-tuito da q tagliata seguita da .∫., è reso (quanto basti) (per esteso a c. 42v); il segno 3 al-lungato sotto il rigo è sciolto con (così) (cfr. c. 48v);

• la particella enclitica l per lo o il è resa sempre -l; • l’assimilazione consonantica è indicata con il punto in alto; • sono tra parentesi quadre [ ] le ricostruzioni di quanto perduto per guasti materiali (lacera-

zioni delle carte o macchie di umidità) e le integrazioni editoriali; le lacune non ricostrui-bili sono segnalate con tre puntini sospensivi sempre tra parentesi quadre; le lineette obli-que / / segnalano le espunzioni di parole, sintagmi o intere frasi (nel caso invece dell’eli-minazione di una sola lettera o sillaba, non indicata a testo, si rinvia alle note per ciò che si legge nel ms.); gli asterischi *** individuano gli spazi lasciati bianchi nel testo di qual-siasi ampiezza;

• parole, frasi e rubriche aggiunte in interlinea o nei margini vengono integrate nel testo se opera del copista principale, relegate in nota se interventi di mani seriori, all’infuori dei casi in cui è evidente che le glosse posteriori vanno ad emendare il testo.

3. TESTO |1v| Qui chomincia lo prologo dela cirugia del | Maestro Ruggieri Sigardi. | Doppo l’ordinatione del mondo e dela sua belleçça, | Idio volle formare l’uomo dela substançia terrena |5| et in lui volle spirare spiracolo di vita, di cele|stiale sub-stantia, sì come a lui in essere graveçça di | peso, di vile e di debole materia. Dela celestiale dunque, | sì come d’alta e gloriosa substançia, congnoscha | sé simile al suo fattore, uguale in gratia ale |10| celestiali cose; ed acciò ke apparecchiasse dell’u-no | ale cose terrene, dell’altro fosse sottomesso ragio|nevolemente a’ cotidiani colti-vamenti. Dunque | Idio formò costui, arricchilo di sapiença sança | difetto, et abbelli-lo gloriosissimamente d’una |15| prerogativa d’arbitrio, ed a llui predicò diligen|te-mente quello ch’elli avesse a ffare o no(n) fare. | Dunque elli, corro(m)pitore del co-ma(n)damento di Dio | p(er) la varietade dele parti, sì gli diede diversi tor|menti, e dirittam(en)te il mandò dala scientia |20| ala ingnorantia, del regno alo sbandeggia-

                                                            12 Cfr. Piero Fiorelli, Tre casi di chiusura di vocali per proclisia, «Lingua Nostra», XIV, 1953, pp. 33-36.

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m(en)to, | dela luce ale tenebre, dela somma allegreçça | a tristitia; acciò che attretta-to di rei accidenti | giustissimamente fosse sottomesso. Ma il so(m)mo | medico cele-stiale ritenne a ssé la parte secura, |25| et a noi lasciò la cura dela terrena miseria. | Ma di questa chura teoricamente nele dottrine | la pratica è ministra, la quale, sì cho-me nel | [co]rpo 13 umano si levano isvariati accidenti | [den]tro e di fuori, così cer-tamente a ciascuna |30| [cosa] elli è usato di dare li suoi beneficii. | [Quella v]era-mente, la quale co(n)tasta principalm(en)te | [li accid]enti consurgenti nel corpo hu-mano, |2r| a sé optenne il nome dela praticha, la quale, ale 14 | corructioni di fuori ve-ngnenti e nel corpo conti|nuanti, dissolvendoli, si contasta. | E da ssé i(n)puose | del nome e del beneficio la dignitade, la quale, no(n) |5| dengnamente schacciata per la intercessione | de’ venerabili compangni nostri, savi e gentili huo(min)i, | sì chome operare usiamo, neli scritti rileggere | co(n) deliberata ragione sì ordin(i)amo 15; ac-ciò che la sci|ença, la quale cominciarono da noi, possano rite|10|nere, et anche noi sempiterna laude e gloria | meritiamo d’acquistare. E questa opera prove|duto abbia-mo consigliatamente di distinguerla | in quattro particole, acciò che per la varietade | dele parti del corpo umano, assengnanti più co(m)|15|petentemente le varietadi dele chure, a questa | opera fine laudabile imponere possiamo. | Notanti che, ssì come il diligente operatore pro|vede quello che puote adivenire in quattro parti | del corpo ciaschune i(n)fermitadi, in quella parti|20|cola di questa opera le cure e li sengni ri-chie[...] | le quali da quella parte ricevette il [...] | Dunque inprima preseguitia[mo le cure del] | chapo sì chome più dengno, s[...] | di questa particola, sì co[me] [...] |25| mandare doviamo, p(er) [...] 16. | Qui è compiuto il [...] | seguitano li c[apitoli] [...] | Cha[...] |2v| Capitoli dela prima particola 17 | .i. In 18 che modi il capo è fedito e di tutte | lesioni de’ panni del celebro 19. | .ij. Dela manifesta rottura del craneo chon a(m)pia | fedita, co(n) ispada o chon altro simile ferro; |5| e dela cura di quello. | .iij. Dela carne superflua, se cresce sula dura matre. |

                                                            13 Alcune porzioni di testo sono illeggibili a causa dello strappo degli angoli delle cc. 1 e 2. 14 Ms. nasturçio sì è | agretti vergato da mano diversa sul margine destro e ripetuto a c. 1r10 con var. agretto. 15 Ms. ordināmo. 16 Lat.: «notantes ut, sicut diligens operator quoslibet morbos in quatuor partibus corporis ac-cidisse preuiderit, in ea particula huius operis curas et signa requirat, que ab ea parte recepit notabulum. Curas ergo capitis uelud dignioris primo prosequamur, singula capitula huius par-ticule, prout exequi debemus, per ordinem prescriuendo. Explicit» (S 156) e AP 235: «Le cure addunque del capo proseguiremo come più degne, scrivendo per ordine tucti i capitoli di que-sta particella come seguitare dobbiamo». 17 Ms. Prima particola è vergato a c. 3r. 18 Ms. precede Vil depennato. 19 Titolo vergato da una mano diversa.

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.iiij. Dela sup(er)fluità dela carne nata sula giuntura | del craneo e come si dee curare i(n)fino ala fine. | .v. Del’apostolicon cirurgicho e come si fa. .vj. Dela manifesta rottura del craneo co(n) stretta fedita. | |10| .vij. Dela rottura del craneo in modo d’una fessura. | .viij. Dela rottura di quello quando è in altra | parte dispremuta solamente. | .viiij. Dela fedita del capo, overo dela 20 rottura del craneo. | .x. Dela imbroca ivi da ponere e dela varietà del pepe. |15| .xj. Delo unguento foscho ivi da ponere e come si fa. | .xij. Delo infiamento del capo, overo dela fedita dela | chotenna co(n) manifesta le-sione del craneo e | [dela] chura di quello. | [.xiij.] [...] quello, se-l craneo è ledito occul|20|[...] quali sengni si congnosce 21. | [.xiiij.] [...] se-l craneo non è rotto e | [...]amo certificati 22. | [.xv.] [...]ndo la cotenna è taglata | [...]ntità od inn altro [...] 23. |25| [.xvj.] [...]e si fa 24. | [.xvij.] [...]ha parte del craneo 25. | [.xviij.] [...]ita dal chapo | [...] simile 26. | [.xviiij.] [...]macia |30| [...] 27. |3r| .xx. Dele chusciture chome si debbono fare nel | naso o in altro nobile membro. | .xxj. Dela fedita del dardo presso all’occhio, overo | presso ale nari, se è in profondo o in stretto |5| passo e tortuoso, o se-l ferro overo lengno | sia avuto o no, e dela cura di quello. | .xxij. Dela fedita dela saetta barbulata e dela cura di quella. | .xxiij. Dela 28 cura del capo sança fedita. | .xxiiij. Dela cura dela tingna e del divellere de’ capegli. |10| .xxv. Dela cura di quella sança divellere li capelli. | .xxvj. Dele pustule che naschono nel chapo. | .xxvij. Dell’altre superfluitadi che si levano quivi. | .xxviij. De’ chauterii i quali si fanno ala ma[ni]a 29 e | a frenesis et epilensia, e d’al-cuni tagliame(n)ti.

                                                            20 Ms. overo dela depennato e sança sovrascritto in interlinea (di mano diversa). Cfr. AP 235: «Della <frattura del> ferita del capo sensa rottura del craneo». 21 Cfr. AP 235: «Della cura di quello se-l craneo è occultamente offeso, et per che segni si co-gnoscie». 22 Cfr. la rubrica a c. 7v e AP 235: «Della cura di quello se-l craneo è rotto, et per che segni si cognoscie». 23 Cfr. la rubrica a c. 7v. 24 Ms. e si fa di mano diversa. Cfr. la rubrica a c. 8r. 25 Cfr. la rubrica a c. 8v e AP 235: «Della codenna tagliata con pocha parte di craneo». 26 Cfr. la rubrica a c. 8v e AP 235: «Della codenna quando sarà separata sensa il craneo». 27 Cfr. la rubrica a c. 8v e AP 235: «Della incontumacia del capo dinansi et di drieto». 28 Ms. lettera (una e?) depennata tra De e la.

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|15| .xxviiij. Dele ’nfermitadi delgli occhi e dela cura di quelli. | .xxx. De’ peli i quali sança la natura nascono nele | palpebre e d’alcune altre super-fruitadi. | .xxxj. Dele lagrime delgli occhi da ristringnere. | .xxxij. Del piççicore delli occhi da rimuovere. | |20|.xxxiij. Del panno delgli occhi da rodere. | .xxxiiij. Dela polvere verde. | .xxxv. Del rossore delgli occhi. | .xxxvj. Del sangue delgli occhi, quando si lieva |25| per percossa ed enfiamento o sia dentro o di fuori. | .xxxvij. Dela inversatione dela palpebra di sotto e d’altre | superfluitadi che nascono in quelle. | .xxxviij. Dela fistula nata tra l’occhio e-l naso. | .xxxix. Dele chure del naso dale superfluitadi. | |30| .xl. Dela superfluità dela carne che pare polippo. | .xlj. Del 30 polippo e de’ sengni carniculi del polippo, e | dela cura di quello con ferro caldo. | .xlij. Dele cure di quello sança ferro. |3v| .xliij. Dela cura del polippo ch’esce del palato. | .xliiij. Del cauterio contra lo polippo. | .xlv. Del cancro nato nele labbra o nela gola o | in altra parte dela faccia, e dela cura di quello. | |5| .xlvj. Dele gingie se non v’è il cancro. | .xlvij. Dela fessura de’ labbri e dela sua cura. | .xlviij. Dela puntura de’ labbri. | .xlviiij. Dela disgiuntura dela ma(n)dibula e dela sua cura. | .L. Dela rompitura di quella stessa co(n) piagha. | |10| .Lj. Dela ro(m)pitura di quello stesso sança piagha. | .Lij. Del dolore de’ denti da mitigare o rimuoverlo. | .Liij. Dele pustule che nascono nela faccia e dela cura di quelle. | .Liiij. Del dolore degli urecchi per qualunque chagione vengha 31. | .Lv. Dela cura di quello se no(n) v’à postema o vermine. |15| .Lvj. Deli sengni dela postema quando è in quello | luogo o dee venire in quello luogo, e dela sua cura. | .Lvij. Del vermine, ch’è nel’urecchie, da ucciderlo | o da trarnelo. | .Lviij. De ongni altra chosa la quale fosse caduta |20| nel’urecchie da trarrella fuori. |

                                                                                                                                            29 Ms. māma. Cfr. lat.: «De cauteriis que fiunt ad maniam, frenesim et epilentiam etc.» (S 157). 30 Ms. l in interlinea. 31 Ms. ¶ gione venga vergato sul rigo superiore (r. 14).

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In che modi il capo è fedito, e di tutte lesioni | de’ panni del celebro 32. | .i. 33 Adiviene molti e diversi modi il capo essere | fedito, imp(er)ciò che talora è fedi-to co(n) rottura |25| del craneo, talora sança rottura di quello. Ma | la rottura co(n) fe-dita, alcuna volta è grande | e manifesta, alcuna volta piccola. Ma, o gra(n)de | o pic-chola che ssia, altra con grande e largha | fedita, altra con istretta e picchola. Ma qua|30|lunque 34 rottura sia, co(n) lesione de’ pannicoli | del celebro, sempre è da du-bitarne, |4r| p(er)ciò che talora la dura madre, talora la pia | madre è ledita. /Segni mortali de’ pannicoli | del celebro/ 35. Ma quando la dura madre è ledita 36, | per que-sti sengni si congnosce: lo malato àe |5| dolore nel chapo, rossore nela faccia, incen-sione | d’occhii, straniamento overo travagliamento, | nereçça di lingua. Ma la lesio-ne dela pia madre | p(er) questi sengni si cognosce, cioè: ma(n)chamento | di virtude, manchamento di boce, e anche sol|10|gliono sopravenire pustule nella faccia 37, | san-gue e sanie dagli urecchi e dale nari discorrere, | e ancora co(n)stipatione di ventre e anche, che | peggio è, rigore di febbre tre o quattro volte | il die suole al malato dive-nire; e questo è certo |15| segno di morte. E tutti i sengni, overo li più de’ | sopradetti, al più infino a cento dì sia aspectata | la morte. Adunque, p(er)ciò che dela fractura delo | craneo sequita la morte, chome ala fractura del | craneo noi sovenire possiamo, seguitiallo p(er) ordine. |20| Dela roctura dela carne manifesta co(n) grande | fedita d’ispada o di simile ferro, e 38 dela sua chura. | .ij. Quando la roctura del craneo grande e manifesta | co(n) ampia e grande e larga fedita fosse, che sia fatta | co(n) ispada od altra cosa simile, sì certame(n)te che l’os-so |25| od alcuna altra cosa ne debbia essere tratta, se | molto sangue non discorre, overo altra chosa im|pedisca l’osso, overo altra cosa la quale si debbia | rimuovere, al postutto ne sia tratto. In quell’ora | sottilissimo panno di lino intra-l craneo e la du-ra |30| madre, overo p(er) contraria parte con penna savia|mente sia messo. Ma nela rottura dela boccha del | craneo sia messo pan(n)o di lino overo di seta, il quale è melliore, |4v| sì che le stremitadi del panno da tutte le parti sia|no sotto lo craneo; mettile saviamente acciò | che la putredine che discorre dala parte di fuori | non di-

                                                            32 Titolo vergato da una mano diversa. Cfr. indice. 33 La numerazione dei capitoli si trova sul margine sinistro all’altezza del primo rigo del capi-tolo (e non della rubrica); per comodità e chiarezza verrà indicata sempre alla fine della ru-brica. 34 Ms. .No. vergato sul margine destro (di mano diversa?). 35 Assente nel testo lat.: si tratta forse di una nota marginale integrata nel testo. 36 Ms., vergato sul margine destro: ¶ Sengni pericolosi deli pa(n)nicoli del celebro (mano 1). 37 Ms. nel capo la faccia. 38 Ms. titulus sulla e.

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scorra ala dura madre e facesse maggiore |5| danno al celebro 39. Ma dela spungna marina dili|genteme(n)te lavata e deseccata, quello medesimo | si suole fare, p(er)ciò che questa si receve, sì chome | bibula, la putredine ch’esce dale parti di fuori. | Ma la fedita di fuori tutta da ciascuna parte, con |10| peççe line bangnate in albume d’uo-vo e un poco | premute, molto diligentemente sia ripiena. E | ponvi suso li piumac-ciuoli; e per la varietà dela parte | il capo saviamente sia legato; due volte il verno | e tre la state sia mutato. E-l malato giaccia sopra |15| il luogho che li duole. E con que-sta cura si vuole | insistere infino a pieno ristoramento del craneo. | Dela dura madre se superflua carne sopra quella crescesse. | .iij. Ma se alcuna carne superflua fosse cresciuta sopra |20| la dura madre prima che fosse ristorato lo craneo, | tolli la spugna marina bene lavata e secchata e pon|vela su tanto che la carne superflua sia rosa. .iiij. 40 Ma | se doppo il ristoramento del craneo, carne sup(er)flua | nascesse sopra quello ristoramento, usiamo di ponere |25| polvere d’ermodattili. Ma la fedita di fuori, co(n) pan(n)o | solo e carpia i(n)fino ala fine p(er)fectamente curiamo. | Del’appostolicon cirurgicho. | .v. Doppo il saldamento dela fedita sopraponiamo | apostolico cirurgico, lo quale si fa così: R(ecipe) |30| pece navale (libra) .j.; pece grecha (libra) (semis); galbani, se-rapini, | armoniaci, oppoponaci, an(a) (oncia) (semis); cere (once) tre i(n) estate, | di verno once due; aceti (libra) (semis). Fassi così: l’aceto in |5r| istangnato sia messo cole gomme, le quali | no(n) si debbono pestare, cioè galbano, armoniacho, se|rapino, oponaco, pece navale, e mettile sopra lo | fuocho e falle liquide; e quando sera(n)no fatte liquide, |5| metti uno pocho di quello in acqua fredda. E qua(n)do | elli si terrà ed averà mutato colore, pece grecha | sopra la predetta quantità pulveri-çata co(n) mastice | et olibano an(a) on(cia) (semis) pulveriçati, cole predette cose | nelo stangnato sia messo e cola spatula, sempre me|10|nando bene insieme, tutte le cose sieno i(n)corporate. | Ma quando di sotto biancho colore serà venuto i(n) citri-no, | ài sengno ch’elli è pienamente cotto. Dunque | rimuovilo dal fuocho (et) on(cia) (semis) di treme(n)tina v’agiungni | ed incorporala bene cole predette cose. Ma tutte |15| queste cose p(er) uno sacchetto sopra acqua fredda | cola. E poi, le mani unte d’olio laurino et alcuno | licore, malassa presso al fuocho, e quello tratto del’|acqua, acciò ch’ella n’esca fuori e tu ne possa fare | magdaleoni. Vale anche l’apostolico cirurcico |20| ala splene. E, doppo l’osso saldato, vale a raguallia|mento dell’osso e dela fedita. Vale anchora a dolore ed ala frattura | del petto, che ssia fatto per pestamento o per cha|duta o per percossa. |

                                                            39 Cfr. AP 237: «Et indela bocca della rottura del craneo si metta panno di lino o di seta, sì che la extremità del panno da ogni parte sia sotto il craneo, acciò che la putredine che verrà dalle parte di fuori non vada alla dura madre, et faccisi offesa al membro». 40 Ms. il § .iiij. segue il precedente senza soluzione di continuità.

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Dela manifesta frattura del craneo co(n) istretta fedita. |25| .vj. Se la fractura del craneo è grande ma la fedita | nela somità sia stretta, sì cioè che dela frattura | del craneo pienamente non possi essere certificato, | metti il dito nela fedita e cerchala bene col dito, | p(er)ciò che in neuno modo la fractura del craneo si |30| congnosce meglio che p(er) lo toccamento del dito. | Dunque, poscia che la quantità dela fractura dela mag|giore parte avrai conosciuta, la fedita stretta |5v| i(n) modo di croce co(n) rasoio il tagla, e co(n) rugine | quella cotenna dipartisci dal cra-neo; e se molto | sangue od altra cosa no(n) impedischa l’osso, overo | altra cosa che è da trarnela, con le mollette 41 |5| al postutto ne la trai. Ma se molto sangue so-pra|vengha, overo altra cosa inpedisca, infin’a tta(n)to | che quella cosa si cesserà, avengnadio che p(er) tuo be|neficio indugi. Le cose da remuovere i(n)contane(n)te, | se puoi, co(n)venevolm(en)te le rimuovi, e metti dili|10|gentemente il panno co(n) penna tra la dura matre | e-l craneo; et ongni cosa, la quale nela cura di | sopradetta intra-l craneo faccendo amaestra(m)mo, | si seguita. Ma fuori del craneo, le scarna-ture | inprima infra sé coartate e co(n)strette, inp(ri)ma |15| apparecchiato panno lino infuso i(n) albume d’uovo, | sia bene ripiena tutta la fedita e piumacciuolo | di panno sia posto di sopra, e p(er) la varietà dela parte | il capo sia legato; e così dala mattina ala sera o da|la sera ala mattina sia lasciato stare. Ma quando |20| tornerai a quella medesima fedita e ’ quartieri em|fiati overo tumetti e cresciuti vedrai, è buono se-gno; | ma se li vedrai menovati e mortificati, è mal segno. | Ma co(n) questa cura so-prastae di fuori infin’a tanto ke-l | craneo sia pienamente reparato; e-l panno sia di|25|minuito, e tu constringni i predetti quartieri di | farli tornare al proprio luogo; ed infino ala fine | non dubitare di curarlo co(n) carpia o co(n) altro panno. | Ma nele fe-dite dove non è frattura delo craneo, sola|mente inmettiamo da due o tre dì panno no(n) |30| bangnato. Unguento overo altra cosa untuosa | al postutto refuggiamo di mettervi. Ma l’apostolicon | cirurgicho sopra-l cuoio, alcuna cosa infine usiamo di ponere. |6r| Dela fractura del craneo a modo di rimula cioè fessura. | .vij. Adiviene alcuna volta che-l craneo si fende a | modo d’una rimula cioè fessura, sì che nè più alto | nè più basso che dall’altra parte sia veduto, e che |5| cotale rottura no(n) si co(n)gnosca s’ella passa infino dentro | o no. Dunque, acciò che tu ne sia bene certo, tengasi | lo ’nfermo la bocca e le nari chiuse et soffi galliardam(en)te; | e se sopra quella rimula alcuna cosa venisse, sappie | che-l craneo è rotto infino al ce-lebro, al quale così |10| debbiamo sovenire: se la fedita è stretta, rallarghisi, | e se-l sangue od altra cosa no(n) impedischa, incontanente | allato ala rimola, col trepano co(n) grande cautela, da | ciascuna parte dela rimula, fora, e que’ fori che tti par|ranno convenevoli si fa. Poscia taglia colo spatumino |15| quello craneo dall’uno

                                                            41 Ms. le mollette aggiunto dalla mano 1.

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foro all’altro, sì che cotale tal|gliatura vengha infino ala stremitade dela rimola, | ac-ciò che la putredine, la quale era aviata al celebro, | co(n) ba(m)bagia o co(n) sotti-lissimo pa(n)no lino dalla co(n)traria | parte intra-l celebro e-l craneo la penna, i(n)messa dili|20|gentem(en)te, ne la possi trare. Ma nela cura di q(ue)sta fedita, | sempre quelle cose seguitiamo che nele sopradette | cose abbiamo monstrato. Dela rottura di quello qua(n)do 42 è i(n) altra parte dispremuta. | .viij. Ma se-l craneo è sì rotto che sia nell’altra parte tanto | abbattuto che quello, fru-sto leggiermente, no(n) si possa |25| segare da quella parte dala quale si tiene, e tu cho|mincia a forare 43, e fa’ quelli fori che ti pare da fare; | poscia colo spatumino e coll’altre cose, come già è | detto, il cura. Dela fedita del chapo sa(n)ça fractura 44 del craneo. | .viiij. Se la fedita fosse nel capo sança frattura del craneo, |30| incontanente sia ripiena tutta diligentem(en)te | di panno lino bagnato i(n) albume d’uovo ed alqua(n)to | expremuto. E se fosse te(m)po di verno, pongasi suso cotale embrocha |6v| infino a tanto che la fedita faccia puçça. | Embrocha di verno chome si fa 45. .x. 46 R(ecip)e brance ursine, malva d’orto e dell’atra malva, | paritarie, volubile maggiore; tutte queste erbe | bene pestate di ciascuna manipolo .j., e di queste |5| tolli solamente le foglie cu(m) (libra) (semis) di sugna, ed in|corporale bene insieme. Pongansi tutte queste | cose co(n) on(cie) .iij. farine tritici et on(cie) .ij. farine, se-mis 47 | lini et on(cie) .ij. di fieno grecho. Tutte queste chose sieno | bene incorporate in uno vasetto fittile co(n) vino bianco, |10| e poi il poni sopra lento fuoco menandolo co(n) ispatula; e | tanto il lascia stare ch’elli diventi spesso; e quando serà | spessato, riserbalo all’uso. Embroca di state come si fa. | Se fosse tempo di state, facciasi cotale embrocha: | acc(ipe) malva 48, solamente le foglie, manipolo uno, e pesta |15| e cu(m) tre on(cie) di sungna vecchia no(n) sa-lata, et solatri, | meimithe 49; e se no(n) puoi avere meimithe, poni p(er) quella | um-

                                                            42 La rubrica continua nel margine. 43 Cfr. AP 239: «Ma se il craneo sarà sì strecto o sia in altra parte tanto represso che tu non ne possi dispartire un pezzuolo così di facile, incomincia a forare da quella parte che più si tiene, et faraivi quelli fori che a te parranno competenti». 44 La rubrica continua nel margine. 45 La rubrica è vergata sul margine sinistro. 46 Il n. del cap. e la rubrica sono vergati sul margine sinistro (mano 1?). 47 Ms. titulus sulla i. 48 Ms. titulus sull’ultima a. 49 Resa del lat. memit (cfr. S 162: «memithe»); «menich» in AP 239.

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bilicum veneris o cassillagine et erba di viuole. | Queste tre pesta e tra’ne il sugho, e poi poni questo | sugo cole predette cose et tanto vino quanto de |20| suco, tritici e on(cie) .iij. di mele, e molto menandolo | cola spatula al fuocho tanto che divengna spesso; | e riserbalo all’uso. Ma queste embroche, per le | diversitadi del tempo, po-niamo i(n)fino a ttanto che | la fedita fa puçça, quelle dilatate in panno; ma poi |25| che avrà fatto sanie, sì mettiamo panno seccho nela | fedita infin’a ttanto che la puçça si diseccha. Ma qua(n)do | è deseccata, sopraponiamo carpia e, seco(n)do che la carne | cresce, così sottraiamo il panno overo la carpia. | Del’unguento foscho come si fa. |30| .xj. Accipe olei comunis et sepi arietini an(a) (libra) .j., pece | navale (libra) (semis), pece grecha on(cie) .iij., cera on(cie) .iij. di state, | di verno on(cie) .ij.; masticis, oli-bani, galbani, armoniaci, |7r| oppoponaci, terbentina an(a) on(cia) (semis). Conficilo i(n) questo | modo: l’olio e-l sevo e cera, co(n) pece navale e cole go(m)me, | che no(n) sono da pestare come è il garbano armoniaco, | mettilo in istagnato; ponlo al fuocho; dela mastice, |5| olibano e pece greca si fa polvere, e le sopradette | cose, li-quefatte al fuoco, menando sempre co(n) ispatula, | vi s’agiunga le sopradette cose, cioè la polvere. | Sengno quando è cotto quando la gocciola, posta in | sul marmo, s’apoggi al dito e non si dissolva; e |10| quando questo fosse, levalo da fuocho e mettivi la | trementina, e cola p(er) panno e ris(er)balo all’uso. | Vale ad ongni pia-gha nuova, buona carne fa, | e sanie genera e trae fuore. In tutte l’altre si faccia | la chura sì come di sopra abbiamo detto. |15| Delo tumore del capo, overo enfiamento. | .xij. Se la percossa ancora si fa enfiame(n)to nel capo sança | alcuna fedita, alcuna volta co(n) rottura del craneo, | alcuna volta sança rottura di quello stesso. Ma la fractura | del craneo alcuna volta per quello tocc[ame]nto 50 è ma|20|nifesta, alcuna volta occulta. Quando la fractura | del craneo è manifesta, lo luogo in modo di croce | co(n) rasoio si tagli; poi tutte le cose seguita p(er) ordine, | come detto abbia-mo di sopra nela seco(n)da cura del capo. | Dela occulta frattura del craneo. |25| .xiij. Ma se la fractura delo craneo è occulta, sì ch’ella sia | in modo di rimola, p(er) i se[n]gni 51 congnoscerai, i quali | intorno alo ’nfermo a te 52 pareano buone e ydone-e | al quinto infino al settimo die 53: che se non à buono | appetito, male ismaltisce,

                                                            50 Ms. lettere illeggibili per una macchia d’umidità. 51 Ms. insegni; errato scioglimento dell’abbreviazione dovuto probabilmente ad un titulus frainteso. 52 Segue una l depennata. 53 Cfr. AP 241: «Quando la codenna è infiata per percussura sensa ferita et senza rottura, co-gnoscerailo per questi segni per insino al quinto o vero settimo giorno».

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male dorme, apena |30| asselli e orini, e se à calore di febre, allora siamo | certi dela rottura del craneo. La cura è questa: | tallia la cote(n)na co(n) rasoio in modo di croce, e tutte le cose | p(er) ordine seguita che dicemo nela terça chura. | |7v| Dela chura di quello se-l craneo non è rotto e per | /e per/ quali sengni siamo cer-tificati 54. | .xiiij. Quando lo ’nfiamento è p(er) percossa sança fedita | e sança rottura del craneo, p(er) indiçii del malato il |5| congnosceresti infino al quinto o settimo die: che | s’elli àe buono appetito, bene ismaltisce, bene | dorme, asselli e orini, e sia sança calore di febre, | allora siamo certi che-l craneo non è rotto. E allora | v’è da ponere cose che cessino lo ’nfiamento. Facciasi |10| dunque cotale embroca. Embroca a rimuovere. | Accipe assenço, artemisia, ruta, comino et cipolla | ugualmente, e pesti[n]si 55 bene insieme, e co(n) olio co(mun)e | si chuocano; e sopra lo ’nfiato, due o tre o quattro | volte il die o più, quanto patire puote, caldo vi si |15| pongha; e se per questo no(n) si rimuove la materia, | pongasi cotale embrocha. L’altra embrocha. | Accipe asenço, artemisia, malva comune, ana | manipolo .j.; tutte queste cose sieno b(e)n(e) peste; | e quelle peste, v’agiungni tre on(cie) di sungna, ed in|20|corpora bene insieme ongni cosa; e poi vi metti | on(cie) .iiij. di farina di grano, e col vino sieno i(n)corporate. | Adgiungavisi on(cie) .iij. di mele, ed ongni cosa bene | incorporata si ponga a fuocho, e tanto si mesti co|la spatula che divenga spes-so. Cotale embrocha |25| si ponga sul luogo delo malato infin’a tanto che l|lo ’nfia-mento sia maturo; poi, dove il luogo più | dipende, co(n) sagittella 56 sia aperto e la sania sia | tutta premuta fuori cole mani, e, se bisongno è, | sivi si mettano le dita. E l’altre cose seguiti |30| come nela cura dele posteme diremo. | Dela fedita del capo nela cote(n)na talliata col craneo. | .xv. 57 Se dela ferita del capo la cotenna è 58 tagliata col craneo, | overo p(er) altro caso, come p(er) percossa di pietra o |8r| p(er) 59 caduta o simile caso, quella cotenna is|quarciata overo tagliata dependa. Allora quella | cotenna pendente sia tagliata p(er) meçço infino | al craneo rotto, e da quello craneo co(n) erugine |5| dipartita; l’osso                                                             54 Ms. rubrica della mano 1 (Delo ’nfiamento del capo) depennata e quella corretta aggiunta sul margine superiore (di mano diversa). 55 Ms. pestisin; errato scioglimento dell’abbreviazione dovuto probabilmente ad un titulus frainteso. Cfr. AP 241. 56 Ms. la prima t corretta su una c. 57 Ms. segue .xiiij. parzialmente eraso. 58 Ms. e aggiunta in interlinea (di mano diversa?). 59 Ms. op(er).

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del craneo sia gittato e quella co|tenna da ciascuna parte sia cuscita, comin|ciando dala parte di sopra; e facciasi uno punto | co(n) uno ago sottile quadrato e filo di seta, e quello | punto fermamente sia anodato, ed a misura d’una |10| oncia l’altro punto in quello modo sia fermato. Et in | quello medesimo modo tanti punti si fac-ciano, qua(n)ti | vedi che ssieno bisongno da ciascuna parte. Ma la parte | di sotto da ciascuna parte sia lasciata aperta, acciò | che per quelli andamenti la fedita co(m)pe-tentemente |15| possa essere curata. E sopra questa cuscitura si ponga | polvere rosso consolidativo, il quale si fa così. | Dela polvere rossa chome si fa. | .xvj. Tolli consolide maggiore, bolo arm(enico) on(cia) .j.; pece greca | on(cie) .iij.; masticis, olibani, an(a) (oncia) (semis); sangue di dragone 60, |20| mummie an(a) (on-cie) .ij., le quali tutte si tritino, e | all’uso le riserva. Questa polvere vale a con-strin|gnere il sangue, a co(n)solidamento d’osso e di carne cuscitura 61, | e tosto indu-ce la pelle sopra la fedita. Dunque poni | questa polvere sula cuscitura, come detto è, e sopra 62 |25| quella polvere poni foglie di plantagine, overo altro. | Nele stremitadi usiamo di ponere, overo di mettere, | tasta e piumacciuolo di panno e priemerlo un pocho 63, | acciò che la sanie non discenda ai andamenti 64 di sotto | e la fedita meglio possa essere curata e sanata. |30| Questa polvere infino a nove die, due volte il die 65, | vi sia posta, infin’a ta(n)to che noi vediamo la carne cre|scere e saldare; et al-lora il detto punto disciogliamo |8v| e-l filo ne traiamo; ed infino a perfecto sal-dam(en)to, | co(n) panno e carpia e coll’altre cose ch’abbiamo | dette, soveniamo. Ed in quella tagliatura ch’è | fatta dal medico, si ponga panno infuso i(n) albume |5| d’uovo intra-l craneo; e di fuori si faccia quelle | cose che abbiamo dette nell’altre cure dela | frattura del craneo. Dela cotenna talliata co(n) poca parte | del cra|neo. | .xvij. Ma sse lo craneo è sì pocho partito cola cotenna che no(n) | attengha ala parte dentro, quello poco dell’osso è |10| da rimuovere dala cotenna; e nell’altre cose ser|veremo quella medesima cura che nela sopra|detta chuscitura abbiamo detto, salvo che no(n) | dee essere fesso p(er) meçço, perciò che intra lo craneo | no(n) puote essere messo alcuna chosa. |15| Dela cotenna 66 qua(n)do fosse partita | dal capo. | .xviij.

                                                            60 Sul margine destro, madeus (di mano diversa). 61 Sul margine destro, filusa (di mano diversa). 62 Sul margine destro, amen (di mano diversa). 63 Sul margine destro, disit (di mano diversa). 64 Ms. ai andamenti corretto su a’ passame(n)ti depennato (mano 1). 65 Nel margine destro, non i[...] (di mano diversa). 66 Ms. Dela chura dela cotenna.

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Ma sse la cotenna sança-l craneo è dipartita, o p(er) | fedita o per altro caso, dal capo, quella medesima | cura si faccia che nela cura di sopra prossima|mente detta. Dela fedita f(a)c(t)a i(n) co(n)tumace del capo 67. |20| .xviiij. Se la fedita fosse in contumacia del capo di|nançi o dietro, in tale modo che vada ala sub|stançia del celabro, è mortale. Ma se elli di|scende dala parte di sopra ale parti di sotto, sì | che non vada al celabro ma per 68 le nari o per |25| l’orecchi o per altra parte descendesse, non è | mortale. Ma la cura di cotali fedite è simiglia(n)te | all’altre che abbiamo dette. Dele cusciture | chome 69 si debbono fare nel naso od inn’altro simile m(em)bro. | .xx. Se nela faccia, sì come è il naso, o labbro, overo |30| altra parte nobile del corpo, fosse la fedita la | quale si debbia cuscire, inprima la parte a|la parte tagliare, e quella superficie dela cotenna, |9r| quanto più dilicatamente possiamo sì che durare | possa, co(n) sottile ago e filo di seta usiamo di cuscire | ad uno ad uno, ciascuno per sé an-nodando, e | dall’uno all’atro un pocho di spaçio lasciando. |5| Ma sse il naso col la-bro fosse talliato atraverso, cia|scuno diligentemente al suo luogo reduciamo e poi, | come qui presso aviemo detto, chusciamo 70. E da | ciascuna parte del naso poniamo uno piumacciuolo | di panno ed uno sostinimento a modo d’uno capestro, |10| acciò che no(n) potesse andare isvagando ad alcuna parte, | e facemolo a modo d’uno rete-nimento. Se fosse bisogno, | mettiamo la tasta nel naso, acciò che la puçça più | co(m)petentem(en)te ne vada per quelli andamenti. | In tutte le cusciture lassiamo le stremitadi aperte, |15| acciò che possiamo mettere la tasta, sì che p(er) quelli an|damenti la sanie fatta si possa purgare, se non | fosse in luoghi cartalliginosi, dove l’andamento | non è da lasciare, p(er)ciò che quelli andamenti expur|gano sé sì come nel naso e nel’urecchie e nela verga |20| e simiglianti. E la polvere rossa, già detta di sopra, po|niamo; e quelle cose, che dette sono di sopra intorno | a queste, sempre di-ligentemente attendiamo. | Se alcuno fosse percosso co(n) lancione allato all’occhio | o dale nari, che fosse in profondo. |25| .xxj. Se alcuno fosse percosso di lancione, overo dardo | o simile a questi, nela 71 fac-cia, per le nari overo | presso al collo overo ala mascella overo i(n) altro luogo, | sì che-l ferro sia i(n) profondo, overo che per sottili e | stretti andamenti fosse entrato, e

                                                            67 Ms. segue dina(n)çi | o dietro (di mano diversa). 68 Ms. segue una q depennata. 69 Nel margine sinistro, cucire (di mano diversa). 70 Ma cfr. AP 243: «Ma se il naso col labbro sia tagliato per traverso, ciaschuna cosa si vuole diligentemente collocare al suo luogho, come di sotto diremo». 71 Ms. precede una lettera (l’asta di una p?) depennata.

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tortuoso, avengnadio |30| che sia molto faticoso a trarnelo. Ciascuno secondo | lo suo ingengno si pensi in che modo meglio se ne | possa trare. E se-l ferro è col lengno, allato a· lengno |9v| sia messa la tenta infino al ferro p(er) quella fedita. | E se tu co-ngnosci che-l legno sia bene co(n)giunto al | ferro, a poco a poco muovelo, et ancora costretto uno | poco il legno, col ferro si muova; e così co(n) cautela |5| ne sia tratto. Ma se-l ferro è sança lengno 72, sappie | dal ferito come elli stava, suso o giuso, dirit-to | o torto, quando elli fue percosso, poi metti la tenta | p(er) la piagha dentro; e congnosciuta la via del ferro, | se ne-l puoi trare, sì ne-l trai. E se sança molestia |10| il ferro non se ne può trare, meglio è che vi si lasci, | p(er)ciò che molti che ànno ri-tenuti il ferro, sono | poi vivuti molto tempo. La cura si fa cotale: | quando n’è tratto il ferro, facciasi stuello di lardo | e mettavisi entro; e se fosse sì adrentro che-l lardo no(n) |15| v’aggiungnesse, facciasi una tasta di panno lino | et ungasi co(n) sagimine, e mettasi dentro. E di sopra si | ponga uno piumacciuolo di pa(n)no lino e leghisi così, | acciò che la legatura cominci dal luogo onde la puçça | dee uscire. E se sono due pertusci, quello dee essere |20| più tardato a saldare il quale più pende, ma | quello ch’è nela parte di sopra più tosto si dee saldare. | E così sempre s’aluoghi lo ’nfermo che la puçça discorra | ale parti di fuori e none a quelle dentro. E se tu | vo-lessi fare generare puçça i(n) cotale fedita secondo |25| la varietà del tempo, poni la ’mbroca di state e quella | di verno, sì come detto è di sopra diligentemente | nela quinta cura del capo. E tutte l’altre cose fa | come detto avemo di sopra nell’altre cu-re. Ma | questo no(n) vogliamo lasciare che, poscia che la sanie |30| comincia a de-seccare e la fedita a saldare, così | menova lo stuello secondo lo purgamento e lo sal|damento dele fedite. |10r| Dela fedita dela saetta barbulata. | .xxij. Se si fa fedita di saetta barbulata, così ne la traiamo: | se le forpici largamente vi possiamo mettere, pren|demo saviamente cole forpici quelle barbole, e quelle |5| tor-cendo piegheremole alo lengno. La qual cosa 73, se è | malagevole, uno ca(n)nello sottile di ferro o di rame | mettemo al’una barbula, e quella barbula nela | concavità del ca(n)nello riceviamo; e quello stesso faremo | nell’altra parte; e co(n) molto stu-dio e co(n) molta diligentia |10| ne la traiamo. Quello 74 medesimo potre(m)mo fare | co(n) due penne d’ocha. Nell’altre cose, simile cura | che detto è di sopra co(n) l’altre. | Dela fedita del capo con saetta 75. | Con ciò sia cosa che la parte di sopra del capo co(n) saetta |15| o con altro simile sia fedita, la qual cosa spesso | adiviene; perché la cura è malagevole, p(er)ciò

                                                            72 La seconda n è aggiunta in interlinea. 73 Ms. segue una e depennata. 74 Ms. segue pa depennato. 75 Ms. rubrica depennata (mano 1?).

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 261

 

no(n) | la volliamo lasciare. Dunque co(n) ciò sia cosa che la | saetta 76 manife-stam(en)te abbia passato il craneo | dall’una parte all’altra e siane uscita fuori, |20| o che sia entrata dinançi e uscita dietro, o che sia | entrata dietro e uscita dinançi, co-tale cura usiamo di fare: | se insengne mortali non apparissono i(n) quello, | la coten-na, da quella parte donde la saetta è uscita, | tagliamo, e la carne cola erugine dipar-tiamo. |25| E se tosto si puote fare, il craneo allato al ferro foriamo | a modo di croce, acciò che quello andam(en)to sia allargato | co(n)venevolmente, e così saviamente ne traemo il ferro. | Ma dall’altra parte traiamo il legno. Ma se non avesse | passato l’altra parte del craneo, e sengni buoni appa|30|rissono i(n) quello infino a cinque o sette dì, allato al | ferro overo a· lengno, sì come di sopra qui presso abbiamo | detto, la cotenna tagliamo e dal craneo la dipartiamo, |10v| e nel modo predetto, con sottile trapano il craneo | foriamo e quella saetta ne traiamo. La cura i(n) tutte | cose fac-ciamo che dela rottura del craneo abbiamo | detto. Dela piegatura del craneo sança fedita dela cote(n)na 77. |5| .xxiij. Per lo percotimento o p(er) cadimento sança frattura di | cotenna o del craneo, di-viene talora che lo craneo | si piega ale parti dentro, e quello co(m)batte molto al | movimento del celebro; onde lo malato in songni | gli pare vedere battaglie de’ ne-mici, e dormendo |10| si leva e piglia l’arme, e fa tali cose come s’elli | vegghiasse. La cui cura è questa: che sopra quello | luogo la cote(n)na sia talliata co(n) rasoio i(n) modo di croce | et co(n) la rugine sia scarnata 78, il craneo d’intorno | al’aplicatione sia forato con trepano e tutto quello |15| craneo sia rimosso. La cura medesima sì come | nelli altri dela fractura del craneo nela prima cura | predicemmo. Dela cura dele tingne e de’ sengni dela tigna 79. | .xxiiij. Dele tingne altra è curabile, altra no(n) curabile. | Ma la no(n) curabile per questi sengni si congnosce: |20| la cotenna è spessa e dura, e mette molte scalglie, | e rode li peli. La cura di questa lasciamo p(er) aba(n)donata. | Ma di quella che è curabile 80 sono due maniere, p(er)ciò | che ll’una mette molti peli ed alcuni molto grossi, | e la cotenna è grossa, ma continua nè dura. |25| L’altra àe la cote(n)na grossa e fessa, co(n) molto plurito, | e alcuna volta fa sanie. Ma qualunque di queste | due sia, co(n) questa cura medichiamo 81: | accipe elleboris albi on(cia) .j., pece navale on(cia) .j., noci | comuni on(cie) .vj.. Tutte q(ue)ste cose si pestino bene e |30| sieno bene i(n)corporate i(n)sieme a modo d’unguento; | la qual cosa, se fosse bisongno, nel

                                                            76 Ms. la | la saetta. 77 Ms. piegatura del craneo depennato e nell’interlinea leggiamo cura del capo (vergato da una mano diversa). 78 Ms. scrarnata. 79 Ms. segue curabile e del divellere i capell[i] (di mano diversa). 80 Corretto su durabile (la d è espunta con un puntino sottostante e la c aggiunta in interlinea). 81 Ms. segue a quello stesso depennato.

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te(m)po di verno di | quelle noci fa olio, e co(n) quello olio fa liquido l’un-guento. |11r| Di questo unguento otto o nove dì come parrà | al medico, o più o meno, ungni diligentemente | il capo del tignoso; e quando tu avrai veduto che-· | luogo sia mollificato, tra’ne fuori quelli capelli |5| con tutte le radici, e da qualunque parte del capo | avrai tratti li capelli, anche ungni continuam(en)te. | E quando li capelli seran-no rinati, fagli lavare il | capo col ranno; e quando li capelli sono asciutti, | ungni il capo di solotro. E tanto lascia stare il silotro |10| sul capo che tu possi rimuovere li capelli co(n) acqua | lavando. Lo silotro si fa così 82. | Del silotro e chome si faccia. | Tolli calcina viva on(cie) .iiijor. e falla bollire i(n) acqua, | ed agiungnivi la quarta parte d’una oncia d’au|15|ripimento e fa bollire. Sengno quando egli è cotto | sì è qua(n)do vi metti una penna e tra’nela i(n)co(n)tane(n)te | ed ella si pela leggier-mente. Dunque, poscia che tu | avrai dovelto 83 li capelli co(n) cotale silotro e ve-drai | alcuno rossore sul capo, anche l’ungni e fa come |20| detto avemo di sopra, in-fino a ttanto che-l capo appa|risca sança rossore; e se questo non giova, sì facciamo | cotale unguento. L’altro unguento a quello medesimo. | Accipe stafissagria il seme on(cia) .j.; elleboris albi on(cia) (semis); | auripimen-ti, vitreoli, alluminis an(a) on(cia) semis; galluççe on(cia) .j.. |25| Tutte queste cose polveriça e co(n)ficele co(n) on(cie) .vj. 84 | di feccia d’olio; de flavia, abruotino salvatico o domestico, | e ruca agresta, fumoterre, titimaglo, lampatio acuto | mani-polo .j. 85. Pestalo e tra’ne lo sugo, e quello sugo me|scola cola feccia dell’olio e fallo bollire ala brascia; |30| poscia v’agiungni pece liquida on(cie) .iij. E di questo | unguento ungni il capo et i(n) tutte l’altre cose fa | quello che detto è di sopra nela proxima cura. |11v| Ma s’elli à molti pidocchi, metti ariento vivo me|scolato ed ispento con isputo. Ma se-l luogo è rugoso, | ungni co(n) vieta sugna e poi ne trai i peli; poi ungni | co(n) silotro e procedi come detto è di sopra. Ma se questa |5| pas-sione non è invecchiata ma quasi di nuovo, | chome infra l’anno, quella sança do-vellere li | capelli curiamo in questo modo. A quello medesimo sança dovellere li capelli 86. | .xxv.

                                                            82 Nel margine destro, breve annotazione depennata (di mano diversa). 83 Ms. dolvelto. 84 Ms. segue olei depennato. 85 Cfr. AP 245: «Togli del seme della sassifraga oncia .j.; elleboro biancho oncia .j.; orpi-mento, vetriuolo, alume, di ciascuno oncia meza; ghalla oncia .j.; queste cose polverizate con-fecta con oncie .vj. d’olio; poi togli fumisterno, cocomero salvatico, titimallio, lapaticio acuto, di ciaschuno uno mazzo». 86 Rubrica vergata parzialmente sul margine destro.

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Tolli apruotano agreste, eruce 87 agresta, herba flaura 88, | fumoterre, artemisie, an(a) manipulo uno, bene |10| peste, e mettile in olio comune, e p(er) tre dì o quattro | o più lo lascia stare; e poscia in quello olio fa bollire | le dette erbe, e p(er) discrimi-na 89 | di quello olio caldo, il più che-l puote sofferire, la | mattina e la sera 90 diligen-temente l’ungni. E doppo |15| l’untione per li discrimini poni questa polvere | che ssi fa così. Polvere a quello medesimo. | Tolli stafissagrie, ellebori albi on(cia) .j. e pestalo, e di questa | polvere doppo l’untione habondantemente sempre | vi poni, e così fa tanto che ssia guarito 91. |20| Dele pustule che nascono nel capo 92. .xxvj. Alcuna superfluità nasce nel capo, la quale al vol|gare salernitano si dice ‘ruva’ 93, ala quale cotale | unguento facciamo 94: tolli solfo vivo on(cie) .ij., ellebo-ri | albi on(cia) .j., ariento vivo on(cia) .j., cimini, caputpurgii 95 on(cia) (semis). | Tutte queste cose b(e)n(e) polveriçate mescola co(n) on(cie) .vj. |25| di sugna ed in-corpora bene insieme; e qua(n)do è bisongno, | ungnine il capo. Ed è provato. Et an-che è buono | ala fle(m)ma salsa et a malacolia la quale suole essere | nele gambe et ad ongni scabbia. D’altre sup(er)fluitadi. | .xxvij. 96 Nascono ancora altre sup(er)fluitadi, le quali sono simi|30|glianti ale scruofole, dele quali alcuna è dura, al|cuna molle. Anche di queste, alcuna è mobile, | alcuna i(m)mobile; ma di quella ch’è mobile, cotale è la cura: |12r| tienila sotto le dita dela sommità fermamente, e quella | cotenna sopra quello luogo taglala p(er) lo lungo, e quella | scruofola, colo spatumino nel quale prima è presa, sia | scarnata, e se fare si puote, tra’la fuori con tutto il panicolo |5| nel quale ella è nata; ma se quello pa(n)nicolo no(n) se ne può | trare, lascialo. La fedita empi di panno lino infuso | in

                                                            87 Ms. eruge, g depennata e c sovrascritta. 88 Cfr. AP 256: «erba flaurea». 89 Ms. segue di quello olio caldo | j depennato. 90 Ms. segue li depennato. 91 Ms. segue De sup(er)fluitade depennato. 92 Il n. del cap. e la rubrica sono vergati sul margine sinistro (di mano diversa?). 93 Cfr. lat. «runa» (S 169; ma in altri codici «ruma» o «ruua seu rufa»: ibidem, n. 22) e AP 246 «ruma». 94 Ms. rubrica ¶ Ungue(n)to ala ruva del capo, vergata sul margine sinistro (mano 1). 95 Ms. stafissagria in interlinea (mano 1?), ma cfr. AP 246 «capopurgi». 96 Il n. del cap. è vergato nel margine sinistro; segue la rubrica De le sup(er)fluitadi ke sono simi|glianti ale scruofole (mano 1).

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albume d’uovo, e nel secondo die sì vi metti polvere | d’affodilli, la 97 quale corroda quello pannicolo e faccialo | marcire, lo quale si fa così 98. Polvere d’affodilli overo corrosivo 99. |10| Tolli sugo d’affodilli on(cie) .vj., calcina viva on(cie) .iij., auripim(en)ti | on(cia) .j. Conficelo così: il sugo bolla nela pentola et adiu(n)gavisi | la calcina ed incorpori bene; poscia vi giunga l’auripim(en)to | e pocho bolla; e, bene i(n)corporato, si ponga al sole; e qua(n)do serà | uno pocho deseccato, informisi in trocisci; e quando sono |15| bene secchi, si riservino. Questa cotale polvere è buona | a rodere quello pannicolo. E quando tu vedrai che la | fedita sia enfiata e deseccata, nela fedita è da ponere | il panno infuso in albume d’uovo, e di sopra la stoppa | co(n) l’uovo, i(n)fino a tanto che tu vedrai che-l pannicolo sia |20| cotto e corrotto e la fedita fare alquanta sanie. | Poscia i(n) tutte altre cose fa la cura sì come abbiamo | detto nela cura dele fedite sança frattura del craneo. | Dela scrofula la quale è immobile. | Ma sse la scruofola, la quale non si può rimuovere, in|25|soççisce la cotenna col craneo, espessale i(n)sieme i(n) uno | in tal modo che la dura madre col craneo sieno co(n)giu(n)te | in una medesima soççura; allora da quello craneo | pare ch’abbia principio. La cura è cotale: quella cotenna tutta dale radici sia dipartita tutta, |30| ma intorno al craneo i(n)fetto col trepano saviamente | fora; e colo spatumino tutto quello craneo remuovi. Ma p(er)ciò che quella sup(er)fluità dala dura madre è molto |12v| malagevole a partire e-l pericolo il quale ne puote | venire è molto da du-bitare, imp(er)ciò cotale cura | desideriamo più di lasciarla che di seguitarla. | Ala smania overo malinconia. Cauterii. |5| .xxviij. Ala smania, overo ala manincolia che è nela sommità | del capo, taglisi la coten-na in modo di croce e-l craneo | si fori, acciò ke la materia exali ale parti di fuori. | Lo ’nfermo sia tenuto in carcere e la fedita si curi | sì come abbiamo detto nele cure dele fedite 100. |10| Ala epilensia e-l cauterio a quella 101. Al’epilensia si fa arsura al nodello nela fontanella | sopra-l collo; e questo nela stremità dela parte dietro | del capo. Dele ’nfermitadi delgli occhi e dela cura di | quelli. | .xxviiij.

                                                            97 Ms. ila. 98 Ms. segue la rubrica Dela scrofula che è i(m)mobile depennata. 99 Rubrica vergata sul margine destro. 100 Ms. Epilensia vergato sul margine destro. 101 Rubrica vergata sul margine sinistro.

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Li occhi talora rossicano e lagrimano; e co(n)tengosi di peli | oltra 102 natura nele palpebre, i quali fanno mordi|15|ficatione e co(n)stringono gli occhi a lagrimare. Ta-lora | rossicano e lagrimano 103, nè quelli peli sono tenuti nele | palpebre oltra natura, li quali, se sono tenuti oltra | natura, così possiamo sovenire. De’ peli i quali sono nele palpebre fuori di natura 104. | .xxx. De’ peli oltra natura sono tenuti ne|20|le palpebre, co(n) ciò sia cosa che nele palpebre sia molta | carnositade, acciò ke ’ peli sup(er)flui no(n) possano essere ve-duti; | i(n)prima si freghino le palpebre dentro co(n) foglie di paritaria, | e quando il sangue serà uscito fuori e la carne serà menovata, | e li peli appariscono, tra’ne cole mollette ritorte i peli |25| cole radici. Poscia poni di sopra albume d’uovo, e se | fosse di verno si risolvi nel’albume uno poco di gruogo, | e quante volte li peli vi rinasco-no, si faccia il simigliante. | Ma le palpebre sieno sempre legate in tal modo che di |30| sopra siano co(m)premute; ma se no(n) v’avesse molta carnosità, | dovelli i peli, e cole dette follie frega le palpebre sì che | facciano sangue, e procedi come detto è di sopra | in questa medesima cura. L’altra cura 105. |13r| Un’altra cura 106. Accipe sugo di cime di rogo e d’assenço, ed iste(m)pera | con albume d’uovo o co(n) acqua rosata, e sopraponi. | A costringnere le lagrime delgli occhi 107. .xxxj. Degli occhi se 108 lagrimano e rossicano e sono contenuti da’ peli | nele palpebre oltra natura, taglinsi la vena la quale è |5| nela fronte, e due le quali sono nele tempie; e quando | ne serà uscito tanto sangue qua(n)to parrà al medico | che basti, quella vena tutta diligentem(en)te co(n) ago sottile | sia presa, sì che l’ago sia messo sotto la vena; e sia tratto | l’ago dall’altra parte dela vena col filo che ssi tiene con es-so, |10| e la vena sia legata e bene anodata sì che-l sangue no(n) ne | possa uscire. Nela piaga si ponga lardo p(er) tre dì; poscia | vi si metta carne magra di porco p(er) .x. dì, tanto che sia | purificata. Quando ella serà purificata, quella carne | rimuovia-mo e-l filo ne traiamo; e, se uopo fosse, carpia |15| o altro simile poscia poniamo 109.

                                                            102 Ms. precede orl depennato. 103 Ms. l iniziale corretta su t. 104 Rubrica vergata alla fine dei rr. 18-19 (all’interno dello specchio di scrittura). 105 Nel margine inferiore compare il richiamo al fascicolo successivo (Accipe). 106 Rubrica vergata sul margine superiore. 107 La rubrica è vergata sul margine destro e il n. del capitolo sul margine sinistro all’altezza della r. 5. 108 Ms. aggiunto in interlinea, tra occhi e lagrimano. 109 Cfr. AP 248: «Et, se sarà mestieri, pognianvi suso la carne». Nell’ed. lat.: «Aliud ad idem» (S 172); però una parte della tradizione latina trasmette «et si opus est, carpiam vel aliud ei-usmodi ponimus» (ibidem, n. 6).

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A quello medesimo 110. | Ale lagrime delgli occhi constringnere, mettasi seton | in fontanella dela cartil-lagine deli urecchi. A quello stesso. Colirio. | Tolli olibano, mastice et laudamo, e mettilo i(n) marmo | bolliente, e fallo liqui-do; poi lo poni in foglia d’alloro |20| e mettilo ale tempie sopra le predette vene il più | caldo che-l puote sofferire. A quello stesso. Colirio quasi unguento. | Tolli litargiro on(cia) (semis), olibani, aloes epatico, quarta parte | d’una oncia; tutte queste bene peste e polveriççate sot|tilissimamente e distemperate co(n) olio violato; ed agresto |25| d’uva acerba vi metti, anche olio violato, e così avicende-vo|lem(en)te, ora di questo, ora di quello, vi si metta. E queste cose mescola bene i(n)sieme e conficele a modo d’ungue(n)to |biancho; e, quando è bisongno, a modo di colirio co(n) penna | ne metti nelgli occhi. Ma se i(n) quello luogo àe mordi|30|camento o arsura, facciamo cotale colirio. Dela mordicatione et arsura delli occhi da rimuovere 111. | .[xx]xij. Tolli litargiri, aloe epatico et mastice, e polveriçça; | ma co(n)ficeli così: tolli cime di rogo et assenço |13v| ugualmente, e tra’ne il sugo; e co(n) quello sugo et ac-qua | rosata, mettendo nele dette polveri, ora dell’uno ora del|l’altro, diligentemente le ’ncorpora; e, quando è bisongno, | ne sopraponi agli occhi. A rodere il pan(n)o delli occhi. |5| .xxxiij. 112 A rodere il panno delgli occhi cotale unguento usiamo | di fare: tolli centrogal-li 113, celidonie, an(a) manipolo .j., | e pestali bene; e mettile in sei on(cie) d’olio comune o .vj. o .ix. dì | o più, ed ivi il lascia tanto ch’elle doventino marce. | Poscia bollano al fuocho e, quando tu vedrai che le sustantie |10| dell’erbe vadano a ffondo, leva da fuocho; e, quando l’ài | bene per panno colate, anche da capo le riponi al fuocho | e mettivi una on(cia) di cera e, quando ella è liquefatta, pruo|vala al marmo; e, se avrà uno pocho di tengnença, ài | sengno ch’è chotto. Poscia vi metti (once) .ij. di verderame |15| e fallo bollire a lento fuocho, ed anche il pruova ala pietra | e, se à

                                                            110 Ms., margine destro: e piede [...] (di mano diversa). 111 Rubrica vergata parzialmente sul margine destro. 112 Nel margine sinistro, all’altezza dei rr. 3-4, leggiamo la glossa sugospilli è silio (di mano diversa). 113 Aggiunto in interlinea, sopra centrogalli, sarea (di mano diversa); sul margine sinistro, al-l’altezza dei rr. 8-9, la glossa: centrogalli si è | scarea (di mano diversa). Cfr. AP 249 (n. 84), glossa in margine: «cioè lucina overo schiarea».

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colore verde, levalo da fuocho e mettivi (once) .ij. d’oli|bano sottilissimamente pol-veriçato, ed incorpora cole predette | cose. Poscia vi metti polvere di sarcocolla pol-veriççata | oncie due ed anche b(e)n menando cole predette cose i(n)corpora; |20| ma all’ultimo occhio lucido 114, aloe epatico, an(a) (oncie) .ij., dilegen|tissimam(en)te polveriççate, co(n) olio comune prima i(n)sieme | incorporate, sì che queste tre cose sieno un poco liquide; | e poi co(m)mescile co(n) le sopradette cose; e, molto co(n) la spatola | menando, diligentemente le ’ncorpora. Queste cose così |25| incorporate, cola p(er) panno ed all’uso le reserva; et, | quando serà bisongno, metti co(n) penna delicatame(n)te | nele stremità delgli occhi. Ma quando il panno serà con|sommato in parte, tolli il sugo dela ruta, overo dela | morginella, quando il fiore è rosso 115; et col sugo d’alcuno |30| vermine, il quale si d[ice pec]tine 116, mescola; e, come | detto, nell’occhio il poni, [il] 117 quale anche è buono ad | altre cose 118. |14r| A quello medesimo 119. .xxxiiij. Tolli castoro, olibano, sarcocolle, an(a) (oncie) .ij. (e) (semis), ca(n)fore (once) .ij., | margarite no(n) forate (oncia) .j., verderame a peso d’uno denaio 120. | Conficesi così: castoro, olibano e sarcocolla e verderame | si pestino, e in marmo netto e caldo si mettano, e me|5|nalo sopra quello tanto ch’essi secchino; e poscia nel mortaio | un’altra volta si pestino. La canfora e le margarite | nel mortaio polveriça diligente-mente, e cole predette | cose diligentem(en)te le mischia 121; ed inn una scodella di terra | overo altra cosa simigliante, co(n) acqua rosata si con|10|ficiano i(n)sieme, e diligentem(en)te sieno incorporate; | e secchinsi al sole. Doppo il terço die, q(ue)ste cose simil|gliantem(en)te co(n) acqua rosata sieno distemperate, et | al sole un’altra volta secchate; e questo fa tre fiate | di terço in terço die. Doppo tre dì queste chose, seccate |15| e ritornate in uno, riservale all’uso, imp(er)ciò che | questo vale maxi-mamente a rodere il pannicolo | delgli occhi. Del rossore 122 delli ochi. | .xxxv. Ma sse gli occhi sono rossi p(er) sangue o p(er) altra cagione, | s’elli sono enfiati o pa(n)nicello è in quelli, fa uno |20| tagliamento ale tre 123 vene dela fronte i(n)

                                                            114 Traduce il lat. «oculi lucidi» (S 173); cfr. AP 249: «in ultimo olio lucido». 115 Ms., sul margine sinistro, la glossa di difficile lettura: O fiore dela morgenella | [segue parte depennata] | sì è [...] | erba [...]. 116 Macchia d’umidità. Cfr. lat.: «qui dicitur pectinelongus» (S 173) e AP 249: «che si chiama verme lungho, che à infiniti piedi a modo di pettine». 117 Macchia d’umidità. 118 Segue d[ela pol]vere verde (mano 1). 119 Rubrica vergata sul margine superiore e depennata. 120 Cfr. lat. «denarii» (S 173). 121 Ms. s di mischia corretta su c. 122 Ms. rossore corretto su sangue depennato (mano 1). 123 Ma lat. «quatuor» (S 174).

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modo d’uno | capestro e in questa misura: lo malato metta la mano | ala sommità del naso, e da quella parte dala quale la | mano è giunta col braccio, in quello luogo dove | serà terminato il dito maggiore, sopra la fronte sen|25|gnalo, prima allora il capo raso; da quello oncie tre | misurate ala mano dell’amalato, sopra l’orecchie | sengna dall’una parte e dall’atra; e da quello sengno | il quale è sopra la fronte, in-fino al sengno ch’è sopra | l’urecchie, sengnalo d’inchiostro o d’altra cosa simi-le 124. |30| Anche da quello sengno ch’è sopra l’urecchie, fa uno altro | sengno atra-verso, lo quale sia di lungi da quello oncia (semis) | dall’una parte e dall’altra di quello sengno; e simiglantem(en)te |14v| /e simigliantemente/ farai con inchiostro dall’uno | sengno all’altro; e quello stess[o] 125 fa dall’atro urecchie 126. | Ma sopra lo sengno ch’è prodotto, taglia la cotenna | col rasoio e lascia uscire lo sangue; poscia metti |5| il ferro caldo sopra la cotenna tagliata e in tale | modo lo ’ncendi convene-volemente. Ma se alcuno | sia debole o dilicato, il quale non volesse o no(n) potesse | sostenere cotanti tagliamenti od incendimenti, | sengna, secondo lo sopradetto modo, sopra la fronte, |10| e, da misura di tre oncie, sengna la mano del’amalato | co(n) in-chiostro e fa venire una riga atraverso dal|l’uno sengno all’altro. Ma taglialo sopra lo sengno | ed incendilo con ferro ardente. Ma metti sopra | uno panno bangnato i(n) albume d’uovo infino |15| a tanto che lo fuocho caggia; poscia metti alchuna | cosa da mitigare che constringa lo ’(n)cendimento | del fuocho; e poscia metti il piumac-ciuolo. Ma la | legatura sia simigliante all’altre parti di quello me|desimo capo. Poi che-l fuocho serà caduto, ponvi corda |20| di panno lino, e così, infino a .xxx. o .xl. dì, tieni ap(er)ta | quella fedita. Poi rimuovi quella corda e lascia saldare la fedita. Del sangue delli occhi fatto p(er) percossa. | .xxxvj. Se p(er) lo percotimento od altro simigliante caso lo sangue | si leva nelgli ochi, od infiamento sia venuto di fuori, fa|25|remo chosì: tolli cera nuova e bella, e comi-no; e scalda | quella al fuocho; e lo comino, fatto polvere, mescola | con quella; e di quella, fatto uno empiastro che sia | sempre caldo, mettilo sopra l’occhio no(n) ri-stando; ed è provato. A quello stesso. Tolli assenço e berbena, |30| e tra’ne il sugo, overo la substançia dell’erbe, e mescola | con acqua rosata o co(n) albume d’uovo; e mettilo sopra | cola stoppa o con altra simigliante cosa; e se fosse | di verno, adgiu-ngnivi gruogo. |15r| Dela i(n)versatione dela palpebra di sotto e dela sua cura. | .xxxvij.

                                                            124 Cfr. lat.: «et ab eo signo, quod est supra auriculam, usque ad signum, quod est supra fron-tem, et a signo, quod est supra aliam auriculam, signum de incausto, vel alio simili protrahas» (S 174). 125 Ms. stesse. 126 Questa forma compare anche nelle cc. 26r e 48v, ed è bene attestata nel corpus TLIO.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 269

 

Se p(er) la piagha o per postema fatta sotto l’occhio, | si facesse inversamento 127 dela palpebra di sotto, | fa uno tagliamento torto sopra quella piagha ke |5| fue male sanata, ed una piastra di piombo forato | con quattro fori, e cusci quella cola palpe-bra 128; e metti | lo piumacciuolo in meçço, e pellicella sia constretta co(n) | legami ale parti di sopra; e così lo lascia stare .viiij. | o .xj. dì. Poscia si levi la piastrella e curisi la fedita |10| come l’altre fedite, e piumacciolo di panno poni | sula palpebra. Dela fistola nata tra ll’occhio e-l naso 129. | .xxxviij. Alcuna volta s’infistola il luogo allato all’occhio od al naso, | e di piccolissimo foro esce la puçça. Inprima l’occhio | all’altra parte sia co(n)stretto co(n) alcuno strumento; |15| poi, quello foro sia sciampiato et tentisi co(n) penna, | o simile cosa, e nel diritto sia talliato; e peçça i(n)fusa | i(n) albume d’uovo sivi metta i(n)fino ala profondità del luogo. | Poscia, se fosse huomo dilicato, metti per quello foro | uno ca(n)nello di ferro o di rame molto sottile, e mettilo |20| infino al fondo, se tu puoi; e p(er) quello cannello metti uno | ferro caldo e cuoci le radici dela fistola. E s’elli te-messe | lo fuocho, metti p(er) quello ca(n)nello una pillola d’unguento | ruttorio, che si fa di calcina viva e di capitello, e lasciala | stare i(n) quello luogo dala terça infino a nona, o dala |25| nona infino a vespero. E poi vi poni peçça co(n) albume | d’uovo, i(n)fino a ttanto che-l fuocho caggia e mandi fuori | li vapori. Poscia lo cura come l’altre fedite. Del’unguento ruptorio; a quello medesimo. | L’unguento ruttorio si fa così: tolli capitello et calcina |30| viva, e risolvila nel capitello, e mestalo assai; et i(n)corporal bene. | Dele cure del naso e dele superfluitadi. | .xxxix. La superfluità dela carne che ssi leva nel naso, alcuna volta | è polippo, alcuna volta no ma pare d’esso, p(er)ciò che ssi fa |15v| nela più ampia parte del naso et esce talora | fuori del naso, overo che dimora sul labro. La | cui cura è cotale: colo spatu-mino sia dovelto | infino al profondo, overo che ssi tagli cola saettella, |5| e, se bi-songna, per l’intervalli. E, se dentro ale nari | fosse rimaso alcuna cosa, si metta una tasta | d’unguento ruttorio, il quale si fa di calcina viva | e di sapone spatarento e di fuligine; poscia | tuorlo d’uovo con olio comune. Poscia che-l fuoco |10| serà caduto, si cura come l’altre fedite co(n) ungue(n)to | verde, (et) altre cose, il quale si fa così. |

                                                            127 Ms. segue sot depennato. 128 Cfr. lat.: «Si ex uulnere apostemate facto sub oculo fiat inferioris palpebre inuersatio, incidatur supra uulnus olim factum et male sanatum in obliquo, ut et plagella de plumbo facta, quatuor foraminibus perforata, con palpebra suatur» (S 175). 129 Ms., sul margine sinistro, fistola (di mano diversa).

270 Ilaria Zamuner

Del’unguento verde, e chome si fa. | Tolli celidonia 130, lerva, le radici e le foglie del centro|gallo, cioè levistico 131 salvatico, an(a) manipolo uno, |15| e scabbiosa simigliantem(en)te 132. Tutte queste erbe, | pestale co(n) libra una di sevo arietino e libbra | una d’olio; lasciala stare così p(er) .vj. dì o p(er) .viij.; | poscia cuocilo in uno stangnato sopra-l fuocho, | infin’a ttanto che ll’erbe vadano a fondo; poscia |20| cola p(er) panno, e quella colatura metti in una | caldaia al fuocho, e mettivi on(cie) tre di cera la | state e nel verno on(cie) .ij. Quando quella è fatta | molle, overo liquida, mettivi polvere d’olibano, dela mastice, delo verderame, an(a) on(cia) (semis); et, |25| ançi che tu vi metta il verderame, pro-valo alo | marmo, e, se elli s’atterae 133, mettivi quello ver|derame e anche lo prova. E qua(n)do elli avrà lo | colore verde, levalo dal fuocho e mettivi on(cia) (semis) | d’aloe patico fatto polvere, e risolvilo in olio; |30| e servalo all’uso buono. Vale an-che l’unguento | verde ale piaghe vecchie, ed ingenera la buona | carne e rode la mala carne. |16r| Dela carne la quale pare polippo 134. | .xl. Ma sse tutta la carne sia infra le nari e siavi grande | turamento 135, inprima, secondo il modo del foro, p(er) lo meçço, | dentro si metta la tasta de maloterre sec-cho, una |5| volta o due o tre, se bisongno fosse; possa si churi | con ferro caldo o co(n) unguento ruttorio, sì come di | sopra dicemo nela propria cura. | Del polippo e de’ sengni curabili del polippo. | .xlj. Il polippo si fa il più tra le nari, il quale talora di|10|scende di sotto menando l’aere dina(n)çi a ssé e le nari adampia 136. | Ma di questi, alcuno è curabile, alcuno i(n)curabile. Ma | li sengni delo incurabile sono questi: p(er)ciò ke-· luogo è | nero, tutto-l naso duro, grande 137, nero, e quella carne | non discende di sotto. Ma i sengni del polippo |15| curabile sono questi: p(er)ciò ke-l naso è molle, bene | trattabile, al quale p(er) incendimento e p(er) tagliamento | così soveniamo. Dela cura del polippo curabile 138. | .xlij.

                                                            130 Ms. macchia (di umidità?) sulla a di celidonia. 131 Ms., nell’interlinea, vitico (?) (di mano diversa). 132 Cfr. lat.: «Accipe celidonie, alleluie radicis, folii centri galli, leuistici agrestis, ana manipu-lum .i. et scabiose similiter» (S 176) e AP 250: «togli celidonia biancha, radice et foglie cen-trogalli, levistico salvatico, di ciascuno uno mazo; et simile della scabiosa». 133 Cfr. lat. «se tenuerit» (S 176) e AP 250 «si tiene». 134 Ms. segue e dela cura di quello co(n) ferro caldo parzialmente sul margine destro (di mano diversa). 135 Lat. «opilatio» (S 176). 136 Cfr. lat. «et nares adamplat» (S 177) e AP 250: «et amplia le nare». 137 Ms. segue una minuscola macchia d’umidità (cancella una lettera?). 138 Ms. segue sança ferro parzialmente sul margine destro (di mano diversa).

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 271

 

Se fare si puote, incontan(en)te quella carne superflua | co(n) sottili tenacule sia presa, e traila giuso qua(n)to puoi fare; |20| e se non vi viene in alcuno modo e no(n) puote essere tratto cole tenacole ale parti di sotto, allarga lo naso co(n) una | tasta delo maloterre secco 139; e metti uno istrum(en)to cavato | in modo d’una canna, il quale si fa di ferro o di rame, | e per le nari allargate si metta. Ma p(er) quello ca(n)nello |25| d[i] 140 ferro o di rame, si metta uno ferro caldo ed incendasi | il luogo; e metti sopra tuorlo d’uovo co(n) olio comune, | i(n)fin’a ttanto ke-l fuoco caggia da quello. Poi lo cura | come l’altre fedite. Dela cura di quello sança i(n)censione di ferro. | Ma se lo malato temesse lo ferro caldo, mettivi dentro |30| uno stuello di panno unto d’unguento ruptorio; | tuorlo d’uovo et olio comune sopraponi, e ll’altre cose, | che dicemo nela sopradetta chura, si facciano. |16v| Dela cura del polippo ch’escie del palato 141. .xliij. Talora adiviene ke per li fori del palato esce lo po|lippo, p(er) vertù dela natura che lo caccia fuori; e | se questo adiviene, sia deputato ala ventura o | ala forteçça dela natura. Poi metti nelo naso |5| una tasta di cera, acciò ke buona pelle vi cre-scha. | Dela cura 142 di quello con cottura. | .xliiij. Ad ardere lo polippo si fa uno cauterio tre dita sopra | la fronte ala mano del’amalato, come detto è di sopra | nel paragrafo di quello capitolo lo quale è dela rosseçça |10| delgli occhi; e sia fatto sì saviame(n)te ke l’arsura non | vada infino al

                                                            139 Passaggio lacunoso. Cfr. lat.: «Si fieri potest, statim illa caro superflua con subtilibus tenaculis accipiatur et in quantum potest fieri ad inferiora trahatur et, si tota uenit, tota extir-petur et, si tota non uenit, quantum uenit, incidatur et, si nullo modo uenit, nec tenaculis ad in-feriora trahi possit, tasta de malo terre sicco nares elargentur etc.» (S 177), AP 251: «Se si può fare, quella carne superflua con sottilissime tanaglie si pigli et quanto più si può si tiri in giuso; et se tucta vi viene, isveglisi, et se tucta non viene, quello tanto che vi viene si tagli; et se in veruno modo non vi viene nè potrasi trare in giuso colle tanaglie, allarghinsi le nare co(n) la tasta del maloterre seccho ecc.», Hunt 57: «[XL] Pernez meintenant la char od unes delices tenailles e, tant cum vus poeez, sil tracez aval e si tute vient, tote la traces hors. E si ele ne veint tote hors, tant cume hors vient si tailliez. E si ele ne pot par les tenailles estre hors trait, si l’eslargiez od une tente faite de malo terre etc.», Valls 46: «Pren toute cele mauvese char a unes soutilz tenailles se tu puez, aprés la trai fors des narines et l’arrache. Et se tu ne puez tot arrachier, si en trenches ce que tu porras. E se tu n’en puez riens traire hors ne arra-chier, fai une tente de maleterre seiche et boute dedenz la narine, si l’eslargis». 140 Ms. del. Cfr. lat.: «cannam ferream uel eneam» (S 177) e AP 251: «canna di ferro o di ramo». 141 Ms. rubrica (A quello medesimo) vergata sul margine superiore (mano 1) e depennata, ru-brica corretta sovrascritta (di mano diversa). 142 Ms. cura depennato e cauterio sovrascritto (di mano diversa).

272 Ilaria Zamuner

craneo, ma infino al muscolo. La | cura, da qui inna(n)çi, è come detto avemo i(n) quello | paragrafo. Del cancro nato nele nari 143, nel palato 144 o nele gengie 145. | .xlv. Lo cancro si fa talora nele dette nari, nel palato, |15| nele gengie e nele labra; e quello luogo dov’elli | si fa, è 146 corroso d’intorno, e rossica talora il luogo, | e la pelle è inversata; e la cotenna no(n) rode, ma sì | la carne dentro. Ma se la carne è d’intorno dura | o livida o nera, non è lieve cosa a curare 147; ma se |20| è di nuovo e non sia molto corroso, così 148 gli diamo | la chura. Dela cura di quello p(er) tagliamento. | In quanto lo cancro è, infino al vivo, sì talliato col | rasoio, poscia lo ’(n)cendi co(n) ferro caldo, e curalo co(n) tuorlo | d’uovo, i(n)fino a tanto che-l fuocho caggia dala fedita. |25| Ma sse fosse di state, mettivi l’albume col tuorlo | et olio, ma sse al-cuna cosa delo cancro o dela carne | corrotta fosse rimasa, curalo anche co(n) un-guento | ruttorio; poscia coll’uovo, secondo la diversità del | tempo, chome detto avemo. Ma ss’elli avesse ma|30|culato tutto lo labbro o lo naso, od averà corroso | quello vembro malato, sia tagliato i(n)fino al vivo; | poi il cura diligentemente come detto avemo. |17r| Ma quando elli fosse nel palato, la quale cosa adiviene | spesse volte, incendilo con ferro caldo o con oro. | Dela cura dele | gengie d[...] 149. .xlvj. Ma sse fosse nele gengive, lo luogo sia lavato bene | per tre dì, co(n) allume çuccarino; fregalo inprima, |5| poscia lava; e fregalo con quello licore che ssi fa così: | tolli vino cotto o mele co(n) aceto ugualem(en)te, ed in questo | bollano radici di tarso barbasso e caprifico, maligranati | e piregius e gingiberis; poscia vi soprapo-ni questa | polvere che qui di sotto si dirà, il luogo p(ri)ma b(e)n(e) forbito. |10| Tolli allume çuccarino, foglie d’uliva, rose 150, orrigamo, | corteccia di melagranata, ossa di dattari arrostiti, piretri, | ossa di granchio, cennamo, garofani, noce moscata, | an(a) on(cia) .j. Tutte queste cose polve[r]iççate 151 sopraponi | come abbiamo detto,

                                                            143 Ms. o scritto in interlinea (di mano diversa). 144 Ms. palato depennato e a gola sovrascritto. 145 Ms. o nele gen|gie depennato e o i(n) altra par|te dela faccia, e dela cura di quello sovra-scritto e nell’interlinea inferiore (di mano diversa). 146 Ms. segue rosso depennato. 147 Cfr. lat.: «Si uero caro sit undique dura, liuida et denigrata, non est facilis ad curandum» (S 178), ma pis: «Et se sarà da ogni p(ar)te dura et livida et no(n) è nera, sarà agevole a curare» (AP 251). 148 Ms. segue una piccola macchia d’umidità che non intacca il testo. 149 Rubrica vergata sul margine destro (di mano diversa). 150 Ms. segno abbreviativo pleonastico in interlinea. 151 Ms. polveliççate.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 273

 

lo luogo p(ri)ma b(e)n(e) lavato co(n) aceto, |15| ove abbia bollito calamento; sopra-poni levistico | agreste masticato co’ denti, overo la polvere di quelle | cose le quali seranno lasciate nel sacchetto, doppo | il fatto chiareto. Polvere ale gengie dove sia il cancro. | Accipe gariofoli, cennamo, corteccie maligranati, |20| ossa dattilo(rum), allume, folia oliva(rum); tutte queste | cose sieno bene polveriçate, e ale gengive bene | la-vate co(n) aceto o col sopradetto vino, sopraponi. | Ala fessura de’ labbri 152. .xlvij. Ala fessura de’ labbri, | la quale volgarem(en)te si dice serchio 153, in altro modo si |25| dice setola, si faccia cotale cura: tolli seme di gius|quiami 154 e poni sopra la brascia ardente, e sopra la brascia | lo ’mbuto; e poi riceva lo malato, p(er) lo foro delo ’mbuto, | il fummo nela fessura de’ labbri; posscia metta la | boccha nell’acqua fredda e guarrà. A quello medesimo. |30| Tolli aloe patico, e litargiro, e vetriolo, et olibano, | ugualm(en)te e sottilissi-mam(en)te polveriçça. Anche tolli | herba flava e fumo terre an(a) 155, e tra’ne il su-gho; |17v| ma con quello sugo distempera alquanti de’ detti | polveri, ed incorpora con olio violato o comune; | e talora metti del sugo, talora dell’oglio, tutta|via incor-porandolo bene a modo d’unguento; e |5| quando serà bisongno, ungni il luogho. | Al’arsura de’ labbri 156. Al’arsura de’ labbri p(er) lo sole, | o p(er) altra cagione, tolli allume çuccarino e distem|pera co(n) mele, il mele ponendo per intervalli e sem|pre insieme incorporan-do, a modo del p(re)decto un|10|guento; et quando è bisongno, poni al luogo. | Dela punctura de’ labbri 157. .xlviij.

                                                            152 Rubrica vergata dopo Ala fessura de’ labbri (r. 23); segue e dela sua chura (di mano diver-sa). 153 Traduce il lat. «setlium» (S 179), ma «setula» in altri codici: cfr. di seguito e AP 252 «setula». 154 Sul margine destro, dente cavalino (di mano diversa). Cfr. AP 252 (n. 100): «Nel-l’interlinea, sopra squiano, si legge dente cavallino». 155 Manca la quantità come nel testo lat.: «Item accipe flauram, fumum terre ana et succum extrahe» (S 179); diversamente AP 252: «Idem togli herba securea et fumosterno, di ciaschu-no uno mazo, et trànne il succhio», Hunt 58: «Pernez une herbe que est apelee flaura e fume-terie uelement une javelee e traiez hors le jus» e Valls 47: «puis pren flame, fum[i]terre plain poing de chacune, après en trai le jus». 156 La rubrica segue Al’arsura de’ labbri p(er) lo sole (r. 6). 157 La rubrica segue Ala puntura de’ labbri (r. 11).

274 Ilaria Zamuner

Ala puntura de’ labbri | p(er) febbre, tolli amido, çuccharo, e distempera co(n) | sciroppo, e-· luogo ungni; mitigativo è. Anche | poniamo unguento biancho, ma per l’aceto poni |15| acqua rosata, e p(er) l’olio co(mun)e poni olio violato. Dela disgiuntura dele mascelle e dela sua cura. | .xlviiij. Talora adiviene che li capi dele mascelle sono | partite dala propria congiuntura, la quale cosa | si puote congnoscere che li denti di sotto no(n) si co(n)giun|20|gono dirittamente co(n) quelli di sopra; ançi, vanno | ale parti di sotto od a quella dentro, in tal modo | che la mola di sotto no· la puote dispartire, od ella | è malcongiunta; od ella è spartita e no· la può | congiungnere. Al quale si vuole sovenire così: |25| tolli li capi dele mascelle di sotto dal’urecchie, e ri|ducele ale parti di fuori tanto che ’ denti di sotto | sieno 158 ragualliati con quelli di sopra, in tal | modo ch’elli sieno rechati saviamente al luogo de|la lora natura. Et allora ricevi una fascia e levalo |30| suso, ed ungnilo con dialtea o marçiaton, e mettivi | lana o stoppa calda; e legalo in tale modo che li | denti di trambendue le mascelle sieno ugualm(en)te | sec(on)do l’usança, cioè che no(n) si possa muovere. |18r| 159 E la dieta sia così da sorbire, e bea cola penna | acciò che l’amalato non movesse le mascelle; | e se in alcuno luogo fosse lo dolore, mettivi | apostolico. Dela rottura dela mascella co(n) piagha. |5| .l. Se la mandibula d’alcuna parte fosse rotta, | diligentem(en)te quello luogo cerchi il medicho; | e, congnosciuto il luogo dela rottura, ciascuno | al suo luogo proprio re-ducha; la quale cosa | si congnosce p(er) li sengni che detti sono nella |10| prossima cura dela disgiuntura dela ma(n)dibula. | In quello medesimo modo si leghi e curi; e dieti | come i(n) quella medesima cura dela disgiuntura | dela mandibula dicemo. Dela rottura di quella co(n) fedita 160. | .lj. Ma sse la rompitura dell’osso e dela carne vi fosse 161, |15| prima reddi l’una parte all’altra, chome si co(n)viene; | la piagha, come detto avemo di sopra dela cuscitura | del naso, cuscila saviamente; ma la parte di sotto | lascia aperta, e metti entro uno stuello co(n)venevole 162. | Dela polvere rossa, la quale è scritta di sopra, spargere-mo |20| sopra la cuscitura dela piaga; e porremo uno piumac|ciuolo dala parte di sotto dela mascella, e l’altro | nela parte di sopra; e legheremola secondo la varie|tade dela parte, e dremoli la dieta che già è detta; | e, secondo la varietade del tempo e secondo il bisongno |25| del malato, metteremo la polvere due volte o più il die. |

                                                            158 Ms. segue ralla depennato. 159 Ms. rubrica dieta vergata sul margine sinistro; sul margine superiore prove di penna in scrittura moderna. 160 Ms. co(n) fedita depennato e di seguito sança piaga (di mano diversa). 161 Ms. segue prima depennato. 162 Ms. titulus pleonostico sull’ultima o di co(n)venevole.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 275

 

Dela fistola dela mascella. | Talora è infistolata la mascella, la boccha dela | quale talora è stretta, talora è larga. Se l’osso 163 è stretto, | mettivi una tanta 164 delo melo dela terra seccha; |30| e, qua(n)do tu vedrai l’osso dela fistola allargato, metti | entro unguento ruttorio, e sia mortificato co(n) quello 165. | E quando serà mortificato, metti entro pa(n)no bangna-to | in albume d’uovo, fino a ta(n)to che lo ’ncendio sia rimosso |18v| dala fistola; e, quando lo fuoco serà caduto, curalo | con unguento verde e coll’altre cose, come l’altre | piaghe. Ma s’elli avesse rotta la substança dell’osso, | si vuole raguardare con grande diligentia; e se |5| quello osso è alcuna cosa rimosso, si vuole tal|gliare infino al vivo; e quando tu vedrai la | putredine biancha e grossa, sappie che la fi-stola | è mortificata; ma se quello che esce fuori fosse | liquido et aquoso, da temere è che la fistola no(n) |10| abbia cominciamento nele radici de’ denti, la quale | cosa si congnosce se le gengie sono più molli in | uno luogo che in uno altro, ed alcuno dente colorito, | in quello luogo è la fistola; e, se così è vero, tutti | quelli denti si volliono trare fuori co(n) tutte le radici. |15| E nela fistola si vuole mettere la tanta, e con questa | l’unguento verde; e coll’altre cose che dette sono | di sopra, infino ala fine si vuole curare; ma dentro si vuole mettere la polvere ch’è detta di sopra | nela cura dele gengie, quando non v’à cancro. |20| A dolore de’ denti e dele gengie. | .lij. A dolore de’ denti e dele gengie, fa una cottura nela | fontanella ch’è dietro dala carnositade, la quale | è dala parte di sotto nel’orecchie; ed in questa cot|tura metti uno nodello. A quello medesimo. |25| Tolli seme di cartillagine 166 e seme di porri ugual|mente, e poni su’ carboni ardenti; e sopra quelli | carboni poni lo ’mbuto, e p(er) la canna delo ’mbuto lo ’n|fermo riceva il fummo che n’esce al dente che li duole, | p(er)ciò che questo fu(m)mo dissolve maravigliosamente |30| la rema che fa dolere il dente; e tra’la fuori e mitiga. | A levare le pustule che nascono nela faccia 167. | .liij. A levare le pustole che nascono nela faccia, tolli on(cia) .j. |19r| di mele dispuma-to e latte, di fico on(cie) .ij., suci malit(er)re | on(cie) .ij. 168; et queste tre cose

                                                            163 Ma «boccha» in AP 253. 164 Traduzione del lat. «tenta» (S 180); cfr. AP 253 «tasta». 165 Cfr. lat.: «post elargatum enim os fistule ferro calido bene debet uri in fundo» (S 181). 166 Ma lat. «casillaginis» (S 181) e AP 254 «cassilagine». 167 Segue e dela cura | di quelle (di mano diversa).

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mescola insieme, et in | maloterre cavato il metti, ed in quello sopra | lenta brascia il fa bollire; e questa polvere v’agiungni, |5| la quale si fa così: r(ecipe) tartari, vino bianco, senape | bianca, an(a) on(cia) .j.; pepe bianco, allume çuccharino, | an(a) on(cia) (semis); boracis on(cie) .ij.; olibani puri, osso di seppia, | an(a) on(cie) .ij. E di tutte queste cose fa polvere e mettilo | in quello licore, ed incorpora assai, e ser-valo all’uso; |10| e, quando è bisongno, iscalda inprima il luogo al fuoco, | e poi un-gni. E quando la pustula serà crepata, ungni | con unguento biancho, ma per aceto poni acqua rosata, | e p(er) olio comune, olio violato. Fassi l’unguento bianco | chosì. Del’unguento biancho. |15| Tolli mastice, olibano, on(cia) (semis); litargiri, piombo usto, | an(a) on(cia) .j.; ceruse on(cie) .iij. Queste si pestino e polveriççino | diligentemente; [e] co(n)fi-ciansi così: uno poco d’olio vi metti, e co(n) quello le dette polveri diste(m)pera; e poi vi poni | un poco d’aceto et anche mesta; e poi dell’olio; e poi del’aceto, |20| sì che, così ponendo ora di questo ora di quello, dilige(n)te|mente incorpora. Ma sen-gno pieno è di confectione | quando quello unguento è liquido ed ugualmente | di-scorre. E vale questo unguento a molte cose, | p(er)ciò ke vale ala flemma salsa ed ala ’mpetigine, |25| ed ala serpigine; et a mitigare l’arsura la quale | viene p(er) hu(m)ori corrotti. Dele sup(er)fluitadi dela faccia. | Ma perciò che nela faccia si fanno molte altre soper|fluitadi, come è la ’mpetigi-ne e la serpigine, e la | morfea, le quali avengnadio che molte volte tutto |30| il corpo occupino, perciò che elleno sono più mani|feste nela faccia, p(er)ciò di queste cura in questa | parte sopponiamo. Ala impetigine. | |19v| Ala ’mpetigine cotale cura si dà: tolli frum(en)to | e ponilo sula ’ncudine del fabbro; lo poni e ponvi | suso uno ferro caldo lato, ed ardi quello grano; | e quello che n’esce caldo, spesse volte ungniamo. |5| Vale anche questo ala flemma salsa. Ala serpigine 169. | Ala serpigine cotale si fa la cura: tolli tartaro, | vino biancho, piombo usto, sugo di ciclamine, | testa di çuccha usta, polvere di fuliggine, piretro, | olio comune,

                                                                                                                                            168 Cfr. lat.: «Accipe vj un. mellis, .ii. lactis, ficus un. .ii., succi mali terre» (S 182), AP 254: «A mandare via le pustule che nascono nela faccia: togli oncie .vj. di mele et libre .ij. di lacte di fico et succhio di maloterra», Hunt 60: «[A]s burbleites qui aveinent en la face oster pernez unces trois de miel, de* lait, de ficz* unces dous, del jus de mal[o] terre unce uno» e Valls 49: «As brues qui naissent en la face pren de miel .vi. onces, du lait, de figues seches une once, du jus de melterre .ii. onces». 169 Sul margine sinistro: Unguento ala s(er)pi|gine (di mano diversa?).

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(quanto basti) 170. Conficesi così: queste cose, |10| col sugo del ciclamine et coll’olio si conficiano, | ora ponendo il sugo, ora l’olio; e così, ora dell’uno | ora dell’altro ponendo, li confici; e reserva all’uso. | E quando fa bisongno, lo ’nfermo s’unga di cotale | unguento e tengalo tre dì, che no(n) si lavi. Doppo il terço |15| dì si bangni, e questo faccia tanto che sia sano. | Unguento ala morfea biancha. | La morfea, alcuna bianca, alcuna nera, dele quali | l’una curabile e l’altra incura-bile. Ma quella che è | curabile, si congnosce per questo sengno: pungasi |20| il luogo co(n) ago, se n’esce sangue vivo, è curabile, | ma se n’esce acqua biancha, è incura-bile. Dunq(ue), | ala biancha ed ala nera, [ch’]è curabile, morfea cotale | unguento facciamo. A quello medesimo. | Tolli tartari, solfo vivo, auripim(en)to, sale cotto, |25| cristallo, nitro, sapone spatarento, arge(n)to vivo, mirre, | litargiro, cera bianca, olio comune, olio mu-scel(lino) 171, | olio laurino, grasso di gallina, pepe, mastice, olibano | et coçumbri. Conficiansi in questo modo: le cose | da pestare, pestale; ed insieme col solfo e col sapone, |30| et co(n) l’olio comune, le mescola; e fa bollire e cola p(er) | panno. Ma la cera e-l grasso dela gallina risolvi p(er) sé; | e l’olio laurino e muscellino, adgiu(n)ti et i(n)corporati, |20r| cole predette cose mescola e diligentemente | le ’ncorpora. E questo unguento due volte il die | sopraponi. A quello medesimo. | Tolli tartari, solfo ca(n)nellato 172, auripim(en)to, sale [t]osto 173, |5| fuligine, ol(e)i lucidi 174 p(er) uguale peso. Tutte q(ue)ste cose | pesta e cuocile, ed ungni tan-to che lo ’nfermo sia sano. | A quello stesso. | Tolli solfo vivo, sapone sara[cenesco] 175, sapone gallic(o), noci co|mune b(e)n(e) tr(it)e, an(a) (oncie) .iij.; tartari, fulig(in)is, an(a) (oncie) .ij.; auri|pim(en)ti, salis co(mun)is, elleb[or]is 176 albis, an(a) (oncia) .j.; alluminis scissi |10| (oncia) .j.; de fumoterre, lapatio acuto et erba flavia, an(a) | manip(o)l(um) 177. Tolli et tra’ne il sugo; e le p(re)dette cose polve|riççate, co(n) tale sugo co(n)fice; ed insieme molto                                                             170 Cfr. lat.: «quod sufficit» (S 183) e AP 255: «abastansa». 171 Dal lat. «muscellino» (S 183); cfr. AP 255 «mussellino». 172 Lat. «sulphur cannellatum» (S 184). 173 Ms. costo; cfr. lat. «sal tostum» (S 184) e AP 256 «sale cotto». 174 Traduzione del lat. «oculum lucij» (S 184). 175 Ms. sara. Cfr. lat. «saponis sarracenici» (S 184) e AP 256 «sapone saracinescho». 176 Ms. ellebis. Lat. ellebori (S 184); cfr. AP 256: «eleboro». 177 Manca la quantità; cfr. lat. «manipulum .i.» (S 184) e AP 256 «uno masso».

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me|nando, diligentem(en)te le ’ncorpora. E vale anche cotale | unguento ad ongni impetigine. A quello stesso. |15| Tolli radice di centocapito, auripimento fogliato, | arge(n)to vivo, litargiro et olio co(mun)e, (quanto basti). Confice così: | le cose che sono da pestare, pestale, e dele radici p(re)dette | trai il sugo; e la predetta polvere co(n) cotale sugo stempera. | Poscia vi metti dell’olio, e così mettendo ora di questo, |20| ora di quello, diligen-tem(en)te incorpora; e all’uso il riserva. | Ma in questo unguento, argento vivo co(n) saliva prima | spento, utilemente vi si ne pone; e cole p(re)dette cose s’incorpora. | Il quale usa così: le radici del centocapito pesta co(n) sale, | e quelli b(e)n(e) pesti frega forte il luogo; et doppo i tre dì, |25| entri nel bangno e stiavi quanto puote soffe-rire. | Doppo l’uscimento del bangno, del sopradetto unguento | s’unga; e così faccia tanto che sia sano. Ma avengnadio | che abbiamo che la morfea nera sia incurabile, sì come | abbiamo provato e co(n)gnosciuto, la cura aggiungniamo | la quale ancora vale ala serpigine ed impetigine, |30| e co(n)tra ongni plurito e scabbia 178. Ala morfea nera. Unguento 179. | Tolli tartari, fuliginis, (oncie) .ij.; salis nitri, çolfo vivo, an(a) (oncia) .j.; |20v| auripimenti 180, alluminis scissi, elleboris albi et nigri, | an(a) on(cia) (semis); tutte queste cose polveriça nel mortaio. | Anche tolli fumit(er)re, herbe flaure e ruce agre-stis, | aprotani agrestis, lampacii acuti, pane porcino, |5| an(a) manipolo uno; e pesta bene e tra’ne il sugo. Anche | tolli sapone sparateno 181 e saracen(esco) 182, an(a) on(cie) .iij., e mescola | insieme cole predette polveri; e diligentem(en)te i(n)corpora. | Poscia un poco del sugo p(re)detto imponi et mescola, | e poi dell’olio, et anche mesta; ed ora dell’uno ora |10| dell’altro ponendo, diligentem(en)te le ’ncor-pora. Poi | vi metti un poco del predetto sugo. | Del dolore del’urecchie e p(er) che cagione si faccia. | .liiij. Al dolore si leva nel’urecchie, talora p(er) discorrim(en)to | d’umori, talora che fuori di natura alcuna cosa di |15| fuori à ricevuto la quale, dimora(n)te nel’urecchie, | è certa cagione di dolore. Ma qua(n)do si lieva per | discorrimento d’umori, nè quelli 183 humori non sono | co(n)fermati a postema, così sovenire soliamo. | Dela cura sua se no(n) v’à postema nè vermine. |20| .lv.

                                                            178 AP 256: «è buona ala serpigine et impetigine, et ad pruza et rognia». 179 Ms. Unguento sul margine destro. 180 Ms. nel margine sinistro in alto: del dolore | d’urecch[ie] (di mano diversa). 181 Ma lat. «sap<onis> spatarenti» (S 184) e AP 256: «sapone spatarento». 182 Lat. «sarracenici» (S 184) e AP 256 «saracinescho». 183 Ms. segue una lettera cancellata.

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Tolli olio musceolo 184 e cipolla, e fendila p(er) meçço, p(er) | traverso e cavala; e quello metti nela cipolla e su | lenta brascia la poni; ed ivi la fa molto bollire, e | poi il metti nel’urecchie il più caldo che ssi può sofferire. | A quello medesimo 185. Tolli ruta et albume d’uovo |25| molto lesso, e queste due cose pesta diligen-tem(en)te | e p(er) panno ne trai il sugo; metti nela cipolla atraverso | divisa, e sac-centem(en)te la fa bollire al fuocho; e, | come il puote sofferire, caldo così il sopra-poni. | A quello medesimo 186. Accipe assenço, calam(en)to, |30| gineparo 187 et savina, e fa bollire in acqua 188; ed in | convenevole vasello le metti, sopra-l quale poni | uno i(m)buto inversato od altro che vallia altrettanto; |21r| e-l fummo che uscerà per lo ’mbuto, ricevalo ne-l’o|recchie il quale gli duole, e-l capo sia bene coperto. | E se p(er) queste chure il dolore no(n) mitiga e no(n) si rimuove, | è manifesto che-l verme è nel’urecchie, o li humori |5| sono co(n)vertiti a postema; li sengni de’ quali sono q(ue)sti. | De’ sengni dela postema qua(n)do è in quello luogo o dee venire 189. .lvj. Lo luogo è infiato e rosso, e ardore ma(n)da fuori; et | allora è da sovenire co(n) cose da maturare, e fare quelle | cose che nela sequente particola, nel trattato dele posteme, | diremo. Ma sse il predetto sengno no(n) apparisse, sança |10| dubbio il vermine è generato nel’urecchie. Dunque, | a quello uccidere e trarnelo, questa cura dare solemo. | Da trarne il vermio del’urecchie e da ucciderlo. | .lvij. Accipe herba persicaria e merolli dei 190 noccioli dele pesche, | e pesta bene i(n)-sieme e tra’ne il sugo; e mettivi altrettanto |15| olio di lino, e metti nel’urecchie; ed è provato. Ma quello | morto, ne sia tratto co(n) sottili mollette, overo che vi si ponga | la chufa, la quale alcuna volta ne trae il vermio vivo. | Del vermi[n]e 191 da uccidere, e da mitigare il dolore 192. |

                                                            184 Traduce il lat. «muscellinum» (S 185); cfr. AP 257: «muselino», Hunt 61: «muscelin» e Valls 52: «muscelin». 185 La rubrica è vergata di seguito a Tolli ruta et albume d’uovo. 186 La rubrica è vergata di seguito a Accipe assenço, calam(en)to. 187 Traduzione del lat. «iuniperum» (S 185); cfr. AP 257: «ginepalo». 188 Ms. la c di acqua in interlinea. 189 La rubrica è vergata sul margine destro (di mano diversa). 190 Ms. i corretta su una l. 191 Ms. vermie. 192 La rubrica è depennata; segue a quello medesimo (di mano diversa).

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Se-l vermine ancora fosse entrato nel’urecchie, olio |20| cu(m) sugo di follie di capparo e calamento bene i(n)corpo|rato, sia stillato nel’urecchie; p(er)ciò che gitta fuori il | vermine e-l dolore mitiga. Ma sse fossero nati in | altro vembro, elleboro biancho bene trito, col vino | il mischia e nel luogo il metti, p(er)ciò che sança dub-bio |25| li vermini uccide. Da trarre del’urecchie ciascuna altra cosa. | .lviij. Se la fava overo petruçça, overo alcuno simile, fosse | caduto nel’urecchie, il capo sopra l’urecchie dolente | si pieghi, e chufa molto traente al’urecchie s’appicchi; | starnuti vi s’aggiu(n)gano, acciò che la chufa a ssé |30| traggha, suggen-do, e lo spirito dentro mandi di fuori. | Ma alcuni i(n)volgono o lengno o ferro di lana o di bam|bagia, ed intingo(n)la i(n) trementina, o in altra cosa gluttinosa, |21v| e nel’urecchie il mettono acciò che quello ch’è | caduto nel’urecchie, appoggiandosi a quello co|tale istrumento, se ne traggha fuori. Ma i(m)p(er)ciò | che temiamo che quelle cose le quali poscia |5| vi si mettono, non facciano più dolore che | elle il curi-no, perciò da cotale cura ci rima|niamo. | Qui finisce la prima particola dela cirugia | e cominciano li capitoli dela seconda par|10|ticola 193. | .i. Dele fedite le quali si fanno nel collo co(n) ispada o | con altro simigliante, e dela loro chura. | .ij. Dele fedite le quali si fanno nel collo co(n) saetta | o con altro lancione. |15| .iij. Dele fedite le quali si fanno nela cervice | con ispada, se fosse talliata la vena organica o-l nerbo. | .iiij. De quella medesima fedita, se l’organica vena | non è tagliata. | .v. Dela fedita dela saetta fatta nela cervice. |20| .vj. Dela fedita dela gutture 194 fatta con ispada. | .vij. Dela fedita dela gutture fatta co(n) lancione. | .viij. Dele posteme 195 che naschono i(n) questi luoghi. | .viiij. Dele qualitadi dele posteme (e) per quali nomi | e sengni si distinghono. |25| .x. 196 Del flemone e dela sua chura. | .xj. Dela cura del’antrace overo carbunculo. | .xij. Dela cura dela postema che ssi fa dela colera rossa. | .xiij. Dela cura dela postema che ssi fa dela flemma. | .xiiij. Dela cura di quella che ssi fa per malanconia o p(er) |30| vitio dele cose di fuori 197.

                                                            193 L’indice del secondo libro è vergato da un’altra mano. 194 Resa del termine lat. «gutturis» (S 187); cfr. AP 258: «ghozo». 195 Ms. [po]steme vergato sul margine sinistro (di altra mano?). 196 Ms. antrace vergato sul margine sinistro (di altra mano?).

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.xv. Dele scrofole e gangole, e dela cura di quelle. |

.xvj. Dele fistole nate intorno al collo (et) alla cervice. | |22r| .xvij. Del 198 botio e dela cura di quello. | .xviij. Dela squinançia 199 e quante sono le sue qualitadi, | e quale è curabile o incu-rabile.| .xix. Dela cura dela squinançia e dela quinantia 200. |5| .xx. Dele bra(n)ce 201 innate dentro. | .xxj. Dela vulna 202 da tagliare o da no(n) tagliare. | .xxij. Dela disgiuntura del collo dal chapo. | Qui comincia 203 la seconda particola de|la cirugia e dele fedite, le quali si fan(n)o nel collo co(n) ispada o co(n) altro simile 204. |10| .i. Ma ale ferite che ssi fanno nel collo con spada o | con altro simile, cotale cura siamo usati di fare: | inprima è da raguardare 205 il luogo 206 diligentemente, e se | l’osso o simigliante cosa fosse in quello luogo che ssi ne | debbia trare, incontanente, se fare si puote, tra’nelo |15| fuori saviamente 207; e poi cusciamo la fedita; e la polvere | rossa sopradetta di sopra gittiamo; e, sì come già di sopra | nell’altre cure dicemmo, al tutto seguitiamo. | Ma se molto sangue habonda sì che l’osso od altra cosa | che ssi debbia trare, non si possa trarre, cusciamo |20| la fedita da parte e da parte la lasciamo aperta acciò | ke, quando serà il tempo, per lo luogo aperto meglio | ne lo possiamo trarre; e, qua(n)do ne serà tratto, e noi chu|sciamo il luogo aperto, ma lasciamo aperta la stremità | del luogo più pendente; e tutte altre cose che abbia-mo |25| dette di sopra, diligentemente attendiamo. |

                                                                                                                                            197 Il n. del capitolo e il titolo sono depennati; il n. del cap. (.xiiij.) è ripetuto sul margine sini-stro e la rubrica originale è seguita da Chome s’abbia a fare il | cancro e dela sua cura (di mano diversa). 198 Ms. Ddel. 199 Ms. s iniziale depennata. 200 Cfr. lat.: «De cura sinancie. De cura squiancie» (S 187); tuttavia una parte della tradizione latina trasmette: «De cura sciatice [!] et squinancie» (ibidem, n. 16). 201 Ms. e finale corretta in i (mano 1?); cfr. lat. «brancis» (S 187) e AP 259 «brance». 202 Cfr. lat. «De vuula» (S 187), ma una parte della tradizione lat. tramanda «uulnere» (ibidem, n.18); cfr. Valls 54: «De la cure de la laete». 203 Ms. Qui e comincia. Per encomincia? 204 Ms. co(n) ispada o co(n) | altro simile vergato sul margine destro. 205 Ms. ra di raguardare aggiunto in interlinea. 206 Ms. la prima o di luogo aggiunta in interlinea. 207 Più ampia la versione lat.: «et utrum os uel aliquid huiusmodi sit sibi, quod abstrahi de-beat, intuemur et digito attencius attractamus, et si aliquid est ibi, quod abstrahi debeat» (S 188, corsivi miei); cfr. AP 259: «è osso o altra cosa simili che se ne abbia a trare; et se v’è al-cuna cosa che se ne abbia a trare, se si può fare, incontinente quello ne caviamo». Il passo è assente nel ms. Ric per un probabile saut du même au même.

282 Ilaria Zamuner

Dele fedite le quali si fa(n)no nel collo se è talliata la vena organicha con saetta o con altro lancione 208. | .ij. Ma sse ill collo fosse forato dall’una parte all’altra con | saetta o co(n) lancione, dal lato ritto nel sinistro, od e co(n)verso 209, | uno lardone dall’una parte e un altro dall’altra |30| parte usiamo di mettere allato ala boccha dela piagha | infino al terço die, i(n)fino che faccia sanie; polta 210, a sanie | provocare, di sopra detto, p(er) la va-rietà del te(m)po, securam(en)te ponere possiamo. |22v| Ma quando avrà facto sanie, mettiamo stuello di pa(n)no, | ed a modo dell’altre fedite, da indi innançi curiamo. | Et in tutte cusciture 211, o fedite, attendiamo dilige(n)te|mente che la parte la quale più dipende, più diligente|5|mente sia curata, e ala fine si’ più tardi lasciata | a salda-re; e quella che soprasta la tasta, la quale è ivi, | continuamente menovando 212 ci af-frettiamo di sanare. | Dela fedita fatta nela cervice co(n) ispada, se fosse talliata la vena organica o-l nerbo 213. | .iij. Ma se nela cervice serà fatta fedita con ispada o con |10| altro simile, sì che fosse talliata la vena organica, | così è da 214 sovenire: la vena tutta coll’ago sia presa, | sì che ll’ago si metta sotto la vena; e se si fori dall’altra | parte dela vena, l’ago col filo ch’è in esso sia tratto co(n) | quello filo, sì che sia anodato e stretto sì che sangue |15| non escha; e così fa dala parte di sopra e di sotto dela vena. | E nela fedita sia messo panno lino infuso i(n) albume | d’uovo, non che la fedita sia p(er)ciò troppo piena di q(ue)llo pan(n)o. | La embroca di sopra detta, se fosse di verno 215, si pongha | infino a tta(n)to 216 che la fedita faccia sanie; e se fosse di |20| state, poni pur tuorlo d’uovo. E quando arà fatto | sanie, co(n) pa(n)no secco et unguento fosco, (e) co(n) altre | cose genera(n)ti buona carne, la cura v’agiu(n)gni, | sì come nell’altre fedite. Ma quando la stremitade | dela parte di sopra e di sotto à cognosciuto che puta, |25| di-sciolli i detti fili e da quello luogo gli rimuovi; | e poi procedi come detto è di sopra. |

                                                            208 Ms. con saetta o con altro lancione in interlinea; se è talliata la vena organicha depen-nato. 209 Lat. «econtrario» (S 188), ma «e converso» nel ms. J lat. (ibidem, n. 11). 210 Lat. «pultem» (S 188); «puluerem», «pulcem» nella tradizione lat. concorrente (ibidem, n. 14). 211 Ms. .no. sul margine sinistro. 212 Cfr. lat.: «stuellum, qui ibi est, cotidie minuendo, sanationi non inmerito festinetur» (S 188) e AP 259: «et lo *** che è indella ferita di sopra, ogni dì si mancha, et di sanarla presto ci spacciamo». 213 Ms. talliata la vena organica o-l nerbo vergato in interlinea. 214 Ms. ada, prima a espunta con un puntino sottostante. 215 Cfr. lat.: «Si fuerit in hyeme, embroca superponatur» (S 188); tuttavia il codice Fl lat. tra-smette «Embroca superius tantum, si fuerit in hyeme» e J lat.: «embrocha, si fuerit in hyeme» (ibidem, n. 25). Cfr. AP 260: «et se sarà di verno porrai di sopra *** per insino a tanto che faccia puza». 216 Ms. to di tta(n)to aggiunto in interlinea.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 283

 

Del talliamento del nerbo per lungo o p(er) traverso. | Se-l 217 nerbo sia talliato 218 per lo lungo o per oblico, ma | non è in tutto, co(n) questa cura si puote saldare: |30| vermi terrestri li quali nascono sotterra, li quali | in lungheçça et in rotondità s’assomilliano a lo(m)brichi, | ed appo alcuni sì si chiama-no lombrichi, toglili |23r| e pestali un pocho; e, bangnati nell’olio, scaldali al fuoco; | e, neuna altra cosa mediante, tre o quattro volte | o più se bisongnasse, gli poni ala piagha. Ma se il nerbo 219 | fosse talliato p(er) oblico tutto, non si salderà; ma |5| il predetto remedio, la natura aiutantelo, spesse volte | si raggiungne 220, p(er)ciò che n’esce acqua quasi sanguinea, | overo nera e di diverso colore. Tallora, p(er) tallia-mento | del nerbo putrefacto, puotesi la cotenna, la quale | è sopra lo nerbo, tagliare; e la polvere rossa, già |10| detta, vi si puote gittare suso, la quale cura è inutile 221. | Ma alcuni, non solamente congluttinati, ma ancora | saldati per la nostra cura, abbia-mo 222 veduti; e se il luogo | enfia, quella embroca, la quale nela prima particola | alo ’nfiamento rimuovere – il quale p(er) percossa si leva – |15| dicemo, poniamo infin’a ttanto che cotale enfiam(en)to si parte. | Quando la vena organica non è talliata. | .iiij. Ma sse l’organica vena dala predetta fedita no(n) sia | talliata, sì mettiamo pa(n)no i(n)fuso in albume d’uovo | nela fedita, nè no(n) i(m)piamo p(er)ciò troppo la fedita; ma |20| la embroca e l’altre cose, sì come per ordine nela p(re)detta | cura dice(m)mo, così et in questa poniamo, ala quale p(ro)seguiamo 223. | Quando il lancione o saetta 224 fose fitto nela cervice ed abbia forata la vena 225. | .v. Ma sse il lancione è fitto nela cervice et abbia forata | la vena overo l’artaria, sì che la fedita getti troppo sangue, |25| incontanente ch’è tratto lo lancione, si cuscia la vena sì | come nela terça particola di sopra dicemmo. A cotale | fedita polvere rosso aspergiamo, o polvere di sterco | d’asino secco sopraponiamo; e se no(n) avessi

                                                            217 Ms. ta[l]giato | nerbo sul margine sinistro (di mano diversa). 218 Ms. la seconda t di talliato sovrascritta su una p. 219 Ms. Del nerbo talliato | p(er) traverso vergato sul margine destro (mano 1?). 220 Cfr. AP 260: «non si rassoda con questo remedio; niente di meno la natura aiuta et conglu-tina quel nervo». 221 Ma lat.: «que cura non est inutilis» (S 189) e AP 260: «la qual cura non è disutile». 222 Ms. i aggiunta in interlinea. 223 Cfr. lat.: «embroca vero et alia, sicut per ordinem in predicta cura diximus, ita et in ista ponimus et prosequimur» e AP 260: «La *** e l’altre cose per ordine seguitiamo di fare, co-me indela sopradetta cura aviamo detto». 224 Ms. o saetta aggiunta in interlinea sopra a lancione. 225 Ms. ed abbia forata | la vena (di mano diversa).

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sterco d’asino | secco, poniamo il verde i(n)tra-l 226 pan(n)o, e fortemente |30| lo spre-miamo i(n)prima, e poscia il sopraponiamo. A quello medesimo 227. | Tolli encenso on(cie) .ij., aloe on(cia) .j., albume d’uovo, | peli di lepre qua(n)to basta. Co(n)fice così: pesta le cose ke sono |23v| da pestare e distempera con albume d’uovo; e li peli | dela lepre co(n)ficiendo co(m)misce 228; ed ale vene tagliate | ne poni abbondantemente, tanto che caggiano | dala fedita 229. E nota che in qualunque parte del |5| corpo, se alcuna vena è talliata e p(er) tua medicina | abbie constretto il sangue, non ne levare la me|dicina, se non doppo li tre dì 230. Vale anche | il gesso con granella d’uve sottilissimamente trita 231. | Fiori di lanciula 232 e le follie del bruotino 233 si pestino, |10| (et) all’uso si riserbino. Granella di grano masticato | in boccha e sopraposto co(n)stringne il sangue e | sana; ed è provato. Ma, constretto il sangue, si curi | da indi innançi sì come i(n) simiglianti cure abbiamo | già detto. Un-guento ruptorio sia posto in pa(n)no |15| lino, e poscia si metta nela vena; estra’vi p(er)ciò ch’elli | a[r]de 234 sì come fuocho 235. Dela fedita in gutture. | .vj. Ma se fosse fatta fedita in gutture, sì che esso ysogafo, | overo tracea artaria 236, fosse forata overo tagliata, | in cheunque modo la fedita è, sì è mortale. |20| E quello medesimo serà, da qualunque parte | la fedita comincerà, o che sia di lancione o d’altra | cosa. .vij. 237 Ma se la coticola la quale è quivi sia fedita, | sia curata come l’altre fedite. | De’ nomi dele posteme nascenti in questi luoghi. |25| .viij. Ma sì come diversi humori sono nel corpo umano, | così certam(en)te e le collectioni 238, le quali consurgono | dale superfluitadi di quelli, sì si chiamano in di|versi modi, overo nomi, ma generalmente si | chiamano aposteme, dele quali sono

                                                            226 Corretto su i(n)meçço (meçço depennato). 227 Ms. medesimo è vergato oltre lo specchio di scrittura. 228 Così nel testo lat. (S 189). 229 Ms. .No. sul margine sinistro. 230 Indicazione terapeutica assente nel testo lat. (S 189), in AP 261, in Hunt 64 e in Valls 56. 231 Ms. a finale corretta su e. 232 Lat. «flores lanceole» (S 189). 233 Lat. «folia ebuli» (S 189). 234 Ms. ande. 235 Prescrizione medica assente nel testo lat. (S 189), in AP 261, in Hunt 64 e in Valls 57. 236 Lat. «isofagus uel traches arteria» (S 190). 237 Ms. il par. .vij. segue il precedente senza soluzione di continuità. 238 Dal lat. «collectiones» (S 190); AP 261: «collere».

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quattro spetie. |30| P(er)ciò 239, altro è di sangue e chiamasi flegmo(n), altro | è di colera naturale cioè 240 rossa, ed è detta | erpes estiominus 241, altra di colera innaturale, cioè |24r| malanconia, e dicesi cancro dentro 242, altro si fa | di flemma e dicesi çimiata 243; e ciascuno di q(ue)ste | si congnosce per suoi proprii sengni. De’ segni da co(n)gnoscere le posteme 244. .viiij. Se è | postema di sangue, à rossore 245, polso forte, |5| dolore, c[a]lore 246, enfia-mento 247; di fle(m)ma questi | sono li sengni: biancheçça, molliçie, sì che se vi | poggiassi il dito quasi vi faresti sengno d’uno foro; | dela colera rossa cotali segni procedono: calore | acuto, robur misto al citrino colore; dela colera |10| nera innatu-rale, overo malanconia, q(ue)sti sono | li sengni: grande 248 dureçça co(n) alcuna nereçça. | Ma ora vengnamo ala cura di quelle. | Del flemmone e dela sua cura 249. | .x. Tolli ruta, comino, lardo, farina di tritico e |15| cipolla, le quali tutte cose chuoci in vino bianco | et olio, et assai le mena; poscia la poni suso 250 tanto | che vengha a sanie. Maturata, dunque, la postema | dala parte di sotto 251, dove maggiormente il luogo | depende, saviamente con saettella sia talliata in |20| lungo, se fare si puote. E nota che, in luoghi 252 | spungnosi, e nele poppe, e nel’intricati ***, pocho | doviamo mettere la saettella 253. Poscia, il dito vi si | metta entro, e diligentem(en)te tutta la

                                                            239 Ms. contra poste[m]a sul margine sinistro (di mano diversa) e sugo sola[...]o sì è morella sul margine inferiore (di mano diversa). 240 Corretto su ed è detta depennato (mano diversa?). 241 Dal lat. «herpes estiomenus» (S 190; cfr. Lexicon Medicum Græco-Latinum a Bartholomæo Castello, Roterodami, Arnoldum Leers, 1665, s.v. esthiomenon herpes); AP 261: «nerpens exiomenus», Hunt 64: «herpes hestiomenus» e Valls 57: «herpes estiomezlus». 242 Ms. cancro dentro corretto su cancer interior depennato (mano 1). Cfr. lat. «cancer inte-rior» (S 190) e AP 261 «cancro di dentro». 243 Cfr. lat. «zimia» (S 190) e AP 261 «symia». 244 Rubrica vergata sul margine destro. 245 Ms. ed à rossore. 246 Cfr. nota seguente. 247 Cfr. lat. «Si enim fuerit apostema de sanguine, rubor, pulsus fortis, dolor, calor et tumor <adsunt>. Ex fleumate signa sunt hec» (S 190); AP 261: «Se la postema sarà di sangue, arrossiscie, picchia forte, èvi dolore, caldo et enfiatione; per flemma vegnano queste cose», Hunt 64: «Si l’aposteme avient de sanc boillant, le puls* doit estre fort e li malade doit suffrir dolur e chalur e emflur» e Valls 57: «Cal se li apostume vient de sanc, il doit estre rouges et gros et li malades doit avoir fort pous et dolor et chalor». 248 Ms. segue ne depennato. 249 Ms. segue [s]ì è giano (di mano diversa). 250 Ms. suo. 251 Lat. «interius» (S 190). 252 Ms. .No. sul margine destro. 253 La prescrizione è assente nel testo lat. (S 190), in AP 261, in Hunt 64 e in Valls 57.

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sanie sia | expremuta; la quale, diligentemente ma(n)data di fuori, |25| stuello di panno vi si metta, e due volte il die | si muti; e curisi da q(ui)nci ina(n)çi come l’altre fedite. | Dela cura del’antrace overo carbuncolo. .xj. Ma se fosse antrace overo carbuncolo, sovenia|mo con cose fredde intorno al luogo patiente 254, |30| sì come è olio rosato, suco di solatro 255, aceto | co(n) sugo di caprioli di vite, memmite 256, e verniculare 257, | e altre cose simiglianti da costringnere il calore. |24v| Ma fassi l’antrace overo 258 | lo carbuncolo di sangue ferve(n)tissimo; ma sopra | lo luogo si ponga scabbiosa pesta, provato è. O facciasi | quasi empiastro di fichi secchi, pepe nero, agli ed a|5|uripimento; tutte q(ue)ste cose peste e 259 co(n) melle sopraponi. | La consolida minore pesta tra due pietre, anche | p(er) miracolo divino, uccide l’antrace e al tutto la cava; | e, sopra legata, i(n)tra spatio d’uno die il cura, sì che | poi non abisongna se none la cura dele fedite. |10| Dela cura dela postema che ssi fa di colera rossa. | .xij. Ma se la postema si fa di colera rubea, troppo calda e | spessa 260, et in alcuna parte co(n)segga, quella exulcera | ed alt[r]e 261 fedite fa; ala quale così soveniamo, come | nela cura del’antrace di sopra è prenotato. |15| Dela cura dela postema che ssi fa di flemma. | .xiij. Se fosse postema di fle(m)ma, facciamo cotale cattaplasma: | tolli radici di malvavischio 262 on(cie) .viij., e cuocilo in | .xviij. oncie di grascia di porco, olio vecchio, staria 263 .ij.; | e gittate via le radici e colato l’olio, adgiu(n)gavisi is|20|puma d’argento vivo sottilissimam(en)te polveriçata, | overo pesta, on(cie) .viiij.; e, sança intermissione me|nando, a lento fuoco si cuocano; ed a modo d’impiastro 264 | si so-praponga. Overo che vi si faccia empiastro il q(ua)le | usiamo di fare ad ongni po-stema, il quale fae a(n)che |25| sanie; e fassi così. Empiastro a generare sanie. |

                                                            254 Lat. «loca patiencia» (S 191). Cfr. AP 261-62: «della malura». 255 Ms. e covalo (?) sovrascritto (di mano diversa). 256 Lat. «memithe» (S 191). 257 Lat. «uermicularis» (S 191). 258 Ms. segue la rubrica ¶ dela cura del’antrace e del carbun|culo depennato (da mano diversa?). 259 Ms. e aggiunto in interlinea. 260 Ms. prove di penna in scrittura moderna sul margine sinistro. 261 Ms. alte. 262 Lat. «malvanisci» (S 191). 263 Lat. «sextariis» (S 191). 264 Ms. impiasto.

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Tolli malva, bra(n)ca orsina, radice di malvavischio, | ed ongni cosa cuoci in ac-qua 265; e pestale poi bene nel | mortaio cola sungna. Poscia vi metti bituro, levame, | lacte di femina, tamarici, e le polte, le quali avemo |30| dette di sopra 266 a provocare la sanie nela fedita; | e, quando serà bisongno, a· luogo sopraponi. | Come s’abbia a ffare il cancro 267. |25r| 268 Tolli radice di gillio e cuocile in acqua; e pesta | co(n) sugna, e scaldale un’altra volta nela pentola al | fuoco; e poi v’agiungni 269 cipolla arrostita, memithe, | follie di cavoli cotte e peste co(n) sugna, e farina di seme |5| di lino cotta in vino, e ciascune cotali cose, p(er) le quali | la materia possa essere mutata e menata a sanie. | Tutte queste cose mescolate et i(n)corporate vi si sopra | pongano, fino a tanto che la postema sia matura; |10| e quando ella serà matura, dove il luogo più depende, | sia aperto; e l’altre cose seguitino, che dette sono ne|la cura dela postema che ssi fae di sangue. | Come 270 si fa lo cancro 271. | .xiiij. Lo cancro alcuna volta si leva nel corpo p(er) vitio dele |15| cose di fuori, alcuna volta p(er) vitio dele cose dentro. | P(er) vitio dele cose di fuori, sì come p(er) fedita no(n) bene | curata; p(er) vitio dele cose dentro, si fa p(er) homori corrotti 272. | P(er)-ciò che ogni fedita la quale à passato cinque mesi | che non sia bene curata, già no(n) si dirà fedita, | ma appellerassi cancro, overo fistola. Questo cotale |20| cancro, od egli s’à p(er) grande te(m)porale, o p(er) piccholo. | Anche alcuna volta si fa in luo-ghi nervosi et i(n)tricati | e pieni d’arterie; altra volta si fa i(n) luoghi carnosi. | Onde altromenti è da curare quello ch’è in luoghi nervosi | et i(n)tricati e pieni d’arterie; ed altrime(n)ti quello che è |25| in luoghi carnosi 273; p(er)ciò che quello ch’è i(n) luoghi nervosi | et i(n)tricati e pieni d’artarie, non è da curare con | tagliamento nè co(n) in-cendimento, secondo il detto di | Ypocrate. A tutti coloro a’ quali li cancri sono na-scosi, | è meglio di non curalli, p(er)ciò che, curati, più tosto pe|30|riscono; e, non cu-rati, molto tempo compiono. | Dunque, p(er)ciò che d’intorno al collo, ala cervice e|d

                                                            265 Ms. c aggiunta in interlinea. 266 Ms. segue ep depennato. 267 Ms. rubrica depennata e a quello stesso aggiunto sul margine inferiore (di mano diversa). Sul margine inferiore si legge anche il rinvio al fascicolo successivo (Tolli radice di gillio). 268 La rubrica Chome s’abbia a ffare il cancro (di mano diversa) si legge nuovamente sul margine superiore, ma depennata; segue a quello stesso (della stessa mano che ha vergato la medesima rubrica sulla c. precedente). 269 Ms. segue una depennato. 270 Ms. [...]anero (?) vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 271 Ms. segue e la sua chura (di mano diversa). 272 Così. Cfr. lat.: «Vicio interiorum fit humoribus putrefactis, vicio exteriorum, ut ex vulnere non bene curato» (S 192). 273 Lat. «in carnosis» (S 193).

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ala gola, sono nervi e artarie molte ed abonda(n)ça di vene, |25v| dal tagliamento e dalo ’ncendio è di rimanere 274; ma come | possiamo così soveniamo. Anche se-l cancro è molto | duro e troppo nero, i(n)curabile è 275. Dunque, se sia ca(n)cro, | e no(n) di molto tempo, intorno a’ luoghi predetti, cotale |5| unguento 276 facciamo, il quale si fa così 277: tolli radice | di lingua b. 278 on(cie) .iiij., radici di rada bardana on(cie) .v., | radici di celidonia on(cia) .j., ci(n)na(m)momi on(cia) .j., çi(n)çib(er)is on(cie) .iij., | argenti vivi on(cie) .ij., cere (oncie) .iiij., resine che basti, (et) as-su(n)|gia vecchia on(cie) .v. Confice sic: le sopradette radici |10| dell’erbe pesta i(n) mortaio di marmo, ale quali agiungni | la sungna, ed incorpora dilige(n)tem(en)te con quelle; dele | cose da tritare fanne polvere; e, cole predette cose mi|schiando, in-corpora. L’argento vivo, in vasello fittile, | al fuoco il poni co(n) resina, e fallo liqui-do; e, quando elli è |15| fatto liquido, ale p(re)dette cose l’agiungni et all’uso lo ri-s(er)va. | Ma se cotale unguento no(n) fa prode, pongavisi cotale | polvere, il quale vale al cancro uccidere il quale 279 è | in luoghi nervosi 280; e così si fa. Polvere contra lo crancho. | Tolli elleboro biancho, aristologie ro(tonda) 281, e polveriçça; |20| e qua(n)do fa bisongno, mettilo sopra. E se p(er) cotale polvere | fosse distrutto, pongavisi stoppa co(n) uovo ed olio, e poi | vi si ponga unguento verde; e così infino ala fine | con co-tali cose il curerai. Ma del cancro il quale si fa | in luoghi carnosi, al suo luogo di-remo. |25| Dele scrofule 282. | .xv. Le 283 scrofule nascono nela gola, sotto le mascelle 284 e nele ’n|guinaie, e spesse volte vi nascono alcune glandule | che non sono scrofule. Dunque, acciò che ssi co-ngno|scano s’elle sono grandule o no, tolli edera terrestre |30| e foglie di cetro, e pe-stale bene e bollano in olio; e po(n)le | sopra tiepide p(er) tre dì. E se le grandule se-ra(n)no me|novate, insisti co(n) questa medicina; ma ss’elle arossano |26r| sì che paia                                                             274 Ms. la i di rimanere è corretta su una a. 275 Il senso non è molto chiaro, ma il periodo è assente nel testo lat. 276 Ms., sul margine sinistro: Unguento al cancro (di mano diversa). 277 Cfr. lat. «Si ergo sit cancer et non ex multo tempore nec uulnere circa loca predicta, tale unguentum facimus, quod sic fit» (S 193). 278 Per bovina, cfr. lat. «bovine» (S 193). 279 Ms. quale con e depennata e le aggiunto in interlinea. 280 Ms. nervosi aggiunto in interlinea. 281 Cfr. lat. «aristologiam longam et rotundam» (S 193); «longam» manca anche nel codice Fl (ibidem, n. 13). 282 Ms., segue e gangole e cura di quelle (di mano diversa); sul margine sinistro si legge scrofola (di mano diversa). Cfr. lat.: «De scrofulis, glandulis circa collum et cervicem» (S 194), ma un’altra parte della tradizione lat. (ms. Fl) trasmette «De scrophulis» (ibidem, n. 1). 283 Ms. Se con s depennata ed l sovrascritta. 284 Lat. «ascellis» (S 194).

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che debbiano divenire a sanie, pon|gavisi cose da maturare; e, quando sono mature, | taglinsi p(er) lungo secondo la qualità dela parte, | acciò che la puçça esca. Quindi, poi vi si metta il dito |5| e purghisi il luogo col dito; poi vi si metta panno entro; | e, se vi fosse rimaso punto di grandule doppo-l terço dì, | vi si ponga polvere d’af-fodilli. Poi si curi sì come già dicemo di sopra 285. | Ma s’elleno indurano e 286 cre-scano, e sieno 287 p(er) uno mese o p(er) | meçço anno, e sia fanciullo, facciasi que-sto olio: r(ecipe) |10| tassia verde o secca, radici di rafano agrestis an(a) 288, olei ta(n)to | quanto di tutte l’altre cose. Le radici bene purgate e | bene peste bollano in olio i(n)fino che torni a meçço, o più, | che è il meglio; e questo tutto si ponga in uno vasello | posto i(n) una caldaia pieno d’acqua bolliente sopra-l fuoco. |15| Questo olio è buono quando il male è nela gola 289. Ma | di questo olio tre o quattro gocciole sieno stillate nelo | urecchie di quella parte, e sia lassato in quella parte; | e se p(er) quello olio l’urecchie enfiasse ed avessivi 290 rottura, | sì che alcuna puçça n’uscisse, sappie che guarrà p(er) questa |20| medicina; e se no(n) enfiasse, p(er) questa medi-cina no(n) guarrà. | Ma se v’à segno da guarire, insisti ancora più volte con | quello olio; e in questo meçço si faccia questa potione, | la quale si fa così. Cura ale scrofule. | Tolli radice di canna e radici di maliterre, radici |25| di bruschi 291 e di spago, radici dell’elleboro bia(n)co e nero, radici | d’aristologia ro(tonda), radici di fava lu-pina, radici di scrofularie 292, | radici di rafano agresto e domestico, radici di spatula fetida, | foglie d’alloro, ugualmente di tutte; le quali, bene purgate | e pestate, bollano in ottimo vino i(n)fino ala metà del vino; |30| e di questo vino beia una volta la setti-mana, se fosse | fanciullo 293; e se fosse giovane, beane due volte la settimana | quat-tro oncie 294, e mischialo co(n) altro vino. Et se nol puote bere |26v| tutto ad una otta, sì-l bea il die tra più volte 295; e sse | fosse troppo malagevole a bere, mettavi polvere di | çuccharo; e guardisi l’amalato sì come piglasse cosa | laxativa, p(er)ciò che così o più suole assellare. |                                                             285 Ms. di sopra vergato oltre lo specchio di scrittura. 286 Ms. et con t espunta con un puntino sottostante. 287 Lat. «sit» (S 194); tuttavia un altro ramo della tradizione lat. tramanda «sint» (ibidem, n. 8). 288 Manca la quantità come nel testo lat. (S 194). 289 Indicazione assente nel testo lat. (S 194). 290 Ms. la prima i di avessivi corretta su e. 291 Lat. «brusci» (S 194) e AP 262 «brusi». 292 Così nel testo lat. (S 194); cfr. AP 262: «scroffule». 293 AP 262: «bea la mattina una volta, et a mezodì un’altra volta se sarà fanciullo». 294 Il testo è lacunoso: cfr. lat. «bis per horam» (S 194) e AP 262: «oncie .iiij. per hora»; tuttavia così anche in Hunt 66: «de dragmes quatre medlé od autre vin etc.» e in Valls 61: «.iiii. onces merlés avec plain henap de vin etc.». 295 Indicazione assente nel testo lat. (S 194), in AP 262, in Hunt 66 e in Valls 61.

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|5| Del menovare dela luna 296. S’è-l menovare dela luna, quando 297 | sono dela luna pur .xj. dì, tolla .xj. crispel-le di radice | di spatula fetida e di rafano rosso agresto, l’altro dì .x., | l’altro .viiij., e così infino ala fine dela luna, ciascuno | die menovando una. E se questa materia non vale, |10| ala cirugia è da ricorrere; questo prenominato | dinançi, che mai non si dee tagliare alcuna scrofula | o grandula, la quale non si possa bene mantenere | e tratta-re. Del talliamento dela scrofula. | Dunque, a tagliare o scrofula o grandula, i(n)prima |15| si dee pigliare e tenerla ferma co(n) una mano, e la | cote(n)na di sopra tagliare p(er) lungo, e quinci e quindi | scarnare e co(n) uncino pilliare, e trarle 298 ala parte | di fuori; e se altra quella seguitasse, quella se ne tragga, | e tutte quelle che vi sono sempre col fo-glio 299 suo se ne |20| traggano. Ma sse seguisse troppo emorosagia, si | traggano p(er) intervalli; et allora s’empia la fedita | di peçça infusa i(n) albume d’uovo. Ma lo secondo | die, se alcuna cosa del suo follicolo overo dela scrofola | fosse rimaso, sopraponi polvere d’affodilli detto di |25| sopra nela cura del capo, i(n) quello capi-tolo il quale | è intitolato: «Dele scrofole le quali nascono nel capo». | Poscia la car-nosità e la puçça sia tratta fuori. E q(ue)sta | cotale polvere a rodere cotale pa(n)nicolo è da mettere; | e qua(n)do tu vedrai la fedita enfiata e deseccata, e-l pa(n)no |30| infuso nel’albume dell’uovo è da mettere nela fedita; | e vi 300 soprapo-ni 301 stoppa co(n) uovo, mentre che tu vegga | che-l pa(n)nicolo sia bene putrefatto e corrotto e che la fedita |27r| faccia un poco di puçça. E poscia col’unguento verde, | che detto è nel capitolo dele cure del naso e dele super|fluitadi, e co(n) l’altre cose le quali sono da fare ale fedite, | così fa la cura. Dela 302 fistola 303. |5| .xvj. La fistola è postema, il coro [sic] 304 dela quale è stretto e | profondo, alcuna volta ampio e profondo 305; la quale, | talvolta si fa per vitio dele cose dentro, talvolta                                                             296 La rubrica è vergata alla fine delle rr. 4-5. 297 Ms. d scritta in interlinea. 298 Per trarla; cfr. lat. «ad exteriora trahatur» (S 195) e AP 262 «trarla fuori». 299 Resa del lat. «folliculo» (S 195), ma cfr. di seguito. 300 Ms. di. 301 Il passo è corrotto. Si potrebbe correggere con [in]di sopraponi, ma l’avv. non ricorre in alcun altro luogo del testo, oppure con le lezioni e[-l] dì o e di soprapon[ere], entrambe valide, ma non risolutive. 302 Ms. precede termine depennato e illegibile (di mano diversa). 303 Non è certo che la rubrica Della fistola sia vergata dalla mano 1. Segue nata i(n)torno al collo (et) alla | cervice (di mano diversa). Cfr. lat.: «De fistula et cura eiusdem circa collum nata» (S 195); un altro ramo della tradizione lat. «de fistula» (ibidem, n. 23) e AP 263 «Della fistula et sua cura». 304 Per foro? Resa del lat. «os» (S 195).

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 291

 

p(er) | vitio dele cose di fuori 306: p(er) vitio dele cose dentro, sì come | p(er) humori; p(er) vitio dele cose di fuori, come nela detta 307 |10| cura dele piaghe. Ma questa fistola è qua(n)do p(er) lungo | tempo, quando per piccolo. Anche altra è in luoghi | nervosi et i(n)tricati e pieni d’arterie, altra i(n) carnosi; | anche altra corro(m)pe pur la carne, altra corro(m)pe l’osso, | altra il nerbo. Dunque, ciascuna si co(n)gnosce p(er) suoi |15| proprii sengni, imp(er)ciò che quella che corro(m)pe la carne | gitta puçça facta come 308 acqua bianca; quando l’osso | fosse ledito, n’esce puçça come lavatura di carne; | ma se-l nerbo fosse ledito, la puçça 309 n’esce nera | e quasi sanguinea. E p(er) le quali tutte manifestam(en)te 310 |20| si ricollie che, p(er) varietà dele parti subgette del corpo, | i(n) questa infermitade è d’agiungnere varia chura 311. | Dunque, p(er)ciò che d’intorno al collo, e la cervice, e la | gola, luoghi implicati et i(n)tricati sono di nervi, | d’artarie e di vene 312, e tagliamenti o incendi-menti |25| fare no(n) ardiamo, p(er)ciò co(n) cotale cura soccorriamo. | P(er)ciò se cotale andam(en)to fosse stretto, ampisi co(n) tasta | maliterre i(n) questo modo 313: facciasi la tasta del malot(er)re secco 314 | e mettasi nel’andam(en)to dela fistola, sì che quello anda|mento s’empia; e dala mattina i(n)fino ala sera, o de co(n)verso, |30| vi si lasci. Qua(n)do la bocca dela fistola serà bene allargata, | se quello luogo no(n)n è troppo i(m)plicato et i(n)tricato d’arterie | e di nervi, come se sia i(n)torno al collo, p(er)ciò ch’è i(n) dubbio, sì |27v| non è da mettere, i(m)perciò che 315 è quasi fuocho, l’un|guento ruttorio, il quale si fa di calcina viva; e capi|tello vi mettiamo 316. Ma se sia parte 317 molto i(m)plicata | di vene e d’arterie, polvere d’affodilli vi possiamo mettere; |5| ma sse fosse huomo delicato, unguento pretiosissimo | a questa cura mettiamo, il quale si fa così 318. |                                                                                                                                             305 Diversamente AP 263: «Fistula è quando la postema di sopra è acuta e-l fondo è ampio et p(ro)fondo»; segue uno spazio bianco di due rr. circa. 306 Cfr. lat. «que aliquotiens vicio exteriorum, aliquotiens vicio interiorum accidit» (S 195). 307 Ma lat. «ex indocta» (S 195); cfr. invece il codice J «in dicta» (ibidem, n. 26). 308 Ms. come con titulus superfluo sulla o. 309 Ms. segue lap depennato. 310 Ms. -m(en)te aggiunto da mano diversa. 311 Cfr. lat.: «Ex quibus omnibus manifeste colligitur, quod pro uarietate subiectarum partium corporis in hac egritudine uaria cura est adhibenda». Più chiara la traduzione in AP 263: «Per le quali cose manifestamente si cognoscie et intendisi et raccogliesi che, sigondo la varietà delle subiecte parti del corpo, in questa infermità diversa cura è da dare». 312 Cfr. lat. «nervis et arteriis» (S 196); però una parte della tradizione latina trasmette: «arteriis et venis» (ibidem, n. 3). 313 Cfr. lat. «amplietur cum tenta mali terre. Hoc modo» (S 196). 314 Ms. secco vergato oltre lo specchio di scrittura. 315 Ms. segue no(n)n depennato. 316 Ma lat. «unguentum ruptorium, quod fit de calce viva et capitello inponimus» (S 196) e AP 263: «mettivisi unguento ruptorio, che sia di calcina viva et capitello». 317 Ms. parte scritto in interlinea su piccolo depennato. 318 Ms. segue sul margine destro fistola [...] depennato (di mano diversa).

292 Ilaria Zamuner

Unguento a fistola 319. Accipe pepe nero, calcina viva, galluça, verderame, | piretro, auripimento, allu-me, elleboro bia(n)co (e) nero, | senape, an(a) on(cia) (semis) 320; sapone sparaten-to 321 qua(n)to di tutte |10| l’altre cose. Conficelo così: le cose da tritare | polveriçça e col sapone diligentem(en)te le ’ncorpora; | e di quello informa la tanta e infino al profondo 322 dela | fistola la metti dentro. Ma questo unguento, i(n) quello | andamento, si fa liquido e la fistola suavemente |15| uccide e diseccha. Dunque, po-scia che la fistola, | la quale i(n)prima gittava sania liquida sì come acqua, | ora gitta sanie liquida 323, è morta. Doppo la mortifi|catione dela fistola, si tragga dela predet-ta polvere | la calcina, e ll’uno e ll’altro elleboro, e-l verderame; |20| dell’altre cose che rimangono si faccia polvere, e con|ficiansi col sapone predetto; e mettavisi den-tro al | predetto modo tanto che ssia guarito. Onde incon|tanente tuorlo d’uovo con stoppa, overo albume | con olio, tanto che-l fuocho caggia, apponiamo; e poi |25| co(n) unguento verde, il quale detto è nela cura dela | carne la quale pare essere po-lippo, e con gli altri | unguenti, infino ala fine curiamo. Ma sse la fi|stola no(n)n è i(m)plicita di nervi nè d’arterie, ma si à | tra la cotenna e la carne, p(er) longo o per oblico, se la bocca |30| dela fistola è stretta, sia allargata, e tenta di lengno | infino al fondo si metta. E così alqua(n)to, la cotale cote(n)na | si levi in alto; e, dal fondo dela fistola infino ala sua |28r| boccha, sopra la tasta del lengno, i(n)fino a quella sia | talliata 324. Pa(n)no infuso in albume d’uovo vi si metta, | e dala mattina i(n)fino ala sera vi sia lasciata; poi vi | si ponga polvere d’affodilli. E qua(n)do tu avrai veduto |5| che la fedita sia tumefacta, sengno è di mortifica|tione dela fistola, ala quale 325 po-scia è da sovenire | co(n) uovo, e co(n) unguento verde, e co(n) l’altre cose le | quali sono dette nela cura dele fedite. Dela potione 326. | .xvij. Lo botio si fa nela gola, e fassi a quello cotale experi|10|mento: dicendo il pater nostro chava una noce | picchola, la quale no(n) facesse mai fructo; e la sua | radice, con tutta l’altra substançia, bene pestate | co(n) dugento granella di pepe, bollano

                                                            319 Rubrica vergata sul margine sinistro. 320 Ma lat. «ana» (S 196); ma nei codici Fl e J lat.: «ana on. semi» (ibidem, n. 14). Cfr. AP 263 «oncia meza». 321 Lat. «sapone spatarenti» (S 196). 322 Corretto su meçço depennato (mano 1). 323 Ma lat. «spissam» (S 196). Cfr. AP 263: «puza spessa». 324 Lat. «findatur» (S 196); tuttavia il codice Fl trasmette la lezione «scindatur» e J «incidatur» (ibidem, n. 24). 325 Ms. le di quale aggiunto in interlinea. 326 Ms. Dela potione depennato; segue Del botio e dela | cura di quello (di mano diversa). Cfr. lat. «De cura bocii sine incisione» (S 197), AP 264 «Del boccio et sua cura», Hunt 67 «De bocium» e Valls 64 «De la cure de bociun sanz trenchier».

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i(n) ottimo vino | infino ala metade. E di questo vino beia il malato |15| ongni mattina a digiuno tanto che guarischa; | o facciasi cotale medicam(en)to. A quello medesimo. | Tolli radice di viticella 327, radice di çucca salvatica, | radice di ciclamine, pollipodio, sparago e bruschi, | palla 328 marina, branca ursina, burit e latte di scrofa, |20| la quale abbia fatto li primi figliuoli, e radici di tasso | barbasso 329. Confi-ce così: tutte queste cose disecca, | e tritale, e valliale; la palla marina e la spungna | tallia e trita, ed ale sopradette cose, a modo de lattovario, | mescola; e quando va a dormire sì-l metta sotto la lingua. |25| Anche pollipodio, malu(m)terre, radici di bet-tonica e di | tasso barbasso, cuoci in acqua sì che tre guastade | tornino ad una; e così il predetto polvere ponilo la sera, | e la mattina il dà a bere al malato; e dela predetta acqua colata 330 | simigliantem(en)te gli dà. In quello die no(n) beia acqua, |30| ed infino al terço die non beia 331 potione nè | polvere. Dal terço dì innançi, la polvere così appa|recchiata metti sotto la lingua, ed infino a .xj. dì o .xij. | fa la potione; d’undici dì in dodici glili darai. E se p(er) cotali | sperime(n)ti elli no(n) lib(er)asse, ala cirugia è da ricorrere. |28v| Dela cura del botio con tagliamento 332. | Ma sse fosse solamente uno botio, co(n) uno ferro caldo | mettiamo setone 333 i(n) lungo e un altro in lato, e pa(n)no | infuso in huovo overo sungna sopraposta; ed ongni die, |5| la mattina e la sera, li setoni sieno tratti ale parti di fuori, | che al po-stutto il cuoio 334 co(n) quelli sia troncato. La qual cosa, qua(n)do | serà fatta, se fosse rimaso alcuna cosa di botio, ponvi polvere | sopradetto d’affodilli; e, purificato il luogo, sia curato come l’altre | piaghe; il quale, se no(n) fosse troppo implicato d’artarie, lo botio |10| sotto la mano fermam(en)te sia preso, la cote(n)na cauta-me(n)te | in lungo sia talliata, e-l botio, preso col’uncino, quinci e | quindi sia scar-nato e dala cote(n)na sia rimosso; e mettavisi | dentro il dito; e, preso il botio col suo follicolo, tutto ne sia | tratto. La fedita s’empia di pa(n)no lino lievem(en)te; e se molto |15| sangue sopra abondasse, quelli remedii si facciano che di | sopra sono detti in quella particola, in quello capitolo il | quale è intitolato «Dela fedita co(n) saetta nela cervice facta». | E co(n) questi remedii sia lassato p(er) tre dì; poscia, se vi fosse | rimaso cosa veruna, pongasi polvere d’affodilli; al quale |20| è poi da ssoveni-re co(n) uovo e così da procedere come nel|l’altre cure. Ma questo è d’atte(n)dere                                                             327 Ms. segue sa depennato. 328 Lat. «pilam» (S 197) e AP 264 «paglia». 329 Ms. sì è viadone aggiunto sul margine destro (di mano diversa). 330 Ms. colata vergato oltre lo specchio di scrittura. 331 Ms. segue acqua depennato. 332 Rubrica vergata sul margine superiore. 333 Lat. «setonem» (S 198). 334 Ms. o finale di cuoio aggiunta in interlinea.

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diligentemente: che | il follicolo del botio sia dinervato infino ale radici, acciò | che di lui neuna cosa vi rimanga, p(er)ciò ke poca particella | che vi rimanesse, tornereb-be in quello stato ch’è di prima. |25| Ma, purificato il luogo, in parte di sé si puote spargere | il polvere rosso e, come nell’altre cusciture dice(m)mo, così | in questa cu-ra vuole essere compiuto. Ma sse-l botio sia | molto grande, e la virtù del malato no(n) sia molta e la etade | sia passata, p(er) nostro giudicio da q(ue)sta cura è da ri-manersi, |30| p(er)ciò ke suole questo cotale botio avere molte parti, le | quali sono molto malagevoli a dinervare; ale quali | p(er)ciò fuggiamo di ponere ferro caldo, acciò che polse del’ar|taria e nervi si ledissono 335; ma in cheunq(ue) modo a questi | p(er) cirugia soveniamo, loro sula pancha leghiamo e | fermamente li facciamo tene-re. |29r| Dela squinantia e quante sieno le sue speçite 336. .xviij. La 337 squinantia è una postema che nasce nela gola, dela | quale tre sono le schiatte, dele quali, la prima si chiama | di tutto-l nome ‘squina(n)tia’, e questa nasce tra la trecea artaria 338 | e lo isofago, in luogo il quale si dice ismon 339, la quale spe-çie |5| è tosto p(er)necabile, cioè ke tosto uccide altrui, la cui cura | a solo Dio è ser-vata. La seconda è detta ‘sinantia’ 340, la quale | tiene parte dela materia dentro, e parte di fuori, sì che tu | puoi vedere lo ’nfiamento di fuori; e questa è meno malitio-sa. | La terça spetie è detta ‘quinantia’ 341, la cui materia è tutta |10| di fuori, dela cui malitia no(n) doviamo molto temere. | Ma qualu(n)que di queste spetie fosse, gene-rali sengni sono questi: | malagevoleçça di trare il fiato e di ma(n)darlo, e-l cibo no(n) possono | ricevere nè-l bere, la voce alcuna volta perde al tutto, | la saliva no(n) possono inghiottire nè sputare. A’ quali così |15| soveniamo nel principio. Dela cura di quelle 342. | .xix. Se la vertù e l’etade 343 il p(er)mette, traiamoli sangue dela vena | cefalica, overo dela vena la quale è sotto la lingua. | Gargarismo di sapa o diamaron 344 volliamo che ssi faccia; | o si faccia cotale gargarismo: sumac, galle, balaustie, |20| rose, e lenti                                                             335 Il passo appare corrotto e lacunoso, ma cfr. lat.: «ne pulsus vel arterie vel nervi ledantur, omnino refugimus» (S 198), AP 264: «sì che le vene et nervi non si offendino; al tucto il fuggiamo ecc.», Hunt 68: «nus ne bleçum les arteries u les nerves u la boce se est aeirs» e Valls 65: «nous ne bleçons les ners ou les vaines». 336 Ms. rubrica vergata sul margine superiore; speçite traduce il lat. «species» (S 199). 337 Ms. precede xviij depennato. 338 Lat. «tracheam arteriam» (S 199). 339 Così nel testo lat. Cfr. AP 265 «ysonon». 340 Lat. «scinantia» (S 199). AP 265 tramette la lezione del codice Fl «squinancia» (ibidem, n. 4). 341 AP 265 «sinantia». 342 Ms. e finale corretta su a. 343 Titulus sulla a di etade. 344 Lat. «diamoron» (S 199).

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falle bollire i(n) acqua; e di q(ue)sto il malato spesse | volte gargariççi, p(er)ciò che questo gargarismo co(n)stringne | gli homori 345 discorrenti al luogo che duole. Di fuori sì s’unga | co(n) dialtea e co(n) simillianti cose, o si faccia cathaplasmo 346, il | quale la seconda e la terça spetie cura in tutto; il quale |25| si fa così: tolli radici d’ebulo e porrine (le quali no(n) sieno | rimosse nè dovelte del luogo dov’elle nasco-no), asenço, | cardo benedetto, senatione 347, come ti pare. Queste tutte | cose si pesti-no b(e)n(e), [e] 348 poi se ne tragga il sugo. Anche toll[i] 349 | farina d’orço e farina di seme di lino, e col detto sugo |30| distempera ed incorpora, sì che rima(n)ga molto li-quido. | Poscia tolli sungna di porco e falle liquide al fuocho nela | padella; e agiu(n)gnivi mele i(n) quella medesima qua(n)titade | cola sungna, e fa bollire. Po-scia il detto sugo cola farina | in quella padella mescola, e cole predette cose incor-pora; |29v| e tanto lascia bollire che divengano spesse a modo | d’una embroca. Co-tale cataplasmo si ponga caldo in | su· luogo, tre o quattro volte il die si muti, e sem-pre | caldo si rimuovi. Ma qua(n)do cotale postema avrà fatto |5| sania dentro, col dito o con altro strumento la postema | rompere e la sania ma(n)dare fuori non è di-sutile, p(er)ciò | che kola propria mano alcuno ne curai. | De’ branci enfianti dentro. | .xx. Li branci enfiano dentro e quasi due ma(n)dorle creano, |10| ond’è malagevole execratione 350 e angosciosa attrectatione 351 | di spirito. A’ quali i(n)p(ri)ma si dieno gargarismi, da’ quali se lo ’n|fermo no(n) guarisce, ala cirugia è da ricorrere. Du(n)que poni | lo ’nfermo dinançi a tte, la cui bocca ap(er)ta, abbati 352 giù la | lin-gua co(n) alcuno istrum(en)to, sì che possi vedere quelle |15| mandorle e pigliarle co(n) uncino di ferro o di rame, e con | co(n)venevole ferro tagliarle. Ma le pellicole le quali sta(n)no | allato a quelle, no· le ledire; poscia d’acqua rosata e d’aceto | ugualmente fa gargarismo, e co(n) sugo d’arnogrossa similem(en)te. | E se ne uscisse molto sangue, aggiungnivi mellicrato; |20| ma sse facesse puçça, il ta-gliam(en)to di questi si faccia così: | la cote(n)na i(n) lungo si tagli e co(n) istrum(en)ti a cciò fatti si trag|gano e dala radice dal fondo si divellano 353. Lo luogo co(n) | istrumento d’oro o di ferro cociamo. Del tumore dell’uvola. | .xxj.

                                                            345 Ms. huomori, ma questa forma ricorre spesso nel testo. 346 Lat. «cathaplasma» (S 199); AP 266 «capitello». 347 Lat. «senationes» (S 199); AP 266 «senato». 348 Lettera illegibile per una macchia d’umidità. 349 Idem. 350 Traduce il lat. «excreatio» (S 200); AP 266 «cura». 351 Traduce il lat. «attractio» (S 200). 352 Traduce il lat. «premas» (S 200); AP 266 «preme». 353 Cfr. lat. «ad radicem funditus euellantur» e AP 266: «isveglinsi dalle radici insino al fondo».

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L’uvola sempre dilunga od enfia; la quale si vuole di|25|seccare co(n) polveri co(n)strectivi e co(n) gargarismi, e co(n) questo | polvere: tolli galle, balaustie, pepe, piretro, ce(n)namo; | sopponi il predetto polvere i(n) ferro cavato. Facciasi garga|rismo così: r(ecipe) vino dolce o mele (et) aceto an(a), pip(er)is, | piretro, sta-fixagria, balaustia, ugualmente di tutte. |30| Queste cose polveriçate co(n) predetti li-cori bollano. | Ma se no(n) si diseccasse così, taglisi con forfici a cciò fatte, | allato al palato in più 354 sottile luogo; e guarda che no(n) toccassi |30r| la radice dell’uvola; e facciasi gargarismo diseccattivo, | del quale gargariççi il 355 die e la notte. Guardisi di no(n) giacere | rovescio. Gargariççi anche i(n) acqua, dove sia cotta una | gallina grassissima, spesse volte; e guardisi p(er) tre notti che |5| no(n) dorma molto, overo che inna(n)çi al talliam(en)to 356 s’incenda | co(n) uno denaio d’oro 357; e-l gargari-smo si faccia come dice(m)mo. | Del giugolare quando descende dal propio luogo 358. | .xxij. Perché il giugulare descende dal proprio luogo, onde il collo | si disgiungne, e fassi vitio nela giuntura del collo, al quale, |10| se-l medico no(n) soviene tosto, lo ’nfermo si muore leggierm(en)te | ed affoga. Al quale tostame(n)te così è da soveni-re: la boccha | li sia aperta e mettavisi entro uno lengno o cotale cosa | che tenga aperta la boccha; e uno faseolo sotto le mascelle | si ponga; l’una e l’altra parte del faseolo il medico, ale |15| parti di sopra levando, fermamente cole mani il tenga; | e ponga l’uno piede nell’uno omero, e ll’altro nell’altro, | acciò che, coli piedi pre-mendo ale cose di sotto e cole mani | il capo fortem(en)te levando i(n) alto 359, quello osso ala propria | giuntura più co(m)petentem(en)te si reduca. Poscia s’unga il |20| luogo di dialtea o di martiaton, e lana sucida o stoppa | di sopra sia legata; e così ogni dì si facciano fom(en)tationi | et unçioni. La minutione ancora suole nel terço die | essere molto utile. Qui finisce la seconda | particola e cominciasi la terça parti-cola 360. |25| Questi sono li capitoli 361: | .j. Dele fedite le quali si fanno in homoplatis. | .ij. Dele fedite che ssi fanno nela catena dela gola. | .iij. Dele rotture che ssi fanno i(n) quella sança fedite e co(n) fedite. |

                                                            354 Ms. più aggiunto in interlinea. 355 Ms. l di il aggiunta in interlinea. 356 Ma lat.: «ne dormiat multum per tres noctes vel ante incisionem» (S 200). 357 Traduce il lat. «nummo aureo» (S 200); cfr. AP 267: «la incisione si faccia con uncino d’oro». 358 Ms. segue sul margine destro cioè dela disgiun|tura del collo (di mano diversa). 359 Ms. segue lal depennato. 360 Ms. frase depennata e illeggibile sul margine destro (scrittura moderna). 361 Ms. sul margine: «CAPITOLI | DELLA TERÇA | PARTICOLA. |». Manca il volgarizzamento del prologo (S 202) come in AP 267.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 297

 

.iiij. Dele fedite che ssi fanno nelli omeri, quando l’omero si |30| disgiungne dale parti di sopra. | .v. Di quello medesimo se non si disgiungne. | .vj. Dele fedite del braccio qua(n)do il nerbo è talliato, overo l’osso, | con ispada o con altro simile. |30v| .vij. Delo enfiamento e tumore e dureçça di nerbi. | .viij. Dela purificatione dela fedita putrefatta. | .viiij. Dela superflua carne da rimuovere dala fedita. | .x. Dela erisipila sopravengnente ala fedita. | |5| .xj. Del carbuncolo sopravengnente ala ferita. | .xij. Dele fedite del braccio, se ll’osso non è ledito nè il nervo. | .xiij. Di quello medesimo se il lacerto è ledito col | nerbo proprio o sança quello. | .xiiij. Di quello medesimo, se è forato co(n) lancione. |10| .xv. Dele ferite dela mano se-l nerbo è talliato o l’osso. | .xvj. 362 Di quello medesimo, se non è talliato niuno di quelli. | .xvij. Dela disgiuntura dell’omero dala parte di sopra. | .xviij. Dela disgiuntura del gombito. | .xviiij. Dela disgiuntura dele mani e dele dita, e de’ cau|15|terii li quali si fanno nela mano e nel braccio | a rimuovere il tumore. | .xx. Dela rottura dele braccia co(n) rottura di carne | e sança rottura di quello. | .xxj. Dele fistole, cancri e d’altre cose nascenti i(n) quelli. |20| .xxij. Dele fedite dela corace 363 e del petto co(n) ispada o simile. | .xxiij. De quello medesimo fatto co(n) lancione, se-l ferro | è nascoso dentro o no. | .xxiiij. Dela rottura dele costole. | .xxv. Dell’altre fedite fatte infino al’enguina 364 sança |25| fedita dele intestina. | .xxvj. Dela fedita del cuore e del polmone. | .xxvij. Dela fedita delo stomaco e delo epate. | .xxviij. Dela fedita dela milça 365. | .xxviiij. Dele fedite dele budella e, s’elle escono fuori, |30| chome sieno ridotte al proprio luogo. | .xxx. Dele fistole e de’ cancri nascenti in questi luoghi. | .xxxj. Dele ferite de’ genitali. |31r| 366 .xxxij. De’ cancri, e dele fistole, e d’altre pustole che nascono | ne’ genitali. | .xxxiij. Dela rottura del sifac 367, o grande o piccola che ssia. | .xxxiiij. Dela cura di quello e dela legatura. |

                                                            362 Ms. Dela scon|ciatura | o rottura | d’osso vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 363 Traduzione del lat. «thoracis» (S 202). Cfr. AP 279 «coracie». 364 Lat. «inguen» (S 202) e AP 268: «anguinaia». 365 Ms. segue: e come il polmone si ri|mette dentro se esce | fuori» (di mano diversa). 366 Ms. farina di tritico sì è grano vergato sul margine superiore (di mano diversa). 367 Così in lat. (S 203).

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|5| .xxxv. Dela cura di quello p(er) talliamento od incendim(en)to. | .xxxvj. Dela cura di quello stesso, se le ’ntestina nell’osso fosse caduto 368. | .xxxvij. Del’ernia e deli humori 369 che ssi levano. | .xxxviij. Del’ernia la quale si fa di ventosità 370. .xxxix. De’ sengni dela pietra s’elle fosse nela vesscica. | |10| .xl. Dela pietra da rimuovere dal collo dela vescica. | .xlj. Dela pietra da trare della vescicha. | .xlij. Dele fedite le quali si fanno nela posteriore parte | dell’uomo, sì che la spinale merolla overo il nerbo si tagli. | .xliij. Dela fedita se lunga co(n) ispada o co(n) lancione sia ledito 371. |15| .xliiij. Dela fedita dele reni, e fistole, e cancri nati nela po|steriore parte del corpo. | .xlv. Dela fistola nata in fundame(n)to. | .xlvj. Dele morroide. | .xlvij. Del cauterio, il quale si fa al dolore delli homeri |20| e dele spatule, e defecto delgli occhi. | .xlviij. Del cauterio il quale si fa ala ’nfiatione et al | tumore dela iuntura dele mani e dele braccia 372. | .xlviiij. Del cauterio il quale si fa al dolore delo stomaco. | .l. Del cauterio il quale si fa co(n)tra-l vitio del’epate. |25| .lj. Del cauterio il quale si fa co(n)tra-l vitio dela milça. | .lij. Del cauterio il quale si fa co(n)tra lo dolore del bellico. | .liij. Del cauterio il quale si fa co(n)tra dolore di lombi. | .liiij. Del cauterio il quale si fa co(n)tra dolore dela spina. | .lv. Del cauterio il quale si fa co(n)tra dolore de’ testicoli. |30| .lvj. Del cauterio il quale si fa co(n)tra le morr[oi]de 373. | Dele fedite le quali si fanno nell’omoplati. | .j. Ale fedite le quali si fanno ali omoplati 374, se |31v| fosse d’ispada o d’altro simi-le, soveniamo così: se | fosse fedita ricente, inco(n)tane(n)te purgata la su-per|fluitade, sì la chusciamo co(n) ago, sì che vi romanga | uno ago o più p(er) quan-tità dela fedita 375; e lasciamo |5| le stremitadi aperte e spargiamo polvere rosso; e |

                                                            368 Ms. caduto vergato oltre lo specchio di scrittura. 369 Ms. huomori (la prima o espunta con un puntino sottostante). 370 Ms. carnosità corretto su ventosità depennato (di mano diversa). 371 Ma cfr. lat. «De uulnere, si longaon telo uel ense ledatur» (S 203) e AP 269: «Della ferita, se sarà con lancia lunga o spada». 372 Ms. a de segue piedi depennato. 373 Ms. morriode. 374 Traduzione di «homoplatis» (S 203); AP 269: «olfati». 375 Più ampio il periodo del volgarizzamento rispetto a quello lat.: «ilico superfluis purgatis suimus» (S 203); cfr. AP 269: «incontenente purgata delle cose superflue, la cuciamo», Hunt

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diligentem(en)te tutte l’altre cose seguitiamo che dette | sono di sopra, nela p(ri)ma particola dele cusciture. | Ma se la fedita no(n) sia ricente, sia prima bene purgata | e facciavi venire sangue; poi la cuscia e lascivi l’ago; |10| e poi si faccia sì come è detto di sopra. Ma se fosse | forato co(n) lancione, quivi mettiamo lardo, e l’altre cose | facciamo come detto è di sopra nela seco(n)da particola, | nela cura del collo quando è forato co(n) lancione. | Dele fedite che ssi fanno nela catena dela gola. |15| .ij. Se la catena dela gola fosse talliata, così è da sovenire: | inp(ri)ma quella fedita sia b(e)n(e) piena di pa(n)no infuso in | albume d’uovo un poco exp(re)muto; e-l tuorlo dell’uovo | co(n) stoppa si po(n)ga di sopra; poi vi si ponga di sopra pa(n)no | seccho co(n) embroca a provocare sanie, p(er) varietà del tempo. |20| E qua(n)do ve-di che osso od altro si ne debbia trare, sì lo | rimuovi saviame(n)te; poi col’unguento fosco e coll’altre | cose, sì come nell’altre fedite, n’abbia cura. | Dela rottura dell’osso co(n) fedita e sança fedita. | .iij. Se ll’osso, il quale è catena dela gola, fosse rotto o in altro |25| modo risegga di fuori, il medico sì lievi il braccio delo ’n|fermo overo l’omero co(n) l’una mano, e coll’altra mano | la parte più levata di quello osso priema in giuso. | E la plagella bangnata i(n) albume d’uovo soprapo(n)ga, | ed anche il piumacciuolo sopraposto; ferule a modo |30| di croce si sopraponga e co(n) lunga fascia da ongni p(ar)te | sia legato. E-l braccio a collo, che sia sospeso, sia sopra | legato, e-l piumacciuolo sopra l’ascelle s’intrometta, |32r| sì che-l braccio no(n) possa cadere in giuso; ed in neuno | modo si diponga me(n)tre che non è fatto sano. | E se cotale frattura è co(n) fedita, sopra quello luogo no(n) | si leghi con fascia lunga, ma lascisi ap(er)to dove è |5| la rottura, sì che p(er) quello luogo si metta lo stuello, | sì che ssi possa curare come l’altre fedite 376. Ma 377 la | legatura di quella parte sia sopra la fascia lunga. | Dele fedite le quali si ffanno nell’omero 378. | .iiij. Se per fedite l’omero dale parti di sopra sia disgiunto, |10| curalo così: inp(ri)ma sia la fedita bene mo(n)dificata; e | se no(n) fosse fresca 379, vi si provochi il sangue; e se v’è a trarne | alcuna cosa, sì sse ne tragga. Poscia sia cuscita la fedita | in questo modo: la parte ala parte i(n)p(ri)ma co(m)petentem(en)te | si redda, e nela parte di                                                                                                                                             70: «primez la purgies ben, que sanc en isse. E enaprés la cusez etc.» e Valls 70: «purge la bien tout avant et aprés la fai saignier, puis la requeus etc.». 376 Lat. «Si uero talis fractura sit con uulnere, super locum illum fascia longa non superligetur, sed ubi fractura est, relinquatur apertum, ut per locum illum stuellus intromittatur et curari possit sicut cetera uulnera» (S 204). Ma AP 270: «Et se tale rottura sarà strecta di ferita che p(er) quello luogho si metta, et possisi curare come l’altre ferite». 377 Ms. segue s depennata. 378 Ms. segue (et) se si disgiungne (di mano diversa). 379 Ms. fressa; cfr. lat. «recens» (S 204).

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sopra 380 dell’omero, ciascuna parte |15| dela fedita co(n) l’ago fermame(n)te sia presa; e-l filo, il quale | è nell’ago, a quello ago diligentem(en)te la volgi; e l’ago sia | lasciato in quella chuscitura i(n)fino al saldam(en)to dela fedita. | Ed in questo modo si facciano tanti punti quanti in questa | cura vedi essere utili, sì che l’ago sia lasciato in ciascuno |20| punto. Poi 381 il polvere rosso, che è detto, aspergi di so-pra 382, | e sopraponi il piumacciuolo. Le extremitadi, sì come | nell’altre cure di-ce(m)mo, lascia aperte; e diligentem(en)te | tutte l’altre cose che nell’altre cusciture dice(m)mo, attendi. | Ma quando vedi che la fedita sia salda intorno ale cusciture, |25| li p(re)decti aghi col filo sì rimuovi 383; e lo stuello, sì come | nell’altre predette chu-sciture dicemo, vi metti e | menovalo; e poi, sì come in simiglianti 384, infino ala | fi-ne cura v’aggiungni. Di quello stesso se non si disgiu(n)gne 385. | .v. Ma se no(n) si disgiungni dale parti di sopra, inprima, |30| se v’à a trarne cosa neuna, sì se ne tragga; poi, infino | ala fine, sia curato, sì come di sopra abbiamo | detto nele cusciture dele fedite. |32v| Dele fedite del braccio se ll’osso o-l nerbo è talliato. | .vj. Se l’osso del braccio o-l nerbo sia talliato p(er) lo traverso, | i(n)p(ri)ma la fedita s’empia di panno infuso in albume | d’uovo, poi vi si metta panno seccho, e metti di sopra |5| le polte secondo la diversità del tempo; e se v’à da | rimuovere alcuna cosa d’osso, sì lo rimuovi. Al nerbo | fa la cura diligentemente ch’è detta nela seco(n)da par|ticola; poi, col’unguento fosco e col’altre cose già | dette, gli fa la chura. Dela ’nfiatione o dureça del nerbo. |10| .vij. Ma se il dolore o infiamento o dureçça fosse a’ nervi, | sì ch’elli si co(n)traes-sono, co(n) dialtea usiamo, che si fa così: | Dela dialtea chome si faccia. | Tolli radice de visco l(ibre) .ij.; seme di lino, fieno grego, | an(a) l(ibra) .j.; squil-le l(ibra) (semis). Le radici tutte si lavino e poi si |15| pestino, e similliantemente il seme del lino, e-l fieno greco, | e la squilla; ed in sette libbre d’acqua si mettano, e bollano | tanto che comincino a spessare 386. E poi poni a poco poco | in uno sacchet-                                                            380 Ms. -pra corretto su -tto depennato. 381 Lat. «Post» (S 205), ma AP 270: «Prima». 382 Lat. «pulverem rubeum, qui superius dictus est, superasperge» (S 205). 383 Cfr. lat.: «acus predictas et filos removeas» (S 205) e AP 270: «rimoverai dalla costura l’aco e-l filo». 384 AP 270: «nele simili cose aviamo detto», ma lat.: «ut in similibus» (S 205). 385 Ms. disgiu(n)gne vergato oltre lo specchio di scrittura. 386 Il testo è lacunoso. Cfr. lat.: «et cum bene trite fuerint, ponantur in sex lib. aque per tres dies. Quarta die super ignem ponantur et bulliant, donec inspissari incipiant» (S 206), AP 271:

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to e, quando le vorrai priemere, mettivi | alquanta acqua bolliente, ed alo ’straimento di quello |20| vescosissimo sugo, di questo sugo tolli l(ibre) .ij. e mettansi | in l(ibre) .iiij. d’olio, e bollano infino ala consumatione | del sugo; la quale cosa congnoscerai quando neuna | cosa di sugo sopra nuota. Poi v’aggiu(n)gni cera l(ibra) .j., | del bitu-ro a tua volontade, e quando serà facta liquida, |25| mettivi la trementina; e poi la go(m)ma dell’edera pesta, | an(a) on(cie) .ij. 387. All’ultimo vi poni polvere di calofo-nia | e di resina, e qua(n)do serà cocto lievalo da fuocho. | Lo sengno dela decoctione è una gocciola posta sula | pietra ed è ispessata; e qua(n)do serà raffreddato e coa|30|golato, toglilo e riponilo. È buono al dolore del | petto p(er) frigiditade 388. Unguento a fedita malcurata. | .viij. Se alcuna fedita fosse malcurata, sì che sia marcita, | curala con questo unguento, il quale si fa chosì: |33r| tolli olio l(ibra) .j.; sepi arietini, cera bianca, an(a) (oncie) .ij.; | pece greca on(cie) .iij.; salvie, sissimbrii, balsamite | aquatice, lentischie 389, savine, aneti, rute, di tutte | queste cose uno manipolo. Conficelo chosì: |5| la cera e-l sevo co(n) olio risolvi e cola; poscia mescola | la polvere dele cose da pestare; quando è co(n)gluttinato | i(n)sieme, riservalo all’uso. A quello medesimo. | Tolli salvia 390 salvatica et domestica, lanciuola, | centonerve, pinpinella, artesie, lingua bovina, |10| an(a) manipolo uno; e pesta nel mortaio cu(m) una libr(a) | di sevo arietino, e poi ne fa magdaleoni; e lasciali stare | sì che i(n)sieme marciscano. Poi metti quelli maddaleoni | in una libbra d’olio comune; et in uno stangnato ta(n)to | il fa’ al fuocho bollire che ll’erbe vadano al fondo; e poi |15| lieva lo stagnato dal fuo-cho, e le predette erbe et olio | chola per panno, e riponle al fuoco nelo stagnato. | E, qua(n)do comincia a bollire, mettivi on(cie) .iij. di cera di | state e due di verno; e qua(n)do la cera serà f(a)c(t)ta liquida, | adgiungnivi masticis, olibani, colofonie,

                                                                                                                                            «et quando saranno bene trite, tienle in libre sei d’acqua per tre dì. Al quarto dì ponili a fuoco, et bollino per insino a tanto che incomincion[o] a appigliare», Hunt 71: «E quant serrunt triblié, si metez en sis livres de eue jesque a trois jorz. E le quart jor metez sur le fu e laissez boillir jesque il venge a s’espesseir» e Valls 76: «Et quant eles seront bien pesteillés, met les en .vi. lb d’eue en .i. vaissel et le laisses par .iii. jors, et au .iiii. jor si les met sus le feu et fai boulir tant qu’eles soient espesses». 387 Diversamente lat.: «terbentinam adde, postea gummi hedere contusum et galbanum» (S 206) e AP 271: «et, quando sarà structa, aggiugnevi la trementina; dapoi v’agiugne la goma dell’ellera e-l garbino». 388 Prosegue il testo lat.: «et pleuresim prius in testa ovi aliquantulum calefactum ad ignem et super pectus inunctum. Sanat omnia loca infrigidata et desiccata calefacit et mollificat et humectat» (S 206); così anche AP 271: «et plereusi, postavi et scaldata prima al fuoco in uno guscio d’uovo, et ungiene il pecto. Sana ogni luogo infreddato et desiccato et mollifica et fa humide le cose riscaldate». 389 Lat. «levistici» (S 206), ma Fl lat. «lencisci» e J lat. «lentisci» (ibidem, n.18). 390 Ms. sallvia, seconda l espunta con un puntino sottostante.

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an(a) (oncia) .j.; |20| i(n)p(ri)ma bene polveriççate, e mena(n)do cola spatula 391, di|li-gentem(en)te le ’ncorpora. Poi lo leva da fuocho et | mettivi uno poco di trementina; e, molto menando | cola spatola, i(n)sieme le ’ncorpora; e riserva all’uso | p(er)ciò che questo unguento vale maravigliosam(en)te |25| a mo(n)dificatione dela fedita pu-trefatta, e a buona | carne generare e nutricare. Dela superflua carne dele fedite 392. | .viiij. Ma se la carne superflua sopravenga ale fedite, polvere | d’ermodattili ponere possiamo in questo modo: cu(m) salvia 393 | bangnia 394 la bambagia nela salvia; e la polvere di h(er)mod(attili) |30| e la salvia domestica sottoponi ala bambagia; e poi ala | fedita sopraponi 395. A quello medesimo 396. | Tolli calcina viva on(cie) .iiij., auripime(n)ti on(cia) .j., acqua | calda qua(n)to basti. Queste cose i(n)prima che ssi pongano |33v| 397 al fuoco, cola spatula mescola grande ora tanto che | sieno bene incorporate i(n)sieme; e poi le lascia stare | tanto al sole che sieno bene secche. Poi le trita sottilis|simamente e riserba all’uso, o facciasi cotale pol|5|vere, il quale usare soliamo: r(ecipe) h(er)modattili, ari|stologie ro(tonde), flos eris, an(a), le quali insieme sieno | polveriççate; e questo polvere ri-serva all’uso, p(er)ciò | che vale potentem(en)te, e no(n) violentem(en)te corrode la | carne superflua nela fedita. |10| Dela erisipila sopervengnente ala fedita. | .x. Imperciò che la erisipila suole sopravenire ale fedite | ed alcuni altri accidenti, i(m)p(er)ciò differentia i(n)tra quelli | sengni e le cure dela erisipila poniamo. P(er)ciò che ssi | fanno molte volte nele fedite pustole bianche 398, |15| e lo luogo è te(m)perato e bene tractabile, il quale è | buono sengno nela fedita; alcuna volta nera sopra|viene ala ferita, e lo luogo è duro e tosto e male | trattabile, il quale buono se-

                                                            391 Ms. s scritta in interlinea. 392 Ms. dele fedite scritto oltre lo specchio di scrittura. 393 Ms. salivia, prima i espunta con un puntino sottostante (ma lat. «saliua»: S 207). 394 Ms. la b iniziale corretta su una s; resa del lat. «bombax» (S 207). 395 La preparazione non è chiara. Cfr. lat.: «Inficiatur bombax saliua et puluis de hermodactilis superponatur bombaci, deinde uulneri superponatur» (S 207) e AP 272: «togli bambagia, salvia et polvere d’ermodattili; la polvere mette in sula bambagia et poi la mette in sula ferita». 396 Ms. precede [...] idem depennato (di mano diversa). 397 Ms. tritico è grano vergato sul margine superiore (di mano diversa). 398 Ma lat. «Fiunt enim in uulnere pustule aliquotiens albe» (S 207) e AP 272: «Vegnono alcuna volta pustule nella ferita, alcuna volta bianche».

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ngno è 399. Significa: erisi|pilato luogo è, al quale è da sovenire co(n) fredde cose 400. |20| Appongavisi dunque la pagella infusa in sugo di | semperviva e sugo di solatro vermicolare, ombilico | venere, giusquiamo 401; cole quali mescoliamo albu-me | d’uovo, olio ro(sato) et violato, sandali bianchi e rossi. | Ma se no(n) possiamo avere tutte queste cose, de alcuni |25| allora vi poniamo; e quando serà tornato ala propria | natura, i(n)co(n)tanente ti rimani da questa materia. | E vediamo alcuna volta le fedite essere cavate, | ale quali, a carne g(e)n(er)are, cotale medicame(n)to puoi fare. | Unguento a carne creare 402. Tolli sevo colato (libra) .j.; |30| colofonie on(cie) .vj.; cera on(cie) .iiij.; olei due guastade; | mastice, olibano, mirra, an(a) on(cie) .iij. Conficelo così: | la cera e-l sevo coll’olio solvi e cola; poscia polvere dele | cose da tritare mescola, e quando serà co(n)gluttinato, | all’uso lo riserva. |34r| Del carbuncolo sopravengnente ala fedita. | .xj. Al carbuncolo che sopraviene ala fedita di po|puleon 403 usiamo d’ungnere 404. | Dela carnosità del braccio se fosse fedita. |5| .xij. Se la carnosità del braccio fosse fedita, overo che ancora | intra ll’omero e-l gom-bito, ove è l’affinità del lacerto, | p(er) spaçio di tre oncie, infra la fedita fosse, p(er) mala | et incauta cura, prediciamo pericolo avenire. | E se fosse in altre parti del braccio, del pericolo non è |10| così da temere, p(er)ciò che, se già nele predette parti | pustule nere sopravenissero e-l tumore ale parti di | sopra sallisse, malo se-ngno è; ma se fossoro pustule | bianche e-l tumore descenda ale parti di sotto, buono segno è. | Ma la cura in cotali fedite, è da fare quella stess[a] 405 la |15| quale dicemo dele fedite dove l’osso non è rotto o|vero fedito. Del lacerto se-l nervo o-l muscolo fosse ledito p(er) fedita 406. | .xiij. Se il lacerto fedito è col suo nervo, overo muscolo, | mortale è; ma se-l nervo nè-l muscolo non è ledito | e la ferita è p(er) lungo, l’una e ll’altra parte co(m)primen-do |20| si aggiungano i(n)sieme e cautam(en)te si cuscia, sempre | lassato aperto il

                                                            399 Ma lat.: «Aliquotiens vero nigre superveniunt vulneri et locus etiam durus et tostus et male tractabilis, quod malum in vulnere significat» (S 207) e AP 272: «alcuna volta sopravegnono pustule nere nela ferita, e-l luogo è duro e teso et male tractabile, et è mal segno nela ferita». 400 Diversamente AP 272: «Erispillato è il luogo quando le sopradette cose sopravegnono». 401 Ms. dente cavalino scritto in interlinea (di mano diversa). 402 Rubrica vergata di seguito a Tolli sevo colato l(ibra) .j. 403 Così nel testo lat. (S 208) e in AP 273. 404 Mancano le due ricette per la preparazione del populeone; cfr. lat. (S 208) e AP 273. 405 Ms. stesso. 406 Ms. p(er) fedita vergato oltre lo specchio di scrittura.

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luogo dove la piaga più pende, onde | la fedita più co(m)petentem(en)te si possa pu-rificare; poi procedi | come abbiamo detto nell’altre cusciture. Ma se vi sopra|venisse la erisipila, curalo come è detto di sopra. |25| Questo sempre abbia a mente: che lo lacerto, se fosse co(n)|tratto 407 o pesto co(n) alcuno ferro p(er) traverso, è mortale; | ma se la fedita è per lungo, la predetta cura perseguita. | Dela fedita del braccio s’elli è forato co(n) lancione 408. | .xiiij. Ma sse il braccio è forato dal’una parte all’altra co(n) lancione, |30| mettianvi uno lardone dall’una parte et un altro dall’altra parte, e così soccorriamo come detto è nel|l’altre, nela seco(n)da particola, quando il collo è p(er)forato | dall’una parte al-l’altra. Se la fedita fosse in profondo, |34v| fa una tanta di panno e di stoppa, e ungni-la di lardo, e | mettivila 409; e se fosse pur forato dall’una parte, mettivi | pur un lardone; e curalo poi sì come i(n) simiglianti è | detto di sopra. Del talliamento dela mano e del nervo. |5| .xv. Se ll’osso dela mano o-l nervo è talliato, pa(n)no sì come | nell’altre fedite si metta; e poi, come detto è di sopra nela | cura del braccio, quando l’osso o-l nervo è ledito, dilige(n)te|mente il cura; e se fosse uopo, sopra la fedita si pongha | alcuna tabella 410, acciò che la parte dela fedita no(n) si partisse |10| dall’altra. Ma sse il nervo sia ledito 411 sança l’osso, sopra-l | nerbo si cuscia, e anche tutta la fedita seco(n)do il detto modo | si churi, e soprapongavisi polvere rosso; et con questa cu-ra | maravigliosamente si co(n)gluttina e spesse volte salda. | E se-l nervo nè ll’osso non è fedito, secondo il modo già detto |15| la fedita sia cuscita e la cura sia data. | Del ledimento de’ nerbi 412. .xvj. Addiviene spesse volte li membri essere | lediti per percossa, p(er) cadere, o p(er) altra fractura, onde | aviene che ssi fa enfiamento ivi e soperfluitadi d’umori | ab-bondare; e se quella putredine non si manda fuori, sì ssi |20| putrefanno li nervi e la carne e l’osso; e se l’osso fosse | constretto ala fedita, mettivi polvere corrosivo, et am|piasi la fedita, ed escane la sanie; poi vi poni cose | mollificative. Et acciò che la putredine si mandi fuori, | inprima cole mani quella putredine sia compremuta |25| e-l membro al menbro sia aggiunto, che, sse fosse ne|le giunture del braccio, lo braccio all’omero sia aggiunto; | se fosse nela gamba, o nela coscia, o tibia, e così delli al-                                                            407 Ms. .No. sul margine destro. 408 Ms. co(n) lancione di mano diversa. 409 Assente nel testo lat. (S 209), in AP 274 e in Hunt 73 (il testo fr. edito da Valls salta dal X al XX cap.). 410 AP 274: «tavola». 411 Ms. l in interlinea sopra fe. 412 Ms. la rubrica è vergata sui rr. 15-16. Diversamente lat. «Ad tumorem remouendum a membris, quod fit ex percussione uel casu» (S 210) e AP 274: «Della enfiassione de’ membri». Cfr. invece la rubrica nel ms. Fl: «De lesione membrorum» (S 210, n. 9).

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tri 413, | ungasi di dialtea 414. E questo si faccia spesso, infino a ta(n)to | che tutta la materia esca fuori; poscia si curi chome l’altre |30| fedite. Dela disgiuntura dell’omero dala spalla. | .xvij. Se ll’omero si disgiungne dala spatula, così soliamo sovenire: | giaccia lo ’nfermo suppino, e la pietra o lengno ritondo, |35r| dall’una parte più aguto dall’altra più tondo, si tolga, | et sotto l’ascelle si ponga. Poscia si faccia quasi globus fi-lio(rum) 415 | e sopra quello tondo si ponga; e-l medico, sopra quello col | calcangno molto poggiando, sì-l calcitri; (e), cole mani l’omero |5| levando, l’osso reduca al pristino stato; e ançi che-l globo | se ne levi, sì vi si leghi una peçça i(n)fusa in al-bume d’uovo | da ciascuna parte, e-l globo vi sia lasciato; (e) leghivisi | un’altra lunga fascia. E-l piumacciolo sul braccio si ponga, | acciò che quello sia sempre so-speso e levato i(n) suso; e se |10| doppo li tre dì no(n) fosse bene acconcio, sì lo ac-concia et | ungni di dialtea 416, et in quello medesimo il lega; e | se vi fosse fatta alcu-na collectione, facciasi scemare | sangue dela contraria parte. Delo strictorio chome si faccia 417. | Tolli polvere rosso e dotti[ssi]mamente 418 il mescola col’albume |15| dell’uovo, e anche v’aggiungni farina di tritico e miscola 419; | e lino lungo bangnato i(n) quello; e poi così lungo lo ’nvolgi | diligentemente. Poi lo lega come di prima, e così lo la-scia | stare più dì, tanto che la giuntura sia bene confermata. | E quando tu vedrai scemato il tumore che v’è sopravenuto |20| per lo strittorio, allora bangna il luogo malato co(n) acqua | calda e levane lo strittorio, e cola predetta acqua il fome(n)ta 420; | e se congnosci che ongni cosa stia bene, sopraponvi spadadrap-po 421, | che si fa così. Delo spadadrappo chome si faccia. |

                                                            413 Il passo è corrotto. Cfr. lat.: «et membrum membro iungatur, ut, si fuerit in iuncturis brachii, brachium humero, si in crure, tibia coxe et sic de reliquis iungatur» (S 210) e AP 274: «et aggiungie membro a membro o, se sarà indelle giunture del braccio, il braccio all’omero; se indella cervice, la tibia alla coscia; et così dell’altri». 414 Assente nel testo lat. (S 210), ma cfr. AP 274: «Et ungisi». 415 Lat. «globus filorum» (S 210); ma glossa in interlinea (di mano diversa): «cioè uno gomitolo di fila» e AP 275: «fila a modo d’uno gomitolo». 416 Lat. «et unge» (S 210-11), ma «dyaltea setzt Fl. bei» (S 211, n. 1), e AP 275 «et ungielo». 417 Ms. si faccia oltre lo specchio di scrittura. Il testo è lacunoso: cfr. il trattato lat. (S 211) e AP 275. 418 Traduce il lat. «optime» (S 211). 419 Ms. tritico è grano vergato sul margine destro (di mano diversa). 420 Traduce il lat. «fomentetur» (S 211). 421 Lat. «spotadrapum» (S 211), ma Fl lat. «spadarapum» e J lat. «sparadrapum» (ibidem, n. 26); AP 276: «sparadrappo».

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Polvere di mastice, olibani, pece grecha, boli, pongansi |25| in cera et in sevo arietino prima liquefatti 422; poi sì vi | involgi entro una peççalina e ponla tiepida so-pra-· luogo; | e se fosse bisongno, appicchivisi appostolicon. Dela disgiuntura del | gombito 423. | .xviij. Se l’osso del gombito dal propio luogo si disgiungne, in | questo modo si sovie-ne: il medico si metta una fascia |30| sotto la piegatura del braccio e di quella faccia quasi staffa 424; | e-l piede nela fascia tenendo e co(m)primendo di sotto la mano, | lievi il braccio all’omero e l’osso reduca al propio luogo; |35v| e tre o quattro volte il braccio lievi e deponga, e anche | un’altra volta il lievi; e leghilo sì che-l braccio sia levato | e sospeso al collo in tal modo che no(n) si possa ripiegare. Poi, | doppo pochi dì, lo ’nfermo spesse volte tenti il braccio di |5| diponerlo e di levarlo 425, e leghisi sì che no(n) sia i(m)pedito | il levam(en)to o-l diponimento. Dela disgiuntura dela mano 426. | .xviiij. Se la iunctura dela mano uscisse dal p(ro)prio luogo, lo braccio | coll’una mano e la mano co(n) l’altra il medico pigli, e lieve|m(en)te e suavem(en)te reduca l’osso al suo proprio luogo 427; |10| e fom(en)tationi, se uopo fosse, e untioni fatte, e tabelle | dall’una parte e dall’altra poste, sia legato 428. In quello | medesimo modo le dita dela mano al proprio luogo si re|ducano, quando si partissono dala propria giu(n)tura. | Dela fractura del braccio o dell’omero. |15| .xx. Se l’osso del braccio o dell’omero si rompe, inp(ri)ma al proprio | luogo 429 si reducano. Se si fa sança rottura di carne, lo m(em)bro | doviamo da ciascuna parte pigliare, e lievem(en)te e sua|vem(en)te distendere e cole mani co(m)primere, sì che, se la | rottura è nel braccio, il medico faccia il discepolo tenere |20| lo ’nfermo p(er) la mano, extendendo le dita e-l braccio tutto. | Un altro ne sia dall’altra parte, il quale tenga lo ’nfermo | fermamente per l’omero; e-l medico co(n)giunga l’ossa e | redu-cale al proprio luogo 430. La qual cosa fatta, tolla | una plagella ampia quattro dita a

                                                            422 Ma lat. «super ignem prius liquefacti» (S 212) e AP 276 «a fuoco». 423 Ms. disgiuntura del | gombito vergato sul margine destro. 424 Lat. «taffam» (S 212), ma Fl lat. «stupam» e J lat. «staffam» (ibidem, n. 9). 425 Diversamente AP 276: «spesse volte lo infermo ripieghi il braccio sponendolo». 426 Segue Dele di|ta dela | mano sul margine destro (all’altezza delle rr. 11-12). Cfr. lat. «De disiunctura manuum et digitorum» (S 212) e AP 276: «Della disiuntura delle mano et delle dita». 427 Ms. al suo al proprio luogo. Segue nel testo lat. «tanquam a contrario loco» (S 212). 428 Cfr. lat. «et fomentationibus, si opus fuerit, factis et unctionibus et tabellis ex utraque parte positis ligetur» (S 212). 429 Ms. o aggiunta in interlinea. 430 Traduce il lat. «scema» (S 213); così anche AP 276.

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llegare il braccio, la quale, |25| infusa in albume d’uovo, sopraponga, e co(n) quella co(n)stringa | optimamente il braccio. Anche si tolga un’altra peçça e | sopra quella si leghi, ed a ongni parte sia agualliata; | poscia v’aco(n)ciamo le ferule e cole corde le sopraleghiamo, | e così il lasciamo stare tre dì; ed in capo di tre dì facciamo |30| il simigliante, e poi il similliante nell’altro terço. E doppo | nove dì s’apparecchi la strictura, cioè polvere rosso così | apparecchiato come è detto di sopra nela terça cu-ra; e di cotale |36r| strectura il braccio optimamente sia ingiunto; e la | fascia al so-pradetto modo sia posta, e le ferule. E sempre | sia guardato il membro, che lo ’nfermo no(n) s’appoggiasse sopra | quello; e così sia lasciato p(er) più dì, cioè tanto che ll’oso sia |5| b(e)n(e) co(n)solidato; e questo si congnosce quando è partito il tu|more il quale v’era sopravenuto p(er) la strectura. Ed allora | si bangni d’acqua calda, e lievisene lo strittorio, e sia b(e)n(e) | fomentato d’acqua, dove sia cotta malva o cotali cose. | E poi sia bene rasciutto 431, e se ll’oso sia bene co(n)solida-to, |10| ungasi di dialtea o di martiaton; e stoppa sopraposta, | sia rilegato, come è detto di sopra, co(n) la fascia e cole ferule; | e se no(n) pare che sia bene saldo, un’altra volta si faccia lo | strectorio, ed aspettisi al simile modo; e se fosse solido, | facciansi unçioni e fomentationi e legationi tanto |15| che sia sano. Ma se p(er) la le-gatura o strectura vi nasca la risipila, | disciolgasi il luogo, e mentre che vi fosse la risipila non si | leghi, ma col predetto modo 432 ala risipi[l]a si contastia. | Dela frattura sua con fedita. | Ma se la fractura dell’osso sia co(n) fedita, alcuna cosa che-l |20| membro ferma-mente tenga, da ciascuna parte lasserà | e-l medico tenti col dito 433 se alcuno osso fosse rotto e dip(ar)tito, | il quale inco(n)tanente se ne tragga, e ll’osso all’oso s’aggiunga ed al proprio luogo si reduca. La qual cosa fatta, co(n) fascia | al sopra-detto modo infusa nel’albume dell’uovo, strectam(en)te |25| sia legata, i(n) tal modo che la fascia sia forat[a] 434 sopra la fedita | al modo dela ferita; e sopra quella un’altra fascia sia legata | come di sopra dicemo, la quale i(n) quello luogo medesi-mo sia | forata. E le ferule si pongano d’intorno i(n)torno, seno(n)ché la | parte dela ferula la quale è sopra la fedita sia forata, |30| sì che la ferita si possa purgare 435; e mettavisi dentro pa(n)no | lino infuso i(n) albume d’uovo, ed ongni dì si curi come | l’altre fedite. Le ferule no(n) si disciolgano, se no(n) di terço in terço dì, |36v| infino

                                                            431 Traduce il lat. «abstergatur» (S 213). Cfr. AP 277: «et poi con taglia sia bene strecta». 432 Ms. segue ala depennato. 433 Non dà senso. Lat. «Si vero fractura ossis sit con uulnere, primo sint aliqui, qui membrum teneant firmiter ex utraque parte et medicus temptet digito etc.» (S 213) e AP 277: «Se la rottura dell’osso sarà con ferita, prima sia alcuno che tengha fermo il membro dall’una e l’altra parte, e-l medico tenti con dito ecc.». 434 Ms. forato. 435 Diversamente lat.: «et ferule apponantur undique, nisi quod supra vulnus medietas ferule ponetur ex una parte et alia ex altera» (S 214), e AP 277: «Et la ferula da ogni parte vi si ponghi, se già non ponessi una ferula dall’uno lato et un’altra dall’altro lato».

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che la fedita sia sana; poi si possono fare le | fomentationi 436, e tutti altri adiutorii si dieno che | abbiamo detti di sopra. Chome s’aiuta la natura debole 437. | Adiviene molte volte che, per vecchieçça o per debo|5|leçça di natura, no(n) si puote prestare notrimento ali | membri, onde l’osso in parte no(n) puote saldare; e se | adoviene che saldi, lo malato sente ivi grande dolore. | Al quale si faccia cotale empiastro: r(ecipe) pece navale, | pece greca, resina, ana 438, e risolvi al fuoco; e caldo, qua(n)to |10| il malato puote sofferire, vi si po(n)ga e suavem(en)te si leghi. | Chome sia aiutato s’elli è issuto male curato. | Ma se in tre o i(n) quattro mesi, inna(n)çi che vada al medico, | l’osso non è bene diritto, inprima tre volte o quattro | co(n) la predetta fomentatione sança meçço 439 sia co(n)te(m)p(er)ato; |15| e, bene fomentato, un’altra volta si rompia; e poscia | la sopradetta cura farai. Del talliam(en)to del ca(n)cro e dela fistola | e dela sua cura 440. | .xxj. De’ cancri e dele fistole questo medesimo | diciamo i(n) queste parti che di so-pra, p(er)ciò che, se adiviene | per fedita, pongavisi l’unguento detto di sopra. Ma se fosse |20| nele parti nervose del braccio, polvere d’affodilli, overo | unguento a que-sta cura detto, mettiamo, ma solam(en)te | dela fistola diciamo, p(er)ciò che in luo-ghi nervosi è | meglio a non curare il cancro che curarlo; e se-l cancro | fosse in quella parte del braccio nela quale de’ nervi |25| overo nascosta lesione no(n) sia da temere, lo cancro | infino al vivo sia tagliato, e co(n) ferro caldo diligentem(en)te | sia cotto. Tuorlo d’uovo co(n) olio mixto, ta(n)to che-l fuoco | caggia, si ponga; po-scia, co(n) unguento verde e co(n) l’altre | cose sia curato come l’altre fedite. Se fosse i(n) luoghi nervo|si. |30| Ma sse la fistola fosse in luoghi carnosi del braccio, un|guento ruptorio possiamo securam(en)te mettere, e tallia|menti ed incendimenti fare; nell’altre cose la cura è 441 |37r| quella medesima ch’è detta di sopra. Ma se ll’osso fosse | tabefat-to 442 o corrotto dala fistola, tutto quello osso è | da purificare e quello ch’è corrotto si ne dee trarre; | poi è da procedere come detto è di sopra. Ma dele posteme |5| quello medesimo diciamo ch’è di sopra, e quella cura | facciamo.                                                             436 Così in lat. (S 214); AP 277: «bagnuoli». 437 Diversamente lat. «Qualiter natura ad consolidandum os adiuuetur» (S 214) e AP 277: «Se l’osso non si consolida». 438 Manca la quantità. Cfr. lat. «equaliter» (S 214) e AP 277-78: «di ciaschuna a uno peso». 439 Traduce il lat. «indesinenter» (S 214); cfr. AP «sensa restare». 440 Ms. e dela sua cura segue, sullo stesso r., De’ cancri e dele fistole, questo medesimo. 441 Ms. richiamo al fasc. successivo (.quella medesima.) vergato sul margine inferiore. 442 Lat. «tabefactum» (S 215) e AP 278 «magagnato».

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Dela fedita dela torace 443 e del petto 444. | .xxij. Se la fedita fosse nela torace o nel petto, di spada o d’altro | simile, sì che sia p(er) traverso, e la fedita dependa, cusciasi | e la cura perseguiti sì come è detto di sopra. Ma sse |10| passasse le ’nteriora, pa(n)no vi mettiamo e la cura seguitiamo | come nell’altre fedite. Ma sse il sangue o la putredine | ale ’nteriora passasse, lo ’nfermo dina(n)çi a ssé su uno | desco si chini, e ora in qua ora in là volgendosi, il sangue | overo la sanie gitti fuori p(er) lo andamento dela fedita; |15| e questo si fac-cia quante volte 445 elli si muta, e sempre | s’alluoghi a giacere su 446 quella parte tan-to che ssia sano 447. | E se questa fedita fosse p(er) lungo, no(n) usiamo di cuscirla, ma | con panno e con l’altre cose i(n)fino ala fine curiamo. | Dela fedita di quelli se-l ferro sia nascoso dentro 448. |20| .xxiij. Se infra la substantia dela torace o del petto si nasconda | il ferro, forato l’osso del petto i(n) rotondo, lievem(en)te se ne tragga. | Se fosse sotto le costole o intra le costole, tra costola e costola | la costola si tagli, e pongasi uno cuneo tra quelle ac-ciò | che lo luogo stia aperto, e così leggierm(en)te se ne tragha. |25| E se no(n) se ne puote trarre co(m)petenteme(n)te, è meglio che vi | si lasci stare. P(er)ciò che se-l ferro no(n) sarà passato ale ’nteriora, | trattone-l ferro 449, vi si metta il lardo, e curisi come è detto | di sopra 450 nelgli altri 451; e se anchora fosse passato ale ’nteriora, | lardo vi si puote mettere 452; e nell’altre cose è da sovenire |30| sì come è detto di so-pra. Ma questo è da sap(er)e: che lo | stuello il quale si mette i(n) cotali fedite, fac-ciasi sì e sia sì | allogato che co(n)venevolm(en)te ne-l possi trare e dentro no(n) | possa rimanere. |37v| Dela rottura dela costola sança fedita. | .xxiiij. La costola alcuna volta si piega e menasi in entro. Lo | malato si meni al bagno e-l medico unga le sue | mani asciutte di mele o di trem(en)tina o di pece; e ponga|5|le sopra lo luogo dove è la ’nfermità, i(m)p(ri)mendo le | mani in giuso, et                                                             443 Si noti la forma al femminile. Cfr. AP 278, n. 260. 444 Rubrica vergata da mano diversa. 445 Ms. vollte. 446 Ms. sul. 447 Segue in AP 278: «Et se ti parrà che la puza non manchi, manda vino caldo nela ferita et voltolisi in qua et in là, tanto che-l vino n’escha; et facci questo sicuramente, per insino a tan-to che-l diaflamma e-l polmone siano purificati del puzo. Quando saranno purificati, lo vino n’uscirà puro». 448 Rubrica vergata da mano diversa. 449 Lat. «abstracto ferro» (S 215). 450 Ms. come è detto | è di sopra. 451 Ms. l aggiunto in interlinea. 452 Ma lat. «lardo intromitti non poterit» (S 216); «non» manca nei codici Fl e J lat. (ibidem, n. 4). In AP 279 il testo è lacunoso per un possibile omeoteleuto.

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i(n)contenente le lievi in suso forte|me(n)te; e così faccia più volte, tanto che la costa sia re|cata al suo luogo. La cufa suole fare col fuoco quello | medesimo, posta nel luogo; poi vi si ponga empiastro |10| d’appostolicon od altr[a] 453 cosa simile. | Dele fedite le quali si fanno infino all’inguine. | .xxv. Se si fa fedita in alcuna parte del corpo i(n)fino al’an|guinaia, e le budella no(n) escono fuori e no(n) sono ledite, | quella cura vi fa che dicemo nela cura dela tora-ce |15| e del petto, o siavi dentro il ferro o no; salvo che non | si dee tagliare in riton-do ma p(er) lungo, qua(n)do il ferro | è nascoso dentro. Dele fedite le quali si fanno | al chuore, od al polmone, al’epate, o alo stomaco. | .xxvj. Se alcuno fosse ferito al cuore, od al polmone, al’epate, |20| alo stomaco, od al diafragmate, colui ala cura nostra | no(n) co(m)mettiamo 454; ma queste fedite p(er) questi sengni | congnosciamo, p(er)ciò che, se la fedita serà nel cuore, | il sangue n’uscerà nero et abondantem(en)te; se fosse | nel polmone, il sangue n’uscerrà schiumoso e lo ane|25|lito si muterà; s’è nelo diaframate, à ssì gra(n)de e spu|moso 455 anelito, e tosto muore 456; s’è nell’epate, mani|festo serà p(er) lesione dele operationi che ssi fa(n)no in quello; | s’è nelo stomaco, il cibo p(er) la piaga si getta. Le quali | tutte, fedite mortali iudichiamo; dunque, acciò |30| che no(n) paia che p(er) nostra cura altre perisca, da cotale | cura maggiorm(en)te ci rimaniamo. Dela fedita dela milça 457. | .xxviij. La milça è me(m)bro servile, onde talliame(n)ti, e cotali | cose di leggieri, sostie-ne; p(er)ciò, se avesse fedita, cho|la cura dele cose precedenti securam(en)te guarrà. |38r| Chome si rimette dentro il polmone se ne uscisse fuori. | Addoviene che-l polmone esce p(er) stretta fedita e, te|menti di no(n) ledirlo, no(n) ardiamo d’allargare la fedita. | Al quale soliamo così sovenire: lo ’nfermo giaccia |5| a rovescio e bene disteso; e-l medico si pigli a traverso | cole mani la co-tenna dala parte di sop[r]a 458, e-l discepolo | faccia il simigliante dala parte di sotto; e così i(n)sieme | il medico e-l discepolo, tenendo la cotenna ale parti di | sopra, af-frettatam(en)te lievino tutto il corpo, acciò che |10| lo ’nfermo p(er) subita attrectatio-

                                                            453 Ms. altro. 454 Lat. «eum cure nostre non committimus» (S 216); diversamente AP 279: «al detto modo commettiamo ala nostra cura». 455 Traduce il lat. «spissus» (S 216); AP 279 «spesso». 456 Ms. sul margine sinistro compare un altro n. di par. (.xxvij.), ma il testo è unitario (cfr. S 216). 457 Questo par. segue il successivo nel testo lat. (S 217); in AP 279-80 come nel Ric. 458 Ms. sopa.

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ne d’aera p(er) alcuna proportione co(n)stringa 459 il polmone di redire al pro|prio luogo 460. Dele budella se uscissono fuori. | .xxix. Se-l budello, p(er) alcuna fedita facta nel corpo, uscisse fuori | p(er) lungo o p(er) traverso, sì che la maggiore parte rima(n)ga |15| sana, talliato fosse, così possiamo sobvenire: inp(ri)ma, | se p(er) intervalli le budella fossono fredde, tollansi budella | d’alcuno animale vivo e fendile p(er) meçço e ponle su|le ’ntestine; e tan[t]o 461 le lascia stare ch’elle doventino calde, | e sieno adiutate dal calore naturale e diventino molli. |20| In questo meçço si apparecchi uno ca(n)nello di sambucho a | modo dela ferita delo 462 budello, che soperchi la lungheçça | del cannello la lungheçça dela fedita una oncia da | ciascuna parte. El ca(n)nello sia molto sottile, e per la | fedita del budello si metta, e co(n) sottilissimo ago e filo |25| di seta si cuscia; e-l ca(n)nello s’alluoghi in tale modo | che p(er) quello la sup(er)fluità del budello possa passare p(er) | la fedita e no(n) possa fare impedimento ala cuscitura. | La qual cosa fatta, co(n) una spungna infusa in acqua | calda e bene bangnata, si lavino suavemente le soççure |30| dele budella, le quali, bene purificate, si rimettano dentro | p(er) la fedita onde elleno uscirono; ed allora lo ’nfermo | si ponga su una tavola ed menisi 463, ac-ciò che le budella tornino | nel loro (pro)prio luogo 464. |38v| E se la fedita non fosse tanto che ssi possano rimettere, | sì ssi sciampi; e qua(n)do vi sono rimesse, lascia tanto stare | la fedita aperta che tu veghi lo budello congluttinato; | onde sopra la cu-scitura delo ’ntestino poni ongni die |5| polvere rosso. Poi che lo ’ntestino serà co(n)solidato, la | fedita di fuori co(n) cuscitura et altre cose dette di sopra | cura-lo 465. Ma se la fedita fosse grande, questo sopra aggiun|gnamo: che lo stuello assai lungo nela fedita si metta | p(er) lungo, dall’una stremità all’altra uscente, e sopra |10| quello stuello la parte dentro dela fedita si cuscia savia|mente; poi poni su polvere rosso. E lo stuello, il quale | rimase dentro, ongni dì verso la parte pendente si trag-gha, | acciò che-l panno ala fedita co(n)tinuamente si rimuovi 466; | ma qua(n)do avrai veduto la sutura salda, tra’ne tutto lo |15| stuello, e ale stremitadi no(n) ancora

                                                            459 Ms. co(n)stiringa, prima i espunta con un puntino sottostante. 460 Cfr. lat. «ita medicus et discipulus simul, sic tenendo cutim ad superiora, festinanter totum corpus eleuet, ut patiens subita aeris attractione quadam proportione ipsum pulmonem ad proprium locum redire compellat» (S 217). 461 Ms. tando. 462 Ms. la o di delo sembra aggiunta in un momento successivo. 463 Ms. ed omenisi. Traduce il lat. «conquatiatur» (S 218); cfr. AP 280: «sia conquassato». 464 Ms. serie di numeri e parola illeggibile sul margine inferiore (di mano diversa). 465 Riferito a fedita: cfr. lat. «uulnus extrinsecus con sutura et aliis cura, ut dictum est superius» (S 218) e AP 280 «cura la ferita di fuori con costura et altre cose, come è decto di sopra». 466 Ms. la prima i aggiunta in interlinea.

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salde, chome l’altre, | la chura v’aggiungni 467. E la dieta sia molto sottile | e digestibile. Dele fistole e cancri e posteme 468. | .xxx. Dele fistole e de’ cancri e dele posteme che nascono in | questi luoghi, quello ne diciamo ch’è di sopra, p(er)ciò |20| che con ciò sia cosa che sieno in luoghi carnosi, possiamo | fare talliamenti et incendimenti, e mettere unguenti | violenti e polvere. Ma questo vi sopragiungnamo: che | se la fistola à passato il ventre, no(n) dobbiamo mettervi | unguento, acciò che no(n) potesse ledire le budella. Ma sse |25| l’andamento 469 fosse stretto, co(n) tasta del malot(er)re s’allarghi, | e lo ’nfermo s’inchini su uno descho, acciò che la putredine | la quale è dentro ne possa uscire; poi si metta stuello | unto d’unguento ruptorio, e saviamente si metta dentro; | poi il cura come è detto di sopra. Del ca(n)cro il q(ua)le si fa nela poppa 470. |30| .xxxj. S’è-l cancro il quale si fa nela poppa, adgiu(n)gnamo | che, s’ella è tutta dura e tosta e livida, lascisi stare | p(er)ciò ch’ella è incurabile, se la poppa tutta no(n) si di-velle | infino ale radici. Ma sse i(n)torno a quello luogo ella sia dura, |39r| e 471 nel-l’altre parti sia bene trattabile, curala co(n) polvere | d’affodilli o co(n) unguento ruptorio o p(er) incendimento, | chome abbiamo detto. Dele posteme dele poppe. | .xxxij. 472 Fannosi ancora posteme nele poppe di sangue me(n)struale |5| colà ma(n)dato, p(er)ciò che la poppa è luogo spungnoso, sì che | trae a ssé il sangue mestruale e quivi si co(n)verte i(n) lacte, | il quale, con ciò sia cosa che inançi al parto 473 no(n) si ma(n)di | fuori, e rimanente quini, indura il membro e quindi | [dà] grande dolo-re 474. Ala quale 475 così soveniamo: ponganvisi |10| cose da maturare, chome è malva, e branca orsina | ed altre cose le quali sono dette di sopra. E quando il | vem-                                                            467 Cfr. lat. «ut in aliis vulneribus curam adhibeas» (S 218), AP 281: «curerai come nel’altre ferite» e Valls 82: «puis le cures ensi com nos avons dit es autres cures». 468 Ms. macchia d’umidità su e po di e posteme. 469 Ms. il termine è preceduto da due lettere depennate. 470 Ms. poppa vergato sul r. inferiore dopo adgiu(n)gnamo; dele ferite de’ | genitali vergato sul margine sinistro (di mano diversa) 471 Ms. come la chura | del[a] poppa sul margine sinistro (di mano diversa); tritico è grano sul margine superiore (di mano diversa). 472 Ms. de’ cancri e | dele fistole | e d’altre pu|stole che | naschono | ne’ genitali vergato sul margine destro (di mano diversa). 473 Ms. segue s depennata. 474 Cfr. lat.: «ibi membrum induratur et inde magnus dolor fit» (S 219) e AP 281: «indura il membro et dà grande dolore». 475 Riferito a poppa e non a dolore; diversamente AP 281: «al quale così provediamo», ma cfr. S 219.

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bro serà bene mollificato 476, secondo il modo 477 che già è detto, | taglia e stuello caudato i(n)prima fatto metti entro ed ex|priemi tutta la sania e purifica il luogho. Dissi stuello |15| caudato p(er)ciò che spesse volte le taste attratte dentro, | riman-gnenti quivi, sono cagione di grande dolore; | allora è bisongno che ssi tagli 478 e le predette taste | se ne traggano. Come il capitello dela poppa come si trae fuori. | Le primaiuole 479, et i(n) parte nuove 480, spesse volte il capo |20| dela poppa è menato dentro, sì che-l fanciulo no(n) puote | pilliarlo; onde ne seguita il predetto male. Allora vi si | ponga la cufa sul capitello, acciò ch’ella il tragga a ssé | e sughi; e poi 481 sia curata chome dicemmo. Dele fedite del | menbro dell’uomo 482. | Se nel vembro dell’uomo fosse |25| fedita, in quello medesimo modo il cura cu(m) cuscitura | e co(n) l’altre cose, le quali sono dette di sopra; e quello | medesi-mo diciamo de’ testicoli. Ma sse uscisse fuori | il suo follicolo, riducansi al proprio luogo; ma la fedita | si cuscia, e polvere rosso vi si gitti; e curisi poi chome |30| l’altre fedite. Del cancro nato nel menbro virile. | Se-l cancro fosse nel membro virile e tutto il menbro | abbia occupato, tutto il cancroso e lo co(r)rotto sia tagliato, |39v| sì che se ne levi uno pocho del vivo, e co(n) ferro caldo o co(n) | oro sia cotto; poi si churi chome è detto di sopra. | Ma sse la fi-stola fosse nata in quello luogo, co(n) unguento | ruptorio e altre cose gli fa la cura, come già di sopra |5| abbiamo insegnato. Ma se pustole sopravengono, | ponvi un-guento biancho, ma p(er) aceto acqua ro(sata), | e p(er) olio co(mun)e violato po-niamo 483. Ma se addiviene che ssi | scorticasse quello filo nel quale si suole rompe-re 484, onde | egli emfiasse e diventa tumido e rossicha, oleo vio|10|lato mescolato co(n) albume d’uovo vi poniamo, overo | dentro il mettiamo; ma sse l’orifitio suo fosse stretto, | alcuna tanta di cera o d’altro simile vi si metta, acciò | che la sania

                                                            476 Cfr. AP 281 «mondificato». 477 Ms. il modo aggiunto in interlinea. 478 Ms. tagliono con ono depennato. 479 Traduce il lat. «primariole» (S 219). Il par. è assente in AP 282. 480 Ma lat. «et in partu noue» (S 219). 481 Ms. e questa scritto in interlinea (di mano diversa). 482 Ms. menbro dell’uomo segue Se nel vembro dell’uomo fosse. 483 Cfr. AP 282: «ponghivisi unguento biancho, ma in luogho del’aceto metti acqua rosata, et i(n) luogho del’olio comune metti olio violato». 484 Ma lat. «Si autem ipsum excoriari filumque rompi contigat etc.» (S 220) e AP 282 «Et se averrà che-l filo si scortichi o rompisi ecc.».

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mellio vada ale parti di fuori. A quello | medesimo: tolli aloes, e sugo d’appio, ed albu(me) d’uovo, |15| et incorpora insieme, e mettilo nel luogo. | Alo scorticamento ed a rossore de’ collioni. | Tolli cimolea, vernice, mirra, colofonia, bettronica, | e resina; e le cose da tritare, sì le trita; e mescolale | con olio caldo e aggiungnivi la resina, et incorpora |20| in-sieme; e ’ testicoli co(n) acqua calda bene lavati, cotale | unguento, al luogo che ros-sica, sopraponiamo. A q(ue)llo stesso. | A quello medesimo vale la fava rotta ed apparecchiata | come si dovesse manica-re, posta su col cimino 485; | o tu tolli vermiculare e scifula 486, et olio violato. |25| Ma inprima pesta l’erbe diligentemente e poi v’a|ggiungni l’olio violato e diligente-mente lo ’ncorpora, | adgiuntovi albume d’uovo mixto insieme. | Dela rottura del’ossiface 487, o sia piccola o sia grande 488. .xxxiij. | L’ossiface è quello pa(n)nicolo il quale ritiene le bu|30|della, acciò che non caggiano giuso nell’oseo, il quale | spesse volte si rilassa, overo anchora si ro(m)pe seco(n)do | il più e-l meno. Ma sse si fa piccola crepatura, sola|mente n’esce vento-sità e fa enfiamento a modo |40r| d’una noce, e quando a modo d’uovo 489; ma sse la crepa|tura è grande, le budella descendono al didimo, | il quale procede p(er) meçço l’ossiface a’ testicoli; e | fassi ernia. Dela cura [di quello] e dela legatura 490. |5| .xxxiiij. Se la crepatura è piccola e di piccolo tempo, e se | è fanciullo, facciasi la legatu-ra, la quale poggi e | stringa sopra la crepatura; e dalli frittelle di co(n)solida | mag-giore .xj. 491, quando soperchiano dela luna pur | .xj. dì; sì che ciascuno die, i(n)fino i(n) undici dì 492, manuchi |10| di quelle ongni die menovandone una. |

                                                            485 Ingrediente assente nel testo lat. (S 220), in AP 282, in Hunt 79 e in Valls 84. 486 Traduce il lat. «sifulam» (S 221), ma «sciculam» in Fl lat. (ibidem, n.1). Cfr. AP 282: «fistola». 487 Traduce il lat. «sifac» (S 221). 488 Ms. rottura | crepa[...] vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 489 Lat. «quandoque etiam oui» (S 221). 490 Così nell’indice della terza particola; di quello aggiunto alla fine da mano diversa. 491 Manca la traduzione della frase lat. «facta con vitello ovi», assente anche nel ms. M lat. (S 221 e n. 11). Cfr. AP 283: «diansili frittelle di consolida maggiore quando vi sono undici dì ancora della luna». 492 Ma lat. «usque ad finem lune» (S 221). Cfr. AP 283: «per insino a tanto firono passati quelli .xj. dì della luna».

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Dela 493 cura p(er) tagliamento e p(er) incendimento. .xxxv. | Ma sse la rottura sia grande, o sia piccola, in quello che | è adulto, o d’i(n)co(m)-piuta etade, overo se ancora nel | fanciullo, se p(er) lungheçça di tempo fosse i(n)vecchiato, |15| p(er) talliamento il soliamo così curare: inp(ri)ma lo ’nfermo | s’alluoghi nel bancho 494, il capo e lgli omeri abbiente | abbattuti, acciò che tutte le ’ntestine discendano | al petto. E le cosce e le gambe tenga levate in suso. | E-l testi-colo di quella parte sia menato ala roptura |20| quanto si puote menare più cauta-mente ed in | quello luogo sengna con carbone o con i(n)chiostro | d’intorno; poi pi-glia la rotondità tutta col meçço; | poi metti lo ferro caldo dall’uno sengno all’altro; poi | ne trai il ferro e mettivi uno stilo di legno p(er) lungo. |25| Poscia, per lato, i(n) quello medesimo modo il ferro caldo | si metta; poi vi metti lo stilo del lengno e così, li stili | dimoranti in croce, sottilemente vi si metta sotto | uno spago e sia bene legato. La qual cosa fatta, | co(n) tre cauterii sia arso, overo cotto cautamente |30| e diligentemente, quasi infino agli stili. | Dela cura di quello p(er) talliamento. | Anche, talvolta, la fractura è piccola; et allora si pigli |40v| la pellicola col didimo, sì come dice(m)mo, e segnisi al | predetto modo; e-l ferro caldo si metta dall’uno sen|gno all’altro e menisi bene il ferro in qua ed in là, | in suso ed in giuso; e questo fa con tre cauterii 495, sì che |5| sopra quello si pigli solam(en)te la pellicola, et taglasi p(er) | lungo. E-l didimo, iscarnato bene, quinci e quindi 496 | ardilo co(n) cauterio e metti sopra l’uovo chola stoppa; | lo ’nfermo, così levate le gambe e le choscie in suso 497, portisi | nel lecto e diligentem(en)te sieno legate le gambe ale coscie, |10| ac-ciò che non si distenda. E prima che-l fuoco sia caduto, | pongavisi polvere rosso e cotali cose che co(n)stringono 498; | e quando serà facto sano, ponvi appostolicon. La dieta | sia sottile e digestibile; e doppo questo tutto, fa la | legatura chome abbiamo detto, e p(er) due o p(er) tre 499 |15| mesi si guardi. Di quello stesso se le budella caggiono nell’osseo 500. | .xxxvj. Se le intestine, cioè le budella, caggiano giù nell’osseo, | inprima si reducano al suo proprio luogo, la qual cosa | no(n) si puote fare leggierm(en)te, facciasi malage-

                                                            493 Ms. precede a ssé depennato. 494 Ms. -cho corretto su -gno depennato. 495 Lat. «et hoc tribus cauteriis» (S 222), ma AP 284: «et questo tre volte». 496 Ms. quinci e di quindi. 497 Ms. in suso aggiunto in interlinea. 498 Così anche AP 284: «Et poi che-l fuoco sarà caduto, pognivisi polvere rossa et altre cose che stringieno», ma lat. «Postquam vero ceciderit, apponatur puluis rubeus et talia, que constringat» (S 222). 499 Così anche AP 284: «due o tre mesi», ma lat. «per tres uel quatuor» (S 222). 500 Ms. l’osseo vergato nell’interlinea inferiore.

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volem(en)te | co(n) cauterio, o fallo purgare 501, e ponganvisi cose mollifi|20|cative e, le budella rimesse dentro, acconcisi come | dice(m)mo. E dove la rottura è, il disce-polo ponga il dito | e-l medico tagli la pellicola sopra il testicolo di quella parte; | e, trattone il testicolo, iscarnisi il di[di]mo infino di sopra. | La qual cosa fatta, se alcu-na ventosità è nel didimo, |25| rimettasi dentro co(n) clova 502 e cuscilo bene co(n) ispagho. | E lega il di[di]mo colo spago e lascia pendere ciascuno capo, | quasi uno so(m)messo 503, e, posti di sopra le tabelle, taglia | il didimo con tre cauterii e fendilo infino alo spago. | E poi vi poni stoppa co(n) uovo e portasi nel lecto, chome |30| dice(m)mo, ed infino a nove dì 504, vi poni uovo co(n) oglio; | e doppo nove dì il fuoco cade e lo spago anche cade 505, e | allora sì-l fomenta con acqua 506, dove sia cotta bra(n)corsina, |41r| paritaria, assenço e cose simiglianti; poi si curi | chome dice(m)mo di sopra. Dell’ernia leva(n)tesi p(er) humori. | .xxxvij. Se ll’ernia si fa di humori vengnenti dale reni al te|sticolo, il quale si congnosce p(er) toccam(en)to, p(er)ciò che fa |5| luogo al toccare 507, talliata la pellicola sopra lo testicolo, | traggasene fuori quella acqua e, messo dentro uno stuello, | purificha bene la fedita. Ma se tu vuoli che vi ritorni | la infermità 508, congnoscasi se-l testico-lo è putrido; | e sse fosse putrido, sì sse ne traggha 509. Poi si curi come l’altre |10| fedite. Dell’ernia la quale si fa per carnositade. | .xxxviij. Fassi l’ernia talora d’una carnosità nascente sança | natura presso al testicolo; allora la pellicola talliata | dee essere scorticata; e discoperta quella carnosità | dal

                                                            501 Ma lat. «quod si leuiter non possit, fiat clistere vel purgetur» (S 222) e AP 284: «la qual cosa se non si potrà fare leggiermente, faccisi clisterio che si purghi». 502 Ms. dova, ma lat. «cloua» (S 222): all’origine probabile errore paleografico (d- per cl-). 503 Il passo non è chiaro. Cfr. lat. «De spago uero caput utrumque dimittatur pendere per se, missum extra etc.» (S 222). 504 Lat. «.xi.» (S 222), ma Fl lat. «.ix.», J lat. «nouem» (cfr. ibidem, n. 30) e AP 284 «nove». 505 La frase e lo spago anche cade (lat. «et spagus similiter cadit») manca in AP 284 e nel ms. lat. Fl (S 222, n. 31). 506 Lat. «fomentatur aqua» (S 222), ma AP 284 «si fomenti la vena». 507 Cfr. lat. «quia tactui cedit» (S 223) e AP «perché dà luogho al tasto». 508 Ma lat. «ut non reciperetur egritudo etc.» (S 223) e AP 285: «Et acciò non si ricevi infermità ecc.». 509 Ma lat. «Et si non fuerit putridus, dimittatur. Si uero fuerit putridus, abstrahatur» (S 223) e AP 285 «Et se non fi putrido di hernia, vi si lassi. Ma se sarà putrido, cavisene».

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cuoi di fuori infino di sopra, taglisi il didimo |15| con cauterio 510 e gittisi via 511. Po-scia l’osse[o] sia cuscito | e curalo poi come dei e come è detto di sopra 512. | De’ sengni dela pietra s’elle fosse nela vescicha. .xxxviiij. | Se la pietra è nela vescica, i(n) questo modo ne serai certo. | Segga alcuno forte in su uno desco e piedi tenga su uno |20| deschetto o panca, e lo ’nfermo segga sule coscie di colui | ed abbi le gambe legate co(n) una fascia a chollo, overo | ale spalle di colui che ssiede, bene ferme 513. Allora il medico | stia dinançi alo ’nfermo, e due dita dela mano diritta, | messe le dita p(er) lo culo dentro, lievi in suso ale cose di so-pra |25| e cola mano manca priema i(n) giuso verso-l pettingnone 514; | e sse truova alcuna cosa a modo d’uno 515 uovo duro | e grave, è fermo che la pietra è nela vesci-cha; ma sse | è molle e carnoso quello che truovi, è carnositade | che i(m)pedisce l’orina. De rimuovere la pietra dal collo dela vessica. | .xl. Se la pietra ch’è nel collo dela vescica nel fondo di quello | a preservatione volessi impiere 516, p(re)cedenti i fomenti | e l’untioni, metti il pretoleo p(er) la sirin-gha 517; poi, p(er) alcuno | i(n)tervallo, metti la siringa al collo dela vescica, e lie-vem(en)te |41v| e suavem(en)te e cautam(en)te si mandi la pietra dal collo | dela ve-scica al suo fondo. O che è più securo e più | lieve, facciasi sì come soliamo operare e, fatti in | p(ri)ma i fomenti e l’untioni, proseguitinsi ongni cosa |5| che abbiamo detto a co(n)gnoscere se la pietra è nela | vescica; e, messi dentro le dita e-l pungno dela mano | manca impresso sopra il pettingnone, co(n) quelle dita | il collo dela ve-scica sia trattato ed a poco a poco la pietra, | che ivi è, si muova; e così cautamente e

                                                            510 Ms. cautrerio, prima r espunta con un puntino sottostante. 511 Lat. «et prohiciatur» (S 223); assente in AP 285. 512 Lat. «ut debet et ut dictum est superius» (S 223); diversamente AP 285: «et curisi poi come si de’ et unto di cenere». 513 Il luogo lat. non è perspicuo: «et patiens sedens super coxas illius habeat crura ligata con faseolo ad collum uel spatulas subsedentis firmato» (S 223); cfr. AP 285: «e-l malato sopra le coscie di costui abbia le gambe legate con una fascia al collo che si fermi sopra le spalle che si fermi sopra le spalle». 514 Diversamente lat. «et tunc medicus stet ante patientem et duobus digitis dextre manus intromissis in anum et pugno sinistro [sinistre manus Fl e J lat.] impresso supra pectinem, uesica digitis intromissis ad superiora leuetur et tota tractetur» (S 223) e AP 285: «et allotta il medico stia dinanzi al malato. Et messo dentro al culo, cioè il postrione, due dita della mano dritta, et premendo col pugno della mano sinistra sopra il pettignone, la vexica, intromissovi i diti, si levi in suso et tucta si tasti». 515 Ms. uono; forma però attestata nei Doc. sen., 1375, 274.17. 516 Traduce il lat. «impellere» (S 223); cfr. AP 285 «mandare al fondo». Ms. overo rimuovere aggiunto in interlinea. 517 Lat. «petroleum per syringam immitatur» (S 223).

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dilige(n)tem(en)te |10| si mandi al fondo, p(er)ciò che colui che di tale passione | è gravato per lungo tempo si potrà preservare. | Dela pietra da rimuovere dala vessica 518. | .xlj. Se quella pietra vorrai trarre dela vescica, faccia i(n) | prima dieta sottile, et ançi che ssi curi, dee digiunare |15| due dì e poco ma(n)giare; e-l terço die, ançi ma(n)giare, f(a)c(t)e | i(n)prima ciò che abbiamo detto a co(n)gnoscere se la pietra è | nela vescica; truovisi la pietra e menisi infino al collo | dela vescica; ed ivi là ’n fontanella, due dita sopra-l culo | taglisi p(er) lungo e colo instrume(n)to la pietra se ne tragga. |20| Poi, doppo il talliame(n)to e doppo il traimento dela pietra, i(n)fino | a nove dì la mattina e la sera usi lo ’nfermo fom(en)tationi | facte di branca orsina e malva e paritaria; e poi poni | stoppa co(n) tuorlo d’uovo di verno e di sta[t]e 519 col’albu|me e col tuorlo. Di rimuovere la carne sup(er)flua. |25| La carne superflua, la quale spesse volte nasce nel | collo dela vescica allato ala fedita, si dee rimuovere | con rasoio e-l talliamento è da cuscire due o tre pu(n)ti; | poi si curi come l’altre fedite. Ma questo è da attendere | diligentem(en)te, che sse la pietra è grande, p(er) talliamento |30| in neuno modo si vuole curare, ma a preservatione | la pietra si vuole rimuovere dal collo dela vescica | e mandarla al suo fondo. |42r| Dele fedite le quali si fanno nele parti di dietro. | .xlij. Dele fedite le quali si fanno nele parti dietro del corpo, | quello ne diciamo che di sopra ne dicemo in cheunque | modo adivenga. Dela spinale merolla questo sopra aggiu(n)gnamo |5| p(er)ciò che, sse è fedita i(n) lungo sança lesione dela merolla | dentro, sì come alcuno nervo si puote co(n)gluttinare; ma | se fosse fedito per traver-so e la merolla n’uscisse, overo | che stesse dentro corrotta, apena overo no(n) mai crediamo | che possa guarire p(er) cirugia. Dela cura dela lunga se è talliata co(n) ispada 520. |10| .xliij. Longa è parte di carnosità la quale è da ciascuna | parte dela spina infino ala coda 521. Se la longa è | fedita p(er) lungo co(n) spada o con altro simile, e la merol-la | ne ’scisse 522, curalo come dicemo di sopra nela cura de’ lacerti; | ma se fosse

                                                            518 Ms. da rimuovere depennato e e da trarnela aggiunto alla fine della rubrica da altra mano. 519 Ms. stame. 520 Ms. co(n) ispada vergato oltre lo specchio di scrittura. 521 La spiegazione del termine longa è assente nel testo lat. (S 225). 522 Lat. «Si longa ense uel alio simile in longum uulneretur, curetur, ut in lacertorum cura docuimus» (S 225); diversamente AP 286: «Se sarà ferito con lancia lunga o con spada o altra simile cosa in lungho, curisi come aviamo detto nela cura de’ lacerti».

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tutta tagliata a traverso e nele stremitadi fosse |15| partita dala spina, a ciascuna extremitade, overo da una | parte solamente, quella longa co(n) alcuno forte spago | presso a quella parte dove se tiene, fermamente si leghi | e stringasi; e acciò che ala strema parte no(n) possa venire | alcuno nutrimento, così sia lasciata i(n)fino a ttan-to |20| che la extrema parte p(er) sé medesima caggia dal corpo; | poi vi fa la cura co-me nell’altre fedite. Ma sse non è | talliata in tutto, spesse volte p(er) mala cura ne suole in|tervenire pericolo; ma sse la fedita fosse fatta con | lancione, quella mede-sima cura si faccia che di sopra |25| dicemo ne’ lacerti. Dele fedite dele reni 523. | .xliiij. Nele reni rade volte addiviene che ssi facciano ferite; | ma sse pur adivenisse, la sua cura maggiorm(en)te | al beneficio dela divina gratia la quale ala natura | co(m)-mettiamo più che ala nostra 524 operatione 525; ma |30| p(er) le forçe delo ’ngengno e p(er) la qualità dela fedita e qua(n)tità, | dele cure delli 526 altri, in questa parte, dili-gente operatione | il medicho si sforçi di fare. |42v| Dele fistole e de’ cancri che nascono i(n) questi luoghi. | Dele fistole e de’ cancri che nascono in questi luoghi, | quello medesimo diciamo che di sopra abbiamo | amaestrato. Dela fistola nata nel fondamento. |5| .xlv. Allato al fondam(en)to nasce alcuna volta postema, | quasi carbuncolo 527, e favi-si in quello luogo una | ampolla talora p(er) uno mese, e-l malato si leva quella | cola propria mano e poi vi rinasce un’altra volta; | e p(er) negligentia non si chura e così il luogo s’infistola. |15| Dunque, acciò che del suo principio meglio possa | essere certificato, prima domanda lo ’nfermo ma | [q]uando 528 p(er) lo culo manda alcuna ventosità e parte | di quella ventosità esce per la fistola 529; la quale cosa, | s’elle è vera, certo è che la fistola è passata al capo |20| di longaone 530. Ala quale così è da sovenire: inp(ri)ma | il più lungo dito unto in olio mettasi nel culo e la | tenta si                                                             523 Ms. segue sul margine destro: e fistole e cancri nati | nela parte poste|riore del corpo (di mano diversa). 524 Ms. segue una lettera (s?) depennata. 525 Ma lat. «sed quando tamen euenerit eius curam potius diuine gratie beneficioque nature committimus quam operi nostro» (S 225). Anche il traduttore di AP 287 fraintende il testo lat.: «et se pure alcuna volta aviene, la cura d’essa più tosto commettiamo alla gratia divina che ala natura». 526 Ms. dellli. 527 Lat. «quasi carbunculus» (S 225); diversamente AP 287: «et alcuna volta carbonciello». 528 Ms. macchia d’umidità. 529 Ma lat. «si, quando per anum uentositatem emittit, pars illius uentositatis per fistulam exeat» (S 225) e AP 287 «se quando pe) lo postrione manda ventosità, se sente uscire per la fistola punto di ventosità». 530 Traduce il lat. «longaonis» (S 226).

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[m]etta 531 p(er) la fistola e tenti verso il chapo di lon|gaone, e p(er) lo toccamento del dito si congnoscerà; e se la | tenta agevolemente esce per lo foro, allora la peç-ça |25| quasi seton, in capo dela tenta a modo d’ago messa, | vi si transmetta, e lleghi-si la carne e allora vi si | lasci. E l’altro die si tronchi la carne infino ala | peçça, ma sse no(n) vuoli tagliare, dall’una parte dela | peçça del’unguento ruttorio poni quanto basti sotto |30| la carne 532; si tragga la peçça dentro e qua(n)do l’unguento | avrà con-sommata la carne, curalo come l’altre | fedite. Alle morroide 533. | .xlvj. Le morroide si fanno in tre modi: alcuna volta sono | dentro e-l sangue n’escie e fanno dolore; alcuna volta | sono di fuori e allora mandano putredine, e quando | no(n) mandano nulla, ed ingrossano e fannosi atrici | overo fichi 534, e constringono molto e fanno dolore. |43r| Se fossono dentro e-l sangue n’escie, inprima si faccia | fomento a mitigare il dolore di radice di tasso barbasso 535 | e di marrobbio nero e di mentastro; poi togli corteccie | di castangne e corteccia di çucca, e suola vecchie 536 e |5| pece greca, e poni su carboni accesi; e lo ’nfermo segga | sula sella e riceva il fu(m)mo, e così faccia due o tre volte | il die, tanto che-l sangue si co(n)stringha e-l dolore menovi. | Doppo il fomento, vi si pongano le mignatte e guarrà 537. | Poi, se vorrai che lgli atrici caggiano, p(er) alcuno strume(n)to |10| simile al cristero, sugo di cocomero agreste vi si metta | e p(er) una 538 overo due hore vi si lasci; e questo fac-cia | infino a ttanto che-l dolore cominci; e poi d[e]l’eng[uento] 539 | biancho sança aceto sia unto. Poscia si facciano fomen|tationi tanto che sia sano. E se sono di fuori ingrossati |15| e no(n) n’esce alcuna putredine, tolli follie d’artemisia e | d’assenço trite, co(n) olio di lino overo comune cotta, e ponga | su caldo quanto puote sostene-re i(n)fino al terço o quarto dì 540; | e se vedi che faccia prode 541, procedi con questa cura. Se vedi | che no(n) menivi, tolli fructi di caprifico e poni in pentola |20| roçça

                                                            531 Ms. macchia d’umidità. 532 Segue in AP 287-88: «Et nota che-l malato usa tale beverone: gomma di adraganti, sangue di dragone si conficino insieme con succhio di *** et di buglossa et d’assensio, a quantità d’una *** ; et ogni dì ne bea; inperò che consolida la ferita et mortifica la pestilentia, overo la fistola; tale potione ***». 533 Rubrica aggiunta da mano diversa. 534 Lat. «atrici uel ficus» (S 226), ma AP 288 «antraci o cecchi». 535 Ms. scritta illeggibile (si [...] [...]ace) sul margine destro (di mano diversa). 536 Ma lat. «soleas veteres» (S 226). 537 Indicazione assente in AP 288 e in Fl lat. (S 226, n. 20). 538 Ms. segue libra depennato. 539 Ms. macchie d’umidità. 540 Cfr. lat. «accipiantur folia arthemesie et absinthii trita et con oleo de lino cocta calida, in quantum suffere, potest, superponantur usque ad tres uel quatuor dies» e AP 288: «togli artemisia et assensio et trita, et cotta co(n) olio di lino, vi si pogni suso calda quanto più la poterà patire per insino a tre o quattro dì». 541 Traduce il lat. «prodesse» (S 226).

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sopra fuocho, tanto che tornino in carboni, de’ | quali fa polvere; ed unto i(n)prima il luogo di mele, vi si ponga. | Poi con lana sucida o co(n) mano o co(n) piede sia bene co(m)premuto | e, quando serà freddo, i(n)contanente l’altro polvere vi si | ponga similliantemente; e questo si faccia tanto che ssieno |25| menovate. E poi se al po-stutto le vuoli curare, lega bene | ciascuno atrico co(n) filo di seta, e, se lo ’nfermo il sostenesse, | tagliali; e se nol sostenesse, lasciavi stare lo filo tanto | che caggia. Poi sopra ciascuno atrico poni uno pocho | d’unguento ruptorio in una casella facta di cera, o |30| pongavisi ferro caldo. Ma se-l sangue no(n) escie ma puçça 542, | tentisi con tenta e vedi s’elle va verso la bocca dele natiche | o verso longaone. Se entra verso longaone, lascisi stare 543; |43v| se verso la bocca dele natiche, p(er) quello medesimo | forame si metta ferro caldo ed unguento ruttorio. | Poi, postovi l’uovo, si curi come l’altre fedite. | Dela stranguiria 544 e dela sua cura 545. |5| Imp(er)ciò 546 che per la fedita intorno al pettingnone e al|l’altre parti vicine dela vescicha facta, spesse volte | addiviene stranguiria, chome et in che modo si possa | dare aiuto, diciamolo. Facciasi dunque uno empiastro, | il quale si fa così: r(ecipe) cenere di fogli e radice d’ebulo 547, |10| e quella cenere e ll’ebulo fa bollire molto; poi il più caldo | ch’elli il puote sovvenire, in alcuno saccho inponilo al | pet-tingnone ed incontanente lo ’nfermo renderà l’orina. | Deli cauterii. | Inp(er)ciò che li cauterii molti beneficii al corpo humano |15| apparecchiano, di quelli i quali si debbiano fare dali | homoplati infino ali genitali ed a che valliono e | dove si debbiano fare, d’insegnare sì churiamo. | Ala ’nfiatione dela giuntura dela mano. | .xlviij. 548 Ala infiatione overo tumore dela giuntura dela |20| mano e del braccio, ed al dolore dela mano, ardilo | nelo braccio dietro, tre dita dal nodo di sopra. | A quello medesimo. |

                                                            542 Ma lat. «si sanguis non emittitur, temptetur etc.» (S 227). Tuttavia il passo di Ric trova riscontro in AP 288: «se non manda fuori sangue ma puza, tentisi ecc.» e nei codici Fl e J lat. (S 227, n. 8: «sed putredo, tentetur»). 543 Da natiche a stare assente in AP 288 per omeoteleuto. 544 Traduce il lat. stranguria (S 227). 545 La rubrica nel testo lat. è «De uulneribus pectinis» (S 227), ma in J lat.: «De stranguria ex uulnere» (ibidem, n. 10). 546 Ms. contra chi | no’ puote orina|re vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 547 Ms. lebio aggiunto in interlinea tra radice e d’ebulo (di mano diversa). 548 Il n. .xviij. precede il n. .xvij..

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A quello medesimo tumore e dolore dela mano ar|dilo nela concavità dela mano e dall’altra parte, |25| in raseta 549 cioè intra le dita, allato a’ più grossi diti. | A quello medesimo 550 giova l’arsura facta i(n) co(n)gavità | intra le dita, allato ale più grosse dita. | Al dolore delgli omeri. .xlvij. | Al dolore delgli omeri e dele spalle, e defecto d’occhi, |30| si faccia arsura al nodulo allato all’omero, nela | fontanella del braccio, dentro e di fuori. All’asma. | All’asma, si faccia arsura in co(n)cavità sopra-l petto, | nela gola sotto l’epigloto 551. | |44r| Al dolore di stomacho. | .xlviiij. A dolore di stomacho, mettasi uno setone sotto | la forcella del petto a misura di tre dita. | Al dolore dela milça. |5| .lj. Al vitio dela milça, mettasi il setone nel sinistro. | Al vitio dell’epate 552. | .l. Al vitio dell’epate, facciasi arsura sull’epate. | Ala spene 553. | All’ipocondrio sopra la milça, alcuni ne mettono |10| due, l’uno dipartito dal-l’altro, sì che la milça sia | quasi nel meçço del’arsura. Al dolore del bellico. | .lij. Al dolore del bellico e del femure, facciasi setone tre | dita sotto-l bellìcho. Al dolore de’ lombi. | .liij. Al dolore de’ lombi, si faccia arsura sotto quelli lombi, |15| in tre luoghi nela fontanella.                                                             549 Cfr. AP 289: «/i/ tra’ rasceti»; assente nel testo lat. (S 227). 550 Ms. A maiuscola d’inizio par.; A quello stesso vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 551 Cfr. lat. «in concauitate supra pectus sub epiglotto» (S 228) e AP 289: «indella concavità sopra-l pecto, sotto l’epigloto. 552 Ms. dela spene depennato e dell’epate aggiunto da mano diversa. Cfr. lat. «Cauterium contra vicium epatis» (S 228). 553 Ms. segue sopra la milça (di mano diversa).

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Al dolore dela spina. | .liiij. Al dolore dela spina, si mettano tre setoni: l’uno nel | meçço dela spina, l’altro tre dita di sotto 554. Al dolore de’ testicoli. | .lv. Al dolore de’ testicoli, mettasi uno setone di sotto | ale testicoli nell’osseo 555. Ale morroide. |20| .lvj. Ale emorroide, mettasi sopra-l culo dietro uno setone, | quasi intra le natiche. | Qui finisce la terça particola et chominciasi | la quarta particola. Capitoli. Capitoli della quarta particola 556. | .j. Dele piaghe che ssi fanno in iscia. |25| .ij. Dele fedite le quali si fanno nella coscia, co(n) ispada | o con altro simile. | .iij. Di quelle che ssi fanno nela coscia con lancione. | .iiij. Dele fedite dele ginocchia, overo patella, o sia | tagliata o no. | |30| .v. Dele fedite dela gamba, in cheunque modo sieno fatte. | .vj. Dela fedita de’ piedi con lesione di nervi, o con le|sione di quelli 557. |44v| .vij. Dele disgiuntura dela coscia 558 dale parti di sopra. | .viij. Dela rottura di quella co(n) fedita o sança fedita. | .viiij. Dela disgiuntura dela gamba dala coscia. | .x. Dela rottura dela gamba co(n) roctura di carne o sança |5| rottura di quella. | .xj. Dela disgiuntura del piede dala gamba. | .xij. Dela disgiuntura dele dita del piede. | .xiij. De’ cancri li quali nascono in questi luoghi. | .xiiij. Dele posteme che nascono in questi luoghi. |10| .xv. Dele pustule e dela rottura dela carne, le quali si fanno | nele gambe di flemma salso overo malanconia 559. | .xvj. De’ cauterii i quali si fanno nela coscia o nele ga(m)ba o nel piede. | .xvij. Dela 560 cottura che ssi fa col fuoco, overo co(n) ferro caldo, | overo d’acqua bolliente. |

                                                            554 Ma lat. «alius tribus digitis supra, tercius tribus digitis subtus» (S 228). Cfr. AP 290: «et l’al[t]ra nele dita, sopra le tre dita di sopra». 555 Ma AP 290 «in descho». 556 Rubrica vergata sul margine destro. 557 Cfr. lat. «sine lesione» (S 229); tuttavia Fl lat. trasmette «lesione eorundum» (ibidem, n.16). 558 Ms. segue dala coscia depennato. 559 Ma lat. «De pustulis et rupturis carnis, que fiunt in cruribus ex fleumate salso uel melancolia» (S 229) e AP 290 «Delle pustule e rotture delle carni che si fanno nele gambe per flemma salso o malanconia». 560 Ms. l di dela aggiunta in interlinea.

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|15| .xviij. Dela lebbra e quante sono le sue speçie, e per | quali nomi sia chiamata. | .xviiij. Delo spasmo. Qui finiscono i capitoli. Dele fedite le quali si fanno nela scia. | .j. Se il vertebio 561 fosse fedito co(n) fedita di spada, sì ancora |20| che alcuna parte dela scia dimori, se alcuna | cosa n’è da trarre, rimuovela; e nele cusciture | e nel-l’altre cose, sì come detto è di sopra, così il cura. | Ma se vi fosse dentro il lancione e securam(en)te no(n) se ne | possa trarre, sì ssi tagli la carne infino all’osso; |25| ma sse no(n) se ne puote dovelliere, co(n) sottile trepano secondo | il modo predetto si fori, e così saviame(n)te se ne traggha; | poi fa la cura chome detto è di sopra. Ma sse l’osso | non è ledito, la cura è manifestissima. Dele fe|dite che ssi fanno nela coscia con ispada od altro simile. |30| .ij. Se addiviene che ssi faccia ferita nela coscia co(n) spada | o con altro simile, se l-l’osso è ledito o no, quella cura | vi fa, la quale nele braccia da essere fatta t’insegnam(m)o. |45r| Dela fedita dela coscia co(n) lancione 562. .iij. Se la coscia fosse fedita | co(n) lancione, neuna cosa v’aggiungnamo a quelle cose | le quali nela cura dele braccia sono dette di sopra. | Dela fedita del ginocchio o dela patella. |5| .iiij. Se nele ginocchia si faccia fedita sì che ancora la patella | p(er) grande parte fosse dipartita, p(er) cuscitura seco(n)do | il detto modo gli fa la cura; ma di rado guarrà se la | patella del tutto sia tagliata 563. Quello medesimo di|ciamo se la fedita è fatta a traverso, o sia ledita la |10| patella o no. A trare il lancione dela patella. | Al lancione, il quale fosse nela patella, co(n) somma | cautela è da trarne secondo la predetta doctrina; | poi vi fa la cura come nell’altre fedite. | Dele fedite dela gamba. |15| .v. Dele fedite dela gamba questo diciamo che è detto | nell’altre; ma questo vi aggiungnamo: p(er)ciò che, sse | fosse fatta fedita p(er) ispaçio di tre dita dale ginocchia | in giù o dale ginocchia in suso o nela carnositade | dela gamba, dove è il me(m)bro organico cioè la |20| vena organica la quale è sotto la coscia, del suo |

                                                            561 Ms. t corretta su b. Traduzione del lat. «vertebrum» (S 230); cfr. AP 291 «vertebro». 562 Ms. la rubrica segue Se la coscia fosse fedita. 563 La frase da ma di rado fino a qui è aggiunta sul margine nel codice M lat. e non è stata inserita a testo da Sudhoff (S 230, n. 16).

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 325

 

pericolo molto è da temere; onde la cura la quale | de’ lacerti dice(m)mo, sempre la fa, questo notato dina(n)çi 564, | p(er)ciò che 565, se-l tumore vi nasce co(n) alcuna nereçça o dureçça | e co(n) molto dolore va ale parti di sopra, è mortale; |25| ma sse va alle parti di sotto, non è mortale. | Dela gamba fedita con lancione 566. Ma se la gamba fosse p(er)forata | co(n) lancione, favi la cura già detta di sopra. | Dela fedita del piede. | .vj. Se nel piede si faccia fedita co(n) lesione di nerbi e d’osso | o sança lesione di quelli, in quello modo vi fa la cura |30| che dice(m)mo nele fedite dele mani. Ma nel calcangno 567 | si faccia cura molto cautissima. | Dela fedita del vertebio 568. | .vij. Se il vertebio p(er) caduta o p(er) alcuna percossa fosse resilito | dala scia, overo p(er) humore che discorresse quivi 569, se |45v| il nerbo, il quale congiungne l’ossa, si rompe, sempre | sarà çoppo, ma puote megliorare. Inprima lo ’nfermo | giaccia rivescio e-l medico segga dirimpetto a llui; | e rivolti i piedi contra lui, co’ piedi in-primendo tra |5| l’una coscia e ll’altra et tenendo la gamba, ed un altro | forte tenga fermo il corpo dala parte di sopra, il me|dico nele mani traendo e co’ piedi inp(ri)mendo al luogo | proprio lo reducha. Se bisongno fosse, leghisi lo ’n|fermo co(n) due fasciuole allato a quella giuntura |10| e, sedente, il medico tenga i capi d’uno fasciuolo | dall’una parte, un altro sia dall’altra parte che faccia | il simigliante, e così, ugualm(en)te faccendo, si racconci | l’osso e misurinsi i piedi a sapere se stanno bene. | Volgasi ancora lo ’nfermo sì che-l medico no(n) sia i(n)ga(n)nato, |15| e misurinsi i calcangni; e se ambendune le natiche | giacciono ugualmente, cioè che ssi possa bene ap|pressare ala terra 570, bene è; ed allora si ponga la peçça | infusa in albume d’uovo, e-l piumacciuolo posto | ne’ luoghi dove fa bisogno, poi vi sopra le-ghi una |20| grande fascia sì che ambendune le coscie sieno | co(m)prese cola fascia.

                                                            564 Ms. .No. vergato sul margine destro (di mano diversa). 565 Sintassi non chiara. Cfr. lat.: «unde curam, quam de lacertis diximus, semper adhibeas, hoc tamen prenotato, quia, etc.» (S 230) e AP 291: «il perché, oltre a quello che di sopra aviamo detto de’ lacerti, aggiugniamo che ecc.». 566 Ms. la rubrica segue Ma se la gamba fosse p(er)forata. 567 Ms. del calcangno vergato sul margine destro. 568 Lat. «De disiunctura coxe a superioribus» (S 231) e AP 291 «Della ferita nel vertebro». 569 Lat. «resiliat a scia propter [vel propter Fl lat.] tumorem ibi discurrentem etc.» (S 231 e n. 10) e AP 291 «si partirà dalla scia per l’umore discurrente ecc.». 570 Da cioè fino a qui è assente nel testo lat. (S 231), in AP 292 e in Hunt 84 (il cap. è lacunoso in Valls 94).

326 Ilaria Zamuner

E lo ’nfermo sia fatto giacere | in luogo stretto 571, acciò che le coscie no(n) possano ismagare; | e spesso si facciano fomentationi et untioni chome | detto abbiamo. Dela rottura dell’osso dela coscia. |25| .viij. Se ll’osso dela coscia si ro(m)pesse, i(n)prima si reduca al | proprio luogo e, se fosse co(n) rottura e co(n) fedita di | carne, doviamo pigliare il membro da ciascuna parte | e lievem(en)te distendere, e cole mani co(m)primere e tutte | altre cose fare, le quali dicemo nela cura dela rottura |30| del braccio 572. Ma questo vi sopra aggiungnamo che | ala misura dell’altra coscia, dela gamba e del piede | s’acconci; bisongna, dunque, a misura d’una oncia |46r| spatio intra ’ capi dell’ossa lasciare 573. A llegare la pla|gella ampia p(er) uno sommesso 574 bisongna d’inponere, | e ll’altra sopra quella legare intorno ala fedita, se | elle vi fosse; et d’intorno all’altre cose, la predetta |5| chura aggiungniamo. Dela disgiuntura dela gamba dala coscia575. | .viiij. Se la gamba è disgiunta dala coscia, quella cura si fa | la quale nela disgiuntura del braccio e del go(m)bito dice(m)mo; | imp(er)ciò che, premesse le fomentationi e l’untioni cola | stufa, il predetto osso al suo luogo violentemente |10| si mena 576, ac-ciò che, se si leghi in tavole, i(n)prima co(n)tracto | poscia disteso, e poi si muova un pocho, acciò che ssi | aveççi bene ad andare. Dela rottura dela gamba | con fedita e sança fedita. | .x. Se la rottura dela gamba è con fedita di carne e sança |15| fedita, quello medesimo diciamo ch’è nela rottura del | braccio, neuna cosa aggiungnenti, se no(n) che i(n) spaçio | d’una oncia, sì come i(n)segna(m)mo, intra ’ capi dell’ossa | sia lasciato. E plagella 577 ampia sei dita sia legata. | Nè questo lasciamo 578: p(er)ciò che infra spa-tio di tre oncie |20| sotto il ginocchio overo tre di sopra nela gamb[a] 579 o | nela co-scia, addivenga essere rotta, sopravengnenti | li mali sengni, i quali già sono detti, pericolo di | morte diciamo che ssia.

                                                            571 Lat. «arcto» (S 231), ma AP 292 «alto». 572 Ms. .No. sul margine sinistro (di mano diversa). 573 Ms. tritico è grano aggiunto sul margine superiore (di mano diversa). 574 Traduce il lat. «per semissem» (S 231). 575 Ms. dala coscia vergato oltre lo specchio di scrittura. 576 Ma lat. «fomentationibus et unctionibus premissis con stapha predicta os ad locum uiolenter reducitur» (S 232) e AP 292 «premesse le fomentationi et l’untioni, colla detta staffa l’osso al suo proprio luogo violentamente si reduchi»; stufa è forma corrotta per «stapha» (S 232), ma presente anche in Fl lat. (ibidem, n. 3). 577 Ms. due lettere illeggibili in interlinea tra E e plagella. 578 Ms. .No. vergato sul margine sinistro (di mano diversa). 579 Ms. gambo.

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 327

 

Dela disgiuntura del | piede dala gamba e dela gamba dal piede. |25| .xj. Lo piede alcuna volta si disgiungne dal suo luogho, | ed ora in qua ora in là, ora verso la piana 580 ora verso | il calcangno si volge. Onde, fatti inprima l’untioni | e ’ fomenti, il piede sia tirato dal medicho e fortem(en)te, | e p(er) la varietà dela di-sgiuntura il nodo sia co(n)stretto |30| di tornare al proprio luogho; e le tavole poste in|torno intorno, sia sopra legato. Dela disgiu(n)tura dele dita del piede 581. | .xij. Se le dita de’ piedi talora dala p(ro)pria positione si dipartono, |46v| in quello medesimo modo sieno rechati ala sua | giuntura, chome dice(m)mo dele dita dele mani. | De’ cancri e dele fistole nascenti in questi luoghi. | .xiij. Se i 582 cancri e le fistole, le quali nascono in questi luoghi, |5| alcuna volta corrompono solame(n)te la carne, perciò | che queste parti sono carnose e no(n) sono implicite | di vene e d’arterie e di nerbi, securamente possiamo | tagliare e fare in-censioni e mettere unguenti vio|lenti 583. Anche questo cotale cancro alcuna volta |10| si constringne, ed alcuna volta s’allarga e dale latora 584 | si rode, il quale così p(er) tagliamento churiamo: qua(n)do | è in rallargare, li labbri d’intorno intorno si tal|glino con ferro e-l sangue sia expremuto; poi s’incenda | infino al profondo ed uovo vi si soprapongha e coll’altre |15| chose si curi, sì come è detto di sopra 585. | Del cancro il quale sia in luogo ossoso e dela sua cura. | .xiiij.

                                                            580 Lat. «plantam» (S 232) e AP 293 «pianta». 581 Ms. del piede vergato oltre lo specchio di scrittura. 582 Ms. la e è aggiunta tra la S e la i maiuscolette. 583 Il passo è lacunoso. Cfr. lat. «Cancri et fistule, que in hiis locis nascuntur, aliquando carnem tantum corrumpunt, aliquando os tabescunt et corrumpunt. Quia uero parte iste carnose sunt, uenis et neruis et arteriis non sunt implicite. Ideo quod incidere et incensiones facere et uiolenta unguenta immittere secure ualemus» (S 232), AP 293 «Li cancri et fistole che nascono in questi luoghi alcuna volta corrompeno solamente la carne, alcuna volta magagnano et corrompeno l’osso. Perché queste parte sono carnacciose et non sono piene di vene, arterie et nervi, sicuramente vi possiamo tagliare, incendere, et ponere unguenti violenti», Hunt 85 «[L]es cancres e les festrus que avenunt en memes ces l[i]us achune foiz corumpunt la char e purissent l’os e corumpunt par ce que ces parties sunt charnus. E s’il ne sunt prés as veines u as neirs u as auteries, si devez taillier e arder e mettre les oingnemens violenz» e Valls 95 «A la foiz avient que chancres ou flestre naist en tel lieu. A la foiz maumetent la char et a la foiz les os. Et pour ce que cil lieu sont charnu et sanz vaines et sanz ners, tu i porras faire seurement incision et arsion et metre oignement vio[l]ant». 584 Cfr. lat. «a latebris» (S 233); tuttavia M lat. (aggiunta) e Fl lat. hanno «a lateribus» (ibidem, n. 1). 585 Diversamente AP 293: «dapoi incende insino al profondo et, soprapostovi l’uovo et l’altre cose, curisi come detto è di sopra».

328 Ilaria Zamuner

Ma se il cancro sopravenisse in luogo ossoso e facesse | sopra l’osso alcuna so-prastança 586, curalo così: facciasi | casella di cera overo pasta, a modo del luogo, ed empiasi |20| d’unguento ruttorio e pongasi sopra il luogo che duole; | [o] 587, fatto uno cerchiello di cera o di pasta, ala quantità del | luogo si ponga, acciò che guardi la buona carne 588. | Il luogo patiente s’empia d’unguento 589, acciò che la carne | rea sia mortificata e corrosa, e siavi lasciato dala |25| sera ala mattina, o dala mattina ala sera. Poi stoppa | con uovo a tolliere il fuocho vi si pongha 590. Poi che ài | co(n)gnosciuto che-l fuocho è caduto, infino all’osso il taglia, | e quello che tu co(n)gnosci che vi sia cresciuto che ssia reo, | infino all’osso dale radici il rimuo-vi 591. E quando con|30|gnoscerai che vi sia cresciuta buona carne e [l’osso] 592 | so-pravenire, la cura come nele fedite dette v’aggiungni. | Ma sse vedi tutto l’osso mor-tificato, incurabile è. |47r| Del cancro che ssi fa nele stremitadi dell’unghia dele mani 593. | Anche se il cancro si fa nele stremitadi, cioè nell’unghie | dele mani, si puote uccidere postovi la polvere del silotro 594. | Del cancro nero e fetido. |5| Anche si fa uno cancro puççolente, nero, il quale s’uccide | cola polvere deli affodilli. Dele pustule e dele rotture | che ssi fanno nele gambe p(er) flema e malanconia 595. | .xv.                                                             586 Traduce il lat. «eminenciam» (S 233); cfr. AP 293 «supereminentia». 587 Ms. e. 588 Cfr. lat. «uel facto circulo de cera uel pasta iuxta quantitatem loci ponantur, ut bonam carnem custodiat» (S 233) e AP 293-94 «o, fatto uno cerchiello di cera o di pasta, si ponghi sicondo la quantità del luogho, acciò che guardi la buona carne». 589 Cfr. lat. «locus autem patiens de unguento impleatur» (S 233) e AP 294 «Lo luogo si riempii d’unguento ruptorio». 590 Da Poi fino a qui è assente in AP 294. 591 Segue una lacuna per omeoteleuto. Lat. «Postquam vero ignem cecidisse cognoveris, usque ad os incidas et, quod ibi male carnis cognoveris, usque ad os radicitus remove, os diligenter abrade et, quantun de ipso osse nigrum, infectum et mortificatum videris, tuo ingenio remove» (S 233). Cfr. AP 294: «Et quando cognoscerai il fuocho essere caschato, taglia insino all’osso, et quello che cognoscerai essere male cresciuto, rimuove per insino alle radice, all’osso, et rade diligentemente l’osso. Et quando vederai desso osso essere nero, magagnato et mortificato, per tuo ingegnio lo remuove». 592 Ms. venire. Cfr. lat. «ossi superuenire» (S 233) e AP 294 «l’osso sopravenire». 593 Ms. dele mani di mano diversa? 594 Ma lat. «Item cancer in extremis partibus, qui potest occidi puluere silotri» (S 233) e AP 294 «Ancora, si fa il cancro nele parte estreme, che si può uccidere solo colla polvere»; tuttavia in M lat. si legge (aggiunto in interlinea) «scil. in unguibus manuum et pedum». 595 Ms. p(er) flema e malanconia di mano diversa.

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Le pustule e le rotture le quali si fanno nele gambe, con | quello medesimo un-guento si curano che il rubo 596 |10| del capo si fa come di sopra già dicemmo. Ma questo | v’aggiungnamo 597 che lo ’nfermo si lavi inprima col’orina | da mattina le gambe intorno a’ luoghi rotti, e poi vi | rasciughi bene e di quello unguento, predetto i(n) quella | chura, se ungha. Ma quando vedrai rimuovere le |15| pustule e le rotture sanare, tolli ungue(n)to biancho, | nel quale sia acqua rosata p(er) aceto, ed olio vio-lato | p(er) olio comune. De’ cauterii i quali si fanno contra | la sciaticha passione 598. | .xvj. Contra la sciatica passione | tre cauteri si facciano sopra la scia al nodello in |20| tre fontanelle, o facciavisi uno cauterio triangolato 599. | Alo remedio di tutto lo corpo. | Alo remedio di tutto lo corpo si facciano due cotture | nela coscia, tre dita sotto le ginocchia e tre dita | sopra-l nodo del tallone, la quale molto vale al’artetica |25| e al dolore dele parti di sopra; ed una se ne faccia | dietro, sotto la gamba. Al’arteticha. | .xvij. Al’artetica si faccia una cottura sotto il piede, in con|cavità, anche cottura di fuo-cho o d’acqua calda 600; | et allora i(n)prima si tolli olio comune e co(n) acqua fredda |30| lungam(en)te sia mischiato; e qua(n)do è bene i(n)corporato, | anche v’aggiungni acqua e mesta assai; e co(n) questo | cotale, ungni il luogo cotto e ponvi frondi di cavoli 601. A quello stesso. | Anche tolli corteccie di melagrana, i(n) buono vino i(n)prima |47v| mollificate et in quello vino le cuoci, e poi le pesta | con albume d’uovo e di quelle ungni il luo-gho. |

                                                            596 Lat. «quod ad ruuam capitis fieri iam diximus» (S 233); diversamente AP 294: «che di so-pra aviamo detto alla rottura del capo»: cfr. J lat. che al posto di «ruuam» ha «rupturam» (ibidem, n. 24). 597 Ms. .No. vergato sul margine destro (di mano diversa). 598 Ms. la sciaticha passione (della rubrica) segue Contra la sciatica passione. 599 Ma cfr. lat. «Contra sciaticam passionem tria cauteria fiant supra sciam ad nodulum uel fiat ibi cauterium triangulatum» (S 233) e AP 294 «Contro la passione sciatica faccinsi tre cauterii sopra la scia al nodulo, o faccisi quivi cauterio trianghulato». 600 Diversamente nel testo lat.: «Fit combustio igne uel aqua calida» (S 234) e in AP 295: «Fassi incendio con fuoco o acqua calda». 601 Il medicamento e ponvi frondi di cavoli è assente nel testo lat. (S 234), in AP 295, in Hunt 86 e in Valls 96.

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A quello stesso 602. Anche tolli erbe fredde, cioè grassula | maggiore e minore, scifula 603, ombelico venere, |5| solatro, sopravivo 604, e cotali cose an(a) 605 manipolo uno; | e pesta co(n) libra una di sungna novella e cuoci ongni | chosa i(n) pentola et cola, ed ala colatura aggiungni | uno poco di cera e di mastice 606. Questo vale molto. | A quello stesso 607. Anche le sommitadi del sambucho pesta con sungna; |10| e peste le lascia stare tre dì, tanto che marciscano; | e quello cotale si cuocha i(n) acqua e colato si riserbi. | Unguento a [q]uello 608 medesimo, se-l fuoco passa al profondo. | Se-l fuocho molto passi al profondo, facciasi q(ue)sto ungue(n)to: | r(ecipe) litargiro, piombo usto, an(a) on(cia) .j.; masticis, olibani, |15| an(a) on(cia) (semis); ceruse 609 on(cie) .iij.; tutte queste cose polveriça. | Anche tolli sugo di vermicolare, umbilico veneris, | solatro, cime di rogo, on(cie) .iij.; olio violato, overo co(mun)e, | on(cie) .iij. Li sughi co(n) l’olio molto si mestino ed incorpo|rinsi; poscia vi s’ag-giunga il predetto polvere e mischi |20| insieme. /Anche tolli sugo di vermiculare, ombe|lico veneris, solatri, cenere di rogo, on(cie) .iij.; oleo viol(ato) | overo co(mun)e, (oncie) .iij. Li sughi co(n) l’olio molto si dibattano | ed incorporinsi, poi v’aggiungni il predetto polvere | e si mischino i(n)sieme./ Anche v’aggiungni ac-qua |25| rosata, e facciasi come l’unguento biancho nel mortaio, | e pongasi questo unguento in foglia di plantagine | e di cavolo 610, e soprapongasi. A quello medesimo. | Tolli calcina viva e mettila in acqua, e lavala tre | volte e p(er) tre volte la lascia riposare in fondo, |30| et ogni volta getta l’acqua. Anche tolli olio violato | e rosato overo comune e bene lo ’ncorpora cola calcina; | e un’altra volta lava coll’acqua ed all’uso lo reserba. |48r| Suole ancora molto valere l’unçione del sapone | saracinesco, se si fa dal principio. Anche il mele | posto suole valere. | Dela lepra e quante sono le sue spetie. |5| .xviij.

                                                            602 Ms. A quello stesso segue grassula. 603 Lat. «sifulam» (S 234); ma AP 295 «fistula». 604 Traduzione del lat. «sempreuiua» (S 234); cfr. AP 295 «sempreviva». 605 Ms. an(a) aggiunto in interlinea. 606 Ms. segue h depennata. 607 Ms. rubrica aggiunta sul margine sinistro. 608 Ms. guello. 609 Lat. «gerse» (S 234), ma J lat. «ceuise» (ibidem, n. 24). 610 Ma lat. «in folio plantaginis uel caulis» (S 234); cfr. AP 295 «in su foglia di piantaggine o di caulo»

Il volgarizzamento toscano della Chirurgia di Ruggero Frugardo nel Ricc. 2163 331

 

Di corrotti humori la lebbra si leva nel corpo, onde | sì come quattro sono li hu-mori 611 così certamente | sono le spetie, cioè alopitia, elefantia, leonina | e satina-sis 612. Imp(er)ciò che la alopitia è di flemmate | ed ala volpe si somiglia, p(er)ciò che, come volpe, si pelano |10| coloro che questa lebbra solliono avere. Elefantia si fa | di sangue e dalo elefante così si nomina, p(er)ciò che, ssì | come l’elefante è maggiore che tutti gli animali, | così il sangue è maggiore che tutti gli altri hu(m)o-ri. | Leonina è di colera natura[le] 613 e dicesi così dal leone, |15| p(er)ciò ch’elli è giudicato più caldo che lli altri animali; | così questa passione più calda che ll’altre è manifestata; | overo p(er)ché, sì come il leone è vario di c[o]lore 614, così | questa è variata ne’ 615 suoi colori. Tiriasis si fa | di malinconia, la quale s’asimiglia al tiro, p(er)ciò che, |20| sì come il tiro p(er) compassione e confricatione perde | lo spoglio, così costoro, che tali humori sostengono, | tutto dì sé grattare e confricare desi-derano. | Unguento a tiriasim. | Ale quali questo unguento facciamo: tolli sapone |25| gallico on(cie) .iiij.; pecule (libra) .j. (così) 616; cera (oncie) .iij.; spume nitri | (oncie) .iij.; farina di lupini amari e fuligine, an(a) (oncie) .iiij.; | sugo di pane porcino (oncie) .iij.; sugo di fumosterno (oncie) .iij.; | sungna vecchia on(cie) .iiij.; olei capitelli (quanto basti). Co(n)ficelo così: | ongni cosa metti in uno vasello fittile e poni al fuocho; |30| e le cose che ssi debbono tritare, tritale ta(n)to che doventino | liquide, e qua(n)do sono liquefatte ad-giungnivi la cera; | poi vi metti la polvere dele cose da tritare e, chosì tiepido, |48v| al-lato al fuoco 617 ongni dì infino a sei dì se ungha; | poi vada al bangno e lavisi come sono usati. E, | quando questo serà fatto, doppo il terço die sì ssi li | taglino i collio-ni 618 e cuocasi uno pocho tra-l go(m)bito |5| e ll’omero, dove si dice fonte, e sopra ciascuno urecchie | nele fonti. Ma vale propriam(en)te questo ungue(n)to | contra l’e-lefantia. Unguento cont[r]a olopitia(m). | Tolli: pepe, çolfo vivo, an(a) (oncie) .iij.; piretri on(cia) .j.; olio guastada 619 .j.; | sugo di porri, sapone gallico, (libra) .j. (così). Conficelo così: le cose |10| da polve-riçare tritale e co(n) olio bollano; poi v’aggiungni | il sapone e mischia, e poi il dis-solvi al fuoco un poco, | ma p(ri)ma radi la lanuggine, dov’ella è, e poi cu(m) lana |                                                             611 Ms. huomori; tuttavia la forma compare altre volte nel testo. 612 Ma lat. «tyriasis» (S 235) e AP 296 «tipasi». 613 Ms. natura. 614 Ms. calore. Cfr. lat. «colore» (S 235) e AP 296 «colore». 615 Ms. nel, con l espunta con un puntino sottostante. 616 Ma lat. «picule libram .i.» (S 235) e AP 296 «peghola libr. .j.». 617 Ms. tritico è grano vergato sul margine superiore (di mano diversa). 618 Ma lat. «testiculi abscindatur» (S 236) e AP 296 «si facci trare i testicoli». 619 Traduce il lat. «fialam» (S 236).

332 Ilaria Zamuner

fortem(en)te frega. Ed al bangno vada il malato, e llui | in seccho bangno diligen-tem(en)te ungni, e i(n) quello sudi, |15| e così faccia di tre in tre dì tanto che serà sa-no; e | sempre stia raso. Unguento contra lo spasmo. .xviiij. | Lo spasmo [che] sopraviene ala fedita in questo modo si | cura 620. Ungansi d’un-guento, il quale si fa così: | tolli olei muscel(lino) (oncia) .j.; petrol(ei) (oncia) (se-mis); olio comune, bi|20|taro 621, on(cie) .iiij.; cere on(cia) .j.; storace, cal(amite) [bianca] e ru(bea) 622, an(a) on(cie) .ij. (e) (semis); | mastice, olibano, an(a) on(cia) (semis); gu(m)mi edere (dramme) .iiij. (e) (semis). | Confice così: mischia insieme tutto l’olio e ponili | sopra fuoco co(n) le cose da liquefare, e cola spatula | menando la polvere da tritare *** 623. Et quando |25| verrà a spissitudine e serà cotto, soprapo-ni storax | e facciasi l’unçione intra .iij. ignes, nela cervice | e nel collo e nela spina et ancora i(n) tutto-l corpo. | All’ernia. | Se ll’ernia è ricente, tollasi il didimo tutto allato |30| al pettingnone; co(n) ago e co(n) filo optimamente si | stringa e sotto la legatura si faccia una cottura i(n)|fino ala metà del nerbo, poi si ponga stoppa co(n) uovo 624.

                                                            620 Cfr. lat.: «Spasmus superueniens uulneri sic curatur» (S 236) e AP 296: «Lo spasimo che sopraviene ala ferita si cura in questo modo». 621 Traduce il lat. «butiri» (S 236); cfr. AP 296 «buturo». 622 Lat. «calamite albi et rubei» (S 236) e AP 296: «calamite et rossa». Cfr. Hunt 87: «sto-rascis blanc e ru[g]e». 623 Cfr. lat.: «et con spatulis agitando puluis terendorum mittatur» (S 236) e AP 296: «et me-nando con mestola gittavi suso la polvere». 624 La ricetta non ha riscontro nel testo lat. (S 236) e appare mutila della fine; poiché mancano gli ultimi due fogli dell’ultimo fasc., si può ipotizzare la perdita di un ricettario più ampio (cfr. supra, § 1 e nota 11 a piè di pagina).