Il proemio dei Persika di Cherilo di Samo. Una proposta di ricostruzione, SCO 57 (2011), 97-118.

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Nel Supplementum Hellenisticum, Lloyd-Jones e Parsons segnano una svolta importante nell’interpretazione del proemio dei Persika di Cherilo di Samo 1 . Riprendendo un’opinione già espressa da Bethe 2 , operano un vistoso cambiamento nell’ordine dei frammenti attribuibili al proemio, invertendo la successione tradizionale a partire dalle edizio- ni di Naeke e Kinkel fino all’edizione di Radici Colace 3 . Davies registra le diverse soluzioni, con il rimando sia all’edizione di Radici Colace sia al Supplementum Hellenisticum 4 . Bernabé accoglie invece l’ordine per i frammenti suggerito da Lloyd-Jones e Parsons 5 . I frammenti sono noti grazie alla Retorica di Aristotele, dove compa- iono nella sezione del terzo libro dedicata all’esordio. Come vedremo, Lloyd-Jones e Parsons fondano la nuova successione soprattutto sulla base del contesto in cui leggiamo i frammenti nel passo della Retorica. Ma è forse possibile riflettere ancora sulle pagine di Aristotele, in me- rito all’ordine di successione dei frammenti nel proemio dei Persika. 1. I frammenti del proemio dei Persika nella Retorica di Aristotele Nel terzo libro della Retorica, dopo aver affermato che le parti del discorso sono due, l’esposizione dell’argomento, provqesiı, e la sua dimostrazione, pivstiı, Aristotele aggiunge l’esordio, prooivmion, e la chiusa, ejpivlogoı (1414a31-b19). Le pagine dedicate all’esordio si aprono con una definizione di prooivmion (1414b19-21): To; me;n ou\n prooivmiovn ejstin ajrch; lovgou, o{per ejn poihvsei provlogoı kai; ejn aujlhvsei proauvlion: pavnta ga;r ajrcai; tau't∆ eijsiv, kai; oi\on oJdopoivhsi~ tw'/ ejpiovnti. 1 Per la cronologia di Cherilo di Samo, cfr. raDici colace, Reliquiae, 9-13 e Mi- chelazzo, Cronologia, 61-69. 2 bethe, Choirilos, 2360. 3 raDici colace, Reliquiae, 15-33. 4 DavieS, Fragmenta, 92. 5 bernabé, Fragmenta, 191. eMilia cucinotta IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMO UNA PROPOSTA DI RICOSTRUZIONE SCO 57 (2011), 97-118

Transcript of Il proemio dei Persika di Cherilo di Samo. Una proposta di ricostruzione, SCO 57 (2011), 97-118.

Nel Supplementum Hellenisticum, Lloyd-Jones e Parsons segnano una svolta importante nell’interpretazione del proemio dei Persika di Cherilo di Samo1. Riprendendo un’opinione già espressa da Bethe2, operano un vistoso cambiamento nell’ordine dei frammenti attribuibili al proemio, invertendo la successione tradizionale a partire dalle edizio-ni di Naeke e Kinkel fino all’edizione di Radici Colace3. Davies registra le diverse soluzioni, con il rimando sia all’edizione di Radici Colace sia al Supplementum Hellenisticum4. Bernabé accoglie invece l’ordine per i frammenti suggerito da Lloyd-Jones e Parsons5.

I frammenti sono noti grazie alla Retorica di Aristotele, dove compa-iono nella sezione del terzo libro dedicata all’esordio. Come vedremo, Lloyd-Jones e Parsons fondano la nuova successione soprattutto sulla base del contesto in cui leggiamo i frammenti nel passo della Retorica. Ma è forse possibile riflettere ancora sulle pagine di Aristotele, in me-rito all’ordine di successione dei frammenti nel proemio dei Persika.

1. I frammenti del proemio dei Persika nella Retorica di AristoteleNel terzo libro della Retorica, dopo aver affermato che le parti del

discorso sono due, l’esposizione dell’argomento, provqesiı, e la sua dimostrazione, pivstiı, Aristotele aggiunge l’esordio, prooivmion, e la chiusa, ejpivlogoı (1414a31-b19). Le pagine dedicate all’esordio si aprono con una definizione di prooivmion (1414b19-21):

To; me;n ou\n prooivmiovn ejstin ajrch; lovgou, o{per ejn poihvsei provlogoı kai; ejn aujlhvsei proauvlion: pavnta ga;r ajrcai; tau't∆ eijsiv, kai; oi\on oJdopoivhsi~ tw'/ ejpiovnti.

1 Per la cronologia di Cherilo di Samo, cfr. raDici colace, Reliquiae, 9-13 e Mi-chelazzo, Cronologia, 61-69.

2 bethe, Choirilos, 2360.3 raDici colace, Reliquiae, 15-33.4 DavieS, Fragmenta, 92.5 bernabé, Fragmenta, 191.

eMilia cucinotta

IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMOUNA PROPOSTA DI RICOSTRUZIONE

SCO 57 (2011), 97-118

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L’esordio, come il prologo in poesia e il preludio nell’auletica, è l’ajrchv di un discorso e serve da introduzione6, oJdopoivhsi~, a ciò che seguirà, tw'/ ejpiovnti7. Offerta la definizione di prooivmion, Aristotele ri-flette sull’esordio dell’oratoria epidittica, per la quale instaura un rap-porto con il preludio dell’auletica: come i suonatori di aulos collegano il preludio, proauvlion, all’intonazione, ejndovsimon, del componimento che intendono eseguire, allo stesso modo l’esordio dell’epidittica deve avere uno stretto legame con il discorso che introduce (1414b21-26). Nell’epidittica, spiega Aristotele, l’esordio prende avvio da un’espres-sione o di lode o di biasimo; dall’offerta di un consiglio; o anche dall’ap-pello all’indulgenza del destinatario, la suggnwvmh, una forma d’esordio propria dell’oratoria giudiziaria. Aristotele indica quindi a modello per l’epidittica anche l’esordio della giudiziaria, dove l’appello all’indul-genza del destinatario introduce un argomento paradossale, difficile o molto discusso (1414b30-1415a3). Come esempio di suggnwvmh, Ari-stotele non offre però l’incipit di un discorso, ma versi di un poeta, Cherilo (1414b39-1415a4):

e[ti d∆ejk tw'n dikanikw'n prooimivwn: tou'to d∆ejsti;n ejk tw'n pro;ı to;n ajkroathvn, eij peri; paradovxou lovgoı h] peri; calepou' h] peri; teqrulhmevnou polloi'ı, w{ste suggnwvmhn e[cein, oi\on Coirivloı

nu'n d∆ o{te pavnta devdastai.

Grazie ad un autore anonimo che commenta singole sezioni della Retorica (Fragm. Comment. in Arist. Rhet. III 14, 1415a4 = CAG XXI

6 Aristotele realizza una figura etimologica: spiega il termine prooivmion con il ter-mine oJdopoivhsiı, intendendo quindi che fa riferimento a pro<oi|moı, ‘ciò che precede il sentiero’, e non a pro<oi[mh, ‘ciò che precede il canto’. Quintiliano indica come possi-bili per l’etimologia di prohoemium sia il termine oi[mh sia il termine oi|moı, ma conclu-de che «certe prohoemium est quod apud iudicem dici prius quam causam cognoverit possit» (IV 1, 1-3). Per il proemio inteso come ‘Beginn der Rede’, cfr. lenz, Proöm, XI, che intende oJdopoivhsi~ come ‘Wegbereitung’, a fronte dell’etimologia oi|moı = oJdovı, per la quale rimanda a hunGer, Prooimion, 19. Così rhyS robertS, Rhetoric, 2258, ‘paving the way’, e raPP, Rhetorik, 152, ‘Wegbereitung’.

7 Diversamente, l’autore anonimo che scrive in margine alla Retorica interpreta tw'/ ejpiovnti come tw'/ tecnivth/ (CAG XXI 2, 228, 12). Così DuFour, Wartelle, Rhétorique, 78, «pour qui va s’y engager», e kenneDy, Rhetoric, 261, «for one who is continuing on». Ma già Quintiliano, che mostra di seguire da vicino il testo di Aristotele, ritiene il termine prooivmion più adeguato dei corrispondenti latini principium e exordium: indica infatti con più precisione la parte «ante ingressum rei de qua dicendum sit» (IV 1, 1). Così, FreeSe, Rethoric, 427, «for what follows», rhyS robertS, Rhetoric, 2258, «for what is to follow» e raPP, Rhetorik, 152, «für das, was folgt».

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2, 327-328 Rabe), sappiamo che la sequenza nu'n d∆ o{te pavnta devdastai è il primo emistichio del terzo verso di un frammento di Cherilo di Samo (fr. 1 Kinkel = 2 Bernabé):

\A mavkar, o{stiı e[hn kei'non crovnon i[driı ajoidh'ı,Mousavwn qeravpwn, o{t∆ ajkhvratoı h\n e[ti leimwvn:nu'n d∆ o{te pavnta devdastai, e[cousi de; peivrata tevcnai,u{statoi w{ste drovmou kataleipovmeq j, oujd∆ e[ti e[stipavnth/ paptaivnonta neozuge;ı a{rma pelavssai.

Nel passo della Retorica, Aristotele indica a modello per l’esordio dell’oratoria giudiziaria l’incipit di un’opera in esametri di Cherilo di Samo, dove trova la suggnwvmh. Non offre però indicazioni né sul titolo né sull’argomento del poema. Dal contesto in cui leggiamo la sequenza nu'n d∆ o{te pavnta devdastai in Aristotele siamo indotti a credere che il poema trattasse un argomento difficile, tale da indurre Cherilo ad in-serire nel proemio la suggnwvmh per il destinatario8. Il frammento che l’anonimo commentatore della Retorica conserva non offre indicazioni sul tema del canto: indica tuttavia l’impossibilità per il poeta di offrire un tema scelto dal repertorio tradizionale per l’esaurirsi dei temi per il can-to. Dichiarazioni che con buona probabilità introducono il destinatario ad un tema non ancora battuto, quindi non tradizionale, che giustifica la suggnwvmh nell’esordio. In considerazione sia della presenza di un maka-rismos, non tradizionale in un proemio, sia dell’assenza dell’invocazio-ne alla Musa, il frammento ha suscitato perplessità quale incipit epico, tanto da spingere Bethe a scorgere qui non i primi versi ma una sezione immediatamente successiva9. Tuttavia, come già indicava Naeke10, l’as-senza dell’invocazione potrebbe essere il segno di un esordio difficile, in vista della proposta di un tema non tradizionale per l’epos: tema inatte-so, per il quale chiedere l’indulgenza del destinatario prima di invocare la Musa. Torneremo a considerare questo aspetto più oltre.

8 Anche Quintiliano indica la dichiarazione di debolezza come inizio necessario per il discorso: «si nos infirmos, imparatos, impares agentium contra ingeniis dixeri-mus» (IV 1, 8).

9 bethe, Choirilos, 2360, che interpreta i versi come il lamento di un epigono, trova difficile che il frammento offra i primi versi del poema, soprattutto per l’assen-za dell’invocazione alla Musa. Così anche Dübner, Fragmenta, 23. Ma già Naeke, Choerilus, 105-106, riteneva che il frammento sia l’incipit dei Persika, perché «ex-cusatione egebat, quod viam novam ingredi et ab aliorum poetarum usu recedere sibi proposuisset».

10 Naeke, Choerilus, 105-106.

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Conclusa la trattazione dell’esordio nell’epidittica, Aristotele riflet-te sull’oratoria giudiziaria, per la quale suggerisce un confronto con la tragedia e con l’epica. Come il prologo della tragedia e il proemio dell’epica (1415a8-10), l’esordio della giudiziaria offre una prima con-cisa indicazione, dei'gma, perché il destinatario conosca fin da subito l’argomento (1415a12-18):

ejn de; lovgoiı kai; e[pesi dei'gmav ejstin tou' lovgou, i{na proeidw'si peri; ou| h\/ oJ lovgoı kai; mh; krevmhtai hJ diavnoia: to; ga;r ajovriston plana'/: oJ dou;ı ou\n w{sper eijı th;n cei'ra th;n ajrch;n poiei' ejcovmenon ajkolouqei'n tw'/ lovgw/. dia; tou'to

mh'nin a[eide, qeav

a[ndra moi e[nnepe, Mou'sa

h{geov moi lovgon a[llon, o{pwı ∆Asivhı ajpo; gaivhı h\lqen ejı Eujrwvphn povlemoı mevgaı

Per la giudiziaria, Aristotele offre tre esempi: l’incipit dell’Iliade e dell’Odissea, quindi una sequenza nota solo grazie a questa pagina del-la Retorica. Dell’ultimo esempio colpisce l’ampiezza: per i poemi di Omero Aristotele riporta solo il primo emistichio, mentre per il terzo passo estende la citazione a tutto il primo esametro e al quarto piede del secondo. Tale maggiore estensione è infatti necessaria: diversamente da Iliade e Odissea, il dei`gma compare qui solo nel secondo verso. Il nesso lovgon a[llon infatti, solo sul piano formale propositio thematis, non offre il tema del canto, annunciato invece nel secondo verso con il povlemoı mevgaı delle guerre persiane.

Aristotele, che tace sull’autore dei versi, doveva forse ritenere il de-stinatario in grado di risalire all’autore della sequenza h{geo - mevgaı con la stessa facilità con la quale riconosceva in Omero l’autore dell’Iliade e dell’Odissea. Ma il silenzio potrebbe essere dovuto al contesto in cui il frammento compare nella Retorica. Aristotele potrebbe aver richiamato una seconda volta versi di Cherilo, senza indicarne il nome: prima con il frammento del makarismos, esempio di esordio in suggnwvmh, poi con il frammento che contiene l’invocazione, esempio di dei'gma nell’esordio, scegliendo in entrambi i casi versi del proemio dei Persika11.

Ora, il riferimento ad una guerra di ampie proporzioni che giunge in Europa dall’Asia consente di affermare che il frammento faccia par-

11 Così già naeke, Choerilus, 112-113.

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te di un poema epico di contenuto storico sulle guerre persiane. Una possibilità che l’autore anonimo del commento alla Retorica conferma, quando instaura per questi versi un contatto con le Storie di Erodoto12. Il legame di Cherilo con Erodoto non è ignoto alla Suda, che testimonia per il poeta una fuga a Samo, dove avvenne l’incontro con Erodoto, dal quale apprese la passione per i lovgoi13. Il povlemoı mevgaı annunciato nell’invocazione può quindi ben riferirsi al conflitto con la Persia, che la tradizione, da Eforo alla Suda, indica quale argomento di un poema di Cherilo di Samo14. Quanto all’attribuzione del frammento, solo Wel-cker15 ha escluso che possa essere di Cherilo e pensa piuttosto ad uno dei poeti del Ciclo16. Ma già a partire dal secolo scorso, il problema dell’attribuzione è apparso secondario: se pur con la necessaria caute-la, la critica attribuisce entrambi i frammenti ai Persika di Cherilo di Samo, offrendo soluzioni diverse per l’ordine di successione.

2. L’ordine dei frammentiDiversamente da Naeke, Kinkel e più recentemente Radici Colace,

Lloyd-Jones e Parsons suggeriscono di considerare incipit dei Persika la sequenza h{geo < mevgaı17, dal momento che i versi compaiono nella Retorica insieme con il primo emistichio dell’Iliade e dell’Odissea18.

Aristotele non introduce però gli esempi dicendo che farà riferimen-to alle prime parole dell’incipit, ma solo che intende offrire esempi di

12 Comm. Anon. in Arist. Rhet. III 14, 1415a15 (CAG, XXI 2, 231 Rabe): tou'to ei[rhtai tw'/ ÔHrodovtw/ peri; tou' pro;ı to;n Xevrxhn polevmou.

13 Suda, c 595, s.v. Coirivlo~.14 La voce Coirivlo~ (c 595) della Suda ci informa che un autore di nome Cherilo

di Samo scrisse un poema sulla vittoria degli Ateniesi contro Serse. Anche Strabone (VII 3, 9) conosce un poema storico di Cherilo di argomento persiano: il geografo ripor-ta una lunga citazione da Eforo (70 F 42) nella quale lo storico cita un passo di Cherilo in relazione al ponte di navi allestito da Dario sull’Istro (fr. 5 Bernabé). Su un poema di argomento persiano scritto da Cherilo ci informa anche Erodiano (13, 4) con l’indi-cazione aV Persikw'n. Stobeo (III 27, 1) cita un passo dall’opera Pershivı di Cherilo (fr. 10 Bernabé). Di un Cherilo autore di Persika ci informa anche il P. Oxy. 1399 con l’indicazione Coirivlou poihvmata Barbarikav: Mhdik(av): Persikav. Le testimonianze attribuiscono quindi con certezza a Cherilo un poema sulle guerre persiane, noto con il nome di Persikav o Pershivı.

15 Welcker, Cyclus, 313-326. Così Düntzer, Fragmenta, 97.16 Dübner, Fragmenta, 23.17 Un’ipotesi già di bethe, Choirilos, 2360, ripresa anche da Mette, Choirilos,

1152.18 lloyD-JoneS, ParSonS, Supplementum, 147: «primum Iliadis versum, primum

Odysseae citat Aristoteles: unde haec etiam verba totius carminis initium fuisse credi-derimus».

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esordio dove compare l’indicazione dell’argomento19. A tal fine, offre il primo emistichio dell’Iliade e dell’Odissea, dove l’esposizione del tema compare, la mh'niı per l’Iliade e l’ajnhvr per l’Odissea, mentre riporta una porzione di testo più ampia per il terzo esempio, dove il dei'gma, il povlemoı mevgaı delle guerre persiane, è indicato solo nel se-condo verso. Anche per il frammento del makarismos Aristotele aveva scelto con cura la porzione di testo in vista dell’esempio che intendeva offrire, un esempio per la suggnwvmh: riporta infatti non il primo verso, ma il primo emistichio del terzo verso, nu'n d∆ o{te pavnta devdastai, dove la suggnwvmh compare. Ora, in mancanza del frammento, che l’au-tore anonimo che scrive in margine alla Retorica conserva, saremmo forse caduti nell’errore di considerare la sequenza nu'n d∆ o{te pavnta devdastai il primo verso di un poema di Cherilo.

Lloyd-Jones e Parsons sostengono la posizione incipitaria del fram-mento dell’invocazione sulla base di un verso di Senofane, che leggia-mo in Diogene Laerzio (VIII 36, 10):

nu'n au\t∆ a[llon e[peimi lovgon, deivxw de; kevleuqon

Secondo Diogene, che introduce il passo con l’espressione h|ı ajrchv, il verso è l’incipit di un’elegia di Senofane (21 B 7 D.-K.)20. Ora, la sequenza a[llon e[peimi lovgon richiama da vicino il nesso lovgoı a[lloı del frammento dell’invocazione. Tuttavia, per quanto è possibile ricostruire del contesto dell’elegia, Senofane indica qui, come suggerisce il nesso nu'n au\te, il passaggio ad un lovgoı diverso da quelli offerti in precedenza21, per il quale indicherà la via al destinatario, deivxw de; kevleuqon22. Il verso, che presuppone quindi un’elegia che precede, è peraltro difficile da conciliare con l’incipit di un poema epico, soprattutto in considerazione del nu'n au\te iniziale, di solito nell’epos formula di passaggio23. Per l’aggettivo a[lloı, Lloyd-Jones e Parsons richiamano la formula a[llhı mnhvsom∆ ajoidh'ı degli

19 Così anche MacFarlane, Lament, 229 n. 14.20 Per il frammento, cfr. unterSteiner, Senofane, 122-126 e recentemente leSher,

Xenophanes, 78-81.21 Sull’interpretazione del termine lovgoı in questo passo cfr. unterSteiner, Seno-

fane, CCXIV-CCXVII, che interpreta ‘esposizione didattica’, e LeSher, Xenophanes, 78, che rifiuta la traduzione ‘Thema’ di heitSch, Fragmente, e suggerisce ‘account’, ‘story’, ‘report’, ovvero «what people say or have said about Pythagoras».

22 LeSher, Xenophanes, 79, non esclude che kevleuqoı possa significare ‘way of life’, e intende «I will show the way of life (of Pythagoras and his associates)».

23 Sul valore contrastivo di nu'n (nun) nella produzione lirica, soprattutto in relazio-ne alla climax della Priamel, cfr. bunDy, Pindarica, 5 n. 18.

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Inni omerici24. Con l’allusione ad un canto nuovo, la formula di saluto degli Inni richiama da vicino il nesso a[lloı lovgoı del frammento di Cherilo. La formula però, che compare sempre nelle battute finali di un inno, è il modulo di congedo con il quale l’aedo promette un canto nuovo alla divinità25. Da questa prospettiva, il parallelo degli Inni suggerisce per il frammento non una posizione incipitaria, ma avanzata nel proemio dei Persika.

Sia il verso di Senofane sia la formula di congedo degli Inni presup-pongono qualcosa che precede e indicano per il frammento dell’invo-cazione una posizione in chiusa di proemio. Con buona probabilità il momento di passaggio dalla parte proemiale alla sezione propriamente narrativa: il racconto del povlemoı mevgaı.

A ragione, già Häußler notava che, come formula di introduzione per un nuovo racconto, il lovgoı a[lloı di Cherilo richiama da vicino il nes-so e{teroı lovgoı che leggiamo in un passo degli Erga di Esiodo (106)26:

eij d∆ ejqevleiı, e{teron toi ejgw; lovgon ejkkorufwvsw

Il verso segna il passaggio dal racconto su Pandora (42-105) al rac-conto sui cinque gevnh (109-201). Negli Erga, entrambi i racconti ri-spondono all’esigenza di spiegare l’origine del male nel mondo e, in vista di tale insegnamento, Esiodo offre a Perse attraverso i due racconti prospettive diverse27. Per la stretta connessione con il mito di Pandora, il racconto sui cinque gevnh è definito e{teroı, non a[lloı: e{teroı in relazione al racconto che lo precede. Di ciò è prova la scelta del verbo ejkkorufwvsw28, che rivela l’impegno di Esiodo nell’esposizione del-lo stesso nucleo di verità attraverso differenti racconti. Avviata con il racconto su Pandora, la riflessione sull’origine del male nel mondo è portata dunque a compimento con il racconto sulle cinque età. Nel pas-

24 Per formula di saluto, congedo comune a molti Inni, cfr. richarDSon, Demeter, 324, e De Martino, AOIDH, 232-239.

25 Secondo Furley, breMer, Hymns, 41-43, la formula è il segno che gli inni «were intended as preludes to competitive recital of epic poetry». Per gli Inni quali epiloghi, cfr. càSSola, Inni, XXI-XXII.

26 häuSSler, Epos, 75-76. Così anche loMbarDi, Tradizione, 94.27 Secondo arriGhetti, Esiodo, 416-417, «mentre il mito di Prometeo fornisce il

motivo dell’esistenza di quelli che giungono all’uomo senza che egli ne capisca il per-ché (…) il mito delle età, invece, dà ragione dell’insorgere, nell’uomo, di un’indole capace consapevolmente del male e prospetta le conseguenze che comporta l’agire con-forme a quell’indole». Sul rapporto tra il racconto su Pandora e il racconto sulle cinque età, cfr. anche roWe, Hesiod, 553-556.

28 Sul significato del verbo ejkkorufovw, cfr. bona quaGlia, Erga, 86 n. 2, WeSt, Hesiod, 178 e verDeniuS, Hesiod, 76-77.

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so degli Erga, Esiodo indica con e{teroı il rapporto di non opposizione tra due racconti. Diversamente, la presenza di a[lloı nel proemio dei Persika segnala che il racconto delle guerre persiane è offerto in oppo-sizione ai temi del repertorio tradizionale: l’argomento di storia recente del conflitto con la Persia infatti non solo è tema ‘altro’ ma soprattutto è tema profondamente ‘diverso’ dal repertorio mitico-eroico della tradi-zione. E ben spiega la necessità della suggnwvmh nell’esordio.

Non a caso, in merito al rapporto tra e{teroı e a[lloı riflette anche Barigazzi29. Sulla base dell’indicazione Coirivlou poihvmata Barbarika; Mhdik(a;) Persikav, sottoscrizione che leggiamo nel verso del P. Oxy. XI 139930, Barigazzi ritiene che i Persika, seguendo da vicino la narrazione delle Storie di Erodoto31, fossero organizzati in tre ampi lovgoi, di cui ognuno constava di più libri. Da questa prospettiva, considera il frammento che offre l’invocazione incipit della terza parte, che aveva come titolo Persikav, dal momento che «c’è a[lloı, non e{teroı. Ed è naturale che l’ultimo lovgoı riguardasse le guerre contro l’Europa e la Grecia»32. A suo giudizio infatti, il nesso lovgoı a[lloı indica un cambio di argomento nel poema, ma all’interno di una narrazione già avviata, ovvero il racconto della spedizione di Dario e di Serse, l’ultimo lovgoı del racconto di Erodoto33. A ragione, Bernabé fa notare che Barigazzi non attribuisce rilievo al fatto che Aristotele proponga nel passo della Retorica esempi di incipit a tutta l’opera, non ad una sezione centrale34. Nel proemio dei Persika, a[lloı indica infatti non un racconto successivo a quelli precedentemente narrati, ma un racconto del tutto diverso rispetto al repertorio tradizionale ben noto al destinatario.

Proprio in merito al rapporto tra repertorio tradizionale e innovazio-ne del poeta, è utile richiamare le parole che Penelope rivolge a Femio nel primo libro dell’Odissea (337-338):

29 bariGazzi, Aitia, 178.30 Diversamente, considera l’indicazione Barbarikav ‘Obertitel’ e Mhdikav e Per-

sikav ‘Abteilungen’ körte, Texte, 117.31 Per il rapporto di Cherilo con Erodoto, cfr. MülDer, Choirilos, 29-44 e

DornSeiFF, Rettungen, 66-67.32 Cfr. anche häuSSler, Epos, 76.33 Così anche De Martino, Palio, 17. Non esclude, con Barigazzi, l’ipotesi di una

divisione dei Persika sul modello delle Storie di Erodoto, anGeli bernarDini, Etnogra-fia, 32-33. Diversamente, SchMiD, Literatur, 544-545, sostiene, seguendo l’opinione di PaGel, Bedeutung, 14 e n. 7, che, diversamente da Erodoto, Cherilo alluda alla sola spedizione di Serse e non ai precedenti mitici, per i quali Pagel rimanda alle Troiane di Euripide (919-928), dove Elena fa risalire l’origine del conflitto al giudizio di Paride, come, con buona probabilità, già Cassandra nell’Alessandro (fr. 62e-h Kannicht).

34 bernabé, Fragmenta, 191.

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Fhvmie, polla; ga;r a[lla brotw'n qelkthvria oi\daıe[rg∆ ajndrw'n te qew'n te, tav te kleivousin ajoidoiv

Penelope ascolta il racconto che Femio ha scelto per i pretendenti e ne è turbata. L’aedo canta infatti il nostos dei Greci da Troia, un racconto che rinnova in Penelope il dolore per l’assenza di Odisseo. Chiede dunque a Femio di interrompere il canto. L’aedo conosce infatti molti altri racconti incantevoli, polla; a[lla qelkthvria, sulle imprese degli dei e degli uomini, e[rg∆ ajndrw'n te qew'n te, ai quali può far ricorso, rinunciando, con le parole che di lì a poco pronuncerà Telemaco, all’ajoidh; newtavth dei nostoi (352), l’evento di storia recente che rende più acuto il dolore nella sposa di Odisseo (340-343)35. La richiesta di Penelope a Femio di a[lla qelkthvria, di un canto diverso dai nostoi, ricorda da vicino la richiesta di Cherilo alla dea di un lovgo~ a[llo~. Il nesso polla; ga;r a[lla qelkthvria esprime infatti, in una prospettiva rovesciata, la stessa esigenza indicata dal proemio dei Persika: la proposta di un lovgoı a[lloı che colmi nel destinatario l’attesa di una ajoidh; newtavth, la stessa ajoidh; newtavth che Penelope rifiuta e che Telemaco indica come necessaria per l’aedo in vista del favore del pubblico. La posizione di Cherilo nel proemio dei Persika corrisponde alla posizione di Femio nell’Odissea: così come Telemaco rivendica la libertà per l’aedo di offrire senza biasimo un canto nuovo – il racconto di storia recente dei nostoi – allo stesso modo Cherilo rivendica a sé la possibilità d’esser poeta epico pur trattando il tema di storia recente delle guerre persiane.

Non lontano dalla prospettiva dell’Odissea sulla ajoidh; newtavth dei nostoi, Huxley ritiene che l’aggettivo possa indicare un tema completa-mente nuovo per l’epos, nel quale immagina un evento di storia recen-te36. Anche per Barchiesi il riferimento al neozuge;ı a{rma è dettato «dal-la necessità di giustificare la scelta di una materia storica relativamente recente» e, in questa direzione, ritiene Cherilo precursore dell’epos sto-rico d’età ellenistica37. Huxley non esclude peraltro un legame diretto del frammento che offre l’invocazione con il frammento del makari-smos, che a suo avviso «contrasts the Homeric directness of the invo-cation to the Muse with the apologetic and forensic pleading, addressed to the hearer, which follows it». E riguardo all’ordine dei frammenti,

35 Sull’ajoidh; newtavth, cfr. lanata, Poetica, 16-19, Maehler, Auffassung, 30-31, e De JonG, Commentary, 36-38.

36 huXley, Choirilos, 15.37 barchieSi, Nevio, 261 n. 1145. Per l’eredità di Cherilo nell’Ellenismo, cfr. loM-

barDi, Tradizione, 101-104.

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conclude dicendo che non è possibile indicare con esattezza quale dei due venga prima ma che «at least one line before h{geov moi would seem to be missing in the invocation to the Muse»38. Già Schmidt scopriva il legame tra i due frammenti e suggeriva l’ordine in cui questi compaio-no in Aristotele: a suo giudizio Cherilo, cosciente della consunzione del repertorio epico, prima celebra con un makarismos il poeta del passato, poi chiede alla Musa di essere sua guida per un altro lovgo~39. Anche Suerbaum è convinto del legame tra i due frammenti e nella successio-ne offerta da Aristotele: ritiene infatti che il lovgoı a[lloı che il poeta chiede alla Musa con l’invocazione sia il neozuge;ı a{rma che Cherilo ha dichiarato di cercare nel frammento del makarismos, dal momento che «in beiden Ausdrücken darf man Bewusstheit der Andersartigkeit gegenüber dem konventionellen Epos erkennen»40. Non diversamente, Koster riflette, con Solmsen41, sulla tendenza di Aristotele ad offrire le citazioni in modo coerente e conclude che il nesso lovgoı a[lloı ha sen-so solo se motivato da qualcosa che lo precede: suggerisce quindi per il frammento del makarismos la forma della Priamel42.

In questa prospettiva, Cherilo avvia il proemio dei Persika con il frammento del makarismos, nel quale chiede indulgenza al destinatario, la suggnwvmh, dunque invoca la dea e indica il tema del canto43:

\A mavkar, o{stiı e[hn kei'non crovnon i[driı ajoidh'ı,Mousavwn qeravpwn, o{t∆ ajkhvratoı h\n e[ti leimwvn:nu'n d∆ o{te pavnta devdastai, e[cousi de; peivrata tevcnai,u{statoi w{ste drovmou kataleipovmeq j, oujd∆ e[ti e[stipavnth/ paptaivnonta neozuge;ı a{rma pelavssai.{Hgeov moi lovgon a[llon, o{pwı jAsivhı apo; gaivhıh\lqen ejı Eujrwvphn povlemoı mevgaı

38 huXley, Choirilos, 16.39 SchMiD, Literatur, 544-545 n. 5, suggerisce un parallelo con un frammento dalla

Porphyra di Senarco, dove si afferma che i poeti non offrono nulla di originale ma rie-laborano materiale della tradizione (fr. 7, 1-3 PCG, Ath. VI, 225c). Sostiene poi (n. 7) che entrambi i frammenti siano esempi di ciò che i retori tardi, come nella Retorica ad Erennio (I 4, 6), chiamano e[fodoı e i latini insinuatio: a suo giudizio, questa sarebbe la prova non dell’influenza della retorica sulla produzione di Cherilo, ma del fatto che la retorica ha appreso la techne dai poeti.

40 SuerbauM, Selbstdarstellung, 19 n. 57.41 SolMSen, Reconstruktionen, 130. Cfr. anche loSSau, Untersuchungen, 24, che

concorda con Solmsen, ma solo riguardo alle citazioni di opere in prosa.42 koSter, Epostheorien, 18-19. Per la Priamel, cfr. DornSeiFF, Stil, 97-102, bun-

Dy, Pindarica, 5-10, e race, Priamel, 1-30.43 Una possibilità che holliS, Reputation, 14, non esclude: a suo giudizio il fram-

mento del makarismos «could stand at or near the beginning of a poem».

IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMO 107

Cherilo apre i Persika con un makarismos destinato al qeravpwn delle Muse44, mavkar45 perché esperto di poesia46, i[driı ajoidh'ı, quando i temi del canto erano ancora del tutto disponibili per i poeti, o{t∆ ajkhvratoı h\n e[ti leimwvn47. Segue l’appello all’indulgenza del destinatario, la suggnwvmh48. Qui, in contrasto con la condizione di beatitudine che attribuisce al poeta del passato, Cherilo descrive la condizione dei poeti del suo tempo, nu'n d∆ o{te, per i quali indica uno svantaggio concreto49. Devono infatti misurarsi sia con la completa assegnazione dei temi del canto, pavnta devdastai, sia con i peivrata50 delle tevcnai, i limiti imposti dai generi letterari51. Per i poeti del tempo di Cherilo, epigoni, u{statoi, di una lunga tradizione letteraria, non è più possibile offrire un poema epico tradizionale, a{rma pelavssai52,

44 Per il quale cfr. Falter, Dichter, 11-12 e naGy, Hero, 292-297.45 Per l’uso dell’aggettivo nella produzione epica, cfr. De heerS, Happiness, 1-27.46 Per huXley, Choirilos, 16, il poeta a cui Cherilo rivolge il makarismos è Omero.47 L’immagine del leimw;n ajkhvratoı, che compare già nell’Inno omerico ad

Ermes (71-72), è ripresa da Euripide nell’Ippolito (73-81). Non distante, il parqevnwn kh'poı ajkhvratoı a cui allude Ibico in un frammento (fr. 286 PMGF), per il quale cfr. cavallini, Ibico, 139-142.

48 curtiuS, Literatur, 95 (trad. it. 100), interpreta questi versi quale «forma di repulsa di temi epici triti». Così nünliSt, Bildersprache, 213, il quale sottolinea che «hinter diesem ‘Stoßseufzer’, der wohl nicht allzu ernst genommen werden sollte, steht rhetorisch gesehen ein Hindernismotiv».

49 Di diversa opinione MacFarlane, Lament, 225, per la quale Cherilo si scaglie-rebbe qui contro i poeti contemporanei: «the imagery of the fragment suggest then not only that there are too many poets but also there are too many bad poets who compose without the inpiration from the Muses».

50 Nell’Odissea (III 433-436), Omero indica con il nesso peivrata tevcnhı gli strumenti del fabbro, o{pla calkhvi>a. Secondo berGren, Pei'rar, 31-34, il termine peivrata deve essere inteso nel passo dell’Odissea come nome verbale, ovvero ‘things which define, or determine’ l’oggetto della creazione artistica. Da questa prospettiva, Cherilo alluderebbe qui agli strumenti della poesia, ai canoni dei generi letterari, che definiscono e determinano la produzione letteraria. raDici colace, 21, che concorda con naeke, Choerilus, 108, secondo il quale Cherilo lamenterebbe qui la chiusura dei generi letterari, ritiene invece che il termine peivrata abbia nel frammento di Cherilo il significato di ‘limite’. anGeli bernarDini, Etnografia, 35, sulla base di uno scolio a Pind. Pyth. IV, 391 (150-151 Drachmann), intende peivrata come ta; tevlh, nel significato di ‘traguardo’, ‘limite finale’, per il quale rimanda all’espressione hJmetevrhı tevcnhı peivrata che leggiamo in Zeuxis (I, 2 FGE).

51 Sulla coscienza dei canoni dei generi letterari in epoca classica cfr. roSSi, Ge-neri, 69-94.

52 Con l’immagine del carro Cherilo allude all’epos eroico tradizionale. Durante, Tradizione, 131, nota che la metafora compare «in una forma che lascia comprendere come non dovesse essere nuova per il lettore». Come metafora per la poesia il carro è già immagine sia della lirica corale sia della produzione di Parmenide e di Empedocle. Aristofane varia l’immagine del carro nelle Vespe (1021-1022): qui le Muse sono de-

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in una veste di novità, neozugevı53. Dopo la rinuncia al modello di poeta epico tradizionale e ai temi che gli sono propri54, perché non più disponibili, Cherilo si rivolge alla Musa55. Con l’invocazione chiede alla dea di essere per lui guida, h{geov moi, nel racconto del povlemoı mevgaı delle guerre persiane, un tema mai battuto nell’epos56 che da una parte giustifica la suggnwvmh nell’esordio e che dall’altra ben risponde alle attese di novità del destinatario, di cui Cherilo, con l’aggettivo neozugevı, mostra di tener conto57.

Pur nel forte impegno volto alla novità del tema, Cherilo sostiene con un ampio repertorio di immagini una fitta trama di richiami alla tradi-zione, a cui di fatto ancora aderisce ma all’interno della quale ricerca uno spazio per sé. Il Mousavwn qeravpwn è infatti metafora per poeta tradizionale e l’ajkhvratoı leimwvn per il repertorio di canti che le Muse ispirano ai poeti. L’a{rma richiama poi il carro della poesia eroica, che Cherilo nel proemio evoca, ma che abbandona. Un grande affresco a cui dedicare un makarismos per poi offrire un canto nuovo al destinatario58.

3. L’incipit dei poemi di Omero: un paradigma per i PersikaLe difficoltà che la critica ha scorto in relazione all’assenza dell’in-

vocazione incipitaria alla Musa, suggerita invece dal modello di Ome-

strieri di cui governare il morso. Per l’immagine del carro come metafora per la poesia, cfr. nünliSt, Bildersprache, 255-264.

53 Il nesso neozuge;ı a{rma costituisce un unicum nella produzione letteraria greca. L’aggettivo è attributo di pw'loı nel Prometeo incatenato di Eschilo (1009) e nel Feton-te di Euripide (frr. 781, 20-21 e 821, 3-4). Euripide impiega l’aggettivo, nella variante neovzugoı, per la seconda sposa di Giasone nella Medea (804). In Apollonio Rodio neovzugeı definisce le giovani spose (IV 1191).

54 Per i temi tradizionali della poesia, quali emergono con particolare chiarezza dal proemio della Teogonia di Esiodo (100-101), cfr. arriGhetti, Poeti, 40-43. Sui temi della poesia riflette Platone con Socrate nello Ione (531c1-d2), per il quale cfr. FlaShar, Ion, 41-42, e GrazioSi, Homer, 182-184.

55 Secondo lloyD-JoneS, ParSonS, Supplementum, 147, forse richiamata nella par-te mancante del secondo verso. Ma resta oscuro il motivo che avrebbe spinto Aristotele ad escludere il riferimento alla Musa dalla citazione.

56 Ma Diogene Laerzio (VIII 57-58) dà notizia di un poema di Empedocle sulle guerre persiane, che trattava del passaggio dell’Ellesponto da parte dell’esercito di Ser-se (31 A 1 D-K).

57 anGeli bernarDini, Etnografia, 39-40, scopre la novità del poema non nel tema scelto ma nelle digressioni etnografiche, nella ricerca dell’insolito e dello straordinario, nonché nella «concezione di una storia ‘universale’ in cui parimenti sono coinvolti Greci e Barbari».

58 Sul rapporto tra tradizione epica e innovazione nell’epos di Cherilo scrive loM-barDi, Tradizione, 89-90 e 92-96.

IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMO 109

ro59, non emergono dal passo della Retorica, dove il frammento del ma-karismos, esempio di proemio con una suggnwvmh, è incipit possibile, al pari del proemio che indica fin da subito il tema, dei'gma. Secondo la successione proposta per i frammenti, Cherilo avvia i Persika con un incipit programmatico60, al quale fa seguire l’invocazione alla Musa dove espone il contenuto del poema prima di dare concreto inizio alla narrazione.

Un sostegno a questa ipotesi di ricostruzione viene forse proprio dal modello di proemio indicato da Iliade e Odissea. Come vedremo, l’in-cipit dei Persika mostra punti di contatto formale con l’articolazione dei proemi di Omero: l’invocazione rivolta alla Musa, che in Cherilo non apre ma chiude il proemio, occupa il posto che Omero riserva alla ripre-sa dell’invocazione iniziale. Inoltre, punti di contatto con i primi versi di Iliade e Odissea è possibile scorgere nel makarismos che apre i Persika.

3.1. L’invocazione alla MusaSecondo la ricostruzione che qui proponiamo per i frammenti, l’invo-

cazione alla Musa non occupa la posizione incipitaria ma una posizione più avanzata: non apre ma di fatto chiude il proemio, segnando il passag-gio dalla sezione proemiale a quella propriamente narrativa. Un’artico-lazione tuttavia compatibile con il modello suggerito da Omero.

L’Iliade e l’Odissea si aprono con un’invocazione: ad una qeav ano-nima nell’Iliade e alla Mou'sa nell’Odissea. Definito il tema del can-to, Omero chiude il proemio con la ripresa dell’invocazione incipitaria che, segnando i limiti dell’intervento del poeta, dà concreto inizio alla narrazione della dea. Nell’Iliade, il nesso temporale ejx ou| riprende l’in-vocazione iniziale e si pone come punto d’inizio per il canto61: Omero suggerisce con precisione il momento da cui far partire il racconto del-la mh'niı, la contesa tra Agamennone e Achille. Nell’Odissea, Omero chiede invece alla Musa, invocata nuovamente come qeav62, di narrare

59 Sull’incipit inteso come ‘proem-invocation’ in relazione alla richiesta di un sa-pere dominio delle Muse, cfr. Minton, Muses, Minton, Invocation, e lenz, Proöm, 34-37.

60 Per la distinzione tra proemio ‘tematico’ e proemio ‘programmatico’, cfr. conte, Genere, 122-125.

61 Riconducono ejx ou| all’invocazione iniziale LeaF, Iliad, 4, van leeuWen, Ilias, 3, von Der Mühll, Hypomnema, 14-15, van thiel, Ilias, 127 – che richiama in propo-sito il paradigma di Meleagro – e Kirk, Iliad, 53. Riprendendo invece una posizione di Aristarco, testimoniata da uno scolio all’Iliade (I 5-6, 50-53, p. 10 Erbse), PaGliaro, Proemio, 13-18, mette in relazione ejx ou| con la Dio;~ boulhv; così anche reDFielD, Proem, 96.

62 Per StrauS clay, Wrath, 41, la seconda invocazione dell’Odissea è da intendere quale «final invocation of the Muse».

110 EMILIA CUCINOTTA

il ritorno di Odisseo ma da un punto qualsiasi, aJmovqen63. Solo a partire quindi dalla ripresa dell’invocazione nell’Iliade e della seconda invoca-zione nell’Odissea, Omero dà concreto inizio al racconto.

Diversamente, nel proemio dei Persika l’appello alla Musa giunge solo dopo la riflessione sull’esaurirsi del repertorio di temi per il canto. Un ritardo funzionale, come abbiamo visto, alla proposta di un tema completamente nuovo per le norme del genere, tale da giustificare, come indica Aristotele, una suggnwvmh nell’esordio. Ora, il frammento che conserva l’appello alla Musa contiene elementi che nei proemi di Omero compaiono distinti nei due diversi momenti di dialogo con la dea e occupa nel proemio il posto che la ripresa dell’invocazione occu-pa nell’Iliade e nell’Odissea:

{Hgeov moi lovgon a[llon, o{pwı jAsivhı ajpo; gaivhıh\lqen ejı Eujrwvphn povlemoı mevgaı

Invocata la Musa con la richiesta di un lovgoı a[lloı, il tema del canto, il povlemoı mevgaı delle guerre persiane, è indicato nella frase introdotta dalla congiunzione o{pwı64. Con o{pwı Cherilo non solo rende esplicito il tema, a cui il nesso lovgoı a[lloı allude, ma dà concreto inizio alla narrazione: indica infatti alla dea il momento preciso da cui far partire il lovgoı persiano, l’arrivo della guerra in Grecia dall’Asia. Cherilo assegna quindi ad o{pwı anche la funzione che ejx ou| e aJmovqen hanno nei proemi di Omero: dare avvio concreto al poema. Avviato il proemio con dichiarazioni di poetica, Cherilo racchiude in un solo appello alla Musa sia la funzione di esporre e definire il tema del canto, assolta in Omero dall’invocazione incipitaria, sia la funzione di segnare l’avvio concreto del racconto, assegnata in Omero ad ejx ou| e aJmovqen nella ripresa dell’invocazione. Cherilo, rinunciando alla tradiziona-le invocazione incipitaria per offrire dichiarazioni di poetica, assegna all’unica invocazione dei Persika il ruolo che in Omero è assolto da due momenti distinti di contatto del poeta con la Musa e le riserva il posto della ripresa dell’invocazione nei proemi di Omero.

63 Per aJmovqen, cfr. StrauS clay, Wrath, 39-53.64 Con o{pwı l’autore dell’incipit alternativo dell’Iliade (fr. 91a Wehrli) chiede alle

Muse di narrare come risentimento e ira, mh'nivı te covloı, presero Achille. Come in-troduzione al canto delle Muse, o{pwı richiama l’invocazione che Omero rivolge alle Muse nel XVI dell’Iliade (112-113), per la quale cfr. Minton, Muses, 299-301. Per o{pwı quale introduzione al racconto, è utile richiamare le parole che Nestore rivolge ad Odisseo nell’Iliade (X 544-545) e che Telemaco rivolge a Nestore nell’Odissea (III 97).

IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMO 111

3.2. Il makarismos nell’incipitUn’ultima riflessione è forse possibile in merito alla funzione del

makarismos nel proemio dei Persika. Pur nella novità dell’esordio, tut-tavia sul piano formale sono ravvisabili punti di contatto con l’incipit di Iliade e Odissea.

Ben oltre la celebrazione del passato, il makarismos per il qeravpwn delle Muse, lungi dall’essere il lamento di un epigono65, ha una funzio-ne programmatica: la propositio thematis incipitaria, attesa in un proe-mio epico, è sostituita da una riflessione di poetica proprio sui temi del canto attesi nell’esordio. Nell’incipit, Cherilo intende infatti richiamare il repertorio dell’epos dal quale prenderà le distanze con la proposta del tema di storia recente delle guerre persiane. Il richiamo all’epos tradi-zionale è raggiunto attraverso il makarismos con il quale Cherilo offre la definizione della beatitudine dell’aedo, che fonda proprio sulla piena disponibilità nel passato dei temi per il canto.

La struttura del makarismos66 prevede un termine in posizione inizia-le, mavkar nel nostro frammento67, da cui dipende una frase relativa di valore epesegetico che illustra la beatitudine del destinatario del maka-rismos68. Ora, anche nei proemi di Omero una relativa epesegetica illu-stra un termine, mh'nin e a[ndra, posto in posizione iniziale: così come nell’Iliade e nell’Odissea una relativa epesegetica illustra la prima pa-rola del proemio, spiegando il tema del canto, Cherilo con una relativa epesegetica che dipende dalla prima parola del proemio, descrive la beatitudine del poeta del passato. A partire dalla presenza sia in Omero sia in Cherilo di una frase relativa che chiarisce la prima parola dell’in-

65 Per il motivo del lamento in poesia, cfr. häuSSler, Epos, 72-74.66 La prima attestazione dell’uso tecnico del termine è nella Retorica (1367b34-

36). Aristotele opera qui una distinzione tra e[painoı e ejgkwvmion, da una parte, e makarismovı e eujdaimonismovı – che considera sinonimi – dall’altra: questi ultimi non riguardano infatti la lode della virtù, l’e[painoı, o delle azioni, l’ejgkwvmion, ma espri-mono un giudizio sulla felicità del destinatario.

67 Per gli aggettivi con i quali nel makarismos si indica la beatitudine, cfr. De heerS, Happiness.

68 Il ruolo centrale della frase relativa è ben indicato dalla critica. Secondo la de-finizione di Dirichlet, Macarismi, 26, il makarismos è una «praedicationis forma sive formula, in qua felicitas adiectivo exprimitur, persona praedicata aut nomine vel prono-mine designatur, aut sententia relativa, quae pro nomine posita causam vel condicionem felicitas indicat». Prima di Dirichlet, sul makarismos riflette norDen, Theos, 100-101 (trad. it. 220-221). Cfr. anche Snell, Sapphos, 74-80. Recentemente sul makarismos, cfr. GlaDiGoW, Makarismos, 404-433, che riflette sui makarismoi che celebrano la sag-gezza del destinatario, distinti, secondo una definizione già di Snell, Szenen, 99, dai makarismoi che celebrano la beatitudine per un motivo contingente, e Palla, Makari-smos, 171-192, che ripercorre la fortuna del verso Felix, qui potuit rerum cognoscere causas delle Georgiche (II 490).

112 EMILIA CUCINOTTA

cipit ulteriori punti di contatto con l’Iliade e l’Odissea possono essere indicati per il proemio dei Persika.

Com’è noto, Omero avvia l’Iliade con la richiesta alla dea di cantare la mh'niı e l’Odissea con la richiesta alla Musa di narrare l’ajnhvr69. Nell’Iliade, con il nesso Phlhi>avdew ∆Acilh'oı Omero attribuisce la mh'niı ad Achille. Nell’Odissea, con il riferimento a colui che mavla polla; plavgcqh, ampliato dalla precisa indicazione ejpei; Troivhı iJero;n ptoliveqron e[perse, Omero rivela che l’ajnhvr, l’eroe protagonista, è Odisseo70. Omero definisce poi il tema con un termine quadrisillabico71, dal quale dipende una frase relativa, che apre l’esegesi dei due termini: spiega ora perché la mh'niı è definita oujlomevnh e Odisseo poluvtropoı72. Completano dunque la parafrasi due dev-clauses che ampliano, per accumulo73, l’esegesi del tema indicato in apertura (Il. I 3-4; Od. I 3-4). Rispetto a questa articolazione, molti sono i punti di contatto che è possibile indicare tra la definizione del tema che Omero offre e la definizione della beatitudine del poeta nei Persika: il makarismos riproduce sul piano formale le tessere che Omero dispone per la definizione del tema del canto.

In Omero i termini incipitari mh'nin e a[ndra, di per sé indefiniti, sono resi espliciti solo in seguito, quando si rivela l’identità di Achille e di Odisseo. Allo stesso modo nei Persika il termine incipitario mavkar è reso esplicito solo quando si rivela l’identità del destinatario del makarismos: un i[driı ajoidh'ı, un poeta, nesso in clausola di verso come Phlhi>avdew ∆Acilh'oı nell’Iliade. Come oujlomevnh definisce l’ira di Achille e poluvtropoı indica il tratto connotante Odisseo nell’Odissea, il nesso Mousavwn qeravpwn, che peraltro di oujlomevnh occupa la stessa posizione, definisce la beatitudine del destinatario richiamando il suo rapporto, qeravpwn, con le Muse. La frase relativa introdotta da o{stiı, che richiama da vicino i pronomi h{ e o{{ı in Omero, spiega, con il riferimento alla completa disponibilità di temi per il canto, perché il qeravpwn delle Muse, il poeta i[driı ajoidh'ı, sia definito mavkar in apertura. Come nei proemi di Omero, una coppia di frasi legate dal dev amplia, qui per contrasto, la definizione del poeta tradizionale iniziata al primo verso:

69 Per il rapporto tra il proemio dell’Iliade e il proemio dell’Odissea, cfr. baSSet, Proems, 339-348, van GroninGen, Proems, 279-293, rüter, Odyseeinterpretationen, 28-34 e lenz, Proöm, 21-22 e 49-64.

70 Sull’anonimato di Odisseo cfr. StrauS clay, Wrath, 26-29.71 Per la posizione enfatica del termine, cfr. Fränkel, Esametro, 191-196.72 Su oujlomevnh, cfr. PaGliaro, Proemio, 5-6 e latacz, nünliSt, StoeveSanDt,

Kommentar, 15. Sul significato di poluvtropoı, cfr. kakriDiS, Poluvtropoı, 288-291, e chantraine, Dictionnaire, 927. Per la discussione, cfr. StrauS clay, Wrath, 25-34.

73 Per la definizione di ‘cumulative technique’, cfr. kirk, Iliad, 34-37.

IL PROEMIO DEI PERSIKA DI CHERILO DI SAMO 113

con la cesura forte del nesso nu'n d∆ o{te74, Cherilo sposta l’attenzione dalla beatitudine dei poeti del passato ai poeti contemporanei, per i quali denuncia le difficoltà determinate dell’esaurirsi del repertorio mitico, nu'n d∆ o{te pavnta devdastai, e i limiti imposti dalla coscienza dei canoni dei generi letterari, e[cousi de; peivrata tevcnai.

Il makarismos che apre i Persika riproduce le tessere che Omero di-spone per la definizione del tema del canto. Così come Omero attraver-so la propositio thematis e la sua definizione annuncia e spiega l’argo-mento del poema, Cherilo attraverso il makarismos richiama, definendo la beatitudine dell’aedo del passato, i temi tradizionali che il destinata-rio attende, ma che sono ormai preclusi per il poeta epico del V seco-lo. Da questa prospettiva, il makarismos dell’incipit dei Persika indica l’impossibilità di un rapporto diretto con la Musa sui temi tradizionali e apre la via all’argomento di storia recente delle guerre persiane. Con il makarismos per l’aedo del passato e la richiesta di indulgenza per il poeta del presente, Cherilo introduce un elemento di rottura rispetto ai canoni del genere sul piano del contenuto, servendosi però di strumenti già indicati dalla tradizione.

ConclusioniIn considerazione del contesto in cui i frammenti compaiono nella

Retorica, è plausibile affermare che Aristotele conservi la successione esatta dei frammenti, prima con il makarismos, esempio di suggnwvmh, e poi con l’appello alla Musa, dove trova l’indicazione del tema, il dei'gma. La successione dei frammenti che leggiamo nella Retorica è coerente con l’ipotesi di un solo proemio. Come la critica ha sottoli-neato, l’assenza della propositio thematis incipitaria è ben colmata dal nesso lovgoı a[lloı e risolta dal tema di storia recente del conflitto con la Persia. Nelle prime battute dell’incipit, Cherilo tace sull’argomento del canto perché intende offrire un tema del tutto nuovo per il genere epico. Proprio la richiesta alla dea di un lovgoı a[lloı, tema diverso dai temi tradizionali dell’epos, consente il legame logico tra i frammenti: l’epos storico delle guerre persiane risponde infatti all’esigenza di no-vità espressa nel frammento del makarismos.

74 Nel sottolineare il contrasto tra la beatitudine del poeta del passato e l’assenza di beatitudine dei poeti del presente, Cherilo ritrova il modulo di tesi e antitesi presente nella tradizione letteraria del makarismos a partire dall’Inno omerico a Demetra (480-482). Qui il contrasto è tra colui che è ammesso al rito, o[lbioı o{ı tad∆ o[pwpen, e colui che ne è escluso, o}ı d∆ ajtelhvı. Lo stesso contrasto ritroviamo in un frammento di Euripide (fr. 910 Kannicht), forse dall’Antiope, e in un frammento di Empedocle (132 D.-K.) nell’op-posizione o[lbioı o{ı / deilo;ı dev. Per la discussione, cfr. GlaDiGoW, Makarismos, 405.

114 EMILIA CUCINOTTA

L’ordine per i frammenti indicato nella Retorica permette una rico-struzione per il proemio dei Persika non incompatibile con l’articola-zione dei proemi di Omero, soprattutto in considerazione del posto che Cherilo riserva all’invocazione alla Musa.

È quindi plausibile riconsiderare l’ordine per i frammenti proposto da Lloyd-Jones e Parsons e ritenere attendibile la successione offerta da Aristotele nella Retorica.

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alberto borGhini, Il cingulum del cinedo (Petr. Satyr. XXI 2) (pp. 361-366)The cingulum of the cinaedus (Petr. Satyr. XXI 2)Following a suggestion by Bücheler (colorem quoque cinguli addiderat Petronius), the author proposes the reading myrtea subornatus gausapa cinguloque succinctus <purpureo> and emphasizes the erotic value both of myrtle and of [email protected]

DoMitilla caMPanile, Dolo erat pugnandum, cum par non esset armis: le risorse di Annibale (pp. 159-169)Dolo erat pugnandum, cum par non esset armis: Hannibal’s resourcesThis article is aiming to study three episodes pertaining to Hannibal’s life. The author analyses the meaning of these stories and their value in creating the personality and the skillfulness of Hannibal, here portrayed as a sort of Ulysses-like [email protected]

eMilia cucinotta, Il proemio dei Persika di Cherilo di Samo: una pro-posta di ricostruzione (pp. 97-118)The proem of Choerilus’ PersikaThe aim of the paper is to reconsider the order of the fragments suggest-ed by Lloyd-Jones and Parsons for the proem of Choerilus’Persika. A careful reading of Choerilus’ poetological reflections at the opening of his poem, suggests that the makarismos can precede the invocation. If so, Aristotle may have quoted lines from the proem following the right order and the sequence in which the fragments appear in the Rhetoric can be considered [email protected]

ABSTRACTS

SCO 57 (2011), 367-372

368 ABSTRACTS

vincenzo DaMiani, Nota testuale a Plat., Resp., 387c3 (pp. 357-360)Textual note to Plat., Resp. 387c3At the beginning of the third book of Plato’s Politeia (387c3), Socrates discusses with Adeimantus the forms of poetry that should be accepted or refused in the new constitution. Here Socrates enumerates some specific terms which must be outlawed from any poetic composition, for they damage the correct education of young people in the polis by frightening them and thus weakening their temperament: as Plato says, they «give the shivers to those who hear them» (frivttein poiei pavnta~ tou;~ ajkou-vonta~). In the Greek text, after the verbal locution frivttein poiei, we can read the further specification wJ~ oi[etai. This expression, whose meaning in this context is far from clear, is printed in both editions of Burnet and Slings within cruces. The solution I propose is based on the usual literary image of the ‘word’ as an entity that owns an independent life after it has been pronounced (some occurrences are to be found in Homer, Pindar, in the attic drama, in Plato), and consists in emending the wJ~ oi[etai in wJ~ i{etai (by supposing an error by itacism). The whole phrase should be therefore understood as follows: «these frightening words, once they sud-denly set themselves in motion, give the shivers to those who hear them»[email protected]

Dino De SanctiS, «Quando Eracle giunse ad Erythia…»: Gerione in Esiodo, Stesicoro ed Ecateo (pp. 57-72)«When Herakles arrived to Erythia…»: Geryon in Hesiod, Stesichorus, and HecataeusIn the Theogony, Hesiod presents Geryon as a three-headed monster, while in the final catalogue of the poem, Geryon appears as a strong and human hero. This difference can be explained applying the theory of ‘multiple approaches’. Both Stesichorus and Hecataeus develop the human qualities of [email protected]

lorenzo Ferroni, I manoscritti della Sunagwghv planudea (pp. 327-360)The manuscripts of Planudes’ SunagwghvThis work aims to reconsider the five manuscripts which contain the so-called planudean Sunagwghv. The description of textual witnesses is followed by a careful examination of their stemmatic relationship. The analysis based on the complete collation of Sunagwghv’s Platonic section allows us to modify and correct the picture outlined by previous [email protected]

ABSTRACTS 369

Paolo Gentili, Wandering through time: the chronology of Tell Mo-hammed (pp. 39-55)The article concerns the definition of the chronology of the texts from Tell Mohammed, a site next to Tell Harmal, today in Baghdad’s suburbs (Iraq). The philological analysis of these documents and of the other data at our disposal (the stratigraphy of the tell, the pottery, the calendar in use at Tell Mohammed and the date formulas present in the texts), suggest the last part of the First Dynasty of Babylon (Ammi‡aduqa) as a possible chronological frame for the texts and for the most important individuals there mentioned (Šiptaulzi and ®urduzum)[email protected]

ceSare letta, Minima epigraphica dalle Alpes Cottiae in memoria di Jacques Debergh. Su un carmen epigraphicum cristiano dalla Novalesa (pp. 315-325)Minima epigraphica from the Cottian Alps in memory of Jacques De-bergh. On a christian carmen epigraphicum from the Novalesa abbeyThe author dedicates the present work to the late Belgian student Jacques Debergh, in reminiscence of his authoritative studies on the Cottian Alps and on Segusio in ancient times. Three fragments from a Christian inscription found in the area of Novalesa Abbey are identified as a funerary carmen in two elegiac distichs which invokes, against the background of the Day of Judgement, the infinite mercy of [email protected]

Giovanni Mazzini, La tavoletta ugaritica KTU 1.101. Una nuova tradu-zione con osservazioni linguistiche e filologiche (pp. 11-38)The Ugaritic tablet KTU 1.101. A new translation with linguistic and philological remarksThe focus of fragmentary mythological Ugaritic tablet KTU 1.101 is the deity Baal. A new translation and philological commentary is pre-sented in this article. The epigraphic and linguistic issues, as well as the methodology of translating ancient Near Eastern literary documents, are discussed. The unusual depiction of Baal as a ‘mountain’ is highlighted and associated with the motif ‘Yahwe, my rock’ in the Old [email protected]

370 ABSTRACTS

FranceSca Murano, La conoscenza di iscrizioni osche nel carteggio tra Gori, Remondini e Passeri (pp. 231-259)The knowledge of Oscan inscriptions in the correspondence of Gori, Remondini, and PasseriThe article reconstructs the history of the interpretation of the first Oscan documents and their impact on Italian antiquary. Starting from some unpublished manuscript letters, the author presents here the so far unpublished Passeri’s and Remondini’s autograph transcriptions of these inscriptions. The publication of this material is relevant for the history of the studies of Italic antiquities and of the languages of ancient Italy, because thanks to these manuscripts we can now reassess what scholars currently know about that period and the scientific thought of these important intellectual [email protected]

Giulia Picchi, SiMonetta Menchelli, Vasa idonea (Col. 12, 4, 4) nell’ager Firmanus: usi quotidiani e attività economiche (pp. 261-302)Vasa idonea (Col. 12, 4, 4) in the ager Firmanus: everyday uses and economic activitiesThis paper deals with the coarse vases and dolia found during the cam-paigns of the South Picenum Survey Project, in particular in the territory belonging to the Firmum Picenum Latin colony (264 B.C.). In the terri-tory between Tenna and Aso river valleys multidisciplinary researches and field-works have been carried out with a ‘total archaeology’ appro-ach to outline the ancient landscapes in a diachronical perspective. The-se coarse vases and dolia come from surveyed sites of different typology (farmsteads; ‘ville’; minor rural units), dating from 3rd-2nd cent. B.C. up to the Late Roman times. They have been studied both from the typolo-gical-functional and tecnique-archaeometric points of view. These vases provide a remarkable informative potential, useful to reconstruct many aspects of economy and daily life of the investigated district.

Mario reGali, Socrate giudice nel Timeo di Platone (pp. 73-96)Socrates as a judge in Plato’s TimaeusIn the Timaeus Socrates seems to have a minor role in comparison with other dialogues, where he is in the main focus. But a closer analysis of the frame conversation which introduces Timaeus’ account shows the importance of Socrates’ role, which resembles the one of the krites who chooses the themes and sets the standards for the [email protected]

ABSTRACTS 371

elia ruben ruDoni, Avidio Cassio, i Cassii e i Cassiani (pp. 303-314)Avidius Cassius, Cassii, and CassianiThe L. Cassius mentioned by Historia Augusta, vita Avidii Cassii 14, 4 in a spurious letter of Avidius Cassius to his son-in-law can be identified with the famous republican judge of that name; there is thus no errone-ous reference to Caesar’s murderer, C. Cassius, as it has been always assumed. The letter closes with a so far unnoticed pun played on the different meanings that the term Cassiani at 14, 8 may [email protected]

Paolo SanGriSo, Il sistema portuale di Volterra. Un possibile modello topografico (pp. 171-214)Volaterra’s harbour system. A possible topographic modelNorth Etrurian coastline is marked by harbour systems which take ad-vantage of the landscape geomorphologic peculiarity. Vada Volater-rana’s system is one of them: it was used as Volterra’s harbour in the Etruscan and Roman period, and it consisted of many ports and land-ing places distributed along coastal lagoons. Through the analysis of literary sources and of the Tabula Peutingeriana’s cartography we can deduce that the name Vada Volaterrana may refer to the geographical region, or to the statio of Vada Volaterrana appearing in the Tabula Peutingeriana or even to the harbour of Volterra. The ports and land-ing places of the harbour system had a variable importance and were used at different times. The main centers are the site nowadays called Mazzanta and a northern one, close to Vada; the area excavated in S. Gaetano was depended on the last [email protected]

veronica valenti, Stazio e Anfiarao: effetto esoterico della parola (pp. 261-302)Statius and Amphiaraus: the esoteric effects of the wordThe analysis begins with a comparison between the version of the myth of Amphiaraus, as presented in the Thebaid of Statius, and the image of Am-phiaraus which is to be found in the previous tradition. In sources earlier than Statius the vates is swallowed in a hiatus opened into the ground by Zeus, in order to avoid Amphiaraus being the object of violence; in Sta-tius, instead, Amphiaraus, immersed in the depths of the earth, is removed from the horizontality of the shared world, not to be an agent of violence.In this paper the author juxtaposes the figure of Amphiaraus to two

372 ABSTRACTS

other characters of the Thebaid, Menoeceus and Capaneus, who, unable as the vates to metabolize the shared world, are induced to a vertical delirium. Through his ‘de-lirious’ characters, Statius lives the ejpochv of the common sense, but, contrary to Amphiaraus, Menoeceus and Capa-neus, the author of the Thebaid tries not to lose contact with the world thanks to his possession of the poetic word, which allows him to wan-der vertically and, at the same time, to live the [email protected]

MaDDalena vallozza, Isocrate ospite di Platone nel dialogo sui poeti di Prassifane (pp. 119-136)Isocrates as a Platon’s guest in Praxiphanes’ dialogue On PoetsThe aim of this paper is to reconstruct the character of Praxiphanes’ work On Poets and especially to reconsider, more closely than previ-ous critics have done, why Isocrates appears in this work not only in dialogue with Plato, but in a dialogue on literary topics, particularly on poets. According to some important passages of Plato’s Phaedrus and several discourses of Isocrates, Praxiphanes’ choice of Plato and Isocrates as protagonists of the work On Poets is justified. This choice is actually determined not only by the general awareness of the role which poets play for Plato and Isocrates in developing a personal form of literature, but also by the knowledge of the passages where both of them talk about the poets’ role in [email protected]

FranceSco verDe, Mario Untersteiner esegeta di Epicuro (pp. 137-158)Marius Untersteiner as Epicurus’ exegeteThis paper examines Mario Untersteiner’s exegesis of some Epicurean passages of the Letter to Herodotus, in particular §§ 46-47, taking as a starting point an interesting article of Untersteiner about the text of the Letter (1930), which has received very little attention by the [email protected]