IL GIORNALE DELL' ARC H I TET TURA Architetti in uniforme

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IL GIORNALE DELL’ UMBERTO ALLEMANDI & C. TORINO~LONDRA~VENEZIA~NEW YORK MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA ANNO 10 N. 95 GIUGNO 2011 EURO 5 www.ilgiornaledellarchitettura.com ARCHITETTURA Roberto Zancan CONTINUA A PAG. 22 MONTRÉAL Architetti in uniforme MONTRÉAL. La generazione de- gli storici attuali più influenti non é nata sotto le bombe, ma nel contesto di rinascita eredi- tato dai loro padri, usciti dalla seconda guerra mondiale. Alla luce di quel conflitto sono sta- te scritte le nostre costituzioni e fondate le nostre repubbliche. Non vissuto in prima persona, lo scontro mondiale ha assunto il valore di un mito fondativo, rispetto al quale le narrazioni L’ inchiesta su Torino viene a cadere in una congiuntura davvero importante per la città. Non ci sono solo le elezioni amministrative: si conclude una stagione, quella di Sergio Chiamparino sindaco. Per questo l’inchiesta dà voce a tanti attori. Per questo, chi scrive, non può e non vuole sovrapporre la sua voce a chi interviene. Non può perché in questa stagione ha goduto di un o s s e rvatorio privilegiato, quello dell’Urban Center Metropolitano. Non vuole, non solo per un’appena È relativamente semplice ri- assumere la recente trasfor- mazione di Torino nel cam- biamento della sua immagi- ne: dalla one company town a l- SPEDIZIONE IN A.P. - 45% D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, DCB TORINO MENSILE N. 95 GIUGNO 2011 la città always on the move; dal- la città in crisi degli anni ottan- ta alla città «creativa» e diver- tente cui si rivolge nuova at- tenzione dal punto di vista cul- Francesca Governa CONTINUA A PAG. 13 CONTINUA A PAG. 12 turale o turistico; dalla città «grigia» della monocultura in- dustriale alla città sempre più bella dove vive la passione. Queste espressioni, che ripren- dono gli slogan utilizzati per le Olimpiadi del 2006, descrivo- no il cambiamento della città Nel Magazine Progetto del mese: Centro di formazione professionale a Gordola (Svizzera) di Durisch+Nolli Architetti Ri_visitati: Il Museo di Quai Branly a Parigi Interviste Andrea Branzi, Gaetano Pesce Congressi Inu a Livorno Progetti urbani Ponte della Musica a Roma, ex distilleria a Barletta, Parasol a Siviglia, grattacielo a Parigi Musei Aan de Stroom ad Anversa Formazione Campus a Pescara Tecnologia Green Building Award Mostre Architettura e guerra, città verdi, Gio Ponti, Charlotte Perriand Design Cinquant’anni di Saloni Cinquant’anni fa nasceva il Salone del Mobile di Milano, voluto da FederlegnoArredo e gestito dal Cosmit. L’idea che lo alimentava era (e resta) di fornire al sistema produttivo nazionale dell’arredo un’adeguata «vetrina», a p e rta al contesto internazionale, ricca di proposte e opportunità. Certo il Salone arriva negli anni in cui alcuni elementi relativi all’identità del modello nostrano si sono già affermati e sono divenuti riconoscibili. La capacità di fare «serie variabile», vale a dire una flessibilità produttiva legata alle piccole dimensioni anche economiche dell’impresa, nonché alle sinergie distrettuali (poi post- distrettuali), comprese la sedimentazione del «saper fare» artigianale su cui di frequente si sono innestate le aziende del furniture ; e poi ancora il serrato dialogo fra cultura d’industria e del progetto, e fra imprenditori, architetti e designer. Salone del Mobile A Milano 282.483 operatori INCHIESTA DEL MESE: NESSUNA IN ITALIA È CAMBIATA TANTO Una nuova città chiamata Torino Il primo tassello della trasformazione del comparto dismesso della Fiat a Mirafiori. Su progetto dello studio Isolarchitetti, è terminato a marzo il cantiere del Centro del design: da settembre dovrebbe ospitare gli studenti del corso di laurea in Disegno industriale del Politecnico di Torino Alberto Bassi CONTINUA A PAG. 29 IL XXVII CONGRESSO NAZIONALE INU Come le città puntano oltre la crisi dell’INU a segnare un nuovo punto di svolta? Dopo quindici anni di lavoro dedicati all’evo- luzione della concezione dei piani, scissi tra strategici e ope- rativi, l’attenzione viene ora concentrata sulla «Città oltre la crisi. Risorse, governo, welfa- re»: risorse per le città in crisi e per oltrepassare la crisi, model- li di governo del territorio e cit- tadinanza senza welfare. Oscil- lando tra le visioni senza scam- LIVORNO. La misura della di- stanza tra la consapevolezza dei bisogni sociali che filtra da- gli interventi introduttivi di Vi t- torio Cogliati Dezza (presiden- te di Legambiente) o Marco Fi- lippeschi (Presidente di Legau- tonomie) e il mondo politico che guida il paese sta nelle pa- role del presidente del Cnappc Leopoldo Freyrie: «ci si aspet - ta molto poco dal mondo poli - tico, ormai ingarbugliato in un mondo tutto suo». Riuscirà il XXVII convegno nazionale Julian W. Adda CONTINUA A PAG. 4 Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2011 è stato assegnato a Taneka Beri, villaggio del Benin, nell’Africa occidentale subsahariana, fondato nel XVIII secolo da una comunità multietnica in fuga dai razziatori di schiavi. Articolo a pag. 11 Il villaggio dei grandi guerrieri Non potrà vivere di rendita di Carlo Olmo

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IL GIORNALE DELL’

U M B E RTO ALLEMANDI & C. TO R I N O ~ L O N D R A ~ V E N E Z I A ~ N E W YORK MENSILE DI INFORMAZIONE E CULT U R A ANNO 10 N. 95 GIUGNO 2011 EURO 5w w w. i l g i o r n a l e d e l l a r c h i t e t t u r a . c o m

ARC H I TET TURA

� Roberto ZancanCONTINUA A PAG. 22

MONTRÉAL

Architettiin uniformeM O N T R É A L. La generazione de-gli storici attuali più influentinon é nata sotto le bombe, manel contesto di rinascita eredi-tato dai loro padri, usciti dallaseconda guerra mondiale. A l l aluce di quel conflitto sono sta-te scritte le nostre costituzionie fondate le nostre repubbliche.Non vissuto in prima persona,lo scontro mondiale ha assuntoil valore di un mito fondativo,rispetto al quale l e n a r r a z i o n i

L’inchiesta su To r i n oviene a cadere inuna congiuntura

d a v v e ro importante per lacittà. Non ci sono solo leelezioni amministrative: siconclude una stagione,quella di Serg i oChiamparino sindaco. Perquesto l’inchiesta dà voce atanti attori. Per questo, chiscrive, non può e non vuoles o v r a p p o rre la sua voce achi interviene. Non puòp e rché in questa stagioneha goduto di uno s s e rvatorio privilegiato,quello dell’Urban CenterM e t ropolitano. Non vuole,non solo per un’appena

È relativamente semplice ri-a s s u m e re la recente trasfor-mazione di Torino nel cam-biamento della sua immagi-n e: dalla one company town a l-

SPEDIZIONE IN A . P. - 45%D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46)

A RT. 1, COMMA 1, DCB TO R I N OMENSILE N. 95 GIUGNO 2011

la città always on the move; dal-la città in crisi degli anni ottan-ta alla città «creativa» e diver-tente cui si rivolge nuova at-tenzione dal punto di vista cul-

� Francesca GovernaCONTINUA A PAG. 13CONTINUA A PAG. 12

turale o turistico; dalla città«grigia» della monocultura in-dustriale alla città s e m p re piùb e l l a dove vive la passione.Queste espressioni, che ripren-

dono gli slogan utilizzati per leOlimpiadi del 2006, descrivo-no il cambiamento della città

Nel Magazine � Progetto del mese: Centro

di formazione professionale a Gordola (Svizzera) di Durisch+Nolli Architetti

� Ri_visitati: Il Museo di Quai Branly a Parigi

Interviste Andrea Branzi, Gaetano Pesce Congressi Inu a LivornoProgetti urbani Ponte della Musica a Roma, ex distilleria a Barletta,Parasol a Siviglia, grattacielo a Parigi Musei Aan de Stroom ad AnversaFormazione Campus a Pescara Tecnologia Green Building AwardMostre Architettura e guerra, città verdi, Gio Ponti, Charlotte PerriandDesign Cinquant’anni di Saloni

Cinquant’anni fa nasceva ilSalone del Mobile di Milano,voluto da FederlegnoArredo egestito dal Cosmit. L’idea chelo alimentava era (e resta) dif o r n i re al sistema pro d u t t i v onazionale dell’arre d oun’adeguata «vetrina»,a p e rta al contestointernazionale, ricca dip roposte e opportunità. C e rto il Salone arriva neglianni in cui alcuni elementirelativi all’identità delmodello nostrano si sono giàaffermati e sono divenutiriconoscibili. La capacità dif a re «serie variabile», vale ad i re una flessibilità pro d u t t i v alegata alle piccole dimensionianche economiched e l l ’ i m p resa, nonché alles i n e rgie distrettuali (poi post-d i s t rettuali), comprese lasedimentazione del «saperf a re» artigianale su cui dif requente si sono innestate leaziende del f u r n i t u r e; e poiancora il serrato dialogo fracultura d’industria e delp rogetto, e fra impre n d i t o r i ,a rchitetti e designer.

Salone del Mobile

A Milano2 8 2 . 4 8 3o p e r a t o r i

INCHIESTA DEL MESE: NESSUNA IN ITALIA È CAMBIATA TANTO

U n an u o v ac i t t àc h i a m a t aTorino

Il primo tassello della trasformazione del comparto dismesso della Fiat a Mirafiori. Su progetto dello studio Isolarchitetti, è terminato

a marzo il cantiere del Centro del design: da settembre dovrebbe ospitare gli studenti del corso di laurea in Disegno industriale

del Politecnico di To r i n o

� Alberto BassiCONTINUA A PAG. 29

IL XXVII CONGRESSO NAZIONALE INU

Come le città puntano oltre la crisi

dell’INU a segnare un nuovopunto di svolta? Dopo quindicianni di lavoro dedicati all’evo-luzione della concezione deipiani, scissi tra strategici e ope-rativi, l’attenzione viene oraconcentrata sulla «Città oltre lacrisi. Risorse, governo, welfa-re»: risorse per le città in crisi eper oltrepassare la crisi, model-li di governo del territorio e cit-tadinanza senza welfare. Oscil-lando tra le visioni senza scam-

L I V O R N O. La misura della di-stanza tra la consapevolezzadei bisogni sociali che filtra da-gli interventi introduttivi di Vi t-torio Cogliati Dezza (presiden-te di Legambiente) o Marco Fi-lippeschi (Presidente di Legau-tonomie) e il mondo politicoche guida il paese sta nelle pa-role del presidente del CnappcLeopoldo Freyrie: «ci si aspet -ta molto poco dal mondo poli -tico, ormai ingarbugliato in unmondo tutto suo». Riuscirà ilXXVII convegno nazionale

� Julian W. AddaCONTINUA A PAG. 4

Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2011 è stato

assegnato a Taneka Beri, villaggio del Benin, nell’Africa occidentale

subsahariana, fondato nel XVIII secolo da una comunità multietnica

in fuga dai razziatori di schiavi. Articolo a pag. 11

Il villaggio dei grandi guerrieri

Non potrà vivere di renditadi Carlo Olmo

095 p. 01-06 italia 11-05-2011 15:01 Pagina 1

Torino: dieci anni di trasformazioni12

U n a n u o v a c i t t àI Giochi olimpici invernali del2006 sembrano aver chiusouna prima fase della m e t a-morfosi di Torino, iniziatadieci anni prima col Prg diVittorio Gregotti e A u g u s t oC a g n a r d i. Oggi la trasforma-zione non riguarda più soltan-to le Spine o il recupero dellearee industriali dismesse, maqualcosa di più articolato chemette in gioco le geografie ele strutturazioni stesse dell’in-tera area metropolitana tori-nese. In questo ridisegno ter-ritoriale, che prefigura unasorta d’implementazione «arete» delle tre centralità linea-ri nord-sud delineate dal Prg ,i progetti infrastrutturaliassumono un ruolo decisivo.Al di là dell’incerta linea adAlta velocità Torino-Lione edelle sue ricadute locali, t resono le progettualità attual-mente sul tavolo.La prima concerne il Servi-zio ferroviario metro p o l i t a-no (Sfm), ossia la possibilità,grazie alla quasi ultimata rea-lizzazione del Passante, d iu t i l i z z a re la trama radio-centrica delle linee ferro v i a-rie storiche come rete me-t ropolitana del trasporto lo-c a l e. Un progetto determinan-te per diminuire il traffico au-tomobilistico in entrata e inuscita dalla città, di cui peròfino a oggi è stata vagliata es-senzialmente la dimensionetrasportistica. Il Sfm potre b-be invece essere decisivo an-che per re i n d i r i z z a re i pro-cessi di dispersione insedia-tiva esterni al cuore dell’a-rea metropolitana, per c o-s t r u i re nuove centralità e ri-q u a l i f i c a re gli spazi periferi-c i . Ma finora l’incrocio traprogetto infrastrutturale e pia-nificazione territoriale allagrande scala resta inesplorato.Un secondo progetto riguar-da il tema di corso Marc h e ,già delineato nel Prg del1995. Un’asta infrastruttu-rale a tre livelli (Alta veloci-tà ferroviaria e tracciato auto-stradale in sotterranea, più unb o u l e v a rd di superficie) c h ed o v rebbe attraversare l’a-rea metropolitana in senso

Non potrà vivere di renditaS E G U E D A PA G. 1ovvia questione di etica pubblica, ma anche perché ilGiornale non è mai stato una tribuna, ancor meno di unafunzione diversa del suo dire t t o re. La mia è dunque unatestimonianza che si aggiunge alle altre, nulla più. Di checosa è testimonianza?La prima tentazione sarebbe di fare un mio bilancio, che nonmi spetta. Proverò allora a re s t i t u i re alcune esperienze.Inverno-primavera 2003. Torino ritorna all’attenzionenazionale per due grandi paure, che s’identificano con dueq u a rtieri della città. Il quart i e re di San Salvario diventa ilparadigma nazionale dell’insicurezza e della paura deldiverso, Mirafiori di una deindustrializzazione che tocca ilc u o re, anche simbolico, dell’identità torinese. A otto anni didistanza San Salvario appare il quart i e re dove gentrificatione mixité di funzioni stanno cambiandone non solol’immagine, ma la composizione sociale e funzionale. AMirafiori è ancora in gioco il senso del cambiamento: è illuogo di una sofferenza diversa, quella di un mutamentoinsieme delle regole e delle forme di coesione sociale. Ma ècambiata anche la percezione che hanno i cittadini dellacentralità e del ruolo di una fabbrica che era stata ilsinonimo di laboratorio politico in Italia e non solo. Inverno-primavera 2005. L’avvicinarsi delle Olimpiadisegna il compiersi di un serie d’interventi. Ritornano ae s s e re vivibili alcune delle più belle piazze storiche dellacittà. La polemica è fortissima e riguarda parcheggi ea rredo urbano. Vengono contemporaneamente alla ribalta iq u a rtieri dove più profondo è il passaggio da are eindustriali a residenziali, le Spine: inizia la stagione, ancoranon conclusa, delle polemiche sulla qualità arc h i t e t t o n i c a .

Sei anni dopo le piazzesono spazi pubblici,invidiati da quasi ogniv i s i t a t o re di Torino. Ilp roblema delle Spineevidenzia invece ladifficoltà di ampliare città ecittadinanza, agendo con ilsolo strumento dellatrasformazione urbana perc re a re nuova cittadinanza.Con alcune, non marg i n a l inotazioni. Nella crisi di unceto medio sempre piùevidente, proprio la politicaurbana sta favorendo unari-urbanizzazione di cetisociali che erano fuggitidalla metropoli insicura.

Quelle non splendide arc h i t e t t u re sono abitate da cittadiniche sono ritornati dai piccoli Bronx che anche attorno aTorino si erano creati, per contribuire a cre a re città. Ed èdel sette di questo mese il conferimento alla nuovaa rchitettura del Museo dell’Automobile del Premio In-A rch/Ance per la migliore opera italiana degli ultimi cinquea n n i .Giugno 2008. Si svolge a Torino il Congresso mondiale deglia rchitetti: occhio più critico non può esserci sui risultatidell’urban renewal. Pochi mesi dopo, prende avvio ilp rogetto del Comune che prenderà il nome di Variante 200,oggi Barriera C’Entro. Raccontare la sorpresa che il viaggiod e n t ro Torino suscita in visitatori stranieri è diventato quasiun genere letterario. Non sono però i «turisti» ma ip rofessionisti della terra, come venivano chiamati nelSettecento, a re s t i t u i re particolari, scorci, vedute, valoridella città che il torinese o il turista non coglie. Questivisitatori ci educano a leggere e a valorizzare la nostra città.La scelta di privilegiare la zona Nord di Torino non è statafacile, né senza conflitti. Ha accompagnato però uncambiamento che i progetti sull’area della Lavazza, sulC i n e p o rto, dell’asse di corso Regio Parco già segnalavano.Lo ha fatto privilegiando due strumenti: il governo dellavalorizzazione economica che un’infrastruttura produce e lap rogettazione urbana soprattutto a scala morfologica e nondi singoli edifici. La scommessa, forse la più affascinantedelle tante intraprese, è di ampliare città e cittadinanza,p o rtandole al confine di Torino e aprendo un dialogo con chisu quel confine si affaccia.Il passaggio da una lunga stagione keynesiana, fondata sugliinvestimenti pubblici e su una politica di deficit di bilancioper finanziare infrastru t t u re, a una stagione d’interv e n t ifondati sulla necessità di allarg a re la mixité urbana ei n v e s t i re nella «cura» della città novecentesca che ancoranon si conosce, genera quasi una precoce elaborazione dellutto. La paura che aleggia in città è che mancando grandieventi e mete facili da condividere, perché segnate da date,sia quasi inevitabile un declino. L’ o s s e rvatorio di cui hopotuto usufru i re mi consente di dire che se esisteràcontinuità nella gestione di un governo della trasformazioneurbana fondato sul dialogo e di ciò che è bene comune,questo non potrà accadere. Torino ha valorizzato, in questi anni, una sua anticatradizione: una terzietà profonda, concedendo spazio nelsociale, nell’assistenza, nella cura, nelle politiche sui benia rchitettonici, non solo nel governo della città, a quantif o s s e ro in grado di port a re avanti progetti, non arro g a n d oalla politica il potere di discriminare. La transizione (che èp e r a l t ro condizione permanente della vita urbana) ponemete non solo ancor più ambiziose, ma segna la speranzache su questa strada si prosegua, radicalizzando i principisui quali si è costruita questa stagione: la capacità dic o g l i e re opportunità e di trasformarle in bene comune e nondi vivere di rendite, sociali e professionali, non soloimmobiliari. � Carlo Olmo

Torino ha

valorizzato una

terzietà profonda

nel sociale,

n e l l ’ a s s i s t e n z a ,

nella cura,

nelle politiche

sui beni

a r c h i t e t t o n i c i

agricoli attraversati dall’in-frastruttura e le grandi massecostruite al contorno. Sebbe-ne la Provincia parli esplicita-mente di «progetto di territo-rio», e abbia dato avvio a unprocesso di g o v e r n a n c e con imolteplici attori coinvolti, ilrischio è che il tema venga in-terpretato come una nuovaGrande Spina, incapace diraccogliere le differenti solle-citazioni offerte dai luoghi.Il terzo pro g e t t o, a regia co-munale, è quello della cosid-detta Variante 200, recente-mente rinominato «BarrieraC’Entro». Un tema ambizio-so, che punta a intre c c i a re ilp rogetto infrastrutturalecon quello insediativo e am-bientale riqualificando lap a rte nord della città. Ilpunto di leva è la seconda li-nea della metro p o l i t a n a, chedovrebbe riutilizzare la trin-cea di una linea ferroviaria ab-bandonata. I numeri messi ingioco sono rilevanti: un mi-lione di metri quadri di su-perficie territoriale, tutti co-stituiti da aree industrialid i s m e s s e. L’idea è di supera-re i limiti evidenziati dalla rea-lizzazione delle Spine, lavo-rando sul riammagliamento ela densificazione, la costru-zione di nuovi affacci urbanisulle grandi aree verdi al con-torno, la creazione di nuovecentralità. Il trait d’uniond e l l ’ i n t e ro progetto è rap-p resentato proprio dal per-corso della metro p o l i t a n a ,sul cui estradosso dovre b b ep re n d e re corpo un asse ver-de e pedonale collegante tut-te le diverse aree. Un tema cherecentemente è stato esplora-to anche attraverso un concor-so internazionale d’idee deno-minato «La Metamorfosi».Qui le criticità sono deter-m i n a t e proprio dalla dimen-sione economica messa ingioco dall’intervento e dallacapacità dell’amministrazio-ne di guidare gli operatoripubblici e privati in un’otticarealmente di qualità. Una bel-la sfida per il futuro sindaco. � Antonio De Rossidocente al Politecnico di To r i n o

Tre nodi: Sfm, corso Marche, Variante 200Secondo Antonio De Rossi sul ridisegno del territorio si gioca il futuro della città

Con il completamento del Passante ferro v i a r i o, pre-visto per il 2 0 1 2, nel nodo torinese il traffico nazio-nale a lunga percorrenza sarà differenziato da quelloregionale e metropolitano, permettendo così la rior-ganizzazione dei servizi ferroviari d’interesse locale.Gli interventi salienti riguardano il q u a d r u p l i c a-mento dei binari su tutta la linea e la realizzazione disei stazioni (quattro nuove, due completamente rico-struite) lungo il tracciato (interrato da corso Turati acorso Grosseto). In superficie, in corrispondenza del-l’interramento, un viale di 12 km riconnette parti dicittà a lungo separate: è la Spina centrale, disegnatanel Prg del 1995. Il potenziamento del nodo torineseha reso possibile l’avvio di un piano di sviluppo deiservizi ferroviari secondo un impianto unitario, ilSistema ferroviario metro p o l i t a n o (Sfm). Il proget-to, elaborato dall’Agenzia per la mobilità metro p o-l i t a n a, prevede 5 linee di ferrovia metro p o l i t a n a,con t reni cadenzati ogni 30 minuti per tutto l’arcodella giornata. Obiettivo del Sfm è favorire la mobili-tà a medio-corto raggio e rendere agevole l’inter-scambio fra le linee e con gli altri trasporti, miglio-rando anche i collegamenti con l’aeroporto. Sfm saràaccessibile in modo capillare dall’area metropolitanagrazie all’apertura di nuove stazioni e ai maggiori ser-vizi in stazioni oggi sottoutilizzate.

Il nodo della mobilità: il Passante e il Sistema ferroviario metropolitano

n o r d - s u d, lambendo il confi-ne ovest di Torino e il marg i-ne slabbrato orientale di gran-di comuni come Grugliasco eCollegno. Una «corda» f i n a-lizzata anche a scaricare lat a n g e n z i a l e da livelli di traf-fico ormai insostenibili. A n-che questo progetto (a regiaprovinciale, e la cui progetta-

zione preliminare è stata aff i-data sempre a Gregotti A s s o-ciati International) deve af-f ro n t a re questioni comples-se e decisive: quali strategieprogettuali p e r r i q u a l i f i c a re imultiformi terrain vague in-terstiziali interni ai tessutiurbani consolidati, quali re-lazioni tra i parchi fluviali e

L’asse di corso Marche, una delle tre grandi progettualità per Torino

095 p. 12-17 inchiesta 11-05-2011 14:34 Pagina 12

IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 95, GIUGNO 2011 I n c h i e s t a 13

Il cambiamento dovrà continuareper scongiurare il rischio di una«nostalgia del presente»

t à c h i a m a t a To r i n o

anche dal bando che si propo-neva di ristabilire un ordinenon semplice. Quantità eleva-te, complessità, centralità nonsono condizioni tra loro imme-diatamente sovrapponibili: i lp rocesso di negoziazione trapratiche, tessuti, intere s s i ,ambizioni è solo tracciato inmodo iniziale dai risultati delc o n c o r s o. Questi due aspetti emerg o n o

da una riflessione su un episo-dio importante della storia ur-banistica di Torino, ma presen-tano un grado di generalitàmaggiore: disegno della città eforma del territorio, luoghi si-gnificativi e spazio pubblicocome strategie per attraversarela costruzione complessa dellacittà contemporanea. � Paola Vi g a n òdocente all’Università Iuav di Ve n e z i a

Forma del territorio e luoghi crucialiPaola Vi g a n ò riflette sulla trasformazione del Quadrante nord-est legata alla Variante 200 del Prg e sul concorso «la Metamorfosi»

cità strutturante di un parco ur-bano connesso a un esteso spa-zio pubblico. Fa riflettere anche un secondoaspetto, legato alla capacità delprogetto contemporaneo dirappresentare un’idea di cen-tralità: riguarda il r a p p o rt oambiguo tra quantità impo-nenti di programmi da co-s t r u i re e loro significato allascala della città, ma anche delcontesto prossimo; la d i ff i c o l-tà nell’orientare l’immagi-nario collettivo, a far collima-re interventi di grandi dimen-sioni e costruzione di una nuo-va immagine urbana. L’ o s s e r-vazione non deve essere frain-tesa: non si tratta semplice-mente di criticare le quantitàpreviste, ma di osservare chel’insieme dei progetti pre s e n-tati per l ’ a rea di Spina 4, e traquesti i cinque selezionati, n o nriesce a pro p o r re un’inter-p retazione complessivamen-te soddisfacente del tema,nonostante le interessanti sug-gestioni dei singoli progetti.Punto di collisione di geome-trie, tracciati, tipi diversi di tes-suti, Spina 4 ha l’ambizione didivenire un luogo significativodella nuova geografia torinese,capace di riorientare una por-zione urbana più ampia, ma sitratta di un nodo complesso chenecessita di un’idea più espli-cita e non banale di spazio pub-blico. La difficoltà nel trattar-lo non ha riguardato solo i pro-getti di concorso, ma emerg e

Quadrante nord-est, Barrieradi Milano, Trincerone, scaloVanchiglia, Spina 4. I luoghidella Variante 200 raccontanostorie del passato e ambizionicontemporanee. Ci parlano diuna città che accetta di riflet-tere sulla conclusione di un ci-clo di vita e del tentativo d’im-maginarne di successivi. Tragli altri, due aspetti sembranoimportanti quando si osservauna trasformazione così este-sa, rafforzata dai progetti indi-cati nella Variante 200 e dallacostruzione di una nuova im-portante infrastruttura dellamobilità.Il primo riguarda la forma delterritorio e della città. In occa-sione di mutamenti strutturali,dismissioni di grandi aree, ilprogetto della città ha la straor-dinaria occasione di stabilirerelazioni rinnovate con la gran-de scala territoriale. R e s t i t u i-re accessibilità, leggibilità,ruolo ecologico e urbano aigrandi fiumi che toccano To-r i n o rinforza l’ipotesi di rista-bilire relazioni tra un fascio dibinari dismessi e un quartiereindustriale che si trasforma inmodo incrementale, come è ilcaso dello scalo Vanchiglia. L ap roposta del progetto vinci-t o re del concorso «la Meta-m o r f o s i » (vedi box) di org a-nizzare lungo un segno d’ac-qua, un nuovo bacino, il tessu-to misto richiesto dal bandorende esplicita la pro s s i m i t àgeografica al fiume e la capa-

Il progetto della futura linea 2 della metropolitana e deinuovi quartieri della Variante 200 al Prg, rinominata«Barriera C’Entro», ridisegna il volto del quadrantenord-est di To r i n o: una trasformazione radicale attende lazona compresa tra i quartieri Barriera di Milano e Regio Par-co, snodandosi lungo il vecchio «trincerone» ferro v i a r i otra via San Gottardo e via Sempione, fino alle aree industrialiin via di dismissione ai due estremi della tratta, Spina 4 eScalo Vanchiglia. La linea 2 della metro occuperà nel suoprimo tratto il trincerone; in corrispondenza del tracciato sot-terraneo, un parco lineare di oltre 2 km collegherà il par-co Sempione ai parchi fluviali e permetterà di ricuciredue parti di città finora separate dalla ferro v i a. A p p r o-vata nel febbraio 2011, la Variante 200 avvia la t r a s f o r m a-zione di oltre un milione di mq di aree industriali dis-m e s s e divise tra Spina 4 e scalo Vanchiglia in nuovi quar-tieri. Le linee progettuali, distinte in tre ambiti d’intervento(scalo Vanchiglia, trincerone, Spina 4), sono state definiteattraverso il concorso d’idee «la Metamorfosi», bandito dal-la Città nel gennaio 2010, cui hanno partecipato 80 gruppidi progettazione. Il gruppo guidato da M a rco Pietrolucci siè aggiudicato la gara per lo scalo Vanchiglia, per il trin-c e rone il primo premio è andato al gruppo di Proap (JoâoNunes capogruppo), mentre per l’ambito di Spina 4 non èstato individuato un vincitore.

La Variante 200 e la linea 2 della metro

Veduta dell’area nord di Torino e dei principali interventi in corso e in progetto (elaborazione di Urban Center Metropolitano,

w w w. b a r r i e r a c e n t r o . i t )

Un’immagine molto sfaccettata

Secondo Francesca Governa il «gioco»delle immagini che ha accompagnatoTorino nella transizione dal fordismo

al post-fordismo, con l’emerg e re di nuove parole chiave come cultura,

turismo, servizi, conoscenza, cre a t i v i t à ,è meno netto di quanto possa sembrare

S E G U E D A PA G. 1in maniera semplice. S e g u e n-do quella che sembra esserediventata l’unica stradapossibile per lo sviluppo ur-bano, e cioè la competitivitàe le sue retoriche, non soloTorino ma tutte le città allar i c e rca di un proprio ruolonel mercato globale pro d u-cono immagini per a t t r a r reflussi di turisti e investi-menti, attività economiche oeventi. Non è che queste im-magini non siano «vere», matendono a porsi come rappre-sentazioni monolitiche e cer-te, non solo possibili ma ad-dirittura inevitabili. Di ognicittà, e quindi anche di To-rino, esistono in realtà mol-te immagini, parziali ( s e m-pre) e potenzialmente inconflitto (spesso). Il «gioco» delle immagini cheha accompagnato Torino nel-la dibattuta transizione dalfordismo al post-fordismo,con l’emergere di nuove pa-role chiave, invero un po’opache, come cultura, turi-smo, servizi, conoscenza,c re a t i v i t à, è in realtà menonetto di quanto possa sembra-re a prima vista: esso ha anti-cipato le trasformazioni, le haseguite, ha contribuito a co-struire consenso e legittima-zione intorno a esse ma ha an-che affermato, almeno impli-citamente, la p resenza di vi-sioni «altre », ha eluso il con-flitto senza cancellarlo. LaTorino che cambia, anche gra-zie all’insieme di progetti einiziative (Piano re g o l a t o re ,Piano strategico, Olimpia-di, riuso dei vuoti industria-li, metro p o l i t a n a, per non ci-tare che i principali), nascon-de nelle sue pieghe altre im-magini che ci permettono diprecisare questo cambiamen-to e di situarlo all’interno diprocessi più generali. In particolare, la dicotomiacittà industriale/città post-industriale appare tro p p os e m p l i c e, anche solo se guar-diamo al mercato del lavoro.Il rapporto annuale della Fon-dazione Rota del 2007 ci par-la infatti di una città in cui lapercentuale d’impiego nelsettore secondario è, nel2006, del 34,9%, la più ele-vata fra le province metropo-litane italiane e non molto dis-simile dallo stesso dato di 10anni prima. Così come la vi-talità sociale della città edella sua vita notturna, cheha profondamente trasforma-

to parti non irrilevanti dellospazio urbano (i Murazzi delPo o il quartiere di San Sal-vario), ha parimenti definitonuove fratture territoriali e so-ciali. La riqualificazionedelle aree centrali, in cui siannidano anche processi digentrificazione, si accompa-gna infatti a squilibri in al-t re zone (come l’area del Par-co Stura, nella zona nord del-la città, emblematicamente ri-battezzato nel 2006 To s s i cPark). A l t re fratture s’indi-viduano nell’immagine« c u l t u r a l e »: in questo caso, ilcambiamento della città è se-gnato dalla progressiva diva-ricazione fra forme (e spazi)culturali di nicchia e forme (espazi) in cui iniziative defini-te «culturali» sono meglioclassificabili come operazio-ni commerciali o imprendito-riali (come CioccolaTo e l’u-so di piazza Vittorio Ve n e t ocome teatro di questa e altremanifestazioni simili). O, an-cora, nell’immagine della cit-tà multiculturale e interetnica,in cui il tema dell’immigra-zione straniera trascura, senon come un problema di si-c u rezza, le «fatiche» e i con-flitti (la casa, l’integrazionedelle seconda e terza genera-zione, la scuola…), ma an-che, più banalmente, il cam-biamento degli attori socia-li e delle popolazioni cheabitano la città. Ad esempio,nella zona che parte da piaz-za della Repubblica, per poia l l a rgarsi verso le aree limi-trofe a nord del quadrilateroromano (come Borgata A u r o-ra), in cui è in atto la gradua-le ma progressiva sostituzio-ne dei «vecchi» residenti coni «nuovi» cittadini stranieri. Il gioco delle immagini èquindi ambivalente: può fa-re apparire quello che anco-ra non c’è, può nasconderetracce di una città diversa,può raccontare una re a l t àsganciata dalla città cui leimmagini si riferiscono, puòe n f a t i z z a re o nascondered i ff e renze e conflitti. C o n-temporaneamente, seguirlopuò rivelarsi fertile: come ri-cordano Ash Amin e NigelThrift, attraverso le immaginisi esprimono e si solidificanorelazioni di potere, si proiet-tano delle narrazioni urbane,si costruisce la capacità dellacittà di sognare e di ripensarese stessa. � Francesca Governadocente al Politecnico di To r i n o

Inchiesta a cura di Giulietta Fassino

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Torino: dieci anni di trasformazioni14

Le residenze sabaude: una vera corona per una capitale regaleSecondo Luisa Papotti, per offrire unf u t u ro alle opere del secondo Ottocentoe del Novecento occorre pro s e g u i re il disegno strategico che ha governatole odierne trasformazioni

Ri f l e t t e re sul cambiamento di Torino, sul suo nuovoaspetto e ruolo, significa anche riflettere sul suof u t u ro. Oggi riconosciamo un peso determinante in

questo cambiamento alla riscoperta e valorizzazione delsistema museale; all’interno di questo fenomeno, un ruolop o rtante è da attribuire alla corona delle residenze re a l i ,recuperate, riaperte e ricondotte a sistema. Dal primo,lontano episodio (la riapertura del maestoso ru d e re delCastello di Rivoli nel 1984) fino ai progetti in corso(l’estensione del polo museale di Palazzo Reale), le scelteoperate non hanno fatto altro che assecondare il disegnomonumentale che fu all’origine di questo eccezionalecomplesso di palazzi. Nate per essere un sistema fort e ,capace di segnare il territorio e di governarne le dire t t r i c idi crescita, le residenze reali si rivelano ancora capaci die s s e re trainanti per la promozione territoriale. Quello delle residenze è certo il più aulico, ma non èl’unico insieme di grandi arc h i t e t t u re della città. Ve ne sonoaltri che, per le dimensioni e la presenza incisiva nel tessutourbano, potre b b e ro tro v a re nuove vocazioni e divenire al o ro volta un volano di crescita. In molti casi è giàsuccesso, in altri queste potenti arc h i t e t t u re sono ancora inombra, ma la loro conservazione è per la Soprintendenzaun tema attuale e difficile. Da un lato, vi sono i grandiedifici che ospitavano i servizi e le infrastrutture delregno sabaudo, prima e dopo l’Unità d’Italia. Dueesempi assai diversi tra loro sono l’Arsenale militare, chegrazie al re c u p e ro da parte del Sermig (Servizio missionariogiovani) iniziato nel 1983, sembra avviato a un destinofelice; e l a Regia manifattura tabacchi, edificio vastissimoe fascinoso, oggi in stato di abbandono. Importantissimo è il sistema degli edifici industriali,memorie di un passato significativo e spesso opere dinotevole pregio. Torino conta casi esemplari di recupero, apartire da quello del Lingotto. Ma le grandi dimensionirendono complesso, spesso improponibile, il tema delrecupero della totalità di questi edifici; così in città ildibattito sulle aree industriali dismesse finisce perorientarsi verso la demolizione e il recupero delle cubaturea favore di fitte riedificazioni. Oppure, dove prevalga unintento di salvaguardia, il tessuto urbano cresce e sirichiude intorno a questi edifici, connotandoli come vuoti;un esempio per tutti, che stringe il cuore, è quello dellaManifattura tessile di Moncalieri, opera di MarioPassanti. E ancora, è da ricordare il sistema delle grandiarchitetture di Italia ’61. D i fficile definire a priori strategie di conservazione, lineedi tutela per edifici e complessi di tale criticità: ci si muovecaso per c a s o, utilizzando con equilibrio gli stru m e n t io f f e rti dal quadro normativo, prestando attenzione ap re s e rv a re la materialità degli edifici ma anche esoprattutto a conserv a re la memoria delle attività che sisono svolte tra le loro mura. Tuttavia, riflettendo sulcambiamento di Torino nell’ultimo decennio, s’intravedeuna strada per la conservazione di queste arc h i t e t t u re: soloun disegno strategico condiviso, forte e forse anche un po’visionario, come quello che ha governato le trasformazionidi oggi, potrebbe offrire loro un futuro possibile,valorizzando i loro caratteri peculiari ma ancher i c o s t ruendo idealmente la rete che li lega l’uno all’altro. � Luisa Papottisoprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Ve rc e l l i

Conservazione e valorizzazione

MEMORIE Casa Gramsci avrà 5 stelleIl 29 marzo la giunta co-munale ha stabilito chela memoria di AntonioGramsci, ospite illustrenella lunga storia del pa-lazzo di piazza CarloEmanuele II, meglio co-nosciuta come piazzaCarlina, sarà onorata al-lestendovi uno spazioaperto al pubblico. L’e-dificio realizzato nellaseconda metà del XVII secolo, ex Regio albergo di virtù, dal 1979era di proprietà comunale e gestito dall’ex Iacp. Dopo l’ordinanzadi sgombero nel 1999, lo stabile di circa 10.800 mq è stato ac-quisito da privati (Immobiliare Galileo), con l’intento di riconvertir-lo in un albergo di lusso su progetto di Franco Fusari, Federico DeGiuli e Cristiano Pistis. Nel cortile, chiuso da vetrate (al di sotto delquale ci sarà un parcheggio) verranno sospesi, con un sistema mec-canizzato, pannelli realizzati con la tecnologia Vector-Foiltec (cheabbatte le emissioni acustiche e consente l’applicazione di pannellifotovoltaici). Visto il degrado in cui versa l’edificio, abbandonatoda anni anche per la resistenza di alcuni cittadini contrari alla tra-sformazione, è ora partito il cantiere con la disinfestazione. F.P.

sciuta nel 2003 delle pirane-siane Officine, ancora di pro-prietà delle Ferrovie. Il nuovo volto dei musei na-zionali torinesi, quello del Ci-nema, ma anche quelli del-l’Automobile e del Risorgi-mento (appena riaperto nellasede ristrutturata di PalazzoCarignano con un allestimentodi un altro architetto scenogra-fo, Richard Peduzzi), èun’immagine teatral-televi-siva, decisamente «popola-re ». Anche il nuovo Egizio,primo museo nazionale dive-

nuto Fondazione, hascelto un allestimen-to firmato da uno sce-nografo, Dante Fer-re t t i. Antichità fa ri-ma con Cinecittà,ma il progetto dell’E-gizio (elaborato dalgruppo vincitore diconcorso guidato daI s o l a rc h i t e t t i), per ilquale si sta proceden-do alla verifica di 19o fferte per una gara diappalto da 31 milioni,segnerà - ci si augura- una nuova stagionedei musei nazionalitorinesi. Intanto laGalleria Sabauda h alasciato spazio allecollezioni egizie, inattesa dello sposta-mento da 8 milioni alpiano terra della Ma-nica nuova del Palaz-zo reale, passando da3.000 a 6.000 mq. I torinesi, in questoinizio secolo, sem-brano però essersi af-fezionati a un model-lo di museo diff u s o ,

collettivo e partecipativo, ca-pace di formare anche le co-scienze storiche e civili dei piùpiccoli: dal Museo della Resi-stenza, a quello « A come A m-b i e n t e » nel Parco Dora, al neo-nato «Museo To r i n o ». Con uncentro d’interpretazione, oracollocato nella corte medieva-le di Palazzo Madama, MuseoTorino, attivo dal 2009 in for-ma di cantiere, sta ricostruen-do la storia di 12.000 anni del-la città attraverso fotografie,mappe, piante, disegni. � Michela Comba

Sempre nel 2003, il primo s t e pdi quello che sembrava essereil cuore della grande svoltamuseale torinese (il quartovolto): il concorso interna-zionale per il re c u p e ro e latrasformazione dello straor-dinario complesso delle exO fficine grandi riparazionif e r ro v i a r i e di via Pier CarloBoggio in un grande poloespositivo dove ricollocareanche la Galleria di arte mo-derna e contemporanea (ope-razione «Grande Gam»). Il l a -y o u t vincitore, firmato dallo

studio Baietto Battiato Bianco(con Gianfranco Gritella,G i o rgio Rigotti e Aldo Cingo-lani per conto di Giugiaro De-sign) insieme alla Sotec di A n-drea Benincasa, diventa quasiesecutivo per una trasforma-zione da 25 milioni di euro cheperò rimane sulla carta. Men-tre la Gam ripiega su un riam-modernamento strutturale delmuseo esistente ormai sessan-tenne (intervento a cura diGiacomo Donato) e svela, conl’esposizione di 250 opere, lepotenzialità museali dei100.000 mq dei saloni nervia-ni del complesso di To r i n oEsposizioni in corso Massimod’Azeglio, una serie di mostre( TO 011, allestita da A l e s s a n-dro Colombo, e quelle attual-mente in corso realizzate da5+1AA, Studio Kha, Unde-sign e Gianfranco Cavaglià)ribadiscono ripetutamente, econ grande successo di pub-blico, la vocazione già ricono-

Nei primi tre anni del nuovomillennio fanno capolino iquattro volti della Torino mu-seale di questi dieci anni. Primo volto: nel luglio 2000s’inaugura la nuova sede delMuseo nazionale del Cinemaall’interno della Mole A n t o-nelliana restaurata da Gian-franco Gritella, allestito daFrançois Confino (con più di500.000 visitatori nel 2008, èil tredicesimo museo più visi-tato d’Italia). Secondo e fondamentale v o l-t o: nel 2002 Città, Fondazio-ne Crt, Compagnia di San Pao-lo e poi Regione Piemonte co-stituiscono la Fondazione To-rino Musei: uno strumentoinedito di cooperazione trapubblico e privato, nato per ot-timizzare la gestione dei mu-sei civici. Così nel 2006 final-mente si svelano gli esiti del« P rogetto Palazzo Mada-ma» e dopo quasi vent’anni ri-apre il Museo civico d’Arteantica con una p romenade c o-stata quasi 15 milioni, che in-clude lo scalone juvarriano re-staurato ma che parte dalla se-zione archeologica della cortemedievale e attraversa le salebarocche del piano nobile, ilSalone del Senato, fino alle sa-le del secondo piano dedicatealla collezione di arti decora-tive. Nel giro di sette anni laFondazione Musei progetta einaugura il Museo di art eorientale nel seicentesco Pa-lazzo Mazzonis (2008), unalussuosa vetrina per 1.500pezzi di arte islamica, cinese,giapponese e himalayana, al-lestita da A n d rea Bruno. Accanto al risorgimento cul-turale di Borgo San Paolo, rin-giovanito dall’apertura dellesedi delle fondazioni San-d retto Re Rebaudengo e M a-rio Merz, nel 2003 si rivela ilt e rzo volto, quello dei musei« d i ff u s i ». Si avviano i lavoridel P a rco archeologico delleP o rte palatine, tra piazza SanGiovanni e corso Regina Mar-gherita, con un bastione rica-vato sul perimetro delle anti-che fortificazioni cittadine. Ilparco (progettato da G i o v a n-ni Durbiano, Luca Reinerio,A i m a ro Isola, Egidio Cupo-l i l l o) conclude la riqualifica-zione dell’area romana checomprende il Museo di anti-chità (Gabetti & Isola con Gui-do Drocco, 1998) tra la Mani-ca nuova del Palazzo reale, lesue serre lungo il corso Regi-na Margherita e l’anfiteatroromano. Nello stesso anno siapre al pubblico la sede delMuseo diffuso della Resi-stenza della Deport a z i o n edella Guerra dei Diritti e del-la Libert à, nel palazzo juvar-riano di via del Carmine re-staurato ad hoc: questa divie-ne la sede di tre centri di ri-cerca (l’Istituto piemonteseper la Storia della Resistenzae della società contempora-nea, l’Archivio nazionale ci-nematografico della Resisten-za e dal 2009 anche il Centrointernazionale di studi PrimoLevi). Il museo si distende trai luoghi della memoria nellacittà e nella provincia, ma lasua sede è il luogo di una mo-stra permanente «To r i n o1938-1948. Dalle leggi raz-ziali alla Costituzione», raroesempio di allestimento parte-cipativo avente come sogget-to i cittadini e le loro storie(progetto architettonico emultimediale dello studio E n-n e z e ro t re) .

ALLESTIMENTI DI CONFINO, FERRETTI, PEDUZZI, ENNEZEROTRE

Torino museale ha quattro voltiLa città insiste su un grande progetto tra scenografie popolari e musei part e c i p a t i

Duemila schede su temi, personaggi, eventi e luoghi i n-seriti nel database, il «catalogo» del museo; una «bibliote-ca» con 150 libri digitalizzati, sfogliabili e liberamentescaricabili; una «fototeca» con 1.500 scatti appositamen-t e commissionati a fotografi torinesi, oltre a centinaia diimmagini storiche e attuali; 25 mappe storiche interat-t i v e nella mostra virtuale «Torino: storia di una città».E, infine, una libera «navigazione nel tempo e nello spa-zio» con Google maps (nella sezione «il museo»), dove èpossibile visualizzare i luoghi della città scegliendo perio-di e temi di riferimento. Tutto questo è (per il momento)M u s e o To r i n o, il museo di storia della città, p rogettato ed i retto da Daniele Jalla e realizzato dalla Città. È un mu-seo virt u a l e (w w w. m u s e o t o r i n o . i t), diffuso e partecipato,c h e ha come obiettivo la conservazione della conoscen-za della realtà urbana e del suo patrimonio. Tra gli stru-menti di promozione, il progetto si avvale anche di «Rivi-sta MuseoTorino», pubblicazione disponibile online e inversione cartacea. «Non un nuovo museo, ma un museonuovo», recita la campagna di comunicazione per il lancioavvenuto il 17 marzo, alla presenza del presidente Giorg i oNapolitano. MuseoTorino è uno strumento in continua im-plementazione che intende intercettare un pubblico vastodi studiosi, cittadini appassionati di storia e architettura lo-cale, ospiti curiosi.

La città reale nella mostra virtuale

Mauto, che successo. Quattro anni di lavoro e 33 milioni d’investimento (22 per la ristrutturazione

e 11 per l’allestimento interno) per il rinnovo del Museo nazionale dell’automobile firmato Cino Zucchi

Architetti. L’area espositiva passa da 11.000 a 19.000 mq, con l’allestimento di François Confino. Aperto

a metà marzo, dopo un mese ha registrato un gran successo di pubblico (47.500 visitatori), mentre è

risultato fresco vincitore del Premio In/Arch-Ance

Ogr tricolori. L’ingresso alle Officine Grandi Riparazioni, allestite in occasione

delle mostre per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia

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IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 95, GIUGNO 2011 I n c h i e s t a 15REAL ESTAT E Così la città è diventata operatore

Torino è fra le prime cittàitaliane a costituire un Fon-do immobiliare per aprirenuove strade nella gestionee valorizzazione del patri-monio immobiliare pubbli-co. Il Fondo Città di Torino ècostituito con beni immobi-liari del Comune, ottenutinon tramite asta ma attra-verso l’alienazione dei beniimmobili della città. Sono stati coinvolti partner privati con com-petenze finanziarie e immobiliari quali Equiter (Gruppo Intesa San-paolo) e Prelios (ex Pirelli Re). Il Fondo, della durata di cinque an-ni (prorogabile a un massimo di undici), è partito con una dotazio-ne iniziale di 19 immobili (eterogenei per destinazione d’uso, tipo-logia, stato di manutenzione, dimensione e anno di costruzione),per un totale di oltre 80.000 mq commerciali, a prevalente desti-nazione d’uso residenziale e terziaria. Tre sono le linee strategiched’intervento, differenziate in base alle potenzialità di sviluppo diciascun edificio: cessione in blocco (9 immobili per 19.000 mq),restauro (6 immobili per 35.000 mq), sviluppo (4 immobili per30.000 mq). Gli investitori sono il Comune (35%), la Finopi del grup-po Intesa Sanpaolo (29%) e il gestore Gruppo Pirelli Re (36%). Pi-relli Re Opportunities si è aggiudicata la gara per l’individuazionedella Società di gestione del risparmio offrendo 131 milioni. Al mo-mento, gli immobili pronti per la vendita sono otto, sei quelli in fa-se di restauro, quattro i progetti in corso e due gli edifici venduti.(Nella foto, Palazzo Gualino, in stand by dopo l’approvazione delprogetto di riqualificazione da parte degli enti locali). � F.P.

R I TA R D I Era Palafuksas ora è PalatinoIl 24 marzo è stato inau-gurato il «P a l a t i n o», l’edi-ficio più comunemente co-nosciuto come Palafuksasche dopo 13 anni e 15 mi-lioni di euro spesi, è final-mente destinato ai com-mercianti dell’abbiglia-mento nella storica piazzadella Repubblica, mercatodi Porta Palazzo. L’opera progettata da Massimiliano e Doriana Fuk-s a s (strutture di Ai Studio - Ai Engineering Srl) avrebbe dovuto apri-re nel 2006 ma sono stati proprio i commercianti a sollevare i dub-bi sull’utilizzo della struttura a causa degli alti costi che avrebberodovuto (e dovranno) sostenere per l’affitto. Di qui l’ipotesi di desti-narlo a spazio espositivo (vi sono state allestite alcune mostre tem-poranee) o a museo del cioccolato. L’edificio, che sostituisce un pa-diglione del mercato dell’abbigliamento realizzato negli anni ses-santa, si sviluppa su cinque livelli: due interrati, adibiti a parcheg-gio e a spazi tecnici, e tre fuori terra che ospitano il centro com-merciale (anche sede di mostre temporanee) e, all’ultimo un risto-rante con vista panoramica che dovrebbe aprire entro l’anno. Non-ostante l’involucro vetrato, l’impressione è quella di un palazzo in-troverso e poco permeabile, che ricrea una piazza al suo interno at-traverso la disposizione delle attività commerciali lungo il perime-tro. Questa scelta distributiva riporta alla luce due ghiacciaie delSeicento, che saranno utilizzate come spazio espositivo. Tre passe-relle metalliche, sorrette da undici pilastri, collegano i diversi pianicaratterizzando lo spazio centrale completamente vuoto illuminatoda tagli obliqui in copertura. � F. P.

P O L E M I C H E Guai ad avvicinarsi alla Mole!In aprile una nuova polemica si è scatenata sotto la Mole. Anzi, difronte. La questione riguarda il progetto per un nuovo edificio resi-d e n z i a l e nell’isolato adiacente l’edificio dell’Antonelli, tra le vie Ri-beri e Gaudenzio Ferrari, firmato dal torinese Negozio Blu Associati.Sulle cronache dei quotidiani si grida al mostro che minaccia di oscu-rare una delle vedute del simbolo torinese per eccellenza, e inizianoa circolare ricostruzioni caserecce di scorci della Mole intralciata dalvolume in progetto, «sette piani che nascondono la Mole» illustraticon colorazioni fluorescenti. I n t e r v e n g o n o dunque gli stessi proget-tisti a gettare acqua sul fuoco, chiarendo i fraintendimenti e i carat-teri di una proposta che si sforza di reinterpretare i caratteri dellamorfologia urbana. Si tratta di un edificio che, secondo le linee indi-cate dalla Soprintendenza, s’inserisce nel fitto tessuto ottocentescointorno alla Mole definendo volumetrie che si sviluppano anche infunzione di viste considerate prioritarie. Questo spiega, tra l’altro, larealizzazione di un organismo differenziato in altezza, che lavora sulprofilo delle sezioni: la manica su via Riberi, per una lunghezza di cir-ca 20 m, è ridotta a soli due piani; la parte d’angolo rispetta i fili deicornicioni adiacenti (cinque piani), sviluppando al di sopra un gran-de tetto voltato a botte che contiene due livelli abitativi (citazionepiuttosto esplicita della discutibile trasformazione dell’Opera di Lio-ne firmata da Jean Nouvel). Ecco svelato «l’enigma dei sette piani»strillato su carta stampata e blog organizzati da residenti. Il vuotoprospettico e il disegno del ver-de sono assunti come materialedi progetto in grado di attribui-re significato alla facciata inter-na verso il cortile visibile ancheda via Sant’Ottavio. La letturadel tessuto circostante è funzio-nale anche alla costruzione di unlinguaggio che guarda alla lezio-ne della vicina Bottega d’Erasmo(Gabetti & Isola, 1956) circa lacapacità d’innovazione dei ca-ratteri compositivi della tipolo-gia del palazzo tradizionale, ac-centuando la verticalità dellepartizioni di facciata che culmi-na nel volume scultoreo della co-pertura. Ma alla scala architet-tonica è ancora prematuro com-mentare le scelte linguistiche ed’uso dei materiali.

residenziale di Barriera diMilano è in larga parte pri-vato, la densità abitativa èmolto elevata e il valore me-dio dei canoni di affitto è ilpiù basso in città. La dispo-nibilità di spazi pubblici ea ree verdi è limitata. La com-posizione socio-economicadel quart i e re evidenzia nu-m e rose fragilità, acuite dallacrisi recente, ma può contaresu un’identità forte, un dif-fuso senso di appartenenza euna solida rete associativa.L’attività di progettazione con-divisa punta all’adozione di unPiano di recupero per l’areastorica, replicando le positiveesperienze di Porta Palazzo edi San Salvario dove, con l’o-biettivo di contenere processidi g e n t r i f i c a t i o n, oltre alla pre-

disposizione dello strumentourbanistico si sono attivati in-centivi economici e azioni diaccompagnamento sociale. Inquesto scenario, le politiched’integrazione dei nuovi citta-dini sono un terreno di lavoroprioritario. L’alta pre s e n z ad’immigrati nel quart i e re èspesso percepita come fontedi disagio. Ma essi sono lacomponente sociale più giova-ne: molte famiglie con figli econ un livello d’istruzione piùalto rispetto alla popolazioneitaliana. Una risorsa crucialep e r lo sviluppo della città, pe-nalizzata da un contesto nor-mativo nazionale largamen-te inadeguato.� Giovanni FerreroCittà di Torino, dirigente settore Rigenerazione urbana e integrazione

Nord, concluso nel 2008. Tr aopere pubbliche e azioni di ac-compagnamento, nelle perife-rie sono stati investiti oltre 500milioni di euro. Ciò che acco-muna queste esperienze è l’a-dozione di un approccio a re ab a s e d, a partire dal territorio enon dalle politiche settoriali,che unisce infrastrutturazione,riqualificazione, trasformazio-ne fisica e azioni immateriali:sviluppo economico, produ-zione culturale, partecipazionee prossimità. Oggi «Urban»non è più un programma speri-mentale ma un consolidato ele-mento della programmazioneordinaria dei finanziamenti eu-ropei: «Urban Barriera» si col-loca all’inizio di un nuovo ci-clo di politiche di rigenerazio-ne urbana. Il tessuto edilizio

Il 19 aprile, nei locali di unavecchia farmacia di corso Pa-lermo, è stata inaugurata lasede del Comitato Urban inBarriera di Milano, quartierestorico della Torino operaia,circa 2 kmq e 53.000 abitanti.Il Comitato, costituito da Co-mune, Circoscrizione 6, To r i-no Internazionale e A g e n z i aterritoriale per la casa, avrà ilcompito di gestire il P ro-gramma integrato di svilup-po urbano «Urban Barrie-ra»: 41,5 milioni d’investi-menti, il più importante in-tervento di rigenerazione ur-bana nei prossimi anni. Il pro-gramma prevede più di trentaazioni: dalla riqualificazionedel mercato di piazza Foroni alsostegno delle attività econo-miche nel quartiere, dalla rea-lizzazione di un centro poli-funzionale negli edifici indu-striali dell’ex fabbrica Incet al-la promozione d’iniziative cul-turali e sociali.L’iniziativa europea «Urban»nasce nel 1994 e inaugura unastagione di nuovi programmidi riqualificazione delle città,con l’obiettivo di affrontare lefragilità urbane attraverso in-terventi integrati in grado diconiugare sviluppo economi-co, inclusione sociale, sosteni-bilità ambientale. La RegionePiemonte ne adotta da subitol’approccio innovativo, nelcampo dell’edilizia residenzia-le pubblica, con i Programmidi recupero urbano e i Contrat-ti di quartiere, realizzati e incantiere a Torino dal 1997. Ne-gli stessi anni parte un Proget-to pilota finanziato dall’Unio-ne europea nell’area di PortaPalazzo. Nel 2000 inizia il pro-gramma «Urban2» a Mirafiori

RIGENERAZIONE URBANA

Barriera di Milano non sarà più periferiaSecondo Giovanni Ferrero, l’avvio del programma europeo

«Urban Barriera» consolida l’esperienza degli anni novanta

vive al confine sud di San Sal-vario, voglio dire che ho sem-pre pensato che, a seconda dicome avesse girato il vento,San Salvario sarebbe potuto di-ventare davvero un posto diff i-cile, oppure uno dei posti mi-gliori dove vivere a To r i n o .Non è ancora proprio così, maci siamo avvicinati. Possiamotrarne qualche lezione sui mo-di della comunicazione pubbli-

ca o sugli effetti negativi e lapovertà della protesta politicaideologica, ma il vero punto èche le cose sono andate nel mo-do giusto; che metterle in quel-la direzione era possibile e, so-prattutto, che il raff o rz a m e n-to del quart i e re (con la sua m i -xité sociale oltre che etnica)non è arrivato da solo, ma perl’azione consapevole di uomi-ni e donne che hanno cre d u-to e si sono impegnati nellac o s t r u z i o n e. Bisogna consi-d e r a re l’azione delle istitu-zioni pubbliche, di molte as-sociazioni, di ottime scuolecapaci d’integrare, delleChiese, e così via. Forse c’era-no condizioni che hanno facili-tato il cammino, e che altrovemancano; comunque sia, a l l afine è maturato a San Salva-rio il germe della migliorecultura urbana: l’esperienzadella diversità che continua-mente permette di tro v a reuna cosa nuova mentre se nec e rca un’altra. Bisogna innaf-fiare e far crescere bene la pian-ta; c’è ancora e sempre moltoda lavorare per questo; ma ilprocesso è innescato. A p i c c o-la scala, è quel processo chel’antropologo Ulf Hannerzchiama urban swirl.� Arnaldo Bagnascos o c i o l o g o

no rubricato, nel loro immagi-nario, come emblema di quar-tiere difficile, dove si cumula-vano tutti gli aspetti negatividell’immigrazione. San Salva-rio era diventato la città che sidoveva temere, la città com-promessa, da evitare altrove. Le cose sono andate diversa-mente, e non possiamo cher a l l e g r a rcene. Per quanto miriguarda, come sociologo che

Pochi mesi fa abbiamo discus-so, qui a Torino, una bella tesidi dottorato in sociologia cheavevo seguito come relatore.Non era un lavoro sul quartie-re di San Salvario, ma su quel-lo di Porta Palazzo, con le suedue metà, separate da corso Re-gina Margherita: il Quadrilate-ro da un lato, Borgo Dora dal-l’altro. Del primo, una voltaquartiere difficile, si parla datempo come di un caso parti-colare di g e n t r i f i c a t i o n t u t t osommato di successo, una me-ta cercata da molti giovani, ingenere soddisfatti della loroscelta, nonostante rimanganoproblemi; l’altra metà, Borg oDora, è ancora in cerca dellasua strada, anche se diverse co-se si muovono, mentre si aff a c-ciano primi esploratori delleopportunità di vita in un am-biente plurietnico. Ne parloperché nelle numerose intervi-ste ai vecchi e ai nuovi residentiè emersa un’evidenza interes-sante: il quart i e re oggi perc e-pito come la meta più ambitap e r i giovani è San Salvario.Ci ricordiamo dell’immaginedi San Salvario, come era sta-ta costruita e additata all’o-pinione pubblica nazionale,solo pochi anni fa? Molti inItalia avevano sentito per la pri-ma volta quel nome e lo aveva-

TRASFORMAZIONI SOCIALI NEI QUARTIERI

San Salvario è addirittura glamourSecondo Arnaldo Bagnasco il quartiere è un laboratorio: istitutizioni, associazioni, scuole e chiese ne hanno mutato l’immagine negativa

La Casa del Quartiere negli ex Bagni Municipali a San Salvario

Il mercato di piazza Foroni, cuore del quartiere Barriera di Milano, oggetto del programma «Urban Barriera»

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Torino: dieci anni di trasformazioni16

L’innovazione veradeve ancora arrivareSecondo Rocco Curto, il Prg del 1995 ha determinato una nuovavisione dello sviluppo urbano, ma i modelli abitativi e costru t t i v irestano tradizionali

Generalmente identifichiamo il mercato immobiliare conle dinamiche dei prezzi e, soprattutto nel corso dellecrisi, con quelle degli scambi. Il mercato pre s e n t a

invece legami con il sovrasistema finanziario, da cui si èmossa la crisi a livello internazionale, ed è la traduzione dimodelli economici e sociali, di comportamenti, di re l a z i o n itra soggetti materializzati in tipologie edilizie, in arc h i t e t t u re ,in spazi pubblici ed edificati. Questo insieme di modelliindividuali, imprenditoriali e politici è perfettamente leggibiledalla Torino barocca a oggi, in un’economia entrata conmodalità patrimoniali, reddituali e mercantili differenti nellac o s t ruzione della città. Dopo gli anni della cre s c i t aquantitativa e il blocco dell’edificazione, l’approvazione delP rg del 1995 ha segnato l’affermarsi di quella nuova visioneche porterà Torino a essere una città contemporanea. ll Prg e i suoi eff e t t i . La nuova visione sottesa dal Prg vaintegrata con le politiche culturali legate all’art econtemporanea, dal Museo d’arte contemporanea nelCastello di Rivoli ma non solo; si gioverà delle Olimpiadiinvernali come della realizzazione della metropolitana e delpassante ferroviario. Occorre ricord a re che il Prg, appro v a t oin piena crisi, era sovradimensionato rispetto all’offerta diabitazioni prevista anche solo dalle quattro Spine. Gli effettisono stati molteplici. Innanzitutto l’offerta quantitativamenterilevante delle aree industriali delle quattro Spine re s efabbricabili (in una congiuntura negativa) ha portato am a n t e n e re, almeno inizialmente, piuttosto bassi i prezzi deit e rreni. Questi ultimi hanno consentito di contenere i pre z z idel nuovo, con un effetto calmierante dei valori immobiliaridell’intera città rispetto alle altre città italiane. In secondoluogo, ha portato alla formazione di un vero e pro p r i osegmento di mercato (quello del nuovo), modificando leg e r a rchie territoriali esistenti e di valori. Effetti importanti sisono avuti anche sulla mobilità territoriale degli acquire n t i .La maggior parte degli acquirenti di Spina 2 sare b b ea rrivata dai quartieri di Borgo San Paolo, Pozzo Strada e dacorso De Gasperi (microzone 32, 31 e 29). Chi ha compratoin Spina 1 proveniva, per lo più, dalle zone di Santa Rita-Mirafiori, corso De Gasperi (microzone 29 e 15). Circa il50% delle compravendite di acquirenti provenienti dallaregione si sarebbe concentrato proprio all’interno dellaSpina 2, mentre la maggior parte degli arr i v i«extracomunali» in Spina 1 (fonte: Osservatorio sul merc a t oi m m o b i l i a re della Città di Torino, www.oict.polito.it). Se ilP rg ha determinato la formazione di un nuovo e import a n t esegmento del mercato immobiliare, se ha diversificatol ’ o f f e rta di abitazioni ampliando le scelte di acquisto, non èriuscito tuttavia ad avviare processi innovativi: abitazionirealizzate secondo modelli abitativi e costruttivi fort e m e n t ec o n s e rvativi, caratterizzate da una scarsa qualitàa rchitettonica, è quanto emerge dai singoli interventi. La necessità di una visione basata su innovazione es p e r i m e n t a z i o n e. Mobilità ed effetto calmierante nel merc a t onon sono oggi più sufficienti, bisogna porsi nuovi obiettivi;una nuova visione è imposta non solo dalla crisi ma anche es e m p re più dalla necessità di porre al centro dello sviluppourbano la qualità del vivere e dell’abitare oltre a quellad e l l ’ a rchitettura, che dipende sia dalla qualità del pro g e t t o( a rchitettonico e urbano) sia dalla qualità della costru z i o n e .La Variante 200 o la realizzazione della «Città della salute»,che rimanda ad altre varianti, sono una sfida e un’occasionedi sperimentazione e innovazione, di modelli e nuoveconcezioni, prima ancora che di tecnologie, della capacità dir i s p o n d e re alle nuove domande, sociali e generazionali, dic o n c e p i re la norma in rapporto alla qualità e non fine a sestessa, di ricostituire una visione di sistema globale sullacittà, intorno a un vero e proprio patto. Etica, qualità esviluppo devono accomunare la pubblica amministrazione, leuniversità, gli ordini professionali, le imprese di costruzione enon da ultimo le industrie, se è vero che si è in presenza di unp rocesso d’innovazione tecnologica che proviene da moltisettori e che investe i modi di pro g e t t a re, costru i re ,c o m u n i c a re e amministrare il terr i t o r i o. � Rocco Curto p reside della 2° Facoltà di Architettura del Politecnico di To r i n o

Il mercato immobiliare

Abbiamo rivolto tre domande a Paolo Gallesio, amministratore dele-gato di DE-GA Spa.Tra le critiche ricorrenti nel dibattito architettonico torinese vi èquella relativa all’impiego di modelli abitativi e costruttivi tradi-zionali. Qual è il vostro giudizio al riguardo?La situazione si sta evolvendo, anche a causa delle nuove normative inmateria di energia e acustica. Paradossalmente, però, proprio le nuo -

ve norme tecniche inducono a progettare modelli molto semplici dove la qualità ar -chitettonica, condizionata dagli obblighi normativi, viene sacrificata volentieri ancheper ridurre i costi di costruzione. Inoltre la sperimentazione è vista come un rischio ri -spetto alle richieste di un mercato immobiliare ancora non preparato alle innovazio -ni. A contraddire quanto appena dichiarato, possiamo però riscontrare esempi recen -ti di progetti di alta qualità architettonica e innovativi nel panorama locale che hannoricevuto dal mercato immobiliare ottimi riconoscimenti, sia a livello di rapidità di ven -dita che a livello di prezzi, superiori a quelli normalmente proposti nella zona d’inter -vento. Questo fa supporre che esiste una fascia di utenza, normalmente di estrazioneculturale più elevata e con buone capacità economiche, che risponde alle sollecitazio -ni di tali proposte, seppure di maggiore impegno finanziario.Dal vostro punto di vista, come si può innovare e quali sono gli ambiti priorita-ri in cui intervenire per g e n e r a re qualità urbana?L’innovazione si fa se si è disponibili a correre qualche rischio, ossia proponendo a unmercato sostanzialmente tradizionale modelli non usuali, persino sperimentali. Sicu -ramente l’attenzione alla qualità ambientale è premiante, più ancora rispetto al temadell’efficienza dei costi di gestione, che non è ancora stato recepito del tutto anche perla confusione derivante dalle direttive nazionali in materia di consumi energetici. L’in -novazione si fa costruendo un piccolo edificio in un contesto urbanizzato oppure in -tervenendo con programmi di recupero in aree dismesse o con nuove edificazioni nel -le aree di sviluppo della città. La scala dell’intervento non è importante quanto il con -testo in cui si opera; innovazione può anche significare una particolare destinazioned’uso in un’area con vocazione apparentemente incoerente. Il problema è quello del -la qualità del progetto e della costruzione rispetto ai costi; l’obiettivo è proporre un’ar -chitettura di buon livello a costi contenuti, binomio che oggi non sembra facilmenteconiugabile. L’housing sociale deve diventare il punto di convergenza di queste due di -rettrici.Qual è la situazione attuale delle imprese torinesi di fronte alla crisi?I dati ufficiali sulla situazione del settore edile non sono buoni, anche per la radicalediminuzione delle risorse pubbliche stanziate. Ma la contrazione del mercato costitui -sce anche un’opportunità per quelle imprese che sapranno strutturarsi sulla base dinuove regole. Probabilmente siamo alla conclusione di un ciclo generazionale; chi vuo -le essere competitivo è costretto a innovare la propria cultura d’impresa, sia con la ri -cerca sul prodotto, sia potendo contare su nuove opportunità di partecipazione pub -blico/privato e su nuovi strumenti finanziari che sappiano rispondere alle richieste diun’utenza che sta anch’essa, seppur lentamente, cambiando.

Pur tra luci e ombre, l ’ i n n e g a bco, ambientale e d’immagineultimi dieci anni nasce anchprevedibile fino a poco tempo do della sua crescita esclusivamtanta) che ha unito parti socialiturali ed enti locali nello sforzNei primi anni duemila questo

la nascita di «Torino internazionale», la strutanti soggetti eterogenei per d a re vita al Pianla partecipazione attiva di quanti credono nellato della città, riscoprendo insieme nella sua stole ragioni per impegnarsi e avere fiducia. Non siamo ancora a una pratica part e c i p a t itosto elitaria e dirigistica, ma è un buon iniziedizione del Piano strategico (essendo nel frattche che avevano suggerito le previsioni iniziavincimento di una sua attuazione rapida e fattit a r i o che aveva spinto molti a mettere da parteticolaristici radicati e che ancora oggi li inducil futuro di Torino. Un piccolo esempio può essere quello dell’Omai creduto, a partite dai suoi stessi iscritti (uma poco influente e per di più in forte caduta ddopoguerra con fini essenzialmente di autoregprio a partire dalla necessità di un rilancio di semettersi a disposizione per contribuire, come igenerale rilancio della città, pur con le sue limL’Ordine ha affidato il riposizionamento delpacità di farlo nuovamente perc e p i re come di buono l’architettura può fare per migliorareultimi dieci anni ha ideato e animato iniziativt i: una Fondazione; i premi di architettura; i ritura; l’assistenza agli enti locali per promuovstante al dibattito pubblico sulle trasformaziondel Congresso mondiale di architettura sotto lArchitectes. Come per tanti altri soggetti, la voglia di prenventata una componente intrinseca dei suoi finde rinunciare.

� Riccardo Bedrone presidente dell’Ordine degli architetti di Torino

L’aspetto forse più curioso diquesta storia è che mentre ildibattito torinese ha spessoosservato con passione ilp rocesso di re a l i z z a z i o n edelle Spine, la Spina al sin-golare è stata invece discus-sa molto poco, come se quel-lo che era stato inizialmenteproposto come il cuore delprogetto fosse diventato qual-cosa di superfluo o di sconta-to. Un sintomo, forse, di unapersistente difficoltà ad assu-mere lo spazio pubblico co-me il vero cuore di un possi-bile cambiamento. In anni in cui altre città hannofatto del ridisegno d’infrastrut-ture lineari il punto di conden-sazione di strategie urbane in-novative (i boulevard des Ma-réchaux a Parigi, la High Linea New York) Torino è sem-brata accontentarsi, sullaSpina, di un rassicurante tra-dizionalismo basato su unarilettura della morfologia delviale ottocentesco e ancoramolto legato, per c e rti versi,alla cultura dell’automobilee del trasporto privato.Eppure la logica di progetta-

zione basata sul disegno di unasse infrastrutturale o paesag-gistico e sull’associazione aquesto di occasioni di svilup-po immobiliare è stata ripro-posta più volte negli ultimi an-ni, in modi e a scale diverse: inparticolare nei progetti percorso Marche e nella Variante200 per l’area nord della città.Il modello della Spina ha unasua permanenza, a Torino, equesto chiama forse in causa lalunga durata, nella cultura diamministratori e operatori, diun modo di pensare il ruolo delprogetto e il suo rapporto conla storia della città che proprioil Prg aveva contribuito a por-tare in primo piano. O forse sipuò ipotizzare che la fortunadell’immagine sia legata an-che, se non soprattutto, ad al-tre ragioni: perché si è dimo-strata uno strumento di qual-che efficacia nel mobilitare gliimmaginari legati al mercatoimmobiliare e non è stata pri-va di utilità nell’orientare i di-battiti e permettere di costrui-re un consenso intorno alle tra-sformazioni. � Filippo De Pieri

del contesto, talvolta con esitideludenti, talvolta con qualchesfumatura e complessità in più.Del resto, la trasformazione ur-bana ha tempi lunghi e non è fa-cile oggi dire quale potrà esse-re l’esito delle operazioni piùambiziose, per esempio Spina2, con la sua scommessa di ri-convertire a una vocazione pre-valentemente culturale e di ri-cerca una parte di città segnatada grandi aree produttive e aservizi. Le Spine, comunque, sono lì:sono state costruite in tutto o inparte, hanno ridefinito i propriconfini, negoziato rapporti conabitanti e luoghi, acquistato unacentralità per molti versi auto-noma rispetto al disegno ini-ziale. Questo negli stessi anniin cui la forte competizionetra luoghi dell’area metro p o-l i t a n a per attrarre risorse mate-riali e simboliche (si pensi soloa Lingotto, Mirafiori, Ve n a r i a )ha contribuito a re n d e re me-no persuasiva l’idea che lagrande trasformazione dellaTorino post-industriale po-tesse tro v a re un qualche tipodi baricentro.

Si perc o r re la Spina centralecon lo stesso vago senso d’ir-realtà con cui, nella vita ditutti i giorni, ci si può tro v a-re a perc o r re re il Corridoio 5.Così come, quando viaggiate inalta velocità da Torino a Mila-no, non necessariamente avetela percezione di trovarvi sulgrande asse di trasporto euro-peo che dovrebbe unire Lisbo-na e Kiev, così i circa 2 km del-la Spina finora realizzati nonfanno necessariamente venirein mente il grande boulevardurbano progettato a fine anniottanta. La Spina centrale è datempo nell’immaginario diTorino, ma solo in parte la sipuò tro v a re sul terre n o .Quando lo studio di Vi t t o r i oGregotti e Augusto Cagnardidisegnò il Prg approvato nel1995, la Spina centrale rappre-sentava il principale elementoo rganizzatore del progetto euna risposta forte alla deindu-strializzazione in corso. Quelpiano prendeva atto di due ele-menti: l’avvio del cantiere delpassante ferroviario, con laconseguente copertura dei bi-nari, e il fatto che alcune delleprincipali aree dismesse si tro-vassero, per ragioni storiche,proprio lungo l’asse della fer-rovia. Nasceva di qui l’ipotesidi proporre un boulevard ur-bano come elemento di colle-gamento tra le aree strategi-che di trasformazione. Que-st’operazione di disegno agrande scala era un modo pertenere insieme una città chesembrava perdere coesione eanche un modo per costruireimmagini di centralità intornoa luoghi da sempre consideratip e r i f e r i c i .Quanto di quella visione si èoggi re a l i z z a t o ? I progetti del-le quattro aree delle Spine si so-no col tempo adattati al mutare

IL SEGNO FORTE DEL PRG DEL 1995

La Spina che non c’èSecondo Filippo De Pieri si è tanto parlato delle Spine, ma molto meno dell’asse infrastrutturale che le connette

Il viale della Spina all’altezza di Spina 2, scavalcato dagli edifici del Politecnico

D E M O L I Z I O N I Il nuovo fa sempre discutereProseguono le demolizioni relative al-le Officine grandi motori (8 ettari tracorso Vigevano, via Carmagnola e viaLuigi Damiano, nella foto) edificate apartire dal progetto di Pietro Fenoglioper la Ansaldo, poi passata a Fiat chenel 1911 affida i lavori a Giacomo Mat-tè Trucco. Dopo anni di abbandono, dal2005 il Comitato Ogm si è fatto pro-motore di un vivace dibattito, senza tuttavia riuscire a incidere suidestini dell’area. Un mix di funzioni integrato al quartiere è il focusdel progetto di Nonis Maggiore (masterplan), Studio Rosental, S t u-dio Mellano Associati, e Massimo e Gabriella Carmassi. Anche un al-tro edificio della Fiat, l’ex scuola allievi Isvor in corso Dante, è al cen-tro di un dibattito tra cittadini, amministrazione e progettisti intornoal progetto di trasformazione dell’area in un isolato a destinazioneprevalentemente residenziale (Studio Rolla).

Il mercato immobiliare e la trasformazione urbana: la parola ai costruttori e ag

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IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 95, GIUGNO 2011 I n c h i e s t a 17

bile cambiamento sociale, economi- che Torino ha fatto re g i s t r a re neglie da una comunanza d’intenti, im-prima e certamente assente nel perio-

mente quantitativa (anni sessanta e set-, associazioni, imprese, mediatori cul-o di rilanciare la città. tentativo si avvia concretamente conttura associativa cui hanno aderitoo strategico. Il piano vede la luce con

a possibilità di un rilancio diversifica-oria politica, economica e urbanistica

va diffusa e popolare, essendo piut-i o. Tanto che, giunti poi alla secondatempo mutate le condizioni economi-ali) ed esauritosi poco a poco il con-va, non si è attenuato lo spirito uni-e ruoli, interessi, comportamenti par-e a pensare a un comune disegno per

Ordine degli arc h i t e t t i . Chi avrebbena comunità professionale numerosa’immagine) che una struttura nata nelolamentazione potesse decidere, pro-e stessa presso l’opinione pubblica, dinusitato «operatore culturale», al piùitatissime risorse? la figura dell’architetto alla sua ca-socialmente utile, mostrando quantoe un ambiente di vita. Così, in questive e manifestazioni prima inesisten-iconoscimenti ai cultori dell’architet-ere i concorsi; la partecipazione co-

ni urbane; l’organizzazione, nel 2008,l’egida dell’Union Internationale des

dere parte al rilancio della città è di-i istituzionali, cui l’Ordine non inten-

centri di ricerca, agli incubato-ri d’impresa e alle attività variedi servizio, anche una quotadi attività commerciali chep o t rebbe attirare la granded i s t r i b u z i o n e .Il tema riguarda anche il de-stino di un altro simbolo dellastoria del Novecento, non solotorinese: il Palazzo del Lavo-ro costruito per le celebrazionidi Italia ’61 che, dopo la ces-sione dal demanio alla societàPentagramma Piemonte (com-posta da Fintecna e dall’opera-tore immobiliare locale Gefim)nel 2008, ha visto proprio allavigilia dei festeggiamenti per il150° dell’Unità la presentazio-ne del progetto di t r a s f o r m a-zione in grande shopping mallda parte del developer olande-se Corio, specialista del setto-

re, che il 23 dicembre scorso hafirmato un accordo per la ge-stione a fine lavori. Il progettoesecutivo (in attesa di approva-zione da parte della Giunta co-munale) è stato redatto in ac-cordo con la Soprintendenza, laquale tuttavia ora sta avviandola procedura di apposizione divincolo, avendo l’edificio com-piuto i 50 anni. Tuttavia, sull’i-niziativa pende un ricorso al Ta rcontro la variazione di destina-zione d’uso stabilita dal Comu-ne nel settembre 2009, intenta-to dagli operatori commercialidella vicina «8 Gallery» delLingotto, preoccupati per laconcentrazione di attività simi-li nella zona.

La memoria industrialeNon senza difficoltà To r i n osta gestendone le eredità ma-t e r i a l i . D’altronde, i grandinumeri implicano doloro s ema necessarie operazioni diconservazione selettiva ( n o ns e m p re attuate o felici nel ca-so di certe aree lungo la Spi-na centrale), che giocoforzadanno migliori esiti alla pic-cola scala (spazio commercia-le Eataly nell’ex Carpano e Ci-neporto della Film Commis-sion Torino Piemonte nell’exlanificio Colongo per non fareche due esempi). Per Mirafioril’auspicio è che si possano por-tare avanti programmi in gradodi vivificare la vocazione del-l’area come fucina di saperi:cosicchè, un domani, il prefis-so all’appellativo del compartosia non «ex», bensì «già Fiat». � Luca Gibello

l’Ati composta da Zoppoli &Pulcher Spa (mandataria), Se-pam srl e Speirani Spa.

Il progettoIl preliminare e definitivo è del-lo studio Isolarc h i t e t t i ( s t r u t-ture di Icis e Simete, impiantidi Mcm), d i rettamente incari-c a t o. Il progetto delinea il rap-porto tra preesistenza e opere e xn o v o grazie a un r i g o roso im-pianto che vale come l a y o u tp e r il re c u p e ro dell’interoc o m p a rt o. I vecchi capannonivengono svuotati conservan-done la struttura portante me-tallica a telaio e parte delle co-perture. Al di sotto, vengono«ospitati» t re volumi scatola-ri indipendenti su due livelli,identici nelle dimensioni (e neisistemi tecnologici di facciatacostituita da una doppia pellevetrata a tutt’altezza) ma diver-si nei rivestimenti (rispettiva-mente in lastre di acciaio luci-do, satinato e opaco, in doghedi legno di Iroko naturale e inlastre di gres fine porcellanatodi grande formato). La distri-buzione è assicurata da d u ep a s s e re l l e in tubolari di acciaioe tettoie in policarbonato checollegano i vari volumi che do-vrebbero susseguirsi sotto legrandi coperture (il progetto neprevedeva altri tre, per ora ri-masti sulla carta), scavalcandocampate lasciate scoperte etrattate a giardino e spazio dire l a z i o n e. Nei nuovi volumi sialternano 23 tra aule, labora-tori e sale studio per un tota-le di 1.300 posti, ma senza uf-fici dipartimentali.

Funzioni e scenariSe l’intervento attira giudizid i s c o r d i per il decorativismodelle superfici e per la discrasiatra l’«eccesso di disegno» neidettagli, in particolare le passe-relle, e la «potenza evocativa»dell’insieme, l’incognita è inrealtà quella degli usi futuriin base alle funzioni da inse-d i a re nel compart o. Ci si tro-va all’estremo margine ovestdel recinto industriale, assai de-centrato e pressochè privo diservizi pubblici (dai trasporti aquelli di base). Per ora, l ’ i n i z i odella «ricolonizzazione» at-terra in una no man’s land eo c c o r rerà capire, tra Comu-ne e Politecnico, chi farà ilprimo passo per mantener fe-de ai patti, sebbene a settem-b re sia previsto il trasferi-mento degli studenti del cor-so di laurea in Disegno indu-s t r i a l e dalla sede dell’ex A l e-nia in corso Marche. Inoltre,l ’ A c c o r d o del marzo scorsop revede, accanto alla ricon-versione virt u o s a legata ai

La committenzaPare quasi un’ironia che, men-tre la Fiat sta pensando di tra-sferire i vertici aziendali negliStati Uniti, veda la luce pro-prio a Mirafiori il primo tas-sello della futura «Cittadellapolitecnica della mobilità». Amarzo si sono infatti conclusii lavori per il Centro del designe, contestualmente, è stato si-glato un Accordo di pro-gramma che prevede di con-vertire il resto della «ZonaA» (140.000 mq) in una sor-ta di campus che unisca di-dattica, ricerca e produzio-ne. Il documento fa seguito aun precedente Accordo di pro-gramma firmato nel 2007 daimedesimi soggetti: Regione,Provincia, Comune, Politecni-co e da Torino nuova econo-mia (Tne). Quest’ultima, unaSpa mista a prevalente capita-le pubblico (partecipata, permezzo di loro contro l l a t e ,per il 40% da Regione e Co-mune e, direttamente, per il10% da Provincia e Fiat), dal2005 ha acquisito da Fiat laproprietà del comparto di-smesso (circa 300.000 mq, di-visi in tre ambiti) della storicafabbrica che occupa una su-perficie di circa 3 milioni dimetri quadri. L’intervento appena conclu-so riguarda un lotto di circa23.000 mq tra i corsi Orbassa-no e Settembrini. Attuato invariante al Prg, è costato circa18 milioni, di cui 4 di prove-nienza comunitaria e il resto fi-nanziati con un mutuo da BnlParibas. Nel gennaio 2008 i la-vori sono stati appaltati da Tnecon gara europea (sulla base diun esecutivo redatto dal Servi-zio edilizia del Politecnico diTorino), aggiudicandoli nel-l’agosto con l’offerta econo-micamente più vantaggiosa al-

LA TRASFORMAZIONE DI UN SIMBOLO INDUSTRIALE

Il rilancio di Mirafiori passa ancora dall’auto?È pronto il Centro del design, primo tassello di una «Cittadella politecnicadella mobilità» che dovrebbe vedere la luce nelle aree dismesse dalla Fiat

Progetto di Isolarchitetti. Le grandi coperture preesistenti del

comparto ex Dai ospitano i tre volumi delle aule e i giardini

PA R C H I La Dora nel parco a cielo apertoConsegnati il 4 maggio tre dei seilotti che compongono il Parco Do-r a, 456.000 mq di aree ex indu-striali a Spina 3 un tempo occu-pate dagli stabilimenti Michelin edalle Ferriere Fiat. I lotti in que-stione sono l’area ex I n g e s t, tra-sformata in area verde con giar-dini acquatici e aree gioco, l’am-bito Vi t a l i, ora parco archeologico industriale, e il Valdocco Sud, sol-cato da un nastro d’acqua lungo 600 m e da un sistema di passeg-giate, aiuole, fontane, alberi e muretti in pietra. Restano da comple-tare i lotti M i c h e l i n e Mortara (fine lavori prevista per o t t o b r e) e Va l-docco Nord (dicembre 2012). Il progetto, del gruppo vincitore di con-corso (2004) formato da L a t z + P a r t n e r, Sts Spa, Studio Pession, Stu-dio Cappato, Pfarré Light Design, Dario Grua e Ugo Marano, rientranell’ambito del Programma di riqualificazione urbana (Priu) lanciatonel 1998 per la trasformazione dell’intero comparto ex industriale.E nel 2 0 1 2 finalmente, la Dora, che attraversa il parco, scorrerà in-teramente a cielo aperto. Parte del fiume è infatti ancora ricopertadal solettone in cemento funzionale alle esigenze delle fabbriche chesorgevano sui terreni adiacenti al corso d’acqua. Dopo un lungo con-tenzioso, la Regione Piemonte ha vinto il ricorso contro Fintecna, so-cietà controllata dal ministero dell’Economia, che dovrà farsi caricodello stombatura della Dora.

G R AT TA C I E L I In alto, ma non troppoSuperati gli ultimi ostacoli di na-tura giuridica (in marzo il Tar nonha accolto il ricorso sulla regola-rità dell’assegnazione dell’appal-to richiesto dal Consorzio 2t,sconfitto dalla gara per la costru-zione del grattacielo, vinta da Co-opsette), ora il cantiere per rea-lizzare il grattacielo della nuovasede della Regione Piemonte p u òpartire. Durerà tre anni, se tutto va bene. Il progetto redatto da M a s-similiano Fuksas insieme ad Ai Engineering, Ai Studio, Manens In-tertecnica e Geodata sull’area ex Fiat Av i o, di fianco al Lingotto, pre-vede anche il masterplan per tutto il comparto in questione (oltre300.000 mq), destinandolo a residenza, terziario e commercio. Lastoria del grattacielo della Regione inizia nel 2000, con il concorsolanciato dalla giunta Ghigo per riunire in un unico edificio sull’areaex Materferro, in Spina 1, tutte le sedi sparse dell’ente. Due anni do-po, con il cambio di giunta, si decide il trasferimento del progetto suiterreni ex Fiat Avio in via Nizza, che la giunta precedente aveva ac-quisito da Luigi Zunino per realizzarvi la «Città della salute». Il pro-getto, sempre affidato a Fuksas, prevede una torre vetrata di 220 mdotata di querce e cipressi sulla sommità. Il bando per la sua co-struzione è del 2009, anno in cui Regione, Comune e Rfi firmano do-po lunghe trattative l’Accordo di programma. La Regione annunciache per realizzare l’opera ricorrerà alla formula del leasing in co-struendo, a fronte di un valore per la gara d’appalto stimato intornoai 262 milioni Iva esclusa. Iter ancora più sofferto è quello che ha attraversato il progetto perla nuova sede direzionale Intesa Sanpaolo in Spina 2, i cui lavori so-no iniziati nel 2008 dopo almeno due anni di dibattito infuocato cheha coinvolto larghi strati della cittadinanza, diventando protagonistadelle cronache locali e di lunghe sedute in Consiglio comunale. Il pro-getto di Renzo Piano Building Wo r k s h o p, nel 2006 vincitore di con-corso a inviti, prevede una torre trasparente alta 180 m, dedicataagli uffici del gruppo bancario e aperta al pubblico nella sala confe-renze e concerti, accessibili dal piano terra, e nella serra, vetrata ebioclimatica, sulla sommità. L’altezza viene successivamente ridottaa 166,66 m per non superare quella della Mole antonelliana e nonvariare troppo lo skyline torinese, strenuamente difeso dal comitato«Non grattiamo il cielo di Torino» formatosi nel 2007, che punta ildito contro gli amministratori, accusandoli di volere recuperare in-troiti dalla vendita dei diritti edificatori delle aree e delle proprietàpubbliche permettendo così la costruzione di grattacieli. Oltrepassa-te (forse) le mille polemiche e gettate le fondazioni nel 2010, il grat-tacielo dovrebbe essere pronto nella primavera del 2013. � G . F.

S TA Z I O N I Porta Susa nuova a faticaPrevista entro l’anno l’ultimazio-ne del nuovo fabbricato viaggia-tori della stazione che diventerànodo d’interconnessione tra pas-sante ferroviario e rete metropo-l i t a n a, dopo svariati ritardi di can-tiere (è del 4 febbraio l’ultimo av-vicendamento di una nuova ditta,la Cesi, dopo il fallimento della Pi-vato nell’autunno 2010, già sub-entrata alla Cogel, che nei primi tre anni aveva completato solo il 5%delle opere) e lo slittamento dell’inaugurazione di una prima tranchedi lavori prevista per i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Uni-tà a marzo. Il progetto, esito di un concorso internazionale banditonel 2002 dalle Ferrovie e vinto da Arep con Silvio D’Ascia e AgostinoM a g n a g h i, comprende un edificio servizi e una torre destinata a ri-cettività e uffici, gemella del grattacielo Intesa Sanpaolo, compresatra i corsi Inghilterra e Bolzano. Parte del più ampio progetto del Pas-sante ferroviario, la seconda torre di Spina 2 è finora rimasta sullacarta. Il nuovo fabbricato viaggiatori, sviluppato in profondità su trelivelli, fino alla quota dei binari, ospiterà spazi destinati ai servizi peri viaggiatori e attrezzature di pubblica utilità, intrattenimenti cultu-rali, ristori e shopping oltre a parcheggi. La parte affacciata sulla Spi-na centrale è occupata da una rampa che collega i tre livelli e con-fluisce in una piazza, al cui centro si trovano le uscite della metro-politana. La distribuzione interna è coperta da una galleria che emer-ge sul viale della Spina con un volume vetrato che si estende dall’e-dificio preesistente di piazza XVIII Dicembre a corso Matteotti per cir-ca 400 m, segnato da passaggi pedonali trasversali: 110 centine inacciaio sorreggono lastre di vetro, posate a scaglie, a intervalli di1,80 m, parzialmente schermate da cellule fotovoltaiche e da altreserigrafate. Con l’apertura entrerà in funzione anche la stazione «Por-ta Susa» della linea 1 della metro.

Un campus dove c’era l’Italgas...

La trasformazione delle aree ex Italgas, ai margini del centrostorico tra corso Regina Margherita e il fiume Dora, inizia nel2004, quando l’Università degli Studi di Torino bandisce unconcorso internazionale per la realizzazione delle sedi dellefacoltà di Giurisprudenza e di Scienze politiche. L’ i n i-ziativa è parte di un più ampio programma di riorg a n i z z a z i o-ne delle proprie sedi avviato dall’Ateneo a fine anni novanta,quando acquisisce le aree dismesse (con i due gasometri a me-moria del passato industriale) e ne immagina la trasformazio-ne in campus. Di qui la realizzazione delle residenze univer-sitarie, inaugurate nel 2006 come villaggio per i giornalisti du-rante i Giochi olimpici invernali. Il progetto del campus è delgruppo guidato da F o s t e r & Part n e r s (con Benedetto Came-rana, Tecnimont [ex Fiatengineering, mandataria], MellanoAssociati, Giugiaro Architettura e Icis): una serie di volumitrasparenti e curvilinei attorno a una grande piazza circolare,connessi da un’unica copertura ondulata, luminosa e sospesa.Al loro interno trovano spazio le due facoltà con i relativi di-partimenti e i laboratori linguistici, i servizi per gli studenti ela grande biblioteca interdipartimentale, affacciata sul fiume.

Gli edifici sono scanditida passaggi aperti checollegano le aree pubbli-che al giardino interno.La consegna del proget-to esecutivo avviene nel2006, tre anni dopo siapre il cantiere. I lavoridovrebbero terminarenel 2012 per un costo dicirca 70 milioni.

... e nei paraggi forse arriva quella di BelliniDoveva sorgere sui terreni dell’ex Westinghouse in Spina 2, difronte alle Officine grandi riparazioni: ora la nuova Bibliote-ca civica (30.000 mq, circa un milione di volumi a disposi-zione di 5.000 frequentatori giornalieri attesi) progetto di M a-rio Bellini A rc h i t e c t svincitore di concorso nel 2 0 0 1, dovrebbe«atterrare» in Lungo Dora Firenze, di fronte al campus nell’exItalgas, rafforzandone il carattere di quartiere universitario. Èl’ultimo colpo di scena dopo le molte polemiche di fronte a unprogetto da 240 milioni (di cui 12 già pagati al progettista) ri-masto finora sulla carta. Motivo del cambiamento di scena-rio: la Fondazione Crt, promotrice del progetto di riconver-sione delle Ogr, avrebbe chiesto in concessione alla Città learee dapprima destinate alla biblioteca, per metterle a sistemacon il nuovo polo culturale previsto nelle ex Officine e ilc e n t ro congre s s i da realizzare nell’ex We s t i n g h o u s e .

Biblioteche, dove le mettiamo?

agli architetti

095 p. 12-17 inchiesta 11-05-2011 14:34 Pagina 17