I rinvii al diritto comunitario ed internazionale nelle recenti codificazioni di settore

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Anno XLIV - N. 4 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 OTTOBRE_DICEMBRE 2008 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB PADOVA - Pubbl. trim. estratto

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Anno XLIV - N. 4 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003

OTTOBRE_DICEMBRE 2008 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB PADOVA - Pubbl. trim.

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2008Prezzo A 35,00

estratto

I RINVII AL DIRITTO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALENELLE RECENTI CODIFICAZIONI DI SETTORE

di DANIELE AMOROSO

dottorando di ricerca nell’universita ‘‘federico ii’’ di napoli

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Rinvio alle norme internazionali e rinvio alle norme co-munitarie: il rango delle disposizioni codicistiche. – 3. Rinvii propri e rinvii narrativi.– 4. Segue: tipologia dei rinvii narrativi presenti nei codici di settore. Cenni sulla re-cente riforma del codice dei beni culturali. – 5. Segue: il narrativismo nella formula-zione delle norme: l’art. 273 comma 14 del codice dell’ambiente. – 6. Le norme esten-sive dell’ambito di applicazione delle convenzioni richiamate in particolare l’art. 95del codice del consumo. – 7. Le norme codicistiche di adattamento al diritto inter-nazionale e comunitario non self-executing. – 8. L’art. 94 del codice dei beni culturalie l’allegato della convenzione UNESCO. – 9. Segue: il ruolo dell’art. 94 in seguitoall’istituzione delle zone di protezione ecologica ad opera della legge n. 61/2006. –10. Conclusioni.

1. La legge del 29 luglio 2003 n. 229 (legge di semplificazione per il2001 recante «Interventi in materia di qualita della regolazione, riassettonormativo e codificazione») ha introdotto un nuovo strumento di razio-nalizzazione della legislazione vigente: decreti legislativi, denominati «co-dici», deputati al «riassetto» delle disposizioni in vigore in determinatisettori.

Sulla base della delega contenuta negli artt. 4, 7 e 10 della legge inquestione sono stati emanati rispettivamente il codice delle assicurazioni,il codice del consumo, il codice delle amministrazioni digitali. Di fatto,pero, la riorganizzazione della normativa vigente mediante codificazioniera gia stata messa in moto dalla legge n. 137/2002, contente la delegaper l’emanazione del codice dei beni culturali, e dalla legge n. 273/2002che ha portato al varo del codice della proprieta industriale. Nell’aprile del2006, infine, praticamente sul filo di lana, e stato portato a termine il codicedell’ambiente (d.lgs n. 152/2006),1 ultimo prodotto della stagione codifi-catoria della XIV legislatura.2

Si registra, dunque, un rinnovamento degli strumenti di semplificazionelegislativa: dal testo unico (misto) al codice di settore. Il tema e statoaffrontato in modo ampio e puntuale dalla dottrina e dalla giurisprudenzacostituzionale e amministrativa che ne hanno definito caratteristiche essen-

1 Sulla base della delega ex art. 1 della legge n. 308/2004.2 Per completezza d’esposizione, va detto che alla XIV legislatura si devono anche il co-

dice della navigazione da diporto (d.lgs. n. 171/2005), il codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006) e il codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003).

ziali e profili innovativi.3 Anche il diritto internazionale ed il diritto comu-nitario, tuttavia, sono interessati dal fenomeno delle recenti codificazioni.Non e raro, infatti, che le norme materiali di riassetto della disciplina disettore siano affiancate da disposizioni che rinviano, in vario modo, aldiritto comunitario ed internazionale.

In base alla funzione che sono chiamati a svolgere, possiamo indivi-duare tre diversi tipi di rinvio: i rinvii (o riferimenti) «narrativi», vale adire privi di efficacia normativa, la cui funzione e unicamente quella diindicare all’interprete le fonti (internazionali e comunitarie) che discipli-nano una determinata materia; i rinvii «propri», il cui effetto, invece, equello di estendere l’ambito di applicazione (ratione materiae o persona-rum) della norma internazionale richiamata; 4 e infine, le disposizioni che,integrando il contenuto di norme comunitarie ed internazionali non self-executing, contribuiscono concretamente alla loro attuazione nel nostroordinamento.

Discorso a parte, infine, va fatto in relazione a disposizioni, qualil’art. 94 del codice dei beni culturali, che, rinviando a (un allegato di)una convenzione non ratificata dall’Italia, pongono diverse questioni inmerito al significato della loro introduzione e alla loro compatibilita conle altre convenzioni che vincolano il nostro Paese sul piano internazio-nale.

2. Nel presente lavoro abbiamo scelto di trattare in modo tendenzial-mente unitario le disposizioni che rinviano alla normativa internazionale equelle che rinviano al diritto comunitario. A nostro avviso, la natura so-stanzialmente diversa dei problemi posti dall’adattamento del diritto in-terno all’uno piuttosto che all’altro ordinamento5 non giustificherebbeuna trattazione separata.

In entrambi i casi, infatti, ci troviamo di fronte a disposizioni cherinviano ad una norma (o a una fonte) esterna rispetto alla legge rinviante.Nell’uno come nell’altro caso, dunque, dovremo verificare se la normarichiamata era gia applicabile alla materia de qua oppure se il rinvio inquestione ne ha esteso (ed in che misura) l’ambito di applicazione. E age-vole constatare che, in relazione a tale verifica, non avra alcuna pertinenza

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3 Per la dottrina v. in particolare Sandulli (a cura di), Codificazione, semplificazione equalita delle regole. Atti del Convegno organizzato dall’Universita di Roma Tre il 17 e il 18marzo 2005, Milano, 2005. Per la giurisprudenza v. il parere espresso dall’adunanza plenariadel Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo recante il «codice dei diritti di pro-prieta industriale» (ad. gen., 25 ottobre 2004 n. 2, in www.giustizia-amministrativa.it).

4 Sono assenti, anche se astrattamente ipotizzabili, disposizioni che estendono l’efficaciadi norme comunitarie.

5 Non e certo questa la sede per approfondire il tema. Per una disamina analitica dellaquestione e per i riferimenti bibliografici si rinvia a Gaja, Introduzione al diritto comunitario,Bari, 2007, pp. 121 ss., 189 s.

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l’origine comunitaria o internazionale della norma (o della fonte) oggetto dirinvio.

L’eventualita di un contrasto tra le disposizioni codicistiche in esame ele norme di origine convenzionale c’impone, poi, una breve puntualizza-zione sulla posizione delle prime all’interno della gerarchia delle fonti. Lenorme di diritto internazionale pattizio, infatti, alla luce delle recente giuri-sprudenza costituzionale, 6 sembrerebbero assumere il ruolo di parametrodi legittimita costituzionale (in relazione all’art. 117 Cost.) in qualita di«norme interposte».7

Ne consegue che un ipotetico conflitto tra il diritto internazionale pat-tizio e le norme codicistiche andra affrontato in modo differente a secondache a queste ultime venga riconosciuta natura legislativa o regolamentare.Solo nel primo caso, secondo quanto previsto dall’art. 134 Cost., 8 il giudicesara tenuto a sollevare la questione di legittimita costituzionale. Nel se-condo, invece, la questione verra sussunta nella piu generale problematica,di competenza della giurisdizione ordinaria (o amministrativa), concernentele relazioni gerarchiche tra l’ordine d’esecuzione del trattato (generalmenteuna legge ordinaria o, comunque, un atto avente forza di legge) e la normaregolamentare incompatibile.9

Il nodo e stato sciolto dal Consiglio di Stato che ha espressamentericonosciuto «forza di legge» ai codici di settore: essi, infatti, si caratteriz-

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6 Corte Cost., 24 ottobre 2007 n. 348 e n. 349, in Gazz. Uff., n. 42 del 31 ottobre 2007.7 Il condizionale e d’obbligo perche, com’e noto, nelle pronunce citate la Consulta adot-

ta come parametro di costituzionalita le disposizioni della convenzione Europea per la salva-guardia dei diritti dell’uomo e delle liberta fondamentali (CEDU) e non e del tutto chiaro sela natura di «norma interposta» venga riconosciuta in via generale alle norme di diritto inter-nazionale pattizio in vigore nel nostro ordinamento (con riferimento, dunque, anche a quellederivanti dai c.d. «accordi in forma semplificata»), alle sole disposizioni poste da convenzioniinternazionali stipulate in forma solenne oppure, ancora, se tale riconoscimento debba esserelimitato alle norme CEDU, in virtu della peculiarita degli obblighi internazionali determinatidalla sottoscrizione di una Carta dei Diritti. Per un approfondimento del tema e per una com-pleta ricostruzione del dibattito dottrinale che ha preceduto le sentenze n. 348 e n. 349 sirinvia a Conforti, La Corte costituzionale e gli obblighi internazionali dello Stato in temadi espropriazione, in Giur. it., 2008, p. 569 ss. Si vedano, inoltre, i rilievi critici mossi in re-lazione alle citate sentenze da Gaja, Il limite costituzionale del rispetto degli ‘‘obblighi inter-nazionali’’: un parametro definito solo parzialmente, in Riv. dir. int., 2008, p. 136 ss.; Canniz-

zaro, Sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo e ordinamento italiano in due recentidecisioni della Corte Costituzionale, ivi, p. 138 ss.

8 Art. 134 Cost.: «La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legitti-mita costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni»(corsivo aggiunto).

9 Nel caso in cui, invece, anche l’ordine d’esecuzione avesse natura regolamentare, lanorma regolamentare successiva, incompatibile con il diritto internazionale, sarebbe viziata(e quindi disapplicata) perche adottata in violazione (indiretta) di una norma gerarchicamentesovraordinata, ovvero l’art. 117 Cost.: in tal modo, la prevalenza del diritto internazionale suquello interno sarebbe comunque affermata.

zano, rispetto ai precedenti testi unici misti,10 oltre che per una maggioreinnovativita dei contenuti, proprio per l’abbandono del terreno regolamen-tare in favore di quello legislativo.11 Non vi e dubbio, dunque, che in casodi incompatibilita tra disposizioni codicistiche e norme internazionali pat-tizie il giudice dovra sottoporre la questione al vaglio della Corte Costitu-zionale.

3. Il gruppo di norme piu consistente, tra quelli oggetto del nostrostudio, e rappresentato dai c.d. rinvii narrativi (o dichiarativi o pedagogicio impropri) al diritto internazionale o comunitario. Attraverso tali espres-sioni si usa descrivere, in dottrina e giurisprudenza, una particolare tipolo-gia di disposizioni che si distingue, per funzione ed efficacia giuridica, dalletradizionali forme di rinvio (c.d. proprio), vale a dire il rinvio materiale equello formale.

In caso di rinvio «proprio», infatti, la norma rinviante attribuisce allanorma richiamata (rinvio materiale) o alle norme prodotte da una determi-nata fonte (rinvio formale) rilevanza giuridica in relazione ad una fattispecieche, in assenza di rinvio, la norma o la fonte richiamate non avrebberopotuto disciplinare.12

I rinvii narrativi, invece, si caratterizzano proprio per il fatto che lanorma (o la fonte) richiamata e gia applicabile alla materia de qua. Il rinvio,dunque, dal punto di vista strettamente giuridico, e superfluo e la suafunzione risulta essere, piuttosto, quella di fornire «un riferimento utile,volto a facilitare presso gli operatori giuridici l’individuazione delle norme...da applicare al caso concreto».13

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10 Decreti legislativi, caratterizzati dalla contemporanea presenza nello stesso testo di di-sposizioni legislative e regolamentari, aventi lo scopo di riordinare la disciplina vigente in undeterminato settore.

11 Ad. gen., n. 2/04, par. 3.3 e 4.6.12 Per un’approfondita disamina della questione e per la bibliografia si rinvia ad A. Ber-

nardini, La produzione normativa mediante rinvio, Milano, 1968.13 Corte Cost., 31 dicembre 1986 n. 304, reperibile sul sito Internet www.cortecostitu-

zionale.it. Va rilevato che, nonostante la giurisprudenza e la dottrina facciano frequentementericorso alla nozione di rinvio «improprio», manca un vero e proprio inquadramento dogma-tico dell’istituto. La questione e stata affrontata in particolare dalla Corte Costituzionale inrelazione alle leggi regionali che rinviano alla normativa statale gia formalmente applicabile(sent. n. 23/57; n. 142/59; n. 210/72; n. 41/82; n. 239/82; n. 154/95, tutte reperibili sul sitointernet della Corte, oltre alla gia citata n. 304/86; per la dottrina v. Anzon, Richiamo, rinvio,recezione nei rapporti tra leggi regionali e leggi statali, in Giur. cost., 1988, p. 354 ss.). La no-zione di rinvio «improprio» e stata utilizzata in tempi piu recenti dalla dottrina giuslavoristicache si e trovata a dover qualificare alcune norme dei d.lgs. n. 100/2001 e n. 66/2003 la qualirinviano, per la modifica in melius della disciplina legislativa del rapporto di lavoro, alla con-trattazione collettiva. Com’e stato sottolineato, pero, non era necessario alcun rinvio in talsenso, dal momento che questa costituisce una delle funzioni tradizionalmente attribuite al-l’autonomia collettiva. Il rinvio in questione, dunque, costituisce una «mera indicazione po-litica» priva di reale contenuto precettivo. V. Pinto, Lavoro part-time e mediazione sindacale:

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Definita in tal modo la nozione di rinvio narrativo, occorre verificarequando ed in che misura e possibile applicarla ai rinvii aventi ad oggetto ildiritto internazionale e comunitario.

I rinvii narrativi al diritto internazionale hanno origini antiche. La su-perfluita di determinate forme di rinvio al diritto internazionale e statamessa in luce per la prima volta dal Quadri in relazione agli artt. 13 cod.pen. e 656 cod. proc. pen. abrogato.14 Queste disposizioni, com’e noto,elencano le fonti che disciplinano la materia dell’estradizione. L’art. 13 cod.pen., in modo generico ed anche piuttosto impreciso,15 statuisce che l’e-stradizione «e regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagliusi internazionali»; l’art. 656 cod. proc. pen. abr., in modo piu corretto ma,per il Quadri, non meno inutile, prevede che «per quanto concerne leestradizioni... si osservano le convenzioni e gli usi internazionali. Se si trattadi materia non regolata da tali convenzioni ed usi si applicano le disposi-zioni che seguono», sancendo, in tal modo, la prevalenza del diritto inter-nazionale su quello italiano. Ma, secondo il Quadri, e proprio tale statui-zione ad essere assolutamente priva di significato normativo. I codici, in-fatti, «essendo delle leggi, non possono dettar legge alle leggi, ne, d’altrolato, per legge si puo regolare il valore delle norme di origine convenzio-nale».16

Il giudizio sostanzialmente negativo del Quadri e stato, in tempi piurecenti, ribaltato da quella dottrina17 che, commentando l’art. 696 delnuovo cod. proc. pen.18 (norma assai simile all’abrogato art. 656 cod. proc.

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la devoluzione di funzioni normative al contratto collettivo, in Giornale dir. lav. rel. ind., p. 278ss.; Voza, La destrutturazione del tempo di lavoro: part-time, lavoro intermittente e lavoro ri-partito, in Curzio (a cura di), Lavoro e diritti dopo il decreto legislativo 276/2003, Bari, 2004,p. 238 ss. La distinzione tra riferimenti con e senza «efficacia normativa», infine, e frequentenella dottrina che si occupa di drafting legislativo. V., in particolare, G.U. Rescigno, L’attonormativo, Bologna, 1988, p. 176 ss.

14 Quadri, Estradizione, in Enc. dir., XVI, 1967, p. 16.15 L’Adinolfi notava che l’ordine delle fonti doveva essere invertito data la preminenza

dei trattati e degli usi internazionali. V. Adinolfi, L’estradizione ed i nuovi codici penali ita-liani, in Giust. pen., 1932, IV, p. 12.

16 Quadri, op. cit. Altri Autori hanno affermato che tali disposizioni si pongono comeordini di esecuzione generali ed automatici delle convenzioni stipulate dallo Stato italiano inmateria di estradizione (Catelani, Striani, L’estradizione, Milano, 1983, p. 115; Gaito,Rapporti giurisdizionali con autorita straniere, in Conso, Grevi (a cura di), Profili del nuovocodice di procedura penale, Padova, 1996, p. 835); tale opzione ermeneutica, tuttavia, era giastata efficacemente confutata dallo stesso Quadri, op. cit., p. 17; v. inoltre, in senso contra-rio, Corte Cost., 29 settembre 1983 n. 282, reperibile sul sito internet www.cortecostituzio-nale.it.

17 Mosconi, Art. 696, in Commento al nuovo codice di procedura penale coordinato daChiavario, Torino, 1990, p. 679 ss.

18 L’art. 696 cod. proc. pen. nella sua originaria formulazione (ovvero prima della «di-scussa» novella operata dalla legge n. 367/2001 su cui v. infra, nota 25) disponeva: «1. Leestradizioni, le rogatorie internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l’esecuzione

pen.), ne ha messo in luce il carattere pedagogico, evidenziando come la suafunzione sia quella di «fotografare l’intreccio normativo» esistente in ma-teria di rapporti con le autorita giurisdizionali straniere indicando all’inter-prete la strada da seguire per scioglierlo.19

Problemi indubbiamente piu sottili sorgono lı dove il rinvio alla nor-mativa internazionale non sia generico, ma s’indirizzi ad una fonte con-venzionale specificamente individuata. Ci si puo chiedere, infatti, se l’in-serimento di tali riferimenti all’interno di un atto legislativo che non sirivolge solo ai cittadini degli Stati aderenti alle convenzioni richiamate,possa determinarne l’estensione dell’ambito di applicazione ratione perso-narum, traducendosi, cosı, a seconda dei casi, in un rinvio formale omateriale.

La questione si e posta prepotentemente alla dottrina con la legge diriforma del diritto internazionale privato (legge n. 218/95) nel cui corpus,com’e noto, sono stati inseriti diversi rinvii specifici a convenzioni interna-zionali gia formalmente applicabili nel nostro ordinamento.20

Non e questa, certo, la sede per riprendere i termini del dibattitosviluppatosi intorno alla legge n. 218/95.21 Ai fini della nostra indagine,

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all’estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorita straniere, relativi al-l’amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme delle conven-zioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale. 2.Se tali norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme che seguono».

19 Mosconi, Art. 696 cit., p. 680. Assai simile all’art. 696 cod. proc. pen. e l’art. 2 dellalegge n. 218/95 il quale statuisce: «1. Le disposizioni della presente legge non pregiudicanol’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia. 2. Nell’interpretazione ditali convenzioni si terra conto del loro carattere internazionale e dell’esigenza della loro ap-plicazione uniforme». Sulla sua funzione pedagogica v. sempre Mosconi, Diritto internazio-nale privato e processuale, Parte generale e contratti, Torino, 1996, p. 11 ss.; Boschiero, Ap-punti sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Torino, 1996, p. 34 ss.Per quel che riguarda gli altri ordinamenti, possiamo ricordare, a titolo di esempio, l’art. 1comma 2 della legge federale elvetica sul diritto internazionale privato («Sono fatti salvi i trat-tati internazionali») e l’art. 53 della legge federale austriaca n. 304/87 sul diritto internazio-nale privato («La presente legge federale non incide sulle disposizioni delle convenzioni in-ternazionali»).

20 Facciamo riferimento alle norme che rinviano «in ogni caso» alla disciplina posta dauna determinata convenzione internazionale ovvero gli artt. 45 («Giurisdizione e legge appli-cabile in materia di protezione dei minori»), 57 («Obbligazioni contrattuali»), 59 («Titoli dicredito»).

21 Per il quale v. Salerno (a cura di), Convenzioni internazionali e legge di riforma deldiritto internazionale privato. Atti del Convegno di Studi organizzato dall’Universita della Ca-labria, Crotone-Isola di Capo Rizzuto 30-31 maggio 1996, Padova, 1997. Com’e noto, in quel-l’occasione la dottrina internazionalistica si divise in due orientamenti principali. Secondo laposizione seguita dalla maggior parte degli studiosi, infatti, il rinvio «in ogni caso» alle con-venzioni internazionali, avrebbe avuto l’effetto di estenderne l’ambito di efficacia personaleo materiale. In particolare, in relazione alle convenzioni aventi una limitata sfera di applica-zione ratione personarum, l’effetto del rinvio sarebbe stato quello di rendere la convenzioneapplicabile erga omnes; mentre negli altri casi, il rinvio «in ogni caso» ne avrebbe allargato

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sara sufficiente riprendere solo alcune importanti puntualizzazioni, effet-tuate in quell’occasione, relative ai rapporti che intercorrono tra il rinviocontenuto nell’ordine d’esecuzione e quello inserito in una legge successiva(rispetto al quale si parla di «incorporazione mediante rinvio»).22

Com’e stato chiarito da autorevole dottrina,23 e l’ordine d’esecuzione adeterminare l’efficacia interna di una convenzione, mentre l’eventuale rife-rimento ad una convenzione internazionale effettuato da un atto normativosuccessivo e «accessorio e subordinato» rispetto al primo. Ne consegue chequalsiasi estensione dell’ambito di applicazione (sia personale che mate-riale) delle convenzioni richiamate deve essere esplicitamente prevista dalladisposizione rinviante o, comunque, inequivocabilmente desumibile dallaratio stessa della norma. In caso contrario, il trattato dovra essere applicatonel suo ambito di efficacia originario, cosı come determinato dall’ordined’esecuzione. L’incorporazione mediante rinvio della fonte pattizia, in talcaso, non produce alcun autonomo effetto giuridico, ma risponde, piutto-

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l’ambito di applicazione ratione materiae (v. Pocar, Brevi appunti sull’incidenza della Con-venzione di Roma relativa alla legge applicabile ai contratti sul diritto italiano, in Studi in ri-cordo di A.F. Panzera, II, Bari, 1995, pp. 691 ss., 698 ss.; Mosconi, Diritto internazionaleprivato e processuale. Parte generale e contratti, Torino, 1996, pp. 18 ss., 167 ss.; Giardina,Il rinvio alle convenzioni di diritto internazionale privato e processuale, in Salerno (a curadi), Convenzioni internazionali cit., p. 11 ss.). Tali argomentazioni, tuttavia, sono state rigo-rosamente confutate da quella dottrina che ha negato qualsiasi natura prescrittiva ai rinvii inquestione (Picone, Le convenzioni internazionali nella legge italiana di riforma del dirittointernazionale privato, ivi, p. 395 ss.; Damascelli, Il rinvio ‘‘in ogni caso’’ a convenzioni in-ternazionali nella nuova legge di diritto internazionale privato, in Riv. dir. int., 1997, p. 78ss.). Accanto a questi due orientamenti vanno registrate, poi, alcune posizioni «minori» voltead affermare, per altra via, l’estensione dell’ambito di applicazione delle convenzioni richia-mate. In particolare, e stato sostenuto che il rinvio «in ogni caso» fosse idoneo a fondareun’applicazione nel tempo delle convenzioni richiamate, sulla base di criteri diversi da quelliaccolti dalla singola convenzione: v. Davı, Le questioni generali del diritto internazionale pri-vato nel progetto di riforma, in Gaja (a cura di), La riforma del diritto internazionale privato eprocessuale. Raccolta in ricordo di E. Vitta, Milano, 1994, pp. 45 ss., 72, nota 44; Honorati,Articolo 45, in questa Rivista, 1995, p. 1127 ss.; oppure che, in alcuni casi, esso avrebbe de-terminato il venir meno delle riserve apposte dallo Stato italiano in sede di ratifica della con-venzione richiamata (v. ancora Davı, Le questioni generali cit., p. 72, nota 44; Honorati,Articolo 45 cit., p. 1129 ss.). Per un’efficace critica di tali posizioni v. Picone, Le conven-zioni internazionali cit., p. 402 ss.

22 Incorporazione «mediante rinvio» e «mediante recezione materiale» costituisconodue tecniche che il legislatore puo adoperare per «agganciare al o riprodurre nel sistema diconflitto» le soluzioni sancite da determinate convenzioni internazionali. Sulla distinzione,v. i contributi di Matscher, Siehr, Delbruck, Multilaterale Staatsvertrage erga omnesund deren Inkorporation in nationale IPR-Kodifikationen. Vor- und Nachteile einer solchen Re-zeption, in Berichte der Deutschen Gesellschaft fur Volkerrecht, 26, Heidelberg, 1986. Il me-todo dell’incorporazione mediante rinvio e stato ampiamente utilizzato dal legislatore svizze-ro. V. gli artt. 49, 83, 85, 93, 118, 134, 149 lett. c, 194 della legge federale sul diritto inter-nazionale privato (LDIP).

23 Picone, Le convenzioni internazionali cit., p. 391.

sto, all’esigenza di informare «tutti i destinatari e gli interpreti quanto alrilievo posseduto dalle convenzioni indicate»24 nell’ordinamento italiano.

Negli anni che hanno seguito la legge n. 218/95, la prassi legislativa haevidenziato un intenso ricorso a tale tipologia di rinvio. In diverse circo-stanze,25 infatti, il legislatore, dovendo procedere alla riorganizzazione diuna determinata disciplina, ha proceduto ad incorporare le principali conven-zioni internazionali in materia mediante rinvii privi di efficacia normativa.26

4. All’interno di tale tendenza s’inseriscono i c.d. codici di settore, neiquali, pero, i riferimenti non normativi al diritto internazionale e comuni-tario sono tanti e tali da rendere opportuna qualche ulteriore distinzione. Anostro avviso, infatti, nelle recenti codificazioni e possibile individuarnealmeno quattro categorie.

Il primo gruppo e costituito da quelle disposizioni che, similmenteall’art. 13 cod. pen., rinviano in modo generico alla disciplina comunitariaed internazionale. Rientrano in questa categoria l’art. 133 del codice deibeni culturali, 27 l’art. 17 comma 1 del codice della proprieta industriale28 el’art. 194 comma 1 del codice dell’ambiente.29

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24 Ibidem, p. 406.25 Si vedano, ad esempio, l’art. 15 del d.lgs. n. 111/1995, l’art. 108 comma 3 del d.lgs. n.

174/1995, l’art. 122 comma 4 del d.lgs. n. 175/1995, gli artt. 1-3, 11, 20 del d.lgs. n. 447/1999,gli artt. 6, 14-15 del d.lgs. n. 95/2001. Va ricordata, poi, la discussa novella dell’art. 696 cod.proc. pen. operata dalla legge n. 367/2001. In seguito alla riforma del 2001, infatti, l’art. 696cod. proc. pen. contiene un esplicito riferimento alla convenzione europea di assistenza giudi-ziaria firmata a Strasburgo nel 1959. Sulla natura fondamentalmente narrativa di tale riferimen-to v. Bin, Brunelli, Pugiotto, Veronesi (a cura di), Rogatorie internazionali e dintorni. Lalegge n. 367 del 2001 tra giudici e Corte costituzionale. Atti del seminario di Ferrara del 29 gen-naio 2002, Torino, 2002 (si legga, in particolare, l’intervento di Anzon, Il nuovo regime dellerogatorie internazionali tra problemi interpretativi e censure di incostituzionalita); Carcano,Quel richiamo superfluo alla convenzione del ‘59, in Guida dir., n. 42/2001, p. 46 ss.

26 Anche se meno frequenti nella prassi, non mancano esempi di norme interne che rin-viano per la disciplina di una determinata materia a regolamenti comunitari, gia formalmenteapplicabili. Si veda, ad es., l’art. 16 del d.lgs. n. 22/97 (decreto Ronchi) che statuisce: «Lespedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dal regolamento CEE n. 259/93 delConsiglio del 1º febbraio 1993, e successive modifiche ed integrazioni». In tal caso non si ve-de per quale motivo non dovrebbero essere riproposte le medesime argomentazioni adope-rate dalla dottrina internazionalistica per affermare la natura «narrativa» dei rinvii inseriti nel-la legge n. 218/95.

27 Codice dei beni culturali, art. 133: «Le attivita di tutela e di valorizzazione del pae-saggio si conformano agli obblighi e ai principi di cooperazione tra gli Stati derivanti dalleconvenzioni internazionali» (d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, in Gazz. Uff., n. 45 del 24 febbraio2004, suppl. ord. n. 28).

28 Codice della proprieta industriale, art. 17 comma 1: «Rimangono ferme, per la regi-strazione dei marchi presso l’Organizzazione mondiale della proprieta intellettuale di Ginevra(OMPI), le disposizioni vigenti ai sensi delle convenzioni internazionali» (d.lgs. 10 febbraio n.30, in Gazz. Uff., n. 52 del 4 marzo 2005).

29 Codice dell’ambiente, art. 194 comma 1 «Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono

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In questo caso lo scopo della norma e quello di rammentare all’opera-tore giuridico che non puo limitarsi a dare applicazione alla disciplinacodicistica, ma e tenuto a fare uno sforzo ulteriore, dovendo individuareed applicare anche le convenzioni internazionali o i regolamenti comunitariche disciplinano la materia.

Tale compito viene indubbiamente reso piu agevole da quelle normeche, analogamente alle citate disposizioni della legge n. 218/95, indicanospecificamente la fonte comunitaria o internazionale applicabili. Appar-tengono a questo secondo gruppo di disposizioni, tra le altre, l’art. 87 delcodice dei beni culturali, 30 l’art. 180 comma 5 del codice delle assicura-zioni, 31 l’art. 94 del codice del consumo, 32 l’art. 55 comma 1 del codice

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disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cuiall’art. 19 del regolamento (CEE) 1º febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3»(corsivo aggiunto; d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in Gazz. Uff., n. 88 del 14 aprile 2006 suppl.ord. n. 96).

30 Codice dei beni culturali, art. 87: «La restituzione dei beni culturali indicati nell’an-nesso alla convenzione dell’UNIDROIT sul ritorno internazionale dei beni culturali rubati oillecitamente esportati e disciplinata dalle disposizioni della convenzione medesima e dalle re-lative norme di ratifica ed esecuzione». Sulla natura narrativa di tale disposizione v. ampliusIovane, Art. 87, in Leone, Marasco (a cura di), Commentario al Codice dei beni culturali edel paesaggio, Padova, 2006, p. 537 ss.

31 Codice delle assicurazioni, art. 180 comma 5: «Qualora il rischio sia ubicato in unoStato terzo, si applicano le disposizioni della convenzione di Roma del 19 giugno 1980, sullalegge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con legge 18 dicembre 1984, n.975» (d.lgs 7 settembre 2005 n. 209, in Gazz. Uff., n. 239 del 13 ottobre 2005, suppl. ord. n.163). V., per una formulazione fondamentalmente identica, l’art. 181 comma 4 dello stessocodice. Il rinvio alla convenzione di Roma era gia presente negli artt. 108 del d.lgs. n.174/1995 e 122 del d.lgs. n. 175/1995 i quali disciplinavano la materia della legge applicabileai contratti di assicurazione prima del codice del 2005. E interessante verificare che il legisla-tore del 2005 si sia preoccupato di riformulare il rinvio alla convenzione di Roma. Tale inter-vento si giustifica col fatto che le disposizioni del 1995, che costituivano attuazione delle di-rettive 88/357/CEE e 90/619/CEE, rinviavano alla disciplina pattizia «per tutto quanto nondisposto» dalla disciplina comunitaria suggerendo, in tal modo, alcune interpretazioni esten-sive dell’ambito di applicazione materiale della convenzione (per le quali v., in particolare,Frigessi di Rattalma, La legge applicabile al contratto di assicurazione nell’attuazione delledirettive comunitarie, in questa Rivista, 1996, p. 30). Gli artt. 180 e 181 del codice, invece,specificando che l’applicazione della convenzione di Roma e limitata ai casi in cui il rischiosia ubicato in uno Stato non comunitario, fugano ogni dubbio in merito alla natura meramen-te narrativa del rinvio alla disciplina internazionale. Cfr. Bellotti, Commento agli artt. 180 e181, in Bin (a cura di), Commentario al codice delle assicurazioni, Padova, 2006, p. 575 ss.

32 Codice del consumo, art. 94: «Il danno derivante alla persona dall’inadempimento odalla inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico e risar-cibile nei limiti stabiliti delle convenzioni internazionali che disciplinano la materia, di cui so-no parte l’Italia o l’Unione europea, ed, in particolare, nei limiti previsti dalla convenzione diVarsavia del 12 ottobre 1929 sul trasporto aereo internazionale, resa esecutiva con legge 19maggio 1932, n. 841, dalla convenzione di Berna del 25 febbraio 1961 sul trasporto ferrovia-rio, resa esecutiva con legge 2 marzo 1963, n. 806, e dalla convenzione di Bruxelles del 23aprile 1970 (CCV), resa esecutiva con legge 27 dicembre 1977, n. 1084, per ogni altra ipotesidi responsabilita dell’organizzatore e del venditore, cosı come recepite nell’ordinamento ov-

della proprieta industriale, 33 l’art. 185 comma 2 del codice dell’am-biente. 34

Tale tipologia di disposizioni, indubbiamente, assicura la piena appli-cazione delle norme comunitarie ed internazionali richiamate. Tuttavia, vi eil rischio che l’interprete, appagato dall’informazione ricevuta, «s’impigri-sca» ed ometta di ricercare le altre fonti convenzionali e comunitarie chedisciplinano a materia. Inoltre, e forte il pericolo che, in caso di estinzionedella convenzione richiamata o di abrogazione del regolamento da parte dellegislatore comunitario, l’operatore giuridico, fondandosi erroneamente sulrinvio contenuto nella disposizione codicistica, continui ad applicare lafonte oramai estinta o abrogata.35

Ancora piu specifica e l’informazione fornita dalle norme appartenential terzo gruppo, le quali non si limitano a richiamare la fonte convenzionaleo comunitaria, ma indicano la singola disposizione applicabile al caso con-creto. Esemplificativi di questo terzo gruppo di norme sono l’art. 4 delcodice della proprieta industriale36 e l’art. 75 comma 2 del codice dei beniculturali. 37

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vero nei limiti stabiliti dalle ulteriori convenzioni, rese esecutive nell’ordinamento italiano, al-le quali aderiscono i Paesi dell’Unione europea ovvero la stessa Unione europea» (d.lgs. n.206 del 6 settembre 2005, in Gazz. Uff., n. 235 del 8 ottobre 2005, suppl. ord. n. 162).

33 Codice della proprieta industriale, art. 55 comma 1: «La domanda internazionale de-positata ai sensi del Trattato di cooperazione in materia di brevetti, ratificato con legge 26maggio 1978, n. 260, e contenente la designazione o l’elezione dell’Italia, equivale ad una do-manda di brevetto europeo nella quale sia stata designata l’Italia e ne produce gli effetti aisensi della convenzione sul brevetto europeo del 5 ottobre 1973, ratificata con legge 26 mag-gio 1978, n. 260 e delle norme di attuazione dello stesso». V., nello stesso codice, anche gliartt. 34 comma 5 e 47 comma 2.

34 Codice dell’ambiente, art. 185 comma 2: «Resta ferma la disciplina di cui al regola-mento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002, recantenorme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano,che costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell’ambito del campo di applicazione ivi in-dicato». V. anche l’art. 227 comma 1 lett. a e c dello stesso codice.

35 Tali problemi possono essere agevolmente risolti a monte inserendo, accanto al rinviospecifico, un rinvio generico alle «altre convenzioni» oppure agli «altri regolamenti che disci-plinano la materia» ed integrando, inoltre, il contenuto del rinvio con la formula «e successivemodificazioni».

36 Codice della proprieta industriale, art. 4 comma 1: «Chiunque abbia regolarmentedepositato, in o per uno Stato facente parte di una convenzione internazionale ratificata dal-l’Italia che riconosce il diritto di priorita, una domanda diretta ad ottenere un titolo di pro-prieta industriale o il suo avente causa, fruisce di un diritto di priorita a decorrere dalla primadomanda per effettuare il deposito di una domanda di brevetto d’invenzione, di modello diutilita, di privativa di nuova varieta vegetale, di registrazione di disegno o modello e di regi-strazione di marchio, secondo le disposizioni dell’articolo 4 della Convenzione di Unione diParigi» (corsivo aggiunto). V. anche gli artt. 12 comma 1 lett. b e g, 43 comma 1 lett. f, 54comma 1, 57 comma 1, 58 comma 1 lett. a e b, 122 comma 3, 150 comma 2, 151 comma3, 171 comma 2 dello stesso codice.

37 Codice dei beni culturali, art. 75 comma 2: «Ai fini della direttiva CEE, si intendono

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Altre norme, infine, pur contenendo un riferimento narrativo alla fontecomunitaria o internazionale, non possono essere considerate propriamentecome «rinvio». Si tratta dei casi in cui il richiamo in questione ha il soloscopo di informare l’interprete del collegamento sussistente tra la normainterna e quella comunitaria o internazionale.38 Si pensi, in particolare, aquelle disposizioni codicistiche le quali chiariscono che la disciplina daqueste introdotta costituisce attuazione di un determinato regolamento,direttiva o convenzione come, ad esempio, l’art. 301 comma 1 del codicedell’ambiente: «In applicazione del principio di precauzione di cui all’art.174 par. 2 del trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per lasalute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello diprotezione».39

Anche in questo caso, pero, la norma svolge una precisa funzione. Essa,infatti, ricorda al giudice (o chi per esso) che la norma interna, essendoattuativa di una determinata norma comunitaria o convenzionale, andrainterpretata in modo conforme a quest’ultima.

Il codice dei beni culturali e stato, di recente, oggetto di modifiche edintegrazioni ad opera dei decreti legislativi n. 62 e n. 63 del 2008. Secondoquanto emerge dalle dichiarazioni ufficiali del Governo, tra i principaliobiettivi perseguiti dalla riforma vi e quello di realizzare «un piu efficacecoordinamento tra disposizioni comunitarie, accordi internazionali e nor-mativa interna».40 E interessante constatare che tale coordinamento passaattraverso l’introduzione di ulteriori disposizioni di rinvio alla normativainternazionale e comunitaria,41 le quali, tuttavia, possono essere agevol-

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per beni culturali quelli qualificati... come appartenenti al patrimonio culturale dello Statomedesimo, ai sensi dell’art. 30 del trattato istitutivo della Comunita economica europea, nellaversione consolidata, quale risulta dalle modifiche introdotte dal trattato di Amsterdam e daltrattato di Nizza». V. anche gli artt. 23 comma 5, 222 comma 6 del codice dell’ambiente.

38 In relazione a tale tipologia di riferimenti senza efficacia normativa, ma con riguardoai rapporti tra legge regionale, legge ordinaria statale e costituzione, v. G.U. Rescigno, op.cit., p. 176 ss.

39 V. anche, tra gli altri, gli artt. 4 comma 1, 170 comma 4, 217 comma 1, 300 comma 2del codice dell’ambiente.

40 V. il comunicato stampa del Ministero per i beni e le attivita culturali «Al via la rifor-ma definitiva del codice dei beni culturali e del Paesaggio», pubblicato il 19 marzo 2008 sulsito del Ministero (www.beniculturali.it).

41 Si vedano, in particolare, gli artt. 64-bis comma 2 («Il controllo [sulla circolazione in-ternazionale dei beni culturali] ...e esercitato... nel rispetto degli indirizzi e dei vincoli fissati inambito comunitario, nonche degli impegni assunti mediante la stipula e la ratifica di Conven-zioni internazionali»); 87-bis («Resta ferma la disciplina dettata dalla convenzione UNESCOsull’illecita importazione, esportazione e trasferimento dei beni culturali, adottata a Parigi il14 novembre 1970, e dalle relative norme di ratifica ed esecuzione, con riferimento ai beniindicati nell’annesso alla convenzione medesima»); 132 comma 2 («La ripartizione di compe-tenze in materia di paesaggio e stabilita in conformita ai principi costituzionali, anche con ri-guardo all’applicazione della convenzione Europea sul paesaggio, adottata a Firenze il 20 ot-tobre 2000, e dalle relative norme di ratifica ed esecuzione»).

mente inquadrate adoperando lo schema appena tracciato nel paragrafoprecedente.42

5. La scelta di utilizzare l’espressione «rinvio narrativo» in luogo dellaterminologia con cui la dottrina generalmente descrive tale tipologia dirinvio,43 e ispirata ad un motivo ben preciso. A nostro avviso, infatti, irinvii in esame si inseriscono all’interno di un fenomeno piu ampio, notocome «narrativismo», le cui caratteristiche sono state messe in luce, inparticolare, dalla dottrina tedesca ed olandese.44

Sebbene tale fenomeno interessi sia la redazione della motivazione dellesentenze che la formulazione delle norme, focalizzeremo la nostra atten-zione solo su quest’ultimo aspetto.

La dottrina citata ha rilevato che, nella legislazione piu recente, lenorme «cogenti» (constraining norms) sono affiancate da norme di tiporadicalmente diverso, prive di effetti giuridici diretti, ma non per questomeno utili: le norme c.d. narrative.

La ratio dell’introduzione di norme di questo tipo va ricercata neicaratteri propri del diritto contemporaneo o, se si preferisce, post-moderno.Al giorno d’oggi, infatti, l’operatore giuridico e immerso in un sistemanormativo altamente complesso, costituito da una miriade di disposizionispesso in contrasto tra loro e, soprattutto, poste da fonti le cui relazionigerarchiche non sono piu riconducibili, come in passato, ad una linearitapiramidale. Norme regionali, statali, comunitarie ed internazionali si intrec-ciano e si scontrano rendendo particolarmente arduo il compito dell’inter-prete. Per evitare che quest’ultimo si smarrisca e applichi erroneamente il

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42 L’art. 64-bis, infatti, avendo lo scopo di ricordare all’interprete l’esistenza di «vincolicomunitari» e di «impegni assunti sul piano internazionale» in materia di circolazione dei be-ni culturali, rientra nella categoria dei rinvii narrativi generici mentre l’art. 87-bis, che rinviaesplicitamente alla convenzione UNESCO del 1970 sull’illecita importazione, esportazione etrasferimento dei beni culturali, va ricondotto nell’ambito dei rinvii narrativi ad una specificafonte convenzionale. L’art. 132 comma 2, invece, dal momento che non rinvia ad una speci-fica fonte ma, piuttosto, si limita a ricordare all’interprete che le norme costituzionali che ri-partiscono le competenze in materia di tutela del paesaggio vanno interpretate in modo con-forme alle norme della convenzione di Firenze sul paesaggio, puo essere collocato all’internodel gruppo dei riferimenti narrativi (non qualificabili come rinvio) alla normativa internazio-nale.

43 Per la quale v. supra, par. 3.44 Jayme, Narrative Normen im Internationalen Privat und Verfahrensrecht, Tubingen,

1991; Id., Identite culturelle et integration: le droit international prive postmoderne. Cours ge-neral de droit international prive, in Recueil des cours, t. 251, 1995, pp. 9 ss., 143 ss., 259 ss.;Van Dunne, Narrative Coherence and Its Function in Judicial Decision Making and Legisla-tion, in Am. Jour. Comp. Law, 1996; Van Erp, The style of legislation: Narrative Norms andConstraining Norms. Two of a Kind, in Id. (ed.), Netherlands Reports IACL Conference,Athens 1994, L’Aja, 1995.

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diritto, e necessaria una red line, un filo conduttore che orienti corretta-mente le sue scelte ermeneutiche.

In questa precisa prospettiva, vengono in rilievo le c.d. disposizioni«narrative», vale a dire disposizioni che non pongono norme, ma le «rac-contano», guidando l’operatore nella risoluzione dei complessi problemiposti dalla comprensione di un testo normativo. Pur senza produrre auto-nomi effetti giuridici, dunque, esse sono chiamate a svolgere una funzionecentrale all’interno degli ordinamenti contemporanei.

Che le disposizioni in esame possano essere inquadrate in tale categoriaconcettuale risulta evidente ove si consideri la funzione da esse svolta. Irinvii appartenenti ai primi tre gruppi, infatti, informano il giudice (o chiper esso) dell’esistenza della norma internazionale (o comunitaria), indican-dogli i criteri per la risoluzione degli eventuali conflitti con le disposizioniinterne. Quelli appartenenti al quarto gruppo, invece, rammentano all’ope-ratore giuridico che la norma interna va interpretata conformemente allanorma internazionale (o comunitaria) di cui costituisce attuazione. Tuttequeste informazioni sono gia in astratto reperibili da parte dell’interprete,ma possono di fatto essere «smarrite» nel dedalo di norme proprio deisistemi giuridici post-moderni. Lo scopo dei rinvii in questione, quindi, equello di «recuperare» le informazioni che rischiano di essere perdute per«raccontarle» a chi le deve applicare.

Affinche tale «racconto» sia veramente utile, tuttavia, e necessario cheesso fornisca informazioni veritiere. Un rinvio narrativo che, a causa di unaformulazione imprecisa, non riesce a riprodurre il quadro reale della nor-mativa internazionale o comunitaria applicabile, infatti, e una norma dan-nosa, che confonde l’interprete piuttosto che aiutarlo. Un esempio concretodelle difficolta che la cattiva redazione di un rinvio narrativo puo creareall’interprete e dato dall’art. 273 comma 14 del codice dell’ambiente ilquale dispone: «In caso di realizzazione di grandi impianti di combustioneche potrebbero arrecare un significativo pregiudizio all’ambiente di un altroStato della Comunita europea, l’autorita competente informa il Ministerodell’ambiente e della tutela del territorio per l’adempimento degli obblighi dicui alla convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contestotransfrontaliero, stipulata a Espoo il 25 febbraio 1991, ratificata con la legge 3novembre 1994, n. 640».45

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45 Codice dell’ambiente, art. 273 comma 14 (corsivo aggiunto). Altri esempi di cattivaformulazione dei rinvii narrativi sono, indubbiamente, l’art. 94 del codice del consumo chefa rinvio a due convenzioni (la convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 «Sul trasportoaereo internazionale» e la convenzione di Berna del 25 febbraio 1961 «Sul trasporto ferrovia-rio») non piu in vigore nel nostro ordinamento (v. Pollastrelli, Art. 94, in Alpa, Rossi

Carleo (a cura di), Commentario al Codice del Consumo, Napoli, 2005, p. 621 ss.) e l’art.194 del codice dell’ambiente che contiene diversi riferimenti al regolamento (CE) n. 259/93, non piu in vigore perche abrogato dal regolamento (CE) n. 1013/2006.

Per comprendere adeguatamente il problema posto dall’art. 273, oc-corre ricordare che la convenzione di Espoo, che individua le misure ne-cessarie per prevenire, ridurre e controllare gli effetti transfrontalieri nega-tivi che possono derivare da alcune attivita (tra le quali, appunto, vi e lacostruzione di grandi impianti di combustione), e stata ratificata, ad oggi,dalla CE e da quaranta Stati, non tutti comunitari.

Non si capisce, quindi, per quale motivo il legislatore abbia intesolimitarne l’ambito di applicazione ai soli casi in cui sia arrecato un pre-giudizio ad uno Stato della Comunita europea. La rilevanza della que-stione si coglie agevolmente se solo si considera che la convenzione vin-cola l’Italia verso alcuni Stati confinanti (come la Svizzera) o, comunque,molto prossimi (come la Croazia o l’Albania) che attualmente non sonoparte della CE. Ci si puo chiedere, dunque, che cosa accadrebbe se l’Italiadecidesse di avviare la costruzione di un grande impianto di combustionesuscettibile di determinare un impatto transfrontaliero in uno di questipaesi. Laddove le autorita competenti si attenessero alla lettera del dettatocodicistico, infatti, potrebbero considerare non applicabile la convenzionedi Espoo ed astenersi dal rispettare i relativi obblighi: il che comporte-rebbe, ovviamente, la responsabilita internazionale dell’Italia per viola-zione della convenzione. Evidentemente, quindi, si pone un problemad’incompatibilita tra la normativa codicistica e l’ordine di esecuzione dellaconvenzione di Espoo. Incompatibilita che, qualora si risolvesse nellaparziale abrogazione di quest’ultimo, 46 potrebbe determinare l’incostitu-zionalita dell’art. 273 comma 14 per violazione indiretta dell’art. 117Cost. 47

La questione, ovviamente, va affrontata con le dovute cautele. In parti-colare occorre preventivamente verificare se e possibile risolvere tale con-flitto sulla base degli strumenti interpretativi tradizionalmente adoperatidalla dottrina e dalla giurisprudenza per affermare la prevalenza del dirittointernazionale su quello interno. Tali strumenti sono, com’e noto, il criteriodi specialita materiale,48 la presunzione di conformita 49 ed il criterio di

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46 L’abrogazione sarebbe parziale perche riguarderebbe solo gli obblighi di comunica-zione agli Stati non appartenenti alla Comunita europea in materia di grandi impianti di com-bustione.

47 V. supra, par. 2, nota 7.48 In base ad esso la prevalenza del trattato e data dal fatto che questo disciplina una

materia piu specifica rispetto alla legge nazionale. Conforti, Diritto internazionale, 7a ed.,Napoli, 2006, p. 292.

49 In questo caso, invece, la sopravvivenza del diritto internazionale viene giustificatacon la presunzione che lo Stato «non abbia inteso sottrarsi all’impegno internazionale cui tro-vasi vincolato, incorrendo nella relativa responsabilita per inadempimento nei confronti deglialtri Stati». V. Cass., sent. n. 1773/1972 e 5274/1979. Per la dottrina v. Conforti, Dirittointernazionale cit., p. 292; Cassese, Diritto internazionale, Bologna, 2006, pp. 299-300; Tre-

ves, Diritto internazionale. Problemi fondamentali, Milano, 2005, p. 695.

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specialita sui generis. Quest’ultimo, com’e stato autorevolmente messo inluce, costituisce indubbiamente il criterio piu favorevole alla prevalenza deitrattati. Il ricorso ad esso, quindi, rende superfluo l’utilizzo dei due criteriprecedenti. 50

In base al criterio della specialita sui generis, la legge posteriore in-compatibile prevale solo se vi e una «chiara indicazione della volonta dellegislatore di contravvenire al trattato». 51 Occorre comprendere, dun-que, a quali condizioni possa ravvisarsi tale «volonta» di venir meno agliobblighi convenzionali. In caso di dichiarazione espressa, caso raro manon di scuola, 52 nulla quaestio. Bisogna chiedersi, pero, se tale volontapossa essere manifestata implicitamente, e fino a che punto possa esten-dersi tale indagine senza sconfinare nella mera incompatibilita tra norme.In dottrina ed in giurisprudenza, 53 si e sostenuto che tale volonta possaricavarsi in modo implicito solo quando l’oggetto dell’obbligazione equello della norma interna coincidano perfettamente ed anche in talecaso non sono mancate pronunce volte ad affermare la prevalenza deldiritto internazionale laddove si dimostri che il legislatore nazionale siaincorso in un’erronea valutazione degli obblighi internazionali assunti dalproprio Stato. 54

A nostro avviso, la prevalenza della convenzione di Espoo sull’art. 273comma 14 va affermata proprio in base a quest’ultima considerazione.Evidentemente, infatti, il legislatore, volendo richiamare l’attenzione deglioperatori giuridici sugli obblighi di comunicazione previsti dalla conven-zione, ne ha limitato l’ambito di applicazione a causa di una colpevoleconfusione tra diritto internazionale e comunitario. Va decisamente esclusa,quindi, la «chiara volonta» di venir meno agli obblighi assunti nel 1991 adEspoo.

Il fatto che la disposizione in esame non sia affetta da incostituzionalita,comunque, non ne sminuisce la sostanziale pericolosita sul piano della

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50 Conforti, Diritto internazionale cit., p. 293 ss.51 Esso, infatti, si fonda sulla considerazione che una convenzione internazionale, una

volta acquisita validita formale negli ordinamenti interni, sia retta da una duplice volonta nor-mativa: da un lato, infatti, lo Stato decide di disciplinare determinati rapporti secondo le mo-dalita previste dal trattato, dall’altro si impegna a rispettare gli obblighi assunti verso le altreparti del trattato stesso. Perche prevalga la legge posteriore, dunque, e necessaria la duplicevolonta di disciplinare in modo diverso quei rapporti e di svincolarsi dagli impegni presi sulpiano internazionale. Cfr. Conforti, Diritto internazionale cit., p. 293.

52 V. la legge n. 84/1993 il cui art. 1 dichiara espressamente di voler abrogare l’art. 22della convenzione di Varsavia del 1929 sul trasporto aereo.

53 Conforti, Diritto internazionale cit., pp. 293-294.54 District Court for the Southern District of New York, 29 giugno 1988, Unated States

vs. Palestine Liberation Organization, in Int. Legal Materials, 1988, p. 1055 ss. Per ulterioriapprofondimenti, v. Focarelli, Ammissione al transito e soggiorno negli Stati Uniti dellamissione di osservatori dell’OLP presso le Nazioni Unite, in Comunita Int., 1989, p. 3 ss.

corretta applicazione del diritto internazionale. Sarebbe auspicabile, quindi,la sua abrogazione o, quantomeno, una modifica che la renda conforme aldiritto internazionale vigente.

6. La natura narrativa dei rinvii alla normativa internazionale non puoessere affermata in ogni caso. E ben possibile, infatti, che la scelta dellegislatore d’inserire un richiamo alla disciplina internazionale pattizia per-segua l’obiettivo di estenderne, in qualche modo, l’ambito di applicazione.Abbiamo affermato che tale estensione puo essere prevista esplicitamenteoppure desumersi in via implicita.

Nel primo caso, in realta non troppo frequente, non si pongono parti-colari questioni interpretative. Si legga il terzo comma dell’art. 3 del codicedella proprieta industriale: «Tutti i benefici che le convenzioni internazio-nali sottoscritte e ratificate dall’Italia riconoscono allo straniero nel territo-rio dello Stato, per le materie di cui al presente codice, si intendono auto-maticamente estese ai cittadini italiani».

Questa norma non necessita di commento. In virtu di tale disposi-zione, infatti, l’ambito di applicazione soggettiva dei trattati che ricono-scono benefici allo straniero nelle materie disciplinate dal codice vieneesteso automaticamente in modo da far godere di tale tutela anche icittadini italiani.

Maggiori problemi, indubbiamente, sorgono lı dove l’estensione del-l’ambito di applicazione della norma internazionale non sia esplicitamenteprevista, ma possa essere ricavata, comunque, in via interpretativa. Parti-colare interesse riveste, in tal senso, la disciplina delineata dall’art. 95 delcodice del consumo in materia di accordi limitativi della responsabilitadell’organizzatore per i danni derivanti dall’inadempimento o dall’inesattaesecuzione delle prestazioni che formano oggetto dei c.d. pacchetti turi-stici.

L’art. 95, rubricato «Responsabilita per danni diversi da quelli allapersona», dopo aver previsto, al primo comma, la possibilita di limitareconvenzionalmente55 l’ammontare del risarcimento dovuto, statuisce alcomma successivo che: «La limitazione di cui al comma 1 non puo essere,a pena di nullita, comunque inferiore a quanto previsto dall’articolo 13della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV),firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, resa esecutiva dalla legge 27 dicembre1977, n. 1084».56

Il senso della disposizione e chiaro. Il legislatore vuole evitare che,attraverso accordi negoziali, vengano fissati limiti irragionevoli alla risarci-

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55 «In forma scritta» e «fatta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 1341 del co-dice civile e degli articoli da 33 a 37 del codice del consumo».

56 Codice del consumo, art. 95 comma 2.

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bilita del danno cagionato dall’inadempimento dell’organizzatore. Per farcio, individua una soglia al di sotto della quale i contraenti non possonoandare, pena la nullita della clausola: tale soglia e data appunto dall’art. 13della convenzione internazionale sul contratto di viaggio, firmata a Bruxel-les il 23 aprile 1970 (d’ora in poi CCV).57

In questo caso, il rinvio alla norma internazionale non puo avere fun-zione narrativa ed il motivo e piuttosto semplice. Se il limite all’autonomianegoziale previsto dall’art. 95 operasse solo nei confronti dei cittadini degliStati parte della convenzione, esso avrebbe una scarsissima applicazionenella pratica. La CCV, infatti, e stata ratificata, ad ora, solo da cinque Stati(Argentina, Benin, Cameroon, Italia, Togo). L’unica da via da percorrere,quindi, affinche il rinvio codicistico abbia un senso, e sostenere che l’art. 95renda applicabili erga omnes i limiti previsti dalla CCV.58 Non si tratta dirinvio narrativo, dunque, ma di rinvio «proprio» (materiale). La vigenza nelnostro ordinamento dei limiti ex art. 13 CCV, in questa prospettiva, sisgancia dalle vicende relative alla convenzione: conseguentemente, dettilimiti dovranno essere applicati dal giudice interno, anche in caso di estin-zione della convenzione medesima, fin quando non sara abrogato l’art. 95del codice del consumo.

7. Un’ultima categoria, infine, e costituita da quelle norme che, a diffe-renza di quelle sinora analizzate, incidono concretamente sul processo diadattamento al diritto internazionale o comunitario. Com’e noto, vi sonocasi in cui l’ordine d’esecuzione non e di per se sufficiente a garantire laconcreta applicazione del diritto internazionale; allo stesso modo, non tuttele norme comunitarie sono dotate di efficacia diretta. In dottrina si usadistinguere a tal proposito tra norme self-executing e non self-executing. Icaratteri che rendono una norma suscettibile di immediata applicazionepossono apparire parzialmente diversi a seconda che si tratti di una normacomunitaria o internazionale. Nel primo caso, infatti, secondo la giurispru-denza comunitaria,59 la norma dev’essere chiara, precisa e non condizionataad alcun provvedimento formale dell’autorita nazionale; nel secondo, in-vece, si fa perno sull’idoneita della norma a consentire all’interprete diricavare il contenuto delle disposizioni interne necessarie alla sua attua-zione.60

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57 Secondo l’art. 13 della convenzione, l’indennita dovuta dall’organizzatore al consu-matore e limitata a 50000 franchi-oro per i danni cagionati alla sua persona, a 2000 fran-chi-oro per quelli derivanti alle sue cose, a 5000 franchi-oro per qualsiasi altro danno.

58 V., in senso analogo, Rabitti, Art. 95, in Alpa, Rossi Carleo (a cura di), Commen-tario cit., p. 626.

59 Per un’accurata ricognizione della giurisprudenza comunitaria in materia si rinvia aGaja, Introduzione cit., p. 121 ss.

60 Treves, Diritto internazionale cit., p. 698 ss.

In entrambi i casi, comunque, il fulcro della questione sta nel veri-ficare se sia necessario o meno un adempimento ulteriore da parte delloStato. La dottrina internazionalista ha circoscritto le situazioni in cuitale intervento si rende necessario individuando tre ipotesi ben precise.Secondo tale autorevole dottrina, non sono dotate di immediata appli-cabilita le norme che attribuiscono semplici facolta agli Stati; quelle chenon possono ricevere esecuzione perche non esistono o non sono statiindividuati gli organi e le procedure interne indispensabili alla loroapplicazione; e, infine, quelle che necessitano, per la loro attuazione,di particolari adempimenti di carattere costituzionale (si pensi allenorme che comportano oneri finanziari o a quelle a contenuto penali-stico). 61

Curiosamente, le disposizioni codicistiche che contribuiscono all’attua-zione del diritto internazionale e comunitario coprono tutte e tre le ipotesiindicate. Alcune di esse, infatti, costituiscono l’esercizio di una facoltaprevista dal diritto internazionale (o comunitario). Attraverso l’art. 225del codice della proprieta industriale, ad esempio, il legislatore italiano haesercitato la possibilita, riconosciutagli dall’art. 8 del protocollo relativoall’accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, difissare un tassa individuale a carico di chi designi l’Italia per la registrazionedel marchio internazionale.62

Altre, invece, individuano gli organi e le procedure necessari per l’a-dempimento degli obblighi previsti dalla normativa internazionale e comu-nitaria, come avviene per l’art. 194 comma 6 del codice dell’ambiente63 oper l’art. 74 comma 5 del codice dei beni culturali. 64

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61 Conforti, Diritto internazionale cit., pp. 279-280.62 Codice della proprieta industriale, art. 225 comma 2: «La tassa individuale di desi-

gnazione dell’Italia nella domanda di registrazione internazionale di marchio, nella designa-zione posteriore o nell’istanza di rinnovo applicabile ai marchi internazionali esteri che chie-dono la protezione sul territorio italiano tramite l’Organizzazione mondiale della proprietaintellettuale di Ginevra, ai sensi del protocollo relativo all’accordo di Madrid per la registra-zione internazionale dei marchi del 27 giugno 1989, ratificato con legge 12 marzo 1996, n.169, e fissata nella misura del novanta per cento dei diritti previsti per il deposito della con-cessione di un marchio nazionale ovvero della rinnovazione».

63 Codice dell’ambiente, art. 194 comma 6: «Le regioni e le province autonome comu-nicano le informazioni di cui all’art. 38 del regolamento (CEE) n. 259 del 1º febbraio 1993 alMinistero dell’ambiente e della tutela del territorio per il successivo inoltro alla Commissionedell’Unione europea, nonche, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all’anno pre-cedente, previsti dall’articolo 13, comma 3, della convenzione di Basilea, ratificata con legge18 agosto 1993, n. 340».

64 Codice dei beni culturali, art. 74 comma 5: «Ai fini di cui all’art. 3 del regolamentoCEE, gli uffici di esportazione del Ministero sono autorita competenti per il rilascio delle li-cenze di esportazione. Il Ministero redige l’elenco di detti uffici e lo comunica alla Commis-sione delle Comunita europee; segnala, altresı, ogni eventuale modifica dello stesso entro duemesi dalla relativa effettuazione».

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Alcune disposizioni, infine, contribuiscono all’adempimento degli ob-blighi internazionali attraverso l’allocazione di risorse finanziarie interne infavore di determinati organismi sovranazionali65 oppure individuando lasanzione da comminare a chi trasgredisca una determinata norma comuni-taria o internazionale.66

Non e necessario dilungarsi ulteriormente su tali disposizioni che, d’al-tronde, non creano particolari problemi interpretativi. Semplicemente, vasalutata con favore questa tendenza del legislatore a «mettersi in regola»con gli obblighi comunitari ed internazionali in occasione della riorganiz-zazione complessiva di alcuni settori dell’ordinamento.

8. La sezione II, capo VI del titolo I del codice dei beni culturali constadi una sola disposizione, l’art. 94, rubricato «convenzione UNESCO», chedispone: «Gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della zonadi mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mareterritoriale sono tutelati ai sensi delle ‘‘Regole relative agli interventi sulpatrimonio culturale subacqueo’’ allegate alla convenzione UNESCO sullaprotezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata a Parigi il 2 no-vembre 2001».67

Prima facie, l’art. 94 puo sembrare una norma narrativa, il cui scopo equello di richiamare l’attenzione dell’interprete sulla disciplina internazio-nale applicabile in tema di «Ricerche e rinvenimenti fortuiti nella zonacontigua al mare territoriale». Ad un esame piu attento, pero, risulta subitoevidente che diversa e la sua natura giuridica cosı come diverse sono lequestioni interpretative che pone.

Prima di tutto, la convenzione UNESCO del 2001 sulla protezione delpatrimonio culturale subacqueo non e stata ratificata dall’Italia.68 L’art. 94,inoltre, non fa riferimento a tutte le disposizioni contenute nella conven-zione, ma solo ad una parte di essa, ovvero l’allegato sulle «Regole relative

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65 Codice della proprieta industriale, art. 224 comma 2: «Il Ministero delle attivita pro-duttive provvede a corrispondere annualmente il cinquanta per cento dell’ammontare delletasse di cui al comma 1 all’Ufficio europeo dei brevetti, cosı come previsto dall’articolo 30della convenzione di Monaco del 5 ottobre 1973, ratificata dalla legge 25 maggio 1978, n.260».

66 Codice dell’ambiente, art. 259 comma 1: «Chiunque effettua una spedizione di rifiuticostituente traffico illecito ai sensi dell’art. 26 del regolamento (CEE) 1º febbraio 1993, n.259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’allegato II del citato regolamento in vio-lazione dell’articolo 1, comma 3, lett. a), b), c) e d), del regolamento stesso e punito con lapena dell’ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l’arresto fi-no a due anni. La pena e aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi».

67 Codice dei beni culturali, art. 94.68 Tra l’altro, ad oggi, essa non vincola nemmeno le Parti contraenti: ai sensi dell’art. 27

della convenzione, infatti, questa entrera in vigore tre mesi dopo il deposito del ventesimostrumento di ratifica. Attualmente sono diciotto gli Stati che hanno ratificato la convenzione.Ma non sembra che il traguardo della ventesima ratifica verra raggiunto in tempi brevi.

agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo» (d’ora in poi l’allegato).Infine, la disposizione in esame limita l’ambito di applicazione delle regolecontenute nell’allegato ai soli reperti che giacciono sui fondali della zonacontigua.

Tre sono, in sostanza, gli interrogativi cui dare una risposta. Il primoriguarda la natura giuridica e l’estensione del rinvio ex art. 94; il secondo,invece, concerne la questione relativa alla compatibilita tra l’art. 94 e ildiritto internazionale vigente, con particolare riferimento alla convenzionedi Montego Bay del 1982 sul diritto del mare (d’ora in poi: «CNUDM»); ilterzo, infine, riguarda il ruolo dell’art. 94 in seguito all’istituzione, ad operadella legge n. 61/2006, delle «zone di protezione ecologica (e archeolo-gica)».

La mancata ratifica della convenzione UNESCO da parte dell’Italia ciporta ad escludere che il rinvio in questione possa avere natura narrativa.In assenza dell’art. 94, infatti, le «Regole relative agli interventi sul patri-monio culturale subacqueo» non avrebbero alcuna rilevanza per l’ordina-mento nazionale. Come un qualsiasi ordine di esecuzione, dunque, l’art.94 impone all’operatore giuridico l’osservanza delle regole inserite nell’al-legato. L’attuazione nell’ordinamento interno delle regole contenute nel-l’allegato, pero, a differenza di quanto avviene in relazione all’ordined’esecuzione, costituisce il frutto di una decisione unilaterale dello Statoitaliano, non essendovi in tal senso nessun obbligo sul piano internazio-nale.

Questo dato ci fornisce alcune indicazioni fondamentali circa la naturagiuridica della disposizione in esame. Se non esiste nessun obbligo in capoallo Stato italiano in merito all’adozione delle regole contenute nell’allegato,cio significa che l’art. 94 non puo essere considerato un atto di adattamentoal diritto internazionale. Semplicemente, il legislatore italiano, volendo isti-tuire unilateralmente una «zona archeologica»69 nella zona contigua almare territoriale, ha fatto rinvio alla disciplina contenuta nell’allegato, rite-nendola adeguata a tale scopo.70 Il fatto che, in tal modo, si contribuisca alprocesso internazionale di armonizzazione del settore71 e irrilevante: lenorme prodotte in base al rinvio ex art. 94 rimangono sempre e comunque

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69 Vale a dire un’area, corrispondente alla zona contigua, entro la quale lo Stato costieropuo esercitare un controllo esclusivo sulle attivita dirette alla conservazione, esplorazione erecupero di oggetti e relitti sommersi. In relazione alla natura consuetudinaria del diritto degliStati di istituire, entro il limite delle 24 miglia, una «zona archeologica» v. Treves, Stato co-stiero e archeologia sottomarina, in Riv. dir. int., 1993, p. 717; Garabello, La ConvenzioneUnesco sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, Milano, 2004, p. 174. Per l’esten-sione del regime della zona archeologica anche a zone situate oltre le 24 miglia marine v. in-vece Iovane, Commento all’art. 94, in Leone, Marasco (a cura di), Commentario al Codicedei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2006, p. 632 ss.

70 Iovane, op. ult. cit., p. 622.71 Garabello, op. cit., p. 102.

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norme nazionali. Questa riflessione ci permette di risolvere in modo piu omeno agevole alcuni problemi interpretativi.

Ci si puo chiedere, prima di tutto, se il rinvio operato dall’art. 94debba considerarsi formale o materiale. Alla luce di quanto detto sopra,e evidente che l’art. 94 contenga un rinvio materiale. Il legislatore italiano,infatti, ha preso in blocco le norme dell’allegato e le ha introdotte nelnostro ordinamento. Le vicende relative alla vigenza dell’allegato, dunque,non avranno alcun rilievo per l’interprete che dovra ritenere le normeriprodotte attraverso tale meccanismo come norme interne. Qualsiasi af-fermazione in senso contrario costituirebbe un non-sense visto che sisubordinerebbe l’operativita dell’art. 94 all’entrata in vigore della conven-zione UNESCO che, come abbiamo rilevato, 72 sembra ancora di la davenire. Le disposizioni richiamate, quindi, perderanno la propria efficaciacon l’abrogazione dell’art. 94, che potra avvenire anche in modo implicito,ad esempio, attraverso l’ordine di esecuzione di un trattato incompatibilecon le regole dell’allegato.

Altra questione interessante riguarda la possibilita di applicare, alleregole riprodotte dall’art. 94, i criteri ermeneutici propri del diritto inter-nazionale. Le conseguenze di una risposta affermativa al quesito sareb-bero piuttosto rilevanti. Nell’interpretare l’art. 94, infatti, il giudice do-vrebbe tenere in debito conto le prassi seguite dagli Stati contraenti nel-l’applicazione delle regole dell’allegato 73 e, in caso di ambiguita olacunosita del testo, i lavori preparatori della convenzione UNESCO.74

In caso di risposta negativa, la disposizione in esame andrebbe interpre-tata secondo i canoni esegetici propri del nostro ordinamento. Le consi-derazioni effettuate circa la natura puramente interna delle norme ripro-dotte attraverso il rinvio ex art. 94 ci impongono, logicamente, di aderirealla seconda ipotesi.

Resta, infine, da chiarire se il rinvio in favore dell’allegato possa inqualche modo estendersi anche alla convenzione. Tale proposta potrebbeessere suffragata dall’art. 33 della convenzione, il quale dispone che l’alle-gato costituisce parte integrante della convenzione medesima. Al quesito vadata, pero, risposta negativa. Un’interpretazione estensiva del rinvio ex art.

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72 V. supra, nota 68.73 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, art. 31 comma 3: «Si terra conto, oltre

che del contesto: ...b) di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione del trattatoattraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del me-desimo».

74 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, art. 32: «Si puo fare ricorso ai mezzicomplementari di interpretazione, e in particolare ai lavori preparatori e alle circostanze nellequali il trattato e stato concluso, allo scopo, sia di confermare il senso che risulta dall’appli-cazione dell’art. 31, sia di determinare il senso quando l’interpretazione data in conformitaall’art. 31 lascia il senso ambiguo o oscuro; oppure conduce ad un risultato che e manifesta-mente assurdo o irragionevole».

94 sarebbe chiaramente contraria alle intenzioni del legislatore che ha fattorinvio solo ed esclusivamente all’allegato. Una limitata possibilita di ricor-rere alle norme della convenzione, comunque, va riconosciuta laddovequeste siano necessarie al fine di comprendere il senso di alcune disposi-zioni dell’allegato. Si pensi, ad esempio, alla nozione di «patrimonio cultu-rale subacqueo», cui fa riferimento l’allegato stesso, ma che viene definitanell’art. 1 della convenzione.

9. La dottrina internazionalistica, all’indomani dell’emanazione del co-dice, ha sottolineato come il rinvio materiale alle norme dell’allegato potessecreare alcuni problemi di compatibilita con la CNUDM.75

L’art. 94, infatti, rinviando all’allegato, introduce una serie di regoletecniche cui devono attenersi coloro che intraprendono attivita subacqueesul patrimonio culturale sommerso. Dal momento che il rinvio non in-clude il testo della convenzione, i poteri che lo Stato puo esercitare pergarantire il rispetto di tali regole continuano ad essere disciplinati dallepertinenti norme internazionali (in particolare dagli artt. 33 76 e 303 77

della CNUDM). Proprio questa integrazione potrebbe determinare al-cune discrasie tra norme interne e norme internazionali. Il rispetto delleregole dell’allegato, infatti, richiede l’esercizio di apposite misure coerci-tive da parte dello Stato costiero. Se l’esecuzione di tali misure su navistraniere non fosse consentita dalla CNUDM, l’art. 94 potrebbe compor-tare la responsabilita internazionale dello Stato italiano (e conseguente-mente l’incostituzionalita dell’art. 94 per violazione indiretta dell’art. 117Cost.). 78

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75 V., in particolare, Iovane, Art. 94, in Leone, Marasco (a cura di), Commentario alCodice dei beni culturali cit., p. 617 ss.

76 Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, art. 33 comma 1: «In una zonacontigua al mare territoriale, denominata zona contigua, lo Stato puo esercitare poteri di con-trollo necessari a: a) prevenire la violazione delle proprie leggi e dei regolamenti di poliziadoganale, fiscale, sanitaria o di immigrazione sul suo territorio e sul suo mare territoriale;b) reprimere le violazioni delle medesime leggi, qualora siano state commesse sul suo territo-rio e sul suo mare territoriale».

77 Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, art. 303: «1. Gli Stati hannol’obbligo di tutelare gli oggetti di carattere archeologico e storico scoperti in mare e coope-rano a questo fine. 2. Al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costieropuo, in applicazione dell’art. 33, presumere che la loro rimozione dai fondali della zona con-tigua senza la sua approvazione costituisca una violazione commessa nel suo territorio o nelsuo mare territoriale delle leggi e dei regolamenti indicati nel medesimo art. 33».

78 L’interpretazione letterale degli artt. 33 e 303 della CNUDM, sembra suffragare taleipotesi. Il combinato disposto delle due norme, infatti, sembra riconoscere agli Stati costieripoteri di prevenzione e repressione solo in relazione alla rimozione di un oggetto archeologicodal fondale della zona contigua (v. in tal senso Oxman, Marine Archaelogy and InternationalLaw of the Sea, in Columbia-VLA Jour. of Law and the Arts, 1988, p. 363 s.; Sico, Le normeinternazionali e comunitarie concernenti l’illecita rimozione dei beni culturali rinvenuti sul fon-do marino, in Paone (a cura di), La protezione internazionale e la circolazione comunitaria dei

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La compatibilita dell’art. 94 con il diritto internazionale vigente e statapuntualmente dimostrata dalla dottrina che si e occupata dell’argomento79

sulla base di un’interpretazione estensiva dei poteri riconosciuti agli Staticostieri dagli artt. 33 e 303 della CNUDM.80 Resta, comunque, il fatto che,ancora una volta, l’interprete e chiamato a risolvere le antinomie (apparenti)determinate dalla scarsa attenzione del legislatore ai rapporti intercorrentitra diritto interno e diritto internazionale.

Con la legge n. 61/2006 l’Italia, in linea con la prassi seguita dagli altriStati costieri del Mediterraneo,81 ha posto le basi82 per l’istituzione dellec.d. «zone di protezione ecologica», vale a dire zone, la cui estensionecorrisponde a quella della zona economica esclusiva,83 nelle quali lo Statocostiero puo esercitare tutti i poteri necessari a controllare e reprimere leviolazioni della normativa a tutela dell’ambiente marino.84

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beni culturali mobili, Napoli, 1998, p. 243; Arend, Archeological and historical objects: theinternational legal implications of UNCLOS III, in Virginia Jour. Int. Law, 1982, p. 801). Stan-do cosı le cose, l’art. 94 determinerebbe, in effetti, la responsabilita internazionale dell’Italiaper violazione dell’art. 303 della convenzione. I poteri normativi e coercitivi, cui lo Stato ita-liano dovrebbe ricorrere per garantire l’applicazione delle regole contenute nell’allegato, in-fatti, andrebbero ben al di la dei poteri sufficienti a reprimere e prevenire l’illecita rimozionedi beni culturali subacquei.

79 Per un’accurata disamina del problema si rinvia a Iovane, op. ult. cit., p. 622 ss.80 Per la quale v. Scovazzi, The 2001 UNESCO Convention on the Protection of the

Underwater Cultural Heritage, in Camarda, Scovazzi (a cura di), The Protection of the Un-derwater Cultural Heritage. Legal Aspects. Atti del Convegno di Palermo-Siracusa, 8-10 marzo2001, Milano, 2001, p. 113 ss.; Garabello, La convenzione Unesco cit., p. 23.

81 Per una panoramica completa della legislazione dei paesi mediterranei in materia di«zona di protezione ecologica» v. Leanza, L’Italia e la scelta di rafforzare la tutela dell’am-biente marino: l’istituzione di zone protezione ecologica, in Riv. dir. int., 2006, p. 315 ss.; An-

dreone, La zona ecologica italiana, in Dir. mar., 2007, p. 6 ss.82 La concreta istituzione delle zone di protezione ecologica, infatti, e subordinata all’a-

dozione, da parte del Presidente della Repubblica, dei necessari decreti attuativi. V. Leanza,op. ult. cit., p. 329 ss.

83 Ai sensi dell’art. 57 della CNUDM «La zona economica esclusiva non si estende al dila di 200 miglia marine dalle linee di base da cui viene misurata la larghezza del mare terri-toriale». Va detto, pero, che, date le ridotte dimensioni del mar Mediterraneo gli Stati costierinon potrebbero estendere le proprie zone ecologiche fino a tale limite senza invadere il mareterritoriale degli Stati frontisti o contigui. Gli Stati costieri che intendono istituire una zona diprotezione ecologica dovranno, dunque, ai sensi dell’art. 74 della CNUDM, determinarne ilimiti sulla base di accordi con gli Stati interessati. V. in tal senso l’art. 1 comma 2 della leggen. 61/2006.

84 L’istituto della «zona di protezione ecologica» non era stato previsto espressamentedalla CNUDM. L’istituzione di tali zone e emersa dalla prassi degli Stati costieri, che inten-devano tutelare l’ambiente marino nella zona corrispondente alla zona economica esclusiva(disciplinata dalla Parte V della CNUDM), senza, tuttavia, introdurre le pesanti restrizionialla liberta di navigazione legate all’istituzione di una zona economica esclusiva. Le «zonedi protezione ecologica», dunque, si caratterizzano per la specificita dell’obiettivo perseguito(ovvero la tutela dell’ambiente marino) e per la funzionalizzazione rispetto a tale obiettivo deipoteri riconosciuti allo Stato costiero. Per un’approfondita disamina dell’argomento si veda la

Il legislatore del 2006, tuttavia, ha interpretato in senso molto ampio ilconcetto di «protezione dell’ambiente marino», includendovi anche la tu-tela del «patrimonio archeologico e storico».85 Inoltre, l’art. 2 comma 1della legge in questione, rinvia, per la determinazione dei poteri esercitabilidallo Stato italiano, «a quanto previsto... dalla convenzione UNESCO del2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, ...dalla data dellasua entrata in vigore per l’Italia».

Evidentemente, dunque, la zona di protezione ecologica, istituita aisensi della legge n. 61/2006, andrebbe a sovrapporsi alla «zona archeolo-gica» ex art. 94 del codice dei beni culturali. Ciononostante, la disposizionecodicistica e destinata a conservare la propria efficacia per almeno dueragioni.

In primo luogo, occorre considerare che l’istituzione delle zone diprotezione archeologica ai sensi della legge n. 61 e subordinata, da unlato, all’adozione da parte del Presidente della Repubblica dei necessaridecreti attuativi e dall’altro, circostanza ben piu importante, all’entrata invigore per l’Italia della convenzione UNESCO del 2001.86 Fintantochenon interverranno l’una e l’altra, quindi, l’unica normativa applicabile inItalia in materia di tutela del patrimonio archeologico subacqueo saraquella introdotta dall’art. 94 in relazione alla zona contigua al mare terri-toriale.

Inoltre, non si puo dimenticare che, anche in seguito alla concretaistituzione della «nuova zona archeologica», lo Stato italiano potraesercitare i poteri previsti dalla convenzione UNESCO del 2001 solosulle navi straniere il cui Stato di bandiera e parte della convenzione,mentre non avra alcun potere sulle navi battenti bandiera di uno Statoche non ne e parte. Rispetto a quest’ultime, tuttavia, sara pienamenteoperativo l’art. 94 del codice, il cui rinvio all’allegato alla convenzioneUNESCO del 2001, avendo natura materiale, ne rende applicabili ledisposizioni erga omnes. L’art. 94, dunque, anche in seguito alla con-creta istituzione delle zone di protezione ecologica ai sensi della leggen. 61/2006, conserverebbe una funzione residuale, dovendo dettare,limitatamente alla zona contigua al mare territoriale, la disciplina ri-guardante le navi alle quali non sara applicabile la convenzioneUNESCO del 2001.

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prassi e la dottrina citate da Treves, Codification du droit international et pratique des Etatsdans le droit de la mer, in Recueil des cours, t. 223, 1990, p. 213.

85 Legge n. 61/2006, art. 2 comma 1.86 Il rinvio alla convenzione UNESCO del 2001, infatti, come puo dedursi dal tenore

letterale della norma («dalla data della sua entrata in vigore per l’Italia») non intende sosti-tuirsi in alcun modo ne alla legge di autorizzazione alla ratifica ne tantomeno all’ordine diesecuzione del trattato. Esso, dunque, ha natura meramente narrativa, nel senso indicatonel par. 3.

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Anche in questo caso, comunque, non puo non rilevarsi che il compitodell’interprete sarebbe stato indubbiamente piu agevole se il legislatoreavesse esplicitamente regolato i rapporti tra la legge n. 61/2006 e l’art. 94del codice.

10. La XIV legislatura e stata caratterizzata dalla riscoperta del codice,la cui fortuna sembrava oramai definitivamente tramontata. E evidente,pero, che nell’attuale contesto normativo lo strumento codicistico assumeforme e significati completamente nuovi. La complessita del sistema, dauna parte, e la sua insanabile frantumazione, dall’altra, infatti, hannocostretto il legislatore a ridurre le ambizioni universalistiche che caratte-rizzavano i Codici ottocenteschi entro i ristretti limiti di una codificazionedi «settore», parziale ed effimera. Una codificazione post-moderna, com’estato detto, 87 che si propone di ridurre il caos esistente attraverso laraccolta organica delle disposizioni applicabili in un determinato settoredell’ordinamento.

I Codici di settore, tuttavia, non potevano limitarsi ad una risistema-zione del diritto interno. Il legislatore, quindi, evidenziando un’accresciutaconsapevolezza in merito alla dimensione sovranazionale della gran partedei problemi portati dinanzi ai giudici interni, si e occupato anche delledisposizioni derivanti da fonte comunitaria (e internazionale). D’altra parte,tra le principali cause dell’inquinamento normativo che le nuove codifica-zioni intendono contrastare, vi e proprio la scarsa attenzione del legislatoreai rapporti intercorrenti tra leggi italiane e norme comunitarie (ed interna-zionali).

Da questa specifica esigenza emerge, dunque, un ulteriore profilo didifferenziazione tra la recente attivita di codificazione e l’esperienza otto-centesca. L’idea tradizionale di codificazione, infatti, si accompagnava aquella di monopolio delle fonti di produzione giuridica da parte del legi-slatore statale: l’unicita del soggetto che poneva le norme rendeva possibilela riconduzione delle stesse all’interno di un unico atto normativo. Nelcontesto attuale, caratterizzato dalla diversificazione e moltiplicazione dellefonti del diritto, muta il ruolo stesso della codificazione: non solo «rias-setto» della disciplina di settore, ma anche coordinamento e ricomposizionedelle diverse fonti.

In questa prospettiva vengono in rilievo i rinvii narrativi, disposizionipreziosissime, il cui scopo e quello di rendere concretamente visibile all’in-terprete l’esistenza di norme internazionali o comunitarie che rischiano,altrimenti, di rimanere disapplicate «proprio perche non figurano accanto

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87 Pajno, Una codificazione per frammenti, in Sandulli (a cura di), Codificazione, sem-plificazione e qualita delle regole cit.

alle norme di diritto interno verso le quali il giudice naturalmente si indi-rizza».88

Aiutare l’operatore giuridico, tuttavia, non significa sostituirlo. La ri-composizione delle fonti interne, comunitarie ed internazionali medianterinvii narrativi e un’operazione parziale ed effimera, come, d’altronde, lo el’intera opera di codificazione. La reductio ad unum del caos normativoattraverso l’individuazione delle disposizioni applicabili e la risoluzionedelle eventuali antinomie, rimane, e non potrebbe essere altrimenti, dovereimprescindibile dell’interprete.

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88 Iovane, Art. 87 cit., p. 539.