GIOBBE SERVO DI DIO - PROBLEMA PER EBREI E CRISTIANI

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GIOBBE Servo di Dio UN ENIGMA PER EBREI E CRISTIANI Perché parlare di Giobbe, personaggio scomodo sia alla tradizione cristiana, sia alla tradizione ebraica, infatti le due comunità si sono da subito divise, su chi lo ha amato e su chi lo ha contestato. Per duemilacinquecento anni, ha affascinato, intrigato e sconvolto le coscienze di chi ha avuto la ventura di imbattersi nel suo Libro. Ma a parere di quasi la totalità di esegeti moderni, nonostante la difficoltà che il testo presenta, Giobbe ci ha fatto conoscere, la reazione dell’uomo al dolore, alla sofferenza indicibile, alla delusione 1

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GIOBBE Servo di Dio

UN ENIGMAPER EBREI E CRISTIANI

Perché parlare di Giobbe, personaggioscomodo sia alla tradizione cristiana,sia alla tradizione ebraica, infatti ledue comunità si sono da subito divise,su chi lo ha amato e su chi lo hacontestato. Per duemilacinquecentoanni, ha affascinato, intrigato esconvolto le coscienze di chi ha avutola ventura di imbattersi nel suo Libro.Ma a parere di quasi la totalità diesegeti moderni, nonostante ladifficoltà che il testo presenta,Giobbe ci ha fatto conoscere, lareazione dell’uomo al dolore, allasofferenza indicibile, alla delusione

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provata nei confronti dei tre amicivenuti a consolarlo e anche nelriguardo della moglie. Rimanendo sempreun uomo di fede, nonostante tutto. SanGirolamo, nel suo prologo a Giobbe,in: Biblia Sacra cum Glossa Ordinaria,Tomus tertius, 12, scriveva: SpiegareGiobbe è come tentare di tenere tra lemani un’anguilla o una piccola murena:più forte si preme, più velocementesfugge di mano.1 Il libro è consideratouniversalmente come uno dei capolavoridella letteratura mondiale.L’esperienza vissuta da Giobbe, non èebraica, ma universale, senza questionidi razza, di religione e di cultura.2

Il libro di Giobbe, si trova nellaterza sezione della Bibbia ebraica, neiKetuvim – gli Scritti o Agiografi. GliAgiografi sono tredici libri del TaNak3

1 V domenica T.O. anno B, www.dehonianisud.it2 Libro di Giobbe, www.adonaj.net3 TaNak. Uno dei modi di designare la Bibbiaebraica. E’ una sigla formata dalle inizialidelle tre sezioni in cui è divisa la Bibbiasecondo il canone ebraico: Torà (Pentateuco),

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(Bibbia ebraica), e comprende scrittidi varie categorie, i Salmi, i librisapienziali e libri storici. Il librodi Giobbe è uno dei più lunghi di tuttala Bibbia, comprende 42 capitoli, dicui i primi due in prosa, checostituiscono il prologo e dal capito 3al capitolo 41 in poesia, ed in fine ilcapitolo 42 in prosa che costituiscel’epilogo. Per la datazione del librogli studiosi, sono quasi tutti concordinel collocarlo tra la metà del V e ilIII sec. A.E.V., in epoca post-esilica, questo perché per gli studiosic’è una dipendenza diretta con il librodi Geremia, e per la presenza del Satan,figura molto tarda della tradizionebiblica. Un altro dei motivi che lofanno collocare in epoca tarda è latematica che affronta il libro, lasofferenza del giusto, perché dall’esilio inpoi, si iniziò a ragionare, che oltre

Nevi’im (Profeti), Ketuvim (Scritti). Altradenominazione comune è Miqra’(Lettura). AA.VV.,Vademecum per il lettore della Bibbia, Morcelliaba,Brescia, 1996, p. 77.

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al destino del Popolo di Dio anche suldestino dell’individuo, iniziando unprocesso teologico, mai spento nellastoria del pensiero umano.4 Datarlo piùavanti è quasi impossibile, perché iltesto non mostra tracce ellenistiche.5

La tradizione rabbinica ha sempretentato di datarlo più indietro, comeapprendiamo dal Talmud6 babilonese, neltrattato Bava Batrà (15a-15b) che recita:Rabbi Levi figlio di Hannà diceva: Giobbe visse altempo di Mosè; Rava diceva: Al tempo dei dodiciesploratori; Rabbi Iochanan e rabbi Eliezer dicevano:

4 Gianfranco Ravasi, Giobbe, Edizioni Borla, Roma, 1979, p. 9.5 AA.VV. Concilium rivista internazionale diteologia, Anno XIX, fascicolo 9, Giobbe e il silenziodi Dio, Queriniana, Brescia, 1983, p.16. 6 Talmud. In ebraico studio. Il corpus dellalegge orale costituito dalla Mishnà e dallaGhemarà. Fu elaborato nelle scuole rabbinichepalestinesi e babilonesi, nella quale la Mishnàveniva studiata e discussa dai maestri dettiamorei. Si hanno così due Talud, il Palestineseo Gerosolimitano (Jerushalaim) e il Babilonese(Bavli)….. AA.VV., Vademecum per il lettore della Bibbia,op. cit., p. 76.

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Giobbe era fra coloro che tornarono dall’esilio dibabilonia e aveva una accademia a Tiberiade.7 Sulchi fosse Giobbe, che anche dal nomenon può essere considerato un ebreodelle dodici tribù, ci sono molteversioni. Giobbe è un nome un po’particolare, deriva dalla radice (alef-Yod-bet) che significa essere ostile, nemico,può significare anche dov’è il padre?. Ilfatto che Sergio Quinzio nel suoCommento alla Bibbia,8 lo chiami pio,devoto, giusto, può derivare dal fatto cheè definito uomo integro e retto. Latradizione rabbinica lo definisce il piùpio gentile mai vissuto (Devarim rabbà 2,4).Ma la tradizione rabbinica antica suGiobbe, non è mai stata concorde sindall’inizio, oltre al parere cheabbiamo appena ascoltato, i maestrid’Israele, hanno tramandato moltipareri negativi, infatti Giobbe è usato7 AA.VV. Il libro di Giobbe, Seminario EstivoVallombrosa, Agosto 1992, Biblia, Settimello,FI, p.6.8 Sergio Quinzio. Un commento alla Bibbia, AdelphiEdizioni, Milano, 1991, p. 191.

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poco nella liturgia, non è compreso enon è mai comparso nelle haftaròt, lesezioni della Torà che si leggono ilsabato e la domenica dopo la parashà.Giobbe è ricordato soltanto per kippur, il9 di Av, e nei funerali. La tradizionerabbinica ha anche ricavato dal librodi Giobbe, la prassi della shivà, daseguire durante il periodo di lutto,cioè, i sette giorni di lutto strettodopo il decesso del congiunto, giorninei quali i parenti più stretti deldefunto non escono di casa, non siradono, non possono leggere o studiarela Torà, che non siano le parti piùtristi, e questo è ricavato dalsilenzio degli amici di Giobbe, chestettero zitti per sette giorni. Ancheper la tradizione ebraica moderna,Giobbe, non rientra fra i libri piùamati, infatti Rav Luciano Caro, in unsuo commento, afferma: Questo libro non èspecificatamente ebraico ed è molto difficile trovarvidei riferimenti all’ebraismo; anche i nomi sembranon abbiano niente di ebraico. La vicenda narratanon avviene in ambiente ebraico si parla di un certo

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Iiov, Giobbe, che abitava nella terra di Uz, che forsenon esiste e al quale capitano una quantità divicende negative. […] Questo libro starebbebenissimo anche al di fuori della Bibbia ebraica.9

Come abbiamo detto la tradizionerabbinica, si è sempre trovata difronte al dilemma: Giobbe è un ebreo, oun pio gentile. Una corrente ha tentatodi creare una genealogia a Giobbe,tentando di creargli una doppiaparentela con Giacobbe, perché nipotedi Esaù e genero di Giacobbe, avendosposato in seconde nozze Dina. (BavaBatra 15a).10 Sempre per i maestrid’Israele, la causa dei mali di Giobbe,sarebbe la sua timidezza, dovuta alcomportamento timoroso tenuto allacorte di Faraone. Quando il Faraoneemanò il decretò: “Ogni figlio maschio chenascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo” (Es

9 Rav Luciano Caro, Giobbe nella tempesta, www.aecfederazione.it? Piero Stefani, L’interpretazione ebraica di Giobbe:alcune prospettive, op. cit. p. 7.10 Piero Stefani, L’interpretazione ebraica di Giobbe:alcune prospettive, op. cit. p. 7.

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1,22). Il Faraone prima di deciderequesto decreto, si era consultato contre saggi, Ietro, Baalam e Giobbe. Peril midrash, Baalam che ebbe l’idea,morì in combattimento contro gli ebrei120 anni dopo, Ietro si salvò perchénon prese parte alla decisione, così,dopo 40 diventò suocero di Mosè, e dopo80 anni raggiunse Mose al Sinai e glidiede dei consigli sul sistemagiudiziario da applicare alle tribù diIsraele. Giobbe per timidezza non presenessuna decisione durante ladiscussione, e tacque, per questa suaindecisione e timidezza, dopo 120 anniiniziarono le sue disgrazie. (Tb Sotah11a). Gli studiosi sono concordi chefosse un patriarca idumeo, comeapprendiamo dal testo: “Quest’uomo era ilpiù grande fra tutti i figli d’oriente” (Gb 1,3), equesta specificazione fa riferimento aifigli di Abramo inviati dal Negheb nellaregione orientale (Gn 25,6). Inoltre, comeapprendiamo dal libro della Genesi, Uze Buz sono nomi del clan di Abramo,figli di Nacor fratello di Abramo (Gn

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22,21). L’autore ha usato materiali giàesistenti, perché un Giobbe, uomoretto e famoso era esistito, comeapprendiamo dal libro di Ezechiele. (Ez14,14). Quello che si evince dallevarie letterature del vicino medio-oriente è che in un testo pre-esistente, la favola o storia di unGiobbe uomo giusto e retto, era unastoria conosciuta e raccontata fra lepopolazioni della Mezzaluna Fertile. Lagrandezza dell’Autore Sacro stanell’aver usato una storia che tutticonoscevano, ma ha tentato di costruireuna teologia completamente diversa. Gliesegeti moderni, non gli perdonano ilfinale a lieto fine, perché lascial’amaro in bocca: Scrive infatti a talproposito, Samuel Terrien, nel suocommento al libro di Giobbe del 1963:Dopo una visione di Dio così alta comequella dei capitoli precedenti –dobbiamo proprio dirlo, il raccontodella ricompensa finale di Giobbe non èaltro che una diversione fuori con un

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tocco di volgarità.11 Ci possiamochiedere perché l’Autore Sacro nonl’abbia cancellato questo finalemieloso, perché presso le culturesemitiche, quando si usa una storiaconosciuta la si usa tutta e non sinasconde nulla, ma chi è avvezzo allalettura della Bibbia sa che il testosacro è pieno di storie che potevanoessere tolte ma per onestàintellettuale gli autori sacri, lehanno lasciate, sta a noi valorizzareil testo per il messaggio che l’Autoreha voluto trasmetterci. Del libro di Giobbe, sono state fattemolte letture, e sono usciti tantiritratti, o cammei, c’è il Giobbesofferente, il ritratto più celebre econosciuto di quest’uomo. C’è il Giobbepaziente, soffre e nello stesso tempopatisce, c’è il Giobbe che sopporta. Ma lafigura che più emerge con forza daltesto è il Giobbe che patisce si ma che

11 Giobbe la storia di un sofferente, www.sanfrancescoviterbo.it

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protesta veemente, arrivando quasi allabestemmia contro Dio, e non si placa sino aquando Dio stesso non inizia un dialogocon lui. Giobbe, per sostenere le sueragioni, lotta sino ai confini dellafede, ma nonostante tutto rimane unuomo di fede, scrive a tal propositoRavasi: Il tratto della fisionomia diGiobbe è così limpido da rasentarel’evidenza: egli è un credente in ogniistante della sua storia drammatica. Ladefinizione di servo di Dio col suo valorebiblico di adesione e di amore è lasintesi efficace del personaggio (Gb1,8; 2,3; 42,7ss).12 La domanda chedobbiamo porci, invece è: come mai Dioaccetta e consente al Satan di metterealla prova Giobbe? Dal testo nontraspare, ma forse Dio non si fidacompletamente dell’uomo Giobbe, sapendoquando è incostante l’uomo che sindalle origini non ha dato segnali dicoerenza e forza d’animo. Oppure vuole12 Gianfranco Ravasi, Giobbe traduzione e commento,op. cit. p. 66.

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umiliare il suo Pubblico Ministero, ilSatan, davanti a tutta la corte celeste,conoscendo da sempre l’integrità diGiobbe?. Infatti, Dio chiama incontinuazione Giobbe, Servo del Signore.Un’altra domanda che scaturisce daltesto è chi sia il Satan, questoPubblico Ministero ante-litteram, chesecondo l’etimologia ebraica significal’accusatore o l’avversario, ma che dal testoapprendiamo essere uno dei figli diDio: “Un giorno i figli di Dio, andarono apresentarsi davanti al Signore e anche satana andòin mezzo a loro” (Gb 1,6). Bisogna sgombraresin da subito, l’idea che il Satana deltesto venga confuso con il Diavolo,divinità tentatrice, antagonista diDio, figura sconosciuta alla tradizioneantica di Israele. Questo Satan, è lostesso che incontriamo in numerosialtri libri biblici, come ad esempio inZaccaria 3,1ss, o nel Salmo 119,6 emolti altri passi. Sarà la letteraturatalmudica più tarda a identificare ilSatana con l’angelo della morte o l’istinto delmale, infatti leggiamo nel Talmud: Ha

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detto Resh Laqish: Satan, l’istinto delmale e l’Angelo della morte sono lastessa cosa. E’ chiamato Satan, come èdetto: “Satan si allontanò dalla presenza delSignore” (Gb 2,7). E’ chiamato l’istintodel male, noi lo sappiamo perché in unaltro passo è scritto: “ogni disegnoconcepito dal loro cuore era solo male” (Gen 6,5)ed è scritto qui (a proposito diSatan): “solo su di lui non stendere la tua mano”(Gb 1,12). Lo stesso vale anche perl’Angelo della morte, per il fatto cheè detto: “Soltanto risparmia la sua vita” (Gb2,6), il che mostra che la vita diGiobbe gli apparteneva. (Tb Bava Batra16a). Scrive Margarete Susman: E’questa è proprio la verità di Giobbe,l’atteggiamento di Giobbe che non vienecompreso dai suoi amici: conservando lafedeltà verso Dio, al di sotto di tuttol’interrogare e il sapere, haricompreso anche il Satan nel misterodel dolore della sua vita, lo hastretto al proprio petto e lo haapprovato come figlio di Dio. Satan trai figli di Dio, questo è l’ultimo,

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l’estremo mistero del Libro di Giobbe:e anche l’ultimo mistero del popoloebraico che riceve la sua forza vitaledalle sue stesse distruzioni.13 Queste acentinaia di altre domande scaturisconodal libro di Giobbe, che è una fucinadi interrogativi, domande che gliuomini sin dall’apparire del librohanno continuato a porsi. L’altragrande domanda come dice Paolo DeBenedetti è: Perché le cose brutteaccadono a gente buona?, De Benedettirisponde: Qualsiasi altra conversazioneteologica è intellettualmente deviante.Ogni conversazione significante che homai avuto con la gente sul tema di Dioe della religione o è partita da questadomanda o vi è arrivata.14 Il problemadi Giobbe, non è il problema del male,il soffrire ingiustamente, o invitareil lettore alla pazienza, quando èpreda di dolori e di angosce. Il suo13 Margarete Susman, Il libro di Giobbe e il destino delpopolo ebraico, Giuntina, Firenze, 1999, p. 123.14 Paolo De Benedetti, Considerazioni sul male: dalmidrash a Jonas,

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problema è un problema di fede, anchecontro tutti i tentativi dei tre amici,che con motivazioni che a Giobbe nonbastano più, perché ripetono in modomonotono le motivazioni della dottrinatradizionale della retribuzione, comeapprendiamo da alcuni testi: “Il Signore, ilSignore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira ericco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favoreper mille generazioni, che perdona la colpa, latrasgressione e il peccato, ma non lascia senzapunizione, che castiga la colpa dei padri nei figli enei figli dei figli fino alla terza e alla quartagenerazione” (Es 34,6ss), egli non è piùallineato a questa teologia, e gli sioppone con tutto se stesso. Infattiesclama: “Sentenze di cenere sono i vostri moniti,difese d’argilla le vostre difese. Tacete, state lontanida me: parlerò io, mi capiti quel che mi capiti.”(Gb13,12ss). Condannando tutte lerisposte dei tre consolatori, ecriticando tutte le loro asserzionibasate sulla vecchia teologia ufficialee accusandoli di essere: medici dastrapazzo e ciarlatani. L’Autore Sacro sidimostra così, un uomo coraggioso,

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perché si spinge oltre i limiti dovesi erano spinti i Profeti, infatti essinon avevano mai attribuito a Dio diessere ingiusto, e di disinteressarsi dellefaccende del mondo.15 Infatti, i treamici sono venuti a consolarlo, ma sonoanche certi della sua colpevolezza, eche la punizione inflittagli da Dio,per loro sia giusta, perché l’anticasapienza non può sbagliare, e perquesta loro certezza che diventanocinici. Infatti lo apostrofano conqueste parole: “Ricordalo: quale innocente èmai perito e quando mai furono distrutti gli uominiretti? Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità, chisemina affanni, li raccoglie.” (Gb 7ss). Aquesto proposito scrive Ravasi: La vocedi Giobbe non è perciò, solo il gridodi una supplica o di un lamento. E’anche una sfida contro il diminuitoprestigio degli antichi concetti difede. E’ l’emancipazione del pensierosapienziale, teologico e filosofico

15 L. Alonso Schokel e J. L. Sicre Diaz, Giobbe,Borla, Roma, 1985, pp. 86,87.

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degli antichi teoremi dogmatici versouna religiosità più autentica.16 Ancheper i maestri d’Israele, assiduiruminatori della Scrittura come scrivePaolo De Benedetti, affermarono: RabbiJannaj dice:Non sono nelle nostre maniné la tranquillità degli empi, né lesofferenze dei giusti. (Pirquè AvotIV,15).17 Dal testo traspare anche, chei tre amici per consolarlo parlano diDio, invece Giobbe parla sempre a Dio.L’ambiente religioso in cui nasce illibro di Giobbe, secondo RoderickMackenzie, non può che essere lapiccola provincia della Giudea, in unterritorio non molto vasto attorno allacittà di Gerusalemme, e per luil’autore e un gerosolimitano, chescrisse dopo Neemia, scrisse inebraico, anche se si rivolgeva ad unapiccola comunità, formatasi con ilritorno dall’esilio. Infatti, quando16 Gianfranco Ravasi, Giobbe traduzione e commento, op. cit. p. 12.17 Paolo De Benedetti, Quale Dio? Una domanda dallastoria, Morcelliana, Brescia, 1996, p. 15.

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apparve il libro di Giobbe, la comunitàsi stava ricostruendo in terrad’Israele, e dopo il crollo del mondoprecedente con la catastrofedell’esilio e la distruzione diGerusalemme e del Tempio, distruzioneche aveva fatto crollare le antichecertezze, con la ricostruzione in atto,anche la vita religiosa riparted’accapo e inizia a riesaminare lavecchia teologia della retribuzione, edera questo l’obiettivo che l’AutoreSacro si era prefissato, con il librodi Giobbe.18 Lo sfondo culturale, in cuinasce il libro di Giobbe, è impregnatodell’antica letteratura sapienziale delvicino oriente antico, antica di più ditremila anni, elaborata sia presso iSumeri, che in Egitto, mentre per ilpiccolo Israele, era una tradizionemolto recente. Infatti, quasicertamente l’Autore Sacro aveva letto oconosceva un antico testo egiziano noto

18 AA.VV. Concilium, Giobbe e il silenzio di Dio, op. cit. pp. 23 – 24.

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con il nome Dialogo di un disperato con lapropria anima risalente al 2100 A.E.V.,che in un suo passaggio esclama: A chiparlerò oggi? Non vi sono giusti, laterra è abbandonata ai malfattori., esenz’altro aveva letto anche un testomesopotamico, conosciuto come: Il lamentodel giusto sofferente, che a un certo puntoesclama: Certo credevo davvero che lamia pietà fosse gradita agli dei. Maforse, ciò che si reputa una buonaazione e per loro un’offesa. E ciò chesi ritiene una bestemmia, è una buonaazione per loro?. Il testo risale al IImillennio A.E.V. Inoltre le conoscenzescientifiche relative alla terradescritte dall’autore nei capitoli dal36 al 41, oppure la descrizionedell’infinito descritta al capitolo 26,7, nozioni sconosciute all’epoca inIsraele, ma note alla culturamesopotamica. Secondo gli esegeti,l’Autore Sacro doveva aver lettoGeremia, perché la maledizione inveitaal capito 3: “Perisca il giorno in cui io nacqui ela notte in cui si disse: <<E’ stato concepito un uomo!

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>> Quel giorno sia tenebra, non lo ricerchi Diodall’alto, né brilli mai su di esso la luce>>” (Gb3,3ss), è una rielaborazione dellamaledizione di Geremia: “Maledetto il giornoin cui nacqui;il giorno in cui mia madre mi diede allaluce non sia mai benedetto” (Ger 20,14ss).L’altro passo riconducibile a Geremiaè: “Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possadiscutere con te; ma vorrei solo rivolgerti una parolasulla giustizia. Perché le cose degli empi prosperano?Perché tutti i traditori sono tranquilli? Tu li haipiantati ed essi hanno messo radici, crescono eproducono frutto; tu sei vicino alla loro bocca, malontano dai loro cuori.” (Ger 12,1ss), infattil’Autore Sacro mette in bocca a Giobbequeste parole: “Per questo io dico:<<E’ lastessa cosa>>: egli fa perire l’innocente e il reo!Se unflagello uccide all’improvviso, della sciagura degliinnocenti egli ride. La terra e lasciata in balia delmalfattore..” (Gb 9,22ss). Questi lamentisono quelli che hanno impressionato ilettori sino al giorno d’oggi, e permolti hanno rasentato la bestemmia.Altri testi conosciuti dall’AutoreSacro dovevano essere alcuni salmisapienziali come il Salmo 73. Il

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Salmo 73, secondo gli esegeti moderni,può essere assegnato o all’età pre-esilica (VII secolo A.E.V.), scrittosotto l’influenza del pensiero diGeremia, o molto più probabilmente,alla fase post-esilica (inizio V secoloA.E.V.), quando la riflessione sullaretribuzione (giusti/empi) era giàstata definita e non solo abbozzata. Iltema principale affrontato dal libro diGiobbe è il problema del male, infatticome abbiamo già detto era entrato incrisi la teologia della dottrinatradizionale della retribuzione, che chipecca è punito, mentre il giusto vienericompensato. Scrive Paolo De Benedettia proposito del male: Due ebrei hannodetto la loro sul problema del male:uno è Paolo di Tarso che conprecipitazione esprime il suo ottimismonell’esclamazione: “O morte, dov’è la tuavittoria? (1Cor 15,55)”. Non èun’affermazione sublime, come moltiritengono, ma incauta, perché dovunqueè manifesta la vittoria della morte.L’altro ebreo, Gesù, ci lascia invece

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le sue parole sulla croce: “Dio mio, Diomio, perché mi hai abbandonato?; (Mt 27,46),esse devono essere prese comel’esperienza che Dio accetta di faredella disperazione; se Dio non facessetale esperienza non potrebbe dire nullaai disperati. In mezzo al dolore, almale, all’ingiustizia, alla morte, chesono realtà storiche, la compassione,cioè il patire insieme di Dio con noi èl’unica risposta che ci pacifica conDio.19 Che dall’apparire del libro diGiobbe, in Israele cominciasse aserpeggiare un’idea di vita futura,qualche esegeta a partire da Girolamol’ha avanzata. Al capito 14 versetto 14l’Autore Sacro mette in bocca a Giobbequesto interrogativo: “Se l’uomo che muorepotesse rivivere, aspetterei tutti i giorni della miamilizia finché arrivi per me l’ora del cambio!”, cosìla traduzione della Bibbia diGerusalemme; Girolamo aveva tradotto:Credi che l’uomo, dopo la morte viva di19 Paolo De Benedetti, Considerazioni sul male: dalmidrash a Jonas, op. cit.

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nuovo?. Perciò Giobbe che per tutto illibro non aveva mai manifestato dicredere in una vita futura, comeapprendiamo da Gb 14,12: “ma l’uomo chegiace più non s’alzerà, finché durano i cieli non sisveglierà”, al Capitolo 19 versetti 25,27,improvvisamente seguendo la versione diGirolamo della Volgata, Giobbedichiara: “So che il mio redentore è vivo e cheall’ultimo giorno mi rialzerò dalla terra; e rivestirò dinuovo la mia pelle e nella mia carne vedrò Dio. Io lovedrò, i miei occhi lo vedranno, e non un altro:questa è la speranza che porto in cuore.”. Questisono i passi che i cristiani permilleseicento anni hanno letto econosciuto, perché facenti parte dellaliturgia dei defunti. Non trovo deltutto corretto il giudizio che Ravasida, sulla traduzione dei versetti diGb19,25-27 di Girolamo, arrivando adaffermare: Il testo purtroppo è moltolesionato e la lettura che ne faGirolamo è stata per molti aspettiforviante. [….] Girolamo era un genioma sbrigativo, quando non capiva lecose, le risolveva a senso come gli

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andava bene.20 Il Testo Masoretico èparticolarmente complesso e didifficile interpretazione. Mi limito ariportare la traduzione letterale deltesto ebraico conservato: “25 lo so che ilmio go’el è vivo e che ultimo si ergerà sulla polvere,26 e dopo la mia pelle, essi hanno reciso ciò e dallamia carne vedrò Dio 27 per il fatto che lo vedrò perme e i miei occhi lo scorgeranno e non uno straniero.Si sono consumati i miei reni dentro di me.” Oggi,secondo il parere di molti esegeti, dallibro di Giobbe, non traspare nessunaidea di un mondo futuro. Ma per 1600anni sino al Concilio Vaticano II,questa era l’idea e la prassi nellaliturgia cattolica, avallata anche daiPadri della Chiesa, come leggiamo dallatraduzione di Efrem il Siro chetraduce: Io so che il mio redentore èvivo e che alla fine sarà rivelatosulla terra. Non c’è dubbio che le sofferenzeingiuste, la vita nel mondo che verrà,20 Gianfranco Ravasi Pier Angelo Sequeri, Giobbee il Cantico dei Cantici, Associazione Biblica Italiana,Rocca di Papa, 1992, p. 35.

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e Dio stesso, sono intrinsecamentelegati, perché come dice Paolo DeBenedetti: La sofferenza immeritata cifa postulare la vita futura, perché sequesta non ci fosse, Dio non sisalverebbe da nessuna accusa.21 Possiamodire, che il problema della felicitàdegli empi, e la sofferenza dei giusti,rimane un mistero irrisolto, come lostesso Giobbe proclama: “Ho esposto dunquesenza discernimento cose troppo superiori a me, cheio non comprendo.” (Gb 42,3). Il libro diGiobbe, non raccolse grandi consensinelle prime comunità cristiane, sitrovano alcune allusioni al libro diGiobbe nei vangeli e lettere di Paolo,leggiamone alcuni esempi: Mt 19,26:“Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto èpossibile.”, si rifà a Gb 42,2: “Comprendoche puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile perte”; Lc 1,52: “Ha rovesciato i potenti dai troni,ha innalzato gli umili”, legge Gb 12,19: “Faandare scalzi i sacerdoti, e rovescia i potenti”; 1

21 Paolo De Benedetti, Considerazioni sul male: dalmidrash a Jonas.

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Cor 3,19: “Egli prende i sapienti per mezzo dellaloro astuzia”, legge Gb 5,13: “Coglie disorpresa i saggi nella loro astuzia”; AncheGiacomo nella sua lettera fariferimento direttamente a Giobbe: “…Avete udito parlare della pazienza di Giobbe econoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore,perché il Signore è ricco di misericordia e dicompassione” (Gc 5,11). Bisogna arrivarea Origene (185 – 254), per avere uncommento sul libro di Giobbe. Leliturgie sia ebraica sia cristianahanno avuto poco a che fare con illibro di Giobbe Per quanto riguarda laliturgia ebraica, leggiamo cosa scrisseElie Wiesel,22 Premio Nobel,sopravissuto del campo di Auschwitz:Lo si conosce senza conoscerlo. Anch’ioho vissuto la storia di Giobbe senzaconoscerla [….]Da noi, nell’Europadell’Est a Sighet dove sono nato, nonabbiamo mai davvero studiato questolibro per una ragione molto semplice:

22 Josy Eisenberg, Elie Wiesel, Giobbe o Dio nellatempesta, SEI, Torino, 1989, p. 10.

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in quei paesi si studia innanzitutto ilTalmud; ma il Talmud si basa molto dipiù sulla Torà che sugli altri libridella Bibbia. Ovviamente di tanto intanto, avevamo un certo autore per cosìdire, dei Profeti, dato che eranocitati nel Midrash23 […] o anche perchédi sabato, dopo la lettura della Torà24

23 Midrash. Interpretazione rabbinica dellaScrittura. Il termine ebraico che deriva dalverbo darash, “cercare”, “investigare”, indicasia il metodo di esegesi, sia la produzioneletteraria che ne è derivata. AA.VV. Vademecumper il lettore della Bibbia, op. cit. p.50.24 Torà. In ebraico “insegnamento”, direzione,ammaestramento. Tradotto impropriamente con“Legge”. Con il termine Torà si intendel’intero discorso divino rivolto all’uomo. LaTorà è il Pentateuco, cioè quello che Dio harivelato a Mosè sul Monte Sinai. Pietro MarianiCerati e Luigi Rigazzi, Il Paradiso delle piccole cose,Paolo e Maria De Benedetti si raccontano, ImprimaturEditore, Reggio Emilia, 2014, p.141.

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(Pentateuco),25 durante l’haftarah,26

recitiamo un passo profetico, ma Giobbenon è mai incluso nell’haftarah. Loscrittore qui si riferisce allecomunità dell’Est europeo cioè quelledi rito Askhenazita,27 ma anche per gli25 Pentateuco. Dal greco, “cinque astucci”(conriferimento ai libri che vi erano contenuti).Nella titolazione dei settanta, i primi 5 libridella Bibbia, cioè Genesi, Esodo, Levitico,Numeri e Deuteronomio. AA. VV.. Vademecum per illettore della Bibbia, op. cit. p. 57. 26 Haftarah. Rappresenta una serie di selezionidai libri dei Nevi'im ("Profeti") della Bibbiaebraica (Tanakh) che viene letta pubblicamentenella sinagoga quale parte della praticareligiosa ebraica. Le lettura della haftarahsegue la lettura della Torah ogni Shabbat edurante le Festività ebraiche e giorni delDigiuno. Tipicamente la haftarah è collegatatematicamente alla parasha ("porzione dellaTorah") che la precede. La haftarah è cantata inun inno, noto come "trop" in yiddish o"cantillazione" in italiano. Le relativebenedizioni precedono e seguono la letturadella haftarah.

27 Askhenazita. Dall’ebraico, nella t”avola deipopoli” del Genesi e in un altro passo della

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altri riti come quello italiano, illibro di Giobbe, viene letto inqualche giornata particolare, come ilgiorno dedicato per la commemorazionedelle due distruzioni del Tempio diGerusalemme, il 9 di Av,28 per JomKippur29 e durante i funerali. QuestoBibbia (Ger 51,27) indica una nazionediscendente da Jafet, insediata a nord dellaSiria. Nel Medioevo si identificò Askhenaz conla Germania, oggi si chiamano Askhenazim gliebrei dell’Europa centrale e orientale. PietroMariani Cerati e Luigi Rigazzi, Il Paradiso dellepiccole cose, Paolo e Maria De Benedetti si raccontano, op.cit. p. 137.28 Tisha b ‘Av, o più semplicemente 9 di Av, èun giorno di lutto e digiuno nel calendarioreligioso luni-solare del Giudaismo che puòcadere a luglio o agosto. Il suo nome denota ilnono giorno (Tisha) del mese giudaico di Av. Ilgiorno è stato chiamato il "più triste giornonella storia ebraica". WikipediA.29 Jom Kippur. In ebraico “espiazione” o “giornodell’espiazione”. La massima solennitàpenitenziale dell’anno liturgico ebraico, checade il 10 del mese autunnale di Tishrì. PietroMariani Cerati e Luigi Rigazzi, Il Paradiso dellepiccole cose, Paolo e Maria De benedetti si raccontano, op.cit. p. 138.

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perché si legge in positivo la partefinale del libro cioè l’epilogogioioso, dopo la tragedia iniziale.30 Icristiani non facenti parte del clero,hanno conosciuto alcuni passi di Giobbea partire dal VII secolo sino al XXsecolo, grazie all’ufficio dei defunti,in occasione dei funerali e nel ritodella sepoltura. Mentre il clero lo hautilizzato durante le letture delMattutino nelle prime due settimane disettembre. Nella liturgia postconciliare, il libro di Giobbe escedefinitivamente dalle letture per idefunti, rimane solo la lettura per ilclero nell’ufficio divino.31 Afferma atal proposito Philippe Rouillard: Lanuova liturgia dei defunti, dunque, harotto con una tradizione millenaria. Haritenuto che Giobbe sia superato, cheil suo discorso non abbia più posto30 Piero Stefani, L’interpretazione ebraica di Giobbe:alcune prospettive, Notiziario di Biblia Anno VI,Settimello FI, 1992.31 AA.VV. Concilium, Giobbe e il silenzio di Dio, op. cit. p. 32.

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nella celebrazione cristiana dellamorte. [….] Non si può tuttavia nonrimpiangere che questa grande voce,così ricca di umanità, sia ormairidotta al silenzio, e che la figura diGiobbe sia quasi scomparsa dallaliturgia che accompagna l’uomo nelsuo passaggio da un mondo all’altro.32

La tradizione ebraica ha messo spesso aconfronto il comportamento dei duePatriarchi, Abramo e Giobbe. Abramo, èmesso ala prova da Dio stesso che lochiama direttamente e gli ordina:“Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco,và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto, su diun monte che io ti indicherò.” (Gen 22,2ss). Quista la prova, di cosa significa fare lafede, come dice Paolo De Benedetti: Farela fede: è una espressione che nelmondo cristiano non si usa: fare lafede, non professare la fede: laprofessione è, come dire, il chiarore

32 ? AA.VV.. Concilium, Giobbe e il silenzio di Dio, op.cit. p. 29

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che viene intorno al fare la fede. 33

Fare la fede, perché Abramo in un silenzioirreale, assordante, che dal testotraspare, carica l’asino, prepara lalegna e si incammina per la via che Diogli ha indicato, come abbiamo detto,senza porsi e porre domande. Mentre perGiobbe è diverso. Non è un’idea di Diodi mettere alla prova Giobbe, ma delsatan, personaggio della corte divina, acui Dio da il permesso di colpireGiobbe, sia sulla pelle, che negliaveri. Dal testo traspare che ilcomportamento di Giobbe all’inizio,sino a quando non intervengono iconsolatori è il comportamento di un uomodi fede, infatti dal testo apprendiamo:“Allora Giobbe si alzò e si straccio le vesti, si rase ilcapo, cadde a terra, si prostrò e disse: <<Nudo usciidal seno di mia madre, e nudo vi tornerò. Il Signoreha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome delSignore>>” (Gb 1, 20ss). Qui notiamo che33 Paolo De Benedetti. Conferenza tenuta aReggio Emilia il 17 Gennaio 1998.

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Giobbe non ha peccato, ma ha benedettoil Signore. Ma dal momento cheintervengono i tre consolatori, ilcomportamento di Giobbe cambia, masoltanto per confutare e ribattere leteorie e le certezze arcaiche dei treamici e della moglie. Per queste suemormorazioni o lamentazioni, Giobbe peri maestri d’Israele non è annoveratotra i Patriarchi d’Israele, assieme adAbramo, Isacco e Giacobbe.34 Sappiamo,che nell’Antico Testamento, il lamentoè espressione del tormento di unapersona, è il linguaggio dellasofferenza dell’uomo che soffre,dell’uomo offeso, o deluso, comeapprendiamo dai Salmi di lamentazione.35

Giobbe è stato commentato dai primiPadri della Chiesa e venerato comeprototipo del martire e come simbolodell’uomo giusto, sottoposto asofferenze. Per i primi IV secoli la34 Piero Stefani, L’interpretazione ebraica di Giobbe,alcune prospettive, op. cit. pp. 8,9. 35 AA.VV. Concilium, Giobbe e il silenzio di Dio, op.cit. p. 39.

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figura di Giobbe ha posto anche deiproblemi teologici, perché consideratoblasfemo e sacrilego in alcune sueparti. Il primo grande commento lotroviamo nell’immane opera di SanGirolamo (347 – 419/420), Biblia Sacra cumGlossa Ordinaria. Uno dei più ampi commentidei primi Padri della Chiesa èsenz’altro il commento di Papa GregorioMagno (540 – 604) con il suo Moralia inIob, opera in 35 libri, che completò aRoma quando fu eletto Papa. Un altrogrande commentatore fu il grandeDottore della Chiesa, San TommasoD’Aquino (1225 – 1274), con il suoCommento a Giobbe. Ci sono pervenuti duegrandi commenti al libro di Giobbe daparte di Padri orientali, scritti insiriaco, il primo è del più importantedei Padri siriaci, Efrem il Siro (306 –373), l’altro molto più tardo è diIsho’dad di Merv del 850. Il libro diGiobbe e come un’opera drammatica e sipresenta come un insieme di dialoghi.

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Scrive, infatti, L. Alonso Schokel36: Illibro di Giobbe è un dramma conpochissima azione e con molto pathos.La passione che un autore geniale,anticonformista e provocatore, hainfuso nel suo protagonista.Insoddisfatto e non allineato con ladottrina tradizionale dellaretribuzione, egli ha opposto ad unprincipio un fatto, ad un’idea unuomo.37 A differenza del personaggio (il servosofferente), descritto da Isaia, (Is53,1ss), presentato come unosconosciuto, reietto, disprezzato datutti, ma che patisce e conosce idolori ingiustamente, la cui pena e ilcui castigo la comunità consideravagiusti, a differenza di questosconosciuto, il Giobbe del nostrodramma, parla, impreca e vuole

36 L. Alonso Schokel e J. L. Siicre Diaz, Giobbetraduzione e commento, Borla, Roma, 1985, p. 11.37 L. Alonso Schokel e J. L. Siicre Diaz, Giobbe,op. cit. p. 11.

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giustizia. Per i vangeli e per i primiPadri della Chiesa, queste due figuresono prefigurazioni (typos)38 di Cristo.Concludendo, Giobbe è la grande iconadell’uomo che si interroga sul doloreingiusto, Giobbe è l’uomo della grandedisputa con il suo Dio, sempre nellatradizione ebraica (riv). Affermainfatti Paolo De Benedetti, che Dio nonha bisogno di difensori come il Satan,ma di credenti come Giobbe, critici, eche mettano a nudo le sue ferite.39

Giobbe, rimane dopo l’immane tragedia ediscussione con i suoi tre amici e lamoglie, l’uomo della fede, nonostantesia arrivato al limite della blasfemia.E’ il primo uomo che trascina Dio ingiudizio, e si placa soltanto quando38 Tipos, Tipologia. Metodo ermeneutico chelegge i personaggi, avvenimenti, oggetti oistituzioni dell’Antico Testamento comeprefigurazioni di realtà deò Nuovo. La realtàantica e detta tipo (dal greco typos figura), lacorrispondente del Nuovo Testamento. AA.VV.Vademecum per il lettore della Bibbia, op. cit., p. 78.39 Paolo De Benedetti, Quale Dio? Una domanda dallastoria, op. cit. p.9.

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Dio gli parla, gli risponde, e, allafine, si prostra davanti alla suapotenza: “Comprendo che puoi tutto e chenessuna cosa è impossibile per te. […]Perciò miricredo e ne provo pentimento sopra polvere ecenere”. (Gb 42,2ss). Possiamo concluderedicendo, che il Libro di Giobbe, è untesto profondamente ebraico, chenonostante alcuni pareri contrari, sipuò dire in un certo senso che ancheGiobbe, apre all’universalismo dellafede ebraica, questo perché è il suoessere un uomo giusto, Servo di Dio, come lochiama Dio stesso tante volte, lorende parte di Israele. Riguardoall’importanza della presenza del librodi Giobbe, all’interno della Bibbiaebraica, leggiamo cosa scrive SamuelTerrien: …l’importanza di Giobbeall’interno dei libri della Scrittura,non può essere esagerata. Insieme conGeremia, il secondo Isaia e certiSalmi, Giobbe è da collocare al cuoredel pensiero ebraico. Possiamo dire checostituisce persino l’abbozzo dellateologia neotestamentaria, perché

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prefigura la realtà della salvezzaafferrata dalla sola fede.40

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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40 Daniel Attinger, Giobbe, op. cit. p. 11.

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