Forme dell’allevamento suino in Puglia in età medievale: il dato archeozoologico Pig breeding in...

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Pubblicazione del Museo Civico di Rovereto

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Pubblicazione delMuseo Civico di Rovereto

Il presente volume è stato realizzato grazie alla collaborazione e al contributo finanziario del Museo Civico di Rovereto, della Soprintendenza Provinciale ai Beni Culturali di Bolzano - Alto Adige, Ufficio Beni Archeologici, al sostegno della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma.

Progetto scientifico e redazione Ivana Fiore e Antonio Tagliacozzo

Progetto grafico Gianfranco Calandra

Cura editoriale Ivana Fiore e Antonio Tagliacozzo

Revisione dei testi inglesi Francesca Alhaique

Stampa Edizioni Osiride

Associazione Italiana di ArcheoZoologia Museo Civico di Rovereto

Atti del 5° Convegno Nazionaledi Archeozoologia

Rovereto, 10-12 novembre 2006

a cura di

A. Tagliacozzo, I. Fiore, S. Marconi, U. Tecchiati

Atti del 5° Convegno Nazionale di Archeozoologia

PromotoriAssociazione Italiana di Archeozoologia, Museo Civico di Rovereto, Soprintendenza Provinciale ai Beni Culturali di Bol-zano - Alto Adige, Ufficio Beni Archeologici, con la collaborazione della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma.

Comitato Scientifico Consiglio direttivo A.I.A.Z.: Mauro Bon, Antonio Curci, Jacopo De Grossi Mazzorin, Ivana Fiore, Antonio Tagliacozzo, Umberto Tecchiati, Ursula Thun Hohenstein. Museo Civico di Rovereto: Franco Finotti, Stefano Marconi.

RefereeUmberto Albarella, Daniele Albertini, Mauro Bon, Luca Bondioli, Paolo Boscato, Cristina Cilli, Antonio Curci, Jacopo De Grossi Mazzorin, Massimo Delfino, Ivana Fiore, Giovanna Gambacurta, Giacomo Giacobini, Alberto Girod, Giancarla Malerba, Elisabetta Mangani, Claudia Minniti, Maria Rita Palombo, Benedetto Sala, Frank Salvadori, Antonio Tagliacozzo, Umberto Tecchiati, Ursula Thun Hohenstein, Carlo Tozzi, Barbara Wilkens, Marco Zedda.

Segreteria Scientifica e RedazioneSezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia, Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” - P.le Guglielmo Marconi, 14 - 00144 Roma - Tel. 0654952236 - Fax 0654952310e-mail: [email protected]

5° Convegno Nazionale di Archeozoologia

Comitato Scientifico Mauro Bon, Paolo Boscato, Antonio Curci, Jacopo De Grossi Mazzorin, Mariette de Vos, Franco Finotti, Giacomo Gia-cobini, Giancarla Malerba, Maria Rita Palombo, Annaluisa Pedrotti, Benedetto Sala, Antonio Tagliacozzo, Ursula Thun Hohenstein, Carlo Tozzi.

Comitato Organizzativo del ConvegnoFranco Finotti, Ivana Fiore, Stefano Marconi, Barbara Maurina, Antonio Tagliacozzo, Umberto Tecchiati.

Segreteria Scientifica e OrganizzativaSezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia, Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” - P.le Guglielmo Marconi, 14 - 00144 Roma - Tel. 0654952236 - Fax 0654952310e-mail: [email protected]

Segreteria OrganizzativaMuseo Civico di Rovereto - Borgo S. Caterina, 41 - 38068 Rovereto - Tel. 0464439055 - Fax 0464439487 e-mail: [email protected]

Con il patrocinio diMinistero per i Beni e le Attività Culturali - Provincia Autonoma di Trento - Soprintendenza per i Beni Archeologici di Trento - Autonome Provinz Bozen, Südtirol/Provincia Autonoma di Bolzano, Alto Adige - Soprintendenza Provinciale ai Beni Culturali di Bolzano, Alto Adige, Ufficio Beni Archeologici - Naturmuseum Südtirol / Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige - Museo Tridentino di Scienze Naturali - Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” - Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Istituto Italiano di Paleontologia Umana - Associazione Nazionale Musei Scientifici

Comitato d’OnoreLorenzo Dellai Presidente della Provincia Autonoma di TrentoMargherita Cogo Assessore alla Cultura della Provincia Autonoma di TrentoLuis Durnwalder Landeshauptmann der Autonomen Provinz Bozen - Südtirol / Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige Sabina Kasslatter Mur Landesrätin für Denkmalpflege der Autonomen Provinz Bozen - Südtirol / Assessore ai Beni Culturali della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige Gianni Ciurletti Soprintendente della Soprintendenza per i Beni Archeologici di TrentoLorenzo Dal Ri Direktor des Amtes Für Bodendenkmäler, Landesdenkmalamt der Autonomen Provinz Bozen - Südtirol / Direttore dell ’Ufficio Beni Archeologici, Soprintendenza Provinciale ai Beni Culturali di Bolzano - Alto AdigeVito Zingerle Direktor des Naturmuseums Südtirol / Direttore del Museo di Scienze Naturali dell’Alto AdigeMichele Lanzinger Direttore del Museo Tridentino di Scienze Naturali di TrentoMaria Antonietta Fugazzola Soprintendente della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di RomaAnna Maria Bietti Sestieri Presidente dell ’Istituto Italiano di Preistoria e ProtostoriaAmilcare Bietti† Presidente dell ’Istituto Italiano di Paleontologia UmanaGiacomo Giacobini Presidente dell ’Associazione Nazionale Musei ScientificiAlfredo Riedel Socio onorario dell ’A.I.A.Z.

Nel 1995 il Museo Civico di Rovereto, grazie alla disponibilità e all’amicizia di Alfredo Riedel, avviava le attività del La-boratorio di archeozoologia. Esso consisteva in una stanza, che coincideva con lo studio del conservatore della sezione di archeologia, in un tavolo e in due sedie, e in molte ossa di scavo che attendevano di essere studiate. Mancavano ancora una buona collezione di confronto, una ricca dotazione di libri e di riviste, i contatti a livello nazionale e internazionale. Tutte cose, queste, a raggiungere le quali servono non solo denari di cui, comunque, un Museo di una cittadina di provincia non dispone mai con grande larghezza, ma soprattutto tempo, fiducia, piccoli continui passi quotidiani di cui sono in primo luogo da ringraziare il promotore della nascita del Laboratorio ed ex conservatore della Sezione di Archeologia Umberto Tecchiati, il responsabile del Laboratorio, Stefano Marconi e l’attuale conservatrice Barbara Maurina.

Così, quando si è iniziato a perseguire il progetto di ricerca in archeozoologia, nessuno di noi poteva immaginare che il Mueseo Civico di Rovereto avrebbe ospitato così presto, e cioè a soli dieci anni dalla fondazione del Laboratorio, la mas-sima espressione di questa disciplina in Italia, e cioè il Congresso dell’Associazione Italiana di ArcheoZoologia (A.I.A.Z.). La riunione scientifica è stata perciò una tappa importante anche per il Museo e il suo Laboratorio, che da essa ha saputo trarre motivi di riflessione e stimoli operativi e organizzativi nuovi. Questo volume, che di quell’incontro celebra gli Atti, corona, nello spirito di dialogo interdisciplinare che ci ha animato nell’accogliere a Rovereto, nel 2006, gli archeozoologi italiani, una forte collaborazione tra enti e personalità diverse. Quanto essa sia stata proficua non va ricercato meno nella nostra concreta esperienza di ricercatori e operatori museali, che nelle pagine che seguono.

Franco Finotti, Direttore del Museo Civico di Rovereto

Sono particolarmente onorato di far coincidere la fine del mandato di Presidente dell’Associazione Italiana di Archeo-zoologia con la pubblicazione del volume degli Atti del 5° Convegno Nazionale tenutosi a Rovereto nel novembre 2006.

In qualità di Presidente A.I.A.Z. in carica all’epoca del Convegno, desidero esprimere la mia gratitudine al Museo Ci-vico di Rovereto per aver reso possibile la realizzazione di queste giornate che si sono rivelate molto importanti dal punto di vista scientifico e piacevoli dal punto di vista dell’accoglienza ricevuta dai partecipanti. Un sentito ringraziamento va rivolto a Franco Finotti, Direttore del Museo e a Barbara Maurina, Conservatore della Sezione Archeologica, per la loro disponibilità nelle fasi preparatorie del convegno, durante il suo svolgimento e, ancora, successivamente ad esso, per aver contribuito alla pubblicazione dei presenti Atti. Una speciale gratitudine va a Lorenzo Dal Ri della Soprintendenza Pro-vinciale ai Beni Culturali di Bolzano per il fattivo contributo alla pubblicazione di questo volume. Un particolare ringrazia-mento è diretto a Maria Antonietta Fugazzola, Soprintendente del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, per il sostegno alla realizzazione del Convegno e degli Atti. Desidero poi rivolgere uno speciale ringraziamento a Ivana Fiore, Stefano Marconi e Umberto Tecchiati per il loro impegno nella organizzazione del Convegno e per la cura di questo volume. Al loro lavoro e a quello dei revisori dei diversi testi dobbiamo la qualità della presente pubblicazione e la sua re-alizzazione. Un sentito ringraziamento va poi ai membri del Comitato d’Onore e del Comitato Scientifico del Convegno che, per il prestigio personale e degli Istituti da loro rappresentati, hanno contribuito a dare lustro e fondamento scienti-fico al Convegno. Un grazie di cuore a Gianfranco Calandra per la disponibilità e la pazienza dimostrata nel sopportare le continue richieste dei curatori.

Non mi soffermerò sulla presentazione del volume, che affronto in altra sede con i co-curatori, ma colgo invece l’occa-sione per tracciare un breve bilancio degli ultimi sei anni che mi hanno visto alla Presidenza dell’A.I.A.Z.

Gli anni del mio doppio mandato sono stati anni molto intensi e proficui per la nostra associazione: si sono tenuti infatti due convegni (Rovereto e Orecchiella), numerosi stages (sulla tassonomia, sui micromammiferi, sui cheloni, sui molluschi e sulla riproduzione dei reperti ossei) e sono stati pubblicati gli atti di tre Convegni (Siracusa, Pordenone e Ro-vereto). La realizzazione di tutte queste attività è stata possibile grazie alla collaborazione dei diversi membri del Consiglio Direttivo che si sono avvicendati in questo periodo e all’operosità di numerosi soci (e a volte anche con il contributo di semplici sostenitori) appartenenti a diverse realtà (Università, Soprintendenze, Musei civici e Amministrazioni territoria-li) che hanno prestato gratuitamente la loro opera e si sono industriati per reperire fondi. Non è possibile, in questa sede, ringraziare singolarmente tutte le persone coinvolte nelle diverse attività. Il ringraziamento è quindi collettivo, ma credo che possa arrivare ad ognuno di quelli che hanno operato per il raggiungimento dei diversi obiettivi.

Permettetemi comunque una singola eccezione. Non posso lasciare questo incarico senza ringraziare pubblicamente Ivana Fiore, il vero motore dell’A.I.A.Z. in questi ultimi sei anni. Senza la sua caparbietà e tenacia e senza il suo continuo stimolo (a volte, lo confesso, vissuto da me come un fastidio) non avremmo attuato neanche la metà delle attività che ab-biamo realizzato. Credo, senza alcun tema di smentita, di poter affermare che questo ringraziamento accomuna tutti i soci.

Tenuto conto delle nostre esigue possibilità finanziarie è un bilancio che mi sento di definire più che positivo. Certo, mi rendo perfettamente conto che molti dei progetti discussi e proposti sono falliti e che rimane ancora molto da fare. Penso innanzi tutto alla mancata attivazione del nuovo sito internet (che pure abbiamo realizzato) che ha comportato l’im-possibilità di realizzare quello scambio di esperienze, di informazioni, di bibliografie e di condivisione delle ricerche che erano all’origine della sua progettazione. In questi anni malgrado tutti gli sforzi non siamo riusciti a realizzare una gestione veramente collegiale dell’Associazione. Spesso le decisioni sono state prese e gestite personalmente dalla presidenza e il coinvolgimento del Consiglio Direttivo è stato poco più che formale. Reputo invece che la vita di una Associazione come la nostra possa avere un futuro solo se capace di coinvolgere sempre più persone (non solo il Consiglio Direttivo) nel pro-porre idee e realizzare progetti. Un “capitano solo al comando”, anche se animato da passione e voglia, può solo traghettare la nostra organizzazione in un placido fluire di onde, ma se non è sostenuto da validi “ufficiali” non sarà in grado di affron-tare marosi e burrasche e superare le sfide che ci attendono nel futuro.

Auguro al nuovo Presidente e a tutti i soci dell’A.I.A.Z. un buon lavoro e la completa realizzazione dei loro progetti scientifici.

Antonio Tagliacozzo, Presidente A.I.A.Z.

Dopo i convegni A.I.A.Z. di Rovigo (1993), Asti (1997), Siracusa (2000) e Pordenone (2003), un nuovo volume di Atti, relativo al 5° Convegno di Rovereto (2006), si aggiunge alla lista ancora relativamente breve degli Atti dei nostri congressi. Il volume segna una tappa nella vita dell’Associazione, che è fatta di persone, di gruppi di ricerca, e non solo di progetti e pubblicazioni. È vero che di una società scientifica ciò che resta nel tempo è quanto essa ha saputo fare per il progresso della disciplina e delle conoscenze ad essa relative. Ma è parimenti importante che, nel perseguire ciò, l’A.I.A.Z. sia entrata più profondamente nella società scientifica italiana ed europea, che abbia allargato il numero di coloro che studiano i resti faunistici di scavo e, soprattutto, che le giovani generazioni di ricercatori abbiano riconosciuto nell’A.I.A.Z. un affidabile punto di riferimento. Compito dell’Associazione era e rimane dunque quello di corrispondere, per quanto possibile, alle loro aspirazioni, offrendo almeno una sede fisica in cui presentare i propri lavori (in questo caso il Museo Civico di Rovereto) e, a conclusione del congresso, un volume in cui pubblicarli in modo definitivo.

E così, mentre già si va ad imbastire il volume di Atti del 6° Convegno A.I.A.Z. del Parco dell’Orecchiella (2009), una stretta collaborazione con il Museo Civico di Rovereto, la Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico “L. Pigorini” di Roma e la Soprintendenza ai Beni Culturali di Bolzano, e il supporto dei numerosi soci che hanno aderito all’inizia-tiva sia in qualità di autori sia in quella di referee ci permettono oggi di presentare il volume degli Atti del 5° Convegno A.I.A.Z. di Rovereto. Cosa ci troverà l’attento lettore? Intanto una piccola sezione dedicata alla metodologia, con contri-buti che riguardano lo studio microscopico (istologico) dei tessuti ossei, e inoltre approfondimenti di tipo malacologico e informatico.

Tra i contributi relativi alle fasi pre e protostoriche quelli dedicati al Paleolitico sono del tutto prevalenti, su quelli dell’Età dei metalli, mentre di gran lunga minoritari sono quelli riferiti al Neolitico e all’Eneolitico. Se poi si scorre l’indice, è facile notare l’ampiezza dei contributi dedicati all’archeologia classica e postclassica. Circostanza, dopotutto, in generale favorevole, se si pensa al ritardo con cui non solo la “giovane” archeologia medievale e postmedievale ma anche, entro certi limiti, l’archeologia classica, si sono avvicinate agli studi archeobiologici, e segnatamente archeozoologici. Sembra giusto inoltre sottolineare la crescente attenzione per i contesti archeologici da cui provengono i lotti faunistici in quanto compo-nente essenziale dei siti scavati, di cui possono sovente (o sempre) ambire a determinare funzione e vicende di formazione dei depositi, ambiente, stili economici ecc.

Un aspetto di novità riguarda lo studio della composizione isotopica dei gusci di molluschi terrestri nella valutazione delle vicende climatiche al passaggio tra tardiglaciale e Olocene. Non è chi non si preoccupi, al riguardo, che anche l’ar-cheomalacologia tradizionale, fondata sulla determinazione macroscopica delle specie, possa trovare un futuro in seno all’archeozoologia italiana. Lo studio dei manufatti in materia dura animale, o le indagini sul significato simbolico e rituale degli animali (inumazioni e resti di animali in contesti sepolcrali), o ancora lo studio dell’iconografia per la ricostruzione delle relazioni uomo-animale nell’antichità, sono bene documentati in questo volume.

Una novità, rispetto al passato, è rappresentata dalla sezione tematica, che in questa occasione è stata dedicata al cervo. Di questo ungulato, sempre così importante per l’uomo, non si trattano solo gli aspetti legati all’uso artigianale del palco, pure così rilevanti, ma anche il diverso peso, nel corso del tempo, che esso ebbe sul piano dell’alimentazione umana.

Il volume si conclude, in modo quasi simbolico, a indicare la volontà di dialogo e cooperazione internazionale, con la sezione dedicata alle ricerche all’estero: dalla Francia medioevale alla Giordania ayyubida e mamelucca, dalla Mesopota-mia protostorica e storica al Marocco romano, alla Tunisia neolitica alla Croazia dell’età del Bronzo.

Antonio Tagliacozzo, Ivana Fiore, Stefano Marconi, Umberto Tecchiati

Indice

Metodologia - ComunicazioniChisu V., Manca P., Farina V., Gadau S., Lepore G., Zedda M. Studio delle caratteristiche microscopiche del tessuto osseo ai fini del riconoscimento delle specie in archeozoologia .........3Mannino M.A. L’archeozoologia dei molluschi marini ....................................................................................................................................................11Metodologia - PosterBuglione A., De Venuto G., Sibilano M.G. La gestione informatizzata del dato archeozoologico in Puglia: ipotesi di progetto .......................................................................21

Paleolitico - ComunicazioniGurioli F., Parere V., Sala B. La fauna del Pleistocene superiore nella Grotta di Paina (Colli Berici, Vicenza)............................................................................27Parere V., Gurioli F., Sala B. Analisi della mortalità dell’orso delle caverne del Pleistocene superiore della Grotta di Paina (Colli Berici, Vicenza): una tana invernale di svezzamento ............................................................................................................................................................33Boscato P., Crezzini J. Modalità di sfruttamento delle parti scheletriche di Bos primigenius nel Paleolitico medio e superiore della Puglia: Grotta di Santa Croce (Bisceglie, Bari) e Grotta delle Mura (Monopoli, Bari)...............................................................................39Gurioli F., Cappato N., De Stefani M., Tagliacozzo A. Considerazioni paleontologiche, paleoecologiche e archeozoologiche sui macromammiferi dei livelli del Paleolitico superiore del Riparo del Broion (Colli Berici, Vicenza) ..................................................................................................47Colonese A.C., Zanchetta G., Manganelli G., Martini F., Tozzi C., Fallick A.E. Aspetti climatici al passaggio Tardoglaciale-Olocene in Italia meridionale tirrenica desunti dalla composizione isotopica dei gusci di molluschi terrestri..................................................................................................................................................57Gurioli F., Peresani M., Romandini M., Sala B. Predazione e sfruttamento di Marmota marmota nel sito epigravettiano di Grotta del Clusantin (Altopiano di Pradis, Prealpi Carniche, Pordenone) ............................................................................................................................65Gala M., Fiore I., Tagliacozzo A. L’otarda (Otis tarda) di Grotta Romanelli (Castro, Lecce): la caccia e lo sfruttamento ................................................................73Paleolitico - PosterCristiani E., Spinapolice E. Approccio tecno-sperimentale all’industria su Callista chione. Nuovi risultati da Grotta dei Giganti (Lecce) .........................85Ruiu F.D., Fiore I., Tagliacozzo A. La fauna del sito gravettiano di Roccia San Sebastiano (Mondragone, Caserta) ............................................................................89Colonese A.C., Tozzi C. I reperti malacologici di Grotta del Mezzogiorno (Salerno): implicazioni culturali e paleoecologiche .....................................93Mannino M.A., Thomas K.D. Studio preliminare del campione faunistico della Grotta Schiacciata a Levanzo (Trapani) .........................................................97Albertini A., Calattini M., Tagliacozzo A. I resti di pesce del Paleolitico superiore-Mesolitico di Grotta delle Mura (Monopoli, Bari) .................................................... 101

Mesolitico - Neolitico - Eneolitico - ComunicazioniBoschin F., Riedel A. Grotta dell’Edera (Carso Triestino): dati preliminari sui macromammiferi dei livelli sauveterriani ....................................... 107

Sorrentino C. L’abitato perispondale di Pizzo di Bodio (Varese): un’ulteriore testimonianza archeozoologica della preistoria del lago di Varese ........................................................................................................................................................................................ 113Chilardi S., Viglio F. Patologie dentarie nei resti animali provenienti dalle UUSS 1-16 del fossato neolitico di Contrada Stretto-Partanna (Trapani) ..................................................................................................................................................................................................... 119Mesolitico - Neolitico - Eneolitico - PosterPino Uría B., Tagliacozzo A. Capra aegagrus in Italia? Un frammento problematico tra i resti faunistici del Neolitico antico di Favella della Corte (Cosenza) .................................................................................................................................................................................................... 131Curci A., Padoanello S., Tagliacozzo A. Nuove analisi archeozoologiche a Grotta Bella (Terni): considerazioni economiche e paleoambientali ............................... 135

Età dei Metalli - ComunicazioniBorrello M.A., Girod A. Bivalvi d’acqua dolce, una materia prima per la fabbricazione di ornamenti in Italia settentrionale e in Svizzera dal Neolitico all’età del Bronzo ............................................................................................................................................................... 141Salari L., Bellucci L., Frezza A.M., Petrucci M., Pizzano N., Sardella R. Poggiomarino (Napoli): archeozoologia di alcuni contesti dell’età del Ferro del “Saggio A” .................................................... 149Età dei Metalli - PosterZuolo E., Thun Hohenstein U. Analisi dei manufatti in osso provenienti dal sito dell’età del Bronzo di Larda (Gavello, Rovigo) ........................................... 161Mannino M.A., Pluciennik M., Giannitrapani E. Risultati preliminari dello studio archeozoologico dei reperti faunistici dal Riparo San Tommaso (Enna) .......................... 165De Grossi Mazzorin J., Pagliara C., Rugge M. Testimonianze di utilizzazione del carapace di Caretta caretta nell’insediamento dell’età del Bronzo di Roca (Lecce) ...... 169Cavalieri S., Marconi S., Tecchiati U. La fauna di Barbiano in Val d’Isarco (Bolzano) tra il Bronzo recente e la prima età del Ferro .................................................. 173Maini E., Curci A. Il cibo dei morti: offerte alimentari dalla necropoli di Monterenzio Vecchio (Bologna) ........................................................... 177

Età classica e medievale - ComunicazioniDe Grossi Mazzorin J., Solinas A.M. La fauna dei Bothroi di Vaste (Lecce) e sue implicazioni cultuali .................................................................................................... 183Rizzi Zorzi J., Reggiani P., I cavalli della necropoli di Padova - Via Belzoni. Indagini istologiche preliminari sul terzo metacarpo di cavallo ................ 193Marconi S., Maurina B., Riedel A. La fauna dell’insediamento fortificato tardoantico di Loppio - S. Andrea (Trento): campagne di scavo 2000-2003 .......... 203De Venuto G. Forme dell’allevamento suino in Puglia in età medievale: il dato archeozoologico ..................................................................... 213Età classica e medievale - PosterCorrente M., De Venuto G., Pizzarelli A. La sepoltura equina della necropoli arcaica di Canusium: il caso della tomba 32 in contrada S. Paolo (Canosa, Barletta-Andria-Trani) ............................................................................................................................................................. 225De Venuto G., Quercia A. Le statuette fittili di cane in Italia meridionale in età preromana: la documentazione archeologica e il dato archeozoologico .......................................................................................................................................................................... 229

Cucinotta C., De Grossi Mazzorin J., Minniti C. La città etrusca di Veio: analisi archeozoologiche del pozzo US 469.............................................................................................. 235Pisoni L., Tecchiati U. Una sepoltura di cane connessa a un edificio di abitazione della seconda età del Ferro a Laion/Lajen - Gimpele I (Bolzano) ...................................................................................................................................................... 239De Grossi Mazzorin J., Minniti C. Populonia: analisi dei resti faunistici di un’abitazione di età romana .............................................................................................. 243Petrucci G. Resti di fauna da una sepoltura infantile di età romana nel centro storico di Trieste .................................................................. 247Ravani A., Thun Hohenstein U. Oggetti d’uso quotidiano in materia dura animale provenienti dal sito di I-VI sec. d.C. di Chiunsano, Ficarolo - Gaiba (Rovigo) ........................................................................................................................................................................ 253Carannante A., Chilardi S., Della Vecchia M. Resti archeozoologici dalla casa pompeiana di Marco Fabio Rufo: risultati preliminari ............................................................ 257Alhaique F., Fortunato M.T. Il campione faunistico del pozzo 593 dal sito di Ferento (Viterbo): tra alimentazione ed artigianato .................................... 261Bon M., Delfino M., Girod A., Trabucco R. La fauna del pozzo romano di Tenuta Zuccarello (Marcon, Venezia) ............................................................................................ 265Reggiani P., Rizzi Zorzi J. Inumazione rituale di un bovino nella necropoli di Piasentot a San Donato di Lamon (Belluno) .......................................... 269 Sardagna M., Tecchiati U., La fauna dell’abitato del primo Medioevo di San Genesio, loc. Ss. Cosma e Damiano (Bolzano). Scavi 2005 ..................... 275Buglione A. La lavorazione artigianale dell’osso in Puglia fra Tardoantico e Altomedioevo............................................................................ 279Spinetti A., Marrazzo D., Amoretti V., Granata A., Bassi C. Indagini archeozoologiche sul sito di San Cassiano a Riva del Garda, Trento (I-IV sec. d.C.) .................................................. 283Battafarano M., De Grossi Mazzorin J. Analisi dei resti ittici da alcuni contesti archeologici della Puglia di età tardo-antica e medievale ........................................... 289De Grossi Mazzorin J., De Venuto G. Indagini archeozoologiche presso il centro medievale di S. Salvo (Chieti) ................................................................................... 293Bon M., Dall’aglio A., Zampieri S. I resti faunistici di palazzo Ca’ Zusto a Venezia (VIII-XVII sec. d.C.) ............................................................................................ 299Masseti M. In un parco della Palermo normanna (XII sec. d.C.) ......................................................................................................................... 303Cesana D., Biagini M., Marrazzo D., Sorrentino C., Spinetti A. La fauna negli scavi archeologici del Palazzo Ducale di Genova. Risultati preliminari delle analisi archeozoologiche dai livelli medievali dell’area A ................................................................................................................................................................ 307De Venuto G. Il gatto nel Medioevo: recenti acquisizioni dal sito archeologico di Canne della Battaglia (Barletta) ..................................... 311De Grossi Mazzorin J., Nocera A. Nuovi dati archeozoologici dalla città medievale e moderna di Muro Leccese (Lecce) ............................................................ 317Alhaique F., De Bernardis D. Via di Vallepiatta: uno sguardo sulla vita quotidiana nella Viterbo del XVI secolo ..................................................................... 321Bon M., D’agostino M., Fozzati L., Medas S., Reggiani P. Le pelli d’orso recuperate nel “Relitto dei Cannoni” (XVIII sec. d.C.) in Laguna di Venezia ................................................... 325

5° Convegno Nazionale di Archeozoologia

Metodologia

Comunicazioni

Il cervo - Comunicazioni - PosterToŠkan B. Frequenza degli elementi scheletrici rispetto ai manufatti: sull’interpretazione del tipo di insediamenti mesolitici sulla base dei resti di cervo ....................................................................................................................................................................... 331Fiore I., Tagliacozzo A. Il cervo, una preda occasionale nell’Epigravettiano di Riparo Dalmeri (Trento)......................................................................... 339De Grossi Mazzorin J., Pagliara C., Rugge M. L’industria su palco di cervo del Bronzo finale di Roca (Lecce): rapporto preliminare ............................................................. 343Buglione A., De Venuto G. L’uso artigianale del palco di cervo in Puglia tra Tardoantico e Medioevo ................................................................................... 349Salvadori F. Resti di cervidi dai contesti di età medievale ....................................................................................................................................... 353Minniti C. L’importanza del cervo nel consumo alimentare a Cencelle (Civitavecchia, Roma) nel XIII-XIV secolo d.C. .................... 361

Ricerche archeozoologiche all’estero - PosterCurci A., Maini E., Mulazzani S. Studi archeozoologici ad Hergla (Tunisia): il sito di Sebkhet Halk el Menjl (SHM-1) ............................................................. 369Mannino M.A., Mazzanti C., Mulazzani S., Boussoffara R. Risultati preliminari dello studio della malacofauna dai siti preistorici della Sebkhet Halk el Menjel (Tunisia) .................. 375Curci A. La fauna del sito dell’età del Bronzo di Gradina Zvonik (Croazia) ................................................................................................. 379Siracusano G. Castori sull’Eufrate .................................................................................................................................................................................... 383De Grossi Mazzorin J., De Venuto G. Ricerche archeozoologiche a Thamusida (Marocco): allevamento, alimentazione e ambiente di un insediamento mauro e di una città romana .................................................................................................................................................................... 389Corbino C.A., Mazza P. Il Castello di Shawbak (Giordania): prime analisi archeozoologiche............................................................................................. 395Clavel B., Bandelli A. Il consumo di carne a Reims (Champagne - Ardenne, Francia Nord-Est) nel XVII secolo: l’esempio del convento dei Frati Cappuccini della rue Hincmar ..................................................................................................... 401

Atti 5° Convegno Nazionale di Archeozoologia (Rovereto, 2006), pp. 213-221.

1Università degli Studi di Foggia, Dottorato di Ricerca in Archeologia e Didattica dei Beni Culturali, XXI ciclo.

Giovanni De Venuto1

Forme dell’allevamento suino in Puglia in età medievale: il dato archeozoologicoPig breeding in Medieval Apulia: the zooarchaeological data

L’esame dei reperti faunistici relativi ad alcuni centri rurali (casalia), castellari (castra) ed urbani (civitates) della Puglia in età Basso Medievale (X-XV secolo) ha consentito di riconoscere differenti modalità di pro-duzione e di distribuzione della risorsa animale sul territorio, definendo, per l’allevamento suino, un ruolo centrale nei consumi di gran parte della regione. Resta sostanzialmente difficile poter stabilire un modello univoco di sfruttamento del maiale, la cui funzione all’interno dell’economia di un gruppo umano restava generalmente quella di reperire carne e materie grasse. In tutti i siti considerati, generalmente, i capi di bestiame superavano il primo anno di vita ed erano abbattuti entro il secondo. L’abbattimento di maiali in età giovanile non sembrerebbe corrispondere univocamente a contesti archeologici cosiddetti “privilegiati” e potrebbe forse indicare una difficoltà, da parte dei singoli gruppi umani, a mantenere gli animali sino alla loro massima resa in carne solitamente coincidente con il raggiungimento della maturità sessuale.

The zooarchaeological data from rural settlements (casalia), castles (castra) and cities (civitates) of Medieval Apulia during the late Middle Ages (10th-15th centuries) allow to recognize different ways of production and distribution of animal resources on the territory. Pig breeding played an important role in the diet of the region although it is difficult to establish a single pattern of exploitation for this animal that supplied meat and fats. In all the sites pigs generally lived more than one year and they were butchered during their second year of life. The killing of young individuals does not seem to reflect human privileged conditions, but it could indicate the difficulties to keep the animals until the sexual maturity, when they reached the maximum meat yield.

Parole chiave: Maiali, Puglia, Medioevo, Sistemi di allevamento.Keywords: Pigs, Apulia, Middle Ages, Breeding systems.

G. De Venuto214

Introduzione

Le fonti documentarie di rado distinguono, per la Pu-glia medievale (X-XV sec.), il tipo di allevamento pratica-to in corrispondenza di un centro rurale (case, casali, mas-sarie), indicando indistintamente le tre principali specie domestiche (bue, pecora, maiale) a cui potevano affian-carsi asini e cavalli. Sono rari i casi in cui da atti notarili, spesso relativi alle proprietà ecclesiastiche, si è in grado di stabilire un raffronto tra la consistenza delle diverse greggi di animali attestate. Apprendiamo, ad esempio, come nel 915 lo spatario Grimoaldo avesse donato al monastero di S. Leucio di Sassano due buoi, sei cavalli da traino, quat-tro asini, sessanta porci e ben cinquecento pecore; ovvero come nel 1031 i beni animali del monastero di S. Giovan-ni Battista di Vieste consistessero in una giumenta ed un puledro, tre asini, un paio di buoi, cinquanta maiali e due-cento ovini (Martin 1993: 384). In età angioina una mas-seria come quella di S. Samuele nel barlettano disponeva di ben 2400 capi tra pecore e capre, 300 buoi, 8 asini (Li-cinio 1998: 48); ad Orta, nel territorio di Foggia, nel 1279, i funzionari della Corona contavano nella masseria regia 11 buoi, 102 scrofe e 10 verri, 15 porcelli e 21 porcelle, più numerose pecore (Licinio 1998: 256). Pur non man-cando aziende deputate specificatamente all’allevamento suino o equino (Licinio 1998: 43-47), i dati storiografici disponibili, dunque, sembrerebbero indicare negli ovini la principale risorsa economica di origine animale della re-gione, almeno dall’XI secolo, sino all’istituzionalizzazione della Regia Dogana delle Pecore Alfonsina della metà del XV secolo, preposta alla gestione del bestiame transuman-te dall’Abruzzo verso la pianura del Tavoliere.

L’analisi di resti faunistici provenienti da cinque siti del-la Puglia, Vaccarizza, Ordona, San Lorenzo in Carmignano, Canne e Apigliano, per un arco cronologico compreso tra l’VIII e la prima metà del XV secolo, identificabili come civitates/castra e casali, dimostrerebbe differenziate moda-lità di produzione e di distribuzione della risorsa animale sul territorio, definendo, per l’allevamento suino, un ruolo centrale nei consumi di gran parte della regione.

Metodi

I campioni sono stati sottoposti ad analisi di ordine quantitativo consistenti nella determinazione del numero dei resti (NR) e del numero minimo d’individui (NMI) per ciascuna specie; quest’ultima acquisizione è stata ef-

fettuata per ciascuna unità stratigrafica ovvero per ogni singolo risultato dell’azione antropica o naturale ricono-sciuto archeologicamente. Nel computo del numero dei resti si è cercato, quando possibile, di ricondurre ad un unico elemento anatomico i frammenti ossei identificati. Lo scheletro assiale e le coste non sono state considerate nella stima del NR per il frequente stato di frammentarietà dei reperti e per la difficoltà a distinguere la specie di ap-partenenza in assenza di significativi elementi diagnostici. L’età di morte dei suini è stata dedotta dal lavoro di Bull, Payne (1982).

Complessivamente è stato esaminato un assemblaggio faunistico di oltre 6000 resti relativi a contesti di frequen-tazione (battuti o piani di calpestio), di crollo e abbando-no di strutture abitative o funzionali, a zone di discarica o immondezzai. I processi tafonomici riconosciuti sembre-rebbero ascrivibili soprattutto ad attività umane successi-ve all’abbattimento del bestiame ed alla redistribuzione e consumo della risorsa animale (tracce di macellazione e di parziale combustione). Più rara è l’attestazione di fenome-ni post-deposizionali di ordine naturale quali weathering o scavenging.

Analisi e risultati

Apigliano. Il contesto storico-archeologico

La ricerca archeologica avviata nel sito di Apigliano (Martano, Lecce) s’inserisce in un progetto di ricerca vol-to ad indagare le modalità d’insediamento rurale nel Sa-lento in età medievale1. È ipotizzabile che dal X secolo il sito di Apigliano fosse occupato da un villaggio bizantino (chorion), come rivelerebbero cospicue quantità di cera-mica ed i resti di strutture abitative e produttive. Allo stato attuale della ricerca mancano validi raffronti che possano contribuire a delineare i connotati materiali di questo tipo di habitat noto attraverso le fonti scritte. Le principali atte-stazioni materiali relative, invece, all’impianto di un casale basso medievale (età angioina) sono rappresentate da una chiesa con cimitero annesso. I reperti faunistici sono affe-renti all’intero arco cronologico di frequentazione del sito (fine VIII - tardo XIV sec.). Di particolare interesse appa-re la possibilità di considerare il materiale proveniente da fosse di scarico bizantine ed angioine.

1 Gli scavi, a cura del dipartimento di Beni Culturali dell’Università degli Studi di Lecce, sono diretti dal prof. P. Arthur. Sulle finalità della ricerca vedi Arthur (a cura di) 1999, pp. 11-13.

Allevamento suino in Pugliaetà classica e medievale

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I reperti faunistici

Sono stati complessivamente esaminati 578 frammenti ossei; il campione è databile ai tre periodi cronologici in-dividuati dall’indagine stratigrafica: età bizantina (VIII-X sec.), XI-XIII sec. ed età angioina (seconda metà del XIII-XIV sec.). Il sito sembrerebbe connotarsi per una predi-sposizione all’allevamento ovicaprino: sia, infatti, sulla base delle percentuali del numero resti che su quelle de-dotte dalle stime del numero minimo d’individui, è pos-sibile affermare che questi animali furono tra i domestici maggiormente utilizzati dalla popolazione del villaggio durante l’intera facies di occupazione medievale. Questa pratica sembrerebbe essere stata più intensa durante le pri-me fasi di vita dell’insediamento umano, subendo un lieve calo in coincidenza dei secoli centrali della frequentazione dell’area ed un nuovo incremento durante il XIV secolo.

I maiali costituivano la seconda risorsa d’allevamento per la popolazione umana. L’abbattimento degli anima-li doveva avvenire soprattutto tra i 7 e gli 11 mesi di vita (Tab. 1 e Fig. 1): si tratta di un’età in cui non è stato an-cora raggiunto il più vantaggioso rapporto, dal punto di vista economico, tra resa in carne e spese necessarie per il sostentamento dei singoli esemplari. Il dato potrebbe suggerire la necessità, da parte del mercato interno, di re-perire abbondante quantità di carne, in un tempo breve. Maggiore diversificazione nella strategia di macellazione dei maiali si può constatare in età angioina, quando il 35% circa degli esemplari è ucciso entro il secondo anno di

vita, ed un 10% entro il terzo. I suini che superavano i tre anni potevano essere sia verri che scrofe necessari alla ri-produzione; il rapporto tra maschi e femmine si dimostra sempre a favore dei primi. Solo in età angioina si potrebbe ipotizzare una destinazione diversa da quella interna per il consumo di carne di maiale, in particolare delle parti affe-renti all’arto anteriore.

Vaccarizza. Il contesto storico-archeologico

Il sito, geograficamente collocato all’interno del Ta-voliere su di uno sperone di conformazione trapezoidale (Monte Castellaccio), domina a nord la valle del fiume Celone. La presenza di un primo recinto urbano è forse da attribuire ad una delle due campagne di fortificazione che, alla fine del IX secolo, investirono questa porzione di terri-torio successivamente alla riconquista dell’Italia meridio-nale da parte dei Bizantini. Nel 1017 Vaccarizza risultava cinta da mura, fatto che verosimilmente giustifica il nome di civitas attestato in un documento del 1019 (cfr. Cirelli, Noyé 2003: 483-484; Martin 1990: 175-186). La conqui-sta normanna, in Puglia, comportò la ristrutturazione del-le fortificazioni longobarde e bizantine preesistenti, e la creazione di nuove opere difensive, distinguendosi per la costruzione di una struttura specifica, la cosiddetta “mot-ta”, solitamente edificata su un rialzamento artificiale e de-limitata da un fossato (Licinio 1994: 55). Vaccarizza costi-tuisce un esempio di tale opera d’incastellamento, posta a controllo di un’area urbana (basse-cour) e del territorio circostante (cfr. Bougard, Noyé, Hesse 1988). L’appella-tivo di castellum sottolinea la funzione militare rivestita, durante la fase normanna, dalla città, inserita nel nuovo sistema feudo-vassallatico. Tra le ultime fonti in cui il sito risulta attestato vi è la concessione da parte di re Gugliel-mo I al vescovo di Troia del castrum Vaccaritie cum rusticis et possessionibus suis, del 1156 (Martin 1990; Volpe 1996 con bibliografia precedente: 292-293). I reperti faunistici esaminati sono stati recuperati dai settori di scavo E (area a destinazione produttiva di forma trapezoidale, priva di muri divisori, in cui trovava posto una fornace direttamen-te addossata alla cortina orientale della fortificazione) e D (ad ovest dell’impianto artigianale; sono stati riportati alla luce, disposti a ridosso della cinta difensiva, alcuni am-bienti che si aprono all’interno di uno spazio rettangolare localizzato al centro della cittadella). I reperti provengo-no dalla gran parte delle unità stratigrafiche riconosciu-te in corso di scavo archeologico, sia in corrispondenza

Fig. 1. Apigliano. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI, percentuali.

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feto/NN </=7m 7-11 m 19-23 m 24-36 m >/=36 m

Apigliano (etàbizan�na)Apigliano (XI-XIII secolo)Apigliano (etàangioina)

Tab. 1. Apigliano. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI.

PeriodoEtà

Totalefeti ≤ 7 m 7-11 m 19-23 m 2-3 a ≥ 3 a

Età bizantina - - 6 2 2 2 12

XI-XIII secolo - 2 4 1 - 1 8

Età angioina - - 6 4 1 - 11

G. De Venuto216

dell’area del cosiddetto ergastérion bizantino, sia dei livelli di rialzamento, frequentazione e abbandono della motta normanna.

I reperti faunistici

L’allevamento dei domestici era ampiamente praticato sul territorio: su di un totale di 5042 frammenti determi-nabili, bovini, ovicaprini e suini costituiscono, per NR, il 53% (X-XI sec.) ed il 78,9% (XI-XIII sec.) dell’insieme delle specie attestate. Nella seconda fase storica si osser-va un incremento percentuale di bue e pecora/capra ed una diminuzione dei maiali che restano, però, il tipo di be-stiame privilegiato nella domanda di mercato del gruppo umano. La distribuzione degli elementi anatomici sembre-rebbe mostrare una sostanziale differenza tra le pratiche di gestione di questi ultimi animali durante i due periodi storici considerati: in particolare si rileva una più alta per-centuale di resti appartenenti alle estremità (carpo/tarsali, metapodiali e falangi) per l’età bizantina rispetto a quel-la normanna2. In quest’ultima fase si osserva una più alta percentuale dell’arto anteriore rispetto a quello posteriore. Non è escluso che nel corso dei secoli sia stata accentuata una propensione all’approvvigionamento esterno da parte del castrum precedentemente in grado di soddisfare anche parzialmente le proprie necessità di consumo. In un primo momento attività quali la macellazione delle carcasse ani-mali potevano compiersi presso il sito; successivamente fu preferito importare con maggiore frequenza singole parti del corpo animale predisposte, forse, all’interno del com-prensorio rurale3.

Il confronto quantitativo tra elementi osteologici di maiale con epifisi fuse e non fuse (cfr. Tab. 2) non sembre-rebbe far emergere particolari distinzioni nella modalità di uccisione degli animali tra età bizantina ed età norman-na: in entrambe i casi il rapporto tra le due distinte fasi di

2 Anche in questo caso le estremità sono state considerate unitaria-mente, distinte rispetto al quarto anteriore e posteriore, per l’at-testazione, nelle fonti, della produzione di specifici insaccati da questi distretti anatomici (Baruzzi Montanari 1981: 57). Inoltre, la maggiore composizione, in numero d’ossa, del carpo, del tarso, della mano e del piede avrebbe potuto comportare una sovrarap-presentazione o sottostima di uno dei due arti.

3 Un’ulteriore interpretazione potrebbe consistere in una maggiore capacità e propensione, da parte del sito, a produrre ed esporta-re specifiche porzioni di carne o insaccati quali prosciutti. È però necessario ribadire il ruolo di centro militare ed ‘amministrativo’ che il castrum dovette rivestire in questo periodo. Per entrambe i periodi storici considerati è evidente una sovrarappresentazione dei resti del cranio, comprensivi dell’elemento dentario.

crescita dell’osso è di circa 2:1 in favore delle porzioni ap-partenenti ad individui non ancora maturi. Più numerosi sembrerebbero, tra la seconda metà dell’XI secolo e gli ini-zi del XIII, gli esemplari abbattuti prima di un anno di vita; la strategia di uccisione più diffusa per l’intera fase di fre-quentazione medievale del sito appare quella che privilegia gli animali superiori all’anno di vita ma non ancora giunti ai 24 mesi. Il dato è solo in parte confermato dall’analisi dell’usura e rimpiazzamento dei denti, verificato sia sulla base dei singoli resti, sia del numero minimo d’individui (Tabb. 3-4, Fig. 2). Se infatti abbastanza costanti si man-tengono, per entrambe i periodi storici considerati, le per-

Tab. 2. Vaccarizza. Dati sulla mortalità dei suini per NR, in base alla fusione delle epifisi articolari.

Elemento anatomico Età di fusione epifisaria

Età Bizantina X-XI sec.

Età NormannaXI-XIII sec.

NF-F NF-F

Scapola 7-11 mesi 1:10 1:28

Coxale 7-11 mesi 4:11 19:5

Radio pross. +11 mesi 9:10 8:26

Omero dist. +11 mesi 5:4 14:20

Falange II 12-18 mesi 17:21 1:3

Tibia dist. 19-23 mesi 22:2 30:7

Falange I 19-23 mesi 31:18 8:9

Metacarpo dist. +23 mesi 49:22 28:10

Metatarso dist. +23 mesi 24:7 22:6

Metapodio dist. +23 mesi 13:1 8:1

Fibula dist. +23 mesi 6:1 3:0

Fibula pross. +23 mesi 7:3 3:0

Femore pross. 31-35 mesi 9:2 4:0

Omero pross. +35 mesi 12:0 11:3

Radio dist. +35 mesi 12:0 11:0

Ulna pross. +35 mesi 7:0 18:1

Ulna dist. +35 mesi 14:0 8:0

Femore dist. + 35 mesi 13:4 5:1

Tibia pross. +35 mesi 19:1 6:0

Calcagno +35 mesi 12:2 20:4

Totale 286:119 228:124

Tab. 3. Vaccarizza. Dati sulla mortalità dei suini per NR, in base all’eruzione, rimpiazzamento e usura dei denti.

EtàEtà Bizantina

X-XI sec.Età Normanna

XI-XIII sec.NR % NR %

sotto i 7 mesi 37 48 6 6,3

7 -11 mesi 8 10,3 45 47,3

12 - 18 mesi - - 5 5,2

19 - 23 mesi 15 19,4 23 24,2

24 - 30 mesi - - - -

31 -35 mesi 9 11,6 8 8,4

oltre i 35 mesi 8 10,3 8 8,4

Totale 77 100 95 100

Allevamento suino in Pugliaetà classica e medievale

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centuali di resti afferenti ad animali con età compresa tra il primo ed il secondo anno di vita (età bizantina: 19,4%; età normanna 24,2%), la principale differenza si osserva per le percentuali di resti di suini al di sotto dei 7 mesi e tra i 7 e gli 11 mesi: esse risultano quasi invertite tra età bizantina (rispettivamente il 48% ed il 10,3%) ed età normanna (il 6,3% ed il 47,3%). Stabili risultano, infine, i dati riferibili ad esemplari adulti e senili.

Canne. Il contesto storico-archeologico

Con l’arrivo dei Normanni, ed in seguito all’accordo di Melfi del 1042, Canne fu tra le dodici città pugliesi e lucane assegnate ai nuovi conquistatori al fine di potenziare l’au-tonomia giurisdizionale e le prerogative militari signorili (Licinio 1994: 34). Alla seconda metà del XII secolo, nel Libro del Re Ruggero, il geografo di corte Edrisi, annotava, a proposito di Canne, come avesse commercio sviluppa-to, ricchezze e abitanti agiati. Tra 1137 e 1139, la discesa militare, in Italia meridionale, dell’Imperatore germanico Lotario II, coinvolse, insieme ad altri numerosi abitati del-la regione, anche il centro ofantino (Licinio 1994: 99). In-serita nelle direttrici di traffico della via litoranea e della ta-rentina (coincidente con il percorso dell’Appia-Traiana), in diretto rapporto con le città di Canusium e Barduli, Canne risulta annoverata, alla metà del XIII secolo (1241-1244), tra i dieci castra, in Terra di Bari, dello Statutum de repa-ratione federiciano, con l’importante ruolo di difendere e sorvegliare, insieme ad altri centri limitrofi, le maggiori

città costiere e i principali porti della circoscrizione (Stha-mer 1995). In epoca manfrediana (metà del XIII sec.), la civitas è ormai ridotta ad un oppidum inglobato nel territo-rio di Barletta; intorno al 1282, sotto Carlo I di Angiò, essa cessò di essere castello di diretta pertinenza regia (Licinio 1994: 229).

L’indagine stratigrafica condotta in corrispondenza del quartiere di abitazioni della cittadella gravitante intorno al percorso stradale di andamento NS detto di “Via della Feritoia”, ha consentito di riportare in luce le fasi relative alla più recente frequentazione dell’area (seconda metà del XIII sec.), evidenziando due interi isolati di case or-ganizzate intorno a tracciati viari ortogonali, costituiti da massicciate sovrapposte in malta mista a terra e pietre calcaree sbriciolate. Gli isolati apparivano distinti in due fasce di edifici tra loro separate da uno stretto canale ve-rosimilmente funzionale al deflusso delle acque. Gli am-bienti erano spesso strutture monocellulari raramente comunicanti tra di loro e prospicienti la strada. I muri di delimitazione risultavano costruiti a secco ed impiegava-no arenaria locale, generalmente squadrata; la pavimenta-zione era realizzata con semplici battuti in terra a cui pote-vano essere affiancati lastricati in pietra. Alle pareti erano addossati frequentemente banconi lapidei interpretati, sia in relazione ad una funzione statica, sia come piani di ap-poggio e lavorazione. Destinazioni artigianali per alcuni dei vani esaminati sono state ipotizzate anche sulla base della presenza di specifici elementi quali strutture ipogee voltate con accesso consentito attraverso botole in superfi-cie, cisterne, un forno da pane (Postrioti 2003).

I reperti faunistici

Il campione è risultato composto prevalentemente da elementi integri e da porzioni mascellari e mandibolari che pur contribuendo ad una più puntuale determinazio-ne delle età di morte degli individui, alterano l’interpreta-zione del dato percentuale derivato dall’osservazione della distribuzione degli elementi anatomici appartenenti a cia-scun animale o le analisi quantitative del NR e del NMI. I resti faunistici sono stati riportati alla luce durante le atti-vità di scavo condotte in corrispondenza dei due isolati di abitazioni sopra descritti. Le unità stratigrafiche a cui affe-riscono i reperti archeozoologici sono soprattutto azioni di crollo ed interro (aree d’immondezzaio) pertinenti le ultime fasi di frequentazione di questo settore del castrum (XII-XIII sec.). Sono stati rinvenuti resti osteologici anche

Tab. 4. Vaccarizza. Dati sulla mortalità dei suini per NMI, in base alla fusione epifisaria, all’eruzione ed all’usura dentaria.

PeriodoEtà

Totalefetus ≤ 7 m 7-11 m 19-23 m 2-3 a ≥ 3 a

Età bizantina 7 - 5 10 6 7 35

Età normanna 6 4 30 16 9 4 59

XII-XIII sec - 1 2 7 3 2 15

Fig. 2. Vaccarizza. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI, percentuali.

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feto/NN </=7 m 7-11 m 19-23 m 24-36 m >/=36 m

Vaccarizza(età bizan�na)

Vaccarizza(età normanna)

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in corrispondenza di battuti in terra ed acciottolati da leg-gersi come successivi piani d’uso del tracciato stradale che attraversava l’abitato.

Pur considerando la minore consistenza del materiale faunistico esaminato, ma sottolineando come i resti animali provengano da un circoscritto settore del castrum cannense, è possibile osservare come anche per questo contesto di tipo urbano-residenziale, piuttosto che rurale, di seconda metà del XII secolo, la risorsa suina appaia ampiamente sfruttata nei consumi della popolazione umana. I suini, macellati per il reperimento di risorsa proteica primaria, furono abbattuti soprattutto in età sub-adulta, in partico-lare prima del compimento del secondo anno di vita e suc-cessivamente ai dodici mesi (Fig. 3, Tab. 4). Questo dato sottolineerebbe una particolare attenzione degli abitanti della civitas Cannensis alla maggiore resa in carne possibile degli animali, evitando un non proficuo bilancio econo-mico derivato da prolungate spese di sostentamento.

Ordona. Il contesto storico-archeologico Il campione afferisce ad una porzione del casale an-

gioino (seconda metà XIII - inizi XV sec.), impiantatosi sulle strutture tardoromane della città di Herdonia, in corrispondenza del quartiere termale (Volpe 2000: 541-554). Il centro fu caratterizzato, in età medievale, da un abitato accentrato composto da case costituite da due vani affiancati e strutture per la conservazione delle derrate alimentari (fosse granarie), disposte attorno ad un’arteria viaria principale. Alla metà del XIII secolo, le fonti scritte attestano sul sito la presenza di una domus massariae regia. Nel corso del tardo XIV secolo il sito fu verosimilmente sempre più incluso nei principali percorsi della grande transumanza: con l’istituzionalizzazione della Regia Do-gana delle Pecore da parte di Alfonso I d’Aragona nel 1447, il casale fu abbandonato ed il suo territorio destinato ad accogliere una delle principali ‘locazioni’ per l’allevamen-to ovino.

I reperti faunistici

Tracce di rosicchiamento e di avvenuta ingestione da parte di carnivori (cani, gatti) costituiscono i fattori natu-rali che maggiormente sembrerebbero essere intervenuti sul reperto osseo in fase post-deposizionale4. L’azione di animali scavangers sull’assemblaggio archeofaunistico può essere interpretata come prova di un ritardato e non im-mediato interro del reperto organico; la stratigrafia da cui provengono questi resti attiene a contesti di abbandono, probabilmente utilizzati per lo smaltimento di rifiuti. Am-piamente attestate risultano, sulle ossa attribuite alle prin-cipali specie domestiche, le tracce dell’avvenuta macella-zione dell’animale. Meno numerosi sono risultati i reperti combusti in seguito all’esposizione a fonti di calore.

Dopo gli ovicaprini, la specie Sus scrofa f. dom. rappre-senta, per NMI, il taxon maggiormente presente all’inter-no dell’assemblaggio archeo-faunistico di seconda metà XIII-inizi XV secolo. Il dato è in parte confermato anche dalle analisi condotte sullo stesso sito, per lo stesso arco cronologico, da M. Leguilloux (2000: 482-485). La sele-zione degli individui destinati all’abbattimento sembre-rebbe privilegiare animali giovanili (< 1 anno) e soprattut-to sub-adulti compresi tra i 12 ed i 24 mesi di vita, secondo un modello d’allevamento finalizzato soprattutto all’ap-provvigionamento di risorse carnee di qualità e di mate-rie grasse (Fig. 4). La distribuzione dei resti tenderebbe a privilegiare le parti anatomiche afferenti all’arto anteriore: non è escluso che il quarto posteriore dell’animale trovas-se destinazioni differenti rispetto a quelle del consumo all’interno del sito.

4 Le ossa animali sono state recuperate da strati di frequentazione (battuti, immondezzai) e di abbandono di strutture domestiche e funzionali, quali fosse granarie o canalizzazione per il deflusso delle acque in disuso. Sui risultati dell’analisi archeozoologica ad Ordona vedi Buglione, De Venuto 2008 e Leguilloux 2000.

Fig. 3. Canne della Battaglia. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI, percentuali.

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feto/NN </=7 m 7-11 m 19-23 m 24-36 m >/=36 m

Fig. 4. Ordona. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI, percentuali.

Allevamento suino in Pugliaetà classica e medievale

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San Lorenzo in Carminiano. Il contesto storico-archeologico

Le fonti documentarie citano San Lorenzo in Carmi-niano (Foggia) come un casale (1092) connotato da una rapida parabola evolutiva (fu castrum nel 1166) e da una non meno precoce involuzione: esso infatti è menzionato come centro rurale in declino nel 13665.

L’individuazione di contesti stratigrafici di notevole interesse bioarcheologico (fosse di scarico e silos grana-ri riutilizzati, tra XIII e XIV secolo, come immondezzai) dall’area del cosiddetto suburbio del casale di S. Lorenzo, ha consentito la raccolta di numerosi frammenti osteolo-gici animali.

I reperti faunistici

Il campione è composto, soprattutto, da ossa di maiali di età giovanile; i frammenti appartenenti al bue ed alla pecora/capra sono scarsi e probabilmente non intenzio-nalmente scartati dal gruppo umano6. Un quantitativo non irrilevante di ossa di pollo sembrerebbe dimostrare anche una diffusa pratica dell’allevamento da cortile. Come di-mostrerebbe l’attestazione sia di ossa neonatali che fetali, i suini furono verosimilmente allevati nel sito. Per i maiali è possibile osservare una più ampia percentuale di animali al di sotto dei 7 mesi; raramente si riscontrano esemplari al di sopra di un anno di vita (Fig. 5).

Discussione e conclusioni

I dati sin qui illustrati sottolineano un ampia variabilità nell’utilizzo della risorsa suina in Puglia, in età medievale, a seconda della differente destinazione di consumo. Ap-pare cioè difficile poter stabilire un modello univoco di

5 Cfr. per le recenti indagini archeologiche Favia et al. 2006 e 2007. 6 Sono stati identificati 2011 frammenti riconducibili alle principali

specie domestiche utilizzate nell’alimentazione umana.

sfruttamento di questo animale, la cui funzione all’interno dell’economia di un gruppo umano resta generalmente quella di reperire carne e materie grasse.

In tutti i siti considerati spesso questi animali superava-no il primo anno di vita ed erano abbattuti entro i due anni; non sono però scarse le attestazioni in cui la macellazione degli animali avveniva soprattutto in coincidenza o prima dell’anno di vita (Fig. 6). L’abbattimento di maiali in età giovanile non sembrerebbe corrispondere univocamente a contesti archeologici cosiddetti “privilegiati” e potrebbe forse indicare una difficoltà, da parte dei singoli gruppi umani, a mantenere gli animali sino alla loro massima resa in carne solitamente coincidente con il raggiungimento della maturità sessuale. Questo dato si evince non solo dal campione salentino relativo ad un abitato rurale non esteso e connotato da un’economia prevalentemente di autoconsumo, ma soprattutto dai resti faunistici del centro castrale di Vaccarizza, ormai in età normanna fortemente ridimensionato a causa della egemonica ascesa politica ed economica del vicino centro urbano di Troia. L’attestazio-ne, inoltre, per l’età bizantina, di percentuali considerevoli di feti e esemplari giovanili, lascerebbe presagire una pia-nificazione più accurata dell’allevamento suino che po-teva prevedere anche l’abbattimento di femmine gravide rappresentanti un sur-plus della produzione animale. Una diversa interpretazione potrebbe essere fornita per il dato, simile, relativo a San Lorenzo: probabilmente legato al soddisfacimento delle esigenze proprie di un centro pri-vilegiato quale la Domus federiciana di Pantano, il casale fu definitivamente abbandonato nel corso del XIV seco-lo successivamente alla destrutturazione dell’importante dimora imperiale, come sembrerebbe dimostrare anche l’obliterazione e disuso del piano delle fosse a grano, ar-cheologicamente riconosciuto7. Nell’ottica di tale inter-pretazione, l’alta percentuale di resti di suini giovanili, al di sotto dei sette mesi, non rivelerebbe necessariamente una condizione privilegiata del gruppo umano (fornitura di carni tenere e fresche), bensì una non programmata at-tività di allevamento, non attenta ai modi di produzione più vantaggiosi.

È d’altronde interessante osservare come, sia a Canne che ad Ordona, l’età privilegiata di abbattimento dei ma-iali tra il primo ed il secondo anno di vita corrisponda al momento di massima espansione dei due centri, pur con-7 Una delle principali attività dei centri rurali di età federiciana ed

angioina del Tavoliere fu costituita dall’approvvigionamento gra-nario per la Corte Regia. Sulle dinamiche tra agricoltura estensiva ed allevamento in Puglia tra XII e XIV secolo cfr. Licinio 1998.

Fig. 5. S. Lorenzo in Carminiano. Mortalità dei suini sulla base del calcolo del NMI, percentuali.

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feto/NN </=7 m 7-11 m 19-23 m 24-36 m >=/36 m

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notati da una diversa funzione di produzione e consumo sul territorio. Tale dato trova conferma in quello esposto da Cartledge, Clark e Higgins (1992) per l’unico campio-ne faunistico proveniente per l’età medievale da un centro urbano pugliese, Otranto: tra XI e XV secolo i picchi di mortalità dei suini si registrano tra i 19-23 mesi. Questo modello di abbattimento corrisponderebbe ad uno sfrut-tamento intensivo della risorsa animale.

Si è quindi cercato di verificare su scala diacronica e per i diversi siti rurali e di consumo medievali pugliesi la pos-sibilità di cogliere eventuali variazioni nelle percentuali di suini attestate.

Si osserva come costante risulti, nei casali o villaggi pugliesi medievali, il consumo di carne suina, pur eviden-ziandosi un calo per i secoli XI-XIII, ed una ripresa dalla seconda metà del XIII secolo.

I risultati delle stime percentuali relative ai contesti ‘ur-bani’ di Otranto, Vaccarizza e Canne, evidenziano come per NR, i suini siano spesso la risorsa proteica maggior-mente consumata, superando, in alcuni casi, gli stessi ovi-ni, in particolare tra XI e XIII secolo. Questo elemento si riscontra anche sulla base del calcolo del NMI, da cui deriva anche un più accentuato ridimensionamento del quantitativo di maiali negli ultimi secoli del Medioevo, or-mai, verosimilmente caratterizzati, sul territorio regionale, da una sempre più accentuata propensione ad un tipo di pastoralismo ovino intensivo, ben rappresentato dalla pra-tica transumante.

Crediamo, quindi, si possa affermare che almeno sino ad età sveva-primoangiona, i suini costituirono una fon-damentale risorsa di allevamento per la regione, accanto

a pecore e capre, per divenire secondaria solo in coinci-denza di un più marcato interesse da parte della Corona al bene ovino, dalla seconda metà del XIII secolo. D’altron-de i noti Statuta massariarum federiciani dedicano ampio spazio alla cura delle greggi suine, attenti a regolare i ritmi delle nascite e la produttività di questi animali, scoraggian-do il mantenimento di animali ormai sterili: “Ogni scrofa in grado di partorire deve rendere quattro porcelli, per il nutrimento dei quali sia prevista una salma di orzo, e i por-ci incapaci di riprodursi siano custoditi a cura e a spese del mastro massaro” (Licinio 1998: 252). Di particolare interesse è anche il valore in denaro attribuito a questi ani-mali: se un centinaio di pecore valeva 8 once, un maiale poteva arrivare a 10 tarì, ovvero, considerando che 1 oncia equivaleva a 30 tarì, 100 maiali avrebbero potuto raggiun-gere sul mercato il valore di 1000 tarì, cioè 33 once circa, più del triplo di un gregge di pecore costituito dallo stesso numero di capi di bestiame (Licinio 1998: 253).

Ringraziamenti

L’intervento rientra in un più ampio progetto di ricerca incentrato sull’analisi delle dinamiche dell’allevamento in età medievale, nelle regioni italiane del medio e basso versante Adriatico, in corso di elaborazione nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Archeologia e Didattica dei Beni Culturali (XXI ciclo) presso l’Università degli Studi di Foggia. Intendo ringraziare il prof. Giulia-no Volpe (Università degli Studi di Foggia) per l’incessante incoraggiamento e fiducia accordatami nel tentativo di ricerca di nuove fonti materiali per la ricostruzione dei paesaggi e dell’ambiente storici. Al prof. Jacopo De Grossi Mazzorin (Università degli Studi di Lecce) devo i continui e stimolanti sugge-rimenti metodologici accordatimi in ormai sei anni di proficua collaborazione. Infine ai prof. P. Arthur (Università degli Studi di Lecce), P. Favia (Università degli Studi di Foggia), Gh. Noyé (École des Chartes-Paris) e alla dott.ssa M. Corrente (Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia), devo la possibi-lità dello studio dei reperti faunistici provenienti, rispettivamente, dai siti di Apigliano, San Lorenzo, Vaccarizza e Canne.

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Apigliano (età bizan�na)

Vaccarizza (età bizan�na)

Apigliano (XI-XIII secolo)

Vaccarizza (età normanna)

Canne

S. Lorenzo in Carminiano

Ordona (età angioina)

Apigliano (età angioina)

Fig. 6. Modelli di abbattimento dei suini in Puglia per l’età medievale.

Allevamento suino in Pugliaetà classica e medievale

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