Bulletin du Cercle d'Etudes Numismatiques, vol. 50/2 (2013)
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C.E.N.
BULLETIN
« EUROPEAN CENTRE FOR NUMISMATIC STUDIE S » « CENTRE EUROPĂEN DâĂTUDE S NUMISMATIQUE S »
VOLUME 50 N° 2 MAI â AOĂT 2013
BCEN vol. 50 no 2, 2013 145
Ermanno Arslan â Astri e potere nel mondo romano
Lâimpulso a tentare una lettura iconolo-gica1
[1] di un tipo monetario gallienico, cui Ăš stato fino ad oggi dato un signi-ficato iconografico del tutto sviante, con una rappresentazione del segno zodia-cale del Sagittario interpretata come Centauro, mi deriva da due occasioni. La prima Ăš rappresentata dalle belle le-zioni di Archeoastronomia di un colle-ga astronomo, Elio Antonello (operante presso lâOsservatorio Astronomico di Brera e Presidente della SocietĂ Italiana di Archeoastronomia2
[2]). Questi mi ha convinto della necessitĂ , per una cor-retta ricerca storica, di guardare il cielo non con gli occhi di oggi, di norma in-differenti ((((quando non sono di un col-lega astronomo o archeoastronomo)))), ma con gli occhi di quanti ci hanno prece-__________ [1] Una prima versione di questo piccolo contributo Ăš stata letta nel 2010 al IX Convegno della SocietĂ Italiana di Archeoastronomia, 14-
16/9/2009, riunito presso lâOsservatorio Astro-nomico di Arcetri (Firenze). [2] LâOsservatorio Astronomico di Brera, Ăš uno storico osservatorio costituito nella seconda metĂ del Settecento nel palazzo di Brera, a Mi-lano. Agli inizi degli anni venti del Novecento la sezione osservativa ŐŽŐ„ distaccata a Merate, in Brianza. Le due sedi condividono a tuttâoggi lâamministrazione e la direzione, e talvolta la designazione.
duti nel passato, quando si aveva la cer-tezza incrollabile che negli astri si deter-minasse il destino di ciascuno e si go-vernasse il destino del mondo tutto.
La seconda Ăš rappresentata dallâincarico avuto dalla collega Laura Simone, della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Milano, che ringrazio, di schedare e stu-diare un ripostiglio di monete recupe-rato nel 2008 a Corneliano di Truccaz-zano (MI)3
[3].
__________ [3] Una prima segnalazione in Arslan 2011. Il complesso Ăš stato edito in CD in Arslan &
Simone Zopfi 2011. Il prodotto, realizzato con la necessitĂ di rispettare scadenze immediate, presenta numerose manchevolezze redazionali ed omissioni per lâaffrettata preparazione del CD, anche se il materiale Ăš riprodotto inte-gralmente. Tale aspetto del prodotto viene segnalato in Crisafulli 2012, p. 261, che, senza prendere in considerazione il saggio in-troduttivo, si rifiuta di allineare il ripostiglio agli altri 27 ripostigli italiani (molti dei quali ben piĂč inaffidabili relativamente alla compo-sizione e alla schedatura analitica dei mate-riali), che pone alla base delle sua ricostru-zione delle scelte di emissione di Aureliano e del significato della sua riforma. Considerando la fondatezza delle osservazioni della collega, Ăš in corso una riedizione del CD, con lâemenda-mento della schedatura. Inalterata rimane lâin-tegrale riproduzione delle monete e il saggio di commento, che propone un tentativo di analisi dei progetti di comunicazione di Gal-lieno e Claudio Gotico tramite i tipi monetari, considerati in termini statistici, con la percen-tualizzazione delle presenze.
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Premetto che un ripostiglio (meglio de-finibile come un complesso associato di monete) Ăš un nucleo di monete (o di monete e di altri oggetti o di altre classi documentarie) smarrito o occultato in un momento preciso, che non sia stato successivamente manomesso, fino al re-cupero in etĂ moderna. Un ripostiglio monetale, che puĂČ avere infinite moda-litĂ di formazione (cioĂš di accumulo delle monete e degli altri oggetti che lo costituiscono), che non Ăš il caso di trat-tare in questa sede, quando si sia forma-to in tempi brevi e ci giunga integro4
[4], ci propone unâimmagine fedele della circolazione monetaria dalla quale Ăš sta-to ritirato, cioĂš della massa monetaria disponibile per lâutenza nel luogo di for-mazione al momento della sigillatura. Naturalmente in relazione al mercato nel quale quelle specifiche monete cir-colavano, che era quasi sempre diffe-renziato per metallo e con caratteri tal-volta diversi nei vari luoghi.
I ripostigli ci forniscono quindi infor-mazioni preziose su molti aspetti del-lâeconomia antica, per i quali le fonti spesso tacciono completamente, e si propongono come uno strumento in-dispensabile per la ricerca storica, spe-cie di storia economica.
Nel nostro caso si trattava di un com-plesso comprendente un denario sube-rato5
[5] di Faustina I, moglie dellâimpe-ratore Antonino Pio, divinizzata dopo __________ [4] Nelle condizioni in cui era al momento del-la scoperta, senza aver subito manomissioni, selezioni o dispersioni. [5] I Denari suberati erano monete in metallo vile (di norma rame) ricoperte con una sottile lamina in argento. Se riconosciuti venivano di norma gettati via o omologati a nominali di valore inferiore. Sul tema si ha abbondante bibliografia, sia tecnica che storico-numis-matica. Cfr. ancora Crawford 1968, per lâipo-tesi che fossero prodotti da falsari, e Serafin
1988, per lâipotesi di emissioni speculative nelle zecche ufficiali.
la morte, la moneta piĂč antica6
[6], e 1.012 antoniniani in argento povero7
[7] (fig. 1), dispersi nel terreno dopo la rottura (o il disfacimento) di un contenitore perdu-to (in terracotta o materiale organico), che vennero recuperati con il cerca-me-talli. Il complesso, ritrovato sulle rive dellâAdda a Corneliano di Truccazzano (MI) nel corso di scavi regolari, va co-munque considerato sostanzialmente integro ed affidabile.
Fig. 1
Gli Antoniniani del ripostiglio di Truc-cazzano si distribuiscono, come data di emissione, dal 255-256 al 272 ca. al massimo, con rappresentati gli impera-tori romani dellâepoca : Valeriano (253-
260), Gallieno (253-268), Salonina, mo-glie di Gallieno (254-268), Claudio Go-tico, in vita (268-270) e divinizzato (post 270), Quintillo (270), fratello di Claudio, Aureliano (270-275). Nel Ri-postiglio erano presenti anche monete degli usurpatori gallici, Postumo (260-
269) e i due Tetrici, padre e figlio (271-
post 274 e 273-274).
La data di occultamento Ăš definita dalle monete piĂč recenti, di Aureliano, pre-cedenti alla riforma da lui attuata.
Le ragioni dellâoccultamento possono essere diverse : si puĂČ ipotizzare che il
__________ [6] Con al Rovescio Cerere, del 141 d.C. e ss.; ric iii, p. 71, n. 358. [7] Moneta in argento povero, definita anche come âradiatoâ, per la corona a raggi sul capo dellâImperatore sul Diritto, indicativa di no-minale doppio rispetto allâunitĂ , emessa per la prima volta da Caracalla nel 214 d.C. Quindi nominale da due Denari.
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gruzzolo sia stato nascosto nel 271, quando Aureliano venne duramente battuto dagli Alamanni a Piacenza ; ma si puĂČ anche pensare alla minaccia, lâanno successivo, dopo la vittoria8
[8] di Aureliano a Pavia, sempre sui medesimi Alamanni, di qualche gruppo germa-nico sbandato, che poteva essere ancora presente intorno a Milano. Ma Ăš possi-bile anche pensare alla paura di briganti o di contadini insorti9
[9]. Oppure alla vo-lontà di nascondere monete che Aure-liano voleva venissero ritirate, perché non ostacolassero la collocazione sul mercato delle proprie emissioni rifor-mate, di maggior valore intrinseco, cal-colato come metallo a peso10
[10].
__________ [8] Gli Alamanni erano un gruppo barbarico germanico che venne affrontato in Italia da Gallieno, Claudio II e Aureliano. Dagli Ala-manni si sviluppĂČ, culturalmente e linguisti-camente, lâattuale Svizzera tedesca. [9] Cfr. il simile complesso recuperato a Gru-mello e Uniti (CR) (Grumello 1985) con 10 kg di monete, ora ridotte a 3.413, da Treboniano Gallo a Aureliano, questâultimo con 84 esem-plari, il 2,46% dellâintero nucleo conservato, quasi tutti di Mediolanum. Le monete di Aureliano sono tutte precedenti la riforma e quindi sono indicative per la data di occul-tamento. Aureliano Ăš presente a Truccazzano con una bassissima percentuale di monete, lâ1,08%, che puĂČ quindi indicare una sincronia per la data di occultamento, che potrebbe essere riferita ad eventi simili e concomitanti. [10] Per la legge monetaria che portava al ritiro dal mercato, da parte dei privati, e alla tesau-rizzazione della moneta « buona », e al mante-nimento in circolazione della moneta « catti-va » cfr. Legge di Gresham 2006, con contributi di autori vari. Lâimperatore Aureliano affrontĂČ nel 272 la crisi economica e monetaria ere-ditata da Gallieno e da Claudio II, reprimendo nel sangue la rivolta del personale della zecca di Roma, che aveva intrapreso lâemissione di cattiva moneta in proprio, chiudendo le zecche che emettevano moneta nelle province orientali, decentrando la produzione di una moneta con tipi ovunque identici in alcune poche zecche collocate nellâimmenso territorio dellâImpero e imponendo un nuovo tipo di Antoniniano, argentato, con la sua immagine
In questa sede, premettendo come la moneta, unico multiplo disponibile nel mondo antico, assumesse unâenorme importanza nei programmi di comuni-cazione del potere imperiale, mi riferirĂČ solo ad alcune emissioni di Gallieno, databili genericamente tra 260 e 268, presenti nel ripostiglio di Truccazzano, per le quali si hanno strumenti per la classificazione molto imprecisi11
[11].
Si tratta degli Antoniniani con al Rove-scio una figura di Centauro, che viene sempre descritto come tale, senza ulte-riore specificazione. In realtĂ si hanno due immagini con attributi ben distinti, che impongono una valutazione in ter-mini storici molto differenziata.
Alcune emissioni, in una prima fase del regno (258-259)12
[12], propongono il Cen-tauro (fig. 2), a destra o a sinistra, con la clava, eloquente simbolo di forza mili-tare, e con talvolta il globo, simbolo del potere universale. La leggenda Ú illumi-nante e suona come LEG[IO] II PART [HICA] V (o VI, o VII) P[IA] V (o VI, o VII) F[IDELIS], che Ú possibile tra-durre con « legione seconda partica cin-que (o sei, o sette) volte pia e fedele », con i due cognomina attribuitile da Gal-lieno tra 257 e 259. __________
sempre radiata, ma con peso e contenuto me-tallico piĂč alti e programmaticamente stabili. Eâ molto probabile che abbia imposto il ritiro coatto di tutta la moneta circolante da sosti-tuire. Per la riforma di Aureliano si ha un di-battito tuttora aperto, per il quale si rimanda al recentissimo Crisafulli 2012, da utilizzare con prudenza ma con ottima bibliografia. [11] ric v, i Ăš ormai strumento catalogico molto invecchiato. Si utilizzano di norma Cu-netio 1983, Normanby 1988 e Giard 1995, questâultimo meno facile da usare per la man-canza di indici. Su aspetti specifici delle emis-sioni gallieniche si hanno numerosi e ottimi contributi, non essenziali in questa sede. Pra-ticamente inutilizzabile, per la mancanza di un apparato valido di indici, Ăš Giard 1995. [12] Cohen 5, p. 388-389, nn. 478-486 ; ric v,
i, p. 94, nn. 332-338.
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Fig. 2
Il tipo rientra nelle « serie legionarie » di Antoniniani gallienici, con tipi desti-nati a sollecitare il lealismo dei corpi militari13
[13], nella logica di una strategia di comunicazione molto trasparente. La legione secunda parthica era stata creata da Settimio Severo nel 197, era stata stanziata a lungo ad Albano, unica legione sul territorio italiano, a garanzia della sicurezza dellâImperatore, ed era stata di grande importanza nel com-plesso e sfortunato periodo del regno congiunto di Valeriano e Gallieno.
Il Centauro era il simbolo della Legione e non sembra avere avuto riferimenti zodiacali14
[14] : comparve anche piĂč tardi sulle emissioni dellâusurpatore Carausio (286-293), in Britannia, dove la legione era stanziata, in emissioni della zecca di Londra15
[15], con attributi vari, clava, glo-bo, lira, timone, scettro, trofeo, mai ar-co e frecce. Il tipo venne emesso anche a Camulodunum, sempre in Britannia, sia per la parthica secunda16
[16], che per la quarta flavia17
[17].
Le monete di Gallieno con il Centauro in onore della legio secunda parthica e ad essa probabilmente destinate, sono proposte come emesse a Milano18
[18], ma __________ [13] Per le emissioni in onore delle Legioni, ric v, i, p. 34. [14] Comunque lâeventuale riferimento astrale, cioĂš alla costellazione omonima e ai miti rela-tivi, poteva riguardare la Legione e non la per-sona dellâImperatore. [15] ric v, ii, p. 468, n. 61 ss. [16] ric v, ii, p. 487, nn. 269-271. [17] ric v, ii, p. 480, n. 187. [18] Cfr. nota 11.
non sono rappresentate nel nostro ri-postiglio, con monete raccolte certa-mente nel territorio milanese, dove finora non sono attestate nei ritrova-menti in scavo (purtroppo scarsi). Sono invece discretamente presenti a Cune-tio, in Britannia19
[19], in un complesso con circa il doppio di monete gal-lieniche rispetto a quelle presenti nel-lâintero ripostiglio di Truccazzano. CiĂČ puĂČ forse significare una errata attri-buzione delle emissioni alla zecca di Milano, oppure puĂČ essere riferito ad una circolazione circoscritta allâambito militare : la moneta era quindi piĂč pre-sente lĂ dove era stanziata la Legione. Va perĂČ ricordato come le monete precedenti al 260 siano rare nel nostro ripostiglio,
Fortemente rappresentata nel nostro ripostiglio Ăš invece unâaltra serie di emissioni, piĂč tarda (260-268), pure con al rovescio il Centauro (fig. 3), a destra, ma con arco e freccia20
[20], oppure, a des-tra o a sinistra, con il globo nella destra e il timone sulla spalla21
[21] (fig. 4).
Fig. 3
Fig. 4
__________ [19] Cunetio 1983, nn. 1452-1457, 1494-1495. [20] Cohen 5, p. 354, nn. 72-73 ; ric v, i, p. 145, n. 163. [21] ric v, i, p. 145, n. 164, emesse a Roma ; a Siscia viene emesso un tipo con il Centauro a sinistra, al galoppo, che tende lâarco a d. ric v,
i, p. 180, n. 558.
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La leggenda â APOLLINI CONS[ER-VATORI]AUG[VSTI] â si riferisce ad Apollo, il dio arciere, che raggiunge lâavversario da lontano con le frecce e che preserva e protegge lâimperatore. Diodoro Siculo22
[22], in una versione ben nota del mito, ci indica come Apollo fosse padre del Centauro, che dal dio derivava evidentemente la qualifica di « arciere », con i corrispondenti attribu-ti, lâarco e le frecce. Il Centauro-Sagitta-rio trasmette, esercitando il suo influsso astrale, allâimperatore il Globo, simbolo del potere universale, e custodisce il Ti-mone, simbolo della protezione e della guida divina.
La corretta interpretazione del tipo, giĂ presente nella letteratura cinquecentes-ca23
[23], Ăš quindi quella che vede nel Cen-tauro del tipo monetale con la leggenda riferita ad Apollo il segno zodiacale del Sagittario, con un riferimento astrale allâomonima costellazione, ben diversa dalla costellazione del Centauro (fig. 5), che non corrisponde ad alcun segno zo-diacale. Il Centauro dellâomonima co-stellazione sarebbe invece quello pre-sente con la clava sulle monete per la Legio Partica Secunda.
Fig. 5
La distinzione tra le due immagini si Ăš perduta nella manualistica numismatica __________ [22] Diodoro Siculo, iv, 69. Cfr. Carradice
1983, p. 192. [23] In Agustin 1592 : dialogo v, p. 98.
corrente24
[24] e non viene piĂč citata, sot-traendoci quindi un prezioso strumento per lâinterpretazione del programma di comunicazione che Gallieno sviluppava con la scelta e lâelaborazione dei tipi collocati sulla moneta, unico multiplo dellâantichitĂ , con diffusione universale e controllata.
La scelta gallienica quindi con il tipo del Sagittario si inquadrava in una strategia che non riguardava piĂč solo la volontĂ di lusingare un corpo militare, al quale forse erano destinate quelle emissioni, ma desiderava segnalare alla totalitĂ dei sudditi, e non solo ad un gruppo limi-tato di interlocutori, gli influssi astrali che qualificavano colui che rivestiva la carica di imperatore. Influssi che egli deteneva per volontĂ divina, apollinea, dallâistante del concepimento, quando era stato collocato « nel segno del Sagit-tario », con una evidente predestina-zione alla dignitĂ imperiale.
Il segno infatti si riferiva non alla data di nascita di Gallieno, ma a quella del concepimento, come Ăš stato interpreta-to per le rappresentazioni del Capricor-no nelle monete (fig. 6) e nei cammei di Augusto (fig. 7), concepito sotto lâin-flusso di questo segno zodiacale25
[25].
__________ [24] Il riferimento a due costellazioni diverse sŐŽŐ„ggĂŹ anche al Carradice 1983, p. 192, che segnalava solo come il Centauro fosse piĂč fre-quentemente (« more usually ») associato a Dio-niso, mentre in questo caso era raffigurato co-me « cacciatore ». [25] Svetonio (De vita caesarum, ii.94), indica come Augusto fosse nato sotto il segno del Ca-pricorno. CiĂČ contrasta con la sua effettiva data di nascita, indicata come il 22-23 settem-bre 63 a.C., sotto il segno zodiacale quindi â allora â del Leone, come certo ci viene ricor-dato dalla stessa denominazione di un mese dellâanno come « agosto ». Lâindicazione quindi di Svetonio si riferisce al momento del concepimento, nove mesi prima, sotto il segno appunto del Capricorno. Una diversa tradi-zione astrologica vuole che gli influssi astrali
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Tanto importante era lâinflusso del segno zodiacale al momento del conce-pimento, tale da predestinare la vita successiva di ogni essere umano, che il Capricorno ritornĂČ successivamente nei tipi delle monete anche di altri impera-tori tutte le volte che ci si ricollegava alla figura di Augusto, come modello politico ed ideologico. CiĂČ anche con Gallieno26
[26] (fig. 8).
Fig. 6
Fig. 7
__________
agissero al momento del parto. Si veda, per la nascita di Alessandro, che Nectenabo ritarda fino alla constatazione di una ottimale colloca-zione delle orbite celesti degli astri (Il Roman-zo di Alessandro 2007, i, pp. 143-144. [26] Serie legionarie del regno congiunto con Valeriano : ric v, i, p. 92, nn. 314, 318, 328 ; p. 96, nn. 361-364 ; p. 97, nn. 366-367. Il tipo p. 152, nn. 244-246, con leggenda NEPTV-NOCONSAVG, sembra proporre lâIppocam-po e non il Capricorno.
Fig. 8
Eâ da ricordare come gli imperatori ro-mani non ottenessero il potere per di-ritto divino, o ereditariamente, come in altre realtĂ politiche o, successivamen-te, nella tarda antichitĂ . Essi conquista-vano, giĂ con Augusto, il titolo sul cam-po, in termini oggi di difficile compren-sione, acquisendo e sommando tutte le cariche civili e militari repubblicane che lo giustificavano (compresa quella di « Imperatore »).
In realtĂ erano tutti « signori della guerra », che venivano nominati (e an-che eliminati) dai loro eserciti. Era quin-di essenziale che curassero con grande impegno il « consenso » dei sudditi tutti e in particolare delle strutture militari, che di norma li avevano chiamati al po-tere. In un mondo che attribuiva im-portanza decisiva agli influssi astrali, di-mostravano la loro predisposizione al comando supremo, civile e militare, come determinata dal loro « oroscopo » al momento del concepimento, piĂč im-portante di quello della nascita.
Gallieno si proponeva cosĂŹ come conce-pito sotto un segno fortemente positivo, il Sagittario, ed era predisposto e desti-nato, ancor prima di nascere, per volere di Apollo, ad essere buon amministra-tore della giustizia, dispensatore di be-nessere o di punizioni agli uomini, con gli attributi naturali della potenza e del-lâautoritĂ .
Con tali attitudini quali ancor oggi si leggono nellâelenco delle prerogative del segno zodiacale del Sagittario, era quin-di degno e capace di guidare lâImpero. Egli indicava ciĂČ ai sudditi con la mo-neta, onnipresente a tutti i livelli sociali,
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rappresentando il Centauro-Sagittario, figlio e « strumento astrale » del dio, con gli attributi del globo, il potere universale, e del timone, strumento per la guida nella navigazione, metafora del buon governo e attributo costante della personificazione della Fortuna, di nor-ma appoggiato sul globo27
[27] (fig. 9).
Fig. 9
Qualche anno piĂč tardi, in una dimen-sione ideologica che ormai prescindeva dalla ricerca del consenso, nelle monete di Aureliano, il globo veniva consegna-to allâimperatore da Giove in persona28
[28] o dal Sole, in quel momento divinitĂ orientale di primo piano29
[28]. Tipi che si articolano in una sequenza program-matica giĂ molto diversa di comunica-zione, che non pare il caso di analizzare in questa sede.
Nei manuali del passato il timone, sulla spalla del Centauro, non veniva ricono-sciuto e veniva indicato come « tro-feo »30
[29]. Solo nella bibliografia piĂč re-cente viene descritto correttamente31
[30].
__________ [27] ric v, i, p. 134, nn. 42-43 : Aurei con la Fortuna stante con cornucopia e timone sul globo. [28] ric v, i, p. 289, n. 225 e passim, con leg-genda IOVICONSER[VATORI]. Appare signi-ficativo come il globo, da intendere rappresen-tazione della terra come elemento centrale nella concezione astronomica di quellâepoca, venisse proposto correttamente di forma sfe-rica. [29] ric v, i, p. 297, n. 283 e passim, con leg-genda SOLICONSERVATORI. [30] ric v, i, p. 145, n. 164 e passim. [31] Giard 1995, nn. 4262-4391.
Il Sagittario nei tipi monetali sembra apparire con Gallieno e nessuno degli altri imperatori del suo secolo lo pro-pose, ad eccezione degli usurpatori del-lâImpero Gallico. Il tipo, con il Centau-ro a d. o a s. e con la leggenda APOLLI-NICO[NSERVATORI], riappare infatti in emissioni irregolari con Tetrico I32
[31] e con Tetrico II, queste ultime con la leg-genda SOLICONSER[VATORI] e il Centauro con lâarco33
[32]. Il riferimento apollineo Ăš sicuro, come pure il rico-noscimento del Sagittario nellâimmagi-ne erroneamente attribuita al Centauro. Improbabile invece sembrerebbe invece un riferimento ad influssi astrali in tipi che appaiono a carattere imitativo dalle emissioni gallieniche ufficiali.
Nelle emissioni del secolo successivo il tipo Ăš assente. Esso si riferisce quindi â a mio avviso â proprio al giorno del concepimento di Gallieno, evento squi-sitamente personale, fortemente signifi-cativo in una dimensione culturale di totale fiducia negli influssi astrali.
La sottovalutazione nella bibliografia di supporto alla catalogazione di tale scelta tipologica per i tipi monetari indica come nel tempo si sia perduta non solo la sensibilitĂ per la ŐŽŐ„nzione fondamen-tale della moneta nella formazione del « consenso », che abbiamo visto modifi-carsi giĂ con Aureliano, con la proposta di tipi ŐŽŐ„nzionali a definire in senso po-sitivo lâimmagine del potere, ma anche la coscienza dellâimportanza decisiva data nel mondo romano agli influssi astrali al momento del concepimento.
SensibilitĂ ancora viva nellâalto medioe-vo, se troviamo, nel ix secolo, le imma-gini di Centauro e Sagittario ben dis-tinte nella decorazione nello schienale della Cattedra di San Pietro a Roma, con
__________ [32] ric v, ii, p. 412, n. 151. [33] ric v, ii, p. 425, n. 292
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evidenti ricadute simboliche relative al potere della Chiesa, ma ormai spenta nel xix secolo, con una lettura della mo-neta â ad esempio nel Cohen â arida-mente iconografica e quasi mai iconolo-gica. Le monete non sono piĂč documenti per la storia ma esemplari piĂč o meno rari da allineare in una collezione.
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ric v, ii = P.H. Webb, e Roman Im-perial Coinage, vol. V, Part II, London, 1933.
Il Romanzo di Alessandro 2007 = R. Sto-
neman (cur.), Il Romanzo di Ales-sandro, traduzione di T. Gargiulo, I, Trebaseleghe, 2007.
Serafin 1988 = P. Serafin, Ripensando ai suberatiâŠ, Rivista Italiana di Numis-matica, xc (1988), p. 131-139.
Weingel 1990 = R.D. Weingel, Gallie-nusâ âanimal seriesâ coins and roman religion, Numismatic Chronicle, 1990, p. 135-143.
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Philip TORDEUR * â Le quinaire de Jules CĂ©sar du type Crawford 452/3 (48 av. J.-C.) Parmi les monnaies les plus rares Ă©mises par CĂ©sar figure le quinaire dâar-gent « au trophĂ©e » que M. Crawford catalogue sous la rĂ©fĂ©rence 452/3 [1]. Cette petite dĂ©nomination, valant la moitiĂ© du denier, nâavait plus Ă©tĂ© Ă©mise depuis les alentours de 85 av. J.-C. [2]
Fig. 1 â Paris, BnF AF 2807 (cat. no 1)
Le quinaire de César, frappé dans un atelier itinérant, se décrit de la maniÚre suivante (fig. 1) :
a Buste fĂ©minin drapĂ© et voilĂ© Ă dr. (Vesta ?). DerriĂšre, au dessus dâun simpulum (anse Ă dr.), le numĂ©ral II Ă lire de haut en bas.
r TrophĂ©e dâarmes constituĂ© dâune cuirasse placĂ©e sur une hampe ver-ticale ornĂ©e de deux globules latĂ©-raux. Il supporte Ă g., un bouclier macĂ©donien rond ornĂ© de globules
__________ * Nous remercions pour leur précieuse colla-boration Jean-Marc Doyen (umr 8164, halma-
ipel, Université de Lille 3), le Prof. Michael Crawford, M. Dominique Hollard, conserva-teur à la BibliothÚque nationale de France ainsi que M. Ian Leins, conservateur des mon-naies romaines au British Museum à Londres. Nicolas Tasset a révisé les données historiques et Vincent GeneviÚve à revu le texte, ce dont je les remercie. [1] M. Crawford, Roman Republican Coin-age, Cambridge, 1974, p. 467 et pl. liii. [2] H.A. Grueber, Coins of the Roman Republic in the British Museum, London, 1910, vol. 1, p. 507, note 1.
et Ă dr., une Ă©pĂ©e. Il est surmontĂ© dâun casque hĂ©misphĂ©rique ornĂ© dâun bouton et muni de deux larges paragnatides. Dans le champ Ă g., une couronne de laurier ; Ă dr., un ancile. De part et dâautre, la lĂ©gende CAE/SAR.
Fig. 2 â Le quinaire de CĂ©sar dessinĂ© par Dardel dans lâouvrage de Cohen (1857)
Le type est connu de longue date et ca-talogué dans les recueils anciens : Cohen (fig. 2) [3], Babelon [4], Grueber [5], Syden-ham [6], Seaby [7]. Il figure également dans les collections du Musée Kestner à Hanovre [8].
Lâatelier Ă lâorigine de ce quinaire a Ă©tĂ© localisĂ© Ă Apollonia dâIllyrie, mais la frappe est attribuĂ©e par M. Crawford Ă une officine militaire itinĂ©rante voya-geant avec CĂ©sar et son armĂ©e [9]. __________ [3] H. Cohen, Description gĂ©nĂ©rale des mon-naies de la RĂ©publique romaine, communĂ©ment appelĂ©es mĂ©dailles consulaires, Paris, 1857, no 16 et pl. xx, no 14. [4] E. Babelon, Description historique et chro-nologique des monnaies de la RĂ©publique ro-maine vulgairement monnaies consulaires, Paris { London, 1885-1886, t. ii, p. 18-19, Julia 29. [5] Grueber, op. cit., p. 507, no 3961 et pl. xlix, no 16. [6] E.A. Sydenham, e coinage of the Roman Republic, London, 1952, p. 168, no 1012. [7] H.A. Seaby, Roman silver coins. Revised by D.R. Sear & R. Loosley, London, 1978, p. 108, no 16. [8] F. Berger, Die MĂŒnzen der Römischen Re-publik im Kestner-Museum Hannover, Hanno-ver, 1989, p. 480-481, no 3560. [9] Crawford, loc. cit. : âMint â moving with Caesarâ.
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Fig. 3 â Les mouvements de CĂ©sar en GrĂšce en 48 av. J.-C. (dao Ph. Tordeur)
Nous pensons pouvoir le localiser Ă par-tir des donnĂ©s historiques en dĂ©termi-nant oĂč sĂ©journait CĂ©sar en 48 av. J.-C. lors de son sĂ©jour en GrĂšce.
Ainsi, les faits historiques se chargent de faire parler la monnaie et dans ce cas prĂ©cis, de retrouver peut-ĂȘtre lâatelier Ă lâorigine de ce quinaire.
Alors que lâensemble des monnaies « iti-nĂ©rantes » frappĂ©es par CĂ©sar en GrĂšce sont attribuĂ©es Ă lâatelier dâApollonie dont les ruines sont situĂ©es dans lâactuel Albanie, prĂšs de la ville de Pojani, il sem-ble utile de suivre les mouvements du proconsul lors des activitĂ©s militaires menĂ©es en GrĂšce cette annĂ©e-lĂ (fig. 3).
AprĂšs avoir traversĂ© la mer Adriatique, CĂ©sar parvient en GrĂšce en janvier 48 av. J.-C. [10] Pendant une pĂ©riode de six mois, CĂ©sar et PompĂ©e sont restĂ©s Ă
__________ [10] Caes. Commentarii de Bello Civili, 3.2-19,
23-31, 39-7 ; J. Carcopino, Histoire romaine. Tome II, CĂ©sar, Paris, 1950, p. 896. Internet/ livius/UNRV.com 2003.
Dyrrhachium (DurrĂ«s moderne) oĂč ils ont construit de grandes forteresses se faisant face (fig. 4).
Fig. 4 â Les campements de CĂ©sar Ă
Dyrrhachium (dâaprĂšs Jona Lendering2[11]) __________ [11] Dans Livius.Org, 2005, revision : 26 May 2008.
BCEN vol. 50 no 2, 2013 155
AprĂšs un assaut des troupes de PompĂ©e le 7 juillet, CĂ©sar et son armĂ©e ŐŽŐ„rent contraints de marcher vers lâintĂ©rieur du pays. Cependant, ils passĂšrent dâa-bord par Apollonia car il ne restait plus dâargent pour payer les troupes. Câest en effet Ă Apollonia que CĂ©sar a pu se pro-curer les fonds nĂ©cessaires, en imposant une nouvelle contribution de guerre Ă cette riche citĂ©3[12].
Les monnaies Ă©mises pendant cette pĂ©riode mentionnent toutes II (52), soit lâĂąge de CĂ©sar4[13]. Comme le 52Ăšme anniversaire de CĂ©sar eut lieu le 13 juillet de lâan 48 av. J.-C., on estime depuis longtemps que les monnaies qui mentionnent II ont Ă©tĂ© frappĂ©es aprĂšs son anniversaire, donc Ă Apollonie, ou juste aprĂšs, lors de la traversĂ©e des monts Pinde (Pindos) vers Pharsale5[14].
CĂ©sar voulait pouvoir combattre Pom-pĂ©e dans un endroit appropriĂ©. Le choix sâest portĂ© finalement sur Pharsale oĂč, le 9 aoĂ»t, ses soldats expĂ©rimentĂ©s ont vaincu l'armĂ©e de son rival. Comme Ă lâissue de la bataille PompĂ©e sâĂ©tait Ă©chappĂ© en Ăgypte, CĂ©sar a quittĂ© la GrĂšce Ă sa poursuite. Le proconsul arriva Ă Alexandrie le 30 septembre de lâan 48 av. J.-C., deux jours aprĂšs lâas-sassinat de PompĂ©e par le jeune roi dâĂgypte, PtolĂ©mĂ©e XIII, le frĂšre de ClĂ©opĂątre. LâĂ©mission des quinaires se place certainement avant cette date.
Mis Ă part ses dĂ©placements rapides avant et aprĂšs les batailles en GrĂšce, CĂ©sar a sĂ©journĂ© la plupart du temps Ă Dyrrhachium, et plus prĂ©cisĂ©ment de janvier Ă juillet. Câest Ă cet endroit que le campement principal a pu abriter lâatelier de frappe destinĂ© au paiement de la solde des lĂ©gionnaires.
__________ [12] G. Walter, CĂ©sar, Verviers, 1964, p. 321. [13] K. Christ, Caesar, MĂŒnchen, 1994, p. 35. [14] Caes. B.C. iii, 3.89.
Le quinaire, qui mentionne au droit lâĂąge de CĂ©sar II et au revers la victoire [sur PompĂ©e] Ă dĂ» ĂȘtre frappĂ© aprĂšs la bataille de Pharsale, donc aprĂšs le 9 aoĂ»t de lâan 48 av. J.- C., sans doute non loin de cette ville.
Le quinaire a fait office de monnaie commĂ©morative aprĂšs Pharsale. Le re-vers montre en effet un trophĂ©e avec un bouclier macĂ©donien Ă gauche, une couronne de laurier placĂ©e en-dessous ainsi quâun bouclier romain Ă droite.
Les monnaies frappées en GrÚce à cette époque sont de quatre types (fig. 5-8).
Fig. 5 â Denier Crawford 452/2 (H.D. Rauch, Auktion 85, 26/xi/2009, no 316). Masse thĂ©orique : 3,96 g ; titre : 950â° ; taille 1/82e de livre ; valeur : 16 asses
Fig. 6 â Quinaire Crawford 452/3 (BnF AF 2807). Masse thĂ©orique : 1,98 g ; titre 950â° ; taille : 1/164e de livre ; valeur : 8 asses
Fig. 7 â Denier Crawford 452/4 (Numismatica Ars Classica 70, no 157). Masse thĂ©orique : 3,96 g ; titre : 950â° ;
taille 1/82e de livre
156 BCEN vol. 50 no 2, 2013
Fig. 8 â Denier Crawford 452/5. Masse thĂ©orique : 3,96 g ; titre : 950â° ; taille
1/82e de livre
Le denier dâargent du type Cr. 452/2 (fig. 5) est le plus courant de cette pĂ©-riode ; il a servi pour le paiement de la solde des lĂ©gionnaires. M. Crawford estime son nombre de coins Ă 63 pour le droit et 70 pour le revers. En revanche, on constate que le quinaire, du type Crawford 452/3, est beaucoup plus rare. Pour ce dernier, M. Crawford estime le nombre de coins de droit Ă moins de 10 et celui des revers Ă moins de 11. Il sâa-git de statistiques se fondant sur un nombre dâexemplaires limitĂ©, tenant compte du nombre de combinaisons observĂ©es entre les matrices. Ces mon-naies militaires ont souvent Ă©tĂ© frappĂ©es de maniĂšre dĂ©centrĂ©e, ce qui rend plus difficile la comparaison des coins.
Ă partir de notre propre documenta-tion et en pratiquant les statistiques6[15] Ă partir du nombre dâexemplaires retrou-vĂ©s (23 piĂšces) et le nombre de liaisons de coins observĂ© (10 coins de droit et 12 coins de revers) nous estimons le nom-bre de coins de droits entre un mini-mum de 10 et maximum de 23, et celui de coins de revers entre 12 et 23.
Pour cette brĂšve sĂ©rie, nous pouvons estimer une production globale de 23#30.000 piĂšces (valeur moyenne des monnaies produites Ă partir dâune paire de coins)7
[16] soit 690.000 quinaires dâune
__________ [15] Ch. Carcassonne, MĂ©thodes Statistiques en Numismatique, Louvain-la Neuve, 1987. [16] La littĂ©rature Ă ce sujet est beaucoup trop vaste pour ĂȘtre Ă©voquĂ©e ici.
masse thĂ©orique de 1,98 g, pour une masse globale de 1.366 kg dâargent.
On peut envisager une distribution de ce quinaire aprĂšs Pharsale, sur la base de 50 exemplaires par soldat.
Ce quinaire rare, connu par 25 exem-plaires seulement (dont 23 illustrĂ©s), doit certainement ĂȘtre prĂ©sent dans dâautres collections privĂ©es. Nous espĂ©-rons pouvoir recevoir dâautres photos et les donnĂ©es techniques dâexemplaires non rĂ©pertoriĂ©s afin de complĂ©ter notre Ă©tude.
MĂ©trologie
Fig. 9 â Histogramme des masses du quinaire Crawford 452/3
La masse thĂ©orique du quinaire sâĂ©tablit Ă 1,98 g. La masse observĂ©e pour notre sĂ©rie est nettement plus faible, Ă savoir 1,78 g pour 20 exemplaires dont les don-nĂ©es pondĂ©rales ont Ă©tĂ© relevĂ©es (fig. 9). Cette masse, anormalement lĂ©gĂšre, est en quelque sorte due Ă la raretĂ©. En effet, la valeur commerciale de ces peti-tes monnaies fait quâelles sont archivĂ©es quel que soit leur Ă©tat de conservation. Or, beaucoup sont trĂšs usĂ©es, voire lĂ©gĂš-rement Ă©brĂ©chĂ©es, ce qui fait tomber la moyenne pondĂ©rale de 10%.
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3
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BCEN vol. 50 no 2, 2013 159
Catalogue
aâ|râ q BnF AF 2807 : 1,72 g ; 0. aâ|râ w BM 2002, 0102.4 : 1,92 g ; !. aâ|râ e Bank Leu ag â MĂŒnzen und Me-
daillen ag, Sammlung Walter Nig-geler. 2. Teil, Basel, 11-12/x/ 1966, no 922 : 1,84 g ; ..
r Baldwinâs 42, 2005, no 94. Non pesĂ©.
t Kestner Museum (Hannover), no 3560 : 1,97 g ; ..
y BnF dâAilly 10909 : 1,72 g ; 6. u Andrew McCabe coll. : 1,6 g. aâ|râ i Triton ix, 10-11/i/2006, no 1330 :
1,88 g ; # = Nummorum Auctiones 10, 24-25/iii/1998, no 659.
o Numismatica Ars Classica 40, 16/ v/2007, no 541 : 1,88 g = Sternberg xxxii, 28-29/x/1996, no 498.
a Numismatica Ars Classica 63, 17/ v/2012, no 356 = Coin Galleries iv, 1985, no 246 : 1,86 g.
aâ|râ s Adolph E. Cahn, Auktion 75, 30/v/ 1932, no 765. Non pesĂ©.
aâ|râ d BnF dâAilly 10908 : 1,81 g ; 2. f BM 1843, 0116.715 : 1,89 g ; . =
Sothebyâs 30/v/1842. aâ |râ g Sammlung Leo Benz. Lanz, Auk-
tion 88, 23/xi/1998, no 755 : 1,79 g = Schweizerische Kreditanstalt, Auktion 3, avril 1985, no 449 = Numismatic Fine Arts vi, 27-28/ii/ 1979, no 530.
h Sammlung Haeberlin. A.E. Cahn & A. Hess, 17/vii/1933, no 2691 : 1,80 g.
aâ|râ j Ars Classica (GenĂšve), 27-29/vi/ 1928, no 1008 : 1,60 g.
aâ|râ k Giessener MĂŒnzhandlung 79, 14/x/ 1979, no 509 : 1,82 g.
aâ|râ l Coll. Ph. Tordeur : 1,65 g ; . = cng 302, 8/v/2013, no 330.
aâ|râ ; cng 75, 23/v/2007, no 908 : 1,89 g ; . = Lanz 78, 25/xi/1996, no 468.
aâ|râ 2) Numismatica Ars Classica, Auction M, 20/iii/2002, no 2518 : 1,64 g.
aâ|rââ 2! Sammlung Haeberlin, A.E. Cahn & A. Hess, 17/vii/1933, no 2690 : 1,94 g.
aâ|rââ 2@ cgb - Monnaies 45, 2010, no 257 : 1,39 g ; 2.
aââ|rââ 2# E. Bourgey, 4/xi/1913, no 677. Non pesĂ©.
a????|r???? 2$-2% Ars Classica (GenÚve), 27-29/vi/ 1928, no 1009 : lot de deux ex. non illustrés et non pesés.
Rudi SMITS â Un sesterce inĂ©dit de Julia Domna (Rome, 212 apr. J.-C.) Plusieurs monnaies de Julia Domna Ă©mises Ă Rome portent au revers la re-prĂ©sentation de CĂ©rĂšs. Nous avons re-levĂ© les lĂ©gendes et les types suivants :
CERES S/C
âȘ as (ric [1] 870 [CĂ©rĂšs debout] ; Hill [2] 346 : 198 ad) âȘ sesterce (ric 848 ; Hill 348 : 198 ad) âȘ sesterce (ric 849 [CĂ©rĂšs assise] ; Hill
1023 : 209 ad) âȘ mĂ©daillon de bronze (Gnecchi [3], ii/
76/1 ; Toynbee [4], pl. xliv, 2 ; Banti [5] 2 : CĂ©rĂšs debout, fig. 1).
Fig. 1
__________ [1] H. Mattingly & E.A. Sydenham, e Ro-man Imperial Coinage. Vol. IV. Part I. Perti-nax to Geta, London, 1936. [2] P.V. Hill, e coinage of Septimius Severus and his family of the Mint of Rome ad 193-217, London, 1977. [3] F. Gnecchi, I medaglioni romani, Milano, 1912. [4] J.M.C. Toynbee, Roman medallions. With and introduction to the reprint edition by William E. Metcalf, New York, 1986. [5] A. Banti, I grandi bronzi imperiali, IV/1, Firenze, 1986.
160 BCEN vol. 50 no 2, 2013
CERERI FRVGIF
âȘ denier (ric 546 ; Hill 424 [CĂ©rĂšs assi-se] : 200 ad).
CEREREM S/C
âȘ dupondius (ric Caracalla 596 ; Hill 1319 [CĂ©rĂšs tenant sceptre] : 212 ad) âȘ dupondius (ric â ; Hill 1320 [CĂ©rĂšs tenant torche] : 212 ad) âȘ as (ric 596 ; Hill 1322 : 212 ad). On connaĂźt Ă©galement dâassez nom-breuses reprĂ©sentations de CĂ©rĂšs dans le monnayage impĂ©rial Ă©mis en Orient, avec des lĂ©gendes fort variĂ©es. On relĂšve Ă EmĂšse CERE FRVG, CERERE AVG, CERERE AVGVS [6] ; Ă LaodicĂ©e ad Mare : CERERI FRVGIF [7].
Un sesterce inédit de style romain est apparut récemment dans le commerce numismatique [8].
Description
IVLIAPIA/FELIXAVG Buste drapĂ© Ă dr. CEREREM S/C CĂ©rĂšs debout Ă g., tendant deux Ă©pis au-dessus dâun modius et tenant un sceptre vertical. Sesterce: 26,99 g â Ă â 30 mm (fig. 2).
De part sa titulature, typique de lâĂ©po-que du rĂšgne seul de Caracalla (212-
217), la nouvelle monnaie ne pose au-cun problĂšme de classement. Elle vient sâajouter au deux dupondii et Ă lâas dĂ©jĂ connus. Lâensemble est attribuĂ© par Ph. V. Hill Ă une Ă©mission monĂ©taire spĂ©ci-fique, celle cĂ©lĂ©brant la 7Ăšme libĂ©ralitĂ© impĂ©riale (denier au revers LIBERALI-TAS AVG VII [9]). __________ [6] ric 616a-618. [7] ric 636. [8] JHE Auctions 3/2013. [9] Hill 1313.
Fig. 2
CĂ©dric WOLKOW â Une variante inĂ©dite dâun antoninien de Gallien frappĂ© Ă Milan (265 apr. J.-C.)
Il nous paraßt utile de publier ici une monnaie (fig. 1) apparemment non ré-pertoriée10
[1]. Il sâagit dâun antoninien de Gallien frappĂ© Ă Milan en 265 apr. J-C.
Fig. 1
Fig. 2
IMPGALLIENVSAVG
TĂȘte radiĂ©e Ă dr., un pan de draperie (visible Ă lâavant et Ă lâarriĂšre) sur lâĂ©âpaule g. Un ruban passe sur le cou.
PA/X AVG â/S/â
Pax courant Ă g., tenant un rameau et un sceptre oblique.
Antoninien: masse non relevĂ©e â Ă.
__________ [1] Coll. H. Ex coll. C. Wolkow.
BCEN vol. 50 no 2, 2013 161
Robert Göbl11
[2] a recensĂ©, dans sa cin-quiĂšme Ă©mission de lâatelier de Milan, cinq types dâantoniniens portant les mĂȘmes titulature de droit et lĂ©gende de revers que lâexemplaire dĂ©crit ci-dessus. Il sâagit des variĂ©tĂ©s suivantes :
âȘ sans marque dâofficine (1226c) âȘ avec marque dâofficine P Ă lâexergue (1227e)
âȘ avec marque dâofficine S Ă gauche (1228e)
âȘ avec marque dâofficine S Ă lâexergue (1229d et 1229e)
Cependant, une interrogation subsistait pour la monnaie mir 1226c sur laquelle apparaĂźt, Ă droite, la trace probable dâune marque dâofficine illisible (fig. 2). Il semble dĂšs lors que la monnaie que nous publions aujourdâhui corresponde Ă celle-ci.
Notons que dâaprĂšs les travaux de Jean-Marc Doyen, qui sâappuyent sur lâĂ©tude des coins et sur lâactivitĂ© des graveurs pour proposer un classement plus prĂ©-cis12
[3], notre exemplaire appartiendrait Ă la 9Ăšme sĂ©rie, phase II, groupe D (antoni-niens marquĂ©s P et S), datĂ©e dâaoĂ»t 265
â second semestre 265.
Avec cette lĂ©gende et ce buste, nous trou-vons chez J.-M. Doyen le numĂ©ro d797 (S/â : 9 ex., 7 coins de droit, 7 coins de revers), le d798a et d798b (avec â/â/S ; d798a : 24 ex. de 19 coins de droit et 16 coins de revers ; d798b : 3 ex. issus de 3 paires de coins diffĂ©rents).
__________ [2] R. Göbl, Die MĂŒnzprĂ€gung der Kaiser Vale-rianus I./Gallienvs/Saloninus (253/268), Rega-lianus (260) und Macrianus/Quietus (260/262), Wien, 2000 (mir 36, 43, 44). [3] J.-M. Doyen, Lâatelier de Milan (258-268). Recherches sur la chronologie et la politique monĂ©taire des empereurs ValĂ©rien et Gallien (253-268), thĂšse de doctorat, Louvain-la Neu-ve, 1989, 7 vol. AbrĂ©gĂ© ci-aprĂšs en d.
Notre monnaie pourrait donc ĂȘtre intĂ©-grĂ©e sous le no d797(b) de ce catalogue. Il reste donc Ă retrouver la monnaie sans marque dâofficine dĂ©crite par R. Göbl sous son no 1226c, pour autant quâelle existe. Michel THYS â Le type AEQVITAS dans le monnayage de Marius (269 apr. J.-C.)
armi les antoniniens frappĂ©s par lâusurpateur gallo-romain Mar-cus Aurelius Marius (269), ceux
au revers de lâAequitas sont de loin les plus rares. En fait, le dossier est particu-liĂšrement mince puisquâil ne comporte que trois exemplaires bien avĂ©rĂ©s.
La description de cet antoninien est la suivante :
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
a IMP C M AVR MARIVS AVG Buste radié et cuirassé à dr., vu de trois-quarts en avant.
r AEQVITAS AVG Aequitas debout Ă g., tenant une balance dans la main dr. et une corne dâabondance dans la main g.
P
162 BCEN vol. 50 no 2, 2013
Cohen 213
[1], ric 1514
[2], Elmer 64115
[3], agk 1016
[4].
Ce revers est courant dans le monnay-age de Victorin (269-271)17
[5], successeur de Marius, qui le frappe abondamment dans lâatelier de Cologne lors de son avĂšnement. La question est de savoir si ce type est un hybride dans le monnay-age de Marius, associant un droit de ce dernier empereur Ă un revers propre Ă Victorin, ou si Marius est le vrai initia-teur de ce revers qui sera ensuite repris par Victorin.
Les trois exemplaires connus de Marius sont les suivants, tels que signalĂ©s dans lâagk18
[6] :
1. Collection Walla (Wien), cité par G. Elmer ( fig. 1).
2. Collection Allote de la Fuye (vente Flo-range & Ciani du 4 mars 1925, no 452) ( fig. 2).
3. Collection J.-M. Kruchten (citĂ©e par agk sous la mention « collection pri-vĂ©e ») (fig. 3) : 2,38 g â Ă â 18,3#20,9 mm. Cet exemplaire a Ă©tĂ© acquis au dĂ©-but des annĂ©es 1980 auprĂšs du marchand parisien S. Boutin. Il pourrait sâagir de lâexemplaire de la coll. Le Comte citĂ© par __________ [1] H. Cohen, Description historique des mon-naies frappĂ©es sous lâEmpire romain, 2e Ă©dition, Paris, 1886. [2] ric : P.H. Webb, e Roman Imperial Coin-age, vol. v, part 2, London, 1933. [3] G. Elmer, Die MĂŒnzprĂ€gung der galli-schen Kaiser in Köln, Trier { Mailand, Bonner JahrbĂŒcher 146, 1941. [4] agk : H.J. Schulski, Die Antoninian-prĂ€gung der gallischen Kaiser von Postumus bis Tetricus, Bonn, 1996. [5] Voir agk 1a Ă 1e. [6] Nous avons Ă©cartĂ© du catalogue la monnaie dĂ©crite par Cohen sous le no 1, dâaprĂšs Tanini et dâEnnery. La lĂ©gende dâavers IMP C M AVR MARIVS PF AVG est propre Ă lâautre atelier de Marius. Il sâagit sans doute dâune mauvaise lecture du droit.
Cohen. Dans le cas contraire, le nombre dâexemplaires serait portĂ© Ă quatre.
G. Elmer considĂšre que cette monnaie appartient pleinement au monnayage de Marius qui est lâinitiateur de ce type. En effet, le numismate viennois a systĂ©-matiquement Ă©cartĂ© de son corpus les exemplaires quâil considĂ©rait comme des hybrides19
[7].
Au contraire, Schulski le considĂšre com-me un hybride dans lâagk, un avers de Marius Ă©tant associĂ© Ă un revers propre Ă Victorin20
[8]. Dans sa critique minu-tieuse de lâagk, Weder nâaborde pas ce point, se ralliant implicitement Ă lâopi-nion de Schulski21
[9].
Pour notre part, nous considĂ©rons que câest bien Marius lâinventeur de ce re-vers repris ensuite tel quel par Victorin. Nos arguments reposent sur les Ă©lĂ©-ments suivants : 1. Les exemplaires connus provien-nent de trois paires de coins diffĂ©rentes. Une telle variĂ©tĂ© pour les trois exem-plaires existants suffit Ă rejeter lâhypo-thĂšse de monnaies hybrides. La raretĂ© de ces antoniniens sâexpliquant par le fait que lâĂ©mission a rapidement Ă©tĂ© in-terrompue par la mort de Marius. 2. Pour le mĂȘme atelier, un cas simi-laire existe entre LĂ©lien et Marius, oĂč ce dernier reprit le dernier type de son prĂ©dĂ©cesseur (VICTORIA AVG) pour sa premiĂšre Ă©mission dâavĂšnement22
[10]. __________ [7] Ă titre dâexemple, Elmer a Ă©cartĂ© de son corpus lâantoninien de Postume au revers HERCVLI INVICTO rĂ©habilitĂ© par Bastien dans son article, Les travaux dâHercule dans le monnayage de Postume, rn, 1958, p. 60-78. [8] agk 10. [9] M. Weder, MĂŒnzen und MĂŒnzstĂ€tten der gallisch-römischen Kaiser, Teil I, Revue suisse de Numismatique, 76 (1997), p. 103-133. [10] H. Gilljam, Laelianus. ErgĂ€ngzungen zur Materialsammlung, Verwendung seiner Revers-stempel unter Marius, Köln, 1986.
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Le cas qui nous occupe a donc un anté-cédent bien avéré venant encore renfor-cer notre interprétation.
Remarquons enfin que la reprise de ce revers lors de la premiĂšre Ă©mission de Victorin sur des antoniniens oĂč le nom du nouvel empereur est associĂ© Ă des portraits de son prĂ©dĂ©cesseur montre combien lâatelier secondaire a Ă©tĂ© livrĂ© Ă lui-mĂȘme au dĂ©but du rĂšgne de Vic-torin. Manifestement, cette pĂ©riode de transition aura Ă©tĂ© relativement longue (quelques semaines ?), vu le nombre dâexemplaires qui nous sont parvenus. Ceci prouve aussi que Victorin devait se trouver assez Ă©loignĂ© de Cologne lors de sa prise de pouvoir, son portrait ayant mis quelque temps Ă parvenir auprĂšs de la Moneta Coloniensis. LivrĂ© Ă lui-mĂȘ-me, lâatelier a simplement repris le type de la derniĂšre Ă©mission monĂ©taire de Marius dans lâattente dâinstruction pro-venant du nouvel imperator. Lâurgence de faire connaĂźtre auprĂšs des troupes du limes le nom de ce dernier ayant Ă©ga-lement entraĂźnĂ© une frappe dâaurei aux mĂȘmes caractĂ©ristiques23
[11]. Sergio Boffa* â La Sententia de cambio et imaginibus denariorum du 30 avril 1231 a-t-elle influencĂ© lâadministration de la frappe de la monnaie dans le duchĂ© de Brabant au xiii siĂšcle ????
Le document
De la fin avril au dĂ©but mai 1231, Henri (VII) de Souabe (1211-1242) se trouve Ă Worms. Fils aĂźnĂ© de lâempereur FrĂ©dĂ©-ric II de Hohenstaufen (1220-1250), il a Ă©tĂ© intronisĂ© roi des Romains en 1220 et câest Ă ce titre quâil interfĂšre dans les affaires de lâEmpire. Il sera dĂ©posĂ© en __________ [11] Kölner MĂŒnzkabinett 42, 10/xi/1986, no 475
(denier frappĂ© avec des coins dâaureus).
1235 pour cause dâinsoumission24
[1]. Pen-dant ce sĂ©jour, il scelle plusieurs actes dont deux rĂšglements sur le change et la frappe des monnaies. Le premier dâen-tre eux, connu parfois sous les noms de Sententia de cambio et imaginibus dena-riorum ou de Sententia de cambiis et denariis civitatum, est lâobjet de notre petite Ă©tude25
[2].
Le contenu du document se résume en quatre dispositions :
1) Henri accorde aux villes dâEmpire possĂ©dant une monnaie propre le droit dâexiger que toutes les transactions effec-tuĂ©es au marchĂ© soient acquittĂ©es en deniers locaux.
2) Il ordonne que les ateliers monétaires identifient le produit de la frappe par un emblÚme caractéristique qui puisse faciliter la différenciation des différents monnayages.
3) Le change ne pourra sâopĂ©rer que par le monĂ©taire du lieu ou par un officier muni dâune autorisation spĂ©ciale de la part du seigneur.
4) Les personnes trouvĂ©es en possession de fausses monnaies seront punies selon la loi sauf si la somme en leur possession nâexcĂšde pas les neuf deniers. __________
* Avant toute chose, jâaimerais remercier MM. Raymond Horbach et David Guilardian pour leurs aides, conseils et suggestions. [1] Chr. Hillen, W. StĂŒrner & P. Thorau, Der Staufer Heinrich (VII.). Ein König im Schatten seines kaiserlichen Vaters, Göppingen, 2001 (Schrien zur staufischen Geschichte und Kunst, 20). [2] Lâacte est Ă©ditĂ© dans G.H. Pertz, Monumen-ta Germaniae Historica, Legum, II, Hanovre, 1837, p. 281 et dans L. Weiland, Monumenta Germaniae Historica, Constitutiones et acta pu-blica imperatorum et regum, Tomus II. Inde ab a. mcxcviii. usque ad a. mcclxxii, Hanovre, 1896, p. 415-416, no 301. Voir aussi S. Boffa, Liste provisoire des sources Ă©ditĂ©es de lâhis-toire monĂ©taire brabançonne jusquâen 1430, rbn, cxlvi, 2000, p. 31-137, pp. 40, no 37.
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La problématique
MalgrĂ© le nombre important dâhisto-riens et de numismates qui se rĂ©fĂšrent Ă notre document26
[3], son importance, du point de vue de lâhistoire monĂ©taire bra-bançonne, reste toujours Ă dĂ©montrer. En effet, rien ne prouve que lâacte fĂ»t dâapplication dans le duchĂ© de Brabant.
Ă notre connaissance, Jean Baerten est le premier historien Ă avoir doutĂ© de son intĂ©rĂȘt. Malheureusement son rai-sonnement nâest pas basĂ© sur une Ă©tude de lâacte mĂȘme. Il est purement circons-tanciel. Il pense simplement quâ « aprĂšs avoir montrĂ© que le monnayage dit local est Ă©galement ducal27
[4] et quâil dĂ©bute non pas au xiiiĂšme mais au xiiĂšme siĂšcle, il nâest nullement besoin de rĂ©ŐŽŐ„ter longuement la thĂšse de De Witte selon laquelle ce numĂ©raire devait son origine Ă la sententia de cambio et imaginibus denariorum qui date de 1231 »28
[5].
Nous partageons les conclusions de Jean Baerten. Nous pensons nĂ©anmoins que le caractĂšre particulier de la frappe de la monnaie au xiiiĂšme siĂšcle est tel, quâune simple comparaison avec la situa-tion au xiiĂšme ou au xivĂšme siĂšcle ne suf-fit pas pour prouver que lâĂ©dit de 1231 ne ŐŽŐ„t pas appliquĂ© en Brabant.
La position de nos prédécesseurs
Avant de nous attaquer Ă la sententia de cambio et imaginibus denariorum, il nous __________ [3] Voir ci-dessous. [4] Selon Alphonse De Witte, il existait un double monnayage : lâun ducal, qui circulait dans tout le Brabant, et lâautre local qui avait un cours limitĂ© Ă une zone restreinte (A. De
Witte, Histoire monĂ©taire des comtes de Lou-vain, ducs de Brabant et marquis du Saint Em-pire Romain, I, Anvers, 1894, p. 36-37). [5] J. Baerten, Villes et monnaie dans le du-chĂ© de Brabant (xiie et xive siĂšcles), Bulletin de la SociĂ©tĂ© dâhistoire et dâarchĂ©ologie de Louvain, 1965, p. 7-22, pp. 20.
semble utile de prĂ©senter succincte-ment lâopinion de quelques-uns de nos illustres prĂ©dĂ©cesseurs.
Alphonse De Witte, dans son remar-quable travail sur les monnaies braban-çonnes, divise le monnayage dâHenri II (1235-1248) et de ses successeurs en monnayage « ducal » et « local ». Il nâex-plique malheureusement pas les Ă©lĂ©ments qui lâont motivĂ© Ă Ă©tablir une telle dis-tinction. Notre document a certaine-ment jouĂ© un rĂŽle dĂ©terminant dans lâĂ©laboration de sa thĂ©orie, bien quâAl-phonse De Witte semble nây voir quâune confirmation de lâexistence du double monnayage :
« Peut-ĂȘtre faut-il chercher lâorigine de ce second monnayage [câest-Ă -dire le monnayage local] dans une charte im-pĂ©riale, donnĂ©e Ă Worms, le 30 avril 123529
[6] (...) Or, chose digne de remar-que, la promulgation du dĂ©cret impĂ©rial coĂŻncide avec lâapparition du monnay-age local⊠»30
[7].
Alphonse De Witte, sans clairement lâad-mettre, pense donc que lâĂ©dit de 1231, puisquâil ŐŽŐ„t dâapplication en Brabant, est la cause de la multiplication des ate-liers monĂ©taires et du type particulier quâauront les petits deniers Ă la croix brabançonne31
[8].
__________ [6] Alphonse De Witte date par erreur notre document de 1235 au lieu de 1231. [7] A. De Witte, op. cit. [n. 4], I, p. 36. [8] En Brabant, les deniers ducaux se recon-naĂźtraient au cavalier et Ă lâĂ©cu au lion, tandis que les deniers locaux seraient identifiables grĂące au donjon crĂ©nelĂ© flanquĂ© de deux tou-relles (Anvers) ; Ă la projection horizontale dâun pont (Bruxelles) ; Ă lâaigle bicĂ©phale (peut-ĂȘtre Halen) ; au lion rampant (Louvain) ; au buste de lion (pas dâattribution) ; Ă lâagneau pascal (peut-ĂȘtre Tirlemont) ; Ă la porte de ville (Vil-vorde) et Ă lâaigle monocĂ©phale (pas dâattribu-tion) (A. De Witte, op. cit., [n. 4], I, p. 38-65, 372-375).
BCEN vol. 50 no 2, 2013 165
Victor Tourneur, une autre grande fi-gure de la numismatique belge, semble ne pas avoir eu un avis dĂ©finitif sur la question. Il adopte tout dâabord la thĂ©o-rie dâAlphonse de Witte32
[9]. Ensuite, ce-pendant, il ne pense plus que « la charte de Worms ait eu la moindre influence sur le monnayage brabançon »33
[10]. Avant de changer Ă nouveau dâavis puis-quâil affirme quâun denier dâAnvers ŐŽŐ„t frappĂ© « en exĂ©cution dâune charte don-nĂ©e par Henri de Souabe Ă Worms »34
[11].
Jean-RenĂ© De Mey a soigneusement Ă©tudiĂ© le revers des petits deniers bra-bançons. Il prĂ©sente une nouvelle classi-fication basĂ©e non par sur le droit des monnaies, mais plutĂŽt sur les diffĂ©rents types de croix brabançonnes. En fonc-tion de celles-ci, il attribue les deniers aux villes dâAnvers, de Louvain, de Bru-xelles, de Tirlemont et de Vilvorde. Jean-RenĂ© De Mey justifie ce nombre rĂ©duit dâateliers monĂ©taires par lâacte de 123135
[12]. Il est piquant de lire que le re-gretté Mark Blackburn36
[13] utilise le mĂȘ-__________ [9] V. Tourneur, De la nature du monnayage dĂ©narial au nom et aux armoiries des villes de Flandre au xiiiĂšme siĂšcle, CongrĂšs international de Numismatique, Bruxelles, 1910, Bruxelles, 1910, p. 301-311, pp. 307. [10] V. Tourneur, Le monnayage dans les vil-les de Flandre et de Brabant au xiiĂšme siĂšcle et au xiiiĂšme, Bulletin de lâAcadĂ©mie royale de Bel-gique, Classe des Lettres, 5e sĂ©rie, 26, 1940, p. 34-48, pp. 47. [11] V. Tourneur, Lâatelier monĂ©taire dâAnvers des temps mĂ©rovingiens au xiiĂšme siĂšcle, in H. Ingholt (Ă©d.), Centennial Publication of the ans, New York, 1958, p. 683-690, pp. 690. [12] J.-R. De Mey, Les petits deniers Ă la croix brabançonne, Bruxelles, 1982, p. 14. Lâauteur nâavait pas dĂ©fendu cette thĂ©orie dans son pre-mier travail sur les monnaies des ducs de Bra-bant (Id., Les monnaies des ducs de Brabant (1106-1467), Watermael, 1966, p. 14-26). [13] M. Blackburn, Mint attributions of the âpetits deniers Ă la croix brabançonneâ, Actes du xie congrĂšs international de numismatique, Bruxelles, 8-13 septembre 1991, III, Louvain-la-Neuve, 1993, p. 105-111, pp. 110.
me acte pour contrer les idées de Jean-René De Mey.
Joseph Ghyssens, qui sâest aussi beau-coup intĂ©ressĂ© aux petits deniers braban-çons, ne semble pas sâĂȘtre occupĂ© de notre document. Ă notre connaissance, aucun de ses nombreux articles nây fait rĂ©fĂ©rence37
[14]. Il nâen fait pas mention dans son choix de textes relatifs aux monnaies des Pays-Bas mĂ©ridionaux, ce qui semble montrer le peu dâintĂ©rĂȘt quâil y portait38
[15].
Ă lâexception de Joseph Ghyssens, nom-breux sont les numismates, influencĂ©s par lâopinion dâAlphonse De Witte, qui utilisent lâĂ©dit de 1231. Et cela, mĂȘme lorsquâil sâagit de dĂ©fendre des thĂ©ories contradictoires.
Remarque générale sur la sententia de cambio et imaginibus denariorum39
[16]
Les Ă©diteurs des Monumenta germaniae historica ont choisi dâintituler notre do-cument Sententia de cambio et imagini-bus denariorum ou Sententia de cambiis et denariis civitatum. Pour eux, il sâagit donc dâune sentence, câest-Ă -dire un acte produit aprĂšs un jugement40
[17].
__________ [14] Par ex., J. Ghyssens, Essai de classement chronologique des monnaies de Brabant depuis Godefroid Ier jusquâĂ la duchesse Jeanne (1096-1406), bcen, 20, 1983, p. 55-59 ; J. Ghyssens, Le denier de Brabant des xiie et xiiie siĂšcles. PremiĂšre partie: les donnĂ©es, bcen, 13, 1976, p. 9-13 ; J. Ghyssens, Le denier de Brabant des xiie et xiiie siĂšcles. DeuxiĂšme partie : la vĂ©-rification, bcen, 13, 1976, p. 32-37. [15] J. Ghyssens, Choix de textes antĂ©rieurs Ă 1400 relatifs aux monnaies des Pays-Bas du sud, Louvain-la-Neuve, 1997. [16] Avant de poursuivre la lecture de ce tra-vail, nous conseillons aux lecteurs de parcou-rir lâĂ©dition de lâacte de 1231 qui se trouve en annexe 1 ou sa traduction en annexe 2. [17] Le terme « sentence » apparaĂźt bien dans le document.
166 BCEN vol. 50 no 2, 2013
Pourtant, la charte suivante, avec exacte-ment la mĂȘme teneur, mais qui sâadresse exclusivement Ă la Saxe, est nommĂ©e Mandatum de cambiis et denariis in Sa-xonia ou Mandatum regis ad Saxo-nes41
[18]. Il concerne uniquement les lieux oĂč la monnaie de Magdebourg avait cours. Pourquoi les Ă©diteurs de ces deux actes pratiquement identiques ont-ils qualifiĂ© le second de mandement? Sans doute parce que dans le second des documents, un passage supplĂ©mentaire donne le pouvoir de faire exĂ©cuter ses dĂ©cisions par Hermann, comte de Herz-berg, et par Gozelon, son dapifer42
[19].
La relation qui existe entre ces deux do-cuments reste Ă Ă©claircir, dâautant plus quâils ont Ă©tĂ© scellĂ©s le mĂȘme jour. Le premier, sans prĂ©cision de lieu, a peut-ĂȘtre servi de modĂšle au second. Câest ce que pourrait laisser supposer le passage mentionnant la monnaie du prince « ⊠in omnibus locis in quibus moneta prin-cipis frequentatur et habetur » qui est corrigĂ© ainsi « ⊠in omnibus locis, in quibus moneta Magdeburgensis frequen-tatur et habetur ».
Quoiquâil en soit, nous pouvons dĂ©jĂ nous interroger. Si les dispositions de la Sententia de cambio et imaginibus dena-riorum avaient Ă©tĂ© appliquĂ©es en Bra-bant, nâaurions-nous pas dĂ» retrouver un mandement semblable Ă celui qui existe pour la Saxe ?
Analyses des articles prĂ©sents dans lâĂ©dit du 30 avril 1231
Il est temps de se pencher sur les dispo-sitions de lâacte. Lâarticle premier insiste sur le fait que le document est dâappli-__________ [18] Lâacte est Ă©ditĂ© dans G.H. Pertz, op. cit. [n. 2], II, p. 281-282 ; L. Weiland, op. cit. [n. 2], p. 416-417, no 302. [19] âDamus etiam potestatem nobili viro Her-manno comiti de Hartesberg, et fideli nostro Gunzelino dapifero...â (G.H. Pertz, op. cit. [n. 2], II, p. 282).
cation dans « les citĂ©s et autres lieux oĂč un droit de monnayage propre et correct existe habituellement ». Il est intĂ©ressant de noter que lâon ne parle pas explicite-ment de principautĂ© ou de seigneurie, mais seulement de « citĂ©s » et dâ« autres lieux ».
Relevons tout dâabord que cette formu-lation, qui nâest sĂ»rement pas innocente, convient mal Ă la situation qui rĂ©gnait en Brabant. Le duc jouissait de lâexer-cice du droit rĂ©galien de frapper mon-naies. Il pouvait battre librement mon-naies nâimporte oĂč dans ses possessions. Il nâexistait donc pas, a priori, dans la principautĂ© de lieux oĂč un droit de mon-nayage existait « habituellement ».
Ensuite, les places oĂč lâon avait dĂ©jĂ frappĂ© monnaies en Brabant, du moins avant le dĂ©but du xiiiĂšme siĂšcle, sont limitĂ©es. Seules Anvers, Bruxelles, Lou-vain et Maastricht semblent ĂȘtre concer-nĂ©es43
[20]. Bien entendu, notre connais-sance des monnayages des comtes de Louvain et des premiers ducs de Bra-bant est encore fragmentaire. Il est pos-sible que dâautres localitĂ©s brabançonnes aient accueilli un atelier monĂ©taire, mais le nombre de ceux-ci devait ĂȘtre rĂ©duit et ne pouvait en aucun cas correspon-dre Ă la petite dizaine de localitĂ© oĂč les petits deniers brabançons seront frap-pĂ©s dans le courant du xiiiĂšme siĂšcle44
[21]. __________ [20] Nivelles et Gembloux ne font évidemment pas partie de cette liste puisque ce sont les auto-rités religieuses qui détenaient le droit de frap-per monnaies dans ces localités (J.-J. Hoe-
banx, Nivelles est-elle brabançonne au Moyen Ăge, rbph, 41, 1963, p. 361-396 ; J. Ghyssens, TrĂ©sor de deniers de Nivelles du xiiie siĂšcle, bcen, 18, 1981, p. 58-67 ; P. Lucas, Monnaies seigneuriales mosanes, Walcourt, 1982, 12.1-12.3). [21] S. Boffa, Les petits deniers brabançons, Ătats de la question, rĂ©flexions et pistes de re-cherche (c. 1210-c. 1295), Jaarboek voor mid-deleeuwse geschiedenis, 10, 2007, p. 141-177, pp. 155-158.
BCEN vol. 50 no 2, 2013 167
Lâouverture de ces ateliers ne serait pas, si lâon se fie aux termes de notre docu-ment, une consĂ©quence de lâapplication de ce rĂšglement puisque lâon nâavait pas lâ« habitude » dây frapper monnaies avant 1231.
Le mĂȘme article stipule encore que «per-sonne ne doit accomplir la moindre transaction au moyen dâargent, sinon avec les deniers de son propre mon-nayage ». Si nous rencontrons frĂ©quem-ment des mentions prĂ©cisant lâorigine de la monnaie Ă utiliser (monnaies de Bruxelles, de Louvain ou dâAnvers)45
[22], nous nâavons rencontrĂ© aucun docu-ment local interdisant lâutilisation des monnaies Ă©trangĂšres au duchĂ© ou Ă une ville en particulier. Cela aurait sĂ»re-ment Ă©tĂ© le cas si cette disposition avait Ă©tĂ© dâapplication.
Le second article traite du change ou Wehsel46[23]. Aucun marchand ne sera au-torisé à le pratiquer sauf le monnayeur du lieu et toute personne ayant reçu la permission expresse du seigneur. Nous sommes encore mal renseignés sur les opérations de change en Brabant47
[24]. Si lâacte de 1231 nous apprend quâelles pou-vaient ĂȘtre accomplies par le monĂ©taire, cette pratique nâa rien dâexceptionnel puisquâau xiiiĂšme siĂšcle, elle est attestĂ©e tant en France quâen Angleterre48
[26].
__________ [22] Voir les diffĂ©rents documents rĂ©fĂ©rencĂ©s dans S. Boffa, op. cit., [n. 2], passim. [23] Pas trĂšs diffĂ©rent du Wechsel actuel. [24] G. Bigwood, Le rĂ©gime juridique et Ă©cono-mique du commerce de lâargent dans la Belgique du Moyen Ăge, I, Bruxelles, 1920, p. 389-437 ; R. Van Uytven, Geldhandelaars en wisselaars in het middeleeuwse Brabant, in H.F.J.M. van
den Eerenbeemt (Ă©d.), Bankieren in Brabant in de loop der eeuwen, Tilburg, 1987 (Bijdra-gen tot de geschiedenis van het zuiden van Ne-derland, lxxiii), p. 1-20. [25] M. Bompaire & Fr. Dumas, Numismatique mĂ©diĂ©vale, Turnhout, 2000 (Lâatelier du mĂ©diĂ©-viste, 7), p. 426 ; M. Allen, Mints and Money
Nous nâavons malheureusement pas con-servĂ© de documents administratifs ou comptables sur la gestion des ateliers brabançons. Il nâest donc pas possible de savoir si le change y Ă©tait effective-ment pratiquĂ©. Si câĂ©tait le cas, il faudrait probablement y voir un usage gĂ©nĂ©ralisĂ© Ă lâĂ©poque et non lâexĂ©cution de lâarticle prĂ©sent dans notre document.
Il est probable quâun changeur ait Ă©tĂ© en activitĂ© dĂšs 1182 Ă Nivelles, puisquâun privilĂšge de FrĂ©dĂ©ric confirme au cha-pitre de cette ville diffĂ©rents droits dont le change (cum moneta et mensis con-cambiorum)49
[26]. Dans le duché, un ou plusieurs changeurs sont présents à Léau en 125350
[27]. Ă Bruxelles, nous ren-controns Ă partir des annĂ©es 1250 une famille ayant pour patronyme Cambi-tor, Campsor ou Wisselere. Deux de ses membres Ă©taient Ă©chevins de la ville, mais agissaient aussi comme financiers. Nul doute quâils aient pratiquĂ© le chan-ge51
[28]. Un certain Gilbert sâoccupait de ce commerce Ă Maastricht en 126052
[29]. __________
in Medieval England, Cambridge, 2012, p. 238-294. [26] A. Wauters, De lâorigine des libertĂ©s com-munales en Belgique, Preuve, Bruxelles, 1862, p. 40-42 ; G. Bigwood, op. cit. [n. 24], p. 406. [27] H. Pirenne, Le livre de lâabbĂ© Guillaume de Ryckel (1249-1272), Polyptyque et comptes de lâabbaye de Saint-Trond au milieu du xiiie siĂšcle, Bruxelles, 1896, p. 12, 14, 17, 23, 25, 84 ;
C. Tihon, Aperçus sur lâĂ©tablissement des lom-bards dans les Pays-Bas aux xiiie et xive siĂšcles, rbph, 39, 1961, p. 334-364, pp. 339-340. [28] A. Wauters, Les plus anciens Ă©chevins de la ville de Bruxelles. Essai dâune liste complĂšte de ces magistrats pour les temps antĂ©rieurs Ă lâannĂ©e 1339, asra, 8, 1894, p. 315-331, 426-441 ; 9, 1895, p. 59-76 ; P. Bonenfant, Cartu-laire de lâhĂŽpital Saint-Jean de Bruxelles (actes des xiie 2 xiiie siĂšcles), Bruxelles, 1953, p. 278, n. 4. [29] J.H. Hennes, Urkundenbuch des Deutschen Ordens, II, Mainz, 1861 (Codex diplomaticus ordinis Sanctae Mariae eutonicorum), p. 137, no 149.
168 BCEN vol. 50 no 2, 2013
Nous ne savons pas Ă quel titre offici-aient ces diffĂ©rents personnages et com-ment ils avaient obtenu le droit de pra-tiquer le change. SĂ»rement suite Ă une autorisation accordĂ©e par le duc de Bra-bant, peut-ĂȘtre dĂšs avant 128453
[30].
Malheureusement, ce nâest quâau dĂ©but du xivĂšme siĂšcle que les premiers docu-ments concernant un arrangement entre princes et financiers ont Ă©tĂ© retrouvĂ©s. Ă Malines, câest en 1301, que les autori-tĂ©s communales autorisent tous les bour-geois de la ville, membre de la gilde, Ă lâexception des foulons et des orfĂšvres, Ă pratiquer le change54
[31]. Ă Anvers, il faut attendre 1306 pour quâun privilĂšge ducal reconnaisse le droit pour tout bourgeois dây tenir publiquement une table de change55
[32].
Lâimage de lâoffice de changeur que nous offrent les archives est encore trĂšs nĂ©buleuse. Les premiĂšres mentions font leur apparition dans la seconde moitiĂ© du xiiiĂšme siĂšcle. Les autorisations prin-ciĂšres ou communales sont encore plus rĂ©centes puisquâelles datent du dĂ©but du xivĂšme siĂšcle. Dans les deux cas, nous nous trouvons plusieurs dĂ©cennies aprĂšs 1231. Cela ne signifie Ă©videmment pas quâil nây avait pas de changeurs en acti-vitĂ© au dĂ©but du xiiiĂšme siĂšcle. Le con-traire est mĂȘme vraisemblable. Mais, rien nâindique que leurs activitĂ©s et leur statut aient Ă©tĂ© Ă©tablis en fonction de
__________ [30] C. Tihon, op. cit. [n. 27], p. 349 ; M. Mar-
tens, Actes relatifs Ă lâadministration des reve-nus domaniaux du duc de Brabant (1271-1408), Bruxelles, 1943, p. 21-23, no 1. [31] G. Bigwood, op. cit. [n. 24], p. 405 ; J. Lae-
nen, Les Lombards Ă Malines, 1295-1457, Bul-letin du Cercle archĂ©ologique, littĂ©raire et artis-tique de Malines, 15, 1905, p. 23-47, pp. 26-27. [32] Fr. Verachter, Inventaire des anciens char-tes et privilĂšges et autres documents conservĂ©s aux Archives de la ville dâAnvers, 1193-1856, Anvers, 1860, p. 24, no lxxx ; G. Bigwood, op. cit. [n. 24], p. 401.
cette sentence, et il est probable que ce nâest pas le cas.
Selon le troisiĂšme article, les deniers devaient porter des images distinctives les rendant prima facie reconnaissables. Dans un prĂ©cĂ©dent travail, nous avions montrĂ© que plusieurs motifs (lâaigle bicĂ©-phale, lâĂ©cu au lion, le lion rampant et la plante ou arbrisseau pour les nommer) se trouvent dĂ©jĂ sur des monnaies frap-pĂ©es au tournant du xiiiĂšme siĂšcle (proto petits deniers, c. 1190-c. 1210) ou durant les deux dĂ©cennies qui suivirent (petits deniers anciens, c. 1210-c. 1235)56
[33]. La prĂ©sence de motifs semblables au droit de monnaies frappĂ©es entre la fin du xiiĂšme et la fin du xiiiĂšme siĂšcle montre clairement une continuitĂ© dans le type de certains petits deniers, une conti-nuitĂ© qui nâa visiblement pas Ă©tĂ© pertur-bĂ©e Ă partir de 1231.
Lâarticle sur les «signes» et les « images» que lâon devait apposer sur les deniers pour que lâon puisse facilement les dif-fĂ©rencier soulĂšve une autre remarque. Comment Jean-RenĂ© De Mey peut-il utiliser notre document pour justifier la mise en Ćuvre dâune classification des petits deniers basĂ©e non sur le droit, mais sur le revers et les variantes de la croix brabançonne. Ce systĂšme dâune extrĂȘme complexitĂ© est en totale contra-diction avec la troisiĂšme disposition de lâacte.
Lâarticle quatre concerne la possession de fausse monnaie. Ce passage nous laisse perplexes. Pourquoi la dĂ©tention dâune somme de moins de dix deniers nâest-elle pas immĂ©diatement condam-nable? Pourquoi devient-elle punissable Ă la troisiĂšme offense? Il est surprenant dâapprendre que la fausse monnaie nâest pas confisquĂ©e dĂšs la premiĂšre infraction et que le contrevenant nâest pas immĂ©-diatement poursuivi. RĂ©pondre Ă ces __________ [33] S. Boffa, op. cit. [n. 21].
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questions sort du cadre de notre en-quĂȘte. Nous ne nous y attarderons donc pas57
[34].
Enfin, nous savons que le duc de Bra-bant connaissait lâexistence de lâacte de 1231 puisquâil Ă©tait prĂ©sent lorsquâHenri (VII) scella le document. Henri Ier (1190-1235) est dâailleurs nommĂ©ment citĂ© dans la liste des tĂ©moins (Heinricus Brabancie)58
[35].
Cela non plus ne suffit pas pour affirmer que la teneur de lâacte Ă©tait dâapplication dans le duchĂ©. Le rĂŽle des tĂ©moins nâest pas anodin. La prĂ©sence de grands per-sonnages lors des discussions, de la pri-se de dĂ©cision et de sa mise par Ă©crit ren-dent les dĂ©cisions du roi des Romains incontestables. Elle permet Ă lâacte dâa-voir une valeur juridique. Câest pour-quoi, le duc est aussi tĂ©moin de plu-sieurs autres documents donnĂ©s entre le 29 avril et le 1er mai et nâintĂ©ressant en rien le Brabant : un diplĂŽme du 29 avril pour lâĂ©vĂȘque de Spire, notre document sur le change et la frappe des monnaies ainsi que lâacte semblable adressĂ© aux Saxons donnĂ©s le 30 avril et une consti-tution en faveur des princes datĂ©e du 1er
__________ [34] Nous sommes encore mal renseignĂ©s sur la rĂ©pression de la fabrication de la fausse mon-naie au xiiiĂšme siĂšcle et sur les peines encou-rues par les faux monnayeurs. Signalons nĂ©an-moins quâen 1279, lâarchevĂȘque de Cologne, le duc de Brabant, et les comtes de Gueldre et de ClĂšves avaient conclu une convention par la-quelle ils sâengagĂšrent Ă poursuivre les faux monnayeurs (.J. Lacomblet, Urkundenbuch fĂŒr die Geschichte des Niederrheins, II, DĂŒssel-dorf, 1846, p. 427-428, no 728). Pour les siĂšcles suivants, voir G. Cumont, Faux monnayeurs en Brabant (fin du 14Ăšme et commencement du 15Ăšme siĂšcle) : III. Supplice de deux faux mon-nayeurs Ă Haelen en 1404, asrab, 15, 1901, p. 319-324 ; P. Cnops, Valsmunters in Steenok-kerzeel, Eigen Schoon en De Brabander, 90,
2007, p. 23-26. [35] G. Smets, Henri I, duc de Brabant, 1190-1235, Bruxelles, 1908.
mai59
[36]. Sa prĂ©sence au bas de lâacte de 1231 prouve seulement que le duc de Brabant Ă©tait Ă Worms en compagnie dâHenri (VII) et de la cour royale.
La prĂ©sence de lâacte dans les archives brabançonnes
Lâoriginal de la sententia de cambio et imaginibus denariorum nâa pas Ă©tĂ© re-trouvĂ©. Les Ă©diteurs de la Monumenta germaniae historica ont dĂ©couvert le do-cument dans une ancienne publication du tout dĂ©but du xixĂšme siĂšcle60
[37]. PrĂ©ci-sons quâils ne doutent pas de son authen-ticitĂ©.
La sentence ne se retrouve ni dans le chartrier, ni dans les cartulaires des ducs de Brabant61
[38]. Elle semble aussi absente des fonds dâarchives des autres princes de nos rĂ©gions62
[39]. Lâabsence, en original ou en copie, de cet acte tant dans le duchĂ© de Brabant que dans les prin-cipautĂ©s voisines est un autre indice significatif.
Par ailleurs, Jean Baerten a dĂ©jĂ relevĂ© que les principaux documents adminis-tratifs qui jalonnent lâhistoire monĂ©taire
__________ [36] G.H. Pertz, op. cit., [n. 2], II, p. 280-283 ; G. Smets, op. cit. [n. 35], p. 207. [37] P. Oesterreicher, Inhalt einiger noch nicht bekannten Gesetze des ehemaligen teutschen Reiches, Erlangen, 1809, p. 20-22, no ii. [38] A. Verkooren, Inventaire des chartes et car-tulaires des duchĂ©s de Brabant et de Limbourg et des pays dâOutre-Meuse, PremiĂšre partie, Char-tes originales et vidimĂ©es, I, Bruxelles, 1910 ; Id., Inventaire des chartes et cartulaires des duchĂ©s de Brabant et de Limbourg et des pays dâOutre-Meuse, DeuxiĂšme partie, Cartulaires, I, Bruxelles, 1961. [39] Le document est prĂ©sent dans la version Ă©lectronique du esaurus Diplomaticus, mais il nây est fait mention dâaucun original ou dâaucune copie (Ph. De Monty, esaurus Diplomaticus, Version prĂ©paratoire de la Com-mission royale dâhistoire pour les annĂ©es 1200-1250).
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du Brabant ignorent totalement notre acte63
[40]. Quâil sâagisse des documents organisant le serment des monnayeurs (juillet 1291 et 22 juillet 1298)64
[41], de la charte wallonne (12 juillet 1314)65
[42], de la Joyeuse Entrée de Jeanne de Brabant et de Wenceslas de BohÚme (3 janvier 1356 (n.st.))66
[43] ou de lâacte du 1er octo-bre 1396 par lequel la duchesse cĂšde aux villes pour une durĂ©e de dix ans son droit rĂ©galien de frapper monnaies67
[44].
Nous savons que les villes brabançonnes ont toujours dĂ©fendu leurs privilĂšges de la maniĂšre la plus virulente, quâelles nâont jamais hĂ©sitĂ© Ă sâopposer au prince lorsque leurs intĂ©rĂȘts le dictaient et quâelles sâintĂ©ressaient de trĂšs prĂšs aux affaires de la monnaie68
[45]. Nous pou-vons ĂȘtre sĂ»rs que si les dispositions de la sentence de 1231 avaient Ă©tĂ© mises en Ćuvre dans certaines villes ou franchi-ses du Brabant et si elles avaient offert un quelconque bĂ©nĂ©fice Ă lâune de ces localitĂ©s, ce fait aurait Ă©tĂ© rappelĂ© Ă la mĂ©moire du duc. Le silence des archi-ves urbaines est tout aussi rĂ©vĂ©lateur. __________ [40] J. Baerten, op. cit. [n. 5], p. 9-11. [41] A. Anselmo, Placcaeten ende ordonnantien van de hertogen van Brabandt, princen van dese Nederlanden, I, Anvers, 1648, p. 246-249 ; Ch. Piot, Ancienne administration monĂ©taire de la Belgique, rbn, 1, 1845, p. 26-76, pp. 44-47, no 4 ; S. Boffa, op. cit. [n. 2], p. 47, nos 63, 65. [42] Ă. Lousse, Les deux chartes romanes bra-bançonnes du 12 juillet 1314, bcrh, 96, 1932, p. 1-47 ; S. Boffa, op. cit. [n. 2], p. 50, no 77. [43] R. Van Bragt, De Blijde Inkomst van de hertogen van Brabant Johanna en Wenceslas, Een inleidende studie en tekstuitgave, Louvain, 1956, pp. 99-100; S. Boffa, op. cit. [n. 2], p. 61, no 116. [44] H. Laurent, La loi de Gresham au Moyen Ăge, Essai sur la circulation monĂ©taire entre la Flandre et le Brabant Ă la fin du xive siĂšcle, Bruxelles, 1933, p. 197-208, no 38 ; S. Boffa, op. cit. [n. 2], p. 89, no 204. [45] A. Uyttebrouck, Le gouvernement du du-chĂ© de Brabant au bas Moyen Ăge, 2 vol., Bru-xelles, 1975, I, p. 538-544.
Conclusions
Ă premiĂšre vue, les circonstances de la frappe des petits deniers pourraient pa-raĂźtre rĂ©sulter de lâapplication de lâacte de 1231. En effet, si nous comparons la situation de la fin du xiiĂšme avec celle de la fin du xiiiĂšme siĂšcle, nous remarquons effectivement le rĂŽle important jouĂ© par les villes, lâapparition de signes distinc-tifs sur le droit des monnaies et un nombre croissant de changeurs dans la principautĂ©. Nous savons aussi que la frappe des petits deniers subit une im-portante rĂ©forme vers 1235, une pĂ©riode trĂšs proche de la date Ă laquelle la sen-tence royale ŐŽŐ„t donnĂ©e69
[46].
Pourtant, une analyse approfondie de chacune des dispositions du document montre clairement que la situation qui rĂ©gnait en Brabant nâa jamais Ă©tĂ© façon-nĂ©e par lâune dâentre elles. Nous remar-quons que les changements qui auront lieu dans le courant du xiiiĂšme siĂšcle, sont dĂ©jĂ en germe bien avant 1231 ; certains remontant mĂȘme Ă la fin du xiiĂšme siĂšcle.
Un regard plus appuyĂ© montre que la conjoncture du duchĂ© nâĂ©tait guĂšre dif-fĂ©rente, toute proportion gardĂ©e Ă©vi-demment, de ce qui se dĂ©roulait dans les principautĂ©s ou les royaumes voisins. Plusieurs de ces territoires Ă©taient situĂ©s en dehors de la juridiction de lâempe-reur ou du roi des Romains ; donc hors de la zone dâexercice de la sentence de 1231. La situation que nous rencontrons en Brabant, loin dâavoir Ă©tĂ© gĂ©nĂ©rĂ©e par notre document, est la simple consĂ©-quence de la rĂ©volution monĂ©taire qui sâest dĂ©roulĂ©e en Europe occidentale tout au long du xiiiĂšme siĂšcle70
[47].
__________ [46] S. Boffa, op. cit. [n. 2], p. 149-151. [47] P. Spufford, Money and its Use in Medie-val Europe, Cambridge, 1988, p. 240-263 ; Ph. Contamine, M. Bompaire, St. Lebecq &
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Enfin, lâabsence de toute rĂ©fĂ©rence Ă cet acte dans les textes et les archives bra-bançonnes, quâelles soient ducales ou urbaines, ne fait que renforcer lâidĂ©e quâil nâeĂ»t aucun impact sur la politique ou lâadministration monĂ©taire du duchĂ© au xiiiĂšme siĂšcle.
Annexe 1 â Lâacte du 30 avril 1231
H. Dei gracia Romanorum rex et semper augustus nobilibus, ministerialibus, civita-tibus, oppidis, castris, villis, et universis im-perii fidelibus graciam suam et omne bo-num. Sepius coram domino et patre nostro serenissimo Romanorum imperatore et nobis sentencialiter diffinitum est, quod
[1] in civitatibus et aliis locis, ubi propria et iusta moneta esse conswevit, nemo mer-catum aliquod facere debeat cum argento, sed cum denariis proprie sue monete.
[2] Cambium quod vulgo dicitur wehsel neque institor neque alius quivis mercato-rum, sed ipse monetarius exercere debebit vel is cui dominus permiserit ex indulgen-cia speciali.
[3] Denarii preterea unius monete ita ma-nifestis signis et ymaginum dissimilitudi-nibus distingwi debent a denariis alterius monete, ut statim prima facie et sine diffi-cultate aliqua ipsorum ad invicem discre-cio et differencia possit haberi.
[4] Ad hec, si aliquis cum falsis denariis ŐŽŐ„erit deprehensus, penam falsarii sustine-bit; nec proderit ei, si dicat, se eos in pu-blico et communi foro recepisse, nisi sum-ma adeo modica ŐŽŐ„erit ut novem denarios non excedat. Hic si eciam tercio cum pre-dicta summa vel citra inventus ŐŽŐ„erit, tunc poterit quasi falsarius sine predicta excep-cione vel excusacione iudicari.
Hec igitur sicut iuste et rationaliter diffini-ta sunt, sub optentu gracie nostre inviola-
__________
J.-L. Sarrazin, LâĂ©conomie mĂ©diĂ©vale, 3e Ă©d., Paris, 2004, p. 251-267.
biliter observari precipimus in omnibus lo-cis in quibus moneta principis frequentatur et habetur.
Ad perpetuam denique firmitatem hanc nostre diffinicionis sive sentencie et protes-tacionis paginam sigilli nostri appensione fecimus communiri.
Huius rei testes sunt: eodericus Treueren-sis, Heinricus Coloniensis, Sifridus Magun-tinus, Albertus Magdeburgensis archiepis-copi; Hermannus Herbipolensis, Bertoldus Argentinensis, Heinricus Wormaciensis, Si-fridus Ratisponensis et imperialis aule can-cellarius, [...] Spirensis, Siboto Augustensis, Bertoldus Curiensis, Bonifacius Lausanen-sis episcopi; Sancti Galli, Cono de Wizen-burg abbates; laici vero: Otto Meranie, Heinricus Brabancie, [...] Lutharingie, Hein-ricus de Limpurg duces; Poppo de Hen-nenberc, Hermannus de Hartsburg, Gun-therus de Keuernberg, Albertus de Wie, idericus de Honstein, Fridericus de Biche-lingen, Heinricus de Swarzburg comites; Gunzelinus dapifer, Cunradus pincerna, Everhardus de Walpurg, Cunradus de Winterstete pincerna, et alii quam plures.
Data Wormacie, II. Kalen. Maii, indictio-ne quarta.
Annexe 2 â Traduction partielle de lâannexe 1
Condamnation relative au change et aux effigies des deniers
[âŠ]
Assez souvent il a Ă©tĂ© arrĂȘtĂ© par jugement en faveur de notre seigneur et pĂšre, le sĂ©rĂ©-nissime empereur des Romains, et en notre faveur que,
[1] dans les citĂ©s et autres lieux oĂč un droit de monnayage propre et correct existe habituellement, personne ne doit accom-plir la moindre transaction au moyen dâar-gent, sinon avec les deniers de son propre monnayage.
[2] Le change, quâon appelle partout « Wehsel », aucun nĂ©gociant ni aucun autre marchand ne devra le faire, si ce
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nâest le monnayeur mĂȘme ou celui Ă qui le seigneur lâaura permis par une autorisa-tion spĂ©ciale.
[3] Surtout, les deniers dâun monnayage particulier doivent se distinguer des de-niers dâun autre monnayage par des signes et des images avec des diffĂ©rences si Ă©vi-dentes que dâemblĂ©e, au premier regard et sans la moindre difficultĂ©, il puisse exister distinction et diffĂ©renciation rĂ©ciproques.
[4] Ajoutons Ă cela que, si quelquâun est pris en possession de faux deniers, il subira le chĂątiment du faussaire, et il ne lui sera dâaucun secours, le cas Ă©chĂ©ant, dâaffirmer quâil les aurait reçus dans un marchĂ© public et commun, Ă moins que la somme ne soit Ă ce point modique quâelle nâexcĂšde pas neuf deniers. Si, de surcroĂźt, cet hom-me est dĂ©couvert une troisiĂšme fois en pos-session de la somme ci-dessus mentionnĂ©e ou plus ou moins de mĂȘme valeur, dĂšs lors il pourra ĂȘtre jugĂ© comme un faussaire, sans aucune des exceptions ni excuses men-tionnĂ©es prĂ©cĂ©demment.
Ainsi donc, attendu que ces dispositions ont Ă©tĂ© ordonnĂ©es justement et raisonnable-ment, nous enjoignons, en raison de notre pouvoir discrĂ©tionnaire, quâelles soient in-violablement observĂ©es dans tous les lieux dans lesquels le monnayage du prince existe habituellement.
Enfin, pour assurer lâĂ©ternelle validitĂ© de notre injonction ou, si lâon veut, de notre condamnation et dĂ©claration solennelle, nous avons fait renforcer (lâautoritĂ© de) cette page par lâapposition de notre sceau...
Abréviations
asrab : Annales de la SociĂ©tĂ© royale dâar-chĂ©ologie de Bruxelles â bcen : Bulletin du Cercle dâĂtudes numismatiques â bcrh : Bulletin de la Commission royale dâhistoire â rbn : Revue belge de numismatique â rbph : Revue belge de philologie et dâhis-toire.
RECENSIONS
K.-P. JOHNE (éd.), avec la collaboration de U. HARTMANN & . GERHARDT, Die Zeit der Soldatenkaiser. Krise und Transfor-mation des Römischen Reiches im 3. Jahr-hundert n. Chr. (235-284), Berlin, Akade-mie Verlag, 2 vol. in-8°, 1.400 p., 1 carte, 7 pl., cartonnés dans boßtier. isbn 978-3-
05-004529-0. Prix : 178.
l pouvait sembler superflu dâĂ©diter
une telle somme â 1.400 pages ! â trois ans Ă peine aprĂšs la sortie du monumental volume collectif intitulĂ© e Crisis of the Empire, ad 193-337 de la Cambridge An-cient History71*. Toutefois, cette pĂ©riode dite de lâanarchie militaire et son histoire extrĂȘmement troublĂ©e, est en pleine effer-vescence depuis de nombreuses annĂ©es. De plus, les mĂȘmes faits historiques ob-servĂ©s par des historiens latins, germani-ques ou anglo-saxons reçoivent des Ă©clai-rages souvent fort diffĂ©rents. Et finale-ment, les deux forts volumes Ă©ditĂ©s par P.-K. Johne et ses collaborateurs (U. Hart-mann et . Gerhardt) couvrent des as-pects fort diffĂ©rents de lâAncien Monde au iiiĂšme s. de notre Ăšre, puisque des cha-pitres importants sont consacrĂ©s aux peu-ples et Ă©tats extĂ©rieurs Ă lâEmpire romain. Ce sont eux, qui finalement, ont en quel-que sorte modelĂ© la politique impĂ©riale au cours de la crise du iiiĂšme siĂšcle mĂȘme si les causes profondes doivent en ĂȘtre recher-chĂ©es Ă lâintĂ©rieur mĂȘme des frontiĂšres.
I. Sources et historiographie
Lâouvrage fait tout dâabord le point sur nos sources. Elles sont soit littĂ©raires : orien-tales (Sassanides) ou occidentales, avec en tĂȘte HĂ©rodien et lâHistoire Auguste et sa problĂ©matique si spĂ©cifique, mais Ă©gale-ment bien dâautres sources primaires (Ă©pi-graphie, papyrologie, numismatique). On notera une remarquable et trĂšs dĂ©taillĂ©e biographie de quarante-trois auteurs occi-dentaux, Ă©crivant en grec ou en latin,
__________ * Cambridge University Press, 2005, réimpr. 2009.
I
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ayant vĂ©cu entre le iiiĂšme et le xiiĂšme s., mais encore ceux (p. 89-107) qui nous sont conservĂ©s dans dâautres langues comme le syriaque (9 attestations), le « moyen per-se » (3), le « nouveau perse » (3), lâarabe (13), lâhĂ©breu (5) et finalement lâarmĂ©nien ou le gĂ©orgien (7).
Le chapitre historiographique (p. 125-
157) nous dĂ©taille les apports des siĂšcles prĂ©cĂ©dents, dâoĂč Ă©mergent, comme on sâen doute, les noms des grands historiens clas-siques, de Le Nain de Tillemont (1637-
1698) à X. Loriot et D. Nony, en passant par E. Gibbons, M. Rostovtzeff, A. Alföldi et F. Altheim.
II. Les Ă©vĂ©nements et lâhistoire de lâEm-pire
Le 2Ăšme chapitre de lâouvrage (p. 161-423) constitue une monographie Ă elle seule. Elle compte sept articles diffĂ©rents, traitant successivement des rĂšgnes de Maximin le race Ă Ămilien (V. Huttner), ValĂ©rien et Gallien puis Claude II et AurĂ©lien (U. Hartmann), lâEmpire gaulois (A. Luther), lâEmpire palmyrĂ©nien (U. Hartmann), Tacite (K.-P. Johne) et finalement Probus et Carus (G. Kreucher). Le chapitre le plus dĂ©veloppĂ© est celui consacrĂ© aux rĂšgnes de ValĂ©rien et Gallien (253-268). Lâa., dâune grande Ă©rudition, y fait preuve de sa parfaite connaissance des sources littĂ©raires, Ă©pigraphiques mais Ă©galement numismatiques. On est toutefois surpris de voir le peu de place laissĂ©e Ă la recher-che française, italienne ou espagnole.
III. Les peuples du nord-ouest de lâEmpire
Le 3Ăšme chapitre (p. 424-580) sâintĂ©resse aux peuples et Ă©tats situĂ©s au-delĂ des fron-tiĂšres de lâEmpire. Ă cĂŽtĂ© de populations bien connues comme celles occupant les rĂ©gions rhĂ©nanes ou du moyen et du bas Danube jusquâĂ la Mer Noire (A. Goltz), nous trouvons des chapitres trĂšs dĂ©taillĂ©s concernant les Maures (A. Gutsfeld) et les royaumes du Caucase â ArmĂ©nie, IbĂ©rie (GĂ©orgie orientale), Colchide, Albanie et petites principautĂ©s mĂ©connues â la plu-part documentĂ©es essentiellement par les inscriptions sassanides. Viennent ensuite
la MĂ©sopotamie septentrionale (A. Luther), avec le grand centre que ŐŽŐ„t Hatra, la Cha-racĂšne et les Juifs de Babylone (M. Schuol), ces derniers constituant le groupe issu de la Diaspora le plus important au-dehors des frontiĂšres de lâEmpire. Les Arabes sont Ă©tudiĂ©s par U. Hartmann, et les Sas-sanides, principaux concurrents de Rome Ă lâEst, par J. Wiesehöfer. Quelques pages sont consacrĂ©es aux zones infiniment moins documentĂ©es que sont le royaume mĂ©roĂŻtique, sur le Nil, et les nomades con-nus sous le nom de Blemmyes.
IV. LâĂtat romain
Lâimportante partie relative Ă lâĂtat ro-main couvre les p. 583 Ă 712. K.-P. Johne sâintĂ©resse Ă lâorigine sociale des empe-reurs qui ont accĂ©dĂ© au pouvoir entre 235 et 285. Il relĂšve que jusquâĂ lâĂ©poque sĂ©vĂ©-rienne, les princes sont issus de lâordo senatorius. Lâa. examine les modifications qui apparaissent par la suite. Il dĂ©crit le rĂŽle des impĂ©ratrices, la reprĂ©sentation que lâempereur veut offrir de lui-mĂȘme au travers des titulatures impĂ©riales et des titres militaires dont il se pare Ă plus ou moins bon escient. Vient se greffer sur ce canevas lâimportance croissante du culte solaire, quâon finit par retrouver dans les titulatures impĂ©riales Ă partir du rĂšgne dâAurĂ©lien qui se proclame dominus et deus. Lâorigine gĂ©ographique des lieux de proclamation des diffĂ©rents empereurs est elle mĂȘme lourde de sens. Ainsi, de 235 Ă 285, seize acclamations ont lieu sur le Rhin, dix sur le Danube, quatre dans lâhinterland frontalier (Italie du Nord), neuf sur la frontiĂšre euphratique, trois en Afrique, trois en Ăgypte et finalement six Ă Rome. Encore faut-il noter que les Ă©phĂ©-mĂšres Balbin et Pupien, suivis de Gordien III, comptent pour la moitiĂ© de ces prises de pouvoir dans lâUrbs.
K.-P. Johne dĂ©crit ensuite la famille impĂ©-riale, par exemple les postes occupĂ©s par les frĂšres des empereurs. La situation est complexe par exemple dans le cas du cadet de Gallien, dont le rĂŽle est plutĂŽt effacĂ©. Elle est plus claire en ce qui concerne C. Iulius Priscus, le frĂšre de Philippe I, qui occupe dâimportantes fonctions en Orient.
174 BCEN vol. 50 no 2, 2013
Mais certains puinĂ©s succĂšdent Ă leurs aĂźnĂ©s Ă la tĂȘte de lâEmpire ; câest le cas pour Quintille, frĂšre de Claude II, ou de Flo-rien, frĂšre (ou plutĂŽt demi frĂšre ?) de Ta-cite. Le rĂŽle des femmes semble considĂ©-rable : Salonine, ZĂ©nobie, SĂ©vĂ©rine sont Ă mentionner, mais Ă©galement Sulpicia Dryantilla, Ă©pouse de lâĂ©phĂ©mĂšre RĂ©galien qui se proclama Ă Carnuntum en 260, ou encore Magna Urbica (Ă©pouse de Carus), Ă la fin de la pĂ©riode couverte par lâouvrage.
Un intéressant paragraphe est consacré aux titres portés par les différents empe-reurs, par exemple ceux de caesar, de pius, de pontifex maximus, de pater patriae, de mentions de consulat ou de cognomina ex virtute, tels Persicus, Carpicus, Germani-cus Maximus ou Gothicus Maximus.
M. Schuol examine pour sa part le droit romain au iiiĂšme s. Il relĂšve, dans le Codex Iustianianus, pas moins de 500 « constitu-tions » Ă©mises au cours des rĂšgnes des « Soldatenkaiser », contre 800 sous les SĂ©vĂšres, et plus de 1.200 sous DioclĂ©tien. La rĂ©partition est parfois trĂšs anormale : on connaĂźt 100 rescrits datĂ©s de 223, sous SĂ©vĂšre Alexandre, contre un seul, en 235, Ă lâextrĂȘme fin du mĂȘme rĂšgne. Gordien III est responsable de 271 documents lĂ©gaux, Philippe de 78 ; ValĂ©rien/Gallien de 89, dont 22 en 260, avant un trou de plusieurs annĂ©es. Lâa. insiste sur le fait quâil est clair que tous les rescrits nâont pas Ă©tĂ© conservĂ©s. Il est par exemple peu vraisemblable que Probus nâen ait pro-mulguĂ© que quatre au cours de ses sept annĂ©es de rĂšgne.
La gestion des provinces est un domaine complexe. Nous trouvons ainsi (p. 642 puis p. 669) une liste des provinces avec les titres et grades des gouverneurs, legati Augusti pro praetore de rang consulaire ou prĂ©torien, proconsules des mĂȘmes catĂ©-gories, praefecti, procuratores, praeses ou autres correctores.
LâarmĂ©e fait lâobjet dâune courte notice du grand spĂ©cialiste quâest Michael P. Speidel (p. 673-690). Vu lâimportance du sujet, nous nous serions attendu Ă un travail
beaucoup plus développé et nous restons en quelque sorte sur notre faim.
La gestion des villes et lâĂ©vergĂ©tisme sont traitĂ©s par . Gerhardt. Câest Ă ce niveau quâintervient pour le premiĂšre fois la numismatique et plus prĂ©cisĂ©ment le pro-blĂšme des contremarques faisant passer la grande piĂšce de bronze (Ă lĂ©gende grec-que) de quatre assaria (4 as = 1 sesterce) Ă 5 assaria sous Philippe puis, Ă partir de la fin des annĂ©es 250, Ă 6, 7, 8, 9, 11 et finale-ment 12 assaria. Mais il faut relever que la situation diffĂšre dâune ville Ă une autre.
V. La société romaine
Le 2Ăšme volume dĂ©bute par une Ă©tude de la sociĂ©tĂ© romaine au iiiĂšme s. Le rĂŽle dĂ©cli-nant du SĂ©nat est particuliĂšrement remar-quable. Il fait lâobjet dâune synthĂšse de M. Heil, qui sâappuie sur les travaux dâA. Chastagnol et ceux, plus anciens, de nos compatriotes P. Lambrechts (1937) et S.J. De Laet (1941), ou plus rĂ©cents com-me le livre de M. Christol (1986). Lâempe-reur retire aux sĂ©nateurs la plupart de leurs prĂ©rogatives antĂ©rieures. DĂšs le milieu du iiiĂšme s., nous ne trouvons plus aucun lĂ©gat de lĂ©gion, ni dâailleurs de tri-bun militaire, appartenant Ă lâordre sĂ©na-torial, mais certains personnages de haut rang Ă©mergent encore, tel L. Petronius Taurus Volusianus, qui aprĂšs une brillante carriĂšre dans la cavalerie, est accueilli dans le SĂ©nat sous Gallien, avant dâatteindre le consulat ordinaire en 261 puis occuper la prĂ©fecture urbaine. Au contraire, le iiiĂšme s. est la grande Ă©poque de lâequester ordo comme le souligne M. Heil. Les chevaliers occupent de trĂšs nombreux postes, mais il convient de se souvenir de la diffĂ©rence quantitative entre les 600 sĂ©nateurs face aux quelques 20.000 membres de lâordre Ă©questre.
. Gerhard aborde ensuite la problĂ©ma-tique des couches sociales infĂ©rieures et des conflits sociaux. Lâa. montre lâimpor-tance des ivvenes, une mention que lâon retrouve dans la numismatique de Gal-lien, de Claude II ou de Tacite par exem-ple. Il insiste particuliĂšrement sur lâim-portance quantitative des esclaves, qui re-
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prĂ©sentent prĂšs de 6 millions dâindividus, soit 10% de la population totale de lâEm-pire. Les mouvements sociaux les plus connus sont les Bagaudes, qui se dĂ©velop-pent dans les annĂ©es 285/286, mais dâau-tres rĂ©bellions sont attestĂ©es ailleurs et Ă dâautres moments par les sources littĂ©rai-res. Ainsi deux chapitres (F. Herklotz) concernent deux rĂ©gions spĂ©cifiques, lâIsaurie et lâĂgypte, qui ont connu au mi-lieu du siĂšcle dâimportants troubles.
VI. LâĂ©conomie et la monnaie
La recherche moderne, depuis les travaux de Rostovtzeff, eux-mĂȘmes influencĂ©s par lâĆuvre de Gibbons, a largement discutĂ© du caractĂšre de la crise Ă©conomique du iiiĂšme s., opposant cette pĂ©riode Ă un « Ăge dâOr » quâaurait constituĂ© lâĂ©poque anto-nine. K. Ruffing (p. 817-820) montre lâim-portance du contexte social dans lequel les historiens modernes vont dĂ©velopper leur point de vue sur cette « crise ». Cet aspect historiographique de la recherche est fort intĂ©ressant : il montre que chacun en a recherchĂ© les causes en fonction de son acquis personnel. Lâa., pour sa part, rĂ©duit la problĂ©matique Ă trois facteurs : lâinflation, la dĂ©mographie, les impĂŽts et le budget de lâĂtat. Rappelons que sous Caracalla, le budget annuel de lâEmpire avoisine 1,5 milliard de sesterces !
K. Ruffing ne croit pas trop Ă la crise et il nous fournit de nombreux exemples de prospĂ©ritĂ© Ă©conomique au cours des an-nĂ©es 235-284. Ceux-ci sont variĂ©s ; citons parmi bien dâautres : lâexportation de lâhuile dâolive dâEspagne, le dĂ©veloppement topo-graphique des agglomĂ©rations secondai-res de Gaule septentrionale, la fondation de villes nouvelles en race et en MĂ©sie InfĂ©rieure, lâaisance des citĂ©s du nord de lâAsie Mineure grĂące au commerce Ă tra-vers la Mer Noire. Ă cette Ă©poque dâailleurs, nous notons le dĂ©veloppement maximum des Ă©missions monĂ©taires de villes de Bithynie, sous les SĂ©vĂšres, sous Gordien III et finalement sous ValĂ©rien/ Gallien.
La supposĂ©e crise ne touche pas non plus le commerce international. Ainsi, lâabsen-ce de monnaie de cette Ă©poque en Inde
est interprĂ©tĂ©e par le fait que lâargent monnayĂ© a toujours constituĂ©, pour ces rĂ©gions, une marchandise comme une autre. Lâa. relativise finalement deux ar-guments clefs en faveur dâune crise Ă©co-nomique gĂ©nĂ©ralisĂ©e au iiiĂšme s., Ă savoir que lâavilissement de la monnaie implique automatiquement de lâinflation, et dâautre part, que nous assistons Ă une rĂ©gression dĂ©mographique gĂ©nĂ©ralisĂ©e.
La monnaie fait lâobjet dâun court mais fort dense chapitre de K. Ehling (p. 843-
860). Lâa. distingue dâabord les Ă©missions impĂ©riales des frappes des citĂ©s grecques, qui arrivent Ă leur terme sous Gallien, mĂȘme si quelques Ă©missions municipales se prolongent sous Claude II (Cyzique), AurĂ©lien (SidĂ©) et mĂȘme Tacite (PergĂ©). K. Ehling reprend briĂšvement les donnĂ©es traditionnelles relatives au fonctionnement de lâatelier monĂ©taire de Rome quant Ă lâorganisation des officines. Il se fonde, comme toujours, sur les mĂȘmes inscrip-tions connues depuis bien longtemps (cil vi, 44 et 239). Mais les sources complĂ©-mentaires sont finalement rares : sur les 18 procuratores monetae attestĂ©s entre les rĂšgnes de Trajan et de Valentinien I, seu-lement 4 sont attribuables au iiiĂšme s.
Ă cĂŽtĂ© de la production officielle de la ca-pitale, on relĂšve de trĂšs nombreux ateliers rĂ©partis dans les provinces. On notera Ă ce sujet que lâa. situe Ă Cologne lâatelier ger-manique de Gallien, et non Ă TrĂšves com-me câest actuellement la mode.
Les conditions de la crĂ©ation par Cara-calla, en 215, de lâantoninianus, sont dĂ©-sormais bien connues. On retrouve dans lâouvrage le classique diagramme mon-trant la chute du pourcentage dâargent au sein de cette monnaie surĂ©valuĂ©e dĂšs le dĂ©part. Mais lĂ aussi, lâa. sâinsurge contre la vision â une metallistischer Irrtum esti-me-t-il â, que la diminution du pourcen-tage dâargent fin dans la monnaie est auto-matiquement un Ă©lĂ©ment forcĂ©ment nĂ©-gatif, que le procĂ©dĂ© entraĂźne ipso facto une hausse des prix et quâil entretient fina-lement lâinflation. La valeur de la mon-naie, selon le droit romain (Dig., 18, 1, 1)
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nâest pas fondĂ©e sur la substantia (« Stoff-wert »), sa valeur mĂ©tallique, mais bien sur la quantitas (« Nennwert ») qui dĂ©rive de la forma publica, câest-Ă -dire la valeur nominale garantie par lâĂtat.
Lâa. Ă©voque ensuite le problĂšme du mon-nayage au type du DIVO CLAVDIO / CONSECRATIO, sĂ©rie Ă laquelle les sour-ces de lâĂ©poque utilisent les termes Ă©lo-quents de vitiare et de corrodere. Au sujet de leur fabrication par des employĂ©s indĂ©-licats de lâatelier romain, K. Ehling re-prend les termes de R. Göbl, Ă savoir que câest lâĆuvre dâune « vĂ©ritable Maffia »...
La rĂ©forme dâAurĂ©lien est dĂ©crite avec mi-nutie. Alors quâune certaine unanimitĂ© Ă©merge actuellement en faveur de lâinter-prĂ©tation de la marque XXI comme une indication de la composition mĂ©tallique de la monnaie (1/20Ăšme dâargent fin), lâa. considĂšre quâil sâagit en rĂ©alitĂ© du taux de reprise des anciens antoniniens : 20 mau-vaises piĂšces antĂ©rieures Ă la rĂ©forme (Gallien, Claude II, empire gaulois) con-tre un seul « antoninien rĂ©formĂ© », ce dernier surĂ©valuĂ© de 150%. On notera que nâapparaĂźt nulle part le nĂ©ologisme dâaurelianus pour dĂ©signer ces monnaies rĂ©formĂ©es, essentiellement utilisĂ© par les numismates français ; Ehling prĂ©fĂšre le terme dâaurelianische Reformantoninian. LâĂ©mission de cette nouvelle monnaie au-rait cette fois des consĂ©quences politiques nĂ©gatives car elle semble favoriser lâinfla-tion. La preuve en serait le retour rapide Ă un taux de change diminuĂ© de moitiĂ© : la marque XI, utilisĂ©e sous Tacite et Carus dans certaines zones limitĂ©es de lâEmpire, est ici interprĂ©tĂ©e comme lâindication dâun nouveau taux de change de 10 anciennes monnaies contre une nouvelle, issue de la rĂ©forme. Ces hypothĂšses, rĂ©sumĂ©es ici en quelques lignes, sont soigneusement ar-gumentĂ©es Ă partir de sources anciennes. Elles mĂ©ritent en tout Ă©tat de cause une lecture extrĂȘmement attentive.
VII. Lâenseignement et les sciences
Lâenseignement (au sens large) est Ă©tudiĂ© par K. Pietzner. Les sources antiques ne manquent pas. On apprend par exemple
la crĂ©ation dâune nouvelle bibliothĂšque situĂ©e prĂšs du PanthĂ©on, Ă Rome, sous SĂ©vĂšre Alexandre. Elle est lâĆuvre de Sex-tus Iulius Africanus, un chrĂ©tien. Elle sâa-joute aux deux autres bibliothĂšques dĂ©jĂ prĂ©sentes dans les thermes de Caracalla.
Les Ćuvres littĂ©raires Ă caractĂšre histori-ques sont un domaine particuliĂšrement travaillĂ© par la recherche moderne, sans doute Ă cause de lâindigence des sources contemporaines des faits. Les chapitres postĂ©rieurs Ă SĂ©vĂšre Alexandre de lâou-vrage dâHĂ©rodien, mort au milieu du siĂšcle, sont perdus. Il se composait Ă lâori-gine de huit livres, publiĂ©s sous Philippe ou Trajan DĂšce. Lâautre grand historien de lâĂ©poque, lâAthĂ©nien P. Herennius De-xippus, dont la chronique allait jusquâĂ la mort de Claude II en 270, nâest connu que par des fragments. Cette partie consacrĂ©e aux sources historiques complĂšte en quel-que sorte le chapitre I de lâouvrage.
Quelques pages sont ensuite consacrĂ©es aux philosophes de lâĂ©poque, Longin et surtout Plotin, dont Gallien ŐŽŐ„t un ardent dĂ©fenseur.
VIII. Les religions
Nous nâentrerons pas dans le dĂ©tail des aspects religieux, qui traitent successive-ment du paganisme, du judaĂŻsme, du christianisme, du manichĂ©isme et surtout du culte impĂ©rial (F. Herklotz). Cette der-niĂšre contribution est peut-ĂȘtre un peu brĂšve Ă notre goĂ»t : 12 p. seulement pour traiter des rites spĂ©cifiquement liĂ©s Ă la personne de lâempereur, aux cĂ©rĂ©monies et anniversaires (decennalia par ex.), au culte des divi et surtout Ă lâassimilation progressive du Prince Ă Sol invictus.
IX. Crise en transformation de lâEmpire au iii s.
Cette remarquable encyclopĂ©die de lâEm-pire entre 235 et 284 sâachĂšve par un texte synthĂ©tique (p. 1025-1053) coĂ©crit par K.-P. Johne et U. Hartmann, rĂ©sumant les informations Ă©voquĂ©es ci-dessus, en les replaçant dans leur contexte.
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Lâouvrage se clĂŽture par des fasti du plus haut intĂ©rĂȘt car extrĂȘmement dĂ©taillĂ©s (empereurs, consuls, prĂ©fets urbains, prĂ©-fets du prĂ©toire, gouverneurs, Ă©vĂȘques, monarques orientaux et finalement prin-ces barbares), couvrant pas moins de 142 pages, et par une bibliographie de 160 p., totalisant environ 5.300 titres !
La longueur inusitĂ©e de cette recension montre lâimportance que nous attribuons Ă cette Ćuvre magistrale. Les nombreux numismates et historiens travaillant sur les prĂ©mices de lâAntiquitĂ© tardive pour-ront difficilement se passer de recourir Ă ce monument de lâĂ©rudition allemande.
Jean-Marc Doyen
L. TRAVAINI, Philip Grierson, Irish Bulls and Numismatics, Roma, Edizioni Quasar di Severino Tognon, 2011, 12, 120 p., 18
âest avec plaisir que nous ferons mention ici du petit ouvrage Ă©ditĂ©
par notre ancienne laurĂ©ate du Prix Quin-quennal de Numismatique, Mme Lucia Travaini. Il sâagit dâun hommage Ă Philip Grierson (1910-2006), spĂ©cialiste mon-dialement reconnu de la numismatique mĂ©diĂ©vale. Mais Mme Travaini, au lieu dâun traditionnel volume biographique, Ă©dite quelques textes « mineurs » du prof. Grierson dont une Ă©tonnante Ă©tude (Irish Bulls, 1938) tendant Ă prouver que « Every-one knows that an Irish bull possesses some rare ethereal quality denied to bulls of other nations », et sâachevant par le monumental apophtegme de Sir Boyle (+ 1807) « that it was hereditary in his family to have no children ».
Plus sĂ©rieusement, lâouvrage est complĂ©tĂ© par une bibliographie de Philip Grierson, totalisant 277 entrĂ©es.
Jean-Marc Doyen
Larissa BARATOVA, Nikolaus SCHINDEL & Edvard RTVELADZE : Sylloge Nummo-rum Sasanidarum Usbekistan, Wien, Verlag der Ăsterreich. Akad. der Wissenschaen (Veröff. der numismatischen Kommission, Bd. 51), 2012, a4, 199 p., 47 pl., 647 n.
our un numismate intĂ©ressĂ© par la pĂ©riode sassanide, la parution dâun
nouveau volume dans la série des Sylloge Nummorum Sasanidarum est toujours un événement.
En effet, cette sĂ©rie avait pour but initial de combler un vide abyssal dans ce do-maine oubliĂ© de la numismatique : publier quelques grandes collections publiques (Paris, Berlin, Vienne) sous forme de Syl-loge et, par la mĂȘme occasion, proposer une nouvelle dĂ©finition, bien plus com-plĂšte que celle proposĂ©e par Göbl, des dif-fĂ©rents types utilisĂ©s et une identification des ateliers en activitĂ© aux diffĂ©rentes Ă©poques.
Les trois premiers volumes se sont donc penchĂ©s sur la publication de ces collec-tions jusquâau rĂšgne de Kawad I (488-531
ad). Il reste encore à publier les monnaies des derniers rÚgnes, certes bien plus nom-breuses que celles des rÚgnes précédents mais avec moins de types monétaires et une frappe bien plus structurée et centra-lisée.
Entretemps, le projet sâest Ă©largi, incluant dâautres collections nationales (SNS IsraĂ«l et le prĂ©sent volume) et une importante collection privĂ©e sera Ă©galement publiĂ©e trĂšs prochainement.
Le volume Sylloge Nummorun Sasanida-rum â Usbekistan est en fait trĂšs diffĂ©rent des prĂ©cĂ©dents. En effet, il regroupe les monnaies de type sassanide (sassanides, imitations de type sassanide et arabo-sas-sanides) se trouvant dans diffĂ©rentes insti-tutions dâUzbekistan. De plus, la plupart du matĂ©riel publiĂ© provient de trouvailles locales bien rĂ©pertoriĂ©es. Il ne sâagit donc pas dâune collection unique essayant de donner une image relativement complĂšte du monnayage sassanide mais plutĂŽt dâun groupe de monnaies illustrant assez clai-
C
P
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rement la circulation monétaire dans ce pays aux périodes sassanide et post-sassa-nide.
Un total de 647 monnaies nous est pré-senté dont seulement 383 sont sassanides (incluant déjà certaines imitations sous le rÚgne de Wahram V et de nombreuses drachmes contremarquées localement). Le reste se compose de 3 drachmes arabo-sassanides, 4 hémidrachmes du Tabaris-tan, 50 drachmes des Bukharkudat (imi-tant le type sassanides de Wahram V), 105 drachmes des Huns hephtalites (la plupart imitant les drachmes sassanides de Peroz I) et enfin, 102 drachmes du royaume Chaganian, imitations basées sur le mon-nayage sassanide de Khusro I.
La rĂ©partition des monnaies sassanides est la suivante : Ardashir IâOhrmazd II (224-309 ad) 19 Shapur II (309-379 ad) 17 Shapur III-Yazdgerd I (382-420 ad) 3 Wahram V (420-438 ad) 39 Yazdgerd II (438-457 ad) 3 Peroz (457-484 ad) 184 Kawad I (488-531 ad) 30 Khusro I (531-578 ad) 34 Ohrmazd IV (578-590 ad) 10 Khusro II (591-628 ad) 44
Comme dĂ©jĂ mentionnĂ©, le contenu de la collection est loin de nous offrir une dis-tribution du monnayage sassanide tel que nous la trouvons dans les musĂ©es occiden-taux ; certains rois sont absents et dâautres sont sur-reprĂ©sentĂ©s suite aux circons-tances historiques. Ce sont bien entendu les types de ces derniers empereurs que lâon retrouve dans les imitations locales.
Parmi les drachmes sassanides de Wa-hram V, certaines, qui sont attribuĂ©es Ă lâatelier de Marw (nos 43-45), pourraient dĂ©jĂ ĂȘtre considĂ©rĂ©es comme des imita-tions, vu leurs lĂ©gendes gĂ©nĂ©ralement illi-sibles et courtes. Quant aux monnaies du mĂȘme atelier dĂ©crites comme imitations, elles prĂ©sentent des lĂ©gendes longues, nor-
males pour ce rĂšgne, et la plupart du temps bien lisibles. Plusieurs drachmes de ce dernier groupe pourraient, en fait, ĂȘtre le prototype purement sassanide de la sĂ©rie (voir, par exemple, la monnaie no 71 avec un style remarquable et une calligra-phie soignĂ©e du sigle monĂ©taire).
Une drachme de Peroz, dĂ©crite comme provenant de lâatelier de AT pourrait, Ă notre avis, ĂȘtre attribuĂ©e Ă lâatelier de GWM, non dĂ©crit jusquâĂ prĂ©sent (gĂ©nĂ©-ralement attribuĂ© erronĂ©ment Ă lâatelier AM ou AT). La monnaie reprĂ©sentĂ©e ci-dessous (fig. 1) illustre un exemplaire sans ambiguĂŻtĂ© aucune concernant la lecture de lâatelier. Une autre drachme est dĂ©crite comme Ă©tant de lâatelier de GWL, nous pensons quâil faut probablement lire GWD comme sur lâexemplaire de la figure 2.
Fig. 1 Fig. 2
Nous nous retrouvons donc, sous le rĂšgne de Peroz avec au moins trois sigles monĂ©-taires commençant par GW : GW (no 181), GWD (no 183) et GWM (no 109). Les trois pourraient peut-ĂȘtre reprĂ©senter lâatelier GWDMY trouvĂ©, Ă©crit en entier et par-tiellement (GW), sur certaines Ă©missions de Yazdgerd I et attribuĂ© Ă la ville de Qum par Rika Gyselen72
[1]. Mais rien nâest sĂ»r Ă ce niveau et il est difficile dâaccepter cette latitude dans lâĂ©criture de lâabrĂ©viation dâun atelier Ă un moment oĂč la frappe Ă©tait trĂšs contrĂŽlĂ©e et systĂ©matisĂ©e. Faut-il attribuer le sigle GW Ă la ville de Gurgan, comme par le passĂ©, GWD Ă Qum et GWM Ă un autre atelier ? Des recherches plus poussĂ©es sont ici nĂ©cessaires mais il est nĂ©anmoins curieux de trouver dans cette
__________ [1] R. Gyselen, De quelques ateliers monétai-res sassanides. I. Un prétendu atelier de Gur-gan, Studia Iranica 12/2 (1983), p. 235-238.
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partie de lâAsie des drachmes avec les sigles GWM et GWD, relativement rares pour ce rĂšgne.
Une des grandes richesses de ce volume rĂ©side certainement dans les quelques trĂ©-sors dâimitations de monnaies sassanides qui seront trĂšs utiles pour des recherches ŐŽŐ„tures.
En rĂ©sumĂ©, il sâagit dâun excellent ouvrage de rĂ©fĂ©rence pour les numismates spĂ©cia-lisĂ©s dans la numismatique de cette rĂ©gion Ă cette Ă©poque. On peut juste regretter lâabsence dâun rĂ©sumĂ© en anglais.
François Gurnet
omni, revue scientifique de numisma-tique, Ă©ditĂ©e par lâassociation omni
ComitĂ© Scientifique : Carlos AlajarĂn
Cascales, Eduardo Dargent Chamot, Georges Depeyrot, Jean-Albert Chevil-
lon, Jean-Marc Doyen, David Frances
Vaó, Ginés Gomariz Cerezo, Serge Le
Gall, CĂ©dric Lopez, Jean-Louis Mir-
mand, MarĂa Paz GarcĂa-Bellido Gar-
cia de Diego, Pere Pau RipollĂšs, Ra-mĂłn RodrĂguez PĂ©rez, Pablo Rueda Ro-
drĂguez-Vila.
Soutenue par lâassociation omni (Objets et Monnaies Non IdentifiĂ©s) fondĂ©e en 2005 par CĂ©dric Lopez (docteur en scien-ces, UniversitĂ© de Montpellier 2) et comp-tant aujourdâhui plus de 7.000 membres, la revue scientifique omni a Ă©tĂ© crĂ©Ă©e en 2009 dans le but de satisfaire une commu-nautĂ© souhaitant enrichir la numismati-que par des liens historiques et archĂ©olo-giques. Ce projet est menĂ© par un comitĂ© scientifique international qui compte au-jourdâhui 14 membres bĂ©nĂ©voles (dont 5 professeurs dâuniversitĂ©) reprĂ©sentant cha-cun sa spĂ©cialitĂ© Ă travers diffĂ©rents pays tels lâEspagne, la France, la Belgique, et le PĂ©rou. Ainsi, dans omni, archĂ©ologues,
numismates et historiens sont au rendez-vous pour assurer une cohĂ©sion de ces domaines jusquâalors cloisonnĂ©s.
La revue omni est semestrielle. Elle con-naĂźt une diffusion internationale, princi-palement dans les pays francophones et hispanophones (incluant donc la majoritĂ© des pays dâAmĂ©rique du Sud). Sa diffusion au format papier et numĂ©rique permet de compter sur le soutien de plus de 12.000 lecteurs dans 97 pays. Depuis le premier numĂ©ro, plus de 60 auteurs ont contribuĂ© Ă ce projet.
Les thĂšmes couverts par omni sont trĂšs variĂ©s puisque la revue publie des travaux de numismatique Ă la seule condition quâils soient validĂ©s scientifiquement par le comitĂ©, avec une attention particuliĂšre aux travaux portant sur les pĂ©riodes anti-ques et fĂ©odales, domaines dans lesquels les recherches demeurent rares et doivent ĂȘtre encouragĂ©es. omni met un point dâhonneur aux publications de nouvelles idĂ©es, thĂ©ories, ou de monnaies inĂ©dites. En fait, omni se veut ĂȘtre une revue in-novante dans le domaine de la numisma-tique, quelle que soit lâĂ©poque concernĂ©e.
Concernant les prochains numĂ©ros (pu-blication du no 6 en avril 2013), nous pou-vons dâores et dĂ©jĂ annoncer la partici-pation de Pere Pau RipollĂšs (Professeur dâarchĂ©ologie Ă lâuniversitĂ© de Valencia en Espagne), Georges Depeyrot (Directeur de recherche au cnrs), Jean-Albert Che-
villon (chercheur indĂ©pendant), Jean-Claude Richard Ralite (directeur de recherche honoraire au cnrs), Eduardo Dargent Chamot (Professeur Ă lâUni-versitĂ© de San MartĂn de Porres au PĂ©-rou), parmi tant dâautres.
Revues en PDF disponibles sur http://
www.identification-numismatique.com/h1-
revueomni
Contact : [email protected]
BCEN vol. 50 no 2, 2013 180
Mise en ligne de la collection des billets de nécessité de la PremiÚre Guerre mon-diale du Musée de la Banque nationale de Belgique (communiqué de presse)
Le MusĂ©e de la Banque nationale de Bel-gique possĂšde une grande collection de monnaie de nĂ©cessitĂ© datant de la Pre-miĂšre Guerre mondiale. Ces moyens de paiement sont apparus Ă cause de la pĂ©nu-rie accrue de monnaie dans la cohue de la guerre 1914-18. Plusieurs conseils com-munaux, comitĂ©s locaux dâaide et autres entreprises ont Ă©mis leurs propres billets et, en moindre quantitĂ©, leurs propres piĂšces. Lâargent de nĂ©cessitĂ© constitue une
source intĂ©ressante pour les recherches sur la PremiĂšre Guerre mondiale. Ă lâap-proche du centiĂšme anniversaire de la Grande Guerre en 2014, le MusĂ©e a dĂ©voilĂ© sa collection. Sur le site nbbmuseum.be, sous la rubrique Catalogue, on peut cli-quer et parcourir cette base de donnĂ©es. En outre, on trouve une brĂšve introduc-tion avec une bibliographie complĂ©men-taire pour mettre les chercheurs et histo-riens locaux sur la voie.