Biologia x psicologi

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FONDAMENTI DI BIOLOGIA APPLICATA PER PSICOLOGI Introduzione allo studio della cellula La cellula è l’unità fondamentale dei viventi. La cellula è stata intesa, per un lungo lasso di tempo, come una struttura provvista di nucleo, senza considerare le diverse eccezioni, che ad esempio riguardano cellule plurinucleate o strutture che derivano da cellule. La teoria cellulare, quindi, viene riformulata da Schwann e Schleiden e può essere indicata con la frase: Gli organismi viventi sono costituiti da cellule o prodotti di cellule. La definizione di cellula estrapolata dalla teoria di Schwann e Schleiden, però, non comprende i microrganismi più semplici quali virus e prioni. Un virus può essere definito come un ponte tra i viventi ed i non viventi, una specie di esperimento di passaggio, infatti possiede caratteristiche dei viventi, acidi nucleici e sistemi di proteine, ma non un’organizzazione cellulare • Un enunciato importante, che riguarda la struttura delle cellule è quello di Wirchow: • Le cellule producono altre cellule in continuità nel tempo. • In base a questo, si comprende come tutte le cellule derivino da altre cellule che già esistono. Al giorno d’oggi la teoria cellulare mette in evidenza due punti: • 1. Cellule o prodotti di cellule sono le unità di struttura e funzione degli organismi • 2. Tutte le cellule derivano da cellule preesistenti • In natura esistono due differenti tipi cellulari: • Cellula procariote, la più antica e semplice • Cellula eucariote, più moderna, grande e complessa che caratterizzano una grande suddivisione in due superregni, quello dei procarioti e quello degli eucarioti I PRIONI Sono agenti responsabili di particolari malattie neurologiche ad evoluzione lenta, come il morbo della mucca pazza costituiti da frammenti glicoproteici autoreplicanti privi di acido nucleico. Un prione, quindi, è una struttura ancora più semplificata rispetto ai virus, questo implica, però, una più difficile prevenzione da un attacco all’organismo. I prioni hanno destato notevole interesse negli ultimi anni a causa di una patologia che si è trasmessa da un mammifero, la

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FONDAMENTI DI BIOLOGIA APPLICATA PER PSICOLOGI

Introduzione allo studio della cellula

La cellula è l’unità fondamentale dei viventi. La cellula è stataintesa, per un lungo lasso di tempo, come una struttura provvista di nucleo, senza considerare le diverse eccezioni, che ad esempio riguardano cellule plurinucleate o strutture che derivano da cellule. La teoria cellulare, quindi, viene riformulata da Schwann e Schleiden e può essere indicata con la frase: Gli organismi viventi sono costituiti da cellule o prodottidi cellule. La definizione di cellula estrapolata dalla teoria di Schwann e Schleiden, però, non comprende i microrganismi più semplici quali virus e prioni. Un virus può essere definito come un ponte tra i viventi ed i non viventi, una specie di esperimento di passaggio, infatti possiede caratteristiche dei viventi, acidi nucleici e sistemi di proteine,ma non un’organizzazione cellulare • Un enunciato importante, che riguarda la struttura delle cellule è quello di Wirchow: • Le cellule producono altre cellule in continuità nel tempo. • In base a questo, si comprende come tutte le cellule derivino da altre cellule che già esistono. Al giorno d’oggi la teoria cellulare mette in evidenza due punti: • 1. Cellule o prodotti di cellule sono le unità di struttura e funzione degli organismi • 2. Tutte le cellule derivano da cellule preesistenti • In natura esistono due differenti tipi cellulari: • Cellula procariote, la più antica e semplice • Cellula eucariote, più moderna, grande e complessa che caratterizzano una grande suddivisione in due superregni, quello dei procarioti e quello degli eucarioti

I PRIONI Sono agenti responsabili di particolari malattie neurologiche ad evoluzione lenta, come il morbo della mucca pazza costituiti da frammenti glicoproteici autoreplicanti privi di acido nucleico. Un prione, quindi, è una struttura ancora più semplificata rispetto ai virus, questo implica, però, una più difficile prevenzione da un attacco all’organismo. I prioni hanno destato notevole interesse negli ultimi anni a causa di una patologia che si è trasmessa da un mammifero, la

vacca, all’uomo. In questo caso, stiamo parlando del morbo della mucca pazza, la morte dell’individuo avviene dopo anni che è statocontagiato, rendendo ancor più difficile uno studio scientifico per mettere a punto una strategia di immunizzazione

I VIROIDI Sono agenti infettanti le piante costituiti da frammenti di acidonucleico (RNA) privi di guscio proteico. In questo caso i danni causati all’uomo sono indiretti, infatti i viroidi portano alla morte le piante, o le rendono inutilizzabili a livello alimentare. Anche per i viroidi, come per i prioni, è molto difficile trovareuna cura, considerando le dimensioni di queste forme che impediscono una normale analisi

I VIRUS Sono strutture biologiche caratterizzate da un livello non cellulare di struttura. Sono agenti infettivi responsabili di numerose patologie e possono definirsi parassiti intracellulari obbligati (possono moltiplicarsi solo all' interno di una cellula vivente e sono incapaci di moltiplicarsi in terreni artificiali). Sono di piccole dimensioni, costituiti essenzialmente da materialegenetico formato da un solo acido nucleico (RNA o DNA) contenuto in un rivestimento di natura proteica che ha la duplice funzione di proteggere il genoma virale e di mediare la penetrazione virale in un’altra cellula. Per riprodurli in laboratorio si utilizzano colture cellulari in vitro. salvo alcune eccezioni come il virus dell' influenza dove si usa embrioni di pollo ( ecco perché non fa il vaccino antinfluenzale chi è allergico alle uova.Le colture cellulari sono ottenute da tessuti o organi, prelevati da animali, che vengono trattati con enzimi proteolitici per ottenere delle sospensioni di singole cellule. Famosa è la linea HeLa di cellule tratte da carcinoma della cervice uterina.

CELLULA PROCARIOTA I procarioti non hanno un vero nucleo e il DNA non è organizzato in complessi insieme con proteine e non è racchiuso in un involucro membranoso, ma costituisce un “cromosoma” primitivo centrale, circolare ed eventuali altre molecole d’informazione, più piccole e circolari (plasmidi).

Inoltre non hanno organuli citoplasmatici specializzati e delimitati da membrane, atti a funzioni specifiche se non ribosomi. Normalmente la cellula procariotica ha dimensioni minori di quella eucariotica, ma è assai più attiva di quella eucariotica. Possiede una categoria di sostanze chimiche propria: le mureine o mucopeptidi, eteropolimeri costituiti da amminoacidi e amminozuccheri.

CELLULA EUCARIOTA una cellula eucariotica presenta una struttura complessa, ben delimitata esternamente: accanto ad organuli evidenti (nucleo, mitocondri, eventuali cloroplasti), troviamo anche un sistema di compartimenti realizzato da membrane. Il sistema di membrane costituisce il reticolo endoplasmatico (ER): esso circonda il nucleo ed è connesso, tramite un flusso di vescicole, all’apparatodi Golgi (dittiosomi); inoltre partecipa alla realizzazione del vacuolo ed è in comunicazione col ER di cellule adiacenti. L’origine di tale organizzazione è da ricercarsi, secondo alcuni autori in una ancestrale simbiosi, più precisamente una endosimbiosi, tra cellula procariotica eterotrofa e cellule procariotiche autotrofe, documentata anche da altri caratteri che vedremo più avanti.

Tra i procarioti annoveriamo i BATTERI La forma dei microrganismi è molto importante, perché costituisceun metodo d’identificazione. Per quanto riguarda i batteri sono due le forme più frequenti: • Forma sferica: cocchi • Forma a bastoncino: bacilli • I cocchi possono trovarsi sotto forma di singole cellule oppure informa associata, il che significa che il batterio in seguito a divisioni rimane associato alle cellule figlie. In particolare abbiamo: • Diplococchi quando un cocco si divide e rimane associato sotto forma di due cellule. • Streptococchi quando in seguito a divisioni successive le cellule continuano a non separarsi formando delle catenelle, dandoorigine a filamenti in quanto i piani di divisioni sono sempre perpendicolari all’asse.

• Stafilococchi quando i piani di divisioni sono casuali e danno luogo a “grappoli” dall’associazione più disordinata. Esistono anche altri tipi di organizzazione, alcuni batteri come iMicrococcus si dividono su due piani e danno origine a 4 batteri disposti sullo stesso piano e che prendono il nome di Tetradi. • L’organizzazione caratteristica delle Sarcine è un altro caso particolare, in cui ci sono 8 cellule disposte tipo cubo (4 sopra e 4 sotto). • Per quanto riguarda la classe dei bacilli, il rapporto tra lunghezza e larghezza è molto variabile. Anche in questo caso comeper i cocchi possono formarsi delle associazioni in catenelle che prendono il nome di Streptobacilli. • Altre forme batteriche sono i Vibrioni, ovvero batteri ricurvi avirgola; e batteri a spirale che si presentano in due forme: Spirilli se sono rigidi, Spirocheti se sono flessibili. • Gli attinomiceti sono batteri con una crescita tipica dei funghie sono costituiti da filamenti plurinucleari (ife) che possono ramificare formando una struttura a rete: il micelio.

• LA MEMBRANA DEI BATTERIMolte delle funzioni che vengono svolte negli eucarioti, come la respirazione ossidativa in cui sono coinvolti i mitocondri, o comela fotosintesi che avviene a livello del cloroplasto nelle cellulevegetali, nel caso dei batteri sono funzioni associate alla membrana plasmatica. Nei Gram-negativi esiste oltre che la classica membrana cellulareanche la membrana esterna è spesso indicata come strato LPS, cioèdi lipopolisaccaride. L’LPS si associa a varie proteine a formare la metà esterna di tale membrana. Sul lato interno della membrana c’è un complesso lipoproteico che svolge funzioni di ancoraggio tra membrana esterna e peptidoglicano. Un importante proprietà biologica della membrana esterna di moltibatteri Gram-negativi è la sua tossicità per gli animali dovuta proprio lal lipopolisaccaride A. Una caratteristica che differenzia le membrana dei procarioti da quella degli eucarioti, è l’assenza nei batteri di colesterolo, che è invece un componente fondamentale nelle cellule animali. Il colesterolo è sostituito da una molecola che prende il nome di opanoide molto simile trutturalmente al colesterolo, è che svolge la stessa funzione di stabilizzare le membrane. Nel citoplasma batterico non sono presenti strutture delimitate damembrana (come mitocondri o cloroplasti), ma esistono particolari strutture chiamate mesosomi che sono invaginazioni della membrana

plasmatica a forma di vescicole, tubuli o lamelle, il cui ruolo non è ancora molto chiaro ( possibile che a questo livello si svolgano reazione enzimatiche dovute agli enzimi adesi come quellidella catena respiratoria e si leghi il cromosoma quando deve duplicarsi per la corretta distribuzione del materiale genetico durante la divisione cellulare e che siano coinvolti inoltre nei processi di secrezione. A differenza di quanto accade nelle cellule eucariotiche, nei batteri abbiamo un unico cromosoma, di forma circolare. Questo cromosoma è lungo circa 1000 volte la lunghezza del batterio. Apparentemente è contenuto in modo disordinato nel citoplasma, mentre in realtà ha una sua organizzazione. Possiamo dire che c’è un primo livello di organizzazione nel cromosoma ad anse (o domini) alla base delle quali vi sono molecole di RNA che trattengono l’ansa stessa. Il numero di queste anse non è stato ancora definito( circa una cinquantina ). Il secondo livello di organizzazione è un superavvolgimento o superspiralizzazione del DNA stesso. Il nucleoide batterico quindi non è costituito solamente da DNA, ma anche da un 30% di RNA (parte del quale è costituita dall’RNA che tiene legate le anse, e il resto da RNA che serve per la trascrizione), ed un 10% di proteine associate al nucleoide che sono molto simili agli istoni ( presenti negli eucarioti ). Oltre alla maggior parte delle proteine che fanno parte di un nucleoide vi sono le polimerasi, cioè gli enzimi deputati alla trascrizione del DNA e di RNA messaggero.

LA PARETE CELLULARE DEI BATTERI

Nella porzione più esterna delle cellule batteriche si trova la parete cellulare una struttura che svolge due ruoli fondamentali: • Protegge da altri microrganismi • Protegge l’ambiente iposmotico interno La parete cellulare delle cellule Gram-negative è una struttura pluristratificata e piuttosto complessa, mentre la parete cellulare dei Gram-positivi è costituita essenzialmente da un unico tipo di molecola ed è in genere più spessa. Le due classi Gram + e Gram - furono individuati dal danese Gram nel 1884 grazie ad una colorazione che lui mise a punto.

• LA COLORAZIONE DI GRAM • Si parte da un preparato di batteri che vengono fissati tramite calore su un vetrino di microscopia; in seguito vengono trattati

con un colorante chiamato cristal violetto, lasciato per circa un minuto. Il risultato è che entrambi i batteri assorbiranno all’interno questo colorante. Il passo successivo è il lavaggio diquesti vetrini con una soluzione di iodio e di ioduro di potassio che funziona da mordente, cioè permette di fissare il colorante alle strutture cellulari. Si forma quindi un complesso chiamato Iodio-cristalvioletto. Si compie poi un lavaggio che toglie il colorante in eccesso, tramite alcool etilico e acetone: i batteri gram positivi trattengono il complesso Iodio-cristal-violetto, mentre i gram negativi lo perdono. Dal momento che i gram negativinon vengono colorati, sono invisibili al microscopio ottico, per cui si fa una seconda colorazione, con un colorante quale la Safranina ( o la fuxina) che conferiranno un color rosa ai gram negativi, mentre i gram positivi continueranno ad essere violetti.

VIRUS

La particella virale viene chiamata virione. Questa struttura è costituita dal materiale genetico, chiamato anche genoma virale, contenuto in un involucro proteico chiamato capside. L’insieme delgenoma e del capside forma il nucleocapside. Alcuni virus presentano, esternamente al capside, uno strato lipoproteico, il peplos, costituito da un frammento di membrana plasmatica della cellula che hanno parassitato in cui le proteine originarie sono state sostituite da proteine virali. Il genoma virale è costituito da un acido nucleico, può essere DNAod RNA ( entrambi sia monoelica che doppia elica );infatti possiamo avere: • Deossiribovirus, il cui genoma è formato da un’unica molecola diDNA. • Ribovirus, il cui genoma è costituito da una molecola di RNA. La componente proteica costituisce la maggior parte di un virione,queste proteine svolgono svariati compiti, tra cui ricordiamo: protezione del genoma, aiutare la penetrazione nella cellula e funzionare da recettori. Alcune proteine si trovano associate al materiale genetico e svolgono una funzione regolatrice nella replicazione. La componente lipidica, presente solo nei virus che presentano un peplos, è molto complessa e paragonabile alla componente lipidica della membrana cellulare. In questi virus è presente anche una componente glucidica legata alle proteine del peplos. Il capside è una struttura costituita dalla ripetizione di poche specie polipeptidiche disposte in modo simmetrico; esistono

solamente due tipologie di capside, date dalla disposizione dei polipeptidi a formare un involucro completo intorno al genoma virale: • Capside isometrico, in cui le varie unità, la singola unità del capside viene chiamata capsomero, sono disposte secondo una simmetria elicoidale. • Capside icosaedrico, in cui le unità sono disposte in maniera più complessa. In questo caso i capsomeri si raggruppano tra loro,si forma così una struttura costituita da cinque subunità, chiamata pentone, ed un’altra da sei subunità, l’esone. L’elevata presenza di proteine fa si che i virus siano degli ottimi antigeni (un antigene è una struttura che può essere riconosciuta dal nostro sistema immunitario ed attaccata), quindi le proprietà antigeniche di un virus risiedono prevalentemente nelcapside; ovviamente nei virus con peplos gli antigeni sono raggiungibili solamente dopo la rottura del peplos. La moltiplicazione dei virus avviene all’interno delle cellule in una maniera unica tra tutti gli organismi. Il virus infatti perde la sua struttura morfologica ed il genoma, ed il corredo proteico,vengono sintetizzati in un gran numero di copie che andranno a formare altrettanti nuovi virioni. La moltiplicazione di un virus può avvenire solamente in presenza di una cellula, ovvero l’ospite; lo spettro d’ospite indica le tipologie cellulari, e tissutali, nonché il tipo di organismo che il virus può infettare per moltiplicarsi. La cellula che viene infettata è definita come una cellula sensibile L’infezione di una cellula da parte di un virus può essere di tre tipi differenti: • produttiva, quando la cellula è sensibile e permissiva ( cioè permette al virus entrato di reduplicarsi ). • abortiva, si può avere sia quando la cellula consente l’infezione ma non è permissiva, si ha quando la cellula sensibileviene infettata da un virus che rimane latente al suo interno e non si reduplica. • restrittiva, la cellula rimane permissiva solamente in particolari condizioni e quindi il virus si può manifestare solamente quando si instaurano condizioni di permissività. Possiamo dividere il ciclo di moltiplicazione virale in cinque fasi: Attacco, penetrazione, uncoating, sintesi e lisi Questo ciclo può svilupparsi in tempi che variano in base al tipodi cellula ospite, alla complessità delle strutture virali da sintetizzare ed alla complessità del genoma virale.

1 ) attacco del virus alla cellula: il contatto avviene casualmente e solo quando una struttura proteica del virus, chiamata antirecettore riconosce un recettore sulla superficie cellulare. Quindi un viruspuò infettare solamente le cellule che possiedono i recettori specifici per i suoi antirecettori; l’attacco tra queste due strutture richiede un ambiente ricco in ioni, in maniera tale che vengano eliminate le cariche repulsive.2 ) penetrazione del virus nella cellula: è un passaggio che si verifica subito dopo l’adesione. Nei virus privi di peplos la penetrazione avviene tramite endocitosi, il virus viene fatto entrare attraverso una vescicola endocitotica che presenta un pH basso favorente la liberazione delgenoma nel citosol. Nei virus provvisti di peplos la penetrazione può seguire due strade differenti, nella prima lo strato lipoproteico si fonde con la membrana liberando il nuucleocapside nel citoplasma; nella seconda il virus viene endocitato e solo nella vescicola avviene la fusione del peplos con la membrana. In tutti e due i casi la fusione del peplos richiede una serie di proteine specifiche che sono presenti nel capside virale; queste proteine si inseriscono nello strato lipidico libero della membrana provocando la fusione 3 ) uncoating: questo fenomeno comprende tutti quei passaggi che portano alla liberazione dell’acido nucleico dai vari involucri che lo proteggono, infatti il genoma virale si attiva solamente quando perde tutti gli strati proteici che lo racchiudono. I meccanismi che portano all’uncoating non sono stati ancora chiariti, però si tende a pensare che sia causato dagli enzimi della cellula ospite. 4 ) sintesi: tutte le sintesi che portano alla formazione dei nuovi virioni avvengono grazie alle strutture ed all’energia fornita dalla cellula ospite. Le proteine che vengono sintetizzate non sono solamente quelle strutturali, ma anche enzimi (implicati nella replicazione del genoma) e proteine regolatrici (che inibiscono le attività di sintesi della cellula ospite). Le proteine che vengono sintetizzate possono essere distinte in: precoci, quando sono sintetizzate dopo l’esposizione dell’acido nucleico, e tardive, quelle sintetizzate dopo la replicazione dell’acido nucleico. Le proteine precoci sono quelle che coadiuvano la replicazione ed inibiscono le sintesi; quelle tardive sono costituite dalle proteine strutturali. 5 ) montaggio dei virioni e lisi: il montaggio dei nuovi virioni inizia quando sono state prodotte abbastanza copie del genoma virale ed

abbastanza proteine strutturali. Questo processo, probabilmente, èregolato dalla stessa struttura proteica e da alcuni processi enzimatici. I virus con capside isometrico si formano a partire dalla genesi di un nuovo capside, o procapside, che viene completato solo dopo l’ingresso del genoma virale. Quando manca ilpeplos i nuovi virioni si accumulano nella cellula ospite fino a che non sono troppi, a questo punto si ha la lisi della cellula infetta (e quindi la sua morte) e la liberazione deinuovi virioni. Nei virus dotati di peplos il montaggio è contemporaneo alla fuoriuscita dalla cellula; in questo caso vengono prima sintetizzate due proteine virali che si vanno ad inserire nella membrana della cellula, proprio in questa zona si ancorerà il nucleocapside. A questo punto il nucleocapside viene avvolto da una vescicola di membrana ed esocitato all’esterno. In questo caso non si ha la morte della cellula, infatti i nuovi virioni vengono esocitati poco per volta e la cellula continua, quasi, normalmente la sua vita.

TERRENI DI COLTURA

Nel campo batteriologico è importantissimo riuscire a coltivare imicrorganismi in laboratorio, e questo è possibile tramite l’utilizzo di specifici terreni di coltura. La maggior parte dei batteri possono crescere sul terreno minimo, che contiene semplicemente: • Acqua • Glucosio (come fonte di carbonio) • Solfato di ammonio, o nitrato o ammoniaca (come fonte di azoto) • Sali minerali Tuttavia, la maggior parte dei microrganismi d’interesse medico hanno bisogno di terreni colturali più complessi, arricchiti cioè con fattori di crescita indispensabili come: • Aminoacidi (sintesi di proteine) • Basi azotate (sintesi ac.nucleici) • Vitamine (attivazione di numerosi enzimi) Le esigenze nutrizionali della maggior parte dei batteri sono relativamente semplici; i primi microbiologi infatti, utilizzavanoil “brodo di carne” (tuttora utilizzato) per coltivare i batteri in laboratorio in grado di fornire proteine per le sintesi strutturali della cellula, carboidrati (come fonte di energia) enzimi, vitamine, minerali e sali organici.

Il terreno standard attualmente utilizzato in tutti i laboratori di batteriologia è il brodo nutritivo (o LB) costituito da acqua distillata, cloruro di sodio (NaCl), estratto di carne e peptone (derivato dalla digestione parziale di proteine animali come carne, caseina, ma anche della farina di soia e altre sorgenti proteiche). Questo tipo di terreno è liquido, ma può essere reso solido con l’aggiunta di agar (1,5%-2%); si ottiene in questo modo l’agar nutritivo che viene comunemente utilizzato per preparare le piastre di coltura. Nella diagnostica medica, soprattutto per il primo isolamento, è necessario arricchire l’agar nutritivo aggiungendo quelle sostanzeche sono presenti naturalmente nell’ambiente di crescita del germepatogeno: il terreno più utilizzato per questo scopo è l’agar-sangue che contiene anche sangue defibrinato, di equino o di bovino. L’agar sangue trattato al calore assume una colorazione marrone, per cui tale terreno è chiamato anche agar-cioccolato. E’ possibile inoltre impiegare terreni colturali chimicamente definiti chiamati anche terreni sintetici in cui è nota la caratteristica chimica e la concentrazione degli ingredienti. Questi terreni sono chiamati anche terreni speciali. Per consentire l’isolamento e l’identificazione dei batteri di interesse medico, sono stati studiati particolari terreni che consentono di trasportare e conservare i batteri in condizioni di vitalità, oppure di isolare una singola specie da un campione biologico che ne contiene diversi tipi, o ancora di identificare un batterio attraverso le caratteristiche del substrato in cui crescono. Tra i terreni speciali ricordiamo: Terreni di asporto: vengono utilizzati per la conservazione temporanea dei campioni durante il trasporto al laboratorio di analisi. Questi terreni devono conservare la vitalità di tutti i microrganismi presenti, senza alterare le loro concentrazioni; sono quindi costituiti da esclusivamente da soluzioni saline tamponate (sono in forma liquida), devono essere assenti carbonio,azoto e fattori organici di crescita, per evitare che i batteri siriproducano. I terreni da trasporto per l’isolamento di germi anaerobi devono essere privi di ossigeno. Terreni ricchi: sono già stati descritti (agar-sangue e agar-cioccolato). Contengono particolari fattori di crescita (vitamine,estratto di lievito) e prodotti biologici (sangue, siero), che consentono la

riproduzione della maggior parte dei batteri d’interesse medico, compresi i patogeni più esigenti. Sono terreni solidi. Terreni di arricchimento: sono in genere terreni liquidi (brodi) che favoriscono selettivamente la crescita di un particolare microrganismo, che altrimenti verrebbe sopraffatto da altri batteri presenti in una miscela microbica. La particolare composizione di questi terreni favorisce la crescita rapida del germe che si sta cercando, per esempio attraverso l’aggiunta di antibiotici. Un altro esempio è il brodo-selenite usato comunemente per isolare le salmonelle o le shigelle da campioni di feci: la concentrazione diquesti patogeni nel contenuto intestinale è infatti molto bassa rispetto alla normale popolazione degli altri batteri Gram-negativi. Il brodo-selenite mantiene la flora normale in fase di crescita stazionaria, mentre consente una moltiplicazione di tipo esponenziale dei patogeni citati. Terreni selettivi: non si differenziano sostanzialmente dai terreni di arricchimento, sono però terreni solidi, che contengonosostanze capaci di inibire la crescita di alcuni batteri, consentendo lo sviluppo di altri. Per esempio l’agar MacConkey e il terreno EMB (eosin methilene blue) contengono dei coloranti cheinibiscono la crescita dei batteri Gram-positivi, ma non quella dei Gram-negativi. Il terreno MSA (Mannitol-salt-agar) contiene un’alta concentrazione di cloruro di sodio che consente la crescita degli stafilococchi, che sono alo-tolleranti ( cioè sopportano alte concentrazioni di sali ). Terreni differenziali: contengono indicatori che consentono di distinguere tra loro microrganismi differenti, sfruttando il diverso aspetto delle loro colonie cresciute su tali terreni solidi. Il terreno agar MacConkey per esempio, contiene lattosio e un colorante che diventa rosso quando il pH scende al disotto di 6,8. Ogni microrganismo capace di fermentare il lattosio dunque, origina colonie di colore rosso ( perché dalla fermentazione del lattosio si ottiene un acido ), al contrario i batteri lattosio-negativi producono colonie incolori. È possibile identificare con facilità i patogeni Gram-negativi gastrointestinali, che raramente fermentano il lattosio e le cui colonie appaiono in colori sul MacConkey. Poiché la presenza di colorante su questo terreno inibisce i gram-positivi, l’agar MacConkey può essere considerato sia un terreno selettivo, sia un terreno differenziale.

LA MEMBRANA PLASMATICALa membrana plasmaticaLa cellula attua gli scambi con l’esterno e si difende da una eccessiva perdita dei materiali costituenti grazie ad una struttura stabile e non miscibile con l’acqua, la membrana cellulare. Questa membrana è selettivamente permeabile, ovvero lascia passare solo alcune sostanze e non altre. La sua struttura è comune a tutte le membrane biologiche e viene spiegata tramite la teoria del mosaico fluido, perché composta da più elementi, come un mosaico, che sono inseriti in una struttura dinamica e fluida in cui le molecole possono muoversi.Lo scheletro della membrana è costituito da un doppio strato lipidico costituito da molecole anfipatiche, ovvero che presentanouna parte idrofilica ed una idrofobica; la maggior parte delle molecole lipidiche è rappresentata dai fosfolipidi.I fosfolipidi presentano una testa polare, idrofilica, e due code,idrofobiche formate da due acidi grassi, che possono avere lunghezza variabile, e sono uno saturo ed uno insaturo. Latesta è costituita da una molecola di glicerolo a cui sono legate le due code e, dal lato opposto a causa dell’ingombro sterico, un gruppofosfato che lega una colina.La fluidità dipende dalla composizione e dalla temperatura; un elemento della membrana che impedisce variazioni dello stato fisico della membrana è il colesterolo, un lipide che migliora anche le proprietà impermeabili della membrana, infatti si lega aifosfolipidi rendendo il doppio strato meno deformabile ed attraversabile da piccole molecole solubili in acqua.Le due metà del doppio strato fosfolipidico sono profondamente asimmetrichegrazie al processo di formazione della membrana, che avviene nel reticolo endoplasmatico.L’asimmetria più evidente è data dai glicolipidi, che si trovano solamente nello strato rivolto verso l’esterno della cellula esponendo verso l’esterno i residui glucidici. Essi sono importanti nella comunicazione tra le cellule.Un altro componente della membrana è costituito dalle proteine, che svolgono la maggior parte delle funzioni specifiche delle membrane. Anche le proteine, spesso, si trovano associate a glucidiesposti all’esterno; l’insieme delle catene glucidiche che si trovano sulla superficie esterna della cellula forma un rivestimento chiamato glicocalice.Le i proteine associate alla membrana possono essere suddivise in due grandi gruppi:

• proteine estrinseche; che si trovano solo su di un lato dellamembrana.• proteine intrinseche; che attraversano il doppio strato. In questo caso le proteine sono anfipatiche, presentano cioè delleregioni idrofobiche che si trovano all’interno della membrana ed interagiscono con le code dei fosfolipidi, e delle regioni idrofilicheche sono esposte nei due strati esterni della membrana.In genere le proteine intrinseche presentano una struttura ad alfaelica nella parte interna alla membrana; solamente nelle porine, particolari proteine di membrana, queste passano la membrana tramite una struttura a foglietto beta.Le porine svolgono una funzione fondamentale a livello della membrana di un organulo cellularespecifico, il mitocondrio

TRASPORTI DI MEMBRANALa parte idrofobica della membrana impedisce il passaggio alla maggior parte delle molecole polari in maniera che la cellula possa mantenere costante il suo contenuto di soluti citoplasmatici. Questo però non permette alla cellula di scambiarecon l’esterno sostanze; per risolvere questo inconveniente le membrane cellulari sono attraversate da una serie di proteine transmembranali che permettono i movimenti di sostanze tra internoed esterno della cellula.Le proteine di trasporto di membrana sono un gruppo molto eterogeneo di proteine che sono altamente specifiche ed attraversano la membrana varie volte. Queste proteine permettono il passaggio a grandi molecole, agli ioni inorganici ed alla maggior parte dell’acqua. Si dividono in due gruppi:- proteine trasportatrici o carrier che possono trasportare le sostanze secondo gradiente di concentrazione ( dal versante in cuisono più concentrate a dove sono meno concentrate ) senza consumo di energia = trasporto facilitato o passivo oppure concentrare lesostanze contro gradiente di concentrazione e quindi consumare energia sottoforma di consumo di ATP ( trasporto attivo )- proteine canale che si lasciano attraversare dalle sostanze ( soprattutto ioni ) senza venire modificate nella loro forma quando si legano alle sostanze da trasportare come avviene invece per le proteine trasportatrici.Per l’acqua il discorso è più complicato; infatti solamente una piccola parte dell’acqua riesce a diffondere liberamente

attraverso il doppio strato, la maggioranza delle molecole passa attraversospecifiche proteine canale, i canali acquosi o porine.Il movimento delle sostanze tramite proteine trasportatrici può interessare un solo soluto, che viene trasportato da un lato all’altro della membrana con una certa velocità (parliamo quindi di uniporto); oppure si possono avere dei meccanismi più complessiin cui si trasportano più soluti, i trasportiaccoppiati; a seconda che i due soluti trasportati vadano nella stessa direzione od in direzioni opposte avremo: simporto o antiportoUn esempio di proteina trasportatrice è quello della pompa sodio/potassio, chiamata anche Na+/K+ ATPasi. Questa proteina mantiene elevate le differenze di concentrazione degli ioni sodio e potassio ai due lati della membrana.Questa proteina svolge attività nella membrana plasmatica di tuttele cellule. Trasporta attivamente sia ioni sodio che ioni potassio, ma in direzione opposta; 3 ioni sodio vengono portati fuori la cellula, 2 ioni potassio dentro. Entrambi gli ioni si legano alla stessa proteina carrier, conosciuta come sodio-potassio ATPasi. Gli ioni sodio si legano alla faccia interna del carrier, insieme con una molecola di ATP; l’ATP si rompe trasferendo l’energia alla proteina che riesce a cambiare formarilasciando i sodio all’esterno e legando due ioni potassio. Una volta legati gli ioni potassio, la proteina ritorna nella sua forma originaria e rilascia nella cellula gli ioni potassio ed il resto della molecola di ATP ( ADP + P )

Specializzazioni della membranaLa struttura della membrana è uguale in tutto il regno animale e vegetale. Le cellule, però, possono presentare delle membrane altamente specializzate a seconda delle funzioni che devono svolgere.Le cellule degli epiteli presentano delle caratteristiche citologiche particolari in virtù delle loro funzioni. Le specializzazioni possono riguardare la regione apicale (la parte esposta verso l’esterno), la regione basale (la parte ancorata al resto dell’organismo) e la regione laterale.Tra le principali caratteristiche vanno ricordate: Microvilli: sono delle espansioni citoplasmatiche che vanno dallacellula verso il lume; sono costituiti da un asse centrale, costituito da filamenti di actina tenuti insieme da filamenti di villina ed ancorati ad una regione apicale, che si ancora nel

citoplasma cellulare alla rete del citoscheletro, una regione costituita da molecole di actina e spectina. Ciglia: sono delle espansioni citoplasmatiche, in grado di muoversi attivamente mediante oscillazioni ritmiche, che servono per la progressione del muco. La loro struttura presenta la tipicaorganizzazione 9+2 di proteine microtubulari con i due singoli alcentro e le nove doppiette che li circondano. Flagelli: sono simili alle ciglia ma presenti in minor numero e con dimensioni maggiori; nell’uomo le uniche cellule dotate di flagelli sono gli spermatozoi.Complessi giunzionali: uniscono tra loro le cellule vicine. Abbiamo le giunzioni aderenti, o adesive, le occludenti, o strette, e le comunicanti. Vi sono tre tipi principali di giunzioni adesive : i desmosomi e le giunzioni aderenti. I desmosomi sono in genere strutture di forma circolare o ellittica.Le giunzioni aderenti, dette anche zonulae adherens, congiungono le cellule di alcuni tessuti animali, come ad esempio quelle del muscolo cardiaco edelle membrane che avvolgono gli organi e che rivestono le cavità corporee.La giunzione comunicante, costituisce un passaggio aperto attraverso cui gli ioni e le piccole molecole possono direttamente passare dauna cellula all'altra. In questo tipo di giunzioni, le membrane plasmatiche delle due cellule adiacenti sono separate da uno spazio molto regolare di 2-3 nm. Ci sono poi gli emidesmosomi che servono per ancorare la cellula alla membrana basale e sono costituiti da placche di adesione, di natura proteica.

Le membrane interne

La cellula eucariote presenta, al suo interno, una serie di compartimentazioni nelle quali avvengono diversi processi metabolici. I vari compartimenti sono delimitati da membrane plasmatiche che li separano dal citoplasma creando delle zone ad elevata specializzazione. Tra le aree interne ricordiamo il nucleo, un organulo specializzato che contiene il menoma ( DNA ) ;al suo interno avvengono i passaggi principali della sintesi degliacidi nucleici.Nel citoplasma che riempie la cellula sono alloggiate le camere del reticolo endoplasmatico, organizzato in tubuli e sacchi interconnessi tra loro, su cui si ritrovano innumerevoli ribosomi attaccati sulla faccia citoplasmatica a formare il reticolo endoplasmatico rugoso; a livello dei ribosomi avviene la sintesi delle

proteine della cellula, siano esse quelle membranali oppure quelleche usciranno dalla cellula. Quelli associati al reticolo non sonogli unici ribosomi presenti nella cellula eucariote, se ne trovanoaltri liberi nel citoplasma. Le due popolazioni differiscono solo per il tipo di proteine che sintetizzanoOltre alle proteine, nel reticolo liscio ( senza ribosomi sulla superficie ) vengono sintetizzati anche i lipidi e vi viene anche accumulato ilcalcio cellulare. Questo è fondamentale nei muscoli, poiché gli ioni calcio vengono trattenuti nel lume del reticolo fino all’arrivo di un impulso nervoso, a questo punto vengono liberati e diffondono nel citoplasma dove andranno a provocare la contrazione del muscolo.Vicino al reticolo si rinvengono le cisterne dell’apparato di Golgi, organizzate in compartimenti impilati uno sull’altro dove le proteine prodotte vengono trattate e poi smistate nella cellula.. Le molecole che si muovono nella cellula e verso l’esterno seguonofondamentalmente due vie:- una endocitica, che permette l’assunzione di macromolecole ed illoro trasporto verso i lisosomi- una secretoria, che permette l’espulsione di molecole neosintetizzate verso l’esterno o verso un sito cellulare specificoTutto questo traffico viene regolato dall’apparato di Golgi.

APPARATO DI GOLGI

Il trasporto delle sostanze, sintetizzate nel reticolo, che arrivano al Golgi e poi ripartono da questo, avviene tramite vescicole che si originano tramite gemmazione e scaricano le sostanze tramite un processo di fusione. Il complesso di Golgi è la centrale di smistamento della cellula, oltre che il sito principale per la sintesi dei glucidi; generalmente è situato vicino al nucleo ed è costituito da una pila di cisterne appiattite, cinque o sei, a cui sono associate moltissime piccole vescicole. Ogni pila presenta una cisterna di entrata delle sostanze, la cisterna cis ( verso il nucleo ) ed unadi uscita, la cisterna trans ( verso l’esterno della cellula ); entrambe le cisterne sono strettamente collegate a zone particolari, costituite da tubuli e cisterne, i reticoli cis e trans. Le sostanze entrano dalla cisterna cis, passano per le pile e fuoriescono dalla cisterna trans.

Le proteine che escono dal reticolo devono essere ripiegate ed assemblate correttamente per andare al Golgi, poiché, mentre sono ancora nella fase di sintesi, viene associato un tipo particolare dioligosaccaride; poi, quando le proteine arrivano al Golgi, vengonolegati altri oligosaccaridi. Questi possono essere raggruppati in due grandi classi:Oligosaccaridi ad alto tenore di mannosio: sono quelli che non vengono modificati nel Golgi.Oligosaccaridi complessi: sono generati da più parti, la base è data dall’oligosaccaride addizionato nel reticolo, a questo vengono aggiunti altri zuccheri.L’elaborazione delle proteine e dei glucidi (la glicosilazione) avviene, nelle varie zone dell’apparato, attraverso una sequenza organizzata. Ogni cisterna possiede un corredo enzimatico specifico. Il trasporto tra le varie cisterne avviene mediante vescicole di trasporto, che nascono per gemmazione da una cisterna per poi muoversi verso la cisterna successiva.Funzioni dei reticoliI compartimenti del reticolo endoplasmatico quindi svolgono due principali tipologie di funzioni:1. Funzioni di trasporto, 2. Funzioni di sintesi proteica ( reticolo rugoso con ribosomi ), lipidica ( reticolo liscio senza ribosomi )e glucidica ( Golgi )3. Funzioni di trasporto di : elettroliti, elettroni, sostanze elaborate nei vari distretti della cellula, convogliate nel mezzo extracellulare per essere utilizzate dal resto dell’organismo Le proteine sintetizzate sui ribosomi penetrano nel lume delle cisterne del reticolo rugoso (REG )per mezzo di un trasferimento che avviene secondo un preciso meccanismo: il ribosoma dà inizio alla sintesi del polipeptide associando tra loro gli aminoacidi inuna sequenza segnale (parte iniziale della catena polipeptidica); la sequenza segnale interagisce con le proteine intramembranarie del REG, dove le proteine intrinseche si avvicinano e si riuniscono in gruppo a formare un tunnel; nella cavità delle cisterne del REG un’idrolasi rimuove la sequenza segnale della proteina specifica; questo taglio segna la fine della sintesi e l’inizio del trasferimento della molecola proteicaneoformata nel reticolo. I ribosomi che hanno ultimato la sintesi si staccano dalla membrana e le loro subunità si separano.Il REL o reticolo liscio è responsabile della sintesi dei lipidi, in quanto le sue membrane sono dotate di alcuni sistemi enzimatici

responsabili dell’allungamento e della saturazione degli acidi grassi.. Il REL è capace di sintetizzare il colesterolo una complessa molecolae la accumula in vescicole citoplasmatiche lipidiche in attesa di essere utilizzato nei mitocondri. Infine, nel REL vengono sintetizzati anche fosfolipidi e trigliceridi.

TRAFFICO VESCICOLARE

Le vie che portano le sostanze all’interno della cellula iniziano tutte con il fenomeno dell’endocitosi; si parte da un’invaginazione della membrana che va a formare una vescicola checontiene la sostanza da portare all’interno della cellula.L’endocitosi può essere di due tipi:Pinocitosi: si formano piccole vescicole che inglobano fluidi.Fagocitosi: si formano vescicole più grandi che inglobano sostanzesolide.Nella fagocitosi le particelle vengono inglobate dai fagosomi, grosse vescicole di membrana; questo fenomeno è attuato da cellulespecializzate, i fagociti professionisti (nell’uomo sono i macrofagi ed i neutrofili). I fagosomi possono variare moltissimo le loro dimensioni, a seconda della particellaingerita; una volta che hanno inglobato la sostanza, si muovono verso i lisosomi ( vescicole citoplasmatiche che contengono enzimiche degradano le sostanze fagocitate ) per fondersi con questi ultimi e degradare il materiale ingerito.Alcune sostanze, non digeribili, rimangono nei lisosomi, costituiscono i corpi residui. La fagocitosi viene attivata grazie a recettori di superficie specializzati che si trovano sui fagociti;questi inviano il segnale alla cellula di iniziare la fagocitosi. I recettori più conosciuti sono gli anticorpi, questi silegano a particolari strutture estranee, gli antigeni, ed inglobano il patogeno ( es: batterio ) che li porta.Il processo opposto è l’esocitosi che si attua in zone particolari della membrana plasmatica, chiamate fosse ( invaginazioni ) rivestite di clatrina, Questa proteina forma una gabbia che avvolge la vescicola che si forma e poi si distacca(vescicola rivestita da clatrina), queste vescicole, in un brevissimo arco di tempo, si liberano dal rivestimento della clatrina e si fondono con gli endosomi precoci.Le fosse rivestite di clatrina permettono alla cellula di effettuare una selezione tramite recettori, specifici, cioè proteine transmembranali, che riconoscono e legano particolari

molecole dando il via al processo di endocitosi. Il colesterolo viene assunto dalla cellula grazie al meccanismo di endocitosi mediata da recettore, La genesi delle vescicole endocitiche, o endosomi, passa attraverso due fasi:• endosomi precoci, vescicole che si formano appena sotto la membrana.• endosomi tardivi, che sono quelli localizzati vicino all’apparato di Golgi.Mano mano che si muovo verso il Golgi, gli endosomi abbassano il loro pH grazie a pompe idrogeno che pompano ioni H+ all’interno della vescicola.L’endosoma precoce agisce come centrale di smistamento della via endocitica, soprattuttoper le proteine ed i loro recettori; le molecole che si staccano dai recettori sono portate neilisosomi, quelle che rimangono legate seguono altre vie.I recettori, dopo il loro utilizzo, possono seguire tre distinte vie:- Ritornare alla zona di membrana da dove si erano allontanati, come succede alla maggior parte dei recettori.- Procedere fino ai lisosomi per essere degradati.- Procedere verso zone di membrana diverse da quelle di partenza, quindi si attua il processo della transcitosi ( processo che serveper trasferire macromolecole da una zona della membrana all’altra.

Esocitosi

Dalla cisterna trans dell’apparato di Golgi gemmano in continuazione vescicole che portano nuovi componenti, proteici e lipidici, per la membrana plasmatica e sostanze da riversare nellospazio extracellulare. Il processo che porta alla fusione di queste vescicole con la membrana è chiamato esocitosi.Le vie che portano alla secrezione di sostanze nell’intorno cellulare sono due, la prima è data dal normale processo esocitotico e viene definita via secretoria costitutiva; la seconda è più specializzata, le vescicole vengono rilasciate solo dopo aver ricevuto un segnale specifico, questa è la via secretoria regolata (utilizzata da cellule particolari come quelleghiandolari).Le cellule secretorie depositano i prodotti da secernere in apposite vescicole, i granuli secretori, che si generano, da gemmerivestite da clatrina, sulla faccia trans del Golgi. Dopo che la

vescicola, carica di sostanze, ha lasciato il Golgi, la sua copertura di clatrina viene eliminata e inizia unprocesso di condensazione delle sostanze contenute al suo interno,inoltre molti ormoni ed enzimi subiscono dei tagli idrolitici che li portano in forma attiva.Le vescicole non raggiungono direttamente la membrana, vengono prima ammassate in un sito, chiamato di secrezione, grazie a movimenti del citoscheletro. Infine le vescicole si muovono verso il rilascio; spesso il segnale che permette il rilascio delle vescicole è dato da ormoni o segnalielettrici che generano un temporaneo aumento di concentrazione dello ione calcio.L’ingresso del segnale provoca la rottura dei filamenti del citoscheletro che quindi lasciano libere le vescicole; un meccanismo simile avviene nel meccanismo di trasmissione dell’impulso nervoso.Quando la vescicola secretoria viene esocitata, la sua membrana diviene parte della membrana plasmatica; in questo modo si compensano i prelevamenti fatti per l’endocitosi e si mantiene unadistribuzione stabile dei componenti della membrana.

Smistamento delle proteine

Le cellule eucariotiche utilizzano sistemi molto sofisticati (segnali, recettori ed altri fattori, come le proteine di accompagnamento) per ripartire le proteine di nuova sintesi alle diverse localizzazioni interne ed esterne.Al contrario, le cellule procariotiche, mancando di una precisa organizzazione interna organizzano il trasporto delle proteine inmodi più semplici, favoriti anche dalle minori dimensioni delle cellule.Fatta eccezione per le proteine destinate a far parte della sostanza fondamentale, il citoplasma, che vengono semplicemente liberate nel citoplasma dopo l’assemblaggio, tutte le proteine contengono determinate sequenze amminoacidiche che svolgono funzione di segnale e che le dirigono verso la loro destinazione finale. Questo vale anche per le cellule eucariote poiché queste sequenze aminoacidiche vengono riconosciute da determinati recettori che apparetengono al RE, al Golgi, al Nucleo, ai Mitocondri e agli altri organuli contenuti in una cellula eucariote, sia animale che vegetale.I segnali sono dati da porzioni della catena proteica e sono costituiti da una quantità variabile, da pochi a circa 70

amminoacidi, che possono essere localizzati in una determinata regione della proteina o dislocati su più posizioni. Quasi tutte le proteine dirette al reticolo endoplasmatico o ai mitocondri possiedono, a livello dell’estremità terminale (quella che terminacon il gruppo amminico libero dell’amminoacido) una determinata sequenza segnale che convoglia le proteine verso la membrana di ingresso. Con poche eccezioni, il segnale N-terminale viene rimosso dopo che la proteina è penetrata attraverso la membrana.Oltre a segnali di tipo proteico, sono molto abbondanti anche i segnali di tipo glucidico, ovvero quei segnali costituiti da catene, più o meno ramificate, di zuccheri che vengono lette da specifici recettori endocellulari.Il processo di formazione del segnale glucidico, ed il suo aggancio alla sequenza amminoacidica della proteina, è guidato dall’apparato di Golgi. Nelle varie cisterne vengono legati i singoli monosaccaridi per costituire la molecola segnale; alla fine della sintesi inizia il processo di glicosilazione, guidato da enzimi specifici che porteranno alla formazione di un legame N-glicosidico, tra la proteina e la catenazuccherina Tutte le proteine neosintetizzate dai ribosomi adesi al reticolo migrano da questo attraverso le vescicole o elementi di transizione fino alla faccia CIS dell’apparato di Golgi. Dopo aversubito le varie modifiche nelle cisterne del Golgi, le proteine finite vengono smistate nelle cisterne TRANS e riversate quindi invescicole piccole che in seguito andranno a fondersi con le vescicole di secrezione (dopo di questo verranno esocitate dalla cellula), con i lisosomi (dove verranno degradate) o con le vescicole di accumulo (per andare a costituire una riserva di azoto). CITOSCHELETRO

La cellula eucariote presenta, nel suo citoplasma, una struttura che gli permette di muoversi e mantenere una forma stabilita, il citoscheletro. E’ costituito da tre tipi principali di proteine:• Actina• Tubulina• VimentinaQueste proteine sono in grado di assemblarsi in filamenti lineari tramite il processo di polimerizzazione. Si viene a formare un polimero elicoidale costituito da uno scheletro, formato da una delle tre proteine e da proteine accessorie.

Il citoscheletro di una cellula eucariote è costituito da tre tipologie principali di filamenti:• Microfilamenti• Filamenti intermedi• Microtubuli Ognuno presenta determinate caratteristiche e svolge quindi determinate funzioni all’interno della cellula.I vari organuli cellulari cambiano spesso posizione nella cellula;questi movimenti sono generati da motori proteici, che utilizzano l’energia derivata dall’idrolisi dell’ATP, che permettono di far scorrere i vari organuli.

Microfilamenti

Sono rappresentati dai filamenti di actina strutturati a doppia elica costituita da molecole di actinaG. I filamenti sono strutture polari che presentano l’estremità meno, che cresce lentamente ed è inerte, e l’estremità più, che presenta un tasso di crescita più veloce. Sono molto più sottili eflessibili, oltre che più corti, rispetto ai microtubuli.Quando ci si trova in presenza di ioni potassio e magnesio, e si fornisce dell’ATP, le molecole di actina passano prima in una fasedi latenza, in cui vengono precostruiti dei nuovi filamenti, poi in una fase di polimerizzazione rapida, in cui questi filamenti vengono allungati; questo processo è molto simile a quello per la tubulina dei microtubuli. La velocità di allungamento è proporzionale alla concentrazione di subunità libere, come per i microtubuli.Non appena la molecola viene polimerizzata per formare il filamento, il fosfato terminale dell’ATP che si era legato alla molecola viene idrolizzato e perde un gruppo fosfato; l’ADP rimaneintrappolato nella subunità di actina che si chiude grazie ad un’interazione tra gli amminoacidi che la compongono.Il ruolo dell’idrolisi dell’ATP per la polimerizzazione dell’actina è molto simile a quello dell’idrolisi del GTP per la tubulina. Le citocalasine, sostanze prodotte da alcuni funghi, inibiscono la polimerizzazione dell’actina. Al contrario, le falloidine, ne impediscono la depolimerizzazione. Queste sostanze sono molto utili per lo studio della locomozione cellulare.Nelle cellule sono presenti particolari proteine che, legandosi alle molecole di actina, inibiscono l’assemblamento dei filamenti.La proteina più frequente è la limosina. Oltre a questa, molte

cellule possiedono anche un fattore che depolimerizza l’actina (l’ADF), che inibisce l’assemblaggio dei filamenti.Le svariate proprietà dell’actina dipendono da molte proteine che legano actina, queste si legano ai filamenti permettendo le proprietà e le funzioni. Il reticolo dei filamenti di actina che si trova nello strato sottostante la membrana plasmatica è responsabile di molte proprietà meccaniche di questa. Anche i movimenti di sostanze ed organuli all’interno della cellula è dovuto ad interazioni delcitoscheletro, un tipico esempio è dato dal movimento dei filamenti nella contrazione muscolare.

Filamenti intermedi

Sono fibre proteiche che presentano una dimensione intermedia tra i filamenti di actina ed i microtubuli. Si trovano intorno al nucleo, dove costituiscono una rete chiamata lamina nucleare, e vicino alla membrana plasmatici.Sono formati da molti tipi proteici, tutti fibrosi ed allungati; le varie proteine sono costituite da una testa, costituita da un gruppo amminico, una coda, il gruppo carbossilico, ed unazona centrale, chiamata dominio a bacchetta e costituito da una α-elica contenente una sequenza ripetuta: l’eptade. Una particolarità è che non sono polari, la parte che accomuna tutti ifilamenti intermedi è la parte centrale; la testa e la coda, invece, variano molto da filamento a filamento. Generalmente nel citoplasma si trovano filamenti intermedi completamente polimerizzati,costituiti da subunità chiamate tetrameti, e poche subunità libere. Distinguiamo diversi filamenti intermedi:• Filamenti di cheratina• Filamenti di vimentina• NeurofilamentiLa lamina nucleare ad esempio è costituita da una rete di filamenti intermedi che tappezza la parte interna della membrana nucleare.Questa rete non è continua, viene interrotta a livello dei pori nucleari per permettere il passaggio delle sostanze, questi filamenti sono costituiti da una proteina particolare, la lamina. La lamina presenta un dominio a bacchetta più lungo ed una molecola segnale che gli permette di arrivare al nucleo dal citoplasma.

Microtubuli

I microtubuli sono strutture polimeriche rigide che percorrono tutto il citoplasma. Sono direttamente implicati nei movimenti degli organuli cellulari grazie a reazioni di polimerizzazione e depolimerizzazione, mediati da GTP. I microtubuli sono costituiti da moltissime molecole di tubulina, un eterodimero formato da due proteine, l’α-tubulina e la β-tubulina, che possono variare nella forma ma che sono sempre strettamente legate.Un microtubulo è costituito da un cilindro cavo costituito da 13 protofilamenti lineari; ogni protofilamento è dato dalla ripetizione alternata di un’α-tubulina e di una β-tubulina che ne costituiscono l’unità dimerica ( formata da 2 unità fondamentale ). Ogni protofilamento presenta una sua polarità.I microtubuli sono attaccabili da sostanze che ne impediscono la polimerizzazione. Una di queste sostanze è la colchicina, che può legarsi alle singole molecole di tubulina ma non al microtubulo assemblato ed impedisce la formazione del fuso mitotico bloccando la divisione cellulare Di effetto opposto è il favolo, questo si lega ai microtubuli stabilizzandoli ed aumentando il processo di polimerizzazione.L’assemblaggio di un microtubulo passa attraverso tre fasi distinte:• Latenza iniziale• Allungamento• Plateaux• La fase di latenza iniziale è abbastanza lunga perché risulta molto difficile assemblare un nuovo microtubulo (fase di nucleazione), al contrario la fase di allungamento è molto più veloce; in questa parte abbiamo sia polimerizzazione che depolimerizzazione, ovviamente il primo processo presenta una velocità molto maggiore. Raggiunto lo stato di plateaux la fase la velocità di polimerizzazione e quella di depolimerizzazione si equivalgono. La polarità dei microtubuli è evidenziata dalle velocità di crescita dei due poli, l’estremità + cresce molto più velocemente,circa tre volte più velocemente, dell’estremità - La maggior partedei microtubuli si sviluppano a partire dal centrosoma, un centro di nucleazione specifico. Il centrosoma rappresenta il principale centro organizzatore dei microtubuli; spesso è posizionato al latodel nucleo e contiene una coppia di organuli fondamentali per la riproduzione cellulare, i centrioli. Ogni microtubulo cresce verso

la periferia cellulare fino ad un dato punto, poi si depolimerizzano ritornando verso il centrosoma dove ricominciano acrescere.Questo richiede un continuo apporto di energia, questa viene fornita dall’idrolisi del GTP. E’il legame col GTP a favorire la polimerizzazione, invece l’idrolisi permette ai microtubuli di depolimerizzare. • Le modificazioni più importanti dei microtubuli sono dovute ad una serie di proteine, le MAP, che li stabilizzano e permettono l’interazione con gli altri organuli cellulari; esistono vari tipidiproteine MAP, tutte con proprietà specifiche diverse nei diversi tessuti.. I movimenti dei microtubuli sono dovuti a due classi di motori proteici:• Chinesine• Dineine citoplasmaticheTutte e due sono costituite da due catene pesanti e varie catene leggere; la catena pesante è formata da una testa globulare, che èil sito per il legame dell’ATP, ed una coda, costituita dalla ripetizione di domini a bacchetta. Le teste sono attaccate ai microtubuli mentre le code si attaccano agli organuli per permetterne il movimento.

Le ciglia ed i flagelli

Le ciglia sono delle appendici che contengono un’ossatura di microtubuli; si trovano sulla superficie cellulare di molti organismi e svolgono principalmente due funzioni:• Creano un flusso di liquido lungo la cellula• Permettono il movimento della cellula in un fluidoIl movimento di un ciglio, coordinato con quelli di tutte le altreciglia della cellula, è a frusta. Esso è dato dal nucleo del ciglio,l’assonema, che si piega; questo nucleo è composto da microtubuli, che si dispongono in una manieratipica di tutte le ciglia degli eucarioti, e dalle proteine a loroassociate. La disposizione dei microtubuli è 9+2, ovvero si hanno nove coppie, disposte a cerchio intorno a due microtubuli centrali. I microtubuli centrali sono completi, quelli periferici invece sono due fusi tra loro; ne risulta che un microtubulo è completo (il

microtubulo A), mentre l’altro (il microtubulo B a forma di C) è completato dal primo.I microtubuli sono associati a molte proteine che ne permettono tutte le funzioni; tra tutte ricordiamo la dineina cigliare, responsabile del movimento di tutto il ciglio.I flagelli sono strutture simili alle ciglia, le uniche differenzesi hanno nelle dimensioni e nel numero. I flagelli sono molto più lunghi e presenti in minor numero. Sono strutture caratteristiche degli organismi più semplici, mano mano che si sale nella scala evolutiva tendono a ridursi, nell’uomo rimangono solamente nelle cellule atte alla riproduzione, lo spermatozoo èl’unica cellula flagellata del corpo.

SEGNALAZIONE CELLULARE

Ogni cellula eucariota possiede un complicato sistema che gli permette di rispondere e comunicare con le altre cellule.La comunicazione tra due cellule avviene grazie a molecole segnalesecrete per esocitosi ( mediante vescicole ) o per diffusione attraverso la membrana.Indipendentemente dal tipo di segnale la cellula ricevente, chiamata cellula bersaglio, recepisce il messaggio grazie ad una proteina specifica, il recettore. Generalmente i recettori sono proteinetransmembrana che legano la molecola segnale, il ligando, e producono una serie di reazioni a cascata all’interno della cellula che cambiano il suo comportamento. Ci sono dei casi, però,in cui i recettori sono intracellulari ( es nel nucleo ), in questo caso il ligando deve riuscire a passare la membrana per raggiungerlo.In base alla distanza che deve percorrere la molecola segnale, possiamo dividere le secrezioni in:Paracrina, quando il segnale colpisce le cellule vicine e quindi agisce come mediatore locale. Sinaptica, è data dalle cellule nervose legate da sinapsi (zona che separa due cellule nervose), in questo caso il segnale è dato da neurotrasmettitori.Endocrina, il segnale viaggia per lunghe distanze attraverso il sangue ( ormoni ).Autocrina, in questo caso il segnale che viene secreto può arrivare ad altre cellule uguali o a se stesse, quindi la cellula possiede anche il recettore per il ligando che secerne.

Le cellule che confinano tra loro possono comunicare anche tramitedelle aree di giunzione tra due cellule che connettono direttamente i citoplasmi tramite stretti canali. Queste aree sonochiamate giunzioni gap. I canali delle giunzioni permettono il passaggio dei segnali, chiamati mediatoriintracellulari.Il modo in cui la cellula reagisce ad uno stimolo esterno varia a seconda dei recettori che possiede; la stessa molecola, infatti, può andare a colpire popolazioni cellulari differenti e provocare risposte differenti; questo a causa dei diversi recettori che si trovano sui diversi tipi cellulari.I recettori di superficie che si trovano nelle cellule eucariote funzionano come trasduttori del segnale, ovvero legano il ligando e avviano la cascata di segnali intracellulari. Possono essere di tre tipi:• Recettori collegati a canali ionici, ( es nelle sinapsi ) il legarsi del ligando al recettore che è un canale ionico lo apre e lascia passare lo ione.• Recettori collegati a proteine G : questo recettore è costituito da un’unica proteina legata ad un’altra proteina trimerica o proteina G, formata da tre catene peptidiche differenti tra loro per sequenza amminoacidica: • catena α, che lega il GTP ed attiva l’adenilico ciclasi • catene β e γ, che formano un complesso che ancora una proteina G al versante citoplasmatico della membrana . Quando arriva un segnale che si lega al recettore, questo cambia la sua conformazione e modifica la proteina G instaurando una cascata proteica che va a modificarele concentrazioni di specifiche sostanze, chiamate mediatori intracellulari o secondi messaggeri. Un secondo messaggero molto utilizzato è l’AMP ciclico (AMPc), una molecola sintetizzata da unenzima di membrana, l’adenilico ciclasi e distrutto da AMPc-fosfodiesterasi, che lo idrolizza. L’AMPc in ogni tipo cellulare induce diverse reazioni cellulari stimolate dalla variazione dellasua concentrazione. Tra i recettori che attivano l’adenilico ciclasi vanno ricordati i recettori β-adrenergici, coinvolti nellestimolazioni date da adrenalina e noradrenalina.Quando l’adrenalina viene emessa nel torrente circolatorio arriva alle cellule che possiedono i recettori β-adrenergici si attiva, tramite proteina G, l’enzima protein-chinasi che catalizza il trasferimento del gruppo P. La chinasi è costituita da quattro subunità, due regolatrici, a cui si lega l’AMPc, e due catalitiche; quando questa chinasi entra in contatto con l’AMPc vengono liberate le subunità catalitiche che vengono attivate per

interagire con specifiche molecole mche verrano fosforilate cioè acui verrà legato un gruppo fosfato.Un altro secondo messaggero molto studiato è lo ione calcio, Ca++.Le concentrazioni, extracellulare e del reticolo endoplasmatico, di questo ione sono molto alte, al contrario di quella citoplasmatica; quindi si ha un gradiente che si equilibra quando arriva un segnale che apre i canali del calcio presenti nelle membrane; in questo modo viene aumentata enormemente la sua concentrazione a livello citoplasmatico attivando delle proteine specifiche che reagiscono alloIone ( es proteine della contrazione muscolare ). Per mantenere ilgradiente del calcio, nello stato di riposo, le cellule eucariote presentano una pompa Ca++ATPasi che pompa lo ione fuori dal citoplasma.Il calcio viene anche rilasciato grazie all’intervento di un messaggero intracellulare, l’inositolo trifosfato (IP3) e il diacilglicerolo ( DAG ) che è implicato nell’apertura dei canali per il calcio. L’ IP3 è una molecola che diffonde nel citoplasma dove si va a legare a proteine particolari che si trovano sulla membrana del reticolo endoplasmatico, i canali per il calcio regolati da IP3. Questi canali sono regolati attraverso un meccanismo a feedback positivo, il calcio che viene rilasciato si lega ai canali permettendo ulteriori rilasci di calcio. Questo meccanismo viene bloccato grazie a due meccanismi:• la rapida defosforilazione, e quindi la sua in attivazione, dell’ IP3.

• Recettori collegati ad enzimi : i recettori legati ad enzimi sono proteine transmembranali in cui il dominio citoplasmatico presenta un’elevata attività enzimatica attivata quando al recettore si lega il ligando. Possono essere raggruppati in cinquegruppi a seconda della loro azione enzimatica:• guanilico ciclasi • tirosina chinasi • associati a tirosina chinasi• tirosina fosfatasi• serina/ treonina chinasi

Le giunzioni cellulari sono delle strutture specializzate presentinelle zone di contatto di molte cellule, specialmente in quelle che vanno a costituire gli epiteli. Possono essere riunite in tre gruppi:• occludenti• di ancoraggio

• comunicanti o gap• Le giunzioni occludenti, chiamate anche strette, uniscono strettamente le cellule evitando il passaggio di sostanze tra i due lati delle cellule. Questo fenomeno di blocco, però, non è continuo;alcune cellule epiteliali sono in grado di modificare le zone di giunzione per permettere il flusso di sostanze, si parla di trasporto paracellulare. Sono costituite da una rete di filamenti intrecciaticostituiti da proteine transmembranali specifiche che uniscono le due membrane plasmatiche eliminando lo spazio intercellulare.La giunzione gap lascia, tra le membrane delle due cellule, un piccolo spazio intercellulare; la connessione è assicurata da una serie di strutture tubulari che permettono anche il passaggio di piccoli ioni.Le giunzioni gap sono costituite da particolari strutture poliproteiche transmembranali, i connessoni. I connessoni formano un canale che attraversa le membrane di due cellule adiacenti mettendo in collegamento i citoplasmi delle due cellule. Attraverso questi canali riescono a passare piccoli ioni, o piccole molecole, ma non le macromolecole. Le giunzioni gap si differenziano dagli altri modelli giunzionali perché, in questo caso, i due strati di membrana vengono mantenuti ad una certa distanza, fissa, dai connessoni.Un connessone è costituito da sei subunità, chiamate connessine, che si assemblano a formare un anello. Ogni connessina è costituita da sei α-eliche che attraversano la membrana. Le connessinecostituiscono la circonferenza di un canale permeabile che mette in comunicazione diretta i due lati della membrana. La permeabilità di questo canale può variare infatti i canali non sono continuamente aperti, il meccanismo di chiusura ed apertura ècollegato al pH citoplasmatico ed alla concentrazione di ioni calcio, ed è un fenomeno legato a cambiamenti conformazionali delleconnessine.Le giunzioni di ancoraggio si vengono a costituire quando le due cellule adiacenti vanno ad interconnettere il loro citoscheletro.Le giunzioni di ancoraggio possono essere raggruppate in tre distinte classi:• giunzioni aderenti• desmosomi• emidesmosomi

Tutte quante sono costituite da due tipi proteici, le proteine di connessione e quelle di collegamento; le prime costituiscono una placca,situata a ridosso del lato citoplasmatica della membrana, acui si connettono i filamenti del citoscheletro. Le proteine di connessione sono una classe di proteine transmembranali che sul versante citoplasmatica si legano alla placca e su quelloextracellulare si connettono con le proteine di un’altra cellula.Le giunzioni aderenti connettono i filamenti di actina che si trovano nelle cellule adiacenti formando delle strutture particolari, le zonulae adherens, chiamate anche fasce di adesione,strutture dove si addensano fasci contrattili di filamenti con decorso paralleli alla membrana. È proprio su questi fasci che si vanno ad ancorare i complessi di connessione, questi sono costituiti da varie proteine:• catenina• vinculina• actinina• placoglobinaAlcune giunzioni aderenti non si attuano tra cellule, ma tra la cellula e la matrice extracellulare. Questo ancoraggio avviene grazie a regioni particolari della membrana, i contatti focali. Inquesto caso le proteine dei complessi di connessione appartengono tutte alla famiglia delle integrine.I desmosomi servono alle cellule per ammortizzare le sollecitazionimeccaniche, il loro versante citoplasmatico è ancorato ai filamenti intermedi. I filamenti intermedi di un gruppo di celluleancorate tra loro sono tutti collegati a formare un reticolo che può resistere a forze di trazione. Il tipo di filamento varia a seconda della localizzazione del gruppo cellulare nel corpo, possiamo avere filamenti di cheratina o di desmina.La struttura generale di un desmosoma è quella di una placca costituita da proteine transmembranali, tutte appartenenti alla famiglia delle caderine, che ancorano tra loro le membrane cellulari delle due cellule adiacenti.Gli emidesmosomi sono simili ai desmosomi, servono ad ancorare le cellule epiteliali ad una particolare membrana, la lamina basale, che costituisce lo strato di separazione tra un epitelio ed il tessuto sottostante. Le proteine che formano la placca appartengono tutte alla famiglia delle integrine.

MITOCONDRIOMitocondrio

• I mitocondri sono organuli fondamentali : in queste strutture, infatti, avviene la conversione delglucosio in energia raccolta in circa 30 molecole di ATP grazie aduna serie di reazioni chimiche. Sono strutture molto plastiche e mobili, si spostano continuamentenella cellula, si fondono tra loro e poi si separano di nuovo.Si trovano sia nelle cellule eucariote animali che in quelle eucariote vegetali. Mancano solo in quelle procariote (in queste cellule la funzione del mitocondrio viene svolta dalla membrana). La forma dei mitocondri può essere quanto mai varia, si hanno:• Forme granulari• Forme filamentose• Forme a bastoncino• L’insieme di mitocondri di una cellula è definito condrioma, è un complesso che varia di numero nell’arco della vita temporale della cellula Un mitocondrio è circondato da due membrane specializzate interna ed esterna, fondamentali per lo svolgimento dei processi metabolici che avvengono in questo organulo, separate dallo spaziointermembrana.La membrana più esterna, a struttura trilaminare, formata da proteine intrinseche globulari che rappresentano il 60% della membrana esterna e sono localizzate nello spessore dello stratolipidico, che a sua volta rappresenta il 40%. Le proteine si dispongono in modo da delimitare dei pori atti a facilitare il passaggio bidirezionale di metaboliti.Presenta un aspetto liscio, è ricca in porine, queste formano dei canali che permettono l’ingresso a tutte le molecole con un peso inferiore ai 5000 dalton.Lo spazio intermembrana è costituito da una soluzione liquida con composizione molto simile a quella citoplasmatica.La membrana interna è ricca in fosfolipidi doppi, le cardiolipine,che la rendono impermeabile agli ioni; sono presenti anche svariate proteine di trasporto specifiche per le molecole che servono aglienzimi della camera centrale, la matrice. Si presenta convoluta e ripiegata in strutture chiamate creste mitocondriali, strutture che si spingono nella matrice aumentando enormemente la superficie utile ai processi metabolici che avvengono sulla membrana.La richiesta di energia porta il mitocondrio ad aumentare le creste, lo spazio utile dove avvengono le reazioni che portano alla produzione di ATP.

Anche il numero di mitocondri è direttamente proporzionale al fabbisogno energetico, è quindi normale aspettarsi un elevato numero di mitocondri nelle cellule muscolari e soggette ad intensaattività.Nella cellula a riposo i mitocondri sono animati da movimenti incessanti, con spostamenti dovuti alle correnti citoplasmatiche di diffusione, e rapide modificazioni strutturali. I mitocondri siincurvano, si rimodellano, subiscono un movimento oscillatorio, siattorcigliano, si strozzano, si frammentano o si fondono. Siccome il mitocondrio non è dotato di meccanismi di contrattilità, le modificazioni della forma sono dovute verosimilmente a cambiamenti della loro superficie. Gli scambi metabolici framitocondri e citoplasma sarebbero responsabili di reazioni chimiche capaci di determinarne i movimenti.

Funzioni mitocondrialiI processi metabolici dei mitocondri si svolgono grazie al piruvato, prodotto dall’ossidazione degli zuccheri, e dagli acidi grassi; entrambe queste sostanze vengono spinte nella matrice dovevengono trasformati in acetil coenzima A. Questo , poi, può entrare nel ciclo dell’acido citrico o ciclo di Krebs ( che avviene nel mitocondrio ) e dare luogo, al termine della respirazione cellulare a ATP oppure formare nuovi acidi grassi, nuovo glucosio o colesterolo.A sua volta l’acetil-coenzima A deriva dalla degradazione di un molecola di glucosio o acido grassoIl ciclo dell’acido citrico, chiamato anche ciclo di Krebs, è coinvolto nell’ossidazione di circa i due terzi dei composti carboniosi delle cellule; i prodotti che escono da questo ciclo sono:• CO2• Elettroni ad alta energia• Questi elettroni vengono portati alla catena respiratoria tramite trasportatori chiamati NADH e FADH2 dove si legheranno all’ossigeno per produrre acqua ed ATP.Infatti l’energia che si ricava viene conservata nel legame che siforma tra ADP ed un fosfato (formando ATP); per questo le reazioniche si svolgono vengono raggruppate sotto il nome di fosforilazione ossidativa.La reazione che porta alla formazione di una molecola d’acqua si svolge in più passaggi. Negli atomi di idrogeno vengono separati iprotoni dagli elettroni, questi ultimi si muovono attraverso una

serie di complessi proteici, i trasportatori di elettroni, lungo la catena respiratoria. I complessi proteici di trasporto muovono gli elettroni lungo la catena; l’insieme di questi movimenti portaad un flusso netto di protoni H+ verso lo spazio intermembrana.L’accumulo di protoni provoca un gradiente di H+ che è molto più alto nella matrice e si forma, in questo modo, il gradiente elettrochimico protonico.Una proteina fondamentale che si trova sulla membrana interna è l’enzima ATP sintetasi; questo enzima catalizza la sintesi di ATP a partire da ADP e fosfato inorganico in una reazione che è accoppiata al flusso di protoni. L’ATP prodotto viene utilizzato dalla cellula per far funzionare i processi metabolici di tutta lacellula, quando si blocca l’attività del mitocondrio si abbassano i livelli di ATP e le reazioni che richiedono energia non possono più essere portate avanti.

Le creste e la matriceLe creste mitocondriali sono strutture costituite da invaginazionidella membrana interna che possono presentare forma di tubuli o disacculi che penetrano in profondità nella matrice mitocondriale. Non si conosce molto bene come tali creste mantengano le loro forme rispetto alla matrice ed allo spazio intermembranale né la loro morfologia, anche se si possono osservare tre tipologie principali:• fiaschi, il cui collo, o peduncolo, sarebbe più stretto della cresta stessa;• sacculi le cui pareti, senza strozzature, si continuano con la membrana interna. Contrariamente al caso precedente, il compartimento interno della cresta comunica liberamente con la camera esterna, e non attraverso uno stretto orifizio.• tubuli.La camera interna è lo spazio della matrice mitocondriale delimitato dalla membrana interna, compreso fra le creste lnitocondriali. La matrice si presenta con aspetto granulare e la sua densità varia in funzione dello stato funzionale in cui si trova il mitocondrio. Vi si trovano costantemente:• molecole di DNA• mtRNA, sono ribosomi specifici del mitocondrio• granulazioni dense, irregolari, con diametro di 50 nm (rappresentano zone di accumulo di cationi). La camera interna contiene tutti gli enzimi coinvolti nel ciclo di Krebs e quelli della biosintesi degli acidi grassi.

Il DNA mitocondriale è molto diverso da quello nucleare, è presente in tutti i mitocondri e permette la loro riproduzione. Tra il DNA nucleare e quello mitocondriale ci sono, prevalentemente,differenze morfologiche, queste sono:Mitocondriale NucleareSingolo cromosoma Cromosomi multipliMolecola circolare Molecola linearePiccole dimensioni Grandi dimensioniPoche migliaia di basi Centinaia di migliaia di basi

Il DNA mitocondriale, negli ultimi anni, è diventato il soggetto principale per una serie di studi anche perché sduranta la fecondazione i mitocondri dello spermatozoo non entrano nella cellula uovo così che il nascituro avrà sempre e solo i mitocondrimaterni; si conoscono alcune malattie ereditarie legate ai mitocondri di hanno informazioni diverse da quelle del DNA nucleare

DEGRADAZIONE CELLULARENella cellula sono presenti delle vescicole di membrana, che contengono enzimi idrolitici, coinvolti nella digestione intracellulare delle macromolecole; a questi organuli cellulari è stato dato il nome di lisosomi.Tutti gli enzimi contenuti sono delle idrolasi acide, ovvero enzimi che per funzionare richiedono un ambiente particolarmente acido, con pH di circa 5. Tra i molti enzimi contenuti nel lisosoma vanno ricordati:• Nucleasi• Proteasi• Lipasi• Glicosidasi• FosfatasiLa massa citoplasmatica, esterna al lisosoma, è doppiamente protetta; da un lato grazie alla membrana del lisosoma, dall’altrograzie al fatto che gli enzimi, nell’ambiente neutro (pH 7) del citoplasma, si inattivano. L’ambiente fortemente acido del lisosoma viene mantenuto grazie ad una pompa idrogeno; questa trasporta attivamente, con consumo di ATP, ioni idrogeno nel suo lume.I lisosomi sono un gruppo di organuli molto eterogeneo, sebbene abbiano alcune caratteristiche in comune, variano molto in forma edimensioni da una cellula all’altra; questa diversità è da

associare alla notevole varietà di sostanze che vengono inviate per essere demolite. Questi organuli cellulari sono come incroci in cui convergono più vie cellulari: dal reticolo vengono inviati, tramite Golgi, gli enzimi digestivi; il materiale da demolire, invece, può arrivare da tre diverse vie.La via seguita dal materiale da demolire più studiata è quella delle molecole che arrivano dall’esterno; queste molecole passano prima per delle vescicole più piccole, gli endosomi precoci, dove vengono smistate ed in parte recuperate, poi vanno negli endosomi tardivi, dove incontrano le prime idrolasi che provengono dal Golgi, per un inizio di digestione. Dagli endosomi tardivi si generano i lisosomi.La seconda via è parte integrante del processo di autofagia, ovvero del processo di demolizione delle strutture interne alla cellula divenute inutili. I vari organelli vengono prima rivestitida unamembrana proveniente del reticolo, si forma così un autofagosoma, poi questa vescicola si fonde con un lisosoma per avviare la digestione.La terza via è costituita dalla fagocitosi, un meccanismo presentesoprattutto in cellule specializzate e che funziona in maniera simile all’autofagia.Alcune proteine, che devono essere digerite, presentano un segnale, il KFERQ, che le indirizza la proteina verso il lisosoma.Anche se il meccanismo non è del tutto chiaro, sembra che questo segnale porti la proteina verso sostanze che stanno per essere fagocitate.La presenza dei lisosomi permette alla cellula eucariote di suddividere meglio i lavori di digestione delle sostanze mantenendo al suo interno un continuo flusso di vescicole che si dirigono ai siti didegradazione a partire dagli altri compartimenti cellulari.

PEROSSISOMII perossisomi sono organuli cellulari, del gruppo dei lisosomi, delimitati da una membrana costituita prevalentemente da due soli tipi di fosfolipidi (fosfatidilcolina e fosfatidiletanolamina) e che sono in grado di autoreplicarsi (in questo i perossisomi presentano un’analogia con i mitocondri). Sono organuli che si trovano in tutte le cellule eucariote e contengono enzimi ossidativi, come la catalasi e la ossidasi, che svolgono funzione di perossidasi, ovvero utilizzano l’ossigeno molecolare per

rimuovere idrogeno da substrati specifici producendo perossido di idrogeno (H2O2).I perossisomi sono direttamente implicati nel metabolismo dei lipidi, infatti, grazie al processo di β-ossidazione, riescono a rompere le molecole di acidi grassi trasformandoli in acetil coenzima A, che verrà poi utilizzato dalla cellula.In realtà nelle diverse specie i vari perossisomi svolgono differenti funzioni : uando una cellula ha bisogno di energia, trasforma il glicogeno scindendolo nelle molecole costituenti di glucosio; questo meccanismo avviene in gran parte nei perossisomi;la gluconeogenesi utilizza come molecole di partenza gli acidi grassi, derivati dall’idrolisi dei trigliceridi assunti con la dieta, questivengono trasformati in acetil-coenzima A nei perossisomi mediante betaossidazioneAll’interno della cellula i perossisomi sono anche i responsabili dell’invecchiamento cellulare. Molte molecole, invechiate o logorate, vengono inviate ai perossisomi essendo tutte dotate di unamolecola segnale specifica. Questa molecola è composta da tre amminoacidi e viene riconosciuta da un recettore posto sulla membrana del perossisoma.I perossisomi si generano da altri perossisomi tramite il fenomenodella fissione ( divisione binaria ). In realtà esistono varie teorie che cercano di spiegare la genesi dei perossisomi; purtroppo le loro piccole dimensioni rendono difficile uno studio preciso Possiamo comunque dire che il controllo della replicazione perossisomiale è situato a livello nucleare, infatti l’assenza di molecole di DNA od altri acidi nucleici, comporta un’incapacità daparte di questi organuli di riprodursi (al contrario di quello cheavviene all’interno dei mitocondri).Il controllo nucleare implica una sintesi a livello del reticolo endoplasmatico delle proteineperossisomiali da ribosomi adesi al reticolo rugoso; le proteine, sintetizzate con una specifica sequenza segnale, verrebbero secrete in una zona specifica del lume reticolare. Arrivate nel lume queste proteine perderebbero, attraverso idrolisi, la sequenza segnale venendo confinate in una regione specifica da dove originerebbe una vescicola che, una volta distaccata dal reticolo, maturerebbe formando il perossisoma.In realtà si è scoperto che le proteine perossisomiali vengono sintetizzate anche a livello dei ribosomi liberi nel citoplasma e

solo successivamente sono inserite nella vescicola. Al contrario ilipidi della vescicola vengono sicuramente prodotti a livello del reticolo.Con l’abbandono della teoria della vescicolazione si sono aperte varie ipotesi

IL NUCLEO In tutti gli eucarioti il materiale genetico è contenuto in uno speciale organello cellulare, il nucleo, la cui presenza conferisce appunto a questo tipo di cellule la loro denominazione.Il nucleo è l’organulo in cui è contenuta la quasi totalità del materiale genetico della cellula, ricordiamo che altre porzioni diDNA sono contenute nei mitocondri e che molti RNA si trovano normalmente nel nucleo. Sul nucleo devono necessariamente convergere tutti i segnali cellulari destinati ad evocare le risposte informazionali che dal nucleo traggono la loro origine. Fra tutti gli organelli cellulari, solo i mitocondri godono di unacondizione di semiautonomia nei confronti del genoma nucleare, questo è possibile perché contengono un proprio genoma che codifica una parte importante, anche se non maggioritaria, delle proteine che lo costituiscono. È quindi chiaro che tutti gli organuli cellulari svolgono le loro funzioni grazie alle informazioni che fuoriescono dal nucleo.Il nucleo degli eucarioti è una struttura ben distinta dal citoplasma e proprio per questo si differenzia notevolmente dal nucleoide dei procarioti. Le differenze non sono limitate alla presenza di una membrana complessa. Nel nucleo il materiale genetico non è semplicemente contenuto, viene anche duplicato, riorganizzato e trascritto; tutti questi meccanismi richiedono la presenza di strutture specifiche all’interno del citoplasma nucleare, il nucleoplasma. Il nucleo cellulare è costituito dalle seguenti parti principali: 1) Un contenitore: la carioteca, chiamata anche involucro nucleare, formata da un sistema di membrane (in diretta connessione con la membrana del reticolo endoplasmatico ruvido) necessarie per evitare la dispersione dei componenti nucleari nel citoplasma (funzione di isolamento); creare vie di comunicazione idonee allo scambio selettivo di sostanze tra nucleo e citoplasma (funzione di comunicazione); consentire, durante il processo di divisione cellulare, la ripartizione del DNA duplicato in due nuclei figli indipendenti e geneticamente identici.

2) Il contenuto della carioteca è rappresentato in massima parte dalla cromatina, una sostanza risultante dall'associazione del DNAcon numerosi tipi di proteine, che hanno come loro funzioni quelledi conferire al DNA una struttura tridimensionale compatta ed ordinata e controllare l'espressione dell'informazione genetica. La carioteca è costituita da due membrane, una esterna (a contattocol citoplasma) ed una interna (a contatto col nucleoplasma). La membrana esterna si continua da un lato con il sistema di membrane che costituiscono il reticolo endoplasmatico rugoso, dall'altra con la membrana interna con la quale si fonde in corrispondenza di numerose aree circolari uniformemente distribuite sull'intera superficie della carioteca. Le due membrane non sono appoggiate l'una sull'altra, ma delimitano uno spazio di separazione detta spazio perinucleare cheè direttamente collegato con il lume del reticolo endoplasmatico I pori nucleari rappresentano aree specializzate nel controllo deltraffico molecolare tra nucleo e citoplasma. Ogni poro nucleare mostra un lume occupato da una struttura multiproteica caratteristica chiamata annulus, la quale, insieme con il poro che la contiene, costituisce il complesso del poro. Questo complesso è paragonabile ad un manicotto cilindrico formato dall'associazione di otto proteine granulari che attraversano il poro da un lato all’altro della carioteca affacciandosi sulle sue due facce Grazie all’annulus, molecole di grandi dimensioni, come il DNA, non riescono a fuoriuscire dal nucleo mentre piccole molecole, essenziali al corretto svolgimento delle funzioni nucleari, possono entrare liberamente. Sulla faccia nucleoplasmatica della carioteca è possibile osservare uno strato sottile ed opaco che è stato chiamato lamina nucleare costituita da almeno tre diverse classi di proteine proteine laminari A, B e C, probabilmente legate fra di loro in modo da formare una struttura complessa e legata alla superficie nucleoplasmatica della membrana interna grazie alla formazione di interazioni elettrostatiche con le proteine della membrana stessa. Alla lamina nucleare vengono attribuiti due funzioni principali: a) contribuisce alla disgregazione della carioteca in preparazionedella divisione cellulare (mitosi), ed alla sua successiva riorganizzazione al momento della ricostituzione dei nuclei delle cellule figlie; b) offre ai cromosomi dei punti di ancoraggio sulla superficie interna della carioteca, dando alla cromatina una disposizione

ordinata, fondamentale per il normale svolgimento delle sue funzioni. Il nucleolo è una struttura particolare che ha localizzazione nucleoplasmatica ed è specializzata nella sintesi degli RNA ribosomali (rRNA) e nell'assemblaggio dei complessi che costituiscono le subunità costruttive componenti i ribosomi, organelli effettori della sintesi delle proteine. Esso si presenta al microscopio ottico come una struttura compattacon una forma generalmente sferoidale; le sue dimensioni possono variare a seconda dello stato di attività funzionale, perché tendead avere dimensioni maggiori quando l'attività di sintesi proteicaè più spinta. Il nucleolo possiede un proprio ciclo vitale sincronizzato con quello della cellula di appartenenza: esso si disgrega fino a scomparire durante la divisione cellulare per esserne ricostituitoal termine; È una struttura organizzata intorno ad un certo numerodi anse di DNA, dette organizzatori nucleolari, che contengono i geni codificanti per l'RNA ribosomale

La cromatina La cromatina è una struttura presente solamente negli eucarioti e che consiste in un complesso di geni e proteine basiche, le principali sono chiamate istoni. Quasi tutte le cellule eucariote possiedono cinque tipi di istoni: H1, H2A, H2B, H3 ed H4; sono proteine basiche che si conservano praticamente uguali in quasi tutti gli eucarioti, l’unica eccezione è data dall’H1. Il ruolo degli istoni è fondamentale nelripiegamento ordinato del DNA; la cromatina contiene tanto DNA quanti istoni, questi si organizzano a formare degli ottameri o nucleosomi (ognuno formato da due molecole di H2A, due di H2B, due di H3 e due di H4), ad ogni ottametro corrisponde un istone H1; ogni conformazione ottamerica è associata a circa 200 paia di basidi DNA. La struttura precisa è molto simile a quella di una collana di perle, in cui il nucleosoma forma una sfera e sulla suasuperficie esterna, si avvolge il DNA, (due giri ). L’istone H1 si trova nel punto di entrata e su quello di uscita del DNA dall’ottamero,(che coincidono ) che fa acquisire alla cromatina una disposizione dei nucleosomi a zig-zag. Il secondo ordine di organizzazione della cromatina è denominato fibra30 nm data da una condensazione della collana di perle dovuta all’aumento di forza ionica. Questa fibra si dispone a formare un solenoide ( spire di una molla ) in cui sono presenti sei nucleosomi per ogni giro dell’elica di solenoide; È stata

ipotizzata, per la fibra a 30 nm, anche una struttura a superperle, in cui i nucleosomi si aggreghino a formare delle superperle che sono tenute insieme in una struttura relativamente disordinata. È statoanche ipotizzato un assetto privo di qualsiasi struttura regolare,questo perché non esistono ancora dei dati definitivi che avvalorino una determinata struttura. Un ruolo particolare nell’organizzazione della fibra è svolto dall’istone H1, perché questa proteina interagisce molto di più con altri H1 piuttosto che con l’ottamero. Esiste anche un ulteriore ordine di organizzazione della cromatina, quello delle anse radiali, in cui la fibra 30nm. si ripiegaa formare una fibra di 50nm che si ancora strettamente alla matrice centrale del cromosoma. Possiamo infine pensare, da studi fatti, che l’istone H1 organizzi una disposizione ordinata del DNA in nucleosomi mantenendolo in uno stato di repressione impedendone i fenomeni ditrascrizione.

Regolazione della cromatina La regione di DNA senza nucleosomi, risulta possedere un’ipersensibilità alla DNAsi (per questo regioni di cromatina chevengono trascritte sono molto più sensibili alla DNAsi e vengono chiamate regioni ipersensibili), questo fenomeno è molto generalizzato. Gli istoni esistono sia in forma acetilata che in forma non acetilata: l’acetilazione è correlata con l’attivazione genica, questo porta a pensare che ci siano degli enzimi, nel nucleo, che possono acetilare e deacetilare gli istoni, in questo modo questi enzimi influenzano la regolazione dell’espressione genica; tra questi enzimi va ricordata la acetiltrasferasi specifica per gli istoni (HAT). Le proteine HAT sono divise in due gruppi, quelle digruppo A acetilano i residui di lisina che si trovano sulle code N-terminali degli istoni, quelle del gruppo B acetilano (a livello del citoplasma) gli istoni H3 edH4 per permettere un loro corretto assemblaggio. La deacetilazione degli istoni è, al contrario dell’acetilazione, un evento repressivo; Ci sono vari fattori che possono funzionare da attivatori o da repressori a seconda che possano o no interagire con delle deacetilasi istoniche, un esempio è dato dall’ormone della tiroide. Oltre all’acetilazione degli istoni, affinché ci sia un accesso dei fattori di trascrizione, è necessario un rimodellamento della

cromatina; questo è dato da almeno quattro classi di proteine (chenecessitano ATP): che alterano la struttura del nucleosoma rendendo accessibile il DNA. Questo rimodellamento può consistere in uno spostamento dei nucleosomi in maniera che i promotori ( parti del DNA dove inizia la trascrizione dell’mRNA ) siano accessibili ai fattori di trascrizione, oppure può comportare l’indebolimento del legame chec’è tra uno o più nucleosomi ed il DNA; comunque il risultato finale è sempre la mobilizzazione dei nucleosomi. Ma il rimodellamento non porta sempre all’attivazione della trascrizione, può anche portare ad una sua repressione. Tutti i discorsi fatti fin qui riguardano l’eucromatina, una formaaperta e potenzialmente attiva; l’altra forma di cromatina, l’eterocromatina, al contrario, è molto condensata ed il suo DNA èinaccessibile. Il silenziamento di un gene è direttamente dipendente dalla sua posizione all’interno del cromosoma ed è inversamente proporzionale rispetto alla sua distanza dal telomero cioè dalla porzione distale del cromosoma. A livello del telomero infatti sono presenti molte proteine legate al DNA e probabilmente sono legate alla formazione dell’eterocromatina.

LA MITOSI La continuità della vita è assicurata dalla capacità delle cellule di riprodursi. La continuità genetica delle cellule dipende dalla capacità della molecola di DNA di autoreplicarsi, dideterminare, in pratica, la costruzione di un'altra molecola identica a se stessa. Per garantire la continuità, però, deve essere presente anche un sistema molto preciso che renda possibilel’esatta distribuzione nei discendenti delle molecole di DNA. In pratica ad ogni discendente di una cellula deve essere trasmesso l'intero patrimonio genetico. Il processo riproduttivo che riguarda la singola cellula è chiamato divisione cellulare. Questoprocesso comporta la divisione in due di tutti quei materiali che in precedenza il DNA ha costruito: sia di quello prodotto direttamente, e cioè le molecole che portano l'informazione genetica, sia di quello prodotto indirettamente, e cioè il materiale citoplasmatico. Nel caso delle cellule eucariote la divisione cellulare deve prevedere due scomposizioni: quella del nucleo e quella del citoplasma. Il processo di divisione del nucleo, con formazione didue nuclei uguali, è denominato mitosi; la divisione del citoplasma, con formazione di due cellule figlie,

prende il nome di citodieresi. Quando una cellula raggiunge una certa grandezza si divide; le duecellule figlie cominciano poi ad accrescersi di nuovo. La divisione cellulare, insieme con la crescita delle cellule, è il mezzo con il quale gli organismi pluricellulari si accrescono. Ogni cellula nasce da una divisione cellulare e scompare nella divisione successiva poiché con la riproduzione si divide in due cellule figlie. Durante la vita ogni cellula attraversa diverse fasi che si succedono sempre nello stesso ordine. chiamato ciclo cellulare. Anche se la sequenza delle fasi è sempre la stessa, la durata può essere molto differente tra le varie cellule. Le fasi del ciclo cellulare si succedono seguendo il seguente ordine: • fase dell'intervallo primo G1• fase della sintesi • fase dell'intervallo secondo G2• fase della divisione cellulare, che prevede mitosi e citodieresi. Intervallo primo. Ciascuna delle due cellule prodotte da una divisione cellulare possiede alla nascita un volume e un numero diorganuli che è circa la metà di quello della cellula madre. Durante l'intervallo primo, la cellula accresce il proprio volume e costruisce nuovi organuli cellulari. La massa della cellula aumenta grazie al nutrimento e all'intensa sintesi proteica. Vengono prodotte nuove proteine. Alcune costituiscono l'impalcatura delle cellule, altre svolgono attività enzimatica. La massa della cellula aumenta anche con il raddoppiamento delle strutture citoplasmatiche. Membrana cellulare e membrana del nucleo, ribosomi, apparato di Golgi, citoplasma e citoscheletro vengono accresciuti o costruiti ex novo. Mitocondri e cloroplasti invece si duplicano autonomamente. Nei sistemi viventi pluricellulari l'intervallo primo corrisponde al periodo nel corso del quale ogni cellula compie il proprio specifico lavoro, sulla base di quanto previsto dal programma genetico dell'organismo. Sintesi. Quando una cellula, ad un certo punto della propria vita,raggiunge le dimensioni massime, inizia la fase di sintesi del ciclo cellulare. Durante questa fase si compie la sintesi di nuovemolecole di DNA, identiche alle precedenti. Le molecole di DNA vanno incontro al processo di duplicazione e tutte le risorse energetiche e i materiali del nucleo e della cellula sono messi a

disposizione per questo processo. La cellula cessa di crescere, lamaggior parte dei processi metabolici si blocca e inizia la sintesi del nuovo materiale genetico. Durante la fase di sintesi, la cellula pone le basi perché possa avvenire la propria riproduzione. Intervallo secondo. Si costruiscono le molecole e si predispongono gli strumenti che serviranno nella successiva divisione cellulare. Le modificazioni più importanti che avvengonoin questa fase riguardano la cromatina del nucleo e gli organuli che interverranno durante la riproduzione della cellula. Inoltre nel corso dell'intervallo secondo la cellula porta a termine il proprio sviluppo, con una crescita che è, però, di entità minore rispetto a quella avvenuta nell'intervallo primo. La mitosi è il momento più importante e più delicato della divisione cellulare. Tutte le attività metaboliche di sintesi della cellula si bloccano e l'intera massa citoplasmatica viene coinvolta in questo processo. Durante la mitosi, il materiale genetico contenuto nel nucleo viene suddiviso in modo esatto. Si formano due nuclei che contengono molecole identiche di DNA. La mitosi è un processo continuo, che viene convenzionalmente diviso in quattro fasi principali: • Profase • Metafase • Anafase • Telofase • Citodieresi. È la fase più breve del ciclo cellulare. La citodieresi consiste nella suddivisione della massa citoplasmatica. Il citoplasma viene separato in modo tale che ognicellula figlia contenga uno dei nuclei ottenuti con la mitosi.Con la nascita delle cellule figlie prende il via un nuovo ciclo cellulare. Le fasi della mitosi • PROFASE: in una cellula che si appresta a subire la divisione cellulare, il materiale ereditario si presenta in forma di cromatina. All’inizio della profase la cromatina subisce una serie di meccanismi di condensazione che porta alla formazione di strutturepiù stabili, i cromosomi. Questi diventano gradualmente visibili ed appaiono come lunghi filamenti sparsi irregolarmente nel nucleo. Col progredire della profase i filamenti si accorciano e si ispessiscono, ciascun

cromosoma risulta essere composto di due filamenti, i cromatidi, avvolti l’uno all’altro. Con il procedere della profase i cromosomi si condensano e si ispessiscono ulteriormente e si mostra chiaramente la costrizione che forma il centromero, o cinetocoro. Verso la fine della profase, il nucleolo scompare, subito dopo l’involucro nucleare sidissolve ed il DNA si trova libero nel citoplasma, come l’RNA del nucleolo. Nel citoplasma divengono più evidenti i centrioli, la cui funzione è di produzione ed assemblaggio di una grande quantità di microtubuli. • METAFASE: comincia con la comparsa del fuso, l’insieme dei microtubuli che collegano i due cetrioli. Il fuso mitotico svolge il compito di dirigere ed effettuare il movimento dei cromosomi. Durante la metafase, i cromosomi si dispongono in modo che ciascuncentromero giaccia sul piano equatoriale del fuso ed ogni cromosoma è collegato ai fasci di microtubuli. • ANAFASE: è molto breve, i cromosomi si separano dando origine a due cromatidi figli, ognuno migra verso un polo cellulare grazie all’accorciamento delle fibre del fuso mitotico, che rimangono attaccate ai centromeri. • TELOFASE: in questa fase si completa l’equa suddivisione dei cromosomi, mentre l’involucro nucleare si forma intorno a ciascun gruppo. Mentre si ricompone il nucleo, i cromosomi si despiralizzano e diventano sempre più dilatati e meno evidenti, trasformandosi di nuovo in sottili filamenti. In pratica nella telofase si ripercorrono al contrario le stesse tappe che hanno caratterizzato la profase. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------I cromosomi I cromosomi sono strutture permanenti della cellula. Il loro costituente essenziale è rappresentato dalla fibra cromatinica. Attraverso la mitosi le cellule figlie ricevono in dotazione lo stesso numero di cromosomi, la cui struttura, durante il ciclo cellulare, cambia in accordo col grado di spiralizzazione della fibra nucleoproteica. Non essendo sempre presenti nella cellula, bisogna fare attenzioneal momento in cui si prepara una cellula per osservarne il cariotipo (l’insieme dei cromosomi). Il cromosoma metafasico ha una lunghezza variabile a seconda delle informazioni contenute nel cromosoma. Ogni cromosoma è costituito da 2 cromatidi separati da un’area chiara e uniti a livello del centromero, detto anche

cinetocore o costrizione primaria. Rispetto a un piano passante per il cinetocore e parallelo ai cromatidi, il cromosoma ha una struttura simmetrica. Ogni cromosoma ha la forma di un bastoncino Le caratteristiche dei cromosomi di un tessuto qualsiasi vengono stabilite in base a determinati criteri morfologici: Indice centromerico, che consiste in un valore numerico dato dal rapporto tra la lunghezza del braccio corto e lunghezza totale delcromosoma Costrizioni secondarie, spesso presenti, sono delle strozzature posizionate a livelli diversi rispetto al centromero Telomeri, sono le porzioni terminali dei cromosomi, contengono cromatina che non codifica per alcuna proteina Satelliti, sono porzioni dei cromosomi delimitate dalle costrizioni secondarie Il diametro di un cromosoma, è ben visibile anche al microscopio ottico. La struttura originaria costituita dalla cromatina raggruppata a formare il filamento 30nm è ulteriormente ripiegata varie volte su se stessa anche in senso trasversale al cromosoma. Seguendo l’ipotesi della fibrilla elicoidale si ammette che, all’interno di un cromosoma, la fibrilla di DNA-proteine, la fibrilla elementare, formi una matassa più o meno regolare, ripiegandosi varie volte in lunghezza e larghezza, fino a costituire un grossolano filamento di notevoli dimensioni che, ripiegato ad elica, forma l’asse del cromosoma. Questo modello detto a fibrilla elicoidale si basa su osservazionieffettuate con microscopi molto potenti che hanno permesso di dimostrare che un cromosoma risulta composto da una fibrilla, intrecciata su se stessa in maniera complessa. Questa fibrilla forma pacchetti di diametro sempre maggiore fino a costituire strutture visibili anche al microscopio ottico.

Riproduzione cellulare• Per la conservazione della specie è sufficiente una qualunque modalità asessuata di riproduzione. Con la riproduzione asessuata ( cioè senza scambio di informazione genetica ) però, i figli ricevono esattamente lo stesso patrimonio genetico dei genitori. Soltanto se subentrano mutazioni il patrimonio ereditario subisce variazioni. Ma gli organismi utilizzano anche una modalità riproduttiva che permette loro di variare geneticamente. Tale modalità è quella sessuata.La riproduzione sessuata è caratterizzata dalla presenza di due genitori, che contribuiscono con i propri cromosomi alla formazione del patrimonio genetico dei figli. Questo consente il

rimescolamento dei singoli patrimoni genetici e la produzione di discendenti diversi tra loro e dai loro genitori. Rispetto alla riproduzione asessuata, la riproduzionesessuata offre dunque una infinita gamma di variabilità Che aumenta le possibilità di sopravvivenza degli organismi al variare delle condizioni ambientali rinnovando continuamente il materiale genetico dell’organismo.I sistemi viventi che attuano la riproduzione sessuata devono necessariamente risolvere tre fondamentali problemi:• 1. produzione di cellule specializzate per compiere la riproduzione;• 2. incontro tra le cellule, che devono superare una serie di barriere ambientali • 3. fusione del materiale genetico che porterà alla formazione del nuovo individuo. Nella riproduzione sessuata due individui, costituiti spesso da un numero enorme di cellule, mettono a disposizione ciascuno una sola cellula specializzata per la riproduzione, il gamete. Per questo gli eucarioti più semplici quali gli unicellulario addirittura i procarioti non usano la riproduzione di tipo sessuato se non in casi particolari.Negli organismi animali le gonadi sono organi altamente specializzati, che producono i gameti (differenti a seconda che laprovenienza sia maschile o femminile ) grazie ad una particolare divisione cellulare chiamata meiosi. I gameti prodotti dai due sessi mostrano importanti differenziazioni : tutto il materiale diriserva necessario per le prime fasi dello sviluppo delnuovo individuo è contenuto nella cellula uovo (il gamete femminile) che assume grandi dimensioni e diviene poco mobile. Il gamete maschile (lo spermatozoo) invece è quasi del tutto privo disostanze di riserva e la sua mobilità è molto accentuata.Essi, fondendosi, permettono l’attuazione della riproduzione sessuata e formano uno zigotediploide, con corredo cromosomico completo, da cui si sviluppa il nuovo individuo. Infatti la meiosi porta dalla formazione dei gameti aploidi cioè con un corredo genetico pari alla metà di quello della cellula normale di quell’organismo per permettere, ala fusione dei 2 gameti ( fecondazione ) il ripristino del patrimonio di DNA.Le fasi della meiosi• La meiosi avviene secondo due fasi principali, dette rispettivamente prima e seconda divisione meiotica, o meiosi I II.

L’evento fondamentale della prima divisione meiotica è la ripartizione dei due cromosomi di ciascuna coppia di omologhi nelle due cellule figlie derivanti dalla cellula originaria: dunque, siottengono due cellule dotate ciascuna di un patrimonio genetico aploide, ovvero di un solo cromosoma per tipo.• Profase I• La cromatina si condensa e forma i cromosomi. Ciascun cromosoma appare a forma di X (stadio di tetrade), poiché è formato da due cromatidi fratelli. I cromatidi derivano da un processo di duplicazione del DNA; pertanto, ciascuno è geneticamente identico all’altro. In questa fase, possono avvenire scambi di frammenti dicromosoma tra i cromatidi dei due cromosomi omologhi ( ricordiamo che in ogni cellula umana sono presenti 46 cromosomi divisi in 23 coppie ognuna formata da cromosomi uguali od omologhi cioè che portano le stesse informazioni genetiche, uno ereditato dal padre e uno dalla madre ), fenomeno che prende il nome di crossing-over ( che porta ad un ulteriore rimescolamento genetico ).Poi tutto avviene come nella mitosi ad eccezione del fatto che prima della seconda divisione meiotica NON HO RADDOPPIAMENTO DEL DNA e quindi alla seconda divisione il patrimonio genetico è dimezzato.Cioè inizio con 23 coppie, 46 cromosomi formati ognuno da 2 cromatidi uguali, alla fine della prima divisione meiotica ho 2 cellule con ognuna 46 cromosomi ( 23 coppie di 2 cromosomi uguali ) formati da 1 solo cromatidio ( come nella mitosi ) mentre dopo la seconda divisione meiotica ho 4 cellule formate da 23 cromosomi formati da 1 solo cromatidio.

La natura molecolare dei geni

Sappiamo che la molecola di DNA si presenta come una doppia elica edv è formata da subunità chiamate nucleotidi Ogni nucleotide è composto da un gruppo fosfato che si lega tramite legame fosfodiesterico ad un nucleoside (una struttura composta da una base azotata ed una molecola di zucchero). Degradando il DNA si possono ottenere le sue componenti base, le basi azotate (adenina, citosina, guanina e timina), acido fosforico ed uno zucchero (il deossiribosio). Allo stesso modo sipuò risalire alle componenti dell’RNA (che differisce per l’uracile al posto della timina e per il ribosio al posto del deossiribosio).Watson e Crick immaginarono la struttura a doppia elica del DNA. Questa presenta gli zuccheri ed i

fosfati all’esterno e le basi all’interno. Inoltre, affinché l’elica risulti uniforme le coppie di basi sono sempre costituite da una purina ed una pirimidina.Per ogni passo dell’elica, che misura 3,4 nanometri, ci sono circa10 coppie di basi (appaiate troveremo adenina e timina legate da due ponti idrogeno, citosina e guanina legate da 3 ponti idrogeno.I due filamenti della molecola di DNA sono antiparalleli, ovvero uno presenta una polarità 5’→3’, l’altro 3’→5’, questi numeri corrispondono agli atomi di carbonio dello zucchero dove si aggancia il fosfato. In realtà la struttura proposta da Watson e Crick rappresenta la forma B del DNA; oltre a questa (che risulta essere la forma più abbondante presente in natura) possiamo avere la forma A in cui ilpiano su cui giacciono le coppie di basi è inclinato di 20° rispetto al piano orizzontale (inoltre ci sono circa 11 coppie di basi per giro rispetto alle 10 della forma B). Esiste anche una forma Z (che è la forma meno abbondante ritrovata finora), che si presenta come elica sinistrorsa, al contrario delle altre due forme (destrorse).Quando si scalda una soluzione di DNA, i legami idrogeno che tengono uniti i due filamenti si rompono portando il DNA a denaturazione. Oltre all’aumento di temperatura ci sono altri modi perdenaturare il DNA: bassa concentrazione ionica, elevato valore di pH o solventi organici. Una volta separati, i due filamenti possono essere riuniti (fenomeno dell’appaiamento), i fattori che influiscono suquesto fenomeno sono: temperatura, concentrazione e tempo.Con la scoperta della struttura del DNA di Watson e Crick iniziò aprendere corpo l’idea che l’informazione fosse trasportata fuori dal nucleo da un RNA messaggero. Il DNA, infatti, è troppo grandee troppo importante per la cellula da rischiarne l’integrità nell’ambiente citoplasmatico. È necessaria una molecola che trasporti l’informazione e che sia in grado di resistere agli enzimiCitoplasmatici: RNA messaggero.

Introduzione alla sintesi proteica: trascrizione e traduzione ( negli eucarioti )Il passaggio dell’informazione, dal DNA all’RNA, avviene tramite il fenomeno della trascrizione . Durante questa fase l’enzima RNA-polimerasi trascrive ’informazione seguendo le stesse regole dellareplicazione del DNA, ovvero segue il principio di

complementarietà delle basi, secondo il quale l’adenina si appaia con l’uracile e la citosina con la guanina. La trascrizione viene suddivisa in tre fasi:1. Inizio2. Allungamento3. Terminazione1. inizio: in cui l’enzima riconosce nel gene da trascrivere la regione del promotore, vi si lega ed induce una denaturazione localizzata ( cioè apre al doppia elica in quel punto ) e poi inizia a leggere e produrre RNA2. allungamento: in cui l’RNA aumenta di lunghezza in direzione 5’→3’ avanzando lungo il DNA denaturato, appena passa l’enzima i due filamenti si riavvolgono di nuovo. Viene copiato solo un filamento di DNA (la trascrizione è asimmetrica)3. terminazione: alla fine di ogni gene è presente una regione specializzata, il terminatore, che determina la fine della trascrizione indebolendo l’associazione tra RNA e stampo di DNA, in questo modo l’RNA si dissocia dalla polimerasi e dal DNA interrompendo la trascrizioneLa lettura dell’RNA, con conseguente sintesi della proteina, avviene nel citoplasma e coinvolge sia i ribosomi che un’altra molecola di RNA (il tRNA). Questo fenomeno, conosciuto con il nomeditraduzione, divisa anch’essa in 3 parti :1. Inizio2. Allungamento3. Terminazione1 inizio: sull’mRNA è presente sempre una tripletta di basi (codone) che svolge la funzione di inizio, solitamente la tripletta di inizio è la tripletta AUG ( adenina, uracile, guanina) che codifica per l’aminoacido metionina. 2 allungamento: in questa fase viene formata la catena polipeptidica aggiungendo amminoacidi al primo. La fase di allungamento inizia quando nel sito A del ribosoma si lega un tRNAo rna transfert (il legame è dovuto al fattore di allungamentoEF-T ed all’energia fornita dal GTP); tra i due amminoacidi si forma un legame peptidico grazie ad un enzima contenuto nella subunità maggiore del ribosoma, la peptidil-trasferasi. Infine si ha una traslocazione dell’mRNA (grazie al fattoredi allungamento EF-G ed ad altro GTP), che comporta lo scivolamento dell’mRNA sul ribosoma, esponendo la tripletta successiva, e l’espulsione del primo tRNA

3. terminazione: la fine della traduzione viene innescata da tre diversi codoni di stop (UAG, UAA ed UGA) che vengono riconosciuti da fattori di rilascio che provocano il distacco del ribosoma e delpolipeptide dal ribosoma.

I procarioti e la trascrizione ( questo leggilo e basta !!! )La RNA polimerasi, l’enzima che permette la trascrizione battericaè costituita 5 subunità : due grandi, di tipo beta e beta primo, una di tipo sigma e alfa, l; è poi presente una subunità omegadi cui ancora non si conosce la funzione. Il fattore sigma permette il passaggio da un complesso chiuso ad uno aperto : l’enzima denatura una parte del promotore e si lega saldamente ad esso ; dopo aver avviato l’inizio della trascrizionequesto fattore si dissocia dal core dell’enzima.Tutti i promotori procariotici presentano delle sequenze, chiamate box, che si trovano a monte dell’inizio della trascrizione,dove troviamo una sequenza tipica chiamata sequenzaconsensus (TATAAT e TTGACA).Inizio della trascrizione• L’inizio della trascrizione dei procarioti viene comunemente diviso in quattro stadi:• formazione del complesso chiuso• conversione a complesso aperto• polimerizzazione dei primi nucleotidi• distacco della polimerasi dal promotore Il fattore sigma determina il legame tra l’enzima ed il promotoremettendo la polimerasi in posizione tale da poter iniziare la trascrizioneOgni batterio è caratterizzato da un determinato fattore sigma differente dalle altre specie, nonostante, però, l’enorme varietà di tipologie, sono state individuate delle somiglianze, in terminidi sequenza amminoacidica, tra i vari fattori sigma; queste somiglianze convergono in quattro regioni, tutte coinvolte con il legame al core ed al DNA. Le quattro regioni di somiglianza sono:• Regione 1• Regione 2• Regione 3• Regione 4 Affinché sigma si riesca a legare al DNA è necessaria l’interazione di qualche elemento del core dell’enzima, in questa maniera la polimerasi può riconoscere i promotori e formare un complesso

aperto inducendo la denaturazione nel DNA; la porzione del core deputata a questo compito è β’, La polimerasi, quindi, è in grado di riconoscere l’elemento UP, che si trova a monte del promotore; questo riconoscimento è operato dalla subunità alfa del core della polimerasiLa trascrizione avviene mediante il normale processo di appaiamento di basi complementari. La sintesi dell’RNA avviene all’interno di una “bolla di trascrizione”, una regione in cui i due filamenti di DNA sono separati in maniera temporanea Un filamento è usato come stampo per la sintesi della catena di RNA: filamento o non-codificante;l’altro filamento di DNA ha la sequenza identica a quella della catena di RNA: filamento codificante.La catena di RNA è sintetizzata dall’estremità 5’ all’estremità 3’. Per la RNA polimerasi batterica, la velocità di sintesi è di circa 40 nucleotidi/sec.(questa velocità ci dà un’idea di quanto sia rapida lariproduzione batterica). Un meccanismo così veloce, però, è spessocausa di errori nella formazione del trascritto primario o della nuova molecola di DNA (in questo modo si ottengono le mutazioni)La RNA polimerasi crea la bolla di trascrizione quando si lega al promotore. All’interno della bolla, l’RNA è sintetizzato mediante appaiamento di basi con il filamento stampo del DNA.Quando la RNA polimerasi si sposta lungo il DNA, la bolla di trascrizione si sposta con l’enzima, la doppia elica di DNA si riforma alle sue spalle, spiazzando la catena di RNA. Nel processo, la catenadi RNA si allunga.La reazione tra l’enzima ed il promotore inizia con la formazione di un complesso chiuso binarioIl complesso chiuso è trasformato in un complesso aperto dalla “fusione” di una breve regione di DNA all’interno della sequenza legata dall’enzima (il fattore σ è coinvolto nella reazione). La serie di eventi che conduce alla formazione di un complesso apertoè chiamata legame stretto.Lo stadio successivo è l’incorporazione dei primi due nucleotidi, con la successiva formazione del legame fosfodiesterico. Questo genera un complesso ternario, che contiene DNA, RNA ed enzima. Altri nucleotidi possono essere aggiunti senza che l’enzima si muova, fino a generare una catena di RNA di 9 basi. Poi l’enzima cammina lunga l’elica da copiare e si ha l’allungamento del RNA messaggero

n° Lezione: 23 Titolo: Gli operoni: la regolazione nei procarioti Tra i geni esiste una gerarchia: • geni strutturali attraverso l’mRNA producono le catene di amminoacidi • geni operatori controllano l’attività dei geni strutturali con cui sono a contatto • geni regolatori, controllano i geni operatori senza averci un contatto diretto L’operone è un gruppo di geni (di un procariote) associati, funzionalmente correlati, in cui i prodotti proteici sono tradottida un singolo messaggero la cui formazione è sotto il controllo diun sito operatore associato. In pratica un operone è un insieme di geni che viene letto e codificato da una stessa polimerasi che agisce sotto il controllo del prodotto di un gene regolatore che si trova sullo stesso segmento genico. • Gli operoni che prenderemo in considerazione sono: • Operone lac • Operone trp L’operone lac è stato il primo operone ad essere scoperto, contiene tre geni che permettono al batterio Escherichia coli di utilizzare il lattosio. Gli enzimi prodotti grazie ai geni dell’operone lac sono: • Galattoside permeasi, che trasporta il lattosio all’interno della cellula (codificato dal gene lac Y) • ß–galattosidasi, che scinde il lattosio in galattosio e glucosiorompendo un legame ß – galattosidico (codificato dal gene lac Z) Galattoside transacetilasi, il cui ruolo non è ancora chiaro (codificato dal gene lacA) Questi tre enzimi sono codificati da tre geni che vengono trascritti tutti insieme producendo un messaggio policistronico = un messaggio proveniente da più geni partendo da un unico promotore. Sull’operone lac intervengono due tipi di controllo: un controllo negativo (dato dalla proteina repressore lac, che mantiene represso l’operone se manca il lattosio) ed uno positivo (costituito dall’attivatore, che stimola l’attivazione dell’operone quando cala il livello di glucosio). Il repressore lac, che è codificato dal gene regolatore lacI, è untetrametro che si lega a destra del promotore, in una zona definita operatore, impedendo alla polimerasi di leggersi e

trascrivere. Il repressore è una proteina allosterica ovvero un particolare tipo di proteina che quando si lega ad una particolaremolecola (l’induttore) modifica un determinato sito alterando l’interazione della proteina con un’altra molecola. Proprio per permettere la formazione dell’allolattosio dal lattosio la repressione non è mai completa. Dopo la rimozione del repressore la RNA polimerasi è libera di trascrivere i tre geni lac. In realtà il repressore non impedisce il legame della polimerasi al DNA, ma il repressore blocca il passaggio del complesso di trascrizione dallo stato iniziale a quello di allungamento mantenendolo fisso sul promotore ed impedendogli di spostarsi. Quest’ultima teoria è avvalorata dal fatto che in realtà non esiste un solo operatore, ve ne sono tre: uno principale (che si trova vicino al sito di inizio della trascrizione) e due ausiliari(posti a monte ed a valle), questi ultimi sono fondamentali nell’attività di repressione, infatti quando sono presenti tutti etre la trascrizione è repressa di 1300 volte,se c’è solo l’operatore principale la trascrizione viene repressa solo di 18 volte.

Il controllo positivo dell’operone lacIl controllo positivo è conosciuto anche con il nome di repressione da catabolita, perché viene attivato da un catabolita del glucosio, un nucleotide chiamato cAMP (si legge AMP ciclico), questo aumenta quando diminuisce la concentrazione del glucosio. Il cAMP attiva l’espressione dei geni dell’operone operando in un complesso in cui è presente anche un fattore proteico chiamato CAP(o CRP). CAP e cAMP si legano in un sito specifico, il sito di legame per l’attivatore, che si trova a monte del promotore ed inducono la formazione di un complesso aperto. I siti di legame contengono la sequenza TGTGA, che viene sempre conservata. Il complesso CAP cAMP richiama la polimerasi sul promotore. L’operone possiede anche un promotore alternativo (chiamato P2) a monte di quello principale; il complesso CAP cAMP riduce la trascrizione da P2 promuovendo quella dal promotore principale cherisulta essere più efficiente, in modo da dare una maggiore trascrizione dell’operone. Si pensa che CAP faciliti il legame della polimerasi con il promotore perché entra in contatto con l’enzima dopo il loro legame con il DNA, per questo si legano in maniera cooperativa. Infatti i loro siti di legame sono abbastanza vicini da poter favorire l’interazione tra i due elementi quando vi si

legano. Da notare è che quando il complesso CAP cAMP lega il DNA, lo piega; questo piegamento sembra essenziale affinché ci sia un’interazione ottimale tra complesso e DNA.

L’operone trp L’operone trp è presente in E. coli, dove codifica gli enzimi che il batterio usa per sintetizzare l’aminoacido triptofano. Anche in questo caso abbiamo un controllo negativo da parte di un repressore, ma esiste anche un ulteriore controllo che viene definito attenuazione. Questo operone è costituito da cinque geni, che codificano gli enzimi che il batterio usa per convertire l’acido corismico in triptofano, un operatore ed un promotore che lo contiene. Quando la concentrazione di triptofano si alza l’operone si spegne; infatti in assenza del triptofano la cellula mantiene inattiva la proteina aporepressore, quando questa si lega all’amminoacido si modifica costituendo il repressore (per questo il triptofano viene definito corepressore) che va a reprimere l’operone. La repressione è un meccanismo fondamentale per permettere alla cellula di risparmiare energia, è inutile, infatti, produrre triptofano se la cellula non ne ha bisogno. Oltre a questo tipo di controllo, l’operone triptofano presenta anche il fenomeno dell’attenuazione, dovuto al fatto che la repressione è molto debole e deve essere ulteriormente attenuata. In questo operone esistono due loci che codificano due polipeptidi, un trp guida ed un trp attenuatore, che si trovano tra operatore ed il primo gene trp. Questi due peptidi indeboliscono la trascrizione dell’operone; l’attenuatore provoca una terminazione prematura della trascrizione, questo perché contiene un segnale di stop che causa una destabilizzazione del legame tra DNA e filamento copia. Nella regione guida sono presenti due codoni consecutivi che codificano per il triptofano; inoltre nei batteri la traduzione è quasi contemporanea alla trascrizione, quindi se inizia la traduzione in condizioni con scarsa disponibilità di triptofano questa si arresterà su uno dei due codoni influenzando il ripiegamento dell’RNA impedendo la formazione del segnale di terminazione che è causa di attenuazione e quindi l’operone rimaneattivo. L’mRNA policistronico dell’operone viene tradotto lo stesso perchéognuno dei geni presenta un codone d’inizio, quindi la traduzione

della regione guida di trp non influenza la traduzione dei geni trp. Se, invece, la traduzione avviene con abbondanza di triptofano il ribosoma legge completamente la sequenza guida e produce il segnale di terminazione che blocca la trascrizione. In B. subtilis abbiamo un meccanismo differente per eliminare l’attenuazione dell’operone. Questo batterio presenta la proteina TRAP che lega il triptofano attivandosi in maniera da legarsi all’RNA guida per formare un terminatore; quando TRAP non è presente, la regione guida produce un antiterminatore che annulla l’attenuazione. Oltre al TRAP, in B. subtilis è presente anche unaproteina anti-TRAP, il gene che la codifica produce un RNA guida che può formare un terminatore od un antiterminatore a seconda della concentrazione del triptofano.

n° Lezione: 24 Titolo: LA TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI: MODIFICAZIONI La trascrizione dei procarioti: modificazioni I procarioti sono organismi cellulari, come tutte le cellule anchequelle procariote possono essere soggette all’attacco da parte di un virus. I virus che infettano i procarioti sono un gruppo particolare che presenta una determinata morfologia ed un ciclo riproduttivo sincronizzato con la vita della cellula batterica. Questi virus vengono comunemente chiamati batteriofagi (dal greco = mangiatori di batteri), anche se generalmente questo nome viene abbreviato a fago. Durante un’infezione fagica cessa la trascrizione del DNA batterico a favore di quello fagico; queste modificazioni riguardano principalmente la RNA polimerasi. La parte che viene interessata in questa modificazione è il fattore sigma.L’intera polimerasi del batterio controlla la trascrizione dei geni precoci del fago, che presenta una subunità d che impedisce il legame della polimerasi a regioni che non siano il promotore (funzione che in E. coli viene svolta dal fattore sigma). Tra i trascritti precoci va ricordato gp28, questo si associa alla polimerasi cambiandone la specificità ed iniziando la trascrizionedei geni intermedi del fago. Con un meccanismo analogo si passa alla trascrizione dei geni tardivi, si uniscono al core dell’enzima due polipeptidi, gp33 e gp34, che sostituiscono gp28 ed inducono la trascrizione dei geni tardivi. Tutti questi fattorisvolgono una funzione analoga al fattore sigma, si legano al core dell’enzima, presentano pesi molecolari diversi e si legano a promotori differenti.

Un meccanismo d’azione simile si trova durante il processo di sporulazione di B. subtilis, ovvero il processo con cui questo batterio forma le endospore. Durante questo fenomeno le cellule del batterio avviano un processo di cambiamento del fattore sigma che spegne la trascrizione di alcuni geni, necessari allo stato vegetativo, ed accende quelli specifici per la sporulazione; questo meccanismo non è assoluto, alcuni geni rimangono attivi in tutte e due le fasi. In questo processo sono coinvolti almeno tre fattori sigma, oltre a quello vegetativo, ed ognuno riconosce una diversa classe di promotori. Da studi sui fattori sigma alternativi si è potuti arrivare alla conclusione che i batteri reagiscono ai cambiamenti ambientali tramite cambiamenti nella trascrizione mediati da transizioni nei fattori sigma. Quando una cellula affronta un incremento di temperatura reagisce attivando i geni ,e quindi la loro trascrizione, della risposta allo shock termico; questi codificano delle proteine, gli chaperoni molecolari, che agiscono sulle altre proteine aiutandolea raggiungere una conformazione spaziale efficiente nonostante le temperature; inoltre vengono trascritte delle proteasi che degradano le proteine irrecuperabili.In E. coli, a seguito di un incremento di temperatura, viene subito interrotta la normale trascrizione a favore dell’espressione degli chaperoni e delle proteasi; il passaggio dauna trascrizione all’altra è regolato dal gene rpoH, questo codifica un fattore sigma alternativo che trascrive i geni dello shock termico e che si stabilizza alle elevate temperature (questoperché le proteine che impediscono il suo sviluppo si denaturano con il calore e perché l’elevata temperatura determina una modificazione dell’mRNA rendendo la regione che codifica rpoH più accessibile ai ribosomi).

Il fago . I fagi possono presentare due tipologie, da un lato abbiamo i fagivirulenti, come SPO1, T4 e T7, dall’altro ci sono i fagi temperati, ovvero quei fagi che non inducono la lisi cellulare; i fagi temperati attuano una riproduzione chiamata via lisogenica, in cui il fago influenza la codificazione di una proteina, il repressore CI, che si lega a due operatori inibendo la trascrizione ad eccezione di quella per il repressore, a questo punto il DNA fagico si integra con quello batterico formando un profago.

Tra i fagi temperati va ricordato il fago lambda di E. coli; questo presenta un ciclo riproduttivo sia litico che lisogenico; quello litico è divisibile in tre fasi di trascrizione: precoce immediata, precoce ritardata e tardiva. Il suo DNA si presenta in forma lineare nel fago, ma, non appena inizia l’infezione, si circolarizza nell’ospite grazie a basi dette adesive presenti alleestremità e denominate cos. Oltre alle transizioni trascrizionali già studiate, possiede anche un passaggio peculiare, l’antiterminazione. La polimerasi batterica trascrive i geni precoci immediati, tra questi cro ed N sono situati a valle dei promotori, in questa fasenon vi sono repressori legati agli operatori (OR ed OL) e la trascrizione procede liberamente. Il prodotto di cro è un repressore, cI, che blocca la trascrizione del repressore di lambda., impedendo la sintesi del repressore e lasciando seguire il ciclo litico; il prodotto di N è l’antiterminatore, questo permette di ignorare i terminatori che si trovano alle estremità dei geni precoci immediati continuando la trascrizione che entra nella faseprecoce ritardata (questo passaggio non richiede un nuovo fattore sigma od una polimerasi diversa). I geni precoci ritardati sono importanti per proseguire il ciclo litico; oltre ai geni presi in considerazione vanno ricordati O e P, che producono proteine per la replicazione del DNA fagico, ed il gene Q, un altro antiterminatore, dopo il quale è situato un promotore tardivo che avvia la trascrizione dei geni tardivi. Il gene N è situato tra un promotore, che governa la trascrizione verso sinistra, ed un operatore, da cui inizia la trascrizione verso sinistra. In mancanza dell’antiterminatore N la polimerasi trascrive il gene N prima di staccarsi dal DNA e rilasciando l’mRNA; in questo modo compare l’antiterminatore N che si lega al trascritto del sito di N (chiamato sito nut) ed interagisce con l’RNA polimerasi, grazie ad una proteina chiamata NusA, alterandola per fargli ignorare il terminatore, grazie ad altre proteine (NusB, NusG ed S10) il legame dell’antiterminatore con lapolimerasi viene stabilizzato per permettergli di raggiungere il terminatore. Questo tipo di antiterminazione viene definita processiva in quanto i fattori di antiterminazione rimangono associati alla polimerasi. N si lega all’RNA che si ripiega in modo da rallentare la ripiegatura stessa e facilitando la formazione di un’ansa che intrappola il complesso in maniera da obbligarlo a terminare,

inoltre questo legame non è legato ad una diminuzione del legame al core della polimerasi (cosa che invece è stimolata dal legame tra RNA e NusA), questo accade anche quando sono legati sia N che NusA. Si scopri anche che la connessione tra l’ansa dell’RNA e la subunità ß della polimerasi era dovuto ad una particolare regione di ß chiamata elica flap-tip, un’alfa elica fondamentale per l’attività di NusA; l’interazione tra ansa, che induce l’arresto dell’enzima, e l’elica flap-tip causa un cambiamento conformazionale che rallenta l’allungamento fino a fermare la polimerasi, probabilmente NusA facilita questo processo. Il controllo della terminazione tardiva è legato anche allo stessomeccanismo di terminazione, esiste un sito d’utilizzazione di Q che si sovrappone al promotore e su cui si trova anche un sito di pausa per la polimerasi a cui si lega il prodotto di Q; quando è presente Q questo si lega alla polimerasi e la induce a continuarela trascrizione ignorando il terminatore ed impedendo la formazione dell’ansa posteriore alla polimerasi, in questo modo viene ignorata la terminazione. Si può quindi affermare che il prodotto di Q causa antiterminazione, e che NusA rende questo processo più efficiente. Il ciclo lisogenico di lambdaOltre al ciclo litico si può andare incontro ad un altro tipo di fenomeno, la lisogenia; questa si stabilisce grazie ai geni precoci ritardati, sia perché producono proteine che aiutano l’integrazione del DNA fagico, sia perché alcuni geni (cII e cIII)favoriscono la trascrizione e la traduzione del repressore dal gene cI. I promotori che controllano questo gene sono due, uno peril mantenimento del repressore (che viene utilizzato durante la lisogenia per mantenerla), chiamato PRM, che richiede la presenza del repressore stesso per produrre altro repressore. L’altro promotore, il PRE, viene utilizzato per lo stabilimento del repressore, questo permette l’espressione di cI prima che sia disponibile il repressore. Sul filamento, PRE è localizzato a destra dell’altro promotore e di cro e dirige la trascrizione verso sinistra; il senso naturale della trascrizione è verso destra quindi la trascrizione di cro operata da PRE è antisenso, mentre quella di cI è di senso. Quindila trascrizione di cI può dare un repressore, al contrario di cro;infatti il trascritto di cro si lega al suo mRNA interferendo con la sua traduzione promuovendo la lisogenia. CII (il prodotto di cII), inoltre, può stimolare il legame della polimerasi sia a PRE che ad un altro promotore, chiamato PI, un

promotore che stimola la trascrizione del gene int, coinvolto nell’integrazione del DNA fagico in quello batterico. Il prodotto di cIII ritarda l’eliminazione di CII da parte delle proteasi, in questo modo viene favorito il mantenimento della lisogenia. Non appena viene sintetizzato, il repressore ., si lega ai suoi operatori interrompendo la trascrizione precoce; in questo modo siinterrompe la produzione di Cro, il prodotto di cro, che contrastail repressore; inoltre il repressore stimola la sua sintesi attivando PRM. Dei due operatori, che sono entrambi costituiti da tre parti, OR èil più interessante, in quanto controlla la trascrizione verso sinistra di cI. I tre siti di legame di OR per il repressore agiscono in maniera diversa. Infatti i primi due sono di tipo cooperativo (ovvero il legame col primo facilita quello col secondo), al contrario del terzo. Il repressore è un dimero in cuiogni parte presenta due domini, uno che lega il DNA e l’altro permette l’interazione repressore-repressore per il legame cooperativo. Quando tutte e due le subunità sono legate agli operatori viene bloccata la trascrizione di cII e cIII; nonostanteil consequenziale calo dei prodotti è sufficiente che il terzo sito di legame di OR sia libero affinché si possa trascrivere cI Quando si raggiunge una concentrazione eccessiva di repressore viene coperto anche il terzo sito e cessa la trascrizione, ma questo porta, a lungo andare, ad una diminuzione dei livelli di repressore (non più trascritto) che si dissocerebbe dal terzo sito; in questo modo potrebbe ricominciare la trascrizione. Questoprocesso potrebbe essere dato dalla formazione di un’ansa tra i due operatori che favorisce il legame di un altro repressore portando così alla repressione della trascrizione. Studi effettuati da vari ricercatori dimostrarono che il punto fondamentale dell’interazione tra repressore ed RNA polimerasi si trova nella regione 4 del fattore sigma; questo permette l’interazione tra fattore e repressore richiamando la polimerasi, in questo modo il repressore funziona da attivatore della trascrizione a partire da PRM e stimola la conversione del complesso chiuso in complesso aperto. Il destino di una cellula batterica è dato da quali prodotti genici prevalgono durante l’attacco virale, se a prevalere sono i prodotti di cI allora ci sarà lisogenia, se invece prevalgono i prodotti di cro, l’infezione sarà litica. Infatti se da cI viene prodotto molto repressore, questo impedirà l’espressione dei geni tardivi che causano l’infezione litica; se invece viene prodotto abbastanza Cro, verrà impedita la trascrizione di cI e verrà

bloccata la lisogenia. A determinare quale prodotto prevale, sembra essere CII; infatti più sono elevate le concentrazioni di CII più è probabile che si instauri la lisogenia. Ma CII viene regolato da CIII, questo può venir sopraffatto dall’abbondanza di nutrienti che servono per la produzione di proteasi, quindi in ultima analisi è l’abbondanza di nutrienti a causare la via litica. Ma la lisi può essere indotta in un batterio lisogeno grazie al prodotto di recA, questo stimola il distacco del repressore, in questo modo la lisogenia viene interrotta ed inizia la replicazione litica. I cromosomi I cromosomi sono strutture permanenti della cellula. Il loro costituente essenziale è rappresentato dalla fibra cromatinica. Attraverso la mitosi le cellule figlie ricevono in dotazione lo stesso numero di cromosomi, la cui struttura, durante il ciclo cellulare, cambia in accordo col grado di spiralizzazione della fibra nucleoproteica. Non essendo sempre presenti nella cellula, bisogna fare attenzioneal momento in cui si prepara una cellula per osservarne il cariotipo (l’insieme dei cromosomi). Il cromosoma metafasico ha una lunghezza variabile a seconda delle informazioni contenute nel cromosoma. Ogni cromosoma è costituito da 2 cromatidi separati da un’area chiara e uniti a livello del centromero, detto anche cinetocore o costrizione primaria. Rispetto a un piano passante per il cinetocore e parallelo ai cromatidi, il cromosoma ha una struttura simmetrica. Ogni cromosoma ha la forma di un bastoncino Le caratteristiche dei cromosomi di un tessuto qualsiasi vengono stabilite in base a determinati criteri morfologici: Indice centromerico, che consiste in un valore numerico dato dal rapporto tra la lunghezza del braccio corto e lunghezza totale delcromosoma Costrizioni secondarie, spesso presenti, sono delle strozzature posizionate a livelli diversi rispetto al centromero Telomeri, sono le porzioni terminali dei cromosomi, contengono cromatina che non codifica per alcuna proteina Satelliti, sono porzioni dei cromosomi delimitate dalle costrizioni secondarie Il diametro di un cromosoma, è ben visibile anche al microscopio ottico. La struttura originaria costituita dalla cromatina raggruppata a formare il filamento 30nm è ulteriormente ripiegata varie volte su se stessa anche in senso trasversale al cromosoma.

Seguendo l’ipotesi della fibrilla elicoidale si ammette che, all’interno di un cromosoma, la fibrilla di DNA-proteine, la fibrilla elementare, formi una matassa più o meno regolare, ripiegandosi varie volte in lunghezza e larghezza, fino a costituire un grossolano filamento di notevoli dimensioni che, ripiegato ad elica, forma l’asse del cromosoma. Questo modello detto a fibrilla elicoidale si basa su osservazionieffettuate con microscopi molto potenti che hanno permesso di dimostrare che un cromosoma risulta composto da una fibrilla, intrecciata su se stessa in maniera complessa. Questa fibrilla forma pacchetti di diametro sempre maggiore fino a costituire strutture visibili anche al microscopio ottico.

Riproduzione cellulare• Per la conservazione della specie è sufficiente una qualunque modalità asessuata di riproduzione. Con la riproduzione asessuata ( cioè senza scambio di informazione genetica ) però, i figli ricevono esattamente lo stesso patrimonio genetico dei genitori. Soltanto se subentrano mutazioni il patrimonio ereditario subisce variazioni. Ma gli organismi utilizzano anche una modalità riproduttiva che permette loro di variare geneticamente. Tale modalità è quella sessuata.La riproduzione sessuata è caratterizzata dalla presenza di due genitori, che contribuiscono con i propri cromosomi alla formazione del patrimonio genetico dei figli. Questo consente il rimescolamento dei singoli patrimoni genetici e la produzione di discendenti diversi tra loro e dai loro genitori. Rispetto alla riproduzione asessuata, la riproduzionesessuata offre dunque una infinita gamma di variabilità Che aumenta le possibilità di sopravvivenza degli organismi al variare delle condizioni ambientali rinnovando continuamente il materiale genetico dell’organismo.I sistemi viventi che attuano la riproduzione sessuata devono necessariamente risolvere tre fondamentali problemi:• 1. produzione di cellule specializzate per compiere la riproduzione;• 2. incontro tra le cellule, che devono superare una serie di barriere ambientali • 3. fusione del materiale genetico che porterà alla formazione del nuovo individuo. Nella riproduzione sessuata due individui, costituiti spesso da un numero enorme di cellule, mettono a disposizione ciascuno una sola cellula specializzata per la riproduzione, il gamete.

Per questo gli eucarioti più semplici quali gli unicellulario addirittura i procarioti non usano la riproduzione di tipo sessuato se non in casi particolari.Negli organismi animali le gonadi sono organi altamente specializzati, che producono i gameti (differenti a seconda che laprovenienza sia maschile o femminile ) grazie ad una particolare divisione cellulare chiamata meiosi. I gameti prodotti dai due sessi mostrano importanti differenziazioni : tutto il materiale diriserva necessario per le prime fasi dello sviluppo delnuovo individuo è contenuto nella cellula uovo (il gamete femminile) che assume grandi dimensioni e diviene poco mobile. Il gamete maschile (lo spermatozoo) invece è quasi del tutto privo disostanze di riserva e la sua mobilità è molto accentuata.Essi, fondendosi, permettono l’attuazione della riproduzione sessuata e formano uno zigotediploide, con corredo cromosomico completo, da cui si sviluppa il nuovo individuo. Infatti la meiosi porta dalla formazione dei gameti aploidi cioè con un corredo genetico pari alla metà di quello della cellula normale di quell’organismo per permettere, ala fusione dei 2 gameti ( fecondazione ) il ripristino del patrimonio di DNA.Le fasi della meiosi• La meiosi avviene secondo due fasi principali, dette rispettivamente prima e seconda divisione meiotica, o meiosi I II.L’evento fondamentale della prima divisione meiotica è la ripartizione dei due cromosomi di ciascuna coppia di omologhi nelle due cellule figlie derivanti dalla cellula originaria: dunque, siottengono due cellule dotate ciascuna di un patrimonio genetico aploide, ovvero di un solo cromosoma per tipo.• Profase I• La cromatina si condensa e forma i cromosomi. Ciascun cromosoma appare a forma di X (stadio di tetrade), poiché è formato da due cromatidi fratelli. I cromatidi derivano da un processo di duplicazione del DNA; pertanto, ciascuno è geneticamente identico all’altro. In questa fase, possono avvenire scambi di frammenti dicromosoma tra i cromatidi dei due cromosomi omologhi ( ricordiamo che in ogni cellula umana sono presenti 46 cromosomi divisi in 23 coppie ognuna formata da cromosomi uguali od omologhi cioè che portano le stesse informazioni genetiche, uno ereditato dal padre e uno dalla madre ), fenomeno che prende il nome di crossing-over ( che porta ad un ulteriore rimescolamento genetico ).

Poi tutto avviene come nella mitosi ad eccezione del fatto che prima della seconda divisione meiotica NON HO RADDOPPIAMENTO DEL DNA e quindi alla seconda divisione il patrimonio genetico è dimezzato.Cioè inizio con 23 coppie, 46 cromosomi formati ognuno da 2 cromatidi uguali, alla fine della prima divisione meiotica ho 2 cellule con ognuna 46 cromosomi ( 23 coppie di 2 cromosomi uguali ) formati da 1 solo cromatidio ( come nella mitosi ) mentre dopo la seconda divisione meiotica ho 4 cellule formate da 23 cromosomi formati da 1 solo cromatidio.

La natura molecolare dei geni

Sappiamo che la molecola di DNA si presenta come una doppia elica edv è formata da subunità chiamate nucleotidi Ogni nucleotide è composto da un gruppo fosfato che si lega tramite legame fosfodiesterico ad un nucleoside (una struttura composta da una base azotata ed una molecola di zucchero). Degradando il DNA si possono ottenere le sue componenti base, le basi azotate (adenina, citosina, guanina e timina), acido fosforico ed uno zucchero (il deossiribosio). Allo stesso modo sipuò risalire alle componenti dell’RNA (che differisce per l’uracile al posto della timina e per il ribosio al posto del deossiribosio).Watson e Crick immaginarono la struttura a doppia elica del DNA. Questa presenta gli zuccheri ed ifosfati all’esterno e le basi all’interno. Inoltre, affinché l’elica risulti uniforme le coppie di basi sono sempre costituite da una purina ed una pirimidina.Per ogni passo dell’elica, che misura 3,4 nanometri, ci sono circa10 coppie di basi (appaiate troveremo adenina e timina legate da due ponti idrogeno, citosina e guanina legate da 3 ponti idrogeno.I due filamenti della molecola di DNA sono antiparalleli, ovvero uno presenta una polarità 5’→3’, l’altro 3’→5’, questi numeri corrispondono agli atomi di carbonio dello zucchero dove si aggancia il fosfato. In realtà la struttura proposta da Watson e Crick rappresenta la forma B del DNA; oltre a questa (che risulta essere la forma più abbondante presente in natura) possiamo avere la forma A in cui ilpiano su cui giacciono le coppie di basi è inclinato di 20° rispetto al piano orizzontale (inoltre ci sono circa 11 coppie di basi per giro rispetto alle 10 della forma B). Esiste anche una forma Z (che è la forma meno abbondante ritrovata finora), che si

presenta come elica sinistrorsa, al contrario delle altre due forme (destrorse).Quando si scalda una soluzione di DNA, i legami idrogeno che tengono uniti i due filamenti si rompono portando il DNA a denaturazione. Oltre all’aumento di temperatura ci sono altri modi perdenaturare il DNA: bassa concentrazione ionica, elevato valore di pH o solventi organici. Una volta separati, i due filamenti possono essere riuniti (fenomeno dell’appaiamento), i fattori che influiscono suquesto fenomeno sono: temperatura, concentrazione e tempo.Con la scoperta della struttura del DNA di Watson e Crick iniziò aprendere corpo l’idea che l’informazione fosse trasportata fuori dal nucleo da un RNA messaggero. Il DNA, infatti, è troppo grandee troppo importante per la cellula da rischiarne l’integrità nell’ambiente citoplasmatico. È necessaria una molecola che trasporti l’informazione e che sia in grado di resistere agli enzimiCitoplasmatici: RNA messaggero.

Introduzione alla sintesi proteica: trascrizione e traduzione ( negli eucarioti )Il passaggio dell’informazione, dal DNA all’RNA, avviene tramite il fenomeno della trascrizione . Durante questa fase l’enzima RNA-polimerasi trascrive ’informazione seguendo le stesse regole dellareplicazione del DNA, ovvero segue il principio di complementarietà delle basi, secondo il quale l’adenina si appaia con l’uracile e la citosina con la guanina. La trascrizione viene suddivisa in tre fasi:1. Inizio2. Allungamento3. Terminazione1. inizio: in cui l’enzima riconosce nel gene da trascrivere la regione del promotore, vi si lega ed induce una denaturazione localizzata ( cioè apre al doppia elica in quel punto ) e poi inizia a leggere e produrre RNA2. allungamento: in cui l’RNA aumenta di lunghezza in direzione 5’→3’ avanzando lungo il DNA denaturato, appena passa l’enzima i due filamenti si riavvolgono di nuovo. Viene copiato solo un filamento di DNA (la trascrizione è asimmetrica)3. terminazione: alla fine di ogni gene è presente una regione specializzata, il terminatore, che determina la fine della trascrizione indebolendo l’associazione tra RNA e stampo di DNA,

in questo modo l’RNA si dissocia dalla polimerasi e dal DNA interrompendo la trascrizioneLa lettura dell’RNA, con conseguente sintesi della proteina, avviene nel citoplasma e coinvolge sia i ribosomi che un’altra molecola di RNA (il tRNA). Questo fenomeno, conosciuto con il nomeditraduzione, divisa anch’essa in 3 parti :1. Inizio2. Allungamento3. Terminazione1 inizio: sull’mRNA è presente sempre una tripletta di basi (codone) che svolge la funzione di inizio, solitamente la tripletta di inizio è la tripletta AUG ( adenina, uracile, guanina) che codifica per l’aminoacido metionina. 2 allungamento: in questa fase viene formata la catena polipeptidica aggiungendo amminoacidi al primo. La fase di allungamento inizia quando nel sito A del ribosoma si lega un tRNAo rna transfert (il legame è dovuto al fattore di allungamentoEF-T ed all’energia fornita dal GTP); tra i due amminoacidi si forma un legame peptidico grazie ad un enzima contenuto nella subunità maggiore del ribosoma, la peptidil-trasferasi. Infine si ha una traslocazione dell’mRNA (grazie al fattoredi allungamento EF-G ed ad altro GTP), che comporta lo scivolamento dell’mRNA sul ribosoma, esponendo la tripletta successiva, e l’espulsione del primo tRNA 3. terminazione: la fine della traduzione viene innescata da tre diversi codoni di stop (UAG, UAA ed UGA) che vengono riconosciuti da fattori di rilascio che provocano il distacco del ribosoma e delpolipeptide dal ribosoma.

I procarioti e la trascrizione ( questo leggilo e basta !!! )La RNA polimerasi, l’enzima che permette la trascrizione battericaè costituita 5 subunità : due grandi, di tipo beta e beta primo, una di tipo sigma e alfa, l; è poi presente una subunità omegadi cui ancora non si conosce la funzione. Il fattore sigma permette il passaggio da un complesso chiuso ad uno aperto : l’enzima denatura una parte del promotore e si lega saldamente ad esso ; dopo aver avviato l’inizio della trascrizionequesto fattore si dissocia dal core dell’enzima.Tutti i promotori procariotici presentano delle sequenze, chiamate box, che si trovano a monte dell’inizio della trascrizione,dove troviamo una sequenza tipica chiamata sequenza

consensus (TATAAT e TTGACA).Inizio della trascrizione• L’inizio della trascrizione dei procarioti viene comunemente diviso in quattro stadi:• formazione del complesso chiuso• conversione a complesso aperto• polimerizzazione dei primi nucleotidi• distacco della polimerasi dal promotore Il fattore sigma determina il legame tra l’enzima ed il promotoremettendo la polimerasi in posizione tale da poter iniziare la trascrizioneOgni batterio è caratterizzato da un determinato fattore sigma differente dalle altre specie, nonostante, però, l’enorme varietà di tipologie, sono state individuate delle somiglianze, in terminidi sequenza amminoacidica, tra i vari fattori sigma; queste somiglianze convergono in quattro regioni, tutte coinvolte con il legame al core ed al DNA. Le quattro regioni di somiglianza sono:• Regione 1• Regione 2• Regione 3• Regione 4 Affinché sigma si riesca a legare al DNA è necessaria l’interazione di qualche elemento del core dell’enzima, in questa maniera la polimerasi può riconoscere i promotori e formare un complessoaperto inducendo la denaturazione nel DNA; la porzione del core deputata a questo compito è β’, La polimerasi, quindi, è in grado di riconoscere l’elemento UP, che si trova a monte del promotore; questo riconoscimento è operato dalla subunità alfa del core della polimerasiLa trascrizione avviene mediante il normale processo di appaiamento di basi complementari. La sintesi dell’RNA avviene all’interno di una “bolla di trascrizione”, una regione in cui i due filamenti di DNA sono separati in maniera temporanea Un filamento è usato come stampo per la sintesi della catena di RNA: filamento o non-codificante;l’altro filamento di DNA ha la sequenza identica a quella della catena di RNA: filamento codificante.La catena di RNA è sintetizzata dall’estremità 5’ all’estremità 3’. Per la RNA polimerasi batterica, la velocità di sintesi è di circa 40 nucleotidi/sec.(questa velocità ci dà un’idea di quanto sia rapida la

riproduzione batterica). Un meccanismo così veloce, però, è spessocausa di errori nella formazione del trascritto primario o della nuova molecola di DNA (in questo modo si ottengono le mutazioni)La RNA polimerasi crea la bolla di trascrizione quando si lega al promotore. All’interno della bolla, l’RNA è sintetizzato mediante appaiamento di basi con il filamento stampo del DNA.Quando la RNA polimerasi si sposta lungo il DNA, la bolla di trascrizione si sposta con l’enzima, la doppia elica di DNA si riforma alle sue spalle, spiazzando la catena di RNA. Nel processo, la catenadi RNA si allunga.La reazione tra l’enzima ed il promotore inizia con la formazione di un complesso chiuso binarioIl complesso chiuso è trasformato in un complesso aperto dalla “fusione” di una breve regione di DNA all’interno della sequenza legata dall’enzima (il fattore σ è coinvolto nella reazione). La serie di eventi che conduce alla formazione di un complesso apertoè chiamata legame stretto.Lo stadio successivo è l’incorporazione dei primi due nucleotidi, con la successiva formazione del legame fosfodiesterico. Questo genera un complesso ternario, che contiene DNA, RNA ed enzima. Altri nucleotidi possono essere aggiunti senza che l’enzima si muova, fino a generare una catena di RNA di 9 basi. Poi l’enzima cammina lunga l’elica da copiare e si ha l’allungamento del RNA messaggero

n° Lezione: 23 Titolo: Gli operoni: la regolazione nei procarioti Tra i geni esiste una gerarchia: • geni strutturali attraverso l’mRNA producono le catene di amminoacidi • geni operatori controllano l’attività dei geni strutturali con cui sono a contatto • geni regolatori, controllano i geni operatori senza averci un contatto diretto L’operone è un gruppo di geni (di un procariote) associati, funzionalmente correlati, in cui i prodotti proteici sono tradottida un singolo messaggero la cui formazione è sotto il controllo diun sito operatore associato. In pratica un operone è un insieme di geni che viene letto e codificato da una stessa polimerasi che agisce sotto il controllo del prodotto di un gene regolatore che si trova sullo stesso segmento genico.

• Gli operoni che prenderemo in considerazione sono: • Operone lac • Operone trp L’operone lac è stato il primo operone ad essere scoperto, contiene tre geni che permettono al batterio Escherichia coli di utilizzare il lattosio. Gli enzimi prodotti grazie ai geni dell’operone lac sono: • Galattoside permeasi, che trasporta il lattosio all’interno della cellula (codificato dal gene lac Y) • ß–galattosidasi, che scinde il lattosio in galattosio e glucosiorompendo un legame ß – galattosidico (codificato dal gene lac Z) Galattoside transacetilasi, il cui ruolo non è ancora chiaro (codificato dal gene lacA) Questi tre enzimi sono codificati da tre geni che vengono trascritti tutti insieme producendo un messaggio policistronico = un messaggio proveniente da più geni partendo da un unico promotore. Sull’operone lac intervengono due tipi di controllo: un controllo negativo (dato dalla proteina repressore lac, che mantiene represso l’operone se manca il lattosio) ed uno positivo (costituito dall’attivatore, che stimola l’attivazione dell’operone quando cala il livello di glucosio). Il repressore lac, che è codificato dal gene regolatore lacI, è untetrametro che si lega a destra del promotore, in una zona definita operatore, impedendo alla polimerasi di leggersi e trascrivere. Il repressore è una proteina allosterica ovvero un particolare tipo di proteina che quando si lega ad una particolaremolecola (l’induttore) modifica un determinato sito alterando l’interazione della proteina con un’altra molecola. Proprio per permettere la formazione dell’allolattosio dal lattosio la repressione non è mai completa. Dopo la rimozione del repressore la RNA polimerasi è libera di trascrivere i tre geni lac. In realtà il repressore non impedisce il legame della polimerasi al DNA, ma il repressore blocca il passaggio del complesso di trascrizione dallo stato iniziale a quello di allungamento mantenendolo fisso sul promotore ed impedendogli di spostarsi. Quest’ultima teoria è avvalorata dal fatto che in realtà non esiste un solo operatore, ve ne sono tre: uno principale (che si trova vicino al sito di inizio della trascrizione) e due ausiliari(posti a monte ed a valle), questi ultimi sono fondamentali nell’attività di repressione, infatti quando sono presenti tutti etre la trascrizione è repressa di 1300 volte,se c’è solo

l’operatore principale la trascrizione viene repressa solo di 18 volte.

Il controllo positivo dell’operone lacIl controllo positivo è conosciuto anche con il nome di repressione da catabolita, perché viene attivato da un catabolita del glucosio, un nucleotide chiamato cAMP (si legge AMP ciclico), questo aumenta quando diminuisce la concentrazione del glucosio. Il cAMP attiva l’espressione dei geni dell’operone operando in un complesso in cui è presente anche un fattore proteico chiamato CAP(o CRP). CAP e cAMP si legano in un sito specifico, il sito di legame per l’attivatore, che si trova a monte del promotore ed inducono la formazione di un complesso aperto. I siti di legame contengono la sequenza TGTGA, che viene sempre conservata. Il complesso CAP cAMP richiama la polimerasi sul promotore. L’operone possiede anche un promotore alternativo (chiamato P2) a monte di quello principale; il complesso CAP cAMP riduce la trascrizione da P2 promuovendo quella dal promotore principale cherisulta essere più efficiente, in modo da dare una maggiore trascrizione dell’operone. Si pensa che CAP faciliti il legame della polimerasi con il promotore perché entra in contatto con l’enzima dopo il loro legame con il DNA, per questo si legano in maniera cooperativa. Infatti i loro siti di legame sono abbastanza vicini da poter favorire l’interazione tra i due elementi quando vi si legano. Da notare è che quando il complesso CAP cAMP lega il DNA, lo piega; questo piegamento sembra essenziale affinché ci sia un’interazione ottimale tra complesso e DNA.

L’operone trp L’operone trp è presente in E. coli, dove codifica gli enzimi che il batterio usa per sintetizzare l’aminoacido triptofano. Anche in questo caso abbiamo un controllo negativo da parte di un repressore, ma esiste anche un ulteriore controllo che viene definito attenuazione. Questo operone è costituito da cinque geni, che codificano gli enzimi che il batterio usa per convertire l’acido corismico in triptofano, un operatore ed un promotore che lo contiene. Quando la concentrazione di triptofano si alza l’operone si spegne; infatti in assenza del triptofano la cellula mantiene inattiva la proteina aporepressore, quando questa si lega

all’amminoacido si modifica costituendo il repressore (per questo il triptofano viene definito corepressore) che va a reprimere l’operone. La repressione è un meccanismo fondamentale per permettere alla cellula di risparmiare energia, è inutile, infatti, produrre triptofano se la cellula non ne ha bisogno. Oltre a questo tipo di controllo, l’operone triptofano presenta anche il fenomeno dell’attenuazione, dovuto al fatto che la repressione è molto debole e deve essere ulteriormente attenuata. In questo operone esistono due loci che codificano due polipeptidi, un trp guida ed un trp attenuatore, che si trovano tra operatore ed il primo gene trp. Questi due peptidi indeboliscono la trascrizione dell’operone; l’attenuatore provoca una terminazione prematura della trascrizione, questo perché contiene un segnale di stop che causa una destabilizzazione del legame tra DNA e filamento copia. Nella regione guida sono presenti due codoni consecutivi che codificano per il triptofano; inoltre nei batteri la traduzione è quasi contemporanea alla trascrizione, quindi se inizia la traduzione in condizioni con scarsa disponibilità di triptofano questa si arresterà su uno dei due codoni influenzando il ripiegamento dell’RNA impedendo la formazione del segnale di terminazione che è causa di attenuazione e quindi l’operone rimaneattivo. L’mRNA policistronico dell’operone viene tradotto lo stesso perchéognuno dei geni presenta un codone d’inizio, quindi la traduzione della regione guida di trp non influenza la traduzione dei geni trp. Se, invece, la traduzione avviene con abbondanza di triptofano il ribosoma legge completamente la sequenza guida e produce il segnale di terminazione che blocca la trascrizione. In B. subtilis abbiamo un meccanismo differente per eliminare l’attenuazione dell’operone. Questo batterio presenta la proteina TRAP che lega il triptofano attivandosi in maniera da legarsi all’RNA guida per formare un terminatore; quando TRAP non è presente, la regione guida produce un antiterminatore che annulla l’attenuazione. Oltre al TRAP, in B. subtilis è presente anche unaproteina anti-TRAP, il gene che la codifica produce un RNA guida che può formare un terminatore od un antiterminatore a seconda della concentrazione del triptofano.

n° Lezione: 24 Titolo: LA TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI: MODIFICAZIONI La trascrizione dei procarioti: modificazioni

I procarioti sono organismi cellulari, come tutte le cellule anchequelle procariote possono essere soggette all’attacco da parte di un virus. I virus che infettano i procarioti sono un gruppo particolare che presenta una determinata morfologia ed un ciclo riproduttivo sincronizzato con la vita della cellula batterica. Questi virus vengono comunemente chiamati batteriofagi (dal greco = mangiatori di batteri), anche se generalmente questo nome viene abbreviato a fago. Durante un’infezione fagica cessa la trascrizione del DNA batterico a favore di quello fagico; queste modificazioni riguardano principalmente la RNA polimerasi. La parte che viene interessata in questa modificazione è il fattore sigma.L’intera polimerasi del batterio controlla la trascrizione dei geni precoci del fago, che presenta una subunità d che impedisce il legame della polimerasi a regioni che non siano il promotore (funzione che in E. coli viene svolta dal fattore sigma). Tra i trascritti precoci va ricordato gp28, questo si associa alla polimerasi cambiandone la specificità ed iniziando la trascrizionedei geni intermedi del fago. Con un meccanismo analogo si passa alla trascrizione dei geni tardivi, si uniscono al core dell’enzima due polipeptidi, gp33 e gp34, che sostituiscono gp28 ed inducono la trascrizione dei geni tardivi. Tutti questi fattorisvolgono una funzione analoga al fattore sigma, si legano al core dell’enzima, presentano pesi molecolari diversi e si legano a promotori differenti. Un meccanismo d’azione simile si trova durante il processo di sporulazione di B. subtilis, ovvero il processo con cui questo batterio forma le endospore. Durante questo fenomeno le cellule del batterio avviano un processo di cambiamento del fattore sigma che spegne la trascrizione di alcuni geni, necessari allo stato vegetativo, ed accende quelli specifici per la sporulazione; questo meccanismo non è assoluto, alcuni geni rimangono attivi in tutte e due le fasi. In questo processo sono coinvolti almeno tre fattori sigma, oltre a quello vegetativo, ed ognuno riconosce una diversa classe di promotori. Da studi sui fattori sigma alternativi si è potuti arrivare alla conclusione che i batteri reagiscono ai cambiamenti ambientali tramite cambiamenti nella trascrizione mediati da transizioni nei fattori sigma. Quando una cellula affronta un incremento di temperatura reagisce attivando i geni ,e quindi la loro trascrizione, della risposta allo shock termico; questi codificano delle proteine, gli

chaperoni molecolari, che agiscono sulle altre proteine aiutandolea raggiungere una conformazione spaziale efficiente nonostante le temperature; inoltre vengono trascritte delle proteasi che degradano le proteine irrecuperabili.In E. coli, a seguito di un incremento di temperatura, viene subito interrotta la normale trascrizione a favore dell’espressione degli chaperoni e delle proteasi; il passaggio dauna trascrizione all’altra è regolato dal gene rpoH, questo codifica un fattore sigma alternativo che trascrive i geni dello shock termico e che si stabilizza alle elevate temperature (questoperché le proteine che impediscono il suo sviluppo si denaturano con il calore e perché l’elevata temperatura determina una modificazione dell’mRNA rendendo la regione che codifica rpoH più accessibile ai ribosomi).

Il fago . I fagi possono presentare due tipologie, da un lato abbiamo i fagivirulenti, come SPO1, T4 e T7, dall’altro ci sono i fagi temperati, ovvero quei fagi che non inducono la lisi cellulare; i fagi temperati attuano una riproduzione chiamata via lisogenica, in cui il fago influenza la codificazione di una proteina, il repressore CI, che si lega a due operatori inibendo la trascrizione ad eccezione di quella per il repressore, a questo punto il DNA fagico si integra con quello batterico formando un profago. Tra i fagi temperati va ricordato il fago lambda di E. coli; questo presenta un ciclo riproduttivo sia litico che lisogenico; quello litico è divisibile in tre fasi di trascrizione: precoce immediata, precoce ritardata e tardiva. Il suo DNA si presenta in forma lineare nel fago, ma, non appena inizia l’infezione, si circolarizza nell’ospite grazie a basi dette adesive presenti alleestremità e denominate cos. Oltre alle transizioni trascrizionali già studiate, possiede anche un passaggio peculiare, l’antiterminazione. La polimerasi batterica trascrive i geni precoci immediati, tra questi cro ed N sono situati a valle dei promotori, in questa fasenon vi sono repressori legati agli operatori (OR ed OL) e la trascrizione procede liberamente. Il prodotto di cro è un repressore, cI, che blocca la trascrizione del repressore di lambda., impedendo la sintesi del repressore e lasciando seguire il ciclo litico; il prodotto di N è l’antiterminatore, questo permette di ignorare i terminatori che si trovano alle estremità dei geni

precoci immediati continuando la trascrizione che entra nella faseprecoce ritardata (questo passaggio non richiede un nuovo fattore sigma od una polimerasi diversa). I geni precoci ritardati sono importanti per proseguire il ciclo litico; oltre ai geni presi in considerazione vanno ricordati O e P, che producono proteine per la replicazione del DNA fagico, ed il gene Q, un altro antiterminatore, dopo il quale è situato un promotore tardivo che avvia la trascrizione dei geni tardivi. Il gene N è situato tra un promotore, che governa la trascrizione verso sinistra, ed un operatore, da cui inizia la trascrizione verso sinistra. In mancanza dell’antiterminatore N la polimerasi trascrive il gene N prima di staccarsi dal DNA e rilasciando l’mRNA; in questo modo compare l’antiterminatore N che si lega al trascritto del sito di N (chiamato sito nut) ed interagisce con l’RNA polimerasi, grazie ad una proteina chiamata NusA, alterandola per fargli ignorare il terminatore, grazie ad altre proteine (NusB, NusG ed S10) il legame dell’antiterminatore con lapolimerasi viene stabilizzato per permettergli di raggiungere il terminatore. Questo tipo di antiterminazione viene definita processiva in quanto i fattori di antiterminazione rimangono associati alla polimerasi. N si lega all’RNA che si ripiega in modo da rallentare la ripiegatura stessa e facilitando la formazione di un’ansa che intrappola il complesso in maniera da obbligarlo a terminare, inoltre questo legame non è legato ad una diminuzione del legame al core della polimerasi (cosa che invece è stimolata dal legame tra RNA e NusA), questo accade anche quando sono legati sia N che NusA. Si scopri anche che la connessione tra l’ansa dell’RNA e la subunità ß della polimerasi era dovuto ad una particolare regione di ß chiamata elica flap-tip, un’alfa elica fondamentale per l’attività di NusA; l’interazione tra ansa, che induce l’arresto dell’enzima, e l’elica flap-tip causa un cambiamento conformazionale che rallenta l’allungamento fino a fermare la polimerasi, probabilmente NusA facilita questo processo. Il controllo della terminazione tardiva è legato anche allo stessomeccanismo di terminazione, esiste un sito d’utilizzazione di Q che si sovrappone al promotore e su cui si trova anche un sito di pausa per la polimerasi a cui si lega il prodotto di Q; quando è presente Q questo si lega alla polimerasi e la induce a continuarela trascrizione ignorando il terminatore ed impedendo la formazione dell’ansa posteriore alla polimerasi, in questo modo viene ignorata la terminazione. Si può quindi

affermare che il prodotto di Q causa antiterminazione, e che NusA rende questo processo più efficiente. Il ciclo lisogenico di lambdaOltre al ciclo litico si può andare incontro ad un altro tipo di fenomeno, la lisogenia; questa si stabilisce grazie ai geni precoci ritardati, sia perché producono proteine che aiutano l’integrazione del DNA fagico, sia perché alcuni geni (cII e cIII)favoriscono la trascrizione e la traduzione del repressore dal gene cI. I promotori che controllano questo gene sono due, uno peril mantenimento del repressore (che viene utilizzato durante la lisogenia per mantenerla), chiamato PRM, che richiede la presenza del repressore stesso per produrre altro repressore. L’altro promotore, il PRE, viene utilizzato per lo stabilimento del repressore, questo permette l’espressione di cI prima che sia disponibile il repressore. Sul filamento, PRE è localizzato a destra dell’altro promotore e di cro e dirige la trascrizione verso sinistra; il senso naturale della trascrizione è verso destra quindi la trascrizione di cro operata da PRE è antisenso, mentre quella di cI è di senso. Quindila trascrizione di cI può dare un repressore, al contrario di cro;infatti il trascritto di cro si lega al suo mRNA interferendo con la sua traduzione promuovendo la lisogenia. CII (il prodotto di cII), inoltre, può stimolare il legame della polimerasi sia a PRE che ad un altro promotore, chiamato PI, un promotore che stimola la trascrizione del gene int, coinvolto nell’integrazione del DNA fagico in quello batterico. Il prodotto di cIII ritarda l’eliminazione di CII da parte delle proteasi, in questo modo viene favorito il mantenimento della lisogenia. Non appena viene sintetizzato, il repressore ., si lega ai suoi operatori interrompendo la trascrizione precoce; in questo modo siinterrompe la produzione di Cro, il prodotto di cro, che contrastail repressore; inoltre il repressore stimola la sua sintesi attivando PRM. Dei due operatori, che sono entrambi costituiti da tre parti, OR èil più interessante, in quanto controlla la trascrizione verso sinistra di cI. I tre siti di legame di OR per il repressore agiscono in maniera diversa. Infatti i primi due sono di tipo cooperativo (ovvero il legame col primo facilita quello col secondo), al contrario del terzo. Il repressore è un dimero in cuiogni parte presenta due domini, uno che lega il DNA e l’altro permette l’interazione repressore-repressore per il legame cooperativo. Quando tutte e due le subunità sono legate agli operatori viene bloccata la trascrizione di cII e cIII; nonostante

il consequenziale calo dei prodotti è sufficiente che il terzo sito di legame di OR sia libero affinché si possa trascrivere cI Quando si raggiunge una concentrazione eccessiva di repressore viene coperto anche il terzo sito e cessa la trascrizione, ma questo porta, a lungo andare, ad una diminuzione dei livelli di repressore (non più trascritto) che si dissocerebbe dal terzo sito; in questo modo potrebbe ricominciare la trascrizione. Questoprocesso potrebbe essere dato dalla formazione di un’ansa tra i due operatori che favorisce il legame di un altro repressore portando così alla repressione della trascrizione. Studi effettuati da vari ricercatori dimostrarono che il punto fondamentale dell’interazione tra repressore ed RNA polimerasi si trova nella regione 4 del fattore sigma; questo permette l’interazione tra fattore e repressore richiamando la polimerasi, in questo modo il repressore funziona da attivatore della trascrizione a partire da PRM e stimola la conversione del complesso chiuso in complesso aperto. Il destino di una cellula batterica è dato da quali prodotti genici prevalgono durante l’attacco virale, se a prevalere sono i prodotti di cI allora ci sarà lisogenia, se invece prevalgono i prodotti di cro, l’infezione sarà litica. Infatti se da cI viene prodotto molto repressore, questo impedirà l’espressione dei geni tardivi che causano l’infezione litica; se invece viene prodotto abbastanza Cro, verrà impedita la trascrizione di cI e verrà bloccata la lisogenia. A determinare quale prodotto prevale, sembra essere CII; infatti più sono elevate le concentrazioni di CII più è probabile che si instauri la lisogenia. Ma CII viene regolato da CIII, questo può venir sopraffatto dall’abbondanza di nutrienti che servono per la produzione di proteasi, quindi in ultima analisi è l’abbondanza di nutrienti a causare la via litica. Ma la lisi può essere indotta in un batterio lisogeno grazie al prodotto di recA, questo stimola il distacco del repressore, in questo modo la lisogenia viene interrotta ed inizia la replicazione litica.

n° Lezione: 25 Titolo: La trascrizione degli eucarioti

Negli eucarioti le polimerasi eucariotiche sono tre: RNA-polimerasi I (localizzata principalmente nel nucleolo), RNA-polimerasi II ed RNApolimerasi III (che si trovano principalmente nel nucleoplasma); ognuna presenta proprietà differenti e sintetizza un determinato tipo di RNA. • RNA-polimerasi I: sintetizza il precursore dell’rRNA • RNA-polimerasi II: sintetizza hnRNA (un gruppo di RNA che comprende i precursori degli mRNA e che sono chiamati RNA nucleareeterogeneo) e snRNA (i piccoli RNA nucleari che partecipano alla maturazione degli hnRNA) • RNA-polimerasi III: sintetizza i precursori dei tRNA La polimerasi II, è formata da 10 subunità principali e 2 secondarie. Ogni subunità è codificata da un singolo gene e prende il nome in base al suo numero (Rpb1, Rpb2 e cosi via); inoltre le tre polimerasi eucariotiche possiedono cinque subunità in comune (chenella due sono: 5, 6, 8, 10 e 12). Le 10 subunità principali della polimerasi II sono classificate intre gruppi, in base alla loro struttura ed alla loro funzione; i tre gruppi sono: subunità centrali, subunità comuni e subunità nonessenziali. • Subunità centrali: sono Rpb1, Rpb2 ed Rpb3, sono fondamentali per l’attività enzimatica. Rpb1 serve per legare il DNA; Rpb2 è situato vicino al sito attivo della polimerasi, infine Rpb3 è omologa alla subunità a della polimerasi di E. coli. • Subunità comuni: sono le subunità comuni a tutte e tre le polimerasi, non si conosce bene la loro funzione. • Subunità non essenziali: sono Rpb4 ed Rpb9, che muoiono a seguito di cambi di temperatura, per questo si pensa che non sianofondamentali; alcuni studi sembrano evidenziare una possibilità ditrasferimento da una polimerasi II all’altra. • Ci sono due subunità che non rientrano in nessuna categoria (Rpb7 ed Rpb11), ma risultano essere fondamentali per l’attività polimerasica. A livello tridimensionale, la polimerasi II è caratterizzata da una profonda fessura che contiene uno ione magnesio e che lega il DNA alla base della fessura. La parte superiore della fessura è composta da Rpb9 e da una parte di Rpb1, quella inferiore da una parte di Rpb5. Sul fondo dell’enzima è presente un poro, chiamato

poro 1, che potrebbe essere considerato come punto di uscita per l’estrusione dell’RNA quando la polimerasi torna indietro. Sono state individuate due forme, 1 e 2 di questa porzione di enzima che si intercambiavano a seguito di vari movimenti; tra i movimenti va ricordato il modulo a morsa, la morsa, nella forma 1,è molto stretta, ma nel passaggio alla forma 2 questa si apre per permettere il passaggio di un DNA lineare. Una volta che il DNA stampo si lega alla polimerasi, viene denaturato (per permettere un buon lavoro di trascrizione) in maniera da catalizzare un’attività enzimatica; in questo modo il DNA stampo si lega alla polimerasi lasciando al nuovo RNA lo spazio per allontanarsi dall’enzima. Quando la polimerasi si trova nella fase di allungamento la morsa è chiusa sullo stampo di DNA e sull’RNA prodotto (in questo stato l’enzima viene definito processivo, che può trascrivere). Quando la morsa si chiude si muove in maniera rigida, questa chiusura è favorita da cinque regioni interruttore che chiudono la morsa assicurando nel contempo viene prodotto l’RNA; in questo modo viene garantita la processività della trascrizione. Altre regioni della polimerasi sono tre anse: il coperchio, il timone e la cerniera. Il timone facilita la dissociazione del DNA dall’RNA, il coperchio guida l’RNA ad uscire dal solco 1 e la cerniera aiuta a formare la bolla di trascrizione. È presente anche un’elica ponte, una struttura che varia da una conformazionedritta ad una ripiegata, durante la traslocazione, permettendo l’aggiunta di nuovi nucleotidi all’RNA neosintetizzato.

Promotori , enhancer e silenziatori

Le tre polimerasi eucariotiche riconoscono promotori diversi: • Promotori di classe I •Promotori di classe II • Promotori di classe III I promotori di classe II: sono quelli riconosciuti dalla polimerasi II, e sono anche i più simili ai promotori procariotici. Sono formati da una parte centrale (che può contenere una TATAbox, un elemento di riconoscimento per il TFIIB, un iniziatore ed un elemento a valle) e da un elemento a monte. La parte più studiata di questi promotori è costituito da 25 coppie di basi che si trovano a monte del sito di inizio, la TATAbox (le cui prime 4 basi sono proprio T A T A); ma spesso la

sequenza cambia, o addirittura non si trova nessuna sequenza riconoscibile.

Nel caso in cui manchi la sequenza box possiamo avere due tipologie di geni: i geni di base, attivi in tutte le cellule e che controllano processi comuni, ed i geni regolati nello sviluppo. La TATAbox sembra essere implicata nella determinazione del punto d’inizio, infatti la trascrizione inizia sempre ad una distanza costante dalla TATAbox. Alcuni promotori di classe II utilizzino le TATAbox per funzionare, altri solo per posizionare il sito di inizio ed altri ancora ne facciano a meno. l’iniziatore è un tipo di sequenza che si trova intorno al sito di inizio e che serve perrendere ottimale la trascrizione. L’elemento a valle si trova circa 30 basi a valle del sito di inizio e generalmente compensano la mancanza della TATAbox. L’elemento di riconoscimento per il TFIIB ( fattore di trascrizione ) è molto importante per formare un complesso di preinizio ed iniziare la trascrizione, si trova a monte della TATAbox. L’ elemento a monte è costituito dalle GCbox, queste aumentano fortemente l’attività del promotore; sono indipendenti dal loro orientamento ma, se vengono allontanate dalla loro TATAbox perdonola loro capacità di stimolare la trascrizione. Altri elementi a monte importanti sono le catbox, che stimolano la trascrizione quando si lega ad un fattore di trascrizione. Promotori di classe I: a questo gruppo appartiene praticamente un unico promotore che viene riconosciuto dalla polimerasi I; questo gene èil precursore dell’rRNA, la sua sequenza di basi è altamente variabile a parte l’iniziatore ricco in AT che circonda il sito diinizio della trascrizione. Questo promotore presenta due sequenze importanti: l’elemento centrale e quello promotore a monte; la distanza tra questi due elementi è fondamentale per garantire l’efficienza del promotore.

Promotori di classe III: va ricordato il promotore dell’rRNA 5S che è localizzato dentro al gene che controlla. Il promotore è caratterizzato da tre regioni che influenzano la funzione del promotore, le regioni sono: boxA, elemento intermedio e boxC. Lo spazio tra le box non è fondamentale per il lavoro di trascrizione; ovviamente la variazione di spazio deve avvenire entro certi limiti. I geni di questo promotore si trovano isolati

all’interno di un gruppo chiamato tipo I; un secondo gruppo, il tipo II, contiene la maggior parte dei promotori di classe III; esiste anche un terzo gruppo, il tipo III, che contiene promotori che controllano solo alcuni elementi. Ci sono delle eccezioni al fatto che questi promotori si trovino nel gene, per esempio il promotoredell’RNA 7SL presenta una sequenza che promuove la trascrizione che si trova a monte del gene, anche se sono presenti anche dei promotori interni al gene. Il gene per l’RNA 7SK presenta un promotore solo a monte del gene e completamente esterno.

Gli enhancer sono elementi che stimolano la trascrizione. Furono identificati come sequenze di basi della regione fiancheggiante il5’ del gene precoce di SV40; inoltre venne scoperto che queste coppie stimolavano la trascrizione anche se posizionate lontanissimo dal promotore, sono elementi indipendenti dall’orientamento e dalla posizione. Gli enhancers agiscono graziea proteine che gli si legano, sono denominate fattori di trascrizione o attivatori e stimolano la trascrizione grazie all’interazione con i fattori generali di trascrizione. L’interazione tra i due gruppi proteici promuove la formazione di un complesso di preinizio. I silenziatori sono altri elementi di DNA che possono svolgere la loro funzione anche a distanza, al contrario degli enhancers loro inibiscono la trascrizione inducendo la cromatina ad avvolgersi inuna forma inattiva che impedisce la trascrizione. A volte un elemento può comportarsi sia da enhancer che da silenziatore a seconda della proteina che gli si lega.

n° Lezione: 26 Titolo: La trascrizione degli eucarioti: fattori di trascrizione

I fattori generali di trascrizione sono degli elementi proteici che aiutano la polimerasi a legarsi al promotore ma in maniera debole. Questi fattori si combinano con la polimerasi formando un complesso di preinizio che permette l’inizio della trascrizione grazie alla formazione di un complesso in cui è presente il DNA viene denaturato per permettere la sua lettura da parte dell’enzima, questo complesso viene definito a promotore aperto. Esistono tre classi di fattori di trascrizione, ogni classe interagisce con un determinato tipo di polimerasi. Avremo: Fattori di classe I, che interagiscono con la polimerasi I Fattori di classe II, che interagiscono con la polimerasi II

Fattori di classe III, che interagiscono con la polimerasi III I fattori di classe I formano un complesso di preinizio per la trascrizione dell’rRNA che comprende la polimerasi I e due fattori. Il primo fattore (SL1 nell’uomo e TIF in altri organismi)si lega all’elemento centrale del promotore ed è necessario e sufficiente per legare la polimerasi al promotore; il secondo (UBFnei mammiferi e UAF nel lievito)che lega, nei mammiferi, a monte e, nei lieviti, che attiva a monte; questo secondo fattoreaiuta il primo a legarsi in maniera corretta, nell’uomo è necessario, negli altri organismi la trascrizione può avvenire anche senza UBF. Il fattore SL1 presenta un elevata specie-specificità; nell’uomo questo fattore non riesce da solo a stimolare la polimerasi a legarsi ed iniziare la trascrizione, richiede la presenza di UBF. TIF contatta la polimerasi e la posiziona affinché possa iniziare la trascrizione di un certo numero di basi a valle del sito di legame. Nell’uomo è UBF che lega il promotore, SL1 serve solo a facilitarequesto legame, questo secondo fattore è assolutamente necessario affinché si attivi la trascrizione, infatti SL1 è in grado di stimolare la trascrizione basale anche da solo, invece UBF è richiesto per la stimolazione che esercita sulla trascrizione attraverso l’elemento a monte. SL1 ed UBF lavorano sinergicamente per stimolare la trascrizione. Mentre UBF è composto da un singolo polipeptide, SL1 è più complesso, risulta costituito da TBP e da tre TAF, che sono strettamente associati a TBP, a questo punto possiamo notare che la polimerasi I e la polimerasi II si basano su di un fattore di trascrizione (SL1 o TFIID) costituito da TBP e da vari TAF, solo che, mentre la TBP è identica in tutte e due le polimerasi, i TAF sono completamente diversi. I fattori di classe II costituiscono, insieme alla polimerasi II,il complesso di preinizio di classe II; si conoscono sei fattori (TFIIA, TFIIB, TFIID, TFIIE, TFIIF e TFIIH) che si legano con la polimerasi in un ordine specifico. Ad essere più precisi i dati sperimentali evidenziarono che per la formazione del complesso sono fondamentali la polimerasi e TFIIF. il complesso TFIIB è costituito da una singola subunità e non richiede la presenza dei TAF per lavorare; è il terzo fattore generale di trascrizione che si lega, inoltre è essenziale per il legame della polimerasi. TFIIB è costituito da due domini distinti: uno per il legame a TFIID, l’altro è fondamentale per promuovere l’assemblaggio del processo di preinizio.

il complesso TFIIF è costituito da due polipeptidi; sembra che abbia la funzione di legare TFIIF alla polimerasi, inoltre può ridurre le interazioni non specifiche tra l’enzima ed il DNA. il complesso TFIIH è l’ultimo a legarsi al complesso di preinizio;svolge molteplici ruoli, tra questi ricordiamo la capacità di fosforilare la polimerasi permettendole l’allungamento della catena di RNA. La fosforilazione di CTD permette l’allungamento durante la trascrizione perché sembra rompere il legame dell’enzima con la TBP a livello del promotore. Questa proteina è molto complessa, sia a livello strutturale che a livello funzionale, è composta da nove subunità che si raggruppano in due sottocomplessi: uno chinasico (composto da quattro subunità) ed uno centrale che svolge sia attività elicasica (fondamentale per il rilascio del promotore) che ATPasica. L’elicasi di questo fattore è responsabile della creazione della bolla di trascrizione in quanto dovrebbe ruotare il DNA a valle della bolla creando una tensione che dovrebbe portare ad una rottura del DNA a livello della bolla che permette alla polimerasi, aiutata da un ulteriore svolgimento operato da TFIIH, di iniziare a trascrivere. L’inizio della trascrizione non è l’unica parte del processo che viene controllata, l’allungamento viene stimolato da un fattore chiamato TFIIS. Questo fattore aumenta il tasso di sintesi dell’RNA e quindi stimola solamente l’allungamento e non la fase di inizio. TFIIS limita le pause della polimerasi II che si hanno a livello dei siti di pausa (zone dove la polimerasi diminuisce lavelocità o si ferma). Un’altra funzione di questo fattore è quelladi correggere i trascritti, questo avviene perché stimola una RNAsi che si trova nella polimerasi e che serveper rimuovere i nucleotidi incorporati erroneamente. Fattori di classe III : esistono tre fattori che sono coinvolti nella trascrizione da parte della polimerasi III, TFIIIA, TFIIIB e TFIIIC. Di questi TFIIIA è richiesto solo per la trascrizione dei geni dell’rRNA 5S, gli altri due sono fondamentali per la trascrizione dell’tRNA e coadiuvano TFIIIA nella trascrizione per i geni dell’rRNA 5S. Il fattore TFIIIA è stato il primo ad essere scoperto, è caratterizzato da nove dita di zinco, strutture che contengono un dominio in cui uno ione zinco è legato a quattro amminoacidi, due cisteine e due istidine. Queste dita sembra che si inseriscano nelsolco maggiore ai lati del promotore interno formando un complessoDNA-proteina molto stretto.

È proprio la formazione di questo complesso a permettere al fattore di svolgere in maniera ottimale la sua funzione. Gli altri due fattori, TFIIIB e TFIIIC, sono molto dipendenti l’uno dall’altro; legano il complesso con la regione a monte e proteggono il promotore interno. Dei due è TFIIIC che protegge il promotore interno, ma senza legarsi all’elemento a monte, ma è stato visto anche che TFIIIB da solo non è in grado di legarsi a nessuna regione, di conseguenza la sua capacità di legame è totalmente dipendente dal legame con TFIIIC. In sequenza avvengonoquesti fenomeni: TFIIIC si lega al promotore interno, una volta legato permette a TFIIIB di legarsi alla regione a monte, solo a questo punto TFIIIB è in grado di favorire il legame tra la polimerasi ed il sito di inizio, dopo essersi legata, la polimerasi, trascrive il gene e rimuove TFIIIC trattenendo TFIIIB (forse modificando la sua conformazione e scoprendo un sito di legame per il DNA) che può promuovere altri cicli di trascrizione. TFIIIC è un promotore molto grande e complesso, presenta una formaa manubrio costituita da due regioni globulari connesse da una regione di collegamento estensibile che permette al fattore di legare una zona molto ampia di DNA. TFIIIB è costituito da una TBP e da due TAF, quindi è possibile ipotizzare che sia coinvolto nel legame con i geni che non presentano i siti a cui si lega normalmente TFIIIC. In questo casoi due fattori (A e C) svolgono la funzione di fattori di assemblaggio legandosi al promotore interno ed attirando TFIIIB verso il sito a monte del punto di inizio, a questo punto la TBP contenuta nel fattore B richiama l’RNA polimerasi facendola legareal complesso. È proprio la proprietà di TBP di organizzatore dei complessi di preinizio una caratteristica unificante di tutti i fattori generali eucariotici. Infatti questo ruolo viene svolto sia nei fattori di classe I che in quelli di classe II e III. n° Lezione: 27

Un attivatore è una struttura in grado di stimolare od inibire la trascrizione; è costituito da almeno due domini funzionali (quellodi legame al DNA e quello di attivazione trascrizionale). Il dominio di legame al DNA possiede sempre un motivo di legame al DNA, una regione caratteristica che contiene legami specifici per il DNA. I vari domini di legame al DNA possono essereraggruppati in tre classi:

- moduli contenenti zinco: usano ioni zinco per stabilizzare la forma, in questo modo un’α‐elica si può inserire nel solco maggiore del DNA e stabilire un contatto, vanno ricordate le dita di zinco, il GAL4 ed i moduli di zinco di alcuni recettori nucleari.- omeodomini: vengono indicati come HD e somigliano molto alla struttura del repressore di λ.- motivi bZIP e bHLH: sono altamente basici e legati alle cernieredi leucina.I domini di attivazione trascrizionale sono presenti in tutti gli attivatori, sono poco definiti e vengono raggruppati in tre classi:- domini acidici- domini ricchi di glutamine- domini ricchi di prolineal contrario dei domini di attivazione trascrizionale, quelli di legame al DNA presentano una struttura ben definita implicata nel meccanismo di interazione con il DNA bersaglio; importante da ricordare è il fatto che questi domini si riescono a legare al DNAsolo in forma polimerica.Un discorso particolare meritano le dita di zinco, già incontrate nella struttura di TFIIIA; questi domini presentano (grosso modo) la forma di un dito, ma non è la forma a conferire specificità di legame, bensì la precisa sequenza amminoacidica, infatti è quest’ultima a determinare a qualespecifica sequenza di DNA la proteina si andrà a legare. Le dita di zinco si avvicinano al DNA dallo stesso angolo, si può quindi dire che a livello geometrico il legame è molto simile in tutti i casi, ed il legame che si viene a formare è costituito prevalentemente da interazioni dirette tra gliamminoacidi della proteina (più precisamente quelli dell’α‐elica che si inserisce nel solco) e le basi presenti nel solco maggiore del DNA. I domini di legame di queste dita presentano una costruzione modulare in cui diverse dita contattano l’acido nucleico, ma questo implica anche che queste proteine si possono legare anche sotto forma di monomeri, in quanto possiedono di per se domini di legame multipli; inoltre la maggior parte dei contatti sono stabiliti con un singolo filamento di DNA e non con la doppia elica.DITA DI ZINCOUn attivatore di particolare interesse è la proteina GAL4 che controlla alcuni geni responsabili del metabolismo del galattosio nel lievito. Ogni gene contiene un enhancer per GAL4, a monte del

sito di trascrizione, che viene indicato come UASG, ed a cui si lega un dimero di attivatore con un motivo di legame al DNA molto simile al dito di zinco. Un motivo di legame è contenuto in ogni estremità di ogni monomero della proteina, questo contiene due ioni zinco che vanno a costituire un gruppo di metallo tiolato (con zolfo); inoltre è presente, per ogni motivo, una α‐elica che si va adadagiare nel solco maggiore del DNA. I vari monomeri di GAL4 utilizzano altre α‐eliche per formare spirali parallele che sono implicate nel processo di dimerizzazione e che sono dirette verso il solco minore del DNA. Il terzo gruppo degli attivatori a modulidi zinco è quello dei recettori nucleari, strutture che interagiscono con vari ormoni liposolubili formando dei complessi a funzione attivatoria, gli elementi di risposta all’ormone, che stimolano la trascrizione di specifici geni. Quindi questi attivatori presentano n dominio aggiuntivo, quello che lega l’ormone. I vari recettori nucleari vengono divisi in tre classi:• Recettori di tipo I• Recettori di tipo II• Recettori di tipo III• recettori di tipo I, di cui un classico esempio è dato dal recettore dei glucocorticoidi, che si trovano in forma inattiva nel citoplasma accoppiati ad una proteina, quando arriva l’ormone il recettore si stacca dalla proteina e migra nel nucleo• recettori di tipo II, come esempio si cita il recettore dell’ormone tiroideo, che si trovano nel nucleo accoppiati alla proteina RXR, questi recettori si possono legare al DNA sia in presenza del ligando,funzionando come attivatori, sia in sua assenza, in questo caso funzionano come repressori• recettori di tipo III, di cui ancora non si conoscono i ligandi e per questo sono chiamati anche recettori orfani• Gli omeodomini devono il loro nome alle regioni di DNA, omeobox,da cui sono codificati; sono proteine con una struttura elica‐giro‐elica in cui ogni omeodominio presenta tre α‐eliche, due strutturali ed una con funzione di riconoscimento; è presente anche un altro dominio, N‐terminale, che forma un braccio che si va ad inserire nel solco minore del DNA. Questi attivatori presentano una bassa specificità di legame al DNA, per questo sonoaccoppiate ad altre proteine di aiutoper la formazione del legame all’acido nucleicoMOTIVI BZIP

La sigla bZIP indica la struttura del dominio di legame al DNA, ZIP sta ad indicare la cerniera di leucina, che è il dominio di dimerizzazione, mentre la b sta ad indicare la regione basica che costituisce la maggior parte del dominio. Allo stesso modo abbiamo, per il dominio bHLH, la sigla HLH che si riferisce alla struttura elica‐giro‐elica che è il sito di dimerizzazione.Il dominio bZIP è costituito da due polipeptidi, ognuno con metà cerniera, in cui è presente un’α‐elica che interagisce con l’elicadell’altra metà agendo come una cerniera. Questa cerniera, oltre aunire i due monomeri struttura le due parti basiche in maniera tale che possano inserirsi nel solco maggiore del DNA afferrandolo. La struttura di bHLH è molto simile a quella appenadescritta, in questo caso la struttura elica‐giro‐elica è il motivo di dimerizzazione, l’elica più lunga di ogni dominio presenta la regione basica che si attacca al DNA bersaglio inserendosi nel solco maggiore.I vari attivatori che abbiamo finora osservato sono indipendenti l’uno dall’altro, formano strutture che agiscono indipendentementel’uno dall’altro. Brent e Ptashne hanno chiarito questa indipendenza unendo il dominio di legame al DNA di una proteina con il dominio di attivazionetrascrizionale di un’altra; la struttura ibrida che venne fuori funzionava perfettamente e la sua specificità era legata al dominio di legame al DNA.I due ricercatori lavorarono con i geni di GAL4, di cui abbiamo già parlato, e con quelli di LexA, un repressore procariotico che generalmente non possiede un dominio di attivazione trascrizionale. Con un’operazione di taglia e cuci venne creata una sequenza che conteneva le regioni codificantiper le due proteine; venne aggiunto su di un promotore di GAL4 un sito di legame per la proteina ibrida che presentava il sito di dominio per LexA. Il risultato fu che la proteina ibrida attivava il gene di GAL4. questo vuol dire che si può sostituire il dominio di legame al DNA di GAL4 con il dominio di una proteina non correlata e, comunque, produrre un attivatore efficiente.Questo può significare solamente che i domini di attivazione trascrizionale e di legame al DNA sono indipendenti l’uno dall’altro

n° Lezione: 28 ESPERIMENTI E RUOLO DELLA CROMATINA leggere solamenteGli istoni esistono sia in forma acetilata che in forma non acetilata e l’acetilazione è correlata con l’attivazione genica;

questo porta a pensare che ci siano degli enzimi, nel nucleo, che possono acetilare e deacetilare gli istoni, influenzando l’espressione genica; tra questi enzimi va ricordata la acetiltrasferasi specifica per gli istoni (HAT), che catalizza il trasferimento di gruppi acetilicida un donatore agli istoni.Le proteine HAT sono divise in due gruppi, quelle di gruppo A acetilano i residui di lisina che si trovano sulle code N‐terminali degli istoni, quelle del gruppo B acetilano (a livello del citoplasma) gli istoni H3 ed H4 per permettere un loro corretto assemblaggio. Un’altra differenza risiede nellapresenza, in tutte le HAT A, del bromodominio, che consente alla proteina di legare le lisine acetilate.La deacetilazione degli istoni è, al contrario dell’acetilazione, un evento repressivo; i repressori trascrizionali interagiscono con dei corepressori che, a loro volta, interagiscono con le deacetilasi degli istoni (degli enzimi che rimuovono i gruppi acetilici dalle code degli istoni e rafforzano il legame tra istone e DNA). Questo tipo di repressione può essere indicata comeun fenomeno di silenziamento, tra i vari corepressori vanno ricordati SIN3, SIN3A e SIN3B.Ci sono vari fattori che possono funzionare da attivatori o da repressori a seconda che possano o no interagire con delle deacetilasi istoniche, un esempio è dato dall’ormone della tiroide, questo forma degli eterodimeri e si lega ad un enhancer (il TRE); quando manca l’ormone questo funzionacome repressore proprio perché va ad interagire con la deacetilasiistonica Mrpd3 che stabilizza i nucleosomi reprimendo la trascrizione. Se c’è l’ormone si formano dei legami che acetilano gli istoni destabilizzando i nucleosomi e stimolando la trascrizione. È importante notare che sial’acetilazione che la deacetilazione riguardano gli istoni della sferanucleosomica, non H1.Oltre all’acetilazione degli istoni, affinché ci sia un accesso dei fattori di trascrizione, è necessario un rimodellamento della cromatina; questo è dato da almeno quattro classi di proteine (chenecessitano ATP): SWI/SNF, ISWI, NuRD e INO80, che alterano la struttura del nucleosoma rendendo accessibile il DNA.Questo rimodellamento può consistere in uno spostamento dei nucleosomi in maniera che i promotori siano accessibili ai fattoridi trascrizione, oppure può comportare l’indebolimento del legame che c’è tra uno o più nucleosomi ed il DNA; comunque il risultato finale è sempre la

mobilizzazione dei nucleosomi. Ma il rimodellamento non porta sempre all’attivazione della trascrizione, può anche portare ad una sua repressione (per esempio i nucleosomi possono andare a coprire gli operatori).Tutti i discorsi fatti fin qui riguardano l’eucromatina, una formaaperta e potenzialmente attiva; l’altra forma di cromatina, l’eterocromatina, al contrario, è molto condensata ed il suo DNA èinaccessibile.L’eterocromatina si trova nelle zone telomeriche e centromeriche dei cromosomi.Il silenziamento dei geni che si trovano in prossimità dei telomeri (e quindi che si trovano nelle regioni di cromosoma vicine a quelle di eterocromatina) viene chiamato effetto di posizione telomerico; bisogna considerare che il silenziamento di un gene è direttamente dipendente dalla sua posizione all’interno del cromosoma ed è inversamente proporzionale rispetto alla sua distanza dal telomero.A livello del telomero sono presenti molte proteine legate al DNA e probabilmente sono legate alla formazione dell’eterocromatina, tra le varie proteine vanno ricordate SIR3, SIR2 e RAP1, quest’ultima richiama le proteine SIR sul telomero.

RIBOSOMIUn ribosoma procariote ha un coefficiente di sedimentazione di 70Sed è composto da due subunità, 30S e 50S; la subunità piccola decodifica l’mRNA, la grande assembla gli amminoacidi. La subunità 30S ha natura asimmetrica, l’estremità superiore è chiamata testa, quella inferiore base. La parte che sporge verso destra, partendo dalla base, viene chiamata piattaforma, che è separata dalla testa dalla fenditura (o solco).La subunità 50S presenta una proiezione centrale, la protuberanza centrale, una proiezione a destra, lo stelo, ed una proiezione sulla sinistra, lo spigolo; tra lo spigolo e la protuberanza si trova uno spazio chiamato valle. Le due subunità possono assemblarsi grazie all’estensione della piattaforma di 30S con la valle di 50S.Il solco dove i tRNA sono legati è allineato con l’rRNA in entrambe le subunità, infatti sono gli rRNA, e non le proteine, a stabilire interazioni fondamentali con i tRNA. Il braccio dell’anticodone del tRNA si posiziona nella parte inferiore della subunità 30S.Nel ribosoma ci sono 12 contatti tra le due subunità, molti avvengono tra due RNA piuttosto che tra proteine, alcuni sono contatti dinamici, la loro formazione e la loro rottura potrebbe

permettere le traslocazioni. Esiste una cavità, tra le due subunità, in cui si possono posizionare tre tRNA, questiinteragiscono con la subunità 30S grazie all’anticodone (questo lega il codone che si è legato a 30S), e con la subunità 50S grazie ad i bracci accettori.Negli eucarioti i ribosomi citoplasmatici sono molto più complessi; nei mammiferi l’intero ribosoma è di 80S ed è composto dalle subunità 40S e 60S.In E. coli, un batterio, la subunità 30S è costituita da un rRNA 16S e da 21 proteine ribosomali, la subunità 50S contiene due rRNA(5S e 23S) e 34 proteine ribosomali. Le proteine di 30S vengono chiamate con sigle, da S1 ad S21, come quelle di 50S (da L1 ad L34), i numeri vengono assegnati partendo dalla proteina più grande. Nei ribosomi degli eucarioti, la subunità 40S contiene l’rRNA 18S e circa 30 proteine, la 60S ha tre rRNA (5S, 5,8S e 28S) e circa 40 proteine.I codoni e gli anticodoni nei siti A e P risiedono in una regione vicino al collo di 30S; il meccanismo di traslocazione sembra coinvolgere i movimenti della testa rispetto al corpo; l’elica H27di 30S presenta due appaiamenti alternativi durante la traduzione,questi influenzano l’accuratezza del processo, il primo, ram, stabilizza sia le interazioni codone‐anticodone, che tra anticodoni differenti, aumentando il tasso di errore, il secondo, stringente, richiede un preciso appaiamento codone‐anticodone, quando il ribosoma si blocca su questo secondo appaiamento la traduzione diventa molto accurata, ma in questo caso gli amminoacil‐tRNA presentano delledifficoltà a legarsi al sito A. Una traduzione che sia accurata maefficiente dipende da un equilibrio tra i due profili del ribosoma.Le basi A1492 ed A1493, dell’elica H44, sono universalmente conservate ed assolutamente necessarie per la traduzione; durante la decodificazione queste basi vengono esposte, formando legami idrogeno con i gruppi ossidrile in 2’OH degli zuccheri, nel solco minore; questo stabilizza l’interazione codone‐anticodone. POLISOMI Più ribosomi possono tradurre lo stesso mRNA nello stesso arco temporale; in questo modo si viene a formare un poliribosoma, chiamato generalmente polisoma. Negli eucarioti i polisomi sitrovano sempre nel citoplasma cellulare; nei procarioti è possibile vedere l’mRNA nascente che viene sintetizzato e, nello stesso tempo, tradotto dai polisomi.

Lezione 29 - Maturazione dell’mRNA: splicing

Ci sono delle regioni, sui geni presenti nel DNA, che non hanno senso, queste presentano delle sequenze che non sono correlate conle sequenze codificanti e che sono definite sequenze interposte ointroni. Allo stesso modo le sequenze codificanti sono definite esoni. La maggior parte degli introni è più lunga della maggior parte degli esoni, anche se, negli eucarioti inferiori, gli introni tendono ad essere più corti. Anche i filamenti stampo per i tRNA presentano degli introni, questi sono relativamente piccoli; bisogna anche ricordare che sequenze introniche possono essere riscontrate anche nei geni mitocondriali. Gli introni vengono trascritti nell’RNA dando origine ad un trascritto primario che corrisponde all’intero gene, poi, in seguito al processamento di questo trascritto il gene viene ridotto grazie alla rimozione degli introni, questo fenomeno, più la fusione degli esoni adiacenti, prende il nome di splicing dell’RNA. Esistono degli RNA nucleari eterogenei (gli hnRNA) che vengono considerati i precursori degli mRNA, infatti possiedono la giusta dimensione e la giusta localizzazione, e poi bisogna ricordare chequesti hnRNA scompaiono molto rapidamente, ovvero sono prodotti e subito dopo ridotti ad RNA più piccoli. Ovviamente devono esisteredei segnali sul precursore che possano indicare agli agenti di splicing dove andare ad agire; sono state individuate, nelle zone di confine di quasi tutti gli introni, delle sequenze comuni che potrebbero essere deisegnali di splicing, GU all’inizio ed AG alla fine, ma queste coppie di basi sono solo una parte del segnale, che risulta esserepiù complesso. Una cosa importante da ricordare è che l’intermedio nello splicingdel precursore dell’mRNA è ramificato a formare un lariat; la prima fase che porta a questa struttura è la formazione dell’intermedio a forma di lariat, che si forma quando l’ossidrile2’ di un’adenosina che si trova al centro dell’introne attacca il legame fosfodiesterico che c’è tra il primo esone e la guanina chec’è all’inizio dell’introne, in questo modo si forma l’ansa del lariat e si separano l’introne dal primo esone. Nella seconda fase il gruppo ossidrilico che c’è al 3’ attacca il legame fosfodiesterico che unisce l’introne al secondo

esone, a questo punto si forma un nuovo legame fosfodiesterico trai due esoni e viene rilasciato il lariat. È stato notato che esiste una sequenza consensus che può formare la ramificazione a livello dell’adenina; questa sequenza specificadell’introne dirige il meccanismo di splicing alla coppia AG che si trova ad una distanza appropriata a valle, se viene inserita una coppia AG prima di quella canonica lo splicing viene spostato su di un nuovo sito; questa sequenza è molto importante proprio perché contiene, al suo interno l’adenina su cui avviene la ramificazione, ma questo vale per alcuni eucarioti, quelli superiori presentano una sequenza consensus molto più variabile. Le sequenze consensus possono essere riconosciute sia dalle proteine che dagli acidi nucleici, le strutture che principalmentele riconoscono sono dei piccoli RNA nucleari (snRNA) che si ritrovano accoppiati con proteine per formare le piccole ribonucleoproteine nucleari (snRNP) che sono: U1, U2, U4, U5 ed U6; tutte quante si uniscono nello spliceosoma. Spliceosoma Gli intermedi di splicing (a lariat), del lievito, non si ritrovano liberi, questi sono legati a particelle 40S che vengono chiamate spliceosomi, negli esseri umani queste particelle si presentano come 60S. È stato visto che l’appaiamento tra U1 ed il sito di splicing al 5’ è essenziale per lo svolgimento dello splicing, però questo nonè sufficiente per uno splicing ottimale, è presente anche un altrosnRNA che si appaia al sito di splicing 5’, la U6, che può essere legato (con legami covalenti) all’introne. Il legame tra U6 ed il secondo nucleotide dell’introne non compare subito nella reazione di splicing, al contrario del prodotto introne-esone2; ma ci sono evidenze sperimentali che U6 sia già legato al sito di splicing 5’ prima della prima reazione di splicing. U6 si lega al substrato di splicing sia prima che dopo la prima reazione, è stata dimostrata anche la presenza di unibrido U2-U6, questo è avvalorato anche dalla complementarietà chepresentano queste due strutture. U2 è complementare anche alla sequenza consensus che si trova in corrispondenza del sito di ramificazione. U5 non presenta evidenti complementarietà con gli altri snRNA o con regioni che si trovano sul substrato di splicing, sembra che si associ con gli esoni posizionandoli correttamente per la seconda

reazione di splicing, infatti è coinvolta nel legame con l’estremità 3’ del primo esone e quella 5’ del secondo. U4 presenta una sequenza che permette di ipotizzare la formazione di un’associazione tra U4 ed U6 per formare due sequenze appaiate (stelo I e stelo II); U4 si dissocia da U6 mentre lo splicing è inatto e può essere separata dallo spliceosoma attraverso un trattamento blando, per questo si può pensare che il suo ruolo siaquello di legare e sequestrare U6 fino a quando questa non entri afar parte dello spliceosoma legando il sito di splicing al 5’; è da notare anche che alcune delle basi che si appaiano allo stelo Idi U4 sono implicate anche in un appaiamento con U2, possiamo interpretarla come un’ulteriore prova sul fatto che la rimozione di U4 permetta ad U6 di appaiarsi. Alcuni tipi di introni non hanno bisogno dello spliceosoma, questiparticolari introni si possono suddividere in due classi:gli introni di gruppo II e quelli di gruppo I. gli introni di gruppo II sono quelli che usano un intermedio a forma di lariat simile a quello che si forma negli introni nucleari ed in cui le snRNP sostituiscono alcune sequenze di questi introni per formare delle strutture che permettono il corretto posizionamento degli esoni 1 e 2 nello splicing. Le sequenze che lavorano posizionando i due esoni sono definite sequenze guida interne. Lo spliceosoma è una struttura complessa formata da vari componenti, sia di natura proteica che ribonucleotidica; le funzioni di assemblaggio e disassemblaggio di questa struttura vengono raggruppate sotto il nome di spliceosoma. U1 è la prima snRNP che si lega all’RNA precursore; U2, grazie al consumo di ATP, si lega subito dopo e successivamente si legano il resto delle snRNP; U6, una volta libero dal legame con U4, sposta U1 dalsuo sito di legame sul sito di splicing 5’, questo processo porta ad uno spliceosoma attivo che contiene solamente U2,U5 ed U6, inoltre sembra che la sostituzione di U1 con U6 sia fondamentale per poter portare a termine la reazione displicing, questa sostituzione sembra abbia bisogno (oltre che dell’ATP) di una proteina chiamata Prp28. La definizione dell’esone ci dice che lo splicing di un dato pre-mRNA può essere determinato dalla definizione dell’esone o dell’introne; nella definizione esonica i fattori di splicing riconoscono le estremità degli esoni eliminando gli introni che sitrovano nel mezzo (ma tutti gli esoni devono essere completi e funzionanti), in quella intronica vengono riconosciute le estremità degli introni.

Lo splicing alternativo è compiuto da circa 1 pre-mRNA su 20, consiste nel fenomeno con cui si producono due o più mRNA alternativi che codificano proteine differenti ma che provengono tutti dallo stesso pre-mRNA; in questo modo lo splicing alternativo può influenzare la natura del prodotto proteico di un gene (e quindi il controllo dell’espressione genica). Lo spliceosoma è una struttura complessa formata da vari componenti, sia di natura proteica che ribonucleotidica; le funzioni di assemblaggio e disassemblaggio di questa struttura vengono raggruppate sotto il nome di spliceosoma. U1 è la prima snRNP che si lega all’RNA precursore; U2, grazie al consumo di ATP, si lega subito dopo e successivamente si legano il resto delle snRNP; U6, una volta libero dal legame con U4, sposta U1 dalsuo sito di legame sul sito di splicing 5’, questo processo porta ad uno spliceosoma attivo che contiene solamente U2,U5 ed U6, inoltre sembra che la sostituzione di U1 con U6 sia fondamentale per poter portare a termine la reazione di splicing, questa sostituzione sembra abbia bisogno (oltre che dell’ATP) di una proteina chiamata Prp28. La definizione dell’esone ci dice che lo splicing di un dato pre-mRNA può essere determinato dalla definizione dell’esone o dell’introne; nella definizione esonica i fattori di splicing riconoscono le estremità degli esoni eliminando gli introni che sitrovano nel mezzo (ma tutti gli esoni devono essere completi e funzionanti), in quella intronica vengono riconosciute le estremità degli introni. Lo splicing alternativo è compiuto da circa 1 pre-mRNA su 20, consiste nel fenomeno con cui si producono due o più mRNA alternativi che codificano proteine differenti ma che provengono tutti dallo stesso pre-mRNA; in questo modo lo splicing alternativo può influenzare la natura del prodotto proteico di un gene (e quindi il controllo dell’espressione genica). Autosplicing Alcuni RNA sono in grado di autoprocessarsi senza lo spliceosoma, per esempio rRNA 26S di Tetrahymena fu il primo scoperto di una serie di RNA contenenti introni ed in grado di fare autosplicing eche furono chiamati introni di gruppo I. questi RNA vengono processati ed i loro introni circolarizzati, il pre-rRNA è in grado di legare tra loro i suoi due esoni, ma la ciclizzazione non corrisponde alla fine del processo, infatti subito dopo l’introne si riapre (esattamente

nel punto in cui si era formato il circolo) e poi si riciclizza rimuovendo quattro nucleotidi dall’estremità 5’. Alla fine l’introne si apre di nuovo (ancora nello stesso punto) e produce un introne lineare più corto. Il fenomeno della ciclizzazione del lariat non richiede apporti energetici dall’esterno, infatti per ogni legame che si apre se ne forma uno nuovo. Durante questo fenomeno sembra che una parte dell’introne si ripiega in una doppia elica con una tasca che trattiene il nucleotide guanosinico grazie ad interazioni idrogeno. Gli RNA che fanno autosplicing sono tutti RNA catalitici e vengonodefiniti ribozimi; non possiamo definirli enzimi perché l’enzima esce dalla reazione nella stessa forma in cui vi è entrato, questo non avviene. La reazione di autosplicing richiede soltanto un catione monovalente, uno bivalente ed un nucleotide guaninico (che deve avere un gruppo 3’-OH) come cofattore; non è richiesta energia. Un ruolo molto importante nell’autosplicing è svolto dagli ioni divalenti, in particolare ioni magnesio, che stabilizzano l’intermedio pentacoordinato che si forma durante le reazioni di transesterificazione. In realtà avvengono tre reazioni di trasferimento. Nella prima, il nucleotide guaninico si comporta come cofattore: fornisce un gruppo libero 3’-OH, che attacca l’estremità 5’ dell’introne. Questa reazione crea il legame Gintrone e genera un gruppo 3’-OH all’estremità dell’esone. La seconda comporta una reazione simile in cui il 3’-OH attacca a sua volta il secondo esone; la saldatura deve avvenire come parte della stessa reazione che rilascia l’introne. La terza reazione converte l’introne in una molecola circolare. Il riconoscimento del sito di splicing al 5’ è possibile grazie alla presenza di una sequenza guida interna all’introne ricca di Gche si appaia con la sequenza che dell’esone al 5’ che termina con il sito di splicing • L’introne può circolarizzarsi quando la G3’ terminale attacca una delle due posizioni vicine all’estremità 5’. Il legame internoviene rotto e la nuova estremità 5’ è trasferita all’estremità 3’OH. Ogni reazione genera un introne circolare ed un frammento lineare che rappresenta la regione 5’ originale (che può essere di15 o 19 basi a seconda di dove avviene l’attacco). Lo splicing dei tRNA è molto simile a quello degli introni di gruppo II, tutti i loro precursori presentano gli introni nello stesso punto, un nucleotide a valle dell’anticodone, inoltre tutti

presentano la stessa conformazione. Ma lo splicing dei tRNA presenta anche delle differenze, le due fasi in cui procede sono differenti, nella prima un’endonucleasi specifica taglia l’introne, nella seconda una RNA-ligasi lega le due metà del tRNA l’una all’altra. Il riconoscimento del sito di splicing al 5’ è possibile grazie alla presenza di una sequenza guida interna all’introne ricca di Gche si appaia con la sequenza che dell’esone al 5’ che termina con il sito di splicing L’introne può circolarizzarsi quando la G3’ terminale attacca una delle due posizioni vicine all’estremità 5’. Il legame interno viene rotto e la nuova estremità 5’ è trasferita all’estremità 3’OH. Ogni reazione genera un introne circolare ed un frammento lineare che rappresenta la regione 5’ originale (che può essere di 15 o 19basi a seconda di dove avviene l’attacco). Lo splicing dei tRNA è molto simile a quello degli introni di gruppo II, tutti i loro precursori presentano gli introni nello stesso punto, un nucleotide a valle dell’anticodone, inoltre tuttipresentano la stessa conformazione. Ma lo splicing dei tRNA presenta anche delle differenze, le due fasi in cui procede sono differenti, nella prima un’endonucleasi specifica taglia l’introne, nella seconda una RNA-ligasi lega le due metà del tRNA l’una all’altra.

Lezione 30 Altri meccanismi di maturazione dell’RNA

Oltre allo splicing, nelle cellule eucariote avvengono numerose altre modificazioni post-trascrizionali dell’RNA. Gli mRNA sono soggetti a due modificazioni che vengono indicate come capping e poliadenilazione. Il capping consiste in una metilazione dell’estremità 5’, rivolta ad una zona denominata cap, il primo cap ad essere caratterizzato fu quello degli RNA virali. Una fosfoidrolasi nucleotidica (la RNA trifosfatasi) taglia un fosfato dal trifosfato che si trova all’estremità 5’ dell’RNA che si sta sviluppando, a questo punto una guanililtrasferasi attacca un GMP del GTP al difosfato dell’estremità. Una metiltrasferasi trasferisce un metile dalla S-adenosilmetionina (AdoMet) all’azotoche si trova in posizione 7 della guanina del cap; a

questo punto un’altra metiltrasferasi utilizza un’altra molecola di AdoMet per mutilare l’idrossile in 2’ del penultimo nucleotide.Nelle cellule eucariote il capping avviene prima che la lunghezza del trascritto nascente raggiunga i 30 nucleotidi. Il cap protegge gli mRNA dalla degradazione, aumenta la loro traducibilità, facilita il loro trasporto dal nucleo al citoplasmaed aumenta la loro efficienza di splicing. Questa struttura è legata al resto dell’mRNA tramite un legame trifosfato che serve aproteggere la molecola dall’attacco delle RNAsi che agiscono a partire dall’estremità 5’ e che non possono tagliare in corrispondenza di legami di questo tipo. L’mRNA eucariotico entra nel ribosoma per essere tradotto grazie ad una proteina che riconosce e lega il cap. quando manca il cap la proteina non riesce a legarsi e l’acido nucleico è tradotto a bassissima efficienza; il poli(A) che si trova al 3’ ed il cap al 5’ agiscono sinergicamente per stabilizzare, ma soprattutto per aumentare, la traduzione dell’mRNA. Il cap facilita il trasporto dell’RNA maturo fuori dal nucleo; l’snRNA U6 ha un comportamento particolare a questo riguardo, visto che è trascritto dalla polimerasi III e che non presenta il cap. Questa molecola mantiene il suo trifosfato terminale e rimaneall’interno del nucleo.

Poliadenilazione Gli hnRNA, i precursori degli mRNA, condividono con questi ultimi una specifica struttura all’estremità 3’, una lunga catena di residui AMP chiamata poli(A). il processo di aggiunta di questa catena agli RNA è definito poliadenilazione. I poli(A) citoplasmatici sono delle strutture soggette ad accorciamento; questa struttura sembra che si posizioni sull’estremità 3’ perché in questo modo può essere velocemente rimosso da un enzima che degrada gli RNA a partire da questa estremità verso l’interno della molecola; la completa digestione di poli(A), tramite la RNAsi, porta alla produzione di una molecola di adenosina. La coda di poli(A) è lunga circa 200 nucleotidi, questa non viene prodotta trascrivendo il DNA (non esistono sequenze del genoma così ricche in timine), quindi la coda deve essere aggiunta dopo la trascrizione. Infatti esiste un enzima del nucleo (PAP) che aggiunge residui di AMP, uno alla volta, al precursore dell’mRNA. Una volta che un mRNA entra nel citoplasma, gli viene processata la sua coda, questa viene continuamente accorciata da RNAsi e ricostruita da una PAP citoplasmatica.

Il meccanismo di poliadenilazione generalmente prevede il taglio di un mRNA precursore, anche prima che la trascrizione sia terminata, e la successiva aggiunta della coda del poli(A) alla nuova estremità 3’. La trascrizione procede almeno fino alla fine dell’ultima regione codificante e la poliadenilazione può avveniresu ognuno dei siti predisposti, presumibilmente prima che la trascrizione dell’intera unità di trascrizione sia completata. Un efficace segnale di poliadenilazione, nei mammiferi, è costituito dalla serie AAUAAA che si trova circa 20 nucleotidi a monte del sito di poliadenilazione; questa sequenza è seguita, più a valle, da una sequenza ricca in G ed U. Prima che un pre-mRNA venga poliadenilato occorrono varie proteineper il taglio;una di queste viene riutilizzata poi per il fenomenodella poliadenilazione, la CPSF, che si lega alla sequenza AAUAAA.Un’altra coppia di proteine che legano l’RNA e che sono implicate nel taglio sono CF I e CF II, inoltre sembra che anche la PAP stessa sia implicata nel taglio, questo perché il taglio è immediatamente seguito dalla poliadenilazione. Un’altra proteina coinvolta nel taglio è la polimerasi II; il CTD stimola la reazione di taglio (è una stimolazione non dipendente dalla trascrizione), questo dominio sembra essere richiesto affinché il taglio risulti efficiente. La poliadenilazione di un RNA tagliato avviene in due fasi: la prima dipende dal segnale di poliadenilazione e porta ad una lentaaggiunta di residui di adenina, la seconda è indipendente dal segnale ma si può svolgere solo dopo l’aggiunta dei residui diadenina aggiunti nella prima fase. In realtà, il segnale di poliadenilazione, è un segnale di taglio,ovvero quel segnale che attrae l’enzima che opera il taglio; il segnale che causa la poliadenilazione dovrebbe essere il segnale di taglio seguito da almeno 8 nucleotidi alla fine dell’RNA. Non appena la poli(A) raggiunge una lunghezza di 10 nucleotidi, l’ulteriore poliadenilazione diviene indipendente dal segnale ma dipende dalla stessa poli(A). L’allungamento della poli(A), nei mammiferi, ha bisogno di un fattore di specificità chiamato PAB II, questa aiuta la PAP nella polimerizzazione della coda. Esistono due differenti PAP (PAP I e PAP II), diverse tra loro a livello della regione carbossiterminale. Il cap può essere essenziale per lo splicing, ma questo è vero solamente per la rimozione del primo introne; allo stesso modo la poli(A) è fondamentale per la rimozione dell’ultimo introne.

PCR ( leggila solamente )

La PCR è la Reazione a Catena della Polimerasi; è un metodo enzimatico di sintesi che permette l’amplificazione in vitro di specifiche sequenze di DNA Grazie all’amplificazione si possono ottenere molteplici copie della stessa sequenza di DNA che possono essere utilizzate negli esami di laboratorio. La PCR impiega l'enzima DNA polimerasi per copiare le molecole di DNA. Per essere più precisi la PCR viene utilizzata per amplificare delle regioni specifiche della catena nucleotidica. Sono necessarie brevi sequenze oligonucleotidiche, denominate inneschi (primers), complementari a sequenze del gene o dei geni che devono essere amplificati. Due inneschi fiancheggianti il DNA bersaglio vengono prodotti mediante un sintetizzatore di oligonucleotidi e aggiunti in grandeeccesso al DNA bersaglio, denaturato mediante calore. In miscela si ha la molecola di DNA ed un’enorme quantità di primers, il tutto ad una temperatura molto elevata. Il grande numero di primers è necessario per avere la certezza della letturadell’acido nucleico e della sua trascrizione. Quando la miscela viene raffreddata, l'eccesso di inneschi specifici per il DNA bersaglio assicura che la maggior parte dei filamenti bersaglio si leghi ad un innesco e non l'un l'altro. Le prime amplificazioni attraverso la PCR sfruttavano la DNA polimerasi di Escherichia coli che veniva danneggiata e quindi ad ogni ciclo di reazione era richiesta l'aggiunta di nuova polimerasi. Il problema è stato risolto con l'impiego di una DNA polimerasi isolata dal batterio termofilo Thermus aquaticus , conosciuta come Taq polimerasi, è stabile a 95 ºC e quindi non risente delle alte temperature impiegate nella PCR per la denaturazione della doppia elica del DNA. Quando la miscela di DNA ed inneschi viene fatta raffreddare si può aggiungere la DNA polimerasi che estende gli inneschi utilizzando come stampo il DNA bersaglio. Dopo un determinato tempo, che viene fatto passare per permettere la formazione dei due nuovi filamenti, si può aumentare di nuovo la temperatura per ottenere la denaturazione dei filamenti neoformati e permettere l’aggancio di nuovi inneschi in maniera daricominciare il processo ed ottenere nuovi filamenti.

• Riassumendo, un ciclo di PCR è suddivisibile in tre fasi: • (1) denaturazione mediante calore della doppia elica del DNA bersaglio. • (2) abbassamento della temperatura per permettere l'ibridazione tra gli inneschi specifici e il DNA bersaglio, • (3) estensione degli inneschi grazie all'azione della DNA polimerasi. È importante notare come il prodotto di un ciclo di PCR possa servire come stampo per quello successivo. -Lezione 31 La traduzione: inizio

La traduzione è quel processo tramite il quale i ribosomi leggono il messaggio genetico contenuto nell’mRNA e producono un prodotto proteico costruito sulla base delle istruzioni presenti sul messaggero. Prima che si attui la traduzione si devono svolgere due eventi: la produzione di una scorta di aminoacil-tRNA tramite il processodel caricamento del tRNA, e la dissociazione dei ribosomi nelle due subunità costituenti. Tutti i tRNA presentano le stesse tre basi all’estremità 3’, la tripletta CCA con l’adenosina terminale che rappresenta il bersaglio per il caricamento. All’acido nucleico viene aggiunto un amminoacido tramite un legame esterico tra il gruppo carbossilico e quello idrossilico dell’adenosina terminale. Questocaricamento avviene in due fasi, catalizzate dall’amminoaciltRNA sintetasi: - si attiva l’amminoacido utilizzando ATP, si forma l’amminoacil-AMP. - l’energia dell’amminoacil-AMP viene usata per trasferire l’amminoacido al suo tRNA, in questo modo si forma l’amminoacil-tRNA. Un ribosoma è una struttura costituita da due subunità, ognuna di queste è composta da uno o due rRNA e da un corredo di proteine ribosomali. Le due subunità si debbono dissociare alla fine di ogni ciclo di traduzione in maniera tale da permettere la formazione di un nuovo complesso di inizio. La dissociazione dei ribosomi batterici nelle due subunità avviene grazie a tre fattoridi inizio (IF1, IF2 ed IF3); IF1 promuove la dissociazione ed IF3 si lega alle subunità minori libere in maniera da prevenire la loro riassociazione poi si dissocia dalla subunità minore prima che venga inclusa nel ribosoma, l’interferenza con la

riassociazione delle subunità ha effetti profondi sull’equilibrio tra i ribosomi formati e sulle subunità singole, queste ultime vengono favorite ed accumulate. Non appena IF1 ed IF3 terminano la dissociazione dei ribosomi, la cellula va a costituire un complesso sulla subunità minore che include anche l’mRNA, l’amminoacil-tRNA ed i fattori d’inizio (il complesso 30S), inizialmente si legano i due fattori, solo dopo vengono attratti il messaggero ed il primo amminoaciltRNA (N-formil-metionina, fMet). AUG è il codone d’inizio in più del 90% dei geni, GUG ed UUG lo sono per l’8% e l’1% dei geni; ma questi codoni si trovano anche all’interno delle sequenze del messaggero,quindi vicino al codone d’inizio si devono trovare o una particolare struttura primaria o una struttura secondaria, in grado di identificare il codone come codone d’inizio e permettere il legame del ribosoma in quel punto preciso. Una struttura secondaria non è quello che identifica i codoni d’inizio, inoltre le sequenze dei punti di partenza non presentanodelle particolari somiglianze; sembra che sia l’appaiamento tra l’rRNA 16S e le regioni a monte dei siti d’inizio della traduzionead essere fondamentale, inoltre è stata scoperta una sequenza AGGAGGU che è il sito di legame al ribosoma,questa sequenza è stata denominata (in onore dei suoi scopritori) sequenza Shine-Dalgarno, sequenza SD. La tripletta d’inizio Gli mRNA procarioti sono generalmente policistronci, ovvero contengono l’informazione per più di un cistrone, o gene; ognuno di questi cistroni presenta un codone d’inizio ed un sito di legame al ribosoma. Quindi i ribosomi si legano indipendentemente ad ogni sito d’inizio fornendo un valido meccanismo per controllare l’espressione genica.Affinché la traduzione prosegua, al complesso30S si deve associare la subunità maggiore del ribosoma, in questomodo si forma il complesso d’inizio 70S; durante questo passaggio i fattori IF1 ed IF3 si dissociano ed il GTP viene idrolizzato a GDP più fosfato inorganico (va ricordato che IF2 ed il ribosoma costituivano una GTPasi). L’idrolisi non avviene fino a quando la subunità maggiore non raggiunge il complesso, solo a questo punto si ha idrolisi e IF2 viene rimosso dal ribosoma; lo scopo dell’idrolisi è proprio quello di rilasciare IF2 e GTP dal complesso in modo che si possa iniziare l’allungamento della catena polipeptidica. Negli eucarioti l’inizio avviene utilizzando la metionina al posto della Nformil-metionina, quindi il tRNA iniziatore porta una metionina non formilata e viene chiamato tRNAMETi o

tRNAi. Inoltre l’mRNA degli eucarioti raramente è policistronico, non contiene sequenze SD e presenta il cap in 5’ che spinge i fattori a legarsi ed a cercare il codone d’inizio; per questo bisogna trovare un sito d’inizio vicino all’estremità 5’, questo avviene riconoscendo il cap e, successivamente, facendo facendo una scansione dell’mRNA in direzione 5’.3’ fino a che non si incontra il codone di inizio. L’interpretazione più semplice per il modello della scansione prevede che il ribosoma riconosca il primo AUG che incontra ed inizi la traduzione; è stato osservato che l’inizio più efficienteavviene con la sequenza ACCAUGG (regola di Kozak). Negli mRNA che presentano a monte un AUG ma riescono ugualmente ad iniziare su diun AUG che si trova a valle si trovano dei codoni di stop tra i due codoni AUG, quindi la sequenza a valle rappresenta un reinizioper i ribosomi che hanno iniziato sul codone a monte (perché hannoterminato sulla sequenza di stop ed hanno continuato) Un codone d’inizio ed uno di terminazione a valle nello stesso registro di lettura rappresentano i confini di uno schema di lettura aperto (ORF), una zona che potenzialmente codifica una proteina, condizione fondamentale è che l’ORF a monte deve essere breve. La presenza di strutture a forcina nell’mRNA può influenzare l’inizio, sia positivamente che negativamente; per esempio uno stelo ed un’ansa a valle di AUG può impedire alle subunità ribosomiali di saltare quel particolare sito di inizio, ma strutture secondarie di questo tipo possono avere anche un effetto negativo. Il modello della scansione, di cui abbiamo parlato nei vari casi, presenta alcune apparenti eccezioni. Quella meglio documentata è quella dell’mRNA policistronico dei picornavirus (per esempio del poliovirus), che mancano di cap. in questo caso i ribosomi riescono comunque a cominciare grazie ad un codone d’inizio interno senza una vera e propria scansione; anche alcuni mRNA cellulari dotati di cap presentano delle sequenze (IRE) che possono attirare i ribosomi direttamente e senza l’intromissione del cap.

Fattori d’inizio Negli eucarioti sono necessari alcuni fattori per riconoscere il cap al 5’ che si trova sull’mRNA e legare la subunità del ribosomapiù vicina; ricordiamo: eIF1 (va notato che le sigle d’inizio dei fattori eucariotici cominciano sempre per e) che serve per fare la scansione del codone d’inizio. La sua stimolazione è modesta, ma senza questo fattore la subunità minore riesce a fare la scansione solamente di

alcuni nucleotidi e rimane legata debolmente all’mRNA. Questo fattore, associato ad eIF1A, converte i complesso incorretti, distruggendoli, sull’mRNA e forza un nuovo complesso a formarsi. una scansione dell’mRNA in direzione 5’.3’ fino a che non si incontra il codone di inizio. eIF2 che è responsabile del legame tra il ribosoma e l’amminoaciltRNA d’inizio, e richiede GTP. Il fattore di scambio eIF2B, che scambia il GDP con ilGTP. eIF3, che lega la subunità maggiore impedendole di legarsi a quella maggiore. eIF4F, una proteina complessa che lega il cap permettendo alla subunità minore di legarsi all’estremità 5’ dell’mRNA. Il complesso è formato da una proteina di legame al cap, eIF4E, ed altri due polipeptidi, eIF4A ed eIF4G, il primo fa parte delle proteine DEAD e contiene un’attività i RNA elicasi che svolge, grazie ad un fattore (eIF4B) che stimola l’interazione tra il peptide e l’mRNA, le forcine. eIF4G partecipa come un adattatore che può interagire con varie proteine differenti (tra cui eIF3 ed eIF4E). eIF5, che stimola l’associazione tra la subunità maggiore del ribosoma ed il complesso d’inizio. Inoltre aiuta eIF2 ad idrolizzare il GTP. Il fattore eIF5B agisce cataliticamente con ilGTP nella stimolazione dell’associazione tra le due subunità. eIF6, che lega la subunità maggiore impedendo che si leghi prematuramente a quella minore. Le strutture secondarie dell’mRNA possono rivelarsi importanti nell’efficienza della traduzione, per esempio il codone d’inizio del cistrone della replicasi dei fagi MS2 è nascosto all’interno di una struttura secondaria che coinvolge anche parti di un gene per il rivestimento; questo spiega perché il gene per la replicasi non viene tradotto finchè non si traduce quello per il rivestimento: iribosomi leggendo il gene per il rivestimento aprono la struttura secondaria che nasconde il codone d’inizio del gene per la replicasi. Nel caso dei procarioti possiamo avere un controllo anche attraverso un meccanismo di repressione a feedback. Per esempio nella traduzione dei cistroni che codifica i geni per le proteine ribosomiali in E. coli alcuni cistroni che codificano per le proteine L11 ed L1 vengono tradotti; quando L1 è prodotta in quantità moderate, questa interagisce con una struttura a forcina

dell’rRNA, quando aumenta la sua traduzione si lega ad una struttura a stelo ed ansa vicino al sito di inizio e reprime la traduzione di L1 ed L11. Al contrario di quelli procarioti, gli mRNA degli eucarioti vivonopiù a lungo, offrendo molte più opportunità di controllo traduzionale. Il meccanismo più comune di controllo è la fosforilazione dei fattori d’inizio, sia inibitoria che stimolatrice. L’esempio più conosciuto di fosforilazione inibitoria si ha nei reticolociti che producono emoglobina; quandoqueste cellule si trovano in condizioni di carenza di eme non interrompono la trascrizione, viene bloccata la traduzione, l’assenza di eme mette in moto una proteina chinasi, il repressoreeIF2 che controllato dall’eme (HCR) che fosforica una subunità di eIF2, questa si lega più fortemente ad eIF2B immobilizzandolo e costringendo eIF2 a rimanere in forma inattiva costringendo ad un fermo l’inizio della traduzione.

n° Lezione: 32 La traduzione: ultime fasi Le proteine vengono prodotte un amminoacido alla volta e la lettura dell’mRNA avviene in direzione 5’.3’. Con il termine codice genetico ci si riferisce ad un gruppo di parole in codice da tre basi (denominati codoni) presente nell’mRNA che fornisce al ribosoma le informazioni per incorporarespecifici amminoacidi i un polipeptide. Questo codice non si sovrappone, infatti il cambio di una base non cambia più di un amminoacido nella proteina risultante; inoltre il codice non presenta interruzioni, questo lo possiamo vedere in quanto le mutazioni che aggiungono o sottraggono una base dal messaggio risultano letali tranne nel caso in cui avvengono alla fine del messaggio (che sono le mutazioni frameshift). Aggiungendo una base in più non alla fine non si cambia solamente il codone in cui compare, ma tutti i codoni da quel punto in poi (si ha uno slittamento verso sinistra del registro di lettura); inun codice con interruzioni ogni codone avrebbe a fianco una zona non tradotta e la delezione o l’inserzione di una base cambierebbe solo il codone interessato. Ogni tripletta del codice codifica per un amminoacido, ma in molticasi più di una tripletta codifica un dato amminoacido, in altre parole il codice è degenerato; esistono 64 differenti codoni per 20

amminoacidi, e tutti vengono usati. Tre sono codoni di stop, gli altri sono specifici per gli amminoacidi, solamente la metionina ed il triptofano sono codificati da un solo codone.

L’organismo gestisce la presenza di più codoni grazie a tRNA multipli (specie isoaccettori) per lo stesso amminoacido,ognuno per un codone differente. Crick ipotizzò che le prime due basi si appaino correttamente con l’anticodone, ma l’ultima base può vacillare e formare un appaiamento insolito, questa ipotesi (del vacillamento) venne proposta per la G dell’anticodone che si può appaiare sia con la C ma anche on una U, formando una coppia di basi vacillante. Il fenomeno del vacillamento riduce il numero deitRNA richiesto per la traduzione. Quasi tutti gli organismi mostrano di condividere lo stesso codice, ma esistono alcune eccezioni, la prima si ha nei genomi dei mitocondri di D. melanogaster, dove UGA codifica per il triptofano e non è un codone di stop; nei mitocondri di mammifero AGA e AGG non codificano per l’arginina ma sono codoni di stop. Bisogna però considerare il fatto che i cambiamenti di una singolabase danno sempre un amminoacido chimicamente simile, e quindi nessuna di queste mutazioni causerebbe grossi cambiamenti; inoltrele transizioni, ovvero la sostituzione tra due purine o tra due pirimidine (che quindi non provocano grandi variazioni), sono molto più frequenti delle trasversioni, il cambiamento di una purina con una pirimidina o viceversa. Inoltre è molto più probabile che il ribosoma legga male le basi periferiche piuttostoche la centrale, questo non comporta una sostituzione, al massimo un piccolo cambiamento nell’amminoacido codificato.

Allungamento Su ogni ribosoma sono presenti tre siti di legame per l’amminoaciltRNA: il sito P (peptidilico), il sito A (amminoacilico) ed un sito di legame per il tRNA deacilato, il sito E (di uscita). Affinché l’allungamento cominci bisogna che ci sia un amminoacido che si unisca al primo, questo arriva portato dal tRNA corrispondente al secondo codone che si va a legare al sito A grazie ad un fattore di allungamento (EF-Tu) ed al GTP. Dopo l’arrivo del tRNA si forma il primo legame peptidico grazie alla peptidil-trasferasi, questa trasferisce il primo amminoacido dal sito P al sito A lasciando nel sito P il tRNA deacilato (ovvero privo dell’amminoacido). Nel passaggio successivo, la traslocazione, l’mRNA con il peptidil-tRNA nel sito A, si muove

avanti di un codone; a questo punto il tRNA deacilato lascia il ribosoma attraverso il sito E, il dipeptidil-tRNA entra nel sito P, un altro codone si muove dentro il sito codificato. A per andare ad interagire con un nuovo amminoacil-tRNA. Il fenomeno di traslocatone richiede un fattore di allungamento (EF-G) e GTP. A questo punto ricomincia il ciclo; abbiamo una sequenzadi molti cicli fino a che il ribosoma raggiunge l’ultimo codone dell’mRNA e termina la traduzione. L’esistenza dei siti A e P è stata verificata grazie ad esperimenti con la puromicina (un antibiotico), questa è costituita da un amminoacido legato ad un analogo dell’adenosina, lega il sito A e può formare un legame peptidico con il peptidi presente nel sito P. la peptidilpuromicina non si lega strettamente al ribosoma,venendo rilasciata molto presto, durante la sintesi proteica con la peptidil-puromicina, si possono evidenziare due stati del ribosoma: uno reattivo alla puromicina ed uno non reattivo; questi due stati richiedono almeno due siti di legame per il peptidil-tRNA sul ribosoma, il sito A ed il sito P. più avanti è stata evidenziata la presenza di un terzo sito ribosomiale, il sito E, che lega il tRNA deacilato in uscita dal ribosoma. Possiamo dividere l’allungamento in tre fasi: Nella prima fase sono richiesti due fattori proteici che inducono la formazione di un legame peptidico, sono i fattori EF-T (che trasferisce gli amminoacil-tRNA al ribosoma) ed EF-G (che presentaun’attività GTPasica). EF-T è composto da due proteine (EF-Tu ed EF-Ts). Questi tre fattori partecipano al primo ed al terzo passaggio dell’allungamento. Tu e Ts sono richiesti per il legame dell’amminoaciltRNA al ribosoma, questi cooperano per mediare questo trasferimento. Generalmente il ribosoma lega l’amminoacil-tRNA che è stato richiamato dal codone nel sito A, se in questa fase commette un errore il ribosoma può ancora correggersi rigettando l’amminoaciltRNA non corretto prima che questo ceda il suo amminoacido; questo processo prende il nome di correzione di bozze. La dissociazione del complesso ternario incorretto avviene sempre prima che ci sia l’idrolisi del GTP, in questo modo l’amminoacil-tRNA non rimane legato al ribosoma. Un amminoacil-tRNA incorretto, quindi, si dissocia prima che il suo amminoacido venga incorporato nella catena polipeptidica, ovviamente più velocemente procede la traduzione, meno accurata

essa diventa.Nella seconda fase si ha la formazione del legame peptidico. È il ribosoma stesso che contiene l’attività enzimatica, la peptidiltrasferasi, necessaria per la formazione del legame tra i due amminoacidi. Facendo reagire la puromicina con la subunità maggiore del ribosoma si dovrebbe dimostrare che è in questa subunità che si trovi l’attività enzimatica, ma ancora non ci sonodati certi. È l’rRNA il fattore chiave nella peptidil-trasferasi, infatti è stato dimostrato che i componnti minimi per l’attività enzimatica sono l’rRNA 23S e le proteine L2 ed L3, ma sembra che sia l’rRNA 23S a contenere l’attività catalitica. La terza fase è quella di traslocazione, questa prevede il movimento in avanti dell’mRNA e del peptidil-tRNA attraverso il ribosoma; questo processo richiede il fattore di allungamento EF-Gche idrolizza il GTP. Un aspetto molto importante è che la traslocazione sposti l’mRNA esattamente di 3 nucleotidi attraverso il ribosoma, in questo modoi tre nucleotidi addizionali entrano nel ribosoma e ne risultino protetti.

Terminazione Il ciclo di allungamento si ripete più volte, alla fine del codiceil ribosoma incontra un codone di stop, questo segnale che è giunto il momento per avviare l’ultima fase della traduzione, la terminazione. Il primo codone di terminazione ad essere identificato fu il codone ambra, poi vennero identificati il codone ocra ed il codone opale; nel codice genetico si incontrano solo tre codoni che non codificano amminoacidi, i nonsenso: UAG, UAA e UGA. Il codone ambra è correlato a UAG, UAA è legato al codone ocra e UGA è, per esclusione, il codone opale. Un tRNA soppressore è un tRNA che possiede un anticodone complementare al codone ambra UAG; in questo modo si può appaiare con il codone di stop ed inserire una tiroxina nel polipeptide in crescita, permettendo, in questo modo, al ribosoma di superare il codone di stop senza terminare la traduzione. Generalmente i tRNA non riconoscono i codoni di stop, questo avviene grazie a proteine chiamate fattori di rilascio (RF). RF1 coopera con i codoni di stop UAA ed UAG, un altro fattore, RF2, coadiuva UAA e UGA. Un terzo fattore di rilascio (RF3), una GTPasi

ribosoma-dipendente, lega il GTP ed aiuta gli altri due fattori dirilascio a legarsi al ribosoma. Il fattore di rilascio batterico mima il tRNA nel riconoscimento specifico dei codoni di stop. I fattori di rilascio eucariotici presentano un comportamento differente, il primo fattore ad essere scoperto fu eRF, questo puòriconoscere tutti e tre i codoni di stop e collabora con una proteina G. E’ presente anche un secondo fattore, eRF3, che svolge il ruolo dell’RF3 batterico. La struttura di eRF presenta una forte somiglianza con la struttura a due estremità del tRNA. Ad un’estremità presenta una regione simile all’anticodone, all’altra, il sito attivo che sembra proteine partecipi all’idrolisi del legame tra il polipeptide terminato ed il suo Trna. Nell’mRNA possono insorgere delle mutazioni nonsenso che causano una terminazione prematura; alcuni mRNA (chiamati mRNA non-stop) mancano, invece, dei codoni di terminazione, i ribosomi li traducono fino a bloccarsi. Sia la terminazione prematura che i ribosomi bloccati producono delle proteine incomplete. Per gestiregli mRNA non-stop, le cellule devono degradare le proteine aberranti e rilasciare le due subunità ribosomiali affinché possano partecipare ad altre traduzioni. I procarioti usano gli RNA di trasferimento del messaggero (tmRNA), questi possiedono un dominio tRNA-simile (chiamato TLD) e, nella parte centrale, una sequenza ORF che codifica un peptidi idrofobica che rende l’intero polipeptide un bersaglio per la degradazione. Gli eucarioti mancano dei tmRNA, ma il sito A dei loro ribosomi bloccati può contenere da zero a tre nucleotidi, questo stato viene riconosciuto da una proteina chiamata Ski7p chesi associa con il sito A e con l’esosoma citoplasmatico che degrada l’RNA. Gli eucarioti hanno evoluto due sistemi per risolvere il problema della terminazione prematura: il decadimento dell’mRNA mediato da nonsenso e lo splicing alterato associato al nonsenso. Il primo dipende dall’identificazione di codoni di stop prematuri misurandola distanza tra il codone di stop ed un elemento destabilizzante avalle (nei mammiferi questo elemento è rappresentato da una serie di proteine che legano le giunzioni esone-esone). Il secondo fenomeno identifica un codone di stop prematuro in registro e fa in modo che l’apparato di splicing maturi il pre-mRNA in maniera alternativa, eliminando questo codone dall’mRNA maturo.

Lezioni dalla 33 alla 40

Lezione 33Tessuto epiteliale Il tessuto epiteliale è presente nel corpo in due diverse forme: l’epitelio di rivestimento e le ghiandole. Il primo riveste la superficie del corpo, interna ed esterna, le ghiandole producono, accumulano e secernono sostanze (chiamate secreti). Il tessuto epiteliale origina da tutti e tre i foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma ed endoderma); è costituito da cellule strettamente addossate le une alle altre con in mezzo pochissima sostanza intercellulare. Le cellule del tessuto epiteliale sono connesse tra loro tramite particolari complessi di giunzioni e sono separate dal sottostantetessuto connettivo dalla lamina basale, una lamina acellulare composta in parte da un derivato epiteliale, la lamina basale verae propria, ed in parte da un derivato connettivale, la lamina reticolare. Le funzioni del tessuto epiteliale sono: 1. Protezione 2. Trasporto 3. Assorbimento 4. Secrezione 5. Percezione della sensibilità L’epitelio di rivestimento può essere costituito da un unico strato di cellule, ed in questo caso parliamo di epitelio sempliceo monostratificato, oppure da più strati di cellule, e quindi parliamo di epitelio pluristratificato. Un epitelio semplice molto particolare è l’epitelio pseudostratificato, localizzato nella trachea, in cui le cellule poggiano tutte sulla lamina basale ma non tutte arrivano al lume (la superficie libera). Un tipo particolare di epitelio pluristratificato è quello di transizione, localizzato nelle basse vie urinarie, in cui le cellule dello strato superficiale assumono forma diversa a secondadello stato funzionale dell’organo. Gli epiteli posso essere classificati anche in base alla forma delle cellule, in questo caso avremo: cellule squamose epitelio pavimentoso, cellule colonnari epitelio cilindrico, cellule cuboidali epitelio cubico Una caratteristica è il continuo ricambio di cellule; questo ricambio rimane costante, le nuove

cellule vengono prodotte per mitosi dalle cellule dello strato basale. Le cellule degli epiteli presentano delle caratteristiche citologiche particolari in virtù delle loro funzioni. Le specializzazioni possono riguardare la regione apicale (la parte esposta verso il lume), la regione basale (la parte ancorata alla lamina basale) e la regione laterale. Specializzazioni Microvilli: sono delle espansioni citoplasmatiche che vanno dalla cellula verso il lume; sono costituiti da un asse centrale, costituito da filamenti di actina tenuti insieme da filamenti di villina ed ancorati ad una regione apicale, che si ancora nel citoplasma cellulare alla rete terminale, una regione costituita da molecole di actina e spettina. Flagelli: sono simili alle ciglia ma presenti in minor numero e con dimensioni maggiori; nell’uomo le uniche cellule dotate di flagelli sono gli spermatozoi. Complessi giunzionali:possono essere di vari tipi, tutti uniscono tra loro le cellule vicine. Abbiamo le aderenti, o adesive, le occludenti, o strette, e le comunicanti, emidesmosomi ( servono per ancorare la cellula alla membrana basale)

Epitelio squamoso semplice È composto da cellule poligonali con un nucleo centrale, si ritrova negli alveoli polmonari e nel rene. Epitelio cubico semplice È composto da cellule più o meno quadrate con un nucleo centrale, si ritrova nell’ovaio ed in molti dotti ghiandolari. Epitelio cilindrico semplice È costituito da cellule colonnari a profilo rettangolare con il nucleo in posizione basale, si ritrova in quasi tutto il digerente, dove sono presenti i microvilli, e nell’utero, dove sono presenti le ciglia. Epitelio squamoso stratificato Può essere cheratinizzato o no, in entrambe i casi si tratta di unepitelio il cui strato basale presenta cellule cubiche, gli stratiintermedi cellule polimorfe e lo strato superficiale da cellule appiattite, queste ultime sono nucleate nell’epitelio non cheratinizzato e morte in quello cheratinizzato. Epitelio cubico stratificato Si trova nei dotti delle ghiandole sudoripare. Epitelio cilindrico stratificato

È costituito da due strati, il più profondo di cellule cubiche ed il più superficiale di cellule cilindriche; lo troviamo nella congiuntiva dell’occhio e nell’uretra maschile.

Epitelio ghiandolare L’epitelio ghiandolare è quel particolare tessuto epiteliale che va a costituire le ghiandole. Queste si originano a seguito di unamigrazione di alcune cellule epiteliali, che si trovano in superficie, nel sottostante connettivo. Le ghiandole producono delle sostanze nella zona intracellulare e le accumulano dentro delle sacche di membrana (le vescicole di secrezione). Tra i materiali prodotti ricordiamo: - ormoni-Sostanze cerose - Mucina -Liquidi con Sali Le cellule delle ghiandole rilasciano, una volta accumulate, le vescicole di secrezione in modo da riversare il contenuto nell’ambiente extracellulare, in base alla distanza a cui si trovail bersaglio interessato dalla secrezione noi potremo distinguere secrezioni di tipo: – Autocrina: il bersaglio è la cellula stessa. – Paracrina: il bersaglio si trova vicino alla cellula. – Endocrina: il bersaglio è molto lontano e quindi il secreto deveessere riversato nei liquidi circolatori. Si possono distinguere due tipi ghiandolari: esocrino ed endocrinoGhiandole esocrine, sono quelle ghiandole che riversano il loro secreto all’esterno del corpo (o nel canale digerente) tramite un dotto. Possono essere unicellulari, sono cellule isolate immerse in un epitelio (cellule caliciformi), o multicellulari, sono dei raggruppamenti di cellule secernenti organizzate in vario modo (semplici o composte, tubulari acinose, alveolari o tubuloalveolari) ma sempre divise in lobi e lobuli da setti. Ghiandole endocrine, sono quelle ghiandole che riversano il loro secreto all’interno del corpo, nei liquidi circolanti, senza un dotto escretore. Sono parti del corpo altamente vascolarizzate e presentano varie morfologie. Le cellule epiteliali ghiandolari a funzione endocrina possono essere organizzate in cordoni od in follicoli. • Le ghiandole endocrine presenti nel corpo umano sono: • Ipofisi • Tiroide

• Paratiroidi • Pancreas endocrino • Surrenali • Gonadi (testicoli ed ovaie)

Oltre alle ghiandole endocrine appena elencate, ci sono altri organi che possiedono alcune funzioni di tipo endocrino : il cuore(che secerne il fattore natriuretico atriale) ed il rene (che secerne renina).

-Lezione 34Tessuto connetivo Il tessuto connettivo rappresenta la maggior parte dell’organismo,si presenta sotto molteplici forme e connette tra loro gli altri tessuti ed organi, fornendo un sistema di integrazione all’intero organismo. Le funzioni del tessuto connettivo sono molteplici, tra queste ricordiamo: -strutturale -difesa -deposito -trasporto Il connettivo è costituito da poche cellule immerse in una gran quantità di sostanza intercellulare, questa la dividiamo in: sostanza fondamentale e fibre. La sostanza fondamentale è una sostanza idrata amorfa composta da glicosaminoglicani, proteoglicani (responsabili dello stato gelatinoso) e glicoproteine. Le fibre connettivali si dividono in : • Collagene: sono fibre resistenti alla trazione e non estensibili, formate da tropocollageno sono di molti tipi (15 nell’uomo). • Fibreelastiche : sono elastiche ed in grado di allungarsi, formate da elastina e microfibrille. • La sostanza intercellulare, comunemente chiamata matrice, può presentarsi sotto molteplici aspetti. È proprio la struttura della matrice a caratterizzare al meglio la funzione di un tessutoconnettivo. Nel sangue la matrice si presenta molto liquida, costituita in gran parte da acqua, in questo modo le sostanze possono essere trasportate da una parte all’altra dell’organismo con maggior facilità. Nelle ossa la matrice, al contrario del sangue, è mineralizzata; in questo modo l’osso si presenta come una struttura compatta, ideale per svolgere una funzione di sostegno.

• Gli elementi cellulari del tessuto connettivo si dividono in: Elementi fissi: ovvero quelle cellule che rimangono sempre nel tessuto connettivo, sono cellule che presentano una vita lunga. Elementi migranti: sono quelle cellule che si trovano solo transitoriamente nel connettivo e si spostano in varie zone del corpo. Presentano una vita breve. Cellule connettivali • Fibroblasti. Sono le cellule che producono la matrice, generalmente non attuano la mitosi, a parte nei fenomeni di riparazione di una lesione, possono a loro volta differenziarsi ulteriormente in cellule adipose e cartilaginee. Li possiamo suddividere in due gruppi a seconda che si trovino o no in attività. I fibroblasti attivi sono fusiformi e strettamente associati alle fibre di collagene, presentano un nucleo ovale molto grande e definito. I fibroblasti a riposo sono molto più piccoli, presentano un nucleo allungato. • Periciti. Si trovano intorno alle pareti dei capillari, presentano una membrana basale e sono in grado di differenziarsi in altre cellule. • Plasmacellule. Sono cellule differenziatesi da globuli bianchi, linfociti B, producono anticorpi. Presentano un grosso nucleo centrale, che presenta la cromatina disposta a ruota con una zona centrale e dei raggi che vanno verso la periferia, ed un citoplasma basofilo.• Macrofagi. Svolgono una funzione di pulizia per fagocitosi, hanno una forma irregolare, con numerose estroflessioni citoplasmatiche, un citoplasma basofilo ed un nucleo reniforme. I macrofagi originano dai monociti, questi si originano nel midollo osseo da cui poi migrano nel sangue dove rimangono in circolo in attesa di stimoli precisi, non appena arrivano questi segnali i monoliti migrano nel connettivo e si trasformano in macrofagi. Se nel corpo entra un corpo estraneo molto voluminoso imacrofagi possono organizzarsi tra loro per formare le cellule giganti da corpo estraneo e fagocitarlo. • Mastociti. Cellule molto grandi che presentano un nucleo sfericoin posizione centrale. Presentano dei granuli, immersi nel citoplasma, che contengono: eparina, istamina, serotonina che sono mediatori dell’infiammazione. Distinguiamo veri tipi di tesuto connettivo propriamente detto:• tessuto connettivo p.d. lasso. Si trova intorno agli organi e alle cavità interne; si ritrova al di sotto degli epiteli, dove

spesso entra in contatto i patogeni, quindi in questo tessuto troviamo moltissime cellule di difesa. • tessuto connettivo p.d. denso. Rispetto al lasso contiene meno cellule e più fibre, soprattutto collagene, che lo rendono resistente alla trazione. Lo si può dividere in: irregolare, le fibre formano una rete; regolare fibroso, le fibre sono associate in fasci paralleli che formano dei cilindri di fibre; e regolare elastico, composto principalmente da fibre elastiche che si possono associare in lamine. • tessuto connettivo p.d. reticolare. È formato per la maggior parte da fibre collagene che si associano a formare una struttura reniforme. • tessuto connettivo p.d. adiposo. È costituito da adipociti, cellule non in grado di attuare la mitosi che accumulano trigliceridi; li dividiamo, in base al modo di accumulare grasso, in: uniloculari, rotondi e con il nucleo ed il citoplasma schiacciati contro la membrana, accumulano il grasso in un’unica goccia lipidica; e multiloculari, sono più piccole e con un nucleosferico e centrale, accumulano il grasso in tante gocce. Gli adipociti uniloculari costituiscono il tessuto adiposo bianco, di colore biancastro, riccamente vascolarizzato che si trova negli strati sottocutanei. • Il tessuto adiposo bruno, invece, è costituito dagli adipociti multiloculari, presenta un colore rosso o bruno a causa della sua estesa vascolarizzazione, questa è simile a quella delle ghiandole. Questo tessuto è presente principalmente nei mammiferi ibernanti, in quanto è associato alla produzione rapida di calore, quindi risulta essere di fondamentale importanzain quegli animali che, usciti dal periodo di ibernazione, hanno bisogno di riscaldare velocemente il loro corpo.

Lezione 35 attività

Tessuti connettivi di sostegno L’osso è un tessuto connettivo specializzato che svolge funzione di sostegno, insieme alla cartilagine costituisce il sistema scheletrico. Presenta una matrice extracellulare in cui precipita il fosfato di calcio, è quindi calcificata. Tra le funzioni dell’ossoricordiamo, oltre al sostegno: • protezione

• riserva di minerali • leva per i muscoli • emopoiesi • Come la cartilagine è ricoperta dal pericondrio, anche l’osso presenta una capsula connettivale che lo ricopre, il periostio (costituito da una parte esterna fibrosa ed una interna cellulare), presenta una cavità centrale, midollare, delimitata dauno strato cellulare di osteoblasti e cellule steoprogenitrici, alcui interno si trova il midollo osseo.La matrice ossea è composta da: • Parte inorganica, costituita da minerali, tra questi i più abbondanti sono il calcio ed il fosforo che si combinano in cristalli di idrossiapatite, una delle strutture più dure del corpo umano. • Componente organica, costituita quasi esclusivamente da collagene e complessi di aggrecani, ma sono presenti anche altre proteine, tra cui l’osteoponina e l’osteocalcina. • Le cellule ossee sono: • Cellule osteoprogenitrici, presentano un aspetto affusolato con un nucleo centrale ovale; si possono differenziare in osteoblasti o condrociti. • Osteoblasti, sono le cellule che sintetizzano la matrice ossea, si trovano sulla superficie dell’osso disposte in lamine. Sono cellule cilindriche che presentano una certa polarità, il loro nucleo, infatti, si trova nella zona dove avviene la secrezione. Sono in contatto con altri osteoblasti tramite estroflessioni citoplasmatiche che si uniscono con gap junction. Tra lo strato di osteoblasti e l’osso deposto si trova l’osteoide, un’area non calcificata dove vengono deposti i sali. • Osteociti, la deposizione di Sali, col passare del tempo, circonda tutto l’osteoblasto, facendolo divenire un’osteocita, alloggiati nelle lacune ossee; da ogni lacuna si dipartono canalicoli che contengono le estroflessioni citoplasmatiche. • Osteoclasti, sono le cellule responsabili del riassorbimento osseo. Sono cellule di grandi dimensioni, multinucleate e con citoplasma acidofilo; originano dallo stesso progenitore dei monociti. Gli osteoclasti si trovano nelle lacune di Howship; presentano quattro regioni caratteristiche: 1) zona basale, che contiene i nuclei e la maggior parte degli organuli; 2) bordo a

spazzola, formata da estroflessioni citoplasmatiche che si affondano nella zona di riassorbimento; 3) zona chiara, è situata vicino all’orletto a spazzola, il suo citoplasma aderisce all’ossonella zona di adesione; 4) zona vescicolare, comprende le vescicole in movimento nella cellula.

Cartilagine La cartilagine svolge funzione di sostegno per l’organismo partecipando alla costituzione del sistema scheletrico. È un tessuto connettivo specializzato costituito da condrociti, condroblasti e cellule condrogeniche, cellule che producono la sostanza extracellulare e che si trovano alloggiate dentro a lacune. La matrice è ricca in aggrecani e condronectina, oltre alle altre sostanze comuni a tutti i tipi di connettivo. È un tessuto avascolare, privo anche di nervi e vasi linfatici, il nutrimento arriva dal torrente sanguigno per diffusione, è per questo che la cartilagine non costituisce mai strati molto spessi.La cartilagine svolge un ruolo importante nelle articolazioni ed in causo di trauma. • I condroblasti sono cellule in cui avviene un’intensa attività di sintesi; producono matrice fino a rimanerne sommersi, a quel punto si trasformano in condrociti, ovvero entrano in uno stato latente. I condrociti possono comunque ritornare a livello dei condroblasti e ricominciare le sintesi. Le cellule condrogeniche sono cellule fusiformi con un grande nucleo ovoidale che possono differenziarsi in condroblasti o in cellule osteoprogenitrici. • La cartilagine è ricoperta dal pericondrio, una struttura connettivale vascolarizzato che porta il nutrimento alle varie cellule. Il pericondrio si forma dalle cellule mesenchimali che sitrovano alla periferia del tessuto, è costituito da uno strato esterno, di natura fibrosa, e da uno interno, di natura cellulare.Possiamo suddividere la cartilagine in tre tipi fondamentali: cartilagine ialina: si presenta con un colore bluastro, è la cartilagine più abbondante del corpo, la ritroviamo nel naso, nel sistema respiratorio e nella gabbia toracica. Durante la sua formazione le cellule mesenchimali divengono tonde e formano dei centri condrocitari, ammassi di più condroblasti che secernono matrice fino a rimanere racchiusi nelle lacune. Molto spesso i condrociti non si trovano isolati ma in piccoli gruppi, chiamati gruppi isogeni, da cui per produzione della matrice, si formeranno le lacune con i singoli condrociti; questo accrescimento viene chiamato accrescimento interstiziale; un altro tipo di

accrescimento è quello per apposizione, dove le cellule del tessuto interno del pericondrio si differenziano in condroblasti che permettono un aumento di volume della struttura. • cartilagine elastica: si presenta con un colore giallognolo, la ritroviamo nell’orecchio e nella laringe. Presenta una matrice ricca in fibre elastiche che si associano al collagene. • cartilagine fibrosa: è una cartilagine che ritroviamo nei dischiintervertebrali, priva di pericondrio e con poca matrice ma molto collagene; spesso i condrociti sono disposti in cordoni. Nei dischi intervertebrali è presente un nucleo centrale (nucleo polposo) gelatinoso circondato da una struttura (anello fibroso) di fibrocartilagine.

Le ossa Nell’osteoclasto viene sintetizzata l’anidrasi carbonica, questa porta alla formazione dell’acido carbonico a partire da acqua ed anidride carbonica; quest’acido libera ioni H+ che vengono pompatinello spazio tra osteoclasto e osso, in questo modo si provoca un abbassamento del valore di pH che porta in soluzione la matrice ossea. Durante la fase embrionale si ha uno sviluppo dell’osso primario, un tessuto ricco in fibre collagene ed osteociti, che poi verrà sostituito dall’osso secondario, costituito da lamelle e con meno osteociti sparsi tra queste. • Possiamo classificare le ossa, in base alla loro forma, in: • ossa lunghe • ossa piatte • ossa irregolare • Nelle ossa lunghe possiamo osservare una zona centrale più stretta, la diafisi, e due regioni periferiche più larghe, le epifisi; queste sono separate dalla diafisi grazie alla piastra epifisaria. Se sezioniamo un osso lungo potremo osservare una zona esterna, formata da osso compatto e costituita da sistemi Haversiani, ed una zona interna formata da osso spugnoso e costituita da trabecole e spicole ossee. Quasi tutto l’osso compatto è costituito da sistemi di lamelle concentriche, chiamati osteomi. Un osteone, o sistema di Havers, èl’unità costituente l’osso compatto. Si sviluppa attorno ad un canale centrale, chiamato canale Haversiano, con cerchi concentrici di lamelle su cui si trovano gli osteociti; il confine

di un osteone è dato dalla linea cementante, uno strato di matriceamorfa. Nel canale Haversiano passano i vasi sanguigni ed il connettivo, è delimitato da uno strato di osteoblasti e cellule osteoprogenitrici; è collegato agli altri canali Haversiani tramite piccoli canalicoli, i canali di Volkmann. Gli osteociti sono inseriti in spazi dentro lamatrice, le lacune, e sono collegati tra loro grazie ad estroflessioni citoplasmatiche che si connettono tramite gap-junction e che sono alloggiate dentro a canalicoli. L’osso può formarsi seguendo due percorsi differenti: • Ossificazione intramembranosa, è la via per formare quasi tutte le ossa piatte, inizia nel tessuto mesenchimale dove degli osteoblasti iniziano a depositare la matrice in spicole e trabecole nei centri primari di ossificazione; da qui si depositano i sali di calcio, il connettivo interno si trasforma in midollo e poi vengono aggiunte nuove trabecole. Ossificazione endocondrale, è la via per la formazione delle ossa lunghe,si parte da un modello in cartilagine dell’embrione, sulla sua superficie laterale, che si inizia a vascolarizzate, cellule osteoprogenitrici iniziano a produrre gli osteoblasti che cominciano a secernere la matrice ossea sotto al pericondrio, che oramai è diventato periostio. Si viene a formare uno strato osseo che impedisce in nutrimento delle cellule sottostanti, queste, morendo, lasciano degli spazi vuoti che andranno a costituire il midollo; a poco a poco gli osteoblasti vanno a ossificare tutta ladiafisi. Mentre avvengono tutti questi processi nella diafisi, nelle epifisi compaiono i centri di ossificazione secondari; qui non si forma il manicotto osseo che si sviluppa nella diafisi, ma alcune cellule osteoprogenitrici iniziano a secernere la matrice per ossificare tutta l’epifisi.

Lezione: 36

Il sangue • Il sangue è un particolare tipo di tessuto connettivo fluido formato da una parte liquida, chiamata plasma, ed una corpuscolata, costituita dalle cellule. Possiede un pH di 7,4. • Le funzioni del sangue sono:

• Trasporto, di sostanze nutritive, di cataboliti e di gas respiratori. • Regolazione della temperatura. • Mantenimento degli equilibri acido-base ed osmotico Il plasma è composto principalmente di acqua, ma sono presenti anche proteine ed elettroliti. La parte corpuscolata, dopo una centrifugazione del campione di sangue, è suddivisibile in due parti, una che comprende le celluledella serie bianca e le piastrine, l’altra è l’ematocrito, costituito dai globuli rossi, o eritrociti. Eritrociti; sono cellule enucleate con forma lenticolare biconcava, in questo modo aumentano la loro superficie cellulare per svolgere appieno la loro funzione di trasportatori dei gas respiratori. L’eritrocita presenta un’emivita, ovvero la vita della cellula sanguigna, di circa 120 giorni. Sono cellule ricche in emoglobina,una proteina globulare composta da quattro globuli ognuno coordinato da un gruppo eme. Il gruppo eme possiede un atomo centrale di ferro che lega i gas respiratori. Le cellule della serie bianca svolgono le principali funzioni difensive dell’organismo: • Produzione di anticorpi • Distruzione dei patogeni • Fagocitosi degli agenti estranei Le cellule della serie bianca e le piastrine Neutrofili; sono chiamati anche leucociti polimorfonucleati visto che presentano un nucleo suddiviso in più lobi; presentano, nel loro citoplasma, una serie di granuli che vengono suddivisi in granuli specifici, che contengono enzimi, granuli azzurrofili, chefunzionano come lisosomi, e granuli terziari, che contengono gelatinosi e glicoproteine. I neutrofili fagocitano i patogeni e rilasciano leucotrieni per avviare il processo infiammatorio. Una volta che il neutrofilo ha fagocitato il patogeno muore andando a formare, insieme agli altri neutrofili morti, il pus. Eosinofili; presentano una forma rotonda con un nucleo bilobato con le due parti collegate da un sottile filamento di cromatina. Anche gli eosinofili presentano granuli specifici e granuli azzurrofili, in questo caso i granuli specifici contengono proteine antiparassitarie e si colorano intensamente con coloranti acidi. Uccidono i microrganismi riversandogli addosso il contenuto dei loro granuli.

Basofili; sono cellule tonde con un nucleo ad S. Si presentano colorati in azzurro bluastro, i granuli specifici contengono eparina ed istamina, i granuli azzurrofili sono lisosomi. Svolgonofunzione analoga a quella dei mastociti. Monociti; sono le cellule più grandi tra i leucociti, hanno un nucleo molto grande reniforme, si colorano in azzurro. Queste cellule rimangono in circolo solamente pochi giorni, poi migrano nei tessuti dove si differenziano nei macrofagi, cellule del sistema immunitario che distruggono le cellule estranee. Linfociti; sono cellule che presentano un aspetto tondeggiante conun nucleo denso e ricco in eterocromatina; nel citoplasma sono presenti granuli azzurrofili. Possiamo dividere i linfociti in: • T: sono responsabili della risposta immunitaria mediata da cellule. • B: sono responsabili della risposta immunitaria umorale. • NK: sono i natural killers, distruggono le cellule estranee o trasformate del corpo. Piastrine; in realtà sono piccoli frammenti cellulari prodotti da cellule che si trovano nel midollo osseo, i megacariociti. Presentano una forma appiattita, a disco, e presentano una zona citoplasmatica divisibile in due regioni, quella centrale, chiamata granulomero, e quella periferica, lo ialomero. Lo ialomero è ricco in microtubuli che mantengono la forma. Il granulomero presenta granuli che contengono fibre, calcio e molecole energetiche. Le piastrine impediscono la perdita eccessiva di sangue in caso di ferita, vengono attivate quando il vaso si rompe ed entrano in contatto con il connettivo, a questo punto rilasciano i granuli e si uniscono tra loro (parliamo di aggregazione piastrinica) ed alla parete del vaso (in questo caso si parla di adesione piastrinica) formando il coagulo sanguigno, il trombo. Il coagulo di sangue si secca avvicinando le due estremità della ferita e riducendo la perdita di sangue.

Vasi sanguigni ed emopoiesi Tutti i vasi sono rivestiti da cellule endoteliali, quelli più grandi presentano anche cellule muscolari e/o elastiche, sono costituiti da: • Tunica intima: piuttosto elastica, è composta anche da cellule endoteliali, è la tunica che sta a contatto con il sangue

• Tunica media: rappresenta la componente muscolare • Tunica avventizia: rappresenta la parte fibrosa La proporzione di queste tre tuniche, nella composizione del vaso,varia a seconda del tipo di vaso; i grandi vasi, inoltre, presentano le tuniche irrorate da sistemi di capillari, in modo daconsentire il nutrimento delle proprie cellule. Le arterie conducono il sangue dal cuore al resto del sistema, funzionano come un serbatoio di pressione che viene trasmessa in tutto il sistema grazie alle loro pareti elastiche; rendono continuo il flusso intermittente. Hanno un diametro molto grande, che gli conferisce una bassa resistenza e permette di mantenere una pressione costante. L’elasticità delle arterie sospinge il sangue in circolo. Quando arriva il sangue, le arterie si gonfiano accogliendolo, subito dopo si restringono e lo spingono avanti. Quando i ventricoli si rilasciano, la valvola aortica si richiude per impedire il deflusso e l’arteria aorta si restringe; questa arteria funziona come una pompa secondaria (dopo il cuore), accumula energia, grazie alla sua elasticità, che usa per spingere avanti il flusso sanguigno. Le arteriole consentono di indirizzare il flusso in varie direzioni, variando il diametro; controllano, quindi, la ripartizione del flusso ai vari organi. I capillari sono vasi piccolissimi, non hanno una parete che possavariare il loro diametro, sono la sede degli scambi tra sangue e liquido interstiziale; possono avere permeabilità diverse a seconda della distanza tra le varie cellule endoteliali, partendo dalle distanze minori abbiamo: • Capillari continui (nei polmoni) • Capillari fenestrati (nel glomerulo renale) • Capillari sinusoidali (a livello del fegato) Le venule hanno un raggio più grande dei capillari ed una bassa resistenza, funzionano da centro di raccolta del sangue Le vene possiedono pareti più sottili ed elastiche delle arterie, si possono dilatare e funzionare come serbatoio. Riportano il sangue al cuore, questo movimento del flusso avviene per vari motivi, a causa di una differenza di pressione tra le vene e l’atrio destro.Il movimento del flusso è dovuto anche alla posizione delle vene,

a stretto contatto con la muscolatura corporea. I muscoli scheletrici che si contraggono, infatti, determinano un restringimento del lume della vena ed esercitano una pressione che spinge il sangue. Inoltre è presente, lungo le vene maggiori, un sistema di valvole (a nido di rondine) costituite da due lembi che si aprono secondo il flusso di scorrimento del sangue, ma non nel senso contrario.

Lezione 37 Il muscolo scheletrico Il tessuto muscolare è il tessuto costituente tutti i tipi di muscolopresenti negli organismi. È responsabile del movimento delle varie parti del corpo e della locomozione. È costituito da cellule specializzate, chiamate fibrocellule, che possiedono la capacità di contrarsi quando ricevono stimoli appropriati. Le fibrocellule sono allungate e contengono proteine filamentose disposte secondo un ordine ben preciso, queste sono i miofilamenti, in base alla loro posizione possiamo distinguere unamuscolatura striata ed una liscia. La muscolatura striata comprende la maggior parte dei muscoli volontari ed il cuore, quella liscia invece si dispone nelle pareti degli organi cavi. Il tessuto muscolare origina tutto dal mesoderma, in particolare il cuore deriva da quello splancnopleurico, la muscolatura scheletrica da quello somatico e quella liscia dal somatico e dallo splancnico. La cellula muscolare, impropriamente chiamata fibra, presenta una sua nomenclatura particolare che si differenzia da quella delle altre cellule: • Membrana cellulare sarcolemma • RE reticolo sarcoplasmatico • Citoplasma sarcoplasma Il muscolo scheletrico è costituito da fibrocellule muscolari striate, cellule allungate, cilindriche, multinucleate e di notevoli dimensioni. Queste cellule si originano a partire dai mioblasti che si allineano e si fondono tra loro, da qui l’originedei molti nuclei. Ovviamente il numero di nuclei dipende dalla lunghezza della fibra; i nuclei possono trovarsi in punti qualsiasi ma nei mammiferi si concentrano nella zona periferica. Sono cellule ricche in mioglobina e mitocondri, proprio per questo presentano un colorito

che va dal rosa al rosso al bianco (infatti possiamo dividere le cellule muscolari in bianche intermedie e rosse). Ogni cellula è delimitata da una membrana basale formata da proteine e polisaccaridi che si legano in una sostanza amorfa. L’insieme di tutte le cellule che si contraggono sincrone forma ilmuscolo, una struttura che permette il movimento e che è interamente avvolto da una lamina di connettivo denso irregolare, l’epimisio, questo si continua con il tendine, all’interno dell’epimisio il muscolo è suddiviso in fascicoli da un altro connettivo, meno denso, che origina dall’epimisio, il perimisio. Ivari fascicoli sono ulteriormente suddivisi da un terzo strato di connettivo, formato da fibre reticolari e lamina basale, che circonda le singole fibre muscolari, l’endomisio. Ultrastruttura del muscolo scheletrico La fibra muscolare appare costituita da un alternarsi di bande scure e chiare; quelle scure, le bande A, presentano nel mezzo unazona più chiara, la banda H, tagliata a metà da una linea (la linea M); le bande chiare, bande I, sono attraversate nel mezzo da una linea più scura, la linea Z, che rappresenta il limite dell’unità fondamentale del muscolo, il sarcomero. Dentro al sarcomero si possono individuare due sistemi di filamenti rigidi: • filamenti spessi, costituiti principalmente da miosina, che vanno a costituire la banda A. • filamenti sottili, costituiti principalmente da actina, che vanno a costituire la banda I. • I filamenti spessi sono polimeri costituiti da circa 300 molecole di miosina, una proteina costituita da sei catene, due pesanti e quattro leggere; presenta una subunità ad attività ATP-asica ed un sito per legarsi ai filamenti di actina. Le varie molecole di miosina sono disposte ordinatamente a costituire il filamento spesso, questo è formato dall’insieme delle catene delle varie proteine, mentre la subunità ATP-asica è esposta verso l’esterno. • I filamenti sottili sono formati da più entità proteiche, le principali sono quelle di actina, che dividiamo in F- e G-actina, sulle molecole di G-actina è presente un sito per il legame con lamiosina, il sito attivo. Le varie molecole di astina si avvolgono e si legano per formare una struttura ordinata paragonabile ad unacollana di perle; a questa si associano, tra due molecole di F-

actina, molecole di tropomiosina che vanno a formare di fili che coprono i siti attivi dell’actina. Troviamo anche un terzo gruppo di molecole, queste non legate a formare catene, le troponine, costituite da tre unità peptidiche che presentano caratteristiche differenti, sono tre siti che svolgono tre funzioni: • lega tropomiosina e troponina • lega il calcio • lega l’actina Il muscolo scheletrico viene innervato da fibre sensitive, e da fibre motorie, per la contrazione. L’insieme del neurone motorio edelle fibre muscolari che innerva costituiscono l’unità motoria. Il collegamento, invece, tra il neurone ed il muscolo, si chiama placca motrice o giunzione neuromuscolare. La giunzione neuromuscolare è costituita, a livello strutturale, dalla membrana della cellula nervosa, chiamata membrana presinaptica, dalla membrana della cellula muscolare e dallo spazio che c’è tra le due, chiamato doccia sinaptica. Contrazione muscolare Il sarcolemma delle fibrocellule presenta numerose invaginazioni che sprofondano nel sarcoplasma, queste invaginazioni sono i tubuli T e passano in corrispondenza del confine tra una banda A ed una banda I. servono per permettere la propagazione di un potenziale d’azione a tutti i sarcomeri. Strettamente associato ai tubuli è il reticolo sarcoplasmatico, che si dispone attorno ad ogni sarcomero terminando con una struttura particolare, la cisterna terminale, tra le bande A ed I.l’insieme di due cisterne ed un tubulo T formano una triade. Nel sistema del reticolo vengono accumulati ioni calcio che verranno poi utilizzati nella contrazione. Un rilascio di questi ioni porta il muscolo ad una contrazione, un sequestro ad un rilasciamento. Tutto il meccanismo è innescato da un impulso nervoso che arriva al muscolo e si propaga dal sarcolemma lungo i tubuli T; questa causa un’apertura di particolari proteine canale che permettono l’uscita del calcio e la sua diffusione. Nel sarcomero di un muscolo non contratto, la miosina e l’actina sono molto vicine, nella contrazione varia la dimensione del sarcomero (di un millimicron), ma non dei filamenti; la contrazione dell’intera fibra è data dalla somma delle contrazionidei singoli sarcomeri che la costituiscono. La contrazione muscolare è spiegata tramite la teoria dello scorrimento.

Avviene quando l’actina e la miosina creano le condizioni per lo scorrimento dei filamenti di actina su quelli di miosina ; affinché si attui la contrazione occorre che la tropomiosina lasciliberi, sul filamento di actina, i siti di attacco per la miosina.L’allontanamento della tropomiosina è un processo in cui sono coinvolti la troponina e gli ioni calcio. Gli ioni si legano alla troponina variandone la forma, in questo modo si determina uno scorrimento della tropomiosina e si rendono accessibili i siti di attacco della miosina. È quindi spiegata l’importanza degli ioni calcio nel meccanismo della contrazione muscolare, ma (verrà visto negli altri esami) ilcalcio è uno ione che svolge numerosissimi compiti nel nostro organismo. Quando termina la depolarizzazione il sarcolemma, tornando a riposo, muove delle molecole tappo (delle proteine specifiche direttamente connesse con la membrana della cellula e quella del reticolo sarcoplasmatico) richiudendo il reticolo, a questo punto la CaATPasi, aiutata da molecole di calsequestrina (che legano il calcio e diminuiscono il gradiente), riporta tutto il calcio all’interno del reticolo, in questo modo il muscolo si rilassa.

Lezione 38 Il muscolo liscio e quello cardiaco Nel corpo umano esistono altre due tipologie di muscolatura: • Muscolo liscio • Muscolo cardiaco Queste hanno una distribuzione, nel corpo umano, molto più ridotta(nel caso del muscolo cardiaco è ridotta al solo cuore) e svolgonofunzioni più specifiche Il muscolo cardiaco è una particolare forma di muscolo striato chesi trova solo nel cuore e nelle vene polmonari. È una via di mezzo tra il muscolo liscio e quello scheletrico; le varie cellule comunicano tra loro in maniera elettrica, in modo dafunzionare all’unisono (rappresentano un sincizio funzionale). Nelle fibre cardiache abbiamo un minor sviluppo dei tubuli longitudinali ed un maggiore sviluppo di quelli trasversi, lo ionecalcio, infatti, entra più profondamente nella fibra, quindi i tubuli servono di meno rispetto al muscolo scheletrico; presentano molti desmosomi.

La cellula muscolare cardiaca, al contrario di quella striata normale, possiede un unico nucleo, molto grande e disposto centralmente alla cellula. Le varie cellule formano tra loro delleparticolari forme di giunzioni che vengono chiamate dischi intercalari; queste strie sono costituite da segmenti a decorso trasversale, che contengono desmosomi, e segmenti a decorso longitudinale, che contengono gap junction; questi ultimi sono situati nelle zone di affiancamento tra cellule cardiache e consentono un continuo flusso di informazioni tra le cellule. Nelle fibrocellule cardiache sono assenti le cisterne terminali, quindi vengono a mancare anche le triadi, al loro posto i tubuli Tsi associano al reticolo formando delle diadi. Le diadi si trovanolungo le strie Z. Un’altra differenza è costituita dal modo di muovere il calcio, nelle cellule cardiache deve essere attivamente trasportato all’interno della cellula dall’esterno. Una caratteristica molto importante della muscolatura cardiaca è la contrattilità; questa proprietà è condivisa anche dal muscolo scheletrico, solo che in questo caso avviene con maggior durata e minor velocità, e presenta qualche differenza; in questo caso il calcio può entrare anche attraverso la membrana ed il reticolo sarcoplasmatico è più piccolo. Al di sotto della membrana sono presenti delle zone di accumulo del calcio, quando ne entra altro si provoca un’attivazione del calcio tramite il calcio, questo perché è il calcio che proviene dall’esterno che innesca il rilascio di altro calcio dal reticolo. Ultrastruttura e contrazione del muscolo liscio Il muscolo liscio si trova nella parete dei visceri ed in quella dei vasi sanguigni, da qui l’altro nome con cui viene indicato, muscolatura viscerale. Le fibrocellule muscolari lisce sono prive di striature (per questo vengono chiamati muscoli lisci) e di tubuli T; sono fusiformi, mononucleate con un grande nucleo centrale. Sono fibre allungate e circondate da una lamina esterna. Quando vengono trattate con ematossilina ferrica presentano una struttura a corpi densi ed un insieme di miofibrille. Le miofibrille sono costituite da actina e miosina diverse da quelle del tessuto striato, inoltre si trova anche un’altra proteina, il cui ruolo è quello di legare l’actina, la filamina. Nei filamenti sottili

manca la troponina, le molecole di miosina non presentano le catene pesanti. Tutte queste differenze portano ad una contrazioneche avviene più lentamente ma che si mantiene per più tempo. Sono presenti anche dei filamenti intermedi, costituiti da vicentina e desmina, che si inseriscono sui corpi densi. Nella zona sottostante il sarcolemma si trovano le caveolae, particolaristrutture implicate nel movimento del calcio. La contrazione della muscolatura liscia differisce da quella dellamuscolatura scheletrica nel meccanismo di controllo del calcio, anche in questo caso fondamentale per la contrazione. Dalle caveolae viene liberato il calcio che si va a legare alla calmodulina inducendo una modificazione conformazionale in quest’ultima e inducendo l’attivazione di una chinasi che va a fosforilare una catena leggera della miosina che va a scoprire il sito di attacco per l’actina; questa va ad interagire con la miosina permettendo la contrazione del muscolo. Anche questa contrazione richiede l’utilizzo di ATP, solo che l’idrolisi avviene molto più lentamente. Durante la contrazione il calcio sarcoplasmatico diminuisce perchési va a legare alla calmodulina, questa diminuzione di concentrazione provoca un’altra variazione conformazionale a cui segue una dissociazione del complesso e successiva disattivazione della chinasi, quindi vengono di nuovo coperti i siti della miosina portando al rilassamento del muscolo liscio.

-Lezione 39 Il tessuto nervoso è costituito da cellule nervose, neuroni, che sono collegate tra loro per costituire un insieme collegato di cellule. Sono presenti, inoltre, vasi sanguigni, connettivo di sostegno ed altre cellule nervose, diverse dai neuroni, che presentano varie funzioni, le cellule della nevroglia, o cellule gliali. Sono inoltre presenti delle aree specializzate nel captarevari tipi di stimoli dall’esterno e trasformarli in impulsi nervosi, queste aree sono i recettori. Il tessuto nervoso si origina dall’ectoderma, il foglietto embrionale più superficiale. Il tesuto nervoso costituisce il sistema nervoso che consta di: 1) Sistema cerebro-spinale: che è costituito dal sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) e sistema nervoso periferico(nervi cranici e spinali). 2) Sistema autonomo: che comprende il sistema simpatico e quello parasimpatico.

Introduzione al neurone Possiamo suddividere le cellule del sistema nervoso in due gruppi:i neuroni e le cellule della nevroglia. I neuroni sono le cellule che si occupano della ricezione e della trasmissione dell’impulso nervoso, sono cellule altamente differenziate ed indivisibili. Sono dotati di molti prolungamenti con i quali sono in contatto tra loro e con cellule connettivali omuscolari. Ogni neurone, ci dice la teoria del neurone, è un’entità singola ed autonoma, ma è collegata agli altri neuroni tramite delle aree particolari chiamate sinapsi. La maggior parte dei neuroni presenta una struttura suddivisa in tre parti: corpo cellulare (chiamato anche soma o pirenoforo) dendriti assone Il soma, a causa del suo reticolo, che presenta le cisterne che hanno decorso parallelo e dei numerosi ribosomi liberi, si colora tramite coloranti basici. Presenta un nucleo voluminoso, chiaro e di forma sferica, la sua cromatina appare granulosa, si può parlare quindi di eucromatina; è basofilo. Il citoplasma contiene gli organelli cellulari ed i corpi di Nissl e le neurofibrille. I corpi di Nissl sono zone che si colorano tramite i coloranti basici e si estendono fino ai dendriti occupando quasi completamente il citoplasma ma mancano nella zona dell’assone. Variano nella forma da neurone a neurone, probabilmente a causa delle diverse condizioni fisiologiche o patologiche del neurone. I corpi di Nissl sono formati da RNA, accumuli di reticolo e ribosomi, si può causare la loro dissoluzione tramite la cromatolisi. La loro funzione è di sintesi proteica. Molto abbondanti sono i mitocondri, che si presentano in forma allungata, soprattutto nell’assone, dove presentano le creste mitocondriali parallele all’asse dell’organulo. Vicino al nucleo si trova uno sviluppatissimo corpo di Golgi, che nei neuroni è da mettere in relazione con la sintesi dei neurotrasmettitori o degli enzimi.Nei neuroni possiamo trovare anche varie inclusioni, tra queste ricordiamo: granuli di melanina (ancora non si sa la loro funzione) granuli di lipofuscina (soprattutto nelle persone anziane) gocce lipidiche granuli secretori Il citoscheletro del neurone è costituito da neurofibrille, neurofilamenti e neurotubuli, sono formati da unità di 10 micron, queste strutture si colorano con nitrato d’argento.

I dendriti sono delle estroflessioni che funzionano come terminaliafferenti, presentano un contorno irregolare, sono più corti dell’assone e presentano varie ramificazioni, questi si dividono più volte vicino al soma, dove sono più abbondanti gli organuli citoplasmatici. Presentano delle spine, o gemme, che sono associate ai contatti sinaptici e diminuiscono con l’età. Ogni dendrite può ricevere informazioni, tramite terminazioni sinaptiche, da moltissimi assoni. L’assone origina da una sporgenza conica che emerge dal soma, il cono di emergenza assonico, una zona priva di ribosomi e reticoli,è molto più lungo dei dendriti, presenta una superficie più lisciaed un decorso più regolare, può emettere dei rami, chiamati collaterali, ma spesso è ramificato solo verso la parte terminale.L’assone è avvolto dall’assolemma, il plasmalemma che avvolge l’assone, in continuità con la membrana plasmatica. Gli assoni definiti mielinizzati sono quelli ricoperti da una guaina mielinica formata dalle cellule della nevroglia, sono assoni che permettono una trasmissione dell’impulso più rapida e danno al tessuto un colorito biancastro. L’assone è anche responsabile del trasporto delle sostanze; parliamo di trasporto anterogrado quandola sostanza viaggia dal soma verso la periferia (è un trasporto più rapido), e retrogrado quando la sostanza compie un tragitto inverso. ) ù .. Pagina 4/4 La nevrroglia Per quel che riguarda la nevroglia, possiamo dire che si tratta dicellule che si occupano del sostegno della difesa dei neuroni, i tipi cellulari sono differenti a seconda che si tratti del sistemacentrale o del sistema periferico. La differenziazione è dovuta alle differenti condizioni ambientaliche si vengono a trovare nei due sistemi; il sistema centrale è molto più isolato e protetto rispetto al sistema periferico, in cui le varie cellule si trovano ad affrontare cambiamenti di pH e tensioni molto maggiori rispetto all’ambiente del sistema centraleTra le cellule gliali distinguiamo:Astrociti; sono le cellule più grandi dell a nevroglia, sono coinvolti nei processi metabolici dei neuroni e costituiscono la barriera emato-encefalica.

Possono essere protoplasmatici o fibrosi. I protoplasmatici presentano un citoplasma ricco di organuli, vari prolungamenti citoplasmatici che a volte terminano conn dei pedicelli che li connettono ai vasi sanguigni. I fibrosi presentano un citoplasma con pochi organuli, molti ribosomi liberi e glicogeno. Oligodendriciti : più piccoli degli astrociti si trovano sia nellasostanza bianca che quella grigia, presentano nucleo piccolo e molti ribosomi liberi nel dcitiplasma. Con la loro membrana plasmatici producono il rivestimento dei neuroni detto guaina mielinica.Cellule ependimali; vanno a costituire un epitelio che ricopre le cavità dei ventricoli cervicali e del midollo spinale, presentano un citoplasma con molti mitocondri. Queste cellule possono costituire una membrana che separa i ventricoli dal resto del sistema, inoltre partecipano alla produzione del liquido cerebrospinale. Cellule di Schwann; sono le uniche cellule della nevroglia che si trovano nel sistema periferico, si avvolgono attorno ai neuroni formando le fibre mieliniche e quelle amieliniche, sono cellule appiattite con un nucleo piatto situato alla periferia della cellula. Tra due cellule di Schwann rimane una zona in cui l’assone non è ricoperto da mielina, il nodo di Ranvier, in questezone la fibra è ricoperta dalla lamina basale della cellula di Schwann. Nel rivestimento di mielina sono presenti delle aperture ad imbuto, leincisore di Schmidt-Lantermann, che in realtà sono residui di citoplasma tra gli strati di mielina. Una singola cellula di Schwann può avvolgere solo un tratto di un unico assone, quando l’avvolgimento è dato da un singolo strato di membrana parliamo di fibra amielinica, quando siformano più strati allora parliamo di fibra mielinica.

Lezione: 40 Origine dei tessuti Il nuovo organismo si forma a seguito dell’incontro tra il gamete maschile e quello femminile; questi due gameti si formano a seguito di processi meiotici che avvengono in aree specializzate dell’organismo Lo zigote è la prima cellula del nuovo individuo. Èla cellula che si forma, all’interno od all’esterno dell’individuo, a seguito della fusione dei due gameti e della messa in comune dei due corredi aploidi.

Lo zigote appena formato comincia a dividersi attivamente per mitosi e si trasforma in embrione, una struttura pluricellulare che diventa progressivamente sempre più complessa e organizzata. L'embrione si accresce e va incontro a profonde trasformazioni chegli fanno gradualmente acquisire le caratteristiche della specie acui appartiene. Questo processo è chiamato sviluppo embrionale. Losviluppo embrionale di tutti gli organismi può essere suddiviso intre periodi strettamente collegati e che si susseguono nel tempo: segmentazione gastrulazione organogenesi Ciascuna fase comporta profonde e complesse trasformazioni che creano i presupposti perché la fase successiva possa procedere. La segmentazione consiste in una serie di divisioni mitotiche a carico dello zigote. Queste divisioni si susseguono a ritmo ravvicinato e le cellule compiono la mitosi senza passare attraverso la fase di accrescimento. Un meccanismo di questo tipo porta ad un aumento del numero di cellule ma non ad un aumento di volume, il risultatofinale, infatti, è una struttura pluricellulare che però non si è ingrandita di molto rispetto allo zigote, questo avviene perché Lecontinue divisioni consumano le sostanze di riserva che possiede lo zigote. In questo modo le nuove cellule saranno molto più piccole dello zigote da cui si sono generate. Alla fine della segmentazione si forma una specie di pallina cava,detta blastula, che ha all'incirca le medesime dimensioni dell'uovo da cui si è originata. Le cellule della blastula sono chiamate blastomeri e si dispongono a formare uno strato sottile che delimita la cavità interna che è detta blastocele. Il blastocele non è vuoto, in realtà è ripieno di un liquido acquoso nel quale i blastomeri riversano i loro secreti (sostanze di rifiuto e sostanze che dirigono i movimenti che avvengono nellaseguente tappa dello sviluppo). La blastula è una struttura monostratificata, ovvero è delimitata da un solo strato cellulare. Gastrulazione • La gastrulazione è quel meccanismo che segue alla blastulazione e che porta ad una profonda modificazione della blastula trasformandola in gastrula. È proprio con la gastrulazione che iniziano a differenziarsi gli organismi viventi, infatti fino allo stato di blastula non

riusciamo a distinguere, se non con analisi cellulari approfondite, le varie specie. La gastrula che si verrà a formare è una struttura costituita da strati sovrapposti, ognuno con un destino specifico e delle caratteristiche uniche. La gastrulazione inizia con un movimento d’invaginazione di una zona della parete della blastula. In seguito a questi movimenti cellulari le pareti dell'embrione si toccano: la blastula diventa gastrula precoce e assume una forma a coppa. Alla fine dello spostamento il blastocele è scomparso: la gastrula è formata da un doppio strato cellulare che delimita una nuova cavità, comunicante con l'esterno per mezzo di un'apertura di modeste dimensioni. La cavità prende il nome diarchenteron (intestino primitivo) e l'apertura è definita blastoporo. Lo strato cellulare più esterno è chiamato ectoderma. Lo strato cellulare disposto internamente prende il nome di endoderma. La gastrulazione va avanti con la formazionedi un terzo strato cellulare, il mesoderma. La formazione del mesoderma incomincia da una zona del blastoporo: le cellule proliferano e si spostano all'interno dell'embrione insinuandosi tra i due strati già formati. Alla fine del processo la gastrula è formata da trestrati cellulari: l'ectoderma più esterno, il mesoderma intermedio e l'endoderma più interno. Questi strati sono definiti foglietti embrionali. Da qui in poi leggi solamente:In posizione dorsale la parete dell'archenteron (mesoderma) forma un tubo, che prende il nome di corda dorsale. La corda dorsale forma l'asse di sostegno dell'animale. L'endoderma delimita una cavità che rappresenta l'intestino dell'embrione e del futuro animale. La presenza della corda caratterizza l'intero piano organizzativo dell'animale. Sopra la corda dorsale l'ectoderma forma un solco, che in seguito si chiude in un cordone leggermentedilatato nella porzione anteriore. Si tratta del tubo neurale, precursore del sistema nervoso. Il rimanente ectoderma protegge l'embrione esternamente. Il mesoderma che si trova ai lati della corda dorsale, si suddivide in vescicole simmetriche, dette somiti. I somiti sono collegati per mezzo di peduncoli al rimanente mesoderma che delimita una cavità interna. La cavità interna prende il nome di celoma. Il celoma è internamente rivestito da una membrana definita peritoneo, che avvolge tutti gli organi che sporgono nella cavità. La formazione dei foglietti embrionali è una tappa fondamentale nello sviluppo perché i foglietti embrionali sono la base da cui si originano i diversi tessuti, organi e apparati dell'individuo.

Uno strato cellulare si solleva e delimita una cavità piena di liquido, le restanti cellule rimangono associate e sporgono nella cavità. Lo strato cellulare è chiamato trofoblasto. La masserella di cellule forma il nodo embrionale. L'embrione in questo stadio prende il nome di blastocisti. Solamente il nodo embrionale va incontro allesuccessive trasformazioni dello sviluppo embrionale. Il trofoblasto si trasformerà in una struttura deputata al nutrimento dell'embrione. Nel nodo embrionale, in seguito a slittamento e sfaldamento, si formano due cavità separate da una doppia lamina di cellule, così che l'embrione a questo stadio assume una forma di 8. Una cavità èil sacco vitellino, l'altra è la cavità amniotica. Lo strato rivolto verso la cavità amniotica forma l'ectoderma, lo strato della lamina rivolto verso il sacco vitellino è l'endoderma. A questo punto l'embrione è l'equivalente della gastrula precoce. La gastrulazione prosegue con la comparsa della stria primitiva e la formazione del mesoderma. Nello spazio compreso tra i primi due foglietti si insinuano cellule che proliferano e vanno a costituire il foglietto mesodermico. Compaiono la corda dorsale, un canale neurale molto dilatato anteriormente in corrispondenza del futuro cervello e i somiti mesodermici. Anche i mammiferi formano gli annessi embrionali. La parete del sacco vitellino forma il sacco del tuorlo. Poiché nei mammiferi il tuorlo non esiste, il sacco del tuorlo scompare in breve tempo, ma permane il peduncolo di collegamento con l'embrione. L'allantoide si forma transitoriamente e regredisce ben presto. I peduncoli del sacco del tuorlo e dell'allantoide formano il cordone ombelicale, la struttura che mette in comunicazione l'embrione con la placenta, l'organo che mantiene in vita l'embrione nel grembo materno. La cavità amniotica si ingrandisce man mano che l'embrione si accresce e lo protegge dai traumi. Il trofoblasto, che forma il corion, diventa frondoso e molto ramificato, dando luogo alla parte embrionale della placenta. Lezione 41 Genetica mendeliana La genetica studia il modo in cui i caratteri ereditari passano di generazione in generazione, l’unità fondamentale è data dal gene, ovvero un tratto di DNA che determina uno specifico carattere. Le varie forme che può assumere il gene sono dette

alleli. L’insieme degli alleli presenti in un organismo costituisce il genotipo, l’espressione del genotipo,mediato dagli stimoli dell’ambiente in cui vive l’organismo, invece, costituisceil fenotipo. Ogni organismo possiede un insieme di geni che costituiscono il suo patrimonio genetico (o genoma), ovvero l’insieme di tutti gli alleli che determinano il suo stato di essere.Gli organismi che possiedono due alleli uguali per lo stesso carattere sono definiti omozigoti, se invece possiedono i due alleli diversi tra loro sonodefiniti eterozigoti: i due alleli presenti sullo stesso gene vengono indicati con la stessa lettera dell’alfabeto, questa sarà maiuscola se l’allele è dominante, e minuscola se è recessivo. A a dominante recessivoGenetica mendeliana I primi studi sulla trasmissione dei caratteri ereditari furono portati avanti nella seconda metà del 1800 dall’abate Gregor Mendel, che gettò le basi della genetica classica grazie ai suoi studi su alcuni caratteri di Pisum sativum (il comune pisello). Durante i suoi esperimenti, Mendel lavora su piante appartenenti alinee pure, ovvero organismi che, dopo autofecondazione, originanosempre piante con lo stesso carattere.Un primo esperimento mendeliano riguarda l’incrocio tra due linee pure che differiscono solo per un carattere (nel nostro caso prenderemo in considerazione il seme, liscio o rugoso) e che vengono chiamate generazione parentale (P). Mendel osserva che nella prima generazione filiale (F1) gli individui presentavano tutti lo stesso fenotipo, e che questo coincideva con quello di uno dei due genitori; il carattere che compare venne chiamato dominante, l’altro recessivo.Mendel fa autofecondare gli individui della F1, ottenendo la seconda generazione filiale (F2); riscontrò che erano manifesti sia i caratteri della F1 che quelli dell’altro genitore (che non si erano manifestati in F1). I due caratteri, inoltre, si manifestavano sempre secondo lo stesso rapporto numerico: • carattere dominante ¾ della popolazione • carattere recessivo ¼ della popolazione A questo punto Mendel riesce ad elaborare la legge della dominanza, nota anche come prima legge di Mendel: • Incrociando due linee pure che differiscono per un solo fattore,tutti i figli della prima

generazione sono uguali tra loro e mostrano solo un fattore dei due di partenza.

Mendel ipotizza che ogni carattere è determinato da un fattore cheesiste in duplice copia e viene trasmesso ai propri discendenti durante la riproduzione; durante la meiosi, inoltre, le due copie di ogni fattore si dividono lasciando ai gameti un’unica copia; a questo punto Mendel è in grado di elaborare anche la sua seconda legge, chiamata anche legge della segregazione: ogni individuo possiede due copie di ogni fattore che si separano,o segregano, durante la gametogenesi.

Le varie combinazioni genotipiche, e le probabilità di comparire, di F2 che si ottengono dall’autofecondazione tra due eterozigoti, possono essere previste applicando il teorema delle probabilità composte e costruendo il quadrato di Punnett; questo è una tabellache riporta ai lati gli alleli dei due genitori che vengono trasmessi ai discendenti e la loro probabilità di essere nei gameti. Visto che questa probabilità è data dal prodotto delle probabilità che si hanno per ogni allele di essere contenuto nei gameti, i genotipi e le loro probabilità si ricavano scrivendo i vari alleli che corrispondono a riga e colonna dove c’è la casellae moltiplicando le probabilità. Dai risultati ottenuti ed analizzando il quadrato di Punnett si osserva che in F2 si hanno 3 classi genotipiche in rapporto tra loro (1:2:1) e due classi fenotipiche (3:1), questo perché omozigoti dominanti e eterozigoti hanno lo stesso fenotipo dominante esempio di quadrato di Punnett ¾ liscio ¼ rugoso ¾ giallo 9/16 liscio giallo 3/16 rugoso giallo ¼ verde 3/16 liscio verde 1/16 rugoso verde Mendel eseguì un secondo gruppo di esperimenti attuando un incrocio tra linee pure che presentavano due caratteri differenti,aveva il primo ceppo che presentava un seme liscio e giallo (con genotipo doppio omozigote dominante), il secondo aveva il seme verde e rugoso(con genotipo doppio omozigote recessivo). In F1 si avevano entrambi i caratteri controllati da dominanti, infatti, nonostante ci siano diversi genotipi, il fenotipo è sempre lo stesso. In F2 ricompaiono anche i recessivi; ma non soli, infatti ricompaiono anche i fenotipi P e fenotipi ricombinanti, nel caso specifico semi gialli e rugosi e verdi lisci.

L’unica spiegazione che si può dare del fenomeno è che, durante lagametogenesi, i fattori si distribuiscano indipendentemente tra loro ai gameti; in questo modo si possono ottenere quattro combinazioni all’eliche. A questo punto Mendel elabora la terza legge dell’assortimento indipendente incrociando individui di linee pure con caratteri differenti questi si assortiscono indipendentemente tra loro durante la gametogenesi e combinandosi a caso.

Fenomeni ereditari mendeliani Un organismo che possiede un fenotipo recessivo possiede, per forza, un genotipo omozigote recessivo. Purtroppo il discorso si complica se l’organismo possiede un fenotipo dominante; in questo caso, infatti, il suo genotipo può essere sia omozigote che eterozigote. Per determinare esattamente il genotipo di un fenotipo dominante si ricorre al reincrocio (chiamato anche test-cross). Il test-cross consiste nell’incrociare l’organismo di cui vogliamo conoscere il genotipo con uno che presenta un fenotipo recessivo. A questo punto abbiamo due possibilità: • se l’organismo presenta un genotipo omozigote, allora in F1 avremo solo fenotipi dominante. • se l’organismo presenta un genotipo eterozigote, allora in F1 avremo metà individui con fenotipo dominante e metà con fenotipo recessivo Dominanza incompleta: è quel fenomeno per cui, presi in considerazione due alleli, nessuno dei due è dominante sull’altro.In F1 si presenteranno individui eterozigoti con un fenotipo differente, quasi sempre intermedio tra i due omozigoti. In F2 si otterranno tre classi fenotipiche che saranno in rapporto 1:2:1 Codominanza: è quel fenomeno per cui in un individuo eterozigote tutti e due gli alleli si esprimono.Geni concatenati: si chiamano geni concatenati quei geni che si trovano sullo stesso cromosoma e che, di solito, vengono ereditatiinsieme. Gli alleli dei geni concatenati possono essere separati solo se tra loro si verifica un crossing-over. Si parla di grado di concatenazione quando si indica la distanza, a livello fisico, tra i due geni, tanto è maggiore quanto è più probabile che un crossing-over li separi e quindi che ci sia ricombinazione.Caratteri quantitativi: i caratteri quantitativi sono quei caratteri che si manifestano con una gamma di fenotipi molto

ampia; sono caratteri poligenici, ovvero controllati da molti geni, il fenotipo risultante è dato dalla somma degli effetti dei singoli geni. Alleli multipli: si parla di allelia multipla quando il gene possiede più di due forme alleliche; ne è un esempio il gene che porta le informazioni sui gruppi sanguigni umani.ESERCITAZIONE Una mosca omozigote presenta gli occhi rossi (carattere RE) e le ali stropicciate(carattere SF), viene fatta accoppiare con una mosca eterozigote con gli occhi e le ali normali (caratteri recessivi). Indicare il rapporto fenotipico e quello genotipico della prole. • Questo rappresenta un tipico testo di esercizio; va subito notato che viene messo, tra parentesi, il tipo di carattere e la sua denominazione. Quando manca il carattere è da intendersi che questo assuma la stessa denominazione dell’altro riguardante la stessa parte del corpo; per esempio se gli occhi rossi sono RE, quelli normali di tipo recessivo saranno re.• STEP I • Per prima cosa si scrivono i caratteri degli organismi: RERESFSF X REreSFsf • Da notare il segno X che sta ad indicare che i due individui vengono incrociati • STEP II • Una volta scritti i caratteri degli individui bisogna ricavarsi i gameti, considerando che ogni carattere può assortire indipendentemente all’interno di un gamete. • In pratica per scrivere i possibili gameti si devono scrivere i possibili assortimenti dei caratteri di un organismo. • Nel nostro caso avremo per il primo individuo: RESF • È inutile scrivere due volte lo stesso gamete. Per il secondo individuo: RESF, REsf, reSF, resf STEP III • A questo punto si costruisce il quadrato di Punnet con i vari gameti in maniera da ottenere i possibili individui RESF REsf reSF resf RESF RERESFSF RERESFsf REreSFSF REreSFsf• STEP IV • Arrivati a questo punto si contano gli organismi che si ottengono con il quadrato di

Punnet e si indicano i rapporti richiesti. In pratica RERESFSF RERESFsf REreSFSF REreSFsf • Rapporto fenotipico: tutti gli individui presentano occhi rossi ed ali stropicciate (che sono i caratteri dominanti) • Rapporto genotipico: un individuo omozigote dominante per tutti i caratteri, uno dominante solo per RE, uno dominante solo per SF ed uno eterozigote n° Lezione: 42 Mutazioni geniche • Ogni mutazione è all’origine di un allele variante, cioè un allele che sia diverso da un riferimento detto “tipo selvatico”. Le mutazioni geniche sono anche dette puntiformi perché interessano un solo locus..punto del cromosoma. Un individuo con fenotipo cambiato rispetto allo standard è detto MUTANTE. La REVERSIONE o retromutazione è un cambiamento verso la forma standard. Mutazioni somatiche: si verificano durante lo sviluppo del tessutosomatico. Il gruppo di cellule mutate si chiama CLONE. Tali mutazioni non sono trasmissibili alla progenie ma possono diventarlo in una pianta sviluppata per talea. Mutazioni Germinali: si verificano nel tessuto destinato a formarecellule sessuali. Sono trasmesse alla generazione successiva. Si manifestano solo nei figli degli individui in cui compaiono. Classificazione delle mutazioni geniche • MORFOLOGICHE: si riflettono sulle proprietà visibili dell’individuo, esterne. Forma, colore, dimensioni…. • LETALI: hanno effetti letali sull’individuo • CONDIZIONALI: l’allele esprime il fenotipo mutante solo in condizioni particolari (restrittive). In condizioni standard (permissive) risulta normale. Ad esempio la temperatura. • BIOCHIMICHE: influiscono su qualche funzione biochimica della cellula. Ad esempio, l’incapacità di crescere su substrati privi di qualche sostanza nutritiva (auxotrofia). • DI RESISTENZA: portano la capacità di crescere in presenza di inibitori specifici. Le mutazioni geniche possono essere classificate anche in base all’attività dei geni mutanti: • IPOMORFI: fenotipo inferiore al selvatico, svolge la sua funzione meno efficientemente.

• IPERMORFI: svolgono lavoro in eccesso. Utili all’industria e alla medicina. • AMORFI: detti “mutazioni nulle” perché NON svolgono la funzione del tipo normale. • ANTIMORFI: portano ad un effetto opposto al selvatico • NEOMORFI: fanno qualcosa di diverso dalla funzione del selvatico. • Le mutazioni hanno 2 principali utilizzi: • STUDIARE I PROCESSI E I MECCANISMI DELLA MUTAZIONE STESSA (frequenza…) • ESAMINARE LE FUNZIONI BIOLOGICHE MEDIANTE LA DISSEZIONE GENICA. Come identificare le mutazioni? La difficoltà sta nello smascherare quelle recessive che vengono nascoste dall’allele dominante normale. L’ideale è quindi studiareorganismi aploidi. Esistono comunque dei sistemi di rivelazione: TEST DEL LOCUS SPECIFICO (Stadler). In organismi doppi eterozigoti con alleli mutanti tutti recessivi ci si aspetta una progenie tutta normale, perché l’allele selvatico è dominante .. un settore mutante indica che è avvenuta una mutazione! Stadler osservò anche che iniettando induttori chimici di mutazioni nei soggetti la frequenza di settori mutanti aumentava drasticamente. FREQUENZA DI MUTAZIONE: frequenza con la quale una specifica mutazione si trovi in una popolazione di individui o cellule. I geni hanno diverse frequenze di mutazione. Le mutazioni si verificano in modo costante, e vengono eliminate per selezione e retromutazione. Le rimanenti raggiungono un equilibrio (Hardy-Weinberg). TASSO DI MUTAZIONE: misura della tendenza di base di un gene a mutare. Espressa dal numero di mutazioni che avvengono in una unità di tempo biologica. Ad esempio una mutazione su 7 divisioni cellulari. Viene aumentato dai mutageni. Dato che la frequenza di mutazione è generalmente bassa, per raccogliere un certo numero di mutanti da studiare si usano dei metodi conosciuti come: INDUZIONE DI MUTAZIONI: uso di sostanze mutagene per aumentare il tasso di mutazione. • ionizzanti (raggi X, .), non ionizzanti (UV). Le dosi di radiazioni sono cumulative ma nel tempo esiste una forma di riparazione del danno genetico. SISTEMI SELETTIVI: tecniche di isolamento dei tipi mutanti :

• Reversione degli auxotrofi: indica il tasso di reversione. Piastro gli auxotrofi per l’adenina su terreno privo di adenina..crescono solo i retromutati. • Filtrazione: coltura selvatica di funghi, piastrata su terreno minimo. I prototrofi crescono formando ife, gli auxotrofi no. Filtro e passano solo gli auxotrofi perché non sono diventati filamenti..crescono solo su terreno arricchito dalla sostanza necessaria. • Uso di penicillina: aggiungo penicillina a una coltura. La penicillina uccide solo le cellule che si stanno riproducendo quindi i mutanti auxotrofi non vengono uccisi. Lavando la penicillina e piastrando i sopravvissuti su terreno arricchito crescono, rivelando la loro mutazione. • Resistenza: cellule che sopravvivono all’infezione di batteriofagi. Cambiamento INDOTTO dalla presenza del fago, o Agenti mutageni Gli agenti mutageni sono molecole, o radiazioni, che inducono mutazioni solamente nelle cellule sulle quali agiscono direttamente. Per questo motivo se l’agente mutageno colpisce cellule non riproduttive (gonadi e gameti), la mutazione non si potrà trasmettere ai discendenti. Proprio per questo motivo, le radiazioni UV non riescono a produrre mutazioni trasmissibili, infatti questi raggi non riescono a penetrare gli strati epidermici ed i connettivi, tanto da arrivare alle gonadi. Normalmente gli agenti mutageni, o mutageni, non presentano una specificità per qualche locus particolare; in realtà, alcuni mutageni, possono agire preferenzialmente su di una combinazione genica specifica che si trova in un determinato gene. Bisogna considerare che alcuni mutageni agiscono prevalentemente su una base specifica, questo può portare quel determinato mutagene a scegliere sequenze geniche specifiche ricche di quella particolarebase. Possiamo fare l’esempio dei raggi UV, questi vengono assorbiti principalmente dalle basi pirimidiniche dove distrugge dei particolari legami creando dei dimeri, ovvero delle coppie di pirimidine che non si legano più con le basi complementari. Oltre alle radiazioni ricordiamo anche un altro fattore che agiscecome agente mutageno, la temperatura. Questo fattore è molto importante se prendiamo in considerazione l’essere umano. Bisogna ricordare che i testicoli, al contrario delle ovaie, sono esposti alle variazioni di temperatura; è stato provato da numerose ricerche che l’aumento della temperatura influisce negativamente

sullo sviluppo degli spermi ed aumenta il tasso di mutazione rispetto a testicoli mantenuti in un ambiente più fresco.

n° Lezione: 43 Mutazioni cromosomiche Le mutazioni strutturali portano a un riarrangiamento delle parti di un cromosoma. Possono essere osservate al microscopio o mediante analisi genetica, e causano anomalie funzionali per la posizione non corretta dei geni o per la rottura del cromosoma al livello del gene stesso. Sono importanti per l’evoluzione dei genomi, in quanto creano nuovo materiale che si può diversificare. Le mutazioni strutturali portano a un riarrangiamento delle parti di un cromosoma. Possono essere osservate al microscopio o mediante analisi genetica, e causano anomalie funzionali per la posizione non corretta dei geni o per la rottura del cromosoma al livello del gene stesso. Sono importanti per l’evoluzione dei genomi, in quanto creano nuovo materiale che si può diversificare. Le mutazioni strutturali portano a cambiamenti nella • DIMENSIONE dei cromosomi • POSIZIONE dei punti di riferimento • DELEZIONI • Perdita di un frammento di cromosoma. • Letale in omozigosi e spesso anche in eterozigosi. In caso di sopravvivenza (delezione minore del 3%di tutto il genoma) si può notare nell’appaiamento un’ansa da delezione, perché il cromosoma normale ha dei pezzi in più. Possiamo avere delezioni terminali, con una sola rottura, e delezioni interstiziali, con 2 rotture. Le delezioni originano come mutazioni germinali in un genitore. Ilrisultato di una delezione è: • Letalità in omozigosi • Soppressione del crossing over • Irreversibilità • Pseudodominanza (espressione di un gene recessivo quando è presente in singola dose, perché non c’è il dominante a mascherarlo). Permette la localizzazione del recessivo grazie all’ansa da delezione del gene. Formazione di mappe di delezione, che coincidono con quelle d’associazione.

• Anomalie fenotipiche, quando presenti in eterozigosi (sindrome del cri du chat). • Ibridazione in sito ..mappe di delezione

Duplicazione ed inversione • DUPLICAZIONI Presenza di una copia extra di una regione cromosomica. Tende a essere più vitale. Le strutture di appaiamento alla meiosi mostrano anse formate dal tratto di cromosoma duplicato. Possiamo avere duplicazioni in tandem (BCBC) o inverse (BCCB), entrambe di tipo adiacente. • Possono esistere omozigoti, e il crossing over tra loro può provocare la triplicazione di un cromosoma e la normalità dell’altro (se avviene in appaiamento asimmetrico). Il risultato della duplicazione è: • Aggiungere materiale genico capace di sviluppare nuove funzioni • Produrre gameti vitali • Portare anomalie fenotipiche • Nell’uomo le duplicazioni sono formate da pezzi di cromosomi soprannumerari attaccati a cromosomi non omologhi. Sono causate dacrossing over ineguale. • INVERSIONI Se in un cromosoma si verificano 2 rotture, e il frammento prima di risaldarsi ruota di 180° .. non c’è cambiamento di quantità totale di materiale genetico, quindi sono vitali e non comportano anomalie! Possono esistere in omozigosi (e i prodotti della meiosisono vitali) a meno che una rottura non sia all’interno di un geneessenziale. Durante l’appaiamento uno dei cromosomi si ripiega formando un’ansa. Possiamo avere: • Inversioni paracentriche, se il centromero non è compreso nel frammento invertito. Uno scambio alla meiosi comporta la formazione di un cromosoma dicentrico e di uno acentrico, il qualeviene perduto. Il dicentrico è tenuto insieme da un ponte dicentrico, che si rompe durante la separazione (anafase I) formando 2 cromosomi meleti, uno invertito e uno normale. Tranne questi 2 nessun gamete sopravvive per cui si ha frequenza di ricombinanti pari a zero. • Inversioni pericentriche: se il centromero è compreso nel trattoinvertito. Evidenziabili per un cambiamento del rapporto tra il braccio lungo e corto del cromosoma rispetto al centromero. La

disgiunzione del cromosoma è normale ma i prodotti del crossing over muoiono. L’inversione comporta: • Negli eterozigoti non compaiono anomalie fenotipiche ma i prodotti meiotici sono anormali perché tutti i ricombinanti muoiono.

Traslocazione e variegazione • TRASLOCAZIONI 2 cromosomi non omologhi si scambiano un frammento .. le traslocazioni sono reciproche. Durante l’appaiamento si ha una configurazione particolare a croce. Durante la disgiunzione si hanno due segregazioni con la stessa frequenza: • Adiacente, un gene traslocato con uno normale, i cui prodotti sono tutti non vitali perché duplicati deleti per diverse regioni.• Alternata, due cromosomi normali insieme, o due cromosomi traslocati. Prodotti entrambi completi.. vitali. Dato che hanno la stessa probabilità di verificarsi avremo il 50% di prodotti vitali e il 50% non vitali .. semisterilità. Quindi ilrisultato di una traslocazione può variare da individuo ad individuo ed addirittura in procreazioni successive dello stesso individuo si osservano situazioni differenti Il risultato di traslocazioni reciproche: • Apparente associazione di loci, noti per essere su cromosomi diversi • Alterazione della dimensione di un cromosoma • Spostamento del suo centromero • Semisterilità • Omozigoti vitali Eterozigoti con anomalie fenotipiche • Variegazione per effetto posizione • La traslocazione di un allele in prossimità di una regione eterocromatica determina l’assenza di funzione dell’allele in alcune cellule. Il fenomeno è dovuto ad alcune proteine regolatrici dell’eterocromatina. Se aggiungo eterocromatina le proteine vengono diluite e l’effetto viene soppresso.

LEZIONE 44Eredità e sesso Un organismo vivente viene definito monoico quando è in grado di produrre entrambi i tipi di gameti (maschili e femminili), nelle piante è una condizione frequente e si differenziano fiori

monoclini (ermafroditi) e fiori diclini (che producono un solo tipo di gamete); una condizione opposta è presentata dagli organismi dioici, in cui si ha una differenziazione in organismi maschili ed organismi femminili(spesso accompagnati da dimorfismo sessuale).In tutte le cellule somatiche umane, ovvero quelle a corredo diploide, èpresente una coppia di cromosomi, chiamati cromosomi sessuali, il cui assortimento determina il sesso dell’organismo.• Se l’individuo è maschio avrà una coppia XY, se è femmina XX (e quindi saranno omologhi). Con la formazione dei gameti si vengono a generare i gameti femminili sempre con il cromosoma X; per quel che riguarda gli spermatozoi, invece, si potranno ottenere, con lastessa probabilità, sia gameti con il cromosoma X che con Y.Quindi il sesso di un essere umano dipende dal cromosoma portato dallo spermatozoo che riesce a fecondare la cellula uovo, se possiede X allora nascerà una femmina, se è Y sarà maschio.Quando si parla di eredità legata al sesso non si intende solamente la trasmissione dei caratteri che sono responsabili dei caratteri sessuali, ma di tutti quei caratteri che sono controllati dai geni che si trovano sui cromosomi sessuali.

Interazioni genicheParliamo di interazione genica quando l’azione di un gene è influenzata da un altro gene che può essere allelico o non al primo. Si definisce interazione intraallelica, quella in cui il gene dominante,presente sullo stesso allele del recessivo, lo maschera; l’interazione interallelica invece è più complicata, si ha quando la situazione presente in un dato locus maschera l’attività di un altro locus.• Il fenomeno attraverso cui un gene maschera un altro gene, di unlocus diverso, è conosciuto come epistasia; nell’epistasia compaiono tre forme fenotipiche. Si conoscono due tipi di epistasia• epistasia dominante. In cui l’allele che maschera è dominante; in questo caso abbiamo tre fenotipi: l’epistatico, l’ipostatico edil recessivo (un esempio è dato dal colore del frutto della zucca,inquesto caso il rapporto è 12:3:1).• Geni inibitori: è un caso particolare di epistasia dominante in cui questi geni impediscono, con la loro presenza, l’azione di altri geni (un esempio è dato dal piumaggio di alcuni polli, in questo caso il rapporto è 13:3), in questo caso i fenotipi

manifesti sono solo due perché l’epistatico ed il recessivo coincidono• Epistasia recessiva. In cui l’allele che maschera è recessivo; anche in questo caso abbiamo tre fenotipi, solo che in questo casosono: l’epistatico, l’ipostatico ed il dominante (un esempio è dato dal colore del mantello dei topi, in questo caso il rapporto è 9:3:4).• Si parla di azioni geniche complementari quando per ottenere unadeterminata manifestazione fenotipica c’è bisogno di due o più geni (un esempio classico è dato dalla forma della cresta nel pollo domestico, oppure il colore del fiore nel pisello).• I fattori letali, invece, sono inibitori della sopravvivenza, ovvero quell’insieme di fattori che causa la morte dell’individuo prima che questo abbia raggiunto l’età riproduttiva. Questi fattori, per ovvimotivi, possono mantenersi solo in condizione recessiva, si manifestano (causando la morte degli individui) solo negli omozigoti; visto che gli individui muoiono, i rapporti di segregazione risultanoalterati a causa della mancanza degli individui non vitali.