Ambiente e strategie produttive nei siti di san Lorenzo in Carminiano e Pantano (Fg) tra Xii e XiV...

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Mario Congedo Editore Galatina 2012 Federico II e i cavalieri teutonici in Capitanata Recenti ricerche storiche e archeologiche Atti del Convegno internazionale (Foggia-Lucera-Pietramontecorvino, 10-13 giugno 2009) a cura di PASQUALE FAVIA, HUBERT HOUBEN e KRISTJAN TOOMASPOEG

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Mario Congedo EditoreGalatina 2012

Federico II e i cavalieri teutonici

in CapitanataRecenti ricerche storiche e archeologiche

Atti del Convegno internazionale(Foggia-Lucera-Pietramontecorvino, 10-13 giugno 2009)

a cura di

PASQUALE FAVIA, HUBERT HOUBEN e KRISTJAN TOOMASPOEG

Valentina caRacuta e giRolamo FioRentino

amBiente e stRategie PRoDuttiVe nei siti Di san loRenZo in caRminiano e Pantano (Fg)

tRa Xiii e XiV secolo

l’atteggiamento che l’uomo assume nei confronti dell’ambiente naturalesi diversifica, nel corso del medioevo, sia a livello di percezione degli spaziche di modificazione attiva degli stessi1. tale mutamento è dovuto all’intera-zione tra le potenzialità produttive offerte da uno spazio naturale condizio-nato da alterne vicende climatiche2 e fattori culturali e sociali, la cui evolu-zione non è continua ma interrotta da numerosi stravolgimenti politici. Que-ste premesse di carattere generale risultano particolarmente valide per l’ita-lia meridionale e la stessa Puglia che conosce mutamenti storici3 e ambienta-li di notevole entità4.

tra gli ambiti geografici più noti da questo punto di vista, almeno perquel che riguarda le fonti documentarie, si colloca il territorio pugliese cheannovera carte e registri di ordini monastici, atti notarili e documentazioneamministrativa sia laica che religiosa5. il quadro che emerge dall’esame di

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1 V. Fumagalli, L’uomo e l’ambiente nel medioevo. Roma-Bari 19912 a. muscio, c. altoBella, Natura vergine e spazio coltivato, in Capitanata medievale,

a cura di m.s. calò maRiani, Foggia 1998, pp. 58-75.3 Per una sintesi si vedano i contributi di P. corsi, c.D. Fonseca, g. musca, R. licinio, F.

Porsia in Storia della Puglia. Antichità e Medioevo, a cura di g. musca, Bari, 1979 e i saggidi g. Volpe e J.-m marie martin, g. musca, R. licinio, in Storia della Puglia I. Dalle originial Seicento, a cura di a. massaFRa, B. salVemini, Bari 1999.

4 m. calDaRa, l. Pennetta, Interpretazione paleoclimatica di dati preistorici e storicirelativi all’entroterra del Golfo di Manfredonia, in «memorie della società geologica italia-na», 42 (1989), pp. 197-210; m. Pinna, Le variazioni del clima in età storica e i loro effettisulla vita e sulle attività umane, in «Bollettino della società geografica italiana», s. iX, 10(1969), pp. 198-275. iD., Climatologia, torino 1977

5 R. licinio, Uomini e terre nella Puglia medievale. Dagli Svevi agli Aragonesi. Bari,1983; iD., Teutonici e masserie nella Capitanata nei secoli XIII-XV, in L’Ordine Teutoniconel Mediterraneo atti del Convegno Internazionale di studio Torre Alemanna (Cerignola)-Mesagne-Lecce, 16-18 ottore 2003, a cura di H. HouBen, galatina 2004, (acta theutonica1), pp. 175-196; K.. toomasPoeg , L’economia dei Teutonici in Italia, in San Leonardo di Si-ponto. Cella monastica, canonica, domus Theutonicorum. atti del convegno internazionale(manfredonia, 18-19 marzo 2005), a cura di H. HouBen, galatina 2006 (acta theutonica 3),pp. 133-151; J.-m. maRtin, La Pouille du VIe au XIIe siècle. Roma 1993.

queste testimonianze presenta una realtà che, se dal punto di vista temporalesi connota per una relativa continuità nelle forme di sfruttamento ruraledall’età normanna a quella aragonese6, dal punto di vista spaziale risulta ar-ticolata in tre diversi compartimenti. le aree territoriali in cui è divisa la Pu-glia bassomedievale, ovvero capitanata, terra di Bari e terra d’otranto, ri-sultano ciascuna caratterizzata da una vocazione agricola che non rispondesolo alle caratteristiche ambientali locali, ma piuttosto ad un complesso si-stema di tradizioni culturali e sistemi economici7. un’eco di queste specia-lizzazioni colturali si ritrova anche nei resoconti contabili delle aziende agri-cole dell’ordine teutonico che mostrano una precisa volontà di adattamentoai sistemi produttivi già esistenti nelle aree di pertinenza8.

tuttavia, la documentazione scritta, per sua stessa natura, trasmette inmodo mediato il quadro ideologico e gli atteggiamenti mentali entro i qualisi è storicamente realizzato quel rapporto società-ambiente e pertanto neces-sita di essere integrata con le informazioni che si possono ricavare dalle evi-denze materiali che emergono in numero sempre più cospicuo dai contestiarcheologici ascrivibili alla fase basso medievale.

l’obiettivo del presente lavoro è dunque quello di utilizzare l’indaginearcheobotanica, effettuata sui semi/frutti e resti di tessuto legnoso combustoprovenienti dalle fasi bassomedievali dei siti di san lorenzo in carminianoe Pantano, per definire le modalità dello sfruttamento della risorsa naturaleda parte delle comunità umane ivi stanziatevi e allo stesso tempo identificarei caratteri dei modelli produttivi adottati.

I siti bassomedievali di San Lorenzo in Carminiano e Pantano nel contestoambientale della Capitanata

nell’ambito della Puglia settentrionale i siti considerati nel presente la-voro, san lorenzo in carminiano e Pantano, si sviluppano in una posizioneparticolare, al centro della vasta pianura del tavoliere. tale collocazione seda un lato offre il vantaggio di abbondanti terreni fertili, dall’altro comportauna serie di difficoltà legata al drenaggio degli stessi suoli che sono soggettia frequenti impantanamenti.

la disponibilità idrica superficiale, dovuta alla fitta rete di fiumi e torren-ti che attraversano la piana da est ad ovest, seguendo la pendenza naturaleche va dalla zona pede-collinare del sub-appennino alla costa, si contrappo-

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6 R. licinio, Economia e società nel basso Medioevo, in Storia della Puglia... cit. nota 3,pp. 298-324.

7 R. licinio, Uomini e terre... cit. nota 5, in particolare pp. 11-34.8 R. licinio, Aspetti della gestione economica di San Leonardo di Siponto all’epoca dei

Teutonici, in San Leonardo di Siponto...cit. nota 5, pp. 153-165.

ne al ridotto apporto di acqua meteorica (400 mm p.a) al punto che i feno-meni di evotraspirazione repentina portano alla risalita dei carbonati respon-sabili della creazione della crusta calcarea9.

la combinazione del fattore idrografico e di quello geomorfologico hainfluenze anche sul tipo di vegetazione potenziale dell’area, che si caratte-rizza per una forma di steppa-alberata inserita in una fascia mediana a metàstrada tra boschi di caducifoglie dell’anfiteatro appenninico e la vegetazionemediterranea della costa10. non mancano, soprattutto in zone umide comequelle che si sviluppano in prossimità dei fiumi, residui di boschi ripari(pioppeti-saliceti) e querceti, come quello dell’incoronata che sorge a ridos-so del fiume cervaro11.

nello specifico dei siti considerati, l’area su cui sorgono san lorenzo ePantano si presenta attualmente come una piana intensamente coltivata; tut-tavia, prima dei moderni interventi agricoli, essa doveva apparire costellatada corsi d’acqua e paludi12. il vicino fiume cervaro aveva una diramazionein prossimità di san lorenzo nota dalle fonti col nome di separone mentrein prossimità del sito sorgeva una piccola fonte che formava una palude edalimentava i fossati13. a ovest del casale, in località salice, non a caso ca-ratterizzato a tutt’oggi da questo particolare fitotoponimo, sono ancora pre-senti diversi corsi d’acqua e più a nord si estende una vasta palude. non v’èdubbio che la medesima tipologia di ambiente caratterizzasse i dintorni diPantano, il cui stesso toponimo vale di per sé come prova della presenza diuno stagno/palude nelle immediate vicinanze del sito.

inoltre le fonti, parlando della domus pantani prope Foggia, descrivonoquesto sito come un locus solaciorum, ovvero una residenza per il diletto e ilgodimento della natura fatta erigere da Federico ii anche per praticare l’artevenatoria14. tali premesse legittimano l’ipotesi dell’esistenza, accanto ad

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9 c. Delano smitH, Daunia Vetus: terra, vita e mutamenti sulle coste del Tavoliere, Fog-gia 1978; g.m. nicoletti, m.R. lomBaRDi, a. sPaDa, Agricoltura e clima in Capitanata.Foggia 2007.

10 g. saRFatti, Considerazioni e ricerche botaniche sui pascoli del Tavoliere di Foggia,in «annali della Facoltà di agraria dell’università di Bari» 3 (1953), pp. 1-23.

11 l. agnelli, La Daunia antica e la Capitanata moderna e i boschi. napoli 1879 12 maRtin, La Pouille... cit. nota 5, p. 85, nota 9613 Les chartes de Troia I (1024-1266),a cura di J.-m.maRtin, Bari 1976 (codice Diplo-

matico Pugliese 21), pp. 28, 99.14 sulle ipotesi di individuazione archeologica del palazzo si veda P. FaVia, c. annese,

g. De Venuto e a.V. Romano, Insediamenti e microsistemi territoriali nel Tavoliere di Pu-glia in età romana e medievale: l’indagine archeologica del 2006 nei siti di San Lorenzo ‘inCarminiano’ e di Masseria Pantano, in Atti del 27° convegno Nazionale sulla Preistoria-Protostoria-Storia della Daunia (san severo 25-26 novembre 2006), a cura di a. gRaVina,san severo 2007, pp. 91-121 (in particolare pp. 102-109).

uno stagno/palude, di vegetazione arborea che fungesse da riparo per l’even-tuale selvaggina. la continuità d’uso di questo territorio risulta confermataanche dall’esistenza, attestata dalle fonti, di una masseria regia in età angioi-na edificata tra s.lorenzo e Pantano15.

I risultati dell’indagine

le analisi archeobotaniche condotte nei siti oggetto di studio hanno con-sentito di recuperare e identificare, complessivamente, 451 carporesti e 493antracoresti. tali indagini rappresentano un unicum dal punto di vista delleconoscenze dei caratteri naturali e delle strategie produttive per questa zonadel tavoliere mediante lo studio dei resti vegetali recuperati nei contesti ar-cheologici, poiché scarseggiano, ovvero non sono ancora edite, analisi diquesto tipo per la Puglia bassomedioevale16.

nello specifico, sono stati analizzati 431 frammenti di tessuto legnosocombusto e 269 carporesti provenienti dal sito di san lorenzo in carminia-no, consentendo di identificare la presenza di 19 essenze arboree/arbustive e25 taxa di semi frutti.

nell’ambito dell’assemblaggio antracologico, le specie maggiormente at-testate sono la vite (Vitis vinifera), l’olivo (Olea europaea) e la quercia ca-ducifoglie (Quercus type cerris) che risultano predominanti sia nel recorddel saggio iV che in quello del saggio Viii17. l’olmo (Ulmus cfr. minor),carpino nero (Ostrya sp.) e la quercia sempreverde (Quercus type ilex), alcontrario, caratterizzano quasi esclusivamente i contesti del saggio Viii cherisultano connotarsi anche per una maggiore presenza di specie potenzial-mente coltivate quali il sorbo (Sorbus sp.), il ciliegio (Prunus avium), ilmandorlo (Prunus dulcis) e il pero (Pyrus cfr. communis).

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15 si veda il contributo di P. FaVia, c. annese, R. giuliani e g. massimo nel presentevolume.

16 a.m. gRasso, g. FioRentino, Studi archeobotanici per l’Italia meridionale: una sinte-si, in Atti del V Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Foggia-manfredonia 30 set-tembre - 3 ottobre 2009), Firenze 2009, a cura di g. VolPe e P. FaVia, pp. 242-248.

17 il saggio iV de il saggio Viii sono ubicati nell’area residenziale (verosimilmente quellaoriginario) dell’insediamento di san lorenzo; lo scavo ha indagato soprattutto le fasi basso-medievali di frequentazione del sito. il saggio Viii e iX in particolare hanno coperto un setto-re antistante e retrostante la chiesetta ancora insistente nell’area, e verosimilmente versionemoderna di un edifico sacro anteriore (FaVia, annese, De Venuto, Romano, Insediamenti emicrosistemi... cit. nota 14, pp. 550-552; P. FaVia, c.annese, a. m. De steFano, g. De Ve-nuto, a. Di Zanni, m. maRuotti, m. PieRno e F. stoico, San Lorenzo “in Carminiano”presso Foggia: indagine archeologica su un sito medievale del Tavoliere di Puglia in un con-testo di moderna espansione edilizia, in atti del V congresso nazionale di archeologia me-dievale (Foggia-manfredonia, 30 settembre-3 ottobre 2009), a cura di g. VolPe e P. FaVia,Firenze 2009, pp. 382-391, in particolare pp. 385-386.

ulteriori elementi di differenziazione tra i due saggi sono rappresentatidalla presenza di resti di cipresso (Cupressus sp.) e pino (Pinus cfr. pinea)nel saggio Viii e del ramno (Rhamnus/Phillyrea) nel saggio iV. Da ultimo,non mancano sporadiche attestazioni di pioppo/salice (Populus/Salix), fras-sino (Fraxinus cfr. excelsior) e lentisco (Pistacia lentiscus) (tav. 1).

l’assemblaggio carpologico è costituito per la maggior parte da specieedibili, tra cui predominano i cereali, soprattutto l’orzo (Hordeum sp.) siaesastilo (H. vulgare) che distico (H. distichum) e il frumento (Triticum aesti-vum/compactum), accompagnati da olivo e vite. anche le leguminose sonodiscretamente rappresentate: resti di fave (Vicia faba var. maior) e favini (Vi-cia faba var. minor) sono stati rinvenuti nel saggio Viii, mentre piselli (Pi-sum sativum) e veccie/latiri (Vicia/Lathyrus) provengono quasi esclusiva-mente dal saggio iV. Di particolare interesse è anche il rinvenimento nelsaggio Viii di un mezzo endocarpo di ciliegio (Prunus avium) che confer-merebbe, assieme ai rinvenimenti di tessuto legnoso, l’ipotesi di un consu-mo locale di questi frutti.

la vite (Vitis vinifera) è stata rinvenuta in grandi quantità soprattutto neilivelli superiori e tardi del saggio iX, a riprova del fatto che il suo consumoaumenta nei secoli successivi al Xiii-XiV. la presenza di carboni di vite nelfocolare (us 4029) rinvenuto nel saggio iV, probabilmente residui di potatu-ra, è comunque da interpretare come indice di una sua coltivazione già neglistessi secoli Xiii e XiV. le specie edibili non sono le sole ad essere attestatepoiché sono stati rinvenuti numerosi resti di piante avventizie (Hordeumspontaneum, Adonis sp. Agropyron sp., Phalaris, diversi tipi di Poacea eGalium) e ruderali (Medicago sp., Euphorbia helioscopia, Calendula arven-sis, Sambucus) (tav. 2).

Rispetto a san lorenzo, il sito di Pantano mostra alcune differenzenell’assemblaggio archeobotanico: a fronte di una prevalenza di essenzearboree proprie del bosco mesofilo (quercia caducifoglie e olmo) e speciecoltivate come l’olivo, i pruni e il melograno, non si riscontrano tracce dielementi della macchia, come il lentisco, il ramno o la quercia semprever-de (tav. 3). anche dal punto di vista dei semi/frutti, Pantano si caratterizzaper una minore variabilità delle specie edibili, fra cui prevalgono cereali,soprattutto avena, orzo e frumento, mentre sono scarse le attestazioni divite e del tutto assenti quelle relative all’olivo (tav. 4). Particolarmente si-gnificativo è il rinvenimento di numerose piante avventizie (Adonis sp.,Agrostis sp., Bellevalia sp., Lolium sp., Sonchus sp., Poaceae) e ruderali(Coronilla sp., Geranium sp., Malva sp., Medicago sp., Trifolium sp.), masoprattutto di indicatori di ambienti umidi come Carex sp., Chara sp.eScirpus sp.

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Lo spazio naturale nel comprensorio di San Lorenzo e Pantano

i risultati delle analisi condotte nei due siti rivelano l’esistenza di un pae-saggio vegetale molto differente da quello attuale, con la presenza sul terri-torio di una maggiore copertura arborea naturale, verosimilmente costituitada essenze del bosco mesofilo, come querce caducifoglie, carpini, frassini eolmi di cui il vicino bosco dell’incoronata non è che un residuo.

Dallo studio del materiale rinvenuto a san lorenzo si evince che talesub-strato vegetale potrebbe essere stato caratterizzato, almeno in prossimitàdel vicino fiume cervaro, dalla presenza di elementi della ripisilva come ilpioppo e/o il salice. allo stesso modo, le attestazioni relative ad essenze del-la macchia mediterranea indicherebbero la presenza ai margini del boscomesofilo di aree caratterizzate da specie xerofile come la quercia semprever-de, il lentisco ed il ramno (fig. 1).

la presenza a Pantano di specie igrofile, come Carex sp., Chara sp. eScirpus sp., prova l’esistenza di un ambiente più umido nella zona, verosi-milmente caratterizzato da specchi d’acqua dolce. tali indizi concorrono adelineare un quadro molto articolato dell’ambiente naturale che senza dub-bio deve aver rappresentato una risorsa importante per entrambi i siti.

le ricerche effettuate sulle evidenze documentarie mirate alla ricostru-zione dei paesaggi naturali e rurali e agrari del medioevo hanno fatto emer-gere con chiarezza come già a partire dall’epoca altomedievale, in europa, siaffermi un rapporto fra uomo e incolto alberato che si articola in varie formedi utilizzazione delle risorse boschive e che complessivamente attribuisceagli spazi forestati un valore particolare, di fôret precieuse, di luogo percor-so, sfruttato, protetto, curato quotidianamente per soddisfare esigenze di va-rio tipo18.

l’utilizzo di una vasta gamma di termini per descrivere il bosco nellefonti indica la percezione che l’uomo medievale aveva di esso come realtàmolteplice e inoltre delinea l’esistenza di diversi livelli di accessibilità, di-sponibilità, familiarità, condizione giuridica che hanno inciso, a vari gradi,sulle possibilità di fruizione della risorsa arborea19. tra le attività che mag-giormente avevano luogo nell’area boschiva vi erano la raccolta di prodottispontanei, compresa la legna, il pascolo e la caccia. Raramente si tratta di at-tività che prevedono la riduzione della risorsa, sebbene non mancassero casi

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18 B. BeRtHet, De la fôret inutile a la fôret precieuse, in «annales. Économies, sociétés,civilisations» 6 (1951), pp. 145-153.

19 P. coRRao, Boschi e legno, in Uomo e ambiente nel Mezzogiorno normanno-svevo. at-ti delle Viii giornate normanno-sveve (Bari, 20-23 ottobre 1987), a cura di g. musca. Bari1989, pp. 135-164.

di disboscamento contenuto, mirato a fornire materia prima per opere navalio cantieri edili. episodi di questo genere si possono riconoscere nella con-cessione nel 1278 ad opera di carlo i di parte del legname delle difese diGuardiole, Salvatoris et Palumbe in capitanata per consentire agli operaiimpegnati a riparare il castrum di lucera di procurare legna secca e frascheper alimentare le fornaci che producevano calce e mattoni, ovvero l’ordineimpartito ai forestarii di monte sant’angelo e di tutta la Puglia relativo alrecupero di materiale ligneo da parte del prothontinus di Bari e monopolinecessario alla riparazione di navi della flotta regia20. È verosimile dunqueipotizzare che i mutamenti che riguardano l’antropizzazione dello spazio na-turale siano stati orientati verso la domesticazione della silva e la sua ridu-zione a bosco coltivato piuttosto che al disboscamento di vaste aree21.

Date tali premesse, è possibile che anche nel comprensorio di san loren-zo/Pantano l’incolto alberato sia stato utilizzato per diverse finalità senzatuttavia andare ad intaccare in maniera sostanziale il sub-strato vegetale ori-ginale. a sostegno di quest’ipotesi vi è anche la presenza in località Pantanodella già ricordata residenza federiciana che deve aver contribuito a preser-vare, almeno in certa misura, la risorsa boschiva locale, anche da forme dicolonizzazione agricola, con l’intento di favorire, all’interno di essa, la nidi-ficazione di volatili ed altra selvaggina.

Tra vigneti ed uliveti: le colture arboree nello spazio antropico del Tavolieremedievale

allo spazio naturale individuato dall’analisi antracologica si contrapponelo spazio antropico dove si inseriscono essenze alloctone con funzione orna-mentale come il cipresso, e forse il pino, ed altre specie coltivate per finalitàalimentari, tra cui primeggiano la vite e l’olivo (fig. 1).

Particolarmente significativo è, a questo proposito, il ritrovamento con-giunto di resti di tessuto legnoso e di semi e frutti che connotano il processodi coltivazione come prassi locale. il dato sembra confermare un trend giàevidenziato dalla documentazione scritta da cui emerge che il vigneto ac-compagna e qualifica il processo di valorizzazione delle aree coltivate che siera già reso evidente in epoca bizantina e che sembra connotare specialmen-te le zone immediatamente a ridosso delle località urbane e rurali22.

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20 B. cascella, I ‘magistri forestarii’ e la gestione delle foreste., in Castelli, foreste,masserie. Potere centrale e funzionari periferici nella Puglia del secolo XII, a cura di R. lici-nio, Bari 1991, pp. 47- 94 (in particolare pp. 64-66).

21 P. coRRao, Boschi e legno ...cit. nota 19, in particolare pp. 147-148.22 licinio, Uomini e terre ... cit. nota 5, pp. 57-93.

la riqualificazione dei terreni destinati al vigneto includeva anche il dre-naggio dei suoli particolarmente umidi mediante l’obbligo di scavare i fos-sati e i canali di scolo e di tenerli sgombri onde garantire un normale deflus-so delle acque23. curare il vigneto non era in sé un’operazione molto diffici-le e più che di un ingente investimento finanziario o di un ampio corredostrumentario, la viticoltura aveva bisogno di un paziente e costante interven-to del lavoro umano come dimostra la prassi della tripla zappatura 24, ovverola potatura dei racemi utile a garantire combustibile a sufficienza per ali-mentare i focolari domestici, come accade nel caso del citato focolare us4029 del sito di san lorenzo. come coltura specializzata, dunque praticatain appezzamenti chiusi al pascolo e protetti da muri, la vite veniva piantatabassa e senza sostegni, in filari ordinati secondo intervalli diversi di cui ri-mane l’eco nelle misure locali di superficie: la vinea quadragenalis, il tri-gintalis o trentale, la vinea quinqagenalis25.

come il vigneto, anche l’uliveto partecipò a quel processo di valorizza-zione colturale che ebbe inizio tra la seconda metà dell’ Xi e l’ Xii secolo26.Pianta “meno cittadina” (così la definisce R. licinio27) della vite, l’olivo sipresentava in effetti anche in forma di “alberi, isolati, ai margini delle chiu-sure, in prossimità delle macchie e delle selve” ed era spesso associato al se-minativo, o ad altre piante legnose. le pratiche di coltivazione dell’olivo siinserivano all’interno di un sistema consolidato da secoli, che prevedeva chel’affittuario dovesse arare, roncare e remondare gli olivi, secondo una prassiche garantiva, tra l’altro, legname di piccola e media taglia da utilizzare co-me combustibile per piccole attività domestiche. tra le altre attività previstenei contratti si inseriscono anche la raccolta e la spremitura delle olive a spe-se dell’affittuario28. tra gli obblighi previsti da un contratto di mezzadria vi

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23 B. anDReolli, Contratti agrari e trasformazione dell’ambiente, in Uomo e ambiente ...cit. nota 19, pp.111-133 (in particolare pp. 117). g. Vitolo, I prodotti della terra: orti e frut-teti, in Terre e uomini nel Mezzogiorno normanno-svevo. atti delle Vii giornate normanno-sveve (Bari, 15-17 ottobre 1985), a cura di g. musca, Bari 1987, pp. 159-185 (in particolarep. 134).

24 maRtin, Le travail agricole... cit. nota 23, pp. 113-157 (in particolare p. 134); licinio,Uomini e terre ... cit. nota 5, p. 67.

25 licinio, Uomini e terre..., cit. nota 5, pp. 57-58.26 F. melis, Note sulle vicende storiche dell’olio d’oliva (secoli XIV-XVI). in aa.VV.

Dell’olivo e della sua coltura. Firenze 1972, pp. 11-21. R. PastoRe, Olivicoltura meridiona-le, Bari 1967; Olivi e olio nel Medioevo a cura di a. BRugnoli e g. m. VaRanini, Bologna,2006 (Biblioteca di storia agraria medievale 29).

27 licinio, Uomini e terre..., cit. nota 5, p. 74.28 a.i. Pini, Due colture specialistiche del Medioevo: la vite e l’olivo nell’Italia padana,

in Medioevo rurale, a cura di V. Fumagalli, g. Rossetti, Bologna 1980, pp. 119-138 (inparticolare p. 126); l. PalumBo, Una piccola azienda agricola in terra di Bari dal 1789 al

è anche quello di refocare, ovvero quella prassi, ben descritta nelle fonti, cheprevedeva che il contadino realizzasse un cerchio attorno a ciascun olivoampio quanto l’ingombro dei rami e ricoprisse il terreno chiuso in questocerchio con concime formato da detriti calcarei, per alimentare l’albero e di-fendere le radici dai raggi solari. Particolari accorgimenti venivano messi inatto al tempo di raccolta delle olive, tra novembre e dicembre, quando sottol’albero si stendeva la racana, ovvero un panno sul quale si depositavano leolive battute con un lungo bastone, che veniva ripiegato e trasportato al de-posito o al frantoio29

Rispetto alle notizie inerenti l’olivo e la vite, più scarne sono i dati docu-mentari relativi alle altre specie fruttifere che abbondano soprattutto nel sitodi san lorenzo a conferma della vocazione produttiva del casale. Particolareinteresse sembra rivestire la coltivazione del ciliegio, di cui oltre ai fram-menti di tessuto legnoso è stato rinvenuto un mezzo endocarpo, seguita daquella del mandorlo, del sorbo e del pero che verosimilmente dovevano es-sere collocati in spazi recintati prossimi al sito, secondo un modello ampia-mente attestato in tutta l’italia meridionale30.

Cerealicoltura estensiva e specializzazione orticola

la coltivazione di specie arboree si associa anche a quella dei cereali so-prattutto orzo e frumento a san lorenzo ed avena a Pantano. la presenzacospicua di cereali in entrambi i siti non sorprende dal momento che la ca-pitanata, ed in particolare il tavoliere con i suoi terreni di origine alluviona-le, era considerata il fulcro della produzione cerealicola pugliese sindall’epoca romana31 e ancora in epoca medievale come denuncia l’istituzio-ne del sistema delle masserie32.

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1864, in «archivio storico Pugliese», 21 (1968), p. 205; licinio, Uomini e terre... cit. nota 5,p. 80; J.-m. maRtin e gH. noyÉ, Les campagnes de l’Italie méridionale byzantine (Xe-XIe

siècles), in «mélanges de l’École Française de Rome. moyen Âge-temps modernes», 101(1989-2), pp. 559-596.

29 su queste pratiche si veda licinio, Uomini e terre ... cit nota 5, p. 80, che richiama al-cune specifiche fonti: Le pergamene di Conversano (1266-1499), a cura di F. muciaccia,Bari 1942 (codice Diplomatico Barese 17), p. 136, n.76 (anno 1307); il Chartularium delmonastero di S. Benedetto di Conversano a cura di D. moRea, montecassino 1982, p. 322,n.165 (anno 1224).

30 Vitolo, I prodotti della terra ... cit. nota 23, p. 184.31 VaRRone i, 2,6 (M. Terenti Varronis Rerum Rusticarum libri tres, post H. Keil ed. g.

goetz, leipzig 1912; editio nova correctior, leipzig 1929)32 R. licinio, Masserie medievali. Masserie, massari e carestie da Federico II alla Doga-

na delle Pecore, Bari 1998, in particolare pp. 30-42.

il frumento di capitanata era considerato di alta qualità come recita undocumento di età angioina che si riferisce ad esso come melius et salubrisconservatur quam frumentum Siciliae33.

nell’ambito del sistema produttivo di quest’area era pressoché generaliz-zato anche il ricorso all’orzo, considerato un valido cereale rustico partico-larmente adatto a climi aridi, capace, tra l’altro, di soffocare le erbacce. Que-sto cereale serviva in modo specifico a soddisfare i bisogni alimentari deglianimali, in particolare degli equini 34 (in questo senso sono preziosi i reso-conti delle case teutoniche di san leonardo di siponto e corneto-torre ale-manna35), ma veniva anche utilizzato per il nutrimento umano, nei momentidi minore produzione frumentaria. come ricorda R. licinio, «l’orzo puglie-se era solitamente seminato sulle ristoppie del grano, per essere mietuto, co-me lo stesso frumento, tra maggio e giugno»36.

la presenza di alcune specie avventizie quali l’Adonis sp., che ha un pe-riodo di fioritura tra marzo e giugno37, avvalora l’ipotesi di un raccolta pri-maverile dei cereali. contestualmente, tale rinvenimento fornisce informa-zioni sulle tecniche di raccolta dei grani: lo stelo di tale pianta non superamediamente i 35 cm di altezza, per tale ragione la sua presenza nel recordarcheobotanico è indice del fatto che la mietitura sia avvenuta alla base dellespighe per consentire la raccolta della paglia. notizie sullo stato dei campi sipossono estrapolare anche dal rinvenimento di piante che notoriamente cre-scono ai margini delle colture come Agropyron sp. Euphorbia heliscopia,Medicago sp. e Sambucus sp., ovvero dal ritrovamento di resti di Phalarissp., pianta tipica di incolti argillosi umidi che denota la presenza di suoli po-co drenati e soggetti all’impantanamento (cfr. fig. 2).

il sistema di produzione dei cereali prevedeva, accanto alla coltivazionedi orzo e frumento, anche la messa a coltura di grani minori, l’impiego deiquali tuttavia era limitato piuttosto che da fattori ambientali, da esigenzecommerciali quali la notevole richiesta di frumento dei mercati internaziona-li alla Puglia38. tale era il peso che le congiunture economiche avevano sui

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33 m. De BoüaRD, Problèmes de subtistance dans un état médieval: le marché et le prixdes céréales au royame angevin de Sicilie (1266-1282), in «annales d’Histoire économiqueet sociale», 10 (1938), pp. 483-501, in particolare p. 484.

34 m. montanaRi, Cereali e Legumi, in Uomo e ambiente ... cit. nota 19, pp. 89-110, inparticolare pp. 101-102; F. PoRsia, I cavalli del re, Fasano 1986 (collana di storia della cul-tura materiale 1).

35 toomasPoeg, L’economia... cit nota 5, p. 140.36 licinio, Uomini e terre... cit. nota 5, p. 50.37 Per riferimenti generali ai problemi dei periodi e le stagioni di fioritura si rimanda a s.

Pignatti, Flora d’Italia, 3 volumi, Bologna 1982. 38 m. montanaRi, Alimentazione e cultura nel Medioevo. Roma-Bari 1988 (Quadrante

18), in particolare pp. 151-152.

sistemi di produzione dei cereali che in alcuni casi gli stessi contadini si ri-fiutarono di destinare le proprie fatiche alla coltivazione dei grani minori: ènoto l’episodio di quegli agricoltori che in capitanata si erano rifiutati di ob-bedire all’ordine di seminare tutta l’avena di proprietà regia nei campi deldemanio.

Da quest’episodio si evince anche un altro dato, ovvero l’importanzache l’avena assunse nel periodo svevo. le proprietà di questo cereale era-no ben note agli agricoltori già da tempo: Virgilio ne consigliava la semi-nata come coltura liquidatrice, cioè conclusiva di un ciclo di ripetuta ce-realicoltura, tuttavia durante il regno di Federico ii l’avena assunse unruolo fondamentale come specie foraggiera da destinare soprattutto a bovi-ni ed equini39.

e’ indicativo che proprio nel sito di Pantano siano state rinvenute diversespecie avventizie e ruderali che avvalorano l’ipotesi di colture ‘secondarie’,ovvero di messi destinate ad alimentazione animale per le quali la mondatu-ra da piante nocive non si rendeva necessaria. Questa ipotesi non esclude,tuttavia, che il rinvenimento di tanti resti infestanti associati ai cereali siadovuto ad una pratica particolare che prevedeva la pulitura delle messi inuna fase successiva a quella dello stoccaggio.

Date tali premesse, le differenze riscontrate tra i due siti oggetto di studioassumono un valore particolare alla luce, forse, della diversa destinazioned’uso dei due insediamenti: un casale, poi qualificato come castrum, con fi-nalità produttive, quale risulta l’abitato di san lorenzo, una domus solacio-rum che poteva prevedere peraltro anche il ricovero per i cavalli, come qualeappare il sito di Pantano.

a sostenere l’idea che san lorenzo possa connotarsi come un polo pro-duttivo vi è anche la presenza di numerosi resti di leguminose che potevanoessere coltivate nei campi aperti ovvero negli orti prossimi al sito, dove po-tevano giovarsi di una più abbondante concimazione ed eventualmente di si-stemi di canalizzazione che garantivano il giusto apporto idrico40 (fig. 2).Dalla documentazione scritta si evince che l’orticoltura fosse praticata anchesui terreni paludosi nell’ambito del processo di colonizzazione tendente aguadagnare alle colture questi spazi altrimenti inutilizzati41.

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39 m. BalDini, La coltivazione dell’avena in Puglia, in «annali della Facoltà di agrariadi Bari», 2 (1942), pp.185-231, in particolare p. 230.

40 su questo tipo di organizzazioni in altre città dell’italia meridionale si veda m. Del

tRePPo, Una città del Mezzogiorno nei secoli IX-XIV. Amalfi enigma storico o mito storio-grafico?, in Amalfi nel Medioevo. Atti del convegno internazionale (salerno-amalfi, 14-16giugno 1973), salerno, 1977, pp. 17-175

41 Vitolo, I prodotti della terra... cit nota 23, pp. 166-174.

Considerazioni conclusive

il processo di antropizzazione del paesaggio vegetale in capitanata si ar-ricchisce, grazie alle analisi condotte sui resti archeobotanici dei siti basso-medievali di san lorenzo e Pantano, di nuovi dati che consentono di deli-neare il quadro degli interventi umani nell’area.

sulla base degli elementi sinora raccolti, possiamo affermare che, sebbe-ne il processo di ruralizzazione sia stato esteso anche ad aree incolte, me-diante l’impianto o la riqualificazione di vigneti, oliveti e frutteti, i caratteridell’ambiente naturale siano stati parzialmente preservati.

l’esistenza di querceti e boschi riparali, attestata dalle analisi antracolo-giche, fornisce conferma della presenza di una discreta copertura arboreanella zona e del suo sfruttamento controllato che si inserisce a pieno titolonel complesso delle attività produttive dell’area.

complessivamente, tali attività privilegiarono la cerealicoltura estensiva,soprattutto quella basata sull’orzo e sul grano, che risulta impostata su ciclistagionali di semina autunnale e mietitura primaverile e che prevede la rac-colta dell’intera spiga da destinare forse alla dieta animale. con tale finalitàrisulta coltivata anche l’avena, rinvenuta in discrete quantità a Pantano, doveveniva usata come pianta foraggera per gli equini.

ulteriori informazioni ci provengono dal rinvenimento di numerose pian-te avventizie e ruderali che oltre a fornire indicazioni sullo stato delle colti-vazioni, sono indicatori di un contesto ambientale caratterizzato dalla pre-senza di pozze d’acqua perenni e/o stagionali.

in sintesi, dunque, l’analisi archeobotanica ha permesso di definire ilquadro ambientale e contestualmente di valutare le modificazioni introdottedall’uomo a seguito del processo di agrarizzazione dell’area. Resta tuttaviaancora da stabilire, mediante un’analisi contestuale del dato archeobotanico,l’impiego a cui ciascuna specie vegetale era destinata, per valutare in manie-ra più precisa la sua reale rappresentatività nell’ambito dell’assemblaggioarcheobotanico42.

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42 gli autori sentitamente ringraziano Pasquale Favia e Roberta giuliani per aver consen-tito lo studio dei materiali ed in generale tutta l’equipe del laboratorio di archeologia medie-vale dell’università di Foggia per il recupero dei campioni sui siti.

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Fig. 1. suddivisione tra spazio naturale e spazio antropico sulla base delle specie ar-boree rinvenute nei livelli del Xiii-XiV sec. a san lorenzo.

Fig. 2. suddivisione tra spazio naturale e spazio antropico sulla base delle specie er-bacee rinvenute nei livelli del Xiii-XiV sec. a san lorenzo.