A ritmo di corrieri. Sulla revisione della "Liberata", 2014

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EMILIO RUSSO A RITMO DI CORRIERI SULLA REVISIONE DELLA LIBERATA 1. «La grande incompiuta»: così Luigi Poma, dopo una ventina d’anni di indagini filologiche, definiva la Liberata 1 ; e per un testo rimasto sospeso, sistemato alla meglio per la stampa da un gruppetto di editori e comprimari tra 1579 e 1584, è difficile tracciare un bilancio sui tempi della scrittura, in assenza del sigillo conclusivo, con stesure e revisioni che finiscono simbo- licamente inghiottite nella reclusione di Sant’Anna. E la formula cui spesso si ricorre, quasi a gustare un paradosso, che la parabola della Liberata vada a concludersi sui torchi di Facciotti, a Roma nel 1593, con il nome e il volto mutato della Conquistata 2 , serve a denunciare un caso eccezionale in termini filologici, ma non serve a cancellare il dato cruciale: incorniciata tra l’abboz- zo del Gierusalemme (avvio anni Sessanta) 3 e la riscrittura della Conquistata (a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta) 4 – secondo una lunga durata che copre un trentennio, come trent’anni restano aperti i dossier del Furioso e dell’ Adone , quasi fosse il tempo destinato per i grandi cantieri poematici – la Liberata deve però mantenere una sua isolata specificità, col- locata su uno spartiacque decisivo, e non solo nella biografia tassiana. Uno 1 «Bisogna adattarsi all’idea che la Liberata è una grande incompiuta»: L. Poma, La quaestio philologica della Liberata, in Id., Studi sul testo della Gerusalemme liberata, Bolo- gna, Clueb, 2005, pp. 165-177, cit. a p. 177 . 2 Così, ad esempio, C. Gigante, Canto XIX, in Lettura della Gerusalemme liberata, a cura di F. Tomasi, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2005, pp. 477-498 (in particolare p. 477); a cura dello stesso Gigante si veda ora l’ed. T. Tasso, Gerusalemme Conquistata. Ms. Vind. Lat. 72 della Biblioteca Nazionale di Napoli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010. 3 Una nuova edizione del Gierusalemme è di recente uscita per le cure di G. Baldas- sarri (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2013), con importanti proposte anche sulla tradizione della Liberata; vd. inoltre l’ed. a cura di L. Caretti (Parma, Zara, 1993), con la riproduzione anastatica del ms. Urb. Lat. 418. 4 I tempi della riscrittura del poema sono stati ricostruiti in C. Gigante, Esperienze di filo- logia cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, il Bargeo, Tasso, Roma, Salerno Editrice, 2003, in particolare alle pp. 156-201, sulle tappe di lavoro che condussero alla Conquistata. Festina lente. Il tempo della scrittura nella letteratura del Cinquecento, a cura di Chiara Cassiani e Maria Cristina Figorilli, introduzione di Nuccio Ordine, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2014 ISBN (stampa) 978-88-6372-607-7 (e-book) 978-88-6372-608-4 – www.storiaeletteratura.it

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eMilio russo

a ritmo di corrieri

sulla reVisione della LIBERATA

1. «la grande incompiuta»: così luigi poma, dopo una ventina d’anni di indagini filologiche, definiva la Liberata1; e per un testo rimasto sospeso, sistemato alla meglio per la stampa da un gruppetto di editori e comprimari tra 1579 e 1584, è difficile tracciare un bilancio sui tempi della scrittura, in assenza del sigillo conclusivo, con stesure e revisioni che finiscono simbo-licamente inghiottite nella reclusione di sant’anna. e la formula cui spesso si ricorre, quasi a gustare un paradosso, che la parabola della Liberata vada a concludersi sui torchi di facciotti, a roma nel 1593, con il nome e il volto mutato della Conquistata2, serve a denunciare un caso eccezionale in termini filologici, ma non serve a cancellare il dato cruciale: incorniciata tra l’abboz-zo del Gierusalemme (avvio anni sessanta)3 e la riscrittura della Conquistata (a partire dalla seconda metà degli anni ottanta)4 – secondo una lunga durata che copre un trentennio, come trent’anni restano aperti i dossier del Furioso e dell’Adone, quasi fosse il tempo destinato per i grandi cantieri poematici – la Liberata deve però mantenere una sua isolata specificità, col-locata su uno spartiacque decisivo, e non solo nella biografia tassiana. uno

1 «Bisogna adattarsi all’idea che la Liberata è una grande incompiuta»: l. poma, La quae stio philologica della liberata, in id., Studi sul testo della gerusalemme liberata, Bolo-gna, clueb, 2005, pp. 165-177, cit. a p. 177.

2 così, ad esempio, c. gigante, Canto XIX, in Lettura della gerusalemme liberata, a cura di f. tomasi, alessandria, edizioni dell’orso, 2005, pp. 477-498 (in particolare p. 477); a cura dello stesso gigante si veda ora l’ed. t. tasso, Gerusalemme Conquistata. Ms. Vind. Lat. 72 della Biblioteca Nazionale di Napoli, alessandria, edizioni dell’orso, 2010.

3 una nuova edizione del Gierusalemme è di recente uscita per le cure di g. Baldas-sarri (roma, edizioni di storia e letteratura, 2013), con importanti proposte anche sulla tradizione della Liberata; vd. inoltre l’ed. a cura di l. caretti (parma, zara, 1993), con la riproduzione anastatica del ms. urb. lat. 418.

4 i tempi della riscrittura del poema sono stati ricostruiti in c. gigante, Esperienze di filo-logia cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, il Bargeo, Tasso, roma, salerno editrice, 2003, in particolare alle pp. 156-201, sulle tappe di lavoro che condussero alla Conquistata.

Festina lente. Il tempo della scrittura nella letteratura del Cinquecento, a cura di Chiara Cassiani e Maria Cristina Figorilli, introduzione di Nuccio Ordine, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2014 ISBN (stampa) 978-88-6372-607-7 (e-book) 978-88-6372-608-4 – www.storiaeletteratura.it

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spartiacque non puntuale, disteso piuttosto su una fascia di anni, non tutti ugualmente in luce, mentre una serie di questioni maturano e si intrecciano, rendendo alla fine impossibile per il tasso l’approdo a stampa.

nel discorso qui condotto occorrerà muovere da un riepilogo della crono-logia del poema, recuperando e riducendo a schema sinottico una larga messe di dati ormai acquisiti dalla critica tassiana. il quadro che ne risulterà dovreb-be di per sé fornire un posizionamento chiaro della Liberata (e con lei di tutte le opere maggiori tassiane, fatta eccezione forse per l’Aminta, ma non certo per il Mondo creato o per i Discorsi dell’arte poetica poi Discorsi del poema eroico)5 sull’asse dei tempi di scrittura nel quadro più ampio della cultura cinquecente-sca, una collocazione caratterizzata da modalità nervose, discontinue, sempre sospese tra l’ambizione e l’insoddisfazione con cui il tasso congegnava e licen-ziava (quelle poche volte) i propri scritti. su questa base verranno poi ripresi un paio di casi puntuali, che cadono ben dentro la stagione della revisione romana6, riscritture per le quali è proprio il fattore tempo a divenire criterio discriminante: l’uno pertinente ad un intervallo minimo, l’altro disteso su un arco pluriennale. da alcune considerazioni sulla tradizione, per come fin qui ricostruita dagli studi della scuola pavese, muoveranno le considerazioni conclusive sugli equilibri precari della Gerusalemme, distribuendo in diacro-nia, e appunto sull’andirivieni di corrieri tra roma e ferrara, alcune delle più preziose testimonianze testuali che ci sono pervenute.

2. sin dalla sistemazione di solerti sappiamo che il poema sulla crociata matura sul tronco del Gierusalemme nella zona centrale degli anni sessanta; l’idea del poema da dedicare a luigi d’este è probabilmente del 1563 o 15647, e già due anni dopo la composizione era arrivata al canto Vi8. poi più nulla per diversi anni, se non una sibillina dichiarazione prima del viaggio compiuto verso la francia nel 1570, quando il tasso lasciava queste istruzioni:

5 riguardo alla favola pastorale, tuttavia, per la composizione e per la difficile questio-ne della prima circolazione del testo, vd. p. trovato, Per una nuova edizione dell’aminta, in Torquato Tasso e la cultura estense, a cura di g. Venturi, 3 voll., vol. iii, firenze, leo s. olschki, 1999, pp. 1003-1029.

6 per la revisione romana si farà ovviamente riferimento a t. tasso, Lettere poetiche, a cura di c. molinari, parma, guanda-fondazione pietro Bembo, 1995 (da qui in avanti Lettere poetiche, con l’indicazione del numero e delle pagine relative).

7 per un quadro sintetico delle testimonianze vd. c. gigante, Tasso, roma, salerno editrice, 2007, pp. 124 sgg.

8 Vd. torquato tasso, Lettere, a cura di c. guasti, 5 voll., firenze, le monnier, 1852-1855 (da qui in avanti Lettere), nr. 6, vol. i, p. 15.

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l’orazione ch’io feci in ferrara nel principio de l’accademia avrei caro che fosse veduta, e similmente quattro libri del poema eroico; del gottifredo i sei ultimi canti, e de’ due primi quelle stanze che saranno giudicate men ree: sì veramente che tutte queste cose sieno riviste e considerate prima dal signor scipion gonzaga, dal signor domenico Veniero, e dal signor Batista guarino; i quali, per l’amicizia e servitù ch’io ho con loro, mi persuado che non ricuseranno questo fastidio. Sappiano però che mia intenzione sarebbe che troncassero e risecassero senza risparmio tutte le cose che o men buone o soperchie giudicassero; ma ne l’aggiugnere o nel mutare andassero più ritenuti, non potendosi questo poema vedere se non imperfetto9.

la terna degli affidatari cui affidare il Gottifredo prevedeva – accanto a scipione gonzaga – l’autorevole presenza del Venier e il guarini, sodale nell’esperienza degli eterei ma più avanti non troppo vicino al tasso entro le complesse dinamiche ferraresi10. a quell’altezza il poema era lontano dalla con-clusione, costituiva un insieme che il tasso voleva piuttosto scorciato che non implementato. quanto è certo è che il Goffredo venne terminato in una prima stesura alla fine del 1574, con gli ultimi canti chiusi rapidamente (così avrebbe confessato l’autore stesso) anche per offrirli in lettura al duca di ferrara11.

fin qui una cronologia dilatata condivisa da molti poemi di quei decen-ni, forse tacitamente preoccupata sugli esiti (torquato aveva certo ben vivo nella memoria il precedente di Bernardo)12; una gittata decennale spesa in una serie di occupazioni collaterali – sonetteria d’occasione, orazioni acca-demiche, la lettura della sfera presso lo studio di ferrara, le mansioni di storiografo di corte alla morte del pigna, ecc. –13 conservando però sempre

9 Lettere, nr. 13, vol. i, pp. 22-23 (miei i corsivi, come sempre da qui in avanti, in assenza di indicazione contraria).

10 a. solerti, Bibliografia dei manoscritti, in t. tasso, La Gerusalemme liberata, a cura di a. solerti, 3 voll., firenze, Barbera, 1895-1896, in particolare per quanto qui importa vol. i, pp. 93-130; inoltre, sul biennio 1575-1576, a. solerti, Vita di Torquato Tasso, 3 voll., torino, loescher, 1895, vol. i, pp. 208 sgg.

11 per una testimonianza sull’ultima stagione di composizione vd. ancora Lettere, nr. 18, vol. i, pp. 48-50 (3 novembre 1574): «in quanto al mio poema, io aveva comincio quest’ago-sto l’ultimo canto; quando assalito da una improvvisa quartana e da una infinita languidezza deposi la penna, né l’ho poi ripigliata, né son per ripigliarla sin ch’io non mi liberi o non m’allegerisca alquanto da questo male».

12 sulla vicenda compositiva dell’Amadigi, il cui itinerario tortuoso agì a lungo come monito nei progetti di torquato, vd. il brano celebre dell’Apologia che si legge in t. tasso, Prose, a cura di e. mazzali, milano-napoli, ricciardi, 1959, pp. 416-418.

13 una ricostruzione che intreccia mansioni di corte e produzione letteraria del tasso giovane si legge nell’importante capitolo monografico di g. Baldassarri, Torquato Tasso, in Storia generale della letteratura italiana, dir. n. Borsellino – W. pedullà, vol. V, milano, motta, 1999, pp. 281-329.

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il fuoco dell’ambizione primaria sul registro dell’epica. tanto distesa e in ombra questa prima fase, quanto dettagliata e frenetica la stagione successiva, in diversi passaggi persino drammatica. ho raccolto in una tabella bipartita (vd. tav. 1 in appendice) le dinamiche della revisione romana del poema rico-struibili sulla base delle lettere poetiche. il quadro è scandito in due passaggi: il primo che distribuisce nei mesi centrali del 1575 il doppio movimento dei canti, prima l’invio dei manoscritti tassiani, corredati di interventi e varianti, da ferrara a roma, poi il ritorno dei canti copiati in pulito dal gonzaga, da roma a ferrara. subito evidenti, nella sequenza, i tempi serrati di questo primo scambio che corre abbastanza lineare, se si eccettua la sospensione dell’ordine nelle spedizioni attuata dal tasso per i canti XiV-XV, canti che comportavano una serie di problemi specifici. a monte di questi invii, occorre immaginare un tasso che riprendeva i versi composti negli anni precedenti14, alcuni assai distanti nel tempo, applicava nel trascriverli dai propri autografi una serie di correzioni15, e li spediva poi a roma, sottoponendoli alla doppia verifica sul piano della verosimiglianza della favola (fino ai particolari più minuti) e sul piano delle soluzioni stilistiche.

una dinamica in apparenza nitida, organizzata e sorvegliata dal gonzaga, che doveva nelle intenzioni del tasso condurre a una stampa già nel settem-bre 1575:

sappia dunque Vostra signoria illustrissima, che dopo una fastidiosa quartana sono ora per la dio grazia assai sano, e dopo lunghe vigilie ho condotto finalmente al fine il poema di goffredo. e questa libertà che m’è rimasa dal male, e che tosto mi rimarrà da le occupazioni poetiche, per nissun’altra cagione m’è più cara, che per poterla impiegare in alcuna cosa di sua sodisfazione, ove si degni di comandarmi. E se, com’io spero, potrò col consiglio d’alcuni giudiciosi ed intendenti dare il poema a la stampa questo settembre, me ne verrò poi a stare alcun mese a roma16.

14 Vd. Lettere poetiche, V, pp. 36-37 (15 aprile 1575): «et a confessarle il vero, tutto quel-lo ch’è sino al nono, trattine i primi tre canti rifatti quasi del tutto, furono fatti in tempo ch’io non era ancora fermo e sicuro, non dirò nell’arte, ma in quella ch’io credo arte».

15 un dato che va infatti sottolineato, e sui cui tornerò, a rendere ancora più stratificata la dinamica testuale del poema, è che il tasso inviava a roma una copia aggiornata dei canti, ma conservava il proprio originale, sul quale verosimilmente continuava il lavorio di revisio-ne; a questo ‘originale’ si fa riferimento più volte entro le Lettere poetiche, ove viene descritto talora come arretrato rispetto a quanto inviato al gonzaga, talora invece come talmente fitto di interventi e correzioni da risultare ormai poco chiaro per il tasso stesso: vd. ad esempio: Lettere poetiche, V, p. 40 (15 aprile 1575): «sappia però, ch’io credo che nel canto [iX] ch’è appresso lei, sieno alcune correzioni ch’io non trascrissi nel mio originale»; e ancora Lettere poetiche, Vi, pp. 46-47 (27 aprile 1575), in un brano citato più avanti a testo.

16 Lettere, nr. 23, p. 61, al cardinale albani (6 aprile 1575).

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il meccanismo pare come incepparsi nella seconda parte, dopo il sog-giorno tassiano a roma dei mesi di novembre-dicembre 1575. sull’asse delle singole lettere che corrono da ferrara a roma (non disponiamo purtroppo delle risposte inviate al tasso)17 i dati si fanno meno limpidi per una matu-rata asincronia tra i tempi della revisione e quelli immaginati dal poeta, che sperava di chiudere i canti XiV-XV, di risolvere alcuni nodi complessi (sofronia nel ii, argante ed erminia nel Vi, la missione di clorinda nel Xii) e di procedere spedito alla stampa. e se la tabella non restituisce tutte le impazienze tassiane, gli incidenti di percorso (alcuni canti arrivarono bagnati dalla pioggia)18, è sufficiente scorrerne la seconda parte per cogliere il progressivo complicarsi della revisione, le difficoltà e gli ostacoli che alla fine sormontarono la pazienza intermittente del tasso.

le stesse lettere, da un certo punto in avanti, vedono la deferenza e la gratitudine verso gli interlocutori trascolorare in rabbia e livore. queste alcune frasi celebri:

questo so bene, ch’io non sono più in tempo di mutare; né muterò19.

or basta: al passato ed al fatto non v’è rimedio; non v’è rimedio, dico, perch’io son necessitato, per uscire di miseria e d’angonia, di stampare il poema, se non potrò prima, almeno dopo pasqua: e le giuro per l’amore e per l’osservanza ch’io le porto, che se le condizioni del mio stato non m’astringessero a questo, ch’io non farei stam-pare il mio poema né così tosto, né per alcun anno, né forse in vita mia; tanto dubito de la sua riuscita. ma dove mi lascio trasportare a scriver cose che non pensai mai di scrivere?20

mala deliberazione fu la mia quand’io mi risolvei a mostrargli il poema; e vorrei esser digiuno di cotesta revisione romana21.

confessione – quella intermedia – nella quale è misurabile il peso che sulla pratica del poema arrivava dalla committenza estense, quasi motore invisibile dell’accelerazione che il poeta tentò di imprimere alla stampa della Liberata.

17 più avanti, in una lettera della seconda metà del 1576, già incagliatasi la revisione del poema e complicatosi il soggiorno a ferrara, il tasso avrebbe scritto: «questa è una de le sue [di Brunello] frodi; ma ce ne son molte altre, non men belle: e credo che ve ne siano alcune di molta maggior importanza; ma io non me ne posso accertare. Mi consola che io stracciava tutte le lettere di Vostra Signoria e di messer Luca, ne le quali era detta liberamente alcuna cosa; trattene quelle de i particolari de lo Sperone» (Lettere, nr. 86, pp. 219-220).

18 Lettere poetiche, XiX, pp. 164-165 (16 luglio 1575).19 Lettere poetiche, Xii, p. 101 (2 giugno 1575).20 Lettere poetiche, XXVii, p. 222 (1° ottobre 1575).21 Lettere poetiche, Xliii, p. 410 (24 aprile 1576).

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in termini generali se ne ricava una contrapposizione tra i due tempi che decidono il poema tassiano: il tempo lungo della composizione, sul quale abbiamo notizie scarne e che si deve immaginare scandito da letture a corte dei diversi canti (nel corso della revisione il tasso lesse al duca il canto XX, con «infinita soddisfattione» di alfonso, ma dovette essere appunto l’ulti-mo della serie)22; e il tempo corto della revisione, lettere e spedizioni ogni settimana secondo un ritmo serrato, con il tasso che alla fine reclamava, tra correzioni e riscritture:

Vostra signoria ha ragione a non lodare nella spiegatura quella stanza che gli man-dai ultimamente; ma io non posso più: la vena è così esausta e secca, ch’avrebbe bisogno dell’ozio d’un anno e d’una lieta peregrinazione per riempirsi: vedrò di mutarla in alcun modo23.

c’è poi una terza stagione, di nuovo e più completamente nell’ombra, in realtà decisiva per i destini della Liberata: è quella che muove dalla seconda metà del 1576 e che arriva al marzo del 1579 della reclusione, al 1581 delle due Bonnà, o quanto meno alla seconda metà del 1577, momento in cui il poeta perse di fatto il controllo dei suoi manoscritti, a lungo e inutilmente richiesti al duca24. mesi e anni celebri per i viaggi, le insofferenze, gli eccessi del tasso, scanditi nelle lettere ma del tutto misteriosi per gli equilibri del poema, incredibilmente fermo in un cassetto dopo il forcing che si è visto. si ricordi almeno un brano nel quale si prefigurava la possibilità di stampe non autorizzate:

Non so s’avranno pazienza d’aspettar ch’io mandi fuori il poema, o i Discorsi; ma io non riconoscerò per mia cosa non publicata da me. (…) ma perché contra me si proce-de con troppo artificio, non sarà se non bene che Vostra signoria illustrissima si fac-

22 e vd. la già citata lettera al gonzaga in Lettere poetiche, XXVii, pp. 216-218 (1° ottobre 1575): «signor mio, quando i’ feci queste ultime parti del mio poema, come troppo desideroso di fornirlo, m’affrettai oltre il dovere; sì che lasciai trascorrere molte cose, delle quali allora non mi compiaceva punto, avendo intenzione di mutarle. e tra per la fretta e la malattia che sopragiunse, questi ultimi canti più di ciascuno altro rimasero sparsi di molte macchie; né ora in questa prima revisione, come abbia mutate molte cosette, gli ho però politi molto diligentemente, riserbando questa esatta politura all’ultima revisione, alla quale desidero con grandissima impazienza di venir quanto prima sia possibile. con tutto ciò credo ch’in essi (forse amor m’inganna) sia tanto di buono, quanto in qual si voglia degli altri lor fratelli; e mi compiaccio assai del penultimo et ultimo, ma più dell’ultimo».

23 Lettere poetiche, XXi, p. 178 (29 luglio 1575).24 si vedano le lettere tra il cardinale albani e il duca alfonso d’este, rispettivamente del

30 novembre 1577 e del 14 gennaio 1578, riportate dal guasti in Lettere, vol. i, pp. 231-233; e ancora la lettera pubblicata sempre dal guasti ove maffeo Venier, 22 luglio 1578, descriveva l’angoscia del tasso proprio in relazione al necessario recupero del manoscritto del poema.

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cia dare i miei discorsi da messer luca, se gli ha, ed ogn’altra mia lettera scritta in materia de la poetica; e le tenga in modo, che non possano esser viste da alcuno.

dal punto di vista filologico, avendo a mente l’obiettivo dell’ultima volon-tà d’autore – quasi un miraggio nel caso del tasso –, si tratta di una stagione cruciale, sulla quale risultano allo stato davvero scarse le notizie esterne, e le dinamiche sono solo in parte ricostruibili per via di collazione. per quanto qui importa, in attesa di una disamina organica dei testimoni di fase γ25, la questione è quella del rapporto tra il tempo dilatato della composizione ferrarese, e quello sincopato della revisione romana (che ha una costola ulte-riore nella «revisione fiorentina» prospettata da carla molinari)26, rapporto per il quale conviene scendere su alcuni luoghi puntuali.

3. a un certo punto della discussione con i revisori, tasso si trovò a difende-re l’andamento della battaglia del canto Xi: inizialmente la battaglia aveva esiti favorevoli al campo cristiano malgrado l’assenza di rinaldo e degli altri cavalieri, tanto da mettere in dubbio la loro necessità in vista della vittoria finale. di qui il bisogno per il tasso, che pure si era difeso citando a più riprese il modello omerico, di riscrivere lo scontro, rendendolo più equili-brato e rendendo più contrastata la vittoria dei crociati. così veniva descritto il rifacimento:

per alcun’altre ragioni ho mutato l’altre parti de l’undecimo; sì che è parto freschis-simo, e come di tale, non ne posso fare giudizio alcuno. s’è una coglioneria, scusa-tene la fretta. forse il secondo assalto, che fu fatto non in quindeci dì come questo, ma in quaranta o cinquanta, parrà a Vostra signoria più sopportabile27.

quindici giorni per la revisione di uno scontro rispetto ai quaranta gior-ni serviti per l’analogo episodio del canto XViii: uno scorcio che dice dei tempi tassiani, di quelli più distesi (una quarantina di giorni per un centina-io di ottave) e di quelli più contratti delle ultime settimane. Va nella stessa direzione l’indicazione che il tasso rinviava al gonzaga dopo aver spedito la prima decina di canti:

25 Vd. oltre agli studi di poma, m. l. molteni, I manoscritti N ed Es3 della liberata, «studi di filologia italiana», Xliii (1985), pp. 67-160; e. scotti, Il problema testuale della gerusalemme liberata, «italianistica», XXi (1995), pp. 483-500; la citazione precedente è ripresa da Lettere, nr. 89, p. 226, a scipione gonzaga.

26 Vd. c. molinari, La revisione fiorentina della liberata (a proposito del codice H 275 di Montpellier), «studi di filologia italiana», li (1993), pp. 181-212.

27 Lettere poetiche, XiV, p. 122 (11 giugno 1575).

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Vostra Signoria non aspetti per un mese altro, perché voglio questa settimana che viene cominciar a purgarmi, e non far nulla per dieci giorni; e poi non ve ne vorrà manco che quindici intorno a l’XI. se fra questo mezzo mi fosse da Vostra signoria rimandata la copia de’ canti, l’avrei assai caro, perché la manderei a Venezia, e non si perderebbe tempo; ed avrei più cara la copia che ’l mio originale, per saper come governarmi ne la scrittura28.

appena un mese per la correzione e la copia dei canti Xi-Xii, spediti a inizio giugno, con una nuova battaglia e la questione non semplice della missione notturna di clorinda che il tasso avrebbe trascinato fino alla pri-mavera successiva. intanto il gonzaga era impegnato a raccogliere in una trascrizione in pulito il frutto di revisioni e suggerimenti, con un consistente margine di libertà lasciato dal tasso su questioni di lingua e stile; sintomati-ca, al riguardo, l’ultima parte della citazione, sia appunto per l’autorità rico-nosciuta al gonzaga, sia per il disegno di un rapido transito in tipografia, a troncare dilazioni altrui e revisioni proprie.

l’altro esempio è di ordine al tutto diverso. entro una delle Lettere poe-tiche tasso discuteva alcuni passaggi del canto V; anche in questo caso si tratta di un brano celebre, già messo in evidenza da Baldassarri29:

credo che in molti luoghi trovaranno forse alquanto di vaghezza soverchia, et in particolare nell’arti di armida che sono nel quarto; ma ciò non mi dà tanto fastidio, quanto il conoscere che ’l trapasso, ch’è nel quinto canto, da armida alla conten-zione di rinaldo e di gernando, e ’l ritorno d’armida, non è fatto con molta arte; e ’l modo con che s’uniscono queste due materie è piú tosto da romanzo che da poema eroico, come quello che lega solamente co ’l legame del tempo e co ’l legame d’un istante, a mio giudicio assai debol legame30.

il legame riguardava le arti di armida da un lato e il duello tra rinaldo e gernando dall’altro: quest’ultimo è episodio cruciale, rappresentando l’errore di rinaldo, l’uccisione di un componente dello schieramento crociato per via di risse intestine, errore tale da determinare l’allontanamento dell’eroe fino al canto XVii. dell’importanza strutturale di questo passaggio è testimonianza il fatto che l’episodio era già presente in una redazione arcaica, risalente alla primissima stagione della Liberata. il quinto canto (allora collocato in quarta posizione) è infatti tràdito da un manoscritto e da una stampa di fase α ed è collocabile in quel primo tempo del poema pertinente agli anni sessanta;

28 Lettere poetiche, Vi, pp. 46-47 (27 aprile 1575). 29 Vd. g. Baldassarri, Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimen-

tale e tradizione omerica, roma, Bulzoni, 1982, pp. 153-155. 30 Lettere poetiche, V, pp. 29-30 (15 aprile 1575).

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tornandovi sopra il tasso aggiungeva ottave, limava il ruolo e la responsabilità di goffredo e scorciava anche le colpe di rinaldo (che nella prima versione, ancora a marca urbinate, si chiamava ubaldo e si rendeva responsabile di dop-pio omicidio)31. in tutto il lavorio del 1575-1576, il tasso lasciava però intatto o quasi32 il nucleo centrale dell’episodio, il germinare violento dello scontro sulla base di rivalità nazionali, con gernando che sdegnato inveiva contro l’eventualità di concedere l’onore del comando a un italiano, di razza vile e assoggettata. il dato di questa permanenza diventa a mio avviso più rilevante alla luce di un antecedente prossimo dell’episodio tassiano: lo scontro tra rinaldo e gernando segue in diversi passaggi quello tra obizzo e carbilan all’interno dell’Obizzeide dell’ariosto33. se il rapporto passa in giudicato, una serie di corollari possono essere significativi: il ricorso a una componente ariostesca in fase di prima stesura, esattamente nella zona in cui dinamiche da romanzo vengono a turbare la tenuta ‘epica’ dell’esercito crociato; il rilievo di ordine strutturale (la connessione tra i diversi episodi del canto V) che tasso appunta discutendo con il gonzaga, senza però intaccare la matrice interna dei versi, salvaguardando cioè la componente romanzesca proprio attraverso una sua più salda connessione in termini di regolarità epica, conservando cioè il colore del tassello e meglio incastonandolo nel mosaico.

e allora, dal punto di vista dei due tempi di cui si diceva prima, potreb-be profilarsi un passaggio fra la prima stagione di più libero ricorso alla tradizione letteraria, romanzesca come lirica, e una stagione di raccordo di poetica, resa affilatissima dalla revisione romana e dalle letture teoriche (castelvetro, piccolomini); un passaggio da ragionare non soltanto in termi-ni di autocensura e condizionamenti esogeni (l’ambiente romano, la lettura reale o paventata da parte degli inquisitori), ma anche in termini di una salda regolarità epica, una tenuta di genere in termini aristotelici che era tra gli obiettivi principali del Goffredo tassiano. e non occorre dire quanto que-sta seconda fase, di riassetto e riorientamento, sia stata decisiva per il destino

31 per il senso e l’indirizzo delle revisioni apportate dal tasso vd. f. tomasi, Canto V, in Lettura della gerusalemme liberata, pp. 97-122: 98-110; un quadro dei testimoni e delle dinamiche anche in e. scotti, I testimoni della fase alfa della gerusalemme liberata, ales-sandria, edizioni dell’orso, 2001, pp. 37-43.

32 il testo della redazione arcaica si legge in t. tasso, Gerusalemme liberata, a cura di l. caretti, milano, mondadori, 1957, pp. 539 sgg. (in particolare vd. le varianti in iV 4, 7, 11-12, 16).

33 per un maggiore dettaglio su questa ipotesi vd. e. russo, Risse intestine. Un episodio tra Ariosto e Tasso, «filologia e critica», XXXVi (2011), pp. 266-273; e sulla presenza dell’ariosto nella riflessione tassiana di quei mesi vd. Lettere poetiche, XXiX e XlVii, pp. 265 e 452-453.

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della Liberata. si pensi, per citare un solo esempio – non di difesa ma di cedimento – al brano più noto, all’episodio della riconciliazione di rinaldo e armida nel canto XX, condannato a un certo punto dal tasso (e assente già dalla fase β del poema)34: anche in questo caso un episodio coniato sulla base forse di un precedente romanzesco e quasi inconfessabile – un roman-zo in prosa del ciclo di amadigi –35 e lasciato cadere solo nella primavera del 1576, nell’intento di prosciugare il filone di armida, inteso come non stret-tamente necessario per gli equilibri del poema36. tutto ciò a riprova di quan-to vadano impiegate con cautela categorie generalissime (basterà evocarne almeno un paio, assai diverse ma imperversanti sul tasso: controriforma e angoscia di influenza), a fronte di una strategia poetica inizialmente aperta fino a risultare spericolata, e poi rivista su un ventaglio ampio di questioni e alla luce di un’acutissima sensibilità in termini di poetica.

4. alcune considerazioni, infine, in termini più strettamente filologici sulle dinamiche della revisione romana. nell’insieme i testimoni fin qui noti della Liberata si distribuiscono in diacronia disegnando una sorta di clessidra: – molti manoscritti di fase α, alcuni da assegnare alla stagione più arcaica

del poema, altri di poco precedenti l'avvio della revisione romana37;

34 Vd. al riguardo la conclusione di poma, La quaestio philologica della liberata, p. 177.

35 Vd. e. russo, Tasso e i «romanzi», in La tradition épique et chevaleresque en Italie, éd. par c. gigante et g. palumbo, Bruxelles, peter lang, 2010, pp. 321-344; per il rappor-to con l’ariosto, oggetto di vastissima bibliografia, qui basti il rimando a s. zatti, Tasso contro Ariosto?, in id., L’ ombra del Tasso. Epica e romanzo nel Cinquecento, milano, Bruno mondadori, 1996, pp. 1-27, con altra impostazione rispetto a quella qui seguita; inoltre le connessioni puntuali segnalate in m. c. cabani, L’ ariostismo mediato della gerusalemme liberata, «linguistica e metrica italiana», iii (2003), pp. 20-80, in particolare pp. 60-61, per l’attento controllo esercitato dal tasso nel recupero della memoria ariostesca.

36 il tasso si mostrava possibilista ancora in Lettere poetiche, XX-XXi, dell’ultima decade di luglio del 1575 («se parerà che quella parte si rimova, io la rimoverò volentieri»); probabile che su questa scelta abbiano inciso i colloqui diretti con i revisori delle ultime settimane di quello stesso 1575, anche se una frase dell’aprile 1576, nella quale appunto la cesura della riconciliazione finale sembra appunto riflessa («io ho già rimosso il miracolo del sepolto, la conversione de’ cavalieri in pesci, la nave maravigliosa: ho moderata assai la lascivia de l’ultime stanze del vigesimo, tutto che da l’inquisitore fosse vista e tolerata, e quasi lodata», in Lettere poetiche, Xl, p. 393, del 14 aprile 1576), fa riferimento ad un’appro-vazione da parte dell’inquisitore di ottave su armida che dunque erano in qualche misura ancora vigenti sullo scrittoio tassiano. per la lettura dei versi tassiani da parte degli inquisi-tori ferraresi si vedano le testimonianze in Lettere, nr. 52, 53, 56, tutte del febbraio 1576.

37 Vd. al riguardo la ricostruzione di scotti, I testimoni di fase alfa della gerusalemme liberata, pp. vii-xviii.

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– un solo codice di fase β, provvidenzialmente identificato da poma nel ms. ii 474 dell'ariostea (fr); con il supporto dei concieri autografi di fr1 (Biblioteca ariostea, ii 475) e di mt (montpellier, Bibliothèque de l’école de médecine, h 275), il codice di mano di scipione gonzaga rappresenta una sorta di nodo essenziale, una stretta nella fuga dei mesi e delle corre-zioni del biennio 1575-1576;

– tre diversi testimoni di fase γ, con l'ultimo tratto del lavoro tassiano sfran-giato in modo assai articolato tra due manoscritti (n ed es3, rispettiva-mente napoli, Biblioteca nazionale, Xiii c 28, e modena, Biblioteca estense, α K 5 39) e una stampa (B1 = ferrara, Baldini, 1581), fase comun-que priva dei connotati di compiutezza38.

in questo sviluppo fr rappresenta non solo uno ‘spartiacque’, ma anche il testimone più ricco, perché offre allo stesso tempo la copia del testo base di mano del gonzaga (siglata fra), le correzioni poste a margine ancora dal gonzaga sulla base delle indicazioni tassiane (frb)

39 e gli interventi autogra-fi del tasso (frt), presenti soprattutto in alcuni canti (Xi, Xii, Xiii, XVii, XViii) della seconda decade, quando la copia fornita dall’amico divenne, seppure su zone assai circoscritte, sede primaria delle revisioni d’autore40.

una stratificazione di elementi che determina la natura assai complessa di fr e apre una serie di questioni puntuali, a partire dalla relazione del codice con i ‘concieri autografi’. dalla ricostruzione di poma41, ancora, si apprende che il testo base di fr si distribuisce nel tempo in modo non

38 Vd. l. poma, La formazione della stampa B1 della liberata, in id., Studi sul testo della gerusalemme liberata, pp. 87-144, con le importanti proposte di pp. 140-144: «pertanto solo la reciproca integrabilità di questi due codici [n ed es3], pur con l’indubbia preminenza di nb nei primi otto canti, rende possibile il ripristino totale dell’ultimo testo organico lasciatoci dall’autore. a partire dal canto iX anche B1 sarà chiamata a collaborare al nuovo testo…» (cit. a p. 144). a questa soluzione composita è necessario ricorrere per la natura parziale di es3, mutilo in tutti i canti i-Viii, e per la struttura di n, che presenta una com-plessa stratificazione tra testo di base e correzioni siglate nb, e ha inoltre una sezione più tarda, secentesca, inserita come complemento di carte perdute. né, sulla natura contaminata di B1 e sui diversi livelli di finitura dei suoi canti, si dimentichino le considerazioni ancora di poma (ibidem, p. 144 nota); vd. anche poma, La quaestio philologica della liberata, pp. 174-175; scotti, Il problema testuale della gerusalemme liberata, pp. 495-497.

39 la mano del gonzaga va distinta da una mano più tarda che interviene sul manoscrit-to e saltuariamente lo aggiorna, probabilmente avendo di fronte una stampa del poema. a questa mano posteriore si deve a mio avviso la numerazione delle ottave che, caso unico, caratterizza il canto Xii di fr; vd. oltre, e già poma, Il vero codice Gonzaga, p. 27 nota 68.

40 Vd. al riguardo ibidem, pp. 26-27. 41 sul codice ferrarese è però ancora assai utile il saggio di l. capra, Ripasso di un mano-

scritto della liberata, «studi di filologia italiana», XXXVi (1978), pp. 433-455; capra studiò

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lineare: i primi dieci canti, frutto di un’unica campagna di trascrizione (lo accertano i fascicoli e le filigrane del codice), furono copiati dopo il 20 otto-bre 1575 e presentano dunque un testo che aveva già accolto gli effetti dei primi mesi della revisione romana42. a partire dall’Xi i canti di fr vennero invece copiati dal gonzaga singolarmente, e la trascrizione rispecchia in questo caso i testi spediti dal tasso nella primavera-estate del 1575; fuori da questa dinamica, infine, i canti XiV-XV, presenti in fr in una copia non di mano del gonzaga, allegati al codice per altra via, e dunque necessitanti un’indagine specifica43. la diacronia interna di fr (sempre per quello che attiene alla trascrizione del testo base del gonzaga) può dunque essere così schematizzata:

fr

canti 1-10: post 20 ottobre 1575canti 11-13: inizio settembre 1575

canti 16-17: settembre 1575canti 18-20: post 4 ottobre 1575

possibile, su questo quadro44, tentare dei sondaggi mirati, recuperando le osservazioni già svolte da capra e da poma, al fine di precisare i tempi degli interventi e di ancorare cronologicamente alcune zone di fr, e dunque della fase β del testo tassiano, e soprattutto di isolare alcuni dubbi riguardo alla diacronia della correzione.

Canti I-X.

incrociando i tempi appena descritti di fr con le risultanze della tav. 1 e con le notizie ricavabili dall’epistolario tassiano si può dedurre che nel viag-gio verso roma di fine 1575 il tasso portò con sé gli autografi dei canti XiV e XV (probabilmente, per quanto si vedrà oltre, gli originali più avanzati),

fr segnalandone la prossimità all’officina del gonzaga e svolgendo una serie di puntuali osservazioni sulla stratificazione del manoscritto (vd. oltre).

42 e della necessità di una seconda trascrizione gonzaghesca tasso si rese conto assai presto; così in una lettera del 7 giugno 1575, con il corredo di un programma di lavoro più volte ribadito: «Quanto a i canti, credo che ’l Signore sarà condannato in un’altra copia: pure staremo a vedere quattro o sei dì. ho fornito l’undecimo. con buona occasione, sarebbe bene che ’l signore facesse intendere a’ revisori ch’in questa prima revisione io attendo più a le cose ed a riempire i vôti, che al suono, riserbandomi a farne un’altra: e sia detto questo per mio onore» (Lettere, nr. 33, p. 91).

43 Vd. poma, Il vero codice Gonzaga, pp. 16, 24-25.44 sulla stesura composita di fr alcuni esempi in ibidem, p. 23.

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e la prima trascrizione gonzaghesca dei canti della prima decade45; questo spiega, credo, perché il tasso ripartendo da roma ai primi di gennaio del 1576 non riprendesse con sé la nuova trascrizione in pulito46, evidentemente non ancora terminata, trascrizione che avrebbe ansiosamente atteso nelle settimane seguenti, con fitte richieste rinviate a roma. la costituzione della seconda copia dei canti i-X da parte del gonzaga va dunque a mio avviso fatta slittare, nella sua parte conclusiva, ben dopo l’ottobre 1575, all’inizio del 1576; la copia venne recuperata dal tasso solo diverse settimane dopo, e assai di rado aggiornata in seguito con interventi autografi.

Autografi tassiani e canti XIV-XV.

ancora in relazione ai canti i-X, ma valido più in generale, un rilievo sugli autografi tassiani, quelli cui si allude come ‘originali’ nelle Lettere poetiche. pare abbastanza certo che partendo per roma nel novembre 1575 il tasso li avesse lasciati a ferrara, posta la detta eccezione di XiV-XV: probabilmente perché in certa misura già superati dalle copie del gonzaga. in proposito è tutta da decifrare l’espressione che si legge nella lettera del 24 gennaio 1576, indirizzata ancora a scipione gonzaga, con il tasso ormai tornato a ferrara:

Come io abbia fornita questa parte, la qual darà pienamente notizia di ciò che può contenersi ne l’altra metà del quartodecimo e nel decimoquinto canto, io la manderò a Vostra Signoria; e presto la fornirò, e poi non andrò più oltre, perché non posso. Non posso, perché la mia valigia, ove è il decimoquarto e decimoquinto canto, non compare: ed io non ho altra copia, né so come mi fare; perché, se bene voglio mutare in parte le

45 o meglio dei soli canti i-Vii, se i tre canti ‘bagnati dalla pioggia’, da identificare secondo poma con Viii-X, rimasero a ferrara, e lì il tasso avrebbe scritto di averli recupe-rati il 20 febbraio del 1576: «per buona sorte ho ritrovato quella copia de’ canti che si bagnò, della qual non mi ricordava» (Lettere poetiche, XXXV, p. 320). ancora a proposito dei canti ricevuti in copia dal tasso nel corso dell’estate-autunno 1575, esiste la possibilità che non si limitino solo a i-X, ma vi vadano inseriti anche i canti Xi-Xiii; si ricordi che già in giugno, scrivendo al pinelli (Lettere, nr. 36, p. 94), il poeta dichiarava di attendere la prima copia gonzaghesca dei canti i-Xii, e che le lettere del settembre-ottobre, con le discussioni sul canto Xii, sembrano potersi leggere come successive alla ricezione da parte del tasso della prima trascrizione romana di quel canto, corredata di osservazioni e dubbi. già in Lettere poetiche, XXiii, pp. 195-196, del 7 settembre, il tasso chiedeva copia dei canti appena invia-ti, probabilmente i primi della seconda decade (vd. ancora tav. 1): «aspetto con desiderio i versi corretti e i canti trascritti e la supplico a mandarmi questi e quelli quanto prima».

46 medesima considerazione in molinari, La revisione fiorentina, p. 187. dopo una serie di tappe intermedie il tasso arrivò a roma intorno alla metà di novembre e ne ripartì verso la fine dell’anno: un arco di tempo troppo stretto per ottenere una nuova copia della prima decade.

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cose fatte, in parte rimarranno com’erano prima. or veda Vostra signoria se questo rappezzamento si può fare senza libro! ebbi una lettera di messer giorgio in pesaro, ne la quale mi dava intenzione che la mia valigia sarebbe partita di roma il secondo giorno de l’anno, e sarebbe portata per la via di pesaro. da poi non ho inteso altro: ma ieri ebbi una lettera di pesaro de i 20 di gennaio, ne la quale son avvisato che la valigia non è anco giunta. Certo io ne sto con molto fastidio, perché, oltra i due canti già detti, vi son tutti gli altri e dupplicati; ed io non ho copia di tutti, ed in particolare non l’ho de’ due. Vostra signoria mi favorisca di parlar di questo negozio con messer giorgio47.

Brano complesso, che conviene percorrere nei suoi singoli aspetti, muo-vendo dal passaggio iniziale: nella sua revisione dei canti XiV-XV, e segna-tamente nello spostamento del sogno di goffredo all’inizio del XiV, tasso non solo operava senza il supporto del testo («or veda Vostra signoria se questo rappezzamento si può fare senza libro!»), ma programmava di inviare rapidamente le nuove ottave composte del canto XiV a roma, perché da quelle ottave potevano essere ricavati gli snodi narrativi dei canti XiV-XV («la qual darà pienamente notizia (…)»). sulla base delle nuove soluzioni tassiane gonzaga avrebbe dunque potuto riorganizzare lo sviluppo della coppia di XiV-XV, certo proporlo alla disamina dei revisori, forse anche ricavarne quell’ultimo tassello mancante per completare la copia di sua mano del Goffredo. le cose andarono diversamente, come attesta in modo implici-to l’arrivo del canto XV comunicato con lettera dell’11 febbraio48: a seguito delle richieste tassiane una nuova copia doveva essere stata spedita da roma a ferrara, copia indipendente da quella contenuta nella «valigia», in relazione alla quale il tasso riceveva ancora notizie in data 20 febbraio49. sulle correzio-ni ai canti XiV-XV si sarebbero soffermate anche le lettere successive50, nelle quali il poeta avrebbe manifestato l’intenzione di inviare una nuova copia dei due canti per consentire al gonzaga di trarne trascrizione ordinata51, mentre

47 Lettere poetiche, XXXiii, pp. 298-299. 48 Vd. nota 51. l’invio di questa copia del XV da parte del gonzaga attesta che, se gli

originali di XiV-XV erano stati rinviati al tasso, a roma ne era stata intanto tratta una copia; così scotti, I testimoni della fase alfa, p. 130.

49 Lettere poetiche, XXXV, p. 320: «ebbi nuova che la valigia era stata inviata da pesaro a ferrara, ma non è ancor giunta». Brano che rende a mio avviso difficile ipotizzare che la valigia fosse un «diversivo fatto circolare dal gonzaga a scopo dilatorio», per frenare l’im-pazienza tassiana (al riguardo poma, Il vero codice Gonzaga, p. 25 nota 64).

50 Vd. ibidem, p. 16. 51 la descrizione degli interventi sul canto XV si legge nella lettera dell’11 febbraio, con

il tasso che in principio prometteva: «il canto decimoquinto è giunto a tempo, ch’omai non mi restava più che fare. Io ne farò cavar una copia e ‘l rimanderò a Vostra Signoria co ‘l prin-cipio del decimoquarto» (Lettere poetiche, XXXiV, p. 304). informazioni sul canto XiV sono

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solo in maggio sarebbero arrivate le copie trascritte dal gonzaga dei canti XVi-XVii e infine XViii-XX52.

a partire da queste dinamiche sui canti XiV-XV53 vanno riletti i passaggi successivi della lettera del 24 gennaio, e in particolare quel riferimento alla spedizione a «tutti gli altri [canti] e dupplicati»; un’allusione che riferita alla copia dei canti del gonzaga sarebbe in marcato contrasto con le numerose richieste che il tasso indirizzò a roma nelle settimane successive, e che risulta invece ben comprensibile se applicata ai canti che il tasso aveva man mano spedito nel corso del 1575. probabile, a mio avviso, che nella valigia che doveva arrivare via pesaro vi fossero (accanto agli autografi di XiV-XV) i manoscritti spediti da ferrara nel corso del 1575, che ora il poeta inten-deva recuperare, mentre il «dupplicati» potrebbe essere riferito alla prima copia gonzaga dei canti i-Vii54, oppure ad altre copie del gonzaga, ricavate anche prima dell’avvio della revisione romana55. rimane comunque certo che il fronte più avanzato del testo era rimasto a roma, nell’insieme che il gonzaga doveva sottoporre a un’ultima mandata di letture. a prescindere dall’arrivo della valigia con tutti i canti, spedita a sua notizia a inizio anno, il tasso scriveva infatti ancora il 24 gennaio di attendere dal gonzaga la copia del poema che doveva servire da base per l’agognata edizione veneziana:

invece nella lettera del 5 marzo (Lettere poetiche, XXXVi, p. 324), con un dettaglio, fino al numero preciso delle ottave del canto, che pare compatibile solo con un recupero del canto stesso, ancora indisponibile a metà febbraio. si ricordi che nella stessa lettera il tasso accusa-va ricevuta di una comunicazione dell’alario (ibidem, p. 328), colui che aveva organizzato la spedizione della «valigia» via pesaro, senza più nulla aggiungere sull’attesa dei canti.

52 Lettere, nr. 72-73, pp. 175-178, indirizzate allo scalabrino, del maggio 1576.53 di una spedizione effettiva dei canti XiV-XV verso roma non abbiamo notizie ed

è significativo, in questo senso, che in fr le copie non siano di mano del gonzaga. da un punto di vista testuale la lezione del canto XiV di fr va collocata dopo il 5 marzo, visto che contiene gli interventi dichiarati dal tasso a quell’altezza, ma è probabile che la trascrizione dell’ariostea sia stata accorpata in un momento successivo, vista la dinamica degli apografi cui fa riferimento poma, La quaestio philologica della liberata, p. 173 nota; vd. anche le ricostruzioni di capra, Ripasso, pp. 453-454, molteni, I manoscritti N ed Es3 della liberata, pp. 133-139. accanto a questi elementi andrà ricordato che la copia di fr di XiV-XV fu condotta in un’unica soluzione (i due canti vengono copiati di seguito, senza neppure muta-mento di carta nel passaggio dall’uno all’altro), presenta vuoti in alcune ottave (XV 13), e su alcuni versi (XiV 71 1-2, XV 42 7, XV 45 2), vuoti questi ultimi che paiono effetto di diffi-coltà di lettura; presenta ancora una doppia redazione per XV 56, ottava cui fa riferimento appunto Lettere poetiche, XXXVi, del 5 marzo 1576, e una carta bianca dopo XV 57, punto nel quale la trascrizione si interrompe.

54 Vd. nota 45.55 si ricordi la copia «di furto» del canto Xii cui tasso si riferisce in una lettera del 20

ottobre 1575: Lettere poetiche, XXXi, p. 288, e la nota relativa della molinari.

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dite al signore, che a me tornerebbe molto comodo di partire la seconda settimana di quaresima per Venezia, e che s’egli mi manda il libro, io partirò. procurate ch’egli mandi in ogni modo almeno la parte che sarà revista; e se tutto insieme non si può mandare, mandisi in tre o quattro volte per la via de la posta: ma non si cominci sin a nuove mie lettere56.

compatibile anche con questa ipotesi la richiesta dei canti i-Xiii, ormai assestati quanto ad approvazione dei revisori romani, che si legge in una lettera di fine febbraio:

poiché questi revisori tardano tanto, non ne farò altro col mei, ma supplirò con una semplice lettera di cerimonia. Dunque, come prima potete, mandatemi i XIII primi canti; e mandateli compartiti in più fascetti, ed involti in carta pecora, acciò che non si bagnino. mandateli per la posta, e mandatene uno per ordinario. se gli altri si debbano mostrare a lo sperone o no, mi risolverò a più bell’agio57.

si inquadra in questa scansione – recupero rapido dei propri manoscritti del 1575, rilascio della copia di mano del gonzaga a disposizione dei reviso-ri – la scelta del tasso di lasciare a roma anche la seconda decade dei canti che, iuxta le indicazioni di poma (e con la solita eccezione per i canti XiV-XV), era già stata ricopiata tra settembre e ottobre 1575, e che doveva corri-spondere per i canti Xi-Xiii e XVi-XX alla prima trascrizione effettuata dal gonzaga, oggi raccolta in fr. di qui un paio di corollari: gli autografi rimasti a ferrara erano di fatto considerati dal tasso superati, non utilizzabili se non come supporto generico in vista di nuovi interventi; il fronte avanzato del lavoro di revisione era tutto disposto sull’asse stretto e difficile costituitosi con i lettori romani.

Interventi autografi e del Gonzaga su Fr.

quanto può ricavarsi, a prescindere dalle tante zone in ombra di questi passaggi, è che le trascrizioni di mano del gonzaga rimasero per molte set-timane a roma, mano a mano assorbendo gli interventi tassiani e soprattutto le risultanze della revisione. così, ancora in una lettera del 24 aprile, tasso richiedeva:

ma di grazia, forniscasi tosto questa benedetta revisione, e mandatemi tutti i miei canti (ch’è ben tempo omai) de’ quali pare che vi siate scordato, e non so perché non

56 Lettere poetiche, XXXiii, pp. 290-291.57 Lettere, nr. 55, p. 133; e già Lettere poetiche, XXXiii, p. 303, la lettera già citata del 24

gennaio, e poi Lettere, nr. 62, p. 159, del 9 aprile 1576.

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ne parliate più. io potrei omai averne bisogno, almeno per mostrare al duca tutto il corpo insieme58.

Vi sono elementi che lasciano ipotizzare che proprio le carte oggi rile-gate in fr siano state, soprattutto nella seconda decade, sede concreta delle letture dei revisori. già segnalato, ed eloquente, il caso di Xiii 77, ottava a margine della quale una mano (probabilmente quella del gonzaga, anche se meno composta e nitida che nella stesura del testo) segna a margine: «segni di m. flam. / a me piace come sta»59, in una sorta di dialogo a distanza con il tasso che segnalava i dubbi di flaminio de’ nobili e tuttavia confortava in modo esplicito la lezione d’autore (fig. 5)60.

proprio la stratificazione degli interventi a margine di fr, da quelli romani a quelli autografi, effettuati dal tasso a ferrara nella primavera 1576, rappre-senta uno degli elementi più significativi. qui solo un esempio, senza entrare nel complesso dossier del canto Xii, che vede coinvolte anche le ottave di montpellier e che si intreccia con la revisione fiorentina, interessato dunque da più campagne di correzioni61. annunciato dal tasso nella lettera dell’11 maggio 1576 l’inserto delle ottave Xii 102-103 avviene in fr a margine del testo base, di necessità dopo quella data. possibile che a quell’altezza il tasso avesse recuperato il canto Xii – canto nel quale molte ottave erano state aggiunte a margine di mano del gonzaga – ma la mano che trascrive le ottave 102-103 appare solo parzialmente compatibile con quella di certo tassiana che interviene nella carta precedente sulle ottave 95-97, come anche con la stesura autografa sempre di 102-103 che si legge nei concieri autografi di fr1

62. e l’assegnazione di quell’intervento in fr1, posto lo spostamento dei canti da roma a ferrara, decide della sua collocazione cronologica.

allo stesso modo sono da indagare i tempi delle molte varianti autografe che segnano i canti Xi e Xiii e soprattutto i canti XVii-XViii, canti cui il tasso dichiarava di attendere in giugno, in quello che pare allo stato il

58 Lettere poetiche, Xliii, p. 404.59 capra, Ripasso, p. 445; poma, Il vero codice Gonzaga, p. 8.60 sulla possibilità che in fr vi siano anche segni di lettura dell’antoniano vd. poma, La

quaestio philologica della liberata, p. 174.61 Vd. capra, Ripasso, pp. 435 sgg.; e. scotti, I testimoni B1 Mg ed M1 della gerusalemme

liberata, «studi tassiani», XXXiX (1991), pp. 7-44, alle pp. 20-26; molinari, La revisione fiorentina, p. 188.

62 al riguardo vd. ibidem, pp. 102 sgg.; possibilista la posizione di poma, Il vero codice Gonzaga, p. 27 («una mano che potrebbe essere quella tassiana»); mentre in scotti, I testi-moni, pp. 20 e 24 si legge rispettivamente «mano con ogni probabilità tassiana» e «mano forse tassiana».

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fig. 5

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limite cronologico più avanzato assegnabile agli interventi d’autore presenti su fr. certo è che il poeta all’altezza del maggio 1576 ebbe di nuovo sul suo scrittoio una copia del poema di mano del gonzaga, copia che proba-bilmente intese come base sulla quale apportare gli ultimi aggiustamenti. l’ultimo tratto della revisione tassiana si svolse tuttavia solo in parte assai trascurabile nei suoi margini e piuttosto in una sorta di registro parallelo di carte (fr1 e mt)63, entro le quali si tracciavano soluzioni per alcuni dei nodi più complessi: l’uscita di erminia nel canto Vi (la cui revisione si colloca anche al di fuori della fase β)64; l’impresa notturna di clorinda nel canto Xii; alcune zone del XVii e XViii canto, legate per un verso alla battaglia d’altra parte all’alone di miracoli che contornava la figura di rinaldo65. di questi passaggi il tasso diede infine riflessi e notizie nelle ultime lettere legate alla revisione romana, poi la correzione, nell’estate del 1576, andò di fatto incontro a una impasse.

al termine, per quanto si provi a ordinarlo e ridurlo in sinossi, rimane un orizzonte confuso, continuamente screziato da schegge di informazioni e varianti, da pronunce ambivalenti66, e soprattutto dalla pratica di moltiplica-re gli interlocutori, nella ricerca di una schiera di dotti, da salviati a pinelli

63 al rapporto tra le carte raccolte in fr1 e il codice gonzaga, soprattutto in relazione al canto XVii, conto di dedicare un’indagine mirata; ricordo intanto, per quanto detto a testo, che per le ottave del canto Xii poma (Il vero codice Gonzaga, p. 27) riteneva che nel bifolio autografo ferrarese tasso avesse realizzato una sorta di ‘riepilogo’ del lavoro di revisione e aggiornamento sulla missione di clorinda.

64 Vd. Lettere poetiche, XlVii, p. 448, del 14 giugno 1576: «ma comunque si sia, io man-derò a Vostra signoria fra pochi giorni il canto tutto, e giudicherà meglio su ’l fatto».

65 Vd. Lettere poetiche, XliX, pp. 469-471, del 23 giugno 1576, ove si annunciava un lavoro sul canto XVii e ancora sul XiV («Io, oltre il sesto c’ho in gran parte riformato, ho aggiunte molt’altre stanze ad alcuni de gli altri canti; (…) Non mando a Vostra Signoria questi concieri, perch’essend’io occupatissimo, non potrei trascriverli senza molto mio incommodo: vedrò nondimeno di trovare alcuno che mi trascriva il sesto canto, e manderollo; se ben in alcun luogo d’esso la spiegatura non anco è stabilita affatto. Ora m’affatico intorno al decimo-settimo canto, ove ho da fare molte faticose e noiose mutazioni; e dubito più di questo solo che di tutto il rimanente, perché ormai mi par d’aver superati gli altri luoghi più difficili. In quanto al quartodecimo, al quale ho differito di por mano, sono ben io risoluto di rimuovere tutti que’ miracoli che possono offendere gli animi de’ scrupolosi»). per i materiali autografi sul canto XVii vd. intanto solerti, Bibliografia, vol. i, pp. 228 sgg.

66 per tutte valga il dubbio sulla conservazione dell’episodio di sofronia, nella lettera del 3 maggio 1576 (Lettere, nr. 70, p. 173): «io mi vo risolvendo di lasciare l’episodio di sofronia, mutando alcune cose in modo ch’egli sia più caro ai chietini, né resti però men vago». si veda ancora la decisione di rinviare a una progettata seconda edizione una revi-sione puntuale sul piano dello stile (Lettere poetiche, XliX, p. 470: «ho fatto ancora alcuni

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a celio magno67, che fossero in sintonia, capaci di cogliere, di benedire soprattutto, il sofisticato equilibrio che tasso inseguiva. e giocare su più tavoli comportava una progressione geometrica delle varianti, quelle dina-miche centrifughe – a partire dall’aggiunta di nuovi episodi (dal racconto dei primi anni di guerra al rapporto tra solimano ed erminia) – che furono antefatto immediato dell’arrestarsi del lavoro sul poema. nell’ottobre del 1576 il tasso, scrivendo al capponi, lamentava:

Ma non mi trovo per ora disposto a trattar questa materia, così per li presenti miei disturbi, com’ancora perch’io non ho molto presenti alcuni testi de la Poetica, avendo da alcuni anni in qua atteso più a la pratica c’a la teorica. ma un giorno ella vedrà intorno a ciò distintissimamente la mia opinione. Il primo canto, ch’ella mi dimanda, non posso mandarlo per ora, non me ne trovando aver copia; ma le prometto ch’ella il vedrà prima che si stampi68.

della revisione non si sarebbero più registrate notizie; residuali, ormai tardive, le richieste di recupero dei manoscritti contenute nel memoriale al duca di urbino69, e le speranze di «recar a fine l’opera incominciata» che tasso ancora nutriva nel dicembre del 1578. da mesi i manoscritti del poema erano fuori dal controllo dell’autore e si era avviata la diaspora di copie non autorizzate che avrebbe prodotto edizioni e contaminazioni nel triennio 1579-1581. e se la Liberata finisce in una sorta di vicolo cieco, assumendo quel destino di incompiutezza precocemente presagito dal tasso, il codice gonzaga rappresenta in questo percorso senza approdo una tappa cruciale, anche per la sua distribuzione temporale. una reda-zione certo provvisoria, molto meno compiuta di quella arbitrariamente fissata dagli editori nel 1581 o di quella sancita dall’edizione caretti, ma resa preziosa dall’autorevolezza di un testimone corretto, rivisto, a lungo rimasto sotto il controllo prima indiretto poi diretto del tasso. posto l’indubbio rilievo degli interventi di fase γ, delle cellule ultime di una revisione alla fine abbandonata, fr – sia pure con la sua stratificazione interna, ma essendo rimasto ‘attivo’ fino alla primavera-estate del 1576 – deve assumere una funzione di perno nella fissazione di un nuovo testo critico del poema tassiano.

concieri pertinenti allo stile (…). ma in questa parte non m’avanza poco che fare, e sarà necessario che rimetta qualche cosa alla seconda edizione»).

67 Vd. ad esempio Lettere, nr. 49, p. 123, per un intervento puntuale. 68 Lettere, nr. 85, pp. 217-218. 69 Lettere, nr. 109, p. 282.

a ritmo di corrieri 203

tavola 1. la revisione romana del poema70

1575

febbraio invio dei canti i-iV

marzo invio del canto V

invio del canto Vi

aprile invio del canto Vii (tramite il Pinelli) arrivo delle osservazioni sul canto ii

invio dei canti Viii-iX

invio del canto X

maggio arrivo delle osservazioni sul canto iV

arrivo delle osservazioni sul canto V-Vi

giugno invio dei canti Xi-Xii

invio del canto Xiii ricevuta copia dei canti i-Vii

luglio ricevuta copia dei canti Viii-X

invio dei canti XVi-XVii

agosto

settembre [ricevuta copia dei canti Xi-Xiii?]

ottobre invio dei canti XViii-XX

novembre

dicembre [canti XiV-XV portati a roma (autografi)]

[canti i-Vii [Xi-Xiii?] della copia gonzaga portati a roma]

1576

gennaio

febbraio ricevuta copia del canto XV

[ricevuta copia dei canti da roma]

marzo

aprile

maggio ricevuta copia dei canti XVi-XVii

ricevuta copia dei canti XViii-XX

giugno

luglio

70 Vengono riportati tra parentesi quadre i dati ipotetici, non direttamente testimoniati dalle lettere tassiane.