A proposito dei Peticii e il commercio orientale, in Archeologia classica, LXIV, 2013 (in collab....

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NUOVA SERIE Rivista del Dipartimento di Scienze dell’antichità Sezione di Archeologia classica, etrusco-italica, cristiana e medioevale Fondatore: GIULIO Q. GIGLIOLI Direzione Scientifica MARIA PAOLA BAGLIONE, GILDA BARTOLONI, LUCIANA DRAGO, ENZO LIPPOLIS, LAURA MICHETTI, GLORIA OLCESE, DOMENICO PALOMBI, MARIA GRAZIA PICOZZI, FRANCA TAGLIETTI Direttore responsabile: GILDA BARTOLONI Redazione: FRANCA TAGLIETTI, FABRIZIO SANTI Vol. LXIV - n.s. II, 3 2013 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER - ROMA

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nuova serie

Rivista del Dipartimento di Scienze dell’antichità

Sezione di Archeologia classica, etrusco-italica, cristiana e medioevale

Fondatore: giulio q. giglioli

Direzione Scientifica

maria paola baglione, gilda bartoloni, luciana drago, enzo lippolis, laura michetti, gloria olcese,

domenico palombi, maria grazia picozzi, franca taglietti

Direttore responsabile: gilda bartoloni

Redazione:franca taglietti, fabrizio santi

Vol. LXIV - n.s. II, 32013

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER - ROMA

ISBN ISBN CARTACEO 978-88-913-0479-7ISBN DIGITALE 978-88-913-0475-9

ISSN 0391-8165

© COPYRIGHT 2013 - SAPIENZA UNIVERSITà DI ROMAAut. del Trib. di Roma n. 104 del 4 aprile 2011

Volume stampato con contributo della Sapienza Università di Roma

Archeologia classica : rivista dell’Istituto di archeologia dell’Università di Roma. - Vol. 1 (1949)- . - Roma : Istituto di archeologia, 1949- . - Ill. ; 24 cm. - Annuale. - Il complemento del titolo varia. - Dal 1972: Roma: «L’ERMA» di Bretschneider. ISSN 0391-8165 (1989)

CDD 20. 930.l’05

Comitato Scientifico

pierre gros, sybille haynes, tonio hölscher, mette moltesen, stephan verger

Il Periodico adotta un sistema di Peer-Review

p. 51

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INDICE DEL VOLUME LXIV

articoli

arizza m., de cristofaro a., piergrossi a., rossi d., La tomba di un ari-stocratico naukleros dall’agro veientano. Il kantharos con scena di naviga-zione di via A. d’Avack ...................................................................................

baldassarri p., Alla ricerca del tempio perduto: indagini archeologiche a Palazzo Valentini e il templum divi Traiani et divae Plotinae ........................

dionisio a., Caratteri dei culti femminili a Corfinio ...........................................domingo J.Á., mar r., pensabene p., El complejo arquitectónico del templo

del Divo Claudio en el monte Celio de Roma.................................................gregori g.l., Il ‘sepolcreto’ di militari lungo la via Flaminia. Nuove stele dal

V-VI miglio .....................................................................................................marcattili f., Templum Castorum et Minervae (Chron. 354, p. 146 M). Il tem-

pio di Minerva ad Assisi ed il culto romano dei Dioscuri ...............................ortalli J., Strutture pubbliche e luoghi della politica alle origini della città. Un

‘Campo Marzio’ nella Felsina villanoviana? ..................................................pacilio g., montanaro a.c., La ‘Tomba dei capitelli ionici’ di Tiati. San

Paolo di Civitate (FG) .....................................................................................palombi d., Receptaculum omnium purgamentorum urbis (liv. 1, 56, 2).

Cloaca Massima e storia urbana .....................................................................

NOTE E DISCUSSIONI

ambrosini l., Una nuova kylix del pittore di Meidias da Cerveteri nella tecnica a figure rosse e a fondo bianco ........................................................................

carafa p., bruno d., Il Palatino messo a punto ................................................corda i., Salvadanai fittili di età romana e sacra privata: riflessioni preliminari ......

indice del volume lxiv

p. 657» 521

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» 807

costantini a., Il reimpiego delle anfore tardo antiche. Considerazioni sulle sepolture ad enchytrismòs in Toscana .............................................................

giletti f., L’Acropoli di Taranto: un contributo preliminare sulle nuove ricerche ....leotta m.c., cancellieri m., Ceramiche a ‘tiratura limitata’: due esemplari

da Privernum ...................................................................................................lorenzatti s., De Benghazi à Versailles: histoire et réception d’une statue entre

XVIIe et XXe siècles ........................................................................................marengo s.m., taborelli l., A proposito dei Peticii e il commercio orientale ....pensabene p., gallocchio e., Alcuni interrogativi sul complesso augusteo

palatino ............................................................................................................tortorella s., Archi di Costantino a Roma ......................................................vallarino g., Instrumentum publicum e democrazia a Taranto: rilettura di

un’iscrizione vascolare ....................................................................................

RECENSIONI E SEGNALAZIONI

anguissola a., ‘Difficillima Imitatio’. Immagine e lessico delle copie tra Grecia e Roma (M.E. micheli) .....................................................................................

remolà vallverdù J.a., acero pérez J., (a cura di), La gestión de los residuos urbanos en Hispania. Xavier Dupré Raventos (1956-2006) In memoriam (D. manacorda) ...............................................................................................

vismara c., (a cura di), Uchi Maius 3. I Frantoi. Miscellanea (a. leone) .......

Pubblicazioni ricevute ............................................................................................

ArchCl, LXIV, 2013, pp. 583-589

A PROPOSITO DEI PETICII E IL COMMERCIO ORIENTALE

In un articolo del 1992, riprendendo un lavoro di Piero A. Gianfrotta, André Tchernia riconosceva nei Peticii una delle famiglie italiche protagoniste dell’avven-tura commerciale in Oriente tra la metà del primo secolo a. C. e l’età tiberiana1. Com-mercianti del grano e del vino, Peticii di diverse generazioni hanno lasciato segni del-la loro presenza nel bacino mediterraneo e sulle vie carovaniere2 e, se l’attribuzione dello studioso è corretta, hanno voluto commemorare in un vivace bassorilievo, oggi esposto al Museo di Chieti, l’esportazione delle loro anfore fin nelle terre dei drome-dari3.

Ma se «il ne faut pas oublier que les exportateurs étaient aussi des importateurs», non è difficile immaginare con André Tchernia che «ballots de poivre» e «coffrets de perles» siano stati tra le merci esotiche e preziose che percorrevano in senso inverso le vie seguite all’andata dalle anfore vinarie per alimentare un mercato altamente remune-rativo di prodotti di lusso venduti infine in ambito italico e urbano. Si tratta di prodotti difficilmente rintracciabili attraverso le nostre fonti documentarie e archeologiche, quan-

1 Tchernia 1992 (SEG 42, 1800).2 L’articolo sopra citato (GianfroTTa 1989) metteva in relazione il M. Attius Peticius Marsus, dedicante

di una statua nel tempio di Ercole Curino a Sulmona (SupplIt. 4, pp. 38-39, n. 2 [M. Buonocore]), con il Peti-cius Marsus il cui nome si legge graffito su un dolio da Diano Marina identificando un medesimo individuo attivo nel commercio del vino (metà del I sec. d. C.); ancora al vino rimanda il nome di un Peticius dipinto su un’anfora trovata a Cartagine (CIL, VIII 22640, 65 e DelaTTre 1894, p. 102, n. 20; ultimi decenni del I sec. a.C.), altri Peticii più antichi erano commercianti in grano (caes., b.c. III 96 e PluT. Pomp. 73, 3, 6; 48 a.C.); un C. Peticius lascia iscritto il suo nome in latino e greco nel Paneion di Ouadi Hammamat in Egitto sulla via che conduce dal porto nilotico di Coptos al Mar Rosso (CIL, III 1, 29; leTronne 1842, n. 468 e BernanD 1972, pp. 195-196, nn. 120 e 121; età tiberiana?). Della vocazione commerciale della gens, confermata da una tessera nummularia del 60 a.C. (ILLRP 1032), dà conto la documentazione epigrafica raccolta da leTTa, D’a-maTo 1975, pp. 158-160 (cfr. R.-E. XIX, 1, v. Peticius, coll. 1131-1132 [F. Munzer]). Per l’area greca si veda salomies 2001, pp. 165-167; si aggiunge un L. Peticius da Blendos in Lidia (SEG 56, 1284). Per i rapporti tra Peticii e Pompeii documentati da CIL, VI 23971 (poi in Lapidario, I, n. 8, tav. VI [G. Pisani Sartorio]) cfr. PluT., Pomp. 73, 3, 6. Agli interessi commerciali della gens fanno riferimento De romanis 1996, pp. 250-251 e mc lauGhlin 2010, p. 156.

3 Il bassorilievo (romanelli 1943-1945) è anepigrafe ed è stato riferito alla fine del I secolo a. C. Nono-stante le incertezze sulla sua provenienza e tenendo conto della diffusione della gens nel territorio, Tchernia conclude per una possibile attribuzione ad un mausoleo funerario dei Peticii: «Il faudrait autrement supposer qu’une autre dynastie marchande, installée à quelques dizaines de kilomètres de distance, se livrait au même moment exactement à la même activité: le transport de vin vers l’Orient» (Tchernia 1992, p. 300).

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do non siano espressamente nominati, e non abbiamo finora, nel dossier delle attestazio-ni dei Peticii, né aromatarii né margaritarii 4.

A questo proposito, vorrei richiamare l’attenzione su un piccolo reperto iscritto. Si tratta di un vasetto (Fig. 1), rinvenuto a Nomentum5, che l’Amati così descrive «vasetto di piombo, un tantino più grande, fuso tra due formelle, come si vede particolarmente dal fondo». Il disegno riproduce il piccolo oggetto e la trascrizione del bollo con un breve commento «Leggerei P. PETICI. Alla prima avea letto P. PETRI».

Nella riproduzione che correda la carta manoscritta il vasetto misura cm 2,1-2,2 di altezza e cm 2 di larghezza; le lettere sono alte cm 0,6. La lettura P. PETICI sembra sicu-ra stando all’apografo. Delle lettere non è detto se siano a rilievo o impresse.

La tipologia del vasetto plumbeo, bivalve, fuso in matrice, con marchio normal-mente a rilievo è nota e appartiene ad una particolare categoria di contenitori che in età medio e tardo ellenistica circolano nel Mediterraneo per il trasporto e la vendita di pro-dotti medicamentosi e aromatici quali il lykion, il myrron, l’aitnaion6. Il tipo, per aspetto e dimensioni, si può confrontare con la forma definita da Luigi Taborelli come ‘ateniese o centro mediterranea’ caratterizzata da corpo globulare senza anse; il profilo richiama in particolare gli esemplari in piombo che presentano collo e piede distinti come il vasetto marcato da Mousaios rinvenuto ad Atene o quelli in ceramica di Iason da Camiro e Lili-

4 Sono medici il T. Peticius L.f. Chirurgus /chirurgus di Luco dei Marsi (CIL, IX 3895 e leTTa, D’a-maTo 1975, n. 171) e il L. Peticius Techni(cus) med(icus) di Emona dedicante ad Esculapio (CIL, III 3834 e ŠaŠel-Kos 1997, p. 131, n. 7).

5 L’Amati sembra il solo ad aver visto il pezzo tra i materiali della collezione del Santucci a Mentana (ms. Vat. 9774, f. 27’; ringrazio Marco Buonocore che mi ha gentilmente fornito la riproduzione della pagina, qui in fig. 1). Dall’Amati dipendono sia il Dessau di CIL, XIV 3983 sia il Dressel di CIL, XV 8011.

6 TaBorelli, marenGo 1998 e iiD. 2010.

Fig. 1. Disegno del vasetto da Nomentum, trascrizione del bollo e breve commento (da Cod. Vat. 9774, f. 27).

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beo, tutti destinati a contenere il lykion7. Combinando il dato archeologico con le notizie che ci vengono dalla prosopografia dei Peticii si può riconoscere nell’importazione di sostanze aromatiche e medicamentose uno dei traffici ‘di ritorno’ del commercio orienta-le della famiglia.

Non sempre le iscrizioni che corredano questi vasetti fanno riferimento al contenu-to; talvolta ciò che risulta dal bollo è solamente un antroponimo riferibile al produttore o al confezionatore. Se il nome del prodotto è taciuto ciò significa che l’informazione richiesta poteva essere affidata a etichette che corredavano la confezione, ma anche che il nome del ‘produttore’ poteva bastare a suggerire ad una clientela esperta e in un ambi-to specializzato il tipo di sostanza commerciata in quella particolare forma di vaso. Il nome poteva perciò essere una raccomandazione sufficiente per la vendita dell’essenza, medicinale o aromatica, che la confezione in minima quantità rendeva certamente molto preziosa e molto costosa; dichiarandone il confezionatore e, nel caso di un medicinale, l’eventuale farmacista o l’autore della ricetta, il marchio serviva insieme a identificare, garantire e pubblicizzare.

Riguardo all’attività svolta dal P. Peticius in questione, il confronto con la documen-tazione greca fa ritenere che il nostro sia un pharmacopola o un aromatarius. Mentre la prosopografia dei Peticii, come abbiamo visto, rimanda al grande commercio, il nostro P. Peticius appartiene al settore della lavorazione del prodotto e della sua distribuzione al minuto. Si tratta di una difficoltà che ritengo facilmente superabile considerando che proprio la natura delle importazioni avrà suggerito ai Peticii lo sviluppo di attività spe-cializzate per lo sfruttamento commerciale dei preziosi prodotti acquisiti8.

In mancanza di un riscontro autoptico, la datazione del piccolo contenitore dovrà tene-re conto dell’ambito cronologico delle attività commerciali della gens che, nella nostra documentazione, si dispiegano tra la metà del I avanti e i primi decenni del I secolo dopo Cristo, ma anche della concorrenza dei contenitori vitrei che nel I secolo inizieranno a sop-piantare le produzioni metalliche e ceramiche per il trasporto e la conservazione di sostan-ze ed essenze pregiate. Il vasetto plumbeo di Nomentum è testimone per noi di una tradi-zione commerciale mediterranea che sarà rapidamente superata e obliterata.

silvia M. Marengo

Il commercio di importazione dall’Oriente di sostanze soprattutto di origine vegetale destinate a essere trasformate in medicamenta e aromata, si sviluppò progressivamente a partire dall’età Augustea. Negli stessi anni, in Occidente, il commercio dei prodotti derivati dalla trasformazione di tali sostanze veniva agevolato dall’invenzione del vetro soffiato, tecnica con cui era facile realizzare un particolare tipo di contenitore: l’unguen-

7 TaBorelli, marenGo 1998 rispettivamente p. 259 e fig. 4, 13; p. 257 n. 4 e fig. 5, 17; p. 257 n. 5 e fig. 5, 18.

8 Gli esempi di imprenditoria antica in campi che vanno dalla siderurgia (DioD. sic. V 13,2), alla mani-fattura (manacorDa 1981; morel 1983), alle attività estrattive (Torelli 1980) possono fornire confronti convincenti.

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tario9. Già largamente utilizzato10, questo contenitore multiforme prodotto con la nuo-va tecnica che lo riproponeva come se fosse realizzato in un nuovo materiale, si veniva imponendo come ideale soprattutto per la capacità di conservazione dei prodotti legati al benessere e alla cosmesi11.

Per risalire all’origine di questa più recente realtà, si sono indagate le produzioni di microcontenitori per medicamenta e aromata di età ellenistica, realizzate sia in metallo sia in ceramica con tecniche seriali. Constatato che tali produzioni avevano consistenze e aree di diffusione molto diverse, si è ristretto il campo di indagine, dando la precedenza nello studio agli esemplari dotati di bollo impresso prima della cottura o con iscrizione da matrice. Si sono privilegiati i contenitori che recavano l’indicazione sia del farmaco-pola realizzatore del medicamento sia del medicamento stesso contenuto al loro interno, inoltre quelli che recavano almeno l’indicazione di quest’ultimo, a cominciare dal colli-rio oculare più famoso e diffuso, il lykion12.

Se si richiama questa problematica è per sottolineare che anche per quanto riguarda i medicamenta e gli aromata, a partire dalla seconda metà del I secolo a.C. si nota un’ac-celerazione nel passaggio da una realtà produttiva e commerciale di prevalente ambi-to mediterraneo a una nuova realtà dilatata sino all’estremo Oriente13, in cui quanto si conservava di tradizionale nel saper fare relativo alle produzioni e ai commerci di tali sostanze, veniva a inquadrarsi in un contesto basato su nuovi processi.

Le importazioni dall’Oriente, già attive14 tuttavia in scala dimensionale minore, era-no però solo una parte del percorso che doveva portare all’arricchimento dei pochi che avevano le conoscenze e le risorse per dedicarsi a esse su ampia scala. Tra costoro un caso esemplare è quello della famiglia dei Peticii attivi in area Peligna e Marsicana.

André Tchernia aveva già prospettato il coinvolgimento di membri di questa famiglia nei commerci orientali15; più recentemente ha dedicato a C. Peticius un paragrafo nel capi-tolo riservato alle fortune dei mercanti che operavano, attraverso il Mar Rosso, con l’India16.

9 Riassumiamo con questo termine varie forme: l’aryballos, l’alabatron, l’anforetta, ecc.10 Almeno dal VIII sec. a.C. nel commercio greco, etrusco, fenicio e punico; era realizzato in ceramica ma

anche in metallo, faïence, pietra, pasta di vetro, ecc.11 La crescita vertiginosa delle sue produzioni facilitò la diffusione di un’ampia gamma di prodotti il cui

consumo, stando alle fonti contemporanee, pareva quasi irrinunciabile.12 Assunto come caso paradigmatico: TaBorelli, marenGo 1998 e iiD. 2010. Del resto si erano già

osservati caratteri di continuità e di condivisione nella problematica tra i microcontenitori metallici e ceramici d’età medio-tardo ellenistica e gli unguentari vitrei d’età romana primo-medio imperiale (talvolta bollati sul fondo).

13 Oltretutto talune importanti essenze mediterranee sembra si avviassero a esaurimento proprio quando la domanda dei prodotti da esse derivati si espandeva, mi riferisco al silphion cirenaico, ma anche al lykion, certo non più di Licia né di Sicilia o mediterraneo, importato, ormai, dall’India: Plin., N.H. XXIV, 125; casson 1989, dai porti di Barbarikon, PME 39 e Ozênê, PME 49.

14 Si pensi al flusso commerciale avviato a partire dal II sec. a.C. dall’ingresso dei mercanti Nabatei e Sudarabici – persino Bactriani – nei circuiti mediterranei, con attestazioni a Delo e, più tardi, soprattutto a Puteoli; è lo stesso flusso più tardi intercettato da Verre sulla rotta Alessandria-Siracusa-Puteoli-Ostia-Roma.

15 Tchernia 1992, part. p. 301.16 Tchernia 2011, part. pp. 68-69.

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In tale occasione egli precisa: «Je n’assurerais pas maintenant, comme je l’avais fait (nel 1992), qu’ils (i Peticii, già attivi nel commercio del grano e, poi, del vino) aient été aussi importateurs de marchandises orientales troquées contre du vin. La diversité et l’étendue de leurs intérêts seraient immenses. On peut plutôt supposer qu’à côté de négociants qui pre-naient en charge tout le trafic de l’Italie à l’Inde et retour, il y ait eu aussi des réseaux plus limités. Les Peticii de l’époque d’Auguste et de Tibère ont pu se contenter d’apporter et de vendre à des négociants basés à Myos Hormos (costa nord-occidentale del Mar Rosso) et spécialisés dans le commerce oriental le vin qui servait quelquefois (...) de monnaie d’échan-ge pour se procurer une partie des pierres précieuses et du poivre rapportés en Italie».

Si tratta di un’ipotesi e di una sua rimodulazione, cui l’autore fa seguire il paragrafo intitolato «Le circuit le plus lucratif»17. Lo scopo di questa nota è quello di indicare una diversa possibilità da comprendere in detto «circuit», testimoniata da un esemplare di microcontenitore in piombo con iscrizione P. Petici18. A ben guardare, infatti, si intra-vede che una tappa ulteriore nel percorso verso l’arricchimento cui si è sopra accenna-to, comportava un impegno ulteriore di risorse economiche e, soprattutto, imprendito-riali. Alle possibilità prospettate nell’ambito del «circuit» proposto da Tchernia, poteva aggiungersi quella che derivava dalla creazione del valore aggiunto della merce importa-ta, nel caso della seta come nel caso dei medicamenta e degli aromata19.

I microcontenitori ceramici e metallici prima, gli unguentari vitrei più tardi, nel contesto di comuni problematiche, testimoniano le origini e l’espansione di un proces-so economico-produttivo e culturale di particolare interesse. Materie prime importate dall’Oriente in Occidente erano sottoposte a sapienti interventi20 che le trasformavano in prodotti dotati di consistente valore aggiunto da immettere vantaggiosamente sui merca-ti21. Vedere alcuni membri della famiglia dei Peticii coinvolti in un’impresa caratterizza-ta da questa ulteriore connotazione22, sembra una ragionevole ipotesi.

luigi taborelli

17 Ibid., pp. 69-72. 18 Cfr. supra¸ parte a firma S.M.Marengo; esemplare realizzato in matrice, di produzione seriale; il

riscontro del suo disegno consente di riferirne la forma ai tipi per il lykion considerati in TaBorelli, maren-Go 1998 e iiD. 2010.

19 TaBorelli 1993, part. pp. 214-217; iD. 2002, part. pp. 543-545. 20 Di raffinazione, diluizione, additivazione e valorizzazione, basati su procedimenti o ricette, cioè sul

saper fare tecnico, segreti, gelosamente tramandati per generazioni. Del resto i Peticii paiono originari della regione dei Marsi, popolazione cui si attribuivano doti di magia estese al confezionamento di farmaci (ad es. VerG., Aen. VII, 759, ma anche Plin., N.H. VII, 15, XXI, 78, XXV, 11 e 86, XXVIII, 19 e 30) forse non solo leggendarie.

21 Recettivi di merci esotiche, oltre a quelle citate: alimenta e condimenta, tinture (non solo la porpora) e piume, pelli e pellicce, perle e pietre preziose, legni pregiati, madreperla e carapaci di tartaruga (TaBorelli 1993, p. 213, nota 11).

22 Viene in mente quella evocata in Tchernia 2011, p. 72 e nota 56: «Une énorme entreprise commer-ciale (...) dont il faudrait étendre à Rome, et au commerce de détail, les ramifications, si l’on accepte la mise en relation récemment proposée (nell’ambito del commercio delle perle) de L. Calpurnius Antiochus, margaritari-us de sacra via (CIL, VI 9546) avec Calpurnius Moschas» con riferimento GianfroTTa 2008, part. pp. 74-75.

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SUMMARY

The import trade from the East of medicamenta and aromata developed as from the Au-gustan age. In the West, these substances were expertly refined and processed into products with substantial added value, to be placed advantageously in the markets. Involved in this entrepreneurial operation was the Peticii family, active in the Peligna and Marsicana area. This hypothesis is based on a micro-container specimen mould-made in lead, an artefact of serial production, with the inscription P. PETICI in relief.