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* Questo articolo costituisce la versione integrale di un lavoro presentato in occasione delle “Giornate di Studi Valenciani. Classici medievali e contemporanei. Jornades d’Estudis Valencians. Clàssics medievals i contemporanis” (Bari, 24-25 novembre 2009), nei cui Atti sarà pubblicata soltanto una sintesi, priva di esemplificazioni testuali e dell’appendice reper- toriale. Il lavoro si inserisce nell’ambito del Progetto “Literatura y corte en la Edad Media y el Renacimiento: Italia y España” (FFI 2010-17744), coordinato da María Morrás presso la Universitat Pompeu Fabra di Barcellona. Desidero ringraziare gli amici catalanisti Josep Lluís Martos e Tomás Martínez Romero, generosi e attenti lettori di questo lavoro, per le preziose indicazioni che mi hanno fornito. 1 Per le scarse notizie biografiche riguardo Hernando del Castillo, si rimanda allo stu- dio introduttivo di J. González Cuenca in H. del Castillo, Cancionero General, ed. J. Gonzá- lez Cuenca, Madrid, Castalia, 2004, 4 vols., I, pp. 48-51. Il libraio segoviano fu attivo e resi- dente a Valencia verosimilmente dal 1509 al 1519 ma i contatti con il Conde de Oliva dovet- tero cominciare molto tempo prima. Per nuovi importanti dati storici sul compilatore del Cancionero General, cfr. R. Madrid Souto - Ó. Perea Rodríguez, “Una efeméride lírico-mer- cantil: quinto centenario de la firma del contrato para la primera edición del Cancionero Ge- neral (1509-2009)”, in Cancionero General, 7, 2009 (in corso di stampa). Sono grata agli au- tori per avermi permesso di leggere in anteprima il loro lavoro. 2 Cfr. Castillo, Cancionero General, I, p. 217. SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO NELLA VALENCIA DEL CONDE DE OLIVA: L’ESEMPIO DELLA GLOSA* 1. Il 15 gennaio del 1511 veniva data alle stampe, presso la tipografia Kofman di Valencia, l’editio princeps del Cancionero General, imponen- te silloge poetica compilata da Hernando del Castillo, libraio segoviano e verseggiatore occasionale al servizio di Serafín de Centelles y Urrea, secondo Conde de Oliva 1 . Non è un caso, dunque, che il canzoniere fosse dedicato proprio al mecenate, e poeta anch’egli, Serafín de Cen- telles. La rubrica generale di questo corposo volume in folio recitava: Cancionero general de muchas e diversas obras de todos o de los más principa- les trobadores de España, en lengua castellana, assí antiguos como modernos, en devoción, en moralidad, en amores, en burlas, romances, villancicos, canciones, letras de invenciones, motes, glosas, preguntas, respuestas, copilado y maravillosa- mente ordenado por Hernando del Castillo. Principiando en obras de Nuestra Se- ñora, sin cuyo favor ningún principio, medio ni fin puede ser dicho bueno, en nombre de la Santa Trenidad comiença 2 . Nel Prologo al Cancionero, Hernando del Castillo afferma di aver

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* Questo articolo costituisce la versione integrale di un lavoro presentato in occasionedelle “Giornate di Studi Valenciani. Classici medievali e contemporanei. Jornades d’EstudisValencians. Clàssics medievals i contemporanis” (Bari, 24-25 novembre 2009), nei cui Attisarà pubblicata soltanto una sintesi, priva di esemplificazioni testuali e dell’appendice reper-toriale. Il lavoro si inserisce nell’ambito del Progetto “Literatura y corte en la Edad Media yel Renacimiento: Italia y España” (FFI 2010-17744), coordinato da María Morrás presso laUniversitat Pompeu Fabra di Barcellona. Desidero ringraziare gli amici catalanisti JosepLluís Martos e Tomás Martínez Romero, generosi e attenti lettori di questo lavoro, per lepreziose indicazioni che mi hanno fornito.

1 Per le scarse notizie biografiche riguardo Hernando del Castillo, si rimanda allo stu-dio introduttivo di J. González Cuenca in H. del Castillo, Cancionero General, ed. J. Gonzá-lez Cuenca, Madrid, Castalia, 2004, 4 vols., I, pp. 48-51. Il libraio segoviano fu attivo e resi-dente a Valencia verosimilmente dal 1509 al 1519 ma i contatti con il Conde de Oliva dovet-tero cominciare molto tempo prima. Per nuovi importanti dati storici sul compilatore delCancionero General, cfr. R. Madrid Souto - Ó. Perea Rodríguez, “Una efeméride lírico-mer-cantil: quinto centenario de la firma del contrato para la primera edición del Cancionero Ge-neral (1509-2009)”, in Cancionero General, 7, 2009 (in corso di stampa). Sono grata agli au-tori per avermi permesso di leggere in anteprima il loro lavoro.

2 Cfr. Castillo, Cancionero General, I, p. 217.

SPERIMENTAZIONE POETICAE RINNOVAMENTO LETTERARIO NELLA VALENCIADEL CONDE DE OLIVA: L’ESEMPIO DELLA GLOSA*

1. Il 15 gennaio del 1511 veniva data alle stampe, presso la tipografiaKofman di Valencia, l’editio princeps del Cancionero General, imponen-te silloge poetica compilata da Hernando del Castillo, libraio segovianoe verseggiatore occasionale al servizio di Serafín de Centelles y Urrea,secondo Conde de Oliva1. Non è un caso, dunque, che il canzonierefosse dedicato proprio al mecenate, e poeta anch’egli, Serafín de Cen-telles. La rubrica generale di questo corposo volume in folio recitava:

Cancionero general de muchas e diversas obras de todos o de los más principa-les trobadores de España, en lengua castellana, assí antiguos como modernos, endevoción, en moralidad, en amores, en burlas, romances, villancicos, canciones,letras de invenciones, motes, glosas, preguntas, respuestas, copilado y maravillosa-mente ordenado por Hernando del Castillo. Principiando en obras de Nuestra Se-ñora, sin cuyo favor ningún principio, medio ni fin puede ser dicho bueno, ennombre de la Santa Trenidad comiença2.

Nel Prologo al Cancionero, Hernando del Castillo afferma di aver

3 Gli studi specifici riguardo alle modalità di reperimento, selezione e organizzazionedei materiali sono numerosi e la critica è unanimemente concorde nel considerare l’antolo-gia di Hernando del Castillo come l’impresa editoriale più ingente del XVI secolo, che ave-va come scopo ultimo, data la grande mole di unica che contiene, quello di riunire la produ-zione inedita del tempo. Sulla fortuna di tale voluminosa raccolta non è necessario insistere:basti ricordare che il Cancionero General ebbe ben 9 edizioni lungo tutto il XVI secolo, laprima delle quali ebbe luogo nella stessa città di Valencia e ad opera del medesimo editoreKofman, nel rispetto del contratto che Hernando del Castillo aveva firmato con Kofman inbase al quale la proprietà editoriale del Cancionero sarebbe appartenuta all’editore per i cin-que anni successivi alla pubblicazione della editio princeps.

4 Si deve precisare, tuttavia, che il Conde de Oliva partecipò attivamente alla campa-gna di Málaga, la cui eco sociale e letteraria non dovette essere trascurabile se si considerache Joan Roís de Corella scrisse un’elegia dedicata a un nobile caduto in battaglia: La sepul-tura de Francí Aguilar. Per dati storici più dettagliati su questo episodio cfr. M.Á. LaderoQuesada, Castilla y la conquista del Reino de Granada, Valladolid, Universidad, 1967; sulriuso letterario di queste vicende belliche nella tradizione dei pliegos sueltos, cfr. V. Beltran,“Del pliego de poesía (manuscrito) al pliego poético (impreso): las fuentes del CancioneroGeneral”, in Incipit, 25-26, 2005-2006, pp. 21-56.

raccolto versi nell’arco di 19 anni (verosimilmente dal 1490 al 1509) edichiara di aver selezionato la produzione “de los más principales tro-vadores”3. Nel titolo generale, come abbiamo visto, Castillo fa riferi-mento agli autori antologizzati distinguendoli in “antichi” e “moder-ni”. La selezione di Castillo comprende infatti materiali ascrivibili a unarco cronologico piuttosto ampio, che include, fra gli antichi, alcuniautori del regno di Juan II, come Fernán de Guzmán, il Marqués deSantillana e Juan de Mena; nella generazione di mezzo si registrano gliautori del regno di Enrique IV, primo fra tutti Jorge Manrique, mentrefra i più giovani si annoverano i poeti della corte dei Re Cattolici: fragli altri, Costana, Soria, Pinar e Cartagena. Tuttavia, il Cancionero Ge-neral include anche una cospicua sezione di autori valenzani che costi-tuiscono di fatto il nucleo più corposo dei “moderni”. In effetti, la de-dica al Conde de Oliva e l’inserimento di un nutrito e compatto corpusdi componimenti del circolo valenzano immediatamente prima dellasezione finale della silloge, le “Obras de burlas provocantes a risa” ri-vela il debito di Hernando del Castillo nei confronti di Serafín de Cen-telles e il proposito dell’antologo di compiacere e ingraziarsi il suo me-cenate e i componenti di quella comunità letteraria.

La personalità del Conde de Oliva si distinse certamente più per l’a-more delle lettere che per quello delle armi, cui pure la sua estrazionenobiliare e la particolare situazione socio-politica di Valencia lo indiriz-zavano4. Influenzato dall’ambiente familiare materno, quello degli Ur-rea aragonesi, così incline all’esercizio delle lettere, e incoraggiato dal

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5 Sulle caratteristiche dell’umanesimo valenzano si vedano soprattutto L. Gil Fernández,Formas y tendencias del humanismo valenciano quinientista, Alcañiz-Madrid, CSIC, 2003; J.L.Martos, “Els estudis clássics al País Valencià: un apropament socioliterari”, in Ítaca. QuadernsCatalans de Cultura Clàssica, 23, 2007, pp. 81-96 e Ó. Perea Rodríguez, “El humanismo áuli-co valenciano del temprano Quinientos”, in La Corónica, 37.1, 2008, pp. 245-72.

6 Cfr. G. Fernández de Oviedo, Batallas e quinquagenas, ed. J. Pérez de Tudela y Bue-so, Madrid, Real Academia de la Historia, 1983-2002, II, pp. 123-124.

fervore umanistico che animava la città del Turia alla fine del XV seco-lo, Serafín de Centelles rese la sua casa patrizia del Carrer dels Caval-lers il centro della vita sociale e letteraria valenzana5. Tale vivacità so-ciale e culturale, d’altra parte, ci è nota attraverso una fitta serie di datitestimoniali; di particolare rilievo risulta la descrizione di un cronistacoevo, Gonzalo Fernández de Oviedo (1478-1557), che in Batallas yquinquagenas registra il fulgore di Valencia, identificata come il luogopiù affine alla corte reale castigliana:

No sé si teneys memoria de algunos caualleros de Valençia o si aveys estado enaquella çibdad, la qual es, a mi paresçer, una de las muy notables de toda España ydonde los que son caualleros y gente noble son más acatados y reverençiados queen parte del mundo, por quien son, y donde los plebeyos y gente popular e comúnmás los estiman e temen y con más acatamiento y cortesía los tractan en todotiempo; y ellos biven [como más] preheminentes e más atauiados y servidos queen pueblo ni çibdad que yo aya visto. […] Pero dexemos la corte aparte, que conella no hay comparaçión; digo que Valençia es el arraual de la corte e la çibdadque más la imita e más çerca está de ella, o que más le paresçe, así en las fiestas eregozijos militares de los caballeros mançebos, en justas y torneos e juegos de ca-ñas como en atavíos de sus personas, como en las damas e señor[a]s que allí ay ge-nerosas e de calidad, que son festejadas e seruidas con todos los términos de ones-tidad que los caualleros los suelen hazer6.

Senza voler semplificare un quadro storico-culturale certamentemolto complesso, le cui coordinate sono state oggetto di importanti eaccurati studi nell’ambito della catalanistica, possiamo individuare in-somma nella Valencia di finesecolo una città caratterizzata da una con-solidata tradizione di certamina e dall’esistenza di numerosi cenacoliletterari promossi da nobili illuminati come il Conde de Oliva e Rodri-go Díaz de Bivar y Mendoza, Marqués de Cenete e nipote del Marquésde Santillana. La fondazione dell’Estudi General e il contatto direttocon l’Italia, propiziato dai vincoli politici ed economici che univano ledue terre da almeno due secoli, aveva favorito inoltre l’affermarsi di unumanesimo aulico e cortigiano e di un ambiente plurilingue, caratteriz-zato dalla convivenza fra autori che operavano con disinvoltura in di-

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7 Fra i numerosi contributi incentrati su aspetti storico-letterari, in particolare relativialla questione dell’influenza italiana sulla letteratura catalana coeva, cfr. almeno E. Duran,“Defensa de la pròpia tradició davant d’Itàlia al segle XVI”, in Miscel.lània Joan Fuster.Estudis de llengua i literatura a cura d’Antoni Ferrando i d’Albert G. Hauf, Barcelona, De-partament de Filologia Catalana (Universitat de València) – Associació Internacional deLlengua i Literatura Catalanes – Publicacions de l’Abadia de Montserrat, 1991, III, pp. 241-65; P. Valsalobre, “Una cort ‘ferraresa’ a València: els Centelles, Ariosto i un programa desubstitució de la tradició de la tradició literària autòctona”, in Caplletra, 34, 2003, pp. 171-94; Id., “Una cort italianitzant a València. Notes sobre la recepció d’Ariosto a Espanya”, inQuaderns d’Italià, 10, 2005, pp. 219-241. Costituisce infine uno strumento storico-criticosempre valido e attuale l’importante volume di J. Romeu i Figueras, Estudis de lìrica populari lírica tradicional antigues, Barcelona, Abadia de Montserrat, 1993.

8 Comendador Escrivá, Poesie, ed. I. Ravasini, Viareggio-Lucca, Mauro Baroni, 2008.9 Si tratta della tesi di dottorato di Estela Pérez Bosch, discussa nel 2005 e recentemen-

te pubblicata prima sul sito web http://parnaseo.uv.es/Editorial/Parnaseo10/INDEX.htm epoi nel volume Los valencianos del Cancionero General: estudio de sus poesías, Valencia,PUV, 2009.

versi ambiti culturali come la lirica cortese in castigliano e catalano e lapoesia e la prosa latine7.

2. La sezione valenzana del Cancionero General occupa i ff. 191v-204v e comincia non a caso con le opere del Conde de Oliva, mentoreprincipale di questa scuola poetica. Il materiale è organizzato per sezio-ni di autore; nella dispositio dei testi il compilatore seguì generalmenteil medesimo criterio che presiedette alla compilazione della silloge: ilprimo posto spettava alle opere di contenuto religioso e morale, segui-vano poi quelle di carattere amoroso e infine quelle satiriche o burle-sche. Ovviamente, questi filoni tematici non furono praticati tutti enella stessa misura dagli autori antologizzati e la selezione di Castillo ri-vela infatti una spiccata eterogeneità dei materiali, sia per quel che con-cerne l’estensione dei singoli corpora, sia per la varietà dei generi fre-quentati dagli autori.

Se da un lato l’interesse per quest’area della produzione corteseispanica ha dato luogo ad accurati studi e importanti edizioni critichedi singoli autori come quella del Comendador Escrivá recentementeapprontata da Ines Ravasini8, d’altra parte è mancata fino a poco tem-po fa una riflessione d’insieme sul ruolo di questi scrittori nella praticae diffusione dei moduli formali, stilistici e tematici della poesia casti-gliana quattrocentesca. Un serio e ponderoso contributo in questa di-rezione è stato quello di Estela Pérez Bosch9, che ha studiato ed edita-to il corpus completo degli autori valenzani del Cancionero general. Si

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10 Lo studio della presenza della glosa nelle poetiche del secolo XVI trascende i limiticronologici di questa ricerca ma considero importante far riferimento per lo meno a tre trat-tatisti: Juan Díaz Rengifo, Miguel Sánchez, Juan Alfonso de Carballo. Per un quadro piùdettagliato sulla teorizzazione del genere nelle precettistiche rimando al fondamentale lavo-ro di E. Scoles e I. Ravasini, “Intertestualità e interpretazione nel genere lirico della glosa”,in Nunca fue pena mayor (Estudios de Literatura Española en homenaje a Brian Dutton), eds.A. Menéndez Collera y V. Roncero López, Cuenca, Ediciones de Castilla-La Mancha, 1996,pp. 615-31.

tratta di un lavoro corposo e meritorio che, pur avendo dovuto sacrifi-care al criterio dell’analisi puntuale e sintagmatica l’obiettivo di unasintesi deduttiva sul piano storico-critico, si configura come lo studiopiù approfondito e puntuale sulla produzione poetica in castiglianonella Valencia del primo Rinascimento. La studiosa, infatti, non mancadi sottolineare la necessità di una netta ridefinizione della portata dellascuola valenzana, la cui presenza nel Cancionero General è stata talorainterpretata come del tutto circostanziale e dettata da ragioni di meroopportunismo politico. Se è vero, infatti, che l’appartenenza di Her-nando del Castillo al cenacolo letterario del Conde de Oliva potèorientare in qualche modo le scelte compilative dell’antologo, è indub-bio che la produzione valenzana presenta una dignità letteraria indi-scutibile e rivela altresì una notevole capacità di assimilazione ed ela-borazione dei moduli poetici ereditati dalla scuola castigliana.

Ciò che appare prioritario nella valutazione storica del ruolo dellascuola valenzana fra il tardo Medioevo e il primo Rinascimento è senzadubbio l’esame della dialettica fra riproduzione dei modelli ereditati esperimentazione di soluzioni innovative. Tale prospettiva risulta di dif-ficile applicazione se la si usa con l’ambizione di un’indagine comples-siva. La delimitazione dello scandaglio testuale, dunque, si profila co-me un utile strumento operativo per esaminare la ricezione della tradi-zione poetica castigliana nel seno della scuola valenzana.

In quest’ottica, è mia intenzione analizzare la pratica che gli autorivalenzani fecero di uno specifico genere lirico: la glosa. Una lettura pa-radigmatica, circoscritta a un preciso genere e orientata a un’analisipuntuale di testi segnati dai medesimi schemi formali, è dunque l’oriz-zonte metodologico cui ho deciso di attenermi in questa sede.

3. La glosa, come ha rilevato la maggioranza degli studiosi che si so-no avvicinati al genere e come documentano anche i trattati di poeticadel Siglo de Oro10, si configura come un genere lirico tipicamente iberi-co. La notevole diffusione in tutta la penisola dalla metà del XV secolo

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11 Per quel che concerne le testimonianze antiche si segnala il passo di Lope de Veganella Justa poética y alabanzas justas, que hizo la insigne villa de Madrid al bienaventuradoSan Isidro en las fiestas de beatificación… (1620), contenuto in Colección de obras sueltas, as-sí en prosa como en verso, de D. Frey Lope Félix de Vega Carpio, Madrid, Sancha, 1777, vol.XI, p. 494, nel quale il Fénix allude alla specificità ispanica della glosa: «Deseosos estabanlos oyentes de oír las Glossas, propia y antiquíssima composición de España, no usadajamás de otra nación ninguna». Considerazioni sulla provenienza ispanica del genere si regi-strano anche in alcuni trattati teorici come Arte de poesía, attribuito a Eugenio de Salazar(ancora inedito ma scoperto e studiato da V. Infantes, “Eugenio de Salazar y su Suma del ar-te de poesía. Una poética desconocida del siglo XVI”, in Estado actual de los estudios sobreel Siglo de Oro, ed. M. García Martín et al., Salamanca, Ediciones Universidad de Salaman-ca, 1993, vol. 2, pp. 529-36) e laMetametrica (1663) di Caramuel.

12 Cfr. H. Janner, “La glosa española. Estudio histórico de su métrica y de sus temas”,in Revista de Filología Española, XXVII, 1943, pp. 181-232; La glosa en el siglo de oro, Ma-drid, Nueva Época, 1948; “Nuevos criterios para editar glosas”, in La edición de textos. Ac-tas del I Congreso Internacional de Hispanistas del Siglo de Oro, eds. P. Jauralde Pou, D. No-guera, A. Rey, London, Tamesis Books, 1990, pp. 253-60.

13 P. Le Gentil, La poésie lirique espagnole et portugaise a la fin du Moyen Âge, Plihon,Rennes, 1948-52, 2 vols.

14 T. Navarro Tomás, Métrica española. Reseña histórica y descriptiva, New York, Syra-cuse University Press, 1956, p. 127.

15 R. Baehr,Manual de versificación española, Madrid, Gredos, 1981, p. 330.16 Cfr. J. Casas Rigall, Agudeza y retórica en la poesía amorosa de Cancionero, Santiago

de Compostela, Universidade de Santiago de Compostela, 1995, pp. 54-60. All’interno diquesto quadro, Casas Rigall definisce la glosa come il genere più caratteristico della “inter-pretatio cancioneril” e traccia un breve stato della questione sugli studi storico-critici, enu-merando anche i testi che tradizionalmente sono stati considerati come i più antichi appar-tenenti al genere.

e i numerosi testimoni che, a partire dal secolo XVI e per tutto il XVIIaffermano e illustrano la varietà delle tipologie formali e l’ispanità delgenere11, indicano una posizione preminente della glosa nel sistema ibe-rico dei generi lirici: potremmo dire, infatti, che la glosa concentra in séi tratti salienti di una produzione cortese fondata sull’imitazione, il dia-logo poetico e la ricerca di soluzioni compositive ingegnose.

Dopo i primi studi di Hans Janner12 e Pierre Le Gentil13, anche i me-tricisti Tomás Navarro Tomás14 e Rudolph Baehr15 dedicarono alla glosastudi puntuali di tipo metrico-formale e storico. D’altra parte, il crescen-te interesse per la poesia del secolo XV e le sue forme ha incoraggiato ne-gli ultimi decenni studi sempre più rigorosi su diversi aspetti dell’espres-sione lirica. Per quel che riguarda la glosa, risulta molto ben articolata l’a-nalisi di Juan Casas Rigall, che include il genere nel quadro di un’ampiaricerca sui moduli retorici della poesia cortese tardomedievale16. Un ac-curato studio più specificamente incentrato sulla glosa si deve infine a

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17 Cfr. Scoles-Ravasini, “Intertestualità e interpretazione”. Fra gli altri lavori che affron-tano l’esame del genere si segnalano B. Periñán, “Más sobre glosas de romances”, in La lite-ratura popular impresa en España y en la América colonial. Formas & temas, géneros, funcio-nes, difusión, historia y teoría, eds. E.B. Castro Carbajal, L. Mier, L. Puerto Moro, M. Sán-chez Pérez, Salamanca, Seminario de Estudios Medievales y Renacentistas, 2006, pp. 95-109; Id., “Cuando la glosa es al cuadrado”, in Studi di Filologia romanza offerti a Valeria Ber-tolucci Pizzorusso, eds. P.G. Beltrami, M.G. Capusso, F. Cigni, S. Vatteroni, Pisa, Pacini edi-tore, 2006, II, pp. 1215-33; B. Periñán - G. Piacentini, Glosas de romances viejos. Siglo XVI,Pisa, Edizioni ETS, 2002; C. Almeida Ribeiro, “Citação e glosa no Cancioneiro Geral deGarcia de Resende”, in Canzonieri iberici, eds. P. Botta, C. Parrilla, I. Pérez Pascual, A Co-ruña, Toxosoutos, 2005, 2 vols., II, pp. 345-58; I. Ravasini, “Dalla citazione all’interpreta-zione: funzioni ermeneutiche della glosa lirica nella letteratura spagnola del Siglo de Oro”, inLa citazione. Atti del XXXI Convegno Interuniversitario di Bressanone (11-13 luglio 2003),Padova, Unipress, 2009, pp. 285-97.

18 Nell’ambito delle più recenti classificazioni teoriche della semiotica, la tipologia te-stuale propria della glosa si potrebbe ricondurre alla nozione di ipertexte elaborata da Ge-rard Genette. Lo studioso francese definisce ipertestualità qualsiasi rapporto che unisce untesto B (che si chiamerà ipertesto) a un testo A (designato ipotesto) nel quale si iscrive se-condo una modalità distinta rispetto a quella del commento. Cfr. G. Genette, Palimpsestes.La littérature au second dégrée, Paris, Seuil, 1989.

Emma Scoles e Ines Ravasini17, le quali, oltre a offrire precise considera-zioni sullo statuto del genere e a fornire un’ampia disamina delle tipolo-gie formali, hanno evidenziato, una volta di più, le due componenti es-senziali della glosa: la matrice intertestuale e l’istanza ermeneutica.

Como è noto, per glosa si intende un componimento che interpreta eillustra un testo citando al suo interno i versi glossati, generalmente inposizione fissa. Il carattere dialogico della composizione glossatrice nonè, dunque, solo un elemento distintivo del genere ma ne è l’aspetto ne-cessariamente fondante18. È evidente che nell’insieme testuale della glo-sa il componimento finale ha una disposizione deferenziale nei confrontidel testo previo: se esiste una gerarchia tra il componimento glossato e iltesto glossatore, quest’ultimo è per sua natura subordinato al testo cheinterpreta, poiché ha ragione di essere proprio in virtù della sua funzio-ne esegetica. La glosa è, dunque, un atto di riscrittura, rielaborazione diun testo mediante il procedimento ermeneutico cui è sottoposto.

Dal punto di vista tecnico-formale, il genere si caratterizza per l’i-scrizione coerente ed organica dei versi glossati all’interno del compo-nimento glossatore. L’impianto formale della glosa dipende in primoluogo dalla struttura e natura del testo che amplifica: a seconda dell’e-stensione del testo prescelto, dunque, si avranno distinte modalità diinserzione dei versi.

Tra i testi glossati, l’unità testuale minima è il mote, costituito da uno

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19 Cfr. I. Tomassetti, “La glosa en Portugal entre tradición e innovación: el corpus delCancioneiro geral de Garcia de Resende”, in Actas del X Congrés Internacional de l’Associa-ció Hispànica de Literatura Medieval, eds. R. Alemany, J.L. Martos, J. M. Manzanaro, Ala-cant, Institut Interuniversitari de Filologia Valenciana «Simposia Philologica» 11, 2005, 3vols., III, pp. 1499-519.

20 La sezione occupa i ff. 143v-146v della silloge di Castillo. Per l’esame ed edizionedelle glosas de motes trasmesse dal Cancionero General di Hernando del Castillo, si veda I.Macpherson, Motes y glosas in the Cancionero General, Department of Hispanic Studies,Queen Mary, University of London, 2004.

21 Le canciones glossate sono generalmente composte da 12 a 16 versi, ma in taluni casial preludio seguono più strofe di sviluppo, come nel caso della canción glossata da Pedro deQuiñones “Ay donas por qué ei tristura”, che consta di 40 versi (per uno studio più ap-profondito di questa glosa rimando a I. Tomassetti, “Intertextualidad y tradición indirecta:la cantiga ‘Ay donas por que tristura’ reconstruida a través de una glosa”, in Cancioneros enBaena II. Actas del II Congreso Internacional Cancionero de Baena. In memoriam ManuelAlvar, ed. J. L. Serrano Reyes, Baena, M.I. Ayuntamiento de Baena, 2003, 2 vols., II, pp. 47-77). Ogni strofe glossatrice può incorporare da uno a quattro versi del testo glossato: si os-serva, alle origini del genere, una tendenza più sensibile a concentrare le inserzioni, dispo-nendo i versi in distici alla fine di ciascuna unità metrica della copla glossatrice (cuarteta o

o, più raramente, due versi ottosillabici; si tratta nella maggior partedei casi di un testo assiomatico e criptico, destinato a costituire unasorta di emblematica sentenza e, di conseguenza, specialmente idoneoall’esegesi. Le glosas de motes hanno in generale la struttura tripartitadella canción, formata da estribillo, mudanza e vuelta. Il mote viene ci-tato simmetricamente alla fine dell’estribillo e alla fine della vuelta.Molto meno frequente è la glosa de mote in forma di copla (general-mente copla real bipartita in due quintillas), che ebbe una diffusionepiù significativa in area portoghese ma che si registra anche in area ca-stigliana alla fine del XV secolo19. La glosa de mote costituisce senzadubbio la tipologia formale più appropriata allo scambio poetico, poi-ché si iscrive frequentemente nel quadro di giochi di corte basati sullacompetizione fra autori. Non sorprenderà, dunque, che Hernando delCastillo inserisca nel suo Cancionero general (Valencia 1511) una sezio-ne specificamente dedicata alle glosas de motes20. In queste glosas vienerispettato quasi completamente il criterio della adesione semantica altesto glossato: l’esercizio interpretativo procede per enfasi iterativa, ac-cumulazione lessicale e complicazione retorica. Il carattere criptico esintetico dei testi glossati, infatti, stimola un lavoro esegetico rigoroso esistematico, che si traduce nella rigida e definita geometria testuale deltesto glossatore; si osservano schemi retorici binari (propositio-argu-mentatio) o ternari (propositio-argumentatio-recapitulatio), dove il rit-mo argomentativo si adatta alle sezioni che compongono la glosa.

Il corpus iberico quattrocentesco consta inoltre di glosas de canciones21

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redondilla se si tratta di copla castellana, quintilla nel caso della copla real). Quando il generesi cristalizzò, tuttavia, la modalità più frequente di incorporamento dei versi fu di due perogni copla, uno a metà e l’altro alla fine della stessa, secondo la disposizione che si è descrit-ta. Bisogna rilevare, inoltre, che a partire dalla fine del secolo XV, la strofa più utilizzata saràla copla real, mentre nelle prime testimonianze prevale l’uso della copla castellana. Ci sonoanche casi di integrazione di un solo verso per ciascuna copla in posizione iniziale, centrale ofinale. A partire da una fase ormai matura di sperimentazione si diffondono anche le glosasde estribillos, ovvero testi che amplificano e citano, secondo le modalità proprie della glosa,soltanto il preludio di una canción o di un villancico.

22 Le glosas de romances, infine, compaiono in una fase ormai avanzata di pratica delgenere e costituiscono un corpus abbastanza ampio, presentando una tipologia di inserzionepiuttosto costante: i versi del romance si citano a due a due, alla fine (talora anche a metà) diciascuna strofa glossatrice. Anche in merito a questo aspetto, cfr. Scoles-Ravasini, “Interte-stualità e interpretazione” e Periñán-Piacentini, Glosas de romances viejos.

23 In grassetto si evidenziano le rime dei versi originali citati e amplificati nella glosa.

e glosas de romances22.Nelle glosas di testi più estesi, come è ovvio, a seconda dei criteri di

inserzione dei versi originali, si osservano forme distinte di amplifica-zione, dalla modalità più concisa e condensata, dove il testo originaleha una presenza molto rilevante nel testo glossatore, a forme più dilui-te in cui prevale la dilatazione semantica, fino ad autentiche digressioninarrativo-dialogiche, soprattutto nelle glosas de romances.

Per riassumere, potremmo rappresentare le tipologie formali dellaglosa nel seguente schema23:

SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO 17

TESTO GLOSSATO TESTO GLOSSATORE

Mote 1 o 2 vv. Canción: 1 o 2 vv. in sedeA - ab abba cddcabba conclusiva di estribillo

abaab cdccdabaab e di vuelta o alla fineCopla real: della copla realabaabcdccd

Canción 12-15 vv. Coplas castellanas: 1, 2 o 4 vv. per coplaabba cddcabba abbacddcabab cdcdabab ababcdcd

abbacddcababcdcdCoplas reales:abaabcdccdabaabcdccd

Villancico 10 vv. Coplas reales: 1 o 2 vv. per coplaabb cddcdbb abaabcdccd

Romance Serie variabile di Coplas reales: 2 o 4 vv. per coplaottosillabi abaabcdccdassonanzati nelle abaabcdccdsedi pari:abcbdbeb…

24 Un capitolo specificamente dedicato alle glosas composte dagli autori valenzani sipuò leggere in Pérez Bosch, Los valencianos del Cancionero General, pp. 256-67.

25 Per un’accurata rassegna bio-bibliografica relativa a questi autori, rinvio a Ó. PereaRodríguez, “Valencia en el Cancionero General de Hernando del Castillo: los poetas y lospoemas”, in Dicenda, 21, 2003, pp. 227-51; Id., Estudio biográfico; Pérez Bosch, Los valen-cianos del Cancionero General.

26 Sull’identità di Francisco Hernández Coronel e sulla sua provenienza castigliana siveda ora l’accurato studio di Ó. Perea Rodríguez, “Francisco Hernández Coronel, poetaconverso del Cancionero General”, in Homenaje a Eloy Benito Ruano, Madrid, SociedadEspañola de Estudios Medievales, 2010 (in corso di stampa). Ringrazio l’autore per avermigentilmente messo a disposizione il testo prima della sua pubblicazione.

4. Chiusa questa necessaria parentesi sulla configurazione formale delgenere, vorrei proporre ora una rapida descrizione del corpus delle glo-sas composte dagli autori valenzani del Cancionero General, per poi foca-lizzare l’attenzione su alcuni aspetti che ritengo di speciale interesse24.

Le glosas attribuibili ad autori valenzani coprono quasi tutte le tipo-logie testuali poc’anzi rilevate: glosas de motes, glosas de canciones, glo-sas de romances, glosas de coplas. Tali poeti recepirono dunque il reper-torio dei moduli formali e compositivi sperimentato dai castigliani e neriprodussero perfettamente le strutture. Pur manifestando un indiscu-tibile atteggiamento emulativo, tuttavia, la pratica del genere in terravalenzana intraprese talora sentieri inusitati e originali, come emergeràda una perlustrazione più accorta dei testi. L’interesse di questo studio,in effetti, risiede soprattutto nel rilevamento delle innovazioni o, piùgeneralmente, delle tendenze eterodosse che il gruppo valenzano mo-strò nel praticare la glosa.

I poeti valenzani autori di glosas rispondono ai nomi di Geronid’Artés, Alonso de Cardona, Francesc Carroz, Lluís Crespí de Valldau-ra, Comendador Escrivà, Francisco Fenollete, Juan Fernández de He-redia, Jaume Gaçull e Narcís Vinyoles25.

Fra gli autori che ebbero un ruolo indiretto nella pratica della glosadobbiamo includere, inoltre, Bernat Fenollar: fra i più anziani delgruppo (nacque intorno al 1438), è l’unico che sappiamo avere cono-sciuto personalmente Ausiàs March. Sebbene non abbia composto glo-sas, Fenollar è autore di due canciones glossate rispettivamente da LluísCrespí de Valldaura e Geroni d’Artés.

Annoveriamo poi, fra gli autori non valenzani di nascita ma profon-damente integrati in quel circolo poetico, alcuni nomi di grande rilievoall’interno della compilazione di Hernando del Castillo: FranciscoHernández Coronel26, Nicolás Núñez e Quirós.

18 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

27 Cfr. Castillo, Cancionero General, p. 305.

Se eccettuiamo le glosas de motes, incluse tutte nella corrispondentesezione del Cancionero General (ff. 143v-146v) e le due glosas de ro-mances composte da Nicolás Núñez e raccolte nella sezione riservataalle glosas de romances (ff. 133v e 134r), il resto del corpus testuale ètramandato dalla sezione valenzana della silloge. È opportuno rilevare,inoltre, un fenomeno certamente significativo: le sezioni d’autore deivalenzani si aprono 6 volte su 10 con una glosa. Si tratta, nell’ordine,delle sezioni riservate a Mossén Crespí de Valldaura, Francisco Fenol-lete, Narcís Vinyoles, Juan Fernández de Heredia, Jaume Gaçull, Fran-cisco Hernández Coronel. In alcuni casi, come nel corpus di FranciscoFenollete, la selezione antologica include quasi esclusivamente glosasma in generale questa ubicazione esordiale del genere all’interno dellesingole sezioni lascia pensare a una posizione preminente dello stessonella pratica poetica cortese. A conferma di ciò, possiamo addurre larubrica posta in epigrafe ai componimenti di Fenollete, che recita:“Comiençan las obras de don Francisco Fenollete y esta primera esuna glosa de una canción, la qual glosó por mandado de una dama, a laqual van endereçadas estas coplas primeras”27. Si tratta di un caso elo-quente di “glosa por encargo” in cui è la dama a condurre un giococortese, peraltro già ampiamente praticato nelle glosas de motes, fonda-to sulla commissione di un componimento poetico che richiedeva abi-lità versificatoria e maestria tecnica.

Includendo anche i componimenti di Quirós, Nicolás Núñez edHernández Coronel, le glosas sono in totale 35, così distribuite: 15 glo-sas de motes, 2 glosas de romances, 13 glosas de canciones, 1 glosa a unaottava di arte mayor, 1 glosa a un estribillo di canción (testo che consi-ste in una redondilla con schema abba), una glosa a 3 coplas di artemayor che costituiscono una porzione di un testo più ampio.

Se ora volgiamo l’attenzione alle tipologie testuali, notiamo una net-ta prevalenza di glosas de motes e glosas de canciones, ovvero le due for-me più praticate alla fine del XV secolo. In questo senso, dunque, gliautori valenzani rispecchiano perfettamente le tendenze creative delmomento e si adeguano all’orizzonte di attesa incarnato dal pubblicocortigiano a cavallo fra XV e XVI secolo.

Quanto alle tipologie formali, per quel che riguarda le glosas de mo-tes, che, come si è detto, figurano tutte all’interno di una specifica se-zione del canzoniere, non si osservano particolari innovazioni rispetto

SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO 19

28 D’ora innanzi, per comodità del lettore, indico accanto a ogni incipit anche il nume-ro del testo, così come catalogato nel repertorio di glosas pubblicato in appendice a questoarticolo.

29 Cfr. G. Avenoza, “Una dansa de Mossén Jordi en el Cancionero General (1511)”, inIberia cantat. Estudios sobre poesía hispánica medieval, eds. J. Casas Rigall, E.Mª Díaz Martí-nez, Santiago de Compostela, Universidade de Santiago de Compostela, 2002, pp. 489-520.

ai prodotti più propriamente castigliani. La glosa de mote era un gene-re molto praticato nei circoli cortigiani perché si prestava ai giochi disocietà e alle competizioni poetiche delle feste di palazzo. La strutturarigida della glosa de mote, inoltre, nella sua precisa ripartizione in se-zioni, imbrigliava la pratica compositiva in schemi fissi e sclerotizzati.

Più originali appaiono invece le glosas di testi più ampi (prevalente-mente canciones ma sono presenti anche strofe in arte mayor e un estri-billo). Poiché nel caso di tali testi l’esercizio amplificativo è ben piùesteso e complesso di quello prodotto nelle glosas de motes, la sceltadel componimento da interpretare non doveva essere casuale e proprioin questa prospettiva vale la pena di esaminare la provenienza e la na-tura dei testi glossati.

Otto sono i componimenti attribuibili con certezza ad autori dellatradizione castigliana:

“La que tengo no es prisión” canción di Alonso de Silva (testo 34)28;“No sé por qué me fatigo” canción di Jorge Manrique (testo 30);“Di, ventura, qué te he hecho” canción attribuita a Tapia in 11CG e a Nicolás

Núñez in LB1 (testo 26);“Siempre cresce mi serviros” canción composta da Costana (testo 33);“Al dolor de mi cuidado”, canción tramandata da 4 canzonieri musicali e ascrit-

ta a Gijón in MP4 e SV1 (testo 29);“Cuidado nuevo venido” canción di Juan Rodríguez del Padrón (testo 21);“La fuerza del fuego que alumbra que ciega” decir in arte mayor di Pedro de

Cartagena (testo 35);“No soy mío cuyo só” canción composta da Lope de Sosa (testo 28).

Nel corpus dei componimenti prescelti per l’esercizio glossatorio visono quindi sette testi di sicura origine valenzana:

“Después de ver tal figura” canción di Geroni Vich (testo 18);“No siento que biva biviendo mi vida” copla in arte mayor di Mossén Crespí de

Valldaura (testo 22);“Esperança res no dona” (testo 23), dansa attribuita in rubrica a Mossén Jordi

de Sant Jordi e sulla quale si è mantenuta a lungo aperta una complessa questioneattributiva. La suggestiva ascrizione del testo al celebre poeta catalano sembrereb-be tuttavia da rigettare, per ragioni sia linguistiche che metrico-formali, come haconvincentemente dimostrato qualche anno fa Gemma Avenoza29, che ha propos-

20 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

30 Sull’originalità di questo testo di Cartagena e sulle due glosas che lo stesso autorecompose, cfr. I. Ravasini, “Experimentos estructurales en algunos poemas de Cartagena:contribución para el estudio del género lírico de la glosa”, in I canzonieri di Lucrezia. Loscancioneros de Lucrecia. Atti del Convegno internazionale sulle raccolte poetiche iberiche deisecoli XV-XVII (Ferrara, 7-9 ottobre 2002), eds. A. Baldissera, G. Mazzocchi, Padova, Uni-press, 2005, pp. 263-79 e P. de Cartagena, Poesía, ed. A.M. Rodado Ruiz, Cuenca, Edicionesde la Universidad de Castilla-La Mancha, 2000, pp. 86-93 e 165-69.

to al contempo l’attribuzione a Jordi Centelles.“El coraçón vos embío” canción di Mossén Fenollar (testo 24);“Si por caso yo biviesse” canción composta da Nicolás Núñez (testo 25);“Viendo vuestra fermosura” canción di Francisco Fenollete (testo 27);“De ti mundo me despido” canción di Mossén Fenollar (testo 32).

Altri 3 testi, infine, non attribuiti, potrebbero essere stati compostinell’ambito del medesimo circolo:

“Secreto mal de morir” canción glossata da Alonso de Cardona (testo 19);“O alegre canción mía” canción glossata da Francesc Carroz (testo 20);“Venga mal quanto quisiere”, estribillo glossato da Geroni d’Artés (testo 31).

Ne risulta quindi un quadro in cui la metà circa dei testi di paternitàaccertata appartiene ad autori del circolo valenzano (in un caso il testoglossato è una dansa scritta in lingua catalana): se si considera la deri-vazione castigliana del genere e il condizionamento che questo fattoregenetico potrebbe aver costituito persino nella scelta dei testi da glos-sare, un così alto numero di componimenti “interni” al gruppo lasciatrasparire una certa tendenza endogamica, probabilmente dettata dallecircostanze di una fruizione locale dei componimenti ma anche, a miomodo di vedere, dall’esigenza di sperimentare il genere in modo auto-nomo e originale.

Quanto alla configurazione metrica dei testi glossati, si tratta preva-lentemente di canciones a una sola vuelta, la tipologia più frequentenella fase più matura di esistenza del genere, ma si registrano anchedue casi in cui le canciones sono formate da due strofe di sviluppo (te-sti 20 e 32). Bisogna rilevare, infine, la presenza di due testi di artemayor: uno è costituito da una copla composta da Mossén Crespí deValldaura “No siento que biva biviendo mi vida” e glossata da lui stes-so (testo 22); l’altro consiste nelle tre coplas iniziali del celebre compo-nimento di Pedro de Cartagena “La fuerza del fuego que alumbra queciega”, testo tanto celebre e autorevole da costituire un modello di rife-rimento anche per Crespí (testo 22)30.

Altri aspetti emergono se ci spingiamo oltre nell’analisi degli schemi

SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO 21

31 Cfr. nota 30.

metrici, della modalità di inserzione dei versi, della struttura dei testiglossati e di quelli glossatori e, ancor più, delle tipologie tematiche eretorico-stilistiche. Ma cominciamo da alcuni aspetti formali che, con-trariamente a quanto si potrebbe pensare, costituiscono un terreno pri-vilegiato d’indagine poiché la glosa è un genere ad elevata caratterizza-zione formale. A fronte di un uso maggioritario della copla real qualestrofa glossatrice, si osservano due casi in cui la glosa si struttura in co-plas castellanas, secondo una modalità registrata nelle glosas più arcai-che e poi abbandonata, già a partire dagli anni ’60 del Quattrocento, afavore della più ampia e duttile copla real.

L’autore che fa ricorso a questa strofe è Crespí de Valldaura, poetamolto dotato e particolarmente incline alla sperimentazione. Ma l’unitàstrofica più originale è senz’altro quella scelta da Francesc Carroç nellaglosa “Pues la fortuna me guía” (testo 20), dove usa coplas di 13 versicon l’inclusione anche di pies quebrados. Quanto alla modalità di inser-zione, le sedi più frequenti di integrazione metrica dei versi originalisono la 5ª e la 10ª (testi 18, 19, 25, 26, 32, 33, 35), che costituiscono an-che le posizioni mediana e finale della copla real. Se osserviamo bene,però, c’è una modalità che risulta altrettanto frequente ed è la citazionedi un solo verso alla fine (testi 24, 27, 28, 29, 30, 31) o all’inizio (testo22). In quest’ultimo caso, inoltre, bisogna dire che tale modalità di in-tarsio rivela direttamente il modello di riferimento della composizione,ovvero la glosa che Cartagena fece alla prima strofa del già citato decirin arte mayor “La fuerza del fuego que alumbra que ciega”31. Si osservapoi un unico caso di inserzione di 4 versi per strofa (2 a metà e 2 alla fi-ne), che pure rimanda a una stagione più antica della glosa (testo 34).Da segnalare, infine, la peculiare modalità di inserzione che si registranella glosa “Pues la fortuna me guía” (testo 20), dove, a causa dellacomplessa struttura del testo interpretato, ciascuna strofa può ospitare4 o 5 versi in sedi non sempre corrispondenti. La densità delle citazio-ni, ovviamente, incide sull’assetto testuale delle strofe, producendogradi differenti di amplificatio e complicazione tecnica a seconda delnumero dei versi glossati in ciascuna copla.

Se ora focalizziamo l’attenzione sulla tecnica glossatoria degli autorivalenzani, spiccano una ricerca talora quasi ossessiva di procedimentiretorici complessi e un gusto esibito per l’uso di peculiari tecniche ite-rative, al servizio della dilatazione semantica. Se l’inserimento e l’inter-pretazione dei versi originali nella strofa glossatrice implica necessaria-

22 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

32 Cfr. Castillo, Cancionero General, III, pp. 329-30. Indico in corsivo i versi glossati esottolineo le iterazioni lessicali.

mente un processo di iterazione lessicale, molto più originale apparel’estensione di questa pratica anche alle strofe vicine: un uso sistemati-co dell’anadiplosi fra i versi finali e iniziali di coplas contigue generaspesso un sistema di connessioni interstrofiche proprio delle provenza-li coblas capfinidas. È il caso, fra gli altri, di questo testo di Fernándezde Heredia:

De males me vi tan malquando más me vi covarde,que plega a Dios que Dios guardea nadie de verse tal.Tal estava, que pudieraser mártir de enamorado,y vino, para que muera,dolor de nueva maneraal dolor de mi cuidado.

Mi cuidado, poco esquivode ningún mal muy crüel,que le puso dentro de élcomo si me viera bivo,con todo, ha sido mayorsu pena que su locura,que va de mal en peor:siempre le cresce dolor,siempre le cresce tristura.

Mas, crezca quanto pudieresu tristura y su tormento,que siempre será contentocon qualquier mal que viniere,que, aunque ciegue el afición,bien conosce el desdichadoque en dalle tanta passiónse le haze sinrazón,mas no por esso mudado32.[…]

La notevole frequenza di queste figure di ripetizione all’interno delcorpus è indice di una tecnica scaltrita e condivisa, che rivela un pienodominio della pratica glossatoria e persino uno svelamento ostentato ecompaciuto dei procedimenti formali finalizzati all’amplificatio testuale.

Il repertorio tematico delle glosas è evidentemente condizionato dai

SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO 23

33 Cfr. K. Whinnom, “Hacia una interpretación y apreciación de las canciones en elCancionero General de 1511”, in Filología, XIII, 1968-69, pp. 361-81 e V. Beltrán Pepió, Lacanción de amor en el otoño de la Edad Media, Barcelona, PPU, 1988.

34 La figura della salamandra compare anche in un autore valenzano che scrive in cata-lano, Joan Roís de Corella, a riprova della vitalità di un codice cortese fondato sull’uso dimetafore animali e naturalistiche, secondo la tradizione provenzale e poi stilnovista e petrar-chesca. Corella, d’altra parte, era un frequentatore assiduo delle figure del bestiario, come èstato ampiamente messo in rilievo da A. Deyermond, “Las imágenes del bestiario en la poe-sía de Joan Roís de Corella”, in Homenaje al profesor José Fradejas Lebrero, Madrid, UNED,1993, pp. 95-106 [poi rifuso in A. Deyermond, Poesía de Cancionero del siglo XV, València,Universitat de València (Col.lecció Honoris Causa), 2007, pp. 119-31] e L. Martín Pascual,La tradición animalística en la literatura catalana medieval, Alacant, Institut de Cultura JuanGil-Albert, 1996. Il passo che introduce l’immagine della salamandra, applicata metaforica-mente alla dama per la sua supposta capacità di sopravvivere alla furia distruttrice dellefiamme (ma che allude qui anche alla lussuria della dama stessa) si registra nella prima stro-fa di un maldit trasmesso come componimento indipendente all’interno della Tragèdia deCaldesa: “Si·l ferro calt refreda la mà casta, / calfar l’eu vós, encara que fret sia. / Si tot lo fo-ch en lo món se perdia, / pendrien-ne de vós, que·n sou molt basta. / Si·n algun temps cre-mant la terra·s guasta, /no perreu vós, vivint com salamandra, / ni perdreu l’ús de bon·aquad’Irlanda, / perquè us deixeu de vostra gentil casta”. Il citato passo di Corella è consultabilenella ormai classica edizione di R. Miquel y Planas (J. Roís de Corella, Obres, ed. R. Miquely Planas, Barcelona, Biblioteca Catalana, 1913) e nelle più recenti a cura di J. Carbonell, (J.Roís de Corella, Obra profana, ed. J. Carbonell, València, Tres i Quatre, 19832), Gustà (J.Roís de Corella, Tragèdia de Caldesa i altres proses, ed. M. Gustà, pròleg de Francisco Rico,Barcelona, Edicions 62, 1980) e T. Martínez Moreno (J. Roís de Corella, Rims i proses, ed.T. Martínez Romero, Barcelona, Edicions 62, 1994). Segnalo, infine, l’edizione a cura di Jo-sep Lluís Martos, che ringrazio per avermi messo a disposizione il suo inedito testo critico,in preparazione con il seguente titolo: Josep Lluís Martos (ed.), L’obra poètica de Joan Roísde Corella: edició crítica. Tornando alla glosa del Cancionero General da cui siamo partiti,non è da escludere, in questo caso, che il testo di Corella facesse parte della memoria poeti-

testi prescelti per l’esercizio ermeneutico, i cui temi e motivi sono ogget-to di elaborazione nel componimento glossatore. In generale, prevalgo-no i temi del martirio, del sacrificio e del servizio amoroso insieme aquelli della discrezione e del segreto d’amore. Si osserva altrove un certoindugiare nella descrizione degli effetti del sentimento amoroso, esplici-tati nella metafora della fiamma e nella definizione dell’amore comeconvivenza di contrari, motivo ben radicato nella tradizione romanzamedievale e largamente presente nella lirica castigliana quattrocentesca.

Prevale, insomma, un lessico astratto, in accordo con una tendenzastilistica e tematica propria della poesia castigliana quattrocentesca33,ma nelle glosas si scorgono qua e là lemmi o sintagmi che tradisconoinfiltrazioni di altre tradizioni poetiche: ne è un indizio la “salaman-dria” di Carroç, usata come tertium comparationis per una similitudinecostruita attorno alla metafora del fuoco amoroso34, tropo che del re-

24 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

ca di Carroç e avesse quindi esercitato una qualche influenza su questo autore. Tale circo-stanza, peraltro, non farebbe che confermare il costante influsso della tradizione autoctonacatalana coeva sugli autori che praticarono generi e forme della poesia cortese castigliana.

35 Cfr. Castillo, Cancionero General, III, p. 289. In corsivo indico i versi glossati.36 Si pensi, ad esempio, al decir di Costana “La grandeza de mis males” e al componi-

mento di Quirós “No sé qué llame ventura”.

sto informa il testo glossato, la celebre canción di Juan Rodríguez delPadrón “Cuidado nuevo venido” (testo 21):

Y ved quál es mi cuidadoquánto mi passión estremaque, de amor el más sobrado,yo ardo, sin ser quemado,de fuego que ell alma quema.Y bivo, triste amador,qual la salamandria haze,en bivas llamas de amor,pues lo que más me desplazesin fin aquello le plaze35.

Le figure del bestiario erano state ampiamente utilizzate dai proven-zali, dai siciliani e dagli stilnovisti, per poi trovare un fervido cultore inPetrarca. Nella poesia cortese castigliana, invece, l’uso di similitudini emetafore animali è assai più raro e i pochi luoghi in cui esso si fa parti-colarmente esplicito sono identificabili come sicure imitazioni petrar-chesche36. La glosa di Carroz, sebbene non univocamente caratterizza-ta in senso petrarchista, presenta nondimeno più di un indizio lessicalein questa direzione. Un altro significativo luogo intertestuale sembraprofilarsi nella canción di Bernat Fenollar “El coraçón vos embío” (te-sto 24); qui figura l’immagine del cuore donato dall’amante e non ac-cettato dalla crudele e ingrata dama, motivo che, unito a quello dell’e-silio, sviluppato e richiamato nella glosa, ricorda il sonetto 21 dei Re-rum vulgarium fragmenta: “Mille fiate, o dolce mia guerriera”. Il testoglossatore, d’altro canto, approfondisce e intensifica l’enfasi memorialegià presente nel componimento glossato, rimandando al tessuto espres-sivo e tematico del modello petrarchesco mediante puntuali ed esplicitiindicatori lessicali:

SPERIMENTAZIONE POETICA E RINNOVAMENTO LETTERARIO 25

37 Cfr. Castillo, Cancionero General, III, pp. 303-304. Come di consueto, indico in cor-sivo i versi glossati e sottolineo alcuni richiami lessicali petrarcheschi. Il rapporto interte-stuale fra il sonetto petrarchesco, la canción di Fenollar e la corrispondente glosa di Crespí èovviamente ben più profondo e complesso di quanto si possa spiegare in questa sede. L’in-dicazione di questi luoghi intertestuali, dunque, deve intendersi come una mera campiona-tura, al cui approfondimento mi riservo di dedicare prossimamente uno studio più accuratoe puntuale.

38 Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, ed. M. Santagata, Milano, Mondadori, 1996, pp. 84-85.

Spicca per la sua originalità anche il componimento di FrancescCarroç che glossa “O alegre canción mía” (testo 20), una vera e pro-pria allegoria musicale amplificata fino al virtuosismo e non priva di re-miniscenze petrarchesche nel riferimento a un passato felice e inaffer-rabile. La rievocazione nostalgica del tempo dell’amore ricorre inoltrenella glosa di Geroni d’Artés alla canción di Bernat Fenollar “De ti,mundo, me despido” (testo 32); si tratta però di un componimento incui il commiato dal mondo si colora di pentimento e assume i contornidel canto palinodico, riproducendo un topos notoriamente petrarche-sco. La serie rimica mocedad / falsedad /ceguedad, associando i paradig-mi semantici della giovinezza e della fallacia, tradisce una volta di più ilprestito petrarchesco:

Lloro yo la ceguedady el descuido qu’e tenido

26 RIVISTA DI FILOLOGIA E LETTERATURE ISPANICHE

Es menor mi sufrimientoque vuestro desgradescerpues perderlo soy contentosin poderos ya vencer;ni s’espere de él más gloriasino el gemir entre nospues no ay de mí memoriani de otra sino de vos.

[…]

Los que sufren por sus viciospenas, muertes y destierros,éstos han los beneficiosque merescen por sus yerros.Mas con razón no hallo yoquán perdido le traéispues tan solamente erróporque os quiere y no l’ queréis37.

Mille fïate, o dolce mia guerrera,per aver co’ begli occhi vostri pacev’aggio proferto il cor; mâ voi non piacemirar sì basso colla mente altera.

Et se di lui fors’altra donna spera,vive in speranza debile et fallace:mio, perché sdegno ciò ch’a voi dispiace,esser non può già mai così com’era.

Or s’io lo scaccio, et e’ non trova in voine l’exilio infelice alcun soccorso,né sa star sol, né gire ov’altri il chiama,

poria smarrire il suo natural corso:che grave colpa fia d’ambeduo noi,et tanto più de voi, quanto più v’ama38.

39 Cfr. Castillo, Cancionero General, III, p. 356.40 Per una raffinata analisi dell’ambiente culturale valenzano della seconda metà del

Quattocento e, specificamente, della posizione di Joan Roís de Corella nel sistema letterariocoevo, si vedano gli importanti contributi di T. Martínez Romero, “Variacions sobre el temaCorella i els contemporanis valencians”, in Caplletra. Revista Internacional de Filologia. JoanRoís de Corella i el seu temps, 24, 1998, pp. 45-66; Id. “La poesía de Joan Roís de Corella,entre el amor y la honestidad”, in Iberia Cantat. Estudios sobre poesía hispánica medieval,eds. J. Casas Rigall, E.Mª Díaz Martínez, Santiago de Compostela, Universidade de Santiagode Compostela, 2002, pp. 525-54. A proposito del magistero e dell’influenza di Ausiàs Mar-ch, in particolare su Corella, si veda ancora T. Martínez Romero, “Joan Roís de Corella in-terpretat des d’Ausiàs March”, in Cultura Neolatina, LXI, 1-1, 2001, pp. 159-94.

41 Su alcune influenze petrarchesche in Corella, cfr. J.L. Martos, “Sotsmissió amorosa:uns poemes mal editats de Joan Roís de Corella”, in Llengua & literatura. Revista anual de laSocietat Catalana de Llengua i Literatura, 20, 2009, pp. 7-25 e Id., “L’escondit de Joan Roísde Corella”, in Revista de poética medieval, 22, 2009, pp. 115-32.

y también mi moçedadque siguió tu falsedad;lloro no de ti vencidoy lloro que no tardaránin ti fuera nvegescidoque si ’ntonces yo miraralo que veo te dexaraaunque fui tan sometido39.

Se nei casi precedenti si era trattato di luoghi testuali isolati, nel te-sto di Fenollar, glossato da Geroni d’Artés, i richiami sono tali da pre-supporre un rapporto intertestuale più consapevole, un’imitazione benpiù esplicita. Il componimento di Artés, in questo caso, non fa che ap-profondire ed enfatizzare la rievocazione memoriale. La glosa, d’altraparte, per sua natura e statuto, è un testo strettamente subordinato aun altro testo, del quale veicola di necessità tutte le caratteristiche for-mali, stilistiche e tematiche, talora riproponendole fedelmente, taloraapprofondendole e portandole anche oltre il disegno creativo origina-rio. In molti casi, lo abbiamo visto, la volontà di innovare il genere sirivela sin dalla selezione del componimento da glossare: quando il testoprescelto, infatti, contiene in sé i germi di una nuova espressione poeti-ca che non volge le spalle ai modelli della scuola castigliana ma non ri-nuncia nemmeno al dialogo costante con la lezione autoctona dei mae-stri “antichi” (Jordi de Sant Jordi, Ausiàs March e Corella, fra gli al-tri)40, la glosa diventa allora veicolo di osmosi e convivenza fra due di-verse tradizioni41.

Se è vero che l’ambito valenzano si configura in quel frangente come

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42 Non è da sottovalutare l’importanza del bilinguismo nell’espressione culturale e let-teraria della Valencia di finesecolo. Cfr. a questo proposito K. McNerney, “Ausiàs Marchand Juan Boscán”, in Estudis de Llengua I Literatura catalanes: actes del Primer Co.loqui d’E-studis Catalans a Nord América (30 març a 1 abril de 1978), Barcelona, PAM, 1979, pp. 195-207; M. Cahner, “Llengua i societat en el pas del segle XV al XVI. Contribució a l’estudi dela penetració del castellá als Països Catalans”, in Actes del Cinqué Col.loqui de Llengua i Li-teratura Catalanes (Andorra, 1-6 octubre de 1979), Barcelona, PAM, 1980, pp. 183-255; A.Deyermond, “Bilinguism in the Cancioneros and its implications”, in Poetry at court in Tra-stamaran Spain. From the “Cancionero de Baena” to the “Cancionero General”, eds. M. Gerli& J. Weiss, Tempe, Medieval and Renaissance Texts and Studies, 1998, pp. 137-71; E. PérezBosch, “Algunos casos de bilingüismo castellano-catalán en el Cancionero general de 1511”,in Actas del IX Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval (A Coruña, 18-22de septiembre de 2001), Noia, Toxosoutos, 2005, 3 vols., I, pp. 355-70.

43 Per un approfondimento sulla fisionomia del petrarchismo in Spagna si vedano alme-no G. Caravaggi, “Alle origini del petrarchismo in Spagna”, in Miscellanea di studi ispanici,1971-1973, pp. 248-58; F. Rico, “De Garcilaso y otros petrarquismos”, in Revue de Littéra-ture Comparée, LII, 1978, pp. 325-38; Id. “Petrarca y el humanismo catalán”, in Actes delVI Col.loqui Internacional de Llengua i Cultura Catalanes (Roma, 28 settembre-2 ottobre),Barcelona, PAM, pp. 257-91; Id. “A fianco di Garcilaso: poesia italiana e poesia spagnolanel primo Cinquecento”, in Studi petrarcheschi, 4, 1987, pp. 229-36; P. Manero Sorolla, In-troducción al estudio del petrarquismo en España, Barcelona, PPU, 1987; Id., Imágenes pe-trarquistas en la lírica española del Renacimiento: repertorio, Barcelona, PPU, 1990; A.Deyermond, «The double petrarchism of medieval Spain», in Journal of the Institute of Ro-mance Studies, I, 1992, pp. 69-85; R. Recio, Petrarca en la península ibérica, Alcalá de Hena-res, Universidad de Alcalá, 1996; E. Pérez Bosch, “Acerca del petrarquismo cuatrocentista:los poetas valencianos del Cancionero general”, in Convivio. Estudios sobre la poesía de can-cionero, eds. V. Beltran, J. Paredes, Granada, Eug, 2006, pp. 685-702.

44 Cfr. a questo proposito le importanti considerazioni di Caravaggi, “Alle origini delpetrarchismo”.

area laterale rispetto alla pratica poetica cortese allora imperante nellapenisola iberica, bisogna ascrivere alla vitalità culturale dei circoli va-lenzani un dominio del mezzo poetico che va oltre la mera fedeltàemulativa42. La ricchezza di quell’ambiente culturale, infatti, già perva-so da un petrarchismo ben più elaborato rispetto a quello rintracciabi-le nei castigliani coevi, grazie all’illustre magistero di poeti valenzanidella generazione precedente, stimolò forse un riuso competitivo eagonistico dei canoni formali ereditati43. Potremmo dire, insomma, chenella pratica della glosa, come in molti altri settori della produzione li-rica, i valenzani dimostrarono un atteggiamento insieme mimetico edesegetico44: da un lato si dedicarono alla riproduzione dei modelli ca-stigliani, dall’altro favorirono la vivificazione e il rinnovamento di unatradizione lirica ormai giunta all’apogeo della sua fortuna, alla pienacristallizzazione tematica e all’esaurimento di tutte le sue possibilitàtecniche.

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45 In un altro lavoro dedicato al villancico, questa applicazione metodologica è statamolto utile per la delineazione dei nuclei di origine e dei vettori di trasmissione del genere,dalle sue prime sperimentazioni sino alla cristallizzazione formale della fine del XV secolo.Cfr. I. Tomassetti, “Coordinate storico-geografiche del villancico iberico”, in Storia, geogra-fia, tradizioni manoscritte. Atti del Convegno (Roma 24-26 maggio 2001), volume monografi-co di Critica del Testo, VII/1, 2004, pp. 505-28 e Id., ‘Mil cosas tiene el amor’. El villancicocortés entre Edad Media y Renacimiento, Kassel, Edition Reichenberger, 2008, pp. 17-46.

Nonostante la necessaria brevità di queste mie osservazioni, credoche l’analisi abbia permesso di rilevare alcuni principi metodologici sucui vale la pena di riflettere: si è visto intanto come la delimitazione delcorpus testuale imposta dallo studio di uno specifico genere si configu-ri come uno strumento di grande utilità nell’indagine su fenomeni let-terari di più ampia portata. La definizione delle coordinate storico-geografiche di un genere, proprio in quanto studio dei vettori attraver-so i quali un insieme codificato di tratti tipologici si coagula, si diffon-de e perdura nel tempo, si è rivelato dunque una preziosa via di acces-so alla storia letteraria45: il corpus di glosas qui esaminato, infatti, testi-monia con infallibile nitidezza il dinamismo del sistema letterario va-lenzano a cavallo fra XV e XVI secolo, con le sue forti spinte innovati-ve e il suo costante tributo a una tradizione variegata e multiforme, perl’eterogeneità dei codici linguistici, la complessità dei modelli poetici ela ricchezza delle sperimentazioni formali.

Isabella TomassettiUniversità di Roma “La Sapienza”

APPENDICE

In questa sezione propongo un repertorio delle glosas di autori va-lenzani o direttamente legati al circuito letterario di Valencia, traman-date dal Cancionero General. L’ordine di successione dei testi è quellocorrispondente alla silloge di Castillo. All’indicazione degli incipit ditesto glossato e testo glossatore si accompagnano la trascrizione dellerubriche, la descrizione dello schema metrico e l’attribuzione d’autore.Per comodità del lettore, fornisco in apertura un incipitario dei testicon l’indicazione del numero corrispondente nel repertorio.

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Incipitario delle glosas

Aunque vuestro desamor (7)Como sobra de querer (19)Con el mal de mis sospiros (8)Con tristes congoxas ni muero ni bivo (35)Conoscido lo que dañas (32)De males me vi tan mal (29)De vuestra vista partido (21)Desamor que vida ordena (12)Después que stó en la prisión (10)En mi desdicha se cobra (2)En quereros bien lo creo (30)En tardar es enemiga (23)Es mi alma ya perdida (33)Fue de veros inmortal (15)Fuerça afuerça coraçón (9)La fe de amor encendida (13)La que tengo no es prisión (34)No hallándome comigo (28)No sé triste qué me diga (26)No siento que biva biviendo mi vida (22)No viera mi perdición (5)O qué gozosa partida (25)Partido de mi bevir (1)Porque razón lo desprecia (14)Pues la fortuna me guía (20)Pues lo que vos merescéis (31)Pues que ya perdí la gloria (3)Quando la muerte recelo (4)Siempre cresce mi cuidado (11)Sospiros muy desiguales (27)Soy de quien fui y seré (6)Tanto de morir agena (16)Tiéneme en tanto cuidado (17)Vuestra beldad consintió (24)Ya mi alma entristecida (18)

Incipitario dei testi glossati

Al dolor de mi cuidado (29)Con tristes congoxas ni muero ni bivo (35)Cuidado nuevo venido (21)De ti mundo me despido (32)Después de ver tal figura (18)Di ventura qué t’e hecho (26)El coraçón vos embío (24)En la causa está el consuelo (4)Es impossible y forçado (8)Esperança me consuela (7)Esperança res no dona (23)La que tengo no es prisión (34)Maldita seas ventura (1)Menos y más olvidado (17)Mi enemiga es la memoria (3)Mi mucha fe m’asegura (11)No ay lugar teniendo vida (13)No sé por qué me fatigo (30)No siento que biva biviendo mi vida (22)No soy mío cuyo só (28)No veros es ver que muero (5)O alegre canción mía (20)Que por mayo era por mayo (2)Quien no te precia t’aprecia (14)Secreto mal de morir (19)Si por caso yo biviesse (25)Siempre cresce mi serviros (33)Siempre soy quien ser solía (6)Todo es poco lo posible (9)Venga mal quanto quisiere (31)Vi mi mal por mayor gloria (15)Viendo vuestra fermosura (27)Vos la culpa yo la pena (16)Ya no más por no ver más (12)Yo en vos y vos en Dios (10)

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