Post on 08-May-2023
NEFROLOGIA
ANATOMIA E FISIOLOGIA INTRODUZIONE Fisiologia: il rene ha funzioni sia endocrine che esocrine.
• Esocrina:
- rimozione delle scorie;
- regolazione dei liquidi corporei e degli elettroliti e dell’equilibrio acido base.
• Endocrina:
- sintesi di EPO;
- idrossilazione finale della forma attiva della vitamina D;
- produzione di sostanze quali la renina e le prostaglandine, con funzione
rispettivamente vasocostrittoria e vasodilatatoria.
Anatomia: i reni sono organi pari retroperitoneali, siti nelle logge renali a livello della XII vertebra
toracica e delle prime 3 lombari; il rene destro è sito leggermente più in basso del sinistro per la
presenza sovrastante del fegato. I reni hanno una lunghezza longitudinale di 10-12 cm e trasversale
di 5-7 cm. Il peso medio di un rene è di 150g. I reni prendono rapporti superiormente con le ghiandole
surrenali.
L’unità funzionale è il nefrone; in ogni rene ci sono fra i 400mila e 1 milione di nefroni.
Il rene è costituito da due zone:
• Corticale esterna: contiene le unità
funzionali, i nefroni costituiti da glomeruli e
tubuli;
• Midollare: apice delle piramidi renali (la
base sta nella corticale) che confluiscono
nelle vie escretrici, bacinetto renale, pelvi
renale.
Vascolarizzazione: arriva dall'arteria renale che si
diparte direttamente dall’aorta addominale ed entra
nell’ilo dell’organo. L’arteria renale si dirama nei
suoi rami più piccoli: le arterie interlobari, le
arciformi o arcuate e le interlobulari. Da queste
si arriva quindi ai glomeruli che si compongono di
una arteriola afferente e di una efferente collocate in serie; si tratta di un fenomeno unico nel nostro
organismo insieme alla circolazione di un altro organo, le insule pancreatiche. La vascolarizzazione
è elevata nonostante il consumo di O2 sia modesto.
Il nefrone è costituito da:
• Glomerulo: matassa di capillari costituiti da una arteriola afferente che porta il sangue, che
viene filtrato nel glomerulo con formazione della preurina; l’arteriola afferente si continua con
l’arteriola efferente.
• Tubuli: dalla capsula di Bowmann la preurina passa a livello di tubulo contorto prossimale,
ansa di Henle discendente ed ascendente (tratto sottile e tratto spesso), tubulo contorto
distale e dotto collettore. La funzione dei tubuli è di modificare la preurina attraverso i
fenomeni di riassorbimento e secrezione.
Glomerulo Attività principale del glomerulo è la
filtrazione. Infatti il glomerulo è un
setaccio attraverso cui il sangue
passa e viene filtrato con
conseguente formazione della
preurina. Il filtro è costituito da cellule
endoteliali, dalla membrana basale
su cui poggia l'endotelio e dalla parte
opposta del versante dai podociti
(rappresentano il foglietto viscerale
della capsula di Bowman) con
estroflessioni che poggiano sulla
membrana basale e che vengono
detti pedicelli. Tra un capillare e l'altro
abbiamo di supporto il mesangio
costituito da cellule mesangiali ad
azione macrofagica (funzione
spazzina) e sostanza connettivale di
sostegno. Nel glomerulo infine si
colloca anche l’apparato iuxta
glomerulare deputato alla produzione di renina.
La formazione della preurina avviene per gradiente pressorio: la pressione arteriosa spinge il sangue
attraverso il filtro. Il setaccio lavora tenendo conto di due fattori:
• Peso molecolare delle sostanze: proteine con un peso molecolare minore a quello
dell’albumina passano, mentre le proteine con peso molecolare maggiore no.
• Carica elettrica: alcune sostanze possono legare l'albumina o altre proteine che non passano
e di conseguenza non vengono filtrate, viceversa molecole che non legano l’albumina o altre
proteine che non passano il filtro, se piccole, passano.
Questo è importante per i farmaci, il cui dosaggio e lo stesso utilizzo sono influenzati dalla capacità
di legare tali proteine, modificandone quindi l’escrezione.
Sistema tubulare (tubulo contorno prossimale, ansa di Henle, tubulo contorno distale, dotto collettore)
Le attività tubulari sono:
• Mantenimento dell’omeostasi dell'acqua;
• Trasporto degli ioni, come sodio, potassio, calcio, bicarbonato, glucosio, fosforo, urea ecc..
Ogni distretto tubulare ha una funzione specifica e un meccanismo di trasporto differente.
La porzione prossimale del tubulo fa la maggior parte del lavoro (vedi Sindrome di Fanconi, una
tubulopatia tipica del mieloma multiplo per cui il tubulo prossimale non riesce a riassorbire più gli
elettroliti che risultano abbondantemente aumentati nelle urine. Il
tubulo ha una struttura polarizzata: si caratterizza per una parte luminale ricca di trasportatori, altre
molecole localizzate fra una cellula e l’altra, e altre ancora sul versante opposto verso i capillari
peritubulari.
L’ansa di Henle è dove agisce il farmaco più usato, furosemide, diuretico che elimina acqua e sodio.
Sul tubulo contorno distale agisce l’ormone aldosterone deputato alla regolazione delle
concentrazioni di sodio e potassio; stimola il riassorbimento di sodio in scambio con il potassio.
Funzione endocrina Il rene produce EPO, la forma attiva della vitamina D e la renina.
• Renina. Viene prodotta dalle cellule granulari dell'apparato iuxta glomerulare. Catalizza la
formazione di angiotensina da una plasmaglobulina, l’angiotensinogeno, prodotta dal fegato.
L’angiotensina è una proteina a potente azione vasocostrittrice che agisce sull’arteriola
efferente. La renina stessa ha azione vasocostrittrice e tramite la stimolazione della
produzione di aldosterone aumenta il riassorbimento di sodio e acqua e quindi la volemia:
effetto ipertensivo. I suoi recettori sono siti nelle cellule renali residenti e sui vasi periferici.
Ecco perché gli inibitori della renina sono sia farmaci cardio che nefro protettivi.
• EPO. Molecola prodotta dalle cellule interstiziali che stimola la produzione di eritrociti da
parte del midollo osseo. Pazienti con IRC infatti sviluppano anemia cronica (anemia
iporigenerativa), invece il paziente trapiantato non avrà più bisogno di avere la
somministrazione di EPO tipica dei soggetti dializzati. In pazienti che assumono EPO
bisogna sempre stare attenti, in quanto si ha un aumento del rischio di trombosi (c'è un target
preciso per non avere Hb maggiore di 11.5 g/dl). Viene prodotta industrialmente con
metodica di DNA ricombinante in tre forme: a-epoietin, b-epoietin e darbepoietin. Può
provocare la PRCA (Pure Rare Cell Aplasia).
• Colecalciferolo. Il rene è coinvolto nella idrossilazione finale della vitamina D3 a livello delle
cellule del tubulo prossimale. Nell'IRC si ha anche la perdita della funzione endocrina: oltre
all’anemia da carenza di EPO ci sarà anche una ipovitaminosi D3 con ipocalcemia,
iperfosfatemia e iperparatiroidismo secondario.
VALUTAZIONE DEL RENE Valutazione della filtrazione Per la determinazione diretta della funzione renale il parametro utilizzato è il calcolo del filtrato
glomerulare misurato tramite la clearance della creatinina oppure tramite la valutazione della
capacità di concentrare, diluire e acidificare le urine. La valutazione indiretta prevede invece la
misurazione della creatininemia e dell’azotemia. Infine si pu fare la determinazione degli elettroliti.
Filtrato glomerulare Valori di riferimento:
• Creatinina: da 0.6 a 1.2 mg/dl
• Azotemia (concentrazione di azoto non proteico nel sangue): da 20 a 40 mg/dl
• Clearance della creatinina: 125 mg/min (nei maschi è più alta)
Perché si abbia una valutazione corretta della funzionalità renale serve una sostanza che sia:
- Filtrata liberamente dal glomerulo e che questo sia l’unica via di eliminazione;
- Non tossica;
- Facilmente misurabile.
La sostanza che si avvicina di più a queste caratteristiche è l’inulina, un polisaccaride vegetale. È
perfetta perché non è legata a proteine, liberamente filtrata, non secreta, non riassorbita, è una
sostanza endogena a produzione costante; tuttavia non è facilmente misurabile. Si usa quindi, la
creatinina, il cui unico problema è che non viene prodotta a livello endogeno con costanza e viene
parzialmente secreta. La creatinina deriva dall'attività muscolare. La sintesi del suo precursore, la
creatina, avviene nel fegato, e da qui va al muscolo che lo converte in creatinina; una quota di
creatina è anche introdotta con la dieta, circa 600/800 mg/die e l’1.6% di questo viene ogni giorno
convertito in Crs. La creatinina prodotta è direttamente proporzionale alla massa muscolare (in
pazienti anziani è quindi tendenzialmente minore). Bisogna stare attenti a persone con stessa
creatininemia ma diversa massa muscolare, perché non vuol dire che abbiano lo stesso filtrato. Per
ovviare a questo inconveniente occorre andare a vedere la velocità di filtrazione glomerulare tramite
la raccolta temporizzata delle urine nelle 24h e un campione di sangue nel periodo di osservazione.
La clearance di una sostanza è la quantità di sangue depurata da quella sostanza nell’unità di
tempo. La clearance della creatinina è circa 125 ml/min.
- Se una sostanza viene filtrata senza esserne
né riassorbita né secreta la sua clearance
esprime il valore del filtrato glomerulare
(clearance dell’inulina, clearance della
creatinina endogena).
- Se una sostanza oltre ad essere filtrata viene
anche secreta dal tubulo ed è completamente
allontanata dal sangue durante il suo passaggio nel rene, la sua clearance corrisponde al
volume di plasma passato attraverso i reni in un minuto (flusso plasmatico renale,
Clearance del PAI).
Differenza fra clearance inulina e creatinina: creatinina sottostima quella dell'inulina.
UOMO DONNA
- Clearance ureica* 75±15 54 ±13 ml/min
- Clearance creatinina 105±35 95±25 ml/min
- Clearance inulina 130±20 115±15 ml/min
- Flusso plasmatico 700±245 600±100 ml/min
* E’ condizionata dall’entità della diuresi (con volume urinario > 2 ml/min la clearance ureica è circa
il 70 % di quella creatininica; con volume urinario 1-2 ml/min il riassorbimento è più pronunciato e la
clearance ureica esprime solo il 40-50% del filtrato glomerulare); ha dunque un valore
orientativamente pari a metà di quello della clearance creatininica.
I valori normali della clearance ureica sono con diuresi > 2 ml/min = 60-90 ml/min, con diuresi < 2
ml/min = 40-70 ml/min. Riflette l’entità dell’eliminazione urinaria di urea (azoturia), che è
proporzionale all’apporto proteico.
Possiamo usare anche alcune formule che ovviano l'impossibilità del paziente anziano che non
riesce a raccogliere tutte le urine delle 24h e che ci forniscono una stima della filtrazione glomerulare.
Ne esistono varie. Ora si utilizzano:
• CDK EPI per i pazienti normali;
• BIS1 per gli over 75 anni;
• Indice di Cockcroft per trovare ipotetici donatori per i trapianti.
La formula MDRD è stata superata, in quanto presenta limiti tecnici legati alla sottostima del filtrato
Altre sostanze che vengono usate per misurare la filtrazione glomerulare sono ad esempio la
cistatina. È una molecola a basso peso molecolare liberamente filtrata, riassorbita e catabolizzata
per il 99% nel tubulo prossimale, non viene secreta e in condizioni fisiologiche la sua concentrazione
nelle urine è pressoché nulla. Si riteneva fosse un marker più specifico della filtrazione glomerulare;
ora è in disuso. La cistatina viene sfruttata per lo staging della insufficienza renale cronica.
Ultima possibilità per determinare il filtrato glomerulare è la valutazione tramite metodiche radio
isotopiche. I traccianti radioattivi sono:
• Acido dietilentriacetico (EDTA) marcato con Cr51 • Acido
dietilenaminopentacetico DTPA marcato con Tc99
• Iotalamato marcato con I125
La clearance viene valutata tramite la caduta dei traccianti radioattivi in due prelievi venosi a distanza
di tempo; viene sfruttata come indicazione per ipotetici donatori per trapianto da vivente.
La filtrazione glomerulare è il risultato della differenza pressoria tra le sostanze del sangue che arriva
e le sostanze nella preurina. Il 20% della componente acquosa del sangue è filtrato nel glomerulo;
questo ha un endotelio fenestrato con permeabilità molto alta. Il rene ha una capacità di
autoregolazione basato principalmente sul sistema RAS; in condizioni come la necrosi tubulare
acuta, il feedback tubulo-glomerulare spegne la filtrazione perché il tubulo non funziona (avviene
tramite i mediatori di vasocostrizione).
RAPPORTO TRA CREATININEMIA E VELOCITÀ DI FILTRAZIONE GLOMERULARE.
Il grafico mette in evidenza che
creatininemia e VGF sono
inversamente proporzionali. Per
questa ragione quando la
creatinina plasmatica è di poco
aumentata, il filtrato è già molto
diminuito; se la creatininemia è
pari a 2 mg/dl siamo già a 40
mg/min di filtrato e abbiamo perso
metà della funzionalità dei nefroni.
Sotto i 10 mg/min di filtrato serve
la dialisi; senza la dialisi si va in
uremia.
Azoturia: escrezione dell'azoto nelle urine; è proporzionale all’apporto proteico; ci permette di avere
una stima precisa dell'apporto proteico del paziente.
Azoturia × 2.91 = apporto proteico in g/die di proteine catabolizzate.
I pazienti con ridotta funzionalità renale devono mangiare poche proteine; l’azoturia serve quindi a
valutare la compliance del paziente.
per cui si è passati al CDK EPI che bene o
male sfrutta gli stessi parametri di età, sesso,
peso, razza, con coefficienti diversi.
Queste formule danno un’idea della filtrazione
glomerulare .
Funzione tubulare Per valutare l’attività renale non basta misurare la filtrazione glomerulare ma bisogna valutare anche
l’attività dei tubuli; ci si basa sull’escrezione frazionale.
L’escrezione frazionale è la quota filtrata espressa come frazione percentuale della clearance
creatininica.
Escrezione frazionale = (clearance di una sostanza X ÷ clearance della creatinina) × 100 Si
usa per il potassio, l’acido urico e il fosforo, che sono utili per vedere quando la funzione del tubulo
varia.
Esempio: paziente con insufficienza renale acuta. Ne esistono forme da ipoperfusione renale, e se
si interviene precocemente l'insufficienza renale sarà solo funzionale, se invece non si tratta per
tempo tramite amine vasoattive e idratazione, si sviluppa una necrosi tubulare acuta. Valutiamo
quindi la frazione d’escrezione del sodio: se questa è alta vuol dire che il tubulo non riesce più a
riassorbire, quindi siamo già in necrosi tubulare e la terapia con idratazione e amine non serve a
nulla e si procede con la dialisi.
RIASSORBIMENTO, avviene grazie a tre meccanismi:
- Attivo: contro gradiente di concentrazione con dispendio energetico di ATP (nel tubulo ci
sono pompe ATP dipendenti). Per alcune sostanze non vi è limite di riassorbimento, invece
per altre vi è un limite dato dalla saturazione del meccanismo.
- Passivo: avviene secondo gradiente di concentrazione e gradiente elettrico; non c’è
dispendio energetico, e pu essere una diffusione semplice o facilitata.
- Pinocitosi: per le proteine plasmatiche e gli ormoni peptidici. I complessi megalina-cubilina
sono localizzati sulla porzione luminare del tubulo, e riassorbono amminoacidi da riutilizzare.
SECREZIONE 2 meccanismi:
- Attivo - Passivo
La quota di sostanza totale che viene escreta dal rene è data dalla somma di quella filtrata e quella
secreta.
Valutazione degli elettroliti La loro concentrazione varia entro range ristretti, ma la loro determinazione non fornisce indicazioni
di interesse funzionale, alcuni vengono usati per la litiasi.
SODIEMIA 135-145 mEq/l
POTASSIEMIA 3,8-5 mEq/l
CALCEMIA 9-10 mg%
FOSFOREMIA 2,5-4,5 mg%
CLOREMIA 96-106 mEq/l
MAGNESIEMIA 1.9-2,5 mg%
EQUILIBRIO ACIDO BASE ARTERIOSO
pH 7,35-7,54
Po2 85- 105 mmHg
PCo2 35-45 mmHg
HCo3- 23-27 mmmol/l
Valutazioni strumentali del rene Si tratta della semeiotica morfologica; questa è macroscopica o microscopica.
• Parenchima: ecografia, TAC, RMN, urografia discendente; • Vasi:
angiotac (un tempo arteriografia) ed ecografia;
• Parenchima, vasi e vie escretrici: scintigrafia.
Esami non invasivi: ecografia ed ecodoppler;
Esami invasivi: urografia discendente, TAC, RMN, arteriografia ed angioTAC, scintigrafia.
Ecografia E' la valutazione dei reni attraverso sezioni longitudinali e trasversali, utile per la valutazione di:
• Dimensioni dei reni e spessore della corticale: pazienti con insufficienza renale cronica
hanno reni piccoli e spessore ridotto della corticale.
• Ecogenicità delle strutture: l’iperecogenicità (bianco) fa pensare ad un processo
infiammatorio e ad una nefropatia acuta o cronica; in pazienti con trapianto renale è indice
di rigetto. La perdita di ecogenicità (nero) è indice invece di presenza di liquido (edema) che
impedisce di distinguere la corticale dalla midollare.
• Dilatazione delle vie escretrici: in caso di ostruzione con uropatia, spesso per ingrossamento
della prostata.
• Margini dei reni: regolari fisiologicamente, oppure irregolari che indicano un fenomeno
infiammatorio (nefrite cronica, nefroangiosclerosi).
È sempre operatore-dipendente; è negativa nella pielonefrite (soprattutto se non ascessualizzata)
ma se la clinica è molto dimostrativa di infezione renale devo usare tecniche di imaging di secondo
livello. L'immagine seguente mostra i diversi profili del rene.
Radiografia Utile per vedere i calcoli di calcio (RX addome);
talvolta per le ombre delle ossa o altre strutture
possono oscurare la presenza dei calcoli renali.
L’RX viene fatto sempre prima degli esami con
mezzo di contrasto.
TAC Viene maggiormente utilizzata per individuare
la presenza di infezioni del parenchima renale
(allll'eco un?infezione si vede poco, in rari casi
si vede qualcosa). E' utilizzata anche per
l’individuazione di masse tumorali, cisti e
pseudo cisti, ematomi e idronefrosi localizzata.
Risonanza magnetica nucleare
Al contrario della TAC non sono utilizzate radiazioni e mezzi di
contrasto ed è quindi più sicura. Essa consente lo studio del
parenchima renale ad alta risoluzione e dei rapporti delle
lesioni con le strutture circostanti.
La pielo-RMN serve invece alla valutazione delle vie escretrici
(nefrolitiasi).
Ecodoppler L'ecodoppler dei vasi renali dà un’idea della perfusione dei
reni. Serve per evidenziare stenosi dell’arteria renale, trombosi
arteriose/venose, malformazioni vascolari e per la valutazione
delle resistenze intraparenchimali (valore normale fino a 0,8).
Arteriografia E' lo studio della vascolarizzazione renale tramite l'utilizzo di
un mezzo di contrasto: mostra presenza di trombosi, anomalie
vascolari, fistole artero-venose, stenosi dell’arteria renale, neoplasie renali (valutazione dei circoli
neoformati, invasioni neoplastica della vena renale).
Scintigrafia Può essere statica o dinamica.
• Statica: un radio farmaco viene iniettato endovena e viene captato dalla corticale dei reni in
maniera abbastanza stabile. Questo esame permette di visualizzare e “quantificare” il
parenchima renale funzionante: evidenzia eventuali lacune di captazione che sono conferma
di pielonefrite, infarto renale, embolismo colesterinico (patologia in cui si formano emboli di
colesterolo da alcune placche che chiudono i capillari nel rene con formazione di microinfarti).
• Dinamica: per lo studio dei vasi, del parenchima e dell’escrezione. Si sfruttano radioisotopi
che vengono iniettati endovena e vengono captati dal rene in modo proporzionale al flusso
sanguigno renale, ed escreti in base alla funzionalità del rene: si valuta il loro passaggio
attraverso l’organo.
1) Ostruzioni: curva piatta perché il tracciante non viene eliminato. C'è la possibilità di
distinguere il tipo di ostruzione (organica da funzionale) con il test al Lasix (per
distinguere ad es. tra giuntopatia, reflusso vescico ureterale, compressioni di cisti sulle
vie escretrici).
2) Nell’insufficienza renale acuta parenchimale (necrosi tubulare acuta) si ha un
caratteristico pattern con curva “in accumulo”.
3) Anomalie vascolari (es. stenosi dell’arteria renale, diagnosi con test con ACE-inibitore).
La TRIADE NEFROLOGICA rappresenta l’insieme degli esami indispensabili per avere una
valutazione nefrologica: esame delle urine complete, creatinina ed ecografia renale.
Biopsia renale E' usata soprattutto per le glomerulopatie (diagnosi basata sull’istologia).
Si esegue con una tecnica eco guidata. Il paziente è prono in anestesia locale; si tende a prelevare
preferenzialmente il polo inferiore del rene sinistro. Abitualmente si fanno due prelievi per ridurre il
problema di avere un frustolo non diagnostico (con glomeruli insufficienti; per le lesioni diffuse
servono almeno 5 glomeruli, per le lesioni focali ne servono almeno 20). Il paziente nel post biopsia
non va mobilizzato per almeno 24h, per controllare che non si abbiano complicanze come ematuria,
emorragia, ematomi o fistole arterovenose.
Metodiche • Percutanea
• Laparoscopica
• Trans giugulare
• A cielo aperto (chirurgia).
La più sfruttata è la percutanea; viceversa la trans giugulare non viene quasi mai fatta. Punti di
repere per la via percutanea sono la XII costa, la cresta iliaca e le apofisi spinose delle vertebre
lombari.
Sul prelievo bioptico si può eseguire:
- Esame istologico con microscopio ottico;
- Esame immunoistochimico con microscopio a fluorescenza;
- Esame ultrastrutturale con microscopio elettronico; utile in quelle patologie il cui danno non
è visibile al microscopio ottico e all'immunofluorescenza.
Caratteristiche Indicazioni
- Sindrome nefrosica e nefritica
- IR rapidamente progressiva
- Coinvolgimento renale nel LES, nelle vasculiti e nelle crioglobulinemie
- Anomalie uriarie isolate
- Deficit funzionale acuto del rene trapiantato
Controindicazioni:
- Rene unico o di dimensioni molto ridotte
- Malformazioni renali
- Rene policistico
- Idropionefrosi
- Ipertensione severa
- Diatesi emorragica
Complicanze:
- Mortalità (0-0.2%)
- Necessità chirurgica (0-0.4%)
- Ematomi perirenali (0.2-2.9%)
- Fistole arterovenose (0.2%)
- Ematuria macroscopica (1.1-50%)
Indagini sierologiche Quelle maggiormente svolte sono:
• Proteinemia
• Elettroforesi delle proteine plasmatiche
• Frazionamento immunoglobulinico
• Immunoelettroforesi
• Autoanticorpi (Anti DNA, ena, ANCA, p-ANCA ecc)
• Complementemia (malattie da consumo di complemento)
• Antigeni virali, data l’associazione di alcune nefropatie ed infezioni virali: l'epatite B si associa
alla glomerulonefrite membranosa, l’epatite C alla membrano proliferativa, l'HIV infetta le
cellule del tubulo renale e il glomerulo e può dare vari quadri (IVA in particolare, simile alla
glomerulosclerosi focale segmentaria).
PRESENTAZIONE DEL PAZIENTE NEFROLOGICO - Pz asintomatico e non fa accertamenti
- Pz lamenta sintomi e presenta reperti obiettivi che fanno pensare a malattia renale
- Pz con sintomi sistemici e coinvolgimento renale
- Pz asintomatico con alterazione di dati clinici o laburistici riscontrati occasionalmente.
Segni e sintomi Sintomi soggettivi: dolore lombare da colica renale, disturbi minzionali, sintomi extra renali di
accompagnamento a livello dell’apparato gastrointestinale, respiratorio e neurologico.
Segni obiettivi:
• Alterazioni del ritmo urinario (polliachiuria, nicturia), della composizione dell'urina (lipiduria,
ematuria, proteinuria, piuria) e della quantità di urina (oliguria, poliuria e anuria).
• Alterazioni renali locali come masse e soffi (nefropatia di origine vascolare per
interessamento della renale).
• Sintomi nefrologici: edema, ematuria, ipertensione.
• Sintomi indicativi di malattia sistemica: alterazioni cutanee (tipica la porpora), oppure
artralgie/mialgie.
Molta importanza rivestono l'anamnesi patologica prossima e remota per la presenza di elementi
clinici o laboratoristici indicativi, l’anamnesi familiare per valutare una eventuale familiarità per
malattie metaboliche, nefrologiche, neoplastiche, e l’anamnesi fisiologica per conoscere lo stile di
vita, l’alimentazione e minzione e diuresi.
Il dolore è il tipico sintomo della patologia nefrologica.; può
essere renale puro, da colica reno ureterale oppure
minzionale.
Nell’immagine sono illustrati i punti di dolore evocato alla
palpazione in corso di malattia renale.
Segno semiologico per la valutazione di problematica
renale è il segno di Giordano. Il dolore al fianco è tipico
della colica renale, patologia molto dolorosa associata a
dilatazione acuta di un tratto delle vie urinarie.
Il dolore è proporzionale al grado di dilatazione della pelvi
renale o degli ureteri; una dilatazione cronica è molto meno
dolorosa e pu essere talvolta asintomatica.
Fra le alterazioni renali locali la presenza di una massa
renale è la più frequente. Si presenta per lo più sotto i 10 anni di età oppure sopra i 40.
Manovra di Guyon (palpazione) per identificare le masse renali.
Anomalie della minzione Disuria: comprende stranguria,
tenesmo, polliachiuria e minzione
imperiosa. Le cause più frequenti sono
infezioni urinarie e genitali, sostanze
come gli irritanti chimici, malattie
dell’intestino infiammatorie o la
presenza di diverticoli e neoplasie delle
grosse vie urinarie, e deficit di
estrogeni.
- Polliachiuria: aumento della frequenza delle minzioni con quantità ridotta di urina per minzione. -
Stranguria: dolore alla minzione.
Tenesmo: sensazione di dovere nuovamente urinare dopo aver fatto pipì.
Oliguria: diuresi inferiore ai 500 cc/die.
Anuria: diuresi inferiore a 50 cc/die.
Queste ultime due si riscontrano entrambe in pazienti con IR acuta o scompenso in fase terminale
da IRC.
Poliuria: diuresi maggiore a 3
litri/die. Dipende anche dallo stato
di idratazione del paziente, ed è
dovuta ad alterazioni dei
meccanismi di concentrazione delle
urine da parte del rene che portano
all’incapacità di produrre urine
concentrate. L’ipostenuria, il peso
specifico basso delle urine, è il
primo parametro che si evidenzia
prima di arrivare ad una diagnosi di
IRC. In caso di poliuria la diuresi pu
essere idrica (acquosa senza
soluti), osmotica (eccesso di soluti) e mista.
Nicturia: consiste nell’urinare durante la notte. Può avere origine renale oppure cardiaca.
- Renale: in casi di IRC con oltre il 70% della funzione renale compromessa; il rene perde la
capacità di concentrare le urine e si sviluppa un’iperdiuresi osmotica dovuta alla funzione del
rene residuo sano.
- Cardiaca: dovuta all’aumento della circolazione renale nelle ore notturne per prolungata
posizione in clinostatismo.
Enuresi: emissione involontaria di urine (in genere notturna) in assenza di dolore o tenesmo con
perfetta integrità del funzionamento vescicale durante la veglia. Diversa dall'incontinenza urinaria.
Incontinenza urinaria: involontaria emissione di urine, conseguente ad un’alterazione dell’equilibrio
tra il tono del muscolo detrusore e il tono dello sfintere uretrale esterno.
Ritenzione urinaria: urine che si accumulano nella vescica e non si riesce ad eliminarle; si ha un
residuo post- minzionale.
Sintomi nefrologici renali ed extrarenali • Edema: sintomo tipico della patologia nefrologica; consiste in un accumulo di liquido
nell'interstizio e si accompagna alla ritenzione di sodio. In genere ha sede sottocutanea,
sierosa e viscerale, e pu essere localizzato o generalizzato fino all'anasarca. Il segno tipico
è il segno della fovea.
• Ipertensione arteriosa: altro sintomo tipico dovuto ad alterazione dei meccanismi di
controllo delle resistenze periferiche e del volume plasmatico.
Esame delle urine e del sedimento urinario Valutazione:
- Colore: corretto è
quello giallo paglierino
- pH: 5.8
- Peso specifico: è il
peso di un volume e di
una soluzione in rapporto
ad un identico volume di
acqua distillata, cui si
attribuisce il valore 1000;
il valore fisiologico è
compreso tra 1002 e
1040
- Proteine
- Hb
- Sedimento urinario
Osmolalità: è la misura del numero di particelle in una soluzione, ed è indice della capacità del rene
di concentrare le urine (considerato indice migliore rispetto al peso specifico).
- Osmolalità plasmatica: 285 mOs/Kg H2O
- Osmolalità urinaria in condizioni di salute: da 40-80 sino a 900-1400 mOsm/Kg H2O
Rappresenta il principio su cui si basa la determinazione del peso specifico sulle strisce
reattive.
Anomalie urinarie isolate • Ematuria: presenza di sangue nelle urine. Può essere macro o microematuria. La
macroematuria si evidenzia a livello macroscopico con colore rosso delle urine (il
laboratorista la deve confermare per escludere che l’alterazione nel colore sia dovuta ad
iperconcentrazione, precipitazione di urati o sostanze che colorano di rosso le secrezioni).
La microematuria invece si evidenzia al sedimento urinario e all'esame chimico data la
presenza di pochi eritrociti nelle urine.
• Proteinuria: si determina con le strisce reattive. Identifica anche piccole quantità di
albumina.
Proteinuria La proteinuria può essere fisiologica o patologica.
1) La proteinuria fisiologica è di 150/200 mg in 24h, formata da una piccola quantità di
albumina e di proteine a basso peso molecolare più una quota di proteine secrete dal
tubulo renale. Nell’ultrafiltrato glomerulare passerebbero da 180 mg a 2 g die di albumina
e alcune decine di grammi di microglobuline (proteine a basso PM), ne sono state
identificate una cinquantina: citocromo C, alfa1-proteina acida, beta2microglobulina,
catene leggere, peptidi (tra i quali alcuni ormoni come PTH, insulina); tuttavia vengono
per la maggior parte riassorbite. Nel soggetto sano nelle urine si ritrovano < di 150/170
mg/die; in 150 mg/die (limite superiore di normalità) si ritrovano (valori orientativi,
approssimati): albumina 16 mg, immunoglobuline 10 mg, mucoproteine 70 mg,
mucopolisaccaridi 16 mg ed altre componenti plasmatiche in tracce (proteine, catene
leggere policlonali, enzimi, ormoni). Inoltre anche la presenza di una proteina prodotta
dalle cellule tubulari detta di Tamm Horssfall risulta fisiologica.
2) La proteinuria patologica ha 4 forme a seconda dell'origine:
1. Origine glomerulare con alterazione del glomerulo che causa infiammazione del
filtro (selettiva o non selettiva);
2. Origine tubulare per insufficiente riassorbimento delle proteine filtrate presenti nel
plasma che non vengono riassorbite;
3. Da iperafflusso in cui si evidenzia il superamento della capacità di riassorbimento
tubulare, ad es. le catene leggere delle immunoglobuline (proteine di Bence
Jones) nel mieloma multiplo e la mioglobina nella rabdomiolisi;
4. Proteinuria patologica mista in cui sono presenti varie forme associate.
Proteinuria glomerulare: è presente tanta albumina per alterazioni nella filtrazione, con
concentrazione da 200 mg a 30 g nelle 24h. Può essere selettiva e non selettiva.
• Proteinuria selettiva: presenza nelle urine di albumina, transferrina e altre proteine con peso
molecolare simile a quello dell’albumina;
• Proteinuria non selettiva: presenza di proteine con peso molecolare maggiore (ad esempio
le IgG), indice di una glomerulopatia avanzata.
Esistono degli indici, detti di Cameron e Mc Lean, che stabiliscono un cut off per distinguere la
proteinuria selettiva dalla non selettiva.
Proteinuria tubulare: è dovuta al
mancato riassorbimento delle proteine
fisiologicamente filtrate dal rene; in
genere non è superiore ai 2 g/die.
L'albumina è poca, e ci sono invece
proteine con peso molecolare tra 1500 e 40000 (beta2-microglobulina, alfa2-microglobulina,
lisozima).
Proteinuria da
iperafflusso: è dovuta al
superamento della
capacità tubulare massima
(Tm) di riassorbire proteine
liberamente filtrate in
quantità abnorme per una
loro eccessiva produzione
e/o liberazione. Esempi:
catene leggere (proteinuria
di Bence-Jones),
emoglobina, mioglobina,
lisozima (leucemia
mieloide).
La proteinuria può essere dunque classificata
in tubulare completa, incompleta,
glomerulare selettiva e non selettiva. [RBP:
retinol binding proteine].
L’urina viene fatta correre lungo pozzetti e si
vanno a identificare le proteine di origine
glomerulare o tubulare. In alcuni casi di
necrosi tubulare acuta si cercano enzimi
tubulari rilasciati in caso di ingente danno
(NAG, AAP).
Ematuria Nel sedimento urinario cerchiamo cellule, cilindri e cristalli, eritrociti: ci permette di fare una diagnosi
differenziale. Il sedimento permette la valutazione morfologica degli eritrociti:
- diagnosi di microematuria con eritrociti a forma conservata (ematuria urologica);
- se invece le emazie sono mal conservate (con frammentazione e forma diversa dal disco
biconcavo) si pensa che l’ematuria derivi dal glomerulo infiammato e che gli eritrociti si deformino
nel percorso verso le vie urinarie; l'origine è in questo caso nefrologica e serve un esame bioptico.
Cause di ematuria nefrologica ed urologica
Forme frequenti di dimorfismo: le più frequenti (numero 9, acantociti) sono estroflessioni di
membrana di eritrociti. Orientano di per sé la diagnosi verso una glomerulonefrite, senza necessità
di fare una biopsia (mentre la presenza di cellule tubulari fa sospettare una necrosi tubulare).
Cilindri Sono costituiti da materiale precipitato su materiale organico, come la proteina di Tamm Horsfall; si
formano nei lumi tubulari e nei dotti collettori. La precipitazione dei cilindri è favorita dalla presenza
di urine concentrate ed acide; a pH alcalino la matrice ialina non si forma o si dissolve.
Forme di cilindri:
- Cilindri ialini: talvolta sono fisiologici (dopo sforzo, disidratazione, esposizione a freddo
intenso), oppure si ritrovano nello scompenso cardiaco e nell'iperpiressia;
- Cilindri granulari: tipici della proteinuria;
- Cilindri cellulari: i cilindri fanno da base per alcune cellule, ad esempio leucociti aggregati
alla matrice proteica (espressione di proteinuria), leucociti ed eritrociti (espressione di
ematuria), sono dunque cilindri eritrocitari e cilindri leucocitari. Nella glomerulonefrite a
depositi di IgA o malattia di Berget, per esempio, si ritrovano cilindri eritrocitari e leucocitari,
o anche epiteliali.
- Cilindri cerei - Cilindri misti
Un’occasionale cilindruria granulosa a piccolo diametro ed a piccoli granuli è possibile in situazioni
patologiche rapidamente reversibili, ma anche nel soggetto normale; una cilindruria persistente
invece ha sempre significato patologico, specie se a grossi granuli. Cilindri cerei e cilindri a largo
diametro testimoniano un danno renale grave.
Cristalli Sono sintomi di calcolosi urinaria. I più frequenti sono quelli di ossalato, fosfato triplo e cisteina.
SINDROMI CLINICHE Le grandi sindromi renali sono 5 e ad esse si associano IR acuta e cronica.
- Sindrome nefrosica
- Sindrome nefritica acuta
- Sindrome nefritica cronica
- Rapidamente progressiva
- Anomalie urinarie isolate con proteinuria e ematuria in tracce
SINDROME NEFROSICA È la sindrome più frequente, e ha varie cause che rappresentano tutte delle concause di un'alterata
permeabilità del glomerulo (con conseguente filtrazione di proteine plasmatiche). È caratterizzata
da:
• Proteinuria imponente nelle 24h superiore ai 3,5 g/die;
• Alterazioni delle proteine plasmatiche, ipoalbulinemia e ipoproteinemia (spiegata dalla
perdita di albumina);
• Edemi declivi; • Dismetabolismo lipidico: iperlipidemia con iperlipiduria e aumento di colesterolo e
trigliceridi;
• Funzione renale può essere nella norma oppure si può avere una compromissione acuta
con aumento della creatinina e ridotto filtrato glomerulare;
• Talvolta si associano ematuria e ipertensione arteriosa.
Cause - malattie immunologiche;
- malattie ereditarie (podociti alterati per difetto genetico. La più frequente patologia ereditaria
a carico di questi è di origine tipica dei paesi scandinavi, con un'alterazione della nefrina dei
pedicelli e quindi perdita della selettività del filtro; la malattia ha un’alta mortalità perché
associata a IRC);
- cause tossiche;
- cause microcircolatorie;
- cause dismetaboliche.
Cause più comuni di sindrome nefrosica • MCD (nel bambino): è la glomerulopatia a lesioni minime (minimal change disease);
• GNM: glomerulopatia membranosa, primitiva o secondaria;
• GSFS: glomerulosclerosi focale segmentaria;
• GNMP: glomerulopatia membrano-proliferativa (o mesangio-capillare), tipi I, II e III;
• GN lupica classi WHO III, IV, V, VI;
• GNF mesangiale proliferativa a IgM o C1q;
• Glomerulonefrite fibrillari da immunotactoidi;
• Amiloidosi renale;
• Malattia da catene leggere (in mieloma multiplo)
• Nefropatia diabetica
• Sindrome di Alport, GN finnica, GSFS famigliare/ereditaria e altre forme ereditarie.
Diagnosi Si basa su criteri di laboratorio, clinici e anamnestici.
• Anamnesi: astenia marcata, malessere generale, vicinanza di un episodio febbrile simil
influenzale (vicino di qualche settimana), edemi progressivamente ingravescenti localizzati
dapprima agli arti inferiori poi al volto (in particolare nella zona periorbitale) con acquisto di
peso (di anche 10kg). Questo quadro può comparire in uno stato di benessere per
glomerulonefriti primitive, oppure inserirsi in una patologia sistemica già nota da tempo.
• Esami di laboratorio: l'esame urine sarà positivo per proteinuria oppure per cilindruria
(spesso sono cilindri granulari), presenza di lipidi, corpi ovali grassi, eritrociti, inoltre si
potranno rilevare riduzione di albuminemia e dismetabolismo lipidico (con aumento nel
sangue di colesterolo, LDL e trigliceridi e riduzione delle HDL).
Caso clinico Esempio del quadro: paziente maschio di 49 anni lamenta tre mesi prima dell’osservazione una
sindrome influenzale; la febbre ed il malessere tardano a recedere.
- In anamnesi risulta sempre in ABS a parte una modesta ipertensione arteriosa mantenuta
sotto controllo con ACE-inibitori. Lavora in un mobilificio. In passato ha eseguito accertamenti
per l’ipertensione. Nel recente episodio, dopo terapia antibiotica, lento recupero delle
condizioni generali: dopo 20 giorni dall’inizio del quadro sintomatologico riprende il lavoro. A
tre mesi di distanza persistono inappetenza ed astenia, ed ha l’impressione di "ingrassare"
perché non riesce più a chiudere la cintola dei pantaloni. Negli ultimi giorni è preoccupato
per il gonfiore alle gambe; si reca dal medico per dispnea per sforzi moderati sul lavoro e per
salire le scale di casa. Il medico lo pesa: + 18 Kg dal peso abituale.
- ECG: evidenzia una lieve ipertrofia ventricolare sinistra.
- Urine negative per glucosio e proteine; 5-6 GR x cm, alcuni frammenti di cilindro ialino.
Colesterolo= 250 mg%, Trigliceridi 195 mg%, Glicemia=125 mg, Sodiemia 141 mEq/l,
Potassiemia 4,2 mEq/l, Crs 1,4 mg%, Hb14,5, GB7000, Pts 179000.
Edema
L’edema è un anormale accumulo di liquidi nello spazio
interstiziale, che prima di diventare clinicamente evidente
può anche espandersi di diversi litri e dare segno di sé
solo attraverso un progressivo incremento ponderale.
Gli edemi si distinguono, a seconda dell'eziologia, in
renali, cardiaci, epatici, gravidici, idiopatici e secondari a
patologie locali; anche quelli-extra renali presentano
sempre una concausa renale (è il rene che ritiene i liquidi
corporei).
Fisiopatologia
L'edema nefrosico è sempre stato considerato come una conseguenza della riduzione della
pressione oncotica, causata da un danno glomerulare che fa perdere proteine; di conseguenza si
tende a perdere liquidi nell'interstizio. Alcune evidenze cliniche hanno però messo in secondo piano
questa teoria, e ora si considerano altre due teorie:
• Overflow: sindrome nefrosica a volumi plasmatici espansi;
• Underfilling: sindrome nefrosica a volumi plasmatici ridotti. Non si sa quale
sia la più corretta, probabilmente entrambe.
Underfilling
- Il momento principale è costituito dall’ipoalbuminemia, dovuta sia alla perdita con le urine che ad
un suo aumentato catabolismo: ne consegue una diminuzione della pressione oncotica con
alterazione delle forze di Starling e fuoriuscita di liquidi dal compartimento vascolare verso i tessuti
interstiziali, con conseguente edema ed ipovolemia.
- L’ipovolemia attiva una serie di meccanismi regolatori sistemici (riflessi barocettoriali, sistema
nervoso simpatico) che tendono a restaurare la pressione sistemica e la gittata cardiaca, e
dall’altro lato espleta a livello renale un’azione sodio-ritentiva (aumentata attività sistema RAS,
riduzione degli ormoni natriuretici atriali) con incremento dell’iponchia ed edemi.
Overflow
L’osservazione clinica e sperimentale ha fatto pensare che l’underfilling non sia l’unico meccanismo,
e la ritenzione idrosalina è stata presa in considerazione come primum movens della sindrome
nefrosica.
Osservazioni cliniche e sperimentali:
• Volumi plasmatici aumentati
• Attività del sistema RAS inibita anziché esaltata
• Inefficacia dell’espansione dei volumi nel condizionare ripresa diuretica e sodiuretica
Secondo questa teoria, la formazione di edemi è correlata alla ritenzione idrosalina anziché
all’iponchia (cioè all'incapacità del plasma di attirare acqua dall'interstizio): i volumi plasmatici
anziché ridotti sono infatti aumentati, e l’attività del sistema RAS è inibita anziché aumentata. Si è
dunque pensato che la patologia renale proteinurica:
- conduca ad un aumentato riassorbimento del sodio filtrato, soprattutto a livello del nefrone distale,
attraverso meccanismi non ancora del tutto noti (forse per azione di alcune sostanze simili
all’aldosterone);
- possa inoltre contribuire alla ritenzione sodica la diminuzione del filtrato correlata al danno
glomerulare: quando l’assunzione di sodio supera la capacità di eliminazione del rene si
espandono i volumi plasmatici ed extracellulari, con aumento della pressione idrostatica ed edemi.
E’ verosimile che entrambi questi meccanismi intervengano nella fisiopatologia degli edemi del
paziente nefrosico, in associazione anche alla possibile alterazione della permeabilità capillare che
favorisce la riduzione dei volumi plasmatici.
In alcune patologie può prevalere uno o l’altro di questi due momenti patogenetici, come il classico
quadro ipovolemico nella nefropatia a lesioni minime, ma più spesso coesistono nello stesso
paziente.
Terapia
Si dà albumina appena prima di somministrare furosemide ad alte dosi per far salire la pressione
oncotica che richiama liquido nell'interstizio vascolare; la furosemide serve a non perdere l’albumina.
Quadro clinico dell’edema
Consistenza molle, colorito biancastro e localizzazione nelle regioni declivi (arti inferiori, area
presacrale) o in altre sedi a scarsa resistenza tissutale (come il volto e la zona peri orbitale).
Possono manifestarsi a variabile intensità, a seconda dell’entità e della durata dei fattori
responsabili: dalla lieve imbibizione tissutale fino al quadro nefrosico conclamato, e può infine
comparire un vero e proprio anasarca (edemi diffusi e versamenti pericardico, pleurico e ascitico);
raramente può instaurarsi un quadro di edema polmonare.
Alterazioni della pressione arteriosa Il paziente nefrosico appare spesso sofferente, pallido, con episodi di ipotensione ortostatica
correlati all’ipovolemia nelle fasi iniziali.
In alcune nefropatie, quali la glomerulosclerosi focale, la glomerulonefrite membranoproliferativa o
in presenza di avanzata compromissione della funzione renale, può essere presente ipertensione
arteriosa.
Esame delle urine • Perdita proteica superiore ai 3.5g/24h. La proteinuria, che raggiunge talora livelli
particolarmente elevati (anche fino a 50 g nelle 24 h) a seconda della nefropatia
responsabile, può essere di tipo selettivo o non selettivo.
• Il sedimento urinario varia a seconda della nefropatia: cilindruria ialina spesso con inclusioni
lipidiche, cilindruria ialino-granulosa e cerea con frequente associazione di lipiduria libera,
cilindri lipidici e corpi ovali grassi. In alcune nefropatie si può associare ematuria sia
macroscopica che microscopica (glomerulosclerosi focale, GNMP, GN lupica).
Proteine plasmatiche La sindrome nefrosica è classicamente definita da una ridotta concentrazione delle proteine totali (<
di 6 g/dl) e delle albumine (< 3 g/dl). La riduzione dei livelli delle proteine plasmatiche è condizionata
da una serie di fattori: entità, durata e qualità della proteinuria (caratteristiche di selettività), peso
molecolare delle singole proteine, entità dell’ipercatabolismo, condizioni nutrizionali ed entità
dell’apporto proteico.
Ipoalbuminemia: il basso peso molecolare delle albumine ne condiziona una elevata perdita
urinaria e quindi una notevole riduzione dei livelli plasmatici. E’ uno dei reperti più tipici della
sindrome nefrosica e ne condiziona gran parte del quadro clinico (sia per quanto attiene la riduzione
della pressione oncotica e la manifestazione dell’edema, che per quel che riguarda alcune
complesse manifestazioni metaboliche come l’iperlipemia e la diatesi trombofilica).
Al quadro elettroforetico si ha:
• riduzione delle proteine totali
• riduzione delle albumine
• diminuzione lieve delle alfa 1 globuline
• aumento delle alfa 2 globuline
• aumento in minor misura delle beta globuline
• riduzione delle gammaglobuline
Alterazioni del quadro lipidico Caratterizzato da iperlipidemia e iperlipoprotidemia. La patogenesi coinvolge sia i processi di sintesi
che di metabolizzazione, e riconosce come fattore responsabile l’ipoalbuminemia: questa stimola la
sintesi epatica di albumina e la produzione di lipoproteine, in particolare di VLDL, in risposta al ridotto
potere oncotico del plasma.
Aumento
• Colesterolo totale (alterazione più precoce)
• Trigliceridi (alterazione più tardiva)
• Lipoproteine a bassissima densità
• IDL ed LDL
Riduzione
• HDL
Le statine controllano il metabolismo lipidico; tuttavia vengono usate anche per la loro azione
antinfiammatoria (in alcuni casi di glomerulonefrite danno una riduzione di proteinuria).
Funzione renale In corso di sindrome nefrosica è possibile rilevare una funzione renale normale, ridotta o anche (in
particolari casi) un aumento della filtrazione glomerulare (come talora si riscontra in fasi iniziali di
GN a lesioni minime o membranosa). La riduzione della funzione è:
- Per lo più correlata all’ipovolemia, e presenta le caratteristiche del deficit funzionale cosiddetto
‘pre-renale’ (generalmente reversibile al ripristino della volemia);
- Tuttavia è talora possibile un'IRA ‘organica’ descritta specialmente nel bambino con l’uso di
FANS, (che inibendo l’azione delle prostaglandine possono ulteriormente alterare l'equilibrio
emodinamico compromesso dall’ipovolemia).
- E’ stata inoltre dimostrata con quadro di necrosi tubulare acuta, favorita da pregressa sofferenza
ischemica, soprattutto nel paziente anziano.
- Infine, un deficit di funzione può essere presente fin nella fase iniziale della sindrome nefrosica
per la severa compromissione parenchimale correlata alla glomerulonefrite responsabile
(glomerulosclerosi focale, GN membrano proliferativa; La GSFS con un quadro proteinurico nel
pz dopo il trapianto è un fattore prognostico negativo).
Alterazioni della coagulazione Il paziente nefrosico ha tendenza alla trombofilia; le complicanze trombofiliche possono essere
favorite da:
- Immobilizzazione per lunghi periodi
- Emoconcentrazione plasmatica, aggravata dall'uso prolungato di diuretici e terapia
corticosteroidea protratta (spesso infatti le GN che danno sindrome nefrosica sono di origine
immunologica e vengono trattate con terapia di corticosteroidi OS ed EV).
Si osserva:
• Aumento dei livelli di fibrinogeno, fattore V, VII, VIII, X, XIII e di fibronectina (in seguito allo
stimolo alla sintesi epatica da riduzione della pressione oncotica);
• Diminuzione del fattore XII (da verosimile consumo intravascolare);
• Ridotti livelli plasmatici di antitrombina III (perdita urinaria);
• Riduzione della fibrinolisi per la ridotta attività del plasminogeno e del suo legame alla fibrina
e per gli elevati livelli plasmatici di inibitori della fibrinolisi (ipoalbuminemia,
iperfibrinogenemia, aumento lipoproteine);
• Aumento dell’aggregazione piastrinica (da aumentato numero delle piastrine, ridotti livelli di
albumina e di fattore modulante l’aggregazione piastrinica, aumento del fibrinogeno e del
fattore Von Willebrand).
Per impedire le alterazioni della coagulazione nel paziente nefrosico: cardioaspirina a casa, mentre
quando il paziente è allettato in ospedale la terapia prevede eparina a basso peso molecolare.
Spesso si usano anche antibiotici per il rischio di eventi infettivi.
Flow chart diagnostico Indagini da richiedere in pazienti con sindrome nefrosica.
Esami di primo livello
• Crasi ematica
• Funzione renale ed elettroliti
• Profilo completo della coagulazione
• Assetto glicolipidico in previsione di una terapia steroidea
• Esame urine con sedimento
• Proteinuria 24h
• Immunoelettroforesi, per capire di quali proteine sono presenti nelle urine
• Rx torace
• ECG
• Ecografia renale
Esami di secondo livello
• Studio immunologico: in particolare si va a valutare un eventuale consumo delle frazioni del
complemento e la presenza di anticorpi specifici, anti nucleo, crioglobuline.
• Indici di flogosi: valutare se c’è l’aumento della VES
• Frazionamento immunoglobulinico
• Valutazione del rapporto catene leggere kappa e lambda
• Caratterizzazione della proteinuria tramite elettroforesi
• Biopsia renale che permette di fare diagnosi di glomerulopatia.
Clinica Complicanze Le più frequenti complicanze della sindrome nefrosica sono:
• Insufficienza renale acuta
• Patologia vascolare e trombo embolica
• Patologia ossea (iperfosfatemia e ipocalcemia, perdita della vitDBP)
• Alterazioni della funzione del tubulo renale
• Aumentata suscettibilità alle infezioni
• Si associano danni tubulari, come disfunzioni correlate alla proteinuria stessa: il tubulo tenta
al massimo di riassorbire proteine, ma non riesce a riassorbire elettroliti, con conseguenti
potassiuria, fosfaturia ecc.
A volte le glomerulonefriti possono recidivare nel post trapianto. Questo è un indice di cause
immunologiche, ad esempio l’immunosclerosi focale segmentaria che altera i podociti ed è una
recidiva di sindrome nefrosica (indice di perdita del rene trapiantato). In questi casi serve anurizzare
e ultrafiltrare artificialmente con la dialisi, per rimuovere la proteinuria che è la causa di tutto; si fa
quando si ritiene che per i reni dei pazienti non ci sia più nulla da fare.
Terapia La terapia prevede il trattamento delle singole glomerulonefriti, ed è volta ad eliminarne le cause.
Terapia eziopatogenetica
- Glucocorticoidi;
- In caso di malattia ad elevato indice infiammatorio, immunodepressori come la
ciclofosfamide e, in seconda battuta, ciclosporina e rituximab (anticorpo anti-CD20).
Terapia sintomatica
- Albumina, furosomide e antialdosteronici per evitare l’edema;
- Terapia antibiotica, per evitare le infezioni da perdita di immunoglobuline:
- Terapia eparinica (in sede ospedaliera) per lo stato di ipercoagulazione, ed eventualmente
cardioaspirina (a casa);
- Calcio, per l’ipocalcemia;
- Statine, per i problemi di ipercolesterolemia.
SINDROME NEFRITICA Caratteristiche Quadro clinico Paziente di 37 anni si reca in PS per gonfiore agli arti inferiori e contrazione della diuresi. All’eco
risulta negativo; viene fatta diagnosi di edema agli arti e viene dimesso con terapia diuretica.
L’edema tuttavia persiste con lo sviluppo di arrossamento cutaneo, con diagnosi di orticaria diffusa
per assunzione di fragole in soggetto allergico. Dopo 50 giorni circa, il paziente ritorna in PS per
edema ingravescente, con segno della fovea positivo, proteinuria e microematuria con emazie
dismorfiche. La creatinina risulta nei limiti della norma; il paziente ha ipertensione arteriosa leggera.
Diagnosi: sindrome nefritica.
La sindrome nefritica è un’entità clinica con cause flogistiche ed interessamento dei vasi di medio e
piccolo calibro (glomerulo con le sue arteriole e capillari e i vasi renali di piccolo e medio calibro).
Ne esistono due forme:
• Acuta: ematuria di recente comparsa, proteinuria a variabile entità (ma non superiore ai 3.5
g/24h), cilindruria ematica, riduzione del filtrato reversibile, oliguria, ipertensione ed edemi.
• Cronica: ematuria persistente, proteinuria, riduzione lenta e progressiva della funzione
renale, ipertensione arteriosa, saltuariamente edemi. E’ il corrispettivo clinico di una
glomerulonefrite ad andamento cronico e lentamente evolutiva (GN a depositi di IgA).
Nella sindrome nefritica si hanno alterazioni della struttura del glomerulo, che fa passare proteine
ed eritrociti (micro oppure macroematuria); tipici della microematuria da sindrome nefritica sono gli
acantociti.
Cause Possono essere forme primitive o manifestazioni di malattie sistemiche:
• Processi immunologici frequentissimi per deposizione di immunocomplessi
• Cause ereditarie
• Cause tossiche
• Cause dismetaboliche
• Disfunzioni del microcircolo.
Differenze tra sindrome nefrosica e nefritica • Edema
➢ L’edema nefrosico è pallido e di consistenza molle, con prevalente localizzazione
secondo la gravità (edemi declivi).
➢ L’edema nefritico è dato tipicamente da overflow (per riduzione del coefficiente di
ultrafiltrazione glomerulare del sodio ed eccessivo riassorbimento tubulare dello
stesso); si parla di uno squilibrio glomerulo-tubulare. L’edema nefritico presenta una
componente capillaritica che conferisce colore ed una consistenza più tesa della cute,
ed è localizzato inizialmente al viso in sede periorbitale.
• Reperto urinario ➢ Nella sindrome nefrosica si ha una proteinuria con spesso sedimento negativo,
mentre a volte si rileva una cilindruria granulare tipica della proteinuria massiva;
➢ Nella sindrome nefritica la proteinuria è minima, mentre si ha sempre microematuria;
il sedimento viene detto telescopico perché è ricco di globuli rossi, globuli bianchi e a
volte cilindri.
Questa definizione di sindrome nefrosica e nefritica ha un confine non così netto, perché possono
esserci dei quadri misti nefritico-nefrosici o nefrosici-nefritici a seconda di quale delle due sindromi
prevalga.
SINDROME RAPIDAMENTE PROGRESSIVA E' caratterizzata da ematuria con comparsa improvvisa, associata ad eventuale cilinduria ematica e
proteinuria di entità variabile.
È simile alla sindrome nefritica, però a differenza di questa, nel giro di giorni, causa una insufficienza
renale acuta rapida con aumento della creatinina e calo del filtrato; anche con la terapia talvolta
risulta irreversibile. E’ dunque contraddistinta da: - Compromissione rapida del rene talvolta senza
possibilità di recupero; - Si riscontrano ipertensione, oliguria e talvolta edemi.
Causa tipica è la glomerulonefrite proliferativa extracapillare (reazione infiammatoria di tutto il
glomerulo), che si presenta all’anatomia patologica con forme a semilune.
ANOMALIE URINARIE ISOLATE Le anomalie urinarie isolate sono
anomalie singolarmente presenti o
associate fra di loro, che si vanno a
caratterizzare all'interno delle altre
sindromi. Sono definite dalla
presenza di:
• Ematuria
• Leucocituria
• Proteinuria (< di 3 g/24 h)
Non ci sono segni di
compromissione funzionale del
rene, ipertensione arteriosa o altre
indicazioni evidenti di nefrouropatia.
Sono tipiche della malattia di
Berget; si diagnosticano
casualmente con microematuria e
proteinuria minima.
CAUSE DELLE SINDROMI RENALI Glomerulonefriti Esistono 8 principali glomerulonefriti primitive (con causa sconosciuta, non c'è una causa sistemica
di origine associata): ce ne sono maggiormente associate a sindrome nefrosica e maggiormente a
sindrome nefritica.
Patologie interstiziali Sono le nefropatie tubulo interstiziali, caratterizzate dalle seguenti alterazioni:
• Deficit della concentrazione urinaria (quindi poliuria);
• Perdita di elettroliti (salt loosing nephritis);
• Acidosi metabolica da perdita urinaria di bicarbonati (nelle forme avanzate);
• Proteinuria, presente ma è moderata (risulta minore di 1 g/24h con proteine a basso peso
molecolare e pochissima albumina);
• Il sedimento urinario non è caratteristico: può esserci microematuria, molto più
frequentemente leucocituria;
• La progressione verso l'IRC è lenta e non c'è ipertensione (salvo in caso di sovrapposizione
di danno glomerulare).
Esempi di patologie interstiziali
- Pielonefrite acuta: febbre alta, malessere, dolore renale e disuria.
- Calcolosi renale: dolore acuto in sede renale con irradiazione in sede ureterale (a seconda
del livello del calcolo), segno del Giordano positivo, disuria e pollachiuria e, in presenza di
infezione urinaria, febbre.
Nefropatie vascolari Colpiscono i grandi e i piccoli vasi. Presentazioni cliniche:
• Ipertensione arteriosa;
• Deficit funzionale del rene;
• Vasculopatia polidistrettuale che riguarda vari organi, compreso il rene (frequentemente con
stenosi dell'arteria renale); vengono colpiti i grossi vasi, e si ha rischio di cardiopatia
ischemica.
• Cilindruria ialina e granulosa, con proteinuria scarsa e possibile associazione a
microematuria;
• Anche qui associazione con dismetabolismo (diabete tipo II, ipercolesterolemia, ridotta
tolleranza glicidi, obesità).
A colpire i piccoli vasi sono le vasculiti che causano segni sistemici quali neuropatia, miopatia,
artralgia, alterazioni polmonari (con emottisi) e renali (con alterazione funzione renale), sintomi
neurologici. Le vasculiti inoltre sono alla base delle sindromi rapidamente progressiva, con
evoluzione rapida in IRA, che può evolvere in IRC se si ha ipertensione arteriosa.
Insufficienza renale Acuta E' un deficit acuto della funzione renale che si instaura in tempi brevi su di un rene precedentemente
sano, ed in un contesto molto variabile a seconda della causa responsabile. Tipicamente è
teoricamente reversibile, ed è caratterizzata da un aumento rapido dei dati ritentivi, reni con
dimensioni normali.
Cronica E' la perdita progressiva della funzione renale correlata ad una nefropatia di natura glomerulare,
interstiziale, vascolare o malformativa con un quadro variabile a seconda della malattia
responsabile. E' caratterizzata da un aumento dei dati ritentivi e da reni con dimensioni ridotte; si
associa a perdita della funzione non solo esocrina ma anche endocrina (riduzione di EPO, renina,
vitamina D e calcio).
GLOMERULONEFRITI CARATTERISTICHE La glomerulonefrite è un processo infiammatorio a carico di varie parti del glomerulo (composto da
epitelio, lamina basale, podociti con i pedicelli e attorno il mesangio, struttura di sostegno.).
La glomerulo nefrite più frequente è quella di Berget: deposito di IgA nel mesangio, che viene
attivato a secernere fattori pro fibrotici che inducono la sua proliferazione (sia a livello delle cellule
che della matrice mesangiale). Altre forme sia ad impronta nefrosica che nefritica si associano ad
un disordine immunologico con deposizione di immunocomplessi a livello del filtro glomerulare, con
perdita della capacità di filtro (i depositi possono essere ovunque nel glomerulo).
Classificazione clinica • Nefropatie glomerulari primitive (60% dei casi);
• Nefropatie glomerulari secondarie a malattie sistemiche quali lupus, diabete, mieloma
multiplo (40% dei casi).
Si classificano poi anche in base a caratteri anatomo-patologici, caratteri clinici (secondo sindrome
di rpesentazione) oppure in base al decorso acuto o cronico; noi seguiamo la classificazione clinica.
Le glomerulonefriti rappresentano la principale indicazione alla biopsia renale: le diagnosi istologiche
sono alla base della glomerulopatie.
Glomerulo nefriti primitive 1) Glomerulonefrite a lesioni minime
2) Glomerulosclerosi focale
3) Glomerulonefrite membranosa
4) Glomerulonefrite membrano-proliferativa
5) Glomerulonefrite a depositi IgA (prevalenti)
6) Glomerulonefrite acuta post-infettiva
Le prime tre sono associate a sindrome nefrosica, la quarta sta a metà; le altre si manifestano con
sindrome nefritica, e talvolta con sindrome nefritica rapidamente progressiva.
Glomerulonefriti secondarie 1) Glomerulonefrite in corso di LES
2) Glomerulonefrite in corso di crioglobulinemia mista IgG/IgM
3) Glomerulopatia diabetica
4) Coinvolgimento renale in corso di mieloma e paraproteinemie
5) Glomerulopatia amiloidotica
Lesioni morfologiche Le lesioni morfologiche possibili nelle glomerulonefriti sono varie, e sono usate sia come indice
prognostico che diagnostico. Possiamo avere lesioni:
• Diffuse: > del 50% dei glomeruli (di entrambi i reni) al vetrino;
• Focali: coinvolgimento di pochi glomeruli (<50% dei glomeruli al vetrino), con
interessamento di tutti i loro capillari;
• Globali: lesione di tutti i capillari di un glomerulo;
• Segmentarie: sono lese solo alcune anse capillari di un glomerulo.
Le maggiori da ricordare sono quelle a carico delle cellule o della membrana basale glomerulare. Si
osserva:
- necrosi con lesioni (necrotizzanti) soprattutto al flocculo glomerulare, la parte vascolare del
glomerulo; la presenza di necrosi è un indice prognostico negativo.
- Possiamo avere lesioni proliferanti con aumento delle cellule glomerulari, che siano infiammatorie,
mesangiali, epiteliali, podociti: ad es. nella sindrome rapidamente progressiva si ha proliferazione
extracapillare di podociti e cellule infiammatorie.
- Si sviluppano infine alterazioni della membrana basale con ispessimento e alterazione della
permeabilità, oppure depositi di sostanze elettrondense.
Eziopatogenesi Ipotesi patogenetiche La maggior parte delle alterazioni sono da deposito di immunocomplessi nelle strutture epiteliali, nel
mesangio, nella lamina e nei podociti.
1) Alcuni tipi di glomerulopatie sono caratterizzate da immunocomplessi circolanti nel
sangue, che per le loro caratteristiche chimico fisiche si depositano nel filtro. Il primo
posto in cui si depositano è vicino all'endotelio (depositi subendoteliali); comunque a
seconda della grandezza e della perdita di permeabilità del glomerulo gli
immunocomplessi possono migrare sulla membrana basale (depositi intramembranosi)
o addirittura passare dall'altra parte del filtro sotto i pedicelli dei podociti (depositi sub
epiteliali).
2) Gli immunocomplessi causa di glomerulopatie non sono solo circolanti, ma può capitare
che gli anticorpi siano già preformati e raggiungono le strutture del filtro glomerulare, in
particolare i podociti. La glomerulonefrite membranosa ne è un esempio.
La glomerulopatia associata alla sindrome nefrosica a lesioni minime ha un meccanismo diverso,
non è mai stata evidenziata una deposizione di immunocomplessi. Ipotesi alternativa: attivazione
dei linfociti che producono una linfochina che agisce sui podociti, fattore permeabilizzante.
Immunocomplessi circolanti
Prima ipotesi: formazione in circolo di immunocomplessi e deposizione successiva nel glomerulo.
La malattia da siero era considerata una conferma di questa ipotesi, a causa della possibilità di
formazione di immunocomplessi e deposizione secondaria nei vasi che risultano danneggiati.; un
“contro” è rappresentato dal fatto che somministrando immunocomplessi in animali da esperimento
la glomerulo nefrite non si sviluppava.
Ciò dipende da due fattori: caratteristiche degli
immunocomplessi e la permeabilizzazione.
Le caratteristiche degli IC sono:
- Solubilità, data dalla presenza di
eccesso di antigene o di anticorpo; non
sempre gli immunocomplessi sono con
una solubilità tale da dare deposito e
patologia.
- Carica elettrica: il filtro ha delle cariche
esposte in superficie, e la presenza di
immunocomplessi carichi (positivi,
negativi o neutri) influenza la filatrazione.
Grandezza e carica degli immunocomplessi in
circolo sono alla base della presenza o assenza
di depositi.
La permeabilizzazione è data dalla presenza di
sostanze con carica positiva che interagiscono
con le cariche negative della membrana basale glomerulare: le piastrine e i leucociti liberano cariche
positive (PAF, utilizzato anche come terapia sperimentale delle glomerulo nefriti) che alterano la
permeabilità e permettono il deposito di IC.
Immunocomplessi formati in situ
Altra ipotesi: si è pensato che non tutti gli immunocomplessi si formino in circolo, alcuni infatti
reagiscono su antigeni podocitari, si possono formare nel rene, nei podociti, nella membrana basale.
Esempi:
- Un esempio è la sindrome di Goodpasture: glomerulonefrite rapidamente progressiva con
autoanticorpi che reagiscono con il collagene IV, sia nella membrana basale glomerulare che
alveolare, con una sindrome nefritica acuta associata ad alterazioni polmonari (l’emorragia
alveolare è tipica).
- Possono esserci poi antigeni che sono catturati per la carica elettrica: legame di DNA al collagene
della membrana glomerulare e anticorpi anti DNA si formano in situ; questa è la base della
glomerulonefritica lupica.
Meccanismi di danno Meccanismi di danno immunologico
Quelli descritti sono meccanismi di danno immunologico: la formazione di anticorpi verso antigeni della
membrana basale del glomerulo o il deposito di immunocomplessi circolanti causa infatti:
• Attivazione dell'immunità cellulo-mediata;
• Attivazione della via del complemento: il deposito di immunocomplessi causa infatti
l'attivazione della cascata del complemento, che porta a formazione del MAC e alla lisi
cellulare dei podociti (c'è una terapia sperimentale per inibire selettivamente il complemento).
Meccanismi non immunologici
• Perdita delle cariche di membrana, dei polianioni glomerulari
• Iperfiltrazione (ad es. alterazioni miste nella nefropatia diabetica, causa non immune da
iperflitrazione).
GLOMERULONEFRITI PRIMITIVE Glomerulonefrite a lesioni minime E' responsabile sempre di sindrome nefrosica.
Epidemiologia E' frequente in età pediatrica, e colpisce maggiormente i maschi; talvolta si presenta anche
nell’adulto, soprattutto in età avanzata.
Esiste un'associazione genetica: gli afro-americani sono più colpiti rispetto ai caucasici. Prevalenza
fra 0.2 e 1.1 casi su 100mila abitanti ogni anno.
In caso sindrome di nefrosica in età pediatrica, generalmente, non si procede con la biopsia perché
nel 90% dei casi la causa è la GN a lesioni minime.
Quadro clinico • Caratteristico di una sindrome nefrosica con un aumento della permeabilità del filtro
glomerulare alle proteine e conseguente proteinuria di tipo selettivo (per la perdita soprattutto
di proteine a basso peso molecolare);
• Sedimento urinario: cilindruria, lipiduria e corpi ovali grassi.
• Di solito non c’è ipertensione arteriosa.
Diagnosi Con una biopsia renale si possono fare diverse osservazioni:
- Microscopia ottica: le modificazioni patologiche sono modeste o assenti al microscopio ottico; il
glomerulo è assolutamente normale, assenza di necrosi e di proliferazione cellulare. Anche
l’immunoistochimica si rivela inutile.
- Per fare la diagnosi si utilizza la microscopia elettronica dove si osserva la “fusione dei pedicelli”
dei podiciti (retrazione dei piedini dei podociti che scompaiono alla microscopia). Inoltre, il
citoplasma dei podociti presenta una maggiore elettrondensità dovuta alla condensazione dei
microfilamenti intracitoplasmatici.
Terapia Il bambino risponde bene alla terapia corticosteroidea, primariamente steroidi e.v. e poi per os: nel
90% dei pazienti la patologia si risolve, e si ha restitutio ad integrum del glomerulo. La terapia è
uguale negli adulti e bambini: prednisone e prednisolone, ma in dosi variabili tra adulto e bambino:
60 mg/m2/die nel bambino, 1/mg/Kg/die nell’adulto. La terapia ha una durata minima di 6 mesi e si
protrae a lungo; spesso si cerca di scalare le dosi di cortisone. Talvolta si può avere riacutizzazione
della malattia con aumento della proteinuria per 3 giorni consecutivi. Questi pazienti sono etichettati
come cortico-sensibili o cortico-dipendenti.
In casi di cortico-resistenza, il paziente non risponde proprio alla terapia, e si utilizzano altre terapie
immunosoppressive:
- ciclofosfamide (posologia 3 mg pro Kg di peso), oppure farmaci potenti di remissione della
sindrome nefrosica quali ciclosporina o tacrolimus, che riducono con buoni risultati la
proteinuria. Questi farmaci però hanno come effetto collaterale la nefrotossicità, possono quindi
far ridurre il filtrato glomerulare: la terapia non può essere troppo prolungata.
- Ultima possibilità terapeutica: rituximab, un anticorpo anti-CD20, che in casi di resistenza agli
steroidi o impossibilità di utilizzo di questi per cardiopatie può essere una alternativa. Trials clinici
dimostrano che il rituximab ha un buon grado di protezione della funzione renale.
Glomerulosclerosi focale segmentaria La lesione tipica di questa patologia è una segmentaria
solidificazione del flocculo per il collasso delle anse capillari, con
frequente fusione tra flocculo e capsula di Bowman (sinechie).
Viene detta segmentaria perché non è interessato tutto il
glomerulo, ma solo alcune anse, inoltre non sono colpiti tutti i
glomeruli, ma soprattutto quelli della corticale profonda. Vetrino:
colore blu è indice di fibrosi.
Clinicamente, presenta degli aspetti caratteristici: ematuria
microscopica, frequente compromissione funzionale fin dall’inizio e l’ipertensione arteriosa.
Eziopatogenesi In questa malattia si formano depositi specifici di IgM e IgG e di alcune frazioni del complemento,
C3 in particolare; la forma tipica di è associata ad un quadro di sindrome nefrosica e si pensa che
sia un’aspecifica reazione del glomerulo a stimoli diversi.
Ci sono ipotesi di possibile associazione tra la GN a lesioni minime e questa patologia: è stato
osservato che pazienti adulti o adolescenti biopsiati già in età infantile e con diagnosi di
glomerulopatia a lesioni minime, dopo un’ulteriore biopsia, eseguita più avanti, risultino con una
diagnosi di glomerulosclerosi focale segmentaria. Si pensa quindi che la segmentaria sia
un’evoluzione temporale della glomerulopatia a lesioni minime. La corrente di pensiero opposta è
quella di nefrologici e urologi che seguono in particolare pazienti trapiantati: le glomerulonefriti
spesso recidivano su rene trapianto, e questa recidiva non si presenta dapprima come lesione focale
minima, ma direttamente come lesione focale. Oggi quindi queste due malattie si considerano per
lo più due entità distinte.
Meccanismi coinvolti nella patogenesi della sclerosi focale segmentaria:
Non immunologici: iperfiltrazione compensatoria, ipertensione e diabete;
Immunologici: da produzione di fattori permeabilizzanti.
Aumento della permeabilità
Modalità di valutazione di alterazione della permeabilità: si prende in esame il siero di pazienti malati
e si mettono i podociti in coltura (quelli con alterazioni del citoscheletro). Marcando l’albumina, si
osserva che questa passa da sopra a sotto per alterata permeabilità (questo test si eseguiva sul
paziente trapiantato per valutare la presenza di una eventuale recidiva).
Ipotesi patogenetiche dell'alterazione della permeabilità di membrana:
1) I fattori permeabilizzanti modificano alcune proteine su zone dei podociti che sono
fondamentali per la selettività del filtro. Conseguentemente si può avere la perdita di
nefrina, podocina, alfa-actinina e altre proteine.
2) Sono possibili anche cause genetiche: queste proteine sono modificate alla nascita e non
vengono modificate da nessun fattore permeabilizzante; si sviluppano alterazioni
citoscheletriche. L’esistenza di forme genetiche avvalora la tesi che questa patologia sia
una patologia a sé stante.
Fattore permeabilizzante: sono stati fatti vari studi per capire che fattore fosse, e conseguentemente
varie ipotesi:
• Coinvolgimenti della cardiotrofina 1 della famiglia dell’IL-6 (i podociti hanno infatti i recettori
per questa citochina);
• Data l'assenza di infiltrazione di cellule della linea B e di immunocomplessi, si suppone ci sia
una alterazione dell’immunità cellulo-mediata; inducendo infatti i linfociti Treg CD4, CD25,
FOXP3+, si sviluppa un effetto positivo con diminuzione della proteinuria (farmaci che
inducono linfociti Treg, come gli inibitori di mTOR sirolimus ed everolimus, vengono usati per
il trattamento della patologia e sono sfruttati anche come anti-rigetto).
• SuPAR: una molecola che interagisce con le integrine podicitarie e altera il messaggio tra le
integrine e il citoplasma, con conseguente riorganizzazione del citoscheletro. Si è incerti su
questo fattore perché la quantità di suPAR nel plasma dipende dalla funzione renale:
aumenta quando diminuisce la funzione glomerulare e aumenta la creatinina, e non è
diagnostico di glomerulo sclerosi focale segmentaria (per contro negli animali da
esperimento, se iniettato, induce la malattia).
Terapia Prevede i corticosteroidi, gli immunosoppressori, il rituximab e la modulazione dei Treg. Può essere
utile la plasmaferesi (in associazione al trattamento con steroidi) quando alla biopsia risultano
evidenze di recidiva su un rene trapiantato: i boli di cortisone spengono l’infiammazione e la
plasmaferesi elimina i fattori tossici dal sangue (si fanno cicli di plasmaferesi ogni 15 o 30 giorni per
cercare di inibire i meccanismi di perdita della funzione podocitaria e la sclerosi).
Glomerulonefrite membranosa Primitiva: si manifesta come sindrome nefrosica idiopatica, con depositi immuni a disposizione
tipica sub-epiteliale.
Secondaria: è una conseguenza di qualcosa d’altro:
- Infezioni: epatite B, sifilide, lebbra, filariosi, schistosomiasi.
- Malattie autoimmuni: LES (coinvolgimento glomerulare), sarcoidosi, dermatomiosite,
connettivite mista.
- Farmaci: probenecid, captopril, D penicillamina, sali d’oro.
- Tumori, leucemie, linfomi e carcinomi: valutare se c’è proteinuria da antigeni tumorali di
tumori epiteliali intestinali nella sindrome nefrosica (nei pazienti anziani che sviluppano una
sindrome nefrosica va sempre ipotizzata una GN membranosa da causa neoplastica).
Epidemiologia Rappresenta il 20/30% delle glomerulonefriti primitive, ed è la principale responsabile delle sindromi
nefrosiche idiopatiche dell'età adulta (70-80%).
L’incidenza risulta bassa nel bambino; colpisce per lo più gli adulti dopo i 30 anni e ha maggior
incidenza nel sesso maschile.
Eziopatogenesi Si ipotizza che alla base di questa patologia vi siano fattori immunogenici; ad oggi è infatti
considerata una malattia autoimmune.
• Sono state osservate alcune associazioni con alcuni aplotipi HLA, in particolare HLA-DR2
e HLA-DR3; queste molecole sono associate a deficit del recettore del segmento Fc dei
fagociti, cui farebbe seguito una ridotta clearance degli immunocomplessi.
• Gli immunocomplessi si pensa non si formino in circolo (perché nel sangue dei pazienti con
forme primarie non si ritrovano, al contrario dei pazienti affetti da forme secondarie a tumori
dove risultano presenti); primariamente si pensava ad immunocomplessi circolanti a bassa
avidità in cui l’equilibrio antigene anticorpo è spostato verso la forma dissociata, che permette
il passaggio degli immunocomplessi attraverso il filtro glomerulare (dopodichè precipitano e
si accumulano. Poiché non si osservavano in molti pazienti immunocomplessi circolanti sono
state fatte nuove ipotesi di formazione di immunocomplessi in situ: un antigene endogeno
o esogeno (forse della plasmamembrana dei podociti), localizzato nel glomerulo, interagisce
con gli anticorpi. Questo fenomeno si verifica nella nefrite sperimentale di Heymann, in cui
gli anticorpi sono diretti verso l’antigene gp330 dei podociti (possibile è dunque l'origine
autoimmune). Per molto tempo non si è identificato l’antigene; si pensava alla megalina che
in realtà sappiamo essere sui tubuli renali.
• Si ha anche un coinvolgimento del complemento, che viene attivato grazie al recettore di
PLA2 dei podociti e che aumenta la permeabilità di membrana dei podociti, per produzione
di fattori permeabilizzanti e per alterazioni nel metabolismo della membrana. I podociti
muoiono per apoptosi.
• Da pochi anni sono stati trovate delle risposte, in quanto si è visto che la forma membranosa
può essere dovuta ad una trasmissione materno fetale associata all’endopeptidasi neutra.
Diagnosi Microscopia ottica
La lesione caratteristica è l’ispessimento diffuso e uniforme delle membrane basali glomerulari in
assenza di altri segni di proliferazione cellulare.
- In fase iniziale le lesioni al microscopio ottico risultano minime, se non, addirittura, assenti;
- In fase tardiva, con l'impregnazione argentica, si osservano gli spikes, proiezioni di materiale
argentofilo sul versante esterno della membrana, corrispondono agli immunocomplessi; con il
tempo la parete capillare si ispessisce ulteriormente e all’impregnazione argentica può assumere
un aspetto tarlato o replicato.
- Possono esserci altre alterazioni quali la proliferazione mesangiale e un’infiammazione tubulo
interstiziale con infiltrazione di monociti, macrofagi e cellule T (caratteristiche associate ad una
prognosi sfavorevole).
Nelle forme secondarie di glomerulonefrite membranosa da tumore, alla sindrome nefrosica si
associa trombosi della vena renale che provoca dolore e una perdita funzionale dei reni, se la
trombosi è bilaterale. Si osservano edema e fibrosi interstiziale, conseguenze della trombosi.
Microscopia elettronica
Si possono identificare 4 stadi, che danno un’idea dell'evoluzione della malattia e di quanto aumenti
il deposito di immunocomplessi (non vanno sapute nel dettaglio).
• I Stadio: numerosi depositi elettron-densi a livello delle fessure di filtrazione sul versante
esterno della membrana basale. In corrispondenza dei depositi i pedicelli sono “fusi” e
distorti; i podociti sono rigonfi e ipertrofici. Al microscopio ottico i lumi dei capillari del
glomerulo sono leggermente dilatati e la parete può essere rigida, per il resto il glomerulo è
normale.
• II Stadio: i depositi aumentano in volume e in quantità e sono separati da materiale
similmembrana basale che costituisce gli “spikes” (visibili anche in microscopia ottica:
membrana basale con aspetto a “dente di pettine”; i glomeruli sono più allargati ed espansi
e le pareti capillari risultano diffusamente ispessite).
• III Stadio: i depositi diventano più eterogenei per forma, dimensione ed elettron-densità. Gli
“spikes” si allungano e tendono ad inglobare i depositi, unendosi tra loro sul versante esterno
della membrana basale, i pedicelli sono diffusamente distorti e fusi.
• IV Stadio: la membrana basale è ispessita in modo disomogeneo e contiene depositi residui
di densità diminuita e aree elettron-lucenti quasi trasparenti, che rappresentano depositi
riassorbiti. I pedicelli, benché deformati, non sono più fusi come negli stadi precedenti. La
remissione della proteinuria spontanea o indotta con la terapia si associa spesso all’aspetto
elettron-lucente dei depositi.
Immunofluorescenza
Aspetto caratteristico: sono presenti depositi generalizzati, diffusi e granulari di IgG, di C3 e di
componenti terminali del complemento (C5b9) lungo le membrane basali in sede sub-epiteliale (nel
I stadio, l’IF può apparire pseudo-lineare).
Più raramente, possono essere presenti depositi di C1q e C4 o di IgA e IgM; la loro presenza,
soprattutto se abbondante, deve fare sospettare una forma secondaria.
Dosaggio di auto-anticorpi
Si prende il siero del paziente e si valuta la presenza di autoanticorpi anti-PLA2R (famiglia dei
recettori leganti il mannosio, espresso da podociti, pneumociti II, linfociti splenici e neutrofili). Non
serve più effettuare la biopsia in caso di positività agli anticorpi.
Funzioni del PLA2R:
• Proliferazione cellulare;
• Migrazione cellulare;
• Rilascio di ormoni;
• Produzione mediatori lipidici;
• Produzione citochine.
Test per identificare gli anticorpi:
• Immunofluorescenza indiretta con cellule embrionali del rene esprimenti il recettore
PLA2R e come controllo cellule senza recettore: si prende il siero e si fa una diluizione con
PBS (1:10, 1:100 e 1:1000). Si incuba il tutto per 30 minuti, e successivamente viene
utilizzato un anticorpo caprino anti IgG umane coniugato con fluorescina isotiocianato che
permette di osservare di quanto è diminuita la fluorescenza nelle varie diluizioni.
• ELISA: c'è un cut off per cui se gli anticorpi sono superiori ai 400 RU/100 ml difficilmente un
soggetto risponde alla terapia; se invece gli anticorpi sono minori il paziente risponde alla
terapia più facilmente (questo test è anche prognostico). Di solito succede che dopo un
trattamento qualunque l'anti PLA2R scende ancora prima della proteinuria.
• Test sui podociti in vitro:
1. Test di citotossicità con XTT;
2. Valutazione del danno apoptotico;
3. IF e FACS per la nefrina: si osserva che la nefrina indispensabile per la selettività
glomerulare è ridotta (all'IF il rosso indica la quantità di nefrina). Si vede che la nefrina
decade se si mette il siero malato sui podociti, mentre post trattamento con rituxibam
la nefrina aumenta leggermente.
A volte nel siero può non esserci l’anticorpo anti-PLA2R, ma nonostante ciò la nefrina decade lo
stesso se le cellule vengono messa a contatto col siero del paziente. Questo fa pensare che vi sia
altro a determinare la malattia: forse proteine infiammatorie o proteine in grado di modificare il
citoscheletro (una proteina identificata è una proteina simile alla trombospondina).
Terapia - Terapia sintomatica: albumina associata a furosemide, statine, eparina a basso peso
molecolare.
- Trattamento con corticosteroidi che possono o meno associarsi a immunosoppressori a mesi
alterni (clorambucile, ciclofosfamide); in resistenza ai corticosteroidi si può usare la
ciclosporina come antiproteinurico, anche se questo farmaco è nefrotossico.
- Rituximab, anticorpo monoclonale, in soggetti che non possono più fare uso di
corticosteroidei.
- ACTH.
Glomerulonefrite mesangio-capillare (membrano-proliferativa) Si tratta di nefropatie glomerulari caratterizzate da cospicua proliferazione mesangiale e
dall'ispessimento della parete delle anse dei capillari, con aspetti di doppio contorno dovuti
all’estensione circonferenziale attorno ai lumi capillari delle cellule mesangiali.
Classificazione • GNMP di tipo I con depositi sub-endoteliali;
• GNMP di tipo II o malattia a depositi densi (non ha depositi di immunocomplessi);
• GNMP di tipo III con depositi sub-epiteliali secondo Burkholder o intramembranosi secondo
Anders e Strife (molti autori tuttavia considerano il tipo III una variante del tipo I).
Sono dunque un gruppo eterogeneo di glomerulo nefriti che hanno un aspetto anatomopatologico
comune: lo sdoppiamento della membrana basale glomerulare.
Quadro clinico Ragazzo di 16 anni con normale sviluppo psicofisico, a 12 anni si sottopone al vaccino trivalente.
Dopo 3 settimane: febbricola, ipertensione, ematuria, edemi declivi ed edema periorbitale:
manifestazione di una sindrome nefritica.
- Esami: creatinina nella norma, proteinuria (non selettiva) 3.4 g/24h (sembra un quadro a metà fra
nefritica e nefrosica), emazie non conservate e cilindruria mista, ipocomplementemia. Si dosano
i classici autoanticorpi e risultano tutti negativi.
- Effettuata una biopsia renale, si evidenziano 7 corpuscoli del Malpighi, di cui 2 con sclerosi globale
del flocculo. Nei restanti glomeruli: spazi uriniferi liberi e aumento degli assi mesangiali per
incremento della sostanza fondamentale. Membrane basali ispessite e in alcuni tratti reduplicate.
Lumi capillari scarsamenti evidenti (per allargamento del mesangio/proliferazione endocapillare o
essudazione di elementi mono-polimorfonucleati). Interstizio finemente fibroso. Tubuli di aspetto
usuale (qualche raro cilindro ematico). Vasi di aspetto usuale. PTAH e AFOG: depositi in sede
sottoendoteliale.
- IF: Positività diffusa per C3 (+++) granulare in membrana basale (depositi in sede subendoteliale
e tralci a livello assi mesangiali). Positività periferica ad aspetti lobulari per IgA (+), IgG (+), IgM
(+++), C1q (+++), C4 (++)
La diagnosi è una glomerulonefrite membrano proliferativa di tipo 1 a depositi sotto endoteliali.
Il paziente viene trattato con 3 boli cortisone + ciclofosfamide (quando sta evolvendo verso
l'insufficenza renale).
Eziopatogenesi La patologia può essere ad eziologia ignota idiopatica oppure secondaria.
Le cause della secondaria sono varie:
• Infettive: epatite C, infezioni da micoplasma, schistosomiasi, filariosi di minore importanza,
endocardite batterica, AIDS;
• Lupus eritematoso sistemico;
• Crioglobulinemia mista essenziale;
• Porpora di Schönlein-Henoch;
• Neoplasie (leucemia linfatica cronica, linfomi, tumore di Wilms, alcuni carcinomi);
• Epatopatie croniche;
• Deficit di a1-antitripsina.
Glomerulonefrite mesangio-capillare di tipo 1 Epidemiologia
L’Incidenza è alta, rappresenta il 90% delle glomerulonefriti membrano proliferative (è la forma più
frequente). In generale adesso è in netta diminuzione perché si è scoperta l’associazione con
l’epatite C; inoltre dipende dalle modificazioni igieniche e ambientali. Uguale incidenza nei maschi e
nelle femmine.
Eziopatogenesi
L’eziologia è sconosciuta nella forma idiopatica; tuttavia la presenza di depositi elettrondensi e
depositi di immunocomplessi fa pensare ad una patogenesi da immunocomplessi.
- Fondamentale per la diagnosi è il riscontro di ipocomplementemia C3 in seguito alla massiva
attivazione della via alternativa del complemento; la via diretta viene attivata, ma in minor misura.
I pazienti presentano autoanticorpi IgG contro la convertasi della via alternativa del complemento;
questo è il C3NF (C3 nefritic factor) che determina il clivaggio della C3 nativa, stabilizzando la
convertasi. Non è chiaro tuttavia il significato patogenetico del C3NF; è stato ipotizzato che il
deficit complementare possa favorire infezioni recidivanti e pertanto la formazione di
immunocomplessi, o ridurne la rimozione dal circolo, che avviene per interazione con i recettori
CR1 degli eritrociti e dei fagociti mononucleati. Vi è inoltre una potenziale perdita del potere
solubilizzante del complemento sui depositi di immunocomplessi.
- Esiste inoltre un condizionamento genetico per associazione con aplotipi HLA.
- La presenza nel siero di C3NF fa aumentare l’espressione delle molecole di adesione
sull’endotelio e queste richiamano le cellule infiammatorie che perpetuano il danno; c'è anche
un’attivazione piastrinica e l’innesco della coagulazione, con conseguente deposizione di fibrina
e ulteriore danno alle cellule glomerulari (in terapia è importante scoagulare il paziente).
L’attivazione infiammatoria e della coagulazione determina un aumento della produzione di
proteine fibrotiche quali PDGF e TGF beta che stimolano la proliferazione mesangiale, il deposito
di matrice e l’ulteriore richiamo di cellule infiammatorie.
Analisi sulla biopsia
1) Immunofluorescenza
- I depositi immuni prevalenti sono quelli della frazione C3 del complemento, di properdina e
in misura minore di fattore B; la distribuzione è irregolare e granulare, e tende a disegnare la
periferia dei lobuli e in modo vario l’asse mesangiale.
- I depositi di Ig sono presenti nella maggior parte dei casi, in genere con un’intensità inferiore
di quella riscontrata per il C3; la frequenza della positività varia a seconda delle casistiche,
essendo maggiore per le IgG (circa 70%) e decrescendo per le IgM (50-60%) e le IgA (30%).
- Le frazioni precoci del complemento C1q e C4 sono per lo più assenti (il reperto
immunoistochimico di abbondanti depositi di Ig e intensa positività per C1q e C4 deve fare
sospettare una nefropatia lupica).
2) Microscopia ottica
- L’espansione del mesangio per proliferazione cellulare e l'aumento di matrice determinano
una dislocazione periferica delle anse capillari con aumento dell’aspetto lobulato del flocculo,
che può talora essere molto marcato come nella variante “lobulare”. In alcuni casi
l’ipercellularità è sostenuta dall’accumulo di PMN e monociti che può essere anche molto
marcata come nella variante proliferativo-essudativa.
- La parete dei capillari glomerulari è diffusamente ispessita e all’impregnazione argentica
sono spesso evidenti aspetti di doppio contorno; sono state descritte anche forme a
coinvolgimento focale e segmentario.
- Con opportune colorazioni si possono osservare depositi di materiale ialino in sede
subendoteliale e mesangiale.
- In taluni casi sono presenti semilune sia focali e segmentarie che, più raramente, diffuse e
circonferenziali; le semilune rappresentano un fattore prognostico sfavorevole.
- E’ talora presente sclerosi focale o globale dei glomeruli, tubuli, interstizio e vasi non
presentano lesioni specifiche.
In generale, nelle fasi più avanzate sono presenti infiltrati interstiziali di cellule mononucleate, atrofia
tubulare e fibrosi interstiziale e, nei casi con ipertensione, lesioni arteriolari con ipertrofia e
slaminamento della lamina elastica.
3) Microscopia elettronica
- L’aspetto più rilevante è rappresentato dalla reduplicazione della membrana basale
glomerulare con interposizione di lamine citoplasmatiche di cellule mesangiali e, più
raramente, di PMN e monociti.
- I depositi elettron-densi di vario tipo sono localizzati in sede sottoendoteliale e, in minor
misura, nel mesangio.
- Talora possono essere presenti depositi elettron-densi sub-epiteliali (tipo III di Burkholder) o
intramembranosi con aspetto di disgregazione della membrana basale (tipo III di Anders e
Strife). E’ presente un aumento sia delle cellule che della matrice mesangiale.
Manifestazioni cliniche
In circa il 30-40% dei soggetti è presente un dato anamnestico di precedente infezione delle vie
aeree superiori.
L’esordio clinico è vario;
30-50%: la glomerulonefrite si manifesta con una sindrome nefrosica;
25-30%: associata macroematuria ricorrente;
20-30%: proteinuria asintomatica associata a micro o macro ematuria;
20-30%: sindrome nefritica acuta;
30-40%: è presente un’ipertensione generalmente moderata;
50%: il filtrato glomerulare è ridotto.
La prognosi è sfavorevole e la glomerulonefrite evolve verso l’insufficienza renale: a 10 anni
dall’esordio della malattia circa il 50% dei pazienti è nello stadio di uremia terminale. Tuttavia in una
piccola percentuale di casi (10-13% nel bambino e 5-7% nell’adulto) è riportata una remissione
completa.
Fattori prognostici negativi:
- Clinici: ipertensione, riduzione del filtrato glomerulare all’esordio, presenza di sindrome
nefrosica;
- Istologici: presenza di semilune, interposizione mesangiale diffusa, sclerosi glomerulare e
presenza di lesioni tubulo-interstiziali.
Esami di laboratorio
- Esame urine: macroematuria e proteinuria persistenti. Per lo più la proteinuria è di tipo non
selettivo ed ha un grado elevato (> di 3 g/die); al sedimento le emazie sono mal conservate
(segno di danno renale) e si ritrovano cilindri ialini e granulosi.
- Complemento: si osserva riduzione della frazione C3 del complemento, e si ha anche la
riduzione dell’attività del complemento sierico, detto anche CH50. C1q e C4 sono pressoché
normali (talvolta si riduce C4 ma raramente), properdina e fattore B sono anche loro normali.
- C3NF non si ritrova in tutti pazienti (solo nel 20%), e immunocomplessi circolanti si ritrovano
nel 30/60% dei pazienti
- La VES è normale;
- Spesso è presente un’anemia normocitico-normocromica, Coombs-negativa, che non si
correla con il grado di insufficienza renale;
- E’ presente un aumentato turnover piastrinico e del fibrinogeno, che insieme all’anemia
possono suggerire una componente microangiopatica.
Terapia
- Trattamento (steroideo) con indometacina, cui si aggiunge ciclofosfamide se la prognosi sembra
sfavorevole;
- Anticoagiulanti (warfarin) e antiaggreganti (diripidamolo), anche se non sempre sembrano
correlati ad un miglioramento perché il paziente con uremia grave ha di per sé una tendenza al
sanguinamento (probabilmente per una interazione tra l’acido urico e le piastrine).
Glomerulo nefrite mesangiocapillare di tipo 2 Epidemiologia
Malattia rara: è l’1% delle glomerulonefriti totali, e il 10% delle GNMP.
L'incidenza del tipo 2 è costante (non è scesa nel tempo come il tipo 1) ed è maggiore nei giovani
sotto i 20 anni.
Eziopatogenesi
È sconosciuta:
- Si è riscontrata un’associazione con le infezioni da micoplasma pneumoniae;
- Non sembra vi sia un coinvolgimento di immunocomplessi, Ig e C3; tuttavia si riscontra un
consumo di C3, per attivazione della via alternativa (non è chiaro il rapporto tra patologia e
attivazione del complemento).
La natura dei depositi densi non è nota; non contengono né immunoglobuline né complemento, non
reagiscono con anticorpi diretti contro i diversi componenti della membrana basale né con differenti
tipi di collagene. Studi biochimici hanno dimostrato l’elevato contenuto di acido sialico e presenza di
una componente osmiofila complessa ricca in acidi grassi insaturi estraibile con i solventi dei lipidi.
L’origine dei depositi è extra renale, e questo si evidenzia dal fatto che la recidiva su un rene
trapiantato è sicura; inoltre è stata osservata la presenza di depositi densi anche al di fuori della
sede renale.
Analisi sulla biopsia
1) Immunofluorescenza
- Si osserva una positività isolata per la frazione C3 del complemento, sia lungo le anse
capillari (dove assume aspetto lineare), sia nel mesangio (dove i depositi appaiono
grossolanamente granulari o a zolle).
- Depositi di C3 sono riscontrabili anche lungo la capsula di Bowman e le membrane basali
tubulari.
2) Microscopia ottica
- Le membrane basali glomerulari appaiono diffusamente ispessite, e a causa della scarsa
colorabilità dei depositi densi con acido periodico-argento-metenamina, è possibile differenziarli
dalla membrana basale normale; la colorazione dei depositi con tioflavina T permette di
evidenziarne il particolare “aspetto a festone”.
- Depositi possono essere inoltre presenti nella capsula di Bowmann e nella membrana basale dei
tubuli prossimali; occasionalmente, soprattutto in bambini, sono stati descritti casi con aspetti
necrotizzanti e proliferazione extracapillare.
3) Microscopia elettronica
- Mette in evidenza i caratteristici depositi di materiale omogeneo ed elettron-denso nello spessore
della lamina densa della membrana basale con il caratteristico aspetto a festone, dovuto a tratti
di membrana basale normale intercalati ai depositi.
- Non raro è il riscontro di depositi extramembranosi isolati tipo “humps”.
Manifestazioni cliniche
Esordio e manifestazioni cliniche sono simili a quelle della GNMP di tipo I; in una percentuale varia
di soggetti (40-70%) la comparsa della nefropatia segue un’infezione acuta delle vie respiratorie. La
nefropatia può manifestarsi con una sindrome nefrosica (40-50% dei casi), con una sindrome
nefritica acuta (30-38%) o con proteinuria non selettiva associata a macro o microematuria (21-
35%).
Varia l’incidenza di ipertensione (27-50%); nel 30-52% dei pazienti è presente un’insufficienza renale
all’esordio.
La prognosi renale è sfavorevole, e il 70% circa dei pazienti evolve verso l’insufficienza renale
terminale nel giro di 8 anni. La presenza di una sindrome nefrosica è ritenuta un indice prognostico
sfavorevole e accelera notevolmente l’evoluzione verso l’uremia.
L’incidenza di recidive della malattia nel trapianto renale è elevatissima (80-90%), ma rimane per lo
più asintomatica e non influenza in modo significativo la sopravvivenza dell’organo trapiantato.
La terapia è la solita.
Esami di laboratorio
- C3 basso, C4 nella norma;
- C3NF è positivo nel 70% dei pz;
- Filtrato glomerulare ridotto;
- Non ci sono immunocomplessi circolanti.
Nuova classificazione Tutto questo può essere rivisto in una classificazione basata sulla presenza degli immunocomplessi
e sull’attivazione del complemento:
- tutti i tre tipi di GNMP possono avere la sola attivazione del complemento;
- Mentre il tipo 2 non ha mai immnocomplessi e Ig, le altre si.
Ciò vuol dire che i tipi 1, 2 e 3 che hanno solo il complemento vengono classificate anche come
glomerulopatie C3 legate; non sono legate a immunocomplessi (come il tipo 1 e alcuni casi di tipo
3).
Possibili attivazioni del complemento sono nel tipo 1 la via classica e nel tipo 2 la via alternativa;
possono esserci deficit di fattori inibenti complemento, come il fattore H.
Nuove terapie: si è iniziato a usare anticorpi, il solito Rituximab, e uno nuovo, l’Eculizumab che ha
come bersaglio il complemento.
Glomerulonefrite post-infettiva Epidemiologia L'incidenza è elevata nel terzo mondo, mentre qui si è ridotta per la diagnosi precoce di infezione e
per l'uso alto di antibiotici. E' frequente più che altro nei bambini con infezione da streptococco, più
rara negli adulti.
Eziopatogenesi Eziologia infettiva
È stata la prima glomerulonefrite diagnosticata, ed è legata ad alcuni tipi di infezioni:
- Un tempo era definita post streptococcica perché si pensava fosse associata solo allo
streptococco beta emolitico di tipo A (in particolare il tipo 12); questa tipologia causa una sindrome
nefritica acuta.
- È stato evidenziato inoltre il legame con altri tipi di agenti infettivi: in particolare S. Aureus catalasi
positivo in alcuni casi di endocardite batterica, altri batteri (salmonella, klebsiella, treponema,
gonococco) e anche alcuni virus (quali Herpes Zoster, parotite epidemica, morbillo, epatite B,
mononucleosi).
Tali forme vengono definite post infettive, tuttavia in una bassa percentuali di pz non si identifica un
precedente infezione e in questi casi si parla di casi idiopatici a causa ignota (11-18%mmnk ).
Oggi pensiamo sempre ad un’infezione correlata a IR acuta, ma i meccanismi si pensa siano legati
al danno tubulare legato all'ipoperfusione nella fase di sepsi; tuttavia esiste anche la possibilità di
un danno glomerulare post infettivo.
Ipotesi immunopatogenetiche
1) È stata sempre definita come malattia da siero per la presenza di immunocomplessi nel
circolo: si ha dapprima un episodio febbrile con l'infezione del tratto respiratorio, e dopo
due settimane circa si sviluppa la comparsa di sintomi renali (con sindrome nefritica,
micro e macroematuria con proteinuria).
2) Tuttavia, la recente identificazione di antigeni streptococcici cationici potenzialmente
nefritogenici ha fatto prospettare l’ipotesi di una preventiva localizzazione glomerulare
dell’antigene cationico per interazione con i siti anionici della parete capillare glomerulare,
seguita da una formazione “in situ” di IC ad opera di anticorpi circolanti.
Analisi della biopsia Immunofluorescenza
Nella GN post infettiva si ritorovano depositi di immunocomplessi positivi per la frazione C3 del
complemento e per le Ig, più raramente per C1q e C4. I depositi possono assumere 3 diverse
strutture:
1. A spruzzo o cielo stellato: depositi finemente granulari, diffusi e irregolari nella parete delle
anse capillari e nel mesangio; talvolta sono anche presenti grossi depositi globulari isolati.
2. Mesangiale: depositi a disposizione assiale;
3. A ghirlanda: depositi granulari o finemente granulari concentrati alla periferia delle anse, con
deposito mesangiale minimo (aspetto lobulare del flocculo); i depositi di IgM e IgA sono rari
e per lo più localizzati al mesangio, e depositi di fibrina possono essere presenti in sede
mesangiale e nelle semilune epiteliali. Sono stati descritti anche depositi immuni vascolari
extra-glomerulari e splenici.
Microscopia ottica
- Glomeruli ingranditi per proliferazione cellulare e infiltrazione di cellule infiammatorie (linfociti,
PMN, eosinofili e monociti); le cellule dell’endotelio e del mesangio proliferano così tanto da
obliterare i lumi capillari. A volte è presente una proliferazione extracapillare delle cellule
epiteliali capsulari, con formazione di semilune.
- In sezioni colorate con opportune colorazioni (acido fosfotungstico-ematossilina, blu di
toluidina o tricromica di Masson) è possibile vedere depositi isolati sul versante subepiteliale
della membrana basale;
- Edema interstiziale diffuso con infiltrati focali di cellule mononucleate e focale degenerazione
delle cellule tubulari;
- I vasi sono normali; rarissimi sono l’arteriolite e l’arterite necrotizzante.
Microscopia elettronica
La glomerulonefrite acuta è caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti “humps”, costituiti da depositi
focali elettron-densi a cupola sul versante sub-epiteliale della membrana basale; spesso sono in
corrispondenza delle fessure di filtrazione.
Il citoplasma della cellula epiteliale adiacente agli “humps” presenta un addensamento di
miofilamenti e i pedicelli sono focalmente fusi con obliterazione delle fessure di filtrazione. Talvolta
ci sono humps atipici dalla forma irregolare.
Manifestazioni cliniche L’esordio della sintomatologia segue un periodo di latenza dall’inizio dell’infezione, che varia da una
media di 10 giorni per le infezioni delle vie respiratorie, 20 giorni per le dermatiti impetiginizzate e 2-
3 settimane dalla comparsa dell’esantema per la Scarlattina.
Sintomatologia
La manifestazione clinica è quella di una sindrome nefritica acuta caratterizzata da contrazione
della diuresi, talvolta molto marcata, e macroematuria che può anche essere di breve durata. Altri
sintomi:
- Nei casi di grave ematuria può essere presente anche disuria, l’anuria è rara, e indica una
evoluzione in glomerulonefrite rapidamente progressiva.
- Sono presenti edemi, soprattutto palpebrali, e ipertensione arteriosa (nei bambini si alza la
diastolica). La ritenzione idroelettrolitica e la conseguente ipertensione arteriosa possono
provocare congestione del circolo con dispnea, asma cardiaca ed edema polmonare, e,
soprattutto nei bambini encefalopatia ipertensiva con confusione, sonnolenza, cefalea, vomito e
talora convulsioni; data la breve durata dell’ipertensione sono assenti le complicanze retiniche.
- In una minoranza di pazienti (5-10%) può svilupparsi una insufficienza renale acuta; tuttavia in un
numero elevato di soggetti le manifestazioni sono sub-cliniche, e la glomerulonefrite è
diagnosticabile solo sulla base dell’esame urine.
Prognosi
Si ritiene che nel 90% circa dei bambini anche l’evoluzione a distanza sia favorevole.
Nell’ adulto invece è più frequente (50% circa dei soggetti) l’instaurarsi di una sindrome nefritica
cronica con progressione del danno glomerulare verso la sclerosi e l’evoluzione verso IRC; perché
ci sia guarigione senza complicanze è importante fare una terapia anti ipertensiva e idratazione.
Esami di laboratorio - Esame delle urine: evidenzia proteinuria non selettiva generalmente inferiore ai 3 g/die, e
una macro o microematuria; nel sedimento urinario sono presenti cilindri eritrocitari ed
eritrociti dismorfici, talora leucociti e cilindri ialino-granulosi.
- Il filtrato glomerulare è spesso ridotto, e può essere presente iperazotemia; l’escrezione
urinaria di sodio e di calcio sono molto ridotte durante la fase acuta.
- Il tampone faringeo o le culture di espettorato o di cute possono dimostrare la presenza di
infezione streptococcica di gruppo A; il titolo anticorpale anti-streptolisina O (ASLO),
antiialuronidasi e anti-deossiribonucleasi B è spesso aumentato. La documentazione con
prelievi seriati di un aumento del titolo è indicativa di avvenuta infezione, ma non si correla
necessariamente con lo sviluppo della glomerulonefrite.
- Monitorare le frazioni sieriche del complemento: in particolare è presente una riduzione
dell’attività emolitica (CH50) e della frazione C3 del complemento, e l’ipocomplementemia
C3 si associa generalmente alla riduzione dei livelli di properdina (P), ma non delle frazioni
complementari C1q, C2 e C4 (suggerendo un’attivazione preminente della via alterna del
complemento).
- Nella fase di acuzie sono frequentemente presenti immunocomplessi circolanti e
crioglobuline, costituite da IgG policlonali talora associate a IgM e C3;
- Aumento della VES, delle proteine della fase acuta, del Fattore VIII e dell’attività plasminica.
- Prodotti di degradazione della fibrina possono talora essere evidenziabili nelle urine.
GN proliferativa mesangiale a depositi di IgA (di Berget) La malattia di Berger è una glomerulonefrite primitiva caratterizzata istologicamente dalla presenza
di depositi mesangiali di IgA, e clinicamente da episodi ricorrenti di macroematuria alternata a
microematuria (associate o meno a proteinuria, che però non rtaggiunge mai i valori della sindrome
nefrosica); a volte nel paziente si osservano urine a lavatura di carne.
La diagnosi differenziale deve essere fatta verso forme secondarie di vasculiti, Porpora di Shonlein
Henoch, celiachia, dermatite herpetiforme, LES e altre patologie a carattere autoimmune, alcune
neoplasie e forme associate a cirrosi epatica.
Rene e fegato hanno cross-talk importanti, c’è una spiccata associazione tra cirrosi e GN a depositi
di IgA con proteinuria e microematuria.
Epidemiologia E' la GN con maggiore incidenza nella popolazione mondiale (la maggior parte dei dializzati con IRC
ha questa patologia).
L’incidenza è differente nelle diverse aree geografiche: in Europa rappresenta circa il 20-30% delle
GN primitive e in Asia il 30-40% (in Giappone la casistica è molto importante); al contrario, in America
l’incidenza è inferiore al 20%.
Può manifestarsi in un ampio range di età (10-50 anni); il rapporto maschio/femmina è di 2,5:1 (esiste
anche una casistica pediatrica ma inferiore).
Eziopatogenesi IgA circolanti
Le IgA: sono le Ig più rappresentate nel nostro organismo, presenti a livello soprattutto di mucosa
intestinale e respiratoria (e questo pone in correlazione l’insorgenza del quadro della GN a depositi
di IgA previa esposizione ad allergeni alimentari o respiratori). Le IgA sono del tipo A1 e A2 e sono
glicosilate; nella loro forma alterata invece sono deglicosilate e ciò causa alterazione nella loro
regione cerniera (questo fenomeno sembra avere ruolo nel processo di accumulo).
La patogenesi è ignota, tuttavia sono state identificate numerose alterazioni immunologiche cellulari,
umorali e a livello delle mucose:
- Si ritiene che i depositi di IgA nel mesangio derivino da IgA in circolo, e siano probabilmente
costituiti da immunocomplessi contenenti le IgA; il legame del componente secretore e la
presenza nei depositi della catena J suggeriscono che almeno parte delle IgA siano polimeriche.
Le IgA presenti nei depositi appartengono preferenzialmente alla sottoclasse A1 e possono talora
associarsi a IgG e più raramente IgM; per una localizzazione dal circolo depongono anche
l’elevata incidenza di recidiva nel rene trapiantato (50%) e, viceversa, la scomparsa dei depositi
IgA qualora un rene con glomerulonefrite di Berger sia trapiantato in un altro soggetto (P.S.: per
quanto riguarda la possibilità di recidiva della sindrome a depositi di IgA nel rene trapiantato essa
non è così frequente come nel caso della sclerosi focale segmentaria o malattia a depositi densi
ma è comunque possibile).
- L’aumentato livello sierico di IgA (50% dei pazienti) e di IgA1-polimeriche è stato posto in
relazione ad una esaltata funzione T-helper aspecifica.
- E' stata inoltre indagata la possibilità che l’aumentata produzione di IgA1-polimeriche avvenga
a livello delle mucose; in effetti, in coincidenza di infezioni delle vie respiratorie si ha un aumento
di IgA1-polimeriche e di immunocomplessi circolanti, e un’esacerbazione clinica con
macroematuria.
Studi che dimostrano una patogenesi da aumentata produzione di IgA1, con conseguente accumulo
di immunocomplessi circolanti:
1) Studi effettuati sulle tonsille in soggetti con GN a depositi di IgA hanno dimostrato un
incremento di attività T-helper, con alterazione del rapporto tra linfociti CD4/CD8 e un
aumentato numero di cellule produttrici IgA1 e IgA1-polimeriche;
2) Inoltre è stata messa in evidenza la presenza di un aumentato numero di plasmacellule
secernenti IgA1 nel midollo osseo dei pazienti con glomerulonefrite di Berger;
3) Infine, studi con vaccini virali hanno dimostrato nei pazienti un’iper-responsività selettiva
per la produzione di IgA1 e non IgA2. Gli antigeni esogeni che sono ritenuti
potenziamente coinvolti nella stimolazione della sintesi di IgA1 sono antigeni virali, e in
un certo numero di casi antigeni alimentari. Si può ipotizzare che un’alterata funzionalità
del sistema immunitario mucosale permetta il passaggio in circolo di epitopi antigenici in
grado di esaltare la produzione di IgA specifiche da parte delle plasmacellule midollari.
Meccanismi antigene-indipendenti
Sono stati evidenziati anche meccanismi antigene-indipendenti:
- E’ stato dimostrato un ridotto punto isoelettrico delle IgA1-polimeriche presenti nei depositi
glomerulari rispetto a quelle circolanti, e dunque la possibilità che le IgA1 cross-reagiscano
con il collagene di tipo IVa.
- Negli ultimi anni è stato dato notevole risalto ad alterazioni strutturali delle molecole di IgA
che potrebbero favorire l'interazione con le componenti principali della matrice mesangiale.
In particolare, le IgA sono delle glicoproteine che possiedono numerosi siti di N-glicosilazione
comuni a tutte le altre glicoproteine, ma hanno la peculiarità di possedere dei siti di O-
glicosilazione specifici nella cosiddetta "hinge region", o regione cerniera. Esistono evidenze
sperimentali per cui un’alterazione della glicosilazione di tale regione delle IgA senza
mutazioni della sequenza peptidica, a causa di una diminuzione della attività dell'enzima
beta1,3-galattosiltransferasi catalizzante l'allungamento della catena di carboidrati,
porterebbe a una maggiore facilità di interazione di tali molecole con la matrice mesangiale
e all'attivazione delle cellule mesangiali residenti; infatti la mancata
glicosilazione della IgA ne altera l’elettricità, permettendo loro di interagire con la matrice
mesangiale.
- Inoltre è stata prospettata una specificità auto-anticorpale per strutture mesangiali.
Recentemente è stata dimostrata la presenza di un fattore reumatoide IgA anti-IgG nel siero
del 52% dei pazienti con sindrome di Berget, che si correla alla presenza di IgG nei glomeruli;
i depositi autoimmuni nel mesangio innescano la cascata del complemento, favorendo il
deposito di C3 e dei componenti terminali del complemento che sono ritenuti cruciali per lo
sviluppo della flogosi glomerulare. In particolare, la presenza nei depositi del cosiddetto
“Complement Attack Complex” è stata messa in relazione alla rapida progressione del danno
glomerulare. All’immunoistochimica si evidenziano depositi di C3 e di C9 nel mesangio.
Analisi della biopsia Immunofluorescenza
Il deposito di IgA di tipo IgA1 generalizzato è diffuso in sede mesangiale e talora
subendoteliomesangiale, e rappresenta la caratteristica distintiva della glomerulonefrite di Berger;
raramente i depositi sono nel filtro ma si depositano nel mesangio che è il sostegno al filtro
glomerulare. Sono inoltre presenti:
- Nell’80-90% dei casi depositi di C3, nel 50-70% dei casi depositi di IgG e nel 30-60% dei casi di
IgM;
- Depositi di fibrina sono presenti nel 30-40% dei casi, e spesso si associano alla presenza di
semilune.
Microscopia ottica
Il tipo e la gravità del danno glomerulare presentano un ampio spettro di variabilità nei diversi casi.
1) Nei 2/3 circa dei pazienti si osservano lesioni proliferative mesangiali di vario grado
associate ad aumento della matrice, in corrispondenza della quale si possono
identificare, con opportune colorazioni, depositi (per lo più di piccole dimensioni). Il danno
glomerulare associato ai depositi si instaura nel tempo, tende a guarire e raramente esita
in IRC (a meno che l’intervento clinico non sia tardivo).
2) Seguono in ordine di frequenza, lesioni proliferative endocapillari focali e segmentarie, di
norma sovrapposte a un danno mesangiale; occasionalmente si possono riscontrare casi
con proliferazione endocapillare diffusa e, del tutto eccezionalmente, forme di tipo
membranoproliferativo.
3) La proliferazione extracapillare, sotto forma di piccole semilune cellulari, è un evento
relativamente frequente, specialmente nelle forme con proliferazione endocapillare,
mentre è raro il riscontro di semilune circonferenziali nella maggior parte dei glomeruli.
In una ristretta minoranza dei casi prevalgono le lesioni sclerotiche glomerulari che arrivano a
coinvolgere anche il 70-80% dei glomeruli; soprattutto nei casi con più grave danno proliferativo o
sclerotico si associano lesioni tubulo-interstiziali, con sclerosi e infiltrazione mononucleata e atrofia
tubulare (questo di solito capita quando si arriva tardi con la diagnosi). C'è positività dei marcatori
sia linfocitari che monocitari nelle aree di deposito.
Sulla base della gravità delle lesioni istologiche è stata proposta una classificazione in 5 gradi:
- Grado I (lesioni minime): caratterizzato da un lieve ispessimento della matrice mesangiale, senza
evidente ipercellularità mesangiale e lesioni tubulo-interstiziali.
- Grado II (lesioni minori): caratterizzato da ipercellularità mesangiale presente in meno del 50%
dei glomeruli, con rare lesioni sclerotiche e assenza di lesioni tubulo-interstiziali;
- Grado III (GN focale e segmentaria): caratterizzato da lieve o moderata ipercellularità mesangiale
diffusa con ispessimento della matrice extracellulare; è possibile osservare aree segmentarie di
collasso delle anse capillari e la formazione di semilune con presenza di infiltrato interstiziale.
- Grado IV (GN diffusa proliferativa mesangiale): caratterizzato da marcata proliferazione
mesangiale diffusa a tutti glomeruli con presenza di semilune, aree di glomerulosclerosi
segmentaria o globale con diffusi infiltrati interstiziali e atrofia tubulare;
- Grado V (GN diffusa sclerosante): caratterizzata da sclerosi glomerulare globale o segmentaria
con numerose aderenze capsulari e semilune (cellulari o fibrotiche) in più del 50% dei glomeruli.
Sono presenti inoltre gravi alterazioni tubulo interstiziali.
Microscopia elettronica
Sono presenti depositi elettron-densi in sede mesangiale e, più raramente, modesti depositi
subendoteliali, accumulo di matrice simil-membrana basale e proliferazione mesangiale di grado
variabile. L'accumulo di IgA è infatti uno stimolo alla proliferazione mesangiale: si ha attivazione
mesangiale con secrezione di fattori di crescita profibrotici che vanno ad espandere la matrice (tipico
allargamento della matrice in microscopia).
A volte ci sono quadri particolarmente difficili da trattare in cui all’aspetto tipico della malattia da IgA
si associa l’osservazione di semilune crescenti tipiche della GN rapidamente progressiva; le forme
rapidamente progressive si possono associare ad un'impronta proliferativa capillare come nel caso
delle vasculiti, o a lesioni tipiche di altre GN come in questo caso.
Quadro clinico Esordio
L’esordio della nefropatia, come anche le riacutizzazioni, sono spesso precedute o sono
concomitanti a episodi infettivi delle vie aeree.
- La manifestazione clinica può essere quella di una macroematuria ricorrente nel 30-60% dei casi
o episodica nel 14-24%, associata o meno a proteinuria;
- Nel 50-70% dei casi la malattia può esordire con una microematuria persistente associata a
proteinuria. La proteinuria, quando presente, è generalmente modesta; tuttavia nel 5-10% dei casi
può essere presente una sindrome nefrosica.
- L’ incidenza di ipertensione è del 20-30 %, se c’è IR si parla di oltre il 50% dei casi.
Prognosi
La prognosi è generalmente buona; tuttavia nel 5-10% dei casi si ha un’evoluzione verso l’IR nei
primi 5 anni e nel 20-50% dopo 20 anni. Segni prognostici negativi
La presenza di una creatininemia all’esordio maggiore di 1,4 mg/dl;
- La presenza di proteinuria maggiore di 1 g/24h;
- Ipertensione ed età avanzata;
- La presenza, a livello istologico, di sclerosi glomerulare, lesioni tubulo-interstiziali e proliferazione
extracapillare sono predittivi di evoluzione più o meno rapida verso l’insufficienza renale.
Esami di laboratorio - Non sono presenti reperti di laboratorio specifici, tuttavia le IgA plasmatiche sono aumentate in
circa il 50% dei pazienti e sono riscontrabili immunocomplessi circolanti IgA; la complementemia
è normale.
- L'esame urine rivela macro o microematuria, associate o meno a proteinuria di tipo non selettivo;
nel sedimento si possono evidenziare cilindri eritrocitari e ialino-granulosi.
- Il filtrato glomerulare all’esordio è generalmente normale e tale permane a lungo; vi sono tuttavia
alcuni casi in cui è presente un rapido deterioramento della funzione renale.
La diagnosi è sempre sospetta in un paziente con anomalie urinarie, e questo è ovvio in quanto si
tratta della GN più diffusa; per distinguerla dalla forma membranoproliferativa saggio la
complementemia (che è normale nella GN da IgA e bassa nella GNMP).
Ricorda: un paziente che si presenta con sangue nelle urine dopo un'infezione delle vie aeree (ad
es. una bronchite) si manda SEMPRE dal nefrologo (anche se sei in pneumo).
Terapia Terapia farmacologica
Nonostante i numerosi tentativi terapeutici con farmaci come steroidi, immunosoppressori
(ciclofosfamide, azatioprina), ciclosporina e anti-aggreganti piastrinici, non esiste tutt’oggi una
terapia specifica.
- E’ indicato il trattamento dell’ipertensione che rappresenta un segno prognostico negativo;
- Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che le glomerulonefriti da IgA rapidamente progressive
beneficiano, pur in presenza di lesioni istologiche moderatamente severe, di una terapia
corticosteroidea ad alte dosi, purchè sia instaurata quando il filtrato glomerulare è ancora
superiore ai 70ml/min; la presenza di una proteinuria elevata con funzione renale normale e di
lesioni istologiche lievi giustifica un trattamento steroideo. Infatti, trials clinici hanno dimostrato un
beneficio in termini di regressione della proteinuria e di miglioramento della funzionalità renale
con l'uso di metilprednisolone a boli di 1 g e.v. per tre giorni all'inizio del primo, terzo e quinto
mese di trattamento, e con prednisone per os 0.5 mg/Kg a giorni alterni per sei mesi.
- Possibile è l'associazione con ACE-inibitori per il controllo della proteinuria e il rallentamento della
progressione del danno renale, visti gli effetti benefici di tale categoria di farmaci sulla permeabilità
e sull'emodinamica glomerulare con limitazione dell'ultrafiltrazione di macromolecole e proteine.
Esistono degli schemi fissi di trattamento, il cosiddetto “ciclo di Pozzi e Locatelli":
1) Boli di steroidi da 1 g. e.v. per tre giorni a inizio mese, e a mesi alterni con 0.5 mg/Kg/ die
di prednisone per os per 6 mesi (terapia sia su rene nativo che trapiantato);
2) Boli di steroidi ed immunodepressori nelle forme rapidamente progressive (più
cicofosfamide);
3) ACE-inibitori e sartanici a scopo antiproteinurico e nefroprotettivo (nella maggior parte
dei pazienti);
4) Terapia dell’ipertensione arteriosa: antiipertensivi.
Trapianto
La possibilità di recidiva nel rene trapiantato non è da escludersi; un paziente che ha sviluppato una
GN da IgA è infatti immunologicamente predisposto, e secondo alcuni autori l’esaltata attività Th di
questi pazienti porterebbe ad una esaltata produzione anticorpale (perciò una terapia
corticosteroidea post-trapianto si renderebbe opportuna). Pertanto, mentre nel paziente ordinario la
terapia steroidea post-trapianto dura circa sei mesi, in questi casi la protraggo più a lungo per evitare
episodi di recidiva (questo ovviamente se il paziente non ha complicanze dovute ai farmaci steroidi
e/o comorbidità cardiologiche).
Ricapitolando La glomerulonefrite a depositi di IgA è caratterizzata da:
- Proliferazione mesangiale in MO
- IF depositi di IgA mesangiali
- Episodi di macroematuria ricorrente in corso di infezioni delle alte vie aeree
- Anomalie urinarie isolate
- Funzione renale normale
- Ipertensione in genere assente
- Evoluzione verso l’insufficienza renale generalmente lenta.
Glomerulonefrite rapidamente progressiva Caratteristiche E' un'entità anatomo-clinica caratterizzata da:
1) Clinica: rapida perdita della funzione renale nell’arco di poche settimane/mesi (rapida
progressione verso l’IRC).
2) Aspetto istopatologico: estesa proliferazione extracapillare (cellule epiteliali tipico
aspetto a ‘semiluna’) che coinvolge oltre il 50% dei glomeruli.
Tutte le forme di GNRP sono caratterizzate dal danno glomerulare e dalla formazione di semilune:
- La rottura della membrana basale glomerulare determina lo stravaso di proteine, in particolare di
fibrina; le cellule epiteliali parietali che rivestono la capsula di Bowman rispondono allo stimolo
determinato dalla fuoriuscita delle proteine proliferando.
- Questa proliferazione può anche essere sostenuta da WBCs infiltrate, come monociti e
macrofagi.
L’attiva proliferazione delle cellule circonda e comprime il glomerulo, dando vita a delle formazioni
‘a semiluna’, immediatamente riconoscibili all’esame ottico della biopsia renale: si vedrà una
voluminosa semiluna circonferenziale che occupa tutto lo spazio della capsula Bowman.
Associazione di semilune floride presenti in (%) e danno morfologico:
1) > 20% glomeruli: interessamento tubulo-interstiziale;
2) > 50% glomeruli: danno vascolare;
3) > 70% glomeruli: cilindri eritrocitari intratubulari.
Incidenza
Le glomerulonefriti rapidamente progressive costituiscono circa il 3-4% delle forme primitive.
- Il Tipo I rappresenta circa il 10-30%, è più frequente nei giovani adulti e il rapporto maschi/
femmine è di 1:1;
- Il Tipo II rappresenta circa il 20-30 %; i pazienti hanno età media o avanzata e non vi è
correlazione col sesso;
- Il Tipo III è il più frequente (circa il 50%) e interessa soggetti di età media avanzata
preferenzialmente di sesso maschile (rapporto maschio/femmina 3:1).
Eziopatogenesi Principali meccanismi immunopatologici alla base delle GNRP:
• Tipo I: da Ab anti-membrana basale (isolata al rene o con coinvolgimento polmonare, è la
Sindrome di Goodpasture); all'IF c'è la presenza di depositi lineari.
• Tipo II: da deposizione di IC circolanti (nefriti lupiche, sindrome di Henoch-Schönlein, GNA,
GN in corso di ascessi viscerali); all'IF c'è la presenza di depositi granulari.
• Tipo III: pauci-immune, associata ad ANCA (Ab anti-citoplasma dei neutrofili);
l'immunofluoresecenza è negativa.
Proliferazione extracapillare
La proliferazione extracapillare è stata posta in relazione a una rottura delle anse capillari con
passaggio di fattori della coagulazione e piastrine, formazione di depositi di fibrina e stimolo alla
proliferazione cellulare a opera di fattori di crescita di origine piastrinica come il PDGF. I meccanismi
immunopatogenetici del danno comportano un'alterazione con successiva rottura della membrana
basale glomerulare, con compartecipazione dell'immunità umorale e dell'immunità cellulo-mediata.
Sono stati identificati due diversi tipi di crescents:
1) Crescents con una netta prevalenza della linea monocito-macrofagica, con positività
all'analisi istologica per l'espressione di CD68 e VCAM (tipo I);
2) Crescents con prevalenza di cellule epiteliali glomerulari con positività per la colorazione
per la citocheratina (tipo II).
La disomogeneità delle linee cellulari che entrano a far parte delle semilune si nota anche nella
produzione di diversi tipi di collagene durante l'evoluzione fibrotica dei crescents, con prevalenza
del collagene di tipo IV prodotto principalmente dalle cellule glomerulari o di collagene di tipo III
prodotto dalle cellule interstiziali entrate a far parte dei crescents. Inoltre:
- In assenza di lesioni necrotiche evidenti e con una proliferazione intraglomerulare prevalente,
senza una grossa alterazione della struttura della capsula di Bowman, si ha una prevalenza di
cellule epiteliali VCAM negative;
- In presenza di una marcata reazione infiammatoria con perdita dell'integrità strutturale della
capsula di Bowman stessa, si ha una maggiore componente monocito-macrofagica nei crescents
(in particolare in corso di vasculiti, nefrite lupica e patologia da anticorpi anti-membrana basale).
Tipo 1
È una malattia autoimmune caratterizzata da anticorpi diretti contro la membrana basale
glomerulare. L’interessamento renale è primitivo, perché a differenza della glomerulonefrite
secondaria di Goodpasture, gli anticorpi non reagiscono in vivo con le membrane basali polmonari;
questo potrebbe dipendere solo dalla mancanza di un meccanismo permeabilizzante l’endotelio
presente invece nella sindrome di Goodpasture, dal momento che gli auto anticorpi diretti contro gli
epitopi della catena alfa3 del collagene di tipo IV hanno la potenzialità di reagire anche contro
lamembrane basali polmonari. È pertanto probabile che la glomerulonefrite extracapillare di Tipo I
sia una forma frusta a interessamento esclusivamente renale della forma secondaria.
La sindrome di Goodpasture è una malattia che colpisce i reni, ma anche i polmoni, in quanto la
membrana basale alveolare condivide con quella glomerulare molecole di collagene tipo IV. La
patogenesi non è ancora completamente nota, ma alla base dello sviluppo della malattia potrebbe
esserci un’infezione respiratoria da virus influenzale tipo A2, alterazione degli antigeni del collagene
alveolare, formazione di auto-Ab anti membrana basale.
Tipo II
L’eziologia di questo sottogruppo è ignota; la patogenesi è legata al deposito nei capillari glomerulari di immunocomplessi formati da anticorpi diretti contro antigeni endogeni o esogeni sconosciuti.
Tipo III
L’eziologia è sconosciuta. Tuttavia nel 70-80% dei pazienti di questo sottogruppo sono presenti anticorpi diretti contro il citoplasma dei neutrofili detti ANCA, simili a quelli descritti nelle vasculiti necrotizzanti (tipo granulomatosi di Wegener e panarterite nodosa), ma con:
- Una distribuzione generalmente perinucleare (p-ANCA) rispetto a quella citoplasmatica diffusa delle vasculiti (c-ANCA);
- Diversa specificità: anti-mieloperossidasi (anti-MPO) per i p-ANCA, anti-proteinase 3 per i
cANCA.
E’ pertanto possibile che i meccanismi patogenetici della glomerulonefrite extracapillare di tipo III
siano simili a quelli coinvolti nelle vasculiti necrotizzanti. Ci sono evidenze sperimentali in vitro della
possibile partecipazione diretta degli ANCA nelle lesioni istologiche (legame alla MPO ad alla PR3
delle cellule endoteliali, capacità di attivare i neutrofili), da cui sono nate due ipotesi patogenetiche:
1) Ipotesi che, a seguito di stimoli esogeni, i neutrofili esprimano gli antigeni in superficie
(MPO - PR3) e che, avvenuto il legame con gli ANCA, liberino sostanze citotossiche per
l’endotelio (manca tuttavia la certezza definitiva);
2) Ipotesi alternativa: nessun ruolo patogenetico degli ANCA nelle vasculiti, ma sarebbe
solo una risposta secondaria allo smascheramento di antigeni nascosti dei neutrofili nelle
sedi di lesione vascolare.
Negli ultimi anni le glomerulonefriti extracapillari di tipo III o pauci-immuni sono state classificate
come una forma di vasculite limitata al rene.
Diagnostica delle lesioni istologiche Immunoistochimica
- Tipo I: sono presenti depositi lineari diffusi di IgG, più raramente di IgA e spesso, ma non sempre, di C3. I depositi di C3 possono talora essere anche granulari. Depositi lineari di IgG con o senza C3 possono essere presenti lungo le membrane tubulari. - Tipo II: sono presenti depositi granulari di IgG e talora IgM spesso associati a C3 nella parete delle anse capillari. Depositi isolati di C3 possono essere visibili in sede mesangiale. - Tipo III: non sono presenti immunodepositi e l’immunoflorescenza è negativa.
In tutti i sottogruppi sono presenti depositi di fibrina in corrispondenza delle semilune.
Microscopia ottica
L’aspetto caratteristico in microscopia ottica è la cosiddetta proliferazione extracapillare con
formazione di semilune che coinvolge più del 50% dei glomeruli.
- In passato si riteneva che le semilune fossero costituite da cellule epiteliali parietali proliferate,
ma in tempi più recenti indagini istochimiche, immunoistochimiche e ultrastrutturali hanno
dimostrato la presenza, in alcuni casi anche in numero elevato di macrofagi e in fasi tardive di
fibroblasti; nelle semilune possono essere anche presenti linfociti T, cellule giganti e PMN.
- Spesso si riscontra un accumulo periglomerulare di cellule infiammatorie.
- Le lesioni evolvono in sclerosi e fibrosi glomerulare progressiva. Il flocculo è coartato, i lumi
capillari collassati, sono presenti aree di necrosi fibrinoide e infiltrazione di PMN.
- Nella forma di Tipo II si possono evidenziare depositi in sede mesangiale o nella parete delle
anse. Questi depositi sono assenti nella forma di Tipo III ove più frequente ed estesa è la necrosi
fibrinoide.
Microscopia elettronica
- Tipo I, II e III: si osservano lesioni delle cellule endoteliali con distacco focale dell’endotelio dalla
membrana basale e deposizione di fibrina; la fibrina è anche abbondante nel lume dei capillari
glomerulari e negli spazi intercellulari in corrispondenza delle semilune. L’indagine ultrastrutturale
può dimostrare interruzioni delle membrane basali dei capillari glomerulari, attraverso cui possono
passare monociti circolanti o della capsula con penetrazione di fibroblasti interstiziali nello spazio
di Bowman. Lesioni simili sono presenti anche negli altri tipi di glomerulonefrite rapidamente
progressiva.
- Nel Tipo II la caratteristica più importante è la presenza di depositi elettron-densi in sede
subendoteliale, mesangiale e talora sub-epiteliale. Abbondanti depositi sub-epiteliali tipo “humps”
propongono una diagnosi differenziale con una glomerulonefrite post-infettiva ad andamento
rapidamente progressivo.
- Nel Tipo III non si identificano depositi elettron-densi.
Quadro clinico Manifestazioni della GNRP
- Tipo I: l’anamnesi è spesso positiva per episodi infettivi delle vie aeree superiori o per episodi
influenzali. L’esordio può essere rapido (con improvviso instaurarsi di oligo-anuria), ma anche
subdolo con lo svilupparsi di un quadro uremico in un paziente spesso oligurico, con febbre,
mialgie e più raramente con artralgie e ipertensione generalmente moderata. La diagnosi
differenziale con la glomerulonefrite di Goodpasture va fatta sulla base dell’assenza di
sintomatologia e segni radiologici di interessamento polmonare.
- Anche nel Tipo II sono presenti segni o sintomi sistemici come febbre e malessere. La diagnosi
differenziale va fatta nei confronti di una glomerulonefrite acuta post-infettiva o di una
glomerulonefrite mesangio-capillare di tipo I o di forme secondarie come la glomerulonefrite lupica
ad andamento rapidamente progressivo.
- Nel Tipo III sono spesso presenti sintomi che ricordano una vasculite, come febbre, dolori
addominali e artralgie; la diagnosi differenziale va fatta con vasculiti sistemiche in particolare la
granulomatosi di Wegener e la panarterite microscopica.
Esami di laboratorio
L’esame delle urine mostra proteinuria talora anche marcata, ma senza sindrome nefrosica; più
raramente è presente macroematuria. L’esame del sedimento urinario mostra microematuria con emazie dismorfiche e cilindri eritrocitari.
Il filtrato glomerulare è ridotto e tende a ridursi ulteriormente in modo progressivo e rapido.
Esami ematochimici:
- Caratteristica nel Tipo I è la presenza di anticorpi anti-membrana basale glomerulare (anti-GBM)
evidenziabili con tecniche radioimmunologiche o immunoenzimatiche, diretti contro un epitopo di
25 kD della porzione globulare non collagena del collageno di tipo IV. In una piccola percentuale
di casi possono essere presenti anticorpi contro il citoplasma dei neutrofili p-ANCA; la
complementemia è normale.
- Nel Tipo II possono essere presenti immunocomplessi circolanti e crioglobuline, i livelli sierici di
C3 e talora C4 possono essere ridotti, gli anti-GBM e ANCA sono costantemente negativi. - Nel Tipo III sono presenti nel 70-80% dei casi titoli elevati di anticorpi anti p-ANCA con specificità
MPO, che pertanto assumono un importante valore diagnostico. Sono generalmente assenti
immunocomplessi, crioglobuline o anticorpi anti-GBM e la complementemia è normale.
Decorso e prognosi
Senza terapia la maggioranza dei pazienti con una glomerulonefrite rapidamente progressiva evolve
rapidamente verso l’insufficienza renale terminale. Sono fattori prognostici negativi: la presenza di
semilune generalizzata a oltre il 70% dei glomeruli, l’evoluzione fibrosa delle semilune e una diffusa
atrofia tubulare e fibrosi interstiziale.
Terapie tradizionali
- Nel Tipo I la terapia con plasmaferesi giornaliera (2-4 litri/die) associata a corticosteroidi e
immunosoppressori (ciclofosfamide e/o azatioprina) per os protratta fino alla scomparsa degli
anticorpi anti-GBM (7-15 giorni) si è dimostrata efficace purché sia instaurata molto
precocemente. Le recidive nel trapianto sono valutate tra il 10 e il 39%.
- Nel Tipo II lo schema terapeutico e variabile in rapporto alla possibile eziologia; nelle forme più
severe sono stati utilizzati boli di metilprednisolone (fino ad 1 g) seguito da terapia orale (0.5
mg/Kg) per diverse settimane con progressiva riduzione del dosaggio. Anche in questa forma
sono stati fatti tentativi di terapia con plasmaferesi associata a corticosteroidi e
immunosoppressori per os, ma i risultati sono incerti. I rischi di recidiva nel trapianto sono bassi.
- Nel Tipo III una terapia precoce e aggressiva con boli di metilprednisolone o con corticosterodi
per os associati a ciclofosfamide ha mostrato una significativa risposta nel 70-85% dei pazienti;
nelle fasi di mantenimento della remissione è spesso utilizzata l'azotioprina in sostituzione della
ciclofosfamide. Le recidive sono frequenti. Terapie nuove o alternative
- Sulla base del reperto istologico di fibrina nelle semilune sono stati fatti in passato tentativi
terapeutici con “cocktails” anticoagulanti associati a steroidi e immunosoppressori, tuttavia con
scarsi risultati. La terapia con anticoagulanti inoltre è particolarmente rischiosa nei pazienti
uremici.
- Sono stati intrapresi alcuni trials sperimentali con micofenolato mofetil e cyclosporina A.
- Sono in studio, inoltre, terapie con anticorpi monoclonali diretti contro recettori linficitari e molecole
di costimolazione e con prostaciclina per la sua capacità anti-aggeregante e anticoagulante.
GLOMERULONEFRITI SECONDARIE - GN in corso di LES
- GN in corso di crioglobulinemia mista IgG/IgM
- Glomerulopatia diabetica
- Coinvolgimento renale in corso di mieloma e paraproteinemie - Glomerulopatia amiloidotica
Glomerulonefrite in corso di LES Caratteristiche del LES Il LES è una sindrome clinica, ad eziologia ancora ignota, caratterizzata da infiammazione e
coinvolgimento multiorgano; fa parte delle malattie reumatiche autoimmuni (o connettiviti
sistemiche).
L'attribuzione del termine lupus è riferita al medico del XII secolo Rogerio Frugardi, che lo usò per
descrivere la classica eruzione cutanea a forma di farfalla riscontrata, che ricordava ai medici i
contrassegni bianchi presenti sul muso dei lupi (secondo altri, invece, le lesioni cicatriziali successive
al rash assomigliavano a quelle lasciate dai morsi o graffi dei lupi).
Epidemiologia
Colpisce prevalentemente il sesso femminile, con un picco tra 15 e 50 anni e più frequentemente
donne nere. L’incidenza annua si aggira tra 6-35 nuovi casi/100000 abitanti.
Manifestazioni cliniche
La variabilità clinica è apparentemente collegata alla diversità sierologica:
- Cutanea e/o articolare: rash 69%, fotosensibilità 44%, alopecia 19%, artrite 96%;
- Febbre con coinvolgimento di un singolo organo o apparato (rene 28%, SNC 22%, miocardio,
endocardio, sierose 47%, ematopoetico);
- Raramente, crisi acute con coinvolgimento multi-organico generalizzato.
Diagnosi
• ANA+ 95% (sens 99% e spec 49%), anti-dsDNA+ 60%, ȿ C3 42%. Inoltre, anti-Ro+ 32%,
anti-La+ 12%, anti-Sm+ 10%, FR+ 22%, anti-cardiolipina(G)+ 24%, fattore anticoagulante
lupico+ 13%, test di Coombs+ 20%.
• Per la diagnosi di LES ci si avvale dei criteri ARA (American Rheumatology Association):
sono necessari 4 o + criteri (tra fotosensibilità, rash malare, rash discoide, ulcere orali,
artrite, sierosite, disfunzione renale, disfunzione neuropsichiatrica, disordini ematologici,
ANA+).
• Altri sintomi di presentazione possono essere di natura costituzionale (febbre, malessere) o
vascolare, fenomeno di Reynaud.
• All’esame al MO dello striscio di sangue periferico si possono trovare cellule
patognomoniche, le LE cells, macrofagi che hanno inglobato un nucleo cellulare.
Coinvolgimento renale E' presente nel 30-50% dei casi all’inizio della malattia, e interviene in oltre il 70% dei pazienti, per
lo più entro 10 anni. Con la biopsia, il coinvolgimento del rene è evidente in quasi tutti i pazienti, e
anche senza anomalie urinarie la comparsa di GN peggiora la prognosi del LES.
Eziopatogenesi
Possibili meccanismi immunitari nel coinvolgimento renale:
- Deposito di immunocomplessi circolanti (dsDNA+anti-dsDNA);
- Formazione di immunocomplessi in situ tramite riconoscimento di antigeni ‘piantati’, cioè
DNA ‘piantato’ nel tessuto glomerulare;
- Deposito di autoanticorpi rivolti verso specifici costituenti cellulari: anti-dsDNA legati a
componenti cellulari/extracellulari tramite ‘ponti’ di DNA-istoni o DNA-nucleosomi, e
antidsDNA legati a componenti glomerulari tramite cross-reazione (ad es. con l’actina).
E’ stata dimostrata l’associazione tra le lesioni renali in corso di lupus e le IgG anti-dsDNA, ma non
con le IgM anti-dsDNA o con gli anti-ssDNA.
Manifestazione clinica
L’interessamento renale si manifesta con tutte le modalità di presentazione delle GN:
• Anomalie urinarie isolate (la più frequente);
• Sindrome nefrosica; • Sindrome nefritica;
• IRC già definita.
Sono rari l’IRA anurizzante o il danno tubulo-interstiziale dominante.
La proteinuria è presente praticamente nel 100% dei pazienti; seguono microematuria (80%),
anormalità tubulari (60-80%), riduzione della funzione renale (40-80%), macroematuria (50%),
ipertensione (15-50%).
Morfologia e classificazione
La WHO riconosce 6 classi di nefropatia lupica:
1) Rene normale: non si vedono lesioni al MO nei glomeruli, tuttavia si possono evidenziare
con l'immunoistochimica o con l’esame ultrastrutturale i depositi di immunocomplessi;
2) Mesangiopatia pura: si osservano lesioni mesangio-proliferative, con ipercellularità delle
cellule mesangiali e contemporaneo accrescimento della matrice mesangiale per
produzione di fattori di crescita pro fibrotici dalle cellule mesangiali;
3) GN proliferativa focale e segmentaria: con lesioni attive (spesso aree necrotiche) e lesioni
sclerosanti che interessano < 50% dei glomeruli;
4) GN proliferativa diffusa: istologicamente identica a quella sopra, ma interessa più del 50%
dei glomeruli;
5) GN membranosa lupica diffusa;
6) GN sclerosante avanzata.
Le lesioni si possono suddividere in due tipi:
- Le lesioni attive si distinguono in: glomerulari (proliferazione cellulare, distruzione delle pareti
capillari, infiltrazione di PMN, semilune, depositi subendoteliali ‘wire loops’, trombi ialini o di fibrina,
deposizione segmentaria di fibrina), vascolari (depositi ialini, arterite necrotizzante) e
degenerazione/necrosi tubulare (infiammazione interstiziale).
- Le lesioni sclerosanti in: sclerosi glomerulare (segmentaria, mesangiale, diffusa), semilune
fibrose, atrofia tubulare, fibrosi interstiziale, sclerosi vascolare.
Caso clinico 1
Paziente di sesso femminile di 24 anni, dall’età di 16 anni presenta frequenti episodi febbrili
diagnosticati come “sindromi influenzali“. Esegue una serie di indagini di laboratorio negative tranne
che per la presenza di proteinuria in tracce e microematuria e VES elevata.
Dopo lunga remissione sintomatologica, a 19 anni febbricola accompagnata da dolori articolari: VES
sempre elevata, anomalie urinarie persistenti e negatività clinica e dei rimanenti reperti di laboratorio;
trattamento con FANS con remissione dei dolori articolari.
A 23 anni episodio febbrile con dolore alle articolazioni interfalangee e petecchie:
- Esame urine con microematuria, proteinuria di 900 mg/24 h, cilindruria granulosa, funzione renale
normale.
- Dagli accertamenti di laboratorio risulta: VES 66 mm/h, modesta anemia con leucopenia, positività
di FAN ed AntiDNA, complementemia C3 e C4 normale.
- Biopsia renale: glomerulonefrite lupica classe 2b
Avvia trattamento con steroidi a dosi medie, con buona risoluzione del quadro cutaneo ed articolare
e riduzione degli indici di flogosi; quadro renale in miglioramento.
Caso clinico 2
Paziente di sesso femminile, 33 anni. Frequenti episodi febbrili accompagnati da dolori articolari
nell’adolescenza; nel dicembre 2005, comparsa di fenomeno di Raynaud, mucosite del cavo orale,
ulcerazioni a livello vaginale, decremento ponderale. Trattamento sintomatico senza accertamenti.
Nel 2006 comparsa di edemi ingravescenti agli arti inferiori.
- Dagli esami risulta proteinuria (5 g/24h) e P.T di 4.9 g/dL con albumina di 2.5 g/dL in un contesto
di malattia sistemica (Raynaud persistente, fotosensibilità e lesioni cutanee, dolori alle piccole
articolazioni): viene etichettata come una sindrome nefrosica in una malattia sistemica.
- Dagli accertamenti di laboratorio risulta: VES 80 mm/h, positività per AntiDNA,
ipocomplementemia C4;
- Biopsia: glomerulonefrite lupica di classe 5 (membranosa).
Avvia trattamento con steroidi alla dose di 1 mg/Kg peso per 4 settimane, e successivamente a
scalare; si osserva progressiva riduzione dei sintomi generali, della componente edemigena e
regressione degli indici di laboratorio.
Caso clinico 3
Paziente di 29 anni con anamnesi negativa fino alla prima gravidanza, nel corso della quale compare
ipertensione associata a proteinuria che persiste a distanza di circa un anno dalla gravidanza.
Negli ultimi mesi febbre serotina resistente agli antipiretici, astenia, dimagramento; da qualche
giorno dolore puntorio all’emicostato sinistro che si accentua con l’ispirazione. Comparsa improvvisa
di ematuria macroscopica ed edemi al viso alle mani e agli arti inferiori per cui accede al PS.
- Dagli esami risulta: leucopenia, anemia normocromica normocitica iporigenerativa, aumento della
creatininemia (3.5 mg/dL), sedimento nefritico (ematuria,cilindruria ematica) proteinuria di 3
g/24h.
- Clinicamente riscontro di ipertensione arteriosa, versamento pleurico, contrazione diuretica con
ulteriore peggioramento funzione renale.
- Ipocomplementemia C3 e C4, e aumento di AntiDNA e FANS.
- Biopsia renale: glomerulonefrite lupica di classe 4.
Trattamento con terapia corticosonica, accompagnata da ciclofosfamide e plasmaferesi.
Analisi della biopsia
1) Classe I: ottica con glomeruli normali e anche l'immunoistochimica è normale (minimo
interessamento renale).
2) Classe II: più evidente presenza di mesangiopatia e lieve ipercellularità (quadro simile
alla GN a depositi di IgA, l'unica con immunocomplessi nel mesangio).
3) Classe III: lesioni in meno del 50% dei glomeruli, con zone segmentarie di più intensa
proliferazione mesangiale con associato infiltrato (PMN e monociti).
4) Classe IV: forma di nefrite diffusa, con proliferazione mesangiale e infiltrazione di cellule
infiammatorie.
5) Classe V: quadro simile alla GN membranosa, con membrana basale ispessita nei limiti
della norma; serve l’esame immunoistochimico e la microscopia elettronica per
evidenziare il deposito di immunocomplessi.
6) Classe VI: forma sclerosante con sviluppo di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale; essa
rappresenta la fase evolutiva terminale comune a tutte le differenti classi di nefropatia
lupica con vari gradi di sclerosi glomerulare globale e segmentaria.
Andando avanti con le classi si arricchisce l’immunoistochimica, ma bastano la microscopia ottica e
la clinica per la diagnosi.
Trattamento Come fattore di protezione, evitare l'esposizione solare; a questo si associa una vera e propria
terapia steroidea, a cui talvolta si aggiunge, in casi persistenti, una terapia citotossica con gli
immunodepressori.
1) La terapia steroidea è la prima che si attua: è utile sia per i vari i quadri glomerulari
come le anomalie urinarie isolate e la ridotta funzione renale, sia per la parte più
laboratoristica (quindi per il recupero delle citopenie); aiuta anche a risolvere le vasculiti,
l’interessamento sistemico e il quadro dermatologico.
2) La terapia citotossica prevede ciclofosfamide; prosegue poi con uno steroide a basso
dosaggio associato, se non basta, ad aziatoprina. Ora si preferisce in realtà il
micofenolato mofetile, un antiproliferativo (soprattutto usato nel rigetto del trapianto:
riduce la produzione anticorpale); si pu inltre fare una terapia di deplezione dei linfociti
B con rituximab.
3) Nei pazienti con lupus si ha positività agli anticorpi antifosfolipidi, ne consegue un
aumento del rischio trombotico: terapia anticoagulante con eparina a basso peso
molecolare e warfarin (indicazione con INR >2.5).
Prognosi Cause di morte di questi pazienti trattati:
- La mortalità è elevata per cancro rispetto alla popolazione generale; il LES si associa allo sviluppo
di linfomi.
- Inoltre sono numerose le infezioni, correlate ad una aggressiva terapia immunodepressiva;
- Altri pazienti finiscono in dialisi perché non sempre c’è un recupero della funzione renale. Il
paziente lupico può essere trapiantato, ma è considerato ad alto rischio immunologico perché la
malattia di base può recidivare; si tiene sotto stretta osservazione la possibilità di recidiva ma può
verificarsi comunque che ci siano delle anomalie urinarie isolate e sintomi affini. I pazienti vanno
studiati bene dal punto di vista degli anticorpi: c'è infatti associazione di anticorpi nuovi anti-HLA
associati a riattivazione degli anticorpi del LES autoimmune (succede anche nei trapiantati di
pancreas e di cuore, polmone). Gli epitopi antigenici nella recidiva spesso sono per diversi.
- La componente vascolare contribuisce alla mortalità per un aumentato rischio cardiovascolare.
Glomerulopatia diabetica La nefropatia diabetica è una condizione caratterizzata da proteinuria persistente in un paziente
diabetico, in assenza di altre nefropatie, infezioni delle vie urinarie e in assenza di insufficienza
cardiaca.
Epidemiologia 1) E’ stata studiata maggiormente nel diabete tipo 1 autoimmune: risulta presente nel 40%
circa dei pazienti, e raramente la nefropatia si sviluppa prima di 10 anni o dopo i 30 anni
dall'insorgenza del diabete; raggiunge un picco dopo 15-20 anni.
2) Nel diabete di tipo 2 è presente nel 15% dei pazienti; il rischio di nefropatia è correlato
all’albuminuria, e pazienti che dopo anni non presentano microalbuminuria hanno minore
rischio nefrosico. Il DM di tipo 2 è, insieme alla nefroangiosclerosi, la prima causa di IRC
nella popolazione emodialitica; pazienti diabetici con IR terminali hanno elevato rischio
cardiovascolare, e per questo la mortalità tra i pazienti emodializzati è più alta tra i
diabetici (in particolare la mortalità cardiovascolare).
Eziopatogenesi Iperglicemia
Un ruolo fondamentale è svolto dall’alterato metabolismo glucidico, che non è correttamente
controllato. L'iperglicemia può avere un’azione tossica nel glomerulo:
1) Promuove l’ipertensione glomerulare, che rappresenta un fattore di progressione per la
fibrosi;
2) Attiva altre varie cascate cellulari: via dei polioli, attivazione della PKC e formazione di
prodotti AGE di glicazione (attivazione di un’anomala sintesi e degradazione di costituenti
della matrice cellulare).
Le conseguenze di ciò sono: perdita della selettività di barriera (con conseguente proteinuria),
aumento dello spessore della membrana basale ed espansione della matrice mesangiale e tubulo
interstiziale.
Meccanismi di danno
I meccanismi patogenetici di danno sono diversi:
- Azione diretta degli AGE, che determinano perdita cellulare, danno del microcircolo per
necrosi o apoptosi, ispessimento della membrana basale; l’alterazione principale è per il
danno ai podociti, che sono ridotti in numero e alterati nelle proteine (in particolare quelle
che sono localizzate nella regione presente tra due podociti adiacenti, dette slit diafram).
- Si ha la perdita di nefrina, in correlazione diretta con una proteinuria difficilmente
controllabile; possiamo infatti andare a cercare la nefrinuria e correlarla con la proteinuria.
- Il numero e la densità podocitaria si riducono precocemente e ciò comporta che alcune zone
di membrana rimangano scoperte e in contatto con la capsula; si formano quindi delle
sinechie e si ha sviluppo di glomerulosclerosi.
- Perdita di podociti nelle urine a causa della perdita di alcune integrine necessarie per il
contatto con la membrana basale (in particolare l’integrina alfa3beta1) o di altre proteine
podocitarie (come la prodocadipsina). I pazienti con diabete presentano dunque hanno
podocituria: podociti nelle urine sono riscontarti nel 53% dei pazienti diabetici con
microalbuminuria, e in oltre l’80% dei pazienti diabetici con proteinuria. Oltre all’iperglicemia
tra gli altri fattori di danno podocitario c’è lo strech dei podociti (stimolato da AG II), che
stirandosi per coprire i buchi sulla membrana basale possono perdere parte delle loro
proteine.
- Inoltre la produzione di fattori vasculotrofici (VEGF), TGFbeta e angiotensina contribuiscono
al danno; TGFbeta e glucosio aumentano l’espressione di collegane e del recettore 2 del
TGFbeta, con conseguente fibrosi, e il VEGF porta ad aumento della permeabilità capillare.
Analisi della biopsia Microscopia ottica
Nella nefropatia diabetica si possono osservare diverse lesioni glomerulari:
• Glomerulosclerosi diffusa: accumulo diffuso nel mesangio di materiale eosinofilo, PAS-
positivo. Si ha un aumento dello spessore delle pareti capillari e riduzione della pervietà dei
lumi capillari; anche la capsula di Bowman è ispessita.
• Glomerulosclerosi nodulare: accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo, a
forma rotondeggiante nelle aree mesangiali. Si ha la formazione di microaneurismi, e
coesistono lesioni diffuse e nodulari.
• Lesioni essudative o fibrin cap: accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo
fra membrana basale e l'endotelio.
• Gocce capsulari o capsular drop: accumulo di materiale eosinofilo, PAS-positivo, fra la
membrana basale e l’epitelio viscerale della capsula di Bowman. Le ultime due sono lesioni
più rare.
A livello tubulo interstiziale si osservano sintomi aspecifici di proteinuria ingente: sindrome nefrosica
con atrofia tubulare, membrane ispessite e slaminate (dei tubuli) e fibrosi interstiziale con infiltrato
(nell'interstizio).
La componente vascolare è danneggiata, con depositi ialini a arteriolosclerosi.
Immunofluorescenza
Si osserva:
- Positività diffusa per depositi di IgG lineari (causato da un aumento della permeabilità capillare
per l'alterazione strutturale delle membrane) lungo le pareti capillari, le membrane basali tubulari
e la capsula di Bowman;
- Positività per IgM e frazione C3 nelle lesioni essudative (analoghi a quelli della GSSF).
Pattern di danno renale • Classe 1: glomerulosclerosi diabetica • Classe 2: danno
vascolare cronico • Classe 3a: malattia glomerulare sovrapposta a glomerulosclerosi
diabetica • Classe 3b: malattia glomerulare non associata a glomerulosclerosi
diabetica
La classe 3 mette in difficoltà sulla diagnosi: un paziente etichettato diabetico che sviluppa poi
proteinuria e IR non si biopsiava perché si pensava subito alla nefropatia diabetica e si trattava
quella; si è visto però che iniziavano a sovrapporsi quadri di malattia glomerulare diabetica associata
a glomerulo sclerosi. Serve sapere ciò perché la terapia è diversa, quindi si fa comunque
l’accertamento bioptico anche su un paziente diabetico così da fare diagnosi e terapia per una
eventuale GN primitiva che si associa alla nefropatia diabetica (infatti nei 2/3 dei pazienti sono
presenti altre nefropatie).
Manifestazioni cliniche Classi di nefropatia diabetica
A livello clinico abbiamo cinque stadi, caratterizzati prevalentemente nel diabete tipo1 (nel 2 la
divisione non è così bene evidenziata). Si valutano la comparsa di albuminuria, l’alterazione
pressoria, la % di filtrazione e il tempo dalla diagnosi.
Albuminu
ria Pression
Percentuale di
filtrazione
Tempi del d e c o r s o (anni dalla
Iperfunziona
Assente Normale Aumentata Insorgenza
S t a d i o
clinicament Assente Normale
Valori elevati,
m a n e l l a
Nefropatia
30-300 mg/
Normale Normale e in
Nefropatia
clinicament >300 mg/24 Elevata
Normale e in
diminuzione 10-15
Insufficienz
Dal terzo stadio in poi si progredisce con l'ipertensione e l'aumento della proteinuria, fino al range
nefrosico: la GN diabetica è la GN secondaria che più causa sindrome nefrosica (possono passare
anni prima che la funzione renale venga persa).
Da notare che nella prima fase il filtrato glomerulare è alto e poi rimane costante; nello stadio 3 inizia
la proteinuria fino al range nefrosico e poi cade anche il filtrato fino ad arrivare a necessità di dialisi.
Si può fare una prevenzione primaria controllando il diabete e i fattori di rischio cardiovascolari,
controllando la glicemia e ipertensione; quando comincia la proteinuria e si riduce il filtrato si
associano i farmaci di controllo pressorio, ACE inibitori e sartanici (associati a dieta ipoproteica).
Ovviamente bisognerà trattare la complicanza anemica e del metabolismo osseo, metabolismo
calcio fosforo.
Dunque le cinque fasi cliniche della
nefropatia diabetica sono:
1) Ipertrofia-Iperfunzione: nelle
fasi iniziali della malattia diabetica,
prima dell’inizio della terapia
insulinica si hanno segni di
iperfiltrazione (aumento del VFG
fino a 40%), microalbuminuria,
aumento di volume dei reni e
ipertrofia glomerulare; queste
modificazioni scompaiono dopo la
terapia insulinica (persiste solo un
discreto aumento VFG).
2) Stadio clinicamente latente: dopo qualche anno dallo sviluppo di diabete si ha ancora
iperfiltrazione renale, con VFG comunque minore rispetto al primo stadio; non si ha ancora
albuminuria, ma solo microalbuminuria. La pressione del paziente è nella norma.
3) Nefropatia diabetica incipiente: in media dopo 5-15 anni dall’inizio del diabete si ha un
riscontro di microalbuminuria persistente, predittiva di sviluppo di nefropatia diabetica clinica in oltre
l’80% dei casi; si riscontra inoltre VFG aumentato o normale, pressione arteriosa aumentata o
normale.
Alla biopsia, si può cominciare a osservare aumento matrice mesangiale e ispessimento membrane
basali.
4) Nefropatia Clinica
• Proteinuria dosabile persistente, con frequente quadro di sindrome nefrosica;
• Riduzione progressiva della VFG (in media in quantittà di 1 ml/min al mese): il paziente
finisce in dialisi nel giro di 10 anni al massimo, perché il filtrato scende di 12 ml/min in un
anno e quindi nel giro di 9 anni avrà un filtrato sotto i 10 (valore sotto il quale si fa la dialisi).
• Ipertensione arteriosa;
• Alla biospia, si osserva glomerulosclerosi diabetica e arteriolosclerosi.
5) Insufficienza renale cronica
• Riduzione costante della VFG;
• Ipertensione arteriosa;
• Uremia terminale (3-20 anni dopo l’inizio della nefropatia clinica)
NB: la nefropatia diabetica non si accompagna a riduzione delle dimensioni dei reni.
Fattori di rischio
Per ragioni non ancora del tutto note, soltanto il 30-35% dei pazienti diabetici presenta complicanze
renali nel corso della malattia. Si conoscono alcuni fattori di rischio di sviluppo della malattia
diabetica:
- Legati al diabete: scadente controllo glicemico (per avere un efficiente controllo glicemico l'Hb
glicata deve essere sempre < 7.5), ipertensione arteriosa, diabete di lunga durata,
microalbuminuria o proteinuria.
- Genetici: sesso maschile, familiarità per ipertensione arteriosa, nefropatie e malattie
cardiovascolari, appartenenza razziale o etnica, polimorfismi genici (associazione con geni
connessi con il sistema renina-angiotensina-aldosterone e soprattutto ACE);
- Altri quali fumo, dislipidemia, parametri emostatici alterati.
Diagnosi • Albuminuria: il primo segno è spesso un aumento della escrezione urinaria di albumina;
l'esame delle urine standard è quindi il primo step diagnostico.
• Microalbuminuria: qualora l’esame urine standard risulti normale, l’eventuale presenza di
nefropatia incipiente deve essere ricercata misurando l’escrezione urinaria di albumina, non
rilevabile all’esame urine routinari (è una determinazione quantitativa con metodo
radioimmunologico, nefelometrico o immunoturbidimetrico).
• Valutazione nefrologica approfondita: le linee guida dicono di inviare il paziente dal
nefrologo (per la diagnosi di nefropatia diabetica e dunque una biopsia renale) in presenza
di: proteinuria dosabile (dopo il riscontro della quale può essere utile eseguire il rapporto
proteine/creatinina mg/mg sulle urine del mattino: se è superiore a 1 inviare dal nefrologo),
riscontro di ematuria o di aumento della creatininemia (anche in caso di assenza di
proteinuria), per micro o macroalbuminuria in assenza di retinopatia diabetica (ricerca di una
possibile nefropatia non diabetica), per macroalbuminuria non preceduta da
microalbuminuria (ricerca di una possibile nefropatia non diabetica).
• Gli esami ulteriori (dopo diagnosi di nefropatia diabetica) che si devono fare sono:
❖ In occasione della prima diagnosi di micro-macroalbuminuria, l’ecotomografia del
rene e delle vie urinarie è utile a svelare possibili anomalie potenzialmente in grado
di influenzare la progressione del danno renale (malformazioni delle vie urinarie, rene
“piccolo”, cisti renali, litiasi, idronefrosi, ecc.);
❖ Ecografia: serve una volta che la diagnosi di nefropatia diabetica è stata fatta, in
quanto aiuta a svelare possibili alterazioni che possono fare progredire il danno
renale.
❖ Valutazione degli altri fattori di rischio e del danno cardiovascolare (esame obiettivo,
ECG, ecocardiogramma, eco-doppler carotideo, iliaco-femoro-popliteo e renale).
• Ricerca di ipertensione arteriosa: l’ipertensione è frequentemente associata al danno
renale sia nel diabete tipo 1 che tipo 2; è fondamentale quindi in pazienti diabetici effettuare
misurazioni costanti della pressione. Indipendentemente dalla definizione di ipertensione
arteriosa nella popolazione generale (>140/90 mm Hg), il paziente diabetico deve essere
trattato con terapia anti-ipertensiva in presenza di valori di diastolica > di 85 mmHg o di
sistolica > di 130 mmHg.
Trattamento Terapia antiipertensiva
- Dapprima si deve effettuare un approccio non farmacologico: riduzione dell’apporto di sodio e di
grassi nella dieta, abolizione del fumo e dell’alcol, importante è l’attività fisica.
- Poi segue un approccio farmacologico: in genere si usa un ACE inibitore o un sartanico. Si danno,
meno frequentemente, anche alfa1 bloccanti (in pazienti con diabete senza danno renale ma
dislipidemici), calcio antagonisti a lento rilascio in soggetti anziani diabetici, beta bloccanti in
pazienti con precedenti eventi ischemici. Nella donna gravida dovrà essere evitato l’uso di ACE-
inibitori o antagonisti del recettore dell’angiotensina II, ma, come nelle non diabetiche, è
consigliabile l’uso di nifedipina, labetalolo o metildopa.
- Se necessario perché il paziente è refrattario alla terapia servirà una associazione di più farmaci.
Particolare importanza hanno i farmaci bloccanti del sistema RAS (ACE inibitori e soprattutto
sartanici) anche per la nefropatia diabetica in sè (ne ritarda lo sviluppo e la progressione):
1) Innanzitutto, grazie alla riduzione della pressione intraglomerulare;
2) Previene la perdita di nefrina in vitro, nei modelli sperimentali e nell’uomo (riducendo così
il danno podocitario).
Nuove terapie
- Inibitori della glicosilazione: hanno un riscontro nell’animale da esperimento, poiché interferiscono
con la produzione delle varie citochine così da mantenere l’architettura podocitaria.
- Ci sono poi farmaci che riducono lo stress ossidativo e che inibiscono i fattori di crescita.
Glomerulopatia in corso di mieloma e paraproteinemia Si tratta di gammopatie monoclonali: sono entità
caratterizzate da un'incontrollata proliferazione di un
singolo clone B che differenzia in plasmacellule e la
conseguenza sarà una produzione in eccesso di Ig e
frammenti (talvolta sono Ig strutturalmente alterate);
possono essere associate ad una patologia d’organo o
sistemica. Si ha un coinvolgimento renale dovuto
essenzialmente a deposito: si ha IR in > 50 % dei
pazienti con mieloma (nel 20% dei casi è addirittura la
modalità di presentazione clinica), e nel 3-12% dei casi
si ha la necessità di un trattamento dialitico.
Un primo inquadramento viene fatto tramite la discrasia
cellulare: il clone B prolifera eccessivamente e forma plasmacellule e in relazione a queste abbiamo
vari tipi di disordine proliferativo.
Diagnosi I meccanismi patogenetici sono legati al danno tissutale e al deposito di materiale nei tessuti; gli
organi interessati sono vari (cuore, intestino, sistema nervoso e rene).
Le caratteristiche dei depositi renali ci dicono che esistono diverse gammopatie monoclonali; tutte
presentano il deposito di materiale proteinasico, ma sotto varie forme (fibrille, precipitati granulari,
cilindri e cristalli).
Si ritrovano catene leggere o pesanti delle Ig nelle urine; per la diagnosi non basta lo stick urine che
è sensibile solo all’albumina, ma va fatta la proteinuria nelle 24h e successivamente
l’immunofissazione urinaria che conferma la presenza delle catene leggere (la dissociazione tra
proteinuria nelle 24h presente e stick negativo comporta un forte sospetto verso la presenza di
proteinuria di Bence-Jones).
La dimostrazione della presenza qualitativa di Ig si fa con la immunofissazione, mentre la valutazione
quantitativa si fa con un dosaggio delle catene leggere libere.
Quadro morfologico e clinico Alterazioni del tubulo
- Le catene leggere sono filtrate dal glomerulo e riassorbite nel tubulo prossimale: il complesso
megalina/cubulina lega le catene leggere, le porta nel tubulo, le proteine vengono scisse in
singoli aa e poi sono riassorbite a livello del versante basale delle cellule tubulari. In
condizioni di aumento di proteine il tubulo è stressato e non ce la fa a riassorbire tutto, perché
si sviluppano lesioni all’epitelio (quali accumulo lisosomale, lesioni interstiziali e atrofia
epiteliale): il tubulo funziona meno e si ritrovano nelle urine molte altre proteine a basso PM
(< dell'albumina) oltre alle proteine di Bence-Jones.
- Si formano inoltre i cilindri: le catene leggere condensano con la proteina di Tamm-Horsfall,
una mucoproteina glicosilata prodotta e secreta dalle cellule del tratto ascendente dell’ansa
di Henle che condensa con tutto ciò che trova; si formano dei tappi, i cast alla base
dell'insufficienza renale.
Alterazioni anche glomerulari
Nel glomerulo si ha la produzione di matrice mesangiale, con attivazione delle cellule mesangiali e
produzione di sostanze pro fibrotiche, collagene IV, laminina ecc. Le alterazioni glomerulari
esiteranno in quadri simili a quelli delle glomerulonefriti.
Quadri clinici
Le maggiori complicanzze renali da gammopatie monoclonali sono:
- Sindrome di Fanconi;
- Sindrome nefrosica e/o proteinuria (per amiloidosi renale AL con depositi fibrillari, oppure deposito
granulare mesangiale da catene monoclonali);
- Sviluppo di IRA con la cast nefropathy: deposito di cristalli e di cilindri;
Questi quadri si possono sovrapporre (ad es. nel 32% dei casi si ha associazione della cast
nephropaty e di depositi granulari).
Cast nephropaty
Fattori di rischio per la precipitazione di cilindri nella di cast nephropathy sono ipercalcemia,
disidratazione, pH acido, sovrainfezioni, uso di MDC (mezzo di contrasto) o farmaci nefrotossici
(aminoglicosidi, FANS, diuretici) che rendono più probabile lo sviluppo di insufficienza renale. In
particolare:
- L'ipercalcemia è correlata ad un'aumentata aggregazione delle proteine di Tamm-Horsfall;
- MDC come fattore di rischio è discusso, però si è visto che una nefropatia da MDC è frequente
nei diabetici e nei pazienti con mieloma multiplo.
Deposito mesangiale da catene monoclonali
- Corrispettivo clinico: proteinuria costante (sindrome nefrosica nel 30-50% dei casi), insufficienza
renale (in più del 90% dei casi), danno tubulo intertstiziale (25%), ematuria (30-70%).
- Le lesioni istologiche glomerulari sono estremamente variabili; possono infatti essere presenti
quadri di minima alterazione glomerulare o di modesta espansione mesangiale.
- L'immunofluorescenza conferma la positività mesangiale e parietale segmentaria della catena
leggera (in questo caso K).
Terapia Gli obiettivi della terapia sono:
1) Ridurre le catene leggere: chemioterapia ematologica.
2) Evitare ipovolemia per impedire l'insorgere di IRA: assumere molti liquidi e non eccedere
con i diuretici dell’ansa.
3) Ridurre sempre le catene leggere nel lume tubulare: infusione liquidi ipotonici e diuresi
forzata.
4) Impedire la reazione tra la proteina di Tamm-Horsfall e le catene leggere: idratazione e
alcalinizzazione delle urine con bicarbonato di sodio.
5) Evitare altri fattori che predispongono all’IR, come iperuricemia (prevenzione con
allopurinolo).
Negli ultimi anni sono state sviluppate metodiche dialitiche per le catene leggere da associare alla
chemio: filtri dialitici con pori grandi e membrane che captano per carica elettrica. Prima si faceva la
plasmaferesi con l’idea di rimuovere le catene leggere dal plasma, lo stesso risultato si ottiene con
queste nuove membrane ad alta permeabilità o assorbenti biotecnologici. NB: nella terapia delle
infezioni, evitare aminoglicosidi e FANS.
Danno renale da amiloidosi 1) Amiloidosi AL: si evidenzia con permanganato, rosso congo e tioflavina; si associa
clinicamente a mieloma.
2) Amiloidosi AA: è conseguente a malattie autoimmuni persistenti (collagenopatie e artrite
reumatoide) o malattie infettive croniche (TBC, ascessi, morbo di Pott).
Diagnosi È istologica: positività al rosso congo.
L'amiloide appare al microscopio ottico come una sostanza extracellulare amorfa, eosinofila, PAS-
negativa o debolmente positiva; la medesima deposizione di sostanza amorfa è presente anche in
maniera massiva nella parete delle arterie e delle arteriole.
L'osservazione della tipica birifrangenza verde mela in luce polarizzata dopo colorazione con Rosso
Congo alcalino è il momento principale nella ricerca dell'amiloide; birifrangenza è una caratteristica
di tutte le amiloidi, ed il Rosso Congo la amplifica. La perdita di congofilia dopo pretrattamento delle
sezioni con permanganato di potassio è un utile strumento diagnostico per il riconoscimento
dell'amiloidosi AA (permanganato sensibile).
Glomerulonefrite crioglobulinemica E' una glomerulonefrite da crioglobulinemia mista essenziale IgG-IgM:
• Presenza di crioglobuline
• Frequenti pregresse epatiti HCV
• Movimento degli enzimi epatici
• Petecchie agli arti inferiori comparse a pousseè subentranti
• Dolori articolari
• Problemi polmonari o gastrointestinali
Sta scomparendo perché è associata al virus dell’epatite C e ora sono in studio molteplici farmaci in
studio per trattare definitivamente questo virus.
Quadro morfologico - Microscopia ottica: il quadro morfologico più comune è
caratterizzato da una glomerulonefrite membrano-
proliferativa essudativa, in cui accanto ad una variabile
proliferazione mesangiale è presente un massivo
accumulo intracapillare di cellule infiammatorie
prevalentemente formate da monociti-macrofagi.
- Il pattern immunoistologico è caratterizzato da una diffusa
deposizione granulare prevalentemente parietale di IgG
ed IgM; tale quadro è probabile espressione di una
cronica deposizione delle crioglobuline circolanti IgG-
IgM.
- Alla microscopia elettronica sono evidenti grossolani depositi in sede sottoendoteliale con aspetti
di doppio contorno della parete dei capillari.
Manifestazioni cliniche La presentazione clinica renale è una sindrome nefrosica o nefritica:
- Solitamente si riscontrano edemi declivi, macroematuria e una compromissione funzionale rapida;
- In altri casi si può avere ipertensione associata ad anomalie urinarie isolate, senza
compromissione della funzione renale rapida.
La terapia nelle forme blande viene effettuata con corticosteroidi ad alte dosi ed è abbastanza
risolutiva; nelle forme più severe si associano immunodepressori, plasmaferesi, rituximab.
NEFROPATIE
TUBULOINTERSTIZIALI (NEFRITI
INTERSTIZIALI) CARATTERISTICHE GENERALI Sono patologie renali, di varia eziologia, nelle quali la lesione è prevalentemente localizzata
nell’interstizio e coinvolge glomeruli e vasi solo secondariamente.
Qualunque sia il meccanismo patogenetico di base alcuni aspetti istologici sono comuni: flogosi
dell’interstizio con la presenza di un infiltrato linfo-monocitario, accompagnato da edema nelle
forme acute, e dalla fibrosi nelle forme croniche.
Fisiologia Interstizio L'interstizio è l’insieme dello spazio peritubulare e dello spazio
periarteriolare.
Nella corticale è esiguo, perché la maggior parte dello spazio
peritubulare è occupato dai capillari; aumenta di volume dalla
corticale alla midollare (nel ratto, dal 4% al 40%).
E’ costituito da cellule interstiziali e da una sostanza
fondamentale ricca di glicosaminoglicani, in cui si trovano
immersi tipi diversi di fibrille e un materiale tipo membrana basale;
le cellule presenti si dividono in:
- Cellule interstiziali di tipo 1: fibroblasti, attivi nel deposito e
nella degradazione della matrice cellulare.
- Cellule interstiziali di tipo 2: monociti-macrofagi, con
proprietà fagocitiche e immunologiche (APC).
Funzioni dell'interstizio:
• sostegno strutturale;
• canale di trasporto di soluti nel traffico tra tubuli e vasi (e
viceversa);
• sede di produzione di citochine e ormoni.
Sistema tubulare Anatomia
I tubuli renali originano dal polo urinifero del nefrone senza
soluzione di continuità.
Sono lunghi da 25 mm (per i nefroni corticali) a 45 mm (per i
nefroni iuxtamidollari); nell’uomo se messi uno di seguito all’altro
raggiungerebbero i 60km di lunghezza.
Ogni tubulo è suddiviso in parte prossimale, ansa di Henle e parte
distale. Ciascuna parte è ulteriormente suddivisa in segmenti; anatomicamente il tubulo termina
sboccando nel dotto collettore, tuttavia in fisiologia e in patologia esiste un continuum tra tubuli e
dotti.
-Il TCP è costituito da parte retta (segmenti S1 ed S2) e parte convoluta (segmento S3);
-L'ansa di Henle anatomica è intesa solo come il segmento sottile; l'ansa di Henle funzionale
comprende anche il segmento S e quello S3.
-Il tubulo distale è composto da parte retta (divisa in S midollare ed R corticale), parte convoluta (che
contribuisce a formare la macula densa) e tubulo collettore (in continuità con il dotto collettore).
Ubicazione dei vari segmenti:
-I tubuli contorti (prossimale e distale) decorrono
con la pars convoluta nella corticale;
-i segmenti retti S ed S3 decorrono nella
midollare esterna;
-Il segmento R decorre nei raggi della midollare
(quindi nella corticale);
-L'ansa di Henle è interamente nella midollare;
-Il dotto collettore ha un segmento midollare ed
uno corticale.
Funzioni del sistema tubulare
Funzioni del tubulo:
• Riassorbimento del 99.9% del filtarato glomerulare (ovvero circa 178 litri al giorno).
• Tramite il riassorbimento vengono regolate le concentrazioni di tutti gli ioni e le micromolecole
dell’organismo, nonché il pH; alla base di tutti i meccanismi di riassorbimento ci sono le
ATPasi basocellulari tra le quali la pompa Na/K svolge il ruolo preponderante. Per svolgere
un tale ruolo il tubulo consuma dunque grandi quantità di energia: il 10% del consumo
d’ossigeno a riposo è destinato al tubulo (il rene in toto rappresenta lo 0,5% della massa
corporea).
• Produzione di di 1,25-OH vit D e di renina.
Per svolgere tutti questi ruoli, il tubulo ed il dotto collettore presentano all’incirca 30 diversi tipi
cellulari; il tubulo renale è l’unico tessuto dell’organismo con osmolalità diversa dai “classici”
290mOsm.
Tubulo prossimale
In questo segmento viene riassorbito il 65% del Na+ e dell'HCO3-, questo causa un riassorbimento equivalente dell’H2O e di tutte le principali specie ioniche nonché un riassorbimento totale di glucosio e aminoacidi. Le proteine vengono riassorbite al 100%. Principali proteine responsabili dell'assorbimento (oltre all'importanza del trasporto paracellulare):
- Pompa Na/K (++++)
- Simporti Na/glucosio e Na/aa - Pompa apicale Na/H (NHE3)
- Simporto basale Na/HCO3 (NBC1)
- Complesso Megalina/cubulina
- Enzimi dell’orletto a spazzola
Una disfunzione a questo livello (ad es. NTIC da cadmio) causerà bicarbonaturia, glicosuria,
aminoaciduria, fosfaturia e uricosuria.
Tubulo distale
A questo livello vi è un massivo riassorbimento di ioni (Na, Cl, Ca, Mg…); i diuretici più utilizzati
agiscono qui.
• Nella pars retta (segmento S, facente parte dell’ansa funzionale) è situato il cotrasporto Na/
K/Cl o NKCC (target dei diuretici dell’ansa).
• Nella pars convoluta vi è il cotrasporto Na/Cl o NCC (target dei tiazidici); in questo segmento
avviene anche il riassorbimento del Ca PTH-dipendente.
• La pars convoluta forma avvicinandosi al glomerulo la macula densa, sito del feed-back
tubulo glomerulare.
Una disfunzione prevalente a questo livello causerà perdita di Na+, ritenzione di K+ e acidosi
metabolica distale.
Ansa di Henle (tratto sottile)
• La porzione discendente è impermeabile agli ioni e permette il riassorbimento di acqua (10-
15%); a questo livello l’urea viene secreta nel tubulo.
• La porzione ascendente riassorbe soluti e diluisce la preurina contribuendo a rendere
l’interstizio iperosmolare.
• Proteine di rilievo:
o UT-A2 (urea trasporter)
o Proteine di difesa dall’osmolarità (come il trasportatore dell’inositolo e l’aldoso
reduttasi) permettono accumulo intracellulare di specie inerti, ma osmolarmente
attive.
Dotto collettore
Questo tratto è responsabile di una minima parte del riassorbimento tubulare totale, tuttavia è la
quota più finemente regolata:
• Tutti i riassorbimenti a monte del dotto collettore avvengono di “default” e non variano nel
tempo in modo considerevole (può variare il flusso ematico totale e ci possono essere piccoli
aggiustamenti tubulari).
• Il dotto collettore è il “rifinitore” dell’urina: ne adatta l’escrezione alle richieste dell’organismo.
L’urina entra nel dotto leggermente ipotonica e con pH leggermente acido, può uscirne con
osmolarità compresa tra 65 e 1200mOsm e pH tra 8 e 4,5. Il volume può variare tra 0,5 e >6
litri.
• Questo avviene grazie a un’autoregolazione dipendente dai valori ionici tubulari e interstiziali,
ma anche alla sensibilità ai due ormoni che più influiscono la composizione urinaria: ADH e
Aldosterone.
Una disfunzione prevalente a questo livello (ad es. una NTIC da FANS) causerà incapacità a
concentrare le urine.
Eziopatogenesi Fenomeni di danno Ci possono essere nefriti interstiziali di natura ereditaria o acquisita; sono patologie non rare se
consideriamo alcune nefropatie comuni come ad esempio il rene policistico che coinvolgono proprio
il tubulo. Tali lesioni strutturali determinando modificazioni dell’anatomia e inducono anche
un’alterazione della funzione tubulare; la compromissione della funzionalità dell’epitelio tubulare,
dovuta a processi necrotici o sclerotici, può esitare in alterazioni dei fenomeni di riassorbimento e
secrezione fino a quadri quali Sindrome di Fanconi o acidosi tubulare.
In queste patologie non è sempre possibile distinguere i processi patogenetici del tubulo da quelli
dell’interstizio, in quanto queste due strutture sono spesso intercomunicanti.
Vi possono essere danni di diversa natura responsabili della patologia:
• Danni diretti (ad es. di natura tossica: farmaci) che affliggono il comparto tubulo-interstiziale
(portando ad infiltrazione cellulare, atrofia tubulare e fibrosi interstiziale) sono responsabili di
numerose patologie multifattoriali.
• Insulti indiretti di natura ischemica o da proteinuria cronica possono portare in modo
indiretto a necrosi con atrofia dell’epitelio (con nefrite interstiziale acuta): patologie del
glomerulo (ove una ridotta funzionalità del sistema di filtro porta a un sovraccarico proteico
dell’urina che arriva al tubulo con conseguente danno) e dei vasi (che causano fenomeni
ischemici tubulari) possono in seconda battuta affliggere il tubulo.
• In altri casi invece causa della nefrite intestiziale è un meccanismo immunologico che porta
ad infiammazione delle strutture tubulo-interstiziali: questi quadri sono caratterizzati da
edema ed eventualmente sclerosi. Un ruolo prominente sembra essere svolto dai linfociti T:
l'infiltrazione è infatti prevalentemente monocitaria e linfocitaria (di tipo T helper), con un ruolo
patogenetico di tipo cellulo-mediato (i linfociti peritubulari sono tossici e possono causare
una tubulite).
In ogni caso l’andamento della malattia è legato all’ estensione del processo patologico e soprattutto
al grado di sclerosi o di necrosi dell’epitelio tubulare; quando la malattia si associa anche a danno
glomerulare ciò è indice di progressione verso l’insufficienza renale.
Un problema correlato a queste patologie è che raramente si manifestano con le grandi sindromi
renali quali nefritica e nefrosica, infatti spesso non vengono biopsiate per tempo e ciò porta a
diagnosi tardive.
Cause Possiamo distinguere diverse cause:
- Infettive: pielonefrite acuta e cronica, tubercolosi, virus.
- Non infettive: meccaniche, tossiche, farmacologiche, fisiche, metaboliche, immunologiche,
ischemiche, ematologiche, ereditarie, idiopatiche, dubbie.
A seconda di causa ed insorgenza, le nefriti interstiziali possono essere distinte in:
• Acute, che possono essere causate da agenti tossici quali farmaci, agenti infettivi o danno
immunologico.
• Croniche, causate da farmaci, batteri, ostruzioni urinarie o reflusso vescicale, metalli pesanti
(non infrequenti), radiazioni, sostanze chimiche, alterazioni metaboliche quali iperuricemia,
diabete, cistinosi, ipercalcemia, ipopotassiemia. Tra le altre cause: danno immunologico,
neoplasie o disordini linfoproliferativi, ischemia renale, sarcoidosi, patologie ereditarie o
idiopatiche, cause dubbie.
Le diverse cause colpiscono diverse parti del sistema tubulare:
• Contorto prossimale (diminuito riassorbimento di sodio, bicarbonato, glucosio, acido urico,
fosfati, aminoacidi, beta2 microglobulina): colpito da metalli pesanti, mieloma multiplo,
malattie immunologiche, cistinosi.
• Contorto distale (diminuita secrezione di idrogenioni e potassio e diminuito riassorbimento di
sodio): colpito in malattie immunologiche e granulomatose, amiloidosi, malattie ereditarie,
ipercalcemia, ostruzione vie urinarie, anemia falciforme.
• Midollare (ridotta capacità di concentrazione urinaria e ridotto riassorbimento di sodio):
nefropatia da analgesici, malattie granulomatose ed ereditarie, anemia falciforme, infezioni,
ipercalcemia e squilibri dell’acido urico.
• Papilla (ridotta capacità di concentrazione delle urine e ridotto riassorbimento di sodio):
colpito in nefropatia da analgesici, diabete, ostruzione delle vie urinarie, anemia falciforme,
infezioni su rene trapiantato.
Diagnosi Grazie al fatto che le differenti porzioni del tubulo svolgono funzioni peculiari, esistono dei test
funzionali che permettono di capire dove la lesione è localizzata.
Analisi di laboratorio Analisi del sedimento urinario
1) Cilindri: si osservano cilindri ialini (1), cellule tubulari (2) e cilindri commisti di cellule
tubulari (3). Tuttavia i cilindri ialini non sempre sono espressione di malattia.
2) Cellule epiteliali tubulari: il numero di cellule epiteliali tubulari per campo nel sedimento
urinario può essere utilizzato per stabilire uno score di gravità della nefrite interstiziale in
base al quale si esprime la probabilità che la patologia evolva in IR.
Analisi delle urine delle 24h
Nella raccolta urine 24 h potremo osservare proteinuria di tipo tubulare, ovvero caratterizzata da
proteine a basso PM (PM< 40 kDalton, ad es. la beta2-microglobulina: è una proteina di 11 kDa
clearata quasi completamente dal plasma dal rene con emivita di circa 2 ore in presenza di funzione
renale normale; la concentrazione sierica è circa di 2 mg/100ml, e l'escrezione è fisiologicamente
minore di 370 microg/die).
Altri esami
Con esami più approfonditi si potrebbero rilevare enzimi presenti a livello delle cellule tubulari e che
sono secreti dalle cellule tubulari stesse in risposta al danno (dosaggio dell'enzimuria tubulare):
ad es. l'enzima N-acetil-beta-D-glucosaminidasi (NAG) maggiormente espressa nel tratto S3 del
tubulo prossimale, LDH, alanina-aminopeptidasi (AAP), lisozima.
Un aspetto rilevante della ricerca in ambito nefrologico oggi giorno è proprio la ricerca di marcatori
precoci di patologia tubulo interstiziale; sarebbe interessante poter disporre di marcatori proteici
indici precoci di danno, come ad esempio si hanno in cardiologia.
Un valido marcatore è il NGAL, trattasi di un carrier del ferro che può essere rilasciato dal tubulo
contorto distale: alte concentrazioni sono associate ad alcuni tipi di nefropatia tra cui in primis la
pielonefrite.
Metodica point of care: si prendono pochi ml di urina e si analizza la presenza di marcatori proteici
di danno tubulare.
Microscopia ottica Tubuli
• Alterazioni degenerative: accumuli di materiale intracitoplasmatico, vacuolizzazioni;
• Alterazioni necrotiche irreversibili (anche se la necrosi tubulare non è sempre presente);
• Processi riparativi: basofilia citoplasmatica e mitosi;
• Atrofia tubulare con variazioni del calibro;
• Irregolarità con inspessimento e alterazioni del profilo della membrana basale tubulare.
Interstizio
• Edema
• Infiammazione
• Accumulo di materiale extracellulare
• Fibrosi.
NEFRITI INTERSTIZIALI ACUTE Pielonefrite acuta Casi clinici Caso clinico 1
Ragazza di 17 anni, con anamnesi familiare negativa; in anamnesi fisiologica fumo saltuario, cicli
mestruali regolari, ma dismenorrea (uso di antidolorifici), allergia a graminacee; in anamnesi
patologica remota: CEI, gastrite ulcerosa, dermatite atopica, episodio di polmonite a 5 anni.
- Nel novembre 2002 astenia, seguita da un episodio simil-influenzale a dicembre. Dopo 2 giorni
dolore al fianco destro nausea e vomito.
- Accesso in Pronto Soccorso (24/12): WBC 16.53 10^9/L, PTLS 166 10^9/L, Hb 11.2 g/dl, K 3.3
mEq/L, Crs 1.4 mg/dl; ETG addome: non anomalie. La paziente viene dimessa con
Levofluoxacina (250 mg/die).
- 25/12 nuovo accesso in PS per accentuazione del dolore lombare (irradiato ai quadranti
addominali superiori) e tosse produttiva: WBC 12.86 10^9/L, PTLS 133 10^9/L, Hb 9.8 g/dl, Crs
1.9 mg/dl; all'ETG addome: rene dx di spessore parenchimale aumentato con struttura
disomogenea, aumento delle dimensioni spleniche (13.3 cm).
- Ricovero in medicina generale: all’ingresso condizioni generali scadute (vomito, ipertermia,
ipotensione arteriosa 85/65, broncospasmo e dispnea con SaO2 di 71% interpretato come
probabile riacuzie dell’asma allergica);
- All’ingresso in nefrologia: paziente in condizioni generali critiche, dispnea con tosse (SaO2 71%,
pCO2 36 mmHg, pO2 46 mmHg): O2 terapia (5 L/min). Esami: all’EOC toni ritmici e tachicardici,
all’ECP ipofonesi basale, MV ridotto, crepitii diffusi alle basi, all’EOA addome disteso, meteorico,
dolorabile in loggia renale destra; agli ematochimici: Crs 2.2 mg/dl, Hb 9.2 g/ dl, PTLS 123 10^9/L,
VES 80 mm/h, PCR 200 mg/L.
- Esami di imaging: RMN addome superiore evidenzia rene dx con notevole incremento delle
dimensioni e presenza di raccolta liquida semilunare in sede sottocorticale al labbro posteriore
polo inferiore associato a numerose lacune di enhancement confluenti tra loro ed aree di necrosi
colliquativa (il rene sx è invece regolare per dimensioni e profili); all'RX torace si evidenzia
versamento pleurico basale bilaterale, stasi del piccolo circolo, piramidi basali addensate per
fenomeni congestizi-disventilativi.
- Diagnosi: Pielonefrite acuta ascessualizzata (emocolture ed urocolture ripetutamente
negative).
- Terapia: Meropenem (1g x 3) + Amikacina (600 mg), ma si osserva persistenza di febbre, vomito,
dolore addominale; aggiunge dopo 2 gg Teicoplanina (durata di questa terapia 24 giorni).
- Quadro clinico risolto: normalizzazione degli indici di flogosi, Crs da 2.2 a 0.8 mg/dl, BCrC 60
ml/min, Pto di 70 mg/24h, Sedimento indifferente; alla RMN si evidenzia riduzione della raccolta
con reazione fibrotica periferica; all'ETG riduzione della lesione ipoecogena (da 4 a 1.5 cm); con
la scintigrafia, irregolarità dei profili e ampi deficit corticali del rene dx, con contributo funzionale
del 43%.
- Antibioticoterapia: Ceftriaxone e Teicoplanina per 3 settimane; al controllo, la RMN non c'è ancora
completa risoluzione della colliquazione, dunque terapia per altre 2 settimane.
Caso clinico
Paziente di 21 anni: anamnesi familiare negativa; irregolarità del ciclo mestruale per cui assume da
due anni estroprogestinici.
- 15 giorni di febbre con sintomatologia dolorosa in sede renale destra, per cui chiama il medico
che diagnostica una colica renale e somministra antispastici e disinfettanti urinari sospesi dopo 4
giorni per la remissione sintomatologica; dopo 3 giorni di relativo benessere ricompare febbre
(41°), dolore addominale intenso in ipocondrio destro irradiato verso il basso e posteriormente.
- Al PS esegue ecotomografia addomininale che risulta negativa per cui in presenza di accentuarsi
della sintomatologia addominale controlla TAC, che evidenzia un quadro classico di "lobar
nephronia, con zone microascessualizzate sul rene di destra” e fissurazione del rene verso il
fegato.
- Avvia trattamento associato con sulbactam-acido clavulanico + antibiotico aminoglicosidico per
due settimane; prosegue con chinolonico per 3 settimane
- Rivalutazione diagnostica strumentale con risonanza magnetica del rene: risoluzione del quadro
microascessuale, persistenza di alcune strie infiammatorie con aree fibrotiche; indici di flogosi
normalizzati, esame urine negativo, urinocoltura negativa.
- Prosecuzione del trattamento per altre due settimane.
Eziopatogenesi La pielonefrite è causata principalmente da patogeni che danno infezione renale risalendo le vie
urinarie, sono dunque infezioni ascendenti; spesso infatti si può confondere con una semplice
infiammazione delle vie urinarie. Si tratta degli stessi batteri che più comunemente infettano questi
siti anatomici: E. Coli, Pseudomonas Aeruginosa ecc.
È sempre importante l'anamnesi:
- E' importante sapere se il paziente ha già avuto episodi di pielonefrite o infiammazione delle vie
urinarie: ci sono infatti fattori fisiologici ed anatomici predisponenti, come il reflusso
vescicoureterale;
- Anche l’assunzione di estroprogestinici e la gravidanza sembrano correlati ad un maggior rischio
di malattia.
- I pazienti diabetici sono più soggetti ad infezione, in quanto le loro urine più ricche di glucosio
sono molto passibili di infezioni batteriche.
Diagnosi Presentazione clinica
Si presenta spesso con febbre, brividi, malessere generale, debolezza costovertebrale, disuria,
piuria (cilindri leucocitari nelle urine), bacteriuria, (> 100 mila/ml) e dolore renale.
Indagini strumentali e di laboratorio
- Ecotomografia renale (spesso negativa): è un'indagine operatore-dipendente, se ho il dubbio che
il paziente sia affetto da pielonefrite devo condurre ulteriori indagini come TAC con mezzo di
contrasto e risonanza magnetica nucleare (spesso indicata in pazienti giovani in cui si vuol
prevenire l’esposizione a radiazioni).
- Anche gli esami colturali così come l’eco possono essere negativi, quindi non c’è la possibilità di
avere un antibiogramma; pertanto spesso nel sospetto di pielonefrite si procede con terapie
antibiotiche meno specifiche.
Anatomia patologica macroscopica:
• I reni possono apparire larghi ed
edematosi;
• Piccoli ascessi possono essere
rinvenibili al di sotto delle superfici di
taglio;
• I foci di infiammazione possono essere
ristretti o apparire come grosse aree
cuneiformi;
• L’urotelio pelvico può essere iperemico
e coperto da un essudato purulento.
In generale, a PNA è spesso focale e la
maggior parte del rene restante può essere
normale.
Anatomia patologica microscopica
- Esteso infiltrato di PMN neutrofili nei tubuli e nell’interstizio con macrofagi di accompagnamento;
- I vasi e i glomeruli sono spesso conservati;
- L’agente causale può occasionalmente essere identificabile.
Andamento clinico Prognosi
Sono buone le possibilità di risoluzione completa:
- Miglioramento del dolore dopo 2-3 giorni con remissione dell'iperpiressia dopo 3-4 giorni;
- Riduzione indici di flogosi e leucocitosi in una settimana e possibile risoluzione del reperto TAC
dopo due-tre settimane.
E' sempre necessario un trattamento antibiotico mirato protratto.
Complicanze
Complicanze della PNA possono essere la necrosi papillare con successiva malattia ostruttiva, la
pionefrosi (ritenzione di materiale purulento nel rene) e l'ascesso perinefrico, che lascia spesso una
cicatrice retraente quando viene riassorbito.
Il risultato di ripetuti ascessi (o di una malattia cronica) porta a un quadro detto ‘rene grinzo
pielonefritico’.
Terapia
La terapia è per lo più antibiotica, a seconda della sensibilità del microrganismo infettante
(fluorochinoloni, cefalosporine, aminoglicosidi, trimetoprim/sulfametossazolo).
Un grave errore terapeutico consiste nel somministrare disinfettanti urinari (batteriostatici) e
sospendere gli stessi dopo i pochi giorni necessari alla remissione dei sintomi: ciò favorisce
l’insorgere di resistenze e recidive, che sono una frequente causa di ascessualizzazione.
Nefrite interstiziale acuta immuno-allergica La nefrite interstiziale acuta immuno-allergica è caratterizzata da un coinvolgimento infiammatorio
dell’interstizio accompagnato, in alcune forme, da un quadro di IRA.
Caso clinico DEA, maschio ingegnere di 37 anni: anamnesi familiare positiva per nefropatia (nonna deceduta in
dialisi); non fumo, non potus.
- Sempre in buona salute sino al maggio 2000: comparsa di astenia, febbricola, dimagrimento;
riscontro di splenomegalia, anemia e leucocitosi con forme mieloidi immature in circolo. Diagnosi
di leucemia mieloide cronica.
- 2/11/2000: trapianto allogenico (donatore fratello) di midollo osseo. Crs 0,7 mg/dl
- 28/11/2000: introdotto FK-506. Crs 1,1 mg/dl
- 18/12-6/2: effettuati sei cicli terapeutici con cidofovir per riattivazione citomegalica. Al 13/2 Crs 3,3
mg/dl quindi sospeso cidofovir; Crs al 30/3 di 2,9mg/dl, e all’ecografia dell’addome reni di
dimensioni regolari (12,5 cm il destro, 11 cm il sinistro) con normale ecostruttura del parenchima.
- 23/4 sospende FK-506, avvia Micofenolato-mofetile. Crs 3,7 mg/dl
- Ricovero in Ematologia per sospetta artrite settica. Ecografia dell’addome: rene destro 9,5 cm,
sinistro 11 cm; parenchima iperecogeno. Crs 3 mg/dl. Pto 3g, pattern tubulare completo.
- Luglio 2001: Crs 4,7 mg/dl. Ricovero in Nefrologia: Crs 5,7 mg/dl, clearance creatininica 22 ml/
min, Proteinuiria di 1,7 g/24h. Pattern tubulare Bence-Jones assente. Sedimento: Rari GR Esami
immunologici negativi (VES 31 mm/h). Assetto epatico, quadro proteico e bilancio calciofosforo
nella norma. Ecodoppler renale: non evidenza di stenosi arteriose; resistenze intraparenchimali
ai limiti superiori a destra.
- MO su biopsia renale: 13 corpuscoli del Malpighi. Uno con sclerosi globale del flocculo; i restanti
glomeruli mostrano spazio urinifero libero, membrane basali sottili che circoscrivono lumi di
capillari pervi e assi mesangiali focalmente e segmentariamente allargati per lieve aumento della
sostanza fondamentale e della componente cellulare. L’interstizio è diffusamente e discretamente
allargato, con connettivo fibroso, comprendente tubuli atrofici e riccamente infiltrato di elementi
infiammatori parvi-rotondocellulari che in alcuni punti superano la membrana basale dei tubuli
infiltrandosi fra le cellule epiteliali.
- Terapia: Metilprednisolone 500 mg per 3 giorni; Prednisone 40 mg/die (per trattare la nefrite
interstiziale); Micofenolato mofetile 500 mg per 2 (per prevenzione per rigetto).
- Prognosi: progressivo deterioramento della funzione renale, con ingresso in emodialisi.
Stabilizzazione della situazione ematologica. In programma trapianto di rene da donatore vivente
(fratello).
Eziopatogenesi La NTIA è caratterizzata da un
coinvolgimento infiammatorio
dell’interstizio accompagnato, in
alcune forme, da un quadro di
insufficienza renale acuta.
Spesso sono coinvolti farmaci:
antibiotici (penicilline, cefalosporine,
rifampicine, sulfamidici,
cloramfenicolo), FANS, diuretici
(furosemide, tiazidici),
difenilidantoina, diazepam,
fenobarbital, allopurinolo, cimetidina
e ranitidina.
Meccanismo patogenetico
• Reazione da ipersensibità: c'è
presenza di un intenso
infiltrato cellulare (linfociti T,
monociti ed eosinofili) che
suggerisce un ruolo
dominante dell’immunità
cellulo-mediata. Questi elementi sono attratti in loco dal farmaco concentrato nello spazio
interstiziale.
• I linfociti attivati determinano direttamente le lesioni tubulo-interstiziali (liberazione di ROS e
da parte degli eosinofili rilascio di enzimi lisosomiali) e amplificano la reazione infiammatoria
interstiziale, producendo citochine e fattori di crescita.
• Sono coinvolti anche meccanismi umorali con formazione di Ab (forme da FANS con GNM o
Ab anti-membrana basale tubulare nel LES).
Presentazione e diagnosi Clinica
- Sintomi sistemici: Febbre, rash cutaneo, artralgie;
- Improvvisa ed inaspettata alterazione della funzione renale, accompagnata da dolore lombare
(per la distensione della capsula renale per l’edema interstiziale);
- All'esame urine: microematuria, leucocituria sterile (costituita in gran parte da granulociti
eosinofili) e proteinuria (di solito modesta e costituita da proteine a basso peso molecolare,
dunque proteinuria tubulare);
- IRA in genere non oligurica, ma a volte tale da richiedere l’emodialisi.
Disfunzioni tubulari: si presenta con sintomatologia tipica (acidosi tubulare prossimale, glicosuria,
aminoaciduria, uricosuria, difetto nel riassorbimento dei fosfati, difetto di acidificazione delle urine,
isostenuria, perdita di Na+, ridotta escrezione di K+).
NB: il 25% dei casi di IRA da farmaci sono ascrivibili a questo quadro (nefrite interstiziale immuno-
allergica).
Anatomia patologica macroscopica
- I reni appaiono simmetricamente allargati, con capsula tesa e grigia.
- Alle sezioni di taglio si riscontra corticale pallida e giunzione cortico-midollare indistinta, inoltre ci
saranno raggi midollari ben evidenti a causa dell’edema.
- Possono eventualmente essere presenti piccole petecchie emorragiche.
Anatomia patologica microscopica
Le alterazioni più visibili sono a
carico del tubulo e dell’interstizio,
mentre il glomerulo e il flocculo
presentano poche alterazioni.
- Il grado di alterazione tubulare è
variegato, ci possono essere delle
lesioni simil-necrotiche e
tubulite con infiltrati PMN o
linfocitari nella compagine
tubulare. La tubulite appare come
edema interstiziale, presenza di
cellule infiammatorie nella parete
del tubulo, con rottura della
membrana basale e aumento della separazione tra i tubuli.
- Il tubulo contorto prossimale può essere dilatato con perdita della demarcazione dei bordi (tecnica
PAS).
- Possono essere presenti lesioni tubulari con rottura della membrana; in questi casi la proteina di
Tamm-Horsfall normalmente contenuta nel lume del tubulo si riversa nell’interstizio e richiama
abbondanti componenti della infiammazione (eosinofili in particolare). Frequentemente si
riscontra la presenza di eosinofili organizzati in “cluster “, mentre i neutrofili sono più rari.
- Nel circa 30% dei casi si evidenziano anche formazioni granulomatose: si vedranno piccoli
granulomi non caseificanti, con interstizio allargato.
Le lesioni istologiche possono anche aiutarci nel differenziare un processo acuto o cronico: il primo
è caratterizzato da edema, il secondo è caratterizzato da deposizione di materiale fibrotico. La
natura dell’infiltrato infiammatorio non è invece un criterio di distinzione.
A sinistra: nefrite interstiziale acuta da farmaci (diffusa infiltrazione interstiziale contenente anche
eosinofili con estesi danni tubulari); a destra: granuloma in corso di NI.
La diagnosi di certezza si ottiene solo in quei casi in cui la gravità del quadro clinico induce
all’esecuzione della biopsia renale.
Prognosi
L’evoluzione di questi quadri può essere favorevole dopo sospensione del farmaco oppure, in
presenza di proteinuria persistente con associato danno glomerulare, richiede terapia
corticosteroidea con approccio sovrapponibile a quello delle nefropatie primitive.
Il residuo di sequele, o il peggioramento della situazione renale è, di solito, la conseguenza della
mancata diagnosi eziologica.
Nefrite interstiziale immuno-allergica da FANS con sindrome nefrosica Può comparire dopo giorni o addirittura mesi (da 14 gg a 18 mesi) dall’esposizione al farmaco: in
questi quadri, oltre al danno tubulo-interstiziale, può comparire una più o meno marcata riduzione
della funzione renale che spesso esita in insufficienza renale cronica.
Patogenesi
La patogenesi non è nota; sembra coinvolto un meccanismo di danno ‘funzionale’, con aumento
della permeabilità capillare e conseguente perdita urinaria di proteine, mediata dallo ‘shift’ della
cascata dell’acido arachidonico verso la via lipossigenasica:
1) L'inibizione della COX-1 porterebbe infatti ad un'aumento della produzione di leucotrieni;
2) Questo potrebbe causare una permeabilizzazione dei capillari, sia glomerulari che
peritubulari;
3) Si ha dunque evoluzione a nefrite, con perdita di proteine.
Quadro clinico
- Assenza di febbre, rash, eosinofilia, eosinofiluria;
- oliguria, diminuzione della funzione renale, ematuria microscopica, proteinuria nefrosica (quindi >
3,5 g/24h!).
NB: quando oltre a indici di patologia tubulare troviamo anche una proteinuria non tubulare dobbiamo
sempre sospettare la sovrapposizione di una compromissione glomerulare.
Istologia
Si osserva un quadro di nefrite interstiziale, con Minimal Change Desease o Glomerulonefrite
Membranoproliferativa (spesso presente).
Rigetto interstiziale acuto Il rigetto acuto si manifesta in genere entro 5-10 giorni dopo l'intervento chirurgico se il paziente non
esegue la terapia con farmaci immunosoppressori; la probabilità di occorrenza per il trapianto di
rene è intorno al 65%. Un episodio singolo non è grave se riconosciuto e trattato immediatamente;
se il fenomeno capita più volte, tende a cronicizzarsi e a provocare il fallimento del trapianto.
Ecografia - Diminuita ecogenicità della corticale (a causa dell’edema), con perdita della differenziazione
cortico-midollare; l'edema è presente anche all'interno del seno renale, obliterandone il segno
ecografico (freccia).
- Sono possibili anche aree focali di ipoecogenicità per infarto parenchimale con necrosi ed
emorragia.
Microscopia elettronica Le alterazioni istologiche sono le stesse che si osservano nel rene nativo, ma in questo caso il
processo è promosso dai linfociti T che invadono il tessuto e producendo perforina e granzima
determinano atrofia tubulare fino a necrosi. Si osserva:
- Infiltrazione dell’epitelio tubulare da parte di linfociti (marker di rigetto interstiziale acuto!) e
plasmacellule (fig. 1: marcata infiltrazione linfoplasmocitaria);
- Edema ed obliterazione dei tubuli a causa dell'infiltrato (fig. 2).
NEFRITI INTERSTIZIALI CRONICHE Caratteristiche Le nefriti interstiziali croniche possono dipendere da:
1) un danno diretto, legato all’azione lenta e persistente di tossici o alla presenza di
infezioni batteriche recidivanti;
2) un danno indiretto conseguente a patologie croniche glomerulari e vascolari.
Le principali nefropatie croniche sono:
• Nefropatia cronica da analgesici;
• Nefropatia da erbe cinesi;
• Nefropatia dei balcani;
• Nefropatia interstiziale cronica tossica;
• Pielonefrite cronica;
• Nefropatia cronica da reflusso;
• Nefropatia cronica dismetabolica;
• Nefropatia cronica in corso di malattie sistemiche;
• Nefropatie croniche eredofamiliari.
Eziopatogenesi Ci sono diverse cause di nefriti interstiziali croniche:
- Reazioni immunoallergiche a farmaci (la maggior parte);
- Cause tossiche: farmaci, cronica esposizione ad agenti tossici ambientali (litio, cadmio e altri
metalli pesanti);
- Cause infettive: reflusso vescico-ureterale, pielonefriti recidivanti; - Cause sistemiche: sarcoidosi
LES, neoplasie, ecc. - Malattie metaboliche: iperuricemia, nefrocalcinosi; - Uropatia ostruttiva.
In oltre 2/3 dei casi l'eziopatogenesi è legata all’assunzione protratta di farmaci. Tra questi, un ruolo
di primo piano è giocato dai FANS:
- ASA e i metaboliti della fenacetina si ritrovano infatti concentrati nello spazio interstiziale
midollare, dove possono provocare un danno tessutale inducendo la perossidazione lipidica.
- Inoltre, ASA, inibendo la produzione di PG vasodilatatrici, può provocare un danno ischemico
della midollare renale.
NB: nelle forme croniche, contrariamente a quanto avviene per le forme acute, il danno tubulo-
interstiziale è direttamente proporzionale alle dosi e alla durata dell’esposizione all’agente
eziologico.
Clinica delle NTIC Presentazione clinica
La caratteristica clinica delle nefriti interstiziali croniche è la prevalenza, per una lunga fase della
malattia, delle disfunzioni tubulari sui segni di disfunzione glomerulare (talvolta completamente
assenti).
Le funzioni tubulari sono diverse nei diversi tratti del nefrone e d’altra parte le lesioni delle nefriti
interstiziali croniche sono spesso focali: per questo motivo i segni di disfunzione tubulare possono
essere rappresentati, a seconda dei casi, prevalentemente da un difetto prossimale, distale o
midollare.
In genere, comunque, è raro ritrovare una disfunzione tubulare pura, mentre è estremamente più
frequente il coinvolgimento contemporaneo di più tratti del tubulo.
Diagnosi
- Quadro urinario: sono riscontrabili leucocituria (con carattere di piuria e con batteriuria nella
pielonefrite cronica), microematuria, proteinuria modesta di tipo tubulare; tra le proteine escrete
quelle attualmente dosabili ed utilizzabili quale indice di danno tubulare sono la β2microglobulina
e la proteina di Tamm-Horsfall.
- Microscopia ottica: utile per gli elementi istologici differenziali in nefriti interstiziali acute e croniche;
l'’edema interstiziale è infatti caratteristico delle forme acute, mentre a caratteristica tipica delle
forme croniche è la presenza di fibrosi interstiziale. Gli elementi cellulari infiammatori NON sono
diversi nelle forme acute e croniche.
- L’ecotomografia mostra reni di dimensioni ridotte, con calici smussati e dilatati.
- Sono presenti i segni di insufficienza renale, con ipertensione arteriosa e anemia.
Prognosi
In queste patologie si osserva un progressivo decadimento della funzione renale.
La rimozione dell’agente eziologico è l’unico presidio terapeutico noto nel tentativo di evitare la
progressione del danno renale sino all’uremia terminale.
Complicanze
Il danno tubulo-interstiziale è un fattore di rischio importante nella progressione delle malattie renali.
Problemi emergenti nelle nefropatie interstiziali:
• Attenzione ai farmaci da banco e ai prodotti “alternativi” o “integrativi", che hanno
causato un'aumentata frequenza di NI;
• Attenzione alla aumentata frequenza delle pielonefriti acute per mutazioni genetiche
degli agenti infettanti, variazioni ambientali dei soggetti colpiti, resistenza ai comuni
antibatterici utilizzati (questi pazienti spesso diventano portatori di patogeni
multiresistenti).
Nefropatia cronica da analgesici/fenacetina Negli anni ’60 e ’70 l’uso di una combinazione di analgesici era diffuso in Australia, Canada e in
parte dell’Europa soprattutto tra donne di mezza età che soffrivano di cefalea. A partire dagli anni
’80 le reazioni avverse della fenacetina cominciarono a diventare evidenti al punto che molti Paesi
la ritirarono dal commercio. In concomitanza di ciò si osservò un declino della nefropatia interstiziale
cronica che era stata correttamente correlata al farmaco. E’ interessante ricordare che fu osservata
per la prima volta in Svizzera tra gli orologiai che assumevano massicce dosi di analgesici per la
cefalea legata alla loro minuziosa e stressante attività lavorativa.
Oggi la classica nefropatia da fenacetina è scomparsa, ma l’uso smodato di acetaminofene, aspirina
e altri FANS non selettivi si associa un danno renale in soggetti con normofunzione renale. In
considerazione del loro uso diffuso è di grande rilievo per la sanità pubblica l’impatto che tali farmaci
possono avere sull’epidemiologia delle malattie renali. Gli analgesici devono quindi essere usati con
cautela e il loro uso cronico deve essere scoraggiato!
Eziopatogenesi E’ causata dall'assunzione a lungo termine di più analgesici contenenti fenacetina o il suo principale
metabolita, il paracetamolo, in associazione ad aspirina, caffeina o codeina.
La fenacetina si accumula nella midollare renale, causando tossicità diretta sulle cellule vascolari: il
suo accumulo compromette infatti l’integrità endoteliale e disregola la produzione di prostaglandine.
L’ipossia che ne deriva ha molte conseguenze:
• Ialinosi vascolare dei vasi retti con sclerosi capillare e danno diretto sulle strutture tubulo-
interstiziali con necrosi papillare;
• Interferenza emodinamica con l’asse RAS.
Sequenza degli eventi fisiopatologici:
abuso di analgesici contenenti
fenacetina > sclerosi capillare nella
midollare renale > necrosi papillare >
nefropatia tubulo interstiziale > atrofia
corticale.
Quadro clinico Presentazione sintomatologica
La nefropatia da analgesici è
caratterizzata da: riduzione della VFG,
microematuria, proteinuria,
leucocituria, tubulopatia, ipertensione
arteriosa e necrosi papillare con
successiva deposizione di Ca2
(calcificazioni).
Sono associati: anemia (per
diminuzione dell'emivita delle RBCs per tossicità), ulcera peptica, carcinoma delle cellule
transizionali, accelerata aterosclerosi e precoce invecchiamento cutaneo. L’associazione con il
carcinoma transizionale (uroteliare) dipende dal fatto che fenacetina è un derivato dell’anilina, noto
cancerogeno dell’urotelio.
Il decorso clinico della lenta e progressiva riduzione della VFG associata a ipertensione arteriosa
può essere accompagnato da:
• Coliche renali con ematuria macroscopica ed emissione di coaguli da sindrome ostruttiva per
distacco delle papille necrotiche;
• Calcificazioni nelle sedi del distacco delle papille alle indagini radiologiche.
Per quanto riguarda il decorso clinico, la nefropatia da analgesici è causa del 3% di tutte le IRC in
Europa. Gli studi suggeriscono che il deterioramento della funzione renale può proseguire per anni
dopo la sospensione del farmaco, forse anche attraverso meccanismi secondari come l’ipertensione
e la malattia reno-vascolare.
Quadro morfologico
- Fibrosi interstiziale
- Infiltrato interstiziale linfo-monocitario
- Fibrosi periglomerulare
- Ischemia glomerulare
- Atrofia corticale
- Sclerosi capillare (patognomonica per danno cronico da analgesici)
- Necrosi papillare
- Calcificazioni.
“La classica nefropatia da analgesici fu definita come una malattia renale cronica bilaterale
caratterizzata da necrosi papillare, nefrite interstiziale cronica, atrofia corticale, sclerosi capillare e a
volte pigmentazione brunastra delle papille renali e della mucosa del tratto urinario“
Nel 1973 Mihatsch e altri provarono che la sclerosi capillare era la causa principale della necrosi
papillare e rappresentava inoltre la lesione patognomonica di nefropatia da analgesici.
Quadri di necrosi papillare completa:
Tecniche di imaging
Le tecniche di Tac e ecografiche permettono di evidenziare lo
stadio delle nefropatia in base a parametri di forma e
dimensione del rene, che col procedere della patologia
appare sempre più piccolo e raggrinzito.
Oltre a ciò è possibile evidenziare la presenza di
calcificazioni nella sede della necrosi papillare (visibili come
deposizioni di calcio nel parenchima, anche solo in una
radiografia senza mezzo di contrasto; freccia nell'immagine).
Evoluzione della patologia Prognosi
Numerosi studi dimostrano che il deterioramento del parenchima renale può protrarsi anche a lungo
dopo la sospensione del farmaco, con esiti di IR anche molti anni dopo l’abuso; il progredire del
danno potrebbe associarsi però a cause secondarie, come ipertensione e malattie reno-vascolari.
Tuttavia da quanto emerge da altre ricerche sembra osservarsi un miglioramento della funzione
renale in pazienti ex-abusatori dopo sospensione.
In generale si può asserire che il rischio maggiore è correlato all’assunzione di acetaminofene,
aspirina e FANS non selettivi (mentre per quanto riguarda i COX2 inibitori solo il rofecoxib sembra
associato a danno renale).
In generale, l’abuso di FANS in pazienti con patologie croniche renali è associato a maggiore
tendenza verso l’evoluzione in IRC.
Complicanze
Fenacetina è derivata dall’anilina, noto cancerogeno dell’urotelio: dopo metabolizzazione da parte
del citocromo P450 nel fegato il metabolita cancerogeno prodotto in sede epatica rimane a lungo
contatto con l’urotelio.
Dodici anni dopo la prima descrizione della nefropatia da analgesici avveniva la prima segnalazione
di neoplasie della vie urinarie negli “analgesic abusers “ (Hultengreen 1965).
Altre nefriti interstiziali croniche con origine tossica Nefropatia da erbe cinesi Patologia recente: l'inquadramento epidemiologico è cominciato all’inizio degli anni ’90 in Belgio, ed
è associata all’assunzione di preparati di erbe cinesi a scopo dimagrante.
Caso clinico
Paziente di 45 anni, sempre in buona salute, inizia ad assumere a scopi dimagranti polvere di erbe
cinesi nel marzo del 1994. Dopo tre mesi inizia a lamentare astenia, malessere generale edemi
saltuari agli arti inferiori; viene ospedalizzata nel gennaio del 1995 nel Reparto Nefrologico della sua
città per sintomatologia dolorosa in sede renale bilaterale, edemi ingravescenti ed ipertensione.
- Hb= 8.2 g/dl, Crs= 2,5 mg% Pto= 0.5 g.24h, Sedimento urinario con rari G.B., cilindri granulari ed
ialino granulosi. Indici immunologici negativi. P.A. 170/100.
- Quadro ecotomogafico: reni a dimensioni normali, alterata differenziazione cortico-midollare e
lieve riduzione dello spessore della corticale. Viene trattata con terapia ipotensiva.
- Il mese successivo incremento ulteriore della Crs a 5,5 mg% per cui viene eseguita biopsia renale.
MO: 16 glomeruli alcuni normali altri con segni ischemici; diffusa e severa fibrosi interstiziale con
atrofia tubulare del 70%. IF negativa. Maggio 1995: avvio del trattamento dialitico regolare.
Eziopatogenesi
L’eziologia della nefropatia da erbe cinesi ancora non è chiara; tuttavia è stata avanzata l’ipotesi che
il danno sia causato da un composto nefrotossico presente in queste erbe, l’acido aristolochico, il
quale presenta affinità strutturali con la fenacetina.
Quadro clinico
Il quadro sintomatologico è grave: edemi, ipertensione, proteinuria modesta, cilindruria; può evolvere
fino all’IRC. Anche qui si è osservata inoltre una correlazione con il carcinoma di cellule transazionali.
Per la diagnosi:
- Immunologia negativa;
- All’ECO alterata differenziazione cortico-midollare.
- Microscopia ottica: i glomeruli sono normali, ma sono presenti segni di sofferenza interstiziale
periglomerulare (corticale) con fibrosi massiva e atrofia tubulare.
Nefropatia dei balcani Epidemiologia
E' una nefro-tubulopatia ad andamento cronico, endemica nei piccoli villaggi agricoli dei Balcani
situati nelle piane circostanti gli affluenti del Danubio; la distribuzione geografica non si è modificata
da quando la malattia fu descritta per la prima volta negli anni ’50.
La prevalenza nella popolazione a rischio varia dal 2-10%. Emigranti e immigranti sviluppano la
malattia se esposti sufficientemente a lungo all’agente causale nelle aree endemiche.
Eziopatogenesi
E' ancora ignota. Sono state avanzate ipotesi di cause genetiche, infettive (virus?), metaboliche
(deficienza di selenio?) e tossiche (esposizione cronica).
E’ probabile che su una predisposizione genetica si instauri un meccanismo di danno tossico per
esposizione a micotossine, in particolare all’ocratossina A prodotta da miceti del genere Aspergillus
e Penicillum (strutturalmente affine all’acido aristolochico e contaminante diffuso di numerosi
alimenti): è una sostanza cancerogena, teratogena, mutagena e immunosoppressiva, nefrotossica
in numerosi animali e probabilmente anche nell’uomo.
A confermare questa ipotesi:
- I cereali delle zone endemiche sono stati trovati positivi a questa tossina, in dosi maggiori rispetto
a prodotti di aree non endemiche;
- La tossina è stata rinvenuta nel sangue di pazienti affetti da nefropatia dei Balcani.
- Addotti ocratossina A-DNA sono stati trovati in cellule transizionali tumorali di pazienti in aree
endemiche.
Quadro clinico
Clinicamente si osserva:
- Alterazioni da danno tubulare: perdita tubulare di Na+, proteinuria tubulare;
- Raramente ipertensione, assenza di edemi, anemia; - Sedimento urinario
scarso, ma presenza di cilindruria ialina; - Pallore/xantocromia (= colorazione
gialla) di palmi e piante.
La comparsa di ematuria è spesso soggettiva di carcinoma transizionale.
Anatomia patologica:
1) Macro: reni normali o ridotti;
2) Micro: precoce atrofia tubulare e fibrosi, modesto infiltrato mononucleato, scarso
interessamento glomerulare, assottigliamento dei vasi e dilatazione dei vasi linfatici.
Si ha un'evoluzione progressiva verso l’IRC intorno alla 4°-5° decade. Osservata ancora una volta
l’associazione con un aumentato rischio di sviluppare un carcinoma di cellule transizionali.
Nefrite interstiziale cronica tossica Il litio, somministrato cronicamente, determina:
1) Una forma di diabete insipido nefrogeno a causa dell’azione tossica sui tubuli collettori;
2) In un secondo momento può indurre una fibrosi interstiziale diffusa con meccanismi non
ancora del tutto chiariti.
La somministrazione cronica di ciclosporina può provocare una nefropatia caratterizzata da una
fibrosi interstiziale focale o diffusa legata, verosimilmente:
- Da una parte, ad una cronica vasocostrizione renale;
- Dall’altra, ad un’azione diretta del farmaco a livello vascolare e tubulare dove indurrebbe la sintesi
di fattori di crescita profibrotici.
Altre sostanze ad azione tossica sul rene che inducono una nefrite cronica sono i metalli pesanti, in
particolare piombo e cadmio. E’ noto che il cadmio lega una proteina epatica, la metallotionina,
formando un complesso molto stabile con emivita biologica di 10 anni. Tale complesso, concentrato
a livello del tubulo prossimale, in caso di prolungata esposizione ambientale, provoca una nefrite
con i caratteri della disfunzione tubulare.
Pielonefrite cronica Un'altra causa di nefrite cronica è rappresentata dalle infezioni: la presenza di infezioni batteriche
ricorrenti o persistenti porta a PNC.
NB: E’ importante ricordare che la pielonefrite cronica NON è legata alla PNA. Questa infatti, in
assenza di situazioni anatomiche predisponenti, si risolve senza lasciare danni permanenti!
Epidemiologia
Tale forma è particolarmente frequente nei pazienti che presentano malformazioni anatomiche
(reflusso vescico-ureterale e ostruzione delle vie urinarie) che, determinando stasi delle urine a
livello della pelvi renale, facilitano la persistenza delle infezioni batteriche.
Quadro clinico
Anatomia patologica macroscopica:
- La perdita di parenchima renale conseguente al danno esita in una riduzione delle dimensioni dei
reni;
- La corticale risulta assottigliata e la superficie esterna presenta numerose e irregolari cicatrici
depresse;
- Può essere presente idronefrosi a causa dell’aumento della pressione luminale, con dilatazione
marcata della pelvi e dei calici.
In microscopia ottica i glomeruli appaiono ravvicinati a causa della perdita del parenchima
circostante. Sono presenti fibrosi interstiziale e periglomerulare, atrofia tubulare e infiltrato
infiammatorio misto.
La PNC si può presentare con poliuria, deplezione salina e diminuita capacità di concentrare le urine;
si ha una lenta progressione verso l’IRC.
Nefropatia cronica da reflusso Epidemiologia
E' frequente in età infantile: rappresenta la prima causa di IRC terminale nei bambini.
Eziopatogenesi • Congenita: la valvola uretero-vescicale è incompleta, malformata o assente.
• Acquisita: per la presenza di un reflusso transitorio causato da un’infezione batterica.
Compare spesso nel neonato: generalmente si risolve, ma a volte può perdurare. La noxa
patogenetica è di tipo meccanico, con possibile sovrapposizione infettiva.
Quadro clinico Spesso è misconosciuta, ed è preceduta da episodi febbrili inspiegati, disuria e pollachiuria. Il reperto
urinario è positivo per leucocituria e batteriuria.
Anatomia patologica
I reni sono rimpiccioliti, la corticale è assente e la midollare è a contatto con la capsula. L’irregolarità
della superficie del rene dovuta alla deposizione di tessuto cicatriziale fibrotico rende l’organo più
passibile ad infezioni.
La diagnosi è ecografica e scintigrafica; ci sono 5 gradi di
reflusso.
Terapia
Una volta il trattamento era sempre chirurgico. Oggi si
preferisce la terapia medica, (trattamento delle infezioni e
ginnastica vescicale ovvero svuotamento frequente) tranne
che per reflussi di grado 4 o 5.
Nefriti interstiziali dismetaboliche La nefrite interstiziale si sviluppa spesso nell’ambito di disordini metabolici come:
• Iperuricemie croniche (per deposizione di cristalli di urato a livello interstiziale)
• Iperossalurie
• Ipercalcemia cronica
Nefrite interstiziale cronica in malattie sistemiche In alcune condizioni sistemiche si è osservata la presenza di IgG contro la membrana basale
tubulare:
• Sarcoidosi (all'ottica si nota la presenza di granulomi non caseificanti)
• LES (all'immunofluorescenza, presenza di depositi di IgG nelle membrane basali tubulari,
più frequente nei pazienti con nefrite lupica attiva focale o diffusa)
• Trapianto renale (danno parenchimale)
• E’ stata descritta inoltre una nefrite da radiazione ionizzanti.
Nefriti interstiziali croniche eredo-familiari Eziopatogenesi Determinate da mutazioni del gene per l’uromodulina, proteina (detta anche di Tamm-Horsfall)
espressa sulle cellule del tratto discendente dell’ansa di Henle e del TCD. La proteina mutata
determina:
- Alterazioni del trasporto transmembrana delle cellule tubulari con accumulo di materiale nel
citoplasma cellulare e successiva degenerazione; ciò determina la formazione di cisti.
- Il danno può anche essere diretto, da accumulo di proteina modificata all'interno delle cellule
tubulari.
Quadro clinico Esistono 2 forme della malattia:
1) Malattia cistica della midollare (che presenta un numero maggiore di cisti);
2) Nefropatia iperuricemica familiare giovanile.
Manifestazioni cliniche: poliuria, iperuricemia, gotta (con episodi già in età giovanile), deficit di
concentrazione delle urine, IRC.
Morfologicamente, oltre al classico quadro di nefrite interstiziale cronica (atrofia tubulare, fibrosi
interstiziale), caratteristica della malattia è lo sviluppo di cisti a livello della midollare renale (costante
nella malattia cistica e meno frequente nell'altra forma).
La diagnosi si basa su storia familiare, presenza di episodi di gotta già in età giovanile e il riscontro
ecografico di cisti nella midollare; la conferma diagnostica si ha con l'analisi genetica.
Non esistono terapie specifiche e si è discusso se la riduzione dell'iperuricemia possa rallentare il
decorso della malattia.
MALATTIE GENETICHE TUBULARI
Insufficienza tubulare prossimale (sindrome di Fanconi) Il tubulo prossimale è il sito dove il riassorbimento è quantitativamente più importante (65-70%). Tale
riassorbimento massivo avviene grazie al flusso di Na e Cl dal tubulo all’interstizio: i vari elementi
vengono riassorbiti grazie al gradiente o tramite meccanismi di trasporto specifici, o ancora tramite
il trasporto paracellulare.
Questo complesso meccanismo può essere compromesso da deficit isolati dei singoli trasportatori,
che si riflettono in modo più o meno importante sul riassorbimento di tutte le altre molecole: ogni
difetto in questa sede avrà pertanto alterazioni specifiche, più un corredo comune detto Sindrome
di Fanconi (non necessariamente saranno presenti tutti gli aspetti della sindrome di Fanconi).
Manifestazioni cliniche • Aminoaciduria
• Fosfaturia e disordini ossei
• Acidosi tubulare prossimale
• Glicosuria normoglicemica
• Proteinuria tubulare (< 3.5 g/die)
• Poliuria con perdita di Na e Cl
• Ipercalciuria
Sindrome di Dent In questa sindrome è mutato uno scambiatore
elettrogenico H+/Cl- coinvolto nell’acidificazione dei
lisosomi; viene pertanto bloccato il processo di
riassorbimento proteico che avviene tramite l’endocitosi
megalina-dipendente.
Tra le proteine normalmente riassorbite grazie a questo
sistema c’è la vitD-Binding Protein, che permette
l’assorbimento tubulare della vitD e la sua idrossilazione.
Effetti: proteinuria tubulare, rachitismo, ipercalciuria.
Malattie genetiche del tubulo distale Sindrome di Bartter
E' causata dall'incapacità del tubulo retto distale di
riassorbire Na+ e Cl-:
-Bartter I: prenatale, è mutato il cotrasporto Na/K/Cl
(NKCC);
-Bartter II: prenatale, è mutato il canale che perde K+ e
permette il funzionamento dell’NKCC tenendo il voltaggio
del lume positivo;
-Bartter III: forma classica, è mutato il canale
basolaterale del Cl-;
-Bartter IV: mutata la bartina, proteina attivante la
subunità β del canale del Cl
La preurina, a causa di queste mutazioni, giunge alla
macula densa con eccesso di Na+ e Cl-, si attiva
massivamente il riflesso tubulo-glomerulare: aumentano
la secrezione di renina e dunque di aldosterone e le
prostaglandine, causando un massivo riassorbimento di
Na+ e Cl- nei dotti collettori con perdita di K+ e H+.
Gli effetti saranno dunque ipokaliemia, alcalosi, normo-ipotensione (per eccesso di prostaglandine
e incompleto riassorbimento di Na+).
L’ipokaliemia causa diabete insipido con poliuria.
Sindrome di Gitelman E' caratterizzata dall'incapacità del tubulo contorto
distale di riassorbire Na+ e Cl-, poiché è mutato il
cotrasporto Na/Cl sensibile ai tiazidici.
La patogenesi e il quadro clinico sono simili alla
sindrome di Bartter; tuttavia questo segmento è anche
essenziale per il riassorbimento di calcio, in quanto
l’eccesso di Na+ nel tubulo determina il riassorbimento
di calcio (si osserverà dunque ipercalcemia). La causa
dell’ipomagnesemia è ignota.
I sintomi sono spesso moderati e la diagnosi si pone in
adolescenza.
Bartter e Gitelman a confronto
In pratica è come prendere i diuretici a vita! Nella
sindrome di Bartter viene bloccato il meccanismo di
riassorbimento dipendente dall’NKCC ovvero il
bersaglio della furosemide, nella Gitelman è bloccato il
bersaglio dei tiazidici ovvero l’NCC.
I sintomi da intossicazione cronica da diuretici sono
esattamente gli stessi.
Acidosi tubulari Caratteristiche Sono un insieme di acidosi metaboliche dovute a disfunzione tubulare; a seconda della sede e del
tipo di difetto le caratteristiche possono differire considerevolmente.
Meccanismi di acidificazione urinaria
Tubulo prossimale e tubulo distale (ansa funzionale)
Il tubulo prossimale riassorbe completamente il bicarbonato filtrato; l’ulteriore riassorbimento di
bicarbonato ad opera del tubulo retto distale comporta escrezione protonica e abbassamento del pH
della preurina.
Dotto collettore: cellule intercalate A e B
I due tipi di cellule intercalate (A a sinistra, B a destra) svolgono ruoli opposti, pertanto nel dotto
collettore le urine possono essere acidificate o alcalinizzate; la regolazione del processo è data
perlopiù da processi di autoregolazione basati sul pH.
Per esempio l’H+-ATPasi è accumulata in vescicole che vengono fuse alla membrana in base alle
variazioni del Ca intracellulare indotte dal pH: il Ca induce una vescicolazione SNAP-mediata così
come avviene nelle sinapsi.
Ammonio
L’ammonio è un tampone fondamentale per l’escrezione di H+ in quanto non incrementa l’acidità
titolabile; inoltre grazie ad un ricircolo simile a quello dell’urea permette il mantenimento del
gradiente cortico-midollare. La produzione di ammonio è stimolata dall’aldosterone.
Relazione tra gli ioni: sodio, potassio e protoni
- Nel dotto collettore il riassorbimento di Na+ causa diminuzione del riassorbimento di K+ e H+ per
compensazione di carica (questo fenomeno è iperespresso nell'iperaldosteronismo e nell'uso dei
diuretici non risparmiatori del K+).
- A loro volta, K+ e H+ sono in antagonismo nel dotto collettore, in quanto le cellule intercalate li
scambiano (sempre per compensazione di carica).
Esempi di acidosi tubulari Acidosi tubulare distale (tipo 1)
È mutato lo scambiatore Cl/HCO3 delle cellule intercalate di tipo A (raramente la H+ ATPasi) e viene
dunque meno il meccanismo di riassorbimento di HCO3- del collettore. Come meccanismo di
compenso:
- viene aumentato il riassorbimento osseo (aumenta il tampone fosfato);
- inoltre il Ca è scalzato dal legame con l’albumina a causa dell’abbassamento del pH
Conseguentemente aumentano il calcio ionizzato e la calciuria; la perdita urinaria di calcio, fosfati e
altri ioni aumenta il volume urinario (poliuria) e conseguentemente viene aumentato il riassorbimento
di sodio tramite l’aldosterone. L’iperaldosteronismo cronico induce ipokaliemia. Poiché è
compromessa la secrezione di H, il pH urinario non può scendere sotto il valore di 5.5.
Acidosi tubulare prossimale (tipo 2)
Può essere secondaria alla sindrome di Fanconi, oppure essere dovuta a mutazioni del cotrasporto
basale Na/HCO3 (NBC1): il tubulo prossimale ha quindi un difetto parziale di riassorbimento del
bicarbonato.
L’HCO3 ematico cala fino al valore che permette al tubulo un riassorbimento totale, si crea un nuovo
equilibrio e tutti gli acidi prodotti in eccesso rispetto al nuovo set-point vengono escreti; le urine
pertanto possono essere normalmente acidificate dal tubulo distale ed il pH è inferiore a 5.5.
L’ipercalciuria e l’accelerato turnover osseo riconoscono gli stessi meccanismi dell’acidosi distale.
Acidosi tubulare mista (tipo 3)
E' una rarissima forma di acidosi autosomica recessiva, caratterizzata dalla mutazione dell’isoforma
“renale” (tipo IV) della anidrasi carbonica. Essendo tale enzima essenziale sia nel nefrone distale
che nel prossimale le caratteristiche sono un mix di quelle delle acidosi di tipo I e II. Deficit connessi:
ritardo mentale e osteoporosi (osteopetrosi).
Acidosi tubulare distale (tipo 4)
1) È una patologia acquisita nella maggior parte dei casi, può essere causata da qualsiasi
difetto della produzione/azione dell’aldosterone (prima causa sono i farmaci che
inibiscono RAS9).
2) Raramente è genetica: dovuta a una mutazione inattivante del canale del Na+ stimolato
dall’aldosterone (ENaC o canale sensibile all’amiloride).
Il deficit funzionale di aldosterone causa perdita di Na+ e mancata escrezione di K+ e H+, pertanto
si ha acidosi iperkaliemica. Il deficit di aldosterone causa deficit di ammonio pertanto i protoni escreti
(seppur dimuniti) vanno tutti ad aumentare l’acidità titolabile: le urine hanno pH < di 5.5.
Malattie ereditarie cistiche del rene Caratteristiche Le cisti sono presenti in molte malattie ereditarie o acquisite, che possono essere limitate al rene o
sistemiche, e possono comparire a tutte le età; il danno renale può essere variabile.
Si trasmettono con ereditarietà: AD, AR, XL.
La rapida accelerazione delle conoscenze biochimiche, molecolari e modelli animali ha permesso di
capire che le malattie cistiche sono derivanti da difetti di proteine del ciglio e del centrosoma:
mutazioni di geni codificanti per proteine espresse nel ciglio primario o nel centrosoma portano ad
alterazione dei normali meccanismi di differenziazione delle cellule epiteliali tubulari (cistogenesi).
Epidemiologia
La patologia policistica di tipo dominante si manifesta nell'età adulta mentre la forma recessiva ha
una forte prevalenza nell’infanzia (come anche la forma TSC). Altre forme sono ugualmente
distribuite nelle varie fasce di età.
ARPKD: Autosomic Recessive Policistic Desease E' un complesso di malformazioni ereditarie, con vari gradi di dilatazione del dotto collettore e ectasia
dei dotti biliari.
La prevalenza è di 1/20,000 nati vivi, più frequente nei caucasici.
Patogenesi
Fibrocistina/poliductina è una proteina localizzata nel ciglio primario e nel centrosoma della cellula
epiteliale renale; essa media la differenziazione terminale dei dotti collettori e dei dotti biliari ed è
presente in numerose isoforme, derivanti dallo splicing alternativo del gene PKHD1.
In presenza di alterazioni di questa proteina il processo patogenetico comincia nell’utero, ove la
dilatazione di tipo fusiforme dei dotti si impone sul normale sviluppo. Inoltre, lesioni a livello dei dotti
biliari portano allo sviluppo di fibrosi portale.
Manifestazioni cliniche
Gli aspetti clinici dipendono dal tipo di mutazione.
- In feti severamente affetti si osservano reni iperecogeni allargati e oligoidramnios (fenotipo Potter:
lung, facies, limbs, spine).
- Raramente l’ipofunzione renale è causa di morte neonatale; ciò che cambia la prognosi è
l’ipoplasia polmonare.
- Coloro che sopravvivono sviluppano ipertensione severa (70-80%), insufficienza renale, difetto di
concentrazione e diluizione oltre che iponatriemia, proteinuria, ematuria macro o microscopica,
ed eventualmente piuria.
Nei primi sei mesi di vita i pazienti possono avere un lieve miglioramento della GFR; in seguito però
tendono a sviluppare insufficienza renale nell’adolescenza o nell’età adulta.
In questi casi complicazioni epatiche cambiano la prognosi:
Ipertensione portale (sanguinamento gastro-intestinale, epato-splenomegalia e
ascite)
Colangite suppurativa ascendente (insufficienza epatica fulminante).
Diagnosi
• Ultrasuono fetale: reni ecogeni, oligoidramnios, ridotta urina nella vescica (ciò si osserva
dalla 16esima settimana);
• Test genetici: analisi dell’aplotipo o diretta analisi del gene PKHD1.
• Eco postnatale: reni simmetricamente allargati e diffusamente ecogeni con scarsa
demarcazione dai tessuti circostanti; midollare iperecogena con piccole cisti diffuse (sotto i
2 cm). Le cisti e la fibrosi possono alterare il margine dell’organo; possono essere inoltre
presenti ectasia pelvica (25%) e calcificazione (50%).
Prognosi
La mortalità perinatale è del 30-50%; per coloro che sopravvivono al primo mese di vita la
sopravvivenza a 5 anni è del 80-95%. Neonati con Crs > di 2.2 mg/dl procedono verso un quadro di
end stage renal desease in 5 anni.
Alcuni pazienti richiedono il trapianto di rene e fegato.
Terapia
- Terapia intensiva nel neonato;
- Monitoraggio pressorio (trattamento con ACE inibitori e diuretici dell’ansa), dello stato di
idratazione, dell’equilibrio acido base, dell’ipertensione portale.
- Importante è anche evitare infezioni e procedere a trattamenti tempestivi; la dialisi a lungo termine
è stata associata a impairment educativi e cognitivi.
- Il trapianto di fegato-rene si effettua sia da donatore vivente che da cadavere (ma tuttavia si
presentano frequentemente in questi pazienti dopo trapianto colangite ricorrente, ipertensione
portale e Sindrome di Caroli).
ADPKD: Autosomic Dominant Policistic Desease Patologia multisistemica caratterizzata da:
• Multiple cisti renali bilaterali, cisti in altri organi (es. fegato, pancreas, aracnoide, vescicole
seminali)
• Manifestazioni non cistiche (prolasso valvola mitrale, aneurismi intracranici, ernie intestinali,
anomalie vascolari quali dissecazione arterie coronarie o aorta toracica).
Associazioni: ipertensione, infezioni delle vie urinarie, nefrolitiasi, IRC.
Trasmissione autosomica dominante (con il 100% di penetranza, ma espressione variabile).
Epidemiologia
E’ la più comune patologia ereditaria renale (causa del 7-10% dei pazienti in dialisi del mondo a
causa della progressione verso l'ESRD).
Colpisce tutte le razze (meno negli Africani) e si osserva maggiore incidenza nei maschi.
Eziologia
Mutazioni del gene PKD1 sul cromosoma 16 (16p13.3) nell’85% dei casi, oppure del gene PKD2
sul cromosoma 4 (4q21) nel 15% dei casi.
ADPKD è geneticamente e fenotipicamente eterogeneo: la presentazione clinica è simile, ma vi sono
variazioni individuali e legate al tipo di mutazione (età di insorgenza, velocità di progressione,
manifestazioni extrarenali). E’ verosimile un’interazione tra fattori genetici e ambientali.
Questi due geni codificano per due glicoproteine multifunzione, essenziali per mantenere la
differenziazione fenotipica dell’epitelio tubulare; PC1 e PC2 sono espresse non solo dalle cellule
epiteliali (ma anche da cellule muscolari lisce, cardiomiociti ecc.).
• Policistina 1: lungo domain extracellulare, 11 domains transmembrana e piccola coda
citoplasmatica, di circa 500 kD. E' una proteina multifunzione, con un ruolo importante
nell’adesione cellula-cellula/matrice e nella funzione ciliare; il tratto C-terminale interagisce
fisicamente e modula la funzione della policistina 2 e attiva anche un elevato numero di vie
intracellulari (G-protein, Wnt, JAK/STAT) che regolano morfogenesi e differenziazione
cellulare.
• Policistina 2: è una proteina più piccola (110 kD), con tratti N e C-terminale
intracitoplasmatici, e 6 domains trans membrana. Agisce come canale del calcio che regola
l’omeostasi del calcio intracellulare; potrebbe agire regolando il trasporto della policistina 1
dal reticolo endoplasmatico alla membrana plasmatica.
ADPKD è ereditata secondo trasmissione autosomica dominante, tuttavia alcune evidenze
suggeriscono che a livello molecolare la trasmissione possa essere recessiva; analisi di epitelio
derivato dalle cisti hanno rilevato che in queste cellule l’allele sano va incontro a una mutazione
somatica, risultante in una omozigosi con perdita del gene PKD1 o 2. Questo secondo “hit” permette
alla singola cellula in omozigosi di proliferare. Il tempo di attivazione potrebbe essere la ragione della
variabilità del fenotipo. Sembra, infafatti, che le cellule tubulari con una sola mutazione di PKD1
siano in grado di formare il complesso PKD1 e 2 che è un sensore del flusso tubulare; quando invece
entrambi gli alleli del gene sono mutati la funzione di sensore è persa. Pertanto essa prolifera e
forma delle cisti che si allargano per aumento della secrezione di fluido.
La patologia dà segno di sé nell’età adulta (a 30/40 anni circa): il processo genetico è latente per
molti anni. Dopo le prime manifestazioni la patologia evolve più o meno rapidamente; di solito l’EGFR
è stabile per molti anni, ma quando arriva al 50% precipita poi rapidamente.
Pazienti con mutazione di policistina 2 sviluppando IRC più lentamente di quelli con mutazione di
policistina 1; è inoltre l’unico caso in cui la progressione verso ESRD si associa ad aumento delle
dimensioni dell’organo.
Patogenesi
Il ciglio è una struttura molto conservata filogeneticamente; sono meccanosensori, fotorecettori,
sensori olfattivi.
Ci sono, nel nostro organismo, quattro tipi di ciglia; tra questi,
il ciglio non mobile è quello con funzione di meccanosensore
a livello dell’epitelio tubulare renale.
- Il flusso urinario piega il ciglio causando un flusso
transitorio di Ca++ attraverso PC1-PC2 che stimola il
rilascio di Ca++ dai depositi intracellulari; quest'onda
viene propagata alle cellule adiacenti.
- Modificazioni del Ca++ regolano multiple funzioni
cellulari, incluse l’espressione genica, il ciclo cellulare, la
differenziazione e l’apoptosi.
Quando il flusso urinario è ridotto, all’interno della cellula è
trasdotto un segnale antiapoptotico e proliferativo (è un
meccanismo di difesa). Questo stesso pathway di
segnalazione sembra essere implicato nella rigenerazione
del tessuto tubulare dopo insulto tossico, ci sono quindi punti
in comune tra il processo riparativo tubulare e la
sovracrescita cistica.
Nelle ciliopatie, si ha inabilità a “sentire” stimolo esterno o a processarlo.
Il flusso urinario determina una cascata di segnalazione intracellulare con attivazione di inversina
(NPHP2) e della via Wnt-Frizzled.
Anomalie nella regolazione della cascata del segnale Wnt (glicoproteine per sviluppo embrionale e
rigenerazione tissutale) e un anomalo orientamento del fuso mitotico determinano allargamento del
tubulo e formazione delle cisti.
Ruolo del cAMP nel promuovere lo switch verso il
pattern secretorio e nel modulare la crescita e la
proliferazione cellulare:
- A livello dell’epitelio tubulare, la secrezione di
acqua nel lume cistico è diretta conseguenza
dell’entrata di cloro dalla membrana
basolaterale (attraverso il cotrasporto Na-Cl e
NKCC) e della sua uscita nel lume attraverso
canali apicali del cloro cAMP-dipendenti.
- Farmaci che riducono la disponibilità di cAMP
intracellulare come vasopressina e
somatostatina sembrano inibire la crescita delle
cisti.
Diagnosi
• Storia familiare di patologia cistica nel 60% dei pazienti.
• Cisti multiple bilaterali all’ECO, TAC, RMN.
• Diagnosi basata sul DNA: DNA sequencing.
RM mette in relazione l’aumento volumetrico delle cisti con la caduta del filtrato.
Manifestazioni cliniche del rene policistico
• Grandi cisti alla periferia del rene
portano ad ostruzione del flusso
urinario e dolore;
• Cisti a sviluppo intrarenale
portano a perdita della funzione
renale con sanguinamento e
dolore;
• Cisti di piccole dimensioni
aumentano la pressione
intraparenchimale con perdita
della funzione.
Dolore: presente in circa il 60% dei
pazienti, è il sintomo più comune.
Gradazione: varia da una vaga
pesantezza a dolore violento e
persistente; può essere frequentemente associato all’ingrandimento delle cisti, al sanguinamento
intra e pericistico e alle infezioni. Non c’è differenza tra pazienti con o senza insufficienza renale.
Per quanto riguarda la sede:
- Schiena: in più del 60% è continuo o quotidiano, e il 25% assumeva già analgesici al momento
della diagnosi (da FANS a codeina) con rischio di abuso e peggioramento/comparsa dell’IRC;
ha una distribuzione gaussiana dell’intensità.
- Addome: solo nel 27% è continuo o quotidiano, il 17.5% assumeva analgesici.
Durante il lungo percorso della malattia, l’ingrandimento delle cisti può causare un dolore sordo e
cronico: le aumentate dimensioni renali si accompagnano infatti ad ipertrofia del gruppo
lombosacrale. Un'altra fonte dolorosa è la distensione della capsula.
Spesso il dolore è la causa per cui si arriva all'approccio chirurgico:
- intervento decompressivo tradizionale: permette il controllo del dolore (e secondariamente
anche un migliore controllo pressorio);
- altre possibilità di trattamento delle cisti sono l'aspirazione o la marsupializzazione in
laparoscopia.
Ematuria
• In genere da rottura di cisti nella via escretrice
• Persiste anche per giorni
• Altre cause: infezioni, calcolosi (20% dei pazienti), tumori delle vie urinarie
• Prevalenza dell’ematuria micro + macroscopica: 64%
• Non va considerata in partenza un sintomo benigno
• Un sanguinamento intracistico massivo può portare ad ostruzione per distensione.
Macroematuria (60% dei pazienti): è dovuta a fragilità dei vasi, trauma e neoangiogenesi che portano
a sanguinamento delle cisti; si avrà macroematuria se ciò riguarda il sistema collettore o un ematoma
retroperitoneale se è una compressione sottocapsulare (emoperitoneo è comune in questi pazienti).
Evento precipitante: strenua attività fisica.
Complicanze
❖ Dolore
❖ Infezioni (infezioni e litiasi sono dovute al ristagno del liquido cistico)
❖ Sanguinamenti
❖ Ostruzione meccanica
❖ Progressione dell’insufficienza renale
❖ Ipertensione
❖ Tumori (possono instaurarsi su un substrato patologico di sovracrescita cistica)
Tumori renali
• Sempre da mettere in diagnosi differenziale;
• Opportuno controllo periodico con ecografia e citologici ordinari;
• Il carcinoma renale è abbastanza raro; frequentemente è bilaterale o multifocale;
• Come per le cisti renali acquisite sono elementi di sospetto: multilocularità, calcificazioni
puntiformi moderate, margini irregolari, ispessimento e enhancement dei setti;
• In generale la presenza di un rene policistico tende a fare sottostimare la presenza di
neoplasie: difficoltà diagnostica;
• Sia i tumori uroteliali sia quelli renali possono insorgere anche precocemente (<40 anni).
Infezioni
• Infezioni delle basse vie: irritazione vescicale (disuria, pollachiuria, stranguria);
• Infezioni alte non complicate: febbre, brividi, dolore lombare, nausea/vomito (non sempre
sono coinvolte le cisti);
• Infezioni alte complicate con infezione delle cisti: febbre elevata, dolore fianco/lombare,
urinocoltura negativa (emocolture talora positive). Diagnosi differenziale: cisti emorragica
(con TAC, RMN). Aspirazione cisti ECO/TAC guidata. Queste tendono ad ascessualizzare.
Terapia
1. Infezioni basse: breve ciclo antibiotici orali;
2. Infezioni alte non complicate (pielite, pielonefrite): antibiotici ev (ceftriaxone o piperacillina/
tazobactam), eventualmente poi aminoglicosidi per os. Terapia lunga (nella PNA anche 4-6
settimane)
3. Infezioni alte complicate (infezione delle cisti, ascessi):
o farmaci lipofilici che penetrano nelle cisti;
o bactrim, chinolonici, cloramfenicolo, aminoglicosidi;
o durata lunga di terapia (anche oltre 6 settimane);
o drenaggio percutaneo-chirurgico: ascesso perinefrico.
Calcoli
• Incidenza: circa il 20% dei pazienti
• Acido urico e/o calcio ossalato
• Diagnosi a volte non agevole per anatomia (ETG e/o Uro-Tc)
Prevenzione e trattamento come nel non-ADPKD
- Idratazione
- Correzione fattori metabolici
- Rimozione endoscopica o litotripsia (traumi)
- Più spesso frammenti residui
Patologia valvolare
• Prolasso della mitrale: valvulopatia maggiormente frequente (25%dei pazienti).
• Insufficienza mitralica, insufficienza tricuspidale e prolasso della tricuspide: < frequenza (ma
> rispetto alla popolazione generale).
• Insufficienza aortica riportata spesso in associazione alla dilatazione dell’arco aortico.
Istologicamente: degenerazione mixoide come in Marfan e Ehlers-Danlos.
Evoluzione molto variabile nelle casistiche, raramente richiedono intervento CCH. Screening
se EOC o storia familiare positiva.
Cisti epatiche
Riportate nel 50% dei pazienti circa.
Aumentano con l’età e la severità della patologia cistica, tuttavia la funzione epatica è conservata;
più comunemente si sviluppano nelle donne con cisti più grandi; sembra che un ruolo importante sia
giocato dagli ormoni (un allargamento massivo epatico con grosse cisti è stato riportato quasi
esclusivamente nelle donne).
In questo caso il trapianto di fegato è indicato, spesso prima del trapianto si rimuove il rene cistico
per fare spazio ai nuovi organi: nefrectomia di bonifica.
Aneurismi cerebrali
• Nell’uomo, sia PKD1 sia PKD2 sono fortemente espressi nelle cellule muscolari lisce della
parete vascolare arteriosa;
• Prevalenza variabile, in genere 6-13% dei pazienti con ADPKD, compresi il 54% dei casi con
funzione renale normale (e 1/3 senza ipertensione);
• Età media 39-41 anni (una decade prima rispetto alla popolazione generale, ma simile a
pazienti con storia familiare di rottura di aneurismi cerebrali);
• Correlazione con storia familiare positiva (ICA e/o SAH) e con la durata dell'ipertensione
arteriosa;
• Non correlazione in ADPKD con età, sesso, ipertensione, fumo;
• Rottura di un aneurisma è evento drammatico (45% mortalità a 30 giorni; 30% dei
sopravvissuti ha disabilità neurologiche residue, paralisi, demenza);
• Sintomi: improvviso e fortissimo mal di testa (“esplosione nel cranio”), 20-50% dei pazienti
nelle settimane precedenti presenta cefalee minori e poco estese (modesti episodi di
sanguinamento, prodromici di una completa rottura);
• Popolazione generale: localizzazione maggiore nel circolo posteriore, ADPKD:
localizzazione più frequente nel circolo anteriore (arteria cerebrale media, arteria carotide
interna).
Terapia
Dialisi
I dati indicano che pazienti con ADPKD hanno miglior prognosi in dialisi rispetto alla popolazione
con ESRD da altra causa (specialmente over 47 anni); inoltre le femmine hanno prognosi migliore.
Il mantenimento della Hb in range adeguato è più facile e il fabbisogno di eritropoietina è minore,
infatti sembra che il rene policistico mantenga una certa funzione endocrina.
Inoltre la comorbidità extrarenale è minore e i problemi emodinamici in dialisi sono meno frequenti
(poche eccezioni, ad es compressione della cava).
La dialisi peritoneale non è controindicata (gravata spesso da maggior rischio di ernia inguinale e/o
ombelicale).
Trapianto
E' il trattamento di scelta:
• Ottima sopravvivenza rene e paziente (sia da cadavere che da vivente)
• Complicanze specifiche dell’ADPKD rare
• Rischio infettivo sinora non dimostrato
• Controversa l’associazione con diverticolosi/diverticolite colon
La nefrectomia dei reni malati di solito non si fa a meno che in casi di necessità di creare spazio:
“bonifica”, ad esempio prima del trapianto rene-fegato.
❖ Obiettivo: non gravare con possibili complicanze della nefrectomia sul complesso momento
del trapianto.
❖ Può essere necessaria prima o dopo trapianto per complicanze settiche, emorragiche o
sospetta degenerazione.
❖ Per la binefrectomia la via transperitoneale è indicata in assenza di processi settici o quando
si debba attuare una nefrectomia allargata per neoplasia. Altrimenti è preferibile l’exeresi in
due tempi per via lombotomica bilaterale.
❖ Le scelte della nefrectomia o della binefrectomia devono essere dettate dalle specifiche
necessità, così come la via di accesso deve essere modulata a seconda delle circostanze.
❖ Aderenze sono talvolta tenaci. Il rene può contrarre aderenze con il duodeno e il colon
ascendente, il fegato e la colecisti; a sinistra con la coda del pancreas, la milza ed il colon
sinistro.
❖ A destra durante la dissezione cavale si possono creare soluzioni di continuo (evidenti
spesso DOPO la nefrectomia).
NB: l’economia del parenchima è una regola assoluta in considerazione della bilateralità della
lesione ed è importante, per i pazienti in dialisi, mantenere presente una diuresi che preservi la
funzionalità vescicale in vista del trapianto renale.
Terapia medica
RAS maximal inhibition
Vasopressin V2R antagonists
Somatostatin analogues (octreotide)
EGF-R tyrosine kinase inhibitors/ other GFs
mTOR inhibitors
Angiogenesis inhibitors (VEGF)
Gene therapy.
mTOR Inibitori mTOR è una serina-treonina-kinasi, considerata un effettore importante della crescita
e della proliferazione cellulare, che agisce attraverso la regolazione della sintesi proteica, a sua volta
mediata dalla fosforilazione diretta o indiretta di numerosi mediatori.
Molti dati sperimentali suggeriscono l’attivazione aberrante ed inappropriata della via dell’m-TOR
nel ADPKD.
- La metà prossimale della coda citoplasmatica della Policistina 1 interagisce con la tuberina
(componente del TSC insieme all’amartina) e con essa regola la kinasi mTOR. La funzione di
questa interazione è la down-regulation dell’attività di mTOR (attraverso la GTPasi Rheb).
- Difetti del TSC sono associati a cisti.
- La proliferazione abnorme dell’epitelio tubulare è alla base della malattia e dell’evoluzione
funzionale del rene, mTOR sembra anche associato a processi di neoangiogenesi cistica.
Farmaci utilizzati:
- Rapamicina: inibitore selettivo di mTOR ed è un potente agente antiproliferativo, inibisce sia la
formazione di cisti che la proliferazione del tubulo.
- Sirolimus: blocco della proliferazione citochinica-indotta delle cellule immunologiche e non.
Antagonisti recettoriali della vasopressina e analoghi della somatostatina Utilizzati
in quanto sono inibitori della secrezione di fluidi.
- Tolvaptan: potente e selettivo antagonista dei recettori V2 della VP (sui dotti collettori principali
e sulle cellule endoteliali); non ci sono recettori a livello epatico (non attivo sulle cisti epatiche).
Riduce i livelli di cAMP e le dimensioni dei reni, rallenta la crescita delle cisti, riduce l’indice
mitotico e l’indice di apoptosi ed inibisce l’abnorme proliferazione cellulare tubulare; un alto
introito di acqua ha un effetto protettivo sull’evoluzione della malattia in modelli murini (inibizione
della vasopressina). Inoltre l’impiego è sicuro (già utilizzato in studi pre-clinici e clinici ad es. sullo
scompenso cardiaco o sulla cirrosi epatica): risultati preliminari di studi di fase II hanno mostrato
ottima tollerabilità e un buon profilo di sicurezza.
- Octreotide: la somatostatina è un peptide di 14 aa secreto dalle isole pancreatiche (D cells),
tratto gastroenterico, sistema nervoso e tiroide. Esistono 5 recettori conosciuti (sst 1-59), Sst2 è
un recettore accoppiato ad una G protein, presente nelle cellule epiteliali tubulari e nei
colangiociti. In molti modelli animali la somatostatina inibisce la sintesi di cAMP e antagonizza
l’effetto della vasopressina inibendo l’adenilato ciclasi, inoltre inibisce la secrezione di cloro dalle
cellule tubulari. Questo farmaco riduce la secrezione di liquido nelle cisti sia a livello renale che
epatico.
Nefronoftisi Complesso NPH-MCKD
Sono entrambe due nefriti tubulo-interstiziali familiari con cisti: nefronoftisi e malattia cistica
midollare. Segni condivisi:
- Segni clinici: ipostenuria, poliuria, anemia, IRC terminale;
- Anatomia macroscopica: cisti cortico-midollari,
- istoloogia: atrofia tubulare, fibrosi e infiltrato interstiziale.
Segni distintivi:
- Modalità di trasmissione: NPH è recessiva, MCKD è dominante;
- Età della dialisi: NPH alla seconda decade, MCKD nell'età adulta;
- Coinvolgimento extrarenale: retinite pigmentosa per la NPH, iperuricemia e gotta per la MCKD.
Eziologia
- Juvenile, NPHP è associata a mutazioni del gene NPHP, eccetto NPHP 2. NPHP1 è la più
frequente.
- Mutazioni di NPHP2 e NPHP3 rispettivamente nella forma infantile ed adolescenziale.
- Mutazioni di NPHP5: sono associate a retinite pigmentosa (Senior-Loken syndrome).
- Mutazioni di NPHP6 e NPHP8 sono associate a degenerazione retinica ed aplasia del verme
cerebellare come nella sindrome di Joubert o nella sindrome di Meckel-Gruber (malformazioni
SNC, polidattilia, difetti nello sviluppo epatico, cisti renali displastiche, ipoplasia polmonare).
Trasmissione autosomica recessiva.
- Mutazioni di NPHP7 e NPHP9: rare.
Manifestazioni cliniche
I sintomi compaiono dopo il primo anno di vita, intorno ai 4-6 anni circa. Le manifestazioni renali
iniziali sono dovute a disfunzione tubulare con ridotta capacità di concentrare le urine e ritenzione
di sodio: si ha poliuria e polidipsia. Successivamente può sopraggiungere perdita di sodio con
iponatremia, ipovolemia e, se l’apporto di sodio diminuisce, aumento dei livelli di creatinina. Tutte le
forme evolvono in insufficienza renale terminale. A seconda del gene mutato si è visto che
l’evoluzione verso insufficienza renale terminale avviene ad età diverse.
- Juvenile form: circa 13 anni.
- Infantile form: da 1 anno.
- Adolescent form: dai 19 anni.
La comparsa di altri sintomi quali anemia, acidosi metabolica, anoressia, astenia sono correlati al
progredire dell’insufficienza renale.
Anatomia macroscopica: reni piccoli e cisti localizzate nella giunzione cortico-midollare.
Quadri associati
- Sindrome di Cogan: associazione
di nefroftisi, aprassia oculomotoria
congenita ed ipoplasia del verme
cerebellare. Sono state osservate
mutazioni di NPHP1 in pazienti
affetti. Rappresenta una forma più
lieve della sindrome di Joubert.
- Sindrome di Jeune: trasmissione
autosomica recessiva. Displasia
scheletrica con coinvolgimento
multiorgano. Mutazioni nel gene
che causa la malattia sono state
associate a mutazioni di NPHP.
- Sindrome di Joubert: un disordine
neurologico a trasmissione
autosomica recessiva, caratterizzato dall'ipoplasia del verme cerebellare; risulta inatassia,
polidattilia, ipotonia, ritardo nello sviluppo, disregolazione respiratoria nel neonato, movimenti
oculari abnormi. Nefroftisi o displasia cistica renale sono osservati in 1/4 dei casi.
- Sindrome di Meckel-Gruber: è causata da mutazioni nei geni NHPH6, NHPH8, e MKS; è un
disordine letale a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da malformazioni del SNC,
displasia cistica renale bilaterale, polidattilia e proliferazione dei dotti nell'area portale dl fegato. Terapia
Non c’è una terapia specifica; si correggono elettroliti e acqua in base alle necessità. Quando la
patologia evolve in insufficienza renale terminale la terapia migliore è il trapianto renale.
UMOD-related kidney disease
Proteina di Tamm-Horsfall (uromodulina) Negli anni ’50 Tamm e Horsfall descrissero una mucoproteina, isolabile dall’urina, in grado di inibire
l'emoagglutinazione virale; la proteina di Tamm Horsfall è la più abbondante proteina dell’urina in
condizioni fisiologiche.
Nel 1985 Muchmore e Decker isolarono dalle urine delle donne incinte una proteina dotata di attività
immunosoppressiva in vitro che chiamarono uromodulina. Due anni dopo si dimostrò che queste
due proteine coincidevano.
Tale proteina è codificata dal gene UMOD190. Sembra che tra le funzioni putative di questa proteina
ci siano:
- l’impermeabilità della porzione ascendente spessa dell’ansa (crea una struttura gelatinosa sulla
stessa);
- il trasporto di sali nell’ansa e nel dotto collettore;
- la difesa dell’urotelio nei confronti di infezioni batteriche anche grazie al potenziale
immunostimolatorio (stimola infatti la maturazione delle cellule dendritiche e direttamente la
produzione di anticorpi);
- l'inibizione dell’aggregazione dei cristalli di calcio e ossalato.
Nelle nefropatie UMOD-related, l’escrezione frazionale dell’acido urico e sotto al 5% nell’uomo e
sotto al 6% nella donna; la riduzione della secrezione dei cristalli di urato è un evento precoce e può
essere riscontrato anche in bambini con conservata funzione renale.
Ad oggi circa 50 mutazioni di UMOD sono state documentate.
Le nefropatie associate al gene UMOD ad oggi conosciute sono le seguenti:
- MCKD2: Medullary Cystic Kidney Disease 2 (MCKD1: protein mucin-1);
- FJHN: Familial Juvenile Hyperuricemic Nephropathy (FJHN2 REN related disease); - GCKD:
Glomerulocystic Kidney Disease.
In generale, possiamo dividere le patologie cistiche del rene in:
1) UMOD-associate: MCKD2, FJHN, GCKD con iperuricemia;
2) Malattie delle ciglia: ADPKD e ARPKD, NPH 1-7, OFD-1.
Patogenesi
Come mettiamo in relazione l’alterazione di UMOD con la patologia?
1) Sembra che la uromodulina mutata non riesca a formare la struttura gelatinosa che
copre il tratto ascendente spesso e il dotto.
2) Essa forma al contrario degli agglomerati intracellulari che oltre ad ostruire il tubulo
(forse), instaurano una risposta infiammatoria che esita in dilatazione e deformazione del
tessuto con degenerazione fibrotica, difetto di concentrazione urinaria e degenerazione
cistica con iperuricemia.
Un’analisi della escrezione urinaria con metodica western blot è stata condotta su alcune famiglie
evidenziando come l’escrezione urinaria di uromodulina fosse drammaticamente ridotta nei membri
familiari affetti da MCKD.
Clinica: poliuria, gotta giovanile, IR per degenerazione. Tipico pattern di fibrosi interstiziale.
Analisi della biopsia
- Microscopia ottica: l’uromodulina mutata si accumula nelle cellule tubulari.
- Microscopia elettronica: si osserva del materiale fibrillare anormale evidente nel reticolo
endoplasmatico.
HNF1beta-associated Cystic Kidney Diseases Patogenesi
E’ un fattore di trascrizione coinvolto nell’embriogenesi, espresso negli epiteli polarizzati di rene,
fegato, pancreas, tratto genitale (hepatocyte nuclear faactor 1).
A livello renale è espresso nel ciglio primario delle cellule epiteliali di tutti i segmenti del nefrone.
Controlla l’espressione di geni chiave per le nefropatie cistiche (cistoproteine): Pkd2 (policistina),
Pkhd1 (fibrocistina) e Umod (uromodulina).
Mutazioni puntiformi e delezioni eterozigoti del gene di HNF-1beta (TCF2) furono inizialmente
identificate nel MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) associato a insufficienza renale
progressiva.
MODY
MODY 5: sindrome genetica a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da: diabete tipo
2 con insorgenza prima dei 25 anni, cisti renali (presenti alla nascita), diabete-MODY (tipicamente
si sviluppa dopo insufficienza renale), insufficienza renale cronica di vario grado, istologia positiva
per lesioni da alterata nefrogenesi.
In ambito pediatrico c’è elevata frequenza di mutazione del gene HNF-1ß (20-30%) nel contesto di
anomalie renali (iperecogenicità, cisti multiple, ipoplasia, displasia cistica renale).
E' la seconda nefropatia a trasmissione autosomica dominante dopo ADPKD. Nell’uomo le mutazioni
di eterozigosi di HNF1β causano un complesso quadro fenotipico con manifestazioni extra-renali e
renali.
Diagnosi
Imaging
- Cisti corticali o midollari: risparmiano il profilo renale, non aumentano in numero e dimensioni,
non correlano con IRC; alcuni quadri mimano il rene policistico.
- Monorene: atrofia di rene displastico o ipoplastico controlaterale;
- Anomalie varie: morfologiche dei calici e della pelvi, idronefrosi, reflusso vescico-ureterale,
nefrolitiasi, nefrocalcinosi;
- Rene ecograficamente normale nel 10% dei pazienti (penetranza incompleta).
Istologia: fibrosi interstiziale cronica, oligomeganefronia, glomerulo cistico, cisti tubulari, tubuli
primitivi, anomalie dei dotti collettori.
Esami di laboratorio: ipomagnesemia, ipokaliemia, iperuricemia (dd con UMOD-related),
ipocalcemia, sindrome di Fanconi, acidosi tubulare distale.
Quadro clinico
Nefropatia tubulo-interstiziale cronica (sedimento urinario indifferente, proteinuria < 1 g/die, bassa
prevalenza di ipertensione). Insufficienza renale lentamente progressiva (GFR – 2,4 ml/min/anno).
IRC nel 92% dei pazienti a 35 anni.
MALATTIE VASCOLARI Sono nefroangiosclerosi, vasculiti, sindrome emolitico-uremica, malattia ischemica del rene, embolismo
colesterinico e malattie da accumulo.
NEFROANGIOSCLEROSI Il termine nefroangiosclerosi è comunemente impiegato in senso anatomopatologico per definire
lesioni della parete delle arterie renali (arciformi, interlobulari e arteriole afferenti) che portano ad
una sclerosi o ialinosi della parete stessa. La causa del danno arteriolare può essere di natura
variabile: meccanica, dismetabolica, da età avanzata.
Nefroangiosclerosi benigna Caratteristiche anatomopatologiche Si caratterizza per la presenza di:
1) Ialinosi: il termine esprime la presenza di materiale ialino, cioè acellulare, omogeneo ed
eosinofilo che si colora con il PAS, a livello della parete arteriolare (dove sostituisce lo
strato di cellule endoteliali); la microscopia elettronica evidenzia depositi elettrondensi in
posizione subendoteliale che rimpiazzano parzialmente o completamente le cellule
muscolari lisce. Per quanto la natura del materiale non sia stata perfettamente definita,
si ritiene si tratti della “insudazione” di componenti plasmatici;
2) Fibroplasia medio-intimale: si tratta di un ispessimento dell’intima e della media della
parete arteriolare che può produrre una significativa riduzione del lume arteriolare
stesso; l’ispessimento, a manicotto, è costituito da strati di collagene che rimpiazzano in
parte o completamente il normale strato di cellule endoteliali dell’intima e di cellule
muscolari lisce della media.
Aspetto dei reni:
- Aspetto macroscopico: i reni appaiono contratti, la corticale è sottile e la superficie è granulare;
- Aspetto microscopico: si osserva sclerosi completa o parziale dei glomeruli, soprattutto di quelli
sottocorticali; i glomeruli in generale mostrano lesioni di tipo ischemico (collasso del flocculo,
raggrinzimento del glomerulo, sclerosi globale). Il tessuto interstiziale adiacente mostra fibrosi e
atrofia tubulare; la tonaca intima delle arterie di medio calibro è marcatamente composta da
tessuto fibroso.
Quadro clinico Le lesioni di nefroangiosclerosi benigna si ritrovano in corso di ipertensione benigna, rene senile,
malattie metaboliche (diabete, gotta). Saranno dunque pazienti con:
- Ipertensione arteriosa lieve-moderata (sistolica di 150-170 mmHg, diastolica di 90-100
mmHg);
- Funzione renale a lungo conservata, e reperto urinario poco attivo;
- Alterazioni dismetaboliche associate (diabete tipo 2, iperuricemia, dislipidemia);
- Rene senile (IRC in anziano).
Caso clinico
Paziente di 48 anni con anamnesi familiare positiva da parte materna per ipertensione arteriosa e
diabete mellito di tipo II. Padre deceduto a 60 anni per neoplasia polmonare. Professione
commerciante, obeso. Rilievo di ipertensione arteriosa (150/100).
Si reca dal medico curante per malessere generale, batticuore e cefalea persistente.
- Il medico rileva: P.A. 170/95, F.C. 110 bpm, ritmico; A.R. respiro aspro, non rumori aggiunti; A.C.
toni concitati ritmici, soffio olosistolico; addome trattabile, non dolente, logge renali non dolenti.
Non edemi agli arti inferiori.
- ECG: ipertrofia ventricolare sinistra, sottoslivellamento ST; extrasistoli;
- Esame urine: Pto 500 mg/24h, 15-20 G.R. Numerosi cilindri ialini, alcuni frammenti ialino-
granulosi;
- Emocromo: clearance creatininica 68 mg/dl, creatinina 1.5 mg/l, sodiemia 135 mEq/l, potassiemia
3.8 mEq/l, VES 14 mm/h, PCR 0.5, glicemia 120 mg/dl, colesterolo 270 mg/dl, trigliceridi 298
mg/dl, uricemia 11 mg/dl.
- Ecotomografia: organi addominali nei limiti. Reni a dimensioni normali, non alterazioni delle vie
escretrici, vescica a pareti libere con normale svuotamento. Moderata ipertrofia prostatica.
Nefroangiosclerosi maligna Caratteristiche anatomopatologiche Si caratterizza per la presenza di:
- Necrosi fibrinoide: danno della parete vascolare che risulta frammentata con insudazione di
materiale plasmatico, in particolare di fibrinogeno, attraverso la parete stessa, ed aggregazione
di piastrine e globuli rossi frammentati.
- Edema intimale mucoide;
- Proliferazione iperplastica concentrica delle cellule mio-intimali (onion peel).
Aspetto dei reni:
- Macroscopico: caratteristica è la presenza di petecchie a causa della necrosi dei vasi (fleabitten
kidney);
- Microscopico: si osserva il restringimento dei lumi dei vasi di medio e piccolo calibro a causa
dell'accumulo di tessuto connettivo (chiaro) contenente fibroblasti; in alcuni vasi tagliati in sezione
si possono vedere fibroblasti posti in un pattern concentrico (onion skinning). Nella media delle
piccole arteriole si possono anche vedere depositi eosinofili (segno di necrosi fibrinoide), e i lumi
di alcuni vasi contengono piccoli trombi di fibrina. Nonostante la maggior parte dei glomeruli siano
sani, alcuni sono sclerotici come risultato dell'ipertensione cronica; possibili sono anche foci di
necrosi tubulare associata ad infiltrato neutrofilo, per il danno ischemico.
Quadro clinico Le lesioni di nefroangiosclerosi maligna si ritrovano in corso di ipertensione maligna, sindrome
emolitico-uremica, sclerodermia. Questi pazienti presentano:
- Ipertensione arteriosa in fase maligna (200-230 mmHg di sistolica, 120-140 mmHg di diastolica);
- Episodi subentranti di edema polmonare;
- Compromissione multiorgano (IR ingravescente, encefalopatia ipertensiva, cardiopatia
ischemica, rapida riduzione del visus);
- Reperto urinario attivo, talora con macroematuria.
VASCULITI Caratteristiche Sono quadri clinico patologici caratterizzati da un
processo infiammatorio dei vasi con necrosi
fibrinoide della parete, infiltrati perivascolari,
ischemia tissutale secondaria e frequentemente
sintomatologia pluriorganica. .
Classificazioni Classificazione di Chapel-HILL
- Vasculite del grosso vaso: arterite a cellule
giganti, arterite di Takayasu;
- Vasculite delle arterie di medio calibro:
poliarterite nodosa, malattia di Kawasaki;
- Vasculite delle piccole arterie: ANCA positive
(granulomatosi di Wegener, micropoliarterite, sindrome di Churg-Strauss, GNRP di tipo 3
paucisintomatica) e ANCA negative (Schonlein-Henoch, crioglobulinemia, vasculite
leucocitoclastica, sindrome di Goodpasture).
Per quanto riguarda l'eziologia, le vasculiti si possono dividere in:
1) Primarie: infiammazione della parete del vaso come processo primitivo;
2) Secondarie: infiammazione della parete del vaso come processo secondario a malattie
sistemiche.
Fattori di rischio Fattori genetici
- Allotipo HLA (ad es. HLA_DR2 per la granulomatosi di Wegener);
- Polimorfismo e/o deficit di alfa1-antitripsina (vasculiti necrotizzanti);
- Polimorfismo dei geni che codificano per il recettore granulocitario R2a di Fc-gamma (elevata
affinità per IgG3 ANCA).
Fattori esogeni
- Esposizione ambientale (silice, idrocarburi);
- Infezioni: HBV (poliarterite nodosa), parvovirus, Chlamydia, herpes virus e virus parainfluenzali
(granulomatosi di Wegener), TBC;
- Farmaci;
- Allergeni e inquinanti: associazione con asma allergica (sindrome di Churg-Strauss), aumentata
incidenza nelle popolazioni urbane rispetto a quelle rurali, aumentata incidenza nella stagione
invernale.
Terapia - Induction therapy (fino a tre mesi dalla remissione dei sintomi, di solito per una durata di sei mesi
dalla diagnosi): ciclofosfamide + prednisolone; nelle forme severe (emorragie polmonari,
glomerulonefrite severa con cr > di 500 micromoli/l), considerare plasmaferesi o
metilprednisolone.
- Terapia dii mantenimento (per 18-24 mesi): azatioprina + prednisolone;
- Raccomandazioni generali: protettori gastrici e osteoprotettori, profilassi contro infezioni fungine
e da Pneumocistis carinii.
Vasculiti del grosso vaso Arterite a cellule giganti Detta anche arterite temporale, è la più comune tra le arteriti primitive (incidenza di 200 casi per
milione all'anno). Caratteristiche:
- Clinica: cefalea pulsante monolaterale, dolore all'emivolto, dolore mandibolare alla masticazione;
- Esami di laboratorio: indici di flogosi aumentati;
- Biopsia dell'arteria temporale: infiammazione giganto-cellulare.
Non è presente interessamento renale.
Arterite di Takayasu Comune in Asia e in Oriente, con incidenza
maggiore nelle donne. Presenta classicamente
due quadri clinici a seconda di dove colpisce:
1) Sindrome dell'arco aortico: claudicatio
alle braccia, polso asimmetrico,
angina, rigurgito valvolare aortico,
sincope, ictus, disturbi visivi;
2) Sindrome dell'aorta discendente:
ischem ia/infarto intestinale,
ipertensione nefrovascolare (fino
all'IRC).
Diagnosi
- Esami di laboratorio: aumento degli indici di flogosi;
- RMN o TC spirale: riscontro di patologie vascolari (aneurismi di entrambe le carotidi, stenosi della
succlavia destra, dilatazione dell'aorta discendente);
- Biopsia della succlavia: alterazioni aterosclerotiche dell'intima, ispessimento dell'avventizia con
infiltrazione cellulare.
Vasculiti dei vasi a medio calibro Poliarterite nodosa E' caratterizzata dall'infiammazione necrotizzante dei vasi a medio calibro, senza evidenza di
glomerulonefrite, capillarite polmonare o danni ad altri vasi (arterie, venule o capillari).
Caratteristiche
- Associazione con epatite B, comunque non è una patologia frequente;
- Il quadro clinico dipende dai vasi coinvolti (rene, milza, fegato, intestino, cute, SNC);
- Esami di laboratorio: aumento degli indici di flogosi;
- Biospia: piccoli aneurismi multipli delle arteriole renali.
Criteri ACR per la diagnosi di poliarterite nodosa (almeno 3): calo ponderale, livedo reticularis, dolore
testicolare, mialgia e astenia, mono/polineuropatia asimettrica (mononeurite multipla), ipertensione
diastolica > di 90 mmHg, insufficienza renale, epatite B, biopsia delle piccole o medie arterie con
PMN.
Vasculiti dei vasi a piccolo calibro ANCA-associate Granulomatosi di Wegener
E' caratterizzata da:
1) infiammazione granulomatosa del tratto respiratorio;
2) vasculite necrotizzante a carico dei piccoli vasi e dei vasi a medio calibro (capillari,
venule, arteriole ed arterie);
3) molto comune la presenza di glomerulonefrite necrotizzante (80% degli affetti).
Criteri ACR per la diagnosi: infiammazione nasale o del cavo orale, noduli infiltrati o cavità all'RX
torace, proteinuria e/o microematuria, granuloma alla biopsia.
Esami:
- RX o TC torace: presenza di noduli polmonari, addensamenti e cavità;
- Biopsia: addensamenti granulomatosi (granulomi polmonari con cellule giganti multinucleate,
infiammazione granulomatosa perivascolare, capillarite perialveolare).
- TC o RMN all'encefalo: distruzione ossea, materiale amorfo e presenza di masse;
- C-ANCA positività agli esami di laboratorio.
Poliarterite microscopica
Caratteristiche:
1. vasculite necrotizzante con pochi o assenti depositi di immunocomplessi a carico dei
piccoli vasi (arteriole, venule, capillari); può essere presente anche arterite
necrotizzante delle arterie di medio calibro.
2. molto comune è la presenza di glomerulonefrite necrotizzante;
3. spesso presente capillarite polmonare.
Presentazione:
- Clinica: sintomi costituzionali, alveolite emorragica, glomerulonefrite, neuropatia periferica, non
lesioni granulomatose;
- Esami di laboratorio: P-ANCA positività.
Sindrome di Churg-Strauss
Caratterizzata da:
1. Infiammazione granulomatosa e ricca di eosinofili delle vie respiratorie (associazione
con asma);
2. Vasculite necrotizzante a carico dei vasi di medio calibro;
3. Eosinofilia plasmatica (> di 1.5 x 10^9/l).
Quadro del paziente:
- Clinica: tendenza atopia (asma), vari coinvolgimenti multiorgano (renale, splancnico, coronarico,
cerebrale e polmonare), manifestazioni cutanee (porpora, orticaria, noduli sottocutanei),
glomerulonefrite rara.
- Laboratorio: eosinofilia, C-ANCA (50%) o P-ANCA (25%);
- RX o TC torace: interstiziopatia (opacità a vetro smerigliato).
Vasculite confinata al glomerulo
E' caratterizzata da:
1) presenza di GNRP pauci-immune o GN necrotizzante;
2) assenza di sintomi sistemici, tranne quelli costituzionali (febbre, malessere generale,
artro-mialgie, sudorazione notturna).
MICROANGIOPATIE TROMBOTICHE Caratteristiche Sono entità nosografiche, che associano un comune quadro anatomopatologico ad un comune
quadro ematologico.
Quadro istopatologico E' la classica microangiopatia trombotica, che consiste in lesioni a carico della parete vascolare:
- ispessimento delle pareti vascolari (sopratttutto a carico di arteriole e capillari, a causa dei depositi
di fibrina che assumono una forma ad "onion skin") con edema;
- distacco dell'endotelio dalla membrana basale;
- accumulo di materiale amorfo nello spazio subendoteliale;
- trombi di piastrine intraluminali con parziali o complete ostruzioni dei vasi.
L'immunofluorescenza rileva depositi di fibrina lungo le pareti di capillari e arterie.
Quadro ematologico Anemia emolitica microangiopatica e piastrinopenia.
Per quanto riguarda il quadro clinico, il coinvolgimento renale fino all'insufficienza è prevalente nella
HUS, mentre i sintomi neurologici associati alla trombocitopenia sono prevalenti nella TTP.
Sindrome emolitico-uremica (HUS) post infettiva E' una sindrome tipicamente del
bambino, associata a dissenteria per
infezioni di batteri che producono
Shiga toxin (ad es. Shigella
Dissenteriae) o tossine simili (STEC,
tossina di E. Coli) che sono
citopatiche per le cellule chiamate
Vero (dette infatti vero tossine).
Incidenza: picco nei bambini < di 5
anni (2.1 casi su 100 mila
bambini/anno) e minimo negli adulti >
di 50 anni (0.5 casi su 100 mila adulti
/anno).
Descrive bambini con un intenso
malessere e una sindrome caratterizzata da anemia emolitica, trombocitopenia e IRA.
aHUS (atipica) Nel 10% dei pazienti, il manifestarsi di HUS non è associata con un'infezione da batteri producenti
verotoxins: questi casi di non STEC-HUS (chiamata ora HUS atipica) può occorrere a tutte le età
ed è infatti la maggiore causa di HUS nell'adulto.
Studi sul manifestarsi di HUS atipica (ad es. di Thompson e Winterborn negli anni '80) mostrarono
che:
- Gli episodi erano sia sporadici sia presentavano incidenza
familiare;
- Spesso nei pazienti con aHUS veniva rilevata
ipocomplementemia.
- Venne dimostrato dunque come il deficit della regolazione del complemento è la causa
primaria della patologia: molti pazienti presentano deficienza di una proteina regolatrice, come
anche del fattore H del complemento.
Porpora trombotica trombocitopenica (TTP) Malattia rara, simile per molti aspetti
alla HUS. All'origine della patogenesi
ci sarebbe un danno endoteliale
sistemico per rilascio di elevate
quantità di multimeri di vWF di
dimensioni maggiori alla norma per
effetto di un deficit di una proteina
plasmatica di clivaggio: ADAMTS13.
Da quando si è scoperto il deficit di
questa proteina come causa della
TTP, sono possibili iter diagnostici per
differenziarla dalla HUS.
Lo scatenarsi della patologia può
essere:
1) Di natura idiopatica;
2) Secondaria a cause diverse (farmaci, stato gravidico, diarrea emorragica,
autoimmunità).
Trattamento
MALATTIA RENALE ISCHEMICA E' un quadro di sofferenza renale secondario alla
patologia ateromatosa dei grossi vasi renali con
ischemia conseguente; è caratterizzata da una lenta
evoluzione in IR, ed è spesso associata ad
ipertensione arteriosa.
Embolia renale colesterinica Eziopatogenesi Malattia ateroembolica: si tratta dell'embolizzazione
nel microcircolo sistemico da rottura dello strato
endoteliale di rivestimento di una placca
aterosclerotica di un vaso di calibro maggiore (aorta
e suoi rami), con immissione in circolo di cristalli aghiformi di colesterolo.
Fattori di rischio
• Sesso maschile ed età avanzata
• Ipercolesterolemia
• Ipertensione arteriosa
• Tabagismo
• Trattamento anticoagulante;
• Vasculopatia aterosclerotica polidistrettuale
L’embolia colesterinica può essere spontanea o secondaria; in questo caso, i più frequenti fattori
precipitanti sono procedure angiografiche, angioplastica percutanea, interventi di chirurgia
vascolare, TAO, fibrinolisi.
Patogenesi del danno renale
L’embolo (ateroembolismo colesterinico da rottura della superficie endooteliale di rivestimento di
una placca) si incunea a livello delle arterie di piccolo calibro (150-200 micron: arciformi, interlobulari
o arteriola afferente) del rene, determinando:
1) Fase precoce: ischemia e infarto renale; si osserva infiltrazione di PMN ed eosinofili nelle
prime 24ore, e successivamente presenza di macrofagi e cellule giganti multinucleate
nel lume del vaso (24-48h).
2) Cronicizzazione: modificazioni parenchimali (fibrosi) da ischemia cronica; si osserva
persistenza di cristalli e cellule giganti multinucleate, proliferazione endoteliale e
ispessimento dell'intima, fibrosi della parete vascolare.
Il meccanismo di danno vede come protagonisti il colesterolo (che si viene a trovare a contatto con
l'endotelio) e l'ipossia, che causeranno l'attivazione del complemento e il rilascio di citochine e la
messa in membrana di integrine da parte dell'endotelio; questo porterà a:
- chemiotassi e adesione degli eosinofili;
- aggregazione dei granulociti PMN.
Manifestazioni cliniche Presentazione del paziente
Spettro di segni e sintomi assai polimorfo, a comparsa variabile da ore a giorni dall’evento
scatenante.
- Forme lievi apparentemente asintomatiche;
- Manifestazioni cutanee: livedo reticularis, petecchie e necrosi cutanea, blue-toe
syndrome;
- Febbre, artralgie e mialgie diffuse, cefalea, deperimento organico;
- Alterazioni SNC;
- Interessamento cardiopolmonare;
- Ischemia gastrointestinale;
- IR (anche a rapida progressione);
- Embolia retinica da colesterolo.
Diagnosi
- Esami di laboratorio: eosinofilia, > VES e PCR, > C3 (e C4) e positivizzazione agli ANCA (per cui
l’ateroembolismo può mimare una vasculite).
- Esami strumentali: esame del fundus con lampada a fessura (per la ricerca di cristalli birifrangenti
nel microcircolo retinico), biospia cutanea (in zone dove è evidente la livedo reticularis) o del
muscolo gastrocnemio, biopsia renale (trova indicazione nei casi di IRA apparentemente
inesplicata o di nefropatia rapidamente evolutiva a patogenesi non chiara).
Terapia
Per almeno sei mesi, si attua una terapia di associazione con:
- Prostaciclina, dopamina, pentossifillina (per migliorare la microcircolazione);
- Statine (per stabilizzare la placca atermomasica);
- LDL-aferesi (per una rimozione intensiva di lipidi);
- Corticosteroidi (per interferire con i mediatori della flogosi).
FABRY'S DISEASE Eziopatogenesi E' un devastante e progressivo errore congenito del metabolismo che, particolarmente negli stadi
precoci, vede come meccanismo di danno disfunzione cellulare e patologia microvascolare indotti
dal deposito lisosomiale di glicosfingolipidi.
La causa è un difetto genetico che riduce o azzera l'attività di un enzima lisosomiale, la
esoglicoidrolasi alfa-galattosidasi A:
- Il difetto enzimatico esita in un progressivo accumulo di GL-3 e altri sfingolipidi all'interno dei
lisososomi, che sono organelli cellulari ubiquitari, incluse le cellule endoteliali capillari, renali
(podociti, cellule epiteliali tubulari, cellule endoteliali glomerulari, cellule del mesangio e cellule
interstiziali), neuronali e cardiache;
- Questo esita in una cascata di eventi: disfunzione e morte cellulare, compromissione del
metabolismo energetico, danno della parete dei vasi, disfunzione dei canali del potassio nelle
cellule endoteliali, stress ossidativo, ischemia tissutale, sviluppo di fibrosi cardiaca e renale
irreversibile.
Questo processo inizia già nel feto, ma a differenza delle altre patologie dei lisosomi la maggior
parte dei pazienti rimane asintomatica durante i primi anni di vita.
La trasmissione è X-linked, ma anche le femmine eterozigoti si ammalano e sviluppano (seppur più
lentamente) coinvolgimento degli organi vitali.
Quadro clinico E' una patologia con un ampio spettro di quadri clinici (dal fenotipo quasi asintomatico osservabile
nelle femmine al classico fenotipo severo del maschio), di natura progressiva:
1) I primi sintomi che interferiscono con il benessere del bambino appaiono di solito
nell'infanzia, tra i 3 e i 10 anni (di solito più tardi nelle femmine che nei maschi);
2) Con l'età, danni progressivi agli organi vitali si sviluppano in entrambi i sessi, portando
all'insufficienza degli organi interessati;
3) L'aspettativa di vita è limitata dagli accidenti cardiovascolari o cerebrovascolari e
dall'End-Stage Renal Disease che questi pazienti sviluppano.
Segni e sintomi precoci - Il danno neurale precoce colpisce
soprattutto le fibre dei piccoli nervi del
sistema somatico periferico e del sistema
autonomo, con un quadro di sintomi correlati
che di solito intervengono prima nei maschi
rispetto alle femmine.
- Il dolore è prresente nel 60-80% dei pazienti,
come episopdi di crisi (crisi di Fabry: dolore
urente che si irradia dalle estremità; sono
precipitate da febbre, stress e sforzi fisici) o
come dolore cronico (accompagnato da
parestesie).
Coinvolgimento renale Come il coinvolgimento degli altri organi, anche
l'interessamento renale è di natura progressiva
e peggiora con il tempo:
- le lesioni renali risultano da depositi di GL-3
a livello di endotelio glomerulare, mesangio,
cellule interstiziali e podociti; è stata descritta
spesso la fusione dei pedicelli dei podociti.
- accumuli di glicosfingolipidi sono visibili anche nell'epitelio di ansa di Henle e tubulo distale, e
nella parete delle arteriole renali.
Manifestazioni del danno renale:
1) Spesso il primo sintomo è la presenz di proteinuria o microalbuminuria nella seconda/
terza decade di vita, e si pensa che questo sia correlato al progredire della nefropatia di
Fabry (come accade nel diabete); con il passare del tempo, la proteinuria peggiora.
2) Si ssviluppano alterazioni del riassorbimento e della secrezione a causa del danno
tubulare;
3) Inizialmente, l'iperfiltrazione di compenso pu garantire una normale funzione renale;
comunque si osserva un graduale deterioramento della funzionalità renale e lo sviluppo
di azotemia tra la terza e la quinta decade di vita.
Lo sviluppo di proteinuria è correlato fortemente alla progressione del danno renale.
INSUFFICIENZA RENALE E' la riduzione della capacità dei reni di espletare le loro funzioni (escretoria ed endocrina), e può
essere:
1) Acuta: in ore o giorni, e può essere reversibile;
2) Cronica: in mesi o anni, ed è irreversibile.
INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA) Si definisce Insufficienza Renale Acuta (IRA) una sindrome clinica caratterizzata da un improvviso
e rapido deterioramento della funzione renale; è responsabile dell’1-2% dei ricoveri in ambiente
ospedaliero e si verifica in circa il 5% di tutti i ricoveri ospedalieri (complica fino al 30% i ricoveri in
Unità Intensive).
Anche quando reversibile è la prima causa di morbilità e mortalità nei pazienti ricoverati, infatti è un
elemento prognostico sfavorevole nel decorso di molteplici processi patologici.
Tale sindrome si considera ‘acuta’ in rapporto ad alcuni criteri e caratteristiche cliniche:
• Funzione renale precedentemente normale, che cala repentinamente;
• Aumento repentino dei dati ritentivi (azotemia e creatininemia, segno di un deterioramento
clinicamente rilevante);
• Parenchima renale conservato;
• Alterazione dell’equilibrio acido-base ed elettrolitico;
• Accumulo di liquidi a livello interstiziale.
Stadiazione AKI Network E' una classificazione della gravità dell'insufficienzq, sulla base dei valori ritentivi (creatininemia
aumentata) o della bassa diuresi:
1. Incremento della creatininemia > di 0.3 mg/dL, o diuresi < di 0.5 mL/Kg/h per 6h;
2. Incremento della creatininemia > di 200-300% rispetto al valore basale, o diuresi < di 0.5
mL/Kg/h per 12h;
3. Incremento della creatininemia > di 300% rispetto al valore basale (o creatininemia in valore
assoluto > di 4 mg/dL) o diuresi < di 0.3 mL/Kg/h per 24h (o anuria).
Si noti tuttavia che il deterioramento deve essere clinicamente rilevante e persistente; l’iniezione di
mezzo di contrasto che eleva la creatininemia da 0.8 a 1 mg/dL NON è esattamente ‘rilevante’.
Classificazione Nella pratica clinica si adotta un criterio anatomofisiopatologico, in base al quale si distinguono 3
principali tipi di IRA a seconda della causa. Perché il rene funzioni bene, c'è bisogno che il sangue
arrivi con una pressione adeguata, che i nefroni siano integri e che l'urina sia allontanata:
❖ IRA pre-renale o funzionale (70%):
il danno si crea ‘a monte’ del rene, e
il meccanismo patogenetico che
conduce alla riduzione della
funzione renale deriva da
un’alterazione del circolo ematico.
❖ IRA renale propriamente detta (o
parenchimale o intrinseca, 25%): è
presente un danno diretto di
glomerulo, interstizio, tubuli o vasi.
❖ IRA post-renale o ostruttiva (5%): si
verifica un’ostruzione acuta delle vie
escretrici (o della sola via escretrice
in caso di rene unico), compromettendo l’eliminazione urinaria.
IRA pre-renale (funzionale) Eziopatogenesi Sono casi in cui una compromissione emodinamica sistemica esita in una compromissione della
funzionale renale: ipotensione e ipovolemia (talora isolate, ma nella maggior parte dei casi
combinate) determinano infatti ipoperfusione del parenchima renale; in un certo numero di casi il
danno può essere una conseguenza iatrogena da interferenza con i meccanismi che regolano
l’autoregolazione della circolazione renale.
Condizioni favorenti l’insorgenza
• Riduzione della gittata cardiaca: shock cardiogeno o settico, tamponamento cardiaco, IMA,
TEPA, scompenso cardiaco congestizio, aritmie;
• Ipovolemia:
- Emorragia, disidratazione, perdite gastroenteriche (vomito, diarrea), ustioni o traumi
estesi (per perdita di plasma);
- Sindrome nefrosica, sindrome epato-renale, shock settico, farmaci vasodilatatori;
• Interferenza con la regolazione vascolare renale (FANS, ACE-inibitori, ciclosporina e
tacrolimus);
• Riduzione della volemia efficace per formazione del ‘terzo compartimento’ come in caso di
edemi o ascite (ad es. nella sindrome epato-renale: danno epatico, ipertensione portale,
ascite dunque III compartimento, riduzione della volemia efficace).
Fisiopatologia
L’IRA pre-renale rappresenta una NORMALE
risposta adattiva del rene sano a situazioni
ambientali o patologiche potenzialmente dannose
per la conservazione di una adeguata emodinamica
sistemica, il termine di IR, in queste condizioni, può
dunque essere considerato poco idoneo, poiché in
realtà si tratta proprio di un rene che esprime al
massimo le sue competenze funzionali adattive.
Gli unici parametri clinico-laboratoristici che
evocano il concetto di IR in tale situazione sono
rappresentati dall’iperazotemia e dall’oliguria (anche < di 400 mL/24h):
- L’oliguria rappresenta il tentativo di realizzare il massimo risparmio idrico a favore dei volumi
sistemici percepiti ridotti dai sistemi recettoriali (apparato iuxtaglomerulare e macula densa),
attraverso un aumento della concentrazione delle urine.
- La riduzione del volume diuretico, il riassorbimento esasperato nel dotto collettore e
l’ipercatabolismo delle cellule tubulari spesso associato, rendono poi ragione dell’aumento dei
valori azotemici.
Autoregolazione renale: è la proprietà del rene di mantenere un flusso ematico renale (FER) e una
VFG costanti. Si esplica attraverso due meccanismi:
1.Meccanismo miogeno: consiste nella variazione della resistenza dell’arteriola afferente; si osserva
vasocostrizione se la PA aumenta, vasodilatazione se la PA diminuisce.
2.Feedback tubulo-glomerulare: la variazione del contenuto di cloro e/o sodio alla macula densa
stimola il sistema RAS, con conseguente vasocostrizione.
Diagnosi Esami di laboratorio
• La creatinina plasmatica è in genere normale; nel caso sia aumentata, si osserva una
notevole discrepanza tra i valori di azotemia e creatininemia (con ratio fra i due cataboliti che
resta generalmente > di 10:1).
• Alla misurazione degli elettroliti plasmatici è di frequente riscontro un quadro di
normo/ipopotassiemia.
• Il profilo dell’equilibrio acido-base può tendere all’alcalosi ipocloremica (in caso di vomito,
sondino nasogastrico, trattamento con diuretici), ma può essere presente acidosi lattica (per
l'ipovolemia severa con ipoperfusione periferica) o acidosi ipercloremica (in caso di severa
diarrea).
Quadro urinario
Il quadro urinario documenta l’impegno del rene nel risparmio idrosodico e nell’esasperazione della
concentrazione urinaria, sia per quanto concerne l’acqua che i soluti (importante è la diagnosi
differenziale con IRA da NTA, renale):
- Concentrazione osmolare > di 500 mOsm/L; - Na+ (sodiuria) < di10-20 mEq/L: il rene ‘trattiene’ il Na+ (diversamente da IRA
renale); - Ratio urea urinaria/plasmatica > di 8-20; - Ratio creatinina urinaria/plasmatica > di 40.
Terapia ed evoluzione Gli interventi terapeutici sono fondamentalmente diretti alla risoluzione della compromissione
emodinamica che ha condizionato la risposta adattativa del rene (terapia di sostituzione).
A seconda della noxa patogena essi sono basati su:
• Ripristino del volume circolante o della volemia efficace;
• Correzione di eventuali deficit cardiaci;
• Riequilibrazione ionica;
• Ripristino di valori pressori adeguati.
Protocolli farmacologici specifici finalizzati a migliorare la perfusione glomerulare sono impiegati
soprattutto in alcuni casi particolari:
- Ad esempio, nella sindrome epato-renale si usa terlipressina, un analogo dell'ADH, che aiuta a
ridistribuire il volume ematico nei distretti extra-splancnici);
- I diuretici devono essere impiegato SOLO dopo il ripristino di una volemia adeguata, e si
impiegano in questo caso ESCLUSIVAMENTE diuretici dell’ansa che, bloccando la pompa Na+/
K+, impediscono al tubulo di lavorare troppo (proteggendolo dal rischio di sofferenza ischemica).
Prognosi
- L’IRA pre-renale è, per definizione, potenzialmente reversibile: proprio per le sue caratteristiche
di adattamento funzionale, configura una condizione transitoria che nella maggior parte dei casi
si risolve rapidamente con il recupero dei profili funzionali renali abituali.
- In condizioni particolari tuttavia, per il prolungarsi della noxa che ha compromesso l’emodinamica
sistemica o per la severità del danno perfusionale, l’IRA pre-renale può costituire la fase di esordio
di una IRA renale propriamente detta (generalmente di tipo ‘necrosi tubulare acuta’); in questo
caso il quadro fisiopatologico, clinico e prognostico divengono completamente differenti
assumendo una dimensione di gravità variabile da caso a caso.
IRA renale (organica, parenchimale, intrinseca) Essenzialmente qualsiasi delle principali patologie nefrologiche (glomerulonefriti, nefropatie
interstiziali, sindromi vascolari) può nel suo decorso esordire o esitare in un quadro di IRA renale;
nella pratica clinica oggi queste evenienze sono molto rare e restano circoscritte a situazioni nelle
quali l’interessamento iniziale sia particolarmente aggressivo.
Eziopatogenesi Necrosi tubulare acuta
La quasi totalità dei casi di IRA renale (70%) è dovuta all’insorgenza di necrosi tubulare acuta
(NTA, anche indicata come ‘rene da shock’ o ‘tubulonecrosi tossico-ischemica’): è una forma di IRA
potenzialmente sempre reversibile, caratterizzata clinicamente da una brusca diminuzione della
funzione renale a seguito di insulti ischemici e/o tossici che, dal punto di vista anatomopatologico,
conducono ad una necrosi delle cellule tubulari.
I principali meccanismi patogenetici coinvolti nella genesi dell’NTA sono quello ischemico (da cui il
nome ‘rene da shock’) e quella tossico (da cui il nome di ‘tubulonecrosi tossico-ischemica’). In molti
casi le due noxae possono coesistere (anche perché le sostanze tossiche possono causare sia
danno diretto dei tubuli sia danno ischemico).
Da un punto di vista storico, è interessante notare che la prima documentazione in letteratura circa
la NTA risale alla seconda guerra mondiale: in particolare, la crush syndrome (sindrome da
schiacciamento) osservata nei pazienti londinesi rimasti vittime dei bombardamenti fu associata allo
sviluppo di tale patologia. Ciò era spiegato con il danno ischemico da diminuzione della volemia a
causa delle emorragie e dal danno tossico causato dalla liberazione massiva di mioglobina
muscolare che ostruiva i tubuli.
Per gli stessi motivi, ancora oggi i pazienti politraumatizzati rappresentano un’importante quota di
IRA renale; un'altra fetta è rappresentata da pazienti anziani con nefrite interstiziale
immunoallergica.
Accanto a questi fattori, oggi si riconosce un ruolo potenziale per l’instaurarsi di NTA a tutte le cause
elencate nell’eziologia dell’IRA pre-renale, nel caso lo stato di ipoperfusione non venga corretto in
tempo.
Patogenesi
1. Cause ischemiche: tutte le cause responsabili di IRA pre-renale che persistono nel tempo:
riduzione della volemia (emorragie, ustioni, disidratazione, sequestro nel terzo spazio) e
riduzione della pressione arteriosa (IMA, aritmie, shock, traumi);
2. Cause tossiche: intrinseche, sostanze endogene in eccesso (mioglobina in seguito a traumi
o in caso di tetania, emoglobina per emolisi, bilirubina per epatite o ittero ostruttivo) o
estrinseche (farmaci quali aminoglicosidi, cefalosporine, tetracicline, amfotericina B,
antineoplastici, mezzo di contrasto, veleni, metalli pesanti come mercurio, arsenico, bismuto,
eroina e amfetamine).
Cause di IRA organica
Malattie dei vasi, 10% (malattie dei vasi renali di grosso calibro):
• Arterie renali: trombosi, embolia da colesterolo, tromboembolia, dissezione aortica, vasculiti
(Takayasu);
• Vene renali: trombosi, compressione.
Malattie dei glomeruli 15% (malattie dei glomeruli e del microcircolo renale):
• Infiammatorie: glomerulonefriti acute o rapidamente progressive, vasculiti, rigetto di
trapianto, danno renale da radiazioni.
• Vasospastiche: ipertensione maligna, tossiemia gravidica, sclerodermia, ipercalcemia,
farmaci, mezzi di contrasto.
• Malattie ematologiche: sindrome emolitico-uremica o porpora trombotica trombocitopenica,
coagulazione intravascolare disseminata, sindrome da iperviscosità.
Malattie tubulari 70% (malattie caratterizzate da prevalente danno tubulare, spesso con NTA):
• Ischemia causata da ipoperfusione
• Tossine esogene
• Tossine endogene
Malattie interstiziali 5% (malattie acute del tubulo-interstizio):
• Nefrite interstiziale allergica
• Infezioni (virali, batteriche, fungine)
• Rigetto cellulare acuto da trapianto
• Infiltrazione (linfoma, leucemia, sarcoidosi)
Quadro clinico Quadro urinario
Il quadro urinario documenta la perdita di funzione renale nella capacità di concentrare le urine.
Nell’IRA renale si distingue:
1) una forma oligo-anurizzante, nella quale la contrazione della funzione renale è
persistente; nel caso di IRA da NTA l’oliguria ha le caratteristiche dell’urina diluita con
bassa osmolarità e sodiuria elevata (il rene, a causa del danno, non riesce a trattenere
Na+, diversamente dall’IRA pre-renale).
2) una forma a diuresi conservata, nella quale, pur in presenza di una severa contrazione
funzionale il volume diuretico si presenta conservato o aumentato.
Il sedimento urinario è scarso e indifferente nel caso di NTA:
- Può essere leucociturico nel caso di nefriti interstiziali immuno-allergiche (con tecniche specifiche
si può talora riscontrare eosinofiluria).
- Può presentare un sedimento telescopico (RBCs, WBCs e cilindri di diverso tipo) nel caso di
malattie parenchimali che interessano il glomerulo.
Prognosi ed evoluzione
In ambedue le forme, ma quasi di regola in quella oligo-anurizzante, la contrazione funzionale
conduce ad un quadro uremico acuto, potenzialmente letale per il paziente o comunque tale da
aggravarne il quadro clinico complessivo. In queste condizioni è indispensabile l’utilizzazione di
terapia sostituiva (dialisi) fino a quando il rene non abbia ricuperato le sue competenze funzionali.
In assenza di dialisi urgente, la morte sopraggiunge frequentemente per iperpotassiemia ed edema
polmonare acuto.
In taluni casi, i pazienti possono superare spontaneamente la fase acuta (si assisteva a ciò
soprattutto prima degli anni ’40, quando la dialisi non esisteva) e in quel caso la remissione è
completa, per rigenerazione delle cellule tubulari (ricordate che hanno questo potenziale).
Elementi importanti nel condizionare la prognosi renale: severità del danno iniziale, sua persistenza
nel tempo, presenza di concause tossiche, grado di IRC eventualmente pre-esistente ed anche, per
quanto meno ben definibile, tolleranza individuale agli insulti ischemici.
IRA post renale (ostruttiva) Questo tipo di IRA si osserva molto frequentemente in persone non ospedalizzate; l’ostruzione può
essere a livello delle vie escretrici extrarenali o intrarenali.
- Tipicamente si manifesta come comparsa di anuria improvvisa, non preceduta da fasi oliguriche
(diversamente da IRA pre-renale e renale).
- Tuttavia non necessariamente se c’è un'IRA post renale deve esserci l’oligo-anuria; può
succedere infatti che per l’aumento della pressione delle vie urinarie si abbia una disfunzione del
tubulo che non riesce più a riassorbire, permettendo la diuresi, pur essendo compromessa la
capacità di filtrazione glomerulare.
Eziologia Ostruzione delle vie escretrici extrarenali.
1. Vie urinarie superiori (bilaterale o monolaterale in caso di monorene funzionale):
- Ostruzione intrinseca: calcolo, coagulo, necrosi papillare, carcinoma a cellule transizionali,
alterazioni funzionali (reflusso), anomalie congenite (valvole);
- Ostruzione estrinseca: fibrosi retroperitoneale, aneurisma aortico, neoplasia retroperitoneale.
2. Vie urinarie inferiori
Stenosi ureterale, ipertrofia prostatica benigna e cancro alla prostata (cause più frequenti),
carcinoma a cellule transizionali della vescica, coaguli ematici, palla fungina, vescica neurogena,
anomalie congenite (valvole), catetere uretrale mal posizionato.
Ostruzione delle vie escretrici intrarenali
In questo caso si parla di IRA ostruttiva intra-tubulare, e le cause più comuni sono:
• Cristalli di acido urico, ossalato di Ca2+ (componenti del metabolismo);
• Farmaci: acyclovir, sulfonamide, metotressato, destrani, acetazolamide, nitrofurantoina,
fenazopirina, rifampicina, probenecid;
• Prodotti di patologie neoplastiche: catene leggere nel mieloma;
Quadro clinico La diagnosi precoce è l’unico mezzo per prevenire la progressione del danno al parenchima renale,
che può divenire anche irreversibile.
1) In una prima fase, infatti, l’ostruzione al deflusso urinario si comporta come il braccio
afferente di un feed-back che induce, come risposta riflessa, una vasocostrizione
glomerulare; questo vasospasmo glomerulare può essere alla base della temporanea
persistenza di anuria che si osserva anche dopo rimozione della ostruzione.
2) In caso di persistenza del vasospasmo, tuttavia, può instaurarsi un danno ischemico
responsabile di necrosi cellulare e irreversibilità del danno.
Agli esami di laboratorio, si rileva aumento di urea e della creatininemia. È necessario un intervento
terapeutico: evacuazione dell’urina tramite tubo pielostomico.
Quadro urinario
Può essere del tutto non valutabile nei casi tipici di anuria improvvisa e totale; tuttavia:
- E’ possibile osservare talora casi in cui il volume urinario riprende all’improvviso, e ciò dimostra
alternanza (in condizioni di ostruzioni parziali o che funzionano con meccanismi a valvola);
- E’ possibile, in qualche caso, che un particolare tipo di cristalluria in un campione anche molto
limitato di urina residua, possa fornire importanti elementi in senso diagnostico.
IRA: diagnostica differenziale L’accurato esame clinico del
paziente con attenzione meticolosa
a tutti i possibili elementi
anamnestici sia familiari che
personali è insostituibile.
Quadro clinico E' estremamente variabile, poiché
dipende dal contesto in cui si
inserisce: può sopraggiungere in
corso di una grave setticemia a
rischio per la vita, così come in
presenza di IPB e nessun altro
sintomo. Di per sé, l’IRA ha una sintomatologica specifica legata all’intossicazione conseguente alla
perdita della funzione depurativa dei reni, ma questa è evidente solo se il grado di insufficienza è
discretamente elevato.
Coinvolgimento multiorgano
Organi e apparati più frequentemente interessati:
- Apparato gastroenterico: anoressia e vomito
sono frequenti nei casi più gravi; sono
possibili anche emorragie del tubo digerente
(talora espressione di gastropatie erosive da
stress, temibili per il concomitante rischio
ipocoagulativo).
- Apparato cardiocircolatorio: variamente
coinvolto a seconda dell’eziologia, del grado
di sovraccarico idrico del paziente e del grado
d’ipertensione; tutti fattori che, se
insufficientemente controllati, possono
causare scompenso cardiaco acuto ed edema
polmonare. Temibili i disturbi del ritmo,
sovente correlati con i disordini elettrolitici.
- SNC: la sofferenza del sistema nervoso
centrale è frequente, precoce ed importante,
ed assume una vasta gamma di
manifestazioni che possono arrivare fino al
coma. In caso di encefalopatia ipertensiva
(vasculiti, GNA, gestosi gravidica) sono possibili manifestazioni eclamptiche.
- Apparato emopoietico: l’anemia rappresenta un tratto costante anche se variamente
modulato a seconda della patogenesi coinvolta; nella genesi dello stato anemico
intervengono fattori dipendenti dallo stato uremico (deficit di EPO, diatesi emorragica,
possibile emolisi) e da noxae aggiuntive (tossici, sanguinamenti).
E' stato visto che pazienti con ARF hanno nel plasma livelli significativamente più elevati di citochine
pro infiammatorie rispetto a pazienti sani o pazienti in end-stage renal disease in trattamento
emodialitico cronico; è stato inoltre notato un livello più elevati di IL-6 e IL-8 nei “non-survivors”
rispetto ai “survivors".
L'IRA correla con un deleterio cross-talk tra organi, favorendo alterazioni immunologi che,
infiammatorie e del metabolismo attraverso l'azione dei mediatori solubili (ha quindi un contributo
diretto nella disfunzione di polmone, cuore, cervello, fegato ecc.); si associa ad un aumento della
mortalità soprattutto se è presente disfunzione in altri organi.
I meccanismi con i quali l'IRA determina una disfunzione multi organi sono dunque complessi
pathways di natura:
1) Pro-infiammatoria: incremento di ROS, attivazione e infiltrazione leucocitaria, incremento
di citochine e chemochine; recenti studi mostrano il ruolo di linfociti T e macrofagi come
modulatori di danno renale ed extrarenale;
2) Pro-apoptotico: regolazione della morte cellulare.
Quadro ematico
Lo stadio terminale di tutti i tipi di IRA (se non trattati) è l'uremia: il nome deriva dall'accumulo nel
sangue di sostanze azotate a causa dell'incapacità dei reni ad eliminarle, e si parla di uremia quando
la VFG è <15 mL/min. I segni e sintomi più frequenti sono:
- astenia;
- dimagramento e vomito (fino alla cachessia);
- pallore (dovuto non solo all'anemia, ma anche all'accumulo di tossine);
- alito maleodorante (con odore urinoso, detto ‘fetor uremicus’).
Naturalmente sono anche essere presenti i segni delle alterazioni idro-elettolitiche tipiche dell'IR:
• Iperpotassiemia (astenia marcata e danni cardiaci);
• Ipocalcemia ed iperfosforemia (con conseguenti danni ossei e fratture patologiche);
• Ritenzione idrica (con conseguente edema periferico e nei casi più gravi edema polmonare);
• Tamponamento cardiaco (per la pericardite uremica dovuta allo stato tossico), a volte di tali
dimensioni da condurre allo shock cardiogeno.
Quanto più l’IRA è severa e prolungata, tanto più compaiono sintomi sovrapponibili qualitativamente
a quelli dell’uremia cronica, che interessano sia il versante dell’attività endocrina renale
(diminuzione di EPO e di Vit. D3) sia quello della funzione escretoria.
Quadro urinario
Il quadro urinario può essere del tutto NON valutabile nei
casi tipici di anuria improvvisa e totale. In generale, dal
punto di vista del volume urinario, si possono osservare:
• IRA con anuria;
• IRA con oliguria, se vi è una diuresi nelle 24h
<450mL;
• IRA a diuresi conservata (ed eventualmente con
poliuria).
Dal punto di vista del reperto urinario:
- Urine concentrate prodotte da un rene ben
funzionante;
- Sedimento ricco in cellule e cilindri: segno di danno parenchimale;
- Valutare entità e tipo della proteinuria;
- Cristalli (acido urico, farmaci, catene leggere).
Prognosi
- La mortalità per IRA in pazienti post-chirurgia o
politraumatizzati, in quadro di MOF, raggiunge il
50-80%: si osserva sovente in pazienti in rianimazione
(coloro che riescono a sopravvivere a questa condizione
di norma sviluppano sepsi e progrediscono verso quadri
di IRC).
- La mortalità generale per IRA pre-renale è del 7%,
invece la mortalità per IRA post-renale da causa NON
neoplastica dopo trattamento è praticamente nulla.
Tra i pazienti con IRA:
• 20-60% richiedono la dialisi
• Tra coloro che sopravvivono, la necessità di dialisi
cronica si osserva nel 25% dei casi.
Di norma, i pazienti con diuresi conservata hanno una prognosi
migliore. Infatti non sempre pazienti con IRA
necessitano della dialisi; se la diuresi è mantenuta il trattamento è farmacologico. La tabella indica
parametri di rilievo per l’indicazione di trattamento dialitico (primo tra tutti rimane la creatinina
sierica).
L'associazione sepsi+IRA è il quadro con l’outcome peggiore.
- Un tempo si credeva che l'IRA da sepsi fosse causata da ridotti flussi; in realtà durante la sepsi il
flusso di sangue al rene è aumentato, pertanto non si tratta di IRA pre-renale.
- Si è poi scoperto che l’LPS ha un’azione diretta tossica sull’epitelio tubulare: quindi il danno è
dovuto non all'ipoperfusione, bensì ad un danno diretto delle componenti batteriche (PAMPS:
molecole il grado di attivare i toll-like receptors, che hanno un ruolo cruciale nelle infezioni) sul
tubulo e dall’infiammazione tissutale con abbondante infiltrato infiammatorio in un ambiente ricco
di citochine (tra cui in particolare TNFalpha). Pertanto il danno non è di tipo ischemico ma tossico.
La sepsi determina immunoparalisi e danno d’organo; oggi sono messe a punto metodiche
extracorporee dialitiche per ridurre il contenuto di citochine nel sangue, così da proteggere sia gli
organi e da ristabilire l’equilibrio immunitario.
Diagnosi Parametri clinico laboratoristici
Nel caso di IRA non complicata sono osserva di solito:
- Azotemia: + 10-20mg/dL/24h + 100 mg/dL/24h (oggi l’azotemia non ha più gran peso
diagnostico);
- Creatininemia: + 0,5-1mg/dL/24h + 2mg/dL/24h
- Acido urico: + 1-2mg/dL/24h molto più elevato
- HCO3- plasmatici: - 1mEq/L/24h - 2mEq/L/24h
- Potassiemia: + 0,5mEq/L/24h + 1-2mEq/L/poche h
- Acqua metabolica: 0,2-0,5 Kg/24h
- IRA con ipercatabolismo >1 Kg/24h
Diagnostica strumentale
L’indagine di prima scelta è l’ECOtomografia renale:
- E' in grado di discriminare tra IRA e IRC mediante la valutazione delle dimensioni dei reni e lo
spessore della corticale.
- All’interno dell’IRA, l’ecografia può essere diagnostica nei casi di IRA post-renale, quando
evidenzia una dilatazione delle vie escretrici; occorre ricordare, tuttavia, che la mancanza di una
dilatazione evidente all’ecografia NON esclude del tutto una forma di IRA ostruttiva, poiché in casi
particolari la dilatazione può instaurarsi lentamente ed essere visibile solo più tardivamente.
- Nei casi di IRA parenchimale, l’ecografia può fornire elementi orientativi se, in presenza di flogosi
parenchimale diffusa, mostra la presenza di reni grossi ed edematosi.
Biomarkers
Si previene il danno d’organo
avvalendosi della terapia
farmacologica e dello studio dei
biomarcatori. Purtroppo in ambito
nefrologico sono pochi, dagli anni ’70
ad oggi si è sempre avuta a
disposizione solo la creatinina
sierica.
Esame del sedimento: le cellule
dell’epitelio tubulare presenti nel
sedimento sono enumerate per avere
uno SCORE di gravità del danno
tubulare e della necessità dialitica.
Ampi sforzi sono ora virati
all’identificazione di nuovi marcatori.
• Kidney Injury Molecule (KIM1):
è una molecola poco espressa
in condizioni fisiologiche, mentre è molto espressa in condizioni di danno renale. Essa viene
eliminata dal tubulo, si stacca dall’epitelio e si ritrova nell’urina, pertanto è dosabile; colora il
tubulo di marrone in corso di necrosi tubulare acuta (con un rilievo immunoistochimico).
• NGAL (lipocalina associata alla gelatinasi neutrofila): è una proteina di 25 kDA della famiglia
delle lipocaline, ovvero proteine che si legano ai siderofori (proteine a basso PM che chelano
il ferro, molto espressi dai batteri, ma anche endogene). NGAL è filtrata, ed è poi riassorbita
a livello prossimale dal sistema megalina-cubilina; un riscontro nelle urine corrisponde ad un
aumento della quota plasmatica o ad un difetto del riassorbimento. Questo si verifica in
condizioni di danno d’organo epatico e tubulare; si è osservata una buona correlazione tra
danno renale acuto e pool NGAL urinario. Oggi è possibile dosarlo con una nuova metodica
"point of care", che prevede lo studio di pochi mL di urina ed è utile e rapida.
• Marcatori del ciclo cellulare: la cellula tubulare necrotica rilascia i marcatori della fase del
ciclo cellulare a cui si è fermata; questo avviene dopo processi ischemici o tossici del tubulo.
Esempi sono la Insulin-Like Growth Factor Binding Protein e la metalloproteinasi 2.
Queste metodiche sono di utile sviluppo in quanto oggi valutiamo l’entità del danno tubulare
attraverso lo studio della creatinina; ciò di per sé è un’imprecisione, in quanto la creatinina è indice
della funzione generale del rene.
I suddetti biomarker vengono direttamente dal tubulo e si muovono più velocemente, potendo quindi
indicare in modo precoce lesioni tubulari subcliniche.
Terapia IRA iatrogena
Studi su pazienti con IRA hanno evidenziato come alcune terapie mediche possano esporre il
paziente a rischio di IRA:
• La terapia con anestetici sembra correlata ad un aumento di incidenza di IRA in pazienti
critici, soprattutto per trattamenti con propofol (utilizzato spesso per la chirurgia di valvole
cardiache);
• L'utilizzo di ventilazione invasiva in pazienti con ARDS; questo sembra dovuto ad un danno
del tessuto polmonare che porta allo sviluppo di infiammazione sistemica, con ripercussioni
a distanza sulla funzione renale. Trials clinici hanno dimostrato infatti una minore incidenza
di queste complicazioni in pazienti ventilati con metodi meno invasivi.
Trattamenti
Ciò che si fa in caso di IRA è cercare di volumizzare il paziente, dare farmaci vasoattivi ed evitare
farmaci nefrotossici (amminoglicosidi, mezzi di contrasto).
Linee guida Kdigo per volumizzazione i pazienti con IRA:
- In un paziente con ipovolemia
e ipoperfusione si utilizzano
cristalloidi; non i colloidi perché
si è visto che la probabilità di
sopravvivenza è uguale per
entrambi i trattamenti pertanto
l’albumina non salva da IRA
(piuttosto dà NTA).
- Trattamento con amido invece
profilava un peggiore outcome,
in quanto poteva essere causa
di necrosi tubulare acuta.
- Il problema della fisiologica
(NaCl 0.9%) è che quando
somministrata aumenta anche
il cloro, e questo può andare
ad alterare la Strong Ion Difference dell’organismo causando acidosi metabolica. È molto
importante che oltre a bilanciare il volume si presti attenzione all’equilibrio acido-base,
eventualmente apportando correzioni degli elettroliti.
- Esistono anche soluzioni saline tamponate NaHCO3, anche se non è ancora stato dimostrato
un miglioramento nell’outcome di questi pazienti.
- Nell’IRA pre-renale prima di somministrare diuretici si volumizza; solo quando il volume è
controllato do il diuretico per conservare la diuresi.
- In pazienti con shock vasogenico si raccomanda l’utilizzo di vasopressori oltre che di fluidi.
Oggi si preferisce la noradrenalina alla dopamina in quanto quest’ultima ha dimostrato più
alta incidenza di effetti avversi come aritmie; inoltre si utilizzano anche vasopressina e
glipressina (quest’ultima causa vasocostrizione splancnica e aumento del flusso nell’arteria
renale, dunque è utile nel trattamento delle sindromi epato-renali).
- La dopamina continua ad essere data a basse dosi in pazenti a rischio di IRA, tuttavia non
esiste evidenza di un tangibile beneficio clinico pertanto le linee guida Kdigo ne scoraggiano
l’uso.
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA E' una sindrome clinico metabolica conseguente alla cronica e irreversibile riduzione delle strutture
renali funzionanti con riduzione della capacità dei reni di espletare le loro specifiche funzioni
(escretoria ed endocrina); a differenza dell’IRA qui il danno è sempre irreversibile.
1) Per lo più si instaura in modo lento e progressivo, e il corrispettivo anatomico è costituito
da un'evoluzione sclero-ialinotica dei glomeruli, ma anche delle altre strutture renali (con
fibrosi interstiziale ed ispessimento delle pareti vascolari).
2) In condizioni particolari, tuttavia, una noxa patogena particolarmente grave può
danneggiare acutamente il rene in modo irreversibile, cosicchè un quadro di insufficienza
renale acuta si trasforma in un danno cronico senza soluzione di continuo.
Epidemiologia L'8-12% della popolazione mondiale presenta una malattia renale, e nell’80% dei casi è sconosciuta
o sotto diagnosticata.
Un tempo, quando nacque la dialisi negli anni ’80, la maggior parte dei dializzati erano pazienti
giovani con IRC conseguente a glomerulonefrite; oggi, grazie alle migliori cure, i dializzati sono per
lo più pazienti con patologie renali legate all’età e al diabete.
Eziopatogenesi Eziologia È' una perdita progressiva della funzione renale correlata ad una nefropatia glomerulare,
interstiziale, vascolare o malformativa, con quadri variabili a seconda della malattia responsabile.
Patologie che più frequentemente portano ad IRC:
• Diabete (tipo I e tipo II) 31%
• Nefropatie vascolari 20%
• Nefropatie glomerulari 16%
• Nefropatie tubulo-interstiziali 13%
• Malattia cistica renale 6%
• Altre malattie sistemiche 4%
• Malattie renali ereditarie 1%
• Altre 9%
Fattori di rischio
• Fattori di suscettibilità: sesso maschile, età avanzata, patrimonio genetico, razza, ridotto
patrimonio nefronico congenito.
• Fattori attivanti: cause primitive della malattia renale cronica.
• Fattori di progressione: ipertensione arteriosa, proteinuria nefrosica, iperglicemia,
iperlipidemia, fumo, gravidanza, nefrotossine, presenza di glomerulosclerosi, fibrosi
tubulointerstiziale e sclerosi vascolare alla biopsia renale.
Patogenesi del danno - La progressione del danno ha origine da processi patologici diversi (dismetabolici, vascolari,
glomerulari, tubulo-interstiziali) che portano tutti ad una riduzione critica della massa nefronica. Si
osserva inoltre spesso un’iperattivazione del sistema RAS a causa della riduzione del volume
plasmatico in arrivo al tubulo (l’aumentata secrezione di renina da parte della macula densa porta
ad attivazione del sistema RAS con aumento del riassorbimento di acqua e sodio e delle pressioni
periferiche, grazie ad aldosterone e angiotensina II).
- La riduzione critica della massa nefronica, dovuta al processo patologico, porta ad un’ipertrofia
dei nefroni residui con aumento del flusso nei capillari glomerulari e della filtrazione capillare (si
può dunque avere proteinuria); a questo contribuiscono inoltre farmaci (ACE inibitori e FANS) e
fattori dietetici;
- A causa dell'’alterata permeabilità glomerulare si avrà un aumento del traffico transcapillare e
mesangiale di proteine, con conseguente attivazione tubulare di mediatori di sclerosi: si esita in
sclerosi interstiziale e mesangiale.
La proteinuria è un importante ed indipendente un fattore di rischio per il danno renale. Il quadro
istologico delle nefropatie proteinuriche che evolvono verso l’insufficienza renale presenta tratti
comuni:
• Infiltrazione da parte di macrofagi attivati;
• Proliferazione delle cellule mesangiali a causa dell'aumento del traffico mesangiale di
macromolecole;
• Transizione epitelio mesenchimale delle cellule tubulari verso fenotipi simil-fibroblastici, con
abbondante deposizione di matrice.
La proteinuria crea infatti tossicità tubulare diretta per l'aumentato traffico di proteine attraverso la
cellula del tubulo prossimale, che causa:
- L'attivazione lisosomiale e il leakage intracitoplasmatico degli enzimi (aumentata attività
lisosomiale con rilascio degli enzimi nel citoplasma ed attivazione infiammatoria)
- Saturazione, processo di endocitosi;
- Sovraccarico del reticolo-endoplasmatico.
Diagnosi L'IRC si presenta in generale con dati ritentivi elevati e reni di dimensioni ridotte.
Esami di laboratorio La clearance della creatinina misura l’entità del GFR (ed è normale tra 100 e 160 mL/min). Relazione
tra creatininemia e GFR:
- Modifiche del GFR tra 150 e 30 mL/min corrispondono solo a modeste variazioni della
creatininemia;
- Sotto a 30 mL/min di filtrato la creatininemia varia in modo esponenziale: anche piccole alterazioni
del valore sono indice di danno renale importante, difatti 2 mg/mL di creatininemia significano una
perdita dell’80% del GFR.
La riduzione del GFR è già di per
sé un indice di IRC.
I valori ematici di azotemia e
creatinina si muovono tardi poiché
i nefroni ancora funzionanti fanno
le veci del tessuto non funzionale.
Per screenare la popolazione,
dunque, si fanno delle analisi del
sedimento urinario che possono
evidenziare patologie renali a stadi
subclinici o per le quali la riduzione
del filtrato non è ancora così
importante da essere evidenziata
dal dosaggio della creatinina
sierica.
Quando il filtrato è al di sotto ai 10-
15 ml/ min si parla di uremia e il
paziente necessita di terapia sostitutiva.
Esami strumentali Ecografia renale e Tac addome superiore evidenziano reni di dimensioni ridotte e con corticale
assottigliata; si osserva anche la perdita della differenziazione cortico-midollare.
Stadiazione Ricordare che malattia renale cronica (dato istologico) non è sinonimo di IRC (dato funzionale), e
che IRC non è sinonimo di uremia.
1) IRC: danno renale da 3 o più mesi individuato con tecniche di imaging o test di laboratorio
(GFR < 60 ml/min /1,73 mq per 3 o più mesi con oppure senza evidenza di danno renale;
2) ESRD (end stage renal disease, stato di uremia terminale): GFR < di 15 ml/min/ 1,73mq,
necessita di terapia sostitutiva.
La tabella mostra la stadiazione dei pazienti con IRC; tutti i pazienti sono ad aumentanto rischio di
sviluppo di patologie cardiovascolari e in quest'ottica la prevenzione risulta fondamentale; infatti
basti pensare che le morti per IRC superano quelle per alcuni tipi di cancro, e sarebbe auspicabile
arrivare ad una diagnosi di IRC anche per pazienti ai primi stadi della malattia.
I pazienti dello stadio 4 sono in fase predialitica, e vengono seguiti presso gli ambulatori MAREA.
Evoluzione dell'IRC Progressione Principali fattori di progressione:
- Malattia di base e suoi fattori patogenetici;
- Predisposizione genetica (ad es. polimorfismi dell'enzima ACE);
- Fattori comuni a nefropatie diverse non direttamente collegati alla patogenesi della nefropatia
primitiva: iperfunzione/ipertrofia dei nefroni residui con ipertensione glomerulare, ipossia cronica,
fattori dietetici, iperparatiroidismo secondario, ipertensione arteriosa, proteinuria e dislipemia.
Evoluzione in relazione alla malattia di base ed ai suoi fattori patogenetici:
• Una sottopolazione di glomerulonefriti (GNMP, GN a depositi di IgA, GSF) ha un'evoluzione
rapida; altre (parte di quelle a IgA, GNM) hanno invece un'evoluzione lenta, talora con
stabilizzazioni.
• Gran parte delle nefriti interstiziali ha evoluzione lenta (e la riduzione della funzione renale
può stabilizzarsi o migliorare con la rimozione della causa);
• La nefroangiosclerosi ha un'evoluzione in genere lenta, con stabilizzazioni protratte; le
malattie vascolari diverse dalla classica nefroangiosclerosi possono evolvere “a gradini”.
• La nefropatia policistica evolve spesso rapidamente, una volta raggiunta l’IRC.
• Nelle nefropatie secondarie sono frequenti stabilizzazione e regressioni del danno se la
causa è curabile (LES, amiloide, diabete).
Complicanze cardiovascolari I pazienti con IRC in generale hanno un outcome peggiore rispetto alla popolazione generale;
diciamo che si potrebbe assumere che la probabilità di morte è inversamente proporzionale alla
GFR (Cit. Cantaluppi).
I pazienti diabetici con insufficienza renale terminale hanno un elevato rischio di complicanze
cardiovascolari (cardiopatia, insufficienza concentrica, ischemica cardiaca); ci è dovuto sia al
dismetabolismo lipidico proprio della patologia diabetica sia al dismetabolismo del calcio causato da
IRC.
Calcificazioni
Le calcificazioni vascolari sono associate ad un maggior rischio di patologia cardiovascolare nei
pazienti con IRC; interessano il 30-70% dei pazienti con CKD e il 15% dei pazienti pediatrici con
CKD. La Electron Beam Computed Tomography (EBCT) permette di visualizzare le lesioni
aterosclerotiche calcifiche.
Ad aumentare il rischio cardiovascolare per
le calcificazioni contribuiscono anche le
alterazioni del metabolismo minerale:
l’iperfosforemia e il deficit di 1,25(OH)2 D3,
in parte indirettamente attraverso
l’ipocalcemia, stimolano le cellule
paratiroidee a proliferare e a secernere più
PTH, attraverso meccanismi sia trascrizionali
che post-trascrizionali.
Questo processo è abbastanza
precoce e si verifica già nei primi stadi
della malattia (ricorda che già i pazienti
di stadio 1 2 e 3 hanno un rischio
cardiovascolare aumentato).
Caratteristiche delle calcificazioni
vascolari nei pazienti con IRC:
- Nei pazienti con IRC le calcificazioni
coinvolgono più frequentementa la
tonaca media, al contrario di ciò che
avviene nella popolazione generale, ove di solito è più coinvolta l’intima.
- Inoltre a volte al processo intimale di degenerazione aterosclerotica si può sovrapporre alla
deposizione di calcio nella tonaca media (pazienti diabetici con IRC).
- Le calcificazioni coinvolgono spesso le coronarie, ma anche l’arteria iliaca che è sempre da
controllare prima dell’intervento sostitutivo in quanto è lì che si fa l’anastomosi.
Patogenesi della calcificazione nella tonaca media: elevati livelli di calcio e fosfati nel sangue, oltre
che deficit degli inibitori della calcificazione quali fetuina A o Matrix gla protein, così come anche
stress endoteliale, dovuto all’ infiammazione, possono costituire uno stimolo per l’osteobalsto a
deporre matrice.
Tossine uremiche e disfunzione endoteliale
Nell'IRC è ridotta l’eliminazione dei cataboliti azotati, quindi urea (dalle proteine esogene) creatinina
(dalle proteine endogene) e acido urico (dal catabolismo delle purine) si accumulano nel sangue.
Sostanze non eliminate vengono definite tossine uremiche:
- Urea
- Derivati guanidinici: metilguanidina, dimetilguanidina, acido guanidinsuccinico, creatinina;
- Composti aromatici: acido fenolico e idrossifenolico, amine aromatiche, indoli;
- Amine alifatiche e poliamine;
- Derivati dei carboidrati: mioinositolo, sorbitolo, aldosi;
- Polipeptidi e proteine: beta2-microglobulina, lisozima, beta-glicoproteine, ribonucleasi,
proteina legante il retinolo, aminoacidi coniugati;
- Prodotti del metabolismo degli acidi nucleici: acido urico, nucleotidi piridinici, derivati della
piridina, AMPciclico;
- Paratormone.
Lo squilibrio uremico causa
disfunzione del sistema
immunitario, con abnorme
produzione di citochine che porta
alla lunga ad un quadro di
disfunzione endoteliale.
La disfunzione endoteliale
nell’aterosclerosi è un fenomeno
precoce: precede le alterazioni
strutturali e le manifestazioni
cliniche. Numerosi studi
documentano la correlazione tra
disfunzione endoteliale ed eventi
cardiovascolari; è documentata
anche una correlazione tra
disfunzione endoteliale e riduzione
del VFG.
La ridotta biodisponibilità di NO è il punto di congiunzione di tutti i maggiori fattori di rischio
cardiovascolare:
- i pazienti con IRC hanno una ridotta biodisponibilità di NO, correlata alla disfunzione
endoteliale (per ridotta sintesi, aumentata degradazione e riduzione della sensibilità delle
cellule target).
- L’azione principale della riduzione della sintesi è svolta dalla dimetil arginina asimmetrica
(ADMA), inibitore dell’enzima NO sintetasi. Questa è una vera e propria tossina uremica,
piccola molecola idrosolubile che viene escreta per via renale: livelli maggiori di ADMA si
osservano in pazienti con IRC (anche in fase iniziale), e sono correlati ad aumento dello
spessore della tonaca media di arterie come coronarie e carotidi (causa di aumento
dell'incidenza di eventi cerebro e cardiovascolari).
Alterazioni idro-elettrolitiche Il rene normalmente regola il pH del sangue, grazie alla
secrezione di idrogenioni e al riassorbimento e alla
produzione ex novo di ioni bicarbonato. Nell'IRC si
osserva una progressiva diminuzione della massa
nefronica, con conseguente diminuzione della
funzionalità renale: questo esiterà in accumulo di acidi
non volatili è ridotto assorbimento di HCO3- (quadro di
acidosi metabolica).
Uremia Che si tratti di IRC da nefropatie vascolari, nefropatie congenite, diabete, nefropatie interstiziali o
nefropatie glomerulari, la condizione terminale è comune: UREMIA.
Segni e sintomi uremici sono a livello di tutto l'organismo: sistema nervoso, apparato cutaneo,
apparato muscolo-scheletrico, apparato endocrino e metabolico, equilibrio acido base e idro
elettrolitico, emopoiesi, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare, apparato gastrointestinale.
Le conseguenze più temibili dell’uremia sono:
• Edema polmonare acuto (si tratta con diuretici solo in acuto, per ridurre la ritenzione di acqua
e di Na+);
• Versamento pericardico;
• Iperpotassiemia: (onde P assenti o piccole, onde T a punta o a tenda, allargamento del QRS,
tratto ST corto o assente, ridotta FC).
Edema e iperkaliemia sono le due cause di mortalità acuta nel paziente uremico.
Sistema cardiovascolare:
• Ipertensione arteriosa (per la ritenzione di Na+ e l'aumentato secrezione di renina);
• Scompenso cardiaco;
• Pericardite (di tipo fibrinoso-emorragico).
Ematologico:
• Anemia (a causa della ridotta secrezione di EPO);
• Alterazioni coagulative (trombocitopatia)
• Alterazioni leucocitarie
Sistema immunitario:
- Sono colpite sia l'immunità umorale che l'immunità cellulare (linfociti): il paziente uremico ha una
ridotta conta di linfociti B e plasmacellule, con un conseguente aumento del rischio di sviluppare
infezioni (infatti prima di entrare in dialisi i pazienti vengono sempre vaccinati contro HBV).
- Oltre a ciò si evidenzia una maggiore incidenza neoplastica, sempre ascrivibile alla ridotta
protezione immunitaria offerta soprattutto dalle cellule NK (le tossine uremiche infatti portano ad
alterazione dei mediatori di attivazione delle NK).
Sistema gastrointestinale:
• Gastrite uremica (da infezione di H. Pilori)
Sistema nervoso:
• Encefalopatia uremica (regredibile);
• Neuropatia periferica (per la degenerazione fibre mieliniche): esita nella “Rest-less leg
Syndrome", il paziente va a dormire, ma non riesce a tenere le gambe ferme;
• Sindrome del tunnel carpale.
Sistema scheletrico:
• Osteodistrofia uremica (per la disregolazione dell'ormone PTH);
Sistema endocrino:
Ipotiroidismo e diminuzione degli ormoni sessuali (con conseguente disfunzione
sessuale);
Disregolazione degli ormoni surrenalici.
Disordini metabolici:
Metabolismo glucidico (aumenta la secrezione sia di insulina che di glucagone);
Metabolismo proteico (diminuisce la produzione degli aminoacidi essenziali);
Metabolismo lipidico (aumentano trigliceridi e VLDL, mentre diminuiscono le HDL).
Anemia Si instaura in modo progressivo a seconda dei livelli funzionali residui del rene (quando il filtrato
glomerulare scende sotto 30 mL/min); è clinicamente ben tollerata, ma può essere responsabile di
sofferenza tissutale parenchimale generalizzata (cuore, fegato ecc.).
Si tratta di un'anemia normocitica normocromica iporigeneretiva (i reticolociti sono ridotti) indotta da
varie cause nel paziente con IRC:
- Deficit di EPO;
- Ridotta sopravvivenza eritrocitaria a causa dell'uremia (aumento della cateresi e dunque diminuita
emivita dei globuli rossi);
- Situazione infiammatoria e infezioni;
- Perdite occulte gastro-intestinali (per mucosite, gastriti, enteriti ecc.).
Le conseguenze sull’apparto cardiovascolare sono ipertrofia cardiaca con scompenso cardiaco.,
quindi l'anemia aumenta la possibilità di eventi cardiovascolari pericolosi: è un carattere peggiorativo
per la sindrome cardio-renale.
I valori di Hb associati a riduzione della mortalità sono fra 11 e 12.5/13 mg/dL; al di fuori di questo
range, si ha un aumento della mortalità a causa dell’aumento dell’ematocrito e si sviluppano di
conseguenza eventi trombotici. Non sempre però i pazienti dialitici fanno una terapia sostitutiva con
EPO.
Fattori causa e contribuenti all'anemia:
- Sindromi carenziali di ferro e B12 e folati, che concorrono all’anemia in una situazione in
cui già c'è mancanza di EPO;
- Infiammazione (stato infiammatorio generalizzato) peggiora l’anemia.
- L'anemia risulta aggravata inoltre dalla proteina epcidina, una proteina di fase acuta prodotta
dagli epatociti sotto stimolo infiammatorio (in particolare IL-6). L’epcidina ha un recettore, la
ferroportina, la quale è localizzata sugli eritrociti e altre cellule; il legame epcidina ferroportina
causa l’internalizzazione della ferroportina stessa. Quando i globuli rossi vengono a contatto
con l’epcidina si ha un’alterazione del metabolismo del ferro e si crea una situazione simil
carenza di ferro: aumenta quindi la dose di EPO da somministrare al paziente dialitico per
raggiungere il target di emoglobina (si parla di resistenza all’EPO). Regolatori molecolari
dell’epcidina sono: induttori (carico di ferro e infiammazione), inibitori (aumento dell’EPO
stessa); inoltre l’epcidina aumenta anche con la caduta del filtrato glomerulare dunque la
proteina si accumula nel paziente con l’IRC.
Patologia ossea (osteodistrofia renale) Caratteristica dell’IRC è l’alterazione del calcio e del fosforo: questi pazienti hanno ipocalcemia e
iperfosforemia, a causa dell'ipovitaminosi D e dell'iperparatiroidismo. Il fosforo rientra nei
meccanismi di danno endoteliale e delle calcificazioni vascolari: l’endotelio non funziona e la cellula
muscolare liscia si trasforma in osteoblasto.
Evoluzione del dismetabolismo minerale negli stage dell’IRC:
- negli stadi 3 e 4 cominciano ad alterarsi i valori di fosforo con accumulo di questo, e lo stesso vale
per il paratormone;
- il calcio rimane normale fino allo stadio dialitico, con filtrato sui 20 mL/min.
Il fosforo è il fattore che fa progredire l’IRC perché si ha perdita del microcircolo renale indotto dal
fosforo stesso, che se alto porta a necessità di dialisi in tempi minori: da qui deriva che negli stadi 3
e 4 è necessario uno stretto controllo dei livelli del fosforo per rallentare la progressione e ridurre la
mortalità (si attua anche una terapia chelante a livello intestinale, e si è osservato che migliora la
sopravvivenza dei pazienti in emodialisi).
Se il fosforo è il primum momens della
CKD MBD (disordini dell’osso nell’IRC),
il paratormone è un ulteriore agente
nell’alterazione ossea da IRC:
1) Da un lato è implicato nella
progressione di IRC;
2) Dall’altro valori di PTH > di 600
microg/mL sono correlati ad un outcome
peggiore per il paziente, sempre per
quanto riguarda il sistema
cardiovascolare.
Il suo aumento è dovuto a deficit di
calcitriolo, a ritenzione di fosfati e
iperfosfatemia e altri fattori non ben noti.
Alla fine si sviluppa un’iperplasia delle
paratiroidi, che può essere diffusa o nodulare.
1) L'iperplasia nodulare è tipica dell’iperparatiroidismo terziario (con ipercalcemia), cioè quando
il PTH non è più correlato ai livelli di calcio e fosfato nel plasma ma viene prodotto senza
controllo;
2) La forma diffusa prevale invece in pazienti con iperparatiroidismo secondario.
Modulatori della iperplasia
paratiroidea: sono recettori per il
calcio e la vitamina D (che
stimolano il PTH, modulatori positivi
di proliferazione (ad es. TGFbeta
ed EGFR) e modulatori negativi di
proliferazione (ad es. p21).
FGF23 è una fosfotonina che:
1) Stimola la fosfaturia,
inibendo il riassorbimento di fosfato
nei tubuli renali per interazione con
il suo recettore e la proteina klotho
(aumenta l’interazione di ligando e
recettore);
2) Inibisce inoltre la sintesi del calcitriolo (stimola la 24 alfa-idrossilasi, ma inibisce la 1 alfa
idrossilasi).
Klotho è una proteina transmembrana che interagisce direttamente con FGF-R favorendo una più
alta affinità e specificità dell’interazione di quest’ultimo con FGF23 (interazione klotho-dipendente).
FGF23 è stimolata dai picchi di fosforemia ed è prevalentemente prodotta dall’osso, ma agisce sul
rene con azione fosfaturica e di antagonismo sulla vitamina D.
FGF23 è uno dei primi dati alterati negli stadi iniziali dell’IRC: è un primum momens a causa
iperfosforemia e iperparatiroidismo. Questo crolla circa dopo 3/6 mesi dal trapianto (l'assetto
minerale osseo torna normale)
Klotho cosa fa? Lega FGF23 e il suo recettore ed è coinvolto nel processo fisiologico di
invecchiamento controllando meglio il meccanismo intra ed extracellulare del fosforo. Topi senza il
gene per la proteina klotho invecchiano prima, perché hanno troppo fosforo libero e inoltre
sviluppano precocemente IRC. Si cerca di produrre klotho ricombinante da dare al pz.
L’osso del paziente con IRC è fragile sia per azioni lesive indirette da parte del PTH sia per altre
azioni lesive, dirette da mediatori quali OPG e BMP7 (con processi sia osteoformativi che
osteodistruttivi): fine si ha deficit osseo e pz sono più propensi alle fratture. Si osserverà dunque
osteodistrofia renale, cioè patologia ossea che si sviluppa nei pazienti con insufficienza renale
cronica in trattamento conservativo e sostitutivo: deriva da alterazioni di diversi mediatori del
metabolismo osseo che, in condizioni fisiologiche, regolano l’attivazione di siti di rimodellamento nei
quali si alternano fasi di riassorbimento di trabecole già formate e di apposizione/mineralizzazione
di trabecole nuove (l’insieme dei processi è definito dal termine “turnover osseo”).
Riassunto delle cause della patologia ossea uremica:
- Riduzione progressiva del GFR con ridotta eliminazione dei fosfati;
- Attivazione dell'asse paratiroideo (iperparatiroidismo secondario);
- Ridotta produzione dei metaboliti attivi della vitamina D;
- Ridotto assorbimento di calcio intestinale;
- Ridotta apposizione di calcio a livello osseo (osteomalacia).
TERAPIE DELL'IR TRATTAMENTO DIALITICO Caratteristiche E' il trattamento sostitutivo nel paziente con IRC. Dialisi = dividere in parti:
- Le prime dialisi a inizio ‘900; allora il problema era la coagulazione del sangue perché mancavano
gli anticoagulanti.
- Il primo rene artificiale si ha nel 1940 (primo paziente sopravvissuto con trattamento dialitico nel
1945); si trattavano per solo le IR acute, specie pazienti di guerra che avevano rabdomiolisi da
trauma.
- Post anni ’60 viene introdotta come terapia per pazienti cronici, e iniziano a doversi valutare i
problemi a lungo termine (accesso vascolare permanente, scoagulazione di un circuito
extracorporeo, anemia e osteodistrofia uremica come aspetti clinici persistenti da trattare).
Il rene artificiale sostituisce solo la funzione di filtro e omeostatica, non la funzione endocrina.
Obiettivi della dialisi La dialisi si fa quando:
1) In buone condizioni cliniche, quando il GFR scende sotto i 10 mL/min;
2) Nei diabetici e nei pazienti con sintomi clinici importanti anche a livelli superiori (GFR <
di 15 mL/min).
Pazienti che avviano tardi la dialisi hanno una peggior prognosi, sia perché il rene è più danneggiato
sia perché si fatica a inserirli in lista trapianto. In Italia i pazienti in dialisi sono circa 40mila, non tutti
indicati al trapianto (l'IRC ha un’incidenza che sta aumentando).
È' un procedimento fisico con cui vengono eliminate dal sangue sostanze tossiche e acqua che si
accumulano nei pazienti con IRC; è utile dunque per:
- Eliminare le tossine e rimuovere l’acqua in eccesso;
- Riequilibrare i sistemi tamponi dell’organismo e gli elettroliti ematici.
Tossine uremiche
Le tossine da eliminare dal paziente si dividono in:
- Piccole molecole (0-500 dalton): urea, creatinina, sodio e potassio, acqua;
- Medie molecole (500-5000 dalton): contribuiscono a numerosi sintomi dell'uremia;
- Grandi molecole (5000-50 mila dalton): PTH (coinvolto nell'omeostasi ossea e nel metabolismo
del calcio e del fosfato) e beta2-microglobulina (coinvolta nella sindrome del tunnel carpale).
Equilibrio elettrolitico e dei tamponi
Si attua il ripristino dell'equilibrio base-tamponi del paziente (bicarbonati) mediante
somministrazione di basi (per via diffusiva, convettiva o entrambe.
Si ottiene ciò tramite uno scambio di soluti e acqua tra il sangue del paziente e un fluido a
composizione determinata (simile al plasma di un soggetto sano), separati da una membrana
semipermeabile.
La dialisi agisce solo sullo spazio vascolare, non agisce sui volumi cellulare e interstiziale.
Tipi di dialisi Esistono due tipi di dialisi:
1.Dialisi extracorporea o emodialisi: il sangue del paziente scorre in un circuito extracorporeo ed
attraversa un filtro, costituito da un sistema di fibre capillari, bagnati all’esterno dal liquido di dialisi;
poi il sangue depurato torna al paziente.
2.Dialisi intracorporea o peritoneale: il liquido di dialisi viene immesso nella cavità peritoneale del
paziente e la membrana che lo separa dal sangue è costituita dal peritoneo stesso.
Emodialisi È' costituita da quattro strutture principali (filtro dializzatore, circuito ematico extracorporeo, circuito
del liquido di dialisi, monitor di controllo), più l'accesso vascolare.
Accesso vascolare Fistola artero-venosa
Il flusso che passa nel dializzatore deve essere almeno di 300 mL/min:
- Questo valore non è mantenuto dal flusso venoso quindi le vene non possono essere utilizzate
come accesso;
- Le arterie potrebbero essere una soluzione, ma non si possono usare per una terapia cronica,
perché sono profonde e il prelievo arterioso ha sempre un margine di rischio.
Quindi si fa una fistola artero-venosa che viene riconosciuta
tramite il “trill” che si sente appoggiando la mano sulla fistola,
invece attraverso un fonendo si può sentire il soffio; è un
collegamento artero-venoso che funge da accesso vascolare, e
viene fatto tipicamente tra la vena cefalica e l’arteria radiale che
vengono unite mediante anastomosi.
In questo modo è mantenuta la circolazione venosa, e
contemporaneamente è garantito un flusso elevato della cefalica
che poi scarica in succlavia, e si raggiunge il flusso che serve.
Per evitare il ricircolo, ovvero la depurazione sempre dello stesso
sangue, si prende il sangue del paziente vicino alla bocca della fistola e lo si restituisce più
distalmente possibile altrimenti si depura sempre la stessa area circolatoria.
In conseguenza dell’alto flusso venoso che si ha in seguito a questo ponte anatomico la cefalica si
ingrossa e diventa molto evidente.
La fistola può esser fatta, oltre che con arteria radiale e vena cefalica:
- Con un ponte fra la vena cefalica e l’arteria omerale, quindi viene fatta vicino al gomito (quando
non è possibile fare la prima);
- Oltre ai vasi nativi si possono usare protesi vascolari, ad esempio se il paziente ha vena e
arteria lontane; la protesi più usata è il loop ad anello (questo materiale è bucabile).
Inconvenienti della fistola:
- Trombosi perché il flusso non è sufficiente, oppure per una stenosi della vena soprattutto nello
sbocco alto della succlavia; si può intervenire con un'angioplastica, oppure si può rifare altrove
la fistola se si ha trombosi (sul gomito si ha il vantaggio di avere un flusso maggiore). Per la
fistola protesica (e in minor misura in quella nativa) si può inoltre disostruire la trombosi con
urochinasi (si segue tutto con un doppler oppure si ausculta col fonendo);
- Infezione: spesso questo evento porta a chiusura della fistola.
Catetere venoso centrale
Esistono poi cateteri venosi centrali usati in condizioni di
urgenza quando manca la fistola (accessi vascolari
transitori); vengono messi o in succlavia o in giugulare o
nella femorale (la femorale è la più usata perché non
serve un RX come controllo nell’urgenza).
In questi cateteri si hanno 2 tubicini accostati, uno per
l’accesso venoso, l’altro per l’accesso arterioso: quello
venoso finisce più distalmente per impedire il ricircolo
(questo però si ha sempre il ricircolo ed è maggiore
rispetto a quello che si ha in un paziente con fistola).
Ci sono cateteri venosi anche non transitori,
ad esempio il catetere di Tesio, che ha una
parte esterna uguale al catetere transitorio; la
differenza è che si ha un tratto di cuffiette in
più a livello sottocutaneo che impediscono
l’infezione. Comunque è sempre meglio
avere la fistola piuttosto che il catetere.
Costituenti dell'emodialisi Filtro dializzatore
E' una membrana sintetica costituita da
miriadi di capillari in cui scorre il sangue; il
materiale più usato è il PS (pulisulfone),
usato per il 70% dei trattamenti emodialitici
(un tempo si usavano membrane di
cellulosa).
Caratteristiche del filtro:
Superficie: è ampia da 1 a 2 mq, ed è
importante sapere che una persona
che pesa di meno ha bisogno di un
filtro più piccolo rispetto ad un obeso.
Importante è anche il cambiamento
della sezione dei pori della
membrana; esiste un valore cut off del
nostro glomerulo e questo è costituito
dall’albumina, e lo stesso vale per la
dialisi. Si possono allargare i pori della
membrana per mantenere l’albumina ed
eliminare altre tossine.
Circuito ematico extracorporeo
È' costituito tra cavi di piccolo calibro di materiale plastico, ed è composto da:
1) Linea arteriosa: per fare uscire il sangue dal paziente;
2) Linea venosa: per far rientrare il sangue depurato.
La progressione del sangue è assicurata da una pompa; il flusso mantenuto dalla pompa è pari a
250-350 ml/min.
I gocciolatori arteriosi e venosi servono a vedere se circuito va avanti: anche se il sangue coagula
viene visto.
Bagno di dialisi
All’esterno dei capillari c’è un liquido con un solvente costituito da:
- Acqua demineralizzata prodotta per il processo di osmosi inversa (ovviamente acqua purificata);
- Soluti vari: sostanze osmotica monte attive (glucosio), sostanze tampone (acetato o bicarbonato),
sali minerali.
L’acqua scioglie sali minerali, glucosio e bicarbonato; la composizione finale è simile a quella del
plasma di un soggetto normale (in mmol/L: Na+ 138, K+ 2, calcio 1.5, glucosio 11, Mg 0.75, Cl- 105,
acetato 37, bicarbonato 31.5).
Monitor di controllo
È' un apparecchio su cui vengono inseriti il filtro dializzatore e il circuito extracorporeo. Cosa fa?
- Assicura il moto del sangue nel circuito;
- Assicura l'opportuna miscelazione dei sali minerali all’acqua di rete per fornire il liquido di dialisi;
- Controlla la temperatura del liquido di dialisi;
- Rileva le perdite ematiche dal compartimento sangue al dialisato.
Nota: dividere sempre pazienti con virus HIV da pazienti non sieropositivi.
Principi fisici La dialisi si basa su può basare su
due diversi principi fisici:
diffusione e convezione.
Diffusione
Secondo la legge di Fick.
Abbiamo un compartimento
contenente il sangue del paziente
e un compartimento costituito dal
bagno di dialisi separati da una
membrana semipermeabile,
attraverso la quale passano le
sostanze in base al gradiente di
concentrazione.
- Nel bagno di dialisi (sacco
verde) si mettono calcio e
bicarbonato che mancano al
paziente; questi sono concentrati nel liquido di dialisi maggiormente rispetto al plasma del
paziente in dialisi e quindi fanno un cammino opposto rispetto alle tossine (cioè dal bagno di dialisi
arrivano nel sangue del dializzato).
- Le tossine uremiche, invece, sono meno concentrate nel bagno di dialisi: quindi escono dal
plasma del paziente e finiscono nel dialisato (sacco giallo). Eliminiamo quindi creatinina, fosfato,
tossine uremiche e se alto anche il potassio.
La concentrazione di elettroliti nel bagno di dialisi va scelta in base alla condizione del paziente, e
la dialisi non è uguale per tutti:
1) Un paziente che ha appena iniziato la dialisi nel bagno di dialisi avrà un potassio con
concentrazione minore, circa 4 mmol/L;
2) Rispetto ad un paziente che viaggia con diversi valori di K e a cui si fa un bagno di dialisi
con concentrazione di potassio di 6 mmol/L.
Convezione
Principio alla base della emodialisi (emofiltrazione in post-diluizione).
CONVEZIONE
Processo di trasporto simultaneo di soluti e acqua
attraverso una membrana semipermeabile dovuto al
gradiente di pressione di transmembrana
TRASPORTO DI SOLUTO (in un solvente perfetto….)
Jc =Km⋅ A⋅TMP⋅[X]uf Legge di Staverman
Jc è la portata di ultrafiltrazione (mmol/min)
A è la superficie della membrana (m2)
Km è coefficiente di permeabilità idraulica della
membrana (ml/(min x mmHg x m2))
TMP pressione di transmembrana (mmHg)
[X]uf è la concentrazione del soluto X nell’ultrafiltrato
(mmol/ml)
Abbiamo sempre due compartimenti e una membrana semipermeabile; qui però manca il bagno di
dialisi e al suo posto non c’è niente. Questo processo si basa infatti su gradienti di pressione e non
di concentrazione (funziona come il nostro glomerulo):
- Un solvente spinge e fa pressione sulla membrana, esce e trascina con sé le tossine (effetto di
trascinamento del soluto), quindi non passa solo il soluto, ma anche il solvente;
- Dato che, a differenza del nostro glomerulo, in questo caso manca il tubulo, bisogna reimmettere
del rinfusato sterile nel paziente che altrimenti perde tutto con l’ultrafiltrato (asciughiamo il
paziente altrimenti).
Nell’emofiltrazione:
- Manca un sacco verde di bagno di dialisi, ma si ha una sacca viola di reinfusione per idratare il
paziente e dargli tutti gli elettroliti che servono.
- Si ha sempre la sacca gialla con le sostanze eliminate non chiamata dializzato, ma come nel rene
normale ultrafiltrato.
Nella convezione (emofiltrazione) una massa viene rimossa e va nell’ultrafiltrato.
Differenze tra i due tipi di dialisi:
- Nel processo diffusivo tossine uremiche piccole passano bene, mentre PTH, beta2 microglobulina
e altre sostanze ad alto PM non passano.
- Con la convezione invece l’effetto di trascinamento porta dietro meno tossine piccole, ma porta
dietro sostanze con PM maggiore.
È importante sottolineare però che le tossine legate alle proteine plasmatiche non possono tramite
nessuna delle due tecniche essere eliminate.
Emodiafiltrazione
È' il risultato dell'aver messo insieme le due
metodiche: c'è sia il bagno dialisi che il liquido
di re-infusione. Si associa a minor mortalità
per problemi cardiovascolari, ma non tutti i
pazienti possono farla.
Risultati e indicazioni Clearance molecolari
Il grafico illustra il concetto di clearance, che si
applica anche alla dialisi: sostanze piccole
vengono molto bene eliminate dal sistema di
diffusione, altre a maggiore PM vengono eliminate poco. Per aumentare l’efficienza della diffusione
si deve:
1) Aumentare il flusso sangue: più si spinge più arriva sangue, e più si hanno scambi
sangue-bagno di dialisi.
2) Non si può però spingere oltre un certo limite: bisognerà quindi aumentare l’area dei
capillari e il tempo di dialisi.
Clearance = Volume di urina * C(urine) / C(plasma)
La stessa formula si applica nell’emofiltrazione per valutare la clearance di una sostanza:
- Il volume di urine è la sacca viola;
- La concentrazione urinaria è la sacca gialla di ultrafiltrato.
Coefficiente di setacciamento
È il rapporto tra la concentrazione nell’ultrafiltrato
e la concentrazione plasmatica; varia da 0 a 1:
- Se la C plasmatica = C nell'ultrafiltrato il
coefficiente è 1;
- Se la C nell'ultrafiltrato è piccolissima
allora il coefficiente è 0 e la clearance va a 0.
Serve a determinare la clearance nel sistema
convettivo insieme alla sacca viola di
reinfusione.
Grafico:
1) l'emodiffusione (curva gialla) ha una clearance ottima per piccole molecole, ma se
aumenta il PM la C scende e tende a 0.
2) L’emofiltrazione (curva rossa) invece permette di eliminare sostanze con PM maggiore
rispetto a quelle dell’emodiffusione.
Alla fine della dialisi: eliminate le
tossine, corretti gli elettroliti e
ripristinato l’equilibrio acido base.
Interazione sangue circuito extra-
corporeo
È un problema perché si ha
l'attivazione da contatto: si ha
attivazione di alcune cellule, in
particolare i leucociti e le piastrine, e
l'innesco della cascata coagulativa
anche se il materiale è biocompatibile.
Sono necessari quindi anticoagulanti:
- Solitamente eparina non frazionata:
si fa un bolo iniziale e
successivamente il monitor fa
un’infusione a bolo di eparina ogni
ora.
- Alcuni pazienti non possono usare
eparina a causa di recenti
operazioni, in questi si fa eparina a basso PM con un solo bolo iniziale, o altri trattamenti
anticoagulanti (che sono usati di più in caso di IRA).
Schemi di trattamento
Si fa terapia ogni settimana 3 volte per 4h. Ci sono varianti:
- A volte si può fare un trattamento mono o bisettimanale, a seconda delle condizioni del rene del
paziente;
- Altre variazioni sono le dialisi quotidiane, più corte, ma per tutti i giorni della settimana (schema
2*6 piuttosto che 4*3); in alcuni studi l’emodialisi quotidiana si è visto avere buoni risultati.
- C’è chi fa dialisi notturna per 6/7/8 ore non tutti i giorni.
Non necessariamente l’emodialisi è associata all’ospedale, esistono centri assistenza limitata (CAL)
per pazienti che stanno bene e non necessitano sempre di assistenza medica.
Dialisi peritoneale (intracorporea) Permette una maggior compliance dato che si fa a domicilio; inizia sempre a inizio '900 e il primo
successo fu sempre negli anni '60.
Tecnica - Il catetere peritoneale principalmente usato è il catetere di Tecknoff, inserito nel muscolo retto
dell’addome, ha due cuffie (costituite da dacron) che stanno in sede sottocutanea per proteggere
da infezioni varie e per fissare il catetere. È un catetere in silicone che entra in peritoneo.
- Esiste anche catetere a collo di cigno (Swan neck), leggermente diverso, il quale consente
maggiore stabilità con scarsa tendenza alla dislocazione e alla esteriorizzazione della cuffia
esterna.
Il catetere viene inserito in anestesia locale: si perfora la fascia del muscolo retto e si posizionano le
due cuffie (una nella porzione intramurale e l’altra esterna sotto l’orifizio cutaneo).
Complicanze Precoci
Sono dovute all’intervento chirurgico:
- Scarso drenaggio di liquido per posizionamento errato, perforazione di organi intestinali,
sanguinamento intraperitoneale (che però si arresta in poco tempo, altrimenti si procede con la
revisione chirurgica);
- Scarico insufficiente del catetere per dislocazione dello stesso (la sua testa non è ben localizzata,
ma sta in luoghi di resistenza: non si hanno scambi) o per ostruzione dello stesso da coaguli e
fibrina;
- Infine il leakage ovvero una perdita di liquido peritoneale a livello peri-cateterale che può esserci
in qualunque momento del trattamento; spesso però è causato da un utilizzo precoce del catetere,
si perde liquido che si accumula a livello della cuffia profonda e si ha un maggiore rischio di
sviluppare complicanze infettive.
Tardive
- Infezioni: peritoniti batteriche (infezione del tunnel sottocutaneo); per diagnosticarle si cercano
segni clinici di peritonismo (leucocitosi, PCR, tumefazione cutanea e arrossamento essudato
che esce ecc), si osserva il liquido peritoneale se è torbido, e si fa la conta leucocitaria e la
conta batterica. In genere si tratta di infezioni da Gram- o Gram + che stanno sulla cute; si
deve sospendere la dialisi peritoneale per un po’, intanto mettere un catetere temporaneo; se
non si risolve si passa alla fistola.
- Esistono poi peritoniti chimiche non batteriche, causate da alcune sostanze che irritano il
peritoneo con manifestazione sintomatologica simil peritonite ma con assenza di leucocitosi,
neutrofila, elevazione della PCR; il liquido peritoneale non è torbido.
Indicazioni per rimuovere catetere peritoneale:
- In corso di peritonite resistente alla terapia antibiotica;
- In corso di peritoniti micotiche;
- In caso di peritoniti ricorrenti da unico germe;
- In caso di malposizionamento irreversibile del catetere;
- Dopo trapianto renale (da uno a tre mesi dall'intervento).
Evitare comunque l’impiego del catetere per rischi di complicanze infettive in corso di terapia
immunodepressiva.
Metodo di funzionamento Ci sono tipi diversi di dialisi peritoneale:
• IPD: dialisi peritoneale intermittente;
• CAPD: dialisi peritoneale ambulatoriale continua;
• CCPD: dialisi peritoneale ciclica continua;
• APD: dialisi peritoneale automatica.
La CAPD è una metodica dialitica che ha le seguenti caratteristiche:
✓ è di semplice esecuzione
✓ può essere gestita dal paziente o da un familiare al proprio domicilio
✓ dura 24h su 24h, si eseguono circa 4 scambi al giorno della durata di 30 min cadauno
✓ permette di muoversi liberamente
✓ usa la membrana peritoneale come filtro di dialisi
L’APD è quella metodica dialitica che segue lo stesso principio della CAPD, ma viene eseguita con
l’utilizzo di un monitor al proprio domicilio, di solito durante la notte.
Entrambe le metodiche utilizzano la membrana peritoneale quale “filtro” dialitico: all’interno della
cavità peritoneale viene immesso il liquido di dialisi per depurare il sangue dalle tossine e l’eccesso
di liquidi.
- Abbiamo le cellule mesoteliali della
membrana peritoneale, subito a
sinistra un interstizio e in mezzo
milioni di capillari in cui avvengono gli
scambi.
- All’interno della cavità peritoneale
vengono immessi e sottratti a cicli
circa 2 litri di una appropriata
soluzione; sono soluzioni simil bagno
di dialisi che vengono caricate
“dall’alto” (la sacca è posto in alto e il
liquido scende giù per gravità).
- Il liquido viene lasciato per qualche
ora in loco all’interno del peritoneo
(“paziente a pancia piena”) e in
questo tempo avvengono tutti gli scambi attraversi i capillari che compongono il peritoneo;
- Infine si toglie il liquido sempre tramite “caduta” e viene convogliato in una sacca di scarico.
Gli scambi possono essere fatti quando si vuole: c'è maggiore flessibilità.
NB: pazienti che entrano in urgenza in lista trapianto sono pazienti che non possono fare più nessun
tipo di dialisi, perché il peritoneo è consumato, il paziente è senza possibilità di fare accessi vascolari
ed è senza possibilità di mettere cateteri.
Dialisi in IRA Dialisi: sviluppata con l’idea di migliorare la funzione
renale ma anche di purificare il sangue. Un paziente in
acuto è emodinamicamente instabile, quindi metodiche
dialitiche tradizionali non sono indicate in questi
pazienti: si è cercato, un po' come nella dialisi
peritoneale, di allungare i tempi di trattamento:
- Ai trattamenti continui di emofiltrazione o emodialisi
si è preferita una versione con trattamento di una
durata di 24 h al giorno 7 giorni su 7 (continuous
renal replacement );
- Esistono anche degli ibridi (prolonged intermittent
renal replacement therapy): una vi di mezzo tra la
dialisi continua e dialisi tradizionale.
La dialisi continua è più lenta e per ottenere la stessa clearance della dialisi fatta in 4h è necessaria
una giornata intera; tuttavia si hanno meno fluttuazioni di acqua e sodio la tolleranza emodinamica
è migliore.
Scoagulazione Il problema della dialisi nelle 24h è che il rischio di coagulazione è aumentato (anche usando
l’eparina), e per ovviare a ci si utilizzano metodiche diverse di scoaugulazione: eparina non
frazionata e frazionata, più trattamento anticoaugulante con uso di citrato, che (sacca blu) chela il
calcio nel filtro; nel rientro venoso c’è una pompa che infiltra il calcio.
È' un tipo di anticoaugulazione loco-regionale (cioè solo della porzione extracorporea), e permette
di ridurre i rischi sia di sanguinamento sia di coaugulazione; si mette il citrato nel filtro e poi viene
infiltro il calcio in vena (anche perché i livelli di calcemia nel filtro sono troppo bassi).
L’anticoaugulazione con citrato nelle dialisi continue è la scelta migliore, e il circuito può andare
anche avanti per 72 h.
Indicazioni al RTT in IRA Sono simili a quelle per il paziente con IRC, ma in questo caso è più importante l’acidosi che è una
forte indicazione al trattamento con dialisi; altri fattori importanti sono l'alterazione degli elettroliti e
le intossicazioni.
I sta per intossicazione (ciò che
differenza le linee guida dal cronico):
può essere dovuta a mioglobina,
bilirubina, molecole che si accumulano e
arrivano al rene causando IRA.
In condizioni di sepsi e shock settico
sono prodotti mediatori antinfiammatori
(medie e grosse molecole) che possono
raggiungere il rene e danneggiarlo; si
pensa che questa sia la base fisiopatologica del danno renale acuto. In questi casi si attuano delle
tecniche di purificazione del sangue extracorporeo.
NB In pazienti con IRA da intossicazione meglio utilizzare la convezione che la diffusione. .
Tecniche di dialisi in IRA
Emofiltrazione ad alto volume: si pensava che spingendo la dose convettiva si facesse più
clearance, ma trials clinici hanno dimostrato che non è proprio così; infatti anche aumentando la
dose dialitica non c’è differenza nella sopravvivenza.
L'ottimale intensità del trattamento di RRT nei pazienti critici con AKI è controverso: il supporto renale
intensivo non sembra infatti, in questi casi, ridurre la mortalità è l'incidenza di danno agli altri organi
e migliorare la ripresa funzionale se comparato con trattamenti meno intensivi quali quello a dose
dialitica intermittente trisettimanale o quello RRT continua a 20 mL/kg/h.
Per questo la dose dialitica nell'IRA è controversa: non si ottengono particolari benefici dalle dosi
alte.
L’attenzione si è spostata sul filtro, in
cui si associa alla diffusione e alla
convezione anche l’assorbimento:
sono state create alcune membrane un
po' modificate che fanno aderire le
molecole dannose ad una membrana
artificiale (ad es: una membrana
commerciale legata alla eparina per
evitare coaugulazione).
Sono anche state trovate delle vere e
proprie metodiche di assorbimento da creare in serie con metodi convettivi o diffusivi: il sangue
prima di arrivare al circuito dialitico va in una resina assorbente (emoperfusione) dove è a contatto
con la membrana.
Il plasma filtro fa filtrare appunto il plasma che va verso un altro assorbente, in modo tale che le
sostanze dannose restino sul filtro, e successivamente il sangue depurato prende la via della dialisi
classica.
Plasma filtrazione e assorbimento: il plasma è filtrato ed è separato dalla parte corpuscolata che
va verso l’emofiltrazione e la dialisi classica. Il plasma non corpuscolato passa su una resina
assorbente e lascia le sostanze tossiche attaccate alla resina, dopodiché ritorna con la parte
corpusolcata e si continua con la dialisi classica (metodica italiana).
Emoperfusione con antibiotico: il sangue passa direttamente in un filtro contenente polimixina B
(che non si può dare e.v. poiché é un farmaco nefrotossico e neurotossico), in questo modo i batteri
gram- vengono uccisi dall’antibiotico.
È' una metodica molto utile in pazienti con shock settico; così facendo si ovvia al problema degli
effetti collaterali sistemici del farmaco. Sembra che il rischio di morta per IRA settica sia diminuito
del 60-70%.
Rene bio artificiale: un nefrologo del Michigan ha inventato una tecnica di dialisi del tutto innovativa,
la RAD (Renal Assist Device).
La dialisi essenzialmente sostituisce la funzione del glomerulo; in questa metodica invece si è
pensato di fare un tubulo, mediante un secondo filtro, molto simile al primo: un tubulo bioartificiale
che segue il glomerulo.
Si ottiene dunque un emofiltro a fibre cave, sulla cui superficie interna sono state fatte crescere a
confluenza 10) cellule tubulari porcine o umane prossimali, accoppiato all'emofiltrazione: questo per
generare un sistema quanto più affine possibile al rene umano. Il RAD in questo modo:
1) Esplica tutte le funzioni essenziali del rene (trasporto, filtrazione e assorbimento);
2) Modula le componenti plasmatiche (citochine, endotossina, fattori pro infiammatori o
vasoattivi).
Sono in corso trials clinici e sembra che la mortalità diminuisca dal 60% al 20%.Si sta cercando
anche di miniaturizzare i trattamenti dialitici (rene portatile che possa essere indossato come uno
zainetto).
TRAPIANTO DI RENE 1954 vigilia di Natale: viene effettuato il primo trapianto di rene.
Il trapianto risulta essere la migliore terapia in pazienti con IRC, soprattutto se si tratta di trapianto
da donatore vivente; tuttavia il rene trapiantato non dura a vita.
Caratteristiche generali Definizioni:
1) Innesto: è l'inserimento di una componente tissutale non vascolarizzata (cornea,
valvola biologica);
2) Impianto: è l'inserimento di una struttura vicariante o correttiva tecnologica (PM, protesi
dentaria);
3) Trapianto: Inserimento di un tessuto o di un organo vascolarizzato.
Tipi di trapianto - Autotrapianto: è il reimpianto di un organo o di un tessuto da uno stesso individuo;
- Isotrapianto: è il trapianto tra due individui identici geneticamente;
- Allotrapianto: è il trapianto tra due individui della stessa specie, ma con un differente patrimonio
genetico;
- Xenotrapianto: è il trapianto tra specie diverse (rischio di trasmissione di retrovirus dal maiale
all’uomo ed HIV dalla scimmia).
A seconda della tecnica usata possiamo inoltre distinguere:
- Prelievo: la procedura di togliere un organo dal ricevente da trapiantare al donatore;
- Espianto: la procedura chirurgica con la quale si toglie un organo precedentemente trapiantato;
- Trapianto ortotopico: quando l’organo trapiantato si mette dove c’era l’organo nativo;
- Trapianto eterotopico: quando si posiziona l’organo trapiantato in una sede diversa da quella
anatomica; il rene infatti è inserito in fossa iliaca e non in loggia renale.
Trapianto di rene I reni nativi salvo necessità di “bonifica” sono lasciati in loco dato che nella maggior parte dei casi
non danno problemi: sono fibrotici e inerti. Infatti l’intervento del trapianto è extraperitoneale.
Caratteristiche Il trapianto renale è l’unico trapianto non salvavita poichè esiste la dialisi, tuttavia migliora molto la
qualità della vita del paziente.
Può essere fatto:
1) Da donatore vivente (apparentato e non);
2) Da cadavere (paziente in morte cerebrale);
3) Ad oggi si cerca di fare il trapianto da non heart beating donors, ovvero pazienti in morte
cardiologica e non cerebrale. Ci sono dei programmi particolari a livello di pronto
soccorso che permettono di recuperare pazienti in morte cardiologica; affinchè avvenga
ciò è necessaria una cordinazione ottima tra PS, RIA e centro trapianti.
Il trapianto può essere:
- Singolo o doppio: a seconda che si ricevano uno o due reni;
- Multiorgano: ad es. trapianto di rene-pancreas (pazienti con diabete tipo 1), di rene-fegato
(pazienti con rene policistico, ossalosi), di rene-cuore (pazienti con IRC e insufficienza cardiaca).
Un trapianto di un altro organo infatti non esclude la possibilità di trapiantare il rene; anzi, spesso
pazienti che hanno fatto un trapianto non renale, a causa della terapia con inibitori delle
calcineurine (farmaci nefrotossici), possono necessitare di dialisi o di un trapianto di rene.
Non tutti per ragione di età possono subire un trapianto, spesso comunque i pazienti dialitici sono
anziani; la tabella seguente mostra la probabilità di sopravvivenza dei pazienti portatori di
trapianto renale confrontati con pazienti in dialisi di pari età.
Qualsiasi età abbia il
paziente, se c’è idoneità al
trapianto è meglio farlo:
aumenta infatti sempre la
sopravvivenza rispetto alla
dialisi.
Problemi:
- Mancanza di donatori per
problemi religiosi, culturali,
razziali, legali, morali; la
mancanza di donatori è dovuta a vari motivi quali la negazione del consenso per la donazione da
parte dei parenti quando il paziente è in RIA.
- Età avanzata dei pazienti in dialisi e dunque condizioni cliniche dei pazienti in dialisi (per lo più
anziani);
- Età avanzata dei donatori (anche se ad oggi questo fattore ha meno peso): l'introduzione della
legge sul casco nei motorini ha ridotto di molto la disponibilità di donatori giovani; di solito i
donatori sono anziani e mentre i donatori ottimali (giovani) sono rari. Inoltre, pazienti con
ipertensione o diabete fino a qualche anno fa non erano scelti come donatori (dato che queste
patologie provocano una riduzione della massa nefrosica funzionante).
Per ovviare ad alcuni di questi problemi è stato introdotto il protocollo old for old (anziano per
anziano): si prendono due reni dello stesso donatore e si trapiantano nello stesso ricevente.
Si fa in caso dei cosiddeti reni marginali o sub-ottimali (rene non ideale con una massa nefronica
funzionante ridotta); allora si trapiantano entrambi i reni così da avere una massa nefronica tale da
poter sostituire la dialisi per del tempo.
Fase immunologica (si fa alla molinette): si fanno visite di idoneità dell’ipotetico ricevente.
Confermata l’idoneità, il paziente viene chiamato per fare il trapianto e poi si fa il follow up
ambulatoriale.
Valutazione dell'idoneità
Un tempo il test di idoneità si faceva
solo quando il paziente era in dialisi.
Oggi si può fare anche un trapianto
pre entry; i pazienti ad un certo punto
fanno una serie di esami di idoneità
che vengono verificati per vedere
che dal punto di vista clinico il
paziente possa rientrare nella lista di
attesa.
Salvo eccezioni (esaurimento di
accessi vascolari per cui non si può
più fare dialisi) il trapianto non è
salvavita: si fa dunque una
valutazione pre-trapianto dei rischi e benefici che tale trattamento può apportare rispetto alla terapia
dialitica. Per esempio un paziente anziano in dialisi o un cardiopatico magari non riesce a sopportare
le conseguenze dell’intervento, e a quel punto è meglio la dialisi; questa è una eventualità rara
poiché solitamente il trapianto migliora le qualità di vita del paziente.
Individuare:
1) Popolazione idonea al trapianto;
2) Popolazione non idonea: popolazione con comorbidità tali da non potere accedere al
trapianto.
3) Popolazione a rischio: possiamo fare delle correzioni che riducano il rischio. Screening
cardiologico:
- ECG, ecocardio, visita cardiologica;
- Se risultano patologie, si eseguono esami più invasivi: scintigrafia miocardica, coronarografia.
- Rivascolarizzazione con stunt o bypass, se funzionano bene, non sono controindicazione per il
trapianto, anche se ovviamente il paziente ha un rischio più grande anestesiologico.
Ad ogni modo il paziente cardiopatico trae molto giovamento dal trapianto, in quanto non subirebbe
più le alterazioni emodinamiche dovute alla dialisi.
Bonifiche urologiche:
- Mononefrectomia: si fa per reni policistici di grandi dimensioni o sintomatici, calcolosi infetta,
reflusso vescico-uretrale di IV grado o infetto;
- Ampliamento vescicale o creazione di una neovescica.
Scelta di trapianto da cadavere
Per quanto riguarda il trapianto ad un paziente in lista attiva:
- Un paziente in RIA in morte cerebrale, possibile donatore; i parenti danno il consenso;
- Dopodiché una equipe valuta l’idoneità clinica degli organi (di solito si occupano di ci
cardiochirurghi, chirurghi toracici e urologi): si può incorrere nell'esclusione del donatore per età
(ormai non più); ovviamente se il donatore ha una nefropatia cronica non si può procedere con il
trapianto.
- L'equipe preleva e invia una provetta di sangue alla Molinette per la tipizzazione HLA; le Molinette
forniscono una lista di candidati in base agli HLA dei riceventi e quelli del donatore, dove il primo
della lista è quello che ha più allotipi HLA in comune con il donatore (sono più che altro quelli di
classe che contano di più).
- Test di cross match: si prende il siero del ricevente e lo si mette a contatto con i linfociti del
donatore. Si prelevano i linfonodi del donatore in RIA, i linfociti sono prelevati e si mettono a
contatto con i sieri dei riceventi che sono stati congelati: si osserva se ci sono anticorpi anti-HLA
del donatore preformati, e se ci sono c’è citotossicità per attivazione del complemento e il test di
cross match risulta positivo. Se il primo della lista ha anticorpi anti-HLA è escluso dalla lista e si
procede con i successivi. Motivi di positività: trasfusioni, gravidanze, precedente trapianto.
Prima del trapianto
- Dialisi per depurare;
- Esami ematochimici di controllo;
- RX torace e addome (per vedere se ci sono calcificazioni vascolari che potrebbero complicare
l’intervento, o focolai infettivi);
- ECG e visita cardiologica per verificare che non ci siano state alterazioni rispetto alla visita di
idoneità.
NB: pazienti in dialisi con peritonite, infezione della fistola, o pazienti che devono rimuovere la
colecisti, non posso effettuare l’ intervento: bisogna aspettare del tempo e reinserire il paziente in
lista.
Prelievo dell'organo dal cadavere
L’equipe fa un prelievo multiorgano del cadavere, con
alcuni accorgimenti (sull'immagine sono mostrati i
tempi massimi dell’ischemia fredda per non
danneggiare l’organo). Ischemia fredda: è il tempo
che intercorre da quando l’aorta viene clampata dal
donatore al trapianto. Più è corta l’ischemia fredda
meglio è, perché aumenta la possibilità che il rene si
riprenda prima; c'è meno rischio di incidenza di rigetto
soprattutto per reni marginal; il cutoff per l’ischemia
fredda del rene è di solito 20 ore.
Si es piantano dal cadavere due reni:
- Se un donatore non è marginale, non diabetico, iperteso e non ha problemi vascolari o età
avanzata si fanno due trapianti con i due reni (trapianto singolo);
- Se il paziente è marginale si calcola la clearance della creatinina, si guarda la morfologia ma
soprattutto si fa una biopsia renale pre-trapianto: secondo lo score di Carpinsky, più è basso lo
scopre più il rene è bello, più è alto più il rene è da scartare. Score fino a 4: il trapianto sarà
singolo; altrimenti i due reni vengono trapiantati nello stesso paziente. Il numero dei trapianti doppi
è comunque molto limitato, purtroppo però può capitare che l’istologia dia delle sorprese
inaspettate.
Intervento
- Il primo intervento è l'anastomosi arteriosa, cioè l'arteria renale del donatore sull'arteria iliaca del
ricevente; si procede poi con l'anastomosi venosa.
- Successivamente interviene l’urologo che posiziona l’uretere sulla vescica.
A volte si cerca di mettere tutti e
due i reni (nei trapianti doppi)
nella stessa fossa iliaca,
soprattutto per lasciare libera una
fossa iliaca, per un eventuale altro
trapianto; se il paziente ha un
ulteriore trapianto, si mette un
uretere attaccato all’altro.
Il rene viene rimosso in caso di
Gvhd e si esegue un espianto di
un trapianto; altrimenti, di solito,
se il rene trapiantano non
funziona più, viene comunque
lasciato sede.
Post trapianto
- Degenza in terapia sub-
intensiva o intensiva, a
seconda del rischio cardiologico aumentato;
- Gestione diuresi, peso, CVC, SNG, terapia anti-dolorifica, drenaggi chirurgici, trattamenti
emodialitici in urgenza.
Complicanze Se il paziente urina subito dopo il trapianto è segno che il rene si sta riprendendo, in ogni caso post-
trapianto si monitora la creatinina sierica; per problematiche dovute al danno ischemico prolungato
si cerca di aspettare che il danno ischemico si risolva e che quindi la diuresi si sblocchi dopo qualche
giorno.
Complicazione possibili: chirurgiche (le più vicine all’ intervento) e immunologiche e cliniche
(possono verificarsi invece anche molto tempo dopo)
Complicanze chirurgiche
Si possono presentare sia dal versante
vascolare che urologico.
- In caso di stenosi, si cerca di
aspettare qualche giorno per
intervenire; bisogna aspettare che
l’edema presente si risolva. Se la
situazione non evolve in positivo si
può inserire uno stent.
- Fistola urinosa: all’urografia si
osserva uno spandimento del
mezzo di contrasto (l'urografia
permette anche di visualizzare una
possibile stenosi ureterale); di solito
si mette sempre uno stent ureterale
post-trapianto (per circa 30 giorni),
per mantenere le vie urinarie pervie ed evitare questa complicanza.
Complicanze cliniche
Sono dovute alla terapia immunodepressiva, che causa un aumentato rischio di infezioni e tumori.
Recidiva delle nefropatia di base
Le glomerulonefriti (causa della precedente insufficienza) possono recidivare e causare IR; le più
recidivanti sono la glomerulosclerosi focale segmentaria e la GNMP di tipo II a depositi densi. In
caso di sclerosi focale si dializza e purifica il sangue dal fattore impermeabilizzante (anche dopo il
trapianto).
Alterazioni cliniche-metaboliche
Sono complicanze molto più frequenti: cardiovascolari, diabete, osteoarticolari, ipertensione,
epatopatie, gastrointestinali.
- Cortisone e inibitori delle calcineurine (soprattutto tacrolimus) possono causare diabete
posttrapianto; questo spazia dalla semplice intolleranza glucidica (il paziente è sotto stress ed in
più assume cortisone) risolvibile, fino ad alcuni casi in cui permane e il paziente rimane in terapia
insulinica.
- La mortalità cardiovascolare è minore che nel paziente non trapiantato.
Complicanze infettive
Infezioni precoci (entro il primo mese): si verificano durante l’intervento poiché il paziente di per sé
è debilitato dalla dialisi e magari dal diabete, altri fattori predisponenti sono IRC, malnutrizione e
malattie di base. Sono prevalentemente batteriche:
- in sede dell’intervento (1-10%): stafilococchi, enterococchi e gram negativi quali E.coli;
- infezioni delle vie urinarie (30%): gram negativi, pseudomonas, enterococchi;
- infezione delle vie respiratorie (30%): enterobatteri, enterococchi, pseudomonas, stafilococco
aureo, aerobi, candida.
Infezioni opportunistiche: si verificano dopo l'intervento a causa della terapia immunodepressiva (dal
secondo-sesto mese).
1) Sono prevalentemente virali: CMV (che ha un tropismo per il tubulo e pu mimare un
rigetto, per cui va tenuto d’occhio post-trapinato), esi possono riattivare anche EBV, virus
delle epatiti, poliomavirus (BK), herpes simplex, e varicella zoster. La tripletta di controllo
nel follow up è composta da EBV, CMV, BK.
2) Infezioni batteriche: legionella, riattivazione di TBC (si fa trattamento preventivo con
farmaci anti-TBC se il paziente è positivo al quantiferon o ha una storia pregressa di
TBC), nocardia, listeria e germi abituali (hemophilus e pseudomonas).
3) Infezioni funginee: aspergillo (infezioni polmonari o ascessi cerebrali), criptococco e
candida.
4) Infezioni da protozoi: toxoplasma e pneumocystis.
Dopo sei mesi dall'intervento, l'incidenza di infezioni torna uguale alla popolazione generale, a meno
che si abbiamo le seguenti condizioni: Crs elevata, virosi croniche o recidivanti, eccessiva
immunodepressione.
Spesso comunque si fa una terapia preventiva; contro CMV si dà ganciclovir e.v.
Neoplasie
Possono essere neoplasie de novo, manifestazione di tumori guariti o latenti, tumori trasmessi dal
donatore. Gli ultimi due tipi hanno incidenza rara, poiché sia il donatore che il ricevente vengono
sottoposti ad accurati controlli pre-trapianto (ad es. se c'è un tumore latenti nel ricevente, cioè se il
ricevente era affetto da una neoplasia, devono passare dieci anni prima che sia messo in lista).
Tumori di cui aumenta l’incidenza nel post-trapianto rispetto alla popolazione generale: linfomi (5%
popolazione generale, 25% post-trapianto), sarcoma di Kaposi (0,01% contro 6%), tumori del fegato,
del rene, delle labbra, sarcomi e perineali. Sono tutti tumori che sono legati a proliferazione di virus
HHV8 HCV.
Spesso togliendo, riducendo o cambiando la terapia regrediscono i tumori.
Perdita del rene trapiantato
Perdita tardiva (a più di 1 anno):
- nel 50% dei casi di reni persi al primo anno dopo il trapianto, si perde proprio il paziente per motivi
cardiovascolari, infettivi o neoplastici. Le curve di sopravvivenza oggi al primo anno mostrano
infatti che il 98% dei trapianti è funzionante.
- Altra causa: disfunzione cronica da trapianto.
Fattori che conducono a perdita cronica:
1.Il danno da ischemia segna anche a distanza (se il rene si riprende meno velocemente dopo il
trapianto è già un segnale che non durerà molto);
2.Fattori immunitari
3.Tossicità di farmaci, che possono essere nefrotossici
4.Virus.
Rigetto del rene trapiantato È la risultante di una serie di eventi immunologici che conseguono al riconoscimento, da parte del
sistema immunitario, degli antigeni di istocompatibilità presenti nell’organo trapiantato e assenti nel
ricevente. I principali antigeni espressi dalle cellule del GvhD sono:
1) antigeni ABO;
2) antigeni HLA (codificati sul braccio corto del cromosoma 6: i loci A, B e C codificano per
HLA di classe I, i loci DR, DQ e DP codificano per HLA di classe II).
Il rigetto è l’espressione del normale funzionamento del sistema immunitario del ricevente e
comporta una reazione immunitaria contro l’organo trapiantato; sono coinvolti tutti i tipi di cellule
immunitarie.
- Il 100% dei trapianti allogenici (con l’eccezione dei trapianti da gemello omozigote) va incontro a
rigetto se non è messa in atto una terapia immunosoppressiva.
- Il rigetto acuto si presenta oggi in meno del 15% dei casi entro il primo anno.
- Dei pazienti con trapianto renale a lungo termine, il 50% morirà con un trapianto funzionante e il
50% perderà il rene a causa del rigetto cronico (raramente rigetto acuto tardivo) o meglio per la
nefropatia cronica da trapianto.
Classificazione del rigetto
1.Iperacuto: avviene da pochi minuti a ore dopo l’intervento; può capitare in caso di errori nel cross
match (ma ormai è raro).
2.Acuto: avviene da pochi giorni a settimane dopo l’intervento, dovuto all’ attivazione dei linfociti T.
3.Cronico: si presenta dopo mesi o anni ed è dovuto all’attivazione di meccanismi cellulari (linfociti
T e B) e umorali (anticorpi e immunocomplessi).
Fisiopatologia
Il riconoscimento degli antigeni di istocompatibilità da parte del sistema immunitario dell’ospite dà
luogo a:
1) Reazione di rigetto cellulo-mediata: attivazione dei linfociti T citotossici, attivazione dei
monociti-macrofagi, infiltrazione cellulare del rene trapiantato.
2) Reazione di rigetto anticorpo-mediata: produzione di anticorpi da parte dei linfociti B,
aggressione delle strutture vascolari del trapianto (per questo ci sono meno armi
terapeutiche a disposizione).
I Linfociti Treg invece hanno un’azione protettiva perché garantiscono maggior possibilità di
sviluppare tolleranza.
Presentazione dell’antigene:
- La presentazione degli antigeni può avvenire direttamente dalle APC del donatore (direct
pathway), e coinvolge sia gli MHC I che II;
- Un secondo meccanismo prevede la fagocitosi degli antigeni del donatore da parte delle APC del
ricevente (indirect pathway), e coinvolge le MHC II;
- Il terzo meccanismo è basato sugli scambi di membrana tra le APC tramite contatto ed esosomi
(semidirect pathway), e coinvolge sia gli MHC I che II.
Rigetto T
I linfociti attivati arrivano a livello dei tubuli:
- Intorno ai tubuli, sarà visibile a livello istologico presenza di infiltrato infiammatorio (il principale
bersaglio dei CTL sono infatti le cellule tubulari);
- I CTL attivati mediante perforina, granzimi e FAS-ligando inducono apoptosi delle cellule tubulari,
causando IRA (la creatinemia aumenta); i vasi possono essere comunque coinvolti da fenomenti
di trombosi dovuti al danno endoteliale.
Il paziente in questi casi è biopsiato e fa un trattamento antirigetto; ciò può capitare in casi in cui la
terapia immunosoppressiva è troppo blanda.
Rigetto B
Il rigetto dovuto ai linfociti B o rigetto umorale è mediato dagli anticorpi, quelli peggiori sono i DSA
(donors specific antibodies), contro antigeni specifici del donatore, e soprattutto contro gli HLA
presenti nel rene (quando sviluppati è un segno prognostico sfavorevole sulla durata del rene
trapiantato). Gli anticorpi vengono rilasciati nel torrente circolatorio e legano quindi in maggior misura
gli antigeni endoteliali, ed essendo le IgG predominanti attivano il danno mediato dal complemento;
la struttura più coinvolta risulta pertanto il glomerulo.
Teoricamente ogni differerenza antigenica tra donatore e ricevente può condurre alla produzione di
anticorpi. Gli anticorpi più rilevanti dal punto di vista fisiopatologico sono: - gli anti-HLA;
- In alcuni casi di trapianto da vivente (perlopiù tra marito e moglie) si sono eseguiti trapianti contro
gruppo AB0, con conseguente produzione di anticorpi anti-AB0.
- Tra gli altri derivati antigenici di rilievo c’è il recettore di tipo 1 dell’angiotensina II; gli anticorpi anti-
AT1R sono associati a rigetto cortico resistente.
Il meccanismo principale di danno anticorpale è dato dall’attivazione della via diretta del
complemento sulla membrana delle cellule endoteliali dei capillari del glomerulo e dei capillari
peritubulari. Vengono pertantio attivati il MAC (C5b-9) e la chemotassi mediata da C5a e C3a., e
l’endotelio danneggiato espone il vWF le selectine e le altre molecole d’adesione: tutto ciò causa
necrosi fibrinoide.
Il rigetto anticorpo mediato non è solo acuto, ma anche cronico come in caso di glomerulopatia
cronica da trapianto, in cui sempre comunque l’innesco del danno mediato da anticorpi porta a
fibrosi; il meccanismo patogenetico è uguale a quello dell’IRC nei reni nativi. Differenze tra rigetto
acuto T e B
Diagnosi
Ci sono alcune caratteristiche cliniche che inducono il sospetto clinico di rigetto. Il peggioramento
funzionale è indubbiamente l’aspetto più indicativo:
1) Sintomi glomerulari (s. nefritica, raramente nefrosica) indirizzano verso un rigetto B;
2) Sintomi tubulari (leucocituria, febbre, deficit concentrazione urinaria) indirizzano verso il
rigetto T-mediato.
Tuttavia la diagnosi differenziale è molto ampia:
- -Rigetto B: recidiva di malattia, GN di nuova
insorgenza
- -Rigetto T: infezioni, tossicità farmacologica
La diagnosi di certezza impone l’esecuzione della biopsia renale, una pratica invasiva e non
esente da rischi.
Si procede sul materiale biopsiato con un'analisi immunoistochimica con C4d (frazione del
complemento), che è il marcatore specifico di rigetto B: gli auto anticorpi si fissano sui vasi con
positività del C4d del complemento e dopo del tempo si osserva IR e comparsa della proteinuria,
che sono in due campanelli di allarme (indicazione a fare una biopsia renale per la diagnosi). Avremo
una disfunzione dell'organismo trapiantato, che se non trattata rimanda i pazienti in dialisi. È
importante fare diagnosi di rigetto in fretta prima che ci sia un deterioramento troppo importante del
rene.
Rigetto acuto e cronico a confronto: la diagnosi differenziale è prettamente istologica (biopsia
renale), e lo sviluppo clinico può essere in entrambi i casi precoce.
1) Acuto: il rene appare gonfio ed edematoso, e mostra un rigetto cellulo-mediato (con
infiltrati presenti intorno al tubulo; il glomerulo è quasi indenne).
2) Cronico: il rene appare grinzo e sclerotico, è una nefropatia cronica da trapianto.
Terapie
Il rigetto T e B prevedono terapie diverse. in generale si attua una terapia immunodepressiva:
cerchiamo di indurre una stasi immunitaria, che non causi infezioni e neoplasia ma che non si
accenda per dare rigetto (è un equilibrio, e soprattutto in alcuni pazienti la finestra è stretta). Il passo
fondamentale per la riuscita dei trapianti è dunque riuscire a modulare il SI.
Approcci terapeutici nel rigetto T
Attivazione dei linfociti T:
1) Primo segnale: Tcell receptor + HLA;
2) Secondo segnale: CD 40-CD 40 L; CD27-CD80 (ci sono trials che usano anticorpi contro
queste molecole per indurre la tolleranza immunologica);
3) Terzo segnale: proliferazione grazie a IL-2 (la maggior parte dei farmaci agiscono su
questo segnale, come glucocorticoidi, ciclosporina e tacrolimus).
L'utilizzo dello steroide e della ciclosporina sono di fondamentale importanza; quando si scoprirono
gli inibitori delle calcineurine si pensava di aver risolto il problema del rigetto, tuttavia bisogna
considerare che la ciclosporina ha numerosi effetti collaterali tra cui la nefrotossicità (anche se ha
portato ad aumento della sopravvivenza da mesi ad anni).
Farmaci maggiormente utilizzati:
- Inibitori delle calcineurine: ciclosporina (in alcuni centri si utilizza ancora) e tacrolimus (in duplice
o monosomministrazione). Effetti avversi: diabetogeni (il tacrolimus ha tropismo per le cellule
beta) e nefrotossici (importante è il controllo della Crs).
- Azatioprina: è stata sostituita dal micofenolato e dagli inibitori di mTOR;
- Mofetil micofenolato: è spesso usato come farmaco ancillare, quindi in associazione al tacrolimus
quando quest’ultimo è troppo nefrotossico (dando un altro farmaco in associazione, si può ridurre
la dose del tacrolimus), altre volte si danno in associazione per pazienti con rischio immunologico
molto alto. E' poco tollerato a livello gastrico, quindi si associano inibitori di pompa protonica;
inoltre è anche mileotossico.
- Anticorpi monoclonali: basiliximab (anti CD25), con una somministrazione e.v. al momento del
trapianto e 4 gg dopo il trapianto; è usato anche il daclizumab.
Inibitori mTOR: sirolimus e everolimus. Hanno un’azione simile agli inibitori delle calcineurine: si
legano a FKBP12, inibendo mTOR e quindi la replicazione clonale. Non sono nefrotossici, ma non
controllano il sistema immunitario così bene come gli inibitori delle calcineurine (soprattutto per il
rigetto anticorpo mediato). Spesso inibitori delle calcineurine e inibitori di mTOR sono dati in
associazione, con l’idea di minimizzare le dosi tossiche degli inibitori delle calcineurine; inoltre
mTOR è importante non solo a livello del sistema immunitario, è un bersaglio quindi poco specifico.
Terapia ideale standard:
1) Anticorpi anti CD25, cortisone, tacrolimus e micofenolato per i primi sei mesi.
2) Poi si mantiene una duplice terapia: tacrolimus più steroide, salvo in condizioni particolari
in cui si lascia il micofenolato.
Terapia anti-rigetto B
Oggi si utilizzano anche anticorpi monoclonali diretti contro la frazione C5 del complemento,
fondamentale perché il complemento causa danni sul rene trapiantato. Questo è utile nel caso in cui
gli anticorpi si siano già fissati (la plasmaferesi in questo caso è infatti inutile).
Nuovi approcci
- Si cerca di andare a creare i linfociti Treg che inducono tolleranza producendoli in laboratorio (i
linfociti T sono presi dal ricevente, trasformati in Treg e ridati al paziente).
- Cellule staminali mesenchimali in cotrapianto insieme a trapianto di rene: le cellule mesenchimali
possono indurre i Treg così da avere meno o non avere bisogno della terapia immunodepressiva.
Strategie per aumentare i trapianti di rene e i donatori (no vendere reni, non è il caso):
- Implementazione trapianto da vivente (anche prima della dialisi)
- Trapianto da vivente con preparazione immunologica in presenza di scarsa compatibilità (ABO
incompatibile, anti-HLA)
- NHBD (non heart beating donors).
LA CALCOLOSI RENALE CARATTERISTICHE Epidemiologia e classificazione La calcolosi renale è una delle patologie più comuni:
si stima che circa il 10% della popolazione abbia
avuto nel corso della vita un episodio di calcolosi
urinaria.
- Gli uomini sono colpiti più frequentemente
rispetto alle donne (rapporto 1.5/1), inoltre la
prevalenza di nefrolitiasi tende ad aumentare
dopo i 40 anni (picco intorno alla IV-V decade di
vita);
- C'è stato un aumento progressivo dall'inizio del
'900, con diminuzione durante le guerre; è
aumentata la frequenza della calcolosi renale
mentre è diminuita quella vescicale.
- L'incidenza è maggiore nelle classi agiate (dieta iper-proteica).
Il problema di una così alta incidenza sono le complicanze della nefrolitiasi: infezioni delle vie
urinarie, idroureteronefrosi, stenosi ureterali, IRA ed IRC. In particolare, la probabilità di evoluzione
verso l'IRC vede come fattori di rischio:
- Calcolosi infette o complicanze di natura ostruttiva e infettiva;
- Nefrocalcinosi; - Calcolosi ereditarie; - Rene unico.
Classificazione chimica Dal punto di vista della composizione:
- Litiasi calcica: calcio ossalato (mono e diidrato),
calcio fosfato (apatite);
- Litiasi urica: acido urico, urato mono/disdico di
ammonio;
- Litiasi cistinica;
- Litiasi infetta fosfoammoniomagnesiaca: struvite,
carbonato apatite;
- Litiasi rare: 2-8 diidrossiadenina, farmaci;
Classificazione patogenetica 1) Pre renale: da alterazioni del metabolismo dell'organismo in toto;
2) Renale: da alterazione dei meccanismi omeostatici tubulari;
3) Post renale: da alterazioni anatomo-funzionali delle vie escretrici o da infezione da germi
ureasi-produttori.
Patogenesi Concetti patogenetici fondamentali: perché si formino calcoli renali, c'è bisogno della presenza di:
1) Sovrasaturazione urinaria;
2) Enucleazione eterologa;
3) Carenza di sostanze inibitrici della cristallizzazione (organiche e inorganiche).
Meccanismi patogenetici Il concetto basilare sulla patogenesi della nefrolitiasi è che essa consegua ad anomalie
fisicochimiche dello ambiente urinario.
- L’ambiente urinario è infatti influenzato da fattori genetici, anatomo-funzionali renali, dietetici:
questi si traducono in anomalie metaboliche.
- La funzione omeostatica del rene aumenta il rischio di formazione dei calcoli.
Fattori di rischio chimico-fisico della
formazione di calcoli:
- Concentrazione urinaria e valori di eliminazione
giornaliera dei componenti del calcolo (calcio,
fosfati, ossalati, urati, cistina);
- Volume urinario;
- Variazioni del pH urinario;
- Diminuita attività inibitoria alla formazione di
calcoli.
I calcoli si originano dunque quando cambia
l'equilibrio tra saturazione e inibizione.
Gli inibitori della litogenesi si
possono dividere in:
1.Inibitori della cristallizzazione:
Mg+, citrato, pirofosfato,
nefrocalcina, GAG;
2.Inibitori dell'aggregazione:
nefrocalcina, proteina di Tamm-
Horsfall, uropontina.
La formazione del calcolo
avviene dunque grazie a due
processi:
- In ambiente sovrasaturo
avviene la cristallizzazione:
cristalli sono compositi da
unità che si ripetono e
crescono per incorporazione
di ioni. La crescita può essere molto rapida (ore o giorni), ed è tanto più rapida quanto maggiore
è la sovrasaturazione; la crescita cristallina è fondamentale per la formazione del calcolo.
- L’aggregazione avviene per attrazione elettrostatica tra le superfici di cristalli vicini. Questo
processo può essere molto rapido e porta alla formazione di aggregati cristallini di dimensioni tali
da non essere spazzati via dal flusso urinario nel nefrone stesso.
Diagnosi patogenetica Le cause delle anomalie che costituiscono i fattori di rischio litogeno sono dunque alterazioni tubulari
renali, alterazioni dietetiche e ambientali e infine alterazioni sistemiche: queste si traducono in
anomalie metaboliche che costituiscono la causa della formazione dei calcoli. Scopo delle indagini
laboratoristiche è quello di svelare la presenza di queste anomalie, e di chiarire cause, meccanismi
e significato clinico delle stesse.
Consiste nell'identificare le alterazioni metaboliche alla base della diatesi litiasica: risalire dunque in
via diretta o indiretta alla natura del calcolo. Consiste in:
- Studio metabolico del paziente;
- Ricerca di fattori predisponenti e di familiarità; - Analisi genetica.
Fattori favorenti la nefrolitiasi calcica
L'ipercalciuria è l'aumento dell'escrezione urinaria di Ca++, e può essere idiopatica o derivare da
acidosi tubulare renale di tipo distale, fattori ormonali (iperparatiroidismo o ipervitaminosi D), fattori
dietetici (milk-alkali syndrome), immobilità protratta, sarcoidosi.
(Ecco il perché della piccola premessa sull’ipercalcemia: ricordo che il 71% dei calcoli è composto
da Ca++…)
Meccanismi più frequenti generanti ipercalciuria:
- L’acidosi tubulare di tipo distale provoca ipercalciuria per un difetto di secrezione di H+, con
conseguente difetto di acidificazione urinaria e sovrasaturazione di Ca++ fosfato; con un pH
urinario > di 6 il 70% dei pazienti sviluppa calcolosi. E’ presente inoltre ipocitruria e ipokaliemia
ipercloremica.
- L’iperparatiroidismo provoca ipercalcemia e perciò un aumento di Ca++ che passa nel filtrato
glomerulare. Anche se il riassorbimento tubulare di calcio può risultare incrementato, l’effetto
complessivo è di aumento della calciuria.
- L’ipervitaminosi D comporta un aumento del riassorbimento di calcio intestinale e dunque della
calciuria. È l'effetto più comune a verificarsi in seguito all’impiego poco controllato di preparati
polivitaminici autoprescritti.
- L’ipercalciuria per fattori dietetici non è facile a verificarsi in presenza di normali meccanismi
omeostatici (che finiscono per limitarne l’assorbimento intestinale). Il calcio dietetico può però
avere importanza in persone che sono predisposte a un’aumentata escrezione di Ca++: il
fenomeno è stato descritto infatti in soggetti che, per la terapia dell’ulcera peptica, assumono
eccessive quantità di latte (ricco di calcio) e di antiacidi (bicarbonato di sodio). Questa condizione
è chiamata in inglese ‘milk-alkalicy syndrome’.
- L’ipercalciuria nell’immobilità protratta è dovuta alla mobilizzazione del Ca++ dalle ossa in
assenza di sollecitazioni meccaniche.
- L’ipercalciuria della sarcoidosi è secondaria all’ipercalcemia da aumentata sensibilità alla
vitamina D che si ha spesso in questa malattia.
Fattori litogeni nelle calcolosi non calciche
L’aumentata escrezione di acido ossalico o di acido urico viene al secondo posto dopo l’ipercalciuria
nel favorire la formazione di calcoli renali.
1) Iperossaluria è l'aumento dell'escrezione di acido ossalico, con due possibili origini:
diatesi ossalica (su base genetica, di tipo I e II) o aumento dell'assorbimento intestinale
di acido ossalico (nelle sindromi da malassorbimento o per aumentato passaggio di
ossalato intestinale);
2) Aumento dell'escrezione di acido urico: causata da iperuricemia costituzionale con
iperuricosuria, ostruzione cronica urinaria, infezioni urinarie.
Variazioni del pH
- Una diminuzione del pH urinario insieme ad un aumento dell'acido urico favorisce la calcolosi
urica;
- Una diminuzione del pH insieme ad un aumento della cistina favorisce la calcolosi cistinica (in
questo caso, spesso un’anomalia dei trasportatori renali e intestinali degli aminoacidi dibasici è
responsabile della cistinuria).
- Il Proteus a causa di un aumento del pH è spesso responsabile di calcolosi infetta (da struvite). I
batteri del genere Proteus possiedono infatti un enzima chiamato ureasi, in grado di scindere
l'urea urinaria in CO2 ed NH3; quest'ultima viene idrolizzata a NH4, con conseguente aumento
del pH e diminuzione della solubilità degli ioni fosfato e Mg++ (costituenti dei cristalli di struvite in
grado di fornire la base per la nucleazione di grandi calcoli ostruenti le vie urinarie). È molto grave,
poiché si associa spesso a pielonefrite acuta e ad un alto rischio di perdita del rene.
Esami diagnostici
- Anamnesi: il caposaldo della sintomatologia litiasica è il dolore colico (di tipo intermittente e
accessuale), con origine dal fianco e irradiato all’inguine. Il dolore spesso si accompagna a
sensazione di urgenza minzionale, ematuria, sudorazione, nausea e vomito.
- Esami radiologici: i calcoli contenenti Ca++ (la maggioranza!) sono radio-opaci, per cui un RX
addome in bianco è spesso diagnostico. Al contrario, però, calcoli di ammoniomagnesiofosfato
sono meno radio-opachi, calcoli di cisteina sono solo debolmente radio-opachi, mentre calcoli di
acido urico sono totalmente radio- trasparenti: questo motivo la TC senza MdC è l’esame di scelta
per lo studio della nefrolitiasi. Spesso l’ECO della pelvi può aiutare nella diagnosi, rilevando la
presenza di calcoli e idronefrosi, evitando al paziente l'esposizione a radiazioni. Tuttavia non è
un esame di prima scelta poiché è poco sensibile nell’individuare calcoli di piccole dimensioni.
- Laboratoristica: l’esame del sedimento urinario rivela spesso la presenza di cristalli, identificabili
dalla morfologia, a cui possono accompagnarsi RBCs, WBCs, batteri e cilindri. L’urinocoltura può
evidenziare la presenza di un’infezione. Esami ematochimici possono far emergere un quadro di
ipercalcemia. Dalla raccolta delle urine nelle 24h si può determinare il volume urinario e la
concentrazione di Mg2+, Ca2+, fosfati, acido urico, citrato, Na+ e ossalato.
Terapia Prevenzione delle recidive I cardini della prevenzione della calcolosi sono:
1) Apporto idrico elevato e reintegrazione sollecita delle perdite idriche;
2) Controllo della dieta e dell’iperapporto alimentare delle sostanze responsabili;
3) Utilizzo di farmaci specifici in casi particolari (per ridurre i promotori e indire i meccanismi
inibitori della formazione di calcoli); 4) Trattamento delle infezioni delle vie urinarie.
La ricorrenza della calcolosi è molto alta: 26-53% entro 10 anni. La terapia deve mirare non solo
all’eliminazione della calcolosi, ma anche, quindi, alla sua prevenzione nei soggetti predisposti sia
per familiarità, sia per condizioni dismetaboliche generali, sia per alterate condizioni locali (infezioni
ricorrenti delle vie urinarie, malformazioni congenite o acquisite delle vie escretrici).
Prevenzione idropinica
La terapia idropinica consiste in un abbondante apporto quotidiano di liquidi (2-3L) al fine di
provocare una diuresi che permetta la mobilizzazione di piccoli calcoli, favorendone l’espulsione
spontanea. Impedisce, inoltre, l’ulteriore accrescimento di calcoli di maggiori dimensioni.
Costituisce la principale prevenzione per tutti i tipi di calcolosi: il solo fatto di aumentare il volume
urinario a > di 2 L/24h (vale a dire un aumento della diluizione urine) diminuisce del 55% la frequenza
di recidive a 5 anni.
Da una stima approssimativa dei fabbisogni idrici, si è calcolato che siano necessari circa 3 L di
acqua per ottenere una diuresi giornaliera di 2 L.
Regime dietetico
La terapia dietetica prevede l’eliminazione dalla dieta di alimenti contenenti quantità elevate di
sostanze litogene.
- Apporto calorico e proteico: per quanto riguarda il regime dietetico, esiste una correlazione
positiva tra incidenza di litiasi ossalico-calcica e uratica ed elevato apporto di calorie e proteine
animali. Un aumentato apporto proteico aumenta infatti l’escrezione di Ca++ e acido urico, con
aumento del rischio di sovrasaturazione urinaria; inoltre determina diminuzione dell'escrezione
citrati e del pH urinario (mediante generazione di acidi organici dal catabolismo degli aminoacidi
solforati).
- Apporto di NaCl: esiste inoltre una correlazione lineare positiva tra apporto di NaCl e calciuria;
diminuisce in più l'escrezione di citrati e aumenta saturazione dell’urato di Na+ (RDA: 2.4 g/die,
in Italia di solito si superano i 10 g!).
- Una dieta ricca di fibre è utile nel modulare l’assorbimento intestinale di Ca++ e altri cationi. Pur
con meccanismi diversi tra tutte (pectine, guar, cellulosa, crusca di grano, riso, mais e soia)
riducono l’escrezione di calcio; agiscono inoltre grazie all'intera popolamento meccanico di
complessi di calcio-ossalato.
- La somministrazione dietetica di acidi grassi poli-insaturi ω3 diminuisce l’escrezione di Ca++ e
ossalato. Un aumento del contenuto di acido arachidonico nei fosfolipidi (plasmatici o di
membrana cellulare eritrocitaria, intestinale, epatica, e. renale) è infatti presente nella nefrolitiasi
calcica idiopatica (anomalia sintetica ac.grassi ω-6); la somministrazione dietetica di acidi grassi
poliinsaturi ω-3 già dopo 30 gg riduce l'escrezione di calcio ed ossalato.
- Una dieta ricca di K+ diminuisce l’escrezione urinaria di Ca++ senza interferire con l’assorbimento
intestinale dello ione.
- L'ossalato è ubiquitario, ma alcuni alimenti ne sono particolarmente ricchi: cioccolata, nocciole,
bevande gassate, succhi di frutta, thè, cavoli, piselli, asparagi, spinaci e rabarbaro.
- La convinzione che un paziente con calcolosi urinaria debba diminuire l'apporto di derivati dal
latte è priva di fondamento: l'apporto di Ca++ deve essere mantenuto nella norma (1 g/die) anche
nei pazienti con calcolosi.
Trattamento Farmacologica
- La terapia farmacologica prevede l’uso di disinfettanti delle vie urinarie, farmaci acidificanti o
alcalinizzanti, (per esempio, acido citrico, bicarbonati, etc.), integrazione di Mg++, K+, citrato e,
talora, di diuretici (per esempio, diuretici tiazidici, che diminuiscono sensibilmente la calciuria nei
pazienti).
- Nella calcolosi urica, se presente iperuricemia, allopurinolo.
- Terapia antibiotica aggressiva in caso di litiasi ‘infetta’ (da struvite).
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico può consistere in manovre atte a frantumare il calcolo (litotripsia per via
endoscopica), oppure nell’asportazione del calcolo dopo pielotomia o nefrotomia; infine, può
rendersi necessaria la nefrectomia, qualora il calcolo occupi interamente il bacinetto renale (‘calcolo
a stampo’) o nel caso in cui la sua presenza nelle vie escretrici abbia comportato alterazioni
irreversibili della funzionalità del rene (per esempio, presenza di idropionefrosi). La litotripsia
transcutanea è una recente tecnica che consente di frantumare i calcoli focalizzando in loro
direzione una serie di brevi e violente onde d’urto trasmesse attraverso l’acqua di una vasca nella
quale il paziente è immerso. I calcoli frantumati sono poi eliminati attraverso le vie urinarie.
In conclusione, la nefrolitiasi è patologia ad andamento molto variabile e richiede sorveglianza
prolungata per valutare l’efficacia della terapia medica di prevenzione delle recidive. La terapia
dietetica e farmacologica induce nel lungo periodo una diminuzione delle recidive fino al 60-70%. In
oltre il 40% dei casi è ottenibile una remissione completa persistente per circa un decennio.
Terapie specifiche Litiasi calcica
- Volume della diuresi > di 2 L/die;
- Dieta normocalorica e normo proteica, a normale contenuto di sale e Calcio;
- Supplementi di magnesio e potassio citrato, soprattutto se la citraturia è basa;
- Se presente ipercalciuria: trattamento farmacologico con diuretici tiazidici (25-50 mg/die) associati
ad amiloride.
Litiasi urica
- Aumento del pH urinario con bicarbonato di sodio (2-6 g/die) o citrato di K+ (2-4 g/die);
- Se presente iperuricemia, allopurinolo (150-300 mg/die); - Acetazolamide con
bicarbonaturico nella notte (?).
Litiasi cistinica
- Aumento del volume della diuresi ( > 3 litri/die);
- Bicarbonato di sodio o citrato di K (per aumentare il pH urinario fino a 7-7.5);
- 6 mercaptopropionilglicina 250-500 mg per 3 volte al giorno o penicillamina 600-1200 mg -
Chiarire la causa: iperparatiroidismo, infezioni, acidosi tubulari.
Litiasi infetta fosfoammoniomagnesiaca
Non ha cause metaboliche ma anatomiche locali, quindi bisogna agire con:
1) Rimozione completa dei calcoli presenti; 2) Terapia
antibiotica aggressiva.
SQUILIBRI ELETTROLITICI Si tratta principalmente di alterazioni a carico del sodio, del potassio e disordini acido base; frequenti
nel paziente ospedalizzato sono soprattutto i disordini del sodio.
Le disionie sono alterazioni nella concentrazione degli ioni, che è da distinguere dal contenuto totale
di un certo ione!
Ad es.: l'iposodiemia non implica necessariamente che un soggetto abbia poco sodio.
L'acqua totale corporea è circa di 600 mL per ogni Kg di peso corporeo (60% del peso corporeo):
1) 2/3 appartengono al comparto intracellulare (LIC);
2) 1/3 a quello extracellulare (LEC), diviso tra interstiziale e compartimento plasmatico.
Elettroliti plasmatici Anioni Cationi
• Cl-: 103 mEq/L • Na+: 142 mEq/L
• HCO3-: 27 mEq/L • K+: 5 mEq/L
• Protidi: 17 mEq/L • Ca++: 5 mEq/L
• Mg++: 2 mEq/lL
Tot: 154 mEq/L Tot: 154 mEq/L
DISORDINI DEL SODIO Il sodio è il principale dei cationi extracellulari, il potassio invece degli intracellulari.
All’interno della cellula l'osmolarità (cioè la concentrazione dei soluti rispetto al solvente) del sodio è
di di 10 mEq/L grazie alla sodio/potassio ATPasi. All' esterno è invece 140 mEq/L.
L'equilibrio transcellulare fornisce un fortissimo gradiente da cui dipende la tonicità della cellula.
Il rene è il principale regolatore del bilancio del sodio:
- Elimina o trattiene sodio a seconda delle necessità, mantenendo costante la sodiemia (138-142
meq/l). A livello del tubulo contorto prossimale c’è un meccanismo regolatorio importante, che
permette il riassorbimento del sodio in condizioni di ipovolemia.
- Il rene regola anche l’osmolarità plasmatica per due motivi: mantiene costante la sodiema ed è
in grado di produrre urine ipo o ipertoniche a seconda dello stato di idratazione.
La concentrazione di sodio nel sangue è la principale responsabile dell’osmolarità plasmatica.
Ω (concentrazione plasmatica) = 2 x [Na+] +BUN/2,8 + glicemia /18 = 280-295 mOsm/Kg
Stima della osmolarità del plasma = sodiemia x 2
Se il paziente però è iperazotemico (ad es. in IR) o iperglicemico (ad es. nel diabete) ovviamente
raddoppiare la sodiemia non è sufficiente ad approssimare l’osmolarità, perché sia l’urea che il
glucosio hanno un effetto osmotico.
Qual è l'osmolarità plasmatica di un paziente che ha 140 mEq/L di sodiemia, non è diabetico e non
ha insufficienza renale? Sarà poco più di 280 mosm/L, perché il contributo di azotemia e glicemia,
se il paziente non è diabetico e non è uremico, è talmente piccolo che si può approssimativamente
moltiplicare solo la sodiemia per 2.
Tutte le cellule, soprattutto quelle cerebrali, vanno incontro a sofferenza (alterazioni della tonicità)
per alterazioni della concentrazione del sodio.
Iponatremia L'iposodiemia è una concentrazione plasmatica di Na+ minore di 138 mEq/L.
Caratteristiche Sintomatologia clinica
I sintomi del paziente variano in base alla gravità dell'iposodiemia. Si possono infatti distinguere:
• Iposodiema lieve (130-137 mEq/L): astenia, anoressia, nausea;
• Iposodiema moderata (129-120 mEq/L): cefalea, sonnolenza, apatia;
• Iposodiemia grave (< 120 mEq/L): agitazione psicomotoria, convulsioni, coma, ipotermia.
Uno dei primi sintomi è l’alterazione dello stato di coscienza dato che la cellula neuronale risente
molto delle alterazioni della concentrazione del sodio; in questo caso tende a gonfiarsi, fino ad
arrivare ad edema cerebrale e sofferenza neuronale.
Questo quadro si osserva spesso nel paziente anziano in cui la funzione renale non è perfetta: ad
es. paziente anziano che fa uso di diuretici e sviluppa iponatriemia (in particolare nel periodo estivo),
soprattutto per diuretici quali furosemide e tiazidici.
Volume extracellulare
Una bassa concentrazione di sodio plasmatico è compatibile con un volume del liquido extracellulare
normale, aumentato o ridotto: pertanto non sempre corrisponde al contenuto reale di sodio corporeo.
E' importante stabilire quale sia il reale volume del liquido extracellulare al fine di instaurare una
corretta strategia terapeutica.
Ad es.: iponatremia associata ad un aumento del contenuto di sodio (nello scompenso); in questo
caso per correggere l'iponatremia è necessario eliminare acqua libera più che aumentare il sodio.
Acuta e cronica
Le iponatremie possono instaurarsi in acuto o in cronico.
- Un paziente in terapia diuretica cronica è meno sensibile all'iponatremia rispetto al malato acuto;
il paziente acuto è sempre più sintomatico.
- Anche il paziente con IRA è molto sensibile, invece il paziente con IRC magari è asintomatico per
iponatremia anche moderata…
Questo perché a livello cellulare si verificano degli adattamenti fisiologici in risposta ad una
modificata tonicità del plasma: pertanto le disionie vanno corrette gradualmente e molto lentamente.
Iponatremia con ipo-osmolarità Le cause possono essere:
• Ridotto volume extracellulare: perdite extrarenali (vomito, diarrea, ustioni, sequestro nel terzo
spazio) o perdite renali (diuretici, malattie renali).
• Aumentato volume extracellulare (aumento del sodio, ma ancora di più di acqua): cause
extrarenali (scompenso cardiaco, cirrosi iatrogena; infusione eccessiva di liquidi) o cause
renali (IRA, sindrome nefrosica).
Iponatremia ipervolemica
Sono pazienti con sintomi come edemi declivi e periorbitali o versamento pleurico.
Iponatremia da scompenso cardiaco
Gli ormoni chiave coinvolti sono ADH e aldosterone.
1) Nello scompenso cardiaco si ha una riduzione della volemia efficace, con ridotta frazione
di eiezione (deficit di pompa): pertanto il sangue in arrivo al rene si riduce, di
conseguenza questo risponde con l'attivazione del sistema RAS; l'aldosterone così
trattiene acqua e sodio e fa eliminare potassio, per cercare di ripristinare la volemia. Dato
per il deficit di pompa la pressione non aumenta perché il cuore non riesce a pompare il
surplus di liquidi trattenuti, che quindi si depositano nel distretto venoso.
2) Importante è anche l’azione dell’ADH che agisce sul tubulo collettore trattenendo acqua
libera.
3) L'ANP è secreto in risposta alla distensione dell'atrio e ha effetto natriuretico; nello
scompenso cardiaco c'è anche un'alterazione di questo meccanismo.
Se sommo quindi l'effetto combinato di questi due ormoni avrò un consistente riassorbimento di
acqua e sodio, dunque il contenuto di sodio sarà aumentato; tuttavia l’aumento di acqua è maggiore
rispetto a quello del sodio quindi c’è iponatremia. L'ADH infatti è secreto sia per contrastare
l'ipernatriemia che per l'ipovolemia; tuttavia lo stimolo ipovolemico prevale, quindi in questo caso
l’ipovolemia stimola la secrezione di ADH nonostante coesista un aumento del carico di sodio.
Quindi l’ADH continua ad essere prodotto.
Bisogna allora cercare di migliorare la funzione di pompa ed eliminare acqua libera (ad esempio con
restrizione dell'apporto idrico della dieta).
Iponatremia da cirrosi
È' un'altra causa di iponatremia con riduzione della volemia efficace. In questa situazione infatti si
ha un accumulo di liquidi nella cavità peritoneale: un fegato cirrotico si associa ad ipertensione
portale con flusso alterato, il sangue refluo dall'intestino trova un aumento delle resistenze venose
e trasuda nella cavità peritoneale causando ascite (tipica è la sindrome epatorenale dove la
condizione di cirrosi a lungo andare causa insufficienza renale). La natura dell'icona tremila è
dunque ipervolemica a perchè il volume di fluidi non si abbassa, ma c'è un sequestro nel terzo
spazio.
L'iponatriemia nell'epatopatico è un marcatore di malattia severa, ma al contempo quando si
corregge è indice di corretta terapia.
Sindrome nefrosica
In questa situazione si verifica una perdita massiva di proteine nelle urine (proteinuria superiore ai
3 g/24h):
- La conseguenza è l'ipoalbuminemia, e quindi una riduzione della pressione osmotica: il paziente
è gonfio mentre nel letto vascolare c’è ipovolemia (L’ipoalbuminemia è il primum movens).
- Il ridotto flusso renale causa iperaldosteronismo e aumentata secrezione di ADH con conseguente
riassorbimento di sodio e acqua, che tuttavia anche in questo caso si riversa nell’interstizio a
causa dell'iponchia; pertanto si avrà ipervolemia con aumento del contenuto totale di sodio (ma
ridotta concentrazione).
Diagnosi differenziale
- Nello scompenso cardiaco la sodiuria è bassa (< di 20 mEq/24h) perché il rene lo riassorbe; le
urine sono povere di sodio, e ancora di più nella cirrosi.
- Nella sindrome nefrosica invece la sodiuria è > di 20 mEq/24h, perchè il rene è malato.
Iponatremia ipovolemica
In questi casi il paziente è disidratato per la perdita extrarenale o renale di sodio; c'è dunque una
reale deplezione del contenuto totale di sodio nell'organismo.
• Cause extrarenali: perdita di sodio (vomito, diarrea e ustioni con perdita rilevante di sodio; il
paziente si depleta di sodio, e il rene non lo elimina per risparmiarlo) o sequestri di sodio
(pancreatite acuta e ileo paralitico richiamano liquidi nel colon e nel tenue: sarà
un'iponatremia che ricorda quella da cirrosi, ma in questo caso il liquido è nel lume intestinale,
e quando si risolve l’occlusione la natriemia si corregge).
• Cause renali: malattie renali, abuso di diuretici, anche uso cronico di diuretici nel paziente
cardiologico.
Iponatremia normovolemica
Il volume extracellulare è normale, sono pazienti né edematosi né disidratati:
• Polidipsia primaria;
• Farmaci (clorpropramide, clofibrato, ciclofosfamide, vincristina);
• SIADH (malattie polmonari e SNC, tumori, linfoma di Hodgkin, farmaci);
• Ipotiroidismo;
• Insufficienza cortico-surrenalica.
Polidipsia primaria: solitamente è di natura psichiatrica. Sono situazioni in cui l’eccessivo apporto di
liquidi con la dieta supera la capacità del rene di mantenere la sodiemia: il rene ad un certo punto
non riesce a diluire le urine e non riesce ad eliminare tutta l’acqua libera, pertanto la sodiemia
scende.
Causa farmacologica/oncologica/endocrina: non infrequente, e porta nel tempo a sviluppare SIADH,
ovvero sindrome da inappropriata secrezione di ADH.
- Neoplasie e farmaci possono portare a secrezione inadeguata di ADH, con conseguente aumento
del volume nel comparto vascolare per il riassorbimento di acqua libera e conseguente
iponatremia (a volte è proprio l'iponatremia che fa pervenire alla diagnosi di neoplasia polmonare).
Nel paziente normovolemico in cui escludo l’abuso di farmaci e la polidipsia serve ricordare che
le cellule neoplastiche sregolano la produzione di ADH o secernono sostanze ad azione ADH
simile.
- Anche ipotiroidismo e insufficienza corticosurrenale possono causare una SIADH: il calo di ormoni
corticosteroidei da insufficienza della ghiandola surrenale di tipo primario porta ad un aumento
dell’ormone ACTH, che ha un’azione ADH simile.
NB. Il volume è normale anche se la secrezione di ADH aumenta perché lo stimolo non è così forte
come nello scompenso o nella cirrosi.
Iponatremia con normo-osmolarità (pseudoiposodiemia) • Proteine totali aumentate: sindrome di Waldestrom, cirrosi, mieloma;
• Proteine totali normali: iperlipidemia, sindrome nefrosica, pancreatite acuta.
Ci sono iponatremie dovute a condizioni che alterano i risultati di laboratorio:
- Gammopatie monoclonali, in cui aumentano le proteine totali;
- Cirrosi, che oltre all'iponatremia vera causa una pseudoiponatriemia sempre per aumento delle
gammaglobuline;
- Dislipidemia severa, sindrome nefrosica sono da tenere presenti quando non si trova la causa di
iposodiemia.
Iponatremia con iper-osmolarità Si ha in caso di presenza nel sangue di sostanze che ne aumentano la pressione osmotica:
• Iperglicemia (> di 600 mg/dL circa); • Iperazotemia (> di
400 mg/dL circa);
• Infusione di mannitolo.
Ipernatremia Indica quadri in cui la sodiemia è > di 142 mEq/L.
• Moderata, dai 148 ai 159 mEq/L: i sintomi sono irritabilità, irrequietezza, tremori.
• Grave, al di sopra dei 160 mEq/L: i sintomi sono atassia, convulsioni, fino al coma.
Si distinguono due eziologia a seconda delle urine, che possono essere ipertoniche o ipotoniche.
NB: la concentrazione maggiore di sodio compatibile con la vita è 168 mEq/L.
Urine ipertoniche La pressione osmotica delle urine è aumentata (> di 900 mOsm/Kg) in caso di:
1) Perdita di acqua (terapia diuretica, lesioni cerebrali, cause psichiche);
2) Assunzione di Na+ (rianimazione con bicarbonato)
Le urine sono ipertoniche, dunque il rene sta concentrando le urine in modo corretto (ha buona
capacità di concentrazione): la causa sarà dunque una perdita di acqua o un carico esogeno molto
importante di sodio.
- I diuretici causano perdita di sodio e di acqua, e si associano ad iponatremia o ipernatriemia a
seconda che il diuretico causi più o meno eliminazione di sodio (ogni diuretico funziona in modo
differente).
- Le neoplasie cerebrali causano alterazioni ormonali che possono coinvolgere anche il BNP, con
conseguente perdita di acqua; il paziente è iperconcentrato e c’è ipernatriemia.
- Il bicarbonato di sodio dato troppo in fretta, come nel caso di alcuni processi di rianimazione, può
causare ipernatremia.
Urine ipotoniche In questi casi la pressione osmotica delle urine è diminuita (< di 300 mOsm/Kg)
• Diabete insipido centrale (in cui la Ω orinaria > se > l'assetamento);
• Diabete insipido nefrogeno (in cui la Ω orinaria « se assetamento, perché il rene è malato
e dunque è incapace a concentrare).
Dato che le urine sono ipotoniche, il danno è a livello presumibilmente renale (poiché il rene non
riesce a concentrare le urine); sia il diabete insipido centrale e il diabete insipido nefrogenico
causano un ridotto riassorbimento di acqua (per difetti nel sistema di ADH).
- Diabete insipido centrale: c'è un danno della neuroipofisi (parte che produce ADH). In questo
primo caso si verifica poliuria importante, che però si riduce se si asseta il paziente (la neuroipofisi
è infatti ancora in grado di secernere ADH se sotto un forte stimolo come il fatto di assetare
l’organismo: il paziente riesce a concentrare un po' le urine, il rene risponde subito a quel poco di
ADH che viene prodotto).
- Diabete insipido nefrogenico: non è dato da deficit della secrezione di ADH, ma da alterazione
della risposta tubulare all’ADH; in questo secondo caso, il paziente non riesce a concentrare
l’urina nemmeno se si assesta il paziente, perché l’assetamento produce uno stimolo alla
produzione di ADH ma il rene non risponde. In questi pazienti l’ADH è normalmente secreto ma il
problema è una nefrite del tubulo interstiziale che rende il rene non responsivo a questo ormone.
Esempio: abuso di FANS, che nel tempo causano un danno al tubulo interstiziale, che si manifesta
con tendenza alle disionie e tendenza poliurica (avviene un po’ il contrario che nelle
glomerulonefriti, in cui abbiamo IR con riduzione dell’urina prodotta).
Piccole dosi di tiazidici riducono la volemia e creano uno stimolo aggiuntivo a produrre ADH da parte
della neuroipofisi, questa terapia ha più senso nelle forme centrali di diabete insipido.
DISORDINI DEL POTASSIO Il potassio rappresenta il maggiore dei cationi intracellulari: 1)
La concentrazione intracellulare è 100 mEq/L;
2) La concentrazione extracellulare è 3.8-5.5 mEq/L.
Regolazione del potassio nell'organismo La potassiemia è mantenuta dal rene, a valori normali anche fino a livelli molto avanzati di
insufficienza renale il meccanismo di escrezione del potassio non è così raffinato come quello del
sodio, ed è influenzato in modo primario oltre che dai livelli di funzione renale anche e
prevalentemente dall’attività dell’aldosterone.
- Riassorbimento nel TPC e nell'ansa di Henle; - Riassorbimento attivo o secrezione passiva a seconda delle esigenze metaboliche nel tubulo
distale. Il meccanismo dipende dalla sintesi, grazie alla presenza dall'aldosterone, di pompe
Na+/K+ sul versante basocellulare e dalla secrezione di ioni idrogeno (e quindi dalla
situazione acido-base).
L'aldosterone è un ormone molto importante nella regolazione di sodio e potassio; agisce a diversi
livelli. Il punto di azione più tipico è a livello del tubulo distale grazie ad antiporti, che permettono il
riassorbimento di acqua e sodio e la secrezione di potassio e idrogeni. È un meccanismo che
funziona in modo strettamente correlato al carico di sodio.
- Se il carico di sodio al rene è importante, a livello distale l’aldosterone sarà più attivo e avremo
una maggiore secrezione di potassio;
- Se il paziente è invece ipovolemico, si avrà riassorbimento a livello prossimale di acqua e sodio
e dunque riduzione del carico di sodio che arriva al tubulo distale; l'aldosterone agirà meno e ci
sarà ritenzione di potassio.
Iperkaliemia Si tratta di una concentrazione plasmatica di K+ > di 5.5
mEq/L.
• Lieve moderata: 5.6-7 mEq/L, si pensa al ricovero sulla
base della situazione clinica;
• Grave: > di 7 mEq/L, richiede il ricovero urgente;
• Mortale: > di 9 mEq/L.
NB: il valore più alto di potassio più compatibile con la vita
è 8,9 mEq/L.
Attenzione a:
1. Rapidità di insorgenza
2. Associazione con altri disturbi elettrolitici (Ca; Mg; H)
3. Associazioni farmacologiche.
Sintomatologia clinica I sintomi sono causati da un'alterazione di polarizzazione delle
cellule.
• Cuore: l'ipekaliemia causa una fase di ascesa del potenziale d’azione rallentata, è un
potenziale a riposo vicino al potenziale soglia. All'ECG avremo onde T appuntite, QT
accorciato, QRS allargato (sempre di più con il peggiorare dell'iperkaliemia), PQ allungato;
queste alterazioni possono esitare in arresto sinusale, blocco atrio-ventricolare di III grado,
bradicardia, aritmie ventricolari, arresto cardiaco.
• Apparato neuromuscolare: astenia, parestesie, impaccio al movimento, gambe rigide e
pesanti, paralisi ascendente (mani, piedi, tronco).
• Apparato gastrointestinale: nausea, vomito, ileo paralitico.
In particolare, per l'effetto cardiaco conta l’associazione con altri ioni come il calcio e il magnesio: se
si ha un mix di squilibri di vari elettroliti, come può avvenire ad es. in acidosi, l’effetto cardiaco è
molto temibile. Si può avere bradiaritmia fino all’arresto cardiaco. Prima cosa da fare in un paziente
con iperpotassiemia: sento il polso!
Cause di iperkaliemia Ridotta escrezione
- Insufficienza renale (acuta, cronica, NTA): il tubulo non risponde più all’aldosterone e fa fatica
dunque ad eliminare il potassio.
- Ipovolemia effettiva: arriva poco sodio al tubulo distale, perché aumenta il riassorbimento
prossimale, di conseguenza è ridotto il riassorbimento distale e quindi la secrezione di potassio.
Somministro fisiologica per idratare il paziente, e per migliorare l’iperkaliemia riduco il
riassorbimento prossimale con i diuretici (soprattutto la furosemide che blocca riassorbimento di
Na+ e Cl- a livello dell’ansa di Henle; più Na+ arriva al tubulo distale, più K+ sarà eliminato).
- Ipocorticosurrenalismo (M. Addison, ipoaldosteronismo secondario);
- Iporeninemia: da malattie tubulo-interstiziali o farmaci (FANS, ACE-inibitori, beta bloccanti; gli
ACE inibitori agiscono direttamente sul sistema RAS, come anche i beta bloccanti in quanto ill
simpatico stimola RAS, mentre i FANS sono invece dannosi per il tubulo.
- Dieta: a fronte di un’eccessiva introduzione, il rene non sempre riesce ad eliminare tutto il K+
introdotto; è una causa rara, per esempio il paziente che segue una dieta con frutta e verdura,
ricche di potassio.
Shift del potassio dai tessuti
- Danno tissutale: rabdomiolisi, emolisi, sanguinamento interno;
- Farmaci (ad es. succinilcolina, digitale, beta boccanti);
- Acidosi metabolica, in quanto gli ioni H+ fanno uscire il K+ dalle cellule; l’acidosi va corretta piano
perché si può arrivare ad ipokaliemia.
Pseudoiperkaliemia
- Trombocitosi;
- Errore nel prelievo;
- Emolisi.
Ipokaliemia Si tratta di una concentrazione plasmatica di K+ < di 3,8 mEq/L.
• Lieve: 3.8-3 mEq/L;
• Moderata: 3-2.5 mEq/L;
• Grave: < 2.5 mEq/L (ricovero urgente).
Attenzione a:
1.Rapidità di insorgenza;
2.Associazione con altri disturbi elettrolitici (Ca++, Mg++, H+);
3.Associazioni farmacologiche.
NB: il valore più basso di potassio compatibile con la vita è 1.9 mEq/L.
Sintomatologia clinica • Apparato neuromuscolare: astenia (a livello di arti,
tronco, muscoli respiratori), esauribilità, tetania (segno
positivi di Chvosteck e di Trousseau), atrofia muscolare
(rabdomiolisi), iporeflessia tendinea (paralisi).
• Apparato gastrointestinale: paralisi della muscolatura
liscia (stipsi).
• Rene: perdita della capacità di concentrare le urine (con
poliuria, polidipsia), talora ritenzione idrosalina (con
edemi). Attenzione: insufficienza renale è la causa
principale di iperkaliemia; l'ipokaliemia è invece essa
stessa causa di insufficienza renale, specialmente
quando persiste nel tempo, ed inizia con segni di
incapacità alla concentrazione urinaria (perché questa
attività renale è quella più “expensive” dal punto di vista
energetico).
• Cuore: aumento del potenziale transmembrana, con
consecutivo aumento della differenza fra potenziale a
riposo e potenziale soglia. All'ECG osserviamo onde T
ridotte, talora difasiche, e comparsa dell'onda U; extrasistoli
atriali e ventricolari, fibrillazione atriale (molto spesso),
fibrillazione ventricolare, aumento della FC.
Cause di ipokaliemia Da ridistribuzione potassica tra intra ed extracellulare
Può essere causata da terapia insulinica, sali di bario, attività beta adrenergica, paralisi ascendente
periodica.
L'insulina fa entrare il potassio nelle cellule (insulina e glucosio sono infatti usati in associazione
nella terapia dell’iperkaliemia, oltre che per correggere l’acidosi).
Spuria
Da iperleucocitosi (> di 500.000/mm3).
Ipopotassiemia vera
1) Pressione arteriosa normale o bassa
2) Pressione arteriosa aumentata
Con ipertensione arteriosa
• Iperaldosteronismo primitivo o secondario (ad es. da ipertensione nefrovascolare);
• Sindrome di Liddle (o pseudoaldosteronismo): è una malattia genetica, a trasmissione
autosomica dominante, caratterizzata da ipertensione presente già in età precoce, spesso
durante l'infanzia, ed eccessiva perdita di potassio con le urine; dipende dal
malfunzionamento, in seguito ad una mutazione genetica, di un canale ionico presente sui
tubuli renali, e simula l'eccesso di ormoni mineralcorticoidi come l'aldosterone. E' una
situazione analoga all’abuso di liquirizia;
• Sindrome di Cushing e adenomi genitali.
Con pressione arteriosa normale o bassa
• Alcalosi metabolica ipocloremica (HCO3- > di 28 mEq/L): in presenza di alcalosi, poiché la
concentarzione di H+ intracellulare è bassa, molto K+ è presente dentro alla cellula tubulare
renale per cui avviene secrezione (processo passivo concentrazione-dipendente) con
comparsa di ipokaliemia. L'ipokaliemia, a sua volta, causa alcalosi metabolica (per
risparmiare K+ aumenta infatti la secrezione renale di H+). Ipocloremica perché c’è
deplezione di NaCl (ad es.: uso di furosemide, che inibisce il riassorbimento di sodio,
potassio e cloro).
• Acidosi metabolica ipercloremica (HCO3- < di 23 mEq/L): in presenza di acidosi (e dunque
eccesso intracellulare di H+) è facilitata la secrezione di K+, con potassiuria elevata malgrado
l'iperkaliemia plasmatica.
Cause più frequenti dei due squilibri acido-base:
- Alcalosi metabolica: sindrome di Barrter (mancata espressione del trasportatore NKCC sull’ansa
di Henle: si ha quindi aumento dell'attività dell’aldosterone, con eliminazione di più K+ e H+ e
complicazione dell’alcalosi), sindorme di Gitelman, sindrome di Pseudo-Barrter e Gitelman,
vomito, diarrea, anoressia mentale, uso di diuretici (in pazienti trattati con diuretici aumenta la
bicarbonatemia; aumenta il sodio in arrivo al tubulo distale, che riassorbe il sodio e secerne H+
causando ipokaliemia).
- Acidosi metabolica: nefropatie tubulari senza IR (acidosi tubulare prossimale, acidosi tubulare
distale, sindrome di Fanconi), farmaci (acetazolamide), ureterosigmoidostomia, malnutrizione.
NB: Un abuso di diuretici può portare ad ipertrofia dell’apparato iuxtaglomerulare.
DISORDINI DEL CALCIO Il Ca++ è uno ione prevalentemente extracellulare, ma svolge anche un importante ruolo come
messaggero intracellulare. Il principale lavoro della cellula è pompare fuori il Ca++: se non ce la fa
(di solito nei casi in cui alla cellula manca di energia per estruderlo), il calcio si accumula nella cellula
e causa morte cellulare.
Ca extracellulare/intracellulare= 10.000/1
È uno ione con attività essenziale in molte funzioni biologiche:
• Conduzione dell’impulso nei neuroni e trasmissione sinaptica;
• Stimolazione di secrezioni ormonali;
• Processo della divisione mitotica;
• Automatismo cardiaco;
• Eccitazione e contrazione delle fibre muscolari.
L’omeostasi del calcio è regolata da rene, intestino, osso, vitamina D, paratormone e calcitonina.
Paratormone E’ un ormone ipercalcemizzante e ipofofosfatemizzante.:
- Aumenta l’assorbimento di calcio a livello intestinale e renale (soprattutto a livello del tubulo
distale), aumenta inoltre il riassorbimento a livello osseo;
- Aumenta l’escrezione dei fosfati (diminuisce dunque la fosforemia).
Regolazione a feedback con la vitamina D3 attiva (calcitriolo), che aumenta la calcemia e inibisce la
secrezione di PTH.
Vitamina D È un ormone ipercalcemizzante e iperfosfatemizzante. Aumenta l’assorbimento di calcio a livello
intestinale e inibisce il PTH.
Escrezione renale di calcio - Riassorbimento tubulare prossimale e distale (il PTH aumenta il riassorbimento nel tubulo
distale;
- Escrezione media circa 200 mg/24 ore;
- Indice di escrezione calcica (Ca urinario/Cr urinaria < di 0.20).
Nell'organismo il calcio è in varie forme; la misura più fine della calcemia è quella del calcio ionizzato,
perché è quello che esplica le sue azioni.
1) Calcio totale = 8.5-10.5 mg/dL = 4.25-5.25 mEq/L = 2.12-2.62 mMol/L;
2) Calcio ionizzato o Ca++ (50% circa): 4.1-5.1 mg/dL = 2.25-2.75 mEq/L = 1.02-1.27
mMol/L;
3) Calcio complessato (40% circa);
4) Calcio chelato (10% circa).
Ipocalcemia • Moderata: < di 0,95 mMol/l
• Grave: < di 0,50 mMol/L (pericolo di vita).
Cause di ipocalcemia Spuria
Situazioni in cui la calcemia totale è ridotta, ma Ca++ è normale (quando infatti le proteine totali e
l’albumina sono ridotte, il calcio legato diminuisce): sindrome nefrosica, cirrosi, malnutrizione,
enteropatia proteinodisperdente.
Ipocalcemia vera con proteine normali
- Paratormone ridotto: ipoparatiroidismo, ipoMg, pancreatite acuta;
- Paratormone elevato: ipovitaminosi D, insufficienza renale acuta e cronica (l'ipocalcemia è
secondaria alla carenza di vitamina D; nelle fasi avanzate c’è anche iperfosforemia perché c’è
una riduzione del fosforo filtrato), acidosi tubulare distale (in cui a volte si associano ad
ipercalciuria ed ipocalcemia, provocando formazione di calcoli urinari).
Ipercalcemia Si tratta di una concentrazione di calcio > di 10.5 mg/dL.
• Lieve-moderata: 10.5-11.5 mg/dL;
• Grave: > di 13 mg/dL (ricovero urgente);
• Crisi ipercalcemica acuta: > di 15 mg/dL (emergenza medica per rischio di coma,
bradiaritmia, IRA).
Manifestazioni cliniche • Cardiologiche: visibili all'ECG (con segmenti ST e QT accorciati, onda T allargata,
bradicardia/BAV, tachiaritmie ventricolari), ipertensione arteriosa (a causa della
vasocostrizione).
• Neuromuscolari: astenia, sonnolenza, irritabilità, disturbi del comportamento e della
personalità, coma.
• Gastrointestinali: anoressia, nausea e vomito, stipsi (per atonia intestinale), ulcera (perché
il calcio aumenta la secrezione gastrica) e pancreatite (il calcio precipita nei dotti pancreatici
e li ostruisce).
• Nefrologiche: IRA (se l'ipercalcemia è a rapida insorgenza), poliuria ed IRC (se
l'ipercalcemia è a lenta insorgenza per il danno tubulare o il deficit della capacità di
concentrazione delle urine), nefrite interstiziale cronica, calcolosi calcica, nefrocalcinosi. La
calcemia infatti da una parte regola il tono vasale causando vasocostrizione dell’arteriola
afferente (che se sommata a disidratazione può causare un’IRA pre-renale; una volta nel
trapianto si davano infatti i calcio antagonisti per contrastare l’insorgenza di IR) e induce
anche costrizione dell’arteria renale; la poliuria tuttavia non è in contrasto con l’occlusione
dell’arteria renale perché è legata ad un danno tubulointerstiziale (il tubulo perde acqua
libera). In più il glomerulo è sofferente poiché riceve meno flusso, e quindi filtra di meno.
Cause di ipercalcemia Proteine totali elevate
- Mieloma;
- Talora disidratazione e malattie infiammatorie.
Proteine totali normali
• Iperparatiroidismo primitivo: se il paziente è affetto da tale patologia presenta ipercalcemia
con funzione renale conservata, è presumibile dunque un adenoma della paratiroide.
• Neoplasie, ad esempio renali o polmonari: le cellule neoplastiche producono infatti sostanze
simil al PTH, oppure sostanze osteolitiche (il PTH in questi casi sarà inibito);
• Malattie infiammatorie croniche (specie polmonari) che causano secrezione di sostanze simil
vitamina D: sarcoidosi (almeno nel 10% dei casi; a volte la sarcoidosi esordisce con IR e
ipercalcemia, co un quadro di sarcoidosi renale sottoforma di nefrite interstiziale), TBC in
fase infettiva, lebbra, candidiasi sistemica, malattie granulomatose, berrilliosi, istoplasmosi,
cocciodioimicosi, polmone del contadino.
• Disendocrinie: ipertiroidismo, acromeglia, feocromocitoma.
Cause farmacologiche di ipercalcemia
• Ipervitaminosi D o ipervitaminosi A;
• Diuretici tiazidici, che aumentano il riassorbimento di Ca nel tubulo distale bloccando un
antiporto sodio-calcio; si usano infatti nella terapia delle calcolosi (se dati in terapia cronica
bisogna monitorare la calcemia, e fare attenzione negli anziani).
• Litio, usato in disordini bipolari. Il suo accumulo può causare ipercalcemia.
• Antiacidi gastrici (milk alcaline sindrome);
• Intossicazione da teofillina (per l'interferenza beta adrenergica).
EQUILIBRIO ACIDO-BASE 1) Acido: molecola o ione contente H+, che possono essere ceduti; l'acidosi è un eccesso
di acidi.
2) Base: molecola o ione che pu accettare uno ione H+; l'alcalosi è un eccesso di basi (o
un difetto di idrogenioni).
Equilibrio acido base nell'organismo Equilibrio acido-base: problema degli ioni H+ da smaltire (che si producono nei processi energetici
giornalieri) per mantenere un giusto equilibrio.
La produzione di H+ giornaliera è di 24000 mEq volatili sotto forma di H2CO3 + 60 mEq metabolici
‘fissi’.
Come si misurano gli H+?
- L’equazione di Henderson-Hasselbalch descrive la relazione tra il pH e la concentrazione di un
acido impiegando la sua pKa (il logaritmo negativo della sua costante di dissociazione acida).
pH = pKa + log10 ([base]/[acido])
- Kassirer propone di non usare più la definizione di pH di Henderson-Hasselbalch, ma
direttamente la concentrazione di H+. Infatti l’unità di misura ‘pH’ è stata formulata per misurare
quantità piccolissime quando non esistevano i milli-, micro-, nano-, pico-, femto-, ecc.
pH = logaritmo pH = 7 = 0,0000001 mEq/L di H+.
pH arterioso normale = 7,35-7,45 (38-41 nEq/L)
pH venoso normale = 7,32-7,42 (41-44 nEq/L)
Valori normali dell’EGA:
• pO2 (a) 97-105 mmHg (v) NON si misura!
• pCO2 (a) 36-44 mmHg (v) 46 mmHg
• HCO3- (a) 22-26 mEq/L (v) 26 mEq/L
L'EGA arterioso è un esame che fornisce indicazioni sullo stato di ossigenazione del paziente
(disturbi respiratori), mentre l'EGA venoso fornisce indicazioni sullo stato acido-base del microcircolo
(disturbi metabolici).
L’HCO3- ha un ruolo fondamentale per l’equilibrio acido-base e la sua concentrazione è regolata dal
rene.
Approccio pratico 1. Controllare il pH
Se pH < 7.35, acidemia/acidosi
Se pH > 7.45, alkalemia/alcalosi
2. Controllare la pCO2 pH < 7.35 e
pCO2 < 40 acidosi metabolica pH < 7.35 e
pCO2 > 40 acidosi respiratoria pH > 7.45 e
pCO2 < 40 alcalosi respiratoria pH > 7.45
e pCO2 > 40 alcalosi metabolica
Acidosi metabolica: ȿ pH e ȿ HCO3-
Alcalosi metabolica: Ƚ pH e Ƚ HCO3
In presenza di un disordine primario dell’equilibrio acido-base, l’organismo tende a riportare il pH
alla normalità attraverso l’ “altra metà” del sistema omeostatico.
- Un disordine metabolico ha un compenso respiratorio; -
Un disordine respiratorio ha un compenso metabolico.
4. Infine valutare se l’entità del compenso è appropriata, se non lo è, è associato un secondo
disordine acido-base.
Funzione renale Difese dell’organismo contro le variazioni di pH:
esistono tre sistemi principali che regolano la
concentrazione di H+ nei fluidi corporei per prevenire
acidosi ed alcalosi.
1. Sistemi buffer plasmatici acido-base: si
combinano immediatamente con H+ per evitare
variazioni eccessive del pH;
2. Centro respiratorio: regola la rimozione di
CO2 e quindi di H2CO3;
3. Sistema renale: elimina urine acide o basiche
riportando la concentrazione di H+ ai valori
normali.
Come fa il rene a regolare i bicarbonati plasmatici? Se
sono pochi (acidosi) li rigenera nel tubulo, se sono
troppi (alcalosi) li elimina con le urine.
- In alcalosi metabolica c’è un eccesso di ioni HCO3 rispetto agli H+: il bicarbonato non viene
totalmente riassorbito, ma rimane nelle urine per essere escreto.
- In acidosi metabolica c’è un eccesso di ioni H+ rispetto al bicarbonato che verrà totalmente
riassorbito e quindi saranno gli ioni H+ a rimanere nelle urine; questi devono essere titolati
da sistemi tampone (fosfato e NH4+) ed eliminati come sali.
Giornalmente produciamo circa 80 mEq di acidi non-volatili (derivati dal metabolismo proteico), quali
acido solforico (ossidazione di aminoacidi solforati come Met e Cys) e acido fosforico (dal
metabolismo di acidi nucleici e fosfolipidi); sono non-volatili e quindi NON eliminabili attraverso la
via polmonare, e l’eliminazione è a carico renale.
Ogni giorno a livello renale sono filtrati 4320 mEq di HCO3- che NON devono essere persi con le
urine, ma recuperati: per recuperare questo bicarbonato si deve formare acido carbonico (H2CO3),
il che significa che 4320 mEq di ioni H+ devono essere secreti per riassorbire il bicarbonato. Inoltre
80 mEq aggiuntivi devono essere secreti per eliminare il carico acido derivato dal metabolismo sopra
citato.
Quindi, in totale, giornalmente abbiamo: 4320 + 80 = 4400 mEq di H+ secreti dal tubulo!
Come si comporta il rene in condizioni di scompenso?
- In condizioni di alcalosi, i reni aumentano la quantità di bicarbonato escreto; gli ioni H+ non
devono essere utilizzati per il recupero di bicarbonato e non vengono quindi secreti, il che
equivale ad aumentare gli ioni H+ nel liquido extracellulare.
- In condizioni di acidosi, i reni riassorbono tutto il bicarbonato filtrato e ne producono exnovo
cheserve a ripristinare quello perso nella titolazione degli acidi.
Quindi, i reni regolano la concentrazione di ioni H+ attraverso 3 meccanismi:
• Secrezione di ioni H+
• Riassorbimento del HCO3 filtrato
• Produzione di nuovi ioni HCO3
La secrezione di H+ e il riassorbimento di HCO3 avvengono in ogni parte del nefrone, fatta eccezione
per il tratto ascendente e discendente dell’ansa di Henle. Ricordiamo che per ogni bicarbonato
riassorbito deve essere secreto un H+. La secrezione di ioni H+ avviene con modalità differenti nelle
varie parti del nefrone.
La maggior parte del HCO3 (75%) viene assorbito nel TCP.
Meccanismi di secrezione di H+ 1) Come si vede nell’immagine, nel TCP gli ioni H+ sono secreti in scambio con il Na+.
L'HCO3- , invece, viene riassorbito successivamente alla reazione tra CO2 plasmatica e
H2O, catalizzata dall’enzima anidrasi carbonica; dalla reazione si produce lo stesso H+
che viene secreto. Questo, combinandosi con l’HCO3 presente nel lume tubulare,
produce H2CO3 che dissocia nuovamente (sempre grazie all’anidrasi carbonica) in H2O
e CO2 che viene riassorbita. Quindi, ogni volta che si forma uno ione H+ nelle cellule
dell’epitelio tubulare, si forma anche uno ione HCO3-, che viene rilasciato nel sangue. Il
risultato finale è il riassorbimento di bicarbonato dal filtrato tubulare.
2) La secrezione di ioni H+ nella parte distale del TCD e nel dotto collettore avviene
attraverso un meccanismo di trasporto attivo (che consuma ATP). La maggiore
differenza con il TCP è proprio l’esistenza di questa pompa idrogenionica che muove gli
ioni H+ dall’interno della cellula, dove si formano a partire dalla reazione di idratazione
della CO2 ad opera dell’anidrasi carbonica, al lume tubulare. In questa parte del nefrone
la pompa riesce a stabilire un gradiente idrogenionico altissimo, che porta il pH delle
urine fino a 4.5 che corrisponde al limite inferiore raggiungibile nel rene (oltre a questo
valore di pH la pompa si blocca).
In caso di acidosi, quando si presenta la necessità di eliminare un eccesso di ioni H+, solo una
piccola parte di questi pu rimanere in forma ionica nelle urine, poiché, se così non fosse, il valore
di pH scenderebbe eccessivamente (oltre la soglia sopra menzionata), danneggiando il tessuto. (Per
fare un esempio, per eliminare 80 mEq/24h di H+ derivati da acidi non-volatili, bisognerebbe
eliminare 2667 L di urina, se gli H+ rimanessero in forma ionica!!)
- Quando gli ioni H+sono in eccesso rispetto al HCO3 filtrato, essi sono bufferati da altri sistemi
tampone, essenzialmente dal HPO4-- (ione fosfato) e dall’NH3 (ammoniaca): ci succede
soprattutto a livello del TCD e del dotto collettore, poiché molto dell'HCO3- filtrato è già stato
riassorbito. In questo modo si formano nuovi ioni bicarbonato che sono riassorbiti: questa quota
costituisce il bicarbonato ex-novo. Quindi, tutte le volte che uno ione H+ è secreto nel lume
tubulare e il sistema bicarbonato è esaurito, questo si combina con un altro buffer e l’effetto netto
è l’aggiunta di nuovo bicarbonato nel sangue.
- L’NH3 necessaria a tamponare gli ioni H+ viene fornita dalla glutammina, che è trasportata
attivamente all’interno del TCP, del tratto ascendente dell’ansa di Henle, del TCD e del dotto
collettore. Il metabolismo del sistema tampone NH3/NH4+ è diverso a seconda che si parli di TCP
o DC. Nel TCP viene immesso direttamente ione ammonio nel lume tubulare in scambio con uno
ione bicarbonato è che viene riassorbito; nel DC la membrana tubulare non è permeabile allo ione
ammonio e quindi è secreta ammoniaca, che legando poi H+ forma ioni NH4+ , i quali restano
intrappolati nel lume e sono eliminati con le urine.
Casi clinici
CASO 1
Un paziente di 27 anni con diabete tipo 1 non si è somministrato la dose abituale di insulina.
Ricoverato per obnubilamento. pH art = 7,1
[HCO3-] = 6 mEq/L
pCO2 = 20 mmHg
Anion Gap = 29 mEq/L
[Na+] = 140 mEq/L
[K+] = 7 mEq/L
[glucosio] = 800 mg/dL Ketoni
plasmatici = +
Acidosi metabolica ad elevato anion gap con compenso respiratorio: KETOACIDOSI DIABETICA.
Terapia: insulina, idratazione, bicarbonato (in presenza di acidemia marcata pH < 7-7.1 ed anion
gap normale) ed eventuale supplementazione di calcio.
CASO 2
Un paziente di 58 anni affetto da BPCO sviluppa una severa diarrea causata da una colite pseudo
membranosa. pH art = 6,97 [HCO3-] = 9 mEq/L
pCO2 = 40 mmHg
[Na+] = 138 mEq/L, [K+] = 3,8 mEq/L
[Cl-] = 115 mEq/L
Anion Gap = 14 mEq/L
Acidosi metabolica ipercloremica (secondaria a diarrea) con associata acidosi respiratoria cronica
(secondaria a BPCO).
Acidosi metabolica senza compenso respiratorio.
CASO 3
Un paziente senza patologie note accede al DEA per dispnea e perde coscienza. Pa = 80/50 mmHg.
EO e Rx torace: quadro di edema polmonare acuto (EPA).
pH art = 7.02
[HCO3-] = 15 mEq/L
pCO2 = 60 mmHg
pO2 = 40 mmHg
Acidosi respiratoria acuta (secondaria a EPA) con associata acidosi lattica (secondaria a severa
ipotensione arteriosa). LDH si accumula per ipoperfusionoe tissutale con attivazione del
metabolismo anaerobio.
CASO 4
Una donna con storia di ulcera peptica riferisce di aver sviluppato vomito persistente da una
settimana.
Pao = 100/60.
EO: segni di disidratazione. pH
art = 7,53
[HCO3-] = 42 mEq/L
pCO2 = 53 mmHg
[Na+] = 140 mEq/L, [K+] = 2,2 mEq/L
[Cl-] = 86 mEq/L
[BUN ] = 80 mg/dL; [Cr] = 2 mg/dL
[Nau+]= 2 mEq/L [Ku+] = 21 mEq/L
Alcalosi metabolica (secondaria a vomito protratto) con compenso respiratorio.
Insufficienza renale acuta pre-renale, ipoperfusione renale dovuta a disidtìratazione.
Perché per trattare una acidosi do anche del calcio? Uno dei motivi è che quando tampono l'acidità
tendo a precipitare un’ipokaliemia con conseguente aumento del rischio di aritmie e fibrillazioni; il
calcio tende a stabilizzare la membrana del miocardiocita.